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Simona Fruzzetti

Chiudi gli occhi

Questo libro un'opera di fantasia. Personaggi, luoghi o


avvenimenti sono frutto della fantasia dell'autrice.
Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi e persone puramente casuale.
Copertina a cura di Valerio Giamberardini
Foto di Simona Fruzzetti
Sito dell'autrice: http://acasadisimo.blogspot.it/

Ad Andrea e Alice

1
Connemara,
Co.Galway
Ireland
Grandi nubi, gonfie e grigie, sorvolano la baia e un forte vento proveniente da
ovest, fa sbattere con violenza il bucato che ho dimenticato fuori. Si impregner di
salsedine ma non me ne curo. Rimango in casa, seduta al tavolo della mia cucina
color malva con lo sguardo rivolto alla finestra e le mani intrecciate intorno a una
tazza sbeccata, la mia preferita. Un buon aroma di caff mi penetra nelle narici,
invitandomi a socchiudere gli occhi; un caff dal gusto forte, deciso, come quello
che si consuma in Italia seduti ai tavolini allaperto.
Questo ricordo mi fa pensare a mia madre e provo ad immaginarla nel suo
appartamento di Firenze. Probabilmente sta ancora rigirandosi tra le lenzuola con
gli occhi protetti da una mascherina nera e una vestaglia di seta poggiata in fondo al
letto. una donna di classe, mia madre. O almeno quello che vuol far credere a
tutti quelli che lhanno conosciuta dopo che, insieme a mio fratello Miles, ha
abbandonato Dingle, un paesino di milleottocento anime. Ho lasciato che andassero
a vivere insieme in Italia, il paese di origine di mia madre. In cuor mio ho sempre
saputo che, una volta morto mio padre, lei se ne sarebbe tornata in quel posto che
ha sempre definito la mia vera casa. Mio fratello l'ha seguita, incapace di
sopportare il vociare della gente del paese. Perch qualcosa anni fa successo.
Qualcosa che ha cambiato la nostra vita per sempre, che ci condiziona, che mi
condiziona, perch loro hanno saputo voltare pagina: mio fratello riuscito a
diventare il marito di un architetto e il padre di due gemelli. Che Dio lo benedica.
Senza accorgermene, mi ritrovo lindice della mano destra in bocca. Strappo con
forza una pellicina e una minuscola goccia di sangue mi imbratta le labbra.
Accidenti, non devo pensare a loro. Cerco di scacciarli dalla mente, ma so che il
ricordo lascer il posto a unemicrania. Finisco di bere il caff e cerco di rilassarmi un
poco. Sposto il peso del corpo prima in avanti, poi indietro, mi sgranchisco le gambe
e mi massaggio la nuca; niente da fare, un dolore sordo mi sta gi martellando le
tempie.
Ho passato una notte d'inferno. Prima un brutto sogno e poi, dopo essermi
svegliata, la brutta realt: Philip non era accanto a me. Mio marito ha passato
unaltra notte fuori casa. Questa lultima, mi dico ogni volta. Anche se, dopo
lennesima discussione, avrei potuto immaginarla, una cosa del genere. Ieri sera ci
siamo spinti troppo in l, sono volate parole grosse. E ho capito subito che Philip stava
mentendo di nuovo. Gesticolava in modo esagerato e la pelle, sopra il labbro
superiore, gli si era imperlata di sudore. Ho visto questa scena troppe volte. Philip
non bravo a mentire, non lo mai stato. E io non sono brava a sopportare le
menzogne e non lo sar mai. Questa mia intolleranza la sento addosso, sul collo, che
rigido come un pezzo di legno.

Guardo lorologio: sono solo le sette e mezza. presto, ma decido di andare


ugualmente a cavalcare. Sto per alzarmi quando un passo familiare e discontinuo,
alle mie spalle, mi invita al saluto ancor prima di voltarmi.Buongiorno Boogie. Il
mio cane da pastore si avvicina zoppicando. Le sue articolazioni scricchiolano come
le assi del mio parquet. Sei un vecchio carretto, Boogie, dico carezzandolo, e la mia
mano sparisce nel folto pelo bicolore. Ma io ti voglio bene lo stesso. Lui mugola un
poco e si accascia ai miei piedi; me lo ha regalato Miles per il mio ventunesimo
compleanno. Ricordo che era una palletta calda e pelosa con occhi tondi e neri
come bottoni. Ora, gli stessi occhi, mi guardano stanchi.
Boogie muove le zampe posteriori alla ricerca di una posizione pi comoda.
Ogni giorno mi chiedo quanto potr andare avanti perch, nonostante le cure, non
vedo margini di miglioramento. Queste sono le domande alle quali, anche noi
medici, non sappiamo dare una risposta. Almeno in buone mani, visto che dicono
che io e mio marito siamo i migliori veterinari della contea; ma mentre lui
razionale e coerente, io, a suo dire, essendo donna nelle faccende personali, sono
poco obiettiva. A volte, in effetti, credo di sopravvalutare lo stato di salute del mio
cane, ma, se fosse per Philip, Boogie sarebbe gi dal creatore grazie a un'iniezione.
Inutile dire che questo un argomento che scatena liti furiose tra me e lui. Uno dei
tanti argomenti.
Gli accarezzo il muso e mi lascio leccare un po. Non cercare di trattenermi. Ho
deciso di cavalcare. Se vuoi puoi starmi dietro, ma dubito che tu ci riesca.
Massaggiandomi le tempie vado al piano di sopra e ne ridiscendo poco dopo con
indosso un vecchio maglione di lana e i jeans infilati negli stivali. Velocemente cerco
di domare la mia cascata di riccioli rossi, ma lelastico che ho scelto mi si spezza tra le
dita. Vada per un cappello. Agguanto uno stetson dalla cappelliera, me lo calco in
testa dirigendomi alla porta; aspetto qualche secondo mentre Boogie lentamente si
rizza sulle zampe e mi segue con un mugolio.
Quando apro la pesante porta di legno della scuderia, Duncan ha gi messo il
muso fuori dal box. Mi stavi aspettando? gli domando carezzandogli la mascella.
Lui agita la zampa anteriore sollevando una piccola nuvola di polvere. Una vena sul
collo gli vibra pi del solito. C qualcosa che lo turba. Mi guardo intorno nella
scuderia, ma non vedo niente di strano. Lo accarezzo di nuovo cercando di
tranquillizzarlo, ma lui indietreggia. Boogie, all'esterno, si mette ad abbaiare. Sello
in fretta il cavallo con gesti sicuri e lo trascino fuori. Trovo Boogie con le orecchie
dritte che fissa un punto lontano dallaltra parte della strada. Lo imito e, a parte la
vecchia stalla degli Hogan, non riesco a vedere niente di cui un cane debba
preoccuparsi. Sei un vecchio brontolone, Boogie, borbotto montando a cavallo. Il
cane abbassa le orecchie e getta la testa di lato. Sto scherzando. Cerco di non dare
peso al loro stato danimo, devo gi fare i conti con il mio. Infilo i piedi nelle staffe e
guido Duncan verso il sentiero che scende direttamente a Fahy Beach. La mia casa si
trova sulla baia di Fahy e questo sentiero, scosceso e a picco sul mare, lunico che
mi permette di raggiungere la spiaggia in pochi minuti.
Duncan si muove sicuro, non potrebbe fare altrimenti, considerato che lo spingo
fin qui tutte le mattine. Passeggiamo verso sud per quasi unora e mi lascio cullare
dal lento dondolio del cavallo e da un tiepido sole, di met settembre, che
oziosamente fa capolino dalle grosse nubi. Boogie trascina con pigrizia le vecchie

zampe e morde qualche granchio ormai privo di vita. Insieme alle alghe sono il suo
passatempo preferito. Decine di volte mi sono ritrovata ad attenderlo sulla sommit
della scogliera aspettando i suoi comodi. Solo dopo che mi sono sgolata in continui
richiami, ha il coraggio di presentarsi mostrando i suoi trofei: un detrito tra i denti e
le alghe impigliate nel pelo. Sono rassegnata, ho un cane tuttaltro che normale, e
probabilmente ci che mi merito. Do unocchiata allorologio e decido di tornare
indietro. Tra circa quaranta minuti ho la prima visita in ambulatorio. Tu fai con
calma. Noi ci scaldiamo un po, dico rivolta al cane. Per tutta risposta Boogie mi
ignora, centra un obiettivo e si butta a corpo morto su una conchiglia. Non solo
vecchio, anche pazzo.
Guido Duncan verso la risacca e con un colpo di tacco lo sprono al galoppo. Mi
chino su di lui stringendo forte le redini e riesco a percepire tutti i suoi trecentottanta
chili vibrare di ogni singolo nervo. Gli schizzi della risacca mi arrivano sul viso,
spolverandolo di salsedine e di mare, mentre il cappello, con uno schiocco secco, mi
scivola sulle spalle. Corro cos, combattendo contro il vento e chiss che cosaltro.
Ad un tratto Duncan rallenta impercettibilmente. Non glielho ordinato io, il
mio corpo sempre avvinghiato al suo, i miei capelli nella sua criniera, il mio fiato
sul suo collo. Mi alzo, tiro forte le redini costringendolo a fermarsi e mi guardo
intorno. Unimbarcazione con due giovani pescatori si sta avvicinando a riva. Mi
salutano agitando le braccia e gridano qualcosa che non riesco a capire.
Probabilmente complimenti un po volgari, frasi da spacconi. Mi rifugio sotto il
cappello e guido Duncan verso la strada di ritorno. Cerco Boogie con lo sguardo, ma
non riesco a vederlo. Poco male, lo chiamer una volta arrivata a destinazione.
Dopo pochi metri di sentiero, gli zoccoli del cavallo incespicano un po.
Andiamo! lo esorto. Duncan sembra smarrito, fa tre passi avanti e due indietro
facendo sgretolare la terra sotto di noi. Qualche sasso precipita di sotto e avverto una
tensione che odio sentirmi addosso. Maledizione, andiamo!. Stringo le redini e gli
pianto i tacchi nei fianchi. Forza!. Ma Duncan non ce la fa. piantato, nervoso,
scalcia su questo stretto tratto di terra rischiando di farci cadere nello strapiombo.
Sto sudando, mi agita vedere in difficolt il mio animale senza capirne il motivo: il
corpo luccica di sudore e i nervi sono letteralmente a fior di pelle. Che cosa sta
succedendo? Quando penso che ormai non ce la faremo pi e sto per smontare, ecco
che gli zoccoli fanno presa sicura: un passo, poi un altro. Forza, bello, cos. Lo sento
muoversi pi deciso e, anche se a fatica, dopo pochi metri siamo in cima alla
scogliera.
Scendo e mi asciugo la fronte con la manica del maglione. Duncan freme
nervoso e io cerco di rassicurarlo carezzandolo. Dovrebbe camminare per freddarsi
un po, ma non posso lasciare il cane di sotto, in spiaggia. Lo chiamo pi volte, ma lui
non si fa vedere. Nemmeno quel dannatissimo cane risponde ai miei ordini. Ma che
vi preso stamattina a tutti e due? grido scocciata Boogie!. Niente. Indispettita lo
cerco con gli occhi e lo chiamo pi volte fino a che non mi decido a guardare gi, in
fondo al baratro. Finalmente lo vedo, ma vedo anche unaltra cosa che mi raggela il
sangue nelle vene.
Boogie sta leccando una mano. Una mano che mi ha accarezzato e toccato
centinaia di volte. Riconosco una delle camicie di Philip. Le braccia sono aperte, la
bocca spalancata in un grido senza suono e i suoi occhi, che in futuro non

dimenticher mai, sono rivolti al cielo, vitrei e freddi come quelli di una bambola di
porcellana. Le onde dellOceano spazzano via la materia cerebrale che fuoriesce dal
cranio. Mi porto una mano alla bocca incapace di gridare, di chiedere aiuto. Un
dolore acuto mi perfora lo stomaco, mi inginocchio e vomito sullerba.

2
Come si sente, Jordan?
La domanda mi giunge lontana nonostante il dottor Edward Martin sia seduto
davanti a me.
La verit?.
Il mio analista annuisce.
Sono passati nove mesi e, perdoni lespressione, mi sento di merda.
Il dottor Martin non si acciglia, non si sorprende pi di tanto del modo schietto di
esprimermi. Si spieghi meglio, propone invece tirando fuori una penna dal taschino
della giacca. un uomo gradevole, sulla cinquantina, con i capelli e baffi brizzolati,
e piccoli occhi scuri che ora mi fissano con insistenza.
Spiegarmi meglio, come se fosse facile. In questi mesi non faccio altro che avere
incubi su come morto Philip. Nolan Garret, il capo della polizia della contea, ha
archiviato il caso, definendolo un tragico incidente. Ma il fatto che Philip fosse l a
quellora, per me resta un mistero. Ho fatto tante domande, ho ricevuto poche
risposte. Mio marito stato aperto, analizzato ed esaminato. Lautopsia non ha
rilevato tracce di droga o alcool nel suo corpo. Non sono stati trovati segni
inequivocabili di un aggressione ed anche un' eventuale colluttazione stata esclusa.
Addosso aveva ancora il portafogli, la fede e il braccialetto doro. Questo quello
che mi stato detto da Garret quando mi ha consegnato la scatola con i suoi effetti
personali. Io quella scatola non lho ancora aperta ed per questo che mi trovo in
questo studio. E avr bisogno di queste mura fino a che non avr il coraggio di tirarla
fuori dalla vecchia credenza e di guardare con i miei occhi il contenuto. Non so se
riuscir mai ad aprirla, e se mai lo far, vorr avere accanto a me Nora. Nora
lunica amica alla quale voglio bene come ad una sorella ed anche la sola persona
che pu capire cosa significa perdere qualcuno che ami. Ho accettato il suo aiuto, mi
ci sono aggrappata come un naufrago a una scialuppa di salvataggio, quando la
mia vita sembrava un mare in tempesta. Ho rifiutato invece l'aiuto di mia madre
che, stranamente, si era offerta di stabilirsi un po da me: sono riuscita a essere
sufficientemente convincente riguardo al mio stato fisico e mentale. Non ha insistito e
questo stato un bene, per entrambe. Mi sono buttata a capofitto nel lavoro che,
vista la situazione, raddoppiato, e non ho rinunciato alla reperibilit notturna che
faticosa ma molto redditizia. Ed io ora ho bisogno di soldi, anche per pagarmi colui
che mi siede davanti e che mi guarda con aria interrogativa. Non ricordo cosa mi ha
domandato, allora , giocando con un ricciolo, prendo tempo.
Guardo le pareti tinte di un verde pallido, i libri allineati su uno scaffale, vari
riconoscimenti accuratamente incorniciati e foto a colori disposte su un mobile basso
adibito ad archivio, delle quali, a questa distanza, non riesco a catturare
nitidamente limmagine. Dopo questo giro dispezione ricordo la domanda.
Dovrebbe sapere che non riesco a esprimermi.
Sono qui per aiutarla, Jordan.
Lo so.

Fa ancora incubi? chiede giocherellando con la penna.


S.
Vuole parlarmene? Nella sua voce avverto una piccola nota dimpazienza.
Decido di collaborare.
sempre lo stesso. Sogno che sto precipitando da una scoglieraqualcuno cerca
di aiutarmicerca di darmi una mano, ma io non riesco a prenderla. Poi
limmagine di Philip si sovrappone a quella di mia madre. Tutto qui.
Che sensazioni ha al risveglio?.
Mi sento inquieta, agitata, anche se so che solo un incubo.
Cos che la turba?.
Lho appena detto. Lo guardo di sbieco. Ho limpressione di parlare unaltra
lingua. Il dottor Martin finge di non notare il mio disappunto e sospira leggermente.
Si sforzi di analizzare la situazione. Cos che la inquieta maggiormente? Il
fatto di precipitare
Non lo so, lo interrompo. Non voglio analizzare la situazione.
il fatto che sia suo marito che prova a salvarla
Non lo so.
o che sia la sovrapposizione di sua madre
Non lo so! urlo rabbiosa, sporgendomi in avanti. Mi costa fatica mentire, non
tanto a lui, quanto a me stessa.
Il dottor Martin cambia posizione incrociando le gambe. Io vorrei fuggire ma mi
limito ad imitarlo. Mi sento in gabbia, stretta nei miei abiti anche se indosso una
comodissima tuta da jogging.
Parlando in termini medici, lei sta facendo resistenza, Jordan, mi dice con il
tono con cui si rimprovera una scolaretta. Mi lascio scivolare addosso questa
affermazione. ora di stringere i denti e affrontare la situazione. Lavevo avvertita
che non sarebbe stato semplice.
S. La mia affermazione atona.
Perfetto. Vedo che ha capito. Affronti questa cosa
Lo sapevo, lo interrompo parlando quasi a me stessa lo sapevo che non
sarebbe stato semplice.
Pu interrompere la terapia quando vuole, mi ricorda.
Ma?
Il dottor Martin adesso sorride. Ma le consiglio vivamente di continuare. Fa una
pausa e aspetta un qualunque cenno da parte mia. Annuisco.
So che difficile per lei Jordan, e sappia che non provo piacere a vederla
alterata. Lei qui per cercare di star bene una volta uscita definitivamente da
questo studio. un percorso lungo, ma vedr che prima o poi riuscir a sentire e a
gestire meglio le proprie emozioni. Si fidi di me.
Guardo questuomo in giacca e cravatta che mi siede davanti a gambe
accavallate e con il taccuino in mano, ancora intonso. lo stesso uomo di prima, ma
ora lo vedo diverso. Non pi una minaccia, ma l'ennesima ncora di salvezza a cui
aggrapparmi. Cercher di affrontare la situazione, sospiro con un mezzo sorriso
mimando le virgolette.
Lui ricambia piegando le labbra all'ins Riprendiamo?.

Mi lascio fare a pezzi e dopo quasi unora esco scossa da questo studio.
Analizzare, scavare,esaminare, approfondire. Io non volevo tutto questo. Non voglio
tirare fuori quello che per anni ho cercato di tenere nascosto perfino a me stessa.
Guardo il cielo plumbeo e carico di nubi. Un temporale si sta avvicinando e con
lui incombe la mia inquietudine. Non voglio cedere e cerco di convincermi che mi
farebbe bene stare fuori, magari in compagnia. Quando salgo sul furgone so cosa mi
ci vuole. Un abbraccio di Nora e una birra scura al Red Lion.

3
Tieni, offre la casa. Nora mi allunga una birra sul bancone.
Mhm la porto subito alle labbra Grazie. Dopo un sorso so gi che non
riuscir mai a finire questo boccale. Ho sete, sarebbe stato meglio un bicchier
dacqua. La seduta dal dottor Martin mi ha come prosciugata. Mi mordo il labbro
inferiore e aspetto che mi venga voglia di attaccare il secondo sorso.
Doveri di bello? mi domanda Nora pulendosi le mani al grembiule verde
bottiglia.
Una visita a domicilio, mento. Nessuno sa dove mi reco ogni quindici giorni.
Nora mi guarda con espressione preoccupata.
Sei dimagrita ancora? mi chiede mettendosi le mani sui fianchi. A lei si
sovrappone limmagine di mia madre. Prendeva lo stesso atteggiamento quando mi
rimproverava.
No, rispondo lasciando scorrere lo sguardo sui miei cinquantacinque chili.
Ma come fai a saperlo? Non hai nemmeno una bilancia.
Lo so e basta.
Lo so e basta! scimmiotta lei dimenando le anche.
Non sei granch come pappagallo.
E tu non sei granch a raccontare bugie.
Dici? Non sa invece come ora mi riesca bene raccontare menzogne.
Comunque cara maestrina dei miei stivali, sappi che non ho dovuto aggiungere un
foro alla cintura dei jeans.
Lei sorride e prende a sciacquare dei bicchieri. Le sue esili dita carezzano il vetro
con delicatezza. Nora la delicatezza fatta persona. Sono diciotto anni che ci
conosciamo e non sembra cambiata di una virgola. Ha un viso piccolo e dolce come
quello di una bambina. I capelli biondi, lisci e accuratamente ordinati, le sfiorano le
spalle. La sua figura mi ricorda le ballerine nei quadri di Degas, leggiadre e delicate
come libellule. Solo i fianchi, un tempo proporzionati al resto, sono un po
arrotondati. Le sono rimasti addosso quei chili che aveva preso in gravidanza. Quelli
non li ha persi, ma il bambino s. Per una banale caduta il suo sogno di diventare
madre momentaneamente svanito.
Mi ritrovo a pensare che ora quel bambino avrebbe avuto sei mesi e mi si
attanaglia lo stomaco se penso alla Nora di un anno fa. Era depressa, apatica,
rassegnata. Nemmeno Frank riusciva a scuoterla e dio solo sa se ci ho provato
anch'io. Fino a che al suo dramma non si aggiunto il mio e a quel punto abbiamo
percorso insieme una salita faticosa e snervante. Ma ce l'abbiamo fatta, mi dico
guardando il suo sorriso. Poi mi rifletto nello specchio dietro al bancone e penso che
lei ce l'ha fatta, io devo ancora lavorarci un po'.
A cosa stai pensando? mi domanda riponendo a testa in gi i boccali.
Che oggi pieno come un uovo, le rispondo notando il tavolini tutti occupati e
cercando di cancellare i brutti ricordi.
E quando non lo ?.

Ha ragione. Non c un solo giorno in cui il Red Lion non faccia il pieno. E questo
in gran parte merito di Frank. Il pub appartenuto alla sua famiglia di
generazione in generazione e qui a Clifden un punto di ritrovo molto conosciuto. Si
trova incastonato tra alcune case dalle facciate variopinte e non mancano mai i
turisti che fotografano il leone dell'insegna appesa fuori. Clifden famosa anche per
la lavorazione del tweed, ma pare che nessuno se lo ricordi pi. Negli anni al Red
Lion hanno apportato solo qualche piccola modifica creando un ambiente
amichevole e accogliente. C anche il tocco di Nora, ma solo un occhio attento e
femminile pu notarlo. Per il resto, legno pesante e rivestimenti verde scuro regnano
sovrani.
Dov Frank? domando dopo il secondo sorso di birra. Nora non fa in tempo a
rispondermi che Frank sbuca dalla cucina. Strano che la tendina di plastica non si sia
sbriciolata sotto il suo tocco. Ciao Jo. Schiocca un bacio veloce alla moglie e il mio
saluto viene coperto dal rumore dei suoi passi sulla pedana di legno. un uomo
massiccio, nerboruto, che mi ricorda vagamente barbabl. Fa a pugni con la
silhouette di Nora e farebbe volentieri a pugni ogni qualvolta si presentasse
loccasione. Ma Nora capace di fermarlo anche solo con una parola. E a quel punto
Frank diventa un agnellino, per cos dire. Per la sua Nora, questo e altro. Lo guardo
mentre incita dei ragazzi che stanno facendo una gara di freccette. Si sta
entusiasmando come un bambino. Elargisce risate e pacche sulle spalle, come se fosse
il loro fratello maggiore.
Nora, prepara una Guinness! le urla da sotto la barba. Al migliore, ragazzi.
Il gruppo si volta verso Nora che alza il boccale colmo. Alcuni di loro potrebbero
anche vincere la gara, ma dubito che riuscirebbero a finire quella birra senza uscire
dal Red Lion barcollando.
Guardalo, si mischia ai ragazzini. La voce di Nora ha una punta di
malinconia.
Non fa niente di male, replico scansando il bicchiere. Non mi va pi.
Dice sempre che non vede lora di avere un bambino per insegnargli a giocare
a freccette e fare gare di rutti. Lultima affermazione ci strappa un sorriso soffocato.
Hai aspettato abbastanza Nora, sono sicura che rimarresti subito incinta, se
solo voi ci riprovaste...
Ci stiamo provando da cinque mesi, mi interrompe con un fil di voce.
Be, forse ci vuole un po di pi. Non imparer mai a tenere chiusa questa
boccaccia. Lei cerca di sorridere, ma un sorriso amaro, a denti stretti. Intanto il pi
giovane dei ragazzi si avvicina al bancone e si impadronisce della Guinness. Il
vincitore alza il calice e tracanna con un sorso sguaiato il suo premio. Quasi met
della birra gli esce dai lati del bicchiere. Vuole fare il grande, finirla in un solo sorso,
ma purtroppo per lui il liquido gli va di traverso. Comincia a tossire e sputare
contemporaneamente. Nonostante sia paonazzo e ansante nessuno gli presta molta
attenzione. Queste cose al Red Lion scivolano come acqua sullolio.
Va a finire sempre cos. Nora scuote la testa.
un vero peccato, sospiro io.
Gi, cos giovane.
Io intendevo la birra. un peccato sprecare una Guinness in quel modo.
Jordan Nora mi ammonisce guardandomi in tralice. Non a caso a scuola la

chiamavamo Norina la maestrina. Oh,oh, ecco il tuo principe, annuncia guardando


appena sopra la mia testa.
Smettila di chiamarlo cos, non il mio principe. Non mi volto, so gi chi .
Attraverso lo specchio vedo Derry McKeon avvicinarsi al bancone.
Per devi ammettere che ti stato molto vicino.
Anche troppo.
Sei ingrata Jo, ed egoista.
Ehi, ma da che parte stai? domando piano.
Dalla tua, naturalmente. Le labbra di Nora si muovono appena e
laffermazione le passa attraverso i denti. Se avesse un pupazzo in mano sarebbe
una ventriloqua perfetta.
Ciao bellezza. Derry mi d una pacca sul sedere e mi schiocca un bacio sulla
guancia. La sua mano indugia sui miei fianchi, per poi proseguire lentamente su per
le reni, la schiena, e infine la spalla. Questo tentacolo rimane l, a giocare con i miei
riccioli. Quando dico troppo, non esagero. Ciao Derry, dico muovendomi sullo
sgabello e scostandomi un poco. Se gli sguardi potessero incenerire, Nora sarebbe un
mucchietto polveroso. Lei ricambia il mio sguardo, e un sorriso forzato a mezza luna
le si stampa in viso.
Ho interrotto un pettegolezzo? Qualcosa che io non devo sapere? A Derry non
sfuggito il nostro gioco di sguardi. Nora si inventa una mano alzata in fondo alla
sala e se ne va agguantando un vassoio.
Allora, Jo? Come va? Derry prende il mio boccale e ne beve un sorso. Posso?
Vorrei fargli notare che lha gi fatto, ma lascio perdere. Guardo la mia birra
vacillare nella sua mano. Lui, ovviamente, non aspetta la risposta e ne beve
rumorosamente un altro po. Con il dorso della mano si pulisce la bocca e spero che
da quella non esca nessun rumore. Nora si domanda come io non riesca a rimanere
affascinata da un tipo belloccio e muscoloso come Derry. Glielo vorrei far vedere in
questo momento mentre gonfia il petto riuscendo malamente a celare il vulcano
che ha dentro. Sono anni che lo conosco, esattamente da quando ho conosciuto Philip
visto che erano amici inseparabili, ma a parte una profonda amicizia, niente ci lega.
A dire il vero lui mi legherebbe volentieri alla testiera del letto, ma
sinceramente non sono mai stata attratta dai giochi sadomaso, n tanto meno
favorevole alla moda del sesso senza coinvolgimenti.
Sei silenziosa oggi, osserva appollaiandosi su uno sgabello. Questultimo cigola
pericolosamente.
Mhm Sto cercando di inventarmi una buona scusa per piantarlo in asso. Al
momento non mi viene in mente niente, allora prendo la borsa e tiro fuori degli
spiccioli. Spero che capisca che sto per andarmene.
Allora Jo, ceniamo insieme? Dico a Nora di prepararci una zuppa calda?
A volte sono troppo ottimista riguardo allacume di Derry. No, vado a casa,
anche Boogie deve mangiare.
Non ancora morto? mi domanda facendo il finto sorpreso.
Derry...
Scusa. Ma dai, quanti anni ha? Quindici? Sedici?
Quasi dodici.
Quasi dodici, appunto. Sarebbe lora, no?

Sarebbe ora che tu smettessi di dire stronzate. Questo esattamente quello


che avrei voluto dire. Ma invece me ne sto zitta sperando che il mio sguardo truce
possa bastare.
Vedi Jordan, Derry mi si avvicina lentamente che io sono geloso.
Prego?
Geloso di quella bestia pelosa che ha il lusso di starti vicino, dormire nel tuo
letto e leccarti una gamba. Lo dice tra il serio e il divertito. Vorrei consigliargli
qualche seduta dal dottor Martin, fosse mai che riuscisse a tirare fuori qualcosa di
buono da quella testa dai capelli a spazzola.
Devo andare. Prendo la borsa ma lui la ferma a mezzaria.
Posso venire a trovarti domattina? Ho proprio voglia del tuo caff.
Scuotendo la testa lascio scorrere il mio sguardo sul suo torace fasciato da una
maglietta aderente e penso che tutte le donne sane di mente sognerebbero di
addormentarsi su un petto del genere. Tutte tranne me, evidentemente.
Nonostante ci mi ritrovo a dirgli Alle nove e trenta ho il primo appuntamento.
Non tardare.
Non tarder, dolcezza.
Finalmente mi lascia andare e mi avvio a testa bassa alla porta schivando gli
sguardi dei presenti.
Vai gi via? Nora mi si materializza davanti improvvisamente, come se fosse
appena uscita da un cilindro. Dovrebbe lavorare in un circo, non in un pub. Guardo
distrattamente lorologio. S, si fatto tardi.
Sei strana oggi. C qualcosa che non va?
No, solo sto lottando con la tracolla della borsa che si impigliata nei miei
capelli solo che ho da fare. Oh! Ecco fatto! Con un piccolo strattone sono riuscita a
districare tutto anche se attaccato al manico della borsa rimasto il mio scalpo.
Nora mi guarda e ride. Ma quando la smetterai?
Di fare che?
Di dire ecco fatto. da quando eravamo piccole che per ogni tuo piccolo
risultato, dici questa frase. Lo dicevi dopo aver pettinato con cura la tua bambola o
dopo aver finito i compiti.
Davvero? Sono un po divertita.
Ti ricordi quando ci siamo nascoste nel fienile dei Sullivan per provare la nostra
prima sigaretta?
Come no. Abbiamo rischiato di appiccare un incendio.
E ti ricordi cosa mi dicesti?
Ricordo solo che pensavo di dover sputare anche le tonsille. Cavolo, per poco
non muoio asfissiata. L ho capito che le sigarette non facevano per me.
Nora mi guarda ma i suoi occhi sono velati dai ricordi. Mi dicesti, Non pensavo
che ci fosse qualcosa di pi disgustoso dei baci di Jimmy Ryan. Ma ho provato anche
questa, ecco fatto.
Ridiamo insieme, complici in questi piccoli e sciocchi segreti. Con il sorriso sulle
labbra Nora mi tiene aperta la porta. Un cielo grigio e pieno preannuncia pioggia.
Qualche saetta balena in lontananza.
Stai attenta, e vai piano, mi raccomanda ravviandosi stancamente i capelli.
S, mammina.

Lei mi regala un sorriso premuroso, proprio da mamma. Mi avvio velocemente


al pick up, perch sento che ho commesso un errore. E se lesperienza non minganna
devo andarmene velocemente per evitare la prossima domanda. Ma Nora, come
previsto, non si fa attendere. A proposito, tua madre come sta?
Mi giro verso di lei e alzo le sopracciglia. Le mie labbra diventano una linea
severa. Salgo sul furgone e chiudo rumorosamente la portiera. Spero le basti come
risposta, perch non ho intenzione di parlare di mia madre. Lei mi rimprovera con lo
sguardo e rientra facendo spallucce.
Lo sto facendo di nuovo. Sto sfuggendo da chiss quali demoni. Ma non voglio
pensarci e per distrarmi mi concentro su Boogie che sicuramente mi salter addosso
per la contentezza di vedermi. Cerco di fare mente locale su cosa giace sui ripiani
del mio frigorifero, ma a parte degli yogurt alla frutta e del pollo fritto di due giorni
fa, non rammento altro. Poco male, mi sparer una pizza surgelata.
bastato pensare al mio nido, al mio cane e al cibo per farmi sentire subito
meglio.
Ecco fatto.

4
Un mosaico di pioggia si sta abbattendo accanitamente sul parabrezza e i
tergicristalli non riescono a deviarla come si deve. Ho il timore che sia arrivato il
momento di sostituirli. Faccio mentalmente una lista di quello che dovrei aggiustare
e cambiare al furgone e anche con il pi semplice dei calcoli mi rendo conto che mi
converrebbe comprarmi una nuova vettura. Magari una di quelle sportive dai colori
accesi, oppure una un po pi sobria dai toni eleganti.
Ma no, non potrei mai disfarmi del mio furgone, non finch avr la certezza che
mi possa trasportare ancora per qualche miglio. Mi mancherebbero i peli neri di
Boogie sul sedile, mi mancherebbe il cigolo della ruota destra posteriore e il rumore
scoppiettante che emette la marmitta quando giro la chiave daccensione. Sembra
sempre sul punto di lasciarmi a piedi, invece lui riparte, riparte sempre. Per questi
dannati tergicristalli sono da sostituire al pi presto perch non sto vedendo un
accidente.
Prendo in considerazione lidea di fermarmi, ma la scarto quasi subito. Sono
quasi le nove, ho fame e voglio andare a casa. Scalo la marcia e aziono gli
abbaglianti, ma anche cos non che ho risolto granch. Non ancora buio, ma il
cielo una lastra di piombo grigio che offusca la mia vista. Senza lampioni e
automobili davanti a me, riesco a malapena a seguire la strada. E pensare che i
turisti decantano tanto la bellezza delle strade irlandesi, cos deserte e disegnate nel
verde come lunghi serpenti. Ma farle sotto quest'acqua con dei tergicristalli finiti
tutt'altro che bello, anche se immagino dovrei essere allenata. Accidenti a me.
Mi sporgo in avanti, concentratissima sulla guida. Aziono di nuovo gli
abbaglianti,
ma nonostante continui a premere la leva, non si accende niente
Dannazione! Smanetto imprecando mentre sembra che il Signore lass abbia
dimenticato il rubinetto aperto. Se questa non la fine del mondo, poco ci manca.
Continuo a premere la leva e in un impeto di rabbia prendo a pugni il cruscotto
Accenditi, maledetto! Quando rimetto gli occhi sulla strada
due fari si
materializzano con orrore davanti a me. Riesco a sterzare a sinistra ma gli
pneumatici consumati non tengono sullasfalto bagnato. Trattengo il respiro e incrocio
le braccia in una manovra al limite del lecito. Non so nemmeno io cosa voglio fare e
grido quando mi accorgo che sto perdendo il controllo del veicolo. Sbando
malamente a sinistra e dopo un tonfo violento, loscurit si impadronisce di me.
Il primo pensiero di essermi sfasciata la testa. Lentamente me la prendo tra le
mani e mi tocco piano. Le tempie mi pulsano e mi fa male pure il naso. Merda.
Merda. Merda. Questa non ci voleva. Dopo pochi secondi mi rendo conto che sono
finita dentro un fossato. Il furgone inclinato tutto a sinistra, in bilico come in un film
comico di serie B. Sospiro e mi accascio sul volante, abbracciandolo.
Allimprovviso lo sportello si apre Tutto bene?. Un uomo con un soprabito ed
un cappello scuro mi guarda premuroso. Io invece mi accendo in un secondo.

Ma impazzito?! lo aggredisco scendendo dal furgone. Vengo investita dalla


pioggia copiosa che mi impedisce di vedere bene luomo che mi sta davanti.
Ehi, calma
No, non sto calma. Lei era in mezzo alla strada!
Era lei in mezzo alla strada ma io non lo sento gi pi. Luomo, lauto e il
paesaggio cominciano a girare intorno a me. Sto barcollando. Distinto mi porto la
mano alla fronte, dove ho battuto.
Si sente bene? Lo sconosciuto mi prende per le spalle, sorreggendomi.
Non mi tocchi! scatto e mi guardo la mano. pulita. Almeno non sono ferita.
Lui invece alza le sue in un gesto di arresa Come vuole.
Sto benone. Grazie, ribatto secca. Luomo mi domanda qualcosa, ma il
frastuono del temporale copre le sue parole.
Come? farfuglio.
Dovera diretta? ripete.
A casa, rispondo.
Prenda la sua roba, laccompagno.
Ma cosa sta dicendo? Io non vado da nessuna parte!
Se mi aiuta, forse riusciamo a tirare fuori il furgone... Mi rendo conto di essere
ridicola, ma io qui il furgone non ce lo lascio.
Non ce la faremo mai, m interrompe e mi fissa con insistenza.
Allora vada pure. Faccio una telefonata e mi faccio venire a prendere.
Mi aspetto che mi dia della sciocca e che insista, ma mi sbaglio di grosso. Cafone.
Faccia come vuole. Luomo mi pianta in asso e sincammina alla sua auto.
Imprecando mi rifugio nel pick up e cerco la borsa che scivolata gi, sotto il
sedile del passeggero. Da questa posizione obliqua non facile armeggiare in tutte
queste tasche, dove regna il caos pi totale. Mi scontro con vari oggetti, e finalmente
prendo in mano il telefonino. Mi giro verso lo sconosciuto che sempre l che mi
guarda dallinterno della sua auto. Gli sorrido beffarda. Lui aspetta imperturbabile.
Ma perch non se ne va? Io adesso faccio una telefonata...
Ecco perch non se ne va. Perch forse sapeva che il mio maledetto cellulare ha
la batteria scarica e giace spento nella mia mano. Sarebbe tanta la voglia di
scaraventarlo fuori dal finestrino, ma cerco di controllarmi e chiudendo gli occhi, mi
appoggio allo schienale. Quando finir questa giornata?
Problemi? Lo sconosciuto apre di nuovo lo sportello e mi fa trasalire. Questa
volta lui che ha il sorriso beffardo stampato in volto. Scommetto che anche i suoi
occhi sotto la tesa del cappello stanno ridendo.
Ma perch non se ne va? gli domando, ma la mia voce ha gi ceduto un po.
Non posso lasciarla qui, risponde lui, semplicemente.
Guardi, non abito molto lontano da qui, far lautostop. Vada pure.
Lautostop? Vuole scherzare? mi schernisce Siamo qui da mezzora e non
passata anima viva. Mi dia retta, prenda la sua roba.
Non sono molto convinta, ma cristo, mi fa male la testa, il furgone fuori uso e
sono nel bel mezzo del Connemara. Sospirando rumorosamente prendo la borsa,
scendo dal furgone e lo seguo.
Mi siedo sul sedile della sua auto sportiva e un buon profumo di pulito mi
investe.

Guardi che le bagno tutto il sedile, borbotto come se la colpa di tutto ci fosse
sua.
Le far avere il conto dei rivestimenti nuovi. Si volta sorridendo verso di me e
finalmente si toglie il cappello. Degli schizzi mi raggiungono, li sento, ma non li vedo,
perch i miei occhi sono puntati su di lui. Ora riesco a vedere quello che la pioggia
aveva omesso.
Ha lineamenti marcati, profilo serio e le mascelle coperte da una barbetta
incolta. Gli occhi, parzialmente nascosti dai capelli umidi, mi sfuggono. Lui, come se
mi avesse letto nel pensiero, si ravvia una ciocca con fare deciso, scoprendoli. Si gira e
mi guarda. Ci fissiamo per un brevissimo istante in cui mi passa per la testa che
questo estraneo potrebbe benissimo essere un malvivente e approfittarsi di me.
Finirei la giornata in bellezza.
Mi faccia vedere, dice girandosi un poco e accendendo la piccola luce sopra la
nostra testa.
Che cosa?
Dove ha battuto.
Sto benone, affermo scostandomi. Non niente, aggiungo pi dolcemente.
La prego, si lasci vedere. Sono un medico. Una leggera nota di implorazione si
fa spazio nella sua voce profonda, da speaker radiofonico.
Ah Rimango l come unidiota, non sapendo cosa dire e cosa fare. Lui invece
mi sta gi scostando il capelli dalla fronte.
Le fa male qui? domanda poggiando i polpastrelli sulla mia fronte.
NoAhi!
Allora, s o no?
Qui s, sospiro cercando di non guardarlo mentre mi tocca. I nostri visi sono a
pochi centimetri e non posso fare a meno di analizzarlo. Se avessi fra le mani la mia
scheda professionale saprei io cosa scrivere. Bellesemplare di maschio, razza
sconosciuta. Et compresa tra i trentacinque e i quarantanni. Segni particolari:una
cicatrice a forma di mezza luna sullo zigomo sinistro. Motivo della visita: lingua
troppo sciolta. Ma non siamo nel mio ambulatorio, siamo nella sua auto e a
ricordarmelo c il suo fiato sulle mie labbra. Mi scruta con occhi scuri incorniciati da
piccole rughe. Sono in apnea, rigida come uno stecchino. E per distrarmi cerco di
concentrarmi sulle gocce di pioggia che stanno battendo sul vetro e sul rivestimento
grigio scuro della sua auto. Niente. Finisco il giro e incontro di nuovo il suo sguardo.
Non morir, sentenzia, e si allontana.
Ah. Tante grazie. Adesso sono pi tranquilla. Cos lei, un pediatra? Non so
come mi sia uscita questa battuta, e non so nemmeno se volesse essere una battuta,
ma ormai fatta. Lui pare non fare caso a quello che ho detto. Si rimette dritto,
mette in moto e fa inversione.
Non morir. Ma sta facendo dei discorsi senza senso. Forse meglio se la
accompagno al pronto soccorso. Ci ha fatto caso a quanto pare.
Non star dicendo sul serio. Io non voglio andare allospedale, voglio andare a
casa.
Adesso sta facendo la bambina capricciosa. Ha perfino il broncio. La battuta
di poco fa mi ritorna indietro come un boomerang. Tiro gi il parasole e mi rifletto
nello specchietto.

Non sto facendo il broncio.


Vado bene di qua?
Guardo la strada. S, sLei pensa che mi verr un bernoccolo?
Probabilmente s. Ma ha dei bei capelli, riuscir a nasconderlo.
un complimento? Mi pento subito della domanda. L'ultima cosa che voglio
fare civettare con un perfetto sconosciuto.
S, ai suoi capelli. quello che ci sta sotto che mi preoccupa.
Mi volto verso di lui facendogli un sorrisetto forzato. Poi riguardo la mia
immagine e mi strofino il naso indolenzito. Non credo che ci sia niente di rotto.
Invece di rimirarsi, potrebbe indicarmi la strada? chiede lui spazientito.
Chiudo il parasole, mi metto dritta e ravvio i miei bei capelli. Cos ha detto lui.
Gli do delle indicazioni e lui annuisce silenzioso. Ha una guida fluida, morbida e
ogni tanto lancia un'occhiata allorologio.
Guardi che glielo avevo detto di lasciarmi l. Anzi accosti che scendo, non ci
metter molto, cos lei potr andare al suo appuntamento
Ma se ne vuole stare tranquilla? Ma che ne sa lei di dove devo andare io?
Ehi, volevo essere gentile, okay?
Sar gentile se se ne star buona, finch non arriviamo. gi zuppa come un
pulcino, cosa crederebbe di fare l fuori con questo tempo?
So camminare, sa? ribatto sarcastica.
Gi. guidare che non le riesce troppo bene.
Ma rimango senza parole. Il tipo ha la battuta pronta e mi tiene testa. Mi
mordo le labbra per non dirgliene quattro e dopo pochi minuti intravedo il cartello
che delimita la mia propriet.
Vede quel cartello? Si fermi l.
Lui ferma lauto, accende gli abbaglianti e si mette a leggere. Dottoressa
Jordan ONeill...Medico veterinario? Me lo domanda ridendo a bocca aperta,
mostrando denti bianchissimi.
Be', s. Problemi?
Lui guarda dritto davanti a s e scuote la testa sempre ridendo. Che fastidio.
No, che...non se la prenda, ma da quel poco che ho visto non le farei visitare
nemmeno il mio criceto.
Lei ha un criceto? Pensavo allevasse squali nella sua piscina. Ho deciso che lo
odio.
Non ho una piscina.
E io non ho tempo da perdere! Scendo dallauto come una furia, incespicando
nei miei stessi passi.
Aspetti! Lui fa il giro dellauto e mi raggiunge prendendomi per un braccio.
Ne ho abbastanza. Troppo tardi per le sue scuse. E non riesco nemmeno a
ringraziarlo per il passaggio per quanto sono incazzata. Lui mi guarda gentile e mi
regala un sorriso disarmante. Ci ripenso, forse dovrei ringraziarlo.
Ci metta subito del ghiaccio, se non vuole che gli gonfi ancora. Tutto qui. E
niente scuse. Mi lascia il braccio e se ne va . Uno a zero per lui.

5
Un enorme martello sembra aprirmi il cranio. questa la sensazione che ho
stasera. Il ghiaccio che tengo premuto sulla fronte non mi allevia il dolore. Mi sono
sforzata di finire la pizza, per poter buttare gi due pastiglie di antidolorifico.
passata quasi un'ora, ma il mal di testa sempre l, che mi sfinisce. Mi pesano anche
le palpebre, forse avrei fatto bene a farmi accompagnare al pronto soccorso. Mi
sorprendo a sorridere pensando alluomo che mi ha portato fino a casa. Che tipo, la
ciliegina sulla torta di una giornata sfiancante. Per ha detto che non niente di
grave e io gli credo. Voglio credergli, anche se mi pare di vederci non molto bene. Mi
metto seduta per bene sul divano e cerco un punto preciso da fissare. Metto la borsa
del ghiaccio nella bacinella e con la mano destra mi copro un occhio.
Con una certa difficolt riesco a leggere i numeri del calendario attaccato alla
parete davanti a me.
Tappo laltro, ma delle farfalline mi danzano davanti allocchio che tenevo
chiuso.
Ehi tu, quello era mio, brontolo rivolta a Boogie che sta lottando con un
pezzetto di pomodoro caduto a terra. Lui continua ad accanirsi facendo un rumore
simile ad un risucchio. Gi che ci sei, perch non spolveri queste?
Guardo le briciole di pizza surgelata sparse sul divano, e la lattina di birra
poggiata sul tappeto. Un bambino di tre anni sarebbe stato pi ordinato. Distolgo lo
sguardo e faccio la prova con locchio sinistro. Ora i numeri li vedo un po meglio. Con
il mio occhio da pirata vago per la stanza, cercando di catturare anche i dettagli pi
piccoli. Riesco a vedere il manico del bricco sulla mensola della credenza e anche i
piccoli gnomi in fila dietro la vetrinetta che, per inciso, dovrei buttare via una volta
per tutte per quanto sono inquietanti. Ma voglio osare di pi e fisso un piccolo nodo
del legno sullanta sinistra della credenza. un piccolo cerchio a spirale, pi scuro
allinterno e sfumato ai margini. Lo so con precisione perch pi di una volta mi sono
ritrovata a fissarlo. Dietro quellanta c lei, la mia peggior nemica.
Mi chiedo se sia cos difficile e doloroso scoperchiarla. So che dovrei sbarazzarmi
del contenuto, come ho fatto con gli abiti, ma mi fa una certa impressione tenere tra
le mani qualcosa che Philip aveva indosso quando morto. Lo so che un
comportamento irrazionale, ma se cos non fosse non pagherei profumatamente un
analista.
Subito mi vengono in mente le parole del dottor Martin. Per lei sar una
grande vittoria, Jordan.
Una grande vittoria. Rimugino su queste parole, sentendomi un pochino pi
forte.
Io la apro, mi dico. Al diavolo le stronzate sentimentali, mi devo staccare dal
passato e questo sarebbe gi un passo avanti. Il mal di testa mi aiuta, mi stordisce
quel tanto che basta da non ragionarci troppo. Come quando non sei ubriaco ma
solo un po' alticcio: tutto ti sembra pi facile.
Mi alzo e a piedi nudi raggiungo la credenza. La apro piano, come se scottasse.

Prendo la scatola e mi guardo intorno. Opto per il tavolo della cucina, intorno ha
delle sedie belle solide, adatte per sorreggermi in questo grande passo.
Mi metto seduta e la fisso. Sto perdendo tempo, lo so. Faccio sempre cos
quando qualcosa mi disturba, come se aspettare alleviasse il disagio, quel senso di
oppressione che mi prende qui, alla bocca dello stomaco.
Mi rialzo, vado al telefono e digito il numero del Red Lion. La voce di Frank
rimbomba nellapparecchio. Ma con uno scatto riattacco. Cosa avrei potuto dirgli?
Di' a tua moglie di raggiungermi, devo aprire una scatola da scarpe ?.
Ma quanto sono scema. Mi dirigo al tavolo ma non mi siedo, come se la scatola
potesse contenere una bomba a orologeria e io dovessi scappare da un momento
allaltro. Chiss se Pandora era cos agitata quando ha aperto il suo vaso.
Lascio scorrere le dita sul coperchio, lo accarezzo e provo a immaginarmi come
sar rivedere le sue cose, riaverle tra le mani, avere di nuovo qualcosa di suo.
Lentamente la apro trattenendo il fiato ed tutto l, come avevo previsto. Tiro
un sospiro di sollievo, pensavo peggio. Non mi ha fatto male, non mi viene da
piangere, ma anzi, sento in me una forza che credevo di non avere.
Il portafoglio stato chiuso da un elastico e la fede nuziale e il braccialetto sono
stati sigillati dentro un sacchettino di plastica trasparente. Con coraggio afferro il
sacchettino e mi accorgo che la mano trema un po. Cerco di non farci caso. Non
posso mollare proprio adesso.
Con delicatezza mi lascio scivolare il contenuto nell'altro palmo. Nel farlo,
qualcosa cade a terra. Nella mia mano il bracciale e lanello. Dietro una sedia, sul
pavimento, il riflesso di una catenina con un ciondolo. La raccolgo con la punta delle
dita, nemmeno fossi un esperto della scientifica e mi lascio oscillare davanti il
ciondolo. una serpe infilzata da una spada. La catenina, che a prima vista non
sembra di valore, fatta di piccoli anelli ovoidali. Sono un tantino disorientata, Philip
non portava collanine. Sorrido nervosa. O forse s? Potrebbe essermi sfuggita, gli
ultimi tempi eravamo talmente impegnati a litigare che potrebbe averla indossata
senza che io ci abbia fatto caso. Basta Jordan, chi vuoi ingannare? Non ti sembra di
esserti gi raccontata un sacco di balle? Questa collanina non di Philip. Non ha mai
portato nessuna, dannatissima collanina.
E a questo punto mi chiedo: com finita tra i suoi effetti personali?

