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Cap. III LE BIOTECNOLOGIE


1. Biotecnologie: generalit
Per biotecnologie si intende linsieme delle tecniche che utilizzano organismi viventi allo scopo di produrre
o modificare prodotti per un fine specifico.
La biotecnologia un insieme variegato di scienze applicate che si avvalgono delle conoscenze di diverse
discipline quali: biochimica, chimica, biologia molecolare, genetica, microbiologia, ingegneria di processo. Le
molteplici applicazioni delle biotecnologie sono riconducibili ad alcuni fondamentali settori quali: medicinafarmacologia, agricoltura (incluse zootecnia e veterinaria), alimentazione, industria chimica, ambiente ed
energia.
La biotecnologia non una scienza moderna. Infatti, da migliaia di anni luomo ha cercato di migliorare la
resa dei campi e la qualit degli animali allevati, selezionando i semi delle piante con le caratteristiche migliori
e le specie di animali domestici pi adatti alle sue esigenze. I nostri antenati hanno poi esteso luso degli
organismi viventi ai microrganismi iniziando a sfruttare batteri, lievito e funghi per convertire le uve in vino, il
latte in yogurt e formaggi e il frumento in pane lievitato.
Il primo ad utilizzare il termine biotecnologia fu lingegnere ungherese Karl Ereky nel 1917, per indicare
processi di lavorazione di prodotti agricoli destinati allalimentazione zootecnica.
Oggi viene fatta una distinzione tra biotecnologie tradizionali (che comprendono tutte le tecniche produttive
utilizzate da millenni, come i procedimenti usati nellattivit casearia e i processi di fermentazione e
lievitazione) e le cosiddette biotecnologie innovative: queste si avvalgono di nuovi strumenti basati sulle
tecnologie del DNA ricombinante, che hanno reso possibile modificare in modo mirato lattivit di organismi
intervenendo sul loro patrimonio genetico.
2. Meccanismi di trasferimento di geni fra batteri

Fig. 15 Batterio.

Nei batteri esistono diversi meccanismi che assicurano allindividuo la possibilit di modificare il proprio
patrimonio genetico scambiando o ricevendo frammenti di DNA da altri batteri (ricombinazione genica).
Questi meccanismi sono la trasduzione, la trasformazione e la coniugazione.
Trasduzione
La trasduzione consiste nel passaggio di frammenti di DNA da un batterio allaltro tramite un batteriofago o
fago (virus che parassita un determinato batterio). Tale scoperta fu fatta nel 1956 dal genetista statunitense
Joshua Lederberg: quando i batteriofagi infettano un batterio, a volte prelevano piccole porzioni di DNA
dai cromosomi dellospite e le trasmettono a nuove generazioni di virus; queste infettano nuovi batteri e vi
trasferiscono il materiale genetico sottratto ai precedenti batteri ospiti.
A seconda del meccanismo replicativo adottato dal fago nella cellula, si possono distinguere una trasduzione
generalizzata e una trasduzione specializzata.
o Trasduzione generalizzata. In seguito a infezione di una cellula, il virus provoca la rottura del materiale
genetico della cellula stessa e sfrutta i suoi componenti (i ribosomi, talvolta le polimerasi) per produrre
molte copie di s. Al termine di questo processo, detto ciclo litico, alcuni frammenti di DNA del batterio
possono finire nel capside delle nuove particelle fagiche in assemblamento.

- 16 Quali e quanti frammenti possono inserirsi casuale (da questo il nome di trasduzione generalizzata);
in caso di successiva infezione di questi fagi il DNA in essi contenuto (il DNA del batterio precedente
detto frammento trasducente) sar iniettato in un'altra cellula. Il frammento di DNA trasdotto, una volta
entrato nel batterio ricevente, pu essere incorporato nel cromosoma mediante due o pi crossing-over
(sempre comunque in numero pari), sostituendosi cos ad una parte del genoma del batterio ricevente.
o Trasduzione specializzata. Quando un virus attacca una cellula batterica, il suo DNA pu inserirsi nel
cromosoma diventando cos in grado di duplicarsi con esso. Questa condizione viene detta lisogenia e il
batterio detto lisogenico. Il DNA virale pu, in seguito a determinati stimoli, fuoriuscire dal
cromosoma: in alcuni casi l'uscita non precisa e il frammento che si stacca pu portare con s anche
parte del cromosoma del batterio. Visto che molti virus si inseriscono sempre in loci ben definiti sul
cromosoma, in questi casi trascineranno con loro sempre gli stessi geni, quelli adiacenti il sito di
inserimento. Al termine del ciclo litico si formeranno nuove particelle virali ed alcune di esse avranno
questo DNA "misto": questo DNA virale con l'aggiunta dei geni batterici, potr essere inserito in punti
specifici detti "regioni di omologia" di altri batteri in caso di successiva infezione dei fagi.

