Sei sulla pagina 1di 237

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Lessico di Ren Gunon


A cura di Angelo Terenzoni

Edizioni Alkaest

Edizione elettronica ad esclusivo uso dei membri dellO.M.A.T.


Qualsiasi riproduzione o diffusione di questo testo vietata al di fuori dellOrdine.

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

SOMMARIO
PREFAZIONE................................................................................................................................................................................3
ABBREVIAZIONI......................................................................................................................................................................11
- A -....................................................................................................................................................................................................12
- B -....................................................................................................................................................................................................23
- C -....................................................................................................................................................................................................30
- D -...................................................................................................................................................................................................52
- E -....................................................................................................................................................................................................60
- F -....................................................................................................................................................................................................72
- G -...................................................................................................................................................................................................77
- H -...................................................................................................................................................................................................82
- I -.....................................................................................................................................................................................................83
- J -..................................................................................................................................................................................................103
- K -.................................................................................................................................................................................................104
- L -.................................................................................................................................................................................................106
- M -...............................................................................................................................................................................................111
- N -................................................................................................................................................................................................138
- O -................................................................................................................................................................................................144
- P -.................................................................................................................................................................................................154
- Q -................................................................................................................................................................................................170
- R -.................................................................................................................................................................................................172
- S -.................................................................................................................................................................................................182
- T -.................................................................................................................................................................................................209
- U -................................................................................................................................................................................................222
- V -.................................................................................................................................................................................................229
- Y -.................................................................................................................................................................................................235
- Z -.................................................................................................................................................................................................237

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

PREFAZIONE

Ove si consideri l'essere umano da una prospettiva che ne superi (pur senza annullarle)
le componenti materiale e psichica dell'individualit per rifarsi a quella puramente
spirituale, si vede come si sia in presenza dell'innata ricerca di un qualcosa di
sovraindividuale, di un'aspirazione verso la trascendenza, del senso di dipendenza da un
principio che e al di fuori ed al disopra del relativo e del contingente. E un simile senso di
limitatezza, unito alla concezione di una naturale imperfezione, che spinge I'individuo
verso l'Assoluto, il Perfetto, l'Archetipo Principiale di cui egli si rende conto di essere un
modello ed a tale archetipo tende il pi possibile a rassomigliare.
Afferma Dante Alighieri nel Convivio (cap. I) che tutti gli uomini naturalmente
desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed che ciascuna cosa, da Providenza di propria
natura impita, a inclinabile a sua propria perfezione . Sono parole queste in cui a racchiuso il
senso profondo della ricerca del sacro in ogni epoca ed in ogni society umana, una ricerca
che risulta pure dalla ben nota espressione socratica: Conosci te stesso . Dice ancora il
grande esponente della sapienza greca che conoscere ricordare ed allora l'idea di
sapere dantesca e quella cosi esposta di conoscenza esprimono la medesima alta realt
dell'aprirsi alla Verit Eterna, all'Assoluto, all'Uno che regge l'universo e nel quale
l'universo a essenzialmente riassunto.
Le moderne interpretazioni psicologiche e psicoanalitiche fanno del sacro it prodotto
del subconscio, vale a dire della parte oscura dell'essere umano, un venire alla superficie
di passioni, di paure, di impulsi psichici incontrollati; in ci(5 esse non si distaccano dalla
frusta ed obsoleta interpretazione marxista del sacro come alienazione dell'individuo o
dalla altrettanto superata idea niciana della morte di Dio come rinascita dell'uomo. Ad
un simile modo di vedere sono riferibili pure gli archetipi junghiani, ove il termine
archetipo assume un significato stravolto rispetto all'originaria etimologia tradizionale
che ne fa un qualcosa di ordine superiore. Ma se in una retta visione del fenomeno
rovesciamo una simile interpretazione e riferiamo gli archetipi al sovraconscio, al senso
superiore delle cose, alla spiritualit pura, ecco che viene recuperata l'originaria
dimensione di ordine assoluto e spazzata via ogni sovrastruttura venuta a sovrapporsi
come effetto della degenerazione intellettuale dell'Occidente. L'individuo, da mero oggetto
di studio (quale lo vogliono psicologi e psicanalisti) ritorna soggetto, soggetto pensante e
dotato di una dimensione spirituale, e si rivela per quello che veramente : l'immagine
divina nel mondo, il discendente dell'Adamo a cui Dio rivela i nomi di tutte le cose
create e conosce in tal modo l'essenza della creazione.
dunque questa natura teomorfica che sta alla base della ricerca del sacro, dell'anelito
verso il divino, di quello che, in ogni tempo ed in ogni luogo, viene designato come il
fenomeno religioso : l'essere umano che si rivolge verso l'alto e l'alto gli si rivela, con una

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

continua corrente ascendente-discendente muovente lungo quel filo che l'Intelletto,


scintilla divina nell'individuo. Ponendosi da tale angolo visuale si viene a fare propria
l'idea dell'unit trascendente di tutte le forme tradizionali ispirate ai principi, restando cos
superato il punto di vista relativo connaturato ai singoli ambiti e per il quale solo una
particolare forma tradizionale quella vera, mentre le altre sono mere rivelazioni naturali
. Da questo punto fermo muove Ren Gunon, il quale enuncia all'uomo del XX secolo
l'idea di Tradizione, l'idea cio della trasmissione della Verit Eterna nel tempo e nello
spazio, con una catena che muove dall'origine e giunge alla fine, che poi ancora
l'origine, e cos via, poich si qui nell'Eterno Presente che trascende ogni determinazione
temporale e la circolarit esprime simbolicamente la totalit esistenziale.
Nei libri sacri delle varie tradizioni stanno scritte le Grandi Verit regolatrici
dell'esistenza e gli Inviati dell'Alto le hanno in ogni epoca ribadite, nulla scoprendo di
nuovo, ma facendo in modo che l'umanit del loro tempo, le comprendesse e vi si
conformasse: cos per gli Avatar ind, per la predicazione del Cristo e per la Legge Divina
portata da Muhammad ai Musulmani e fissata nelle Sure del Corano. Dice Muhammad:
Io sono l'ultimo Profeta, con me il ciclo della profezia si chiude ; dunque la Parola di Dio
non avr, per un tempo che non ci dato di conoscere, altri annunciatori e quanti si
definiscono tali altro non saranno (e non sono) che degli impostori. Ma se l'Occidente del
XX secolo, sprofondato nella materialit, nello psichismo e nel conformismo religioso, ha
smarrito la retta via e brancola nel buio, la Provvidenza non pu lasciarlo abbandonato
a se stesso, senza una luce che lo illumini e lo guidi nella notte spirituale in cui vive;
colui il quale dovr svolgere questo compito non sar quindi un Profeta, ma un uomo che
conosce la Verit Eterna ed perci in grado di indicare la strada che ad essa conduce,
spazzando via l'illusione moderna del progresso e la fallacia dell'opinione razionale.
La riscoperta della propria radice quindi il senso del messaggio che Ren Gunon
indirizza ai contemporanei, un messaggio che rappresenta un solido edificio e che, per
essere tale, deve avere una solida base tradizionale. Questa base Gunon la trova in quella
che la vera tradizione dell'Occidente, vale a dire nel Cattolicesimo Romano; la dottrina
cattolica fa perno sulla filosofia scolastica ed perci alla Scolastica che egli conferisce
un'apertura di ordine pi elevato e profondo, trascendendo (sempre senza annullarlo) il
teologico, per sfociare nella dimensione metafisica. Aristotele e San Tommaso parlano del
Primo Motore, dell'Essere Puro, dell'Uno che regge l'universo e ci analogo al Padre di cui
parlano i Vangeli Sinottici, al Verbo del Vangelo Giovanneo, al Dio della Genesi; tale
concezione rappresenta la confluenza nell'alveo cristiano della sapienza greca, dalla quale
ultima si risale, senza soluzione di continuit, ad un sapere la cui origine sfugge al tempo
ed allo spazio, poich di ordine sovrumano. Ren Gunon recupera tale origine e lo fa
attraverso l'idea metafisica del Non-Essere che, nota ai primi filosofi presocratici, era
andata perduta nei pensatori successivi, sino a che Aristotele aveva fatto della metafisica la
scienza dell'Essere , riducendola cos ad una mera ontologia; la Scolastica, da parte sua,
aveva subordinato la metafisica alla teologia, dandone sempre una visione di ordine
residuale.

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Vengono cos alla ribalta in Gunon i concetti di Infinito, di Possibilit Universale, di


possibilit di manifestazione e di non manifestazione, di Non-Essere che sta aldil
dell'Essere e lo comprende nella sua in-differenziazione. A menti use ad arrestarsi all'Essere
Puro si svela il domino metafisico che lo trascende, si svelano l'indefinibile, l'inesprimibile,
il silenzio, il vuoto, lo Zero Metafisico di cui l'Unit rappresenta la prima determinazione e
la prima affermazione, la Parola Primordiale analoga al Verbo. Se quindi, nella visione
aristotelico-scolastica, l'individuo, attraverso l'Intelletto Agente giunge a comprendere
l'essenza del Primo Motore ed ivi come il caso della visione dantesca della somma
luce dell'Empireo, si arresta, qui egli si spinge aldil del Principio e dell'Essere in
potenza , pervenendo a quella che il Vedanta designa col nome di Liberazione in Vita ed il
Sufismo come Identit Suprema.
Liberazione in Vita ed Identit Suprema rappresentano dunque due risultati realmente
ed effettivamente finali , ma ad essi non giunge ogni individuo indiscriminatamente,
anche se la natura teomorfica dell'essere umano potrebbe condurre a ci; impedisce l'
ascesa verso l'alto la parte pesante dell'individualit, cos come affermano le parole
dantesche del Convivio (cap. I): da questa nobilissima perfezione molti sono privati per diverse
ragioni, che dentro l'uomo e di fuori da esso, lui rimovono dall'abito di scienza . All'individuo in
tal modo impossibile ricordare , riconoscere in lui la propria natura teomorfica, fare
fruttificare l'evangelico granello di senape , scoprire il Regno dei Cieli interiore; ne
deriva il trascinarsi nella piatta ed incolore vita ordinaria , l'abbandonarsi all' anima
sensitiva ed appetitiva , sino ad imboccare la via che conduce alla dissoluzione
nell'infraumano e che purtroppo agevole, chiara e facile da seguire. Ma esiste un'altra via,
ben pi ardua e dura da percorrere, al cui fondo sta tuttavia l'Assoluto, la Liberazione,
l'Identit Suprema; Ren Gunon indica questa via a chi s vederla e possiede le
qualificazioni necessarie per percorrerla fino al termine, senza pi voltarsi indietro, n
guardarsi attorno: la Via Iniziatica che si imbocca morendo al materiale ed allo
psichico per rinascere nello spirituale. la Vita Nova di cui parla Dante, poich essa
una nuova nascita , la seconda nascita che segue la prima al mondo, in quanto ora il
mondo non esiste pi come visione distintiva e materiale e l'individuo, pur vivendovi, non
vi annette alcuna importanza, conformemente alle parole evangeliche: Siate nel mondo,
ma non del mondo .
Nella sua fondamentale opera Considerazioni sulla Via Iniziatica , Ren Gunon
delinea tutti gli aspetti dell'esperienza iniziatica e le sue varie fasi, dall'ingresso nella via
sino al compimento dei Grandi Misteri; egli mette poi in guardia dai falsi Maestri e dalle
pseudoiniziazioni, purtroppo tanto diffuse ai giorni nostri. Idea base quella di una catena
ininterrotta che muova da un Polo, ove il Polo rappresenta il sovrumano tuffato
nell'esistenza, il Principio attualizzato e reso trasmissibile nel tempo e nello spazio. Ci si
trova qui in presenza di una esposizione che, a prima vista, si rivela schematica e
suscettibile di insterilire nella lettera lo spirito dell'iniziazione; tuttavia doveroso
dire che l'esprimere idee di ordine sovrumano nel linguaggio parlato e nel termine scritto
ne determina una inevitabile coagulazione , una fissazione, a tale livello peraltro

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

necessaria. Una cosa lo scrivere in un libro un concetto ed altra cosa operare in


conformit ad esso; sar perci compito di chi la Via Iniziatica realmente ed effettivamente
affronta, fare s che in lui si attui il solve e che tutto sia vissuto come un'unica e
totalizzante realt. Un risultato questo raggiungibile ove esista un Maestro vero , un
Maestro che sappia vedere nel neofita la materia prima da affinare e da purificare dalle
scorie il Maestro vero , colui che si ricollega all'Origine ed , nella sua funzione,
l'Origine, invita e conduce, in un rapporto continuo e costante che pu durare anche dopo
la sua morte: ecco il senso reale della Via Iniziatica che Ren Gunon indica a chi la sa
vedere! Capito questo la via sar agevole e l'ascesa un'integrazione totale nella Realt
Assoluta, un abbandono spirituale completo, aldil degli schemi, delle gerarchie, dei gradi,
dei riti, il tutto puro e semplice contorno; solo cos l'essere umano perviene all'Assoluto e vi
perviene riconoscendolo in s e ricordando in senso socratico. Ora egli vive realmente i
suoi stati ed una sola cosa col Padre , liberato in vita , poich aldifuori della
corrente delle forme e non pi incatenato alle dimensioni temporale e spaziale.
Funzione dunque nettamente litaria quella svolta da Ren Gunon nell'indicare una
Via Iniziatica da seguire nell'alveo di una forma tradizionale viva ed operante, una Via
Iniziatica che conduca alla meta finale, rifiutando perci le iniziazioni virtuali e
inesorabilmente condannate a restare tali per l'esaurimento delle organizzazioni che le
conferiscono, spesso con irrisoria facilit. Ma si traviserebbe lo spirito del messaggio
gunoniano o quantomeno se ne darebbe una visione riduttiva ove ci si limitasse al
campo iniziatico e non si prendesse in considerazione l'aspetto cosiddetto sociale della
sua opera, vale a dire l'impietosa distruzione del feticcio del mondo moderno , i cui miti
e le cui illusioni vengono messi a nudo e mostrati per quello che veramente sono: delle
degenerazioni, delle alienazioni, dei prodotti di una civilt indegna di definirsi tale e che
perci Gunon, con felice espressione, designa come un' aberrazione esistenziale .
Nel Regno della Quantit ed i Segni dei Tempi , Ren Gunon delinea, con una
lucidit ed una chiarezza che oggi gi possono trovare la loro verifica, la degenerazione
dell'Occidente moderno ed il suo progressivo autoannientamento nelle spire della
psichicit scatenata ed incontrollabile. In una dimensione temporale che egli si guarda bene
dall'indicare, si parla poi della Grande Parodia e del Regno dell'Anticristo, sino al momento
in cui la ruota cessa di girare e si prepara il Raddrizzamento Finale di cui parlano tutti i
libri sacri e le rivelazioni degli Inviati dell'Alto. In Oriente ed Occidente , Gunon mette
in evidenza la differenza tra l'Oriente in cui si mantenuto lo spirito tradizionale e la
purezza originaria della dottrina ed un Occidente degenerato e materialista, ormai schiavo
dei feticci prodotti dell'idea di progresso ivi imperante; vi peraltro esposta la possibilit
che l'Occidente possa ritrovare la sua tradizione e ci quando sar nuovamente operante
una lite intellettuale effettiva, lite che egli vede provenire dall'Oriente e considera perci
vitale per gli Occidentali l'aiuto in tal senso degli Orientali.
Ci troviamo in presenza di un'affermazione che, presa alla lettera, ha suscitato contro
Gunon i sostenitori di una Tradizione Occidentale perenne e, dall'altra parte, ha dato
forza al trionfalismo di quanti sono andati (e vanno) a cercare in Oriente ci che hanno

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

dentro di essi e non sanno riconoscere; entrambi questi punti di vista sono da rifiutare, in
quanto creano un dualismo che esiste solo in una visione parziale, partigiana e distintiva
delle cose, visione destinata a dissolversi ove ci si elevi nella dimensione che Oriente ed
Occidente comprende e unifica. Recuperare l'Oriente non dunque andare l o
convertirsi ad una delle sue forme tradizionali, n tantomeno attendere che gli Orientali
giungano da noi a portare l'Acqua di Vita, bens riaccendere la lux interiore (secondo
la frase ex Oriente Lux ), fare fruttificare il granello di senape , ritrovare quel Regno
dei Cieli che nell'individuo e mai e poi mai fuori di lui. Questo e questo solo il senso
dell'azione dell'lite intellettuale di cui parla Ren Gunon ed essa non sar n occidentale
n orientale, bens primordiale , avendo in essa la primordialit che conferisce il costante
ricollegamento al Centro Supremo ed essendo perci creazione che si rinnova in ogni
istante.
Dire quando e dove operer questa lite intellettuale cosa che non ci spetta, poich ci
riservato solo ad un pi alto disegno provvidenziale e si situa in un ordine ove la
dimensione temporale non ha alcun significato, in quanto l tutto Eterno Presente; in tale
prospettiva ogni evento si realizza quando la pienezza del tempo e cos sar per il
Raddrizzamento che segue la fine del ciclo. Ci troviamo infatti nella dimensione metafisica,
nella realt simbolica che trascende la realt esistenziale e che la modella senza esserne
minimamente influenzata o condizionata; ogni cosa si collocher nel suo giusto
momento temporale, come ogni mattone forma il muro eretto a regola d'arte, per cui
inutile e sciocco fare calcoli sulla durata del Kali-Yuga, chiedersi se si ancora nella fase
finale e se la Grande Parodia tarder ancora a manifestarsi. Ridurre lo svolgimento ciclico
alla pura dimensione temporale e collocare il Primordiale in un inizio ben definito, significa
andare contro l'evidenza per cui il Primordiale esiste ora e sempre, poich la Tradizione
Primordiale non quella di una determinata societ di una particolare epoca, ma un
qualcosa che a livello metafisico; essa come dice Gunon la manifestazione
del Verbo e quindi l'Eterno Presente che sempre si manifesta a chi lo sappia cogliere.
Collocare dunque l'Umanit Primordiale nel tempo ed andare alla ricerca della sua dimora
cosa da lasciare ai cultori della darwiniana origine della specie che tanto furore fece
nel secolo XIX e nei primi decenni del secolo XX; chi vi si perde e crede di fare un qualcosa
di meritorio bene subito che abbandoni queste illusioni, poich egli nulla ha capito della
realt simbolica, della natura dell'Archetipo da cui derivano gli indefiniti, difformi ed
imperfetti modelli. Ogni civilt ispirata ai principi ha realizzato in s il Primordiale, la sua
tradizione stata Tradizione Primordiale, rappresentando un riflesso della dimensione
celeste nell'esistenza umana; lo svolgimento ciclico stato l'esaurirsi della spiritualit della
dottrina., la Grande Parola il venire alla ribalta dello psichismo esasperato ed il Regno
dell'Anticristo la fase finale della degenerazione. Parimenti, ogni essere umano che vive in
accordo colla Volont del Cielo Uomo Primordiale, poich per lui nulla il
condizionamento del mondo e della molteplicit, avendo vinto la sua Grande Guerra Santa;
ove non si realizzi una simile condizione privilegiata, vi sar degenerazione, materialit,
Grande Parodia, Regno dell'Anticristo. In entrambi i casi si avr il Raddrizzamento Finale il
quale il ritorno al centro , il recupero dell'Archetipo e della propria radice ultima .

