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APPUNTI
DI MECCANICA
S TAT I S T I C A
D I PA R T I M E N T O D I F I S I C A
U N I V E R S I T D I G E N O V A
Indice
Introduzione
19
24
25
26
31
15
18
16
31
33
36
33
II
39
42
49
46
50
53
54
56
63
59
63
Dinamica microscopica
4.1 Sistemi dinamici
67
67
70
72
74
76
81
82
83
87
87
90
93
97
98
102
105
78
III
107
109
107
113
114
117
121
128
132
137
118
Transizioni di fase
137
143
143
145
151
159
166
172
176
177
162
1
Introduzione
Indice
1.1
plificati della struttura degli atomi e delle leggi che governano le loro
interazioni.
La meccanica statistica quindi spesso prende come punto di partenza per il livello pi basso la descrizione degli atomi che ne d
Feynman, come piccole particelle che si muovono intorno in moto
perpetuo, attraendosi lun laltra quando sono abbastanza vicine, ma
respingendosi quando sono schiacciate luna contro laltra. Perch
questa cruda immagine classica (una versione raffinata di quella proposta da alcuni antichi filosofi greci) fornisca previsioni che non sono
solo qualitativamente corrette, ma in molti casi anche estremamente
precise, certamente lontano dallessere chiaro.
1.2
La meccanica statistica moderna il prodotto di un lungo percorso storico. Si pu affermare che molti dei problemi che si sono
presentati nel suo sviluppo, oggi possono dirsi, in larga parte, risolti.
Proviamo a tratteggiare in forma schematica tale percorso, i problemi che si sono presentati e le soluzioni fornite dalla meccanica
statistica moderna, indicando nelle note a lato i capitoli dove questi
temi vengono trattati.
Nel V secolo a. C., Talete e i cosiddetti filosofi pre-socratici scoprirono che sostanze apparentemente diverse come il ghiaccio e
lacqua possono essere considerate manifestazioni differenti (oggi
diciamo fasi) della stessa sostanza.
Problema 1: spiegare come avvenga il cambiamento da una fase
allaltra della stessa sostanza e sotto quali condizioni.
Poco pi tardi, Democrito pose a fondamento della materia atomi
che si muovono nel vuoto, sostenendo che tutta la variet del reale
si pu ricondurre alle propriet del movimento degli atomi.
Problema 2: spiegare il cambiamento nel senso pi generale del
termine della materia.
NellOttocento, furono poste le basi della termodinamica classica
di equilibrio. Oggi sappiamo che tutte le propriet termodinamiche di equilibrio discendono dallesistenza di una variabile,
lentropia di equilibrio Seq . Se nota la dipendenza funzionale di
Seq dalle variabili estensive del sistema, si sa tutto delle propriet
di equilibrio del sistema.
Il presupposto della termodinamica lesistenza di stati di equilibrio che sono descritti da poche variabili (per una sostanza pura,
meno delle dita di una mano).
introduzione
La descrizione microscopica di un
sistema secondo la meccanica classica
presentata a grandi linee nel Cap. 4.
Lentropia microscopica di Boltzmann
discussa nel Cap. 5.
Il macrostato di equilibrio Meq riempie praticamente tutto lo spazio delle fasi accessibile. Quindi SB = k log | Meq | k log ||, dove
tutto lo spazio delle fasi accessibile al sistema. Essendo caratterizzato da poche variabili come energia e volume, risulta risolto
il problema 3.
Alla fine dellottocento, Gibbs introdusse linsieme canonico che
fornisce un metodo equivalente, ma pi semplice, di determinare
k log || e quindi tutte le propriet termodinamiche di un sistema.
Caratterizzando i cambiamenti di stato come singolarit delle
variabili termodinamiche, tra Ottocento e Novecento si riusc a
risolvere il problema 1 posto da Talete (almeno parzialmente,
mediante modelli semplificati, la ricerca tuttora in atto).
La seguente citazione di Richard Feynman, riassume mirabilmente
il contenuto della meccanica statistica.
Se, per qualche cataclisma, tutta la conoscenza scientifica fosse distrutta, e
solo una frase potesse passare alla generazione successiva, quale affermazione
conterrebbe il massimo di informazione con il minimo di parole? Credo che
sia lipotesi atomica (o il fatto atomico, o comunque lo vogliate chiamare)
che le cose sono fatte datomi piccole particelle che si muovono intorno in
moto perpetuo, attraendosi lun laltra quando sono abbastanza vicine, ma
Figura 1.1: Relazioni tra temi di meccanica statistica, teoria dei sistemi
dinamici e probabilit.
respingendosi quando sono schiacciate luna contro laltra. In questa sola frase
vedrete unenorme quantit di informazione sul mondo, se soltanto un po di
immaginazione e pensiero sono applicati.
1.3
Obiettivi
2
Lentropia di Clausius e la termodinamica di equilibrio
Indice
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
2.8
2.9
2.10
2.1
9
15
2.2
U, V, N
Fext
4 Energia interna, calore e lavoro La misurabilit dellenergia interna garantita dallesistenza di pareti dette adiabatiche che hanno
la propriet che il lavoro fatto per portare il sistema racchiuso da
una tale parete da un qualunque stato ad un altro determinato interamente dagli stati, indipendentemente da qualunque condizione
esterna. Allora il lavoro fatto dalle forze esterne Fext la differenza
tra le energie interne dei due stati,
U = Lext
In questo modo, le misure di differenze di energia interna sono ricondotte a misure di lavoro. Pareti non adiabatiche sono dette diatermiche. Un sistema detto isolato se circondato da pareti che impediscono variazioni dellenergia interna totale, del volume totale e dei
numeri molari totali.
Il flusso di calore Q in un sistema in qualunque processo (a numero costante di moli) definito come la differenza tra lenergia interna
degli stati finale e iniziale diminuita dal lavoro fatto nel processo,
Q = U Lext
Questa equazione corrisponde allusuale formulazione della prima
legge della termodinamica. Per esempio, se le pareti del cilindro
sono diatemiche e il processo tale che U = 0, tutto il lavoro fatto
dalle forze esterne finisce in calore ceduto allambiente. Se pistone e
cilindro sono adiabatici e il pistone bloccato in una data posizione,
il gas un sistema chiuso e U = 0, Q = 0 e Lext = 0.
5 Rassegna delle definizioni di base Un parametro detto estensivo
se i suoi valori in un sistema composto sono uguali alla somma dei
valori nei sotto-sistemi che formano il sistema composto, altrimenti
detto intensivo. Un sistema detto composto se formato da sistemi
semplici. Infine, vincoli che impediscono flussi di energia, materia,
volume tra i sistemi semplici che formano un sistema composto sono
detti vincoli interni.
U A , VA , N A
U B , VB , N B
V = VA + VB ,
N = NA + NB ,
(2.1)
In particolare, questo significa che lentropia del sistema cilindropistone della figura 2.2
S = S A + SB ,
dove
S A = S A (U A , VA , NA ) ,
SB = SB (UB , VB , NB )
7 Mostriamo adesso come funziona il principio variazionale. Assumiamo che il sistema cilindro-pistone sia isolato e che il pistone sia
bloccato e fatto di un materiale che permetta scambi di calore (ma
non di materia) tra i due gas. Allora S una funzione solo di U A ,
essendo U A + UB = U = costante. Allora lo stato di equilibrio del
sistema composto definito dalla condizione di massimo di S, che si
ha in corrispondenza dellannullarsi della sua derivata rispetto a U A ,
S 0 (U A ) =
S A
S dUB
S A
S
+ B
=
B = 0.
U A
UB dU A
U A
UB
(2.3)
(2.4)
2.3
9 Relazione fondamentale La continuit, differenziabilit e monotonicit dellentropia implicano che la funzione entropia
S = S(U, V, N1 , . . . Nr )
(2.5)
10
concepibile sul sistema accertabile da essa. Val la pena di enfatizzare e ripetere questo punto: qualunque propriet termodinamica
determinata dalla relazione fondamentale.
10 Poich dalla (2.5) si passa unicamente alla (2.6) e vicersa, possiamo riguardare queste funzioni come rappresentazioni equivalenti
della relazione fondamentale. Ciascuna di esse contiene tutta linformazione termodinamica sul sistema. Diremo che la (2.5) la rappresentazione entropia e la (2.6) la rappresentazione energia della relazione
fondamentale.
11
P , la pressione
(2.9)
V S,N1 ,...Nr
U
k , il potenziale chimico del componente k (2.10)
Nk S,V,...Nr
Queste definizioni permettono un raccordo tra lo schema assiomatico
qui adottato e le formulazioni usuali della termodinamica.
12 Usando le definizioni sopra, lespressione per il differenziale
dellenergia interna pu essere riscritto come
r
dU = TdS PdV +
k dNk
(2.11)
k =1
r
1
P
dU + dV k dNk ,
T
T
T
k =1
(2.12)
(2.13)
U V,N1 ,...Nr
T
S
P
(2.14)
V U,N1 ,...Nr
T
k
S
(2.15)
Nk S,V,...Nr
T
14 In generale, per variabili estensive Y = (Y1 , Y2 , . . . , YJ ), lequazione fondamentale S = S(Y ) e lequazione fondamentale di Gibbs
dS = S0 (Y ) dY = F dY =
Fk dYk
dove
Fk =
S
Yk
(2.16)
Le derivate parziali F = (F1 , F2 , . . .) sono parametri intensivi coniugati alle variabili estensive, e le relazioni F = F (Y ) sono le equazioni di stato del sistema. Nel caso di un fluido multicomponente
semplice,
P
F E = 1/T, FV = , F Nk = k ,
(2.17)
T
T
Talvolta risulta utile mettere in evidenza il fattore 1/T e considerare le variabili coniugate P definite da
S
P
=
Y
T
F=
P
.
T
(2.18)
15 Esempi
Esempio 2.1 (Relazione fondamentale del gas perfetto). La seguente
relazione fondamentale
V
U
+ NR ln
S = Ns0 + cNR ln
Nu0
Nv0
dove c una costante, R la costante dei gas e s0 , u0 e v0 sono rispettivamente entropia, energia interna e il volume molari di uno stato
di riferimento (arbitrariamente scelto), caratterizza completamente le
propriet termodinamiche di un gas perfetto. Dalla (2.14) segue che
S
1
P
= NR =
V U,N
V
T
11
12
cio
PV = NRT ,
che lequazione meccanica di stato del gas perfetto. Dalla (2.13) si
ottiene
S
1
1
= cNR =
U N,V
U
T
cio
U = cNRT
che lequazione per lenergia interna del gas perfetto. Dalla definizione di calore specifico molare a volume costante
U
Cv
= cNR
T V,N
segue il significato della costante c. Si osservi che mentre nelle trattazioni usuali, lequazione meccanica di stato e lequazione dellenergia
interna sono date in maniera indipendente, qui sono conseguenza
della sola relazione fondamentale che, come abbiamo gi sottolineato,
fornisce tutta linformazione termodinamica concepibile sul sistema.
Esempio 2.2 (Relazione fondamentale della radiazione elettromagnetica). La relazione fondamentale della radiazione elettromagnetica
4
S = 1/4 U 3/4 V 1/4
3
dove una costante Dalle (2.13) e (2.14) si ottiene
1
S
U 1/4
= 1/4 1/4 =
U V
T
V
S
1 1/4 U 3/4
P
=
=
3/4
V
3
T
V
U
U
= T 4 .
V
Dalla seconda, si ha
P=
1 1/4 U 3/4
1U
1
T=
= u
3
3V
3
V 3/4
(2.19)
T
U V,N1 ,...Nr
S A
1
=
(U B0 )
TB0
UB
con condizioni iniziali di temperatura TA0 e TB0 . Quando il rivestimento adiabatico viene tolto dal pistone, cio il vincolo di adiabaticit viene rimosso, il sistema formato dai due gas subisce un processo
che lo porta in uno stato finale di equilibrio. Per il postulato II, lo
stato finale di equilibrio caratterizzato dalla (2.3) in cui lentropia
massima. La variazione di entropia S tra lo stato iniziale e lo stato finale dunque positiva, e il processo irreversibile. Calcoliamo
S assumendo, per semplicit, che le variazioni in gioco siano abbastanza piccole in modo da poter approssimare le variazioni finite con
differenziali. Allora
S dS =
S A
SB
SB
S A
dU A +
dU A
dUB =
dU A ,
U A
UB
U A
UB
U A
TA0
TB0
Ma S > 0, quindi U A > 0 se TA0 < TB0 , vale a dire, se la temperatura iniziale del gas A inferiore a quella del gas B c un flusso
di calore da B a A fin tanto che le temperature non si equalizzano,
in conseguenza di questo, lenergia di A aumenta; analogamente,
U A < 0 se TA0 > TB0 cio il gas A cede energia al gas B se la sua
temperatura iniziale pi elevata.
18 Accordo con le nozioni usuale di pressione Lasciando adesso al
pistone libero di muoversi, assumendo che sia fatto di un materiale
diatermico e poroso (di modo che sia possibili scambi di calore e
13
14
=
cio
(2.22)
= B,
NA UA ,VA
NB UB ,VB
TA
TB
ovvero
TA = TB
PA = PB
A = B
estende la definizione meccanica di pressione che entra nella relazione dU = PdV = ( F/S)Sdh = Lm e della condizione di equilibrio
PA = PB , lidentificazione di P con la nozione usuale di pressione
risulta stabilita, cos come lidentificazione di PdV con il lavoro
meccanico infinitesimo quasi-statico (cio quando si ha uguaglianza
tra pressione interna e la pressione esercitata dalle forze esterne).
19 Accordo con le nozioni usuale di potenziale chimico
il potenziale chimico
U
A =
N S,V
Analogamente,
T
T
S dS =
Se infine definiamo i
k dNk = Lc ,
k =1
(2.23)
2.4
(2.24)
(2.25)
Le variabili s, u e n rappresentano rispettivamente lentropia, lenergia, e il numero di moli per unit di volume. Analogamente, si introducono quantit molari (per unit di mole) e specifiche (per unit di
massa).
15
16
22 Equazione di Gibbs-Duhem
ottiene
1
P
U+ V N
T
T
T
(2.26)
2.5
23 Stabilit Il postulato II richiede che lo stato di equilibrio corrisponda ad un massimo dellentropia. Questo implica, in particolare,
che lo stato di equilbrio sia stabile se i vincoli esterni non sono modificati, e questo, a sua volta, implica che la funzione entropia di un
sistema semplice sia una funzione concava dei parametri estensivi.
24 Se la funzione entropia non fosse concava, il sistema non sarebbe
stabile. Per dimostrare questo, consideriamo due sistemi identici, ciascuno con relazione fondamentale S = S(U, V, N ), in un recipiente
con pareti rigide e adiabatiche. Nel mezzo del recipiente posto un
pistone come in figura 2.3. Per simmetria, pressioni e temperature
a destra e a sinistra del pistone sono uguali, e quindi il sistema in
equilibrio e ci aspettiamo che rimanga in tale stato fin tanto che i vincoli non sono modificati. Tuttavia, se la dipendenza dellentropia dallenergia interna fosse come mostrato qualitativamente in figura 2.4,
questo non accadrebbe: avverrebbe un trasferimento di energia U
da un sistema ad un altro perch il valore di entropia corrispondente
a questo scambio,
S(U + U, V, N ) + S(U U, V, N )
maggiore del valore iniziale 2S(U, V, N ). Affinch gli stati di equilibrio siano stabili occorre quindi che S sia una funzione concava
dellenergia, cio tale che, per qualunque valore di U e U, si abbia
S(U + U, V, N ) + S(U U, V, N ) 2S(U, V, N )
(2.27)
(2.28)
U, V, N
U, V, N
S(U + U )
1
[S(U + U ) + S(U U )]
2
S(U )
S(U U )
U U
U + U
17
2 S
0.