6
Mike Donovan imprec sottovoce frugando nelle tasche del cappotto senza
riuscire a trovare le chiavi di casa. Dopo aver tirato fuori quelle dell'auto a noleggio,
il telefono cellulare e un pacchetto di chewing gum tutto sgualcito, ricord di averle
messe nella piccola valigia che aveva lasciato in macchina. Imprecando di nuovo
ripercorse il vialetto d'accesso alzandosi il bavero sul viso. Una fitta pioggerellina finita
in temporale gli aveva tenuto compagnia per tutto il viaggio e adesso si sentiva
stanco, infreddolito, e con i nervi a fior di pelle. Dopo cinque minuti oltrepass la
soglia, lasci cadere le valigie nell'atrio e, dopo aver acceso la lampada dell'ingresso si
butt sulla prima poltrona che incontr. Incurante del cappotto ancora umido di
pioggia scorse con gli occhi la stanza intorno a s. Era proprio come ricordava, non
era cambiato niente. Grace l'aveva lasciata come un tempo. La libreria occupava
due delle quattro pareti, i libri di psicologia perfettamente allineati si erano ingialliti
col tempo e il grande tavolo di quercia troneggiava in mezzo alla stanza, orgoglioso
dei centinaia di graffi che riportava. Come in un nostalgico deja v, il tempo, in
quella stanza, sembrava essersi fermato.
Si slacci svogliatamente la cravatta desiderando farsi una doccia prima
possibile. Il fuso orario e il viaggio l'avevano sfinito. Guard l'orologio dopo che il suo
stomaco emise un brontolio, ma l'idea di prepararsi qualcosa cancell ogni senso di
fame. Con un grande sforzo si alz dalla poltrona nello stesso istante in cui il suo
cellulare si mise a trillare.
Grace, pronunci piano.
Mike caro, sei arrivato?
Mike si piant il telefono nell'incavo del collo e si sfil il soprabito S, in maniera
piuttosto rocambolesca, ma sono sano e salvo.
Cosa successo?
Niente, lascia stare. Era davvero il caso di raccontarle dell'incidente? Invece
dimmi di te. Quando tuo figlio mi ha consegnato le chiavi di casa mi ha detto della
tua caviglia slogata. Come stai?
Mike, a settantaquattro anni suonati le ossa e i riflessi non sono pi quelli di una
volta, dovresti saperlo.
Mike si immagin Grace sorridere forzatamente. Dalla sua voce traspariva
anche troppo chiaramente una tristezza alla quale lui non era abituato.
Ma sto bene, prosegu la donna con voce pi allegra come se si fosse accorta di
essersi smascherata non preoccuparti per me. In questa pausa forzata ho anche
ripreso a ricamare e sto imparando a usare il computer. Il computer, Mike, l'avresti
mai detto?
Assolutamente no!
La sent ridere all'apparecchio sciogliendosi un poco. Tu piuttosto pensa a
rilassarti e a goderti questo periodo di vacanza. per questo che sei tornato in
Irlanda, no?
S, proprio per questo. Cercher di seguire il tuo consiglio o almeno ci avrebbe

provato, pens.
Passarono alcuni secondi di inspiegabile e imbarazzato silenzio, come se tutti e
due, prima di pronunciare la frase successiva, soppesassero le parole per paura di
rattristarsi l'uno con l'altra.
Sono felice che tu sia qui, Mike. Grace, alla fine, parl sottovoce, perch dirlo
forte sarebbe equivalso ad ammettere la propria vulnerabilit.
Mike espir piano e socchiuse gli occhi incapace di ribattere a una cos palese
dichiarazione. Da quando era rimasta vedova del buon vecchio James Harris, Grace
non era pi la stessa. La donna battagliera che conosceva aveva lasciato il posto a
una creatura fragile, insicura e infinitamente triste. Una rosa che stava perdendo
tutti i suoi petali, uno ad uno.
Mike?
S?
Capisco che tu possa essere stanco, ma se vuoi venire qui da mio figlio per un
piatto caldo...
Grazie, non stasera, la interruppe sono talmente stanco che sento solo il
bisogno di una doccia bollente e di un letto.
Come vuoi. Nel bagno pi grande troverai degli asciugamani puliti e il resto
della biancheria nell'armadio. Sul retro trovi anche la torba per il camino, ma
presumo che tu lo ricordi.
Mike si massaggi la barba ispida e chiuse gli occhi S, lo ricordo.
Bene. Non voglio trattenerti oltre. Buonanotte Mike. A presto.
A presto.
Mike butt il cellulare sulla poltrona, attravers il corridoio, e si diresse in bagno,
dove si spogli in fretta gettandosi sotto il getto bollente della doccia. Per diversi
minuti rimase immobile sotto lo scroscio dell'acqua, a occhi chiusi, cercando di
rilassare le membra. Era stata una giornata faticosissima, e promise a se stesso di
provare a rilassarsi un poco. Si massaggi il collo e si ravvi pi volte i capelli, dopo
averli frizionati con uno shampoo che scopr essere per capelli ricci.
Quella scoperta gli riport alla mente il detto che gli ripeteva sempre suo
padre: L'Irlanda ha l'erba pi verde e le donne pi rosse; e lui ne aveva incontrata
una, prima di constatare quanto verde fosse l'erba. Pensando a quanto era
accaduto quel pomeriggio, non si sent un gentiluomo. Una donna come quella
sarebbe comunque arrivata a casa sana e salva, anche senza il suo aiuto. Una che si
ostina a guidare un pick up del genere, pu essere solo una donna coraggiosa. O
incosciente, dipende dai punti di vista. Immagin che quella donna dai capelli di
fuoco e dalla parlantina sagace fosse una tipa che a letto ci sapesse fare alla grande.
Sei un idiota, Mike, si disse accorgendosi di avere un'erezione Un perfetto,
fottutissimo idiota.
Si sciacqu in fretta e usc dalla doccia, si frizion i capelli con un piccolo
asciugamano e ne strinse uno pi grosso intorno alla vita. Con il palmo della mano
spann lo specchio Mike Donovan, disse alla propria immagine riflessa vedi cosa
succede a non frequentare per troppo tempo una donna?
Sospir e incurante di avere ancora il corpo umido si diresse in salotto. Apr
qualche anta prima di trovare un buon whisky. Prese da un vassoio decorato un
bicchiere, se ne vers un po' e and in camera da letto. Sorseggiando con lentezza

lasci vagare lo sguardo dapprima sulle pareti nude, poi sulle tende pesanti, infine
sul grande letto matrimoniale, dove si butt a pancia in gi piombando in pochi
minuti in un sonno profondo.

7
Sto correndo un po troppo forte, mi stanno letteralmente bruciando i polmoni.
Cerco di incamerare aria, aiutandomi con le braccia ma sento che sto per scoppiare.
Vorrei fermarmi ma le gambe non rispondono al comando del mio cervello. Incrocio
mia madre che tiene in mano una bottiglietta dacqua. La imploro con lo sguardo.
Ho la gola talmente secca da non riuscire a parlare.
Ti prego mamma, dammi quella bottiglia.
Continuo a correre e lei, perfettamente immobile, mi a fianco come se stesse
su un tapis roulant. La vuoi, tesoro? mi domanda con una smorfia.
S mamma, ti prego, aiutami.
Hai fatto la brava, Jordan? sogghigna, come se sapesse gi la risposta.
S mamma, lo sai.
Giuralo, Jordan.
Ti prego, mamma
Giuralo Jordan, per il bene di tutti.
Ma mamma...'
Giura!
S mamma, lo giuro
Mi sveglio di colpo, rizzandomi a sedere. Cazzo no, un altro incubo non ci voleva.
Lancio uno sguardo alla sveglia: non posso sognare mia madre alle tre di notte.
Evidentemente le botte in testa sortiscono questo effetto. Ho la bocca asciutta e la
salivazione a zero. Lavessi qua davanti, mia madre, saprei dove mettergliela quella
bottiglietta.
Cristo, potrei uccidere per un bicchier dacqua. Deve essere stata la pizza
surgelata. Ha ragione Nora, devo piantarla con le porcherie.
Boogie mugola infastidito quando gli tolgo un piede di sotto. Ha di nuovo
ragione Nora, devo piantarla di farlo dormire sul letto.
Scendo in cucina e dopo essermi versata da bere mi siedo al tavolo. La scatola
di nuovo nella credenza e la collanina in un cassetto. Troppe cose in troppo poco
tempo. Non so se ce la faccio. La scoperta della collanina mi ha scioccato, sono
sincera. Non ho idea di come sia finita l e di chi sia. E, se dapprima ho fatto finta di
niente riponendola in quel cassetto, adesso ho la certezza che, finch non ho
scoperto di chi , non mi dar pace. Trangugio il bicchier dacqua versandone un po
sul pavimento; non ho ancora recuperato il pieno controllo dei miei gesti.
Vado in bagno e mi metto a frugare nellarmadietto dei medicinali, la maggior
parte dei quali saranno sicuramente scaduti. Trovo una boccetta bianca e mi metto
in mano due pillole. Sto per ingoiarle, cos, senzacqua, quando incrocio il mio viso
nello specchio.
Non cos che risolverai i tuoi problemi, Jordan. Lo dico rivolta ad una donna
di trentatr anni dallaria distrutta e dal pigiama stropicciato.
Getto le pillole nel lavandino e apro lacqua. Mi sciacquo il viso per non pensare

ai tranquillanti che stanno scivolando nello scarico. E penso di aver fatto la cosa
giusta. Il dottor Martin sarebbe fiero di me. Mi trascino in camera e mi sdraio sul letto
con gli occhi sgranati. Boogie mugola e non l'ho mai invidiato come adesso. Farei un
patto col diavolo pur di avere in cambio un po' della sua vita canina. Coccolato e
vezzeggiato, il principe indiscusso della casa, padrone del letto e con la ciotola
sempre piena. Ma pi che altro con zero problemi nella vita. A me, invece, tocca
combattere quotidianamente la mia battaglia, prendendo a colpi dascia i miei
incubi e i miei demoni.
Mi rendo conto che sto facendo discorsi senza senso, e mi spaventa accorgermi
che scambierei la mia vita con quella di un vecchio border collie: sono proprio
arrivata.
Mi butto sbuffando a pancia in gi, mi giro a destra, poi a sinistra cercando una
posizione che mi faccia scivolare nel sonno. Dannazione, devo dormire assolutamente
almeno quattro ore, altrimenti domattina sar uno straccio.
Domani Boogie...speriamo che domani sia un giorno migliore... biascico
mentre chiudo le palpebre e mi danza nel cervello la famosissima scena di Via col
vento dove Rossella OHara -in preda a fiducia o a disperazione?- mormora:
Domani un altro giorno.
Dentro di me, come un tarlo fastidioso, si fa spazio la voce di mia madre
Giura.

8
Hai un aspetto orribile. Derry varca la soglia di casa mia con lIrish
Independent in mano.
Grazie. Adoro ricevere questi complimenti di primo mattino. Chiudo la porta
e mi ci appoggio contro. L'ho accolto ancora in pigiama e con dei capelli che hanno
visto giorni migliori.
Una notte difficile? mi chiede dirigendosi ai fornelli e alzando il coperchio della
moka.
Tu che ne dici?
Ho visto donne cos sconvolte solo dopo aver passato una notte di sesso con me.
Si lascia andare su una sedia, facendomi l'occhiolino.
Piantala. Non ho voglia di scherzare.
Sto solo cercando di sdrammatizzare.
Mi verso la seconda tazza di caff e ne porgo una a Derry. Lui allunga le
gambe sotto il tavolo e inspira dalla tazza fumante. Mmh...adoro il tuo caff.
Sarebbe bello non costringermi a venire fin qui quasi tutte le mattine.
E tu non ci venire.
Ormai non ne potrei fare a meno.
Allora un problema tuo.
Svegliata proprio male stamattina, eh? mi canzona alzando gli occhi al cielo.
Boogie si lamentato tutta la notte. Reumatismi, mento fissando un punto
ma senza vederlo.
Allora vedi che ho ragione io? troppo vecchio. Sparagli.
Se non la smetti mi riprendo il caff e sparo a te.
Lui ridacchia avvicinandosi la tazzina in modo rozzo facendo fuoriuscire gran
parte del caff, come un bambino maldestro che cerca di accaparrarsi l'ultima
ciambella.
Sai che c'? comincia facendo vagare lo sguardo sulla mia cucina. E temo che
mi proponga per l'ennesima volta di cambiare arredamento. Non solo non mia
intenzione ma mi rifiuto di accettare consigli di buon gusto da chi possiede solo
camicie a quadri nel suo armadio. Quella che ha indosso questa mattina, poi, come
minimo ha quindici anni.
Ti manca un figlio.
Come? Penso di aver capito male.
Tratti il cane come se fosse un bambino. il tuo istinto materno che viene
fuorilho letto da qualche parte, sentenzia tuffando la testa nel giornale.
Sono questi i momenti in cui vorrei alzarmi e lanciare qualsiasi oggetto mi capiti
a tiro. Possibilmente su di lui. Che riesce sempre e inesorabilmente a dire la cosa
sbagliata nel momento sbagliato.
Dici un sacco di cazzate, Derry.
Prima che il discorso prenda una piega che non saprei gestire, finisco in un sorso
il caff, afferro uno straccio dal lavello e glielo getto in grembo.

Almeno pulisci, mormoro indicando la chiazza marrone che si sta allargando


sul tavolo e datti una mossa. Ho il primo appuntamento tra meno di un'ora.
Sissignora. Come vuole lei, signora! mi canzona portandosi la mano alla fronte.
Salgo a cambiarmi pensando che oggi devo anche studiare un modo per
recuperare il furgone. Dopo aver riflettuto qualche secondo, agguanto il cellulare
dal comodino e faccio il numero di Nolan Garret.
Bellezza! mi apostrofa tossendo subito dopo. Una tosse grassa, catarrosa, da
grande fumatore. Sigarette bastarde! lo sento borbottare allontanando
l'apparecchio.
Ci sei? rido al cellulare.
Scusami. Ho i polmoni neri come il culo dei curragh e ne sto espellendo un po'
per giorno.
Dovresti smettere di fumare, Nolan.
Ci sto provando, cristo. Non ti ci mettere anche tu. C' gi mia moglie che mi
rompe le palle. Mi hai telefonato per farmi la ramanzina?
Sorrido all'uomo che conosco fin da bambina. Il caro vecchio Nolan.
Sessantacinque anni portati piuttosto male, grazie anche ai chili di troppo e un
doppiomento che trema ogni volta che scuote la testa. Da bambina mi ricordava
una grossa foca. Ovviamente mi son sempre ben guardata dal dirglielo, anche se
probabilmente ci avrebbe riso su. Era amico di mio padre. Non si contano le volte
che lo ha riportato a casa ubriaco, mettendo da parte il suo ruolo di agente.
Ricordo la mia faccia appiccicata alla finestra nella piccola casa di Dingle, il mio
fiato che rendeva opaco il vetro creando un alone che mi oscurava la vista.
Disegnavo un cerchio per guardare l, oltre il recinto, dove l'auto del Garda arrivava
silenziosa, annunciata solo dalla luce blu a intermittenza che squarciava il buio con
insistente prepotenza. Osservavo mio padre, buttato sulle spalle di Nolan come un
sacco di tela, che imprecava contro lamico che non lo aveva lasciato al porto a
marcire insieme agli scarti delle imbarcazioni. E tuttavia Nolan lo riportava sempre.
E ancora. E ancora. Indifferente alle proteste di quell'amico cos ruvido, scontroso e
violento. Di una violenza mal celata tra le mura domestiche di cui io, oggi, porto
ancora segni tangibili senza riuscire ancora, incredibilmente e spaventosamente, a
fargliene una colpa.
Di', bellezza, hai perso la lingua?. Nolan mi riporta qua, in camera da letto.
Scusami, che...avevo solo bisogno di un favore...
Dopo dieci minuti ridiscendo le scale sollevata al pensiero che Nolan mander
qualcuno dei suoi ragazzi a prelevare il furgone.
Derry se n' andato, mentre l'Irish Indipendent giace sul tavolo in una pozza di
caff.

9
So che dovrei concentrarmi su quello che sto facendo, su dove sto mettendo le
mani, soprattutto. Stesa sul tavolo operatorio ho una femmina di setter irlandese da
sottoporre a laparotomia per asportarle l'apparato riproduttivo. Quella che per
tutti un'operazione da principiante, si sta rivelando difficoltosa perch non ci sono
con la testa. Anche se faccio finta di nulla, quella maledetta collanina mi oscilla
davanti agli occhi come un pendolo. Onestamente, potrebbe essere stato un errore
della polizia? Potrebbero averla trovata l vicino, dedotto che fosse sua e messa nei
suoi effetti personali? O era al collo di Philip, per un motivo a me sconosciuto? O forse
era di qualcuno che era con lui...Un pensiero mi sfiora l'anima, cos improvviso che ne
ho quasi paura. Ma continuo impavida nelle mie congetture, sapendo di inoltrarmi
in un campo minato. E penso che s, potrebbe anche essere stato un dono di quella
sera, un regalo, qualcosa da tenere sempre con s. Un brivido mi attraversa la
schiena e mi tappo la bocca con la mano, come se dovessi soffocare un grido.
possibile? veramente possibile quello che sto pensando?
Il verso di una civetta mi distoglie dai miei pensieri facendomi sussultare:
l'orologio a parete che mi dice che sono le dieci esatte. Ogni ora un cinguettio
diverso. L'ho sempre trovato simpatico e originale, ma oggi lo detesto. Mi ha scosso
quellintrico doloroso di deduzioni che avevo intrapreso. Cerco di riprendere
mentalmente il discorso, di far incastrare di nuovo i pezzi, ma come se qualcuno
mi avesse tolto la scatola di un puzzle. Ho tanti piccoli pezzettini davanti a me, ma
non ho pi riferimenti, sono senza guida.
Ormai andata. Basta, devo concentrarmi su Scarlett - cos si chiama- non
posso pi tergiversare, devo andare avanti.
Cerco di mettere da parte i miei pensieri e mi appresto a inciderle il ventre.
Scarlett, un nome originale, visto il pelo fulvo...
Porto all'esterno le ovaie per visualizzarle; mi concentro su quello che ho tra le
mani: delle ghiandole che generano vita; mi sorprendo ancora una volta a
domandarmi come sia possibile che tutto nasca da qui, da questi grappoli rossi e
umidi, che mi stanno macchiando i guanti. Scuoto la testa impercettibilmente come
per scacciare un insetto fastidioso e procedo. Lego i follicoli e i legamenti e poi taglio
con un colpo un po' troppo deciso sopra i nodi. Calma, Jordan. Calma.
Ma non mi ascolto.
Suturo in fretta la ferita di Scarlett, la disinfetto e la dispongo per il risveglio.
Dopo dieci minuti esco dalla sala operatoria con un camice pulito e i capelli
raccolti in una coda di cavallo. Trattengo a stento uno sbadiglio, il non dormire
tranquillamente la notte mi sta massacrando. Sento la stanchezza farsi spazio tra le
pieghe del mio corpo, un corpo che reclama riposo fisico, ma soprattutto mentale.
Ho come la sensazione di avere intorno a me un'aura di negativit, qualcosa di
irrisolto che chiede di venire a galla. come se fossi in una bolla di sapone, sospesa. E
so che prima o poi questa bolla scoppier: il non sapere quando questo potrebbe
accadere ad inquietarmi non poco. Sospirando, attraverso l'ambulatorio e mi

affaccio in sala d'attesa.


Billy Kendall si gira sussultando con una rivista in mano: Mi hai fatto paura,
dottoressa Jo, mi dice posandola con delicatezza.
La sala d'attesa deserta e luminosa questa mattina. Il temporale di ieri ha
lasciato il posto a un sole tiepido che ora, grazie alla grande vetrata, si sta
allargando sulle pareti bianche.
Ho messo a posto le riviste. Alcune sono molto vecchie, dottoressa Jo.
Lo so.
Lui rimane immobile, in piedi tra due sedie, con le mani lungo i fianchi come
un soldatino. Billy ha quattordici anni, anche se a vederlo cos gracilino e col muso
pieno di lentiggini ne dimostra molti meno. Viene qui quasi tutte le mattine, e si
aggira silenzioso in sala d'attesa mettendomi a posto le riviste, innaffiandomi le
piante, e aspettando l'arrivo dei primi pazienti per poterli accarezzare.
orfano di padre. Non l'ha mai conosciuto a dire il vero ed l'ultimo di quattro
fratelli. Sua madre, che lavora allo spaccio dei cereali in paese, sa che viene qui e
non mi nasconde la sua gratitudine per non averlo mai cacciato fino ad ora. una
brava donna, corpulenta e dall'aspetto rassicurante, che ha tirato su i quattro figli
come meglio poteva. I grandi sono ormai andati via di casa, ed rimasto lui, con
quella faccia da eterno bimbetto e un lieve ritardo mentale che si porta dietro fin
dalla nascita.
Da quanto tempo sei qui, Billy?
Da poco, dottoressa Jo.
Quante volte ti ho detto di chiamarmi semplicemente Jo? Lascia perdere la
dottoressa.
S, dottoressa Jo.
Rido per la mia totale incapacit di convincimento Hai gi fatto colazione?
No, dottoressa Jo.
Vieni, mi faccio da parte per farlo passare.Siediti su quello sgabello.
Ma lui non si siede, si guarda intorno e gli occhi guizzano curiosi rimbalzando da
una parete all'altra.
Tiro fuori da un mobiletto dei biscotti, qualche bibita e un succo di frutta. Lo so
che l'ambiente non dei migliori, non siamo certo in una caffetteria, ma il locale
pulito e lo considero la mia seconda casa. Lui non sembra fare caso nemmeno al
persistente odore di disinfettante che aleggia nell'aria.
morto?
Mi giro di scatto e lo vedo davanti alla porta spalancata della sala operatoria.
Mi affretto a raggiungerlo, la chiudo e lo spingo verso lo sgabello No, non
morto. Sta dormendo. Siediti.
Non si muove, osserva.
sotto anestesia. Sai cosa vuol dire?
Mio padre morto. Muoiono tutti, pronuncia con tranquillit senza nemmeno
l'ombra di una sacrosanta tristezza. Ed questo che mi spaventa di lui: la sua voce
atona, la sua espressione sempre indecifrabile, enigmatica. Non so mai cosa passa
per la testa di questo ragazzino un po' strambo.
Cosa intendi quando dici che muoiono tutti? chiedo, esortandolo con un gesto
della mano.

Per tutta risposta fissa delle museruole attaccate ad alcuni ganci, allunga un
braccio, stende l'indice e comincia a contarle. Sono cinque.
Esatto. Sono cinque. Lo ammetto: a volte non mi facile gestirlo, soprattutto
quando ha le giornate no, e oggi temo sia una di queste.
Vuoi dei biscotti? Gli allungo due frollini, che lui guarda con noncuranza come
se gli avessi offerto un giocattolo per bambine. Poi con delicatezza mi prende dalle
mani l'intero pacchetto, si siede e comincia a mangiare.
Provo a insistere Cosa intendi, Billy, quando dici che muoiono tutti?A cosa ti
riferisci?.
Ma lui non mi ascolta. Vaga con lo sguardo per la stanza soffermandosi su
oggetti che lui ritiene particolarmente degni di nota. Ad esempio ora sta fissando
una radiografia affissa al pannello luminoso. Chiss cosa ci vede nella displasia alle
anche di un labrador.
Billy, hai capito quello che ti chiesto? Infilo le mani nelle tasche del camice e
attendo la risposta, anche se non sono poi cos sicura di volerla ascoltare.
Il dottor Philip morto.
Ecco. Quello che temevo.
S. Anche lui.
Era un maschio. Anche mio padre era un maschio. Si gira e mi pianta addosso
i suoi piccoli occhi verdi E anche mio fratello Connor morir e anche Fergus. E anche
io.
S, anche tu, gli dico avvicinandomi ma tra molti, molti, molti anni. Gli
scarruffo la frangia e gli prendo il viso tra le mani Che cosa devo fare con te, Billy
Kendall? Eh?
Lui continua a masticare nonostante io gli tenga le guance. Sembra un pesce
rosso che annaspa fuori dall'acqua. E sta sputando briciole ovunque. Lascio andare
questo adolescente cos poco incline ai complimenti e penso che in qualche modo
annaspo anch'io, anche senza nessuno che mi strizzi le guance.
Quel cane... comincia indicando la sala operatoria con la mano piena di
biscotti. Uno gli cade e rotola a terra ma lui non se ne cura Quel cane...come si
chiama?
Scarlett. una femmina, rispondo stappandomi una lattina di Red Bull. Mai
come in questi giorni ho bisogno di carica.
un bel nome.
S, un bel nome, ammetto, bevendo un sorso.
Quando si sveglia glielo dico che un bel nome. Si sveglia, vero?
Certo, guardo l'orologio tra non molto. Adesso finisci di mangiare. Vuoi anche
qualcosa da bere? Succo di ananas? Di arancia?
Hai riviste molto vecchie di l, dottoressa Jo.
Ecco che riparte per la tangente. Spesso riesco a star dietro a questa sua
capacit di cambiare discorso all'improvviso. Anzi, a volte mi diverte. Io e lui ci
facciamo dei voli pindarici sull'esistenza che in qualche modo mi affascinano.
Questa maniera di non finire mai un discorso, di non approfondirlo, di cambiare
rotta, di scansare un argomento quando si fa pericoloso, a volte torna utile anche a
me. Ma stamattina no, sto facendo molta fatica a seguire i suoi discorsi strambi e
ripetitivi. Quindi, presumo che il problema, oggi, sia solo mio. E odio sentirmi cos.

Ed qui, in questo momento, davanti a un ragazzino con un quoziente


intellettivo inferiore alla media, incapace di non sporcarsi mangiando dei semplici
biscotti, che decido che arrivato il momento: devo approfondire la questione, fare
chiarezza; ne vale della mia salute psichica.
Senza pensarci due volte faccio un numero di telefono Buongiorno Justine, ho
bisogno di un appuntamento al pi presto...s, lo so che sono venuta ieri. La prego.
urgente.
Alle orecchie della segretaria del dottor Martin devo essere sembrata alquanto
disperata. Sono riuscita a strappare un appuntamento per domani.
ora di cominciare a vuotare il sacco.
Riattacco e mi accorgo che Billy non pi qui. Un brivido mi attraversa la spina
dorsale. Queste stanze sono piene di strumenti potenzialmente pericolosi. Ci sono
bisturi e forbici ovunque.
Billy? lo chiamo e mi maledico per non aver prestato attenzione ai suoi
spostamenti. La porta dell'ambulatorio accostata, mi butto in sala d'attesa ma ad
attendere c' solo una giovane donna con un trasportino da gatti ai suoi piedi.
Mi sento sciocca mentre chiedo se ha visto uscire un ragazzino.
La donna pare confusa e scuote la testa.
Dove diavolo si ficcato?
Poi lo sento.
Mi lascio guidare dalla sua voce e lo trovo l, nella sala operatoria semibuia.
Sta cantando una ninna nanna in gaelico mentre, con gesti lenti e monotoni,
accarezza la testa di Scarlett.
Senza alzare gli occhi avverte la mia presenza.
Sta dormendo bene, dottoressa Jo, la sua voce un sussurro ma voglio essere
qui quando si sveglia. Devo dirle che Scarlett un bel nome.

10
Perch questo appuntamento improvviso, Mrs O'Neill? il dottor Martin aziona
il timer e lo posiziona con cura sul tavolo di mogano vicino alla poltrona sulla quale
seduto.
Lo guardo sistemarsi i pantaloni di vigogna, sedersi comodo, pronto ad
ascoltarmi. Ma io non so da dove cominciare. Durante il tragitto ero carica come
una molla e, soprattutto, contenta di avere di nuovo sotto le chiappe il mio furgone.
I ragazzi di Nolan Garret hanno fatto un ottimo lavoro e il pick up non sembra
abbia risentito dell'incidente. Devo ricordarmi di mandargli un sms di
ringraziamento. Mentre attraversavo la Sky Road, ho inserito nellautoradio un
vecchio cd e ho cantato a squarciagola Sweet child o' mine dei Guns N' Roses
sentendo letteralmente scariche di adrenalina che mi attraversavano il corpo.
Ma ora che mi trovo di nuovo davanti al dottor Martin, sento la mia
determinazione scemare. Stringo i pugni come se cos facendo evitassi di lasciarla
andare, di abbandonarmi.
Ho aperto la scatola, giorni fa, rivelo tutto d'un fiato, come se fosse roba
scottante.
Il dottor Martin mi guarda incuriosito. Sono sicura che si sta domandando se
davvero non abbia preso un nuovo appuntamento per raccontargli di essere riuscita
ad aprire una scatola di cartone. Con un cenno del capo, mi invita a proseguire.
Quella scatola, mormoro quasi a me stessa.
Dovrei esserne a conoscenza? chiede con un' espressione basita dipinta sul volto
una scatola molto importante per lei? Lo vedo smarrito e non posso fare a meno
di pensare che al suo posto lo sarei anch'io.
Non gliene avevo mai parlato. Mi guardo la punta delle scarpe,
vergognandomi un po' E comunque s, una scatola molto importante. Contiene...
anzi conteneva, mi correggo, conteneva gli effetti personali che mio marito
indossava quel giorno
Il giorno della sua morte?.
Esattamente.
Il dottor Martin poggia i gomiti sugli ampi braccioli della poltrona e
congiungendo le mani sotto al mento chiede Bene. Vogliamo parlare di questo,
oggi?.
Annuisco.
Mi permetta solo di farle qualche domanda. Era la prima volta che apriva
quella scatola?.
Annuisco di nuovo.
Perfetto. Il dottor Martin alza gli occhi al cielo come se fosse in cerca delle
parole adatte. Immagino che se lei ha aspettato tutto questo tempo, la cosa le
procurasse un fastidio, un disagio. esatto?
Esatto.
Mi spieghi perch.

Mi bagno la bocca con la lingua. All'improvviso ho le labbra aride e la gola


secca.
Be'...non so come spiegarlo.
Ci provi.
Non so, avevo paura che rivedendo i suoi oggetti sarei stata male, avrei
rivissuto l'angoscia di quel giorno. Avrei ripensato al passato che sto faticosamente
cercando di dimenticare. Faccio una pausa, tiro il fiato.
Invece? mi incalza Martin con dolcezza.
Invece non successo. Non sono stata male, non ho rivissuto l'angoscia. Anzi,
stato un gesto liberatorio che in qualche modo mi ha sollevato da un peso che
portavo addosso da mesi. Questo, almeno fino a quando non ho visto la collanina.
La collanina? Il dottor Martin pare confuso. A dire il vero lo sarei anche io se
una mia paziente passasse da un discorso all'altro senza senso. Mi viene in mente Billy
e le mie labbra si piegano impercettibilmente in un sorriso.
S, ho trovato tra i suoi effetti personali una collanina, che per non gli
appartiene. Non gli mai appartenuta
E come possibile? mi chiede Martin sciogliendo le mani e incrociando le
braccia sul petto. Mi guarda con compassione. Temo che realizzi in questo momento
che sono completamente pazza.
quello che mi chiedo anch'io. E non mi do pace, confesso.
una collanina di valore? Pensa che suo marito...mi perdoni se risulto
indelicato, l'avesse rubata? Che stesse scappando, quella notte?.
No! mi affretto a dire. Sinceramente questa ipotesi non mi ha neppure
sfiorata. una banale collanina, con un piccolo ciondolo a forma di serpe infilzato
da una spada. Una cosa anche dozzinale se vogliamo
Il dottor Martin assume un'espressione ambigua, come se facesse fatica a
decifrare quello che dico. Effettivamente, faccio fatica io stessa a formulare le frasi.
Mrs O'Neill... comincia paziente si fatta un'idea del perch una collanina a
lei sconosciuta sia stata ritrovata tra gli effetti personali di suo marito?
Be'...s? domando a lui.
Bene. E che conclusioni ne ha tratto?
Conclusioni confuse e, temo, affrettate. Non so... mi blocco e mi rendo conto di
essermi spinta troppo in l. Mi sto pentendo di essere venuta, accidenti a me. Non so
se voglio dichiarare apertamente al mio analista a quale conclusione sono arrivata.
Ad un tratto mi manca il coraggio di ammettere che quel tarlo che mi ha
perforato la testa per anni con lentezza e che si sta imponendo prepotentemente
alla mia ragione, ha motivo di essere una cosa concreta, oggi. E dolorosa. Prima che
io tenti di congedarmi con una banale scusa, il dottor Martin domanda con cautela:
Crede che appartenga a una donna?.
Per la prima volta da quando ho messo piede in questa stanza, quasi un'ora fa,
lo guardo dritto negli occhi e sostengo il suo sguardo. Mi mordo le labbra talmente
forte che sento il sapore metallico del sangue sulla lingua. Mi pulsa una vena alla
tempia e chiudo gli occhi cercando di non lasciarmi sopraffare da questa ondata di
verit.
Li riapro annuendo Potrebbe essere, sussurro. S, ci ho pensato. Potrebbe
essere di una donna. Un regalo, forse. Di una donna che era con lui quella sera. E non

solo quella sera. Mi rendo conto di avere i palmi delle mani sudati e li asciugo sui
jeans carezzandomi le cosce. Mi vedessi da fuori mi farei una gran pena.
Il dottor Martin cerca di nascondere, con scarso successo, un sospiro di sollievo
Ce l'abbiamo fatta, Jordan. Ce l'abbiamo fatta. ripete convinto. Dalla prossima
seduta direi di partire da qui. Credo che il nocciolo della questione sia sempre stato
questo. Lo elaboreremo insieme.
Non ne sono convinta, ma annuisco cercando di essere credibile.
Immagino che per lei sia un bel traguardo. Mi dica cosa prova, le sue
sensazioni.
Vorrei poterlo fare con leggerezza, lasciare che i miei pensieri rabbiosi fluiscano
in questa stanza per spalmarsi sulle pareti verde pallido. Vorrei che rimanessero
incagliati nelle porte, rinchiusi nei cassetti o che prendessero il volo attraverso la
grande finestra alle mie spalle. Vorrei che mi lasciassero libera, finalmente. Ma temo
che non sia semplice. Temo di aver bisogno ancora di tempo, per metabolizzare la
cosa, per incanalare la mia rabbia e la mia energia in qualcosa di costruttivo, di
positivo. Lo devo a me. Solo, esclusivamente, a me.
Il piccolo timer sul tavolo di mogano, emette un trillo fastidioso.
Continuiamo la prossima volta, Jordan. Il mio analista si alza e mi tende la
mano.Sia molto fiera di se stessa. Ha fatto un gran passo avanti.
S, immagino di s, ammetto finalmente con un sorriso.
Si metta d'accordo con Justine per il prossimo appuntamento. A presto. Mi
congeda sulla porta con un'espressione compiaciuta. Credo che anche per lui sia una
grande vittoria.

11
Rimango fuori dallo studio quel tanto che basta per rendermi conto che, a
differenza delle altre volte, mi sento rinvigorita da questa seduta. Pi forte, pi
lucida. Una presa di coscienza sempre il primo passo verso la guarigione. cos che
si dice, no? Ci ho messo quasi un anno, ma ci sono arrivata.
Mi incammino in fretta, quando all'improvviso mi squilla il cellulare. Frugo
nella borsa senza fermarmi e le mie mani, come sempre, toccano tutto tranne il
telefono. Mi maledico ogni volta per non decidermi a fare pulizia. Imprecando
abbasso gli occhi nella tasca interna. Deve essere l per forza, ma non faccio in tempo
a trovarlo che, girando l'angolo, mi scontro violentemente con qualcuno. Come
l'incontro tra due persone nella pi classica commedia romantica. Ma qui niente
librai, dive e vicoli di Notting Hill; qui ci sono decine di fogli che svolazzano intorno
alle mie gambe, fluttuando come enormi farfalle bianche.
Alzo lo sguardo e... no, non ci credo.
Ancora.
L'uomo dell'incidente davanti a me e, con aria severa, sbuffa rumorosamente
col naso.
Lei? mi affronta.
Gi, io, rispondo, mentre mi chiedo, tra me e me, che diavolo ci faccia qui.
Nessuno dei due accenna a muoversi, sembriamo due sfidanti in un duello.
Le sta suonando il cellulare, osserva lui, immobile.
Lo so ribatto io, sottolineando l'ovvio.
Non risponde? chiede alzando un sopracciglio.
Dopo, rispondo ergendomi in tutti i miei centosettantadue centimetri e
sfidandolo con gli occhi. Potr rispondere al cellulare quando mi pare? E come se
l'apparecchio mi avesse sentito, cessa il suo trillo che oggi mi pare anche pi
fastidioso.
Spero non sia il telefono del lavoro. Se lo fosse, ne dedurrei che sa gestire il suo
lavoro come sa guidare un'auto, dottoressa O'Neill.
Lo odio. Ho addosso talmente tanta rabbia repressa che potrei farlo fuori.
Tuttavia, riesco solo a replicare: Non il telefono del lavoro E, nello stesso istante,
mi chiedo cosa sto facendo: perch sento il bisogno di giustificare il mio modo di
gestire il telefono con un perfetto estraneo?
Tiro fuori finalmente il cellulare e vedo chi ha chiamato. Mia madre. Cosa ho
fatto di male? Cosa?
Che ci fa lei qui? chiedo rimettendo il telefono nella tasca interna sperando di
ricordarmelo.
Potrei farle la stessa domanda risponde allargando le braccia per indicare il
corridoio.
In effetti, che diritto ho di domandargli perch si trova nel corridoio che porta
agli studi medici? Pi che altro non voglio fargli sapere perch mi ci trovo io, quindi
sparo la prima cosa che mi viene in mente.

Il mio furgone okay. Tutto a posto, l'ho recuperato.


Bene. Lei come sta? Cos dicendo mi scosta i capelli dalla fronte. Mi ritraggo
con uno scatto.Scusi, volevo accertarmi che avesse seguito i miei consigli.
No. Non ce n' stato bisogno, mento, giusto per non dargli troppa
soddisfazione. Non era niente di che.
Meglio cos, mormora cominciando a raccattare le decine di fogli caduti a
terra.
Aspetti, l'aiuto. La mia non altro che una bieca scusa per sbirciare i
documenti, ma non ottengo nessun risultato. Comunque, a colpo d'occhio, sembrano
testi medici e relazioni.
Ecco fatto signor...? chiedo porgendogli la mia risma.
Mike Donovan, risponde tendendo la mano.
La stringo con decisione, sforzandomi di non sentirmi in imbarazzo. Perch lo
sono. Io con quest'uomo sono in imbarazzo, e non un buon segno. Forse sono
troppo vulnerabile in questo momento.
Cerco qualcosa a cui aggrapparmi Mike Donovan... butto l facendo finta di
pensare ...il suo nome non mi nuovo, e questa frase risuona alle mie orecchie
come la famosa Ma non ci siamo gi visti? A volte so essere veramente originale.
Forse non le nuovo per due motivi. Forse avr letto il mio nome sul mensile
specializzato Salute e Psiche, ha presente? Scrivo articoli per una rubrica. Sono uno
psichiatra.
Uno psichiatra? Ottimo. Ecco spiegato il motivo della sua presenza in questo
edificio. Ah. S, immagino che possa essere cos, mento invece per la seconda volta.
Non ho mai comprato riviste di psicologia. Perch dovrei, in fondo?
Altrimenti, continua lui le familiare perch Mike Donovan era il
protagonista del telefilm I Visitors che andava in onda negli anni ottanta.
Ecco dove l'ho sentito. All'epoca avevo all'incirca cinque anni, troppo pochi per
seguire un telefilm del genere. Ma qualche anno dopo io e mio fratello ci siamo visti
le repliche. il caso di confessare ad uno sconosciuto che ero una appassionata delle
avventure di alieni camuffati da umani che si mangiavano topi grossi come gatti?
Mai vista. No, credo proprio di averlo letto sulla rivista, allora. Anzi
complimenti, ricordo qualche articolo veramente interessante. Cos meglio.
Strano. Lui adesso sorride e quando lo fa gli si increspano rughe despressione
intorno agli occhi.
Perch strano? Crede che io non possa leggere riviste di psicologia?
involontariamente il mio tono leggermente aggressivo.
Per carit, quello s. Ma non avr mai letto il mio nome. Non scrivo in nessun
mensile. Niente rivista, niente rubrica.
Ha mentito, protesto spalancando platealmente gli occhi.
Anche lei. Siamo pari, mi sorride vittorioso.
Mi sento una deficiente. Quest'uomo ha la facolt di farmi sentire tale ogni volta
che ho a che fare con lui. E gli piace giocare.
Bene!La lascio al suo lavoro! trillo allegramente per liberarmi di quest'aria da
cretina che mi sento stampata in volto.
Ha tempo per un caff? O per un t, se preferisce? Indica il distributore delle
bevande a pochi metri da noi Non ci creder, ma quella macchinetta fa uno dei

caff migliori della contea.


Scuoto la testa con fare di rimprovero Mente di nuovo dottor Donovan. Il caff
di quella macchina infernale imbevibile. E il t sembra acqua di pozzanghera.
Come fa a saperlo? Viene spesso qui?
Brava Jordan, continua cos. Di, che tra poco gli spiattelli che da quasi un anno
sei in terapia.
S, cio no. Sono una paziente di... Cazzo, non mi viene in mente nessun
medico di questo studio. Pensare che per ingannare il tempo a volte mi leggo le
targhette affisse sulle porte.
...di... continuo facendo finta di avere un vuoto di memoria stringendomi tra
le dita il solco fra gli occhi. Poi, con la coda dell'occhio, scorgo una targa. ...della
Dottoressa Wickman. Wickman. Non mi sovveniva.
Lui gira lo sguardo in direzione della porta, si avvicina di qualche passo e legge
a voce alta Fiona Wickman, poi fa scorrere l'indice sotto Medico geriatra?.
Mi guarda con uno sguardo che non so decifrare. Tra il divertito e il sospettoso. E
io vorrei avere una pala per farmi una buca e sotterrarmici all'istante.
Medico geriatra. Poteva essere una ginecologa, una dentista, un'oculista? No,
una geriatra.
Per...mia madre, cio in verit la paziente mia madre. Ecco s, vai Jordan
Ha dei problemi di salute, e sarei tentata di spiattellargli davanti il display del mio
cellulare per dimostrargli l'avvenuta chiamata di qualche minuto prima.
Certo. Lui annuisce facendo una smorfia Non la trattengo oltre, allora. Non
fa in tempo a finire la frase che il mio telefonino si rimette a trillare.
di nuovo mia madre. Mai momento stato pi appropriato e solo pensarlo
mi fa ribrezzo. Preferirei farmi mangiare da un orso piuttosto che parlare con mia
madre. Ma ogni tanto, quando si ricorda di avere una figlia in Irlanda, mi chiama,
come in questo caso.
Mamma! rispondo con enfasi. Credo sia la prima volta che mi sente cos
entusiasta.
Jordaaan? Riesco a percepire tutta la sua incredulit anche se ci separano
quasi milleduecento miglia e un oceano.
S, mamma, sono proprio qui...Certo che l'ho preso l'appuntamento, chioso
sorridendo all'uomo che mi sta davanti. Mi complimento con me stessa per
l'improvvisazione.
Jordaaan, sei tu?
S, mamma.
Che cavolo stai dicendo?
S, settimana prossima, continuo girando in tondo come un criceto e con un
tono di voce piuttosto alto.
Ma con chi stai parlando? Jordaaan!
Okay, credo che possiamo finirla qui. Ne ho abbastanza di mia madre che
continua a pronunciare il mio nome strascicando la A e ne ho abbastanza anche di
questo tizio che continua a fissarmi tra il serio e il divertito.
Allontano il telefono dall'orecchio e mi congedo Deve scusarmi dottor Donovan,
devo scappare.
Lui alza la mano in segno di saluto e io mi incammino all'uscita per niente

felice di avere mia madre dall'altro capo del telefono.

12
Il rapporto con mia madre sempre stato burrascoso. una donna poco incline
alla tenerezza, che ci ha cresciuti impartendo ordini con tono severo. Era difficile
vederla ridere e in quelle rare volte in cui succedeva, non rideva mai con noi, ma di
noi. Il che mi ha sempre fatto sentire derisa e insicura. Avevo il nemico numero uno
in casa e anni dopo ho capito come mai ho sposato Philip in tutta fretta,
abbandonando quella casa a Dingle per rifugiarmi a Clifden. Sono scappata da lei.
Da quella donna che non solo non mi ha mai protetto, ma non mi ha mai nemmeno
difeso. E Dio solo sa se ne avevo bisogno.
Quindi non strano se adesso, mentre lei mi sta parlando dall'altro capo del
telefono, io avverta questo rancore che mi si appiccica addosso come una maglietta
sudata, ogni volta che la sento.
Mi ha telefonato per sfogare la sua rabbia: ce lha con Barbara, la moglie di
mio fratello, colpevole, a sentir lei, di averle risposto a tono durante una discussione.
Posso io, coi miei casini, sorbirmi tutto ci?
Mamma, adesso devo andare. Interrompo il suo monologo, constatando che
mi son persa l'ultima parte.
Come devi andare? E dove vai?
Ho una vita, rispondo cercando le chiavi del furgone.
Sempre queste risposte idiote. Anche io ho una vita. E tu ne fai parte! mi
aggredisce. Questa mia madre, riesce a rendere una bella frase, un'accusa senza
scampo.
Da quando ne faccio parte, mamma? Da quando non hai nessuno con cui
lamentarti?
Perch sei sempre cos aggressiva? ribatte abbassando di poco la voce.
Me l'hai insegnato tu, evidentemente, rispondo con una calma che sorprende
perfino me stessa.
Jordan, non chiedermi poi come mai non ti chiamo spesso. Ti rendi conto di
come mi tratti? Fa pure l'offesa.
E io, oggi, la risposta l'ho pronta. Sono anni che preme per venire fuori: Ti tratto
come meriti. Anzi, gi tanto se ti rispondo al telefono. Meriteresti solo indifferenza.
Quella che per anni hai riservato a me.
Dall'altra parte, silenzio. Una grossa nube oscura proprio adesso il sole
avvolgendomi in un'aria ghiaccia e sinistra.
Come ti permetti? sibila dopo un tempo interminabile.
E tu come ti permetti? ribatto carica. Oggi non mi fermo, oggi un casino.
come se avessi abbattuto tutti i muri dentro i quali mi ero rifugiata. O nascosta.
Di fare cosa, scusa?
Di fare finta di niente.
Sono passati tanti anni, Jordan, dice piatta.
Venti, per la precisione. Mi sto prendendo a morsi le guance per non urlare.
S, venti. Sarebbe ora di dimenticare.

Dimenticare?! sbotto Dimenticare?! scoppio in una risata isterica nel bel


mezzo del parcheggio degli studi medici. Un passante mi guarda stranito mentre un
bambino viene strattonato via dalla madre.
Ma come fai a parlare cos. Ma come cazzo fai! sputo all'apparecchio
ravviandomi furiosamente i capelli.
Io l'ho fatto. Ho dimenticato, mormora mia madre con voce ferma.
Tu non l'hai fatto!Altrimenti non saresti scappata! Fortuna che a miglia di
distanza da qui, perch se no le metterei le mani addosso. Ho i succhi gastrici che mi
stanno salendo in gola. Mi viene da vomitare.
Avresti dovuto farlo anche tu. Sarebbe stato un bene, per te. Mi parla con
tono fermo e autoritario.
Ma che ne sai tu del mio bene, eh? Dov'eri quando avevo bisogno di te? Dov'eri
quando avevo bisogno della tua protezione? Delle tue parole, del tuo conforto, dei
tuoi abbracci? Dove cazzo eri!!
Sento le lacrime che spingono per venire fuori. Serro la mascella per evitarlo. Mi
sento una stupida, una cosetta fragile, come un'ostia che si sgretola tra le dita.
Dovresti farti aiutare, Jordan. Un bravo specialista, ci hai mai pensato? Credo
sia arrivato il momento.
Giuro, io l'ammazzo. Vorrei fare un viaggio spazio temporale, essere a Firenze
in tre secondi netti e prenderla a mazzate fino a quando non crolla a terra.
Mi spavento e inorridisco di questo pensiero nello stesso istante in cui l'ho
formulato.
Va' al diavolo, mamma, sputo piena di rabbia.
Jordan, ma...
Niente ma, la interrompo. Dimenticati di me. Come hai dimenticato cosa
successo anni fa, dimenticati di me. Dovresti riuscirci bene.
L'ho fatto per proteggerti, sussurra all'improvviso.
Proteggermi? Mi scappa una risata nervosa. Come no. Mi hai protetto con la
tua indifferenza.
Non vero. Nella voce di mia madre si incrinato qualcosa. E a quel punto
infilo il coltello e allargo la piaga.
La tua indifferenza ha fatto s che tu sia stata sua complice. Chi tace
acconsente. E tu hai taciuto, sempre. L'unica persona dalla quale mi aspettavo
amore e protezione, mi ha voltato le spalle. Avevo solo tredici anni, mamma, una
ragazzina. Hai sempre chiuso gli occhi per non vedere e dovresti solo vergognarti di
questo. Non chiamarmi pi.
Chiudo la comunicazione ricacciando indietro un conato. Mi rifugio nel pick up e
prendo a cazzotti il volante Cazzo cazzo cazzo cazzoooooo!!!! Il mio urlo si mescola
al suono del clacson. Sembro una pazza isterica. Mi prendo la testa fra le mani, e
cerco di calmarmi, dondolandomi avanti e indietro.
E l riaffiora il ricordo, vivido come una polaroid appena scattata, di me
ragazzina, stesa su un letto d'ospedale mentre fuori dalla finestra l'alba
sopraggiungeva lentamente trascinando con s il blu della notte. Il ricordo di mia
madre, seduta su una sedia di formica consumata, che con voce monotona
continuava a sussurrare Adesso dormi, Jordan. Non successo nulla. Chiudi gli occhi.
Chiudi gli occhi, e dimentica.

13
Credo che la vita mi stia mettendo a dura prova. Troppe cose stanno
succedendo, troppe verit stanno venendo a galla e se mi avessero detto che le avrei
affrontate con questa forza, non ci avrei creduto. Ho sempre pensato di essere
un'anima fragile, ma a quanto pare mi sottovalutavo. Mi sottovalutavo quando
prevenivo la paura a colpi di ansiolitici; adesso, invece, guardo quelle bottigliette con
distacco, sono mesi che non le prendo pi. Sono state il mio alibi per troppo tempo,
mi impedivano di mettermi di fronte ai problemi con mia madre, alla morte di
Philip, al mio passato da nascondere, a tutta una serie di cose che pensavo di non
poter affrontare e che ora sto affrontando a muso duro e solo con la mia forza. Mi
distruggo ancora le falangi prendendomi a morsi le pellicine e faccio spesso degli
incubi, ma ci sto lavorando. Non facile gestire tutte queste cose insieme.
Sto ammettendo, alla luce del sole, che mio marito aveva un'altra donna.
Aveva un'altra donna, mi ripeto.
Io, che pensavo scioccamente di avere l'esclusiva. Quel pensiero, che a volte mi
sfiorava, ora qui nitido e chiaro come acqua in un bicchiere. E la cosa che mi
sciocca di pi che nutro una profonda rabbia per questo. La sua morte non
riuscita in qualche modo a placare questo rancore, la collera non ha lasciato il
campo alla tristezza. Io sono arrabbiata non solo per il fatto di essere stata tradita,
ma per non poterci pi discutere, non poter pi affrontare lui e la situazione, per non
poter pi chiarire, per non poter pi lottare, per non aver avuto l'ultima parola. E
quella stramaledetta collanina probabilmente ci che mi lega a lei. Lui la
indossava, l'aveva con s, o gliela avrebbe regalata se non fosse caduto a poche
centinaia di metri da dove mi trovo adesso.
Con un fischio richiamo Boogie che si sta perdendo tra le rocce e i piccoli anfratti
della scogliera.
Siamo venuti a passeggiare sulla baia in questo pomeriggio inoltrato di met
giugno in cui l'aria mite e il tramonto infiamma il cielo di rosso. Quando vedo
questo mare che penetra nella costa con fare seducente, impetuoso ma allo stesso
tempo rassicurante, penso che, nonostante tutto, non vorrei essere in nessun altro
posto.
Ho bisogno di pace, di tranquillit, di riordinare i pensieri e camminare mi
aiuta. In spiaggia ci sono dei bambini che si litigano un giocattolo di plastica, qualche
turista con la macchina fotografica e due ragazzi che amoreggiano dietro una tenda
a strisce. In lontananza altri cani con altri padroni e probabilmente altri problemi.
Il garrito di uno stormo di gabbiani che mi passa sopra la testa mi scuote dai
miei pensieri. ora di rientrare.
Cerco Boogie con lo sguardo e lo trovo col muso sotto quella tenda a strisce. I
ragazzi, intenti in un approccio amoroso, non si sono evidentemente accorti della
presenza invadente del mio cane. Infilo le dita in bocca (altra cosa che mia madre
aborre) e fischio per la seconda volta. Niente. Probabilmente sta diventando pure
sordo.