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Messi cos a fuoco gli assi portanti del messaggio guenoniano all'Occidente moderno, si
pu ora prendere in considerazione la problematica della visione in Ren Gunon del
Cattolicesimo Romano, argomento sino ad oggi mai affrontato con sufficiente
approfondimento. Nelle pagine del Grande Interprete della Tradizione si parla dell'Adorazione dei Magi come omaggio al Cristo infante dei simbolici esponenti dei Tre Mondi e
come prova della perfetta ortodossia del Cristianesimo in rapporto alla Tradizione
Primordiale, vale a dire all'Archetipo da cui deriva ogni forma tradizionale; il Cristo visto
come una discesa di luce , un Inviato dell'Alto e ricollegato a quel Melchisedec (di cui
parla pure San Paolo) che qui assurge a simbolo dell'unione inscindibile di regalit e
sacerdozio. Ove Ren Gunon si discosta invece da una simile retta visione nella fase
applicativa delle idee cos esposte e cio nel delineare l'espansione del Cristianesimo nel
mondo romano, sino a divenire la forma tradizionale dell'Occidente.
In Aperus sur l'Esotrisme Chrtien (Parigi, 1977) trattando del rapporto tra
Cristianesimo ed Iniziazione , egli esordisce col dire che un'oscurit impenetrabile
avvolge i primi tempi del Cristianesimo, oscurit che, ove ben si rifletta, pare non essere
stata semplicemente accidentale, ma essere stata espressamente voluta ; (pag. 9) pi
avanti, Gunon afferma che vi fu un cambiamento che fece del Cristianesimo una
religione nel senso proprio della parola ed una forma tradizionale indirizzantesi a tutti
indistintamente . (pag. 15) In altra e pi appropriata sede ( Per un Cattolicesimo
Tradizionale in SOPHIA, n. 2) stata rettificata questa anomalia applicativa,
mostrando come non sia proprio il caso di parlare di oscurit , in quanto la Buona
Novella conteneva in germe (e ci si stupirebbe se ci non fosse) la possibilit di
espandersi nel mondo a lei provvidenzialmente destinato: che cosa si dovrebbe pensare,
del resto, se la predicazione del Cristo si fosse limitata ai discepoli ? Quale discesa di
luce , quale Inviato dall'Alto Egli sarebbe mai stato se la Parola Divina di cui Egli
portatore non fosse andata aldil della Palestina? Nella realt nei Vangeli vi gi la distinzione dei due livelli conoscitivi, esoterico ed exoterico, venendo ci espresso pi
chiaramente negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere Paoline; lo stesso Gunon parla poi di
un esoterismo cristiano nel Medioevo, di una Chiesa di Giovanni interiore e di una Chiesa
di Pietro esteriore.
Nel Racconto della Storia del Graal di Robert de Boron, testo tipico dell'esoterismo
cristiano medievale, delineato il retroterra esoterico del rito della Messa ed il suo rifarsi
all'idea di Sacrificio Primordiale di cui parlano i Veda ind. Se allora lo svolgimento
temporale non ha nessuna influenza in questa dimensione metafisica, bisogna prendere
con molta cautela quanto Ren Gunon dice a proposito dei sacramenti cristiani, i quali
sarebbero dei riti meramente exoterici, senza pi alcun carattere iniziatico , (op. cit., pag.
21) lo stesso necessario fare per l'affermazione conclusiva per cui il Cristianesimo nel
suo stato attuale non altro che una religione, cio una tradizione di ordine esclusivamente
exoterico . (pag. 26) Prendendo alla lettera una simile conclusione, astraendola dal corpo
dell'intero messaggio gunoniano e rifacendosi al passaggio di Ren Gunon all'Islam,
molti hanno visto l'indicazione, per chi voglia intraprendere la Via Iniziatica, di

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

abbandonare il corpo morto del Cattolicesimo Romano ed approdare ad altri lidi; vi


sono state cos numerose entrate nell'Islam, alla ricerca, in quella forma tradizionale, del
Regno dei Cieli interiore di cui parla il Cristo e nella speranza che, in quel terreno, fosse
possibile fare fruttificare il granello di senape . Aldil di volere dare giudizi, si deve
dire che vi stata la discutibile generalizzazione del personalissimo karma di Ren
Gunon, nonch l'attribuzione a lui di avere tracciato una via da seguire; ognuno
risponde in alto della scelta operata, ma lecito avanzare l'ipotesi che, nella grande
maggioranza dei casi, si sia trattato di conversioni nel senso deteriore dato a questa
parola dallo stesso Gunon.
Ritornando ora alla problematica del Cattolicesimo Romano nella visione guenoniana,
balza evidente come quanto esposto in Cristianesimo e Iniziazione , nell'anno 1949,
debba considerarsi un giudizio frutto del concludersi di un'amara esperienza esistenziale.
Sono infatti note le vicende che condussero alla fine della collaborazione di Ren Gunon
alla rivista Regnabit e l'accanimento con lui egli venne perseguitato da Maritain e dagli
altri Cattolici modernisti francesi del primo dopoguerra; dopo il 1945 egli dovette assistere
ad altri dolorosi compromessi tra la Chiesa Cattolica ed il mondo moderno e la morte gli
risparmi la suprema prova del Concilio Vaticano II. E dunque umanamente
comprensibile in cui un senso di scoramento di fronte ad eventi tanto negativi e tali da
parere irrimediabili; sono frutto di questo periodo le lettere in cui Gunon si dichiara
pessimista sulle possibilit di ripresa del Cattolicesimo Romano, lettere talvolta sbandierate
come smentita di quanto esposto a proposti delle idee tradizionali di ritorno dell'Occidente
alla sua tradizione e della formazione dell'lite intellettuale. Se si esamina peraltro la cosa
da un punto di vista aldil del contingente, balza evidente come i due tipi di enunciazione,
quello di principio (dell'lite) e quello applicativo (giudizi sul Cattolicesimo Romano in un
particolare momento), tocchino due piani distinti, di cui il primo fisso ed immutabile ed il
secondo legato all'individualit enunciatrice e quindi suscettibile di mutamenti esistenziali;
a quest'ultima stregua sono perci da essere considerati sia il pessimismo sul Cattolicesimo
Romano, sia i giudizi sul Cristianesimo e sui sacramenti cristiani.
Per inquadrare il problema in un'ottica integralmente tradizionale che trascende da
contingenze e da esperienze personali perci necessario rifarsi a quello che fu
l'esaurirsi della Societas Christiana medievale, civilt realmente ed effettivamente
ispirantesi ai principi. Tale evento collocabile all'inizio del XIV secolo e di ci
significativa la distruzione dell'Ordine del Tempio, da Ren Gunon giustamente definita
come la rottura dell'Occidente colla propria tradizione ; venendo pi avanti nel tempo,
egli dice che i Rosacroce, vale a dire l'lite che manteneva sino ad allora i contatti col Centro
Supremo, si ritirarono in Oriente e, da quel momento, non vi fu pi in Occidente alcuna
iniziazione atta a fare raggiungere questo grado . (Cons., 1946, 319) Se si prende questa
affermazione alla lettera e si vede l'Oriente come espressione puramente geografica,
restano valide le esperienze orientali dei ricercatori del sacro in India e sull'Himalaya e
viene dato ragione a chi abbandona il Cattolicesimo Romano, tradizione di un Occidente
ormai privo di spiritualit e schiavo di materialit, psichismo e conformismo religioso. Ma,

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

in base a quanto gi detto a proposito della dicotomia Oriente-Occidente, il ritiro dei


Rosacroce deve intendersi come il loro riassorbimento nel Centro Primordiale ed perci
nella sfera puramente metafisica che ognuno deve ricercare il proprio Oriente, che poi
e deve essere sempre ribadito il Regno dei Cieli interiore e l'evangelico granello di
senape fatto fruttificare.
Si ritorna dunque alla problematica dell'lite intellettuale e del suo operare in
Occidente, ma chiedersi quando ci potr avvenire una domanda destinata a rimanere
senza risposta, poich solo un pi alto provvidenzialismo sa quando sar la pienezza del
tempo a tale evento destinato; ignorare questa verit e, tutti presi da impazienza e da
frenesia, andare a cercare altrove la luce alienazione della propria matrice , perdita
delle radici , rivolta contro l'Alto che ha fatto s che l'essere umano occidentale nascesse e
vivesse nell'alveo del Cattolicesimo Romano. Dice il Corano: A ognuno di voi (cio ad
ogni credente) abbiamo assegnato una regola ed una via... gareggiate dunque nelle opere
buone, ch a Dio tutti tornerete, e allora Egli vi informer di quelle cose per le quali ora
siete in discordia . (V, 47) ed in queste parole ispirate da Dio al Profeta Muhammad
racchiuso il senso profondo del vivere la propria tradizione, di viverla ad ogni livello,
poich essa costantemente illuminata dalla luce che si irradia dal suo Polo; chi a ci si
conforma sar sempre nella retta via , nel retto sentiero su cui marciano i fedeli ed
i servitori dell'Onnipotente: Coloro che credono, coloro che praticano il Giudaismo,
coloro che sono Cristiani o Sabei, coloro che credono in Dio e nell'Ultimo Giorno, coloro che
fanno il bene: ecco coloro che troveranno la loro ricompensa presso il loro Signore . (Cor.,
II, 62) Questa la solita base da cui muovere per intraprendere la Via Iniziatica, la materia
prima che il vero Maestro plasmer e affiner , conducendo il discepolo sino alla
meta finale : ecco la Realt, aldil ed al disopra di schemi e di letteralismi!
Si possono concludere qui queste note introduttive, le quali vogliono unicamente essere
un inquadramento del messaggio guenoniano da un punto di vista che rifiuta la lettera
e lo scolarismo ripetitivo, ma cerca dentro di s, poich l stanno l'Archetipo e la realt
simbolica. Una problematica questa da approfondire poich mai sino ad ora affrontata in
rapporto all'opera di Ren Gunon e tale da condurre a risultati indubbiamente
interessanti. Nell'attesa che ci si sviluppi, il lettore ha nella presente opera un valido
strumento di approccio alla visione del Grande Interprete della Tradizione, ove si tratti di
persona che non ne abbia mai letto i libri da lui scritti, o di sintesi, per chi conosca il contenuto degli stessi e voglia in ogni momento cogliere determinati particolari.
In ogni caso non si potr mai prescindere dalla lettura dell'intera opera di Ren Gunon,
come tavola necessaria ed indispensabile per chi, in Occidente, voglia galleggiare sul
mare dell'odierna confusione culturale e giungere alla meta con intelletto sano , libero
cio da ogni condizionamento e da ogni esteriorit, entrambi estranei al vero interiore.

10

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ABBREVIAZIONI

L'anno che segue il titolo abbreviato si riferisce alla prima edizione francese, mentre quello seguente il titolo
indicato per esteso riguarda il testo dal quale stata estratta la frase. A quest'ultima fonte si riferiscono i
numeri delle pagine indicate nel contesto dell'opera.
Int., 1921

- Introduzione Generale allo Studio delle Dottrine, Torino, 1965.

Theos., 1921 - Le Theosophisme - Histoire d'une Pseudo-Religion, Paris, 1978.


Spir., 1923

- Errore dello Spiritismo, Milano, 1974.

Or. Occ., 1924 - Oriente ed Occidente, Torino, 1965


Ved., 1925

- L'Uomo e il suo Divenire secondo il Vedanta, Torino, 1965.

Dante, 1925

- L'Esoterismo di Dante, Roma, 1971.

Re, 1927

- Il Re del Mondo, Roma, 1972.

Crisi, 1927

- La Crisi del Mondo Moderno, Roma, 1972.

Aut., 1929

- Autorit Spirituale e Potere Temporale, Milano, 1972.

S.B., 1929

- Saint Bernard, Parigi, 1973.

Croce, 1931

- Il Simbolismo della Croce, Milano, 1972.

Stati, 1931

- Gli Stati Molteplici dell'Essere, Torino, 1965.

Met., 1939

- La Metafisica Orientale in Rivista di Studi Tradizionali, n. 44, 1976

Regno, 1945

- Il Regno della Quantit e i Segni dei Tempi, Torino, 1968.

Triade, 1946

- La Grande Triade, Roma, 1971.

Calc. Inf., 1946 - Principi di Calcolo Infinitesimale, Genova, 1976.


Cons., 1946

- Considerazioni sulla Via Iniziatica, Milano, 1948.

In., 1952

- Iniziazione e Realizzazione Spirituale, Torino, 1967.

Ap.C., 1954

- Apercus sur l'Esotrisme Chrtien, Parigi, 1977.

Simb., 1962,

- Simboli della Scienza Sacra, Milano, 1975.

Mac., 1964

- Etudes sur la Franc-Maconnerie et le Compagnonnage, 2 voll., Parigi, 1973

Hind., 1965

- tudes sur l'Hinduisme, Parigi, 1977.

Forme, 1970

- Forme Tradizionali e Cicli Cosmici, Roma, 1974.

Ap. I.T., 1975 - Apercus sur l'Esotrisme Islamique et le Taosime, Parigi, 1975.
Mel., 1977

- Mlanges sur Ren Gunon, Parigi, 1977.

11

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-A-

ABELARDO Per A. la dialettica, invece di essere un mero mezzo per giungere alla
conoscenza della Verit, era vista come fine a se stessa, il che conduceva ad una sorta di
verbalismo. A. non faceva distinzione tra ci che nasce dalla ragione e ci che le superiore,
tra filosofia profana e conoscenza sacra, tra il sapere puramente umano e la conoscenza
trascendente. (S.B., 1929, 13)

ACQUA L'a. ha come propriet caratteristiche, oltre alla densit ed alla gravit, che le
sono comuni colla terra, la fluidit e la viscosit, per le quali si distingue essenzialmente da
tutti gli altri elementi. (Gunon, Introduzione generale allo studio delle dottrine ind, 1965,
66-67)

ACQUE Le A., in linea generale e nel senso pi esteso del termine, rappresentano la
Possibilit intesa come Perfezione Passiva, ossia il principio plastico universale che,
nell'Essere, si determina come Sostanza. (Stati, 1931, 99) Superficie delle A. La S. delle A.,
ossia il loro piano di separazione, segna lo stato nel quale si opera il passaggio
dall'individuale all'universale ed il ben noto simbolo del camminare sulle A. raffigura
appunto la liberazione dalla forma o dalla condizione individuale. L'essere che ha
raggiunto lo stato per lui corrispondente alla S. delle A., senza ancora elevarsi al di sopra di
queste, si trova come sospeso tra due caos, nei quali, all'inizio, tutto confusione ed
oscurit, fino al momento in cui si produce l'illuminazione. (Stati, 1931, 99-100)

ADAM Il nome A. significa letteralmente rosso e questo uno degli indizi del
collegamento della tradizione ebraica con quella atlantidea, che fu la tradizione della
razza rossa . (Forme, 1970, 43) Se si riferisce specificamente il nome A. alla tradizione
della razza rossa , questa corrisponde alla terra, fra gli elementi, cos come, fra i punti
cardinali, in correlazione con l'Occidente e questa concordanza d un'ulteriore
giustificazione a quanto detto in precedenza. (id., 44)

ADATTAMENTI Possono anche avvenire, nell'ambito di una stessa civilt, a. diversi a


seconda delle epoche: questi a. sono il rigoroso sviluppo di ci che la dottrina conteneva gi
in principio e viene in tal modo reso esplicito per rispondere ai bisogni di un determinato
momento. (Or. Occ., 1924, 169)

ADHARMA A. la non-conformit con la natura degli esseri, lo squilibrio, la


distruzione ed il rovesciamento dei rapporti gerarchici. (Int., 1921, 182)

12

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

AGARTHA L'opera postuma di Saint-Yves d'Alveindre, intitolata La Mission de l'Inde


, contiene la descrizione di un centro iniziatico misterioso, designato sotto il nome di A.
(Re, 1927, 7). Il rumore che stato fatto intorno a questo libro offre, crediamo, un'occasione
favorevole per rompere finalmente il silenzio sopra la questione dell'A. (id., 8) Saint-Yves
presenta il capo supremo dell'A. come Sovrano Pontefice ed inoltre lo colloca alla testa di
una Chiesa Brahmanica. (id., 13). I dodici membri del circolo interiore dell'A. , dal punto
di vista dell'ordine cosmico, non rappresentano soltanto i dodici segni dello Zodiaco, ma
anche i dodici Adityas, altrettante forme del sole in rapporto con questi medesimi segni
zodiacali. (id., 36). L'A., anteriormente all'inizio del Kali-Yuga, portava il nome di
Paradsha, che in sanscrito, significa Contrada Suprema, il che si applica bene al centro
spirituale per eccellenza, designato anche come il Cuore del Mondo. (id., 69)

AGNELLO Nella simbologia cristiana esistono innumerevoli rappresentazioni dell'A.


sopra una montagna da cui discendono quattro fiumi, evidentemente identici ai quattro
fiumi del Paradiso Terrestre. (Re, 1927, 69)

ALBERO Secondo un altro simbolismo, la croce viene assimilata all'a. La linea verticale
raffigura il tronco dell'a., i cui rami sono invece rappresentati dalla linea orizzontale.
Questo a. si erge al Centro del Mondo, cio al centro di quella sfera in cui si sviluppa un
certo stato di esistenza, quale lo stato umano. (Croce, 1931, 87)

ALCHIMIA La vera a. era essenzialmente una scienza cosmologica e, simultaneamente,


essa si applicava all'ordine umano per via dell'analogia esistente tra macrocosmo e
microcosmo. (Crisi, 1927, 75). I sedicenti rinnovatori dell'a. , da parte loro, riescono solo a
prolungarne la deviazione che ha condotto alla chimica profana. (id., 76). L'a., che si
potrebbe definire la tecnica dell'Ermetismo , realmente un' arte regale , se in tal
modo si intende una maniera di iniziazione specialmente appropriata alla natura degli
Kshatriya. (Cons., 1946, 343). Un altro punto su cui il caso di insistere quello della natura
puramente interiore della vera a.; questa a. nulla ha da vedere colle operazioni materiali di
una chimica qualsiasi, nel senso attuale del termine. (id., 344). L'a. realmente un' arte
regale se, con tale espressione, si intende una modalit dell'iniziazione specialmente
appropriata alla natura degli Kshatriya; ma proprio questa considerazione ne indica il
posto preciso, nell'insieme di una tradizione regolarmente costituita. (Hind., 1965, 102)

ALLAH A., il quale il Primo e l'Ultimo , pure l'Esteriore e l'Interiore , poich


nulla di ci che esiste pu essere fuori di Lui ed in Lui solo contenuta ogni realt, poich
Egli stesso la Realt Assoluta, la Verit Totale. (Ap. I.T., 1975, 36)

13

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ALLAN KARDEC Il fondatore della Scuola Spiritistica Francese, o almeno colui che i
suoi aderenti sono concordi nel considerare tale, fu Hippolyte Rivail; egli, su consiglio degli
spiriti , assunse il nome celtico di A.K., suo presunto nome in un'esistenza anteriore.
(Spir., 1923, 37) A.K. era un magnetizzatore che otteneva le comunicazioni attraverso i
suoi soggetti. (id.; 37) A.K. apparteneva alla Massoneria. (id., 41)

ALTRUISMO Il comune a. rappresenta unicamente la preoccupazione per gli interessi


di una semplice collettivit e quindi non esce in alcun modo dalla sfera individuale. (In.,
1952, 134)

ANDROGINO Poich il Cielo e la Terra sono due principi complementari, l'uno attivo e
l'altro passivo, la loro unione pu venire rappresentata dalla figura dell'A. (Croce, 1931,
212)

ANGELICO Stati A. Gli s.a. sono gli stati sovraindividuali che costituiscono la
manifestazione informale. (Stati, 1931, 102, n. 1)

ANGELO Un a., in quanto Intermediario Celeste, non in fondo che l'espressione di un


attributo divino nell'ordine della manifestazione informale, poich soltanto questo
permette di stabilire, per mezzo di esso, una reale comunicazione tra lo stato umano e il
Principio, di cui l'a. rappresenta un aspetto pi particolarmente accessibile agli esseri che si
trovano nello stato umano. (Simb., 1962, 327)

ANGELOLOGIA L'a., o il suo equivalente, esiste in tutte le tradizioni e pu essere


definita come la parte di una dottrina riferentesi agli stati informali o sovraindividuali della
manifestazione, sia dal punto di vista puramente teorico che in vista della realizzazione
effettiva di tali stati. (Mel., 1976, 29)

ANGOLARE Pietra A. Proprio per il fatto che la p.a. ha una forma speciale, che la
differenzia da tutte le altre, la sua destinazione pu essere compresa solo dai costruttori che
sono passati dalla squadra al compasso . La p.a. in realt proprio una chiave di volta
(Simb.,1962, 240)

ANIMA L'a. intermediaria tra lo spirito e il corpo (Triade, 1945, 73). L'a. rappresenta

14

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

un riflesso della luce emanata dal Principio (id., 74). A. Mundi Uno dei principali simboli
dell'A.M. il serpente. (Triade, 1945, 74). I due aspetti, essenziale e sostanziale, dell'A.M. si
trovano riuniti in un simbolo appartenente all'Ermetismo del Medioevo: si vede un cerchio
all'interno di un quadrato animato , vale a dire posto su uno dei suoi angoli (id., 75-76)

ANIMICO Dominio A. Il d.a. propriamente l'ambiente dove si elaborano le forme,


ci che costituisce appunto una parte sostanziale o materna (Triade, 1945, 74)

ANIMISMO L'a. costituisce soltanto il punto particolare di una dottrina, l'aspetto


cosmologico e psichico (Regno, 1945, 218)

ANONIMATO L'a. l'opposto della preoccupazione, costante negli artisti moderni, di


affermare e di far conoscere a tutti i costi la propria individualit. (Regno, 1945, 8). L'a. pu
caratterizzare l'infraumano altrettanto bene che il sovrumano; il primo caso quello della
massa, il secondo quello tradizionale nelle sue diverse applicazioni. (id., 81). Nelle
istituzioni monastiche, la pratica dell'a. costantemente osservata, anche se spesso se ne
dimentica il significato profondo. Nei mestieri, nulla di stupefacente che l'a. vi sia la regola,
poich ci rappresenta la vera conformit all'ordine . (id., 82). L'a. della massa, di cui
l'individuo fa parte ma in cui si perde, massa che solo una collezione di individui simili,
tutti considerati come unit aritmetiche pure e semplici, fa s che l'individuo non abbia pi
un nome che gli sia proprio, poich svuotato della qualit che quel nome deve esprimere.
(id., 85)

ANTICO Astrologia A. Oggi non si ha pi alcuna idea di quello che l'a.a. poteva essere
e persino coloro i quali hanno cercato di ricostruirla sono giunti solo a vere contraffazioni.
(Crisi, 1927, 75) Civilt A. Si potrebbe credere che la decadenza della c.a. abbia
condotto in modo graduale e senza soluzione di continuit ad uno stato pi o meno simile
a quello che oggi vediamo, ma in realt le cose non sono andate cos. (Crisi, 1927, 33)
Filosofi A. I f.a. si proponevano di mostrare che il loro insegnamento non era strettamente
personale, ma proveniva da un punto di partenza anteriore e pi elevato, raggiungendo la
fonte stessa dell'ispirazione originale, spontanea e divina. (Mel., 1976, 49). I f.a. avevano
due tipi di insegnamento, l'uno exoterico e l'altro esoterico. Quanto era scritto apparteneva
al primo e, quanto al secondo, ci impossibile conoscerne esattamente la natura, per il suo
carattere segreto e riservato. (id., 50)

ANTICRISTO Il regno della Controtradizione il cosiddetto regno dell'A.; questi


colui che, lo si concepisca come un individuo o come una collettivit, concentrer e
sintetizzer in se stesso, in vista di tale opera finale, tutte le potenze della Controtradizione.