V 2
(2.29)
(2.30)
26 Le considerazioni precedenti si estendo facilmente a pi dimensioni. Nello spazio tridimensionale S U V, la condizione globale
di stabilit richiede che la superficie dellentropia S = S(U, V, N ) stia
tutta sotto il suo piano tangente. Lespressione matematica di questo
che per U e V arbitrari si abbia
S(U + U, V + V, N ) + S(U U, V V, N ) 2S(U, V, N ).
(2.31)
Questo implica non solo che debbano valere le condizioni locali (2.28)
e (2.30), ma anche che sia soddisfatta la condizione
2 S 2 S
U 2 V 2
2 S
UV
2
0.
(2.32)
18
28 Costruzione di relazioni fondamentali stabili Da modelli di meccanica statistica o per estrapolazione dei dati sperimentali possibile
che risultino relazioni fondamentali microscopiche che non hanno la
propriet di concavit. Da queste relazioni microscopiche possibile
ottenere una relazione fondamentale stabile mediante la costruzione
mostrata in figura 2.5.
29 Positivit dei calori molari Le condizioni di stabilit pongono
vincoli generali sui coefficienti termodinamici. Per esempio, la (2.28)
implica che
2 S
1 T
1
= 2
0,
(2.33)
=
U 2 V,N
T U V,N
NT 2 cv
da cui segue che la capacit termica molare deve essere positiva in un
sistema stabile. Le altre condizioni di stabilit impongono analoghe
restrizioni su altre quantit fisicamente significative. Si accenner ad
alcune di queste alla fine del capitolo.
2.6
piano
Yj
32 Mentre il principio di massimo dellentropia si realizza spontaneamente in un sistema isolato, in un sistema le cui parti non sono
inizialmente in equilibrio tra loro, la minimizzazione dellenergia
non pu essere ottenuta spontaneamente: occorre infatti garantire
che le trasformazioni che portano allo stato finale di equilibrio sia
sufficientemente lente, cio quasi-statiche , in modo tale che lentropia
resti costante. Sia come sia, indipendentemente da come lo stato di
equilibrio viene raggiunto, importante sottolineare che esso soddisfa entrambe le condizioni di massimo dellentropia e di minimo
dellenergia.
2.7
Trasformazioni di Legendre
19
(2.34)
20
piano
Yj
Z
Y
(2.35)
possono essere considerate come variabili indipendenti senza sacrificare niente dellinformazione contenuta nella relazione fondamentale
(2.34). Questo problema formale ha la sua controparte in geometria
e in alcuni altri campi della fisica. La soluzione del problema, impiegando la tecnica matematica delle trasformazioni di Legendre, pi
intuitiva quando se ne d uninterpretazione geometrica.
35 Incominciamo a considerare il caso matematico in cui la relazione fondamentale un funzione di solo una singola variabile
indipendente, cio il caso in cui Y uno scalare. Geometricamente,
la relazione il fondamentale Z = Z (Y ) rappresentata da un curva
in uno spazio bidimensionale con coordinate cartesiane Y e Z e la
derivata P = dZ/dY la pendenza di questa curva. Ora, se desideriamo considerare P come variabile indipendente al posto di Y, il
primo impulso potrebbe essere semplicemente di eliminare X tra le
equazioni (2.34) e (2.35), con ci ottenendo Z come un funzione di
P, cio Z = Z ( P). Un momento di riflessione indica, tuttavia, che in
questo modo si sacrificherebbe un po di contenuto matematico della
relazione fondamentale (2.34) perch chiaro, da un punto di vista
Y
Figura 2.8: Relazione fondamentale nel
caso scalare.
21
Y
Figura 2.9: Relazione fondamentale nel
caso scalare.
(2.36)
Y
Figura 2.10: Relazione fondamentale nel
caso scalare.
22
dZ (Y )
dY
P=
Z Z#
Y0
Se lintercetta Z# si ha
ovvero
Z
(2.37)
(Y, Z)
Z# = Z PY
(2.38)
aY 2 .
(2.39)
Allora
Z# (Y, P) = aY 2 PY
P = 2aY Y =
P
2a
da cui
P2
P2
P
P =
2
2a
4a
4a
Il problema inverso quello di ritrovare la relazione Z = Z (Y )
se nota la relazione Z# = Z# ( P). Prendendo il differenziale di
Z# = Z PY e tenendo conto che dZ = PdY si ottiene
Z # ( P ) = Z # (Y ( P ) , P ) = a
ovvero
dZ#
(2.40)
dP
Eliminando Z# e P dalle equazioni si ottiene la relazione Z = Z (Y ).
Y =
dZ#
P
=
P = 2aY
dP
2a
da cui
Z (Y ) = Z (Y, P(Y )) = Z# + PY =
4a2 Y 2
+ 2aY2 = aY2
4a
Z# = Z# ( P)
dZ#
Y =
dP
Z = Z# + PY
eliminazione di Y e Z# fornisce:
Z = Z (Y )
(0, Z # )
F = F ( T, V, N )
F
S =
T
U = F + TS
eliminazione di F e T fornisce:
U = U (S, V, N )
41 Lentalpia H = U + PV la trasformata di Legendre dellenergia interna rispetto alla variabile V. Essendo P = U/V, per
evidenziare questo fatto scriveremo
U = U # (S, P, N ).
La seguente tabella illustra questo fatto usando notazioni usuali.
U = U (S, V, N )
U
P =
V
H = U + PV
eliminazione di U e V fornisce:
H = H (S, P, N )
H = H (S, P, N )
H
V=
P
U = H PV
eliminazione di H e P fornisce:
U = U (S, V, N )
G = G ( T, P, N )
G
G
S =
, V=
T
P
U = G + TS PV
eliminazione di G e T e P fornisce:
U = U (S, V, N )
23
24
S =
, N =
T
U = + TS + N
eliminazione di e T e fornisce:
U = U (S, V, N )
U = U (S, V, N )
U
U
T=
, =
S
N
= U TS N
eliminazione di U e S e N fornisce:
= ( T, V, )
44
si ottiene
G = N =
k Nk ,
(2.41)
(2.42)
2.8
2.9
S2 V 2
2 U
P
=
0.
V
V 2
2 U
SV
2
0.
(2.44)
(2.45)
49 I risultati precedenti possono essere estesi ai potenziali termodinamici tenendo presente il seguente fatto matematico: Se U
una funzione convessa di Y allora U # una funzione concava di P. Per
esempio, per il potenziale di Helmholtz, si ha
2 F
0,
T 2
2 F
0.
V 2
25
26
Siano
Tv2
T
S
cv
= .
T
cP
T S 0 .
Perci entrambe le capacit termiche ed entrambe le compressibilit devono essere positive per un sistema stabile. Laggiunta di calore,
sia essa a pressione costante o a volume costante, necessariamente fa aumentare la temperatura di un sistema stabile (di pi per un processo a volume
costante che per uno a pressione costante). E la diminuzione di volume, sia
essa isoterma o isoentropica, necessariamente fa aumentare la pressione di un
sistema stabile (di pi per un processo isotermo che per uno isoentropico).
2.10
Transizioni di fase
le transizioni del primo ordine sono associate a regimi di fase mista in cui alcune parti del sistema hanno completato la transizione,
mentre altre ancora no. Questo fenomeno familiare a chiunque
abbia mai bollito un po dacqua: lacqua non diventa subito vapore, ma forma una turbolenta mistura di acqua e vapore acqueo. I
sistemi a fase mista sono difficili da studiare, a causa della loro dinamica violenta e difficili da controllare. Comunque, molte importanti
transizioni sono incluse in questa categoria, comprese le transizioni
solido/liquido/gas (aeriforme).
Ogni transizione di fase ha un proprio parametro dordine. I possibili parametri dordine spaziano su una grande variet di propriet
fisiche. Queste propriet includono la densit di una transizione
liquido-gas, la magnetizzazione in un ferromagnete, la dimensione
di un cluster collegato in una transizione di percolazione, e una funzione donda condensata in un superfluido o supercondutttore. Una
transizione di fase continua (o del secondo ordine) si verifica quando
la discontinuit nel salto si avvicina a zero.
52 Punti critici Nei sistemi contenenti fasi liquide e gassose,
presente una speciale combinazione di pressione e temperatura,
nota come punto critico, dove la transizione liquido/gas diventa del
secondo ordine. Vicino al punto critico, il fluido sufficientemente
caldo e compresso che la distinzione fra le due fasi praticamente
inesistente. Ci associato al fenomeno dellopalescenza critica: il
liquido ha un aspetto simile al latte, dovuto alle fluttuazioni della
densit a tutte le lunghezze donda possibili, incluse quelle della luce
visibile.
53 Simmetria Le transizioni di fase spesso (ma non sempre) avvengono tra fasi a differente simmetria. Si consideri, ad esempio, la
transizione tra un fluido (liquido o gas) e un cristallo. Un fluido, che
composto di atomi sistemati in modo disordinato ma omogeneo,
possiede la simmetria traslazionale continua: ogni punto allinterno
del fluido ha le stesse propriet di qualsiasi altro punto. Un cristallo,
daltra parte, formato da atomi sistemati in un reticolo regolare.
Ogni punto nel solido non simile agli altri, a meno che questi punti
non siano separati da una stessa distanza reticolare.
Generalmente, in una transizione di fase, si pu distinguere una
fase pi simmetrica rispetto alle altre. La transizione da una fase pi
simmetrica ad una meno simmetrica va sotto il nome di rottura di
simmetria. Nella transizione fluido-solido, ad esempio, la simmetria
rotta la traslazione nel continuo. Quando la simmetria rotta,
necessario introdurre una o pi nuove variabili per descrivere lo stato
del sistema. Ad esempio, nella fase ferromagnetica si deve introdurre
27
28
55 Equazione di Clapeyron Lequazione che caratterizza le transizioni di fase del primo ordine con pressione e temperatura che
rimangono costanti, va ricercata nella conservazione dellenergia libera di Gibbs G. Consideriamo allora una trasformazione eversibile
nella quale sono costanti la pressione e la temperatura: si conserva il
potenziale di Gibbs: Gi = G f . Ci significa che per un cambiamento infinitesimo della pressione e temperatura, da P P + dP e
T T + dT si avr Gi + dGi = G f + dG f , da cui:
dGi = dG f
Si dT + Vi dP = S f dT + Vf dP
=
=
dT
Vf Vi
T (Vf Vi )
dove rappresenta il calore latente di trasformazione.
56 Un modello meccanico semplice per le transizioni di fase Nel suo
testo di termodinamica, Callen introduce un semplice modello meccanico per illustrare le caratteristiche salienti delle transizioni di
fase.
29
Stati tra i quali si verifica una transizione del primo ordine sono di-
30
Stati in cui si verifica una transizione di fase del secondo ordine sono
stati contigui nello spazio delle configurazioni termodinamiche.
Appendice
2.A
31
y = f (x)
La trasformata di Legendre-Fenchel
y = f (x0 )xf
(2.46)
dove il massimo calcolato tra tutti i punti x nel dominio della funzione. Equivalentemente, f ? ( p) pu essere definita in termini di
minimo:
f ? ( p) = min [ f ( x ) px ]
(2.47)
x
(2.48)
x0
(0,f )
y = f (x)
y = px
px(p)
f (x(p))
a
x(p)
32
Allora si ottiene
f ? ( p) = px f ( x )
(2.49)
(2.50)
( f ? )? ( x ) = xp( x ) g( p( x ))
dS(U )
.
dU
3
Termodinamica di non equilibrio ed equilibrio locale
Indice
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
3.9
3.10
3.11
Processi irreversibili
33
Equilibrio termodinamico locale
36
Regime idrodinamico
39
Affinit e flussi
42
Leggi fenomenologiche in approssimazione lineare
Principio di Curie e relazioni di Onsager
49
Trasporto del calore e diffusione di particelle
50
Relazione di Einstein
53
Effetti termoelettrici
54
Equazioni di bilancio in fluidi semplici
56
Equazioni di Navier-Stokes per fluidi newtoniani
Appendice
63
3.A La derivata funzionale
63
In questo capitolo consideriamo la termodinamica di non equilibrio lineare che si basa sullipotesi di equilibrio termodinamico
locale, sulle equazioni di bilancio (conservazione della massa, quantit di moto, ecc.) e la relazione lineare tra le forze e flussi che segue
da principi di simmetria e da considerazioni fenomenologiche.
3.1
Processi irreversibili
58 Per quanto la caratterizzazione degli stati di equilibrio fornita dalla termodinamica di equilibrio sia estremamente utile, il nostro
interesse principale soprattutto nei processi e non tanto negli stati.
La termodinamica dellequilibrio fornisce due metodi che ci permettono di inferire alcune informazioni limitate circa i processi, ma
46
59
34
Per chiarire questo punto, consideriamo un sistema isolato composto costituito da due sistemi semplici A e B, con rispettive variabili estensive YA e YB . Poich queste corrispondono a quantit
conservate, la somma
YA (t) + YB (t) = Y tot = cost.
(3.1)
(3.2)
(3.3)
A = Stot (Y ) = F A F B
(3.4)
coniugata alla variabile estensiva di stato Y si annulla. Reciprocamente, quando A 6= 0, il sistema fuori equilibrio. In questo caso si avvia
un processo che porta il sistema allequilibrio: A agisce quindi come
una forza generalizzata (ed talvolta indicata come tale).
Ad esempio, una diversit di temperature risulta in unaffinit
AE =
1
1
,
TA
TB
(3.5)
P
PA
B
TA
TB
(3.6)
AN =
A.
TB
TA
(3.7)
e (notare i segni!)
61 La risposta di un sistema ad unaffinit A k non nulla consiste in una variazione della quantit estensiva coniugata Yk . Questa
risposta descritta da un flusso, cio da un tasso di variazione
Jk =
dYk
dt
(3.8)
35
36
62 Produzione di entropia Le affinit e flussi introdotti sopra permettono di scrivere la derivata nel tempo dellentropia istantanea in
un modo conveniente. Cos, differenziando Stot (t) rispetto al tempo
si ottiene il tasso di produzione di entropia
dStot
=
dt
Stot dYk
dY
0
Stot (Y )
,
Yk dt
dt
(3.9)
vale a dire, usando le definizioni (3.3) e (3.8) delle affinit e dei flussi,
dStot
=
dt
A k Jk = A
k
J,
(3.10)
Una propriet importante di questo tasso di variazione la sua struttura bilineare nelle affinit e nei flussi, come reso esplicito dallultimo
membro della (3.10).
3.2
Promuovendo r ad una variabile continua, questi parametri termodinamici locali diventano campi, che saranno collettivamente essere
indicati come Y = Y (r ) = (Y1 (r ), Y2 (r ), . . .).
65 Quantit di moto Poich la separazione tra le celle irrilevante,
nulla impedisce alla materia di scorrere da una cella a quelle vicine;
sono quindi richiesti ulteriori parametri estensivi per descrivere questo movimento, vale a dire le tre componenti della quantit di moto
totale P (r ) delle particelle in ciascuna cella. Per un sistema isolato,
la quantit di moto totale una quantit conservata, come lo sono
lenergia e (in assenza di reazioni chimiche) i numeri delle particelle.
Cos la quantit di moto sullo stesso piano dellenergia e del numero di particelle. Si osservi che, ovviamente, i valori effettivi della
quantit di moto P (r ) dipendono dal sistema di riferimento scelto per
descrivere il sistema.