Fig. 16 La trasduzione.

Trasformazione
Nella trasformazione, i batteri acquisiscono direttamente dallambiente extracellulare molecole di DNA,
solitamente provenienti da cellule lisate, che integrano stabilmente nel proprio cromosoma.

Fig. 17 La traformazione.

- 17 Coniugazione
La coniugazione un processo con il quale una cellula batterica trasferisce porzioni di DNA ad un'altra
tramite un contatto cellula-cellula.
I segmenti di materiale genico trasferibile, che si trovano liberi nel citoplasma del batterio, sono
detti plasmidi: sono di forma circolare e capaci di replicarsi in modo indipendente dal cromosoma batterico. Il
plasmide pi noto il plasmide F di Escherichia coli che contiene circa 20-25 geni, alcuni dei quali producono
lunghe strutture proteiche a bastoncino dette pili sessuali.
stato scoperto che non tutte le cellule batteriche si comportano allo stesso modo nel trasferimento del fattore
F da cellula a cellula, ma che alcune di loro si comportano da donatori, altre da riceventi. Le cellule donatrici
sono quelle che hanno il fattore F, chiamate F+, le riceventi sono sprovviste del fattore, chiamate F-. Il fattore F
viene trasmesso grazie alla sintesi, a partire da geni contenuti sullo stesso plasmide, di piccole estroflessioni,
dette pili sessuali, che prendono contatto con una cellula ricevente, avvicinandola e rendendo possibile il
passaggio del materiale genico attraverso un ponte citoplasmatico definito tubo di coniugazione; viene
trasferito un solo filamento del DNA. Un filamento del DNA circolare del plasmide viene tagliato e un
filamento parentale viene trasferito nella cellula ricevente. Si attiva quindi nel donatore la replicazione del
DNA, che porter al rimpiazzamento del filamento che stato trasferito. Nello stesso tempo, un filamento
complementare al filamento donato viene sintetizzato nel ricevente a completare la molecola di acido nucleico
nel ricevente.

Fig. 18 Meccanismo della coniugazione batterica: la cellula F + produce il pilo coniugativo che aggancia la cellula F -; il
plasmide viene tagliato e uno dei due filamenti viene trasferito alla cellula F - attraverso il pilo coniugativo; entrambe le cellule
sintetizzano il filamento mancante del plasmide.

3. La tecnologia del DNA ricombinante


Negli anni successivi alla scoperta della struttura del DNA (fatta da Watson e Crick nel 1953) si registr un
notevole sviluppo di ricerche nellambito della neonata biologia molecolare. Infatti, nel corso dei successivi
ventanni i ricercatori hanno elaborato tecniche necessarie per isolare i singoli geni (frammenti di DNA) di un