15

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

L'A. rappresenter, non fosse altro a titolo di supporto, tutte quelle influenze malefiche che,
dopo essersi concentrate in lui, dovranno da lui essere proiettate nel mondo. (Regno, 1945,
324). L'A. sar l'essere pi lontano dal Centro di tutte le cose, ma pretender di fare girare
la ruota in senso inverso al normale movimento ciclico. L'A. prender la funzione
dell'Avatara finale che, nella tradizione cristiana, la seconda venuta del Cristo. (id.,
324, n. 1). L'A. sar la sintesi stessa di tutto il simbolismo invertito in uso presso la
controiniziazione. (id., 325). Perci l'A. pu assumere addirittura i simboli del Messia,
beninteso in senso radicalmente opposto (id., 325-326). L'A. deve essere il pi vicino
possibile alla disintegrazione , per cui la sua individualit, da un lato sviluppata in
modo mostruoso, si pu dire gi annichilita, tanto da realizzare l'inverso della
cancellazione dell'Ego di fronte al S o, in altri termini, da realizzare la confusione nel Caos,
invece della fusione nell'Unit Principiale. (id., 327)

ANTIMODERNO Essere risolutamente a. non vuol dire per nulla essere


antioccidentale, ma , invece, l'unica attitudine che deve prendere chi cerchi di salvare
l'Occidente superando il suo disordine. (Crisi, 1927, 53)

ANTITRADIZIONALE Azione A. L'a.a. in Occidente doveva necessariamente mirare,


contemporaneamente, sia a cambiarne la mentalit generale, sia a distruggerne tutte le
istituzioni tradizionali. (Regno, 1945, 234). La prima delle due fasi dell'a.a. costituisce
semplicemente un'opera di deviazione, il cui prodotto il materialismo pi completo e
grossolano (id., 244). La seconda fase dell'a.a. sar di aprire le fenditure . (id., 261). Le
tendenze corrispondenti alla seconda fase dell'a.a. si traducono naturalmente nell'appello
al subcosciente in tutte le sue forme, vale a dire agli elementi psichici pi bassi dell'essere
umano. (id., 266). Mentalit A. Per quel che riguarda la m.a., osserveremo che essa
puramente occidentale e, nello stesso Occidente, esclusivamente moderna. (Or. Occ., 1924,
153) Spirito A. Essendo la religione propriamente una forma di tradizione, lo s.a. non pu
essere che antireligioso. (Crisi, 1927, 92)

ANTITRADIZIONE L'A. ha trovato la sua pi completa espressione in quel


materialismo, che si potrebbe definire integrale, imperante alla fine del secolo scorso.
(Regno, 1945, 312)

ANTROPOMORFISMO Presso i Greci si ritrova al suo stato di maggior sviluppo una


tendenza che si rivela inseparabile dall'idolatria e dalla materializzazione dei simboli, la
tendenza all'a. (Int., 1921, 112). Soltanto presso i popoli a sentimentalit dominante
naturale l'a. e sono proprio questi i popoli presso i quali ha potuto avere origine la
prospettiva propriamente religiosa. (id., 113). L'incomprensione da cui ha origine l'a. ha
come risultato di trasformare gli attributi divini in altrettanti dei, in entit vale a dire

16

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

concepite secondo il tipo degli esseri individuali. (id., 195). In Oriente non esiste la
tendenza all'a. (id., 196)

ANTROPOSOFIA La parola A. non , come si potrebbe credere, un neologismo


immaginato da Steiner, poich un'opera del rosicruciano Eugenius Philalethes (o
thomas Vaughan), che data 1650, ha per titolo A. Magica. (Theos, 1921, 217)

ANTROPOSOFICO Societ A. La maggiore scissione della Societ Teosofica fu quella


del rosicruciano Rudolf Steiner, il quale port con s la maggior parte dei gruppi di
Germania, Svizzera e Italia e fond con essi una nuova organizzazione indipendente, cui
diede il nome di S.A., nel 1913 (Thos, 1921, 213). Steiner diede alla sua nuova
organizzazione il nome di S.A. coll'intenzione manifesta di fare concorrenza alla Societ
Teosofica e per caratterizzare la sua concezione che fa dell'uomo il centro di ci che egli
chiama la scienza spirituale . (id., 215). La S.A. ha preso per motto: La Saggezza non
che nella Verit , imitando quello della Societ Teosofica: Non vi religione pi alta della
Verit (id., 217). Naturalmente la S.A. si guarda bene dal volere costituire una religione e
pure dal riattaccarsi a non importa quale particolare tendenza. (id., 218). Dalla S.A. le
religioni sono messe sul medesimo piano delle semplici concezioni filosofiche e trattate
come dei fatti puramente umani. (id., 219)

APPORTI Gli a. sono spostamenti di oggetti, con la complicazione che gli oggetti in
questione spesso provengono da luoghi che possono essere molto distanti e spesso sembra
che abbiano dovuto passare attraverso ostacoli materiali. Se in un modo o in un altro il
medium emette dei prolungamenti di se stesso per esercitare un'azione sugli oggetti, la
maggiore o minore distanza non significante. (Spir., 1923, 109)

ARABO A. Letterario Soltanto l'a.l. pu garantire la fissit indispensabile ad una


lingua per sostenere la funzione di lingua tradizionale. (Int., 1921, 66). A. Popolare L'a.p.,
come una lingua che serva all'uso corrente, subisce naturalmente variazioni pi o meno
sensibili secondo le epoche o le regioni. (Int., 1921, 67)

ARCA Vishnu, il quale si manifesta sotto forma di pesce, ordina a Satyavrata, il futuro
Manu Vaivaswata, di costruire l'a. in cui dovranno essere rinchiusi i germi del mondo
futuro. Il mondo di Satyavrata qui simile a quello di No, la cui a. contiene pure tutti gli
elementi che serviranno alla restaurazione del mondo dopo il Diluvio. (Simb., 1962, 141)

ARCHEOLOGI Gli a. esaminano le vestigia delle civilt scomparse con occhi moderni e

17

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

non riescono a coglierne se non la modalit pi grossolana della manifestazione. (Regno,


1945, 158)

ARCHETIPI Gli a. rappresentano, come principi essenziali delle cose, ci che si


potrebbe chiamare il lato qualitativo della manifestazione. (Regno, 1945, 24)

ARCOBALENO L'a., il Ponte Celeste, il simbolo naturale del Pontificato e tutte le


tradizioni gli danno significati perfettamente concordanti. (Re, 1927, 14). L'a. in genere
ritenuto simboleggiare l'unione tra il Cielo e la Terra. (Simb. 1962, 334). In fondo l'a. sembra
essere stato soprattutto messo in relazione colle correnti cosmiche per mezzo delle quali
uno scambio di influenze tra Cielo e Terra. (id., 335)

ARIA L'a. da vedersi come dotata di un movimento trasversale, nel quale tutte le
direzioni dello spazio non hanno il medesimo ruolo come nel movimento sferoidale, ma
che si effettua, invece, secondo una certa direzione particolare: al movimento rettilineo
che d origine la determinazione di questa direzione. (Hind., 1965, 65). La mobilit la
caratteristica naturale dell'a., la quale la prima differenziazione a partire dall'Etere
Primordiale. (Mel., 1976, 119). L'a. il mezzo sostanziale da cui procede il Soffio Vitale o
Prna. questo, il ruolo particolare dell'a. per ci che concerne la vita. (id., 131)

ARIANO Razza A. I Tedeschi hanno saputo trarre partiti dalla stravagante teoria della
r.a. che non erano addirittura stati loro ad inventare. Per conto nostro, non crediamo affatto
all'esistenza di una r.a. (Int., 1921, 267)

ARISTOCRAZIA L'a., quando intesa nel suo senso etimologico, designa il potere
dell'lite intellettuale e, non per nulla, si oppone alla democrazia. (Crisi, 1927, 112)

ARITMETICO Unit A. L'u.a. il pi piccolo dei numeri se la si considera nella loro


molteplicit, ma invece il pi grande, in quanto principio, perch virtualmente li contiene
tutti e produce tutta la loro serie attraverso la sola, indefinita ripetizione di se stessa.
(Croce, 1931, 29). Zero A. La negazione della quantit, in qualunque modo sia
considerata, il vero senso dello z.a. inteso in senso rigoroso . (Calc. Inf., 1946, 64)

ARTE - I Ogni a. pu, con una conveniente trasposizione, prendere un vero valore
esoterico (Dante, 1925, 16). Tutte le a., alla loro origine, sono essenzialmente simboliche e
rituali ed soltanto a causa di una degenerazione posteriore, in realt molto recente, che

18

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

esse perdono questo loro carattere sacro per diventare, alla fine, gioco puramente
profano. (Regno, 1945, 179)

ARTHA A. comprende l'insieme dei beni di ordine corporale. (Hind., 1965, 73). A.
corrisponde a un miscuglio di rajas e di tamas. (id., 80)

ARTIFEX Per gli antichi, l'A. era l'uomo che esercita un'arte o un mestiere e la sua
attivit era ricollegata a principi di ordine profondo. (Regno, 1945, 72). L'A. che si trova
nello stato individuale umano non pu che tendere ad una specie di sublimazione delle
sue possibilit e l'anonimato sar per lui il segno di questa tendenza trasformante . (id.,
82-83). Non in quanto Tal dei Tali l'A. produce la sua opera, ma in quanto egli svolge
una determinata funzione. (id., 83)

ARYA Il termine sanscrito . stato un epiteto distintivo applicantesi in India ai soli


appartenenti alle prime tre caste e questo indipendentemente dalla loro appartenenza a
questa o quella razza (Int., 1921, 68)

ASCESI La parola a. definisce propriamente uno sforzo metodico per raggiungere un


certo scopo che, nel caso in questione, di ordine spirituale (In., 1952, 163). Il termine a.,
come lo intendiamo noi qui, quello che, nelle lingue occidentali, ha maggiore affinit col
sanscrito Tapas. Il senso primitivo di Tapas quello di calore ; nel caso in questione si
tratta evidentemente del fuoco interiore che deve distruggere tutto ci che nell'essere
d'ostacolo ad una realizzazione spirituale. (id., 167) In fondo ogni vera a. essenzialmente
un sacrificio che, in tutte le tradizioni e sotto qualsiasi forma si presenti, costituisce l'atto
rituale per eccellenza, quello nel quale si riassumono in qualche modo tutte le altre forme.
Quello che nell'a. viene gradualmente sacrificato, in questo modo, l'insieme delle
contingenze di cui l'essere deve giungere a sbarazzarsi, trattandosi di altrettanti ostacoli
che gli impediscono di innalzarsi ad uno stato superiore. (id., 168)

ASCETICO Il termine a. ha assunto un significato pi ristretto che non ascesi, in quanto


viene applicato quasi esclusivamente al dominio religioso (In., 1952, 163).

ASCETISMO Quando si parla di a., quello che normalmente doveva essere soltanto un
mezzo a carattere preparatorio troppo spesso viene preso come un vero e proprio fine; non
crediamo affatto di esagerare dicendo che per molti spiriti religiosi l'a. non ha
minimamente per scopo la realizzazione effettiva di stati spirituali, ma ha come unico fine
la speranza in una salvezza che si concreter solo nell' altra vita . (In., 1952, 165)

19

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ASSOLUTO Libert A. La L.A. non pu appartenere che all'essere liberato dalle


condizioni di esistenza manifestata, individuale, o anche sovraindividuale, e divenuto
assolutamente uno al grado di Essere Puro, o senza dualit se la sua realizzazione va
ancora oltre l'Essere. (Stati, 1931, 142) Perfezione A. Se, oltrepassando anche i limiti
dell'essere, volessimo considerare la P.A., dovremmo ad un tempo passare allo Zero
Metafisico, che nessun simbolismo pu raffigurare e nessun pu nominare. (Croce, 1931,
221)

ASTRALE Influenze A. Se le i.a. sembrano determinare ci che l'individuo, non si


tratta che dell'apparenza; in fondo, esse non lo determinano, ma lo esprimono solamente,
in ragione dell'accordo o dell'armonia che deve necessariamente esistere fra l'individuo ed
il suo ambiente. (Triade, 1945, 87)

ATLANTIDE Dopo la scomparsa dell'A., che l'ultimo dei grandi cataclismi verificatisi
nel passato, sembra non esservi dubbi che resti della sua tradizione passarono in varie
regioni, ove si mescolarono con residui di altre tradizioni preesistenti e principalmente con
ramificazioni della grande tradizione iperborea. (Crisi, 1927, 46)

ATLANTIDEO Ciclo A. Il c.a. pare sia stato preso come base della tradizione ebraica e
la trasmissione sia avvenuta attraverso gli Egiziani. (Forme, 1970, 40) Tradizione A. La t.a.
scomparsa da migliaia di anni, insieme alla civilt cui apparteneva, la distruzione della
quale deve essersi effettuata in seguito ad una deviazione forse paragonabile, per un certo
riguardo, a quella che oggi constatiamo. (Crisi, 1927, 46) La t.a., essendo situata in
Occidente, regione che corrisponde alla sera nel ciclo diurno, deve essere considerata come
appartenente ad una delle ultime divisioni del cielo dell'umanit terrestre attuale, dunque
relativamente recente ciclo. (Forme, 1970, 39)

TMA Questa personalit una determinazione immediata, primordiale e non


particolarizzata, del Principio, chiamato in sanscrito A. e che possiamo designare, in
mancanza di una parola che meglio si addica, come lo Spirito Universale. (Ved., 1925, 37) A.
penetra tutte le cose, che sono le sue modificazioni accidentali e che costituiscono in
qualche modo il suo corpo . (id., 38) A. identificato a Brahma stesso. (id., 46). Noi
dobbiamo ora enumerare i diversi gradi della manifestazione di A. considerato come la
personalit, in quanto questa manifestazione costituisce l'individualit umana, poich
quest'ultima non avrebbe esistenza se fosse separata dal suo principio. (id., 71) Il primo
grado di manifestazione di A. l'Intelletto Superiore (Buddhi), anche chiamato Mahat o il
Grande Principio. (id., 79) A., manifestandosi nella forma vivente dell'essere individuale, si

20

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

riveste di una serie di involucri che costituiscono altrettante fasi della sua manifestazione.
(id., 92) Gli stati dell'essere, qualunque essi siano, rappresentano le possibilit di A. e non
altro. (id., 108) La Beatitudine fatta da tutte le possibilit di A. e si potrebbe dire che ne sia
la somma stessa. (id., 128) A. oltre la distinzione di Purusha e di Prakriti (ossia dei due
poli della manifestazione), poich non pi nell'esistenza condizionata, ma invece al
grado di Essere Puro. (id., 130) Al di fuori del punto di vista speciale della manifestazione,
l'intelletto non affatto differente da A., il quale deve essere considerato ci che conosce
se stesso per se stesso (id., 134) Veglie, sogno, sonno profondo e ci che oltre sono i
quattro stati di A. (id., 136) Lo stato incondizionato di A. espresso in una forma negativa,
poich, nel linguaggio, ogni affermazione diretta necessariamente una affermazione
particolare e determinata. (id., 138) In se stesso A. non n manifestato, n non manifestato,
ma , contemporaneamente, il principio del manifestato e del non-manifestato. (id., 139) A.,
comprendendo in s, e principialmente, ogni realt, non pu per questo entrare in
correlazione con nulla di esistente. (Mel., 1976, 32)

ATOMISMO L'A., molto tempo prima della sua comparsa in Grecia, era stato sostenuto
in India dalla Scuola di Kanda e, in seguito, dai Giaina e dal Buddhismo. (Int., 1921, 38)
nella Scuola di Kanda che l'A. appare per la prima volta in India, ma non fu mai presso gli
Ind che una semplice anomalia senza grande importanza e non ebbe che un'estensione
molto limitata, in paragone a quella che doveva acquistare pi tardi in Grecia. (id., 164) Per
quanto riguarda l'A., ci che ne costituisce la principale gravit che le sue caratteristiche
lo predispongono a servire da fondamento a quel naturalismo tanto pi contrario al
pensiero orientale quanto pi frequente si trova, sotto forme pi o meno accentuate, nelle
concezioni occidentali. (id. 165) L'A., quando si incorpora in un sistema filosofico, come
avvenne in Grecia, esso diviene inoltre materialista. (id., 166) L'errore di fondo dell'A.
consiste nel presupporre nella sfera della corporeit degli elementi semplici, quando in
realt ci che corpo per necessit composto, soggetto com' alla divisibilit perch
esteso, vale a dire sottoposto alla condizione spaziale. (id., 220)

ATTORE L'a. un simbolo del S o della personalit manifestantesi in una serie


indefinita di stati e di modalit, che possono essere considerati come altrettante parti
differenti: bisogna rilevare l'importanza che aveva l'uso antico della maschera, per la
perfetta esattezza di questo simbolismo. Infatti, sotto la maschera l'a. resta se stesso in tutte
le sue parti, come la personalit non-contaminata da tutte le sue manifestazioni.
(Cons., 1946, 249)

AUM Il Principio, il mezzo e la fine sono rappresentati dai tre elementi del monosillabo
A., comune all'antica tradizione ind ed all'esoterismo cristiano del Medioevo. In entrambi
i casi , ugualmente e per eccellenza, un simbolo del Verbo, che realmente il vero Centro

21

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

del Mondo (Simb., 1962, 71).

AVATRA Kalkin A. L'Et Nera avr fine ed allora apparir il K.A., colui il quale in
sella ad un cavallo bianco, che porta sulla testa un triplice diadema, segno della sovranit
sui Tre Mondi, e che ha in mano una spada fiammeggiante come la coda di una cometa.
Allora il mondo del disordine e dell'essere sar distrutto e, grazie alla potenza purificatrice
e rigeneratrice di Agni, ogni cosa sar ristabilita e restaurata nell'integralit dello Stato
Primordiale. (Hind., 1965, 21)

AZIONE Gli Orientali considerano l'a. e le sue conseguenze essenzialmente limitate e


oppongono, sotto questo aspetto, la conoscenza all'a. (Or. Occ., 1924, 92-93) Pretendere che
l'a. debba essere posta al di sopra di tutto, perch si incapaci di elevarsi alla pura
speculazione, un'attitudine che assomiglia un po' troppo a quello della volpe della favola.
(id., 141) L'a., qualunque essa sia, non pu affatto liberare dall'a.; in altre parole, essa non
pu portare dei risultati che dentro il suo proprio dominio, che quello dell'individualit
umana. Perci non per virt dell'a. che si pu superare l'individualit. (Ved., 1925, 209) Il
punto di vista pi esteriore e superficiale quello di opporre in modo puro e semplice,
contemplazione e a. al titolo di due contrari nel senso proprio del termine. (Crisi, 1927, 55)
Chi invece considera contemplazione e a. come complementari si pone da un punto di vista
pi profondo e vero del precedente, giacch l'opposizione vi si trova conciliata e risolta.
(id., 56) E incontestabile che, in via generale, l'attitudine all'a. quella che predomina fra
gli Occidentali. (id., 57) Va d'altronde rilevato che, nell'antichit e nel Medio Evo, la
disposizione naturale degli Occidentali all'a. non imped loro di riconoscere la superiorit
della contemplazione. (id., 58) L'Occidente moderno ha affermato la superiorit dell'a. sulla
contemplazione. (id., 59) L'a., non essendo che una modificazione transitoria e,
momentanea dell'essere, non pu avere in s, il proprio principio e la propria ragione
sufficiente. evidente che l'a. appartiene tutta al mondo del mutevole e del divenire. (id.,
60) Il posto da lasciare all'a. sar, nell'applicazione, pi o meno grande a seconda delle
circostanze; vi sono, in effetti, popoli ed individui la cui natura soprattutto contemplativa
ed altri la cui natura soprattutto attiva. (Hind., 1965, 19) L'a. la condizione degli esseri
individuali appartenenti al regno del Demiurgo. L'a. non pu esistere per chi contempla
tutte le cose in lui stesso, come esistenti nello Spirito Universale, senza alcuna distinzione
di oggetti individuali. (id., 24) L'a. implica il mutamento, cio la distruzione incessante
delle forme, le quali scompaiono per essere rimpiazzate da altre. (id., 25) Filosofie dell'A.
Le f. dell'a., in fondo, non fanno che consacrare la completa abdicazione dell'intelligenza.
(Or. Occ., 1924, 141)

22

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-B-

BACONE (FRANCIS) Agli inizi della filosofia moderna, B. considera ancora i tre
termini Deus, Homo, Natura come costituenti tre oggetti di conoscenza distinti; egli
tuttavia attribuisce un'importanza preponderante alla Filosofia Naturale o Scienza della
Natura, conformemente alla tendenza sperimentalistica della mentalit moderna da lui
rappresentata a quell'epoca. (Triade, 1945, 124)

BATTAGLIA Campo di B. Il c. di b. la sfera dell'azione, in cui l'individuo dispiega le


sue possibilit, ed rappresentata, nel simbolismo genetico, dal piano orizzontale. (Croce,
1931, 80)