66 Variabile intensiva coniugata alla quantit di moto Anche se un
sistema in equilibrio termodinamico globale a maggior ragione in
equilibrio meccanico, si potrebbe anche aggiungere la sua quantit
di moto totale P alla lista dei suoi parametri caratteristici anche
se questo inutile. Lunico interesse a far questo che ci permette di
trovare il parametro coniugato intensivo della quantit di moto.
Lentropia di un sistema di massa M non cambia se a riposo
(energia E = U, entropia S(U, P = 0) = S0 (U )] o in moto collettivo
con quantit di moto P, nel qual caso la sua energia diventa E =
U + P2 /2M e la sua entropia S(U, P )), in modo che
S( E, P ) = S0
P2
E
2M
(3.11)
FP =
S
P S0
v
=
=
P
M U
T
(3.12)
37
38
celle, pi conveniente introdurre le loro densit, ossia le quantit per unit di volume: densit di energia interna e(r ), densit di
numero di particelle nk (r ), densit di quantit di moto p(r ), . . . .
Queste saranno, con leccezione dellenergia interna, indicate con
la lettera minuscola corrispondente, e quindi collettivamente come
y = y (r ) = ( y1 (r ), y2 (r ), . . . ).
In alternativa, si pu anche considerare le quantit per unit di
massa, che verranno indicate in minuscolo con un pedice m: em (r ),
nk,m (r ), . . . , e collettivamente ym = ym (r ) = (y1,m (r ), y2,m (r ), . . .), con
leccezione della quantit di moto per unit di massa, che il campo
di velocit di flusso che sar indicato con v(r ). Indicando con (r ) la
densit di massa nel punto r, si ha banalmente lidentit
y (r ) = (r ) y m (r )
(3.13)
1
(r )
de(r )
dn(r )
T (r )
T (r )
(3.14)
(3.15)
F E (r ) =
(3.16)
(3.17)
Fk (r )dyk (r ),
(3.18)
(3.19)
dove
F k (r ) =
s(r )
.
yk (r )
(3.20)
Fk (r )yk (r )d3 r,
(3.21)
F k (r ) =
Stot
yk (r )
s(r )
,
yk (r )
Le relazioni
F k (r ) = F k y1 (r ), y2 (r ), . . .
(3.22)
(3.23)
per le Fk (r ) sono le equazioni locali di stato del sistema. Si verifica facilmente che lipotesi di equilibrio locale equivale ad assumere che le
equazioni di stato locali abbiano la stessa forma delle equazioni di
stato di un sistema in equilibrio termodinamico globale.
I campi di densit y( r ) e i loro coniugati Fk (r ) sono genericamente
chiamati campi idrodinamici.
3.3
Regime idrodinamico
70 Regime idrodinamico Quando soddisfatta lipotesi di equilibrio termodinamico locale, solitamente si dice che il sistema nel
regime idrodinamico. In generale, questo un regime di lunghezze
donda lunghe e di bassa frequenza.
In questa sezione discuteremo in dettaglio quali limiti sono posti
sulle scale di lunghezza e i campi idrodinamici in questo regime. Nel
fare questo, utilizzeremo nozioni elementari di fisica statistica che
verranno comunque riprese e motivate in un capitolo successivo.
Le fluttuazioni in una quantit estensiva di un sistema termodinamico sono tipicamente N 1/2 , dove N il numero di particelle nel
sistema. Cos, piccole variazioni dei parametri del sistema di ordine
N 1/2 non disturbano lequilibrio del sistema e sono reversibili. La termodinamica di equilibrio si occupa di sistemi nel limite di
volume grande limite termodinamico e le fluttuazioni sono cos
trascurabili.
39
40
71 Risoluzione spaziale Nel regime idrodinamico si assume la descrizione introdotta in 64, cio in termini di piccole celle abbastanza
grandi che le fluttuazione relative delle grandezze termodinamiche
nella celle sono trascurabili e non troppo grandi, in modo che valga
una condizione di omogeneit dentro ciascuna cella. Denotiamo con
lordine di dimensione lineare delle celle, che possiamo pensare
quindi come cubetti di lato . Se la cella k-esima ha Nk particelle,
allora dobbiamo fare in modo che questo numero sia abbastanza
grande per trascurare le fluttuazioni. Tuttavia dobbiamo anche garantire che sia abbastanza piccolo in modo da poter considerare liscia la
variazione dei campi idrodinamici T (r ), n(r ), . . .. La dimensione della
cella delimitata da questi due vincoli
Nk 1,
(3.24)
72 Evolutione temporale In termodinamica di equilibrio, un processo che passa attraverso una fitta successione di stati di equilibrio forma una curva nello spazio generato dalle variabili termodinamiche.
Questa serie di stati di equilibrio pu essere usata per approssimi un
processo reale mediante un processo quasi-statico. Ad ogni passo si
deve garantire che il sistema abbia raggiunto il suo stato di equilibrio
cio il processo deve essere lento rispetto a un tempo microscopico
micro . Nei sistemi di non-equilibrio c una scala di tempo caratteristico per levoluzione di tutto il sistema, macro . Quindi, per un tempo
scala t, lequilibrio sar mantenuto in una data cella particolare se
micro t macro ,
(3.25)
V
=
V
kB
Ncv
1/2
k B T T
V
U = Ncv T
1/2
V
= T P
V
T
T
P
P
kB
Ncv
kB T
P2 V T
1/2
(3.27)
1/2
(3.28)
75 Gas Per un gas in condizioni standard di temperatura e pressione possiamo stimare i limiti sulle varie scale temporali nel sistema
per garantire lequilibrio locale. Per un gas tipico, il tempo micro1
1
scopico micro coll
, dove coll
la frequenza di collisione delle
particelle del gas, per cui
micro 1010 s
La scala di lunghezza delle celle deve essere dellordine del cammino
libero medio
107 m
Il numero di particelle in ciascuna cella quindi
Nk (107 )3 1025 = 104 ,
che sufficiente per una buone statistica. I gradienti massimi di
temperatura nel sistema devono essere inferiore a
T
=
T
2
3Nk
1/2
5 103
T 107 K m1
76 Liquidi Per un liquido in cui non c unovvia scala di lunghezza (la spaziatura intermolecolare e la lunghezza di correlazione
sono dello stesso ordine, e sono troppo piccole) possiamo usare le
fluttuazioni del numero di particelle nella cella per calcolare la scala di lunghezza appropriata. Per lacqua in condizioni standard di
pressione e temperatura, T 0.5 GPa1 , quindi
n
=
n
k B T T
V
1/2
102
V 1/3 2 nm
T 105 K m1
41
42
3.4
Affinit e flussi
gd3 r =
gm d3 r.
(3.29)
(3.30)
dove n = n(r ) denota il vettore unitario normale alla superficie, rivolto verso lesterno di V, mentre J G = J G (t, r ) la densit di corrente o
densit di flusso (spesso indicato come flusso) di G.
Lequazione integrale di bilancio per G
dG
+
dt
J G nd =
G d3 r.
(3.31)
G = G (t, r ) una densit di sorgente (con segno, se negativo a volte si parla di pozzo), che descrive il tasso con cui viene creata la
quantit G per unit di volume. In parole, la somma del tasso netto
di variazione di G allinterno della regione V e del flusso di G uscente attraverso la superficie V per unit di tempo pari alla quantit
di G creata per unit di tempo nella regione.
(3.33)
J S nd +
S d3 r ,
V
{z
} | {z }
dSext (t)
dt
(3.34)
dSint (t)
dt
J S nd,
dt
V
deriva dagli scambi con lesterno della regione V in considerazione. Il
secondo termine
Z
dSint
S d3 r 0
dt
V
corrisponde invece alla creazione di entropia dovuta a cambiamenti
interni alla regione V e pu essere non nullo anche per sistemi isolati.
Questo contributo chiamato tasso di produzione di entropia o anche
pi brevemente produzione di entropia o anche dissipazione.
Se V corrisponde allintero volume di un sistema isolato, allora dSext /dt
si annulla, perch per definizione il sistema non scambia niente con
lambiente. In questo caso, il tasso di variazione di entropia dovuto
solo a dSint /dt e quindi, essendo S 0, si ha
dS
=
dt
S d3 r 0,
(3.35)
dt
J S nd,
(3.36)
43
g 3
d r+
t
J G d3 r =
G d3 r.
44
Osserviamo infine che lequazione di bilancio locale (3.32) corrispondente alla (3.34)
s
+ J S = S .
t
(3.37)
79 Affinit e flussi Lipotesi di equilibrio locale che la densit di entropia locale s(t, r ) ha la stessa dipendenza dalle variabili
termodinamiche y(t, r ), porta allequazione (3.19),
ds(r ) =
Fk (r )dyk (r ),
k
Fk
k
yk
.
t
(3.38)
F k Jk,
(3.39)
F k J k + F k J k ] .
J S = [
k
Inserendo questa divergenza e la derivata temporale (3.38) nellequazione di bilancio locale (3.37), si ottiene
yk
+ F k J + F k Jk
S = F k
t
k
yk
= F k Jk + F k
+ Jk
t
k
= F k Jk,
k
(3.40)
A k Jk
k
(3.41)
80 Osservazioni Il tasso di produzione di entropia in un mezzo continuo ha dunque la stessa struttura bilineare nelle affinit e
nei flussi come in un sistema termodinamico discreto. Questo rimane vero se si considera non solo lo scambio di quantit scalari
(come il numero di particelle o di energia), ma anche lo scambio di
quantit vettoriali (come quantit di moto) o quando si permette che
avvengano reazioni chimiche.
Si devono tuttavia notare alcune differenze:
S il tasso di produzione di entropia per unit di volume, mentre
dStot /dt per lintero volume del sistema;
I flussi J sono in realt densit di flusso, in contrasto con i flussi
discreti J, che sono tassi di variazione;
le affinit coniugate alla quantit scalari estensive in un mezzo
continuo sono i gradienti dei parametri intensivi, mentre nel caso
discreto sono differenze.
Si osservi che poich la variabile intensiva coniugata ad un parametro vettoriale estensivo un vettore, come esemplificato dalleq.
(3.12) per la quantit di moto, si trova facilmente che laffinit corrispondente un tensore di rango 2. In tal caso, la densit di flusso
anchessa un tensore di rango 2.
81 Sistema semplice in equilibrio meccanico Come esempio delle
considerazioni sopra, consideriamo il sistema semplice con equazione
locale di Gibbs (3.15), cio
ds =
1
de +
dn .
T
|{z}
| {zT }
FE
FN
1
JE +
JN.
T
|{z}
| {zT }
FE
(3.42)
FN
(3.43)
45
46
dt
JQ
nd,
T
1
= 2 JE T + 2 JN T JN
T
T
T
1
1 1
J J
T J N ,
=
T T E T N
T
dove J E la densit di flusso dellenergia interna e J N la densit di
flusso di particelle.
Utilizzando la densit di flusso di entropia (3.42), si pu riscrivere
la produzione di entropia come
1
1
s = J S T J N .
T
T
(3.44)
3.5
82 Le affinit e flussi introdotti nella sezione precedente per descrivere sistemi non in equilibrio termodinamico sono inutili fintanto
che non vengono integrati con delle relazioni che specificano come i
flussi sono legati agli altri parametri termodinamici. Nel quadro della
termodinamica, queste sono leggi fenomenologiche che coinvolgono
coefficienti, caratteristici di ogni sistema e che devono essere desunti
da misure sperimentali. Per arrivare a tali leggi, si introducono alcune ipotesi fisiche che portano a semplificare la forma funzionale
di queste relazioni. I diversi coefficienti che entrano nelle leggi non
possono essere del tutto arbitrari, ma sono limitati da considerazioni
di simmetria nonch dale relazioni scoperte da Lars Onsager (1931),
che, in un approccio macroscopico, possono essere considerate come
principi fondamentali aggiuntivi.
83 Sistemi termodinamici Markoviani Per un dato sistema termodinamico, i vari parametri locali intensivi F = (F k ), affinit A = (Ak )
e flussi J = ( Jk ) dove per brevit la natura tensoriale delle quantit stato omesso rappresentano un insieme di variabili che non
sono pienamente vincolate dallassunzione di equilibrio termodinamico locale, cio dalla sola validit delle equazioni di stato locali. Per
chiudere il sistema di equazioni per queste variabili, sono necessarie
ulteriori relazioni, e pi precisamente relazioni tra i flussi e gli altri
parametri.
In generale, un dato flusso Jj (r, t) potrebbe avere una dipendenza
dai valori dei parametri intensivi F e affinit A ad ogni istante e
punto dello spazio consentiti dalla causalit, cio a qualsiasi tempo
t0 t e posizione r 0 soddisfacente la condizione |r r 0 | c(t t0 ),
con c la velocit della luce nel vuoto.
In molti sistemi, si pu tuttavia assumere che i flussi in un dato
momento dipendano solo dai valori dei parametri intensivi e delle
affinit allo stesso istante, e quindi allo stesso punto spaziale. Per
questi sistemi markoviani, si ha cos
Jj (t, r ) = Jj F (t, r ), A (t, r ) .
(3.46)
1
L jkl (F )A k A l + . . . ,
2
k,l
(3.47)
con
eq
e
Jk Jk Jk .
(3.49)
47
48
generale
e
Jj =
L jk A k
(3.50)
L jk A j A k
(3.51)
FA
scalare,
scalare,
vettore
vettore,
vettore,
tensore di rango 2
49
JA
L AA
J B = LBA
JV
LVA
3.6
L AB
LBB
LVB
L AV
AA
LBV A B
LVV
AV
(3.52)
86 Principio di Curie Vogliamo adesso discutere i principi generali che limitano i possibili valori dei coefficienti cinetici. Un primo
principio risale a Pierre Curie (1894), secondo cui gli effetti, qui, i flussi, devono avere gli stessi elementi di simmetria delle loro cause, qui, le
affinit.3
Limitandoci a mezzi isotropi continui, cio simmetrici per rotazioni spaziali arbitrarie e per inversione di parit spaziale, si possono
elencare due conseguenze di questo principio:
(i) Nel trasporto di quantit scalari, per le quali i flussi e le affinit sono
vettori, i tensori Lik sono proporzionali allidentit 11, cio coinvolgono
un singolo numero:, L jk = L jk 11.
(ii) Flussi e affinit di differente carattere tensoriale non si accoppiano.
Questo semplifica notevolmente la relazione tra flussi e affinit. In
particolare, la relazione (3.74) diventa
L AA
JA
J B = L BA
0
JV
L AB
L BB
0
AA
0
0 A B
AV
LVV
(3.53)
Le quantit L AA , L AB , L BA , L BB sono scalari. Della struttura del tensore LVV ce ne occuperemo nel seguito quando studieremo il caso
pi importante di trasporto di una quantit vettoriale: il trasporto
della quantit di moto in un fluido newtoniano.
87 Teorema di Onsager Un altro principio di simmetria, che stato verificato sperimentalmente in vari sistemi, e poi formalizzato
nel 1931 da Lars Onsager come un teorema di meccanica statistica,
riguarda i coefficienti incrociati Lik con i 6= k. Questi coefficienti descrivono trasporto indiretto, come ad esempio quando lenergia
viene trasportata non solo a causa di un gradiente di temperatura,
che corrisponde a un trasferimento per conduzione, ma anche a causa di un gradiente di densit di particelle, che il trasferimento di
energia per convezione.