organismo e inserirli nel DNA di un altro organismo, modificandone in modo permanente il patrimonio
genetico (genoma).
Linsieme delle tecniche che consentono queste modificazioni genetiche chiamato tecnologia del DNA
ricombinante (o ingegneria genetica): ricombinante si riferisce al fatto che si crea una ricombinazione
genetica artificiale, cio una nuova molecola di DNA con una diversa disposizione di geni.
- 18 Queste procedure permettono di:
estrarre il DNA di un organismo e frammentarlo in segmenti ben definiti;
isolare tra questi segmenti uno che contiene uno o pi geni determinati;
trasferire il frammento nel DNA di un altro organismo, dove quel gene o quei geni verranno duplicati
ed espressi.
In questo modo lorganismo ricevente sar in grado di sintetizzare, oltre alle sue proteine, anche quelle
codificate nel gene o nei geni presenti nel frammento di DNA estraneo che stato trapiantato nel suo DNA.
Questa possibilit di manipolare, cio ricombinare, il DNA si attuata quando si riusciti a stabilire:
come tagliare il DNA in punti specifici, utilizzando particolari enzimi batterici (enzimi di restrizione);
come unire i frammenti cos ritagliati al DNA di un altro organismo differente;
come utilizzare opportuni vettori per trasferire il DNA estraneo nel DNA della cellula ricevente.
Gli enzimi di restrizione: come tagliare il DNA in modo selettivo
Alla fine degli anni Sessanta del Novecento si scopr che alcuni batteri si difendono dallattacco dei virus
producendo particolari enzimi, denominati enzimi di restrizione; che tagliano le molecole di DNA estraneo in
frammenti pi piccoli, non infettanti. Gli enzimi di restrizione sono molto specifici e tagliano le molecole di
DNA solo in corrispondenza di certi siti di riconoscimento (siti di restrizione) caratterizzati da una
determinata sequenza di basi azotate.
La sequenza riconosciuta, pur variando da un enzima ad enzima, un palindromo (di 4, 6 o 8 basi), ossia una
sequenza di basi in cui i due filamenti di DNA, quello superiore e quello inferiore, letti in direzione 53 sono
uguali.
Per esempio, lenzima EcoRI (appartenente allEscherichia coli) taglia il DNA soltanto quando incontra la
seguente sequenza di basi appaiate nella doppia elica del DNA.
5 GAATTC 3
3 CTTAAG 5
La maggior parte degli enzimi di restrizione lavora riconoscendo sequenze palindrome e operando un taglio
obliquo nel filamento di DNA. Come vedremo pi avanti, questi tagli sfasati sono fondamentali per
ottenere DNA ricombinante.
Gli enzimi di restrizione agiscono solo sul DNA estraneo e non tagliano il DNA della cellula batterica che li
ha prodotti. Il batterio, infatti, protegge il proprio DNA con un meccanismo chiamato metilazione: alcuni
enzimi aggiungono il gruppo metile (-CH3) in tutti i punti del DNA batterico che potrebbero essere riconosciuti
dagli enzimi di restrizione.
Gli enzimi di restrizione possono venire isolati ed estratti dalle cellule che li producono per essere utilizzati in
laboratorio come se fossero delle forbici biochimiche. Infatti, il DNA di un qualsiasi organismo se incubato
in provetta con un enzima di restrizione, verr tagliato in tutti i punti in cui presente il relativo sito di
restrizione.
Oggi disponiamo di centinaia di enzimi di restrizione, isolati da batteri e i loro nomi indicano la specie
batterica da cui derivano: EcoRI da Escherichia coli; HindIII da Haemophilus influenzae; ecc. In questo modo
i biologi molecolari possono scegliere con precisione chirurgica dove tagliare un campione di DNA optendo tra
molti siti diversi. I tratti di DNA che si ottengono sono detti frammenti di restrizione.

Poich le sequenze di riconoscimento non si presentano a intervalli regolari, i frammenti di restrizione hanno
lunghezze diverse, ed proprio grazie a questa variabilit che li possiamo separare. Tale operazione pu servire
sia a stabilire il numero dei singoli frammenti, con le rispettive dimensioni molecolari, sia a individuare e
purificare un frammento di particolare interesse.
Come vedremo pi avanti, un sistema adatto a separare o purificare i frammenti di DNA l elettroforesi su
gel.
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Fig. 19 a) meccanismo di azione di un enzima di restrizione;


b) intervento della DNA-ligasi.

Come separare i frammenti di DNA


Lelettroforesi su gel separa i frammenti di DNA dopo il taglio con gli enzimi di restrizione utilizzando un
gel di agarosio, un polisaccaride che si ricava dalle alghe e che si scioglie in acqua bollente e solidifica man
mano che si raffredda.

Il gel posto in uno stampo a forma rettangolare; a una estremit del gel si realizzano, prima che lagarosio si
raffredda, piccole fessure dette pozzetti in cui si depositano i frammenti di DNA. Dopo si applica un campo
elettrico alle estremit della vaschetta, con il polo negativo vicino ai pozzetti e il polo positivo allestremit
opposta.
Il DNA carico negativamente a causa della presenza dei gruppi fosfato; poich le cariche opposte si
attraggono, i frammenti di DNA migrano verso il polo positivo del campo elettrico. Il gel funziona da setaccio
molecolare: le molecole piccole migrano attraverso lagarosio pi velocemente di quelle grandi.
- 20 Dopo un certo intervallo di tempo si interrompe la corrente e i frammenti di DNA vengono resi visibili
mediante un apposito colorante che diventa visibile quando viene esposto alla luce ultravioletta.

Fig. 20 Schema del dispositivo di elettroforesi su gel di agarosio.