BATTESIMO Il b., a parte il suo carattere di Seconda Nascita, si ricollega ai riti di


purificazione, riti costituenti una categoria molto generale e palesemente suscettibile di
applicazione in domini differentissimi. (Cons., 1946, 218)

BEITH-EL anche detto che B., Casa di Dio, divenne in seguito Beith-Lehem, Casa del
Pane, la citt dove nacque il Cristo. (Re, 1927, 74)

BENESSERE Gli uomini del nostro tempo pretendono di accrescere, attraverso il


progresso materiale, il loro b.; da parte nostra, noi pensiamo che il fine che essi cos si
propongono, quando anche potesse venire effettivamente raggiunto, non merita che vi si
consacrino tanti sforzi. (Crisi, 1927, 130)

BERNARDO (SAN) Si vede come non sia senza ragione il fatto che Dante prenda per
guida, per la fine del suo viaggio celeste, S.B., il quale stabil la regola dell'Ordine del
Tempio. (Dante, 1925, 13) Tra le grandi figure del Medioevo, ve ne sono poche il cui esame
si adatti come quella di S.B. a dissipare certi pregiudizi cari allo spirito moderno. Tutta la
vita di S.B. sembra destinata a mostrare come esistano, per risolvere i problemi di ordine
intellettuale e pratico, dei mezzi ben diversi da quelli oggi considerati come efficaci, poich
i soli alla portata della saggezza umana, la quale la mera ombra della saggezza vera. (S.B.,
1929, 5) In S.B. si deve riconoscere l'azione della Grazia Divina, la quale, penetrandone la
persona, si comunicava attraverso di lui come per un canale. (id., 7) Sebbene S.B. nulla fosse
in rapporto al mondo, tutti, ivi compresi i pi alti dignitari civili ed ecclesiastici, si
inchinavano spontaneamente di fronte alla sua autorit spirituale. (id., 8) L'attivit politica
di S.B. fu determinata dall'idea di difendere il diritto, di combattere l'ingiustizia e,
soprattutto, di mantenere l'unit della Cristianit. (id., 12) Nel campo intellettuale i trionfi

23

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

di S.B. furono segnati dalla condanna di Abelardo e di Gilbert de la Porre. (id., 13) Al
Concilio di Sens del 1140, S.B. present le opere di Abelardo e ne estrasse le proposizioni
pi temerarie, delle quali prov l'eterodossia. Al Concilio di Reims del 1147, S.B. ottenne la
condanna degli errori di Gilbert de la Porre sul mistero della Santissima Trinit, in cui
l'autore applicava a Dio la distinzione tra Essenza e Sostanza, applicabile solo agli esseri
creati. (id., 14) Nel 1128, dieci anni dopo la sua fondazione, l'Ordine del Tempio ricevette la
sua Regola e fu S.B. a redigerla, o, almeno, a tracciarne i primi lineamenti. (id., 15) La
dottrina di S.B., essenzialmente mistica, considerando egli le cose divine sotto l'aspetto
dell'amore. Il commento di S.B. al Cantico dei Cantici descrive tutti i gradi dell'amore
divino, sino alla Pace Suprema, alla quale l'anima perviene nell'estasi. A ci che i filosofi
tendevano, S.B. perveniva immediatamente, coll'intuizione intellettuale, senza la quale
nessuna metafisica possibile ed al di fuori della quale non si pu cogliere, che un'ombra
della Verit. (id., 19) Un ultimo tratto della fisonomia di S.B. il posto eminente che tiene,
nella sua vita e nelle sue opere, il culto della Vergine. S.B. amava dare alla Vergine il titolo
di Nostra Signora e si considerava un vero cavaliere di Maria , sua Dama nel senso
cavalleresco del termine. Divenuto monaco, S.B. rest sempre cavaliere, come erano tutti
quelli della sua razza, e si pu perci dire che egli era, in qualche modo, predestinato a
giocare il ruolo di intermediario, conciliatore e arbitro, tra il potere religioso ed il potere
politico, avendo S.B. in s una partecipazione alla natura dell'uno e dell'altro. (id., 20)

BHAKTI La parola sanscrita B. designa la via che assume come punto di partenza un
elemento di carattere emotivo ed anche definibile come Via della Devozione. (Aut., 1929,
66) Il carattere nettamente psichico di B. evidente. (In., 1952, 152) B. ha una funzione
preparatoria , dato che le vie corrispondenti conducono soltanto fino ad un certo punto.
(id., 153) B. Marga Il B.M. adatto ad esseri la cui natura prevalentemente rajasica .
(In., 1952, 152) Gli Kshatriya sono particolarmente qualificati per il B.M. (id., 155)

BIANCO Il b., dovunque attribuito all'autorit spirituale suprema, il colore del Mru
considerato in se stesso. (Re, 1927, 60) Isola B. In India, l'I.B. considerata come il
Soggiorno dei Beati il che la identifica chiaramente con la Terra dei Viventi (Re, 1927, 81)
Montagna B. Le tradizioni celtiche parlano dell'Isola Verde; ma nel centro di quest'isola si
innalza la M.B., che si dice non venga mai sommersa da alcun diluvio ed il suo vertice ha il
colore della porpora. (Re, 1927, 81) La M.B. circondata da una cintura verde per il fatto che
situata in mezzo al mare e sulla sua vetta brilla il Triangolo di Luce. (id., 82)

BISOGNI D'altronde, pi un uomo ha b., pi rischia di mancare di qualcosa e quindi di


essere infelice. La civilt moderna riesce a moltiplicare i b. ed essa creer molti pi b. di
quanti ne possa soddisfare. (Crisi, 1927, 132)

24

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

BLAVATSKY (HELENA) Helena B. nacque nel 1831 a Ekaterinoslaw. Dalla sua infanzia
si comport in maniera insopportabile, entrando in collere violente alla minima contrariet
(Thos., 1921, 13) A Londra, nel 1851, la B. frequent i circoli spiritistici. (id., 14) A Parigi,
dopo il 1867, fu per qualche tempo sotto l'influenza di un certo Victor Michel,
magnetizzatore e spiritista; egli apparteneva alla Massoneria, al pari del suo amico Allan
Kardec, e svilupp le facolt medianiche alla B., la quale era essa stessa spiritista ed
appartenente alla corrente alla scuola di Allan Kardec. (id., 16) Dal 1870 al 1872 la B. fu al
Cairo e l esercit la professione di medium. L'impresa non riusc, perch essa fu accusata
di frode. (id., 17) La B. lasci cos il Cairo nel 1872 per l'America dove, due anni pi tardi,
avrebbe fondato la Societ Teosofica. (id., 18) Quando part per l'America, la B. pretendeva
di essere controllata da uno spirito di nome John King e questo spirito medium si trova
mirabilmente legato a tutte le manifestazioni di un certo numero di falsi medium che
furono smascherati nella stessa epoca. (id., 19) Il 7 Settembre 1875 John King fu rimpiazzato
come controllore della B. da un altro spirito che si faceva chiamare col nome egiziano di
Serapio e che doveva ben presto essere ridotto a non essere pi che un elementale . (id.,
23) Cos come l'ebbe a riconoscere Solovioff, la B. era dotata di una sorta di magnetismo che
attirava con una forza irresistibile. (id., 81). Il pi spesso, tuttavia, la B. creava suggestione
allo stato di veglia; questo genere di suggestione abitualmente pi difficile da realizzare
dell'altro e richiede una forza di volont ed un allenamento intensissimi, ma esso era
generalmente facilitato dal regime alimentare ristretto che la B. imponeva ai suoi discepoli
sotto il pretesto di spiritualizzarli . (id., 82) Nella Societ Teosofica la B. si era riservata la
sezione esoterica ove nessuno poteva essere ammesso senza la sua approvazione. (id.
87) Quanto alle dottrine propriamente orientali, la B. non ha conosciuto del Brahmanesimo
e pure del Buddhismo che quanto tutti possono conoscere ed essa vi ha compreso ben poco,
come lo provano le teorie che presta loro ed anche i controsensi che commette in ogni
istante nell'impiego dei termini sanscriti. (id., 96) dall'amalgama di elementi eterogenei
che uscirono le due grandi opere della B., Isis Devoile e la Doctrine Sgrete , e queste
opere furono ci che dovevano essere normalmente: delle compilazioni indigeste e senza
ordine, vero caos dove alcuni documenti interessanti sono come annegati in mezzo ad una
grande quantit di asserzioni senza alcun valore. Sono queste opere, cos difettose, che
hanno sempre formato la base dell'insegnamento teosofistico. (id., 98). La B. presentava la
sua dottrina come l'essenza e l'origine comune di tutte le religioni , senza dubbio perch
ella aveva preso a prestito qualche cosa da ognuna di esse. (id., 140).

BODHISATTWA I B. sfuggono al dominio della comunit terrestre e risiedono


propriamente nei Cieli, da cui ritornano , per via di realizzazione discendente , solo
per manifestarsi come Buddha. (Triade, 1945, 145)

BOLSCEVISMO Dopo i Vaishiya sono ora gli Shdra ad aspirare al potere: questo,
esattamente, il significato del B. (Aut., 1929, 115)

25

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

BORGHESIA Il regno della b. potr soltanto avere una durata relativamente breve, in
confronto a quella del regime cui succeduto. (Aut., 1929, 115)

BRAHMA B. designa il Principio Impersonale e assolutamente Universale. (Int. 1921,


194) B., nella sua infinit, non pu essere caratterizzato da nessun attributo positivo; esso
nirguna o aldil da ogni distinzione . (id., 195) Mentre l'Essere uno , B.
esclusivamente detto senza-dualit , perch aldil di ogni determinazione. In realt,
nulla pu esistere che sia fuori di B., poich ci gli porrebbe un limite. L'insieme della
manifestazione universale non affatto distinto da B., ma B. distinto dal mondo, non
convenendogli nessuno degli attributi determinativi applicabili al mondo: l'intera
manifestazione universale rigorosamente nulla in confronto alla sua infinit. (id., 245) Il
punto di vista della metafisica pura implica essenzialmente la considerazione di B. o del
Principio Supremo. (Ved., 1925, 31) detto che B. risiede nel centro vitale dell'essere
umano, per qualsiasi essere umano, non soltanto per colui che attualmente unito o
liberato . (id., 47) L'insieme della manifestazione universale non pu distinguersi da B. che
in modo illusorio, mentre B. invece assolutamente distinto da quello che penetra . (id.,
100) Nessuna distinzione pu alterare l'unit e l'identit essenziale di B. come causa ed
effetto. (id., 101) B. uno in quanto Essere e senza dualit in quanto Principio Supremo.
(id., 102) B. onnipotente, perch contiene tutto ,in principio . (id., 104) Ogni attributo di
una Causa Prima in principio in B. che in se stesso, tuttavia libero da ogni qualit.
(id., 105) B. Sutra I B.S. appartengono alla classe degli scritti tradizionali chiamata Smriti.
(ved., 1925, 23).

BRAHMANA I B. costituiscono essenzialmente in India l'autorit spirituale e


intellettuale. (Int., 1921) I B. non sono. affatto preti nel senso occidentale del termine; le
loro funzioni comportano la conservazione e la trasmissione regolare della dottrina
tradizionale. (id., 191) sulla dottrina che riposa l'intero ordinamento sociale ind, il quale
solo per mezzo dei B. pu procurarsi i principi senza i quali nulla esiste di stabile e
duraturo: questo il senso vero e completo dell'autorit spirituale e intellettuale
appartenente ai B. (id., 252) I B. sono concentrati sulla sfera dei principi trascendenti ed
immutabili, di cui tutto il resto soltanto mezzo contingente e subordinato. (Aut., 1929, 38)
In India detto che il B. il prototipo degli esseri stabili. (id., 65) Nella natura del B.
predomina sattwa, orientandolo verso gli stati sovrumani. (id., 66) Un principio interiore,
puramente spirituale, quello incarnato dai B. (id., 77) I B. non devono fare altro che
esercitare un'autorit in certo qual modo invisibile, la quale pu, come tale, restare ignota,
ma non per questo cessa di essere il principio immediato di ogni potere visibile. (id., 80) Il
B. in ragione della sua funzione di contemplazione o di conoscenza pura, rappresenta gli
stati superiori dell'essere. (Hind., 1965, 14) E per questo che il B. designato come un Dva
sulla Terra, i Dvas corrispondendo agli stati sovraindividuali o informali. (id., 14, n. 1) Il B.

26

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

realmente il rappresentante ed il naturale custode del Dharma. (id., 80)

BRAHMANESIMO In realt, nel B. l'insegnamento accessibile, nella sua integralit, a


tutti coloro che sono intellettualmente qualificati . (Ved., 1925, 28)

BRAHATMA Secondo Saint-Yves, il capo supremo dell'Agartha porta il titolo di B.,


sostegno delle anime nello spirito di Dio . (Re, 1927, 29) Quanto al B., egli pu parlare a
Dio faccia a faccia ; egli occupa il punto centrale da dove si stabilisce la comunicazione
diretta del mondo terrestre cogli stati superiori. (id., 30) Al B. appartiene la presenza dei
due poteri, sacerdotale e regale, considerata principialmente ed in qualche modo allo stato
indifferenziato. (id., 33)

BUDDHA Quanto al B, si pu dire che rappresenti l'elemento trascendente attraverso


cui si manifesta l'Influenza del Cielo e che, in seguito, incarna , per cos dire, questa
influenza nei riguardi dei suoi discepoli, diretti o indiretti. Parlando cos del B., noi non
pensiamo d'altronde al personaggio storico considerato in se stesso, ma a ci che
rappresenta, in virt dei caratteri simbolici che gli sono attribuiti e che lo fanno apparire
soprattutto coi tratti dell'Avatara. (Triade, 1945, 145) La manifestazione del B.
propriamente la ridiscesa del Cielo in Terra e l'essere che porta cos le Influenze Celesti
in questo mondo, dopo averle incorporate alla sua propria natura, pu essere detto
rappresentare veramente il Cielo in rapporto al dominio umano. (id., 145-146)

BUDDHI B. in realt di l dal dominio, non solo dell'individualit umana, ma di ogni


stato individuale, qualunque esso sia. (Ved., 1925, 79) Se si considera il S come il Sole
Spirituale che brilla al centro dell'Essere Totale, B. sar il raggio direttamente emanato da
questo sole ed illuminante, nella sua integralit, lo stato individuale. (id., 80) B., come tutto
ci che proviene dallo sviluppo di Prakriti, partecipa dei tre gunas ; perci concepita
come ternaria ed identificata alla Trimurti. (id., 81) B., nell'ordine macrocosmico, Ishvara
stesso e, in quello microcosmico, pu essere nello stesso tempo considerato in rapporto alla
personalit ed all'Anima Vivente. (id., 82) B. propriamente il primo e il pi elevato di tutti
i principi manifestati. (Mel., 1976, 32) Noi possiamo designare come spirituali i principi
trascendenti l'individualit comprendente l'insieme degli elementi psichici e corporali ed
precisamente ancora il caso di B. o dell'intelletto. (id., 33) Non solamente B., prima
produzione di Prakriti, costituisce il legame tra tutti gli stati della manifestazione, ma, ove
si considerino le cose a partire dall'ordine principiale, esso appare come il raggio luminoso
direttamente emanato dal Sole Spirituale che Atm. (id., 34) In ragione di questa
connaturalit essenziale, B. quindi l'espressione stessa di Atm nella manifestazione. (id.,
35)

27

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

BUDDISMO Il B. sembra pi vicino, o piuttosto meno lontano, dalle concezioni


occidentali, che non le altre dottrine orientali. (Int., 1921, 166) Se non che il B., anche negli
aspetti pi semplicistici da esso rivestiti in qualcuno dei suoi rami, tuttavia ancora
orientale. (id., 168) Il B. non una religione n una filosofia. Di fatto si tratta di scuole che,
essendosi poste fuori della tradizione regolare, e con ci avendo perduto di vista la
metafisica, dovevano essere inevitabilmente condotte a sostituire a quest'ultima qualcosa
che, in certa misura, assomiglia alla prospettiva filosofica, ma in certa misura soltanto. Alla
religione il B. solo paragonabile per l'introduzione di un elemento sentimentale, come un
adattamento alle condizioni particolari del periodo in cui ebbe origine. (id., 169) Ci non
toglie per che il B. sia incontestabilmente rivestito di una forma sentimentale che lo
differenzia dalle dottrine ind, facendolo apparire pi lontano di esse dalla primordialit
tradizionale. (id., 170) Man mano che si diffondeva nell'Asia, il B. declinava in India,
finendo con lo spegnersi del tutto, non prima per di avere dato origine a scuole
degenerative e nettamente eterodosse. (id., 171) Pressappoco all'epoca del re Ashoka, vale a
dire verso il III secolo a.C., il B. ebbe in India un periodo di grande affermazione,
contemporaneo all'inizio della sua espansione fuori dell'India e seguito rapidamente dal
suo declino. Il B., nato in ambiente ind ed originato in qualche modo dall'Induismo,
conserv, pur allontanandosene, qualcosa di comune con esso. (id., 172). Il B. incorpor ed
ancora comprende un gran numero di branche o scuole diverse, scevrabili in due grandi
corpi, portando i nomi di Mahyna e Hinayna. (id. 173) Il B., uscendo dall'India, si in
una certa misura modificato, cosa indispensabile per adattarsi ad ambienti tra loro
diversissimi. (id., 175) Quel che intendiamo dire che il B. apparve fin dall'origine
destinato a popoli non ind ed era normale che esso scomparisse dall'India, nella quale non
aveva pi ragione d'essere. (id., 177) Il B. fu essenzialmente, alle sue origini, una dottrina
popolare servente d'appoggio teorico ad un movimento sociale a tendenza egualitaria. In
India, il B. non fu che una semplice eresia che nessun legame reale pot mai ricollegare alla
tradizione bramanica, colla quale esso al contrario, aveva rotto apertamente, non solo dal
punto di vista sociale, rifiutando l'istituto delle caste, ma pure dal punto di vista puramente
dottrinale, negando l'autorit dei Veda. Del resto, il B. rappresentava un qualcosa di
talmente contrario allo spirito ind che da lungo tempo, esso completamente sparito
dall'India ove era nato e, in ogni altro paese dove si espresso, si modificato al punto di
divenire completamente irriconoscibile. (Theos., 1921, 105) Si ha generalmente in Europa
una tendenza ad esagerare l'importanza del B., che certamente la meno interessante di
tutte le dottrine orientali, ma che, costituendo una deviazione ed un'anomalia, pu
sembrare pi accessibile alla mentalit occidentale e meno lontana dalle forme di pensiero
alle quali essa abituata. (id., 106) Nel VI secolo a.C., nell'India si vide nascere il B. cio una
rivolta contro lo spirito tradizionale spingentesi sino alla negazione di ogni autorit, fino ad
una vera anarchia, nel senso etimologico di mancanza di principio , nell'ordine
intellettuale e nell'ordine sociale. (Crisi, 1927, 30) nota l'importanza degli elementi tantrici
che hanno penetrato certe forme del B., quelle comprese nella designazione generale di
Mahayana; ma, lungi dal trattarsi di un B. corrotto , come si abituati a dire in

28

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Occidente, queste forme rappresentano, al contrario, il risultato di un adattamento


perfettamente tradizionale del B. (Hind., 1965, 86) B. Hinayana Il B.H. ha le caratteristiche
i una dottrina in qualche modo ridotta al suo aspetto pi esteriore e non va oltre la
comprensione della maggioranza. (Int., 173). Mahayana B. Il solo B.M. pu essere
considerato costituente una dottrina completa, ivi compreso l'aspetto metafisico che di esso
la parte superiore e centrale. (Int., 1921, 173) Il M., incluso nel Buddhismo fin dall'origine,
va riferito a ci che potremmo chiamare la sua essenza, indipendentemente dalle forme pi
o meno speciali delle sue diverse scuole. (id., 174)

29

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-C-

CAMBIAMENTO Il c., nella sua accezione pi generale, incomprensibile e


contraddittorio, cio impossibile, senza un principio immutabile da cui proceda, ed al quale
sia subordinato. (Hind., 1965, 17)

CANCRO Il C. corrisponde al sud nel ciclo annuale ed al nord in relazione al cammino


del Sole nel cielo. (Simb., 1962, 207) Nella tradizione ind e sempre il C. ad essere la Porta
degli Uomini. (id., 211) Nello zodiaco il segno del C. corrisponde al solstizio d'estate ed la
Porta degli Uomini che d accesso al pitri-yna . (id., 216)

CAPRICORNO Il segno del C. corrisponde al nord nel ciclo annuale ed al sud in


relazione al cammino del sole nel cielo. (Simb., 1962, 207) Nella tradizione ind il C. ad
essere la Porta degli Dei. (id., 211) Nello zodiaco il segno del C. corrisponde al solstizio
d'inverno ed la Porta degli Dei che d accesso al dva-yna . (id., 216)

CARBONARISMO Il C., mentre da una parte impossibile assegnargli un'origine


storica, si vede come i suoi rituali presentino nettamente i caratteri di una iniziazione di
mestiere, imparentata come tale alla Massoneria ed al Compagnonaggio. (Cons., 1946, 117)
Il C. spinse la degenerazione a tal punto da non essere pi che quella semplice associazione
di cospiratori politici la cui azione nota nella storia del XIX secolo. (id. , 118)

CARNE Resurrezione della C. La R. della C. corrisponde, esotericamente, a quella


dell'essere che, realizzato in s l'Uomo Universale, ritrova nella sua totalit gli stati che
erano considerati come passati in rapporto al suo stato attuale, ma che sono eternamente
presenti nella permanente attualit dell'essere extra-temporale. (Mel., 1976, 182)