50
(3.54)
vale a dire, stabilisce una simmetria tra leffetto lineare della j-esima
affinit sul flusso k-esimo e leffetto lineare della k-esima affinit
sul flusso j-esimo quando questi effetti sono misurati in campi magnetici opposti. Con riferimento alla relazione (3.53), si ha dunque
unulteriore semplificazione: L AB = L BA .
Il teorema si dimostra con i metodi della meccanica statistica (teoria delle fluttuazioni) ed conseguenza dellinvarianza per inversione
temporale delle leggi fisiche fondamentali.
3.7
(3.55)
con la conducibilit termica del materiale. Nel regime lineare, i trasporti di energia e di particelle obbediscono alle leggi (3.50). Per un
mezzo isotropo, la relazione tra flussi e affinit pu essere espressa in
forma matriciale come caso particolare della (3.53),
"
# "
JN
L
= NN
JE
L EN
L NE
L EE
#"
#
T
T1
(3.56)
1
L EE .
T2
(3.58)
Poich L EE 0 anche non negativo cosicch il flusso (3.55) trasporta energia dalle regioni di temperature pi elevate a quelle con
una temperatura pi bassa.
Combinando legge di Fourier (3.55) con lequazione di continuit
applicata alla densit denergia e, si ottiene
e
J E = ( T )
=
t
Ipotizzando che la conducibilit termica sia uniforme nel mezzo
in esame, pu essere portato fuori dalla divergenza, in modo che
il lato destro dellequazione diventa T , con il laplaciano. La
variazione dellenergia interna pari alla capacit termica a volume
costante moltiplicata per la variazione della temperatura. Se la capacit termica per unit di volume cv indipendente dalla temperatura,
si ottiene lequazione di evoluzione
T
= T.
t
cv
(3.59)
S d3 r
1 2 3
T
d r0
T
V
2
Quando t , T (t, r ) T per tutti i punti r V, con la temperatura T determinata dalla conservazione dellenergia, e S(t) si avvicina
al suo valore massimo di equilibrio Seq. = Vs(e, n)
51
52
(3.60)
con J N il flusso del numero di particelle e D il coefficiente di diffusione. In assenza di gradiente di temperatura e di moto collettivo del
mezzo, la relazione generale (3.56) fornisce
1
J N = L NN
= L NN ,
T
T
(3.61)
(3.63)
(3.64)
91 Conducibilit elettrica Un altro esempio di trasporto di particelle quello delle cariche in movimento in un conduttore elettrico
con il potenziale eletin presenza di un campo elettrico E =
trostatico, che si assume vari molto lentamente su scala microscopica,
per non violare la condizione di equilibrio locale. Se q denota la carica elettrica dei portatori, allora la densit di flusso di carica elettrica,
tradizionalmente indicato come densit di corrente, semplicemente
connesse alla densit di flusso delle cariche in movimento tramite
J el. = qJ N
(3.65)
La relazione tra campo elettrico e densit di corrente in un conduttore a temperatura costante la legge di Ohm
J el. = E
(3.66)
s
s e
s
1
+ q
= 0 0 + 0 = (q) =
n
e0 n
n
T
T
T
T
(3.67)
q
L NN E,
T
3.8
q2
L NN
T
(3.68)
Relazione di Einstein
92 Le equazioni (3.63) e (3.68) mostrano che il coefficiente di diffusione D e la conducibilit elettrica sono entrambi collegate allo
stesso coefficiente cinetico L NN , e forniscono
1
L NN = 2
(3.69)
D=
T n T
q n T
53
54
(3.71)
k T
= B ,
n T
n
da cui
D=
el.
k B T.
q
(3.72)
3.9
Effetti termoelettrici
93 Passiamo ora a un esempio di sistemi in cui diverse quantit possono essere trasportate nello stesso momento. Consideriamo
il caso di conduttori elettrici isotropi, in cui sia il calore sia le particelle, corrispondenti alle cariche mobili, possono essere trasferiti
contemporaneamente da una regione ad unaltra.
Per semplicit, consideriamo un unico tipo di particelle mobili,
con carica elettrica q. Le cariche sono in grado di muoversi collettivamente, con una conseguente densit di corrente elettrica J el. = qJ N .
Sul sistema agisce un potenziale elettrostatico lentamente variabile
nello spazio, che si traduce, come si visto sopra, nella sostituzione
del potenziale chimico con il potenziale elettrochimico . Allora la
(3.56) diventa
" # "
#
T
JN
L NN L NE
=
(3.73)
JE
L EN L EE
T1
Per il teorema di Onsager vale la relazione di reciprocit L NE = L EN .
Invece di J E , abitudine usare il flusso del calore
J Q = T J S = J E J N
(3.43)
# "
JN
L
= 11
JQ
L21
L12
L22
#"
(1/T
)
1
T
#
(3.74)
Di nuovo, si ha la relazione di reciprocit L12 = L21 . I nuovi coefficienti sono collegati ai vecchi dalle relazioni
L11 = L NN
L12 = L NE L NN
(3.75)
L22 = L EE 2 L NE + 2 L NN
94 Trasporto del calore in un conduttore Per valutare la conducibilit
termica in un conduttore consideriamo il flusso di calore in assenza
di trasporto di cariche, cio a circuito aperto, in modo tale che J el. =
qJ N = 0. In questo caso allora si ha
1
1
J N = 0 = L11 + L12 ,
T
T
da cui,
L12
T
TL11
(3.76)
"
#
L11 L22 L212
T
L11
(3.77)
(3.78)
Tale risultato differisce dallespressione (3.58) della conducibilit termica in un isolante, un fatto non inaspettato in quanto, nel
caso di un conduttore elettrico, sia i fononi sia le cariche mobili
contribuiscono al trasporto del calore.
95 Effetto Seebeck Continuiamo con il caso sopra esaminato di
un circuito aperto, J el. = qJ N = 0. In tale circuito, un gradiente di
temperatura induce un gradiente del potenziale elettrochimico, come
55
56
(3.79)
che definisce il coefficiente Seebeck del conduttore. Poich la densit del numero di cariche in movimento si assume sia uniforme,
= q = qE, di modo che leq. (3.79) pu essere riformulato
come
E = S T
(3.80)
dove E il campo elettrico.
Confrontando le equazioni (3.79) e (3.76), si ottiene
S =
L12
.
qTL11
(3.81)
3.10
+ v = 0.
t
(3.82)
=
+v
dt
t
(3.83)
57
incomprimibile, per cui nel corso del tempo non varia la densit del
fluido e quindi si ha d/dt = 0, cio
+ v = 0,
t
che, combinata con leq. di continuit (3.82), porta allusuale vincolo
di incomprimibilit
v = 0.
(3.84)
Usando questa notazione, si ottiene lutile relazione seguente per una
generica quantit G
(gm )
dgm
=
+ ( gm v),
dt
t
(3.85)
dove abbiamo usato leq. di continuit (3.82). Possiamo quindi scrivere il equazione di bilancio (3.33) di G (omettendo per brevit il pedice
m) come
dg
(g)
( J G gv) + G
=
+ ( gv) =
dt
t
(3.86)
(3.87)
(3.88)
dv
(JP vv) ,
=
dt
(3.89)
dove vv la forma diadica con componenti [vv]ik = vi vk . Riconosciamo nella (3.89) la seconda legge di Newton scritta in forma locale.
Dunque JP vv = P, con P che rappresenta il tensore di pressione,
che pari al tensore degli sforzi cambiato di segno, e che risulta dalle
interazioni a corte raggio tra le particelle del sistema.4 Dunque,
JP = P + vv
(3.90)
dv
P + F,
=
dt
58
=
+ v v =
(3.91)
dt
t
98 Equazione di bilancio per lenergia Per calcolare lequazione di
bilancio si parte con lenergia cinetica
1 2
1 2
1
v =
v + v2
t 2
t 2
2 t
1 2
1
=
v v2 (v)
t 2
2
d 1 2
1
=
v (vv2 )
dt 2
2
dv 1
= v
(vv2 )
dt
2
1
P) (vv2 )
= v (
2
Se riorganizziamo questo nella forma usuale di una equazione di
bilancio, si ottiene lespressione seguente5
1 2
1 2
v +
v v + P v = P : v ,
(3.92)
t 2
2
v]ik = vk /xi e
dove v il tensore di rango 2 con componenti[
:: denota la contrazione completa dei due tensori di rango 2,
A: B
[A]ik [B]ki
(3.93)
ik
1 2
v v + P v
2
1 2
v + u
2
(3.94)
(3.95)
3.11
=
dt
per cui, in condizioni di equilibrio,
dv
= 0,
dt
si ha
Peq + F = 0 .
P + F = 0,
59
60
Si ha quindi la decomposizione
e
P = Peq + P,
(3.98)
[T]ij =
1
1
[T]ij + [T] ji +
[T]ij [T] ji [TS ]ij + [T A ]ij
2
2
e la rotazione agisce in maniera indipendente sulle due parti, trasformando TS in una matrice che ancora simmetrica e T A in una che
ancora antisimmetrica, come si pu facilmente verificare. La parte
simmetrica, poi, ammette lulteriore decomposizione seguente:
o
1
1
1
TS =
Tr TS 11 + TS
Tr TS 11
Tr TS 11 + TS .
3
3
3
Il primo termine uno scalare che moltiplica lidentit, ed quindi invariante per rotazioni. Il secondo termine a traccia nulla ed
essendo la traccia invariante per trasformazione di similitudine, e
quindi per rotazioni, trasformato da una rotazione in una matrice
simmetrica che ancora a traccia nulla. Risulta cos dimostrato che la
decomposizione di un tensore di rango 2
T=
o
1
(Tr T) 11 + T A + TS
3
(3.99)
(3.100)
(essendo simmetrico non c parte antisimmetrica). Le equazioni costitutive stabiliscono una relazione tra il tensore di viscosit e il gradiente di velocit, cio il tensore v. Per rispettare linvarianza per
rotazioni, si avranno relazioni separate tra il termine proporzionale
allidentit e la parte simmetrica a traccia nulla di v.
La traccia di v v e la parte simmetrica a traccia nulla di v
in componenti
o
1
v) ]ij =
[(
2
S
v j
vi
+
x j
xi
1
v) ij
(
3
(3.101)
e ]ij = (
v)ij 2 [(
v)S ]ij
[P
(3.102)
v)ij 2 [(
v)S ]ij
[P]ij = Pij (
Inseriamo questo tensore nelleq. (3.91),
v
P.
+ v v =
t
Osservando che
1
v) v + (
v) ,
P = P (
3
(3.103)
61
62
v
1
P + (
v) + v + (
v) ,
+ v v =
t
3
(3.104)
che, per un fluido incomprimibile, cio tale per cui vale la (3.84),
diventano
v
P + v
+ v v =
(3.105)
t
Si lascia come esercizio determinare la legge completa di bilancio
dellenergia per un fluido newtoniano (si consulti il libro di De Groot
e Mazur citato allinizio del capitolo).
Appendice
3.A
La derivata funzionale
102 Un funzionale lanalogo infinito dimensionale di una funzione su Rn che ad ogni vettore u = (u1 , . . . un ) Rn associa il numero
(reale o complesso) F [u]. Pi precisamente, un funzionale F su uno
spazio B di funzioni buone u = u( x ) su Rd (con appropriante
condizioni al bordo ) una funzione che associa ad ogni u B
un numero (reale o complesso) F [u]. La derivata funzionale (o derivato variazionale) misura il cambiamento del funzionale in seguito al
cambiamento della funzione da cui dipende.
Nel caso finito dimensionale, per ogni e > 0 e incremento h,
la derivata Fu0 il funzionale lineare dellincremento h definito
dallequazione
F [u + eh] = F [u] + eFu0 (h) + ordini superiori in e ,
per cui
Fu0 (h) lim
e 0
d
F [u + eh F [u]
.
=
F [u + eh]
e
de
e =0
(3.106)
0
Fu0 (h) = Fu0 , h = Fuk
hk ,
(3.107)
k
0
Fuk
dove
e hk sono le componenti dei vettori Fu0 e h rispetto alla base
naturale e1 = (1, 0, . . . , 0) . . . , en = (0, . . . , 0, 1) di Rn . Si dimostra
0 sono le derivate parziali di F nel
facilmente che le componenti Fuk
punto u:
F
F [u + eek ] F [u]
0
Fuk =
= lim
,
(3.108)
xk x=u e0
e
Z
(3.109)
Fu0 (h) = Fu0 , h = Fu0 ( x )h( x )dx
Vale a dire, la somma nellultimo membro della (3.106) sostituita da
un integrale e la derivata parziale adesso sostituita dalla funzione
Fu0 = Fu0 ( x ) che usualmente chiamata derivata funzionale. Questa funzione denotata F
u o, se si vuole mettere in evidenza la dipendenza
63
64
dallargomento, con
come
F
.
u( x )
F
h( x )dx,
(3.110)
u( x )
Dunque, in analogia al caso finito-dimensionale, sarebbe appropriato
chiamare la funzione F
u il gradiente di F.
Per il caso finito-dimensionale, nella letteratura fisica si preferisce
assorbire e in h, porre u eh, eFu0 (h) F e pensare il differenziale
Fu0 (h) =
F =
xk xk
k
come la variazione prima della funzione, cio la variazione della funzione al primo ordine nella variazione x = (x1 , . . . , xd ) dei suoi
argomenti. Analogamente, nel caso infinito-dimensionale
F =
F
u( x )dx,
u( x )
(3.111)
la variazione prima del funzionale F, cio la variazione del funzionale al primo ordine nella variazione u( x ) del suo argomento.
N.B. La definizione di derivata funzionale pu essere resa matematicamente pi rigorosa, definendo lo spazio delle funzioni pi attentamente. Per esempio, quando lo spazio di funzioni uno spazio di
Banach, la derivata funzionale diventa nota come la derivata di Frchet,
mentre si utilizza la derivata di Gteaux su generici spazi localmente
convessi. Si noti che gli spazi con prodotto scalare L2 , se completi,
sono spazi di Hilbert e dunque casi particolari di spazi di Banach. Il
trattamento pi rigoroso permette di generalizzare molti teoremi del
calcolo differenziale e di analisi a corrispondenti teoremi di analisi
funzionale, oltre a vari nuovi teoremi.
103 Propriet della derivata funzionale Come la derivata di una
funzione, la derivata funzionale soddisfa le seguenti propriet, dove
F [u] e G [u] sono funzionali.
Linearit:
(F + G )
F
G
=
+
,
u( x )
u( x )
u( x )
e costanti
104 Regola di calcolo della derivata funzionale Segue immediatamente alla definizione (3.106) combinata con la (3.110):
Z
F
d
h( x )dx =
F [u + eh]
(3.112)
u( x )
de
e =0
Inoltre, la (3.112) fornisce immediatamente la regola di calcolo
formale
d
F
=
F [u + ex ]
,
(3.113)
u( x )
de
e =0
dove x la delta di Dirac centrata in x. Applicando la formula precedente al funzionale F [u] = u(y), per y fissato, ed essendo per
questo funzionale F [u + ex ] = (u + ex )(y) = u(y) + e( x y), si
ottiene
u(y)
= ( x y) .
(3.114)
u( x )
Questa relazione, congiuntamente alla regola della derivata della
funzione composta, permette molto spesso un calcolo veloce della
derivata funzionale.
105 Esempio 1 (equazioni di Eulero-Lagrange)
funzionale di funzionali del tipo
F [u] =
Calcoliamo la derivata
f ( x, u( x ), u( x )) dx .