Incollare il DNA
Se si mescolano i frammenti di DNA di diversa origine, tagliati dallo stesso enzima di restrizione, le estremit
coesive di due frammenti qualsiasi, che hanno sequenze di basi complementari, si appaieranno e si riuniranno in
seguito alla formazione di legami idrogeno tra le basi complementari. Gli spezzoni di DNA cos riuniti saranno
definitivamente saldati mediante legami covalenti catalizzati da un enzima specifico, detto DNA-ligasi: in
questo modo si forma una molecola artificiale di DNA ricombinato, chiamata correntemente DNA
ricombinato (vedi Fig. 19).
Individuare sequenze specifiche di basi
Per conoscere la sequenza genica (o nucleotidica) presente allinterno dei frammenti di DNA ottenuti dagli
enzimi di restrizione si usano dei brevi filamenti singoli di DNA marcati con un isotopo radioattivo la cui
sequenza nucleotidica nota; tali filamenti sono detti sonde.
Il campione di DNA viene denaturato (cio despiralizzato e separato in filamenti singoli); tale denaturazione
si fa scaldando il DNA a 95 C, cos i legami idrogeno tra le basi azotate si rompono e i due filamenti si
separano. A questo punto il campione viene esposto a frammenti marcati di DNA, detti sonde, che si unisce
alle sequenze complementari: questo processo detto ibridazione. A ibridazione avvenuta, una macchia di
radioattivit indicher il punto in cui la sonda ha intercettato la sequenza di DNA desiderata, mentre le sonde
che non si sono legate rimarranno nella soluzione. quindi possibile prelevare la porzione di gel
corrispondente alla zona che contiene il frammento cercato (per dimensione o sequenza) e poi estrarre dal gel il
frammento di DNA allo stato puro.

Fig. 21 Uso di una sonda a DNA.

- 21 Amplificare il DNA: la PCR


Le DNA polimerasi sono enzimi in grado di sintetizzare un filamento di DNA utilizzando come stampo un
altro filamento di DNA e generando quindi un filamento complementare al primo nel processo di replicazione.
Tutte le DNA polimerasi conosciute sintetizzano il nuovo filamento in direzione 53 aggiungendo
nucleotidi allestremit 3 del filamento in crescita. Inoltre, le DNA polimerasi non sono in grado di produrre un
filamento polinucleotidico da zero (ex novo) per cui hanno bisogno della presenza di una breve molecola di
DNA, detta primer (o molecola di innesco), a singolo filamento la cui sequenza complementare a quella dello
stampo.

Fig. 22 - La DNA polimerasi sintetizza un nuovo filamento complementare (blu)


aggiungendo nucleotidi allestremit 3 del primer.

Nel 1983 il biochimico statunitense Kary Mullis ebbe una brillante idea: utilizzare la DNA polimerasi e una
coppia di inneschi (corte sequenze nucleotidiche) complementari ai lati di una sequenza di DNA di interesse per
copiarla, per ottenere in poco tempo milioni di molecole di DNA. Fu cos che invent la reazione a catena
della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR). La PCR ha rivoluzionato le tecniche dellingegneria
genetica offrendo uno strumento straordinario e potente per amplificare in vitro e in poco tempo definite
sequenze di DNA (in riconoscimento di ci Mullis fu premiato col Nobel per la chimica nel 1993).
Alla base della PCR c il seguente concetto: ripetere per un certo numero di volte, attraverso cicli consecutivi
di denaturazione-appaiamento fra DNA bersaglio e inneschi, la sintesi di una specifica regione di DNA, in
modo da avere un incremento esponenziale delle copie di questo DNA.
A tal fine occorre:
- conoscere con precisione le estremit della sequenza da amplificare per poter sintetizzare degli inneschi
specifici o primer (della lunghezza media di 15-20 nucleotidi) complementari a questa sequenza;

disporre di una DNA-polimerasi che non si denaturi alle alte temperature per poter effettuare cicli
continui di PCR. A tale proposito si utilizza la DNA-polimerasi isolata dai batteri Thermus acquaticus,
definiti termofili perch in natura vivono in ambienti con temperature molte alte, quali i geyser.
Ogni ciclo PCR si svolge in tre fasi:
Durante la prima fase, denaturazione, la molecola di DNA viene brevemente riscaldata a 95 C e
separata nei due filamenti complementari.
Nella seconda fase, la temperatura viene ridotta a circa 50-60 C per consentire lappaiamento fra gli
inneschi e il DNA bersaglio.
Nella terza fase, condotta a circa 70 C, avviene la polimerizzazione del nuovo DNA. Infatti la DNApolimerasi si lega in corrispondenza degli inneschi e in presenza di nucleotidi liberi catalizza la
progressiva formazione di un nuovo filamento di DNA complementare a quello originario.
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Fig. 23 Schema del processo di amplificazione del DNA mediante PCR.