Inizia a scavare alzando un bel po' di sabbia. Alla sua veneranda et trova
ancora che sia un gioco molto divertente e originale. I ragazzi non la pensano allo
stesso modo, a vedere adesso le loro facce. Boogie si avvicina, li fissa e si sdraia ai loro
piedi.
Boogie! lo ammonisco avvicinandomi Scusate ragazzi, vecchio, sordo e
molto disubbidiente.
Non c' problema. Il ragazzo si sistema la maglietta mentre lei, con un sorriso
un filino imbarazzato mormora simpatico. Allunga una mano e la affonda nel
pelo di Boogie, che mugugna soddisfatto. Il mio cane sembra gradire molto le
carezze femminili, a quanto pare.
Andiamo, su, lo esorto battendomi sulla coscia. Andiamo, Boogie!
I ragazzi mi stanno guardando con aria interrogativa. Non sono per niente
convincente.
Su, vai, canone, sussurra dolcemente la ragazza ritirando la mano e
passandosi i capelli dietro le orecchie. Non hai sentito quello che ti ha detto?
S, ma fa finta di niente! provo a sorridere. Boogie continua a starsene sdraiato
sulla stuoia come se fosse il cane loro e non il mio.
Forza. Gli accarezzo il muso e cerco di essere incisiva almeno nel tono.
Ma lui non si schioda. Okay, passiamo alle maniere forti. Non lo faccio mai, ma
mi tocca agguantarlo per il vecchio collare e tirarlo verso di me.
Andiamo, ho detto!
Il cane si divincola un poco e il collare, probabilmente liso e consumato, si
sgancia rimanendomi in mano.
Fisso il collare e un brivido mi attraversa la schiena. All'istante ho un flash. Una
scena chiara, nitida, di come siano andate realmente le cose a Philip. Di come quella
stramaledetta collanina sia stata rinvenuta accanto a lui, o su di lui.
Rimango immobile con gli occhi socchiusi mentre il mio cervello fa congetture,
elabora ipotesi e pi lo faccio, pi sembrano concrete.
La ragazza si alza in piedi e deve ripetere qualcosa, probabilmente alla prima
non ho sentito.
Come? farfuglio.
Ho detto: si sente bene? un po' pallida.
No, non sto bene. Ho una voragine al posto dello stomaco, sudo freddo e
sembra che centinaia di formiche mi camminino sul collo.
S, sto bene mento strofinandomi la faccia.
Vuoi sederti un attimo? mi suggerisce il ragazzo, premurosamente.
No, non ce n' bisogno, borbotto per niente convinta.
Forse stato un calo di pressione. Si chinata di scatto, pu capitare, dice la
ragazza mentre raccoglie le sue cose. A mia madre capita spesso.
S, senz'altro. Un calo di pressione. Sto meglio ragazzi, grazie. Abbozzo un
sorriso e mi incammino lentamente verso il sentiero che mi porter a casa. Boogie,
andiamo, dico sottotono. Lui, come se avesse capito il mio stato d'animo, finalmente
si muove verso di me trascinando goffamente quell'ammasso di pelo.
Credo che i ragazzi mi abbiano salutato, ma io con la testa non sono pi qui.
Sono gi nell'ufficio di Nolan Garret.
Prendo il telefono e digito il numero con mani tremanti.

Bellez...
Devo parlarti, Nolan, lo interrompo bruscamente. Nemmeno il tempo di un
saluto. Nulla.
Ehy, gioia, che successo?.
Devo parlarti al pi presto, ripeto non sapendo da che parte cominciare.
Ma stai bene? Ti trema un po' la voce.
S, sto bene. Ho da dirti delle cose importanti.
Spara.
No... mi guardo intorno Non al telefono. Devo vederti.
Wow, sembra roba scottante. Vieni domattina in ufficio e ne parliamo.
Non posso venire adesso? mi rendo conto che la mia una richiesta folle nello
stesso istante in cui la pronuncio. Ma Cristo, devo parlargli subito.
Bellezza, io adesso non sono in ufficio. Potremmo vederci a casa mia, credo che
Maureen abbia messo in forno del tacchino ripieno. Vuoi unirti a noi?
Scuoto la testa e sospiro. Non voglio una cena a base di tacchino, non voglio
unirmi a Nolan e Maureen dispensando sorrisi falsi e una tranquillit che al momento
non possiedo, non voglio dirgli quello che ho in mente solo a fine cena mentre mi
servono un buon whisky.
Soffio infastidita allontanando il cellulare.
Okay, dai. Domattina. Domattina vengo in ufficio, mi arrendo.
Come vuoi. Ma il tacchino ripieno di Maureen il pi buono di tutta l'Irlanda.
Non sai cosa ti perdi.
Sar per un'altra volta. Salutala da parte mia.
Chiudo la comunicazione con un moto di stizza.
Come faccio ad arrivare a domattina? Come?

14
L'ufficio di Nolan Garret si trova a Galway, in una delle tante stanze di un
edificio possente fatto a mattoncini grigio topo. Ricorda vagamente una scuola, con
finestre tutte uguali disposte su tre piani e un ampio cortile, adibito a parcheggio.
La porta principale, il corrimano, e la recinzione di ferro sono di un azzurro intenso,
che oggi stride ancora di pi con il contorno. Forse perch la giornata uggiosa e
appiattisce ulteriormente tutto quel grigiume.
Prima di entrare decido di passeggiare un po' per Mill Strett, lungo il canale
abitato per lo pi da paperette svogliate che mi mostrano il didietro tuffandosi in
acqua.
Da qui posso sentire le acque del fiume Corrib scorrere impetuose, in questa
mattina fresca dal cielo biancastro come latte. Mi dirigo verso il ponte e rimango l,
affacciata a quella pietra a raccogliere le idee, con i capelli che mi sbattono sugli
occhi per una brezza troppo tagliente. Tiro fuori il cappuccio della giacca a vento e
mi ci rifugio dentro. Rimango a fissare la cattedrale di Nostra Signora che si staglia in
lontananza, dove una volta sorgeva l'antico penitenziario cittadino. Ci sono stata solo
due volte e ricordo di aver pensato che, nonostante sia di recente costruzione, ha un
fascino tutto particolare, con niente da invidiare a costruzioni pi antiche di cui
l'Irlanda piena.
Lurgenza di ieri sera si allentata; ora ci sto girando intorno, sto prendendo
tempo, ma sono pi che certa che la mia non sia soltanto unipotesi. Dopo la
telefonata a Nolan ho tirato fuori di nuovo la collanina e l'ho studiata con
attenzione. Quello che mi era sfuggito all'inizio era l, sotto i miei occhi. Alla collanina
mancavano degli anelli. Me la sono provata e mi cingeva a malapena il collo: troppo
corta. Ho dato uno sguardo pi approfondito al gancio e risultava lento, difettoso,
come se fosse stato strappato. Ancora, elemento da non sottovalutare, non era
agganciato al suo anello di chiusura, a quel piccolo cerchio leggermente pi grande
che si trova all'estremit di ogni collana. Un fattore irrilevante? No. stata la
conferma del sospetto balenatomi quando mi rimasto in mano il collare di Boogie:
uno strappo, uno strattone, ecco cosa successo quella notte.
Una goccia di pioggia mi atterra sulla punta del naso e approfitto per darmi
una mossa.
Cerco di non far scivolare via la determinazione che sento adesso anche se so che
Nolan potrebbe smontarmi la teoria in meno di un minuto.
Per quello alla determinazione si aggiunge un pizzico di rabbia, perch so che
dovr lottare per far valere i miei pensieri.
Raggiungo l'edificio quando ormai le poche gocce si sono trasformate in
pioggia.
All'interno si apre una stanza con pavimento a mattonelle rettangolari, alcune
delle quali talmente consumate da sembrare lingotti neri. Una grande bacheca di
annunci occupa una parete, vicino alla quale un giovane alto e magro sta parlando
al telefono dentro a una gabbia di vetro. Aspetto che finisca e non so se sedermi su

una delle sedie qui vicino o continuare a spostare il mio peso da una gamba
allaltra in preda all'impazienza. Mentre esito, lagente riaggancia il ricevitore e mi
guarda con curiosit. Non mi conosce, dev'essere nuovo.
Ho un appuntamento con Nolan Garret. Sono Jordan O'Neill, mi presento
cercando di non lasciar trasparire l'urgenza.
Un attimo. Il ragazzo prende di nuovo il telefono, digita un tasto e sento che
mormora il mio nome all'altro capo del telefono.
Terza porta a sinistra. Mi indica con un gesto il corridoio.
Lo so. Grazie.
Mi incammino per questo lungo corridoio dove si aprono decine di porte tutte
uguali.
Busso ma non aspetto risposta. Non solo sa che sono qui, ma gi tanto, vista
l'amicizia, che mi sia fatta annunciare.
Ragazza mia, ti sei persa una cena coi fiocchi! Nolan mi viene incontro e mi
tocca una spalla in segno di saluto.
Immagino. Ma forse meglio che sia venuta stamattina, ho avuto modo di
pensare.
Pensare a che cosa? Tu non sei una donna che pensa, tu sei una che agisce. Che
hai combinato?
Non si tratta di me, mormoro rimanendo immobile.
No? Siediti. E raccontami, allora.
Nolan fa il giro della sua scrivania, si infila con qualche difficolt nella sedia
girevole e mi guarda incrociando le braccia sulla pancia prominente. Credo si
aspetti che gli racconti un aneddoto insignificante.
Si tratta di Philip, dico tutto d'un fiato. Quello che successo a Philip, mi
correggo subito dopo.
Nolan Garret sbuffa impercettibilmente dalle narici. Non so cosa si aspettasse,
ma a occhio e croce direi che non fosse questo argomento. Mi esorta ad andare
avanti con un mugugno.
Qualche giorno fa ho aperto la scatola dei suoi suoi effetti personali che mi
avete consegnato, e dentro c'era questa. Tiro fuori dalla tasca dei jeans il sacchettino
di velluto e lascio scivolare la collanina sulla scrivania.
Nolan alza le sopracciglia Posso?
Annuisco.
Lui la prende tra le mani, la guarda con scarso interesse e la rimette gi.
Ebbene? chiede con una nota di impazienza.
Cerco di mantenere la calma Questa collanina non era di Philip.
Nolan adesso respira rumorosamente Jordan, se era nella scatola vuol dire che
stata trovata addosso a Philip.
Ti dico che non era sua. Philip non portava collanine, non le ha mai portate.
Magari ti sbagli. Magari ti sfuggita. Magari l'ha indossata solo quella sera.
Vuoi che non conoscessi mio marito?
Dove vuoi arrivare? Sei venuta qui per dirci chiaramente che siamo degli
incompetenti e restituire la collanina al proprietario?
Voglio sapere chi stato dietro al caso.
Cristo, Jordan, passato quasi un anno!Sei stata messa al corrente del risultato

delle analisi dell'incidente e non fu trovato niente di anomalo, lo sai. Perch diavolo
vuoi sapere chi era dietro al caso?
Perch credo che la collanina... oddio faccio una fatica assurda a dirlo ...sia
dell'assassino.
Nolan mi guarda di sbieco e poi scoppia in una risata grassa, come se gli avessi
raccontato una barzelletta divertentissima e un po' sporca. In questo preciso
momento provo vergogna, e a fatica cerco di trattenere quella poca dignit che mi
rimasta, prima che scivoli via.
Dio, Jordan, stai parlando come quei detective delle serie tv americane! Ma ti
senti?
All'improvviso, mi sento punta sul vivo. Posso tollerare tutto, ma non fatemi
passare per una vedova disperata che si rimpinza di telenovelas brasiliane o di
telefilm americani col detective figo di turno. Per una di quelle donne che guardano
abulicamente la tiv per evadere e non pensare alla loro vita di merda, di quelle
che si lasciano condizionare da film improbabili e che si bevono con avidit qualsiasi
notizia venga trasmessa dal tubo catodico.
Balzo in piedi accecata dall'ira, pianto i palmi sulla scrivania e mi piazzo a un
centimetro dal suo naso. Nolan si blocca di colpo.
Questa cazzo di collanina, sibilo facendogliela oscillare davanti agli occhi, non
mai stata di Philip. Se tu l'avessi osservata meglio, invece di guardarla indifferente
come se fosse una merda di cane, ti saresti accorto che manca l'anello di chiusura. Me
l'avete consegnata chiusa a uno dei tanti cerchi che compongono la collanina, ma il
gancio originale non c'. Vediamo adesso se capisci dove voglio arrivare.
Nolan mi toglie la collanina di mano e mi spinge dolcemente una spalla.
Siediti, Jordan. Parliamone con calma.
Mi rimetto seduta sentendomi avvampare. Nolan si alza in piedi e comincia a
passeggiare dietro alla scrivania. Si ferma, osserva la collanina nel suo palmo, gira su
se stesso e mi fissa aggrottando la fronte.
Ti ascolto solo perch sei tu, Jordan. Fossi stato un altro della contea ti avrei gi
sbattuto fuori a calci in culo, sia chiaro.
Voglio avere accesso ai dati dell'archivio e alle foto che avete fatto quella
mattina, dico come se non avessi minimamente ascoltato le sue ultime parole.
Sai che non possibile. Lo sai benissimo.
Ho il diritto di sapere. Ero sua moglie.
E io ho il dovere di far rispettare la legge, che ti ricordo essere uguale per tutti.
Non puoi avere accesso a quei dati, Jordan.
Allora devi riaprire il caso.
Dammi un motivo valido e lo far.
Sospiro e mi accorgo di avere le mani sudate. Non un buon segno.
Se come penso, il caso di Philip non stato un banale incidente. Lo avete
archiviato come tale sottovalutando alcuni aspetti, parto in quarta. Se mi fermo
ora la fine, voglio andare fino in fondo.
Questa bella!Ci stai dando bellamente degli incompetenti, te ne rendi
conto?
Non mia intenzione. Voglio solo fare chiarezza su questa faccenda, se non ti
dispiace!

E vediamo, cosa vorresti fare? Adesso lui che poggia i palmi delle mani sulla
scrivania. Mi accorgo che ha le ascelle pezzate di sudore e che probabilmente questa
mia visita gli ha fatto salire la pressione pi del dovuto.
Se potessi avere accesso alle foto o ai documenti, per esempio, potrei capire
dove avete trovato la collanina.
Spiegati meglio. Finalmente Nolan pare interessato. Si siede sull'orlo della
scrivania e mi guarda incrociando le braccia.
Vuoi sapere quello che penso?
A questo punto lo esigo.
Prometti di non ridere o incazzarti. Mi fai sentire un'idiota quando fai cos.
Prometto.
Io credo...che Philip sia stato spinto gi dalla scogliera. Nolan sta per aprire
bocca. Fammi finire. Mettiamo il caso che sia cos. L'assassino ha al collo la collana,
hanno un diverbio e Philip nel cadere ci si aggrappa, non volontariamente magari,
ma istintivamente, per cercare un qualsiasi appiglio oppure l'aveva gi
agguantata prima di precipitare. Ovviamente la collana si strappa e cade gi con
lui. Questo spiegherebbe perch alla collanina manchi il gancio di chiusura. Poi
arrivate voi, raccogliete il corpo e ficcate i suoi effetti personali dentro una scatola. A
questo punto mi chiedo: il braccialetto e l'anello sono stati sfilati dal medico legale.
Ma la collanina dove si trovava? Se non era intorno al collo, devi darmi atto che la
mia tesi sta in piedi. L'ho detto. Ho esposto quello che da ieri sera stato il mio
pensiero fisso. E l'ho sciorinato come se fossi estranea alla faccenda, come se stessi
raccontando la trama di un libro. Dirlo a voce alta, esporlo, lo fa sembrare
maledettamente possibile. Mi sento rizzare i peli sulle braccia.
Nolan, che finora mi ha ascoltato quasi senza respirare, soffia rumorosamente,
apre un cassetto e tira fuori un pacchetto di sigarette.
Ma non avevi smesso? osservo mentre se ne accende una.
S. Cio no, ogni tanto nei momenti critici ne fumo qualcuna.
Questo un momento critico?
Tu che ne pensi? Se fosse vero quello che dici, ti posso ufficialmente dire che
abbiamo lavorato di merda.
Allora mi credi?
Io credo a tutto e non credo a niente, Jordan. Per voglio fare chiarezza su
questa faccenda, anche se stento a credere che qualcuno possa aver fatto del male a
Philip. Chi diavolo poteva fare una cosa del genere?
Non lo so.
Mi balena davanti una scena. Un uomo e una donna che litigano, si rincorrono
lungo la scogliera male illuminata. Inizia un diverbio acceso, una lite furiosa. Parole
grosse, mani che si alzano. Una spinta. Philip che cerca di aggrapparsi. E una
collanina che scivola gi con lui fino a schiantarsi sugli scogli.
Promettimi che riaprirai il caso, dico seria, senza espressione. Lo devi a Philip.
Ma lo devi soprattutto a me.
Lui si piazza la sigaretta all'angolo della bocca, poi viene verso di me, mi tira
per le braccia obbligandomi ad alzarmi e mi dice brusco: Porta il tuo bel culo fuori
da questo ufficio e lasciami lavorare.
Chiamerai subito il medico legale? domando rimettendo la collanina al sicuro

dentro la tasca dei jeans.


Jordan... mi ammonisce scortandomi alla porta.
So che lo farai.
E allora se lo sai, non domandarmelo. Fuori di qui. Apre la porta e mi spinge
fuori.
Nolan? riesco ad agganciarlo prima che la chiuda.
Che c'?
Grazie.
Spero che tu stia sbagliando, Jordan. E cos dicendo vedo la sua sagoma
sfumare attraverso la porta a vetri.

15
Non sono tornata subito a casa. Quando sono uscita dall'ufficio di Nolan,
incurante della pioggia ormai copiosa, ho camminato fino alla cattedrale.
Era in atto la messa. Mi sono seduta su una panca in fondo, a mani incrociate,
senza sapere bene cosa fare. Sentivo il bisogno di camminare, ma non stata una
destinazione voluta, ci sono arrivata e basta.
Ma sono contenta di esserci stata. In mezzo a volti che non conoscevo, in
sottofondo il coro della chiesa e da un lieve odore di incenso, mi son resa conto che, in
quel momento, era proprio quello che mi ci voleva. Fermarmi. Un attimo. Il Signore
mi avr perdonato se a guidarmi da lui sono stati inconsciamente i miei pensieri e
non la mia volont di buona cattolica. Come mi perdoner tutti gli atti impuri, le
parolacce, le bugie, e i pensieri nefasti che spesso mi fanno compagnia. Per sto
migliorando, ho sussurrato rivolta a un crocefisso. Poi in silenzio mi sono alzata, e
senza aspettare la fine della messa mi sono tuffata fuori, coprendomi come meglio
potevo.
Mi sono cambiata in ambulatorio dove un'ora dopo ho estratto una spiga da un
orecchio di uno spinone e ho praticato tre vaccini. Billy non si visto. Forse per il
tempo, chiss. Infatti le mie riviste sono tutte alla rinfusa e sicuramente le due piante
presenti in sala d'attesa saranno asciutte come campi di grano. Avrei potuto
metterle fuori a prendersi l'acqua piovana, ma il mio pollice nero, non verde.
A tarda sera sono tornata a casa dove mi aspettava Boogie, che dalla gioia di
vedermi si pisciato addosso. Una dimostrazione d'affetto molto coinvolgente, non
c' che dire.
Abbiamo cenato a base di surgelati e ci siamo ingozzati di biscotti al cioccolato.
Dico ci siamo perch provate voi a mangiare con la testa di un cane poggiata sulla
coscia che vi guarda con occhi languidi. l'unico essere che mi fa compagnia, che mi
ama incondizionatamente con tutti i miei difetti, i miei casini, le mie insicurezze, i
miei sbagli. Ed l'unico che si piscia addosso quando mi vede. Di questo dovrei
vantarmi.
Ora sono qui, sul mio divano un po' ingrigito e sto facendo zapping davanti a
una televisione che mi rimanda film vecchissimi o televendite improbabili.
Speravo che la doccia bollente che mi sono sparata prima di cena mi aiutasse a
prendere sonno, a rilassarmi. Ma sono sveglia come se avessi ingurgitato tre litri di
caffeina. Inutile stare in casa.
Ehy, io esco.
Boogie, accovacciato pesantemente su una mia coscia, drizza le orecchie.
No, tu no. E spostati! borbotto mentre mi divincolo.
Lui scende dal divano e mi segue come un'ombra.
Stai qui, gli ordino mentre salgo le scale per andare a cambiarmi. Lui
obbedisce e si accascia appena sotto il primo scalino. Sembra uno zerbino bicolore.
Indosso dei pantaloni marroni e un maglioncino color sabbia che ho acquistato
un mese fa in un negozio aperto da poco, gi in paese. Mi trucco leggermente, e mi

spazzolo i capelli. Fatto, sono pronta. Tutta la cura della mia persona si esaurisce in
tre minuti. Mio fratello ha sempre sostenuto che il mio viso pi bello acqua e
sapone, il trucco ricercato o pesante non mi si addice. Ho smesso da anni anche di
cercare di nascondere la spruzzata di efelidi che ho sul naso. Al diavolo, sono per
met italiana, ma per met irlandese. E sperare di trovare una irlandese senza
lentiggini come sperare in un'estate senza pioggia.
Quando ridiscendo, Boogie rizza di nuovo le orecchie e muove qualche passo.
T'ho detto di no. Non farmi sentire in colpa per non esserci mai stata, okay? Ho
bisogno di uscire.
Il bello che mi guarda come se mi capisse. Mi capisse veramente, voglio dire.
Mi segue fino alla porta e mugola vedendomi prendere la borsa.
Sospiro Dai, forza. Muovi quelle zampe prima che ci ripensi.
Cinque minuti dopo sto guidando verso il Red Lion con Boogie che mi fa
compagnia sul sedile del passeggero.

16
Dai, scendi.
Per tutta risposta Boogie si accovaccia in modo impacciato sul sedile.
Oh andiamo. Sei voluto venire fino a qui e ora non vuoi scendere?
Mugola e ci manca solo che si nasconda il muso con la zampa per sembrare il
protagonista della pubblicit di un prodotto antizecche.
Non ci posso credere! Guarda che io non ho nessunissima intenzione di privarmi
di una birra per...per star dietro ai tuoi capricci. Vuoi stare qui? Fa' pure. Io vado a
bermi una scura. Chiudo lo sportello e lo lascio appollaiato sul sedile.
Santoiddio, quando stato il momento in cui ha deciso di non obbedirmi pi?
A pensarci bene, non sono mai stata troppo incisiva su di lui, per adesso siamo
all'assurdo. D'altro canto so che mi aspetter l, buono buono, come fa sempre. Mica
la prima volta che si rifiuta di scendere. Ma stasera, visto come mi ha accolto,
pensavo fosse nella serata 'portami con te ovunque tu vada'. Be' mi sbagliavo, a
quanto pare.
Spalanco con un po' troppa enfasi la porta del pub, e a malapena sento il
tintinnio dello scacciapensieri sopra la mia testa. Il locale pieno, forse grazie alla
partita di calcio trasmessa sul grande schermo in fondo al locale. Non saprei
nemmeno riconoscere le squadre, odio il calcio. Saluto con un cenno Frank che sta
pulendo i tavoli con un occhio rivolto alla partita. Dopo un attimo si leva il boato di
un coro di Nooo!! e mani alzate. Il mancato goal gli fa sbattere il panno sul tavolo
pi vicino. Mi viene da ridere, ma il sorriso si trasforma in smorfia quando,
voltandomi, lo vedo.
Riconosco quelle spalle larghe e la postura dritta. al bancone, seduto su uno
sgabello. Le gambe, piegate sotto di s, tendono la stoffa dei pantaloni scuri che
indossa. Sta giocando con un boccale di birra mentre scambia due parole con Nora.
Da qui non saprei dire se qualcosa di divertente, anche se lei gli riserva un bel
sorriso. Ma non fa testo, Nora in grado di mandarti a quel paese sfoderando un
sorrisone da trentadue denti. A differenza di me capace di fare buon viso a cattivo
gioco, a essere diplomatica e a nascondere per bene i propri sentimenti. Le ho
sempre invidiato questa qualit.
Rimango l impalata, indecisa sul da farsi. L'istinto sarebbe di andare a un
tavolino, quello pi al buio e in disparte. Ma sarei ridicola, non sono mai andata a un
tavolo al Red Lion; io vado sempre dritta al bancone. E cos faccio, voglio dire, basta
con queste menate.
Mi avvicino e faccio finta di vederlo solo in quel momento Salve! trillo un po'
troppo convinta. Il dottor Donovan si gira, abbassa il capo in cenno di saluto e la sua
espressione mi dice che non crede minimamente che io l'abbia visto solo allora.
Una scura, Jordan? Nora, senza aspettare la risposta, prende un boccale e lo
ficca sotto lo spillatore. Mi guarda mentre prendo posto su uno sgabello vicino. I suoi
occhi sono puntati su di me e non sul boccale, dal quale infatti tracima la mia birra.
Questa la dottoressa O'Neill, il miglior veterinario della contea, spiega al

mio vicino di banco mentre mi allunga una Guinness.


Davvero? Interessante. Peccato non avere un animale da sottoporre alla sua
attenzione. Mike lo dice portandosi il bicchiere alle labbra e guardando dritto
davanti a s. Nemmeno mi guarda mentre mi parla.
La pianti, Donovan. Comincia a darmi sui nervi la sua ironia.
Non ero ironico.
Ah, no? Comincio a invecchiare, allora. Non riesco pi a riconoscere l'ironia o la
seriet in un discorso.
La dottoressa Wickman potrebbe aiutarla, in fatto di invecchiamento.
Finalmente si gira e mi sorride beffardo alzando un sopracciglio.
Ma tu guarda cosa tira fuori. Dio, che nervi.
Io...
Vi conoscete? Nora interrompe quello che probabilmente sarebbe diventato
un turpiloquio. Ha una strana espressione sul viso, mentre il suo sguardo si posa su di
noi, prima a destra e poi a sinistra, come se seguisse una partita di ping pong.
S, ho avuto un piccolo incidente qualche giorno fa...il dottor Donovan mi ha
iutat...
Hai avuto un incidente?! strilla allarmata. E come mai io non ne so niente?
Perch non successo niente. Niente di grave, perlomeno. Mike si intromette
nel discorso dopo aver bevuto un sorso. La dottoressa O'Neill rimasta in panne col
furgone e io l'ho solo riaccompagnata a casa.
Lo ringrazio tra me e me di non aver menzionato la mia incapacit, a parer
suo, di guidare un veicolo. Lui mi guarda come se aspettasse un mio cenno, una mia
battuta a riguardo, ma io taccio. Non vorrei peggiorare la situazione.
Nora ci guarda socchiudendo gli occhi. Non me la raccontate giusta voi due.
Poi aggiunge guardando il suo bicchiere ancora pieno Preferisci uno scotch, Mike?
No, grazie. Una birra pi che sufficiente, risponde lui con un cenno della
mano.
Noto con un certo disappunto che Nora e il dottor Donovan si danno del tu e mi
sento idiota. Solo io di questi tempi, dove grazie ai social network siamo tutti amici,
mi ostino a mantenere le distanze. A proposito: voglio cercarlo su Facebook, chiss
quali notizie posso carpire. Hmm...a guardarlo meglio non so nemmeno se sia il tipo
da stare su una piattaforma come quella. Con quest'aria da uomo sicuro, senza
fronzoli, concreto. Non ce lo vedo a smanettare sulla tastiera in cerca di amicizie.
Io nel profilo uso uno pseudonimo e al posto della mia foto, ho il faccione di
Boogie. In effetti non ho molti amici nemmeno l.
Comunque, stai bene? mi chiede Nora avvicinandosi e toccandomi una mano,
premurosa.
S, mormoro, benone.
Perch non mi hai chiamato? Sarei venuta a prenderti.
Perch avevo il cellulare scarico, ammetto.
Come mai mi suona come scusa? Io so che non vuoi mai disturbarmi, ma io
per te ci sono sempre, ricordalo.
A volte sa essere cos dolce. Non so nemmeno se me la merito. Non una
scusa. Giuro. Avevo il telefono scarico. Dottore glielo dica lei. Non posso credere che
stia chiedendo un suo parere per avvalorare la mia causa.

Vero. Telefono scarico.


Lo ringrazio e mi dico che forse, a volte, riesce a essere carino.
Pensa Nora, voleva farsi il Connemara sotto la pioggia e a piedi. Ridicolo.
Mi prenderei a schiaffi per aver pensato che sia carino. Perch non sono andata
a quel tavolo nascosto a rimpinzarmi di noccioline?
Jordan... Nora mi ammonisce come se mi avesse trovato con le mani dentro il
barattolo di crema di nocciole.
tutto a posto, okay? Sono qui sana e salva. Non guardarmi con
quell'espressione dipinta in faccia. Cazzo, siamo in Irlanda, mica nel deserto del
Sahara. In qualche modo sarei arrivata a casa. Poi mi giro verso di lui Anche senza
il suo aiuto.
S, certo. Come no.
Nora capisce che sto perdendo la pazienza ed esclama con un po' troppa
allegria Comunque ragazzi, buona bevuta! Versa in due bicchieri del whisky, li
mette in un vassoio e ci lascia soli, non prima di avermi scoccato un'occhiata di
avvertimento.
Secondo lei che dovrei fare? Deporre le armi? Ma perch, sto facendo una
guerra?Ammesso e non concesso che sia vero, ma voglio dire, Mike Donovan mi
provoca di proposito. Anzi, no, mi tiene testa. diverso. E, anche se mi costa fatica
ammetterlo, una qualit che apprezzo in un uomo. L'uomo zerbino non mi mai
piaciuto.
Philip lo era, fino a quando non si stufato. E allora da zerbino passato a
stronzo. Evidentemente un processo naturale.
Al diavolo. Bevo un sorso di birra e la bocca mi si impiastriccia di schiuma. Mi
lecco le lebbra quando incrocio gli occhi di Mike che mi fissano attraverso lo specchio
che abbiamo davanti. Rimaniamo l a guardarci qualche secondo, con i nostri volti
riflessi tra bicchieri e boccali rovesciati.
Mi volto, mi schiarisco la voce e gli chiedo: da tanto che frequenta il Red
Lion?Non credo di averla mai vista da queste parti.
Giusto per sapere se devo pure cambiare pub.
Lui si gira verso di me e le sue gambe sfiorano le mie.
Abbandoniamo i convenevoli, dottoressa O'Neill? Faccio una fatica enorme a
darle del lei e ci stiamo vedendo piuttosto spesso per poterci dare confidenzialmente
del tu, non crede?
S...certo, balbetto ripensando a cosa mi ha detto. Voleva essere offensivo? In
che senso fa fatica a darmi del lei? Non sono sufficientemente una persona
rispettabile?
Bene, Jo, conclude dedicandomi un sorriso. E lo ammetto, ci rimango un po'
intrappolata.
Insomma, allora... tanto che frequenti questo pub? mi sento cretina a
ripetere la domanda. La conversazione non fluida e spensierata come se parlassi a
un amico, e a pensarci bene lui non lo .
No, la seconda volta che vengo qui, risponde facendo vagare lo sguardo
intorno a s. Carino.
S, molto carino, ammetto. Nora e Frank sono amici preziosi ci tengo a
sottolineare.

Vi conoscete da molto?
Dai tempi della scuola. Bevo un altro sorso di birra controvoglia. Da quando in
qua non mi va pi la birra?
A Mike non deve essere sfuggita la mia smorfia perch osserva Non mi sembri
una grande appassionata di birra.
Nemmeno tu, ribatto lanciando un'occhiata al suo bicchiere quasi intonso.
Nora ha insistito. Me l'ha offerta.
Classico da parte sua. Non mi stupisco, il suo modo di accaparrarsi i clienti. La
prima bevuta di benvenuto. Non so perch ma ci tengo a puntualizzarlo.
Lo fa con tutti. il suo modo di darti il benvenuto.
Peccato. Pensavo di starle particolarmente simpatico. Lo dice con un sorrisino
e non posso fare a meno di notare che s, quando sorride molto magnetico.
L'ho detto? L'ho detto. Mi sa che anche la poca birra che ho bevuto stia facendo
effetto. Trovo attraente colui che metterei sotto il furgone se solo non ci fosse il rischio
di andare in galera. Sono patetica.
Ecco la mia donna!
Sussulto presa alla sprovvista mentre Derry mi circonda la vita in un abbraccio
schioccandomi un bacio sonoro sulla guancia. Lui ci mancava, in effetti.
Non sono la tua donna! esclamo con un po' troppa enfasi. Nonostante il
frastuono per la partita, avranno sentito anche quei ragazzi l in fondo.
E di chi sei, se non mia? Derry si butta a corpo morto su uno sgabello. Prima o
poi col suo modo di fare ne schianter uno, me lo sento. Sei di quel canone vecchio e
peloso?Eh? Eh? mi si avvicina a un orecchio e tenta di baciarmi sulla guancia.
Un tanfo di alcool mi arriva sotto il naso.
ubriaco.
Mi scanso sospirando rumorosamente.
No, non ce la posso fare. In mezzo a questi due io non reggo, non dopo la
giornata che ho passato.
Mike pare far finta di niente di questo teatrino e continua a guardarsi intorno.
Ogni tanto lancia uno sguardo al grande schermo, anche se non pare interessato.
Invidio il suo aplomb.
Che si dice, gioia? Cosa mi racconti? Anche Derry pare non abbia fatto caso
che prima che lui arrivasse stavo comunque conversando. Oddio, anche se se ne fosse
accorto la sua reazione non sarebbe cambiata; la discrezione non sa nemmeno dove
stia di casa.
Niente di nuovo, le solite cose.
Mi tiro indietro piano piano per lasciare campo visivo a entrambi. Rimangono l,
ognuno nei propri pensieri, senza guardarsi. Ho la sensazione che uno faccia uno
sforzo enorme per non intervenire, e un altro abbia la mente talmente annebbiata
dall'alcool che se anche ci fosse un armadillo sul bancone, non se ne accorgerebbe
neppure. Tuttavia si accorge benissimo di quanto gli sono vicina perch appoggia la
testa sulla mia spalla e cerca di cingermi le spalle con un braccio.
Oddio basta, me ne vado.
Mentre mi divincolo agguanto la borsa, lascio delle monete sul bancone e mi
accingo a scendere quando la voce di Mike mi blocca Vuoi gi andartene,
dottoressa?

Finalmente mi guarda.
S, direi che la compagnia non delle migliori. Ne converrai anche tu. Le mie
labbra si piegano all'ins in una smorfia falsa.
Nooo, vai viaaa? Derry sembra essersi ripreso dallo stato comatoso. Poi si
rende conto che stavo parlando con un uomo e biascica sorpreso Cio...voi due...sei
con lui?
Sono con lui? S, certo, potrei essere con lui. Magari una volta per tutte riesco a
togliermelo dalle palle.
S, rispondo convinta con un bel sorriso.
S? mi domanda Mike inarcando le sopracciglia, sorpreso quanto me dalle mie
parole.
S, ripeto secca spalancando gli occhi in modo eloquente.
Sei nuovo di qui, amico? Derry sembra improvvisamente sobrio.
Pi o meno. Mike Donovan. Si alza e allunga una mano verso Derry.
Quest'ultimo gliela stringe e dalla sua faccia capisco che si sta facendo un sacco di
domande. Sbagliate ovviamente.
Derry McKeon. Amico intimo di Jordan. Su intimo ha calcato un po' la mano,
il ragazzo. una scena patetica.
Io non sono ancora a quel livello, ma ci sto lavorando. Mike mi prende per un
gomito. Vogliamo andare?
Giuro, vorrei sprofondare. Che conversazione stata? Io nel mezzo come una
cretina e Derry che cerca di farsi passare per quello che non . Non solo: mi sto
facendo guidare fuori dal locale da un uomo che conosco a malapena. Nora ci
incrocia prima che finiscano i tavoli e ci guarda con aria interrogativa.
Lascia stare, riesco a sussurrarle prima che Mike spalanchi la porta e mi spinga
fuori.
Un' aria frizzante e umida ci investe e rabbrividisco mentre Mike infila le mani
nelle tasche dei pantaloni, appoggiandosi al muro.
Mi spiace, il mio cavallo bianco col quale salvo principesse in pericolo,
azzoppato. Dovrai accontentarti di una BMW, che peraltro conosci gi.
Non ti ho chiesto niente, Donovan, replico sulla difensiva.
Ah ah. Non esatto. Tu hai detto di essere con me, ricordi? successo meno di
un minuto fa. Hai una pessima memoria, dottoressa.
Okay! sbuffo Okay, ho detto una cazzata, va bene? Non volevo dire di essere
con te, volevo solo un motivo per levarmi di torno quel tanfo di whisky misto a birra.
E...e ho detto la prima cosa che mi venuta in mente. L'avrei fatto con chiunque!
Ma perch ti stai scaldando?
Non mi sto scaldando! grido. S, forse mi sto scaldando. Calma Jo. Respira.
Perch non gli parli chiaro e tondo? Mike si mette a cavalcioni su una panca.
Ha un'aria cos sicura, disinvolta. Credo che sia per il lavoro che fa. Io rimango in
piedi a sbuffare impercettibilmente dal naso.
Secondo te non l'ho fatto? Nonostante il buio individuo i suoi occhi a
malapena illuminati dall'insegna e li fisso.
Non lo so, te lo sto chiedendo.
Certo che s. Ma non capisce. Non c' verso. Non sai quante volte ci ho provato

anche chiaramente. Scuoto la testa. Ma che senso ha parlarne con lui, mi chiedo.
Forse sbagli metodo, fa lui grattandosi il mento.
Ah s? Sentiamo un po', dottor strizzacervelli, qual il miglior metodo per dire
ad un uomo che non c' trippa per gatti? Niente di niente?
Davvero non c' mai stato niente? Non ci sei mai andata a letto?
Ma come ti permetti?! sono una furia. Avanzo qualche passo verso di lui, poi
torno indietro. Sembro un criceto inquieto. E nonostante il mio cervello mi dica di
fermarmi io continuo come un fiume in piena Credi che ti stia mentendo? La
risposta no! Non ci sono mai andata e mai ci andr! Non mi interessa, passi come
amico, ma davvero...Cio, ma l'hai visto? ... ... oddio, ma perch ti sto dicendo
tutto questo?
Perch te l'ho chiesto, risponde lui semplicemente.
Gi, perch me lo ha chiesto. Lui chiede e io, oltre a prendere fuoco, sciorino
motivi per i quali non mi sia ancora fatta l'amichetto. Fantastico.
Mike batte una mano sulla panca accanto a s Siediti un minuto.
No, devo andare. Mi passo una mano sulla fronte. Uffa, vorrei poter battere i
piedi come una bambina, prendere a sassate un bidone di latta o distruggere un
saccone da box a suon di pugni. Detesto quando non posso sfogarmi.
Anche lui era un compagno di scuola? mi chiede appoggiando i gomiti sulle
ginocchia.
No, era il miglior amico... sto per dire di Philip, poi mi blocco. ...il miglior
amico di mio fratello, mento.
Allora lo conosci da molto. E anche lui dovrebbe conoscere te.
Hai detto bene: dovrebbe.
Cosa non ti piace di lui? Da quel che ho visto un bel ragazzo, sveglio, magari
con qualche problemino a reggere l'alcool, ma in questa contea chi che non ha
quel tipo di problema?
Non quello, e vorrei dirgli che sono cresciuta con un uomo che rientrava
ubriaco un giorno s e uno no, e che quindi niente mi sorprende. Non quello,
ripeto.
Allora cos'?
Semplicemente non mi piace. Non ha spina dorsale, non capisce le battute, non
sa starmi vicino come vorrei.
E un uomo come deve starti vicino? Cosa cerchi?
Io...ma aspetta un attimo. Lo guardo di sbieco, folgorata da un'intuizione Mi
stai analizzando?
Mike spalanca le braccia Ti sembra uno studio, questo?
Certo che no, ma non credo tu abbia bisogno di uno studio per mettere a
punto una diagnosi.
Mi spiace, io opero solo nel mio studio.
Ma fai domande scomode. E non te ne rendi conto. Le persone si sentono
analizzate, sappilo.
Le persone? Siamo solo io e te qua fuori! ride senza aprire le labbra.
Io. Io mi sento analizzata. Non farmi pi domande, Mike.
L'ho chiamato per nome, e il solo fatto di averlo pronunciato me lo fa sentire
pericolosamente vicino. Quasi un amico. Intimo, direi.

Okay. Dove hai parcheggiato il furgone? mi chiede alzandosi.


Perch ti interessa?.
Dottoressa... mi ammonisce con lo sguardo.
Appena dietro la curva, sussurro sentendomi sciocca.
Ti accompagno.
Non c' bisogno.
Ne ho bisogno io, mettiamola cos, okay? Cristo, ma quel Derry lo sa a cosa
andrebbe incontro mettendosi con te?.
Nonostante faccia di tutto per darmi un controllo, mi scappa una risata.
E non ridere, perch non era un complimento. Temo tu abbia qualche
problema dentro quella scatolina, con il pollice indica la mia testa.
Camminiamo in silenzio circondati solo dalla musica folk che fuoriesce dai locali.
L'aria fresca, carica di umidit e mi stringo addosso il giubbottino striminzito che ho
deciso di indossare. Rimpiango una comoda giacca a vento.
Arrivati al furgone io avverto di nuovo un leggero imbarazzo. Quel genere di
sensazione sospesa, su chi dei due deve dire o fare la prossima mossa.
Apro lo sportello e Boogie si rizza sul sedile.
Questo Boogie, dico buttando la borsa sui tappetini
Ah, il famoso canone vecchio e peloso. Non gli sfuggita una sola battuta di
me e Derry.
S, proprio lui.
Hey, amico... Mike si allunga sul furgone e si lascia leccare una mano. Guardo
il mio cane che invece di abbaiare guardingo, sta facendo le moine a un perfetto
estraneo. Cosa ho sbagliato con lui?
Be' per basta adesso, se continuiamo di questo passo non vorrei che Boogie si
pisciasse di nuovo addosso dall'emozione.
Faccio un colpo di tosse falso come una moneta da tre euro e butto l Ti tocca
tornare indietro, adesso.
Mike si ritira, tiene aperto lo sportello e mi guarda divertito Acuta. Forse
qualche neurone sano ci rimasto l dentro.
Hai voluto tu accompagnarmi, non aspettarti un ringraziamento, Donovan.
Figurati. Sarebbe un miracolo, mi canzona scuotendo la testa. Dovevo solo
portare a termine la messa in scena che tu hai imbastito. Che figura avremmo
fatto se si fosse affacciato il tuo amico e ci avesse visti ognuno prendere la propria
strada?
Davvero l'hai fatto per quello? Perch gliel'ho chiesto? Perch? Ma pi che
altro che risposta mi aspetto? Sei una cretina, Jordan, ecco quello che sei.
Certo. L'ho fatto per non screditarti. Ora puoi andare. Forza, su, torna a casa.
Batte una mano sullo sportello invitandomi a salire.
Mi accomodo sul sedile sentendomi una scolaretta che esegue le impartizioni del
maestro. Mike indugia con lo sportello aperto e sembra volermi dire qualcosa.
Aspetto in silenzio che mi canzoni di nuovo, conosco quella espressione, ma lui
dopo aver abbassato il capo sulle sue scarpe, tira su lo sguardo e mormora Fa'
attenzione.
Poi chiude lo sportello, si fa un po' da parte e ficca le mani in tasca.
Rimane l a guardarmi andar via, con il viso nascosto nella semi oscurit di una

strada male illuminata. Stranamente il furgone parte subito, dandomi l'opportunit


di non trattenermi oltre e di non farmi domande. Ma non posso fare a meno di dare
uno sguardo allo specchietto per vedere se sempre l.
E quando il riflesso mi rimanda la sua immagine lontana e sfuocata, il mio
stomaco si contrae.
Sto cedendo.
Cazzo.

17
inutile girarci intorno. Sarei un' idiota se continuassi a far finta che Mike
Donovan non abbia alcun tipo di ascendente su di me.
Non lo conosco da molto, vero, ma avverto quella piacevole sensazione come
se lui mi conoscesse da sempre. Ovviamente tutto ci dato dal fatto che fa lo
psichiatra. Chi meglio di lui sa leggere nei pensieri? Chi meglio di lui sa carpire i
demoni che vagano nella testa di un individuo? Chi meglio di lui, sa usare gli
strumenti giusti per arrivare dove vuole? E io sono spaventata di questo. Non voglio
flirtare, non voglio coinvolgimenti, non voglio pensare a lui, non voglio essere per lui
una scommessa, o un nuovo caso da risolvere. Quindi sta a me mettere un freno.
Fino a ora sono stati incontri fortuiti dati dal caso. Anche se Clifden una piccola
cittadina, pu darsi che davvero io non lo incroci pi sulla mia strada.
Allora perch sono qui davanti al computer a digitare il suo nome su Google?
La schermata che mi si presenta davanti riporta varie volte il suo nome. Wow,
sono colpita. Sono per lo pi testi di neurochirurgia, menzioni speciali, qualche
articolo scritto su siti specializzati, consulenze e ricerche nell'ambito della psichiatria
infantile.
D'istinto clicco immagini e sulla pagina mi appaiono uomini diversi,
probabilmente omonimi e una sfilza di immagini tratte dal famoso telefilm. Sorrido
allo schermo. Scorro nella seconda pagina e lo trovo. Sembra essere una foto di
parecchio tempo fa. Il link di riferimento su una relazione sui disturbi del sonno
nelle patologie psichiatriche. Il suo viso, in questa foto, pi giovane, pi scavato e
gli occhi, scuri e profondi, sembrano farsi beffe di colui che stava dietro la macchina
fotografica. Per quel poco che conosco posso affermare che questa una
caratteristica che negli anni non lo ha abbandonato. Sembra sempre sul punto di
fare una battuta, di leggerti nel pensiero e di cogliere ogni minima sfumatura di un
discorso. Noto anche la cicatrice sullo zigomo sinistro e scommetto che un segno
presente fin dall'infanzia. Forse una caduta, un piccolo incidente. Non so perch ma
faccio fatica a immaginarmelo bambino, in braccio a una madre, a piangere per un
giocattolo rotto, ad aspettare Santa Claus la notte di Natale. Lo scorgo anche in
un'altra foto di gruppo, forse durante un congresso, in giacca e cravatta, serio e
composto come si conf in quelle occasioni. Una donna bionda dai capelli corti gli
accanto, tutta compita in un tailleur grigio. Magari una collega, magari una
dottoressa conosciuta per l'occasione. Magari sua moglie. La sua donna.
Okay, possiamo anche finirla. Decido di chiudere tutto, ma prima di farlo do
un'occhiata anche su Facebook. Dopo aver digitato il suo nome mi appaiono sei
omonimi, tra cui tre ragazzi, un sessantenne, un link di un prodotto, un profilo
condiviso da due minorenni e un profilo senza foto. Come avevo previsto, non c'.
Chiudo il portatile e mi preparo un toast al volo, non ho tempo e voglia di
prepararmi un pranzo. Ho solo voglia di soddisfare una curiosit, un'idea assurda che
mi apparsa in sogno stanotte, nemmeno fosse stato un prozio che mi dettava i
numeri da giocare al bingo.

Dio mio, a volte so essere veramente infantile e patetica. Mi sono spinta fino a
Galway e ho girovagato tra gioiellerie e negozi di bigiotteria come una ladra. Ho
guardato, toccato, radiografato qualsiasi collanina, ciondolo, catenina mi sia capitata
a tiro. Ho trovato di tutto: da improbabili pendenti a forma di cervo a catenine con
spade lunghe come un bastoncino da spiedino, ma di serpi infilzate da una spada,
niente di niente.
Ora che sono qui, a fissare l'ennesima vetrina di un'oreficeria, senza aver
ottenuto alcun risultato, lo ammetto: mi sento scema. Cosa speravo di trovare? Una
solerte commessa che, intuita la mia intenzione, mi porgesse la copia della collanina
in mio possesso, chiedendomi: Cercava questa? Ne ho venduta una uguale due anni
fa a una donna mora, non troppo alta... se mi d dieci minuti recupero la copia
della ricevuta e le dico il nome!?
Finora mi sono trattenuta da mostrare quello che tengo diligentemente nella
tasca interna del giubbotto che indosso questa mattina. A me, che sono una profana
in fatto di gioielli, la catenina in mio possesso non dice niente, potrebbe essere
benissimo l'ennesimo ciondolino trovato nell'uovo di Pasqua. Ma, magari, grazie a
un occhio attento e preparato, potremmo risalire all'anno, magari stata una
moda, magari si potrebbe ipotizzare l'et dell'acquirente. Sono onesta, non saprei
dire se questo oggetto sia giovanile o meno. Potrebbe portarlo questa signora
attempata che mi sta passando davanti adesso o anche la ragazzina col blazer blu
che sta attraversando la strada in questo istante.
Decido che per dare risposte a queste domande non mi resta che affidarmi a
chi se ne intende pi di me e ha a che fare con questi oggetti tutti i giorni.
Entro in quella che mi sembra una gioielleria affermata, con commesse affabili.
Faccio prima un giro di ricognizione nel reparto collanine anche se so che non
arriver a capo di niente. Le commesse, una bionda con una lunga coda di cavallo e
una bruna con dei riccioli fitti che non le invidio, mi sorridono bisbigliando qualcosa
tra di loro. Ricambio il sorriso cercando di fare la vaga, e sto pensando a come potrei
iniziare il discorso riguardo alla collanina, senza sembrare una pazza che gioca a fare
la detective. Dopo aver provato dieci volte nel mio cervello a dire intanto Scusi, una
domanda... i miei occhi scorgono sul lato destro del registratore di cassa un piccolo
cartello con su scritto Riparazioni. Le altre scritte al momento non mi interessano.
Mi bastato leggere quella parola per dirigermi al banco con una nuova
determinazione.
Ha trovato qualcosa di suo gradimento? La commessa bionda mi rivolge un
sorriso luminoso e quando dico luminoso, non scherzo: ha un brillantino incastonato in
un incisivo laterale. Mi ricorda il sorriso sardonico del cattivo di turno di un qualsiasi
cartone animato.
No. Sono qui per...una riparazione. Faccio un cenno del capo in direzione del
cartello e sfilo dal giubbino la mia collanina. Vorrei far riparare questa. Gliela
allungo sopra il bancone con fare circospetto e mi chiedo perch.
La commessa la estrae dal sacchetto, la stende sul piano lucidissimo e mi dice
Non c' problema.
Apre un cassetto, prende un piccolo sacchetto di carta, una penna e mi chiede
Il suo nome?