(3.115)
h( x ) dx .
u
u
Poich h una funzione arbitraria, si arriva al risultato
F
f
f
=
u
u
u
(3.116)
65
66
106
Esempio 2 (esponenziale)
Sia
F [u] = e
u( x ) g( x )dx
= lim
e 0
R
u( x ) g( x )dx
=e
=e
=e
Cos,
R
R
u( x ) g( x )dx
u( x ) g( x )dx
lim
e 0
lim
ee
u( x ) g( x )dx
( x y) g( x )dx
eeg(y)
e 0
e
1
g ( y ).
F [u]
= F [ u ] g ( y ).
u(y)
u( x ) g( x )dx
=e
u( x ) g( x )dx
u(y)
u(y)
Z
R
u( x ) g( x )dx
( x y) g( x )dx
=e
= F [u] g(y)
4
Dinamica microscopica
Indice
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
4.9
Sistemi dinamici
67
Misura invariante e sistemi dinamici astratti
70
Sistemi dinamici a tempo discreto
72
Teorema di Liouville
74
Sistemi hamiltoniani e teorema di Liouville
76
Formulazione Hamiltoniana di sistemi di particelle
Il teorema di ricorrenza di Poincar
81
Il teorema ergodico di Birkhoff
82
Particelle identiche in meccanica classica
83
4.1
Sistemi dinamici
v( x ) = (v1 ( x ), . . . , vn ( x )) .
78
(4.1)
68
Lo spazio degli stati M detto lo spazio delle fasi del sistema. Per
semplicit, si pu assumere che = Rn .
108 La condizione che v( x ) non dipenda dal tempo non restrittiva: se dipendesse dal tempo basterebbe aggiungere la variabile
xn+1 = t e passare al sistema in Rn+1 con equazione aggiuntiva
x n+1 = 1. Quindi qualunque equazione differenziale di ordine m
o qualunque sistema di equazioni differenziali pu essere trasformato in un sistema dinamico con spazio delle fasi contenuto in Rn
per n opportuno; per esempio, unequazione del secondo ordine in
t con termini dipendenti da t pu essere trasformata in un sistema
dinamico con spazio delle fasi contenuto in R3 .
109 Se il campo v abbastanza regolare la soluzione di (4.1), per
una data condizione iniziale X0 al tempo t = 0 esprimibile mediante una famiglia ad un parametro di funzioni t : , detta
flusso, che trasforma lo stato iniziale X0 nello stato Xt al tempo t, vale
a dire,
X t = t ( X0 , ) .
(4.2)
(4.3)
dinamica microscopica
69
Esempio 4.1.
(4.4)
70
#
"
#
0 1
0 1
0
Siano A0 = [v (0, 0)] =
e A = [v (0, )] =
.
1 0
1 0
Poniamo = (u, v). Allora lapprossimazione lineare della dinamica
nellintorno di (0, 0)
" #
" # "
#" # " #
u
u
0 1 u
v
= A0
=
=
v
v
1 0 v
u
0
1
0
#" # " #
u
v
=
v
u
4.2
i =1
Ei
(Ei ).
i =1
dinamica microscopica
f ( x )d.
per
A F,
(4.5)
dove
t1 ( A) = { X |t ( X ) A}.
Se il flusso invertibile, vale a dire la dinamica reversibile, allora
possiamo equivalentemente richiedere che
(( A)) = ( A),
(4.6)
in quanto esiste t1 ( X ).
La struttura (, F, , t ), dove invariante rispetto a t , usualmente detta sistema dinamico astratto dotato di misura invariante.
115 A che cosa serve la misura invariante?
la seguente:
In soldoni, la risposta
La misura invariante permette di caratterizzare comportamenti o propriet del sistema tipici, cio che cio valgono per
la schiacciante maggioranza dei punti di fase, essendo violati
da un insieme E di eccezioni la cui misura (E ) nulla o
comunque trascurabile.
(4.7)
Si osservi limportanza dellindipendenza dal tempo, cio la stima della misura delle eccezioni non deve dipendere dal tempo: ad
esempio, la tipicit della non diminuizione dellentropia di un sistema isolato non deve dipendere dal tempo in cui tale comportamento
si realizza (che da una frittata non si formi spontaneamente un uovo
deve valere ieri, oggi o tra un secolo).
71
72
4.3
116 Talvolta conveniente considerare dinamiche a tempo discreto, con = che rappresenta levoluzione del sistema in un tempo
caratteristico fissato. Allora, la dinamica di uno stato iniziale X0
data dalla successione
X0 X1 = ( X0 ) X2 = ( X1 ) = (( X0 )) (2) ( X0 ) . . .
Un esempio semplice di dinamica (non invertibile) a tempo discreto
la mappa di Bernoulli
( X ) = 2X
( mod 1),
X [0, 1]
(4.8)
nellintervallo [0, 1], cio con spazio delle fasi = [0, 1] (si veda la
figura lato). Si lascia come esercizio mostrare che lusuale misura dx
nellintervallo [0, 1] invariante rispetto a questa dinamica.
117 Mappa di Bernoulli Consideriamo la mappa (4.8). Se cominciamo con un valore x0 , la mappa genera una successione di
iterazioni
Figura 4.2: Mappa di Bernoulli
x0 ,
x1 = ( x0 ),
x2 = ( x1 ) = (( x0 )) . . . .
x0 =
a n 2n
n =0
= 0, a1 a2 a3
dinamica microscopica
(4.9)
1
N
a n ( x0 ) ,
n =1
1
N
a n ( x0 ) 2 ,
n =1
In altri termini,
1 N
x0 [0, 1] f ND ( x0 ) 6
0
2
(4.10)
73
74
4.4
Teorema di Liouville
120
(4.11)
dX
= v ( X ),
dt
per un dato campo di velocit
v : Rn ,
v( x ) = (v1 ( x ), . . . , vn ( x ))
| A| =
dx
(4.12)
(4.13)
Il volume di At . Allora
d| At |
=
dt
dove
Z
dt
dx =
div v (t ( x ))
div v( x )dx
dx
At
n
div v =
xii .
i =1
(4.14)
dinamica microscopica
Dimostrazione.
d| At |
d
=
dt
dt
dt ( x ) dx =
dx
t
A
A
dt ( x )
dx dx
75
76
4.5
(4.15)
1 2
p + cos q
2
dinamica microscopica
77
(4.16)
(4.17)
(4.18)
123 Misura di Liouville Si pu dimostrare che la forma infinitesima1 dx = dqdp = k dqk dpk invariante per trasformazioni canoniche e definisce dunque nello spazio nelle fasi una nozione di volume
indipendente dalla scelta del sistema di coordinate. Per il teorema di
Liouville, dx una forma invariante rispetto al flusso hamiltoniano.
consuetudine rifersi al volume | A| di un sottoinsieme A dello spazio delle fasi come alla sua misura di Liouville. Per mettere in
evidenza questo scriveremo
L ( A ) = | A | =
dx
(4.19)
dove
dx = dqdp = d3 q1 d3 q N d3 p1 d3 p N .
(4.20)
dx = dq dp
78
4.6
124 Consideriamo un sistema (gas o liquido) di N particelle descrittie da punti materiali che si muovono in accordo con le leggi di
Newton sotto lazione di interazioni a due particelle e collisioni tra le
particelle e le pareti del recipiente . Le posizioni (generiche) delle
particelle formano la configurazione
q = ( q1 , . . . , q N ),
qi (recipiente) Rd
(4.21)
j 6 =i
(4.22)
2 m|q i |2 + V (qi q j ) =
i< j
| p i |2
+ V ( q i q j ),
2m
i< j
(4.23)
p2
+ V (q)
2m
(4.24)
dove
p2 || p|| 2 =
| p i |2
V (q) =
V ( q i q j ).
(4.25)
i< j
V (q) =
q1 V ( q i q j ), . . . , q N
i< j
V ( qi q j )
i< j
(4.26)
(4.27)
!
(4.28)
dinamica microscopica
79
80
E
,
|E |
per cui
dV = ds` = ds
E
|E |
La misura di una regione A tra le due superfici (di spessore infinitesimo) quindi
Z
Z
Z
ds
dV =
ds` =
E.
| A| =
A
A
A |E |
La misura
ds
|E |
ds
( E ),
|E |
(4.29)
ds
,
( E) |E |
(4.30)
che detta misura microcanonica o distribuzione di probabilit microcanonica o distribuzione di probabilit microcanonica o anche insieme
microcanonico (seguendo la terminologia originaria di Gibbs).
La regola per calcolare ( E) suggerita immediatamente dalla
figura (4.6): essendo ( E)E il volume del guscio tra le due superfici
infinitamente vicine, se ( E) denota il volume di tutta la regione
dello spazio delle fasi racchiusa dalla superficie E , si avr
( E) =
d( E)
d
=
dE
dE
la misura indotta dalla misura di Liouville sulla superficie di energia costante E (o, equivalentemente, nel guscio di energia costante)
ed la misura appropriata per sistemi ad energia costante: la misura
invariante del flusso hamiltoniano ristretto alla superficie di energia costante
E .
( E) =
{E ( x ) E}
dx.
(4.31)
E+E
Figura 4.6: Misura microcanonica
dinamica microscopica
81
4.7
127
(4.33)
128 Gas in una scatola Il teorema di Poincar stabilisce un comportamento tipico del sistema nel senso pi forte possibile: linsieme
E dei punti eccezionali, cio dei punti che non ritornano, ha misura
nulla, indipendentemente dal numero di gradi di libert del sistema.
Consideriamo come esempio un gas in una scatola rigida, isolato
adiabaticamente dallesterno e quindi con energia costante E. Essendo la misura microcanonica finita, il teorema di Poincar applicabile. Supponiamo che il gas sia inizialmente in un angolo della scatola,
come mostrato nella figura 4.7. Ci aspettiamo che il gas evolva in
modo tale da portarsi nella condizione di equilibrio in cui le molecole sono uniformemente sparpagliate nella scatola, come mostrato in
4.8. Sembrerebbe inoltre naturale aspettarsi che il gas, dopo aver raggiunto lequilibrio, mantenga questa distribuzione uniforme, essendo
questo il tipo di comportamento che osserviamo nel mondo. Tuttavia, come conseguenza del teorema di ricorrenza di Poincar, quasi
tutti i punti di fase corrispondenti alla condizione iniziale con tutto il
gas in un angolo della scatola, dopo un certo tempo successivo al tempo
in cui lo stato uniforme stato raggiunto e mantenuto per un certo periodo,
ritorneranno spontaneamente nella loro condizione iniziale di confinamento
in un angolo.
129 Dimostrazione del teorema di ricorrenza di Poincar Consideriamo il caso discreto per = assumendo per semplicit ai fini della
dimostrazione che sia invertibile e che la misura sia normalizzata
+t
82
I trl4 >t
+af>t
l.r-".9 '-{
o4*t
Lt^.
$,c- B c
.L- 1\ or'tn *-
2 ( B ) B =
... = ...
( B) B =
Applicando ad ambo i membri di queste uguaglianze e sfruttando
linvertibilit di , si ottiene
,vttu.t+'-M/r'a;
, rr; ,; B a,\.
2 ( B ) ( B ) =
3 ( B ) ( B ) =
... = ...
n +1
( B) ( B) =
Quindi
B, ( B), 2 ( B), 3 ( B), . . .
una successione di insiemi mutuamente disgiunti. Inoltre, poich
conserva la misura ,
Figura 4.9: B A linsieme dei punti
in A che non torneranno mai in A
(n ( B)) = ( B) .
Dunque,
1
N
N
[
( B)
n =1
Avlt^',-,.,-G
o&u'tat*
(n ( B))
n =1
N
( B)
n =1
= N( B)
Per N , se ( B) 6= 0 si avrebbe che N( B) tenderebbe allinfinito, il che impossibile perch dominato da 1. Allora deve
necessariamente essere ( B) = 0 e il teorema risulta cos dimostrato.
4.8
'\-
A F, t ( A) = A
( A) = 0 oppure 1
(4.34)
Qt
^',
*t^'
B, T
dinamica microscopica
83
Z T
f (t ( x ))dt =
f ( x )d
1
T
Z T
0
f (t ( x ))dt,
hfi =
f ( x )d,
per quasi tutti i punti dello spazio delle fasi, fatta eccezione, eventualmente, per un insieme di punti di misura nulla.
4.9
qi per i = 1, . . . , N
q = ( q ) = ( q 1 (1 ) , . . . , q 1 ( N ) )
(4.36)
dove un permutazione degli indici di particella, entrambi descrivono la stessa configurazione fisica del sistema. Pertanto il vero
spazio delle configurazioni di un sistema di N particelle non il prodotto cartesiano N , ma lo spazio ottenuto identificando punti in N che
rappresentano la stessa configurazione fisica. 2
Questo spazio denotato N /S N , poich esso ottenuto da N
da dividendolo per lazione de gruppo simmetrico (o gruppo delle
permutazioni) S N . Dato che S N un gruppo di trasformazioni di N
discreto, anzi finito, la spazio N /S N localmente isomorfo a N ,
salvo che per i suoi punti singolari. I punti singolari di N /S N sono i
punti di coincidenza di o pi particelle.
84
g
N i cui
Sottraendo a N /S N i punti singolari, si ottiene lo spazio
elementi sono insiemi di N punti in non coincidenti:
n
o
g
N = q = { q , . . . , q }| q e q 6 = q i, j = 1, . . . N .
(4.37)
N
1
i
i
j
La differenza tra le configurazioni di particelle non identiche e quelle
delle particelle identiche dunque la seguente: la configurazione di
particelle non identiche rappresentata dal vettore (q1 , . . . , q N ) (lista ordinata), quella di particelle identiche dallinsieme {q1 , . . . , q N } (lista non
ordinata).
g
N una variet liscia (differenziabile), cio priva di
Lo spazio
punti singolari, e localmente, ma non globalmente, isomorfa a N .
133 Spazio delle fasi di particelle identiche Dallo spazio delle configurazioni, si passa in maniera ovvia allo spazio naturale delle fasi f
N
di un sistema di N particelle identiche
n
o
f
(4.38)
N = x = { x1 , . . . , x N }| xi 6 = x j i, j = 1, . . . N
dove
xi = (qi , pi ) i = 1, . . . N.
Il fatto che lo spazio delle fasi di un sistema di N particelle identiche sia f
N , e non lo spazio usuale
n
o
N = x = ( x1 , . . . , x N ) ,
dinamica microscopica
d
d( E)
=
dE
dE
{E ( x ) E}
f=
dx
f
( E E ( x ))dx.
(4.40)
f con dx,
Nel seguito, per semolificare le notazioni, denoteremo dx
assumendo che il fattore N! per particelle identiche sia stato assorbito
in dx. Con questa notazione, la misura microcanonica risulta
d E =
ds
1
=
( E E ( x ))dx.
( E) |E | N!
( E)
(4.41)
| p i |2
= E,
2m
i =1
Esso
( E) =
qi .
i
2mE V N
VN
= c3N (2mE)3N/2
,
N!
dove cn = n/2 /(n/2)! il volume della sfera unitaria in n dimensioni. Calcolandone la derivata rispetto allenergia, si ottiene il fattore di
normalizzazione
( E) =
d( E)
3N
VN
3N
=
c3N (2m)3N/2 E(3N/2)1
( E)
dE
2
N!
2
(4.42)
85
5
Lentropia microscopica di Boltzmann
Indice
87
90
93
97
98
102
105
In questo capitolo introduciamo lentropia di Boltzmann e analizziamo come essa fornisca uninterpretazione microscopica dellentropia di Clausius.