La PCR ha rivoluzionato molte aree della ricerca in genetica, quali la diagnosi delle malattie genetiche, la
genetica forense, lo studio del DNA ricavato da fossili e reperti archeologici, ecc.
La clonazione del DNA
La tecnologia del DNA ricombinante consente il processo di clonazione molecolare, cio lisolamento e
lamplificazione di molecole identiche di DNA in un organismo opportuno (di solito si utilizzano a questo
scopo cellule batteriche). Questa tecnica molto importante sia per le applicazioni di ingegneria genetica sia
per gli studi di biologia molecolare. Infatti, grazie ad essa possibile:
- identificare e analizzare specifiche sequenze di DNA;
- studiare le funzioni di un particolare prodotto genico (sia RNA che proteico);
- ingegnerizzare gli organismi per fini specifici, quali ad esempio la produzione di insulina o
lintroduzione di fattori di resistenza verso organismi patogeni.
La clonazione del DNA pu essere divisa in tre stadi:
isolamento della sequenza di interesse;
creazione di una molecola ibrida (ricombinante) tra la sequenza di interesse e un vettore (in grado di
trasportarla allinterno delle cellule ospiti);

introduzione del vettore, unito alla sequenza da clonare, allinterno delle cellule ospiti, attraverso il
processo di trasformazione.

Generalmente i vettori usati per la clonazione sono plasmidi oppure virus (fagi) opportunamente adatti allo
scopo.
Un tipico vettore plasmidico strutturato in modo abbastanza semplice e contiene in particolare una
regione per la clonazione dove presente la sequenza di riconoscimento di svariati enzimi di restrizione e una
regione in cui presente di solito un gene che conferisce resistenza ad un antibiotico (cio permette, come
vedremo, di distinguere le cellule ottenute per clonazione che contengono il plasmide da quelle che non lo
contengono).
La figura 24 spiega bene i punti pi rilevanti della tecnica di clonazione.
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Fig. 24 Procedura per la clonazione in un vettore plasmidico di un gene di interesse: innanzitutto, sia il DNA del vettore
plasmidico sia quello di interesse vengono tagliati con lo stesso enzima di restrizione (a) in modo da ottenere estremit
compatibili (b) che vengono saldate dalla DNA-ligasi (c). I plasmidi cos ricombinati con i frammenti di DNA di interesse
vengono introdotti nei batteri per mezzo di tecniche di trasformazione (d). I batteri contenenti il plasmide ricombinato
vengono fatti crescere in piastre su terreni appositi (contenente lantibiotico il cui gene di resistenza portato dal plasmide) e
fatti moltiplicare per formare numerose colonie. Ogni colonia risulter costituita da un clone contenente numerose copie di
DNA di interesse (e): infatti solo i batteri contenenti il plasmide ricombinante saranno in grado di crescere sul terreno
selettivo.

Un esempio di applicazione delle biotecnologie in medicina: produzione di insulina


I risultati ottenuti nel campo della medicina grazie allutilizzo delle biotecnologie sono, allo stato attuale, di
grandissimo rilievo e i prodotti biotecnologici di interesse medico sono ormai molti. I primi clamorosi successi
conseguiti sono stati la produzione di ormoni umani come linsulina o la somatotropina, indispensabili nella
cura di gravi malattie quali il diabete e i disturbi della crescita.

Fino a poco tempo fa la produzione di insulina umana avveniva modificando chimicamente la sequenza degli
amminoacidi dellinsulina del maiale, molto simile a quella umana.
Tale modificazione consisteva nello scambio di un unico amminoacido terminale. Questo sistema, per,
permetteva una limitata produzione di insulina e creava uneccessiva dipendenza dalla macellazione dei suini,
dal cui pancreas, appunto, veniva estratto lormone.
La tecnologia genetica ha permesso di ottenere linsulina da cellule batteriche sottoposte a manipolazione
genetica.
In particolare, nei microrganismi sono stati trapiantati i geni responsabili della produzione dinsulina del
macaco, simili a quelli delluomo.
Successivamente, mediante determinati enzimi, dai prodotti della sintesi batterica sono state ottenute
molecole di insulina identiche a quella umana naturale (Fig. 25).
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Fig. 25 Produzione dellinsulina. Da un batterio si rimuove il plasmide. Si isola il DNA di una cellula umana. Un enzima di
restrizione apre il plasmide e separa dal DNA umano il gene che fa produrre insulina. Questo viene unito al plasmide, che poi
viene inserito nel batterio. Batteri cos trattati vengono tenuti in coltura. Linsulina da essi prodotta, una volta purificata,
viene impiegata a scopo farmacologico.

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