Eh no, bella. Un attimo. Senta...mi chiedevo se...fosse di valore, balbetto per


prendere tempo, non sapendo dove andare a parare.
L'ha trovata? la commessa adesso mi guarda in modo un po' strano,
socchiudendo gli occhi.
No no, mi affretto ad aggiungere. mia! Solo che me l'hanno regalata
e...voglio dire... d'oro, no?
S, d'oro. La bionda incrocia le braccia sul petto e mi guarda come per dire
Dai, sputa il rospo, a chi l'hai rubata?
Questo pensiero mi spaventa e credo di aver intrapreso una strada troppo
difficile da gestire.
Senta, voglio dirle la verit... comincio. La donna mi sorride sorniona in segno
di vittoria. La frase Lo sapevo io che non me la raccontavi giusta, le sta
lampeggiando in fronte.
Me l'ha regalata un uomo e...be' lei mi pu capire... cerco di farmela amica
con un rigiro di parole, ma dalla sua espressione capisco che preferirebbe essere
amica di un terrorista dell'Ira, prima che mia. ...vorrei sapere se un regalo
impegnativo, visto che non da molto che ci frequentiamo, cos, per capire le sue
intenzioni...
Sono davanti a un'estranea a costruire bugie su bugie e in tutto questo rendo
anche ridicola la mia storia sentimentale inesistente. C' da dire che la verit non
che sarebbe molto meglio.
La commessa la guarda meglio, fa una smorfia con la bocca come per
mandare un bacio e dichiara: Credo che le sia molto affezionato, le ha regalato
qualcosa di prezioso, qualcosa di suo.
Se ora parte con le menate sentimentali del tipo 'le ha donato la parte pi
preziosa: il suo cuore', vado a parlare col proprietario per farla licenziare.
S? domando senza sapere esattamente cosa dire.
Non dovrebbe soffermarsi sul valore monetario dell'oggetto, ma sul valore
affettivo che l'uomo le ha dato.
Cio? non capisco.
Questa una collanina maschile. Le ha donato la sua collanina. Se per lui era
preziosa, le ha fatto un gran dono.
Collanina maschile. Non da donna. Lo chiedo perch ho paura di aver capito
male.
Quindi mi sta dicendo che una collanina da uomo? Che non un oggetto che
pu indossare una donna?
Oddio, i gioielli li possono indossare tutti, ma questo in particolar modo
difficilmente viene regalato a una donna. Non viene consigliato. Per le donne ci sono
altri tipi di soggetto molto pi adatti a una signora. Tuttavia spesso, questi gioielli,
vengono acquistati dalle donne per essere regalati a un uomo, ma non il suo caso,
evidentemente.
E invece lo , evidentemente. Una donna ha acquistato per Philip questa
dannata collanina che lui ha saputo con maestria tenermi nascosta per mesi in un
cassetto, chiss, e che poi diventata oggetto di un litigio, scagliata contro di lei, o
lanciata al grido di Non la voglio pi, finita!. Forse quella notte si sono incontrati
per dirsi addio, per restituirsi delle cose, forse anche la dignit. Per chiarire e poi

azzuffarsi, stringersi di nuovo, darsi un feroce addio e poi la tragedia. E questa


collanina che precipita con lui, forse strappata dalle mani di lei, forse ancora stretta
nel pugno di Philip nell'intento di lanciargliela prima di cadere gi, dove stato
trovato a braccia aperte in una posa di resa. Sto pensando tutto questo con una
freddezza allucinante, niente pi mi tocca, niente pi mi sfiora. Analizzo quella che
per me stata la dinamica della scena con un distacco in cui non mi riconosco e mi
chiedo da quando tutto ci che riguarda Philip viene vissuto da me come se fosse
capitato ad un'altra persona. Ad un'altra me. Ad un'altra Jordan. come se avessi
cambiato pelle, come se, a mo di serpente, avessi lasciato il mio vecchio involucro a
seccare al sole e me ne fossi spogliata o, finalmente, liberata.
Sento gli occhi della commessa che mi puntano con curiosit, e mi sforzo di
riprendere quel poco di credibilit che mi rimasta.
Oh be', immagino di dover essere contenta, allora. Sicuramente come dice
lei. Cerco di assumere un'espressione convinta e mi riprendo la collanina.
Non vuole pi ripararla? mi chiede la bionda, stupita.
Ah gi.
No, grazie. A questo punto, non ha pi importanza. Grazie a lei ho capito che
ha un valore affettivo molto grande. E non ha importanza che io la metta al collo,
l'importante che io la porti nel mio cuore.
Il mio discorso melenso ha solo l'intento di gettare fumo negli occhi alla
commessa per evitarmi altre domande sconvenienti; lei, cadendo nella trappola, ora
mi guarda quasi commossa per avermi indicato la strada dell'amore.
Mi dirigo all'uscita non senza rivolgerle un saluto cordialissimo.
Com' che ho detto? L'importante che io la porti nel mio cuore?
Mio dio, quasi non mi riconosco.

18
Ti dispiace farti un po' pi in l? Strano come in un letto matrimoniale io mi
senta stretta come se fossi su una brandina. Boogie, come sempre, pur avendo met
letto a disposizione, si accoccola intorno, accanto, sopra e di fianco alla sottoscritta.
Che, voglio dire, spesso e volentieri mi piace anche, ma stasera non riesco a trovare
posa.
Insomma, ti dicevo: alla fine mica son riuscita a capire che tipo di collanina .
So solo che d'oro, che da uomo, ma non ho idea di dove una donna possa averla
comprata. Che dici, devo setacciare tutte le gioiellerie d'Irlanda?
Boogie mi guarda abbassando il capo.
Il tuo attonito silenzio mi induce a pensare che ho fatto una cazzata. Una delle
tante, per inciso. Scusa, ma che devo fare? Dimmelo tu.
Lui mugola infastidito.
Okay, non vuoi parlare. E il tuo silenzio non mi d'aiuto, sappilo. Allora
buonanotte. Sistemo le coperte e mi do della scema perch ancora una volta mi
ritrovo a chiedere delle risposte a un vecchio border collie. Prima di spegnere la luce,
batto la mano aperta sul materasso, vicino a me.
Dai, vieni qua.
Lui non se lo fa ripetere due volte e mi si sdraia accanto come un perfetto
compagno di vita. Lascio che il mio braccio venga fagocitato dal suo folto pelo, e
forse, in questo frangente, sono contenta che sia un cane, per lo stesso motivo per il
quale ero infastidita che fosse solo un cane. Non ricever risposte, ma da questo
compagno non avr nemmeno delle domande scomode, delle pretese e dei calzini
sporchi in fondo al letto la mattina.
Scivoliamo nel sonno lentamente, abbracciati come due amanti dopo un sesso
appagante, fino a che il trillo del cellulare squarcia il silenzio.
Mi ci vogliono almeno venti secondi per capire chi sono, dove sono e cosa diavolo
sta squillando, poi barcollo dal letto al com e agguanto il cellulare.
Biascico un pronto privo di convinzione mentre dall'altro capo del telefono un
uomo mi parla di vacche in difficolt, parto imminente, mi d indicazioni per casa
sua e mi prega di fare presto. Mi siedo sul letto e mi faccio ripetere tutto.
Non mi abituer mai alle chiamate notturne, quel trillo di notte mi toglie ogni
volta l'anima e spesso succede in piena fase rem, quando il sonno talmente pesante
che per svegliarmi del tutto non sarebbe sufficiente una tanica di caff.
Faccio presto, bofonchio rivolta a Boogie che, dopo aver rizzato le orecchie, ha
cambiato posizione intenzionato a continuare il suo riposo. S, faccio presto, ripeto
alzandomi con fatica dal letto, consapevole che questa la prima bugia della
giornata.

Mike fu svegliato da un tonfo sordo. Nell'oscurit digit un tasto sull'orologio da

polso: le tre e mezza. Imprec a mezza bocca maledicendo chiunque fosse l'artefice
di quel rumore e tese le orecchie per capire cosa diavolo stesse accadendo. Nel
silenzio della notte rimbomb il rumore di marmitta scassata che cess nello stesso
istante in cui si alz da letto. Incurante di essere nudo, tir le tende e si affacci fuori.
Le luci di casa dei suoi vicini erano accese e il portellone della stalla era
spalancato e male illuminato. Ci nonostante non gli sfugg la figura di una donna
che scendeva da un furgone parcheggiato malamente in fondo al vialetto. La
riconobbe all'istante.
Prese al volo un paio di jeans, inforc degli stivali e usc fuori.
La donna, china a rovistare tra i tappetini, non si accorse di lui e offriva a Mike
una vista molto piacevole del suo fondoschiena.
Che cosa stai facendo? domand brusco, ma era il solo modo che conosceva
per ricomporsi dopo la visuale che gli era appena stata offerta.
Jordan si volt cos velocemente che sbatt la testa sul volante. Diavolo, mi hai
fatto paura! Non ti ho sentito arrivare. La guard mentre si massaggiava la testa
con una smorfia che la faceva sembrare una bambina. Una bambina
dall'espressione sveglia nonostante l'ora, che lo fissava con evidente curiosit.
Immagin che si stesse facendo molte domande.
Prima o poi te la spaccherai davvero quella testa.
colpa tua.
Mia? Mike sorrise poggiando le mani sui fianchi Che c'entro io?
Ogni volta che ti vedo mi faccio male. A dire il vero credo che tu mi porti
parecchia sfiga.
Ma non dire sciocchezze!
Lei inclin la testa di lato e socchiuse gli occhi, squadrandolo Scusa la domanda
indiscreta: che ci fai tu qui? E...non hai freddo?
Mike lasci scorrere lo sguardo sul suo petto nudo e decise di mentire Le
domande indiscrete sono due e no, non ho freddo.
Non hai risposto alla prima, lo provoc facendo il giro del furgone e
prendendo una borsa di cuoio. Gli si piant davanti spostandosi un ciuffo ribelle con
un soffio laterale delle labbra. Stava aspettando una risposta.
Io qui ci abito Mrs O'Neill, e tu non solo hai parcheggiato nella mia propriet,
ma a quanto pare mi hai buttato gi anche qualche paletto della recinzione.
Oh... La donna alz le sopracciglia e stava per dire qualcosa quando un uomo
richiam la loro attenzione Dottoressa, presto!
Ho da lavorare, Donovan. I tuoi paletti possono aspettare. Jordan strinse con
forza la borsa e si incammin a passo deciso verso la stalla.
Decise di seguirla.
No, ma davvero sono i suoi passi quelli che sento? Mi sta seguendo? Ma dove
crede di andare?
Questo troppo. Non solo la giornata iniziata prestissimo, ma, grazie alla mia
guida sportiva, ho buttato gi tre pali di un recinto che devo risarcire probabilmente
con la cifra che chieder a fine intervento. In pi mettiamoci che le due tazze di
caff che ho preso per svegliarmi per bene, mi rendono nervosa nemmeno fossi in

fase premestruale. Mi giro di scatto e allungo un braccio per fermarlo. La mia mano
si pianta esattamente nel centro del suo petto, e devo fare uno sforzo notevole per
far finta che quello che vedo, e soprattutto sento, mi lasci indifferente.
Dove credi di andare, Donovan?.
Voglio vederti al lavoro.
Ritiro la mano e mi ravvio i capelli.
Perch? chiedo esausta.
Perch mi va.
Giro sui tacchi e riprendo a camminare Fai sempre tutto quello che ti va,
dottor Donovan?
Sempre, lo sento rispondere.
Poi mi fermo, mi volto e lo fisso dritta negli occhi. Occhi scuri, indecifrabili ma al
tempo stesso divertiti e se si diverte lui, figuriamoci io.
Nessuna donna che ti aspetta nel tuo letto? Non vorrei aver interrotto chiss
quale poetico incontro.
Ti pare che se avessi una donna nel mio letto, starei qui a cianciare con te?
Cianciare. Cianciare!
Vuoi vedere come lavoro? Bene! Prendi questa e seguimi! Gli ficco in mano la
borsa di cuoio, e mi dirigo come una furia nella stalla. Ho la pressione a mille. Io non
ho mai creduto nel destino o nel fato, ma consulterei volentieri una sfera di cristallo
per sapere per quale motivo mi ritrovi sempre quest'uomo tra i piedi. Che sia un
segno che non comprendo? Una punizione divina per aver sbirciato sue notizie sul
computer?
Concentrati Jo. Lascia Donovan da parte per un momento, anche se non
facile. Ho un'ansia da prestazione addosso che tocca picchi altissimi. E la situazione,
mi duole dirlo, non delle migliori: ho una vacca davanti a me che non vuol saperne
di partorire. Mi aspetta proprio una bella nottata.
Forza Jordan, tocca a te.
Faccio finta di non notare gli sguardi interrogativi che mi lancia il signor Hoper
riguardo a Mike. Dovrei giustificare la sua presenza qui? Non credo. E, pi che altro,
non affar mio.
Oh, al diavolo!
Signor Hoper, le presento il dottor Mike Donovan. I due si lanciano uno
sguardo cordiale che ha del grottesco, vista la situazione. Il dottor Donovan...
ecco...mi dar una mano. Mike mi ammonisce con lo sguardo e bisbiglia qualcosa
Se ce ne sar bisogno, ovvio, rettifico infine.
Non c' problema, mormora il signor Hoper facendosi da parte.
Giro intorno all'animale, mi avvicino a Mike, gli strappo la borsa dalle mani e
sibilo Non azzardarti a intervenire. Anche se dubito tu sappia dove mettere le
mani.
Lui, senza scomporsi di una virgola, apre le braccia con un gesto plateale
Prego, tutta tua. Io un giorno o l'altro questa bella faccia gliela spacco. Promesso.
Tiro fuori dalla tasca un elastico, mi faccio una coda di cavallo, mi tiro su le
maniche della maglia e struscio i palmi delle mani sui jeans A noi, bella.
La visito con gesti sicuri dimenticandomi per un istante dei presenti: Brett
Hoper e un uomo seminudo che si ostina a rimanere appoggiato alla mangiatoia,

con una tranquillit invidiabile.


tutto sotto controllo, signor Hoper. Tutto sotto controllo. Sento di dover
rassicurare il padrone di casa, forse pi per me che per lui, che infatti mi guarda
fiducioso.
Lo so, dottoressa. Lei la meglio della contea.
Non ne dubito, sento rispondere l'altro con sarcasmo. Evito di ribattere. Da
una parte sono infastidita che lui sia qui, anche perch mi mette in una posizione
sfavorevole. Mi sento controllata, giudicata, messa alla prova e, anche se non voglio
ammetterlo, voglio dimostrargli quanto valgo. E se penso che quasi un perfetto
sconosciuto la cosa allarmante. Dall'altra mi d sicurezza e io che pensavo di essere
una donna capace di badare a se stessa e alle proprie emozioni! Quante cazzate mi
racconto.
Ma non ho tempo di gratificarmi per la mia indole bugiarda, perch la
situazione si fa subito seria. Il vitellino non ce la fa a uscire.
Mi serve una corda, dico pi a me stessa che a loro. Vorrei evitare di tornare al
furgone per prendere quella che usavamo abitualmente, quindi vago con lo
sguardo fino a che non trovo quella che mi serve Quella pu andar bene. Indico col
mento una corda appesa a un gancio.
Il signor Hoper me la passa inginocchiandosi accanto a me. Sa probabilmente
cosa bisogna fare in questi casi.
Ispeziono la vagina dell'animale con la mano e lo sento, l, devo solo portare
verso di me le piccole zampe. Con delicatezza e infilando poco a poco il braccio,
riesco a estrarle. Faccio un cappio con la corda e agguanto saldamente le zampe
mentre la partoriente muggisce con un suono rauco, annaspato e leggermente
insofferente.
Lo tiriamo fuori, bella.
Getto uno sguardo a Mike e vedo che si avvicinato.
Accalappio le zampe e mi preparo alla cosa pi faticosa della serata: devo
letteralmente tirarlo fuori di l. Cosa non sempre facile e per niente veloce.
Mi inginocchio, mi arrotolo la corda ai polsi e provo a tirare, dapprima
delicatamente, poi sempre con pi vigore. Vedo gli zoccoli, ma il vitellino non si
muove di un centimetro. Mi avvicino e mi faccio spazio nella sua vagina con quasi
tutto l'avambraccio. Su, bella. Spingiamo un po', okay?
Mi rimetto in posizione, tiro di nuovo, ma mi rendo conto con orrore che non ce
la faccio.
La ispeziono ancora. Provo a creare un varco e riesco a tirare fuori un orecchio.
Adesso posso vedere il muso, proteso tra le zampe, voglioso di aria e di vita.
Aspetto un' altra contrazione e tiro di nuovo. Le zampe escono ancora un po',
ma il muso sempre dentro.
Il signor Hoper tenta di rendersi utile Potrei tirare la corda con lei. Magari in
due...
Ce la fa da sola, vero dottoressa? Mike lo interrompe e mi si inginocchia
accanto.
Fanculo, Donovan, sibilo a denti stretti.
Non una provocazione, la mia. una certezza, dice alzandosi. Le sue labbra
si piegano in un sorriso che non so decifrare, direi di scherno, ma i suoi occhi non

seguono la stessa linea. Li pianta dentro i miei trasmettendomi sicurezza e


convinzione, e mi maledico per averne bisogno. Odio avere bisogno di qualcuno.
Ma la situazione fa vacillare i miei propositi. Cerco di fare presa alzandomi e
conficcando i piedi nel terreno. Sposto tutto il peso del mio corpo all'indietro tirando
la corda con tutta la forza che ho. Mi bruciano i muscoli delle cosce, delle braccia e la
corda mi sta letteralmente segando i polsi. Ogni nervo vibra sotto i miei jeans e sento
rivoli di sudore che mi scorrono lungo la schiena. Qualche ricciolo, come sempre,
scappa all'elastico e mi si appiccica alle tempie. Lo ammetto, la prima volta che lo
faccio e non pensavo fosse cos faticoso. Cio, lo immaginavo, ma non cos. In genere
era Philip che faceva questa procedura, un uomo molto pi forte di una donna e
in questi casi il peso del corpo fondamentale. Penso ai miei cinquantacinque chili e
mi scappa una risatina isterica. Se vado avanti cos, croller a breve, e non posso
permetterlo. Se allento ora la presa, rischio che rinculi nel ventre di sua madre e
dovrei ricominciare tutto da capo. Ma ho bisogno di una pausa, di una tregua.
Hoper, mi allunghi quel bastone.
Brett mi d un bastone scuro, sufficientemente robusto e nodoso per quello che
ci devo fare. Mi sciolgo i nodi, tirando un sospiro di sollievo, e lego la corda al
bastone.
A quel punto lo poggio in terra e tengo in trazione la corda. Dio, un attimo di
respiro.
Le zampe del vitellino indietreggiano un po', impercettibilmente, ma non me
ne curo. L'importante che io non molli la presa.
Il signor Hoper si gratta la testa e bofonchiando una scusa esce dalla stalla.
Nonostante l'ora si va a fare un goccio, ci scommetterei. Anche perch non ho visto in
lui tutta la sicurezza iniziale. Ma si ricreder, oh se si ricreder. E mentre Mike viene
di nuovo verso di me, con mio grande stupore, mi accorgo che anche lui sta
sudando, segno che il suo intaccabile aplomb l'ha abbandonato per un istante. La
fitta peluria del suo torace imperlata di microscopiche goccioline che, alla luce
delle lampade, luccica come sabbia dorata. Mossa geniale, mi canzona
inginocchiandosi di nuovo Vuoi sgranchirti? Lo tengo io, se vuoi.
Non ce n' bisogno, dico un po' troppo in fretta. Nonostante il fetore di questo
ambiente, ora che mi vicino riesco a sentire il suo profumo, un misto di sudore,
fieno, e costosa colonia maschile. Un odore buono, fermo, deciso.
Non segno di debolezza farti aiutare, Jordan.
Chi ha parlato di debolezza? mi risento.
Ti riposeresti un attimo, continua lui come se non mi avesse sentito.
Immagino ci sia ancora parecchio da fare. E questo l'unico modo in cui posso
esserti d'aiuto.
S, c' ancora molto da fare, ripeto, ma davvero non ho bisogno di te. Anzi
mi chiedo come mai tu sia ancora qua. Non un bello spettacolo. Col mento indico
il fieno sporco, gli escrementi che la partoriente continua a produrre dallo sforzo e il
sangue, misto a liquido biancastro, che fuoriesce dalla sua vagina.
Sono uno psichiatra, non dimenticarlo. Tratto con essere umani che non hanno il
controllo della propria mente e del proprio corpo. Tu non hai idea di quanti begli
spettacoli sono stato testimone nella mia carriera. Uomini, giovani donne, talvolta
bambini, tutte persone autolesive e spesso sommerse dalle loro stesse feci. La sua

voce adesso ruvida come carta vetrata.


Mi sento una stronza. Quest'uomo riesce sempre a zittirmi, a rimettermi a posto.
Riesce a farmi vedere un po' pi in l, spostare i miei confini, mettendo alla prova la
mia elasticit, che in alcune situazioni pressoch inesistente. Come in questo caso.
Un irrigidimento della zampa posteriore dell'animale mi desta dai miei
pensieri.
Mi sono riposata, sono pronta. E lo anche lei, deve esserlo, per forza.
Tiro di nuovo la corda aiutandomi col bastone e la bestia bascula leggermente,
emettendo dei suoni gutturali e profondi. Niente. Ispeziono di nuovo, e con la mano,
finalmente, riesco a sentire perfettamente la conformazione della testa. La agguanto
e cerco di portarla verso di me, facilitarle l'uscita.
E ci siamo, la vedo. Ora, o mai pi. Giro il bastone e lo agguanto saldamente
con tutte e due le mani come se fosse un manubrio. Conficco i piedi sul terreno e
comincio a tirare. Il musino esce di poco, vorrei esultare, ma so che sarebbe
prematuro. Mai cantare vittoria prima che il cucciolo sia fuori dalla madre.
Cristo per, che fatica. La mia gola, dallo sforzo, emette dei suoni che hanno
ben poco di femminile.
Forza, cazzo! mi esce rabbiosamente.
Jordan... Mike si avvicina pulendosi le mani ai jeans.
Non azzardarti! ringhio. Ce la faccio. Ce la faccio, cazzo!! Ma mento. Sento
che sto per crollare. Ho il corpo indolenzito e mi fa male tutto. Tutto. Non avrei
nemmeno la forza di gonfiare uno stupido palloncino, adesso.
Stai zitta per una volta! Sgrano gli occhi davanti al suo tono perentorio. Mike si
sta piazzando dietro di me. Le sue mani impugnano il bastone alle estremit con
decisione. Allarga le gambe e si piega dietro di me. Sento il suo fiato sul collo, le sue
braccia che mi circondano e i muscoli delle sue cosce che premono sulle mie. E sento
la sua forza farsi spazio, alleviando la mia fatica.
Ora ce la fai. Andiamo Jordan, non possiamo stare qui tutta la notte. E
nemmeno lui pu stare l dentro altro tempo.
Ha ragione, ha dannatamente ragione. Ora s, con il suo aiuto, posso farcela.
Anche se non lo ammetter mai davanti a lui.
Tiriamo insieme, all'unisono e per un breve istante la mia testa non l, non in
quella stalla puzzolente che sa di sterco, altrove. nelle sue mani cos vicine alle
mie, nei suoi avambracci resi gonfi dallo sforzo, nei suoi muscoli che sento tesi intorno
al mio corpo, in una sorta di abbraccio istintivo, primordiale e animalesco. E mi
chiedo: perch? Perch devo avvertire tutto questo?
Non so darmi una risposta. Anzi, come sempre la risposta la so, ma non voglio
ascoltarla, come una bambina capricciosa che si tappa le orecchie e urla LA LA LA
LA!!!.
Ma ecco che ci siamo, ci siamo quasi.
Su, dottoressa, mi sussurra in un orecchio, non vorrai cedere proprio adesso.
la parte che preferisco. Mentre parla, il suo viso reso ruvido dalla barba incolta, mi
gratta prima il collo, poi la guancia e rimane l, incollato su di me. Ancora il suo
fiato con il mio, e le nostre bocche che per pochi centimetri non si toccano, in una
estenuante danza del tira e molla.
All'improvviso la presa si allenta e ci trova totalmente impreparati. Il vitellino

guizza fuori mentre noi, ormai senza appiglio, cadiamo all'indietro l'una sull'altro.
Devo essere onesta, vista da fuori una scena patetica, di quelle che ho sempre
odiato anche in tiv nei film sentimentali. Mi son sempre detta che io non sarei mai
potuta 'inciampare' per caso addosso a un uomo in maniera cos ridicola. E ora mi
ritrovo sdraiata su di lui, con le mani poggiate sul suo petto ad ansimare come una
ninfomane.
Wow. Come inizio non c' male, dottoressa, mormora scarruffandosi i capelli.
Scatto in piedi come una molla, pulendomi le mani su dei jeans cos sporchi che
stento a ricordare anche il colore originale. Lui non da meno. Abbiamo macchie
ovunque, che preferisco al momento non identificare.
Credo che, vista la situazione, io debba dire qualcosa Be' s
insomma...grazie. Che fatica dirlo. Che fatica. Probabilmente senza di te...non ce
l'avrei mai fatta.
Lui si porta una mano dietro un orecchio Ho sentito bene? L'hai detto? Era
davvero un 'grazie del tuo aiuto'?
Lo guardo truce Donovan, non farmi pentire delle mie parole.
Effettivamente avevi iniziato bene, non c' che dire, borbotta alzandosi in
piedi e scuotendosi del fieno dai pantaloni.
Per non controbattere mi dedico al vitellino poi esco a chiamare il signor Hoper.
Al mio ritorno trovo Mike ad aspettarmi fuori dalla stalla con una mano ficcata
nella tasca dei jeans e con l'altra che regge la mia borsa. Me la allunga. Finito per
stanotte?
Lo spero. Prendo il cellulare per controllare: non ci sono chiamate. S, per ora
s.
Affloscio esausta le spalle e all'improvviso la stanchezza mi devasta. Arriva tutta
insieme, come se, fino ad ora, avessi trattenuto chiss che cosa. L'adrenalina sta
scemando e mi sento addosso un intorpidimento sia fisico che mentale che mi fa
desiderare una doccia calda e un letto, al pi presto.
Vieni a farti una doccia, mi dice voltandomi le spalle e incamminandosi verso
casa sua.
Che cosa? Legge anche nel pensiero, adesso? O me lo sono sognato? Non pu
avermi fatto una proposta del genere.
Temo di non aver capito, replico trotterellandogli dietro.
Lui si ferma, indica la sua abitazione e ripete Vieni a farti una doccia.
La mia faccia probabilmente ha assunto un'espressione non troppo chiara,
perch lui ci tiene a precisare Non vorrai andare a casa in queste condizioni.
Guardaci, allarga le braccia su di s. Puzziamo come due maiali. Ti fai una doccia,
poi te ne vai. Che c' di strano?
A parte che ti conosco in maniera approssimativa? Che non so quasi nulla di te?
Che fino a pochi minuti fa ero abbracciata anche se involontariamente, certo a
te, quindi a un uomo, dopo quasi un anno?
Per l'idea di una doccia bollente mi allieta talmente tanto che riesco quasi a
sentire il suono delle campane, anche se una parte di me non vuole dargli ragione n
crede che sia una buona idea, per i motivi di cui sopra
Rimango l imbambolata, indecisa sul da farsi. Lui ha gi raggiunto la porta, la
apre e si appoggia allo stipite.

Mrs O'Neill, sappi che non ho mai pregato una donna, per nessun motivo.
Figuriamoci se inizio adesso. Mi sembrava solo la cosa pi logica da fare, viste le
condizioni. Va' pure, se lo desideri.
Sta per chiudere la porta quando mi sento dire: Okay. Vada per la doccia.

19
Ho ceduto. Lo so che va oltre ogni ragionevolezza. Sono entrata in silenzio, quasi
a capo chino, pentendomi a ogni secondo che passava. E adesso, mentre mi guardo
intorno, sento Mike che apre ante e cassetti due stanze pi in l. C' qualcosa di
strano, come se non conoscesse bene la casa in cui vive. Una casa con un tocco un
po' retr, devo dire.
Questi dovrebbero andare bene. Torna da me e mi mette in mano degli
asciugamani. Non ho un accappatoio. Almeno, non l'ho trovato.
Mike, comincio cercando di essere pi garbata possibile ma...tu non abiti
qui? Sono un po' confusa.
una storia lunga e merita di essere raccontata bene. Guarda l'orologio e si
dirige in una piccola cucina. Sono quasi le sei e dopo questa nottata io avrei anche
fame, quindi propongo doccia e colazione. Come ti piacciono le uova?
Io stento a credere che stiamo avendo un dialogo del genere. Lo conosco da
poco e gi faccio la doccia a casa sua, mi preparer delle uova e mi racconter la
storia della sua vita. Il bello che per lui tutto naturale, come se ospitasse
veterinarie lerce in casa sua una mattina s e una pure. Cerco di scorgere tra
l'arredamento qualcosa che mi riconduca a una presenza femminile e sorpresa mi
rendo conto che s, c', ma sono oggetti e ammennicoli che potrebbero appartenere
a sua madre. Nessuna donna della mia et lascerebbe quelle tende alla finestra o
questi soprammobili da rigattiere. L'unica cosa che apprezzo in questa cucina il
camino angolare. Un mio sogno che temo rimarr tale.
Strapazzate, rispondo non sapendo ancora bene in cosa mi sto addentrando.
Bene. Il bagno grande l'ultima porta in fondo. Io user quello piccolo, dice
aprendo il frigo e controllandone il contenuto. Per, nonostante conosca poco
l'abitazione, si muove in cucina con una certa pratica. Lo immagino cenare la sera
da solo, magari sulla poltrona coi piedi sul tavolino e due lattine sparse sul tappeto.
E mi faccio domande tipo: chiss qual il suo piatto preferito? Sar un fanatico del
rugby o amante dell'ippica? Lascia i calzini in fondo al letto o un maniaco
dell'ordine? divorziato, vedovo o si sta prendendo una pausa di riflessione e
rischiamo di veder spuntare una donna da un momento all'altro da quella porta?
Jordan.
Mi desto dai miei pensieri e lo fisso S?
La doccia, mi ricorda, indicando il corridoio.
Ah s, certo.
Mi dirigo in bagno mentre penso che la devo piantare di farmi troppe
domande. Tanto mi faccio una doccia in una casa in cui non metter pi piede, far
la prima e ultima colazione con uno psichiatra e poi ciao. Adieu. Non ci vedremo
pi. A meno che non impazzisca di brutto e me lo ritrovi a curarmi in un centro di
igiene mentale.
Apro la porta di quello che sembra una piscina pi che un bagno. Ampio,
luminoso, con piccole piastrelle moderne e colorate che cozzano con il resto

dell'arredamento.
Chiudo la porta e giro la chiave.
Cazzo. Mi sono chiusa dentro come se fossi una bimbetta in casa dell'uomo nero.
Non solo passo da insicura e infantile, ma se mi ha sentito molto offensivo nei suoi
riguardi. Siamo adulti, no?
Click. La riapro. E questa volta il suono riecheggia chiaro e nitido. Dio, che figura
di merda. Per un momento, quest'uomo non lo conosco bene, potrebbe davvero
irrompere in questa stanza e...Click. Richiudo. Click. Apro di nuovo. Fanculo. L'ultima
cosa che voglio che pensi che abbia paura di lui.
Problemi con la serratura? La sua voce al di l della porta mi fa sussultare.
No! mi affretto a rispondere che cos diversa dalla mia...Grazie.
Lo sento allontanarsi e mi batto il palmo sulla fronte. Stupida idiota!
Mi spoglio in fretta e mi getto in doccia. Mi friziono con vigore, vorrei fare presto,
ma mi lascio coccolare dal getto caldo che mi scivola addosso come un balsamo per
l'anima. Sento i muscoli che si rilassano, il collo che si distende e la testa che si svuota
di ogni pressione. Non so quanto sono stata sotto l'acqua bollente, ma a vedere la
quantit di vapore nella stanza direi parecchio.
Esco dalla doccia arrotolandomi un asciugamano a turbante sulla testa, mentre
un altro, un po' pi grande, me lo avvolgo intorno al corpo.
Non lo voglio ammettere ma questa doccia mi ha rimesso al mondo.
Bene.
Dovrei uscire adesso.
Guardo il mucchio di vestiti che ho gettato in terra e mi rendo conto che potrei
indossare di nuovo solo le mutandine. Il resto veramente sporco e puzzolente.
Rimango un po' l, indecisa sul da farsi, e poi mi muovo: non ho scelta.
Apro piano la porta e mi dirigo a piedi nudi in cucina da dove sento provenire
un buon profumo di bacon. Mike sta distribuendo qualcosa di appetitoso in due
piatti. Ha i capelli umidi, si sbarbato e indossa dei jeans scoloriti e una polo color
sabbia che gli fascia i muscoli delle braccia. quasi pronto, annuncia voltandosi
appena. Poi riporta lo sguardo su di me, soffermandosi all'altezza dei seni per poi
scendere sulle mie gambe lasciate scoperte.
Vuoi...vuoi fare colazione cos? mi chiede, indicando questo metro di spugna
che ho indosso.
Non ho alternative. I miei vestiti puzzano di sterco e di chiss cos'altro, mi
giustifico.
Se vuoi posso darti dei vestiti, magari una camicia.
Credo che sarebbe meglio, s. A dire il vero non che mi senta proprio a mio
agio in queste condizioni.
Bene. Mi passa accanto soffermandosi giusto il tempo per scoccarmi
un'occhiata dall'alto in basso. Il suo sguardo indugia sul mio corpo e mi pare di
scorgere un lampo malizioso nei suoi occhi che, riconosco con fastidio, il mio corpo
ricambia con un fremito. Ma il tempo di decifrarlo e lui gi sparito in un'altra
stanza.
Credo di avere le guance in fiamme come una scolaretta al suo primo
appuntamento e non lo tollero. Io non arrossisco mai. Mai! Mi do della stupida e me
lo ripeto come un mantra. Il mio cervello, a quanto pare, non riesce a controllare il

corpo che, soprattutto davanti a quest'uomo, sembra manifestare una volont


propria. Come adesso che, nonostante mi ripeta in continuazione che Mike mi lascia
indifferente, mi sento i capezzoli ritti sotto l'asciugamano. Dannazione.
Lo vedo tornare con in mano una camicia bianca da uomo gi spiegata
Questa dovrebbe coprirti il giusto. Me la mette tra le mani, mi sorpassa e si rimette
a trafficare in cucina.

Il giusto un parolone, constato davanti allo specchio del bagno. La camicia mi


arriva appena a met coscia, lasciando completamente scoperte le gambe e il
cotone fine quel tanto che basta a lasciar intravedere i seni. Incurvo le spalle e me
la allento sul davanti. Ringraziando Dio, non mi sta aderente, senn tanto valeva
uscire nuda. Indosso le mutandine, tolgo il turbante dalla testa, lascio ricadere i
capelli e torno in cucina sentendo le punte che mi bagnano le spalle. Forse dovrei
asciugarli, ma onestamente adesso ho troppa fame per occuparmi della mia
criniera.
In tavola tutto pronto: uova strapazzate, bacon, burro, marmellata, del succo
di frutta e pure del caff. Il tostapane sul ripiano della cucina emette un ronzio
come se stesse per scoppiare da un momento all'altro. All'improvviso, con uno
schiocco sinistro, fa saltare all'aria due fette di pane. Altre gi giacciono impilate in
un piccolo vassoio marrone.
Siediti. Mike mi indica una sedia davanti a s. La tavola apparecchiata in
modo semplice e approssimativo come si addice a un uomo del genere. Mi sarei
sorpresa nel vederlo piegare con cura dei tovagliolini fioriti o mettere in tavola un set
di tazze coordinato. Il fatto che non si senta in dovere di fare bella figura,
sorprendendomi, mi fa allentare la tensione.
Mangia, mi invita con un sorriso. Agguanto una fetta di pane caldo, ci spalmo
della marmellata e vedo che sta albeggiando. Un cielo quasi rosa, striato di turchese,
fa capolino attraverso la finestra sopra il lavello. Se non fosse per quelle orride tende
ai lati, potrebbe sembrare un quadro astratto.
Mi avevi promesso una lunga storia, gli ricordo, addentando il pane. Il mio
stomaco intanto ringrazia, non mi ero resa conto fino ad ora di avere una fame da
lupi. Ti ascolto.
Questa casa non mia. del dottor Harris, comincia, dopo aver bevuto un
sorso di caff. Il defunto dottor Harris, si corregge. Mi lascia il tempo di pensare se lo
conoscessi, ma non dico niente a riguardo.
successo di recente? chiedo invece.
Sei mesi fa. James e Grace Harris erano grandi amici di famiglia. Brave
persone. Lui e mio padre avevano fatto la stessa universit a Galway, poi mio padre
si trasfer a Boston, negli Stati Uniti, grazie a una borsa di studio in psicologia.
Conobbe mia madre e ci rimase in pianta stabile. Io e mia sorella siamo nati l, ma
spesso tornavamo nella terra di mio padre. Ho passato qui qualche estate da
ragazzo, ma erano mesi che non mettevo piede in questa casa. Grace l'ha dovuta
lasciare per problemi di salute, ora come ora anche inferma su una sedia a rotelle
per una caviglia slogata. Negli ultimi tempi ci siamo sentiti spesso per telefono, fuso

orario permettendo, e non sono mai riuscito a convincerla a farsi un computer e ad


imparare a usare skype, anche se ora mi ha confidato che ci sta provando. Sorride
al pensiero della donna e ho la sensazione che le sia molto affezionato.
Quindi...sei qui per una vacanza? chiedo con noncuranza. Non che la cosa mi
interessi, sia chiaro.
Pi o meno, risponde finendo in un sol boccone il bacon. Sto sondando il
terreno. Intanto sono qui per un progetto sulla psichiatria infantile a cui tengo
molto.
Interessante. E...operi nella clinica dove ci siamo incontrati, anzi scontrati giorni
fa? Se fosse cos devo guardarmi le spalle nei giorni a venire.
Non proprio, mi stato gentilmente concesso di poter accedere agli archivi e
ad alcune attrezzature della struttura.
Non si sbottona pi di tanto, come se qualcosa lo frenasse.
Quindi niente riposo... butto l con noncuranza.
Diciamo che cerco di far combaciare il lavoro con un po' di relax. E ti dir: non
mi dispiacerebbe in futuro trasferirmi da queste parti e magari aprire uno studio a
Dublino.
Ah. Qualcosa mi dice che sta scappando da qualcosa. O da qualcuno.
Tutto qua? Il tuo commento ai miei progetti si riassume in un ah?
Be', se quello che vuoi, io ho ben poco da dire, ammetto.
Pensavo tu esclamassi 'Per carit!Tornatene in America, cos non rischio di
incontrarti di nuovo!' Stai perdendo smalto, dottoressa, mi canzona con un sorriso
aperto.
vero. Mi mancata la solita battuta sagace. Il bello che non che non l'ho
voluta formulare, che proprio non mi venuta spontanea. Non buon segno,
Jordan, proprio no.
Prendo un'altra fetta di pane tostato, lo imburro e ci spalmo con foga una
grossa quantit di marmellata. Troppa marmellata. Infatti la maggior parte cade
malamente sul tavolo. Bene. Mi sono imbrattata la mano come un bimbo di tre
anni sorpreso a mangiare melassa di nascosto.
Allora, dottoressa, contenta dell'esito della visita? mi fa, cambiando tono. Lo
ringrazio mentalmente per aver spostato il discorso su qualcosa di pi neutro come il
lavoro.
Mmh... mi lecco le dita piene di marmellata, poi mi blocco di colpo quando
vedo che lui mi sta fissando. S! mi affretto a rispondere. andato tutto okay, no?
Mi passi ancora del burro? E anche del bacon. Grazie. Non solo ho fame, ma sto
cercando di deviare la sua attenzione che pare abbia deciso di spostare su di me.
Lui ride, mi passa un piattino e scuote la testa. Non ho mai conosciuto una
donna che a colazione mangia cos.
Cos come? bofonchio.
Cos tanto e con appetito. Ma dove le metti tutte queste calorie?
Metabolismo, sentenzio a bocca piena, cercando almeno di non sputare. Un
fantastico metabolismo.
Sei fortunata. Niente dieta, dunque.
Chi io? Ma sei impazzito? mi ritrovo a sorridere. Il cibo il secondo piacere
della vita! mi scappa prima che possa fermarmi.

E il primo qual ? mi domanda socchiudendo gli occhi.


Me la sono voluta.
il sesso, Donovan. Non lo sapevi?
Lui scoppia in una risata e sbatte il tovagliolo sul tavolo un piacere fare
colazione con te, dottoressa. Lo dice in un modo cos delicato che quasi mi lusinga.
Mio malgrado rido anche io e sto al gioco Oh, non la penserai cos quando ti
avr spolverato qualsiasi cosa commestibile presente su questo tavolo.
Fa pure, adoro le donne voraci.
Faccio finta di nulla e continuo Non solo ti lascer con i crampi per la fame ma
scapper appena avr finito di mangiare anche l'ultima briciola, lasciandoti anche i
piatti sporchi nel lavello e i miei abiti pieni di sterco in bagno. Bevo del succo e gli
sorrido da sopra il bicchiere. Non so cosa sia, forse la doccia calda, forse lo stomaco
placato, ma adesso come adesso mi sento leggera, come se avessi abbassato la
guardia, ma non davanti al nemico, bens davanti a qualcosa che mi fa stare bene e
del quale, in qualche modo, voglio nutrirmi.
Sono abituato a condividere panni sporchi e piatti nel lavello. Sono stato
sposato una volta.
Ecco il nocciolo della questione. Mi asciugo le labbra a un tovagliolo di carta e
appoggio delicatamente il bicchiere sul tavolo.
E poi cosa successo? chiedo cercando di non essere indelicata.
Non ha funzionato, risponde versandosi del caff. Semplicemente.
Non c' nulla di semplice in qualcosa che non funziona.
Mike serra impercettibilmente la mascella C'erano sempre stati dei segnali, sai?
Ma li avevo ignorati. Noi uomini lo facciamo spesso. Per una comodit che
paghiamo cara.
I segnali. Quanti ne ho ignorati nel mio matrimonio? Una valanga. Un' immensa
valanga, che non ha fatto altro che ingrandirsi e portare con s una devastazione
ancora pi grande. Fossi stata capace non dico di evitarla, ma almeno di arginarla,
frenarla, a quest'ora forse non mi sentirei di aver condiviso i miei anni pi belli con
l'uomo sbagliato.
Forse, con Mike, ho pi cose in comune di quanto credessi. Rimango in silenzio
domandandomi come mai lui non chiede di me, della mia vita e del perch io non
nomini mai almeno un uomo, un fidanzato, un marito che mi reclama a casa. E la
cosa che mi sciocca constatare che vorrei che me lo chiedesse.
Io sono vedova.
La spar l, nuda e cruda, come una notizia di cronaca nera.
Lo so.
Lo sai? domando incredula. Ma prima che abbia il tempo di domandargli il
perch, lui continua La tua amica Nora, gi al pub, mi ha accennato qualcosa.
Serro le mascelle Qualcosa, quanto? gli chiedo mimando le virgolette. Non mi
piace questa storia. So che non c' niente di male a dire che sono vedova, ma chiss
perch saperli a parlare di me mi disturba. E da quando in qua, Nora, si messa a
raccontare i cazzi miei ai clienti occasionali?
Non troppo, a dire il vero. Ma quel tanto che basta per inquadrarti, mormora
allungando le gambe sotto il tavolo e sporgendosi all'indietro per guardarmi meglio.
Ah gi, a volte dimentico che sei uno psichiatra, replico secca. Il mio tono

diverso, me ne rendo conto, ma una punta di fastidio si fa spazio nella mia testa,
mettendomi in allarme. Io pago gi un analista e non ho certo bisogno di qualcun
altro che mi faccia le pulci su qualsiasi cosa dica.
Non ti sto analizzando, dottoressa, se quello che pensi.
Per cazzo, la sua capacit di leggermi nel pensiero allucinante. Rimango
zitta, a questo punto a che serve parlare? La solerte Nora probabilmente gli ha gi
raccontato quello che c' da sapere, non senza tralasciare particolari ridicoli e
imbarazzanti di quando eravamo ragazzine. Magari mentre gli offriva una birra e
una vaschetta di noccioline. Me li immagino ridere insieme di sciocchezze o sentirsi
complici su qualcosa che mi riguarda. Dio, in questo momento la ucciderei. E mi
pento di essermi esposta con lui, che potrebbe benissimo dirmi cose inutili del tipo Mi
dispiace. Capisco come ti senti. orribile, sei cos giovane.
Ma lui non lo fa e mi chiedo che quadro si sia fatto della situazione. Gli faccio
pena? per quello che mi ha seguito nella stalla prodigandosi nell'aiutarmi? per
quello che mi ha offerto una doccia, una colazione e una camicia pulita? Sembro
cos disperata, sola, vulnerabile, bisognosa di aiuto? Cos dannatamente fragile?
Sento che qualcosa si incrinato. Devo andarmene. Mi alzo da tavola stirando
con le mani i bordi della camicia.
Grazie di tutto. E buona fortuna per i tuoi progetti, Donovan, dico secca
dirigendomi in corridoio. Lo sento allontanare la sedia e fare qualche passo Non
scomodarti. So dov' l'uscita.
Jordan. Mi chiama ma io non mi fermo. Improvvisamente sento l'urgenza
impellente di lasciare questa casa. Mi catapulto in bagno e comincio a raccogliere
alla rinfusa i miei abiti. Impreco mentre mi infilo i jeans sporchi e gli stivali. La cosa
che non sopporto che sto scappando di nuovo. Ancora e ancora. Potevo affrontare
l'argomento, invece no, pi facile scappare, anche davanti a un uomo che ora mi
sta fissando, imperturbabile, sulla porta del bagno.
Spiegami perch scappi, mormora con un tono di voce col quale si
rivolgerebbe a un bambino. Comincia a darmi sui nervi la sua calma.
Io non ti spiego un bel niente. E non sto scappando, chiaro? ribatto furiosa
tirandomi su di scatto e avvertendo un lieve giramento di testa.
E allora dimmi perch te ne vai di tutta fretta.
Non lo ascolto. O meglio: lo ascolto ma faccio finta di non sentire. Raccatto il
mio reggiseno, chiedendomi se sia il caso di indossare di nuovo anche la mia maglia,
ma lascio perdere. Al diavolo la camicia, me la porto via e poi la restituir. Anzi no,
la brucer.
Jordan, voglio capire. Ho detto o fatto qualcosa che ti ha turbato? Hai
qualcosa da chiarire con me?
Niente. Non ribatto. Che pensi quello che vuole.
Dannazione, Jordan! batte un pugno allo stipite della porta, cos violento che
mi fa sussultare. I suoi occhi dardeggiano quando li pianta nei miei, esigendo delle
risposte. A quanto pare anche Mr tranquillit pu perdere la pazienza. Bene, un
punto a mio favore. Avanzo di qualche passo, giusto quei tre o quattro per essergli
cos vicina da sentire l'aroma della sua colonia. Lo sfido alzando il mento e
avvicinandomi ancora. Posso sentire il suo respiro accelerato e il calore che emana il
suo corpo. Senza distogliere lo sguardo, sibilo Fattelo dire dalla tua nuova amica

Nora, cosa che mi turba.


stato pi forte di me.
Per tutta risposta lui mi prende per la nuca e mi attira a s, imprigionandomi
tra lui e la porta. La gelosia non ti si addice, dottoressa, sussurra sulle mie labbra.
Si avvicina pericolosamente e io, anche se sono partita in quarta, sento le gambe
vacillare. E poi mi bacia. Un bacio deciso, violento, carico di parole e di risposte
pretese e mai arrivate. Un bacio che mi lascia stordita, senza fiato. Mi impongo di
rimanere immobile, di non lasciarmi sopraffare da quello che sento, da quello che
provo. Non mi divincolo, non scappo, questo bacio non me lo aspettavo, ma non ho
fatto nulla per impedirlo. Sarei potuta fuggire pi velocemente, piantarlo in asso in
quella cucina con le tende bruttissime e che odora ancora di bacon. Andare via
veloce, come ho sempre fatto quando le situazioni si facevano scomode. Ma questa
volta ho indugiato quel tanto che bastato per farmi incastrare. Qualcosa, dentro di
me, non voleva farlo. E le nostre lingue che si stanno rincorrendo ne sono la prova.
Faccio una fatica terribile a non toccarlo e quando penso di non poter pi
resistere, lui si stacca lentamente.
Rimane a fissarmi con uno sguardo profondo che pare trapassarmi l'anima.
Vaffanculo, Donovan, sibilo a muso duro. Non penser mica di avermi in
pugno. Non creder che sia una donnicciola bisognosa di una scopata, per calmare la
sua, come vogliamo chiamarla, acidit? Non penser che sia cos disperata?
Mi sciolgo dalla sua presa con un moto di stizza e mi avvio alla porta.
Di ciao alla tua camicia. Stasera brucer nel camino insieme alla torba.

20
Sai quanto me ne pu importare di quella camicia? disse Mike tra s e s,
vedendola allontanare a passo deciso verso la porta. Il mento in alto, lo sguardo
fiero e le falcate decise, la facevano sembrare una donna forte, pragmatica e decisa.
Ma bastava un niente, secondo lui, per far crollare questo muro severo che si era
creata intorno. Si aspett che sbattesse la porta, e infatti cos fece. I vetri tremarono
in un suono cristallino che riecheggi per tutta casa.
Non si era immaginato questo finale. A dire il vero aveva sperato di passare la
mattina con lei, e dopo averla sentita profumata di fresco, e visto quei dannati
capelli rossi e le lunghe gambe nude, con quella sensualit che probabilmente lei
stessa ignorava, aveva pensato di passare la mattina anche dentro di lei. Senza
perdere tempo, l, in quella cucina, sparecchiando con un sol gesto la tavola. Una
sensazione che lo aveva colto di sorpresa e del tutto impreparato. Qualcosa che lo
aveva attraversato come una scarica che alla fine si era concentrata violentemente
nei pantaloni. Aveva cercato, forse con poco successo, di dissimulare cosa stava
accadendo, ma non aveva potuto farci niente. Aveva conosciuto molte donne, alcune
delle quali molto pi belle e attraenti di Jordan, ma nessuna lo aveva mai intrigato
cos. Forse perch, nonostante ne avesse tutto il diritto, non elemosinava aiuto,
appoggio o comprensione. Non si atteggiava, non flirtava, non si piangeva addosso,
ed era scevra da qualsiasi gesto di autocommiserazione, tanto caro ad alcune donne.
Probabilmente aveva sempre lottato e ancora non si era arresa; anzi, le asperit che
la vita le aveva messo davanti l'avevano resa ancora pi forte, disillusa e
disincantata. L'aggressivit che dimostrava non era altro che la sua arma di difesa.
Attaccava per non essere attaccata per prima, come un cane che ringhia per farti
paura perch sa che inferiore rispetto a chi ha davanti. Tuttavia, se incitato alla
lotta, questo cane non fuggirebbe con la coda tra le gambe spaventato, ma ti
attaccherebbe alla giugulare ben sapendo di rischiare la morte. Questa una che
non molla l'osso, pens Mike. E sarebbe un bel caso da analizzare. Invece se l'era
lasciata sfuggire, reo di aver confessato di conoscere il suo passato. Si maled per
averle mentito, ma gli era sembrata la cosa pi giusta da fare. Era davvero troppo
presto per svelarle la verit.

21
La camicia poi non l'ho bruciata. Non sono una donna di parola, lo so. Me la
sono tolta con stizza, l'ho gettata a terra, ma alla fine l'ho pure raccolta e buttata su
una sedia.
E sono pure bugiarda perch mi sto ripetendo da tre giorni che il bacio mi ha
lasciato del tutto indifferente. S, come no. Come potrebbe lasciarmi indifferente un
tornado che si abbattesse sulla mia casa. Infatti stato per certi versi...devastante. E
ora sono qui a raccogliere le macerie dei miei sentimenti e delle mie sensazioni a
riguardo. Ed stato solo un bacio, pensa un po' a come stai messa, mi dico. Da
una parte non avrei dovuto cedere, perch -Cristo s,- ho ceduto e c' mancato poco
cos che non gli gettassi le braccia al collo. Dall'altra stato uno dei pochi momenti in
cui mi sono lasciata andare, in cui il cuore ha dato un ceffone al cervello gridandogli
'Stai zitto una buona volta!'.
Non so se ho fatto bene. Non so cosa succeder. Non so se e come quando lo
rivedr, in che frangente e mi domando se sia il caso di cambiare pub visto e
considerato che c' un grosso rischio che lo trovi l.
E, nel caso, ci ritroveremmo a scrutarci da lontano facendo finta che non sia
successo niente, facendo finta di non esserci scambiati qualcosa di intimo come un
bacio, facendo finta che sia stato un errore. E potrebbe finire cos, con la mia
patetica quanto infantile scenata di gelosia nei confronti di Nora a tenermi
compagnia. Scenata per la quale mi darei una martellata sugli alluci e di cui mi
vergogno. Non dovevo pensarlo, n tanto meno dirlo, soprattutto perch conosco
Nora da una vita e non merita di essere al centro dei miei vaneggiamenti
sentimentali, solo perch si permessa di dire la pura verit.
Ho bisogno di sentirla, ora. Come se la sua voce potesse lenire questo fastidio che
provo per averla tirata in ballo ingiustamente. E per mettere le mani avanti nel caso
Mike le dicesse qualcosa sulla mia reazione. Nora non se lo merita.
Dio, quanto mi sento stronza.
Mentre aspetto l'appuntamento delle sedici e trenta, agguanto il telefono e
digito il suo numero. Il cellulare squilla a vuoto. Provo al Red Lion, dove dopo cinque
squilli la voce di Frank rimbomba nell'apparecchio. Nora non l e Non ho idea di
dove diavolo sia!, parole sue.
Dopo dieci minuti eccola che appare sul display.
Mi hai cercato? chiede, con la sua inconfondibile voce premurosa.
S, mi chiedevo se hai tempo per un caff. un po' che non ci facciamo due
chiacchiere, io e te. Cerco di essere pi naturale possibile ma la mia voce tradisce un
disagio che, fortunatamente, a Nora pare sfuggire. Mi sento in imbarazzo,
quell'imbarazzo strisciante di chi sa che ha commesso un errore per impulsivit, per
poi pentirsi. E mi sento in colpa, io non me la merito come amica, lo sostengo da una
vita.
Quando possiamo vederci? Adesso sei libera?
No, ammetto a malincuore. Aspetto un meticcio per un'iniezione tra dieci

minuti, a dire il vero. Ma va be', magari facciamo un altro giorno...