CARNEVALE La vera ragione del C. risiede nel canalizzare in qualche maniera le


tendenze dell' uomo decaduto e di renderle il pi possibile inoffensive, dandogli
l'occasione di manifestarsi, ma solo per periodi brevissimi ed in circostanze ben
determinate. Le maschere di C. sono generalmente orride ed evocano il pi delle volte
forme animali o demoniache, tanto da essere quasi una sorta di materializzazione
figurativa di quelle tendenze inferiori, o addirittura infernali , cui permesso cos di
esteriorizzarsi. (Simb., 1962, 134) Se il C. va sempre pi perdendo importanza e sembra
suscitare a malapena l'interesse delle folle, il fatto che, in un'epoca come la nostra, ha
veramente perduto la sua ragion d'essere: come potrebbe, infatti, esserci ancora il problema
di circoscrivere il disordine e di rinchiuderlo entro limiti rigorosamente definiti, quanto

30

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

esso diffuso dappertutto e si manifesta costantemente in tutti gli ambiti in cui si esercita
l'attivit umana? (id., 135)

CASA All'origine la c. era un'immagine del Cosmo, cio quasi un piccolo mondo
chiuso e completo in se stesso. (Simb., 1962, 343)

CASTA - E Il principio ind dell'istituzione delle c. rimasto, come molte altre cose, cos
totalmente incompreso in Occidente che non vi nulla di stupefacente se ogni sorta di
confusioni sono sorte tutte le volte che, direttamente o indirettamente, se ne venuti a
contatto. (Int., 1921, 68) La c., designata dagli Ind coll'una o l'altra delle due parole jti
e varna , una funzione sociale determinata dalla natura propria di ogni essere umano.
(id., 186) Se la c. , nella maggior parte dei casi, ereditaria, per principio essa non lo in
modo rigoroso, dal momento che nella formazione della natura individuale il peso
dell'eredit tutt'altro che esclusivo, pur essendo preponderante nella maggioranza dei
casi. (id., 187) Passare dalla propria c. ad un'altra significherebbe un vero e proprio
cambiamento della natura individuale, come se un uomo cessasse di essere se stesso per
divenire un altro, ed perci un'impossibilit manifesta. (id., 189) La descrizione simbolica
dell'origine delle c. si ritrova in numerosi testi sacri e, in primo luogo, nel Purusha-Skta
del Rig-Veda: Di Purusha il Brhmana fu la bocca, lo Kshatriya le braccia, il Vaishiya le
anche; lo Shdra nacque sotto i suoi piedi . (id., 190) La partecipazione alla tradizione
pienamente effettiva solo per i membri delle prime tre c. (id., 191) La dottrina ind insegna
che in principio vi era una sola c., con un grado spirituale elevatissimo, oggi assolutamente
eccezionale e che allora era comune a tutti gli uomini, i quali lo possedevano, si pu dire,
spontaneamente. (Aut., 1929, 16) Il principio dell'istituzione delle c. non che la differenza
di natura esistente tra gli individui, la quale instaura tra di loro una gerarchia, il cui
disconoscimento pu provocare soltanto disordine e contusione. La c. non , in linea di
principio, rigorosamente ereditaria, anche se molto spesso lo diventata di fatto e nelle
applicazioni. (id., 17) La distinzione delle c. costituisce, nella specie umana, una vera e
propria classificazione naturale, alla quale deve corrispondere la ripartizione delle funzioni
sociali. (id., 18) La distinzione delle c., insieme con la differenzazione delle funzioni sociali
a cui corrisponde, in fondo la conseguenza del frazionamento dell'unit primitiva. (id.,
19) Quando venga negato il principio stesso della gerarchia, non si vede come una
qualunque c. possa conservare la supremazia sulle altre, n a quale titolo possa pretendere
di imporla. (id., 96)

CATEGORIE Le c., nell'accezione aristotelica, non sono che i pi generali fra tutti i
generi e perci appartengono ancora al dominio dell'individuale. (Ved., 1925, 44)
L'enumerazione della c. si riferisce esclusivamente al nostro mondo ed alle sue condizioni.
(Regno, 1945, 23)

31

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

CATENA Una trasmissione regolare ed ininterrotta costituisce la c. che congiunge il


presente al passato e che deve perpetuarsi dal presente all'avvenire. Inoltre essa determina
una direzione che, attraverso la successione dei tempi, orienta il ciclo verso la fine e lo
ricongiunge all'origine. (Forme, 1970, 53)

CATTEDRALE La c., costruita secondo le regole, forma un vero e proprio insieme


organico. (Mac., 1964, I, 10) Il piano stesso della c. eminentemente simbolico. (id., I, 13)

CATTOLICESIMO Il tentativo di introdurre nel C. la mentalit legata al Modernismo si


spezzato contro la forza dello spirito tradizionale di cui, a quanto pare, il C.
nell'Occidente l'unico rifugio. (Or. Occ., 1924, 98) Nel Medioevo vi furono organizzazioni il
cui carattere era iniziatico e che avevano la loro base nel C. (Dante, 1925, 9) Non vi dubbio
che solo nel C. si mantenuto quel tanto di spirito tradizionale che, malgrado tutto, sussiste
ancora in Occidente. Si potrebbe dunque dire che nel C. la tradizione si conservata
integralmente, fuori da ogni presa dello spirito moderno? Non sembra purtroppo che cos
stiano le cose. probabile che si tratti di quel che noi vorremmo chiamare una
conservazione allo stato latente . Ci si riferisce propriamente alle possibilit che il C., in
virt del suo principio, contiene in s in modo costante e inalterabile. (Crisi, 1927, 94) Senza
nulla cambiare della forma religiosa, basterebbe sostituire alla dottrina il senso profondo
che essa ha realmente, ma della quale i suoi rappresentanti attuali sembrano non avere pi
coscienza: sarebbe la realizzazione del C. nel vero senso della parola, poich questo
termine, etimologicamente, esprime l'idea dell'universalit. (id., 154) Si avrebbe gran torto
se si credesse che il C. non colpito dalle tendenze dello spirito moderno non nel suo
principio ma nel modo in cui di solito viene presentato: sotto il pretesto di renderlo
accettabile alla mentalit attuale si fanno le concessioni pi incresciose e si incoraggia in tal
modo quello che occorrerebbe, al contrario, combattere energicamente. (Simb., 1962, 16) Se
vi un punto sul quale il C., nel suo attuale orientamento, ha tutte le nostre simpatie in
ci che riguarda la lotta contro il Modernismo. Esso sembra preoccuparsi meno del
neo-spiritualismo, il quale si tiene fuori ed agisce su di un altro terreno, per cui il C. non
pu fare altro che segnalarne i pericoli ai suoi fedeli. (Mel., 1976, 180)

CATTOLICI Coloro che hanno oltrepassato tutte le forme particolari e sono pervenuti
all'universalit sono i soli che possono dirsi puramente ed effettivamente C., nel senso
rigidamente etimologico della parola. (Cons., 1946, 313)

CATTOLICO Chiesa C. Sembra che in Occidente non vi sia pi che un'unica


organizzazione possedente un carattere tradizionale e conservante una dottrina tale da

32

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

fornire al lavoro di cui si tratta una base appropriata: e la C.C. (Crisi, 1927, 154) Pu darsi
che lo sviluppo futuro degli avvenimenti prima o poi imporr ai dirigenti della C.C., come
una necessit ineluttabile, ci di cui essi non sanno comprendere l'importanza diretta in
funzione di intellettualit pura. (id., 155) Delle forze spirituali esercitanti ancora un'azione
nel mondo esterno, in Occidente, non ci dato di vedere che quella della C.C. (id., 156)
Occorre appena dire che la C.C., in vista della sua futura funzione, avrebbe tutto l'interesse
a portarsi oltre la costituzione di una lite intellettuale, anzich lasciare che ci si compia
senza di essa ed essere poi costretta a seguirla. la C.C. che avrebbe i maggiori vantaggi
nell'assumere un'attitudine che, lungi dall'esigere il minimo compromesso dottrinale,
avrebbe come risultato lo sbarazzarla da ogni infiltrazione dello spirito moderno. (id., 157)
Tradizione C. Non per questo si deve meno ammirare la vitalit della t.c. che, perfino in
questo suo essere passata ad una specie di virtualit, persiste ad onta di tutti gli sforzi
intrapresi da tanti secoli per soffocarla e annientarla. Se si fosse capaci di riflettere, in una
tale resistenza si dovrebbe vedere qualcosa che implica una potenza non-umana. (Crisi,
1927, 134)

CAVALLERIA Ordini di C. Una delle principali funzioni degli O. di C. era quella di


assicurare una comunicazione tra Oriente e Occidente. (Re, 1927, 67)

CAVERNA In una maniera generale, il culto della c. sempre pi o meno legato


all'idea di luogo interno o di luogo centrale e, da questo punto di vista, il simbolo
della c. e quello del cuore sono tra di loro assai prossimi. (Re, 1927, 56) I simboli della
montagna e della c. hanno l'uno e l'altro la loro ragion d'essere ed esiste tra di loro un vero e
proprio complementarismo, inoltre la c. pu essere considerata come situata nell'interno
stesso della montagna, od immediatamente al di sotto di essa. (id., 71) La c. come luogo di
nascita non pu avere esattamente lo stesso significato della c. come luogo di morte o di
sepoltura. (Simb., 1962, 179) Il simbolo della c. complementare a quello della montagna e
a quello del cuore. (id., 180) La c. deve considerarsi situata sotto la montagna o al suo
interno, in modo da trovarsi anch'essa sull'asse, il che rinsalda ulteriormente il legame
esistente tra questi due simboli. (id., 189) Nella c. il suolo corrisponde alla Terra e la volta al
Cielo. (id., 196)

CELESTE Gerusalemme C. La G.C. non altro che la riscostituzione stessa del Paradiso
Terrestre, secondo un'analoga applicazione in senso inverso. La G.C. deve discendere dal
Cielo in Terra alla fine di questo stesso ciclo, per segnare il ristabilimento di ogni cosa nel
suo ordine primordiale. (Dante, 1925, 70) L'Albero della Vita si ritrova al centro della G.C.:
si tratta della reintegrazione di tutte le cose nello Stato Primordiale, secondo la
corrispondenza che esiste tra la fine del ciclo ed il suo inizio. (Croce, 1929, 96) A partire dal
Paradiso Terrestre, la via del P.C. abbandona la terra per salire alle stelle per dirigersi

33

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

verso gli stati superiori. (Aut., 1929, 127) Raggio C. Il R.C. attraversa tutti gli stati
dell'essere, contrassegnando il punto centrale di ciascuno mediante la sua traccia sul primo
orizzontale corrispondente, ma l'azione del R.C. effettiva soltanto se provoca una
vibrazione che, propagandosi ed amplificandosi nella totalit dell'essere, illumina il suo
caos, cosmico od umano. (Croce, 1931, 183) Per azione del R.C. operante su di un piano di
riflessione, si effettua la vibrazione corrispondente al Fiat Lux cosmogonico che illumina,
colla sua irradiazione, tutto il caos delle possibilit. (id., 204) Viaggio C. Il V.C. la
conquista attiva degli stati sovrumani. (Dante, 1927, 51)

CELTICO Elementi C. Per quanto riguarda gli e.c., la verit che essi sono stati in gran
parte assimilati dal Cristianesimo nel Medioevo. (Crisi, 1927, 47)

CENTRALE Punto C. Nel p.c. sono superate tutte le distinzioni inerenti ai punti di
vista esteriori; tutte le opposizioni si sono dileguate e risolte in un perfetto equilibrio.
(Croce, 1931, 74) Questo p.c., nella sua essenza non localizzato, perch assolutamente
indipendente dallo spazio, il quale non se non il risultato della sua espansione o del suo
indefinito sviluppo in tutti i sensi e, di conseguenza, da lui deriva per intero. (id., 75) Per
colui che ha raggiunto questo p.c. non esistono pi contrari e non vi pi disordine;
questo il luogo stesso dell'ordine, dell'equilibrio, dell'armonia e della pace. (id., 82) Quanto
al significato del p.c. in rapporto alla propria circonferenza, si pu dire che essi
simboleggino, rispettivamente, il punto di partenza ed il termine finale di un modo
qualsiasi di manifestazione. (id., 166) Il p.c. il Principio, l'Essere Puro, e lo spazio che esso
riempie del suo irradiamento il Mondo nel senso ampio della parola, l'insieme di tutti gli
esseri e di tutti gli stati d'esistenza che costituiscono la manifestazione universale. (Simb.,
1962, 64) Punto di vista C. I punti di vista parziali, che in moltitudine indefinita
costituiscono tutte le modalit di un essere in ogni suo stato, non sono dunque che aspetti
frammentari del p. e di v.c. (Stati, 1931, 87)

CENTRO Il C. il punto fisso che tutte le tradizioni sono concordi nel designare
simbolicamente come il Polo, perch intorno ad esso che si effettua la rotazione del
mondo. (Re, 1927, 17) in questo C. che risiede l'equilibrio perfetto, immagine
dell'immutabilit principiale nel mondo manifestato. (Dante, 1925, 68) Il C. il punto in cui
si conciliano e si risolvono tutte le opposizioni; in esso si conclude la sintesi di tutti, i
termini contrari che, per la verit sono tali soltanto se giudicati dagli angoli visuali esteriori
e particolari della conoscenza in modo distintivo. (Croce, 1931, 68) Questo C. dirige ogni
cosa con la sua attivit non-agente , la quale, bench non manifestata, in realt la
pienezza dell'attivit. (id., 69) Per colui che si trova nel C., tutto unificato, poich egli vede
ogni cosa nell'unit del Principio. (id., 77) Stabilito definitivamente al C., egli ha in s la
propria legge perch la sua volont una col Volere Universale. (id., 84) Il C. il motore

34

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

della Ruota dell'Esistenza, appunto in virt della sua immobilit. (id., 186) Il C. non in
nessun luogo, perch non manifestato, ma il manifestato non sarebbe nulla senza di esso.
(id., 220) Il C. rappresenta il Polo, simboleggiato geometricamente dal punto ed
aritmeticamente dall'unit. (Triade, 1945, 139) Il C. , prima di tutto, l'origine, il punto di
partenza di tutte le cose; il punto principiale, senza forma e dimensione, dunque
invisibile, e, di conseguenza, la sola immagine che si possa dare dell'Unit Primordiale.
(Simb., 1962, 63) Se il C. un punto di partenza, anche un punto d'arrivo: tutto derivato
da esso e tutto deve, alla fine, ritornarvi. (id., 70) In sintesi, il C. , al tempo stesso, il
principio e la fine di tutte le cose: , secondo un simbolismo conosciutissimo, l'Alpha e
l'Omega. (id., 71)

CENTRO La circonferenza, in realt, esiste solo in funzione del c., ma gli esseri che sono
sulla circonferenza debbono partire per forza da questa, o pi precisamente dal punto in
cui si trovano, e seguire il raggio per arrivare al c. (Crisi, 1927, 80).

CERCA Il ruolo connaturato agli avi rappresentato, ovunque e sempre, come una c. e
la c. presuppone che vi sia qualcosa di anteriormente perduto e da ritrovare. (Hind., 1965,
94)

CERIMONIA-E La C. d sempre ed inevitabilmente l'impressione di qualche cosa di pi


o meno anormale, al di fuori del corso abituale e regolare degli avvenimenti che riempiono
il resto dell'esistenza. Ogni c. ha un carattere artificiale, anzi convenzionale, poich non , in
definitiva, che il prodotto di una elaborazione del tutto umana. (Cons., 1946, 185) Le c. sono
una concessione fatta ad un certo stato di decadenza, dal punto di vista spirituale, degli
uomini che sono chiamati a partecipare ai riti. (id., 186) Non pu essere unicamente
questione di rinforzare o di intensificare l'effetto stesso dei riti nel loro proprio dominio, ma
unicamente di renderli pi accessibili agli individui cui si indirizzano, di preparare questi
ultimi, per quanto possibile, mettendoli in uno stato emotivo e mentale appropriato: tutto
quanto possono fare le c. Anche per tale motivo le c. non hanno veramente ragion d'essere
che nell'ordine exoterico. (id., 187) Nelle c. inutile ricercare una ragione od un senso pi o
meno profondo da penetrare; pi che sufficiente lasciarsi impressionare in modo del
tutto sentimentale. (In., 1952, 117)

CERIMONIALE Magia C. Una delle degenerescenze della magia, di cui le cerimonie


costituiscono il carattere proprio, ha ricevuto la denominazione di m.c. Gli occultisti sono
naturalmente poco disposti ad ammettere che questa m.c., la sola che conoscano e che
vantano di praticare, non sia che una magia degenerata, persino pi degenerata della
stregoneria. L'occultista che fa della m.c. non ne ottiene generalmente alcun serio risultato,
quali possono essere le cure che apporta per conformarsi ad una moltitudine di prescrizioni

35

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

minuziose e complicate, d'altronde opposte allo studio dei libri e non a seguito di una
qualsiasi trasmissione. (Cons., 1946, 193)

CERVELLO Il c. non che lo strumento del mentale, vale a dire del pensiero discorsivo e
riflessivo. (Ved., 1925, 48) Il c., in quanto organo o strumento dell'intelligenza discorsiva o
razionale, svolge, in verit, solo una funzione di trasmettitore e, se vogliamo, di
trasformatore . (Simb., 1962, 365)

CHAKRAS All'interno dell'asse cerebro-spinale, estendentesi sino all'orifizio che


corrisponde alla corona della testa, sono posti i C., descritti come dei fiori di loto, ciascuno
con un certo numero di petali. (Hind., 1965, 33) Le divinit che presiedono ai C. altro non
sono che forme di coscienza attraverso le quali l'essere passa e che hanno, dal punto di
vista macrocosmico, la loro dimora nei mondi gerarchicamente sovrapposti. (id., 34)

CHAKRAVART Il termine C. si applica molto bene, secondo i dati della tradizione


ind, alla funzione del Manu e dei suoi rappresentanti: , letteralmente, colui che fa girare
la ruota , vale a dire colui che, collocato nel centro di tutte le cose, ne dirige il movimento
senza egli stesso parteciparvi. (Re, 1927, 17)

CHIAROVEGGENZA Negli ambienti dello Spiritismo ed in altre scuole


neospiritualistiche si molto spesso esposti a prendere per c. ci che solo effetto di pura e
semplice suggestione. In alcune scuole del Teosofismo, l'acquisizione della c. sembra essere
considerata in qualche modo come lo scopo supremo. (Spir., 1923, 321)

CHIAVI Due C. Le D.C., nell'antica Roma attributi del Pontifex Maximus, si sono
conservate tra i principali emblemi del Papato. Le D.C. sono al tempo stesso quelle del
potere spirituale e del potere temporale. (Aut., 1929, 130) Le D.C. appartengono
effettivamente entrambe all'autorit sacerdotale e la seconda affidata ai detentori del
potere regale solo per delegazione. (id., 132) Le D.C. corrispondono, dal punto di vista
iniziatico, ai Grandi Misteri ed ai Piccoli Misteri. (Triade, 1945, 44) Potere delle C. Il P.
delle C. duplice, poich comporta ugualmente il potere di legare e di slegare ; ora
legare la stessa cosa di coagulare e slegare la stessa cosa di sciogliere .
(Triade, 1945, 43) Al P. delle C. corrisponde, nelle tradizioni ind e tibetana, il duplice
potere del Vajra. (id., 46)

CHIESA Al tempo di Dante, la C. era, nonostante tutto, l'autorit spirituale ed il potere


temporale riceveva la sua legittimit proprio da essa. (Aut., 1929, 106)

36

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

CHIT La parola C. deve intendersi in senso universale, come la Coscienza Totale del S,
considerato in rapporto al suo unico oggetto, la Beatitudine. (Ved., 1925, 131)

CICLICO Leggi C. Proprio in virt delle 1.c. che governano la manifestazione, il


passato e l'avvenire si corrispondono analogicamente. (Regno, 1945, 59) Manifestazione C.
Ci che rappresenta i risultati negativi della m.c. precipitato sotto forma di caput
mortuum , mentre i risultati positivi della m.c. sono cristallizzati , per essere in seguito
trasmutati in germi delle possibilit del ciclo futuro. (Regno, 1945, 202) Sviluppo C.
Lo s.c. che si compie in senso discendente, dal superiore all'inferiore, la negazione stessa
dell'idea di progresso quale i moderni la intendono. (Crisi, 1927, 26) Nel corso dello s.c., la
manifestazione e la mentalit umana che vi inclusa seguono di pari passo uno stesso
cammino discendente, nel senso di un graduale allontanamento dal principio, cio dalla
spiritualit primitiva inerente al polo essenziale della manifestazione. (Regno, 1945,
138-139)