5.1
Lentropia di Boltzmann
136 Ci sono molti modi per estendere la nozione di equilibrio termodinamico locale e applicare la seconda legge a processi che si svolgono
in sistemi che sono chiaramente molto lontano dallequilibrio, es. gli
organismi viventi. Queste estensioni ad hoc funzionano abbastanza bene nelle mani di professionisti esperti, ma sono tuttaltro che
sistematiche1 . Sarebbe certamente auspicabile trovare un modo sistematico per definire e calcolare lentropia, espressa come funzione
delle opportune variabili macroscopiche di sistemi che non sono in
equilibrio termodinamico locale. Questa entropia sarebbe monotona
nel tempo e coinciderebbe con
Z
1
eq.t.l.
eq.
2
S
(n, v, e) =
s
e(r) mn(r)v (x), n(r) d3 r
(5.1)
2
V
per un sistema in equilibrio termodinamico locale.
88
Questo esattamente ci che stato ottenuto con linterpretazione microscopica di Boltzmann dellentropia equilibrio di Clausius
Seq (Y ). Questa interpretazione fornisce una formula per il calcolo di
S(Y ) dalla hamiltoniana microscopica. Ancora pi importante, spiega
lorigine della seconda legge, asimmetrica nel tempo cio irreversibile sulla base della dinamica microscopica simmetrica nel tempo
cio reversibile degli atomi e molecole che sono i costituenti
della materia macroscopica, e mostra la sua applicabilit a sistemi che
non sono in equilibrio termodinamico locale.
Un ottimo riassunto dei risultutati conseguiti da Boltzmann dato
da questa citazione di Einstein2 :
Sulla base della teoria cinetica dei gas di Boltzmann aveva scoperto che, a
parte un fattore costante, lentropia equivalente al logaritmo della probabilit del macro-stato in esame. Attraverso questa intuizione ha riconosciuto
la natura del corso degli eventi che, nel senso del termodinamica, sono irreversibili. Visto dal punto di vista meccanico-molecolare, invece, tutti i corsi
degli eventi sono reversibili. Se si chiama uno stato molecolare definito in
termini molecolari, uno stato descritto microscopicamente, o, pi brevemente,
un micro-stato, un numero ( Z ) immensamente grande di micro-stati appartengono a questa condizione macroscopica (macro-stato). Z quindi una
misura della probabilit di un dato macro-stato. Questa idea sembra essere di
notevole importanza anche a causa del fatto che la sua utilit non limitata
alla descrizione microscopica sulla base della meccanica.
137 Rendiamo pi esplicite le osservazioni di Einstein considerando un sistema classico di N particelle in una scatola V. Il suo
microstato
X = (q, p) = (q1 , . . . , q N , p1 , . . . , p N )
2.2
Discretizzazione dello spazio: una griglia di cellette molto piccole su scala macroscopica ma molto grandi su scala microscopica. Il disegno non realistico sotto
molti aspetti, in particolare il numero di punti in ogni celletta dovrebbe essere
molto, molto pi grande di quello che appare in figura
FIGUR A
(5.2)
(5.3)
Sia |Y | il volume di Y in unit appropriate (questo lo Z di Einstein per un sistema classico). Boltzmann defin lentropia di sistema
macroscopico nel microstato X mediante la formula
SB ( X ) = k log |Y (X ) |.
(5.4)
138 Boltzmann poi mostr (per un gas) che un macrostato di equilibrio, Y eq corrisponde ad una densit uniforme delle macro-variabili Y eq
in V (in assenza di forze esterne) e che, in questo caso, SB concorda
(allordine principale in N) con lentropia termodinamica di Clausius.
Lo stesso vale per stati di equilibrio termodinamico locale, cio se
Y ( X ) = {n(r ), v(r ), e(r )},
allora
SB ( X ) = k log |Y (X ) | = Seq.t.l. (n, v, e).
139 Una conseguenza immediata, ma importantissima, della formula di Boltzmann che se le entropie SB (Y ) e SB (Y 0 ) differiscono di
una quantit macroscopica, il rapporto tra i loro corrispondenti volumi dello spazio delle fasi esponenzialmente grande in N. Cos, se il
sistema contiene una mole di materiale, il rapporto di |Y eq | con |Y |,
per un macrostato Y in cui tutte le particelle sono tutte nella parte
sinistra della scatola, di ordine exp 1020 . Questo molto maggiore
del rapporto tra il volume delluniverso conosciuto e il volume di un
protone.
Boltzmann mostr quindi che, data la disparit di dimensioni di
Y per diversi Y, levoluto temporale del macrostato
Yt = Y ( Xt )
sar tale che |Y ( Xt )|, e quindi SB ( Xt ), tipicamente aumenta, in accordo con la seconda legge della termodinamica. Per tipicamente si
intende quanto espresso dalla proposizione (4.7), vale adire, che per
qualsiasi Y (del tipo descritto sopra) il volume relativo dellinsieme
di microstati X in Y per cui la seconda legge violata di una quantit macroscopica, cio di un importo proporzionale a N, durante un
periodo di tempo fissato (non pi grande della et delluniverso),
va a zero rapidamente (esponenzialmente) nel numero di atomi e
molecole del sistema.
89
to bigger macro-states.
90
or rather:
Figura 5.2: A destra: partizione dello
spazio delle fasi in regioni in cui le variabili macroscopiche Y hanno lo stesso
valore. La regione eq corrisponde ai
valori di equilibro delle variabili Y ed
molto pi grande delle altre. In effetti
una raffigurazione pi appropriata
(ma ancora molto inadeguata) quella
mostrata nella figura a sinistra. (Figure
di R. Tumulka.)
olumes.
y lie in
librium.
RY long
both
ates.
!eq
"eq
"!
or rather:
Roderich Tumulka
5.2
Il modello di Ehrenfest
!eq
x = ( x1 , . . . , x , . . . x N )
B0
14
7
12
16
B1
17
21
13
9
18
3
19
6
1
5
20
10
4
le cui componenti possono assumere solo i valori 0 e 1: x = 0 significa che la particella -esima nella scatola B0 , x = 1 che nella
scatola B1 . Si assume la seguente dinamica microscopica a tempo discreto e stocastica: ad ogni unit di tempo si prende a caso una particella e
la si sposta nellaltra scatola, detto in altri termini: tra i numeri 1, . . . , N
se ne estrae uno a caso e si sposta la particella corrispondente a tale numero
he Cosmologicalnellaltra
Origin scatola.
of Irreversibility
11
15
22
91
sono
1
N
P( x y) =
eq ( x ) P( x y) = eq (y) P(y x )
= P ({ Xt+1 = y} { Xt = x })
Y = Yt ( X ) =
X ( t ).
=1
N
2
P ( n n 1) =
N
n
P ( n n + 1) = 1
N
n! 2n nn en .
92
2 hY (t)i
.
N
Per tempi t 1 possiamo passare allapprossimazione continua e
trattare t come una variabile continua. Allora
hY (t + 1)i = hY (t)i + 1
2 hY (t)i
hY (t + 1i hY (t)i
= 1
,
1
N
ovvero
d hY (t)i
2 hY (t)i
= 1
,
dt
N
la cui soluzione
hY (t)i =
N 2t/N
N
+ hY (0)i
e
2
2
N
N
N
N
log log
2
2
2
2
= N log N N (log N log 2)
Seq = N log N
= N log 2 = log 2 N
5.3
93
94
N = N
(5.9)
k =1
N1 ,...,NJ =
N1 !
NJ !
(5.10)
=e
Dunque
dove
N log
N
| |
eN
N1 ,...,NJ eH e N
H = H( N1 , . . . , NJ ) =
N
N
log
| |
| |
(5.11)
| |
(5.12)
n(r )d3 r.
| | | |
V
(5.14)
n (r ) d3 r = N
(5.15)
n(r )d3 r = 0
(5.16)
(5.17)
(5.18)
I valori di n = n(r ) per cui H[n] ha un valorre stazionario saranno quelli per cui H[n] si annulla. Poich le variazioni n(r ) sono
arbitrarie, lannullamento di H[n] richiede quindi che log n(r ) nellequazione (5.18) sia costante e quindi che sia costante n(r ). Perci c
una sola funzione densit n per cui H[n] stazionaria ed data da
n = neq =
N
V
(5.19)
148 Esaminiamo adesso come H[n] varia per valori di n(r ) vicini al
valore di equilibrio, che scriveremo come
n(r ) = neq + n(r )
95
96
n(r )d3 r = 0
Per questa distribuzione delle particelle nelle differenti celle, dallequazione (5.12), troviamo per il valore di H
H[neq + n] =
(5.20)
Se riscriviamo la funzione integranda nellintegrale sopra (omettendo per brevit la dipendenza da r) come
n
n
n
eq
eq
eq
n 1 + eq log n + n 1 + eq log 1 + eq
n
n
n
vediamo che
H[neq + n] = Heq + H,
dove
Heq = H[neq ] =
e
H = n
eq
Z
V
n
1 + eq
n
N
N
N
log
= N log
V
V
V
n
log 1 + eq
n
d3 r
neq
2
Z
V
n
neq
2
d3 r
neq
6
Z
V
n
neq
3
d3 r + . . .
|n+n |
e H
|neq |
(5.21)
Se si considera quindi uno stato di non equilibrio, cio uno stato per
cui n confrontabile con neq = N/V, il volume occupato da tale
stato nello spazio delle fasi una frazione esponenzialmente piccola
nel numero di particelle rispetto al volume occupato dallo stato di
equilibrio.
149 Le conclusioni a cui siamo giunti, forniscono ulteriore supporto a quanto detto nelle prime pagine di questo capitolo ed espresso
dalle figure 5.2. Ne traiamo dunque la seguente morale generale.
(A) Lo spazio delle fasi (o il guscio di energia costante per un
sistema isolato) ripartito in insiemi mutualmente disgiunti
=
5.4
97
98
t2 t1 Mt
Mt 2 ,
con errore trascurabile. Ora, il fatto che il volume dello spazio delle
fasi conservato dal flusso hamiltoniano implica che | Mt | | Mt |
2
1
e quindi dalla definizione di entropia di Bolzmann che
SB (Yt2 ) SB (Yt1 )
per t2 t1 . Abbiamo cos ricavato un teorema-H per qualsiasi evoluzione deterministica delle macro-variabili derivanti dalla dinamica
microscopica. La forma esplicita per il tasso di variazione di SB ( Mt )
(inclusa la positivit in senso stretto) dipende dalla dettagliata equazione di evoluzione macroscopica. Il fatto che Yeq sostanzialmente
coincide per grandi N con tutta superficie di energia E ( X ) = E
spiega anche levoluzione verso lequilibrio, e la persistenza in tale
condizione, per un sistema macroscopico isolato.
Lemergere di un definito comportamento asimmetrico nel tempo
nellevoluzione temporale dei sistemi macroscopici, nonostante la
totale assenza di tale asimmetria nelle dinamiche microscopiche,
rappresenta pertanto una conseguenza della grande disparit tra
il microscopico e il macroscopico, insieme con il fatto (o la molto
ragionevole supposizione) che ci che osserviamo in natura un
comportamento tipico, corrispondente condizioni iniziali tipiche.
5.5
(5.23)
N = N
(5.24)
Non abbiamo dunque bisogno di specificare lenergia separatamente e il volume dello spazio delle fasi associato ad un Y si calcola
prontamente come nella sezione precedente
1
N
.
(5.25)
|Y | =
N1 !
NJ !
} si pu,
Per N abbastanza grande e per una scelta giudiziosa di {
per la quasi totalit dei microstati X usare nuovamente la formula di
Stirling e ottenere per lentropia di Boltzmann
)
(
N
N
log
| | N .
(5.26)
S(Y ) = k log |Y | k
| |
| |
d3 xd3 v f X (x, v)
Leq. (5.26) mostra poi che, a meno di una costante (che dipende
da N), lentropia di Boltzmann SB ( X ) data dalla funzione H di
Boltzmann cambiata di segno,
Sgas ( f ) = k
d x
R3
(5.27)
d3 x
Z
R3
d3 v f (x, v) = N
1
d3 v mv2 f (x, v) = E
2
V
dato dalla distribuzione di equilibrio
N m 3/2
mv2
f eq =
exp
V 2kT
2kT
d3 x
R3
(18)
(19)
(5.28)
99
100
dove
kT =
2E
.
3N
(5.29)
m
2kT (x)
3/2
exp
m[v u(x)]2
2kT (x)
(5.30)
f (x, v)d3 v
v f (x, v)d3 v
n(x)
h
i
1
2 (x)
e
(
x
)
mn
(
x
)
u
2
2
3
n(x)
(5.31)
(5.32)
(5.33)
101
d3 xsgas (e, n)
(5.34)
con
sgas (e, n) = k
3
n log(kT ) n(log n 1) + Const.,
2
(5.35)
che proprio la densit di entropia di Clausius per un gas in equilibrio termodinamico locale. Dato che f non stazionaria a meno
che n, e e u siano uniformi nellintero recipiente, cio f = f eq , ci si
aspetta (e in parte stato dimostrato) che a partire da una distribuzione iniziale f 0 (x, v), che pu essere lontana da una Maxwelliana
locale, f t (x, v) si avviciner rapidamente ad una f , che vicina
a f(v; n, u, T ) e star vicina ad essa, mentre le variabili locali n, u e e
variano su una scala temporale pi lenta. Come i gradienti diventano
pi piccoli, questa evoluzione sar idrodinamica, cio i campi n, u, e
evolveranno secondo le equazioni di Navier-Stokes, che poi porteranno il gas allequilibrio termodinamico, con Seq.loc. che aumenta nel
corso del tempo.
Si noti che f soddisfa le condizioni per le macro-variabili discusse
allinizio di questa sezione in modo che Sgas ( f ) davvero un funzionale di entropia utile. La non diminuzione di Sgas ( f t ) per una
soluzione f t dellequazione di Boltzmann , come gi osservato, una
conseguenza dellinterpretazione di Boltzmann della seconda legge.
Figura 5.3: Linea solida in blu: evoluzione esatta microscopica di f (equazioni di Newton); linea tratteggiata in
rosso: evoluzione di Boltzmann di f ;
linea punteggiata in viola: evoluzione
della maxwelliana locale.
102
feq
feq
Figura 5.4: Confronto tra le diverse
rappresentazioni dello stato di equilibrio: quella microscopica e dunque
fondamentale (a sinistra) e quella
macroscopica non fondamentale (a
destra).
spazio delle X
X
space
E
5.6
fX
Fraintendimenti e critiche
microscopic picture
spazio delle f
ff
space
space
macroscopic picture
e dimenticare
che la distribuzione di Maxwell non uno stato i
155 A partire dal 1872, anno della pubblicazione del primo lavoro
di grande
di Boltzmann
sulla spiegazione
meccanica
dellirrea molecola
harespiro
una
posizione
e una
velocit
definite, e che quind
versibilit, varie critiche sono state mosse mosse alla sua anlisi. in
modo sorprendente
che levelocit
critiche del passato
del presente
quando lequalche
posizioni
e le
di e ciascuna
molecola si avvicinano
sovente non entrino nel merito dellanalisi, andando, per cos dire,
mente a questi
valori errore
definiti.