Nora deve aver avvertito che c' qualcosa che non va perch mi chiede: Va
tutto bene?
S, certo. Tutto bene, mento.
Non devo essere molto convincente perch due secondi dopo mi propone: Passo
in ambulatorio tra un'ora, massimo un'ora e mezza. Vedi di tenerti liberi dieci
minuti tra un coniglio nano e un pesce rosso. Il tempo di un caff, insomma.
Ok, annuisco facendo il primo sorriso della giornata.
Ah, il caff, ovviamente, lo porto io.
Ho deciso, la sorella che ho sempre desiderato avere.
Quando la vedo varcare la soglia dell'ambulatorio, con un sacchetto bianco in
una mano e due bicchieri di carta in equilibrio precario nell'altra, il mio disagio
svanisce. bastato vederla per riconoscere la mia Nora. strano come alcune
congetture, alcuni pensieri riguardanti una persona, si facciano spazio con
prepotenza nella nostra testa per essere poi spazzati via con la stessa violenza, nel
momento stesso in cui questa persona ci rivolge un sorriso come quello che Nora mi
sta dedicando. Cos carico di affetto e amicizia che mi conferma che ho fatto bene a
chiamarla. Ci baciamo e ci abbracciamo come se non ci vedessimo da settimane.
Quanto tempo hai? mi chiede, poggiando il sacchetto sul tavolo basso delle
riviste.
Guardo l'orologio: Mezz'ora. Forse un'ora se la signora Doherty ritarda come
suo solito.
Nora mi guarda alzando un sopracciglio: Ma la Doherty che quattro anni fa ha
partorito tre gemelli e ora ne aspetta altri due?
Annuisco: Esattamente quella.
Nora continua imperterrita E ha anche il coraggio di possedere un animale?
Con tutto quel da fare?
Una coppia di springer spaniel, due criceti, un porcellino d'india, mezza dozzina
di oche, e un numero imprecisato e altamente variabile di altri animali da fattoria,
per la precisione. S, ammetto, effettivamente ci vuole coraggio.
Ci vuole pi coraggio a farsi mettere incinta da suo marito, non credi? No, dico,
ma hai visto quanto brutto?
Piantala di fare pettegolezzi e dimmi cosa hai nel sacchetto! Ridendo, glielo
strappo di mano e alla vista dei brownies al cioccolato mi ritrovo letteralmente
l'acquolina in bocca.
Come stai, cocca? Nora prima mi accarezza una guancia poi si accomoda su
una sedia della sala d'attesa. Possiamo stare anche qui, vero? Il tuo ambulatorio mi
mette ansia, non lo sapevi?
La prima risposta bene. La seconda s. La terza no, non lo sapevo. Non
me lo hai mai detto.
Mmh... Nora ficca in bocca un brownie. ...Mmh....forse te l'ho accennato una
volta. Non mi piace, con tutti quegli attrezzi, quella roba da dottori e poi quella
puzza...come fai a sopportarla?
Ci sono abituata.
Mi fa venire in mente l'ospedale, e ammetterai che non un bel ricordo.

Penso al bambino che ha perso e ai giorni che ha passato in clinica: No, non
un bel ricordo, ma il semplice odore del disinfettante, ci si fa l'abitudine. Si fa
l'abitudine a tutto.
D'un tratto ci incupiamo. Ma solo un attimo, poi Nora, come per scacciare un
insetto molesto, agita la mano, guarda fuori dalla finestra e butta l: Ma il tuo
ragazzino dov'? Pensavo di trovarlo qui.
Billy? Effettivamente sono un po' di giorni che non lo vedo.
A lui s che piace la tua stanza degli orrori.
Non la stanza degli orrori!
Ah be', punti di vista. Mi sorride agitando il bicchiere. Poi continua: Ti vedo
bene, e questa tua chiamata mi ha fatto molto piacere. Di, dimmi il vero motivo
del tuo invito: qualche pettegolezzo? Hai ceduto finalmente alle avances di Derry? O
qualcuno, magari straniero, degno di nota all'orizzonte? Mi strizza l'occhio con fare
complice e io mi sento avvampare. Mi siedo senza ancora aver toccato un brownie e
mi domando se sia il caso di metterla al corrente degli sviluppi dell'ultima
settimana.
Decido di non sbottonarmi pi di tanto.
Cosa sai del forestiero? domando, cercando di essere pi naturale possibile.
Mike? Forse dovrei chiedertelo io visto che lo frequenti.
Non lo sto frequentando, mi difendo.
A me pare il contrario. Vi siete visti pi di una volta, o sbaglio?
S, ma sono sempre stati incontri fortuiti, dovuti al caso.
Lo sai cosa penso al riguardo e, fino a quando? due settimane fa? Anche tu la
pensavi allo stesso modo. Il caso, il destino, il fato, recita con enfasi sollevando lo
sguardo e agitando le braccia. Sono delle grandissime cazzate che ci propinano
come palliativi alle cose spiacevoli che ci succedono. Anche se penso che di Mike si
possa dire tutto tranne che sia spiacevole.
Scuoto la testa pur condividendo ogni singola parola: Un applauso alla tua
performance sul fato, ma non mi hai risposto, constato sorridendo.
Grazie, ho sempre avuto velleit di recitazione, incomprese dai pi, per
sfortuna. Ma, aspetta un attimo: mi hai fatto venire fin qui per avere informazioni
sull'americano? E io che pensavo volessi vedere me! Mi tira un tovagliolino
accartocciato che io scanso a malapena quasi rovesciandomi il caff addosso.
A parte gli scherzi, continua, vi siete visti? Com'?
Com' chi?
Mia nonna! Come chi, Mike!
Ah lui...be' s, alto, moro...con una certa propensione all'ironia, e una cicatrice
sullo zigomo sinistro... adesso sono io che parlo con enfasi facendo finta di sventolare
un ventaglio come una damina pudica dell'Ottocento.
Cretina.
Scema.
Idiota.
Per il caff buono. Grazie.
Non cambiare discorso. Vi ho visti insieme e mi sembra che ci sia un certo
feeling, no? chiede, pulendosi la bocca con un fazzolettino trovato in borsa.
Fatti vedere da un oculista, perch ci vedi male. E mi domando quanto

abbiano influito le parole di Nora nei miei confronti, quando ha parlato con Mike.
Dall'accanimento che dimostra adesso, dubito che non gli abbia detto anche il mio
codice fiscale. Decido di essere diretta.
Piuttosto, dimmi tu. Cosa hai raccontato di me a lui? Spero che dalla mia
voce non traspaia nemmeno un pizzico di quel risentimento che ho provato ieri sera.
Nulla! si difende con troppa enfasi.
La ammonisco con lo sguardo come farebbe una madre che trova un bambino
davanti ai cocci di un antico vaso cinese mentre lui continua a dire 'non sono stato io'.
Cio, proprio nulla no, ma niente di cui tu debba preoccuparti. Lo sai che per
me sei come una sorella.
S, e tu dovresti sapere che non amo che si parli di me e di quello che
successo.
E cosa successo, Jordan? Sei rimasta vedova, e allora? Per quanto grave e
devastante sia stata la tua storia, non sei la prima n l'ultima e pi che altro non
tacendo che la situazione cambier. Non sei stata in galera per droga, non hai ucciso
nessuno, non hai fatto una strage in una scuola, non hai un passato da nascondere.
Hai perso un marito per un banale incidente. Ci sono uomini che perdono la vita in
modo molto meno dignitoso di Philip e credimi, qui la vittima non sei tu, ma lui, se
permetti.
Sono ammutolita. Effettivamente i sermoni di Nora mi mancavano. Con una
punta di rabbia, ammetto che ha ragione. Ma lei non sa dei miei dubbi e delle mie
ipotesi. E soprattutto non sa che ahim, un passato da nascondere ce l'ho. Mi mordo
il labbro e quella sintonia che c'era fino a cinque minuti fa si dissolta come l'ultimo
sbuffo di una sigaretta finita.
Scusa. Ho esagerato. Non avevo nessun diritto di parlarti cos. Nora si alza in
piedi e si rassetta la gonna stretta color crema. Non avevo ancora fatto caso al suo
abbigliamento e ammetto che la trovo splendida, oggi. Se non fosse che sono ancora
scossa per quello che mi ha detto, le farei i complimenti e le chiederei dove fosse
stata cos in tiro.
Decido comunque di deporre le armi: Figurati, hai ragione. Spero solo che tu
non gli abbia dato anche il pin del mio bancomat! Cerco di sdrammatizzare per
alleviare la tensione che si creata.
Scema!
Cretina!
Le tiro il tappo del bicchiere di carta che volteggia in aria come un frisbee
difettoso e lei mi rilancia un fazzolettino stropicciato. L'amicizia anche questa:
saper arginare, per il bene di tutti, un discorso che potrebbe portare malumore,
incomprensioni, tristezza. saper mettere un freno, fare un passo indietro e
guardare la situazione dal punto di vista dell'altro. prendersi la libert di offendere
con il sorriso sulle labbra senza avere paura che l'altro fraintenda, che ti prenda sul
serio, perch sai che non lo far ma ribatter con un'offesa ancora pi grande.
abbracciarsi forte come stiamo facendo in questo momento, sentendosi
tutt'uno e percependo l'amore dell'altra nei tuoi confronti.
Prima di lasciarla andare via le rivolgo una domanda che ho sulla punta della
lingua da almeno un'ora e che preme per venir fuori. Apro la diga e lascio che mi
scivoli: Che tu ricordi...Philip, portava una collanina?

Nora, ormai sulla soglia, si ferma, si gira e mi guarda con circospezione:


Collanina? Se non lo sai tu che eri sua moglie...Che razza di domanda ?
Presto Jordan, trovati una buona scusa per questa domanda assurda: No, lo so
che non era avvezzo a questo tipo di cose ma...giorni fa ho trovato una collanina in
un cassetto e mi domandavo di chi fosse. Ma ora che ci penso probabilmente di
Miles. Nonostante siano passati parecchi anni ha sempre un po' di cose da portar via.
Anzi, dopo lo chiamo, l'ultima volta che venuto a trovarmi ci ha lasciato anche un
orologio! .
di valore? Rivendilo! Nora sorride. E pagatici una serie di massaggi
rilassanti!
Dovrei farlo, s. Sorrido a mezza bocca. E non so che faccia sto facendo, ma
devo fare parecchia pena perch Nora mi abbraccia di nuovo, questa volta
stringendomi un po' di pi. Tesoro, normale che il tuo pensiero vada a Philip. Datti
ancora un po' di tempo, okay? Mi accarezza il viso come per asciugarmi lacrime
inesistenti. Poi sfodera un bel sorriso, mi strizza l'occhio e chiosa: E concediti qualche
distrazione, dammi retta.
La guardo andare via muovendosi disinvolta nella gonna stretta e immacolata
nonostante abbia trangugiato maldestramente dei brownies.
Io non ci riuscir mai. Infatti, nonostante non abbia toccato nulla, ho una
patacca di cioccolato sul camice. E un macigno qui all'altezza del petto che
nemmeno il pi potente degli smacchiatori riuscirebbe a mandare via.

22
Poi la signora Doherty non si presentata e non ha nemmeno avvertito, quindi
inutile che io confidi ancora nella bont d'animo delle persone e nel loro rispetto
per il lavoro altrui. Sono qui, senza altri appuntamenti e senza uno straccio di
ragazzino con cui fare un po' di conversazione strampalata. In questi frangenti mi
rendo conto di quanto, a volte, io sia sola, se elemosino la compagnia di Billy.
Rovisto in borsa, estraggo il cellulare e chiamo sua madre. Voglio sincerarmi che
stia bene. La signora Kendall risponde dopo infiniti squilli scusandosi che questa nuova
suoneria, impostata dal figlio maggiore, non riesce a sentirla. La ascolto mentre si
lamenta della tecnologia, dei telefonini sempre pi piccoli e della pericolosit dei
social network, fino a che non si ravvede e mi chiede il motivo per il quale l'ho
chiamata.
Volevo sapere come sta Billy, un po' che non viene a trovarmi.
Billy non stato bene, ultimamente, dice sommessamente.
Mi dispiace. Spero si riprenda in fretta, l'influenza quest'anno non ha
risparmiato nessuno, sospiro, pur sapendo che potrebbe essere tutt'altro.
La pausa che fa la signora Kendall mi induce a pensare, gi ancor prima che
apra bocca, che la mia considerazione finale giusta.
Non stata influenza. Billy ha avuto delle crisi...
Mi spiace, la interrompo.
...ma ora sta bene! mi tranquillizza con troppa enfasi. Ora sta bene.
passata. Purtroppo a volte ci sono ricadute. A volte sembra solo molto depresso e
come lei sa, non facile entrare in quel suo mondo abitato da mostri e fantasmi.
S, immagino. Invece non immagino un bel niente, ma sono quelle frasi che si
sparano l per riempire un silenzio gravoso. Gli dica che io l'aspetto, mormoro
infine.
Lo far. E grazie, dottoressa.
Chiudo la comunicazione mentre mi passa davanti agli occhi Mike che mi dice:
Sono uno psichiatra e mi chiedo se davvero io possa fare qualcosa per questo
bambino.
Fatti i cazzi tuoi, Jordan. La vocina del buonsenso mi redarguisce subito.
Sicuramente ha gi uno psichiatra che lo segue, ma ti pare? Secondo te aspettano
che un medico veterinario gli dica Ehi! Ho un medico venuto dall'America che
potrebbe fare al caso vostro!? Mi do della stupida ma allo stesso tempo non
accantono l'idea di parlargliene. Certo, dopo quello che successo, mi presento da lui
in compagnia di un ragazzino come se niente fosse e gli dico: Che ne pensi?.
Sbuffo e scuoto la testa, mi appresto a chiudere tutto quando mi squilla il
cellulare. Io, al contrario della signora Doherty, oggi lo sento subito. In questa
suoneria ci manca l'arpa e poi sembra l'orchestra filarmonica di Vienna.
Nolan Garret.
Nolan. Novit? N un ciao, n un come stai, nulla. Aspettavo questa
telefonata, al diavolo i saluti.

S, Jo. E credo che non ti piaceranno.


Un nodo mi si attorciglia nello stomaco: Arrivo. Tempo di chiudere lo studio e
sono da te.
No! il tono di Nolan mi blocca il respiro.
No? ripeto incredula.
No, Jordan. Non ti voglio tra i piedi. Ti ho chiamato perch te lo avevo
promesso, ma rimani dove sei o vai dove diavolo vuoi, ma non qui. A dire la verit
non avrei nemmeno dovuto farla questa telefonata, la legge...
Nolan, vaffanculo la legge, okay? sputo nella cornetta. Non venirmi a
illustrare le regoline come se fossi una bimbetta. Non con me. E parla chiaro. Mi
siedo dove fino a qualche minuto prima tentavo di bere un caff.
Senti, non posso dirti tutto, davvero non posso metterti al corrente del lavoro
svolto, ma sappi...che ci sono molte probabilit che tu abbia ragione riguardo alla
fine di Philip.
Non so se essere sollevata, incazzata, delusa, amareggiata, triste o affranta.
Sinceramente: non lo so. Una parte di me quasi esulta per l'arguzia della mia
intuizione, un'altra, cosa ben pi grave e triste, si rende conto che non stato un
incidente, ma probabilmente un omicidio. Parola, questa, che detesto, che mi
spaventa, che mi catapulta con violenza in una realt che non pensavo mai di dover
vivere. Omicidio. Sono quelle parole che si sentono in tv mentre facciamo zapping e
sulle quali spesso nemmeno ci soffermiamo, tanto siamo abituati. Parole che
scorrono sulla striscia del notiziario della sera, molto pi spesso di quanto la natura
umana possa immaginare. Parola che, nonostante tutto, mi rifiuto di pronunciare.
E quindi? chiedo freddamente come se mi avesse chiamato un ente per una
bolletta scaduta.
E quindi niente, te lo volevo solo dire. Abbiamo ricontrollato, c' qualcosa che
effettivamente ci sfuggito, forse per poca professionalit, per troppa
approssimazione, per abitudine. S, per abitudine; se tu sapessi quanti ubriachi
andiamo a prelevare la mattina, gente che cade dalla spalletta del molo, dagli
scogli, dai roccioni... si ferma, ma ormai tardi.
A me lo viene a dire. Che ho visto mio padre cadere anche dalla sedia della
cucina.
Jordan, quello che voglio dire che...
Lascia stare, lo interrompo. Ma voglio parlarne a quattrocchi. Ripeto, il
tempo di chiudere e mi metto in macchina.
E te lo ripeto anch'io. Non ti voglio qui.
Perch? chiedo esausta.
Per tutelarti.
Cazzate.
Allora diciamo che non sono in centrale, va bene cos? Se vieni non ci trovi
nessuno.
Un'altra cazzata.
Pensa quello che vuoi, ma cerca di stare tranquilla. La sua voce si addolcita
un po'.
S, come no. Mi hai appena detto che mio marito stato ucciso e vuoi che io
non sia tranquilla?

Non ho detto che stato ucciso, ho detto che la situazione non come
avevamo pensato. Non correre, dolcezza, fammi lavorare, okay?
Potresti lavorare meglio se tu mi permettessi di interagire.
Cristo, sei peggio di un gatto attaccato alle palle. Pensa a fare il tuo lavoro, che
qui ci penso io, chiaro? E ringrazia il Signore nostro che ti ho telefonato perch potevo
anche non farlo.
Sospiro. una guerra persa. E io odio perdere. Allora, cosa mi devo aspettare?
Chiami tu tra quanto, una settimana, un mese? Sai, non vorrei disturbarti. Lo so,
sono sarcastica in un momento in cui dovrei solo disperarmi o a limite ringraziare,
ma giuro che prenderei a cazzotti una porta per sfracellarmi le nocche delle dita e
sentire meno dolore di quello che provo adesso.
Potresti venire a cena da noi, per esempio. passato molto tempo dall'ultima
volta. Sabato ci sono anche i miei figli e i miei nipoti, perch non ti unisci a noi?
Furbo il capo della polizia, mi invita in una sera in cui, non solo parlare di lavoro
inappropriato e poco elegante, ma risulterebbe di cattivo gusto che io proponessi
una chiacchierata su un presunto caso di omicidio.
No. Sar per un'altra volta, mormoro, mettendomi la borsa a tracolla.
Dici sempre cos.
Che ci vuoi fare, sono prevedibile, ribatto secca. Sono stanca, basta, voglio
andare a casa e possibilmente ubriacarmi: Scusa Nolan, non posso fare finta che tu
mi abbia chiamato perch ho una multa per divieto di sosta da pagare. Abbi
pazienza, non ci riesco. Sono scossa, incazzata, e non ho nessunissima voglia di
compagnia. Non la prendere sul personale, ma voglio stare sola.
Capisco, replica asciutto. Ti chiamo appena so qualcosa di preciso. E
promettimi che farai di tutto per stare tranquilla, per quanto sia possibile. Io sono
con te, Jordan e non voglio che tu soffra ancora.
Perfetto. Mi ha appena dato una batosta tremenda, ma con me.
Chiudo la comunicazione biascicando un saluto a mezza bocca. Mi avvio al
furgone e mi dirigo a casa cercando di controllare il tremito che si impossessato
delle mie mani. E quello che ho appena passato niente, in confronto a ci che vivr
nelle ore seguenti.

23
Ancor prima di scorgere il cartello che delimita la mia propriet, vedo una
macchina scura e sportiva parcheggiata perfettamente di fianco al muretto. Questa
del parcheggio perfetto, diciamolo, una prerogativa solo maschile e della quale io
ignoro la messa in atto, ma oggi evito di soffermarmi anche su questo aspetto.
Mentre mi avvicino, comincio a notare qualcosa di familiare in quella vettura e,
varcata una siepe che mi oscurava la vista, ho la conferma di ci che pensavo:
l'auto di Mike.
No, non ce la posso fare. Credo che oggi si possa annoverare tra le peggiori
giornate di merda che mi siano capitate negli ultimi dieci anni. Fermo il furgone e
faccio due o tre respiri, talmente profondi che rischio di andare in iperventilazione.
Mi faccio coraggio, via il male, via il dolore. Scendo dal pick up decisa ad
affrontarlo con molta tranquillit e naturalezza.
Per, quando lo vedo avvicinarsi a me, perdo tutta la carica che avevo fino a
un attimo prima. In due secondi netti sono all'altra sera, ancora intrappolata nella
sua bocca e nel suo profumo. E detesto sentirmi cos, non essere padrona delle mie
sensazioni. Vorrei ritrovarlo meno attraente, meno affabile e meno gradevole di
quanto lo ricordassi. Vorrei non mi guardasse con questo sorriso tra il dolce e l'ironico,
con il sopracciglio un po' alzato di chi condivide con te un segreto. Vorrei non fosse qui
a ricordarmi che posso fare la dura quanto mi pare ma poi basta che carpisca uno
sguardo d'intesa per crollare come un castello di carte. Vorrei non fosse mai venuto,
per evitare di vedere questa mia incapacit di rendere tutto pi semplice, un saluto
caloroso, un ciao! detto con entusiasmo. Questa mia incapacit di non saper voltare
pagina con disinvoltura e far finta di niente e di non dare a un bacio un significato
profondo.
Non so cosa dire. Continuo a mordermi il labbro superiore come una
studentessa alla quale, durante un'interrogazione, hanno fatto una domanda troppo
difficile.
Per fortuna ci pensa lui a riempire questo silenzio imbarazzante.
Mi chiedevo quanto fumo potesse fare una camicia di Calvin Klein. Magari
un'informazione che pu essere utile alla casa di moda.
Cazzo. Era anche firmata. Anzi firmata, visto che fortunatamente non l'ho
incenerita.
Non l'ho bruciata, ammetto.
Meglio. La stavo per mettere in conto insieme ai paletti della recinzione che mi
hai sradicato.
I paletti. Oddio, ma che davvero venuto a battere cassa? Effettivamente una
cospicua richiesta di denaro ci mancava in questa giornata.
Okay, dico asciutta. Fammi avere la cifra di quanto ti devo.
gi pronta. Eccola.
Mi porge un foglietto piegato in quattro e non credo ai miei occhi. S, okay, ho
fatto un danno e devo ripagare, ma cos... cos orrendo! Mi aspetta davanti casa

per farmi avere il conto della sua dannatissima staccionata? Dopo nemmeno tre
giorni dal danno? Di cosa ha paura, che scappi? Maleducato che non altro. Serro la
mascella per la figura a cui mi sta sottoponendo. Spiego il foglietto e mi prende un
colpo. Sono un'infinit di numeri. A occhio e croce quella staccionata mi coster una
fortuna. Per un attimo... no, non possibile che sia realmente un conto. Alzo a
malapena gli occhi quel tanto che basta per sorprenderlo a tapparsi la bocca con
una mano, ma i suoi occhi si increspano in un sorriso.
Vuoi spiegarmi? Se lui ride non pu essere il conto di un falegname e, lo
ammetto, sono un tantino sollevata.
il mio numero di telefono. Tienilo.
Perch dovrei? lo sfido.
Perch potresti ancora avere bisogno di me, dice abbassando la voce, quasi si
vergognasse. Ma figurati se vergogna.
Non ci giurerei. Ti sopravvaluti. E, pi che altro, mi sottovaluti.
No, quello no, ti sbagli. Sottovalutare una donna come te pericoloso.
Dici? Stringo forte il bigliettino e mi chiedo come comportarmi davanti a lui.
Dai, so che muori dalla voglia di strappare questo foglietto, per dimostrarmi
che tu non hai bisogno di nessuno, tanto meno di me, mi canzona dopo aver
schioccato la lingua.
Madre santissima, lui mi legge nel pensiero, ora ne ho la certezza. Quindi per
sorprenderlo dovrei fargli credere che volevo fare tutto il contrario.
Ti sbagli. Avrei chiesto comunque il tuo numero. Davanti alla mia
affermazione tira indietro la testa e inarca le sopracciglia, sorpreso. Decido di essere
ancora pi convincente Avrei da sottoporti un ragazzino. Sei uno psichiatra, no? Cos,
un' occhiata al volo.
Un'occhiata al volo? mi ride in faccia. Jordan, non faccio il dermatologo che
mi basta vedere una macchia e in linea di massima ti so dire se una malattia
esantematica o un'allergia. La psichiatria un filino pi complessa.
Ha ragione. E tirare in ballo Billy non stata una mossa intelligente n molto
carina da parte mia. Il giorno in cui la smetter di usare dei biechi escamotage per
pararmi il culo sempre molto lontano, a quanto pare.
Be' s, forse hai ragione. Fa' finta che non ti abbia detto niente. Pessima idea.
Piego il foglietto e me lo metto in tasca.
Gi che sono qui, potrei riavere la mia camicia? Sempre che tu non decida di
farci stracci per il pavimento.
Poi te ne andrai? la mia non una domanda, ma quasi una richiesta.
Poi me ne andr, fa lui rassegnato.
Prendo la borsa da lavoro nel furgone e gli faccio cenno di seguirmi.
Quel rintronato di Boogie non ha nemmeno sentito il furgone. Ora, dalla
sorpresa di vedermi, minimo si fa di nuovo la pip addosso. Prego che ci risparmi
questo spettacolino. Tiro fuori dalla borsa le chiavi di casa ma rimango impietrita
davanti alla porta. aperta. Non di molto, ma aperta. Un brivido mi scorre lungo
la schiena e mi porto una mano alla bocca. A Mike non sfugge il mio pallore Jordan,
che succede?
La porta... mormoro, aperta.... Non so per quale motivo non tocco la
maniglia, ma spingo con un piede la porta, che si apre con un cigolio sinistro come

nei film dell'orrore.


meglio se vado io. Mike con una falcata mi scavalca e si butta in casa. Io
rimango l con mille pensieri che si rincorrono tra di loro. Sono sicura, anzi sicurissima
di averla chiusa stamattina e nessuno potr convincermi del contrario.
Ho paura ad entrare, ho paura di quello che posso trovare, ma pi che altro
non trovare pi, perch quando qualcuno decide di svaligiarti casa, e sento che cos,
fa sempre un lavoro fatto bene e non ti rimangono che briciole, e a volte nemmeno
quelle.
Mike torna da me e sentenzia Forse meglio chiamare la polizia.
Oh mio Dio! Un gemito mi esce involontariamente e mi precipito dentro.
Quello che mi si presenta davanti agli occhi uno sfacelo. Cassetti delle
credenze rovesciati e ante della cucina divelte. I cuscini del divano sono ovunque, i
pochi quadri attaccati fino a stamattina alle pareti, ora giacciono rotti in mezzo alla
stanza. Sparsi sul pavimento ci sono dei vetri e oggetti rotti, o capovolti, che
giacciono alla rinfusa come in una discarica. Il mio sguardo si sofferma per un
secondo sulle scale e prima che Mike riesca a fermarmi sto salendo gli scalini a due a
due.
Non toccare niente, Jordan! lo sento gridare, ma io non lo ascolto nemmeno.
Arrivo in camera da letto col fiatone e la scena forse anche peggio che al piano di
sotto. I cassetti del com sono tutti aperti, uno giace sbilenco e anche a questa
distanza si vede che rotto. I miei indumenti, compresa la biancheria intima, sono
riversati sul pavimento, sul letto, sul comodino, in un groviglio colorato e informe.
Tutto stato aperto, toccato, palpato, tastato con una rabbia e una ferocia che mi
sembra ancora di respirare. Mi sento violentata, derubata di tutto: della mia vita,
delle mie abitudini, della mia intimit. Uno scempio del genere, vissuto in casa
propria, ti fa sentire nudo e indifeso perch ti rendi conto che chiunque pu
accaparrarsi la tua vita nel modo pi vile che esista. Rubandotela.
Non sono riuscita a entrare del tutto nella stanza. Sono rimasta sulla porta fino
a che non ho sentito la presenza discreta di Mike dietro di me.
Jordan... mi tocca una spalla, sollecitandomi a voltarmi.
Ma io non lo vedo. Lui qui davanti a me, ma la mia testa altrove. Sto
pensando chi pu avermi fatto questo e perch. Perch. Se solo a quel dannato cane
avessi insegnato a fare la guardia...Improvvisamente mille lame mi trafiggono lo
stomaco. Un orrendo presentimento si fa spazio nella mia testa scoppiando come
una bomba. Boogie!! grido, mentre a rotta di collo ridiscendo le scale e questa
volta per poco non rischio di rotolare gi. Boogieee!!! Grido ancora, ma
quell'ammasso di pelo che io amo pi della mia stessa vita, non si fa vedere. Prego
che sia accucciato all'ombra di un albero o che mi senta e faccia finta di nulla,
perch lui anche un buontempone, penso ridendo istericamente, mentre faccio il
giro della casa. Riprendo a correre guardando ovunque e continuando a chiamarlo,
fino a che, esausta e sudata non cerco di rientrare in casa. Se non fosse che Mike mi si
para davanti, mi prende per le spalle, fermandomi.
No.
Capisco che c' qualcosa che non va da come ha detto no.
Lasciami, Donovan.
Ripeto: forse meglio se chiamiamo la polizia. E non entrare ora. Calmati un

attimo.
Calmarmi un cazzo! ringhio. Devo cercare Boogie! E l lo vedo, lo vedo nei
suoi occhi, lo vedo dalla smorfia impercettibile della sua bocca, lo vedo dalla
compassione mista a rassegnazione che ha dipinta in volto che io, il mio canone
peloso, vivo non lo rivedr mai pi.
Lasciami!
No, Jordan, aspetta!
LASCIAMIIIII!!! Il mio un grido talmente isterico che gratta le pareti della
trachea facendomi quasi sputare sangue.
Mi divincolo e mi trascino in cucina, dove dietro a una sedia rovesciata e un'anta
divelta c' lui, riverso sul pavimento in una pozza di sangue. Credo che il battito del
mio cuore si sia fermato per un po', quel tempo che ci ho messo a capire che la vita,
in quel corpo immobile davanti a me, non scorreva pi. Quello che prima i miei
occhi avevano omesso fagocitati dallo shock subto, adesso mi si spalanca davanti in
tutto il suo orrore
Mi prendo il viso tra le mani e mi avvicino. L'hanno sgozzato come una bestia
da macello, lui che, probabilmente anche davanti ai suoi stessi aguzzini, aveva
agitato la coda in quella maniera buffa. Lui che mi dedicava il contenuto della sua
vescica debole, lui che mi ha fatto compagnia nelle sere pi buie, lui, senza il quale,
io adesso mi sento persa. Lo accarezzo e mi aspetto che mi lecchi una mano con quel
rumore a risucchio, come faceva sempre, ma immobile. Per sempre. A fatica mi
tiro in piedi, barcollo un po' all'indietro fino a che non mi scontro con Mike. Mi volto e
lui l a sorreggermi, in modo discreto, in silenzio. Mi rifugio nel suo petto che mi
accoglie come un porto sicuro e mi lascio andare in singhiozzi cos violenti che
spaventano anche me stessa. Sento che mi stringe forte, che mi accarezza la nuca,
che mi bacia la testa, sussurrandomi Sshh..., che mi culla tra le sue braccia come
farebbe un padre alla prima delusione d'amore della figlia, come farebbe un
fratello alla dipartita di un proprio genitore, come farebbe un uomo con una donna
alla quale hanno appena portato via l'unico essere che l'amava
incondizionatamente.
Sono stata ancorata a Mike per un tempo che non saprei definire. Lui ha
aspettato con pazienza che i miei singulti si facessero via via meno violenti, fino a
che, di malavoglia, non mi sono un po' staccata da quell'abbraccio confortevole.
A quel punto mi ha preso il viso tra le mani, con i pollici mi ha asciugato
delicatamente le lacrime e mi ha sussurrato: Oggi mi prender cura di te. E non
voglio sentire storie.
Ho abbozzato un sorriso amaro e ho lasciato che sbrigasse cose, alle quali io sul
momento, non avrei saputo proprio pensare.

24
Mi stato proposto, nell'ordine: la stanza degli ospiti di casa Garret, il divano
letto di Nora e Frank, il letto, possibilmente con lui dentro di Derry e una stanza, non
meglio precisata, della casa di Mike. Ho continuato a scuotere la testa con diniego e
ripetere no fino allo sfinimento. Ho preso pure un rimprovero piuttosto colorito da
parte di Nolan, perch prima del suo arrivo ho cercato di fare ordine, tipo: mettere
a posto i cassetti, raccattare quello che era stato scagliato in terra, togliere il sangue
di Boogie dal pavimento, oscurando eventuali tracce di impronte e tutte quelle cose
poliziesche che sul momento ho messo sotto la dicitura 'amenit'.
Mi sono sorbita una specie di interrogatorio intelligente da parte di un
ragazzotto dai capelli rossi come i miei, della serie: Pensa che qualcuno ce l'abbia
con lei? o Ha idea di chi possa essere stato? alle quali ho risposto con talmente
tanto sarcasmo che lui ha guardato Nolan chiedendosi se la mia reazione fosse
normale. Il vecchio per tutta risposta ha sbuffato. Mike mi ha detto che Nolan si
catapultato alla velocit della luce e, conoscendolo, ci credo, ma averlo tra i piedi a
fare domande alle quali non so rispondere snervante, soprattutto per quello che
accaduto. Io ho perso la nozione del tempo, qualcuno mi ha preparato del t, che ho
lasciato quasi intonso nella tazza, qualcun altro mi ha messo un plaid sulle spalle, e
qualcun altro ancora ha provveduto a dare una sistemata alle stanze alla bell'e
meglio. Ho visto addirittura un fabbro che trafficava con la nuova serratura e non ho
idea di chi l'abbia chiamato, n tanto meno pagato. Ho lasciato, per una volta, che
qualcuno si occupasse di cose mie. E devo dire che non cos male. L'unica cosa di cui
mi sono occupata personalmente Boogie. L'ho lavato un po', versando lacrime
dolorose che si sono mescolate all'acqua che scivolava su di lui, poi l'ho avvolto in una
coperta e l'ho sotterrato dietro la scuderia. Credo di aver fatto un lavoro piuttosto
approssimativo, ma di pi non posso pretendere. Nora arrivata quando stavo
riponendo la pala e sul suo viso ho visto una preoccupazione che non ho mai visto
nemmeno in mia madre. Mia madre. Che se ne vada affanculo.
Derry invece, che mi ha raggiunta solo al telefono, dopo avermi decantato la
morbidezza del suo materasso, mi ha pure promesso una vacanza, io e lui da soli, in
Tunisia. Roba che se non fossi stata in questo stato gli avrei riso in faccia fino al giorno
dopo, visto che dovrebbe sapere che non amo i posti caldi. Ma apprezzo l'impegno.
Quanto a Mike si aggirato in silenzio e con discrezione, svolgendo piccole cose. Si
assentato per un po', poi tornato, poi si assentato di nuovo, ha risposto a qualche
domanda di Nolan e anche se i miei occhi non lo vedevano, io lo sentivo che era nei
paraggi.
Adesso, a tarda sera, finalmente sono sola, come ho chiesto di essere. Nora
voleva fermarsi a dormire qui, ma l'ho minacciata che le avrei tolto il podio di
miglior amica e, anche se per niente convinta, ha lasciato questa casa mezz'ora fa.
Nel frattempo mi ha gi telefonato due volte.
Anche Mike ha proposto di rimanere. Apprezzo che me l'abbia chiesto,
lasciando a me la scelta. Anzi credo che l'abbia fatto pi per cortesia, vista la

presenza di Nora, che per reale intenzione. Ho detto di no, convintissima, ma


quando hanno varcato la porta e li ho visti trattenersi fuori a parlare, non sono
stata pi cos certa della mia decisione. Ho faticato a fare finta di nulla, ma avrei
dato dieci anni di vita per sapere cosa si stavano dicendo. E quando Mike, in un gesto
di gratitudine, ha accarezzato la spalla a Nora, il mio stomaco ha avuto uno spasmo
riconoscibilissimo da noi donne. lo spasmo della gelosia, quella fitta che ti prende
proprio qui, alla bocca dello stomaco, improvvisa e accecante come una saetta. Una
stilettata inequivocabile, che non lascia dubbi. Quando ti accade, sai che in un
angolo se pur nascosto e remoto del tuo cuore, si installato un uomo. E un uomo
come Mike Donovan, non si accontenta di un angolino.
Apro gli occhi e non so che ore sono. Ho dormito cos profondamente sul divano
che penso sia notte fonda, invece solo mezzanotte. Ho la bocca impastata e una
pesantezza alle palpebre che anche solo stare a occhi aperti una fatica immane.
La casa avvolta in un silenzio surreale. Mi avevano avvertito che poteva essere
difficile, almeno i primi giorni, le prime ore, vivere nella propria casa dopo che era
stata saccheggiata dai ladri. Ma io figurati se gli do retta. Per adesso mi sento sola e
vorrei avere Boogie qui con me. Le guance mi si rigano immediatamente di lacrime
e lascio che rotolino gi dal mento per finire sul plaid. E questo silenzio pi
rumoroso di quanto pensassi, non lo sopporto. In questo momento non sopporto nulla
di me. Non posso stare qui, avevano ragione loro, avevano ragione tutti quanti. Non
possibile stare tra queste mura.
Mi alzo a fatica, mi dirigo in bagno dove, riflettendomi nello specchio, stento a
riconoscermi. Dio, che faccia da schifo. Mi tiro su i capelli e mi sciacquo con vigore la
faccia. Mi riguardo. Sono quasi peggio di prima.
Torno di l, agguanto il giubbino, la borsa, metto le chiavi nuove in tasca e in
quel momento mi ritrovo tra le mani il bigliettino col numero di telefono di Mike.
Decido di registrarlo, anche se, ovviamente, io non ho bisogno di lui.

25
Mike Donovan fiss il numero registrato sul cellulare per l'ennesima volta. Si
chiese se Nora le avesse dato quello giusto o se, vista la situazione, un numero fosse
stato scambiato per un altro. Non era possibile che Jordan non rispondesse alle sue
chiamate dell'ultima ora. Aveva aspettato fino a mezzanotte, mordendosi le mani
per non chiamarla, ma poi alla fine aveva ceduto. E se l'avesse svegliata, pazienza.
Voleva accertarsi che stesse bene perch, nonostante lei lo avesse gentilmente
liquidato, a lui non era parsa tanto in s. Come era normale che fosse. Anzi, aveva
anche reagito fin troppo bene, dopo quello che era successo.
Ma ora quei trilli a vuoto gli sembravano un brutto presagio. Si diede dello
sciocco e prov a distrarsi facendo zapping sul televisore, ma dopo pochi minuti
aveva di nuovo il cellulare in mano.
Quando, dopo infiniti squilli, stava per attaccare, qualcuno rispose.
Jordan? chiese confuso.
Amicooo...
Jordan, sei tu? gli balen nella mente che s, poteva essere un numero
sbagliato.
Sci...sciono io...almeno credo di escere io... Se quella era Jordan, era ubriaca
fradicia. Chiuse gli occhi e imprec.
Jordan, per l'amor di Dio, che stai facendo? url quasi.
Solo un goccetto, un goccettino piscino piscino... poi, dopo un tonfo, non sent
pi niente. Passarono alcuni secondi, durante i quali si rese conto che se avesse
continuato a stringere il cellulare a quel modo, gli si sarebbe sgretolato tra le mani.
Poi ud un vociare, della musica in sottofondo e poi di nuovo la voce di Jordan,
stravolta dall'alcol: Mi caduto il scellulare. Ma chi sei, lo pissicologo?
Sent che qualcuno le rivolgeva una domanda e cap che non si trovava a casa.
Poi, Jordan o chi per lei, chiuse la comunicazione. Non riusciva a credere che avesse
preso il furgone e si fosse andata a sbronzare al Red Lion. Ma dove cazzo era Nora?
Perch permetteva tutto ci?
Chiuse con stizza la chiamata e fece il numero del Red Lion. Aggred Frank, che
rimase pure interdetto dalle sue parole, ma Jordan non era l. Prese al volo un
giaccone, e usc di furia lasciando la televisione accesa.
Cercare una persona in un pub, in Irlanda, gi difficoltoso di suo. Cercare una
persona in un qualsiasi pub d'Irlanda e sperare di trovarla quello che pi si avvicina
al miracolo. Mike spos questa teoria dopo averne visitati almeno cinque senza
risultato.
Era infreddolito, incazzato, ma pi che altro, anche se non lo ammetteva,
dannatamente preoccupato.
Al sesto pub, da Murphy's, la trov. Era seduta a un tavolo vicino a un palco
dove una cantante cercava di emulare, senza risultato, Amy Winehouse. Davanti a
Jordan, nemmeno a dirlo, tre boccali vuoti di birra, mentre uno oscillava

pericolosamente nella sua mano destra.


La rabbia svan all'istante. Vide solo una fragile donna che cercava di trovarsi di
nuovo un posto nel mondo, una collocazione, tra tutti i casini che le erano successi. E
se aveva resistito fino a ora alla consolazione di un boccale di birra, c'era solo da
rallegrarsene. Dovette chiamarla pi volte prima che lei riuscisse a metterlo a fuoco.
Ciao pissicologo! biascic. Goccetto?
Non sono uno psicologo ma uno psichiatra, ma ora come ora non mi sembri in
grado nemmeno di distinguere un elefante da un pappagallo. Forza, Jordan,
andiamo via di qui.
Io non vengo da nesciuna parte, caro pissicologo... rote talmente forte la testa
che rischi di cadere lunga e distesa sotto al tavolo.
Jordan, non vorrei portarti via con la forza. Andiamo, alzati.
Lei lo fece, barcollando: Senti pissicologo...uhm...s...sai che mi ricordi un attore?
Mmh, s, quello che ha fatto...ha fatto... poi scoppi in una risata sguaiata e
ondeggi pericolosamente. Lui l'agguant per un braccio e in quel momento, in un
rapidissimo lampo di lucidit, lei lo guard negli occhi e pronunci il suo nome:
Mike...
Non aspett oltre. Facendo cenno a una giovane ragazza con un grembiule a
scacchi, tir fuori delle banconote, le lasci sul tavolo e si caric Jordan letteralmente
in spalla.
La donna dapprima protest debolmente, poi si afflosci su di lui come una
bambola di pezza.
Mi viene da vomitare, giuro. E mi fa male terribilmente la testa. Ho la bocca
talmente impastata che sembra abbia mangiato della sabbia. Dio, che botta. Sto
da cani. Mi fa male pure lo stomaco e mi sento le braccia intorpidite. Ci metto
qualche minuto per capire che sono nel mio letto e che sono...quasi nuda. Mi guardo
il reggiseno e le mutandine, ovviamente spaiate, e mi domando cosa ci faccia qua,
visto che non ricordo di essere mai salita di sopra. Chiudo gli occhi e cerco di ricordare
le ultime ore. Ho un casino in testa che potrebbe solo essere raffigurato in un quadro
astratto. tutto cos confuso, nebuloso e...spaventoso, perch quando ti svegli e non ti
ricordi le ultime ore, troppo innaturale.
Mi riaffiorano alla mente sprazzi di ieri pomeriggio: la polizia, la casa messa
sottosopra, Boogie. Mi sforzo di non piangere e piano piano tutto prende forma,
anche se con molta fatica. Poi mi ricordo di aver preso il furgone e di essermi recata
al Red Lion. No, non era il Red Lion era un altro pub, di aver ordinato una birra, e
poi forse un'altra e...ommioddio. O cazzo. Cazzocazzocazzo! Io seminuda nel mio
letto, con un mal di testa atroce, la bocca che sembra un sacco di sabbia e una
voglia di vomitare che tocca livelli altissimi, vuol dire solo una cosa: ero sbronza. Ma
parecchio anche, perch non mi ricordo niente di quello che successo dopo.
Non voglio nemmeno sapere chi mi ha trovato, perch la paura che possa essere
stato Derry non mi fa stare tranquilla. Potrebbe anche aver approfittato di me o io
di lui, vista la mia totale perdita di controllo e scaccio questo pensiero con fastidio.
Sento dei rumori gi in cucina e dalla luce che filtra dalle finestre so per certo
che mattina inoltrata. Qualcuno si sta prendendo cura di me e immagino Nora

che mi prepara un t, bofonchiando: Sarebbe ora che tu ti comprassi delle tazze


nuove, visto che sono quasi tutte sbeccate! Mi pare quasi di sentirla.
Sospiro e cerco di rimettere a posto mentalmente la mia vita, che ieri andata
in mille pezzi. curioso come l'animo umano o il fisico abbiano bisogno di un forte
scossone per destarsi e ricominciare da capo. Ieri sono stata messa alla prova e io non
ho saputo fare altro che ubriacarmi. Poteva andare peggio: potevo suicidarmi.
Invece sono qui, non ho ancora capito come ci sono arrivata, ma il fatto che ne
prenda atto ha un che di positivo.
Nora sta salendo le scale, mi si allarga un sorriso sghembo, perch voglio che
non si preoccupi pi per me.
Infatti non si preoccuper, perch a notare il mio sorriso sghembo non Nora,
ma Mike.
Buongiorno, dottoressa. Gradisci un po' di t? mi sorride poggiando sul com
un vassoio su cui vedo fumare una tazza.
D'istinto mi tiro il lenzuolo fin sotto il mento.
Piantala. Chi vuoi che ti abbia spogliato, Babbo Natale? Si dirige alla finestra
e tira le tende. Un sole prepotente si spalma sulle pareti.
Io mi sento mirandizzata: qualsiasi cosa dir sar usata sicuramente contro di
me. Non posso permettermi un avvocato e non sono nella condizione di avere uno
scambio di battute sagaci con quest'uomo. Non stamattina.
Be'? L'alcool ti ha rattrappito la lingua?. Si volta finalmente verso di me e da
questa posizione mi sembra ancora pi alto e possente. Mi fa strano vederlo in
camera mia. Indossa una maglietta sportiva, dei jeans, ma quello che mi lascia
sorpresa che a piedi nudi. Questo particolare fa sembrare la situazione ancora
pi intima. Ho sempre pensato che un uomo che si prende la libert di girovagare
scalzo in casa tua ha gi, a modo suo, marcato il territorio.
Mi tiro su lentamente sistemandomi il cuscino alla meglio dietro la testa e mi
sfugge una smorfia di dolore.
Donovan ti prego, vista la situazione, di non infierire, mormoro, trattenendo
un'altra smorfia.
Ma lui, sorprendendomi, mi chiede Come ti senti?. Poi, senza aspettare la
risposta, si siede sul letto e con l'indice mi abbassa prima l'una poi l'altra palpebra
inferiore. Mi lascio toccare ed cos vicino che posso vedere la cicatrice a mezzaluna
solcata da un vecchio punto di sutura.
Non rispondo e a mia volta chiedo: Cosa successo?.
Davvero vuoi sapere la verit? Ne va della tua dignit, dottoressa.
Ho un brivido. Potrei davvero essere andata a letto con quest'uomo e non
ricordarmelo? Impossibile. Cio, voglio dire, me lo ricorderei. Credo che Mike
Donovan non lo si scordi con facilit, per un sacco di motivi, uno dei quali che ...no,
non lo penser. Mi sto tormentando le labbra e vago con gli occhi per la stanza
chiedendomi a questo punto se voglio sapere la verit.
Jordan, Mike mi prende il mento tra l'indice e il pollice e mi costringe a
guardarlo. Non abbiamo fatto sesso. Non approfitterei mai di una donna ubriaca.
Una donna deve desiderare di venire a letto con me, non concedersi in preda ai fumi
dell'alcool. E nelle tue vene, ragazza mia, ne scorreva a fiumi.
Penso di essere rossa come un peperone. Questa intimit alla quale sono

sottoposta, da una parte mi imbarazza, da una parte, Cristo, s, lo ammetto, mi


piace.
Come fai a leggermi sempre nel pensiero? A capire in anticipo le mie
domande, a farmi sentire, a volte, una bimbetta ingenua? chiedo, finalmente senza
riserve.
Sei trasparente, Jordan. Quello che pensi o che ti frulla per la testa ti si legge in
faccia.
E io che pensavo di essere una brava attrice, dico mesta.
Magari davanti a un pubblico disattento.
Probabilmente ho ancora alcool in circolo che mi offusca la mente e altera i
miei gi precari equilibri psicofisici, perch qualsiasi cosa dica la trovo irresistibile.
Dimmi cosa successo, chiedo di nuovo. Dopo...dopo che sono rimasta sola.
Deglutisco a fatica. Ho la bocca rivestita di carta vetrata.
Lui si mette in una posizione pi comoda e mi accarezza un piede da sopra la
coperta Diciamo che se mi avessi dato retta, a quest'ora non saresti ridotta a uno
straccio. Anche fisicamente intendo. Ma tu hai la testa pi dura di un macigno e io
avrei dovuto insistere un po' di pi.
Avrei continuato a dire di no fino alla morte. Solo per non darti soddisfazione.
Mi si allarga un sorriso e mi sento un po' stupida.
Oh, lo so benissimo. Comunque, dopo che me ne sono andato, ti ho telefonato
un sacco di volte perch ero preoccupato. E non fare quella faccia, perch normale
che io fossi preoccupato per te.
Che faccia ho fatto? Continua.
Mi hai risposto dopo, quante? Circa una dozzina di telefonate? S, forse, e ho
capito che ti eri rifugiata in un pub e che eri ubriaca fradicia.
Ommioddio che spettacolo raccapricciante devo essere stata.
Quindi immagino che tu mi abbia trovata, portato via e messa a letto. Cristo,
ho dato il peggio di me a quanto pare! Cerco di dirlo con allegria ma la frase risulta
un po' penosa.
No, il peggio l'hai dato dopo.
Dopo?
S, mi hai vomitato sulle scarpe.
Voglio morire. Qui ora, in questo letto. Ti prego, no gemo. Dimmi che stai
scherzando.
Ti pare che sia qui per scherzare? Le mie scarpe adesso sono fuori ad asciugare.
Guarda, mi indica i suoi piedi scalzi. Ho scansato il resto per un pelo, quindi sono
anche molto orgoglioso della mia preparazione atletica per quanto riguarda il salto
in lungo.
Scoppiamo a ridere come due bimbetti davanti a una scena tragicomica.
Mi prendo il viso tra le mani e continuo a ridere istericamente, fino a che alcune
lacrime cominciano a rigarmi il viso. Rido, piango, tiro su col naso, in un misto di
lacrime, moccio e nervi che piano piano si stanno distendendo.
Scusami, cerco di ricompormi senza successo. Non so cosa mi stia succedendo.
Io non piango mai.
Mike con un gesto dolcissimo mi scansa i capelli dalla tempia: Non scusarti. Non
con me.