CICLO - I Un qualsiasi c. pu essere diviso in due fasi, le quali sono, cronologicamente,


le sue due met successive. Porsi nel mezzo del c. significa dunque porsi al punto in cui
queste due tendenze si equilibrano. (Dante, 1925, 67) La fase di un c. analoga al suo
principio ed essa coincide con il principio del c. seguente. (id., 70) La dottrina ind insegna
che la durata del c. dell'umanit terrestre si divide in quattro et, che segnano altrettante
fasi di un oscuramento progressivo della spiritualit primordiale. (Crisi, 1927, 25) Secondo
la Tradizione, caratterizza l'ultima fase del c. lo sfruttamento di quanto era stato trascurato
o respinto nel corso delle fasi precedenti. (id., 39) A seconda delle diverse fasi del c., serie di
avvenimenti tra loro paragonabili non si compiono in durate quantitativamente eguali.
(Regno, 1945, 57) L'aumento di velocit degli avvenimenti, man mano che ci si approssima
alla fine del c., pu essere paragonato all'accelerazione cui sono soggetti i corpi pesanti nel
loro movimento di caduta. (id., 57-58) Poich lo sviluppo discendente del c. si effettua dal
polo positivo od essenziale dell'esistenza verso il suo polo negativo o sostanziale, ne
consegue che tutte le cose debbono prendere un aspetto sempre meno qualitativo e sempre
pi quantitativo. (id., 58) La fine di un c. intemporale, al pari del suo principio. La fine
effettivamente, per l'umanit del c. la restaurazione dello Stato Primordiale. Si tratta del
ritorno al Centro del Mondo, il quale si manifesta esteriormente ai due estremi del c.,
mentre nell'intervallo, cio lungo il percorso vero e proprio del c., questo centro , al
contrario, nascosto. (id., 196) La fine del c., per essere realmente effettiva, comporta che
tutto quanto incluso nel c. scompaia interamente in quanto manifestazione. (id., 202) La
vera e propria fine del c. implica che le tendenze malefiche siano trasmutate in vista
di un risultato definitivamente benefico . (id., 313) Considereremo un c., nell'accezione
pi ampia del termine, come la rappresentazione del processo di sviluppo di uno stato
qualsiasi della manifestazione. (Forme, 1970, 11) I c. presentano un carattere sia cosmico

37

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

che storico, poich riguardano particolarmente l'umanit terrestre, pur essendo, nello
stesso tempo, collegati a tutti gli eventi che si producono nel nostro mondo al di fuori di
essa. (id., 12)

CIELO Il C., in quanto polo positivo della manifestazione, rappresenta in modo diretto il
Principio. (Triade, 1945, 42) Attivit del C. L'A. del C. in se stessa (nell'Indifferenziazione
Principiale del Non-Essere) non-agente e non-manifestata. (Stati, 1931, 140, n. 1) Volont
del C. L'influenza della V. del C. nello sviluppo dell'essere si misura parallelamente
all'asse verticale, il quale rappresenta quindi il luogo metafisico della manifestazione della
V. del C. (Croce, 1931, 173)

CIFRA La c. non , in tutto rigore, niente di pi del vestito del numero (Calc. Inf. 1946, 2)

CINA In C. vi la nettissima separazione tra dominio metafisico e ordine sociale. Il


dominio metafisico sempre rimasto appannaggio di una lite intellettuale, mentre l'ordine
sociale, per sua natura, si impone a tutti allo stesso modo ed esige la comune
partecipazione effettiva. (Int., 1921, 74) In C. troviamo il punto di vista intellettuale e il
punto di vista sociale, rappresentati da due distinti corpi di tradizione, ma manca
totalmente il punto di vista morale. (id., 87) Per quanto riguarda la C., la tradizione sociale,
comune a tutti, assume le caratteristiche di un exoterismo, mentre la tradizione metafisica,
dottrina dell'lite, , come tale, esoterica. (id., 139) Per quanto riguarda la C., le forme
attraverso le quali si esprimono le sue dottrine sono veramente troppo lontane dalla
mentalit occidentale. (Or. Occ., 1924, 222)

CINESE Civilt C. La c.c. la sola cui unit riposi essenzialmente, nella sua natura
profonda, su di una omogeneit di razza. (Int., 1921, 69) Impero C. L'I.C. rappresentava
nel suo insieme, per il mondo in cui era costituito e diviso, un'immagine dell'Universo.
(Triade, 1945, 103)

CINQUECENTOQUINDICI Il C. enunciato esplicitamente nella predizione di


Beatrice: Un cinquecento diece e cinque, messo di Dio . Il numero C. si trascrive in lettere
latine con DXV e, basta cambiare l'ordine delle lettere numeriche, si ha DVX, vale a dire il
termine DUX. Aggiungeremmo che la somma delle cifre C. d il numero undici. (Dante,
1925, 60)

CIRCONFERENZA Se vogliamo disegnare una c., e ne cominciamo il tracciato in un


determinato punto dello spazio, ci troveremo necessariamente in un altro punto al

38

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

momento di completarla, n mai ripasseremo per il punto di partenza. (Croce, 1931, 129)
L'inizio e la fine di una c. non sono dunque lo stesso punto, ma due punti consecutivi di
uno stesso raggio: l'uno fa parte della c. precedente, di cui la fine, mentre l'altro fa gi
parte della c. seguente, di cui l'inizio. (id., 131) la c. ad essere dovunque, poich ogni
luogo dello spazio, le distinzioni e le individualit non sono che elementi della Corrente
delle Forme, punti della c. della Ruota Cosmica. (id., 220) La c. rappresenta la
manifestazione, che misurata effettivamente dal raggio emanato dal centro. (Triade,
1945, 140) La c., se la si immagina percorsa in un certo senso, l'immagine di un ciclo di
manifestazione, del genere di quei cicli cosmici di cui la dottrina ind, in particolare, offre
una teoria estremamente sviluppata. Le divisioni determinate sulla c. dalle estremit dei
bracci della croce corrispondono allora ai diversi periodi o fasi in cui si divide il ciclo.
(Simb., 1962, 64-65)

CITT Le c. figurano in qualche modo l'ultimo grado della fissazione e tendono sempre
pi ad assorbire ogni cosa. (Regno, 1945, 174) CIVILIZZAZIONE Anche se il gran
pubblico ammette in buona fede questi pretesti di c., vi sono persone per le quali ci una
semplice ipocrisia moralista, una maschera dello spirito di conquista e di interessi
economici. (Crisi, 1927, 130)

CIVILT Il sostantivo c. non s'incontra che nelle opere degli economisti dell'epoca che
precedette immediatamente la Rivoluzione Francese. (Or. Occ., 1924, 27) Esistono
molteplici e diverse c.; sarebbe piuttosto difficile definire esattamente quel complesso
insieme di elementi di diverso carattere che costituiscono ci che viene detto una c. (id., 29)
Esistono simultaneamente, e sempre sono esistite, c. che non si compenetrano affatto,
ignorandosi a vicenda. (id., 32) Comunque sia, quello che gli Occidentali moderni
chiamano c. gli altri lo chiamerebbero piuttosto barbarie, giacch proprio l'essenziale a
mancargli, cio un principio di ordine superiore. (id., 43) La verit che vi sono state c.
distinte e molteplici, le quali si sono sviluppate ciascuna in modo proprio ed in senso
conforme alle attitudini di un dato popolo o di una data razza. (Crisi, 1927, 41)

CLASSICO Antichit C. La cosiddetta a.c. non che una antichit affatto recente e
persino assai pi vicina ai tempi moderni che non all'antichit vera. (Crisi, 1927, 29) Civilt.
C. Il IV secolo a.C. fu il punto di partenza della cosiddetta c.c., la sola alla quale i
moderni riconoscono il carattere storico, tutto quello che esistette prima essendo tanto poco
conosciuto da poter venire considerato come leggendario. (Crisi, 1927, 31)

COAGULA Il termine c. qualche volta rappresentato con un termine che mostra la


Terra. (Triade, 1945, 41)

39

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

COAGULAZIONE Se si parte dallo stato di non-manifestazione per passare al


manifestato, la c. che si presenter naturalmente in primo luogo. (Triade, 1945, 41)

COLLETTIVIT La c., lungi dall'essere un qualcosa di opposto all'individualismo, altro


non che la somma degli individui e, come tale, non l'opposto di questo, come non lo
dello Stato concepito alla moderna, cio come una semplice espressione della massa, in cui
non si riflette alcun principio superiore. (Crisi, 1927, 112) Ogni c. pu essere considerata
come disponente, oltre a mezzi d'azione di ordine puramente corporeo, di una forza di
ordine sottile, costituita in qualche modo dagli apporti di tutti i suoi membri passati e
presenti. Ciascuno dei membri della c. potr, occorrendo, utilizzare a suo profitt una parte
di questa forza ed a tale scopo gli sar sufficiente mettere la sua individualit in armonia
coll'insieme della c. di cui fa parte. (Cons., 1946, 222) Nel caso delle c. appartenenti ad una
forma tradizionale autentica e regolare, dove l'osservanza delle regole considerate consiste
in modo particolare nell'adempimento di certi riti, vi altres l'intervento di un elemento
veramente non-umano, vale a dire un'influenza spirituale. (id., 223) unicamente per
ottenere certi vantaggi di ordine individuale che i membri di una c. possono utilizzare la
forza sottile di cui essa dispone, uniformandosi alle regole stabilite a questo scopo dalla c.
in questione. (In., 1952, 72) La c., essendo in definitiva soltanto una riunione di individui,
non pu da per se stessa produrre niente che sia d'ordine sovraindividuale, il superiore non
potendo in alcun modo procedere dall'inferiore. (id., 73)

COLLETTIVO Il c., in tutto ci che lo costituisce, sia dal punto di vista psichico che
corporeo, non altro che una semplice estensione dell'individuale. (In., 1952, 71) Inconscio
C. Colla teoria dell'i.c. si crede di poter spiegare il fatto che il simbolo anteriore al
pensiero individuale e che lo supera; la vera questione sarebbe di sapere in quale
direzione lo supera, se verso il basso, come parrebbe indicare l'appello al preteso i.c., o
verso l'alto, come affermano espressamente le dottrine tradizionali. (Simb., 1962, 47)

COLTO Gente C. La grande maggioranza della g.c. deve essere messa fra coloro il cui
stato mentale il pi sfavorevole alla ricezione della vera conoscenza. La g.c. di questa
specie la meno iniziabile tra tutti i profani. (Cons., 1946, 287) Persone c. Colla parola p.c.
si vuole comunemente significare una tinta superficiale di ogni sorta di cose,
un'educazione soprattutto letteraria , in ogni caso puramente libresca e verbale, che
permette di parlare con sicurezza di tutto, compreso di ci che si ignora pi
completamente, e suscettibile di sedurre coloro che, colpiti da queste apparenze, non si
avvedono che esse ricoprono soltanto il nulla. (Cons., 1946, 286) Uomo C. Il tipo dell'u.c.
necessariamente un modernista ed in Oriente ha fatto la sua apparizione molto
recentemente e come prodotto di una certa educazione occidentalizzata. (Cons., 1946, 287)

40

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

COMPAGNONAGGIO Nel C. il legame originario col mestiere si sempre mantenuto.


(Cons., 1940, 140)

COMPLEMENTARISMO Il c:, in cui si risolve e si concilia l'opposizione, equivale,


proprio per questa ragione, a una visione pi elevata o pi profonda. (Croce, 1931, 65) II c.,
che ancora dualit, deve ad un certo livello dissolversi di fronte all'unit, l dove i suoi
due termini vengono in qualche modo ad equilibrarsi ed a neutralizzarsi. (id., 66) La
prospettiva del c. , in un certo senso, intermedia tra quella dell'opposizione e quella
dell'unificazione. (id., 246)

COMPOSSIBILI I c. altro non sono che dei possibili compatibili fra di loro, la cui
riunione in un unico complesso non provoca all'interno di questo alcuna contraddizione.
(Stati, 1931, 26) Se consideriamo l'insieme formato da tutti i c. che si realizzano nella
manifestazione, questi c. dovranno essere tutti i possibili determinati da certe condizioni
che caratterizzano e definiscono precisamente l'insieme in questione. (id., 27)

COMTE (AUGUSTIN) La Legge dei Tre Stati di C. un esempio curioso del modo
con cui lo spirito moderno pu falsare un dato di origine tradizionale. (Triade, 1945, 125)
L'errore fondamentale di C. consiste nell'immaginare che, qualunque sia il genere di
speculazione cui l'uomo si dedicato, egli si sia sempre proposto la spiegazione di
fenomeni naturali e ogni conoscenza, di qualunque ordine sia, rappresenti semplicemente
un tentativo, pi o meno imperfetto, per spiegare questi fenomeni. C. fa corrispondere tre
tipi di spiegazione, che egli considera successivi, a tre fasi che lo spirito umano avrebbe
attraversate nel corso dei secoli e che egli chiama, rispettivamente, Stato Teologico, Stato
Metafisico, Stato Positivo. Quest'ultimo stato, il solo che C. considera realmente valido,
rappresenta la concezione limitata e relativa che quella delle scienze moderne. (id., 125)

COMUNE Fonte C. Quando il sacerdozio non comporti in modo abituale l'esercizio


effettivo della regalit, occorre che i rappresentanti rispettivi del sacerdozio e della regalit
traggono il loro potere da una f. c. (Aut., 1929, 63)

CONCENTRAZIONE La c. pu assumere all'inizio, come supporto, un pensiero, un


simbolo, come una parola o un'immagine; in seguito, questi mezzi ausiliari diventano
inutili, cos come inutili diventano i riti e gli altri mezzi impiegati (Int. 1921, 230) noto
quale importanza effettivamente data alla c. da tutte le dottrine tradizionali senza
eccezione, in quanto mezzo e condizione indispensabile per ogni realizzazione. (Mel., 1976,

41

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

46)

CONFUCIANESIMO Nell'Yi-King ha le sue origini, pure se in forma meno immediata e


come semplice applicazione del contingente, tutto l'insieme di istituzioni sociali
abitualmente conosciuto sotto il nome di C. (Int., 1921, 75) La dottrina comune a tutti,
quella che tutti, nella misura dei loro mezzi, debbono studiare e mettere in pratica, il C.,
che, abbracciando tutto quanto riguarda le relazioni sociali, pienamente sufficiente per i
bisogni della vita ordinaria. (Ap. I.T., 1975, 121) Poich il Taoismo rappresenta la
conoscenza principiale da cui deriva tutto il resto, il C., in realt, non che un'applicazione
in un ordine contingente e subordinato per la sua stessa natura. (id., 121-122)

CONFUCIANISTA Gerarchia C. La g.c. comprende tre gradi, che sono, nell'ordine


ascendente, il Letterato, il Sapiente, il Saggio. (Triade, 1945, 115)

CONOSCENZA Qualsiasi c. merita veramente questo nome soltanto nella misura in cui
produce l'identificazione tra soggetto e oggetto. sola vera c. quella che partecipa in
misura pi o meno completa della natura della c. intellettuale, che la c. per eccellenza.
(Int., 1921, 142) Aristotele formul nettamente il principio dell'identificazione per mezzo
della c. (id., 144) Il carattere incomunicabile della c. deriva da ci che di veramente
inesprimibile vi nella sfera metafisica. (id., 242) Ogni c. gi da per se stessa, se vera e
realmente assimilata, una realizzazione effettiva o, per lo meno, una realizzazione virtuale.
(id. 243) Ogni c. che non discenda dalla metafisica manca letteralmente di principio e non
ha nessun carattere tradizionale. (id., 248) Colui che possiede la c. qualificato per
comunicarla agli altri o, pi esattamente, per svegliare in essi delle possibilit
corrispondenti, poich la c. in se stessa rigorosamente personale e incomunicabile. (Ved.,
1925, 219) La c. ha di fronte all'azione la funzione di Motore Immobile. (Crisi, 1927, 60) Oggi
noi ci troviamo di fronte alla negazione di ogni reale c. (id., 63) Le vie possibili per
raggiungere la c. possono essere estremamente diverse nei gradi pi bassi e vanno
unificandosi sempre di pi man mano che si raggiungono gli stadi pi alti. (id., 79) La c.
illumina l'azione, senza partecipare alle vicissitudini di essa. (ib. 98) La sola vera c., in
qualsiasi campo, quella che ci permette di penetrare pi o meno profondamente la natura
intima delle cose. In altri termini non vi vera c. se non quando si ha l'identificazione del
soggetto coll'oggetto o, considerando il rapporto in senso inverso, assimilazione
dell'oggetto da parte del soggetto. (Stati, 1931, 115) Ogni vera c. effettiva e immediata. (id.,
116) Per quanto riguarda il dominio sensibile o corporeo, gli organi dei sensi sono, per
l'essere individuale, le vie d'ingresso della c.; ma, secondo un altro punto di vista, essi
sono anche vie d'uscita , proprio perch ogni c. implica un atto di identificazione che
parte dal soggetto conoscente e va verso l'oggetto conosciuto. (id., 117) La realizzazione
dell'essere mediante la c. una concezione del tutto estranea al pensiero occidentale

42

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

moderno. (id., 118) Non potr mai esservi vera metafisica per chi non comprenda che
l'essere si realizza colla c. e che non pu realizzarsi in altro modo. La vera c. non pu essere
essenzialmente relativa, come vorrebbe la filosofia moderna. (id., 119) La c., intesa in senso
assoluto ed in tutta la sua universalit, si realizza per mezzo di ci che pu propriamente
definirsi una presa di coscienza . La c. non pu ammettere alcuna restrizione e, per
essere adeguata alla Verit Totale, deve essere coestensiva non solo all'Essere, ma alla
Possibilit Universale stessa e sar quindi infinita, come lo quest'ultima. (id., 121) Soltanto
la c. dissipa l'ignoranza, come la luce del sole dissipa le tenebre. (Met., 1939, 171) Ogni c.,
essendo esclusivamente un'identificazione, evidente che l'individuo come tale non pu
raggiungere la c. di ci che oltre il suo dominio individuale. Questa c. possibile poich
l'essere, pur essendo individuo umano, anche, in pari tempo, altra cosa. (Cons., 1946, 277)
La c. dell'ordine trascedente, colla certezza assoluta che implica, in se stessa
evidentemente incomunicabile ed inesprimibile, ogni espressione essendo individuale e,
per tale motivo, inadeguata a questa c. (id., 278) Solo la c. permette di uscire da questo
mondo e dalle limitazioni che gli sono inerenti ed essa possiede l'immutabilit, poich ogni
c. essenzialmente identificazione col suo oggetto. (Hind., 1946, 17) La vera c. non ha come
via la ragione, ma lo spirito e l'essere, poich essa altro non che la realizzazione di questo
essere in tutti i suoi stati, vale a dire il raggiungimento della Saggezza Suprema. (id., 56)
Gradi della C. I g. della c. consistono in una penetrazione pi o meno profonda ed
un'assimilazione pi o meno completa (Stati, 1931, 115)

CONSUETUDINE-I La c. cosa puramente umana, o per degenerazione o proprio


come origine. (In., 1952, 44) Certe c. portano, malgrado tutto, l'impronta di qualcosa che,
agli inizi, ebbe un carattere tradizionale. Le c. che influenzano la vita di ogni singolo
individuo hanno la funzione di soffocare ogni attivit rituale o tradizionale, sostituendovi
la preoccupazione, e non sarebbe esagerato dire l'ossessione di una quantit di cose
perfettamente insignificanti, se non addirittura assurde, la cui pochezza contribuisce
validamente alla rovina di ogni intellettualit. (id., 45) Quello che forse colpisce di pi di
queste c. il carattere di incredibile pochezza : sembra che esse mirino esclusivamente a
trattenere tutta l'attenzione non solo su cose in s totalmente esteriori e prive di qualsiasi
significato, ma addirittura sui dettagli pi banali e ristretti di queste cose. (id., 46-47) In
effetti vi il timore dell'opinione che pi di ogni altra cosa permette alla c. di imporsi in
questo modo e di acquistare il carattere di una vera ossessione. (id., 47-48) Si pu dire che il
rispetto della c. come tale non , in fondo, nient'altro che il rispetto della stupidit umana,
perch questa, in casi del genere, ad esprimersi naturalmente nell'opinione. (id., 48) La c.
appartiene incontestabilmente al dominio delle pure apparenze esteriori, dietro le quali
non c' niente; osservare la c., per tenere conto dell'opinione che non valuta se non tali
apparenze, corrisponde quindi all'atteggiamento tipico degli Shdra. (id., 49)

CONTEMPLAZIONE Il punto di vista pi esteriore e superficiale quello consistente

43

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

nell'opporre in modo puro e semplice la c. all'azione a titolo di due contrari nel senso
proprio del termine. (Crisi, 1927, 55) Chi invece considera la c. e l'azione come
complementari si pone da un punto di vista gi pi profondo e pi vero del precedente,
giacch l'opposizione vi si trova conciliata e risolta. (id., 56) chiaro che l'attitudine alla c.
pi diffusa e pi generalmente sviluppata fra gli Orientali. (id., 57) La disposizione
naturale all'azione degli Occidentali non imped loro, nell'antichit e nel Medioevo, di
riconoscere la superiorit della c. L'Oriente ha sempre tutelato la superiorit della c.
sull'azione, mentre l'Occidente ha affermato la superiorit dell'azione sulla c. (id., 58) Al
pari delle antiche dottrine occidentali, le dottrine orientali sono unanimi nell'affermare che
la c. superiore all'azione. (id., 59) San Tommaso d'Aquino dichiara espressamente che
tutte le funzioni umane sono subordinate alla c. come al loro fine superiore e che, in fondo,
l'intero reggimento della vita civile ha come vera ragion d'essere di assicurare la pace
necessaria a tale c. (Aut., 1929, 79) Esistono due tipi di c., i quali possono essere
rispettivamente definiti come c. diretta e c. per riflesso. (In., 1952, 138) giusto parlare di c.
in entrambi i casi e, in un certo senso, vero che sono le stesse realt ad essere contemplate,
com' lo stesso sole che si vede direttamente oppure riflesso. La c. diretta delle realt
spirituali implica necessariamente che, in un certo qual modo, ci si trasporti proprio nel
loro stesso dominio, il che presuppone un certo grado di realizzazione; la c. per riflesso
implica invece che ci si apra a quello che si presenter spontaneamente e pertanto, in
questo caso, non vi nulla di incompatibile colla passivit mistica. Naturalmente ci non
impedisce che la c. sia, ad un livello determinato, una vera attivit interiore. (id., 139) La c.
raggiungibile nella realizzazione iniziatica comporta gradi diversi, per cui non sicuro che
arrivi sempre fino ad un'identificazione. (id., 141)

CONTINGENTE c. tutto ci che non ha in s la sua ragione sufferente. (Stati, 1931,


132)

CONTINUO Dal punto di vista in cui si pone Leibnitz, il c. racchiude necessariamente


l'Infinito. (Calc. Inf., 1946, 48) Quantit c. La q.c. in se stessa solo un modo derivato
dalla quantit. (Regno, 1945, 37) Infinito c. L'aspetto pi abituale dell'idea dell'Infinito,
come la intende Leibnitz, in quel che concerne il significato del calcolo infinitesimale,
quello dell'i.c. (Calc. Inf., 1946, 46).