Nonad affermare
in alcun modo una special
alla ricerca delleventuale
tecnico, ma...
si limitino
che in qualche modo, da qualche parte, Boltzmann ha commesso un
14
ione singolare
dachi contrastare
con
un'infinit
di altre distribuzion
errore. In effetti,
entr nel merito di alcune
difficolt
dellarticolo
del 1872 fu lo stesso Boltzmann, che, abbandonando alcune condiiane; piuttosto,
caratterizzata
dalannifatto
zioni restrittive
della
formulazione originaria, negli
successiviche la maggior parte dell
elabor lo schema generale per la spiegazione dei processi naturali
istribuzioni
di velocit hanno le propriet caratteristiche dell
irreversibili sulla base di leggi microscopiche reversibili i cui tratti
generali abbiamo
in questo capitolo. a queste ce n' solo un numero
ne di Maxwell,
epresentato
in confronto
nte piccolo
di distribuzioni
possibili
156 Unobiezione
ricorrente la seguente: poich
i processi na- che deviano in manier
sono irreversibili, il processo che si ottiene per inversione del
da quellaturali
di
Maxwell.
tempo non
si realizza in natura; quindi c una contraddizione tra il
carattere reversibile delle leggi microscopiche e quello irreversibile
dei fenomeni naturali.
unironia del destino che questa obiezione fu per la prima volta
sollevata da Loschmidt, amico fidato e mentore di Boltzmann. Ma la
critica fu sposata anche da altri eminenti fisici e filosofi contemporanei di Boltzmann come Ernst Mach e Wilhelm Ostwald. A queste
critiche Boltzmann rispose puntualmente, come risulta dal seguente
citazione di Boltzmann:
Dal fatto che le equazioni differenziali della meccanica sono lasciate
invariate da un cambiamento del segno del tempo, Herr Ostwald conclude che la visione meccanica del mondo non pu spiegare perch i
processi naturali si svolgono preferenzialmente in una definita dire-
103
104
Ho . . . enfatizzato che dal punto di vista molecolare la seconda legge della termodinamica meramente una legge statistica. Larticolo
di Zermelo mostra che i miei scritti sono stati fraintesi; . . . il teorema
di Poincar, che Zermelo spiega allinizio del suo articolo, chiaramente corretto, ma la sua applicazione alla teoria del calore non lo .
. . . Perci, quando Zermelo conclude dal fatto teorico che i [macro]stati
iniziali del gas si ripresenteranno in futuro senza avere calcolato
quanto tempo questo richieda- che le ipotesi della teoria dei gas devono essere respinte oppure cambiate in maniera fondamentale, egli
come il giocatore di dadi che ha calcolato che la probabilit di una
successione di cento 1 non zero, e allora conclude che il dado deve
essere truccato perch non ha ancora osservato tale successione!
5.7
hfi =
f ( x )d.
Di solito si d la seguente motivazione: quando si misura una variabile macroscopica Y = f ( X ) la misura sperimentale non istantanea;
se lesperimento incomincia al tempo t = 0 e si completa al tempo
t = T, ci che lesperimento misura in effetti la media temporale
1
T
Z T
0
f ( Xt )dt ,
dove T un tempo macroscopico determinato dal tempo di risposta dellapparato di misura (si pensi alla misura della temperatura
corporea con i vecchi termometri a mercurio che richiedeva diversi
minuti per essere effettuata). Si tratta quindi di un tempo che su scala microscopica spaventosamente lungo, e quindi tale, secondo la
normale consuetudine, da essere idealizzato matematicamente dalla
procedura di limite T .
Sembrerebbe quindi che lergodicit sia davvero importante, perch garantirebbe la corrispondenza tra la media microcanonica della
variabile macroscopica e la sua media temporale, che ci che
accessibile sperimentalmente. E se largomento fosse corretto lergodicit sarebbe quindi fondamentale per giustificare le basi della
meccanica statistica dellequilibrio.
Tuttavia, sebbene lergodicit sia ritenuta una propriet generica
dei sistemi dinamici, la sua dimostrazione per sistemi dinamici complessi tuttora un problema aperto. Quindi, se davvero lergodicit
fosse essenziale, ci troveremo di fronte al problema di non disporre
al momento di una comprensione certa delle basi della meccanica
statistica. Si tratterebbe dunque di una critica indiretta alla spiegazione fornita da Boltzmann, sebbene pi sottile di quelle che abbiamo
discusso nella sezione precedente.
105
106
6
Meccanica statistica dellequilibrio
Indice
109
113
114
117
128
132
137
6.1
118
121
107
137
(6.1)
108
(6.2)
(
E
)
=
dx
dE E=U
{E ( x ) E}
(6.3)
lim
N
V
N/V =cost.
1
log ( Nu)
N
(6.4)
164
(U ) =
3N
d( E)
VN
=
c3N (2m)3N/2 U (3N/2)1
dE E=U
2
N!
(6.5)
hfi =
f ( x )dU ( x ) =
1
| U |
f ( x ) [U E ( x )]dx .
(6.7)
Seguendo la terminologia originaria di Gibbs, la misura microcanonica anche chiamata insieme (o ensemble) microcanonico.
6.2
109
110
f ( x ) Etot E ( x ) E 0 (0) dxdx0
| Etot |
Z
Z
1
=
dx f ( x ) dx0 Etot E ( x ) E 0 ( x0 )
| Etot |
1
hfi =
Lintegrale in dx0 il volume di fase accessibile al serbatoio quando la sua energia assume il valore Etot E ( x ). Utilizzando la formula
dellentropia (6.2), esso diventa
Z
tot
1
tot
dx0 E E ( x ) E 0 (0) = exp S0 ( E E ( x )) ,
k
1
S0
=
E0 Etot
T
hfi =
1
Z
f ( x )e E ( x) dx,
1
.
kT
(6.8)
La costante Z chiamata funzione di partizione canonica o semplicemente funzione di partizione. Essa si calcola ponendo f ( x ) = 1
nellintegrale sopra (dovendo essere h1i = 1):
Z ( ) =
e E ( x) dx
(6.9)
e E ( x) dx
Z Z
E
=
(E ( x ) E ) e
dE dx (riscrittura dellintegrale usando la delta di Dirac)
0
Z Z
=
(E ( x ) E)dx e E dE (scambio dellordine di integrazione)
Z ( ) =
Z
0
(E ( x ) E)dx = ( E))
Z ( ) =
Z
0
e E ( E)dE
(6.11)
Z ( ) =
Z
0
e E ( E)dE =
e E+S(E)/k dE .
(6.12)
Z ( ) = N
Z
0
e N [ es(e)/k] de = N
Z
0
e N f (e) de .
(6.13)
dove
f (e) = e Ts(e) .
(6.14)
= ,
(6.15)
de e=u
de e=u
T
Per il metodo di Laplace, il contributo principale allintegrale proviene dalla regione in un piccolo intorno di e = u,
Z ( ) e N f (u) .
111
112
Z ( ) e N f ( ) = e F
(6.16)
(6.17)
Z ( ) =
Z
0
e E ( E)dE e F( )
(6.18)
p d3N dqd3N p
i
e E ( x) dx = e i 2m
N!
Z
3N
N
V
V N 2m 3N/2
p2 /(2m)
=
e
dp
=
.
N!
N!
Z=
(6.20)
d log Z
3
3 1
= NkT
= N
d
2
2
che, come era naturale aspettarsi, lenergia interna di un gas monoatomico. Inoltre, per la (6.17)
3
3
F = kT log Z = NkT log V + NkT (log N 1) NkT log kT NkT log(2m).
2
2
Come si pu facilmente verificare, lenergia libera F cos ottenuta
coincide, a meno di una costante dipendente da T e N, con F =
U TS, per S data dalla (6.6). Risulta quindi verificato che la misura
microcanonica e quella camonica forniscono la stessa descrizione
termodinamica per il gas ideale.
6.3
p2
2mi
(6.22)
i =1
e
U ( p) =
1 i < j N
r i r j
(6.23)
sono rispettivamente lenergia cinetica e lenergia potenziale. Nellequazione precedente (r ) il potenziale di interazione tra coppie di
particelle. In questo caso, la funzione di partizione (6.9) fattorizza
Z
Z
K ( p )
U ( q )
e
dp
e
dq
Z=
Per un sistema di N particelle identiche, conviene assorbire N! nel
secondo termine ponendo dq = d3N q/N!, mentre il primo termine
lo stesso del gas ideale. Allora si ha
Z = ZK ZC
(6.24)
ZK = (2mkT )3N/2
(6.25)
dove
113
114
ZC =
e U (q) dq
(6.26)
ZC =
171
Equazione di stato
VN
N!
(gas ideale)
(6.27)
si ottiene
P =
(6.28)
log Z
log ZC
=
.
V
V
(6.29)
Questa lequazione di stato del sistema. Per un gas ideale, riotteniamo lequazione usuale
P = ,
6.4
N
.
V
(6.30)
La distribuzione canonica
172 Fluttuazione dellenergia nellinsieme canonico La caratteristica pi importante della distribuzione canonica (6.10) che essa
concentrata nellintorno del valor medio di energia
U = hE i =
1
Z
E ( x )e E ( x) dx ,
(6.31)
E ( x )e E ( x) dx = Z hE i ,
da cui
hE i =
d log Z
.
d
(6.32)
U
Figura 6.1: Grafico della densit
canonica ( E).
U dT
d 1
=
= Cv
T d
d k
1
= Cv 2 = kT 2 Cv .
k
Riassumendo,
U = hE i =
D
173
log Z
E
U
2 log Z
(E )2 =
=
= kT 2 Cv
(6.33)
(6.34)
(6.35)
(6.36)
115
116
con f (e) data dalla (6.14). Studiamo adesso landamento asintotico di questo integrale per N 1 come in 167 e usando le stesse
notazioni.
Il contributo principale allintegrale proviene dalla regione in un
piccolo intorno u e e u + e, dove u soluzione della (6.15).
Dunque, sviluppando lesponente in serie di Taylor e trascurando
termini di ordine superiore al secondo, si ottiene
hE i
N
Z
Z u+e
ue
1 00 ( u )(u e )2
e N [ f (u)+ 2 f
] g( Ne)de
dove f (u) = f (u( T )) lenergia libera per particella. Possiamo adesso estendere gli estremi di integrazione da a per valutare gli
integrale, perch questo introduce soltanto errori esponenzialmente
piccoli, e ottenere cos
h g(E )i CN
e N
f 00 (u)
2
2 (eu)
g( Ne)de
( EU )2
2kT 2 Cv
g( E)dE
(6.39)
0 .
avendo assorbito le costanti in CN
Leq. (6.39) mostra che la distribuzione di probabilit canonica per
N 1 asintoticamente una distribuzione gaussiana con media
175 La distribuzione di Maxwell-Boltzmann Mediante la distribuzione canonica si possono calcolare i valori medi di quantit fisiche
arbitrarie (non necessariamente funzioni dellenergia). Una quantit
molto importante la distribuzione empirica delle velocit in un gas
Fv ( v ) =
i =1
p
p
p2 d3N dqd3N p
i
v e i 2m
m
N!
i =1
m 3/2
2
mv
=N
exp
2kT
2kT
hFv (v)i =
6.5
1
Z
Limite termodinamico
176 Finora abbiamo incontrato due metodi equivalenti per calcolare le propriet termodinamiche di un sistema macroscopico a partire
dalla sua descrizione microscopica:
(1) Calcolare la densit degli stati ( Nu) del sistema. Allora
s(u) = k
lim
N
V
N/V =cost.
1
log ( Nu)
N
(6.4)
lim
N
V
N/V =cost.
1
log Z ( )
N
(6.19)
117
118
per r r0 ,
(6.41)
Linfinito nellequazione sopra significa che le particelle non possono avvicinarsi tra di loro ad una distanza inferiore a r0 , cosicch
le particelle possono essere considerate come sfere rigide di diametro r0 . Il potenziale 0 invece una funzione liscia a corto raggio
(per esempio, uguale a zero per un valore di r grande ma finito o
eventualmente tendente esponenzialmente a 0 quando r ). Per
interazioni di questo tipo e con una opportuna caratterizzazione del
limite di volume infinito, che risale a Lon van Hove (1950), si dimostra che i limiti (6.4) e (6.19) esistono; la dimostrazione completa fu
data da David Ruelle (1963) e Michael Fisher (1964).1
Dimostrare che il limite termodinamico esiste non abbastanza
per garantire che la termodinamica di equilibrio del sistema esiste.
Si deve anche dimostrare che la termodinamica che si ottiene nel
limite stabile, vale a dire, per esempio, che la compressibilit e la
capacit termica sono non negative, e pi in generale che lemtropia e
lenergia libera sono funzioni convesse. Risulta che per un potenziale
di interazione del tipo (6.40), questo garantito ed , in effetti, un
sottoprodotto dellesistenza del limite termodinamico.
6.6
hfi =
1
Z
1
.
kT
(6.42)
Analogamente, si ottiene
Z=
[E ( x )+P Y ( x )]
U TS + P Y
dx exp
.
kT
(6.43)
ZG =
e [E ( x)+ PV ( x)] dx
(6.44)
e
log ZG =
U TS + PV
G
=
kT
kT
(6.45)
dove
T =
(6.46)
(6.47)
1 V
V p
la compressibilit isoterma.
180 Insieme gran canonico Consideriamo il caso in cui P = ,
il potenziale chimico, con variabile coniugata Y = N , il numero
(variabile) di particelle. Allora lintegrale in dx nella (6.43) diventa
Z
dx
dx,
N =1
da cui,
ZGC =
N =1
e [EN ( x)N ) dx =
e K
K =1
e EK ( x) dx
(6.48)
(6.49)
log ZGC
( )
(6.50)
119
120
(6.51)
(6.52)
si ha
log ZGC
z
per il numero medio di particelle e
N=z
(6.53)
ZGC =
ZK zK ,
(6.54)
K =1
(6.56)
181 Gas ideale Come esercizio, calcoliamo la funzione di partizione gran canonica del gas ideale. Per la (6.20)
#K
"
"
3/2 #
K 2m 3/2
2m
V
zK = exp
Vz
ZGC = ZK zK =
K!
K =1
K =1
Prendendone il logaritmo, la (6.49) diventa
pV
2m 3/2
log ZGC =
=
Vz
kT
Da questa equazione, otteniamo z come funzione di N e la sostituiamo nellequazione precedente, ottenendo cos lusuale equazione di
stato di un gas ideale
pV = NkT.
6.7
Funzioni di correlazione
(il segno meno a secondo membro scelto solo per ragioni di convenienza). Allora lenergia potenziale U del sistema deve essere
aumentata di questo termine,
U
U + Uext
p2i
2m + U (q) (qi ),
i
i
dove q = (q1 , . . . , q N ).
La densit locale del numero di particelle la variabile
N (r ) =
(r Qi ) .
(6.57)
i =1
N (r ) d3 r =
11 (qi )
i
(essendo 11 (r ) la funzione caratteristica dellinsieme , cio la funzione che vale 1 se r e 0 altrimenti). Il valor medio di questa
variabile nellinsieme canonico
1
Z
p2i
2m + U (q)
i
(r ) = hN (r )i =
N (r )e E dx .
N (r 0 ) (r ) d3 r 0
(6.58)
121
122
R
0
0 3 0
1
ZK N (r )e [U (q) N (r )(r )d r ] dq
ZK ZC
Z
R
0
0 3 0
1
=
N (r )e U (q) e N (r )u(r )d r dq,
ZC
(r ) =
(6.59)
ZC =
0
0 3 0
e U (q) e N (r )u(r )d r dq
(6.60)
Adesso mostriamo che la formula (6.59) si pu ottenere per opportuna derivazione della funzione di partizione, generalizzando un trucco
che abbiamo gi usato.