La voglia di gettargli le braccia al collo mi travolge come un uragano. Una


sensazione cos nuova e violenta che mi turba nel profondo. Penso a ieri, al suo
prendersi cura di me, al suo abbraccio, a come mi ci sono rifugiata in preda alla
disperazione. I muri che ho messo tra me e il resto del mondo si stanno sgretolando
mattone dopo mattone. E con Mike, per quanto io mi ostini a tirarli su di nuovo,
ormai tardi. Posso affannarmi quanto voglio, ma i buchi adesso sono talmente
grandi che si aperta una falla che impossibile arginare. Mi chiedo se sar mai
pronta a buttare gi tutto e cominciare una nuova vita.
Mike mi sistema un ricciolo dietro l'orecchio e mi chiede: Vuoi provare a bere
un po' di t?
Proviamo. Mi lascio servire da quest'uomo che si muove in casa mia come se ci
vivesse da sempre e scopro con stupore che la nausea mi un po' passata.
Bevo un piccolo sorso dalla tazza che mi porge e ci ripenso. Non mi passata.
Forse meglio se aspetto un altro po'.
Okay, fa lui gettandosi sul letto accanto a me. Abbiamo tutto il giorno. Si
sistema un cuscino, incrocia le braccia dietro la testa, stende le lunghe gambe e
chiude le palpebre.
Le piccole rughe intorno agli occhi si distendono e il suo profilo, che a prima vista
pu sembrare severo o troppo deciso, si addolcisce come quello di un bambino. La
cicatrice sullo zigomo riluce come una mezzaluna di madreperla.
Come te la sei fatta? Prima che la possa fermare, la domanda rotola fuori,
accompagnata da una grandissima dose di curiosit.
Apre gli occhi e si gira verso di me Che cosa?
Mi batto su uno zigomo.
Ah...Roba vecchia...
L'hai detto tu che abbiamo tutto il giorno, proseguo sistemandomi alla meglio
e trovando anche io una posizione pi comoda.
Mike muove impercettibilmente le spalle: Un incidente da piccolo. Avevo
all'incirca dieci anni. Ho preso male una curva.
Sei caduto di bicicletta?
No, da una moto.
Mi giro verso di lui cos rapidamente che ho un lieve capogiro: Stai scherzando?
No, che non sto scherzando. Non hai mai fatto una cazzata da bambina?
Vorrei sottolineare che sto continuando a farle nonostante abbia superato i
trent'anni, ma lascio correre. Sono curiosa di sapere il resto.
Certo. Racconta, per.
Una domenica eravamo a pranzo dai miei zii. Mentre tutti erano intenti a
finire il lauto pasto, io sono andato in garage, ho acceso la moto di mio cugino e me
ne sono andato a fare un giro.
Non ci credo.
Libera di non crederci, fa, alzando le spalle.
Dicevo cos per dire. E poi, che cosa successo?
Te l'ho detto, ho preso male una curva. Per un miglio sono andato anche bene.
Ero un bambino gi alto e robusto per la mia et e la moto la sapevo tenere. Le
curve un po' meno. Ride e so che ripensa a quando, appena conosciuta, mi ha
accusato di non saper guidare. Oddio, la sua esperienza non certo uguale alla mia,

ma sorrido anche io. E faccio una fatica terribile a immaginarlo a dieci anni, che
come un ladro si intrufola in un garage per rubare una moto e cavalcarla come
un'onda. Lo avrei piuttosto immaginato in una cameretta dalle pareti color pastello
a sottolineare un testo di biologia.
Uno zigomo spaccato, due costole rotte e una distorsione alla caviglia. Tutto
sommato poteva andarmi peggio, mormora facendo una smorfia.
Immagino lo spavento dei tuoi genitori, deve essere stato terribile.
stato pi terribile dopo. I miei, passata la paura, mi hanno fatto scontare
una punizione esemplare. Praticamente mi sono giocato tutta l'estate e i regali del
Natale successivo.
Avrai imparato la lezione.
Mmh...forse, mugola richiudendo gli occhi. Poi all'improvviso chiede E tu,
come te la sei fatta?
D'istinto metto in dentro la pancia e mi accarezzo la cicatrice. So che allude a
questa, non deve essergli sfuggita quando mi ha spogliata.
Appendicite, butto l, dimenticandomi per un istante chi ho davanti.
Gi. Appendicite.
So che non mi crede. E per la prima volta, da quando in molti hanno
cominciato a chiedermelo, sento il bisogno di dire la verit. Una verit scomoda,
dolorosa, terribile e ingiusta. Una verit che mi porto dietro da vent'anni e che pesa
come un macigno, che ha schiacciato spesso la mia voglia di vivere. Un peso atroce
che, se lo avessi lasciato andare un po' per strada, a quest'ora mi ritroverei un'anima
pi leggera e un sacco di guai in meno.
Ed arrivato il momento di buttarla fuori questa verit, vomitarla fino a non
avere pi saliva, urlarla fino a non avere pi fiato, confidarla fino a non avere pi un
briciolo di dignit, per poi raccattare quello che resta e plasmarlo in qualcosa di
nuovo, positivo.
Era il Novembre del 1993. Avevo tredici anni, comincio, fissando un punto
davanti a me. Mio padre, come decine di altre sere, torn a casa ubriaco. Ero
talmente abituata a vederlo barcollare e imprecare, che quasi non ci facevo pi
caso. Mio fratello era gi a letto, accartocciato su se stesso per proteggersi dalle urla.
Mia madre, invece, ricevette la prima dose di insulti per aver servito una cena troppo
fredda. Lei, che gli correva dietro con un amore malato, perdonandolo anche
quando alzava le mani, lo assecond anche quella volta, e quella prima. Lo ha
sempre assecondato, accudito, amato. Ma, evidentemente, non era quello che voleva
lui perch anche quella sera gliene dette talmente tante che lei rimase sdraiata sul
pavimento priva di sensi. E io a quel punto mi ribellai. Cominciai a colpirlo con una
forza che non credevo nemmeno di possedere. Pugni e calci scagliati contro un uomo
che a malapena si reggeva in piedi. Fino a che non m'agguant per la gola,
stringendomi in una mano ruvida che puzzava di pesce. Sentii mancarmi il fiato,
ebbi una paura folle, assaporai cosa volesse dire la parola orrore e morte. Ma con un
guizzo, dettato forse dallo spirito di sopravvivenza, riuscii a divincolarmi e
annaspando cominciai a correre verso il granaio. Non avevo pi fiato, mi bruciava la
gola e inciampai pi di una volta. Ma lui era dietro di me, che avanzava con passo
pesante, bestemmiando. Sarei potuta fuggire ancora, lontano, e magari ce l'avrei

fatta. Invece mi rintanai l dentro, pregando che morisse. Che un Dio lass mettesse
fine alla sua vita per salvare la mia. Cercai di nascondermi dietro a un mucchio di
fieno, ma ero solo una ragazzina perdio, una ragazzina, e per lui fu facile scorgermi
nonostante il buio. Si fece minaccioso verso di me, gracchiando il mio nome e
sputando in terra come fossi stata una cagna da disprezzare. Mi prese per i capelli e
mi colp con una tale violenza che pensai mi avesse rotto tutti i denti. Barcollai e
nell'istante in cui lasci la presa, fuggii di nuovo, questa volta pi forte, in una
maniera talmente forsennata e disperata che non mi accorsi di una forca che
spuntava da un pagliaio. Ci entrai dentro con tutta la pancia.
Un dolore lancinante mi perfor le viscere e cascai a terra, svenuta. Sono stata
trovata da mio fratello qualche minuto dopo, forse un'ora. Corse a chiamare mia
madre, che vista la situazione, pareva resuscitata. Ripresi i sensi solo quando mi
caric in macchina per portarmi all'ospedale. Nemmeno un'ambulanza mi
meritavo. Venni istruita su cosa dire, ma soprattutto su cosa non dire. 'Lascia parlare
me, Jordan. Chiudi gli occhi, adesso. Non successo nulla.' Come se solo chiuderli,
fosse bastato a cancellare l'orrore che avevo vissuto. Quando arrivammo all'ospedale,
avevo perso di nuovo conoscenza e un mucchio di sangue. Mi svegliai ore dopo e mia
madre mi disse che mi avevano operato, che era tutto a posto e che tra pochi giorni
saremmo potute tornare a casa. A casa con pap. Perch in fondo, non era successo
nulla. Un incidente, una sfortuna, pu capitare a chiunque. I dieci punti nella pancia
di sua figlia li chiamava sfortuna. Credo che sia stato in quel momento che ho
cominciato a odiarla, dal profondo del mio cuore ferito. stato non aver visto orrore
nella sua faccia, non aver visto rabbia, non aver visto l'amore sacrosanto che ogni
figlia merita su questa terra. Solo sorrisi rassicuranti sulla faccia del diavolo, ecco
quello che ho visto. E purtroppo, io, quel diavolo, me lo sogno ancora.
Cerco Mike con lo sguardo e incrocio i suoi occhi che mi fissano con profondit.
Che ne stato di tuo padre?.
Pochi giorni dopo uscito in mare con una vecchia barca e non ha pi fatto
ritorno. Il buon vecchio Nolan cerc in tutti i modi di non far trapelare nulla, ma la
notizia si diffuse come un virus, la gente cominci a parlare. Mia madre camminava
a testa alta come se fosse una cosa di cui vantarsi e non si capacitava di questo
chiacchiericcio: Solo per uno stupido incidente diceva. Conobbi Philip sette anni
dopo, lo sposai in fretta e me ne andai di casa. Solo allora lei e mio fratello
lasciarono Dingle e si trasferirono in Italia, dai parenti di mia madre. Aspett che
me ne andassi di casa, non voleva darla vinta a quelli che sparlavano. Fuggire
sarebbe equivalso a dare ragione a loro, a confessare l'atrocit della situazione, a
prendersi la colpa di tutto. In fondo, non avevo chiesto molto, solo di essere difesa e
tutelata, ancora prima di quella sera. Perch una madre che accetta di essere
picchiata davanti ai suoi figli, una madre che ti dice che quello il bene e non il
male, che amore e non odio, che rispetto e non prevaricazione, che affetto e
non violenza, non pu essere una buona madre. Aveva il dovere non solo di
proteggersi, ma anche di proteggerci. E non l'ha fatto. In tutta questa faccenda il
colpevole non solo mio padre, che comunque agiva sotto l'effetto dell'alcool, lo era
anche lei che, sobria e con una freddezza spaventosa, si rendeva complice di queste
atrocit. Ecco come me la sono fatta.
Mike steso su un fianco. I minuti sono passati senza che abbia mai staccato gli

occhi da me. Li ho sentiti addosso, non a giudicarmi, ma a proteggermi. Sta per


aprire bocca, quando lo interrompo: Solo una cosa, Donovan: non analizzarmi. Non
farlo. Non voglio consigli, non voglio pareri. Non voglio sentir parlare di mia madre.
Ho impiegato anni a metabolizzare la cosa e l'ho fatto a modo mio. E voglio
continuare a farlo, se non ti dispiace.
So di avere un tono duro, ma devo averlo se non voglio crollare un'altra volta.
Non mi dispiace. Credo tu abbia fatto un buon lavoro. Il suo tono dolce e mi
sento in colpa per non avergli confidato che in realt sono in terapia da quasi un
anno.
Ma lo far, una cosa per volta. Per oggi mi sembra di aver gi buttato gi
qualche zavorra e lo ammetto: nonostante sia stato faticoso, ora mi sento pi
leggera. Come quelle donne che confessano un tradimento al marito: la gravit del
fatto rimane, ma la coscienza almeno a posto. Si raccattano i cocci e si prova a
incollarli di nuovo tra loro senza un peso sulle spalle.
Faccio un grande respiro. Okay, ho bisogno di sdrammatizzare, senn
impazzisco.
Sia chiaro, il premio come miglior storia triste oggi l'ho vinto io. Non cercare di
convincermi del contrario. La tua storia della motocicletta non vale nemmeno una
menzione speciale.
Sei completamente pazza, la sua risposta. Poi, allargando le braccia,
sussurra: Vieni qui.
Prima ancora che mi domandi se il caso di assecondarlo, lui continua: Avanti,
dottoressa, non approfitter di te.
Ho deciso: basta pormi troppe domande. L'ho sempre fatto e mi hanno portato
solo casini. Quindi, strusciando sul letto, mi accoccolo tra le sue braccia. Ed come
ritrovare casa, la tua stanza, il tuo orsacchiotto di quando eri bambina.
Mi stringe piano e mi accarezza i capelli con gesti lenti e ipnotizzanti per un
tempo che a me pare lunghissimo, fino a che, dopo avermi baciato la fronte,
sussurra: Voglio dirti una cosa.
Mmh...? mugolo. Sono talmente esausta che mi sto abbandonando a occhi
chiusi in questo abbraccio confortevole e caldo come un ventre materno.
Sto cominciando ad affezionarmi alle tue lentiggini.
Piego le labbra in un sorriso. Il muro stato abbattuto e finalmente la luce del
sole mi acceca in tutta la sua bellezza.

26
Mi sveglio principalmente perch sento freddo. Apro gli occhi e mi ci vuole
qualche secondo per riordinare le idee, ma dopo un breve giro di ricognizione, ci
sono. Sono nel mio letto, dopo una sbronza, dopo essermi liberata non solo lo
stomaco da una quantit abnorme di alcool ma pure l'anima da una verit
scomoda, e Mike qui con me. Anzi, era, perch adesso non c' pi. Quanto ho
dormito? Non lo so. Probabilmente si stufato, non solo di vedermi ubriaca e sfinita,
ma proprio di tutta la situazione. Avr preso la sua macchina fiammante e...oddio il
furgone!All'improvviso mi viene in mente che probabilmente rimasto parcheggiato
davanti a Murphy's dove l'ho parcheggiato ieri sera. Ottimo, cos sono anche a piedi.
Questa mia considerazione si sovrappone a un'altra: sento scorrere l'acqua nella
doccia. E a meno che non abbia dimenticato l'acqua aperta due giorni fa, adesso c'
un uomo nudo nel mio bagno a pochi metri da me. Ges mio.
Io non mi muovo, anche se dovrei andare in bagno, non mi muovo. Non devo
attendere molto, che Mike varca la soglia della camera da letto con solo un
asciugamano intorno alla vita. Un asciugamano rosa. Okay, il colore l'ho visto dopo,
ero un filino distratta da tutto il resto.
Spero non ti dispiaccia. Ne sentivo il bisogno.
Figurati. Ti dovevo una doccia.
Come stai? mi chiede strofinandosi i capelli con un altro asciugamano, fuxia
questa volta.
Molto meglio. Ti dona il rosa, sottolineo sorridendo e impegnandomi a
guardarlo negli occhi.
Non ho avuto scelta, hai solo asciugamani rosa. Sembra il bagno della Barbie.
Non ti facevo cos romantica.
Sono i regali di Nora. Parure complete che vanno dal rosa al fuxia passando
dal lill, regalati un anno s e un anno pure. Tutto questo perch scopr con orrore
che usavo i miei asciugamani per asciugare Boogie. Ovvio che poi, una volta usati
per lui, io non ne facessi pi uso, ragion per cui in poco tempo mi ritrovai senza
biancheria. Ma ci ha pensato lei a rifarmi il guardaroba e non potevo certo sindacare
sulla scelta del colore.
Certo che no, sarebbe stato...
Jordan? una voce maschile, proveniente dal basso, ci fa sussultare.
Ci giriamo di scatto verso le scale.
Jordan, sei l?
Occazzo.
Occazzo Derry! E sta salendo le scale.
No no no no no!
La porta era aperta, come sempre. E lo so che non il momento per dirtelo,
ma dovresti imparare...
Derry si blocca di colpo davanti alla porta spalancata della mia camera da
letto. Sta vedendo me quasi nuda in un letto sfatto che cerco di coprirmi con fare

convulso e Mike seminudo appena uscito dalla doccia. Chiunque fraintenderebbe.


Chiunque.
Oh, comincia guardando prima me poi Mike. Ottimo.
Non capisco cosa ci sia di ottimo in questa scena ma rimaniamo tutti e tre, per
qualche secondo di troppo, fermi come delle statuine. Mike ha smesso pure di
frizionarsi i capelli ed immobile con un braccio piegato sopra la testa.
Decido di smuovere questa situazione grossolana: Derry, che...che piacere
vederti.
Ero passato a farti visita, ma vedo che hai gi compagnia, dice, guardando
Mike con un astio che non gli ho mai visto dipinto in volto. Mike non fa una piega.
Be', grazie.
Ma me lo potevi dire che preferivi lui a me, mi sarei risparmiato il viaggio.
Ha detto proprio preferivi lui a me? Tipo bimbo di cinque anni all'asilo? Senti
Derry, non ci sono preferenze, e faccio finta di non notare l'espressione divertita di
Mike che...non ti aspettavo, okay?
Come non mi aspettavi? Ti avevo avvertito che sarei passato oggi e tu mi hai
detto va bene, Derry, ti aspetto!
Ti ho detto cos? Lo so che sembra una scusa ma io non mi ricordo nulla.
Ommioddio quante altre castronerie avr sparato in queste ore?
S, ieri sera al telefono mi hai detto cos! incazzato, e lo sarei anche io
probabilmente. Prometto cose e poi non le mantengo. Faccio un casino che la met
basta e avanza, e chiedere a Derry di mettersi nei miei panni e comprendere,
come chiedere a un elefante di passare nella cruna di un ago.
Derry, scusami, colpa mia, mi sono dimenticata. Con tutto quello che
successo ieri puoi immaginare in che stato sono.
Lo vedo. Mi indica col mento e capisco che effettivamente non sono credibile.
Tutta la situazione non lo .
Scusatemi, vi lascio soli. Vado a vestirmi. Mike, prima di uscire dalla stanza
batte una mano sulla spalla di Derry. Vacci piano, ragazzo.
Derry lo segue con lo sguardo, poi lo sposta su di me: Allora davvero te la fai
con lui? Da quanto ci scopi, esattamente?.
Non credo alle mie orecchie. Ma osa aggredirmi in casa mia? Fregandomene di
essere mezza nuda, scendo dal letto, apro l'armadio e agguanto dei vestiti alla
rinfusa
Non parlarmi come se fossi una puttana! Ma cosa ti salta in mente? Dalla
rabbia mi infilo anche una maglia al contrario. Me la sfilo, la rovescio con rabbia e
me la rimetto con talmente tanta foga che manca poco che mi strozzi.
Ti tratto come meriti! Mi hai fatto venire qui per farmi vedere chi ti porti a
letto! Cosa volevi dimostrarmi? La collanina che gli cinge il collo al limite. Se fa
uno starnuto gli schizza via.
Niente. Non volevo dimostrarti niente e anche se sembra una frase da film, non
come sembra!
Ma che stronza. Mi fai passare anche per scemo! Cosa facevate, stavate
giocando a Risiko? Sta anche sudando. Non un bello spettacolo, sta veramente
perdendo il controllo.
No, non stavamo... aspetta un attimo. Ma io mi devo giustificare per qualcosa

che non ho fatto? Anzi, mi devo giustificare a prescindere? Con lui? Ma non ho capito.
Mi infilo velocemente un paio di pantaloni a caso e lo affronto Senti un po': perch
mi merito un cazziatone? Perch mi hai trovato in compagnia di un uomo? Fammi
capire: ma io e te stiamo insieme?.
Lui abbassa gli occhi e tace. Non ha nemmeno le palle per affrontarmi e
guardarmi negli occhi.
Rispondi!.
E ora, se fosse veramente un uomo, mi rimetterebbe a posto con due parole,
mi griderebbe il suo amore, quello che mi ha lasciato sempre intendere con
atteggiamenti discutibili, a dire il vero, ma voglio chiudere un occhio. Mi
dichiarerebbe quello che non riuscito a dichiarare in questo anno, e che cio siamo
fatti l'uno per l'altra, che basta guardarmi per leggermi nel pensiero, che siamo due
pezzi dello stesso puzzle che non aspettano altro che combaciare. Mi abbraccerebbe
per farmi sentire che mi sbaglio, che ancora non ho capito che in verit lo amo, e
che con lui potrei essere la donna pi felice del mondo.
Ma lui non dice niente. Non solo perch un omuncolo senza spina dorsale, ma
soprattutto perch quello che ho appena elencato non ha ragione di esistere.
Dovrebbe essere cos, ma non lo . Non per me. E se lui non trova il coraggio o la
forza per urlarlo, evidentemente, non lo nemmeno per lui, nonostante mi voglia
far credere il contrario.
No, non ancora, dice infine non sapendo pi dove andare a parare. Sposta il
peso da una gamba all'altra e non so decifrare se impazienza o imbarazzo. Forse
non mi ritiene all'altezza di un affronto? Aspetta. Ha detto non ancora?
Che razza di risposta non ancora? Ti ho mai promesso qualcosa? C' una
data di scadenza della nostra amicizia, dopo la quale passiamo a qualcos'altro?
Perch se c', abbi pazienza, finora mi sfuggita!.
So di essere dura e cinica, ma io non ce la faccio pi.
Quando fai cos sei una stronza.
E due. No, non sono stronza, sono onesta. Mi sembrava di essere sempre stata
piuttosto chiara riguardo a noi due.
No, Jordan. Tu forse non te ne rendi conto, ma sei...sei incoraggiante, ecco.
Questa bella. Incoraggiante? Incoraggiante!!? Perch dico di s alle tue
richieste di venire a prendere il caff in questa casa? Perch accetto di condividere
con te una birra? Anzi, a tal proposito vorrei puntualizzare che io non ti offro mai un
bel niente e tu te la prendi lo stesso. Comunque la lista potrebbe comprendere
anche l'accettare un'uscita al cinema o andare insieme alla festa del paese, che,
voglio dire, quante volte sar successo da quando sono vedova? Due, tre volte? O ti
riferisci anche a quando ero sposata? No, perch altrimenti sarebbe ancora pi
grave il fatto che io sia stata incoraggiante, non credi? Sto urlando ma, Cristo, che
rabbia!
Tu non ti rendi conto di un cazzo! E s, sei stronza! Una maledetta stronza! Ma
te la faccio pagare, sai?.
Mi minacci? e nello stesso istante che pronuncio la frase, un brivido mi scorre
lungo la schiena. Ma lui pare non avermi sentito. Bene. Molto bene. Alzo il mento
in gesto di sfida Esci da questa casa, Derry. Subito.
Con piacere, ma sai che ti dico? Che sono contento. Un sorriso nevrotico gli

piega le labbra ridotte a una fessura.


S? E di cosa, se posso chiedere. Botta su botta. una guerra.
Che ti abbiano finalmente sgozzato quel cane di merda.
Non ci vedo pi. come se una lastra nera mi si fosse parata davanti agli occhi
oscurando la vista e la ragione. Prima che perda il controllo e che mi scagli contro di
lui, interviene Mike, apparso di nuovo nella stanza come per magia.
Ti avevo detto di andarci piano, ragazzo. La sua voce pi bassa di un tono.
E non piacevole. La mascella contratta e sento nell'aria la falsa calma prima
della tempesta.
Io non sono un ragazzo, amico. E stai sul tuo.
Io sto sul mio. Ma non mi piace quello che ho sentito. Fa' come ti dice Jordan:
esci di qua, dammi retta.
Se no? lo sfida.
No no no no no. Vi prego no. Non qui, non ora, e nemmeno dopo.
Mike pare non cedere alla provocazione e in cuor mio lo ringrazio come non ho
mai ringraziato nessuno in vita mia.
Te lo ripeto: va a casa, o dove diavolo vuoi. Ma esci di qui.
Comanda gi in casa tua? mi schernisce Derry guardandomi con occhi iniettati
di sangue. Ha gi fatto la pisciatina per marcare il territorio?
Mike adesso stenta a mantenere la calma, lo vedo da come stringe i denti. La
sta mantenendo solo per me, perch scommetto che, se fosse per lui, adesso Derry
planerebbe dalla finestra.
Non mi provocare...vai... e cos dicendo lo prende per un gomito
accompagnandolo alla porta.
E tu non toccarmi! Derry all'improvviso si divincola, e vedo tutto come una
scena al rallentatore. Derry che indietreggia, allunga il braccio destro all'indietro,
chiude la mano e no no no noooo!!
Invece s: sferra un pugno sullo zigomo di Mike. Il rumore secco e
agghiacciante. Mike, preso alla sprovvista, barcolla all'indietro a occhi chiusi. Derry,
tremando dall'ira, ringhia: Se l' cercata! poi se ne va, con l'atteggiamento da bullo
di periferia, ma io gi non lo seguo pi. So solo che qui stanno impazzendo tutti.
Mike si sta massaggiando la guancia sinistra dove si sta allargando una chiazza rossa.
Apre e chiude la bocca pi di una volta e con la lingua si controlla i denti. Tiro un
sospiro di sollievo quando non ne sputa nessuno.

27
Bel destro il tuo amico. Mike fa una smorfia quando gli appoggio del ghiaccio
sulla guancia.
Non pi mio amico a questo punto, e forse se lo fosse stato veramente, a
quest'ora il ghiaccio lo mettevamo in una birra e non qui. Ti fa tanto male?
Un po', sospira. Ma sta gi passando.
Mi sento morire. Mi dispiace, dico a bassa voce. Temo che sia tutta colpa
mia.
Mike poggia il sacchetto del ghiaccio sul tavolo e si sgranchisce il collo: Non puoi
essere responsabile delle azioni altrui. Ho sbagliato io. Forse dovevo lasciare che tu te
la sbrigassi da sola. Te la stavi cavando alla grande.
Gli sarei saltata agli occhi. Quando ha detto quella cosa orribile su Boogie, non
ci ho visto pi. Se ci ripenso, urlo.
L'ho notato. E l'avresti fatto. Se non fosse che temevo che lui si sarebbe difeso
colpendoti, ti avrei lasciata fare.
Gli rivolgo un sorriso mesto: Dovresti tenerlo un altro po'. Indico col mento il
sacchetto del ghiaccio e lui diligentemente lo afferra e se lo riposiziona sulla parte
dolorante. Rimaniamo un po' in silenzio avvolti dal profumo del detersivo al limone
che aleggia in cucina. Mi chiedo dove lo abbia scovato, perch io al momento non
saprei dire nemmeno dove tengo la scopa. Non ricordo cosa ho combinato, ma la
zona giorno adesso pulita e profumata, senza la minima traccia della
spiacevolissima performance dei miei succhi gastrici. Non solo ha pensato a me ma
anche alla mia casa.
Socchiudo gli occhi e mi chiedo: quale razza di donna si lascia sfuggire un uomo
come Mike Donovan? Al momento non mi viene da riconoscergli nessun difetto grave
da indurre una donna sana di mente a lasciarlo. A meno che non abbia lasciato lui
tutte le sue donne, ammesso che siano state tante. Forse uno che si stufa presto,
forse uno che ti scava talmente dentro che ci che vede gli fa paura. Forse
pretende troppo da un rapporto, tipo che la moglie se ne deve stare a
casa...insomma quelle robe l. Forse...forse meglio se smetto di farmi queste
domande, perch non porteranno da nessuna parte. Probabilmente al suo posto lo
avrebbe fatto chiunque, no? Ammetto che nelle ultime ventiquattro ore ho fatto
veramente pena e chi, dico chi, non si sarebbe fermato ad aiutarmi?
Mi sto deformando? Mike mi desta dai miei pensieri.
Eh?
Dico: mi sto deformando? Mi stai fissando da cinque minuti buoni. Devo andare
a prendere uno specchio? Sono pi grave di quel che penso? Ride perch sa che non
cos.
Scusami. Ero sovrappensiero, mento.
A che pensi O'Neill. Parla.
Mi avvicino e mi siedo sul tavolo. In questo momento ho deciso che Mike
Donovan merita di sapere tutto.

O quasi.
Che dici? improbabile?.
Ho appena finito di raccontargli della morte di Philip, dei miei dubbi, delle
indagini pressappochiste della squadra di Nolan Garret, del mistero della collanina e,
con mia grande sorpresa, non solo non mi ha riso in faccia, ma ha seguito in silenzio
tutto il discorso annuendo spesso.
No, non improbabile. Per a questo punto non possiamo tralasciare nulla. Si
alza e getta il sacchetto del ghiaccio nel lavello. Poi torna verso il tavolo e prende in
mano la collanina: Ieri dove era nascosta questa?.
L'avevo in tasca.
Nella tasca dei jeans con cui sei arrivata a casa?.
Del giubbino, s, quello con cui sono arrivata a casa.
Mike si massaggia il mento: Alla luce di quello che mi hai detto, comprendi che
quello che successo ieri pu anche non essere un atto vandalico fine a se stesso?
Ci ho pensato s, ammetto. E non ti nascondo che mi fa paura. Credi che
stessero cercando quella?.
Vorrei poterti mentire, ma s, credo che stessero cercando la collanina. E Boogie
stato sacrificato per poter lavorare meglio. Forse, anche se non lo faceva mai, ieri
ha abbaiato. Non possiamo saperlo. Schiocca la lingua e scuote la testa. Siamo in
un bel guaio, dottoressa.
Il fatto che abbia usato il plurale mi rincuora quel tanto che basta da evitare di
farmi battere la testa nel muro dalla disperazione. Prendo atto che c' una persona
implicata nella faccenda che non si fa scrupoli a svaligiarmi casa e ammazzarmi il
cane, pur di riprendersi la collanina. E questo non fa altro che avvalorare la mia tesi
con un aggravante: questo ciondolo di chi quella sera ha spinto volontariamente
Philip gi dal burrone. A questo punto non si pu pi parlare di incidente.
Decisamente.
Che facciamo, Donovan? chiedo, mordendomi un pollice.
Non lo so. Per hai bisogno di uscire.
Dove andiamo?.
Fidati.
Alla polizia?.
Fai troppe domande, dottoressa.
E tu dai poche risposte, Donovan.
Sospira, lanciando gli occhi al cielo e mi regala un sorriso stanco: Cammina.
Il buon profumo della sua auto sportiva mi investe mentre chiedo: Mi
accompagni a riprendere il furgone? Guarda, non avevo il coraggio di chiedertelo.
Grazie.
Dopo.
Dopo cosa?.
Dopo ti porto a riprendere il furgone. Adesso voglio farti conoscere una
persona.
Un tuo amico?.
Una donna.

Bene! trillo con un po' troppo entusiasmo. Ottimo. Ora che sono arrivata ad
ammettere che non mi dispiacerebbe vedere Mike Donovan aggirarsi in casa mia, lui
sputa il rospo e mi confida che sono settimane che esce con una tipa che sembra la
sorella gemella di Angelina Jolie. Ci scommetto che cos. Okay, fa bene. Chiarisce la
situazione, mette i puntini sulle i, prende le distanze. giusto. Mi ha aiutato, assistito,
anche baciato se per quello, ma cosa un bacio? Niente. In quel frangente poi
poteva essere anche solo una provocazione. Si trovato in una situazione in cui non si
poteva tirare indietro, tutto qui. Perfetto. S, perfetto.
E allora come mai sono nervosa? Come mai avverto di nuovo quella fitta di
gelosia che attanaglia lo stomaco? Come mai mi sono zittita di colpo e mi sto
torturando le pellicine delle dita? Sembro un'adolescente nellangolo di una sala da
ballo, che guarda il ragazzino del suo cuore ballare con un'altra.
Cazzo.
Sono sicuro che ti piacer, mi dice Mike lanciandomi uno sguardo in tralice.
Certo!
Jordan, mi dico, puoi evitare di squittire, per cortesia? Io sono cos. Quando
faccio fatica a trattenermi dal dire la verit, tutto quello che mi esce dalla bocca
amplificato. Anche una finta gioia, come in questo caso.
Dopo circa mezz'ora di strada, dove incrociamo pi turisti che irlandesi,
arriviamo
davanti a una casa color senape con un grande tetto spiovente. Quando scendo
dall'auto un vento violento mi scarruffa i capelli e ora, grazie anche alla quantit
generosa di balsamo che mi sono rovesciata in testa durante una doccia super veloce
prima di venire via, mi si ammassano pesantemente sulle spalle. Cerco di tenerli a
bada con le mani, ma una missione impossibile. Ci rinuncio.
Meglio che mi concentri su ci che mi circonda; in questo caso un giardino
curatissimo che cinge l'abitazione con aiuole fiorite disposte in precise figure
geometriche. tutto cromaticamente perfetto, penso con fastidio.
A quanto pare ha anche il pollice verde, Angelina.
Mi sto chiedendo cosa ci faccia io qui, quando palese che non ho nessunissima
voglia di conoscere la donna di Mike, chi frequenta, o chi si sbatte sul letto.
Sto per dirgli qualcosa quando la porta si apre ed esce un'esile figura femminile.
Troppo tardi.
La donna ha capelli neri, corti, con un taglio sbarazzino che anche con questo
vento le permette di sembrare pettinata. Non somiglia ad Angelina Jolie, ma una
donna piacevole, con le labbra carnose e vispi occhi chiari.
Erin! Mike le va incontro stringendola tra le braccia. Rimango ferma vicino alla
macchina fissandomi la punta delle scarpe. Sento che si baciano e si scambiano frasi
carine. Poi Mike torna indietro, mi prende per mano e me la presenta. Lei,
sorprendendomi, mi abbraccia. L per l rimango impietrita da cos tanta intimit
con una perfetta sconosciuta, poi goffamente ricambio l'abbraccio.
Dai, venite dentro! esclama esortandoci a seguirla.
Entriamo in una casa arredata divinamente che odora di t e biscotti alla
cannella. Allora, Jordan, dimmi il segreto di questi capelli stupendi! Erin mi fa
togliere il giubbino e prende un ricciolo tra le mani.
Veramente sono la mia dannazione, ammetto.

Oh, non lamentarti. Sono stupendi! Accomodatevi, accendo il bollitore del t e


torno subito da voi.
Ci lascia soli in un soggiorno con carta da parati fiorita e un divano in tinta che
ha tutta l'aria di essere usato pochissimo.
Nonostante non sia nelle mie corde sentirmi a mio agio in case altrui, devo
ammettere che qui l'aria talmente calda e amichevole che devo ricredermi.
Mike mi si avvicina e mi strofina le braccia, come se avessi avvertito freddo.
Tutto bene?.
Uh. Immagino di s.
Strano che tu non mi abbia ancora chiesto cosa diavolo ci facciamo qui.
un'ora che muoio dalla voglia di chiedertelo, confesso.
E perch non l'hai fatto?.
Perch sto cercando di migliorare. Basta con le domande, devo imparare a
fidarmi, a lasciarmi guidare.
Apprezzo l'impegno, ma credimi, ti riesce malissimo. Dovresti vedere la tua
faccia. Ride e mi stringe a s. Un t ti far bene. Rilassati un pochino, ora. Qui
siamo in famiglia.
Okay, ufficiale. Non ci sto capendo nulla. Mike si scioglie dall'abbraccio e si
dirige in quella che penso sia la cucina. Lo sento chiedere di una certa Grace, ma non
fa in tempo a ricevere una risposta che una voce stridula e leggermente tremolante
lo avvolge come una coperta. Mike, caro! Oggi s che una gran bella giornata!
Seguono risa, baci e convenevoli, ma solo per poco. Poi, spinta su una
carrozzella da un uomo calvo e leggermente sovrappeso, fa la sua comparsa
un'anziana signora. Improvvisamente tutto mi chiaro: lei la donna che ci teneva
a farmi conoscere. Mi do della sciocca e della cretina contemporaneamente.
Tu devi essere Jordan, sussurra con quella voce che sfugge a ogni controllo.
S, sono io.
Se ora mi dice anche: Mike mi ha tanto parlato di te, mi metto a cercare le
telecamere, perch il segno inequivocabile che sono finita in una sit com romantica.
Io sono Grace. Siediti, il t sar pronto tra poco, e fa cenno all'uomo di
fermarsi l, vicino al camino. Comunque rimane il fatto che Mike le ha parlato di me.
Vorrei sapere in che veste.
Jordan, questo mio figlio Colin, di l c' Erin, sua moglie, e questo d una
pacca sul sedere di Mike l'altro mio figlio. Be' pi o meno, vero caro?
Mike le sorride e non aggiunge niente, non ce n' bisogno. Basta guardarli per
capire che li lega un affetto sincero.
Mi spiace per il suo infortunio, mormoro, gettando un occhio a una delle sue
caviglie fasciate.
Oh, non dispiacerti e non provare pena per me, non una cosa grave. Sono
questi qua che mi fanno sembrare pi malata di quel che sono.
Non sei malata, ma devi stare a riposo. Tutto qua, si intromette Mike
aiutando Erin a poggiare su un tavolo basso un vassoio con il t.
Allora, visto che devo stare a riposo forzato, fatemi almeno godere delle gioie
del palato. Passami due dolcetti al limone, Mike.
Ci accomodiamo tutti e mi lascio servire da Erin. Sono seduta su un divano
immacolato che sembra appena uscito da uno show room e mi reputo troppo

pericolosa con una tazza di t in mano. una cosa che proprio non mi fa stare a mio
agio. Immagino gi scene catastrofiche di tazze volanti che atterrano sul rivestimento
rosa cipria e sui cuscini damascati. La tazzina, come da copione, comincia a
tremolare nella mia mano. Prima che possa fermarmi prorompo:
Scusate! Il mio tono di voce deve essere risultato un po' allarmante, visto che
tutti si sono girati di scatto. Ehm...se non vi spiace...io sarei pi comoda qui.
Mi alzo e mi risiedo subito dopo. Sul pavimento. Mike mi sorride da sopra la
tazzina, Grace inarca le sopracciglia, Colin annuisce sorpreso, ed Erin, gettando in
terra un cuscino esclama Ma quanto hai ragione? E poi questo divano troppo
scomodo! Non sai quante volte ho detto a mio marito di cambiarlo. Vero, Colin?
Colin, che a questo punto temo sia muto, annuisce di nuovo.
Di cosa ti occupi, Jordan? Il mio Mike stato molto moderato nel presentarti.
Grace con un gesto chiede altri biscotti che Colin le allunga con una smorfia di
rimprovero.
Non credo che sia di grande interesse. Sono solo un veterinario, rispondo,
evitando di immaginare Mike che parla di me e mi presenta. Questa cosa sa di
ufficiale, e lo so che ridicolo. dannatamente ridicolo. Quando hanno parlato di
me? In che termini? Basta, mi ero ripromessa di non farmi pi domande. Voglio
godermi la compagnia che queste persone mi stanno gentilmente concedendo.
Posso avere un altro po' di t? Grace addenta un biscotto e si rivolge a Erin.
Sono squisiti, cara. Devi sapere Jordan, che Erin un'ottima cuoca. Ma dicci di te,
raccontaci come passi le tue giornate.
Avessi voglia davvero di raccontare le ultime settimane sono sicura che riuscirei
a tenerli incollati in questa stanza a bocca aperta. Invece glisso con nonchalance
raccontando aneddoti pi o meno divertenti che mi capitano in ambulatorio,
tralasciando volontariamente qualsiasi riferimento alla vita privata. Visto che loro su
questo argomento non fanno domande, deduco che sappiano gi tutto. Apprezzo il
loro annuire interessato, i sorrisi che mi rivolgono, le gentilezze che mi riservano e il
modo con cui mi mettono a mio agio. Sono la classica famiglia in cui si respira la
serenit e la complicit delle gioie condivise e dei piaceri della vita. Mike ha
ragione: qui ci si sente veramente in famiglia. Passo due ore spensierate che, dopo
quello che successo, sono veramente un balsamo per l'anima. E, cosa che mi capita
molto raramente, quasi mi dispiace lasciare questo posto per tornarmene a casa.
Grace, che a quanto pare pi arguta di quanto vuol far credere, propone:
Perch non rimanete a cena? Ci farebbe molto piacere. Nel dirlo mi sorride
sincera.
Un'altra volta, Grace. Oggi dobbiamo sbrigare alcune cose. Mike mi precede,
avrei detto lo stesso anch'io.
S, un'altra volta volentieri. Oggi ho un impegno che non posso assolutamente
rimandare: ho da ritirare il furgone che ho lasciato da Murphy's perch ero troppo
ubriaca per guidare fino a casa.
No, la seconda frase non l'ho detta, l'ho solo pensata.
Ci conto, ragazzi. Grace allunga le braccia e mi tira a s per baciarmi sulle
guance. Ha un buon odore, di chi, nonostante l'et, ci tiene alla sua persona e si cura
con dovizia. Sa di fiori, di talco, di mamma. L'osservazione mi punge allo stomaco e
mi riprometto di tornare per conoscerla meglio. Mi sto inguaiando, lo so.

Me la immaginavo diversa, Grace dico, una volta saliti in auto. Non so, forse
sono state le tue parole a trarmi in inganno, ma, ecco, mi ero fatta un'idea diversa
di lei.
Tipo?
Non so...pi fragile, pi taciturna, pi triste. Invece ho visto una donna con un
bello spirito, ironica e per niente abbattuta.
Lo era. E lo stata di nuovo oggi. Credo che le abbia fatto bene vederci, e per
certi versi un po' ti somiglia. Penso che avreste un mondo da raccontarvi, tu e Grace.
Be', potrei andare a farle visita, ogni tanto.
S, dovresti. Farebbe bene a entrambe.
Mike guida con gesti sicuri intraprendendo strade che non portano da Murphy's
e mi chiedo cosa abbia ancora in mente. Una cena fuori? Un'altra visita? Nonostante
abbia deciso di abbandonare la mia mania di fare domande, non posso fare a
meno di chiedermi perch lui stia controllando con insistenza gli specchietti laterali.
Non lo facevo maniaco del controllo, per me gli specchietti sono addirittura un
optional. Per quando, lanciando un fugace sguardo allo specchietto retrovisore, gli si
increspano gli occhi e impreca, non posso pi farne a meno.
Che succede? chiedo un filino allarmata.
Qualcuno ci sta seguendo.
CHE COSA? urlo. Ommioddio, no.
Una macchina scura ci sta seguendo da qualche miglio. L'ho notata gi da un
po' e non possibile che faccia la nostra stessa strada. Non questa, almeno.
Ecco spiegato il motivo di questo giro panoramico. D'istinto agguanto il parasole
sopra la mia testa Ferma! Mike mi blocca ancor prima di tirarlo gi Non farlo.
Capirebbe che ci siamo accorti di lui. Piuttosto, se proprio vuoi vedere, tira fuori uno
specchietto dalla borsa e fa' finta di incipriarti il naso.
Mi giro risentita: Io non ho uno specchietto da borsetta!N tanto meno la
cipria!
Sei una strana donna, dottoressa O'Neill, sospira.
Sbuffo, non sapendo cosa fare. Sto sudando freddo. Mike continua a guidare con
scioltezza lanciando spesso lo sguardo su tutti e tre gli specchietti. Io faccio lo stesso e,
manco a dirlo, non solo non vedo una macchina scura, ma stento a vedere pure il
guidatore della macchina rossa dietro di noi. Che mi stia prendendo in giro?
Ma...davvero qualcuno ci sta seguendo?
Non avevi finito con il vizio di fare troppe domande?
No, a quanto pare no! Oddio, non posso credere che qualcuno ci stia seguendo
davvero. Anzi, mi stia seguendo, perch ovvio che vogliono me, o la mia dannata
collanina! sbotto senza ritegno. Mi prendo la testa tra le mani e per la prima volta
ho paura. E mi sento in colpa per aver tirato dentro a questa storia anche Mike,
bench il fatto che ne faccia parte mi faccia stare un po pi tranquilla. Non dovrei
per, perch, come mi ripeto spesso, lo conosco da troppo poco per fidarmi
ciecamente di lui. Anzi, a pensarci bene, da quando l'ho conosciuto che sono iniziati
tutti i casini. La cosa pi giusta da fare sarebbe chiamare Nolan Garret, ma
accantono l'idea quasi subito; non ho chiara la situazione e sicuramente rivolgendomi

a Nolan farei pi danno che a starmene zitta. Le cose sarebbero due: o mi


prenderebbe troppo sul serio e mi farebbe piantonare casa da un energumeno
costringendomi a muovermi con un agente, o mi riderebbe in faccia dicendomi di
star lontana dalla tiv. Quell'uomo per certi versi come me: mai una via di mezzo.
Mentre il mio cervello elabora questi pensieri e gli occhi danzano senza esito da
uno specchietto all'altro, Mike entra in un villaggio.
Io accosto, tu scendi ed entra in un negozio qualsiasi. Conta fino a cinquanta,
poi torna.
Faccio una risatina isterica Cosa , un giochino?
Cristo, Jordan, puoi fare per una volta quello che dico senza fare domande?.
No, dal momento che mi espongo! Se...se fosse...armato?
Armato? Guardi troppa televisione, dottoressa. Okay, vado io, sospira. Io non
ho ancora capito cosa vuole fare, ma mi guardo bene dal rivelarlo. Accosta lungo il
marciapiede, non prima aver controllato gli specchietti. Bene. L'auto si fermata
laggi in fondo, la vedi?.
Cerco di muovermi il meno possibile, ma scorgo un'auto scura in fondo alla via.
S...credo di s.
Okay. Conosci abbastanza bene questo posto per dirmi quali negozi ci sono
vicino a quella macchina?. Mike gi con la mano sulla maniglia della portiera.
Oddio, cos su due piedi? Un fioraio e una ferramenta, mi pare. No aspetta, la
ferramenta ora non c' pi, al suo posto mi pare abbiano aperto una macelleria. Ma
che vuoi far...
Non faccio in tempo a finire la frase che lui sussurra: Non muoverti da qua.
Poi dicono che guardo troppi telefilm, ma, voglio dire, come faccio a rimanere
calma in questa situazione?
Mio Dio, vorrei urlare. Invece non posso. Devo rimanere qui ferma ad aspettare
un uomo, entrato nella mia vita non so in che veste, che se n' andato
probabilmente a scoprire chi si cela in quella macchina. Mi domando cosa diavolo
creda di fare!
Ora scendo anch'io. Agguanto la maniglia, poi mi fermo. Ha detto di non
muovermi, maledizione. Mi giro ma adesso non vedo n Mike n l'auto scura.
Ottimo. L'ho perso pure di vista. Serro la mascella e soffoco un'imprecazione; non
da me essere cos passiva. Decido di andare a vedere dove si sia ficcato Mike, quando
lui spalanca la portiera e mi getta in grembo un sacchetto.
Allora? Nella mia voce si sente tutta la mia inquietudine, mista a curiosit e
rabbia.
Niente. La macchina, ovviamente, aveva i vetri oscurati e sono riuscito solo a
scorgere un uomo con un berretto. Appena ha visto che mi avvicinavo se l' svignata
con una retromarcia al limite del lecito.
Il numero di targa?.
Ero troppo distante. Ripeto: ha fatto retromarcia ed sparito dietro una curva.
L'unica cosa da fare sarebbe stata quella di corrergli dietro, forse ce l'avrei fatta a
leggerla, ma a questo punto giurerei che sia una macchina presa a noleggio. Magari
sotto falso nome. Si passa una mano tra i capelli e mette in moto.
Poi sarei io quella che guarda troppi telefilm, eh? Ma che credevi di fare?.
Nella mia voce sottintesa una lieve accusa che non riesco a celare.

Lui si gira verso di me e serra la mascella: Sia ben chiaro, dottoressa, che io lo
voglia o no, sono dentro questa faccenda... Apro bocca per replicare ma lui mi
blocca con un gesto: ...e se non ti dispiace ci voglio vedere chiaro. E non venirmi a
dire che nessuno me l'ha chiesto e che potrei andarmene in qualunque momento
eccetera eccetera. Ne ho abbastanza dei tuoi discorsi sull'indipendenza e del tuo
mostrarti forte a tutti i costi. Quindi ti conviene tenere a bada la tua boccuccia se
non vuoi che te la chiuda come intendo io.
Sono ammutolita. Rimango ferma a fissarlo e vorrei replicare, giusto per non
dargliela vinta, ma giuro che non mi viene niente. Questuomo riesce a zittirmi
come nessun altro e, ovviamente, questo gioca a suo favore.
Sospiro rumorosamente, punta sul vivo, e tamburello con le dita la busta di
plastica che ho in mano.
Posso parlare? lo provoco. O per dialogare con te mi devo procurare un
piccione viaggiatore?
Spara.
Cosa questa roba?
Bistecche. Non volevo che capisse che mi ero accorto di lui e quindi sono entrato
nella macelleria. Ce le mangiamo stasera con un buon vino rosso italiano.
Ce le mangiamo? Mi hai chiesto qualcosa? Ma pi che altro: ti ho risposto di s?
Ti piacciono le bistecche?
Be' s, ma che c'entra?
Allora non farla tanto lunga. Stasera a casa mia. Dobbiamo chiarire alcune
cosette, dottoressa.
Credo che sia il pi strambo degli inviti a cena che abbia mai ricevuto e quando
dice che dobbiamo chiarire alcune cosette, spero si riferisca agli ultimi sviluppi e non
alla nostra situazione, perch non sono pronta.
Guardo il sacchetto e dico con una smorfia: C'era anche un fioraio; avresti
potuto prendermi dei fiori.
Lui, con lo sguardo incollato alla strada, risponde: Non regalo mai fiori. Cerca
di ricordarlo.

28
Rosso. No, blu. Forse meglio nero. Se lo mettessi bianco? Getto l'ennesimo golfino
sul letto in preda a un'ansia che non mi riconosco.
Ma sono veramente io quella indecisa davanti allo specchio che si sta chiedendo
di quale colore meglio il pullover sopra la camicetta?
Io, che non mi sono mai posta il problema outfit nemmeno ai primi
appuntamenti coi ragazzi. Che vivrei di jeans e felpa tutta la vita, intervallati da
tute di pile e pigiama di lana e non me ne faccio un problema. Mi guardo, un po'
rossa in viso dopo la seconda doccia della giornata e s, sono proprio io. Dietro di me
alla rinfusa sul letto, una ventina di indumenti, tutti scartati.
Perch tutta questa cura per scegliere cosa mettermi? Perch non agguanto
l'ennesimo paio di pantaloni, degli stivali e me li faccio andare bene? In fin dei conti
non un incontro galante, n tanto meno un invito a cena ufficiale. Ti ha solo
proposto una bistecca a casa sua, Jordan, e come dice lui 'non la fare tanto lunga'.
Riguardo al vino, meglio che ci stia lontana invece, non voglio dare ancora uno
spettacolo raccapricciante.
Ma non so perch questa volta non riesco a convincermi a prenderla alla
leggera e mi do della sciocca. Non da me fare congetture e piani sulle serate.
Oddio, non che abbia molta esperienza a riguardo.
Passo di nuovo in rassegna l'armadio fino a che non scorgo in un angolo un abito
che sinceramente non pensavo nemmeno di avere. sui toni del lill non troppo
lungo da sembrare una signora attempata, non troppo corto da risultare volgare.
Adesso ricordo di averlo acquistato in Provenza, durante gli sporadici e veloci week
end con Philip. Mai messo e, a confermare ci che dico, da una manica penzola il
cartellino del prezzo. Prima lo guardo con scetticismo, poi me lo provo. La fantasia,
che allora mi sembr molto graziosa, adesso l'avrei preferita un po' pi scura e
meno...femminile. Ci nonostante devo ammettere che mi sta bene. Alcune frange
laterali mi lasciano scoperta una bella porzione delle gambe e prima di chiedermi
se sia il caso, mi ricordo che Mike mi ha vista seminuda.
Mi trucco un po', raccolgo i capelli in un ciuffo scomposto e lascio che alcuni
riccioli mi incornicino il viso. Lascio perdere a malincuore le innumerevoli paia di
stivali e indosso le uniche scarpe col tacco che ho.
Sono pronta. Pi o meno, dico. Un'ultima occhiata e lo specchio mi rimanda
l'immagine di una donna che sta facendo di tutto per essere presentabile e piacevole
agli occhi di un uomo.
Prima che ci ripensi, agguanto una giacca e la borsa e mi avvio al mio amato
furgone, di nuovo tra le mie mani.
Vi hanno mai detto che guidare un furgone con i tacchi un'esperienza che ti
potrebbe far citare tutti i santi del paradiso? Alla fine me li sono tolti e ho guidato
scalza. Ora sono qui, davanti alla porta della casa di Mike, in bilico su un piede solo
che cerco di infilarmi le scarpe senza cadere. Prima che possa bussare, la porta si

spalanca.
Non dirmi che sei anche chiaroveggente! esclamo, armeggiando con una
scarpa che non ne vuole sapere di collaborare e facendo finta di non notare che quel
muscolo chiamato cuore ha avuto uno spasmo nell'istante in cui l'ho visto.
Mike mi agguanta appena in tempo prima che cada rovinosamente sul suo
zerbino.
Se ti presenti col furgone, non importa nemmeno che tu suoni il campanello.
La marmitta si sente a due isolati di distanza. Comunque, benvenuta.
Grazie.
Ti posso lasciar andare? chiede, con la sua mano che ancora cinge la mia vita.
S, credo di s, ammetto a disagio, entrando. Che stupida. Sono mesi che non
metto i tacchi e cosa credevo di dimostrare? Di sapermi muovere a mio agio su dieci
centimetri? Sei patetica, Jordan.
Hai fame? mi chiede mentre mi aiuta a togliere la giacca.
E quando non ne ho?.
Bene, quasi pronto, annuncia squadrandomi con le mani sui fianchi. Poi
increspa le labbra, guarda un punto dietro la mia testa e mi ripianta gli occhi
addosso.Starei ore a guardarti camminare su quei cosi, credimi ti donano, e
probabilmente ignori anche le conseguenze che possono avere su di un uomo, ma
sentiti libera di toglierli.
Sono rimasta a ti donano e conseguenze su un uomo, del resto non ho capito
granch.
Lui si sfila un canovaccio che aveva infilato nella tasca dei pantaloni e si dirige in
cucina, da dove proviene un invitante profumo di carne alla griglia.
Noto che ha apparecchiato un grande tavolo in salotto, ma in maniera molto
sobria, senza fronzoli, candele o fiori. Come ho gi avuto modo di apprezzare, mi
piace il suo stile, fosse stato il contrario sarei stata a disagio. Nella sua semplicit
tutto curato, carino e intimo.
Mi affaccio in cucina dove, nel camino d'angolo, sfrigolano due bistecche.
Serve aiuto? Potrei stappare il vino, anche se stasera meglio che ne stia alla
larga.
Lui adagia la carne su un vassoio e mi fa il gesto di precederlo in salotto.
Solo un goccetto, dottoressa. Solo per fartelo assaggiare. un chianti
pregiatissimo. Mi costato un occhio della testa.
Davvero? sono allibita.
No. Per mi hanno detto che molto buono.
Una delle cose che devo imparare su Mike Donovan riuscire a decifrare per
bene le sue frasi.
Lui si dirige ancora in cucina per tornare subito dopo con un vassoio sul quale
troneggiano delle patate arrosto, dell'insalata mista e dei fagiolini. Ci accomodiamo
a tavola e lascio anche che mi serva il vino decantandone alcune qualit con ironia
mentre storpia parole fingendosi sommelier. Rido di gusto e... trovo che lui sia
bellissimo. la prima volta che lo ammetto con me stessa. Non so cosa sia, forse la
serata, l'intimit di questa casa, la tavola apparecchiata con cura per me, il vino che
non ho ancora bevuto, la fame...non ne ho idea. So solo che mi sento attratta da lui
come mai mi sono sentita attratta da un uomo. Mi colpisce la sua ironia, la sua

determinazione, il suo tenermi testa, la sua sicurezza in ogni situazione.