CONTROINIZIATICO Centri c. Ai c.c. si ricollegano le organizzazioni facenti capo


alla controiniziazione. (Regno, 1945, 317) Organizzazione c. Nell'opera finale del Regno
della Controtradizione, dovr esistere una collettivit che rappresenti l'esteriorizzazione
dell'o.c. vera e propria venuta finalmente alla luce del giorno. (Regno, 1945, 324)

CONTROINIZIAZIONE La c. ci a cui si ricollegano, nel loro insieme ed a gradi

44

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

differenti, gli agenti umani attraverso i quali prende corpo l'azione antitradizionale.
(Regno, 1945, 233) L'interpretazione simbolica alla rovescia caratteristica della c. (id., 250)
La c. qualcosa di assolutamente reale nell'ordine che le proprio, come l'azione da essa
effettivamente esercitata non fa che dimostrare. (id., 291) La c. pu trovare nella pseudo
iniziazione un posto di osservazione e di elezione per il proprio reclutamento. (id., 295) La
c., dopo avere continuamente lavorato nell'ombra per ispirare e dirigere in modo invisibile
tutti i movimenti moderni, finir coll'esteriorizzare un qualcosa che sar la contropartita di
una vera tradizione. (id., 313) La c. conduce inevitabilmente verso l'infraumano, il solo
campo in cui risiede il suo potere effettivo. (id., 316) La c. non pu esercitare la sua azione
che nel dominio psichico e tutto ci che riguarda il dominio spirituale le , per sua stessa
natura, assolutamente proibito. (Cons., 1946, 209)

CONTROTRADIZIONE L'apparente trionfo della C. sar passeggero e proprio quando


tale trionfo sembrer pi completo, essa verr distrutta dall'azione delle influenze
spirituali, le quali interverranno a preparare immediatamente il Raddrizzamento Finale.
(Regno, 1945, 313) La C. non potr mai essere che una parodia, di tutte la pi estrema e la
pi immensa. (id., 314) Una C. non potr essere altro che instabile e pressoch effimera, pur
essendo in se stessa la pi temibile di tutte possibilit. (id., 318) La costituzione della C. ed
il suo apparente momentaneo trionfo saranno il regno della Spiritualit a Rovescio. (id.,
320) La C. non potr mancare di avere quel carattere meccanico che presente in tutte le
produzioni del mondo moderno: essa ne sar l'ultimo prodotto ed il suo aspetto sar
paragonabile all'automatismo dei cadaveri psichici . (id., 327) I rappresentanti della C.
sono in definitiva tratti in inganno dalla loro stessa funzione. (id., 332)

CONVERSIONE Il significato originario della parola c. corrisponde al termine greco


metanoia , che indica propriamente una metamorfosi intellettuale . La c. dunque il
passaggio cosciente dal mentale a ci che ne rappresenta la trasposizione in un senso
superiore. (Ind., 1952, 107) La parola c., nel linguaggio corrente, definisce unicamente il
passaggio esteriore da una forma tradizionale ad un'altra e ci di solito conseguenza del
proselitismo religioso. (id., 108) Talora si parla di c. riferito a coloro i quali, per ragioni di
ordine esoterico ed iniziatico, sono indotti ad adottare una forma tradizionale diversa da
quella a cui per nascita potevano essere ricollegati. (id., 109) Contrariamente a quanto si
verifica per una c. non vi nulla, in questo caso, che implichi il riconoscimento di una
superiorit intrinseca di una forma tradizionale su di un'altra, ma unicamente ci che
potrebbe definirsi una ragione di convenienza spirituale. Per chi si trovi in queste
condizioni tutto ci basta, per quel che lo riguarda, a giudicare una c. come cosa del tutto
priva di senso e addirittura inconcepibile. (id., 110)

CONVERTITI Apprezziamo assai poco i c., in generale, non perch si debba mettere in

45

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

dubbio la loro sincerit, ma prima di tutto perch, come minimo, danno prova di
un'instabilit mentale piuttosto preoccupante e poi perch quasi sempre tendono a
manifestare il settarismo pi ristretto ed esagerato. In fondo si pu dire che i c. sono poco
interessanti, almeno per chi consideri le cose fuori da ogni partito preso d'esclusivismo
exoterico. (In., 1952, 109)

CORNA Le c., nel loro uso simbolico, assumono due forme principali: quella delle c. di
ariete, che propriamente solare e quella delle c. di toro, che , al contrario, lunare ,
richiamando la forma stessa della mezzaluna. (Simb., 1962, 173)

CORPO Il c. mai pu essere considerato propriamente come un principio, perch,


essendo il termine finale della manifestazione, non che prodotto e non pu divenire
produttore sotto nessun rapporto. Per questo carattere il c. esprime, nell'ordine
manifestato, la passivit sostanziale. Il c. ha nell'anima il suo principio immediato, ma non
procede dallo spirito che indirettamente e per l'intermediario dell'anima. (Triade, 1945, 73)

CORPOREO Fenomeni c. I f.c. sono i soli a potersi situare altrettanto bene nello spazio
quanto nel tempo. (Regno, 1945, 52) Immortalit c. La ricerca di una pretesa i.c. non pu
essere che perfettamente illusoria. (Cons., 1946, 350) Manifestazione c. La m.c. come
avvolta e compenetrata dalla manifestazione sottile, nella quale ha il suo principio
immediato. (Stati, 1931, 82) Mondo c. Nella realt il m.c. non pu essere considerato come
un tutto sufficiente a se stesso, n come qualcosa di isolato nell'insieme della
manifestazione universale. Non pu nel m.c. esserci cosa la cui esistenza non riposi, in
ultima analisi, sopra elementi di ordine sottile e, oltre questi, su un principio che pu essere
detto spirituale . (Regno, 1945, 216) Ordine c. In realt non il caso di separare l'o.c.
dagli altri ordini individuali pi di quanto convenga creare separazioni tra questi ultimi,
poich appartiene al loro stesso livello nell'insieme dell'Esistenza Universale e quindi nella
totalit degli stati dell'essere. (Stati, 1931, 82)

COSCIENZA Per noi la c. tutt'altra cosa che per lo psicologo; essa non contiene affatto
uno stato dell'essere particolare e non , d'altronde, il solo carattere distintivo dello stato
individuale umano. Potremmo piuttosto dire che la c. una condizione di esistenza di certi
stati, senza per che vi sia stretta analogia, ad esempio, colle condizioni dell'esistenza
corporea. (Stati, 1931, 64) La c. dunque qualcosa che appartiene in modo particolare sia
allo stato umano, sia ad altri stati individuali pi o meno analoghi a questo: non quindi
un principio universale. Nonostante questa restrizione, la c., nello stato individuale umano,
suscettibile, al pari di questo stato, di un'estensione indefinita. (id., 65) La pluralit e la
complessit sono caratteristiche proprie della c., la quale si prolunga in modalit talvolta
assai remote ed oscure. (id., 67) L'intelletto, nel passaggio dall'universale all'individuale,

46

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

produce la c., la quale, appartenendo all'ordine individuale, non per nulla identica al
principio intellettuale, pur procedendo direttamente da esso come risultante
dell'intersezione di questo principio con il dominio particolare di determinati condizioni di
esistenza, dalla quale definita l'individualit considerata. (id., 77) Se vogliamo intendere
la c. nel senso pi generale, senza limitarla alla sua forma specificamente umana, la
definiremo dunque come un modo contingente e particolare di conoscenza sottoposto a
certe condizioni o come una propriet inerente all'essere considerato in rapporto a certi
stati di manifestazione. (id., 78)

COSMICO Ambiente c. L'a.c. pu essere concepito solo come un insieme di cui tutte le
parti sono legate fra loro senza alcuna soluzione di continuit. (Triade, 1945, 83) Cicli c. I
c.c. altro non sono che gli stati o gradi dell'Esistenza Universale o le loro modalit
secondarie, quando si tratta di cicli subordinati o pi ridotti, che in tal caso presentano fasi
corrispondenti a quelle dei c. pi estesi nei quali si integrano, in virt dell'analogia della
parte e del tutto. (Stati, 193,1, 89, n. 1) Ruota C. La R.C. un simbolo del mondo
manifestato ed in generale rappresenta la Natura presa nel suo senso pi esteso. (Triade,
1945, 139)

COSMOLOGIA L'angolo visuale della c. non corrisponde per nulla a quello della fisica
moderna. (Int., 1921, 248) La c. non una scienza sperimentale, come la fisica moderna, ma,
grazie al suo riallacciarsi ai principi , come gli altri rami della dottrina, molto pi
deduttiva che induttiva. (id., 249)

COSTRUTTIVO Simbolismo C. L'uso del s.c. non affatto particolare a questa o a


quella forma iniziatica, ma si incontra ovunque, con semplici differenze di adattazione,
poich si riferisce ad un'arte esistente egualmente, e con lo stesso carattere sacro, in tutte le
tradizioni. (Triade, 1945, 9)

CREAZIONE Il termine c. estraneo agli Orientali (se si fa eccezione per i Musulmani)


almeno quanto lo fu alla stessa antichit greco-romana e si dimostra specificamente
giudaico all'origine. (Int., 1921, 114) La concezione teologica della c. una traduzione
appropriata della concezione metafisica della manifestazione universale e quella che
meglio si adatta alla mentalit dei popoli occidentali. (id., 115) L'idea di c. non si riscontra
che nelle tradizioni appartenenti ad una linea unica, quella costituita da Giudaismo,
Cristianesimo e Islamismo, propria alle forme tradizionali specificamente dette religiose
. (Ap. I.T., 1975, 88) Nell'idea di c. manca la nozione di Possibilit, la quale deve intervenire
solo quando ci si pone dal punto di vista metafisico. (id., 96) L'idea di c. non contempla
nulla aldil della manifestazione, o, almeno, considera solo il Principio, senza approfondire
il fatto che ci ancora un punto di vista relativo. (id., 97) La c. imperfetta ove la si

47

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

consideri analiticamente e come separata dal Principio ed da questo punto di vista che
essa il dominio del Demiurgo. (Mel., 1976, 16-17)

CRISTIANESIMO L'epoca dell'inizio dell'espandersi del C. coincide da un lato colla


dispersione del popolo giudaico e, dall'altro, con l'ultima fase della civilt greco - latina.
(Crisi, 1927, 33) La civilt greco - latina doveva finire e la rettificazione doveva venire da
tutt'altra parte che dall'Ellenismo e dalle dottrine orientali: il C. realizz questa
trasformazione. (id., 34) solo nel C. che in Occidente sopravvivono resti di uno spirito
tradizionale. Se si obietta che nella nostra epoca il C. stesso non lo si comprende pi
veramente e nel suo senso profondo, noi risponderemo che esso ha almeno conservato,
nella sua forma, tutto quello che necessario per fornire la base di cui qui si tratta. (id., 48)
Coloro che vorrebbero appoggiarsi in Occidente al C. sono animati da una pi o meno
dichiarata ostilit verso l'Oriente. Ed cos che noi abbiamo sentito formulare l'assurda
opinione che se le stesse cose di trovano simultaneamente nel C. e nelle dottrine orientali,
espresse dall'una parte e dall'altra in forma quasi identica, esse nei due casi non hanno lo
stesso significato, ma anzi un significato opposto! (id., 49) Costoro non considerano dunque
il C. che in un modo assolutamente esteriore, modo che non pu corrispondere all'idea di
una vera dottrina tradizionale, offrente su tutti i piani una sintesi completa. (id., 50) Tutto
quello che vi pu essere di valido nel mondo moderno venuto ad esso dal C., o almeno
attraverso il C., il quale ha raccolto l'eredit delle tradizioni precedenti e di tali tradizioni
contiene in s le possibilit latenti. (id., 135) L'assenza di lingua sacra nel C. risulta ancora
pi evidente ove si vede come, pure per le Scritture ebraiche di cui esiste il testo
primitivo, esso si serve ufficialmente di traduzioni greche e latine. (Ap. C., 1954, 4) Tutto
ci non vuole assolutamente dire che il C. abbia la caratteristica eccezionale di esere una
tradizione senza lingua sacra. Del resto, tutto ci che si riferisce alle origini del C. ed ai suoi
primi tempi disgraziatamente avvolto da oscurit. Il C. non possiede l'equivalente della
parte legale delle altre tradizioni; ci talmente vero che, per supplirvi, dovette adattare
al suo uso l'antico diritto romano, facendovi delle aggiunte che non hanno peraltro il loro
fondamento nelle Scritture. (id., 6) L'oscurit delle origini e dei primi tempi del C. non pare
essere accidentale, bens espressamente voluta. Lungi dall'essere la tradizione exoterica che
oggi si conosce sotto questo nome, il C. delle origini aveva, nei suoi riti e nella sua dottrina,
una carattere essenzialmente esoterico e, di conseguenza, iniziatico. (id., 9) Se il C. aveva
tale carattere, la cosa si spiega non come una lacuna, ma come un'estensione intenzionale
dall'intervenire in un dominio che, per definizione, non poteva riguardarlo in tali
condizioni. (id., 10) Se si considera lo stato del mondo occidentale dell'epoca, ci si pu
facilmente rendere conto che, se il C. non fosse disceso nel dominio exoterico, questo
mondo, nel suo insieme, sarebbe stato ben presto sprovvisto di ogni tradizione, quelle
esistenti essendo giunte ad un'estrema degenerazione che indicava come il loro ciclo di
esistenza fosse sul punto di finire. Necessitava dunque un raddrizzamento ed il C. solo
poteva operarlo, ma a condizione di rinunciare al carattere esoterico e riservato che
aveva avuto agli inizi. (id., 14) Sarebbe probabilmente impossibile assegnare una data

48

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

precisa a questo cambiamento che fece del C. una religione nel senso proprio della parola
ed una forma tradizionale indirizzantesi a tutti indistintamente; certo che tale
trasformazione era gi un fatto compiuto all'epoca di Costantino e del Concilio di Nicea, il
quale ultimo la sanzion , inaugurando l'era delle formulazioni dogmatiche, destinate a
costituire una presentazione puramente exoterica della dottrina. (id., 15) Il fatto di chiudere
la dottrina in formule nettamente definite e limitate rendeva molto pi difficile, pure a chi
ne era realmente capace, di penetrarne il senso profondo. Tale inconveniente non era
tuttavia tale da opporsi alla costituzione del C. in forma tradizionale exoterica o da
impedirne la legittimit, dato l'immenso vantaggio che doveva derivarne per il mondo
occidentale. (id., 15-16) evidente che la natura originaria del C., esoterica ed iniziatica,
doveva restare interamente ignorata da quanti erano ora ammessi nel C. divenuto
exoterico. (id., 16) Ci si pu chiedere se avvenne un tale mutamento negli insegnamenti del
Cristo, i quali costituiscono il fondamento del C. In realt, questi insegnamenti non furono
toccati, n in alcun modo modificati nella loro letteralit ; ci che mut fu la prospettiva
secondo la quale essi furono visti e il significato dato loro. (id., 17-18) In ci che si pu
chiamare il secondo stato del C. i sacramenti non hanno pi alcun carattere iniziatico e
non sono che dei riti puramente exoterici. (id., 20) Per concludere possiamo dire che, a
dispetto delle sue origini iniziatiche, il C., nel suo stato attuale, non altro che una
religione, cio una tradizione di ordine esclusivamente exoterico, e non vi sono altre
possibilit che quelle di ogni exoterismo. Un'iniziazione potrebbe naturalmente
sovrapporvisi, ma, nella forma occidentale almeno, questa iniziazione, di fatto, non esiste.
(id., 26)

CRISTIANO Chiesa C. possibile che la C.c. dei primi tempi abbia costituito
un'organizzazione chiusa o riservata, nella quale erano ammessi solo coloro i quali
possedevano le qualificazioni necessarie per ricevere validamente l'iniziazione sotto la
forma che si pu chiamare cristica . (Ap. C., 1954, 10). Esoterismo L'e.c. prendeva la sua
base ed il suo punto d'appoggio nei simboli e nei riti della religione cattolica e vi si
sovrapponeva, senza opporvisi in alcun modo. (Mac., 1964, I, 15) Tradizione C. La ben
conosciuta frase Date a Cesare quel che di Cesare... , ci pare implicare formalmente, per
quanto di ordine esteriore, l'accettazione di una legislazione completamente estranea alla
t.c. e che era semplicemente quella che esisteva nell'ambiente ove questa ebbe origine e che
era incorporato nell'Impero Romano. (Ap. C., 1954, 10) Dal punto di vista esoterico
qualcosa deve sussistere egualmente, ma in modo per cos dire invisibile, abbastanza
perch le t.c. rimanga viva; se fosse altrimenti, ci equivarrebbe a dire che lo spirito se ne
ritirato completamente e resta soltanto un corpo morto. (Simb. 1962, 45)

CRISTO L'assimilazione simbolica del C. con lanus quale principio supremo dei due
poteri, il segno chiarissimo di una certa continuit tradizionale, troppo sovente ignorata o
negata per partito preso, tra l'antica Roma e la Roma cristiana. (Aut., 1929, 121)

49

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

CROCE La c. rappresenta il modo in cui viene simboleggiata la realizzazione dell'Uomo


Universale, mediante la comunione perfetta della totalit degli stati dell'essere, ordinati
gerarchicamente in armonia e conformit, nell'espansione integrale secondo i due sensi
dell' ampiezza e dell' esaltazione . (Croce, 1931, 32) La c., oltre al significato metafisico
e principiale, ha diversi altri sensi, pi o meno secondari e contingenti, secondo quanto
abbiamo detto, in generale, sulla pluralit dei significati inclusi in ogni simbolo, ed
normale che sia cos. (Id., 38) Un aspetto del simbolismo della c. quello dell'unione dei
complementari. A tal fine, sufficiente considerare la c. nella sua forma a due dimensioni.
Nella linea verticale della c. si pu vedere la rappresentazione del principio attivo e nella
linea orizzontale della c. quella del principio passivo. (id., 57) L'asse verticale della c., che
lega insieme tutti gli stati dell'essere attraversandoli nei rispettivi centri, il luogo di
manifestazione di quella che la tradizione estremo-orientale chiama Attivit del Cielo. (id.,
58) La figura della c. pu aiutare a comprendere la differenza esistente fra
complementarismo ed opposizione. (id., 66) Se nella tessitura osserviamo un filo dell'ordito
ed uno della trama, vediamo subito che la loro intersezione determina la c., di cui essi
costituiscono rispettivamente la linea verticale e quella orizzontale. Ogni punto del tessuto,
prodotto dall'incontro di due fili perpendicolari tra di loro, di conseguenza il centro di
tale c. (id., 120) La c. era nell'antichit, ed in particolare presso i Pitagorici, il simbolo del
Quaternario. (Mac., 1964, II, 53)

CROCIATE Nelle C. non vi furono solo rapporti ostili, come credono coloro che si
attengono alle apparenze, ma anche attivi scambi intellettuali fra Oriente e Occidente.
(Dante, 1925, 21)

CUBICO Forma c. La f.c. corrisponde altrettanto bene alla fine del ciclo della
manifestazione, ovvero al punto di arresto del movimento ciclico. (Regno, 1945, 166) La
f.c. riconducibile alla Terra. (id., 168)

CUBO Il c. la forma pi immobile di tutte, quella che corrisponde al massimo di


solidificazione. (Regno, 1945, 166) L'immobilit intesa in questo modo e rappresentata dal
c., si riferisce al polo sostanziale della manifestazione. (id., 167) Le facce del c. possono
essere considerate come orientate. rispettivamente a due a due secondo le tre dimensioni
dello spazio. (id., 167) Il c. rappresenta la Terra in tutte le accezioni tradizionali della parola.
(id., 168)

CULTO Il c. partecipa sia della natura intellettuale del dogma che di quella sociale della
morale. (Int., 1921, 85)