Calcoliamo la derivata funzionale di ZC rispetto a u(r ):
ZC
=
u(r )
e U ( q )
R N (r 0 ) u (r 0 ) d3 r 0
e
dq
u(r )
(6.61)
otteniamo
R
0
0 3 0
R N (r 0 ) u (r 0 ) d3 r 0
e
= e N (r ) u (r ) d r
u(r )
u(r )
=e
=e
N (r ) u (r ) d3 r
N (r ) u (r ) d3 r
N (r 0 )
N (r 0 ) u (r 0 ) d3 r 0
u(r 0 ) 3 0
d r
u(r )
N (r )
Dunque,
ZC
=
u(r )
3
N (r )e U (q) e N (r )u(r )d r dq
(6.62)
log ZC
F
1 ZC
=
=
.
ZC u(r )
u(r )
u(r )
(6.63)
i
ZC = e
dq =
e
d q=
e d r
.
N!
N!
Passando al logaritmo
log ZC = N log
Z
eu(r) d3 r log N!
otteniamo
hN (r )i = (r ) = R
Neu(r)
,
e u ( r ) d3 r
(6.64)
e u ( r ) d3 r = A
Z
0
e mgz dz =
A
.
mg
Allora
N mgz
N
e
e p = mg e mgz .
A
A
Questa la cosiddetta formula barometrica.
(z) = mg
1
ZC
N (r )N (s)e U (q) dq .
(6.65)
R
0
0 3 0
1 2 Z C [ u ]
1
=
N (r )e U (q) e N (r )u(r )d r dq
ZC u(s)u(r )
ZC u(s)
Z
R
0
0 3 0
1
=
N (r )N (s)e U (q) e N (r )u(r )d r dq
ZC
(6.66)
123
124
(6.67)
Poich
(6.68)
u =0
(6.69)
Il primo termine
1 ZC ZC
= hN (r )i hN (s)i
ZC2 u(s) u(r )
R
0
0 3 0
1
2 Z C
1
=
N (r )e U (q) e N (r )u(r )d r dq
ZC u(s)u(r )
ZC u(s)
Z
R
0
0 3 0
1
=
N (r )N (s)e U (q) e N (r )u(r )d r dq
ZC
= hN (r )N (s)i
Neu(r)
R
=
u(s)
u(s) eu(r) d3 r
Quindi
#
"
Z
Neu(r)
1
u(r) 3
u
(
r
)
= R u(r) 3 (r s) + Ne
R
2 u(s) e d r
u
(
r
)
3
e d r
e d r
"
#
u
(
r
)
1
Ne
u
(
r
)
u(s)
R
= R u(r) 3 (r s) + Ne
.
2 e
u
(
r
)
3
e d r
e d r
S(r, s) =
N
N
1
(r )[u]
= (r s) 2 = n(r s) n2 (6.71)
u(s) u=0
V
N
V
(6.72)
1 2
,
N
da cui
Sb(k) = + 2 (2 )3 (k).
eikr s(r ) d3 r
(6.73)
125
126
eikr g(r ) d3 r .
(6.74)
Per un gas ideale g(r ) = 1. per un fluido isotropo g dipende solo dal
modulo r = |r |. In questo caso, g(r ) detta funzione di distribuzione
radiale.
Una definizione equivalente di g(r ) la seguente.
*
+
1
g (r ) =
(r Q i + Q0 )
(6.75)
n i
6 =0
dove Q0 la posizione di una qualunque particella del sistema (particella i = 0). Si lascia come esercizio mostrare lequivalenza delle
due definizioni.
Un metodo diretto e intuitivo di determinare g(r ) segue dalla
(6.75). Si scelga una configurazione di posizioni delle particelle (come
rappresentata in fig. 6.2) nellinsieme delle configurazioni possibili,
e si scelga un sistema di coordinate in modo che una particella, che
etichettiamo con 0, nellorigine. Allora lintegrale di ng(r ) su un
elemento di volume di dimensioni dr in r semplicemente il numero di particelle in tale elemento di volume. Quindi g(r ) pu essere
determinata contando il numero di particelle in un piccolo volume
dr a distanza r dallorigine. La media di tale numero su tutte le realizzazioni di particelle poste nellorigine diviso per n dr g(r ). In
un sistema non correlato, come ad esempio un gas ideale, la probabilit di trovare una particella in qualsiasi posizione uniforme
ed indipendente dalle posizioni di altre particelle. Quando le interazioni interparticellari non sono non pi trascurabili, si formano
correlazioni spaziali che portano ad una struttura non banale di g(r ).
In figura 6.3 riportata la funzione radiale per un potenziale
interparticellare di tipo Lennard-Jones
r 6
12 6
rm 12
m
LJ (r ) = 4
2
,
=
r
r
r
r
dove dove e la profondit della buca di potenziale, la distanza
finita in cui il potenziale fra le particelle zero, r la distanza tra
le particelle, e rm la distanza alla quale il potenziale raggiunge il
suo minimo. A rm , la funzione potenziale ha il valore e (si veda la
fig. 6.4).
127
128
6.8
186 Modelli di Ising Un modello matematico di sistema magnetico tipicamente basato su un insieme di N spin i , i = 1, 2, . . . , N,
che possono essere vettori, scalari, o, nel caso quantistico, operatori di spin. Noi considereremo il modello pi semplice basato
su spin scalari i = +1 o 1 corrispondenti a spin su o spin gi
rispettivamente.
Pi precisamente, consideriamo un insieme di siti reticolari con
un insieme di siti adiacenti che formano un reticolo d-dimensionale
(cio un grafo non orientato). Per ogni sito reticolare j esiste
una variabile discreta j tale che j assume i valori +1 o 1. Una
configurazione di spin = (1 , 2 , . . .) unassegnazione del
valore dello spin in ogni sito del reticolo.
Si assume che lenergia di interazione tra due spin i e j collocati
nei punti fissati ri e r j nello spazio (per esempio nei vertici di un
reticolo regolare) sia + Jij se gli spin sono paralleli (i j = +1) e Jij
se gli spin sono anti-paralleli (i j = 1).
In altre parole, lenergia totale di interazione del sistema in una
data configurazione = (1 , . . . , N ) degli spin
E =
1 i < j N
Jij i j hi i
(6.76)
i =1
dove il primo termine proviene dallinterazione tra gli spin e il secondo termine dallinterazione di ciascun spin con un campo magnetico
esterno h. Il momento magnetico data da . Si noti che il segno nel
secondo termine della funzione energia dovrebbe essere effettivamente positivo perch il momento magnetico dellelettrone antiparallelo
alla suo spin, ma il termine negativo usato convenzionalmente.
Funzioni energia della forma (6.76) definiscono modelli su reticolo
genericamente detti modelli di Ising.
N.B. Risulta comodo assorbire la costante nel campo magnetico, cio porre = 1 nella (6.76). Nel seguito useremo questa
convenzione.
187 Modello di Ising (a primi vicini) Il modello di Ising vero e proprio, dal nome del fisico Ernst Ising, stato inventato dal fisico Wilhelm Lenz, che lo ha dato come problema al suo allievo Ernst Ising.
In questo modello si assume che ogni spin possa interagire solo con i
suoi vicini pi prossimi: per ogni coppia di siti adiacenti i, j si ha
uninterazione Jij , e un sito i ha un campo magnetico esterno hi .
<i j >
Jij i j h j j
(6.77)
o nullo, h = 0. Unaltra semplificazione abbastanza comune assumere che tutti i siti pi vicini < i j > abbiano la stessa intensit di
accoppiamento. Allora Jij = J e
E () = J
<i j >
i j h j .
(6.78)
129
130
e E ( )
.
Z
La costante di normalizzazione
Z = e E ( )
(6.79)
la funzione di partizione. Si osservi che sommare su tutte le configurazioni si spin significa sommare su tutti i valori 1 assunti
dagli spin:
.
1 =1,...,N =1
h f i = f () P () =
1
Z
f ( ) e E ( ) .
1
log Z ,
)
e
=
,
hE i =
Z
h
h
e la magnetizzazione media
"
#
1
1
h M i = i e E ( ) =
Z
Z
i
1 log Z
F
=
=
h
h
e Jij i j +h j
(6.80)
189 Gas reticolari La natura binaria delle variabili di spin permette altre possibili interpretazioni del modello di Ising. Possiamo,
per esempio, pensare il modello come un gas reticolare con + che
corrisponde ad un sito occupato e ad un sito non occupato, o ad
una lega binaria con + e che corrispondono ad un sito del reticolo
occupato dallatomo A o B, rispettivamente.
Consideriamo un reticolo di V siti (V essendo pensato come volume) e ad una collezione di N particelle che possono occupare questi
siti con la restrizione che non pi che una particella pu occupare un
dato sito. Ad ogni sito associamo la variabile qi definita da
(
1
se il sito i occupato
(6.81)
qi =
0
se il sito i non occupato
Poich il numero totale di particelle N, abbiamo il vincolo
qi = N.
(6.82)
ij qi q j .
1 i < j N
Z = e E (q) ,
(6.83)
ZGC =
N =1
ZN zN
V
= e i
qi log z+ i< j ij qi q j
(6.84)
131
132
i =
(6.85)
(6.86)
dove
A=
V
V
log z + Jij
2
i< j
4 ij
1
hi = log z
2
(6.87)
Jij =
(6.88)
V
Jij +
j = i +1
i 1
Jji
j =1
(6.89)
N
V
6.9
1
(1 m ) .
2
Modelli unidimensionali
N 1
i =0
i i +1 h i ,
i
(6.90)
b j = j j1
Questo d
Z ( ) =
1 ,...,N
h
i N 1
N
.
e J1 2 e J2 3 e JN 1 N = 2 e Jbj = 2 e J + e J
j =2 b j
i
1 h J
ln e + e J .
(6.91)
e J e J
e J + e J
L
(6.92)
Z ( ) =
=
e h1 e J1 2 e h2 e J2 3 e hN e JN 1
V1 ,2 V2 ,3 VN ,1 .
1 ,...,N
1 ,...,N
Si osservi che i coefficienti V,0 possono essere visti come gli elementi di una matrice. Esistono diverse possibili scelte: una comoda
(perch la matrice simmetrica)
V,0 = e
o
"
h
2
e (h+ J )
V=
e J
e J e
h 0
2
e J
e (h J )
133
134
Z ( ) = TrV
1N
+ 2N
1N
"
1+
2
1
N #
lim
1
ln Z ( ) = log 1 .
N
2J
2
,
f ( , h) = ln e cosh h + e (sinh h) + e
(6.93)
dove
S (r ) =
1 i < j N
per r > b
per r b ,
(6.95)
exp r i r j
dx1 dx N
Z ( N, L, ) =
N! 0
0
1< j N
(6.96)
La caratteristica semplificante del caso uni-dimensionale che le
particelle possono essere ordinate sulla retta. Vale a dire, per un
arbitrario potenziale , lintegrale nelleq. (6.96) N! volte lintegrale
sulla regione
R : 0 < x1 < x2 < < x N
il fatto che possiamo ordinare le particelle sulla retta cio che rende
possibile ottenere una soluzione esatta. Sfortunatamente, non c un
trucco analogo in dimensione maggiore di uno.
Una volta che abbiamo ordinato le particelle, chiaro che quando
xi+1 xi > b, allora x j xi > a per tutti i j = 1 + 1, i + 2, . . . N. Segue
allora dalla rappresentazione (6.94) dellintegrando e dalle eq. (6.95) e
(6.96) che
Z ( N, L, ) =
=
R0
Z N 1
S(xi+1 xi )dx1 dx N
i =1
dx1 dx N
dove R0 la regione
R0 = {(i 1)b < xi < xi+1 b|i = 1, 2, . . . , N }
e, per definizione, x N +1 = L + b. Con il cambiamento di variabili
yi = xi (i 1)b,
si ottiene
Z ( N, L, ) =
Z `
0
dy N
Z yN
0
dy N 1
Z y3
0
dy2
Z y2
0
dy1 =
`N
N!
dove
` = L ( N 1) b .
Usando la formula di Stirling N! N N e N per N , otteniamo
nel limite termodinamico lenergia libera
f ( , v) =
lim
N ,v= L/Ncost.
1
Z ( N, L, ) = 1 + log(v b)
N
(6.97)
135
136
1 v
( v b )2
=
.
v p
vkT
per r b ,
e , in principio arbitrario (ma limitato) nellintervallo b x 2a.
Il calcolo dellenergia libera non un esercizio difficile, ma richiede un po di abilit. Ci limitiamo a fornire il risultato:
f ( , v) = (v b)0 + log F (0 )
dove
F () =
Z
0
ex ( x+b) dx
(6.99)
(6.100)
e 0 la soluzione dellequazione
F 0 ( 0 )
= av
F 0 ( 0 )
(6.101)
(si tratta del punto sella che emerge nella valutazione con metodo di
Laplace della funzione di partizione per N ).
Se si deriva leq. (6.99) rispetto a v, si ottiene
p =
( f ) = 0
v
F 0 ( p)
F 0 ( p)
(6.102)
Appendice
6.A
per
z z0
per
z z0 .
137
138
F () =
Z b
a
e( x) f ( x )dx
(6.103)
(x)
dx
=1
0.4
0.2
0
0
(6.104)
=2
0.15
0.1
Z
f (x)
f ( x ) b 1 b d
e( x) dx
F () = e( x) 0
( x ) a a dx 0 ( x )
{z
}
|
{z
} |
termine di bordo
0.05
0
0
termine integrale
=4
0.02
0.01
f ( x ) b
F () e( x) 0
( x ) a
|
{z
}
termine di bordo
e(ln rr) dr
quando , allora
3
=8
0.0004
0.0003
0.0002
0.0001
0
0
Z c+e
e( x) f ( x )dx,
a+e
F (; e) =
e( x) f ( x )dx,
Z b
e( x) f ( x )dx,
be
se
a<c<b
se
c=a
se
c=b
dove e arbitrario (solo soggetto al vincolo che ciascuno dei sottointervalli di integrazione sia contenuto in [ a, b]). Questo passo giustificato se lasintotica di F (; e), quando , non dipende da e ed
identica allasintotica di F () quando . Queste due condizioni
sono in effetti verificate. Consideriamo per esempio il caso a < c < b.
I termini
Z b
Z ce
( x )
( x )
e
f ( x )dx
e
f ( x )dx +
a
c+e
sono dominati da F (), quando , perch e( x) esponenzialmente piccolo quando confrontato con e(c) in a x c e
e c + e x b. In altre parole, cambiare i limiti di integrazione e
passare da F () a F (; e) introduce errori esponenzialmente piccoli.
(2) Consideriamo F () F (; e) e facciamo le approssimazioni:
Se 0 (c) = 0 per a c b e 00 (c) 6= 0 allora
f ( x ) f (c)
( x ) (c) +
1 00
(c)( x c)2
2
( x ) (c) + 0 (c)( x c)
(3) Dopo aver fatto le approssimazioni precedenti, estendiamo
gli estremi di integrazione da a per valutare gli integrali (questa operazione legittima perch introduce soltanto errori
esponenzialmente piccoli).
Se 0 (c) = 0 per a < c < b, dobbiamo avere 00 (c) < 0 (x = c un
massimo) e quindi, per ,
F ()
Z c+e
ce
e[ (c)+ 2
00 (c )( x c )2
] f (c)dx f (c)e(c)
00 (c)
2
2 ( x c)
(6.105)
139
140
da cui
Z
2 f (c)e(c) u2
F () = p
e
du.
00 (c)
(6.106)
, per si ha
2 f (c)e(c)
F () p
00 (c)
(6.107)
Se 0 (c) = 0 e c = a o c = b, allora landamento asintotico dellintegrale lo stesso di quello in (6.107), a parte la moltiplicazione
per un fattore 1/2.
Se c = a e 0 (c) 6= 0, dobbiamo avere 0 (c) < 0, e quando
si ha
F ()
Z a+e
a
e[ (a)+