Evidentemente voglio un uomo cos. Evidentemente voglio Mike Donovan. La
consapevolezza mi colpisce come un pugno in testa, stordendomi un po'. Mi conviene
trovare una scusa che mi permetta di fuggire via subito dopo cena come una
Cenerentola moderna, se non voglio rendermi ridicola.
Rimango con il bicchiere in mano, facendo oscillare il vino come un'intenditrice,
ma a lui non sfuggono i miei pensieri.
A cosa pensi?.
A oggi, mento. Addento un pezzo di bistecca che mi si scioglie letteralmente
in bocca. Secondo te dovrei avvertire Nolan?
S, hai anche aspettato troppo. Perch hai delle remore a confidarti con lui?
mi chiede, mettendosi in bocca un pezzetto di carne. Fa un gesto di approvazione,
effettivamente ottima.
Non lo so con esattezza. Forse perch non solo il capo della polizia, ma per
prima cosa un amico di famiglia. Mi sento giudicata, a volte ho anche la sensazione
che non mi prenda sul serio.
Sembra sinceramente affezionato a te.
S, sicuramente lo . Lo metter al corrente di quello che accaduto oggi,
replico mesta.
Hai paura? Di quello che ti sta succedendo, intendo. Si pulisce la bocca e
afferra il bicchiere. Non lo beve e aspetta una risposta.
Da una parte s, perch non so dove porter tutto questo. Mi hanno gi fatto
fuori Boogie e se come pensiamo, c' un pazzo che non si far scrupoli a farmi del
male. Dall'altra, se ragiono con raziocinio, no. Tutto quello che mi capitato
talmente assurdo da non sembrare vero. Voglio dire, potrei essere facilmente
suggestionabile e gli episodi che mi sono capitati potrebbero essere indipendenti l'uno
dall'altro. Faccio una pausa, prendo anch'io il bicchiere e concludo: Nolan mi ha
parlato di superficialit nelle indagini, non mi ha detto altro. Sono io che ho montato
la teoria basandomi su quanto accaduto. Per un lampo brevissimo tutta questa
storia mi sembra inverosimile. Sono in una casa, che, anche se arredata con poco
gusto, sprigiona calore, in compagnia di un uomo che trovo intrigante dopo mesi di
solitudine e vorrei ripartire da qui, gettandomi dietro le spalle le ultime settimane.
Realizzo che in questo preciso istante non me ne importa pi niente della collanina,
di cosa successo quella notte e di chi si portava a letto Philip. Voglio chiudere
questa storia, catalogarla di nuovo sotto 'tragico incidente', e mi pento di aver
iniziato a fare congetture.
Mike alza il calice di vino nella mia direzione: A cosa brindiamo, dottoressa?.
Al nostro futuro? butto l.
Mmh...interessante. Mike mi lancia uno sguardo eloquente.
No no, intendevo al nostro futuro in generale, cerco di rimediare. Al tuo
futuro a Dublino, la tua carriera...quel futuro. Credo di essere paonazza.
Maledizione.
E il tuo come sar? Progetti? Viaggi imminenti, una vacanza...come pensa di
passare l'estate, il veterinario pi conteso della contea?
Mike allontana
impercettibilmente il piatto vuoto, distende le gambe sotto il tavolino e sembra che
si stia preparando ad ascoltare il discorsone del secolo.

Da me, che non so pianificare nemmeno la giornata di domani.


Sono anni che non mi prendo una vacanza, che non faccio un viaggio. Non
guardarmi cos! protesto vedendo la sua bocca piegarsi all'ingi.
Quest'anno potrebbe essere la volta buona. Credo che staccare un po' ti possa
far bene.
S, certo, ci penser, mi limito a dire. Mi piace questo giochino, questo fai finta
che tutto vada bene.
Anche io ho finito e devo ammettere che la cena, per quanto semplice, stata
ottima.
E semplice anche un aggettivo che si addice all'uomo che mi siede di fronte.
S, credo che Mike sia un uomo semplice ma non semplicemente un uomo:
qualcosa di pi.
All'improvviso si alza, prende i due calici di vino e mi invita a seguirlo sul divano.
Puoi sederti sul pavimento, se vuoi, mi canzona.
Spiritoso. Credo di farcela a gestire un bicchiere di vino.
Un po' di musica? mi chiede, avvicinandosi ad un impianto stereo che credo
appartenga alla prima guerra mondiale.
No, non necessario, va bene cos, grazie. Cosa questo improvviso
imbarazzo? In fin dei conti ci siamo visti mezzi nudi, ho vomitato sulle sue scarpe, mi
ha fatto conoscere la sua, come vogliamo chiamarla, famiglia? Mi sono rifugiata gi
nelle sue braccia e se vogliamo essere precisi c' gi stato un bacio. Allora cosa
questo groppo che sento in gola? Questo disagio che si sta impadronendo di me?
Forse il non sapere come si evolver la serata, o forse l'esatto contrario: sapere
gi come andr a finire.
Quando Mike si volta, sono gi alla porta con la giacca piegata sul braccio e la
borsa in mano. Mi guarda con aria interrogativa.
Credo che sia meglio che vada. Sussurro, ondeggiando sui tacchi.
Perch? mi chiede piano, avvicinandosi.
Perch penso che sia meglio cos. Fisso il pavimento maledicendomi perch
non trovo una scusa plausibile.
Lui mi prende il mento tra le dita costringendomi a guardarlo: Non fuggire di
nuovo, Jordan. Non da me. La sua voce profonda e i suoi occhi sinceri mi scavano
dentro. Una voragine mi si apre nello stomaco e sento le gambe cedere. Non so cosa
sia, so solo che spaventosamente stupendo.
Rimani qui, stanotte. Rimani con me. Mike, nel pronunciarlo, mi ravvia una
ciocca di capelli e a quel gesto ho un fremito. Non so se ce la faccio. Sto lottando con
tutte le mie forze per non cedere, per non rimanere inerme davanti a quello che,
molto probabilmente, desidero con tutta me stessa.
Io... balbetto come una bimbetta non sapendo cosa dire.
Mike comincia a baciarmi gli zigomi con dolcezza: Dimmi...dimmi un solo
motivo valido perch tu te ne vada.
Mi parla e mi bacia contemporaneamente le guance, il collo, per poi risalire fino
agli angoli della bocca in un gioco erotico estenuante.
Solo uno, dottoressa, e io ti lascer andare.
Non lo trovo. Obiettivamente, non lo trovo. Sono totalmente rapita da lui,
inchiodata nei suoi occhi e nella sua bocca che semina languidi baci sulla mia pelle

avida. Lui sta aspettando me, un mio cenno, una mia parola per mettere fine a
questa lotta sensuale. Ma quando mi cinge la vita con decisione tuffando il suo viso
nel mio collo, io perdo la testa. E anche il controllo.
Cerco la sua bocca e mi ci avvinghio con una violenza che quasi barcolliamo.
Tuffo la mia lingua dentro la sua bocca e lui non si fa trovare impreparato. un
bacio brutale, appassionato, feroce. Ci baciamo gli occhi, gli zigomi per poi tornare
alla bocca fino a rimanere senza fiato. Le sue mani mi abbracciano, mi accarezzano
insinuandosi nella scollatura del vestito. Non c' pi controllo, non c' pi ragione. La
passione ci offusca la mente e quando lui prende un mio seno in bocca vengo
travolta da un'ondata di desiderio cos violenta che voglio averlo subito, ora. Voglio
che mi possegga qui in piedi davanti alla porta, sul pavimento, sul tavolo del salotto,
dove vuole, ma ora. Gli faccio letteralmente saltare i bottoni della camicia per
baciargli il petto, per tuffare le mie labbra nella fitta peluria che gli disegna una T
perfetta sul torace. Lui, quando con la lingua scendo a baciargli l'ombelico, geme in
modo gutturale. Capisco che siamo al punto di non ritorno. Si toglie del tutto la
camicia, mi prende in braccio continuando a baciarmi e crolliamo dopo pochi passi
sul divano. Le mie scarpe sono volate con un tonfo sordo e i miei capelli sono un
ammasso rosso che gli circonda il volto. In un lampo meravigliosamente nudo sopra
di me con un'eccitazione che mi lusinga non poco. Le sue mani sono ovunque, ogni
carezza mi lascia andare un fremito e quando con il dito mi abbassa l'orlo delle
mutandine gemo di piacere. Sono pronta, come non lo sono mai stata. Con un
desiderio indicibile di avere Mike dentro di me e soprattutto con me. Non resisto pi.
Lascio che mi sfili gli slip e che esplori la mia intimit con foga.
All'improvviso mi prende il viso tra le mani, ansima e i suoi occhi dardeggiano di
desiderio: Non ho niente, dottoressa.
L per l non comprendo subito, poi capisco. E questa affermazione fa di lui un
uomo con la U maiuscola.
Non preoccuparti.
Lui mi guarda socchiudendo i suoi bellissimi occhi scuri. Nel suo volto leggo
incredulit mista a un'eccitazione difficile da controllare.
Fidati di me, gli sussurro attirandolo sul mio seno e chiudendo le palpebre. Ti
voglio, Mike.
Le mie parole spazzano via qualsiasi dubbio che si era impercettibilmente
palesato sul suo viso e lo accolgo con tutta me stessa dentro di me. Ci amiamo con
frenesia, ardore, avidit, come se per troppo tempo ci fosse stato negato di affidarsi
all'altro, di ritrovarsi. Mike mi ama con passione, con attenzione, con una generosit
che credo anche di non meritare. Mi fa sentire al centro del suo mondo, desiderata e
amata come non lo sono mai stata.
Quello che ci sta capitando talmente devastante che capiamo che stiamo per
venire dopo poco. L'incedere delle sue spinte si fa pi veloce, mi inarco vogliosa per
accoglierlo meglio e in profondit, voglio sentirlo fino in fondo, voglio che mi porti in
cima alla giostra per farmi fare un giro di quelli che ti stordiscono, che ti fanno
dimenticare per un attimo dove ti trovi. Ma io non voglio perdermi, voglio essere qui
con lui, assaporare questo momento. Apro gli occhi per guardarlo. Lui fa lo stesso con
me e i nostri sguardi si fondono come lava bollente; la stessa che sento scorrere
adesso dentro di me. In questo preciso istante, durante questo orgasmo primordiale,

profondo e totalmente devastante, in questo decimo di secondo dove tutto pare


essersi fermato, in questo momento in cui i nostri corpi sono una cosa sola, capisco che
io lo amo. Amo Mike Donovan, come forse non ho mai amato un uomo in vita mia.
Questa consapevolezza me lo fa abbracciare forte mentre due timide lacrime mi
rigano il viso.
E ora? gi la decima volta che me lo chiedo nel giro di cinque minuti. Anche
senza guardare l'orologio, la luce che filtra dalle finestre mi dice che l'alba gi
passata da un po'. Siamo nella camera da letto dove dorme Mike, avvolti alla
rinfusa in un lenzuolo bianco che sa di bucato e di noi. Ci siamo trasferiti qui dopo
aver fatto l'amore sul divano. Ci siamo abbandonati a carezze e effusioni e lo
abbiamo fatto di nuovo, con pi calma, pi dolcezza, assaporando ogni centimetro
di noi senza fretta, indugiando sulle nostre bocche, sui nostri respiri. Abbiamo riso
insieme, mentre mi accarezzava la pelle nuda e le sue parole sussurrate nelle mie
orecchie mi provocavano brividi che pensavo di aver esaurito.
Mi giro piano e studio il suo profilo cos armonioso nella sua imperfezione da
sembrare scolpito nel marmo, anche adesso che ha l'espressione distesa e morbida
del sonno.
Rimango immobile indecisa sul da farsi: non voglio svegliarlo, non voglio
andarmene. Non so cosa darei per rimanere in questo limbo con l'uomo che ho
scoperto d'amare. Cristo, dirlo cos fa effetto. Un bellissimo effetto.
Mi accoccolo accanto a lui e non resisto: con un dito gli accarezzo la piccola
cicatrice sullo zigomo, per poi scendere a carezzargli il torace. Si sveglia dopo alcuni
secondi che giocherello con la peluria del suo petto.
Buongiorno, dottoressa. Mi stringe a s e mi bacia sulla testa.
Potresti, per una volta, abbandonare questo appellativo?
E tu potresti evitare di svegliarmi tirandomi i peli del petto? ride, intrecciando
la sua mano nella mia.
Non ho resistito.
Io invece scherzo, puoi fare di me quello che vuoi, soprattutto adesso. Mi
prende la mano e mi bacia le dita una ad una.
Sento il bisogno di essere sincera con lui, e, fissando la parete davanti a me,
sussurro: Voglio dirti una cosa, Mike.
Mmh...il tuo tono mi lascia presagire qualcosa di serio.
Ieri non ti ho detto tutta la verit.
Riguardo a cosa?
Al fatto che non voglio essere analizzata. C' qualcuno che lo sta facendo gi
da mesi. Sono in terapia dal dottor Martin, per quello mi trovavo negli studi medici
quel giorno.
Anche io voglio dirti la verit: lo sapevo.
Lo sapevi? chiedo, aggrottando la fronte.
S, mi ha concesso un piccolo spazio nell'archivio del suo studio per i miei
documenti. Non volendo ho visto la tua cartella, ma non sono andato oltre al nome
stampato sulla copertina. Tranquilla, i tuoi segreti sono al sicuro.
Mi sento sciocca per non averglielo detto prima.

Non solo, prosegue non ho creduto un solo attimo alla storia


dell'appuntamento di tua madre. Sei una pessima bugiarda.
Lo so. Ma non farlo sembrare un difetto.
Ti trovi bene con lui? chiede, carezzandomi un braccio.
Molto. Ma credo che porr fine alla terapia. Prendo questa decisione sul
momento e, strano a dirsi, mi sembra la cosa pi logica da fare. Non ho pi bisogno
di uno strizzacervelli. I pezzi della mia vita stanno piano piano combaciando e sento
di aver fatto pace con i demoni che fino a qualche giorno fa mi tenevano
compagnia.
Credi che sia la cosa giusta? mi scosta dolcemente i capelli dalla tempia,
piegandomeli dietro l'orecchio.
Non lo so. Non sto scappando di nuovo, se quello che pensi.
Jordan, potrei tenerti qui ore a spiegarti i probabili motivi per cui tu abbia
deciso questo, ma non lo far. Star a Edward guidarti e renderti consapevole che
una scelta del genere, fatta adesso, avr delle conseguenze. A quel punto star a te
decidere se davvero interrompere o andare avanti. Non pensare che io ti guardi
come una paziente, io ti guardo semplicemente come Jordan, e quello che vedo mi
piace molto.
Mi crogiolo nell'ultimo commento ma non posso fare a meno di domandare La
tua ex moglie com'? Ecco come rovinare un momento bellissimo. Complimenti,
Jordan.
Cheryl? Molto bella, molto magra, molto alta, molto stronza.
Un sacco di superlativi, rido mio malgrado, curiosa di saperne di pi. Come
l'hai conosciuta?
A una serata di gala. Era fasciata in un abito verde, alta e statuaria come una
dea. Impossibile non notarla o non rimanerne affascinati. Ma si rivelata fragile e
parecchio superficiale. Una modella quasi in declino, incapace di accettare di non
avere le carte in regola per sfondare veramente. In definitiva era bellissima ma
senza un briciolo di determinazione, di carattere. Un bel cofanetto luccicante
completamente vuoto...e mi sono lasciato attrarre come una gazza ladra.
Perch finita? chiedo, ancora assetata di sapere, pur sapendo che potrei
farmi del male.
Perch mi ero stufato di sopportare attacchi isterici per un'unghia scheggiata,
guardarla mangiare solo una mela a cena e vederla elemosinare apparizioni in tv.
Non la vita che volevo, non era la donna che avrei immaginato accanto a me. L'ho
scoperto pi tardi, quando davanti al mio desiderio di avere dei figli, si opposta con
tutta la sua forza. Non ne voleva, non voleva deformare il suo corpo, non voleva
rinunciare alla sua carriera, al suo mondo patinato e falso. Ha preferito perdermi,
non rendermi padre, non amarmi in modo totalizzante. Sono rimasto abbagliato
dalla sua bellezza come un immaturo, lo ammetto, per questo mi ha insegnato a
cercare altro, a farmi delle domande. E quando trover le risposte so che avr scelto
la donna giusta per me. Mi stringe a s e cerca la mia bocca, come una
dichiarazione lasciata scivolare piano sulla pelle.
Ma io rimango immobile mentre un brivido freddo mi attraversa il corpo.
D'istinto allungo una mano verso la mia cicatrice, coprendola pateticamente con la
mano. E, come una doccia fredda, una consapevolezza mi squarcia il cuore in due.

tutto finito ancor prima di cominciare. Dio solo sa quanto vorrei dargli tutta me
stessa e non solo quelle risposte, ma quella pi importante, quella che sua moglie gli
ha negato, io non potr mai dargliela.
Io non potr mai avere un figlio, n ora n mai.

29
una settimana che leggo i messaggi di Mike sul cellulare ed una settimana
che li cancello uno ad uno. Ignoro perfino le telefonate e temo di vederlo comparire
in casa mia da un momento all'altro chiedendo spiegazioni. Penser che sono
stronza, ma non sto scappando di nuovo, mi sto solo mettendo da parte, per
permettergli di esaudire il suo sogno di diventare padre. Con un'altra donna, ovvio.
Una donna fertile, senza cicatrici nel corpo e nell'anima, senza un bagaglio scomodo
da condividere. E se ora sono qui in ambulatorio che mi tormento le pellicine delle
dita perch non ho il coraggio di affrontarlo, di dirgli la verit, di dirgli che
preferisco perderlo piuttosto che privarlo di un suo diritto. stato capace di lasciare
una moglie per questo, figuriamoci una che ha portato a letto una sola volta. Vorrei
evitarmi scene patetiche, non sopporto autocommiserarmi, preferisco che pensi che
sono una stronza, che dopo l'avventura di una notte lo pianto in asso.
Billy, lascia stare quelle riviste, ora di chiudere.
Billy oggi tornato. Mi sembra un po' troppo rilassato e con i riflessi spenti,
probabilmente star facendo una cura che gli annebbia i sensi. Ha gli occhi un po'
vacui, risponde a monosillabi ed un'ora che raddrizza i giornali lisciandone gli
angoli inevitabilmente piegati.
Ti suona il telefono, dottoressa Jo, mi avverte senza guardarmi. Sono talmente
persa nei miei pensieri che nemmeno me ne ero accorta. Rovisto nella borsa, ma,
come sempre, non trovo il telefono. Non imparer mai a metterlo nella tasca, mai.
Tiro fuori vari oggetti, ma alla fine, imprecando, rovescio tutto il contenuto sul
pavimento. Eccolo. Lo prendo in mano nello stesso momento in cui smette di
suonare. Mike. Anzi, era Mike. Anche se avessi fatto in tempo, lo avrei lasciato
squillare ancora, fino a che non si fosse stufato. Mi inginocchio, rimetto tutto nella
borsa ma quando mi alzo, Billy ha in mano la collanina parzialmente uscita dal
sacchettino di velluto che la conteneva.
Allungo una mano: Dammi la collanina, Billy.
Lui la estrae del tutto e se la lascia oscillare davanti agli occhi come un pendolo.
Ti piace? chiedo, ma lui scuote la testa. No? Insisto nel mio monologo.
Non so perch continuo a fare domande quando so gi che non ha nessunissima
voglia di rispondermi. Molto lentamente me la restituisce con un'espressione
inquietante, ma mai come le parole che seguono subito dopo: Io ho gi visto quella
collanina, dottoressa Jo.
Un brivido mi attraversa la spina dorsale. Sei sicuro, Billy? sussurro con la
salivazione a zero. Lui con una lentezza estenuante annuisce.
Dove, Billy? Dove l'hai vista questa collanina? Indosso a chi?.
Lui butta gli occhi al cielo e torna a occuparsi delle riviste. Vorrei scuoterlo,
urlare, farmi dire dove ha visto questa dannata catenina, e lo faccio, s, lo faccio: lo
prendo per le spalle e sbraito Dimmi dove hai visto questa collanina!Dimmelo!
Cerca di ricordare!
Billy, sgrana gli occhi impaurito dalla mia reazione. rigido come un tocco di

legno e la testa in preda a un tremolio inquietante. Non dovevo, maledizione. Lo


lascio di scatto e provo ad abbracciarlo, ma lui si ritrae. Scusami Billy. Non so cosa
mi abbia preso. Ti prego, scusami. Mi passo le mani sul volto, amareggiata. Ho
aggredito un ragazzino dando peso alle sue frasi strambe e mi do della stupida;
probabilmente non ricorda cosa ha mangiato a colazione, come pu ricordare un
particolare cos irrilevante riguardo a una persona? Come pu essergli rimasta
impressa una cosa del genere, tanto da farlo sbottonare? Cercando di assumere un
tono molto calmo glielo chiedo un'ultima volta Billy, sei sicuro di aver visto questa
collanina?
Lui, anche se impercettibilmente, annuisce.
In un negozio? Alla tiv? Su una rivista?
La sua testa ondeggia in un no non molto convincente.
Sai dirmi allora dove? Ne hai una uguale? la mia voce assume un tono
impaziente anche se non vorrei.
Ancora scuote la testa in segno di diniego.
Basta. Basta, non ce la faccio pi. Probabilmente in sella a uno dei suoi viaggi
strambi e mi dice s o no a seconda del mio tono. Devo smetterla di fidarmi delle sue
parole, devo piantarla di dare corda a un ragazzino con dei seri problemi psichici.
Okay, Billy, non parliamone pi. Lasciamo perdere questa collanina, quello
che ci siamo detti e tutto il resto. Ti aspetto qui domani, va bene?.
Ho assunto un tono marcatamente allegro e spero che mi dica di s.
Ricominciamo come se nulla fosse; almeno proviamoci.
Billy si dirige alla porta e mi lancia uno sguardo che non so decifrare. Decido di
non soffermarmici troppo e lo saluto con gesto della mano.
Dopo poco lo imito, quando il cellulare squilla di nuovo. Sono tentata di lasciar
perdere, ma poi, dopo essermi scontrata con la miriade di oggetti che pullula nella
mia borsa, lo agguanto.
Nora.
Cristo santo, Jordan, stai bene? mi aggredisce.
Certo.
Come certo. Sono giorni che non ti si vede e, pi che altro, non rispondi alle
telefonate!
Se non sbaglio la prima che mi fai, e bada bene che non un'accusa, ma
una constatazione, replico un po' sulla difensiva.
Mi ha chiamato Mike, preoccupato perch non riesce a rintracciarti. Anzi,
rettifico: incazzato perch ti neghi. Cosa successo tra voi due? chiede con fin
troppa curiosit.
Nulla.
Jordan...
Davvero, nulla. Devo imparare a essere pi convincente.
Allora perch non gli rispondi? Se continui a negarti, te lo ritroverai sulla porta
da un momento all'altro per chiedere spiegazioni, come giusto che sia.
Non farmi la paternale, Nora. So cosa meglio per me.
So cosa meglio per me! scimmiotta lei. Dio, quando fai cos sembri proprio
una bimbetta.
Oh piantala. Non ho voglia di sentirlo, tutto qui.

Avete litigato? Nora non molla l'osso.


No.
Ci sei andata a letto?
E qui commetto l'errore di aspettare troppi secondi prima di proferire qualsiasi
parola.
Okay, un s. E cosa caspita pu essere successo dopo, da fartelo ignorare? Ce
l'ha troppo piccolo? Sarebbe un peccato con tutto quel ben di Dio.
Non riesco a ridere alla battuta. Nora, sono stanca, davvero. Ti spiace se ne
riparliamo poi?.
La sento sospirare.
Domani. Davanti a un t o a cosa vuoi. Ma non farmi venire nel tuo studio
puzzolente, vediamoci nel pomeriggio da Rooney's. Alle quattro va bene?.
Ma...
Niente ma. Alle quattro da Rooney's. Ti aspetto.
Rooney's un coffee shop colorato e moderno, con sgabelli imbottiti allineati
lungo tavoli di formica bianca. La prima impressione che si ha quando si entra di
un ambiente asettico, che fa a pugni con l'aroma dolciastro che aleggia
nell'ambiente.
Sono le quattro e mezzo e di Nora nemmeno l'ombra e s, questi sgabelli
saranno anche imbottiti, ma sono scomodi per aspettare a lungo una persona. Sto
per prendere il telefonino quando lei varca la soglia del locale, regalandomi un bel
sorriso pieno di scuse.
Scusa il ritardo, ho avuto un contrattempo. Hai gi ordinato? mi chiede
sedendosi un po' scomposta.
Certo che no, ribatto, guardandola bene, e non mi sfugge il suo rossore sulle
guance e la sua aria, come potrei definirla? Stropicciata?
Avresti potuto. Mi conosci molto bene e sai cosa voglio. Uh, che caldo oggi!
Guardo oltre la vetrata alla nostra sinistra e vedo un cielo grigio e raffiche di
vento cos forti da far cadere le biciclette in sosta davanti al locale. Non mi pare
proprio che faccia caldo. Sposto di nuovo gli occhi su Nora, che oggi, trovo diversa
e...bellissima.
Lei si sta rassettando un po' i capelli e fa finta di nulla, prende in mano il men,
poi lo riposa. Che c'? domanda sbarrando gli occhi.
Ti sei abbottonata male la camicetta. le faccio notare divertita.
Oh. Che scema!
Con mani impacciate si sistema e scorgo una lingerie che farebbe invidia a una
porno star. Guarda guarda, Nora che si improvvisa femme fatale. Fortunato Frank,
mi viene da aggiungere. A meno che non siano gli incontri amorosi dettati dalla
temperatura basale, guidati da uno stick dell'ovulazione e programmati col
calendario. In quel caso c'avrei da rivedere un attimino la mia teoria a proposito che
il sesso fa sempre bene. Decido di non indagare, un tasto delicato per Nora e Frank
e in questo momento provo un'infinita tenerezza per loro due.
Non guardarmi cos. Anche tu, non molti giorni fa hai fatto sesso, no? chiede
con un tono di voce cos alto che temo abbia sentito anche la signorina al bancone.

Potresti abbassare la voce, per favore?.


Non ho urlato, ribatte e poi che male c'?.
Nessuno, e a vederti direi che ti fa anche bene, camicetta a parte. Rido a
vederla un po' in difficolt. Lei, sempre cos controllata e algida. Per credo di aver
esagerato e quindi tento di rimediare. Immagino sia stato un incontro
programmato, vista l'ora. Frank come la sta prendendo?.
Lei inclina la testa, congiunge le mani sotto al mento e sospira. Lo sai, per gli
uomini pi difficile. Lo sentono come un obbligo, qualcosa che bisogna fare
soprattutto in quelle quarantotto ore, per non vedere vanificata la cosa. Io cerco di
essere attraente, stuzzicante, di cambiare ogni volta, ma alla fine sempre la solita
minestra. Lui quasi se ne vergogna, quindi anche se so che sei una persona discreta,
ti chiedo di non fargliene parola.
Sono quasi offesa dalla sua affermazione. Sai benissimo che non lo farei.
La ragazza, che fino a poco fa era al bancone, si presenta da noi armata di
taccuino e penna. Ordiniamo senza entusiasmo e ripenso a ci che mi ha detto; il
fatto che abbia puntualizzato una cosa cos ovvia mi mette a disagio. Lei, appena la
ragazza si allontana, mi chiede: Dai, forza, dimmi perch eviti Mike Donovan.
Sarei tentata di non dirle un bel niente, ma poi cedo, in nome di quell'amicizia
che ci lega e del fatto che, nonostante oggi fosse il giorno perfetto per concepire un
bambino, ha rinunciato alle coccole di suo marito e si fiondata da me.
Perch meglio troncarla qui. Siamo andati un po' troppo oltre, e temo di non
essere pronta, dichiaro, addentando un muffin ai mirtilli che la ragazza mi ha
appena servito.
Lo sarai mai? Non ti concedi nemmeno il beneficio del dubbio, Jordan. Mi
sembra un po' prematura come decisione, no? Lei fa lo stesso con la sua ciambella
alla vaniglia.
No, non prematura, anzi per certi versi anche tardi.
Che significa? Oddio, non dirmelo...sei innamorata? Non so decifrare la sua
espressione; un misto di incredulit e gioia.
Non ho detto questo.
Ma non mi stai nemmeno smentendo! Oh Jordan, ma fantastico!
Vorrei che dalla sua voce trapelasse meno entusiasmo perch sinceramente lo
trovo fuori luogo, soprattutto perch ho deciso di chiudere. Nora nota il mio silenzio,
ma invece di assecondarlo, ne approfitta: Ma, fammi capire, ti freni per via di
Philip? Jordan, una donna alla tua et ha diritto di rifarsi una vit...
Di Philip non me ne frega pi un cazzo, la interrompo. La crudelt delle mie
parole le si spalma sui lineamenti trasformandoli quasi in una smorfia di disgusto.
Sinceramente non sono orgogliosa della mia uscita, ma ci che penso dopo anni e
anni in cui ho fatto finta di nulla. Credo di aver trovato un modo per smorzare
l'entusiasmo di Nora, perch ora mi guarda a bocca aperta, in silenzio.
Mi mordo il labbro e aspetto la sua ramanzina che infatti non tarda ad
arrivare.
Non ti sembra di essere un po' troppo irrispettosa verso quello che era tuo
marito?
Definiscimi il termine marito, dai. Vediamo se Philip ci rientra. Il mio tono
aspro.

Jordan, cosa questa cattiveria, adesso? Nora sconcertata e decido che n


lei, n nessun altro ha il diritto di farmi sentire in colpa. Sapendo che poi me ne
potrei pentire, vomito una parola dopo l'altra. Essere un marito include avere
un'amante? Lasciare la moglie quasi tutte le notti da sola, per scoparsi chiss chi e
rientrare la mattina facendo finta di nulla? Include far sentire in colpa la propria
donna perch non riesce ad avere figli? Essere paragonata a una cagna sterile?
Include offese, non portare rispetto, e negare quelle sacrosante attenzioni quotidiane
che ogni donna meriterebbe di avere? Include rinfacciarmi un passato scomodo e
usarlo come arma invece di aiutarmi a uscirne? Questo era Philip. E ora dimmi: si
pu chiamare marito?
Nora allibita. Si tappa la bocca con la mano e chiude gli occhi.
Io invece sono livida di rabbia, e credo di averli aperti come non ho mai fatto in
vita mia, scoprendo con amarezza e rabbia che sono stata la fotocopia di mia
madre.
Jordan...oh Jordan... allunga una mano per toccare la mia, ma io mi ritraggo.
Ti prego, niente scene patetiche. Ti ho messo al corrente di quello che stato e
che probabilmente a te non era sfuggito.
Non pensavo in maniera cos grave. Voglio dire, tutte le coppie litigano,
scaramucce e diverbi sono all'ordine del giorno e non ci ho mai dato troppo peso.
Philip sempre stato cos...cos al di sopra di ogni sospetto, un uomo amorevole...Non
so, io non conoscevo questo lato di Philip e non mi capacito. Sono scioccata.
Figurati io, replico secca.
I nostri t giacciono ancora intonsi nelle tazze, quando lei, dopo un lungo silenzio
carico di imbarazzo, mi propone: Dai, usciamo da qua. Abbiamo bisogno di
distrazione, diamoci allo shopping sfrenato, ce lo meritiamo! Il suo tono
forzatamente allegro ma apprezzo l'impegno.
Non credo per me sia il momento giusto per fare shopping.
sempre il momento giusto per fare shopping! esclama lei.
Dopo cinque minuti mi lascio trascinare per mano come una scolaretta, per le
vie del centro.
Entra e provatelo!
Nora sta cercando di convincermi che un caftano arancione impreziosito da una
cintola di pietre colorate sia indispensabile per il mio guardaroba.
Ma non porto questa roba!
Potresti iniziare adesso! Prende la gruccia e me la appoggia sotto il mento
L'arancione ti dona, saresti uno schianto.
Prendo la gruccia e mi avvicino ad uno specchio. No, non mi dona. Con i miei
capelli rossi sembro una zucca, pronta per la prossima festa di halloween. Gliela
restituisco: Lascia stare.
Dio, come sei difficile. Allora questo? Si lascia oscillare davanti un abitino,
verde questa volta: la fantasia mi ricorda un acquario.
Decisamente no. Ma perch non lo provi tu? Scommetto che a te sta
benissimo.
Dici? chiosa lei mettendoselo davanti e facendo una piroetta. Mi hai
convinto!

La seguo mentre si dirige ai camerini, non senza aver prima agguantato al volo
altri tre capi estivi. Scosta la tenda quel tanto che basta per infilarcisi dentro e mi
ordina: Aspetta qui e passami i vestiti che qua talmente stretto che a malapena
mi ci giro.
La sento canticchiare e invidio il suo carattere cos poliedrico e sfaccettato. Fino
a poco fa era una maschera di stupore misto a un velato disgusto, ora canticchia
serena come se fosse sotto la doccia di casa sua. Mentre aspetto, con gli occhi vago
per il negozio un po' affollato alla ricerca di qualcosa che potrebbe fare al caso mio,
ma tutto o troppo colorato, o troppo corto, o troppo costoso. Fino a che le mie
pupille con cadano su una sottoveste di seta bianca con inserti di pizzo. In fondo, dei
voilant sfiziosi, donano al capo leggerezza e malizia. In coordinato un perizoma con
piccoli brillantini negli unici centimetri di stoffa concessi. Non certo un capo ideale per
me, ma sicuramente perfetto per Nora. Peccato che non possa parlare con lui di
questo argomento, perch sono sicura che Frank mi ringrazierebbe a vita.
Abbandono la postazione solo per il tempo di afferrare la stampella col
completo e torno da lei trotterellando, sentendomi fautrice del successo di un futuro
amplesso a scopo riproduttivo.
Guarda cosa ti ho trovato! esclamo aprendo la tenda Devi comprarlo,
perfet...
Mi blocco sul colpo, inorridita. La stampella mi cade di mano con un rumore
metallico, appena attutito dal capo di seta. Nora di spalle, in slip e reggiseno pare
non accorgersi del mio turbamento.
Come sei maldestra, cocca. Richiude la tenda, raccatta la stampella e la sento
ridere: Favoloso! Da quanto tempo che ti intendi di biancheria intima?
Ma io non la seguo pi. I miei occhi sono rimasti incollati alla sua pelle, dove
appena sopra il gluteo fa bella mostra di s un piccolo tatuaggio: una serpe infilzata
da una spada.

30
Calma, Jordan. Stai calma.
Me lo sto ripetendo da circa tre ore, cio da quando sono scappata via dal
negozio accampando una scusa, lasciando Nora nel camerino. facile per me
inventare appuntamenti e chiamate immaginarie; ho decine di pazienti fasulli che
sfodero al momento pi opportuno, ma questa volta, mentre lo facevo, balbettavo
come una deficiente.
Nora.
Nora con quel tatuaggio. Un tatuaggio che non conoscevo, che mi era sfuggito,
che mi era stato tenuto nascosto e ora capisco il perch.
Nora e Philip. possibile?
Cerco di immaginarli quella sera maledetta, in cima alla scogliera a litigare per
un amore finito o negato. lei la donna con la quale mio marito se la spassava una
notte s e una no? Il suo tatuaggio un simbolo d'amore? Questo pensiero mi
travolge con una tale violenza che respingo un reflusso acido che mi sale in gola.
Come ho fatto a essere cos cieca? Come, maledizione! Era tutto sotto i miei
occhi.
Nora e Philip. I loro battibecchi, i loro finti litigi, le loro divergenze su attualit,
sport e interessi. Tutta una farsa, tutto un bluff. E io che non mi sono accorta di
niente, accecata dal bene incondizionato che riservavo a quella che credevo fosse la
mia migliore amica e soggiogata da un amore malato, a cui dedicavo fin troppe
attenzioni.
Da quanto andava avanti questa storia? Che nesso c' tra il tatuaggio e la
collanina? Che peso hanno in questa storia le parole e i gesti di Nora?
Non posso sopportare di darmi delle risposte da sola, quindi alzo il telefono e
chiamo Nolan Garret, al quale vomito, in questa sera eccezionalmente fredda, tutti i
miei dubbi.
Dopo un'ora, nella quale mi sono scoperta a tremare, il mio pensiero su Nora
sfiora l'orrore e lo sdegno. Credo che la canceller per sempre dalla mia vita.

Nemmeno a dirlo ho passato una notte da inferno e una mattinata bestiale. Mi


si sono accavallati degli appuntamenti grazie alla mia incapacit degli ultimi giorni
di organizzare l'agenda e in studio due uomini sono quasi venuti alle mani. Tutto
quello che mi ci voleva, in effetti: sedare una rissa con due cani che abbaiavano
sbavando e un gatto gonfio dallo spavento che ha pisciato per met sul pavimento e
per met sulla gonna di una ragazzina.
Dopo aver pulito tutto e cercato alla bell'e meglio di fare il mio lavoro, mi sono
rifugiata in casa, desiderosa di quiete e di un pasto caldo. Ma ora che ho davanti a
me una zuppa di cereali appena scongelata e fatta bollire nel microonde, mi
accorgo di non avere fame. Troppe persone da affrontare: Nora, Mike, Derry, il

dottor Martin. A tal proposito agguanto il cellulare e fisso un appuntamento con


Justine. ora di chiudere la terapia. Anche questa volta mi invento una scusa, ma
quella ragazza dai lunghi capelli biondi, non pare farci caso e mi d un
appuntamento senza battere ciglio.
All'improvviso, quando ancora ho il telefono in mano, un bussare violento mi fa
sussultare.
Jordan. Apri la porta.
Nora.
Eccomi pronta al duello. Non so chi ne uscir viva, ma la devo affrontare e
questa volta voglio tutta la verit.
Respiro profondamente e apro la porta.
Come hai potuto! Uno schiaffo sonoro mi si spalma sulla guancia. Barcollo
colpita da tanta violenza, chiudendo le palpebre dal dolore. Dio, che frustata.
Rimango immobile tenendomi la guancia che sento avvampare. Quando apro di
nuovo gli occhi vorrei non ci fosse pi, invece lei qui, livida di rabbia con una vena
che le pulsa sul collo. Come hai potuto!! grida di nuovo entrando a grandi falcate
in casa.
Serro la mascella. Questo troppo. Non solo si scopava mio marito ma mi
aggredisce in casa mia. Se non fossi troppo scioccata dal suo schiaffo a quest'ora la
avrei gi presa a calci in culo.
Io come ho potuto? sottolineo duramente massaggiandomi la guancia. Dio,
non so cosa mi frena da saltarle al collo.
Lei mi viene incontro minacciosa ed strano come una persona possa cambiare
da un giorno all'altro, cambiare prospettiva ai tuoi occhi. Nolan Garret mi ha
convocato in centrale, sibila a denti stretti. Facendomi mille domande su Philip e
sul mio tatuaggio. Mi stato chiaro fin da subito che sei stata tu a fare illazioni su di
me, su dove potevo essere quella sera, su cosa io ho da nascondere. Mi ha fatto
sentire una delinquente! Una puttana!
Non mi lascio incantare. In questo momento non me ne frega niente di come si
sentita e di cosa ha provato, voglio solo la verit.
Da quanto andava avanti? chiedo, come se non avessi minimamente
ascoltato quello che mi ha appena detto.
importante, adesso?
Per me s. Rispondi.
stato solo qualche episodio, confessa piatta.
Certo, come no. Episodi a puntate di una lunga serie, ribatto secca,
sorprendendomi della mia attitudine all'ironia anche in casi gravi come questo.
Come ho detto a Nolan, non ero con lui quella sera, se proprio lo vuoi sapere,
mi dice, con un tono di sfida nella voce.
Io vorrei sapere tante di quelle cose che temo non ti basti una vita intera per
rispondermi, ma mi limiter a poche domande. Ed esigo delle risposte concrete e
plausibili. Lo amavi? La domanda la butto fuori con un rantolo.
No, la secca risposta.
No? faccio una risatina isterica. Mi sta sfuggendo qualcosa. Dai, ora dimmi
che ami solo Frank, che probabilmente in fatto di arguzia, in questa faccenda, mi
tiene compagnia.

No. Io amo un altro uomo.


O mio dio. All'improvviso vedo Nora con occhi diversi, e anche se alle labbra mi
salgono epiteti poco carini, non posso che darmi della stupida per non essermi
accorta di niente, delle sue relazioni, del suo cambiamento. O stata molto brava
lei o sono stata molto sciocca io.
Aspetto che continui perch sinceramente con la sua ultima affermazione mi ha
spiazzato.
S, ho una relazione con un altro uomo da tempo. Un uomo che mi capisce,
che mi comprende, che mi fa sentire al centro del suo mondo. Frank non mai stato
cos. Butta l l'ultima frase come se fosse una scusante per il fatto che salti da un
letto all' altro. Un attimo. Ieri non era con Frank, allora. Per questo non ne dovevo
fare parola con lui, perch non con lui che ha degli incontri amorosi. Ora tutto mi
chiaro.
Eccola la doppia vita di Norina la maestrina. Appuntamenti di nascosto con
l'amante da una parte, moglie e lavoratrice impeccabile dall'altra. Mi fa quasi schifo.
Scusa la domanda, inizio, non nascondendo una punta di sarcasmo, Philip in
tutto questo dove lo avevi collocato? Tra una scopata e l'altra?.
Non parlami, cos! Non ti azzardare! ringhia.
Oh andiamo, non fare la puritana con me. Non sono io quella che, nonostante
avesse un marito e un amante, non lesinava di farla assaggiare anche a mio marito!
capitato poche volte! urla lei. Spesso eravamo ubriachi, era l'ultimo cliente
del pub ad andare via, si lamentava di te... cominciato con una carezza di conforto
da parte mia e... successo. Non volevo.
Risparmiami queste frasi di circostanza. Mi fanno imbestialire. Se davvero non
volevi sapevi come fare. Pi che altro potevi non cedere alla seconda volta. A
differenza sua io non urlo. Vista da fuori sembro calmissima, dentro sono un mare in
tempesta.
stato lui. Era lui a insistere, a volermi!
Facile dirlo adesso, soprattutto visto che morto e che ho solo la tua parola.
Chi mi dice che non sia stato il contrario? Ma so che non cos, la mia solo una
provocazione.
Devi credermi, cazzo! Mi guarda negli occhi e forse, per la prima volta,
sincera. Ti giuro, Jordan, c'ho provato a mettere fine alla nostra storia, se cos
possiamo chiamarla. Philip era diventato ossessivo, pi gli chiedevo di non vederci
pi, pi diventava violento. Una volta mi ha spinta gi per le scale...ed l che ho
perso il bambino.
Chiudo gli occhi al ricordo di quei giorni, ma li spalanco subito dopo folgorata
da un pensiero.
Il bambino...era di Philip? Credo di averla sussurrata questa domanda. Un
soffio appena percettibile carico di dolore.
No, risponde, e immagino che mi avrebbe risposto cos anche se lo fosse stato.
Una vena mi pulsa nelle tempie facendo presagire un mal di testa micidiale.
Il bambino era mio. Era nostro. Era nato da un amore profondo verso un
uomo che adoro e che continua a starmi vicino. Che voleva un figlio. Un figlio da me.
A Philip non ho mai perdonato questa cosa e ho deciso di dire basta, non ti nego che
ho provato dell'odio per lui, ma non gli avrei mai potuto fare del male.

Lo so che assurdo, ma le credo. Quanta verit sta venendo a galla, ma ancora


non sono soddisfatta. Ancora una domanda: Il tatuaggio...il significato del
tatuaggio... Spero che dalla mia voce non traspaia la bench minima emozione.
Il tatuaggio stata una leggerezza, una sciocchezza fatta in un pomeriggio
assolato in un villaggio della costa. Lo ha scelto lui per me. Ma perch questa
domanda? Che senso ha?
Lo conosco? ribatto cambiando discorso per non rispondere.
No, non lo conosci. Basta con le domande Jordan, sono stati due giorni molto
pesanti anche per me, e spero ti bastino le risposte che ti ho dato. Sono le stesse che
ho riservato a Nolan, se non ci credi telefonagli pure. Questo quanto. Non sono una
santa e ho fatto molti sbagli nella mia vita, ma a Philip ho voluto bene. Ho sofferto
anche io alla sua morte, ma non ero con lui quella sera e non ho mai pensato di
fargli del male nonostante lui l'abbia fatto a me, a te, al mio bambino. Che tu lo
creda o no, siamo tutte e due vittime di questa faccenda.
Probabilmente cos ma ognuna di noi sente il suo carico, infischiandosene
dell'altra.
Non so se potremmo mai recuperare la nostra amicizia; un vaso rotto, anche se
incollato di nuovo, porter sempre crepe visibili pronte a saltare in aria alla pi
piccola vibrazione.
Non volevo colpirti, confessa a un certo punto guardandomi negli occhi. Sappi
che mi dispiace. So di averti delusa, ingannata, tradita per molto tempo, ma provo
un affetto sincero per te, anche se stenti a crederlo.
S, faccio fatica a crederlo, ammetto con risentimento. E a questo punto ti
invito a uscire da casa mia. Le mie parole sono dure come pietre, nessuna
inflessione, nessuna modulazione, solo una voce greve carica di rancore.
Diamoci tempo, Jordan. Ne abbiamo bisogno.
Non le rispondo e chiudo la porta con stizza.

31
Oggi la prima, Mrs O'Neill. Justine mi fa accomodare nello studio
chiedendomi, visto che sono un po' in anticipo, se desidero un t. Scuoto la testa e
ringrazio, non mi va niente. A dire il vero nelle ultime ore avr messo nello stomaco
talmente poche calorie che mi chiedo come faccia a stare in piedi.
Mentre aspetto il dottor Martin ripenso allo scontro con Nora ed assurdo come
io abbia deciso di porre fine alla terapia in un momento cos critico e delicato. Forse
sbaglio, forse non il momento giusto, ma allo stesso tempo penso 'O ora o mai pi'.
Nonostante le batoste degli ultimi giorni sono carica a pallettoni. La mia vita in poco
tempo cambiata radicalmente: non ho pi amici, non ho pi un cane, non ho pi
un pub dove sbronzarmi le sere in cui sono in crisi. Non ho pi Mike.
Ma da qui che voglio ripartire. Spazzare via tutto per ricominciare da un'altra
parte di me, pi consapevole, pi forte, pi profonda. Per farlo devo dare un taglio
netto al passato, cominciando da questo studio che oggi trovo anche diverso. Lascio
scorrere gli occhi su ci che mi circonda e noto che cambiato qualcosa, ma non
saprei dire cosa. Ci sono dei libri in pi sul tavolino di mogano e forse quella pianta
con i fiori rosa ha sostituito una pianta grassa che mi ricordavo laggi nell'angolo.
Vedo solo adesso un piccolo calendario pubblicitario che mi dice che l'estate
sbocciata da un po'.
Sento dei passi e dopo un istante il dottor Edward Martin varca la soglia
regalandomi un largo sorriso. Chiude piano la porta e mi alzo per salutarlo.
Stia comoda, la prego.
Si siede e mi sorride ancora. Scommetto che quando gli dico che voglio
interrompere la terapia, sorrider di meno.
Bene, anche questa volta un appuntamento extra. Dove eravamo rimasti
l'ultima volta?.
A un punto a cui non voglio tornare, penso.
Dottor Martin, comincio inumidendomi le labbra, io oggi sono qui per
interrompere la terapia. Pausa. Respiro. Mi ha sempre detto che potevo farlo in
qualunque momento. Bene, oggi il momento.
Lui spalanca gli occhi un po' sorpreso. Apre bocca per dire qualcosa, poi la
richiude, come se cercasse le parole giuste. Infine, con voce calma e pacata
mormora: vero, le ho sempre detto cos, e non cercher di farle cambiare idea. Mi
piacerebbe per che mi esponesse le motivazioni che l'hanno portata a tale
decisione. Incrocia una gamba sull'altra e aspetta pazientemente.
Credo di essere guarita, spiego per niente convinta.
Lei non era malata, Mrs O'Neill.
No? chiedo scioccamente.
Si credeva malata? Era questo che percepiva di se stessa?.
No. Cio, mi sentivo come se avessi qualcosa da risolvere, qualcosa di
incompiuto. Non l'ho vissuta come una malattia anche se le confesso che a volte mi
faceva stare piuttosto male, altrimenti non avrei cercato rifugio nella psicoterapia.

Esatto. Crede che questo percorso le sia servito?.


S, ammetto con sincerit.
Bene. Crede di avere acquisito gli strumenti giusti per affrontare quello che le
creava disagio?.
Be'...s. Oddio, perch tutte queste domande? Mike mi aveva avvertito: non
mi avrebbe lasciata andare tanto facilmente.
Ci tengo solo a ricordarle che la cessazione della terapia in genere suggerita
dal medico, quando il paziente viene ritenuto idoneo e pronto ad affrontare la
quotidianit, la stessa che fino a qualche tempo prima era talmente difficile da
gestire da cercare un aiuto.
Aspetta che io dica qualcosa ma, onestamente, non so cosa dire.
Quello che sto cercando di dirle, Mrs O'Neill, che mi piacerebbe che non fosse
una decisione affrettata, dettata magari da un momento particolare. Il fatto che lei
voglia mollare proprio adesso, mi suggerisce che stia facendo di nuovo resistenza.
Resistenza? ripeto, cercando di capire dove vuole andare a parare.
Esatto. Dopo l'ultima volta mi parso di capire di essere arrivati al nocciolo
della questione. Il suo processo di guarigione aveva finalmente preso il via e, proprio
ora, decide di mollare. Proprio adesso che ci sarebbe da lavorare per districare
quella matassa che la affliggeva, proprio adesso che ha centrato il punto. Fa una
pausa per darmi il tempo di assimilare ci che mi ha detto. Capisce bene che, dal
mio punto di vista, lei sta scappando.
Di nuovo. Sto scappando di nuovo. Mi affloscio sulla poltroncina come una
bambola di pezza e per un istante sono tentata di ripensarci.
Il dottor Martin avverte che sono confusa, in bilico sulle mie decisioni.
Vorrei che capisse che non la sto trattenendo, non sono tenuto a farlo. Ma devo
ricordarle il suo cammino e i processi che ha elaborato. Se vuole interrompere la
terapia non c' niente che io possa fare, ma il mio dovere di metterla al corrente
che alcune questioni rimarranno irrisolte e che probabilmente non tutto stato
chiarito nel suo inconscio. Tutto ci, non avendo ancora gli strumenti in mano per
gestirli, potr tornare con violenza e rendere vano il percorso fatto fino ad adesso.
Un sorriso senza denti mi piega le labbra all'ins Riesce a essere molto
convincente, gliel'hanno mai detto?.
Onestamente, no. Mi sorride anche lui e per un attimo vacillo, come ho
vacillato altre volte e in altre situazioni. Ma questa volta diverso, questa volta non
cedo. Decido io, e non detto che sia la cosa giusta, ma voglio farla e basta, senza
preoccuparmi delle conseguenze.
Grazie delle sue parole, dottor Martin, mi sono state di grande aiuto per
comprendere molte cose, ma rimango sulla mia decisione.
Lui alza le mani in un gesto di resa. Come vuole. Sappia che se avesse ancora
bisogno di me, questo studio la accoglier con piacere.
Mi alzo in piedi, convinta di aver fatto la scelta giusta. Tuttavia provo un leggero
imbarazzo. un'altra pagina che si chiude, un altro capitolo della mia vita lasciato
a met, un'altra me che spero di abbandonare dentro a queste mura. Lui mi imita
e mi allunga una mano. Per smorzare un po' il disagio che sento dico la prima cosa
che mi viene in mente: Grazie di tutto, forse mi mancher un po' questo studio,
questa poltroncina, quei libri, quelle foto...chiss! Faccio un gesto plateale come se

volessi abbracciare tutta la stanza, che per mesi mi stata cos intima da sentirla
quasi mia.
Ripeto, Mrs O'Neill, se ha bisogno ancora di me, in futuro, sa dove trovarmi.
Gli stringo la mano con vigore e lui con l'altra mi stringe una spalla in un gesto
paterno.
Lascio lo studio con una strana sensazione addosso, un disagio, una percezione
che non riesco a concretizzare. Probabilmente cos che ci si sente a mandare a
puttane mesi di terapia psicologica.

32
Dovevo aspettarmelo, sapevo che un giorno o l'altro sarebbe capitato: l'auto di
Mike parcheggiata davanti a casa mia. Il disagio che mi assale talmente forte
che avrei voglia di tirare dritto per evitarlo. Invece faccio un respiro profondo,
parcheggio e scendo cercando di stamparmi in volto un'espressione serena.
Lui, con il volto scuro e lievemente corrucciato, fa lo stesso.
Ciao, Mike. Il mio tono piatto e spero che dica qualcosa lui perch questa
aria insopportabile.
Posso entrare? chiede duramente, indicando col mento la porta di casa.
S...certo, s, balbetto. Ottimo. Dov' finita la mia risolutezza? Non sarebbe pi
facile affrontarlo qui, ora e subito? Si eviterebbero conseguenze. Invece mi ritrovo a
fargli spazio per entrare in casa mia.
Lui, una volta dentro, poggia le mani suoi fianchi e mi affronta.
tua abitudine sparire cos?.
Mike, non cominciamo...
No, invece cominciamo. Non me ne andr finch non mi darai una spiegazione
plausibile al tuo comportamento.
Non c' una spiegazione plausibile. Ho...ho avuto da fare.
Mike chiude gli occhi, lievemente spazientito Non raccontarmi balle, Jordan.
Offendi la mia intelligenza.
Ha ragione. che adesso che mi sta davanti, tutti i miei propositi di essere
dura, chiara e concisa, vanno a farsi benedire. Senza contare che, rivedendolo, il mio
stomaco si attorcigliato, facendomi capire che piantare in asso Mike Donovan sar
una delle cose pi brutte e difficili che abbia mai fatto in vita mia.
Incapace di reggere il confronto, mi metto a smanettare in cucina come una
pazza.
Vuoi un caff? propongo, dandogli volutamente le spalle.
Jordan...
O preferisci un t?.
Jordan!
Urla il mio nome con una tale rabbia che sussulto. Mi giro e vedo che avanza
verso di me con la mascella serrata.
Non voglio nessun caff, voglio solo che tu mi spieghi come mai sei sparita,
come mai non hai risposto alle mie telefonate, ai miei messaggi, perch mi eviti.
Qual il problema?
Quello che sto per dire cos cattivo che spaventa perfino me stessa Nessun
problema, Donovan. stata una bella scopata, ma finita l. Non hai mai vissuto
storie da una botta e via? Bene, stata una di quelle.
Cazzate, mi ride in faccia. Racconta queste storielle a qualcun altro, ma non
a me.
C'eri tu quella sera con me, Mike. Cerco di fare del sarcasmo, ma al momento
non mi viene bene.

Appunto. Non possiamo far finta che non sia successo niente. Possiamo
parlarne? Mi volto e mi metto ad asciugare dei piatti gi asciutti lasciati sul lavabo.
E guardami quando ti parlo! Mi prende per le spalle e mi costringe a voltarmi. Lo
fisso negli occhi e sento le lacrime che spingono per venire a galla. No, adesso no.
Deglutisco per ricacciarle. Dai, parla. Ti ascolto, lo sfido.
Mike mi lascia andare e si passa una mano tra i capelli No, sono io che voglio
ascoltare cosa hai da dirmi. Di che stato un errore, di che ti sei pentita o che ti ho
deluso, ma affrontami, perdio, perch la tua indifferenza fa pi male di mille
offese.
Prendo coraggio: Non potrebbe essere stata solo un'avventura di sesso?
Per te lo stata? mi chiede a sua volta. Per me no. Ho fatto l'amore con te,
Jordan. diverso. E ti conosco quel tanto che basta da sapere che quello che
successo tra noi non ti ha lasciato indifferente.
Tu non sai niente di me. Niente.
Ti sbagli, so molte pi cose di quanto immagini.
Sospiro platealmente per darmi del tempo. La situazione mi sta sfuggendo di
mano.
Cosa vuoi, Mike? chiedo, incrociando le braccia sul petto.
Voglio te.
Due parole. Otto lettere. Una dichiarazione. Che mi sconquassa il cuore cos
forte che temo possa uscirmi dal petto da un momento all'altro.
Io no. Questa affermazione ha un peso troppo grosso e la sussurro
guardandomi la punta delle scarpe. Che vigliacca.
Guardami, Jordan. Mike mi tira su il mento con la punta delle dita.
Guardami e dimmi che quello che successo tra noi non conta niente per te.
Vorrei abbracciarlo, baciarlo, toccarlo e fare di nuovo l'amore con lui. Mi
mancato da morire, come qualcosa di indispensabile per la mia vita. Ma non posso,
sarebbe un'altra sconfitta, un'altra cosa con cui combattere ogni giorno della nostra
vita.
Lo guardo negli occhi cercando di non farmi tremare la voce: stato un errore
da parte nostra. Uno stupido errore.
Non pu mai essere un errore fare l'amore con te. Perch dici questo?
Mi allontano giusto per non rifugiarmi tra le sue braccia e chiedergli di tenermi
con s con tutti i miei casini, i miei sbagli, i miei limiti.
Non sono pronta, Mike. Mettiamola cos. Mi dirigo alla finestra e guardo fuori.
Un bellissimo tramonto incendia il cielo sopra di noi come una cornice perfetta.
Peccato che la foto, in questo momento, si stia sbiadendo.
Stai mentendo. A me e a te stessa. lo sento dire alle mie spalle.
Mi giro di scatto, stufa delle sue parole che non fanno altro che rendermi
difficilissimo il compito di dire basta. Lo odio per avermi reso dipendente da lui, per
aver occupato un posto dentro di me, per non essere in grado di guardarmi negli
occhi senza farmi fremere, e lo odio per tutto l'amore che riuscito a farmi provare
di nuovo.
Vattene, Mike. Vattene! Un'ondata di rabbia mi travolge. La rabbia per la
madre che non potr mai essere, e che mi costringe a dire addio all'uomo che amo.
Esci dalla mia casa e anche dalla mia vita!

I lineamenti di Mike si distendono in un'espressione di rassegnazione. Socchiude


appena gli occhi e si inumidisce le labbra. Li riconosco: sono tutti escamotage per
ritardare il pi possibile l'uscita di scena. Mi rivolgo ancora alla mia immagine riflessa,
dai contorni cos sfumati che stento a riconoscermi. Dopo interminabili secondi apre
bocca e la sua voce roca nasconde un sentimento che a malapena riesce a celare.
Pensavo di contare molto per te, perlomeno abbastanza da meritare i tuoi
occhi e non le tue spalle in un addio. Ma evidentemente mi sbagliavo, non sei la
donna che credevo.
chiaro che una provocazione, ma all'improvviso sento l'esigenza di buttare
fuori la verit, di farlo sentire inadeguato, di ferirlo, per condividere con lui lo strazio
di questo addio. Le parole, dure e ruvide come pietre grezze, mi escono di bocca
prima che possa fermarle. Esatto, non sono la donna che credevi. Per una volta hai
sbagliato diagnosi, dottor Donovan. Hai peccato di superficialit. Troppo intento,
forse, a studiare i miei pensieri, tralasciando il corpo; quel corpo che dici di aver
amato...nasconde un segreto. Mi volto e per la prima volta lo affronto incrociando le
braccia. Mi conficco le unghie nella pelle mentre pronuncio: Sono sterile. Non potr
mai avere figli, Mike.
Bum! Colpito e affondato. La sua mascella ha un guizzo e non so dire se sia
sorpresa, dispiacere, amarezza. Gli si increspano gli occhi impercettibilmente e darei
un braccio per leggere cosa gli passa per la testa, ma indecifrabile. E non so cosa
aspettarmi. E ora dimmi: mi vuoi ancora? Vuoi ancora una donna che non potr
mai renderti padre? La risposta me l'hai data giorni fa: no.
Non mettermi in bocca parole che non ho detto, mormora, con una calma
che non so da dove tiri fuori. Ammiro questo suo modo di essere controllato, io sto
facendo una fatica enorme per non mettermi a piangere.Tu credi che basti questo
per tenermi lontano da te?
Non abbastanza? rido isterica.
Credi che questo sia un ostacolo tra noi? Non mi ascolta, spara raffiche di
domande una dietro l'altra.
Io...
Credi davvero che sia la scelta giusta?
S, lo credo. Non mi permetter di sentirmi inadeguata un'altra volta.
Una scelta egoistica la tua, il suo tono adesso alterato. Visto che non hai
sentito il mio parere. Cosa provo, cosa penso.
So cosa pensi, me l'hai detto tu stesso. Desideri diventare padre, cos tanto che
hai minato il tuo matrimonio, e adesso vorresti farmi credere che questo non ha pi
importanza? Non posso darti ci che vuoi, Mike. Sono una donna a met e lo sar
sempre. Dovrei imparare a convivere coi sensi di colpa ogni volta che ti vedr
scherzare con un bambino, ogni volta che alla tv passeranno la pubblicit dei
biberon, ogni volta che vedr una donna incinta. E so che non ce la farei.
Stai andando troppo oltre, non ti pare? chiede con l'accenno di un sorriso
amaro.
S, ma devo farlo. Per proteggermi, e per proteggere te, vorrei aggiungere.
Non so come faccia a essere cos ottuso da non capire che il mio, in fondo, un atto
d'amore, il pi grande che possa fare: lasciar andare la persona che amo per
renderla felice, senza di me.

Non hai bisogno di proteggerti. Non con me al tuo fianco. Permettimi di starti
vicino, Jordan, chiedo solo quello. Chiedo di viverti giorno per giorno, di svegliarmi con
te al mio fianco, di dividere i tuoi assurdi asciugamani rosa, di contare e baciare una
ad una le lentiggini che hai sul naso... Avanza verso di me e so che se non lo
fermer, tra poco sar tra le sue braccia. Non posso cedere proprio adesso e gli do le
spalle di nuovo tuffando il viso in questo tramonto di fuoco.
E poi? chiedo in un sussurro.
E poi non lo so, nessuno pu saperlo.
Ed l il punto: l'incertezza del futuro. Preferisco perderlo ora, che rinunciarci
tra un po', quando per me sar ancora pi doloroso. Comprendo che la mia una
scelta egoistica al momento, ma meglio cos, per tutti e due.
Non abbiamo altro da dirci, Mike. Mi mordo il labbro superiore fino quasi a
farlo sanguinare.
Finisce cos? lo sento chiedere alle mie spalle.
L'aria, carica di cose non dette, di quel silenzio strisciante che si riserva solo in
momenti di abbandono, mi avvolge come un mantello, isolandomi.
S, credo di s, mormoro, rivolta alla mia immagine riflessa nel vetro.
Dimenticami, Mike Donovan. E buona fortuna per i tuoi progetti.
Lo sento allontanarsi, dirigersi alla porta e sbatterla con violenza. Mi allontano
dalla finestra per non vederlo andare via per l'ultima volta. Non reggerei alla scena.
Tuttavia due grosse lacrime, colme di dolore, mi rigano il viso.

33
Sono passate due settimane. Due settimane nelle quali ho cercato di raccogliere
i cocci della mia vita, presa a sassate dagli ultimi eventi. Non sono pi andata al Red
Lion, quindi passo le mie serate facendo zapping sul vecchio televisore. Quello che
vedo cos brutto che mi deprime ancora di pi. Non sono pi uscita nemmeno a
cavalcare e in queste settimane mi sono curata di Duncan e della scuderia il minimo
indispensabile. Sto mangiando poco o niente, perlopi surgelati che avevo anche
dimenticato di avere. Magari erano anche scaduti.
Anche i biscotti ai cereali che sto sgranocchiando adesso, cospargendo il letto di
briciole, sono un po' stantii. Stamattina, in un impeto di ottimismo, volevo regalarmi
la colazione a letto e ho rovistato in dispensa alla ricerca di qualcosa da poter
mettere sul vassoio, ma visto il bottino era meglio se lasciavo perdere.
Nolan in questi giorni mi ha telefonato due volte: le indagini, se cos si possono
chiamare, sono a un punto morto. La strada che pensavano di intraprendere fa
acqua da tutte le parti; passato troppo tempo e nella sua voce ho sentito quasi
pentimento per aver dato credito ai miei farneticamenti.
Mike invece non si fatto pi sentire. Era questo che volevo, no? Che sparisse
dalla mia vita, e cos ha fatto. Ma un angolo remoto del mio cuore fatto a pezzi,
sperava in una sua telefonata, in un suo sms, in un cenno che dimostrasse che
difficile lasciarmi andare. E mi manca. Mi mancano il suo sorriso, la sua ironia, il suo
sguardo, il suo respiro, il suo corpo. Mike Donovan in poco tempo riuscito a
intaccarmi, a entrarmi dentro, a scavare nella mia anima con la dolcezza di un
bambino e una devastazione di un uragano.
Abbandono il biscotto sul vassoio con una smorfia, sorseggio il t ormai tiepido, e
sfoglio il depliant di viaggi che ho in mano da mezz'ora; mete esotiche e spiagge
bianche come il latte, mi fanno l'occhiolino da pagine satinate e photoshoppate a
dovere. Sto cercando di organizzare un viaggio da sola, penso che non ci sia cosa
migliore per me in questo momento, ma niente di quel che vedo mi alletta. Non
amo i luoghi caldi, ma potrei anche cambiare idea se trovassi qualcosa che attira la
mia attenzione, che mi fa scattare la molla e buttare il contenuto dei cassetti nella
prima valigia a portata di mano.
A pagina trentasei un servizio su New York mi fa l'occhiolino. Ecco quello che mi
ci vuole: una metropoli caotica, viva, accattivante, che non lascia il tempo di pensare
per come ti inghiotte nelle sue strade, nelle sue luci, nella sua gente. Mi lascio
incantare da ci che vedo e da ci che leggo, e in capo a pochi minuti ho preso la
mia decisione: andr a New York. Mi regaler questo viaggio estivo, con data di
ritorno da destinarsi. Mi scrollo le briciole di dosso, mi vesto in fretta, intenzionata a
mettermi al computer per prenotare il primo volo disponibile. L'agenda del lavoro,
gli impegni, cercare qualcuno che si occupi della scuderia, della casa... gestir tutto
pi tardi, ora non voglio pensarci.
Scendo in cucina, apro il pc e mi connetto a diversi siti che sembra regalino
voli per tutto il mondo a prezzi stracciati. Da quanto tempo non prendo un aereo?

Troppo, mi rispondo. Dopo un'ora e mezza di navigazione ho fissato un volo per la


fine di Luglio; per quel periodo dovrei aver sistemato gli appuntamenti di lavoro ed
essermi organizzata per star fuori almeno un mese. Decido di preparami una tazza
di caff quando sento la suoneria del cellulare arrivare dalla borsa gettata a terra.
Stranamente lo trovo subito e mi sorprendo guardando il display: la madre di Billy
Kendall. Sono solo le nove e trenta del mattino, che cosa pu essere successo?
S?
Dottoressa O'Neill, scusi l'ora, ma Billy...
Gli successo qualcosa? la interrompo in preda all'ansia.
No. No, tutto a posto. Voleva solo...parlarle.
Parlarmi? Non capisco. Cosa ci pu essere di tanto urgente da non poter
aspettare oggi pomeriggio?
S, una cosa urgente, dice. talmente agitato che ho deciso di disturbarla,
spero possa scusarmi.
Non si preoccupi. Me lo passi pure.
Passano alcuni istanti nei quali, attraverso l'apparecchio, sento la voce della
signora Kendall parlare dolcemente a Billy.
Alla fine sussurra il mio nome talmente piano che credo di essermelo inventato.
S, Billy, sono la dottoressa Jo.
Sento che chiede a sua madre di allontanarsi, di lasciarlo stare e anche a miglia
di distanza percepisco il suo grandissimo disagio, qualsiasi cosa abbia da dirmi.
Dottoressa Jo.
S, Billy, sono io, ripeto con dolcezza.
Ricordo dove ho visto la collanina.
Trattengo il fiato e mi siedo sulla prima sedia che trovo.
S, sussurro. Non so cosa dire, come muovermi in questa conversazione.
L'ho vista al collo di un uomo, biascica a stento.
Un uomo? ripeto piano. Forse Philip? Chi altri pu aver visto con quella
collanina indosso?
Un dottore.
O mio dio. Mi tappo la bocca con la mano, incapace di parlare. Un dottore?
Dove? Quando? Sarei tentata di sommergerlo di domande ma ho gi fatto questo
errore una volta e non ha portato da nessuna parte.
Faccio un respiro profondo pregando che non riattacchi.
Billy, ascoltami bene: ricordi quando? Dove? Chi quest'uomo?.
Lui, dall'altro capo del telefono, tace. Forse sta radunando le idee, forse sta
cercando di ricordare, o forse, penso sgomenta, l'ennesima bufala che mi dice.
Billy, ti prego, parla, lo imploro. Poi decido di cambiare tattica. Okay, senti:
ti faccio io le domande e tu, se ti ricordi e se ne hai voglia, mi rispondi s o no. Va
bene?
Lui farfuglia qualcosa che io decido di prendere come un s.
Conosci questo dottore?
S.
Lo hai incontrato di persona?
S.
In che frangente?

Silenzio. Ho sbagliato domanda.


L'hai vista di recente la collanina indosso a lui?
No.
Quindi un po' di tempo fa?
S.
Quel dottore era Philip? chiedo convinta di una sua risposta affermativa, ma il
suo No. mi piomba addosso come una doccia gelata.
il tuo medico? Quello che ti cura quando hai la febbre? chiedo, cercando di
essere il pi delicata possibile.
No. Non cura la febbre, cura le persone pazze.
Mille pensieri mi si conficcano nelle tempie come spilli. Li scaccio per cercare di
essere lucida mentre chiedo: Sai dirmi chi questa persona, Billy? Billy???
Ha riattaccato.
Cura le persone pazze.
Questa frase mi rimbomba nelle orecchie, stordendomi. Non sono riuscita
nemmeno ad alzarmi dalla sedia da quanto sono scioccata. A differenza di altre,
questa volta voglio dare ascolto alle parole di quel ragazzino strambo. Sento che
dice la verit, che non un vaneggiamento dato dalle sue rotelle fuori posto.
Cura le persone pazze.
Come Mike.
Il pensiero mi assale all'improvviso e, come se avessi premuto il tasto di
accelerazione di un telefilm registrato, le immagini mi scorrono velocemente davanti
agli occhi.
Mike, lo psichiatra. Che il suo progetto sulla psichiatria infantile includa anche
Billy? Che ci sia un nesso tra lui e il ragazzino? Lo ha curato? Sua madre ha chiesto
una consulenza?
E poi: Mike, che il giorno in cui mi hanno svaligiato casa e ucciso il cane, si
trovava gi a casa mia al mio arrivo. Forse non era appena arrivato; forse stava per
andarsene. Ricordo con quanta premura e generosit si offr di pulire tutto,
probabilmente per cancellare qualsiasi traccia. Ricordo la sua domanda riguardo a
dove tenessi la collanina, il fantomatico inseguitore che, a sentir lui, spar dietro un
angolo. A questo proposito mi chiedo: mai esistito? Io rammento di non aver visto
nessuna macchina scura, n tanto meno un uomo che ci seguisse. Che sia stata tutta
una messa in scena per depistarmi? Che io sia stata in balia di un pazzo per tutto
questo tempo, ci sia andata a letto e non mi sia accorta di niente? Che la chiave di
tutto sia realmente Mike Donovan?
Comincio a tremare quando realizzo che tutto cominciato dopo il suo arrivo.
O mio Dio. Pu essere.
Comincio ad avere paura, non so cosa fare, chi chiamare, cosa dire, perch a
questo punto si riapre tutto. Il mio cervello elabora nuove ipotesi: Mike conosceva
Philip? stata una resa dei conti? Si trovava con lui quella notte? Nora ha
detto...Nora.
Ed ecco che le parole di Nora mi compaiono davanti come un'insegna al neon,
cos chiare e limpide da illuminare questo intrico di pensieri.

Il tatuaggio lo ha scelto lui. Stesso soggetto del suo ciondolo, e poi ancora:
Voleva un figlio, un figlio da me.
Quanto sono stata ingenua e stupida. Era tutto l, davanti a me, e io non l'ho
visto. Provo talmente tanto disgusto che un conato mi riempie la bocca. Faccio
appena in tempo a sputare nel lavabo di cucina la bile che mi salita, e poi, in
preda a un tremolio incontrollato, prendo una decisione folle.

34
Entro a testa alta nel corridoio che porta agli studi medici, cercando di
nascondere l'agitazione che sento addosso. Pensare che fino a qualche settimana fa
questo ambiente mi era cos familiare mentre oggi lo sento estraneo e fastidioso.
Sono intenzionata a intrufolarmi nello studio del dottor Martin perch l che Mike
ha il suo archivio. Non so cosa spero di trovare; magari una cartella clinica di Billy,
qualcosa che confermi la mia teoria. Per strada ho fatto un po' di telefonate: ho
chiamato sua madre cercando con tatto di farmi dire un po' di pi, ma quando si
tocca quel tasto la signora Kendall si chiude a riccio. Ha ammesso di conoscere la
clinica, ma quando stato il momento di premere sull'acceleratore, ha fatto un
passo indietro. Che stia proteggendo il figlio? Ma da chi? Poi ho cercato di contattare
Nolan, ma senza esito: cellulare non raggiungibile. Prover pi tardi, deve essere
messo al corrente degli ultimi sviluppi, le carte sono state ribaltate e tutto si rimette
in gioco. Infine ho chiamato Justine e, con la scusa di aver dimenticato l'orologio
durante l'ultima ora di terapia, ho chiesto di essere ricevuta per riprenderlo in un
orario in cui non ci fosse stato il dottor Martin; Per non disturbare ulteriormente. So
quanto impegnato, ho chiosato, per essere pi convincente.
La solerte segretaria si prodigata a illustrarmi la fascia d'orario in cui lo studio
fosse stato libero e ora, puntuale come un orologio svizzero, sono qui.
Mio Dio, che ansia. Avverto di essere vicino alla verit, qualunque essa sia, e se
questo significa essere scambiata per pazza, correr il rischio. Ho davanti a me un
enorme puzzle che sta per essere risolto, pezzettino per pezzettino, incastro dopo
incastro e l'immagine, quella che all'inizio era sfocata e incomprensibile, adesso sta
prendendo forma.
Vedo Justine seduta alla sua scrivania. Sta giocando con un boccolo dei suoi
lunghi capelli mentre parla al telefono. Si volta verso di me e mi rivolge un sorriso
tra una parola e l'altra.
Passeggio in questa grande sala d'aspetto come un criceto inquieto, mentre
aspetto che abbia finito.
Mrs O'Neill, mi dice buttando gi la cornetta e venendomi incontro.
Puntualissima, nonostante sia sprovvista di orologio!.
Mi rivolge un sorriso carico di ironia, io non riesco a fare altrettanto.
Mi creda, puro caso. Non mi capita quasi mai. Possiamo gridare al
miracolo!.
Cerco di buttarla sul sarcasmo tanto per stemperare la tensione che,
ovviamente, avverto solo io.
Ah ah! Giusto, noi donne non siamo mai puntuali! Lei invece ride di gusto a
questa battuta. Il dottor Martin mi ha detto che ha deciso di interrompere il suo
percorso, immagino che si senta meglio, non cos?.
Esatto.
Bene, sono felice per lei.
Grazie, borbotto.

Mi scusi solo un attimo. Si allontana giusto un momento per rispondere a una


domanda di una giovane coppia apparsa sulla porta d'ingresso, e io cerco nel
frattempo di calmarmi un po'. Senza successo.
Eccomi. E ora andiamo alla ricerca del suo orologio. sicura che sia l? chiede
inclinando un po' la testa.
Certo che no! Rido di nuovo volendo sfoderare pi denti di quelli che possiedo.
Ma ho controllato ovunque e non lo trovo. Non mi rimane che guardare anche qui,
se non disturbo troppo...
Oh no, per cos poco, ci mancherebbe. Venga. Con un gesto della mano mi
invita a seguirla. Ottimo. Ora non mi rimane che liberarmi di Justine, cosa pressoch
impossibile.
Mentre entriamo nello studio del dottor Martin, mi chiede: Ricorda dove pu
averlo messo?.
Mmh... faccio finta di concentrarmi, ma non facile visto che sto realizzando
che ho trovato una scusa che nemmeno un bambino di cinque anni; e il fatto che lei
ci stia cascando la dice lunga sulla sua competenza qua dentro.
Allora? mi chiede con un tono di voce che tradisce un po' di impazienza.
Non lo so, forse potrebbe guardare nei cassetti della scrivania. Magari il dottor
Martin lo ha trovato e l'ha riposto l dentro.
Giusto, mi risponde lei, illuminandosi.
Apre tutti i cassetti smuovendo con rapidi gesti delle mani solo fogli e documenti
e mi chiedo se sia deontologicamente corretto che una segretaria rovisti nella
scrivania di un suo superiore. Prego perch a lei non venga questo dubbio.
L'ultimo cassetto chiuso a chiave. Potrebbe essere qui dentro. Potrebbe
averlo messo al sicuro. di valore?
Che cosa? domando, presa alla sprovvista. Oh no! Non credo che lo abbia
riposto in un luogo sicuro, non ne varrebbe certo la pena. Le spiace se guardo tra i
cuscini della poltrona dove sedevo? Potrebbe essere scivolato l.
Pi passa il tempo e pi la mia adrenalina scema e temo che sul viso mi si stia
dipingendo un'espressione colpevole e per niente convinta.
Ma quando sono a testa china davanti alla poltrona, faccio una cosa che non
pensavo mai di riuscire a fare: fingere un malore. Mi accascio volutamente sulla
poltrona lamentandomi quel tanto che basta per attirare la sua attenzione.
Si sente bene? Justine mi premurosamente vicino; mi prende una mano
come farebbe una madre con la sua bambina e sembra sinceramente preoccupata.
Mi sento una stronza.
S, solo un capogiro. Potrei avere un bicchier d'acqua, per favore? chiedo,
sperando che, sia il bicchiere che l'acqua, siano abbastanza distanti da permettermi
di frugare nell'archivio.
Si, certo. Torno subito. Justine si allontana lasciando socchiusa la porta. tutto
troppo facile e questo, invece di eccitarmi, mi spaventa.
Mi alzo e mi muovo in fretta non sapendo bene dove guardare. Appena dietro
la porta c' il mobile adibito ad archivio, la cartella riguardante Billy potrebbe
essere l. Apro i cassettoni uno a uno alla rinfusa e mi si accavallano davanti agli occhi
lettere e nomi che non comprendo. Se voglio trovare qualcosa devo procedere pi
lentamente e con raziocinio, ma la situazione non me lo permette di certo. Continuo

a frugare fino a che il nome Kendall non mi compare davanti agli occhi, ma con mia
grande sorpresa, non Billy, ma sua madre. E il medico non Mike, ma il dottor
Martin. Apro la cartella guardandomi le spalle, sperando che Justine venga
trattenuta da una telefonata o da qualsiasi altra cosa. Do un'occhiata veloce ai
documenti e capisco perch la madre di Billy fosse tanto restia a parlarmi della
clinica: anche lei in cura da Edward Martin.
Conoscendo la storia di quella famiglia e le problematiche di Billy non mi
sorprende che la signora Kendall abbia sentito il bisogno di una terapia psicologica.
Ma non quello che cerco. Il nome di Mike non compare in nessun fascicolo, in nessun
foglio, in nessun dannatissimo cassetto. Forse non qui, forse non questo l'archivio di
cui mi ha parlato Mike. Apro l'ultimo cassetto in fondo sentendo la mia speranza
svanire, ma invece delle cartelle trovo delle foto incorniciate. Per quale motivo delle
cornici cos belle dovrebbero stare chiuse in un cassetto? Non faccio in tempo a
rispondermi che le riconosco: sono quelle che fino a qualche tempo fa stavano sopra
questo mobile. Ecco cosa c'era di diverso l'ultima volta che sono venuta qua: le foto
non c'erano pi. Perch nasconderle? Questo particolare fa s che io mi avvicini le foto
al viso per guardarle meglio. In una si riconosce un dottor Martin pi giovane in
compagnia di altri due uomini; sono vestiti di scuro e sorridono all'obiettivo alzando
una targa davanti a un tavolo da buffet gi saccheggiato.
In un'altra, Martin in primo piano in compagnia di un ragazzo con il tocco
accademico in testa, probabilmente il figlio nel giorno della laurea. una foto
recente: qui il dottor Martin ha gi i capelli brizzolati e gli occhi che conosco sorridono
complici al ragazzo accanto a lui.
Poi vengo attratta da un particolare che mi gela il sangue nelle vene. Sembra
che all'improvviso una voragine mi inghiottisca nell'oscurit, facendomi annaspare,
portando a galla solo l'orrore che ho provato molti mesi fa.
Al collo, in questo primo piano dal volto sorridente, il dottor Martin ha la stessa
collanina che adesso custodisco nella tasca dei miei jeans.
Sapevo che prima o poi lo avresti scoperto.
Una voce che conosco bene mi arriva alle spalle, facendomi sobbalzare. Mi volto
di scatto e incrocio lo sguardo di Edward Martin. In mano ha un bicchiere d'acqua
cos colmo che alcune gocce atterrano sul pavimento color sabbia.
Apro bocca per dire qualcosa ma dalle mie labbra non esce alcun suono.
Sembro un pesce fuor d'acqua, un pesce che far una brutta fine, realizzo.
Scoperto cosa? riesco a sussurrare posando piano la cornice di nuovo nell'ultimo
cassetto. Sono scioccata. Mille pensieri mi si accavallano uno dietro l'altro cos confusi
che faccio fatica a stargli dietro. Il dottor Martin, la collanina... lui il medico di cui mi
parlava Billy? Quello che cura sua madre e non i pazzi, ma per i ragazzini tra uno
psicologo e uno psichiatra non c' poi molta differenza.
Andiamo, Mrs O'Neil, perch credi che le abbia tolte da l sopra? Quella
dannata collanina rispuntata quando tutto sembrava risolto.
Avanza verso la scrivania con una sicurezza che mi fa paura e una punta di
follia nella voce. la fine, penso sgomenta. Sono qua dentro con un uomo
pericoloso, e nessuno, a parte Justine, sa che sono qui.

Justine... mormoro gettando gli occhi alla porta.


A Justine ho detto che te l'avrei portata io un po' d'acqua. Sei brava come
attrice, c' cascata in pieno quella cretina. Era talmente agitata che l'ha buttata
quasi tutta di fuori. Alza il bicchiere verso di me: Gola secca? mi canzona con un
sorriso sardonico.
Deglutisco a fatica. Riesco a stento a riconoscere il medico al quale ho confidato
i miei segreti, le mie paure, le mie inquietudini. E non riesco ancora a comprendere
tutta la storia, ma capisco che in questo momento sono in pericolo.
Pensavo di averla persa quella sera, sai? comincia, posando il bicchiere e
facendo il giro della scrivania. L'ho cercata a lungo quella notte, ho perlustrato con
la torcia ogni centimetro di quella scogliera, ma non l'ho trovata. Allora ho dedotto
che se la fosse presa il mare. Invece quello stronzo l'aveva portata con s. Poi un
giorno arrivi qui e mi dici che ce l'hai tu. Fa una smorfia di disgusto. E pensare che
grazie a me che l'hai scoperta in quella scatola. Ma non ce l'hai pi rimessa, ne l,
n da nessun altra parte. Ho rivoltato la tua casa come un calzino per
riprendermela, perch sapevo che saresti andata a fondo della questione. Non mi
sbagliavo.
Come...come ha fatto a sapere che ero qui? dico, seguendo ogni suo piccolo
movimento.
Quando poco fa ho chiamato Justine per avere il quadro degli appuntamenti
per domani, mi ha detto che eri qui per cercare un orologio nel mio studio. Mi
sembrato alquanto strano, soprattutto dopo aver parlato con Nora.
N...Nora?
Non fare quella faccia sorpresa; non ci eri ancora arrivata? Lei non sa che noi
due ci conosciamo. Ti reputa un'amica, ma forse per te non lo stesso visto che non
le hai mai confidato di essere in terapia con me. Quanti segreti Mrs O'Neill. fa una
pausa come se volesse chiamare a rapporto dei pensieri sparsi. Lei mi ha parlato
spesso di te, sai? Mi ha raccontato pure che dopo aver visto il tatuaggio sei corsa dalla
polizia. Era sconvolta, si sentita tradita, umiliata, solo per un innocente tatuaggio.
Quello che le ho fatto fare io in segno della nostra unione, quando mi sono accorto
che la nostra storia stava vacillando, che si vedeva con qualcun altro. Un pegno
d'amore, diciamo. All'inizio non era convinta, sapeva che Frank era contrario, che le
avrebbe fatto troppe domande, ma alla fine ha ceduto. un'anima fragile, Nora, e
io mi sto prendendo cura di lei.
Non un fiato, non un solo fiato uscirebbe dalla mia bocca, adesso. Sono
completamente, follemente rapita dal suo orribile racconto.
Siamo molto innamorati, continua, sedendosi con disinvoltura alla scrivania. E
stava per darmi un figlio se quel bastardo di tuo marito non l'avesse aggredita. Un
altro figlio, dopo Ronnie. Con il mento indica la foto che tenevo in mano poco fa.
Ora avrebbe 24 anni, se un incidente d'auto non me lo avesse portato via tre anni
fa. E Philip mi ha negato la gioia di diventare padre di nuovo. Gli ho dato
appuntamento alla scogliera per affrontarlo, ma non andata come avevo previsto.
Abbiamo perso la testa, mi ha gridato che non avrebbe rinunciato a Nora e che quel
figlio probabilmente era suo. Non ci ho visto pi: bastata una sola spinta per farlo
precipitare. Sappi che ha gridato il tuo nome mentre si sfracellava sugli scogli.
Chiudo gli occhi incapace di sentire oltre.

Sono nelle mani di un pazzo, di un folle, di un assassino. D'istinto corro verso la


porta ma la canna di una pistola puntata nella mia direzione, mi blocca all'istante.
Fossi in te non mi muoverei da l. Nelle sue mani oscilla una piccola chiave e
con un piede chiude l'ultimo cassetto della scrivania.
Realizzo con orrore che sto per morire. Mi uccider, come ha ucciso Philip,
Boogie e la vita di Nora. Aveva ragione lei: siamo tutte e due le vittime in questa
storia. Tutte e due in ostaggio di un pazzo criminale.
In questi pochi secondi di vita che mi rimangono la mia testa e il mio cuore
vanno a Mike. Come ho fatto a dubitare di lui? Dov' adesso? L'unico uomo da cui
ho avuto protezione, comprensione e forse amore, probabilmente a Dublino a
cercare di rifarsi una vita, una carriera.
tutto finito, Mrs O'Neill. Sei stata veloce nelle tue conclusioni, la polizia mi sta
cercando. Vediamo di fargli trovare quello che cercano quando arriveranno qui.
Nonostante la canna della pistola puntata all'altezza del mio cuore, riesco a
mormorare: Non ho parlato con la polizia. Le mie parole, dette con voce
strozzata, risultano false perfino alle mie orecchie, ma Dio solo sa se la verit. E
forse, se avessi trovato Nolan al telefono, ora non sarei qui a rischiare la vita.
Qualcuno deve averlo fatto. Saranno qui a momenti. Non sar doloroso,
vedrai. La pistola un punto nero nella sua mano e la sto fissando con talmente
tanta forza da non vederla quasi pi.
All'improvviso, dal corridoio, arrivano delle voci concitate; passi veloci, porte
sbattute, la voce di Nolan Garret che si fa spazio sopra tutte le altre.
Sento che sto per cedere, un ronzio si impossessa delle mie orecchie e vacillo sulle
mie stesse gambe. La morte vicina. Edward Martin mi rivolge uno sguardo vacuo,
prende la mira su di me ma, nello stesso istante in cui la porta si spalanca, si ficca la
pistola in bocca e fa fuoco.
Prima di perdere i sensi scorgo, dietro due agenti armati, la figura imponente,
rassicurante e bellissima di Mike Donovan.

35
Apro gli occhi mentre qualcuno mi sta prendendo letteralmente a schiaffi.
Forza, bellezza! Sveglia! Cazzo, perch le donne svengono sempre?.
Nolan... riesco a farfugliare. ...mi fai male.
Oh, finalmente. Mi hai fatto prendere un colpo, ragazza mia. E non sono un
tipo impressionabile.
Sgrano gli occhi, che rimangono un po' appannati, come i miei sensi, del resto,
ma tutto ci non mi impedisce di notare che mi trovo in una stanza con poster in cui
spiegano l'importanza di combattere l'osteoporosi con l'alimentazione.
Probabilmente sono nello studio della dottoressa Wickman, medico geriatra. Il fatto
che riesca a fare delle considerazioni del genere ha un solo significato: sono viva. E la
gioia di questa consapevolezza fa s che tutto quello che successo vada in secondo
piano, nonostante la gravit, nonostante l'orrore.
Nolan sta continuando a toccarmi per sincerarmi che stia bene. Intorno a lui due
agenti, un uomo e una donna. Quest'ultima mi sorride: Un medico sar qui a
momenti.
Non ho bisogno di un medico.
La donna guarda Nolan con aria interrogativa.
Sei sicura, bambola?
Sicura. Sto bene. Con una mano lo agguanto per la camicia e lo tiro verso il
mio viso. Ti prego, niente medici, sussurro con un filo di voce.
Okay, dolcezza, mi dice piano in un orecchio regalandomi un sorriso di
sollievo. Poi, con un colpo di tosse, cerca di darsi un tono: Niente medico, dice che
sta bene. Piuttosto, andate a gestire un attimo il casino l fuori, io arrivo tra poco.
Mi fa tenerezza per come poco avvezzo alle smancerie.
I due agenti ci lasciano soli lanciandosi sguardi dubbiosi.
Nolan, puoi smettere di tastarmi il polso, sto bene.
Cazzate. Puoi fregare loro, ma non me. Sei bianca come il mio culo, ragazza.
La sua affermazione mi strappa un sorriso. Nolan quando agitato spara
parolacce pi del solito.
Mi riservi sempre dei bellissimi complimenti, dico, tirandomi su. Ho un leggero
formicolio alle braccia, ma tutto sommato sto bene. tutto finito, Nolan? chiedo,
passandomi le mani sul viso.
Credo proprio di s. Avevi ragione su tutto e se penso a cosa hai rischiato...
scuote la testa e guarda altrove. Se ti fosse successo qualcosa mi sarei tagliato
l'uccello e l'avrei dato in pasto ai gabbiani gi al porto.
Non esagerare e tienilo in serbo per Maureen, trovo la forza di ironizzare.
Come facevi a sapere che ero qui?
Non lo sapevo. Mike venuto in centrale dopo che ha scoperto alcune foto
nello studio di Martin che lo ritraevano con quella dannata collanina al collo. Mi ha
raccontato degli ultimi sviluppi, del fatto che fosse il tuo psicologo e che di
conseguenza sapesse molte cose di te, dell'inseguimento...a proposito, poi facciamo i

conti per non avermi tenuto al corrente. Mi rimprovera con gli occhi ma non mi
faccio intimorire.
Continua.
Non ero del tutto convinto, avevo gi condotto male le indagini una volta e
rischiavo di fare un'altra cazzata, quindi sono andato a casa di Martin per, diciamo...
una chiacchierata, ma non c'era. L'ho raggiunto telefonicamente e mi ha detto che
stava per partire. Quando gli ho detto che era meglio se non si fosse allontanato
dalla contea, ha capito tutto e la localizzazione del suo cellulare ci ha portato fino a
qui.
Sospiro rumorosamente.
Ringrazia il tuo amico, bambola. Se non fosse venuto lui da me, forse tu non
saresti qui a guardarmi con questi occhioni.
Lo far. Se e quando lo rivedr. Perch, dopo tutto quello che successo, forse
la sua presenza qui me la sono immaginata.
Puoi farlo adesso, qua fuori.
Mi porto una mano al petto per fermare il cuore che sembra faccia capriole
all'impazzata.
Nonostante riesca a controllarsi, freme per vederti. Ho intuito che non finita
bene tra voi, quindi sta a te l'ultima parola. Se vuoi che lo cacci, non hai che da
chiederlo.
Gli avevo detto di sparire dalla mia vita, di non farsi pi vedere, ma lui
sempre stato qui e s, ho una gran voglia di vederlo.
Fallo entrare.
Nolan annuisce: Riprenditi, bellezza.
Appena uscito lo sento urlare degli ordini e imprecare pi del solito. Come una
scolaretta mi ritrovo a passarmi le mani nei capelli e a lisciarmi i vestiti in quello
spasmodico movimento che facciamo noi donne per apparire in ordine. Come se
adesso fosse fondamentale. Passano dei minuti e nessuno entra da quella porta.
Temo che Mike se la sia svignata; come dargli torto. Mi alzo dal lettino nello stesso
istante in cui si apre la porta. La sua figura imponente si staglia sulla soglia dello
studio come un miraggio. Un bellissimo miraggio nonostante i suoi occhi siano un
misto di preoccupazione e angoscia. Il solo vederlo mi scombussola, mi fa capire
quanto sia stato stupido pensare di togliermi Mike Donovan dalla testa, pretendere
che sparisse dalla mia vita e, mai come ora, sono convinta del suo amore per me,
nonostante le mie cicatrici.
Vieni qui, sussurra con voce roca spalancando le braccia.
Mi muovo di qualche passo e mi butto sul suo petto per un abbraccio caldo e
confortevole, che sa di noi, che sa di amore. Comincio a singhiozzare sommessamente
abbandonandomi completamente a lui. Mi lascio cullare come una bambina per un
tempo che, quando lui mi solleva il viso, mi sembrato troppo breve.
Non farlo mai pi, mormora, guardandomi negli occhi. Non allontanarmi
pi dalla tua vita. Non allontanarmi pi da te. La sua voce da speacker, bassa e
profonda, adesso trema un po'. Mi bacia gli zigomi e poi mi stringe pi forte tuffando
il suo viso tra i miei capelli. Sento le sue mani forti che mi accarezzano come a
sincerarsi che io stia bene. Ti voglio, Jordan. Mi sussurra su collo. Ti voglio cos come
sei. E ti amo tutta, cicatrici comprese. Amo il modo in cui combatti, come reagisci

alle avversit, amo la tua forza, la tua tenacia, le tue lentiggini. Amo perfino come
guidi il tuo furgone sgangherato. Come lo parcheggi un po' meno. Si allontana quel
tanto che basta per regalarmi un sorriso meraviglioso e carico di promesse.
la dichiarazione d'amore pi bella che abbia mai sentito ed rivolta a me,
dall'uomo con cui voglio passare tutta la vita. Tutti i miei dubbi, le mie incertezze, le
mie paure di non essere all'altezza di questo amore devastante, totale, immenso,
sono state spazzate via dalle sue parole.
Mike mi prende il viso tra le mani, mi asciuga le lacrime con i pollici e poi mi
bacia con dolcezza. Un bacio che, dentro di me, ho aspettato e anelato per troppo
tempo.
come essere a casa.
come tornare alla vita.

36
Prego. L'hostess del volo Air Lingus Dublino New York, mi sorride cordiale
mentre mi porge le vivande. Cibo colorato e impacchettato mi fa l'occhiolino dal un
vassoio e solo io posso trovare invitante una cosa del genere. Sono in volo da poco e,
nonostante abbia mangiato prima del decollo, mi accorgo di avere ancora fame.
Quasi due ore fa ho lasciato una Dublino illuminata e vestita a festa per il
Natale imminente. un Dicembre decisamente freddo e sono rimasta con le mani
congelate anche se Nolan, al momento dei saluti, me le avvolgeva nelle sue.
E ho pianto. Sono una frana in questa cose.
Smetti di frignare, se non vuoi che ti venga dietro. E bada bene che non ho
pianto nemmeno quando morta mia madre, mi ha rimproverato, burbero.
L'ho stretto forte e lui, come c'era da immaginarselo, rimasto immobile come
un baccal. Alla fine mi ha regalato un timido abbraccio borbottando parolacce e
giurerei di averlo visto commosso.
Torna, ogni tanto. Quando vuoi mangiare il tacchino ripieno migliore del
mondo, sai dove venire.
Lo far, ho risposto asciugandomi gli occhi.
Buona fortuna, bellezza. E non ti scordare del tuo vecchio, caro Nolan.
Come potrei? L'ho abbracciato di nuovo, ma lui questa volta mi ha dato una
pacca sul sedere Basta con le moine, non sono una donnicciola. Fai salire il tuo bel
culo su quell'aereo, forza! Il ricordarlo mi strappa un sorriso, che l'hostess scambia
per un mio ringraziamento.
Prego, signore. La donna allunga il vassoio al passeggero accanto a me. Buon
appetito, chiosa, con un lieve inchino.
Grazie. Ma adesso non ho fame.
Vuole che lo ritiri? domanda, leggermente sorpresa.
No, non necessario. Ci penser Jordan a spazzolare anche il mio vassoio. Non
ha idea di quanto possa mangiare questa donna. Mike mi regala un sorriso carico di
complicit. Su, amore, non fare la timida, fatti lasciare anche il mio vassoio.
Lo fulmino con lo sguardo.
fortunata, cos magra! esclama l'hostess.
Metabolismo, mormora Mike aprendo una rivista. Un fantastico
metabolismo.
Non immaginavo che tu ricordassi esattamente le parole che ho pronunciato
quella mattina all'alba a casa tua, gli dico, mentre l'assistente di volo prosegue il
suo giro.
Mi sono concentrato molto sulle tue parole, per non farmi distrarre dal resto. Eri
mezza nuda. A proposito: che fine ha fatto la mia camicia?
Ehm...una domanda di riserva?
Non c' una domanda di riserva. una semplice domanda che richiede una
semplice risposta.
Ricordi quando ti ho raccontato di aver avuto una discussione telefonica col

proprietario dell'appartamento dove andremo ad abitare a breve?


Ehm, s, ma che c'entra?
Be'...stavo stirando.
Non me lo dire.
Te lo dico. A New York dovremmo cercare una lavanderia di fiducia. Per il
bene delle tue camicie, ovvio, perch io le mie, con i segni del ferro da stiro, le porto
con disinvoltura. Rido, con una finta innocenza dipinta sul volto.
Sei una strana donna, Jordan O'Neill. Mike mi ruba un pacchetto di crackers
dal vassoio.
E tu sei un ladro. Azzardati a mangiare la mia razione, e poi dovrai vedertela
con me.
Lui si sporge e mi soffia sulle labbra: Sshh...parli sempre troppo. E c' solo un
modo per farti stare zitta.
Mi bacia attirandomi a s e io, ricambiando il suo abbraccio, inavvertitamente
colpisco il vassoio, che atterra in modo plateale sul pavimento del volo EI 105
Dublino New York.

Ringraziamenti
Questa storia, a livello embrionale, era nella mia mente da mesi e mesi.
Aspettava solo la giusta dose di coraggio e di spinta per trovare il suo posto tra le
pagine di un romanzo. Questa spinta, insieme a infiniti sms di incoraggiamento misti
a minacce cariche di affetto, arrivata dalla mia cara amica Nunzia Di Pietro.
Quindi il primo grazie pieno di affetto va a lei e ai suoi messaggi che conservo come
monito per i lavori futuri.
Un grazie immenso alla mia editor personale, Anna Maria Lorusso, che oltre ad
avere una splendida famiglia, degli alunni da seguire e un blog da curare
(http://giornopergiornopiccolalory.blogspot.it/) ha accettato con entusiasmo di
revisionare il mio lavoro prima della pubblicazione. Ha pazientemente sopportato i
miei deliri, i miei dubbi, e guidato, sguainando all'occorrenza la penna rossa,
nell'intricato mondo dell'editing. Grazie Prof!
Ringrazio Valerio Giamberardini, senza il quale a livello tecnologico mi sentirei
persa, che ha curato la parte grafica del libro dandomi consigli giusti ed efficaci.
Un grazie collettivo e pieno di calore ai lettori del mio blog, che hanno fatto il
tifo perch questo romanzo prendesse vita e vedesse la luce. Sono sicura che ignorano
quanto bene mi abbiano fatto le loro parole di incoraggiamento e il loro entusiasmo
alla notizia di questo secondo romanzo.
Infine, ma non per importanza, ringrazio tutti gli amici che gravitano intorno a
me, la mia famiglia che mi ha sempre supportato anche in scelte coraggiose e
Andrea e Alice, mio marito e mia figlia, i quali, pur di farmi scrivere, si sono
accontentati spesso di una pasta in bianco e una scatoletta di tonno.
Vi amo immensamente, ve l'ho gi detto?

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