50

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

CUORE Il c., considerato il centro della vita, lo effettivamente dal punto di vista
fisiologico, ma pure altres considerato come tale in un ordine superiore ed in qualche
modo simbolicamente per l'Intelligenza Universale nelle sue relazioni con l'individuo.
(Ved., 1925, 47) Il centro dell'individualit umana rappresentato simbolicamente dal c.
(In., 1952, 247) La raffigurazione del c. inserito in un triangolo colla punta diretta verso il
basso abbastanza significativa quando la si riferisce agli emblemi usati da certo
ermetismo cristiano del Medioevo. (Simb., 1962, 29) Vediamo dappertutto l'assimilazione
simbolica tra il c. e la coppa o il vaso; dappertutto il c. considerato come il centro
dell'essere, centro ad un tempo divino ed umano nelle molteplici applicazioni alle quali d
luogo. (id., 31-32) In certi casi, per quanto concerne il c., la raffigurazione comporta uno dei
due aspetti di luce e di calore: la luce naturalmente rappresentata da un irradiamento di
tipo normale, cio formato unicamente di raggi rettilinei, in quanto al calore, esso rap
presentato pi volte da fiamme uscenti dal c. (id., 355) Si giunti oggi ad attribuire al c. solo
un significato sentimentale ed a dimenticare completamente la sua relazione
coll'intelligenza. (id., 356) vero d'altra parte che, dato che il c. considerato il centro
dell'essere, gli si possono riferire almeno indirettamente tutte le modalit di quest'ultimo,
compreso il sentimento, o quella che gli psicologi chiamano affettivit ; ma pur sempre
opportuno rispettare i rapporti gerarchici senza dimenticare che solo l'intelletto
veramente centrale mentre tutte le altre modalit hanno un carattere pi o meno periferico.
Soltanto che, siccome l'intuizione intellettuale, che risiede nel c., era misconosciuta e la
ragione, che ha sede nel cervello, aveva usurpato la sua funzione illuminatrice, al c. non
restava pi che la possibilit di essere considerato come la sede dell'affettivit. (id., 357)
Siccome il c. il centro dell'essere umano considerato nella sua integralit, in tale centro vi
l'Anima Vivente che contiene in modo principiale tutte le possibilit che si svilupperanno
nel corso dell'esistenza individuale. (id., 388)

51

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-D-

DANTE D. indica in modo molto esplicito che nella sua opera vi un senso nascosto ,
propriamente dottrinale, di cui il senso esteriore e apparente soltanto un velo, e che deve
essere ricercato da coloro i quali sono capaci di penetrarlo. (Dante, 1925, 7) In D.
l'esoterismo si avvolge in un velo assai difficilmente penetrabile, appoggiandosi nello
stesso tempo su basi strettamente tradizionali; fare di D. un precursore del
Protestantesimo, e forse anche della Rivoluzione Francese, per il semplice fatto che fu un
avversario del Papato sul terreno politico, misconoscere interamente il suo pensiero e non
capir nulla dello spirito della sua epoca. (id., 32) La Qabbalah essenzialmente la
tradizione ebraica e noi non abbiamo alcuna prova che un'influenza ebraica si sia esercitata
direttamente su D. pi al Pitagorismo che alla Qabbalah che si potrebbe collegare D. (id.,
33)

DARSHANA I d. sono gli angoli visuali o punti di vista della dottrina ind. (Int., 1921,
200) Sono questi i nomi principali della dottrina ind e, in numero di sei. I sei d. sono: il
Nyya, il Vaishshika, il Snkya, lo Yoga, la Mimnsa e il Vdanta. (id., 205)

DEGENERAZIONE Nei casi di d. naturalmente la parte superiore della dottrina, vale


a dire il suo lato metafisico e spirituale , che scompare pi o meno completamente.
(Regno, 1945, 219)

DEMIURGO Il D. non una potenza esteriore dell'uomo, bens, principialmente, la


volont dell'uomo nella misura in cui essa realizza la distinzione del Bene e del Male. Da un
punto di vista pi generale, il D. il Principe di questo Mondo di cui si parla nel
Vangelo di Giovanni. Il D. si oppone all'Adam Kadmon e all'Umanit Principiale
manifestazione del Verbo. (Mel., 1976, 15) Siamo quindi portati a considerare il D. come un
riflesso tenebroso e rovesciato dell'Essere. Nella misura in cui creiamo la distinzione, noi
siamo degli elementi del D. e, come esseri distinti, apparteniamo al dominio del D., vale a
dire alla creazione. Tutti gli elementi della Creazione, cio le creature, sono dunque
contenute nel D. Considerato come Creatore, il D. produce prima di tutto la divisione, dalla
quale non distinto, in quanto esso esiste perch esiste la divisione. Si pu ancora dire che
il D. crea la materia, cio il Caos Primordiale che contiene tutte le forme; poi organizza
questa materia caotica e tenebrosa, ove regna la confusione, facendone uscire le forme il cui
insieme costituisce la Creazione. (id., 16) In realt, il D. e il suo dominio non esistono, dal
punto di vista universale, pi della distinzione del Bene e del Male. (id., 17) Impero del D.
Quando l'uomo perviene alla conoscenza che tutto Spirito ed identifica se stesso ed ogni
cosa allo Spirito Universale, ogni distinzione scompare per lui ed egli non pi sottoposto

52

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

alla dominazione del Principio di questo Mondo e non appartiene pi all'Impero del D.
(Mel., 1976, 17) L'essere che non appartiene pi all'Impero del D. senza azione . (id., 23)

DEMOCRATICO Concezione-i D. Secondo la c.d. il potere viene dal basso e poggia


essenzialmente sulla maggioranza, cosa che ha per necessario corollario l'esclusione di ogni
vera competenza. (Crisi, 1927, 105) semplicemente la legge della materia e della forza
bruta, la legge stessa in virt della quale una massa trasportata dal proprio peso schiaccia
tutto quello che rientra sulla sua via: proprio qui si ha il punto di incontro fra le c.d. e il
materialismo. (id., 110) Dirigenti D. La grande abilit dei d.d. del mondo moderno sta
nel far credere al popolo che esso si governa da s. (Crisi, 1927, 107) Teoria D. Certi
filosofi moderni hanno voluto trasportare nell'ordine intellettuale la t.d. che fa prevalere il
parere della maggioranza, facendo di quello che essi chiamano il consenso universale un
preteso interio di verit. (Crisi, 1927, 109) Idea D. Non sar inutile mettere in rilievo i
sofismi che si nascondono dietro l'i.d. ed i legami che connettono tale idea con tutto
l'insieme della mentalit moderna. (Crisi, 1927, 106) L'i.d. in generale la ragione dell'lite
intellettuale intesa nella sua accezione legittima. (id., 112) Al fondo dell'i.d. sta la pretesa
che un qualunque individuo equivalga all'altro per il fatto del loro essere uguali
numericamente, bench non lo possano essere che in questo modo. (id., 113)

DEMOCRAZIA L'argomento pi decisivo contro la d. si riduce a queste semplici parole:


il superiore non pu promanare dall'inferiore, perch il pi non pu trarsi dal meno. (Crisi,
1927, 106) Definita come autogoverno del popolo , la d. una vera impossibilit,
qualcosa che non pu nemmeno esistere come un fatto bruto, n nell'epoca nostra, n in
un'altra qualsiasi. (id., 107) L'autorit che proviene all'lite intellettuale dalla sua
conoscenza superiore non pu avere nulla in comune colla forza numerica su cui poggia la
d. (id., 112) La funzione dirigente di una vera lite intellettuale e la sua stessa esistenza sono
radicalmente incompatibili colla d., la quale intimamente connessa colla concezione
egualitaria, cio colla negazione di ogni gerarchia. La d. pu farsi largo solo l dove
l'intellettualit non esiste pi, come appunto il caso del mondo moderno. (id., 113)

DENARIO Quando la croce ruota attorno al suo centro, essa genera la circonferenza che,
col centro, rappresenta il D. Il D. considerato formato dall'insieme dei primi quattro numeri
ci che Pitagora chiamava la Ttraktys. (Mel., 1976, 63). Il D. corrispondente alla
circonferenza col suo centro la manifestazione totale dell'Essere e lo sviluppo completo
dell'Unit. (id., 67)

DESTINO Il D. Natura necessitata e naturale. (Triade, 1945, 129) Il D. appare come una
specie di volont oscura della Natura. (id., 130)

53

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

DETERMINAZIONE Ogni d., per quanto sia generale e qualunque sia l'estensione che
possa ricevere, necessariamente esclusiva della vera nozione di Infinito. (Cale. Inf., 1946,
7)

DVA-YNA Il d.y. designa naturalmente la via che conduce verso gli stati superiori
dell'essere. (Ved., 1925, 186) Il d.y. si riferisce all'identificazione effettiva del centro
dell'individualit, dove tutte le facolt sono state precedentemente riassorbite nell'Anima
Vivente, con il centro stesso dell'Essere Totale, residenza dell'universale Brahma. (id., 187)
Secondo il simbolismo vedico, l'essere che compie il d.y., avendo lasciata la Terra (vale a
dire il mondo corporeo o la manifestazione grossolana) dapprima condotto alla luce, da
intendersi qui come il Regno del Fuoco, il cui reggitore Agni. (id., 188)

DEVIAZIONE La d. passibile di gradi indefinitamente molteplici, di modo che essa


pu effettuarsi a poco a poco ed in modo quasi insensibile. Ma quando la d. giunta al
termine estremo, essa si risolve in un vero e proprio rovesciamento, vale a dire in uno stato
diametralmente opposto all'ordine normale, ed a questo momento che si pu parlare
propriamente di sovversione. (Regno, 1945, 239)

DHARMA La parola D., nel suo significato pi generale designa un modo d'essere e
pu essere applicata, non soltanto all'individuo, ma ad una societ, o una specie, a tutto
l'insieme degli esseri di un ciclo cosmico o di uno stato di esistenza o anche all'ordine totale
dell'Universo. Si tratta allora dell'equilibrio fondamentale, dell'armonia integrale che
risulta dalla conformit alla natura essenziale degli esseri, realizzata nella costituzione
gerarchicamente ordinata del loro insieme. (Int., 1921, 181-182) Tutte le applicazioni del
termine D. concernono sempre il mondo manifestato. La nozione del D non d'altronde
limitata all'uomo, ma si estende a tutti gli esseri e ai loro stati di manifestazione. Il D.
esprime, per ogni essere manifestato, la conformit alle condizioni che gli sono imposte
dalla Natura. (Triade, 1945, 147). noto che D. derivato dalla radice dhri la quale
significa portare, sopportare, sostenere, mantenere; si tratta dunque di un principio di
conservazione degli esseri e, di conseguenza, di stabilit, per tanto che questo sia
compatibile colle condizioni della manifestazione, poich tutte le applicazioni del D. si
riferiscono al mondo manifestato. (Hind., 1965, 70) La nozione di D. non limitata
all'uomo, ma si estende a tutti gli esseri ed a tutti i loro stati di manifestazione. (id., 71-72) Si
pu parlare del D. proprio ad ogni essere o ad ogni gruppo di essi, ad esempio una
collettivit umana; ma ci non che una particolarizzazione del D. in rapporto alle
condizioni speciali di questo essere o di quel gruppo. Se un'idea come quella di giustizia
conviene talvolta a rendere il senso di D., nella misura in cui essa un'espressione umana
dell'equilibrio e dell'armonia, cio di uno degli aspetti del mantenimento della stabilit

54

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

cosmica. Se si considera una collettivit umana, l'idea di legislazione non rientra in quella
di D. in quanto questa legislazione deve essere normalmente un adattamento dell'ordine
cosmico all'ambiente sociale. (id., 72). Tra i fini che le scritture tradizionali ind assegnano
alla vita umana, la realizzazione del D. considerata come propriamente relativa all'ordine
spirituale. (id., 73) Quando questi fini sono indicati escludendo la Liberazione (Moksha), si
tratta di un punto di vista limitato alla considerazione del manifestato ed solamente cos
che D. appare come il fine pi elevato proposto all'uomo. (id., 73-74) D. corrisponde
effettivamente a Sattwa. (id., 80) effettivamente all'idea di Polo o di Asse del Mondo che ci
si deve riferire ove si voglia comprendere la nozione del D. nel suo senso pi profondo.
Questa nozione del D. si ricollega alla rappresentazione simbolica dell'Asse colla figura
dell'Albero del Mondo. (id., 108) Sanatana D. Quando si parla di S.D., si tratta
dell'insieme di un'umanit e ci durante tutta la durata della sua manifestazione, vale a
dire per un Manvantara. (Hind., 1976, 109) Se si considera il S.D. come Tradizione Integrale,
esso comprende principialmente tutti i rami dell'attivit umana, i quali sono d'altronde
trasformati da ci, poich a seguito di questa integrazione, esse partecipano del carattere
non-umano che inerente ad ogni tradizione. (id., 111) Il S.D. la Tradizione Primordiale,
la quale sola sussiste continuamente e senza mutamento attraverso tutto il Manvantara e
possiede cos la perpetuit ciclica. (id., 112) Se ogni tradizione ortodossa, riflesso della
Tradizione Primordiale, non il S.D., essa lo rappresenta per quanti vi aderiscono e vi
partecipano in modo effettivo. In un certo senso, tutte queste forme tradizionali sono
principialmente contenute nel S.D. e, in senso inverso, esse contengono il S.D. (id., 113) La
nozione di S.D. appare pi particolarmente legata alla tradizione ind, la quale, tra tutte le
forme tradizionali viventi, quella che pi direttamente deriva dalla Tradizione
Primordiale. Il punto di partenza di un altro ciclo rimanifester all'esterno il vero S.D. (id.,
114)

DIALETTICA --La d., in definitiva, non altro che la messa in opera o l'applicazione
pratica della logica. (In., 1952, 26) sottinteso che intendiamo la parola d. nel senso
originale, quello che aveva per Platone e Aristotele, senza minimamente preoccuparci delle
accezioni speciali che le vengono date attualmente, e che sono tutte derivate, pi o meno
direttamente, dalla filosofia di Hegel. (id., 26, n. 1)

DIFFERENZIALE Calcolo D. Il c.d. consiste nel calcolare i limiti di rapporto in cui i


due termini vanno simultaneamente in decrescenza indefinita secondo una certa legge, in
maniera tale che il rapporto stesso conserva sempre un valore finito e determinato. (Calc.
Inf., 1946, 53) Una delle principali utilizzazioni del c.d. quella di determinare le direzioni
delle tangenti in ciascun punto di una curva. (id., 55)

DIMENSIONE Ciascuna d. introduce, in una qualche maniera, un nuovo gradi di

55

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

indeterminazione nell'estensione, cio nel continuo spaziale considerato come suscettibile


di crescere indefinitamente in estensione. (Calc. Inf., 1946, 82)

DISCONTINUO Infinito D. L'idea dell'Infinito come la intende Leibnitz si presenta


qualche volta sotto l'aspetto di un i.d. . (Calc. Inf., 1946, 46)

DISCUSSIONE La d., in generale, se cos si pu dire un procedimento profano


per eccellenza. (Cons., 1946, 297)

DISORDINE Il d., in fondo, si confonde collo squilibrio e, nel mondo dell'uomo, si


manifesta sotto le specie di quella che viene chiamata ingiustizia. (Aut., 1929, 142) Ogni
volta che il d. si accentua, il movimento subisce un'accelerazione, giacch viene fatto un
ulteriore passo avanti nel senso del cambiamento e dell'istantaneit. Come tutto quello che
ha un'esistenza solo negativa, il d. distrugge se stesso; il suo stesso eccesso pu essere
rimedio ai casi pi disperati, poich la crescente rapidit del mutamento trover
necessariamente la sua fine. (id., 144) Al limite estremo del d., compreso l'apparente
annientamento del mondo esteriore , si produrr l'avvento della Gerusalemme Celeste,
la quale sar, nei confronti di un nuovo periodo della storia dell'umanit, l'analogo del
Paradiso Terrestre nei confronti del periodo che trover il suo termine nello stesso istante.
(id., 145) D'altra parte il d. , in un certo senso, implicito in ogni manifestazione presa a s,
poich la manifestazione, considerata al di fuori del suo principio e quindi come
molteplicit non unificata altro non che una serie indefinita di rotture d'equilibrio.
(Croce, 1931, 80) Il d. esiste dal punto di vista delle contingenze e, per quel che concerne
l'umanit terrestre, siamo in un'epoca in cui il d. pare trionfare. (Hind., 1965, 21)

DISSOLUZIONE verso la d. che il mondo moderno sta incamminandosi


antitradizionale. (Regno, 1945, 200) La seconda parte dell'azione anti tradizionale non
tende pi alla solidificazione, ma alla d. (id., 236)

DIVENIRE Filosofie del D. Le f. del d., sotto l'influsso della recentissima idea di
progresso, hanno assunto tra i moderni una forma speciale, mai presentata dalle teorie
antiche dello stesso genere. (Crisi., 1927, 64)

DIVINATORIO Arte-i D. L'a. d. di coloro che cercarono di ricostruire l'astrologia


antica fu solo la deviazione di un'astrologia gi prossima a scomparire, da considerarsi al
massimo come una sua applicazione di ordine inferiore. (Crisi, 1927, 75) Le a.d. sono
frammenti incompresi di antiche scienze tradizionali quasi completamente perdute, le

56

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

quali, oltre al pericolo gi inerente al loro carattere di residui, sono per lo pi arrangiate e
combinate in modo che la loro messa in azione apre la porta all'intervento di tutte le
influenze psichiche del tipo pi dubbio. (Regno, 1945, 306)

DIVINO Ci che d., essendo necessariamente interiore ad ogni cosa, agisce in rapporto
all'uomo al modo di un principio solforoso . (Triade, 1945, 121)

DIVISIBILIT La d. una qualit inerente alla natura dell'estensione. (Calc. Inf., 1940,
39)

DOGMA Il d. costituisce la parte intellettuale della religione. Il nome di d. si applica


propriamente ad una dottrina religiosa. (Int., 1921, 85) Se il d. non esiste dovunque,
perch, anche solo nell'ordine exoterico, esso non avrebbe la stessa ragion d'essere che in
Occidente; vi della gente che, per non divagare , ha bisogno di essere tenuta
strettamente sotto tutela, mentre altri non ne hanno affatto bisogno; il d. necessario per i
primi e non per i secondi. Si potrebbe dimostrare molto facilmente che il d. tutt'uno con la
forma speciale di organizzazione tradizionale rappresentata dalla costituzione di una
Chiesa, la quale, anch'essa, specificamente occidentale. (In., 1952, 149)

DOTTRINA L'intellettualit di una d. pu trovarsi allo stato puro e si tratta allora di


una dottrina metafisica, oppure mescolata ad elementi eterogenei e dare vita ad una
dottrina religiosa. dunque necessario, perch assuma la forma che conviene al punto di
vista religioso, che una d. subisca l'influenza di elementi extraintellettuali, i quali avranno,
nella loro maggioranza, un carattere sentimentale. (id., 85) Una d. che si adatti alle esigenze
dell'essere sentimentale, e che deve perci essa stessa rivestirsi di una forma sentimentale,
non pu, con ci stesso, identificarsi alla Verit Assoluta. (id., 105) Lo spirito di qualsiasi d.
di natura esoterica, mentre la sua lettera di natura exoterica. (id., 137) Le circostanze
storiche, n pi n meno di qualsiasi altra contingenza, non hanno alcuna influenza
sull'essenza della d., che di carattere immutabile e puramente atemporale. (id., 159) Le
deviazioni della d. appaiono generalmente legate ad una sovversione della gerarchia
sociale. (id., 191) Nessuna d. pot mai essere politeista in se stessa e nella sua essenza e tale
pot diventare solo per una profonda deformazione. (id., 195) Gli angoli visuali da cui la d.
pu essere presa in esame sono suscettibili di maggiore o minore suddivisione, n sono
tutti ugualmente irriducibili, giacch qualcuno di essi in modo pi fondamentale e ad
esso gli altri debbono essere subordinati. Sar perci sempre possibile raggruppare i punti
di vista secondari intorno a quelli principali. (id., 201) Non la d. deve abbassarsi e ridursi a
misura della ristretta capacit di intendere della massa, ma piuttosto tocca agli individui di
elevarsi, se ne sono capaci, alla comprensione della d. nella sua purezza integrale. (id., 255)

57

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Quel che di una d. ci interessa la verit, nel senso assoluto della parola, di quanto vi
espresso. (id., 261) Una d. che si limiti a prendere in considerazione esseri individuali non
pu meritare il nome di metafisica; una tale d. pu sempre dirsi propriamente fisica nel
senso originario della parola, poich rimane esclusivamente nel dominio della Natura, cio
della manifestazione. (Croce, 1931, 19-20) Negare l'unit e l'invariabilit di una d. equivale
a negarne le caratteristiche essenziali e fondamentali, cio proprio quelle senza le quali essa
non merita pi questo nome. (In., 1952, 145) L'immutabilit della d. non ha mai, in se stessa,
ostacolato sviluppi ed adattamenti, alla sola condizione che essi siano sempre in stretta
conformit coi principi. (Hind., 1965, 89)

DOTTRINALE Insegnamento D. naturale che l'i.d. non possa essere assimilato in


uno stesso grado da tutti quelli che lo ricevono. (Ved., 1925, 27) L'affievolirsi dell'i.d., quasi
del tutto sostituito da vaghe considerazioni morali e sentimentali, pu solo respingere o
allontanare coloro che hanno aspirazioni di ordine intellettuale. (Simb., 1962, 17)

DRUIDICO Tradizione D. Quando si viene ad assicurare che esistono sempre dei


centri spirituali conservanti integralmente la t.d., noi ci aspettiamo che ci si fornisca la
prova di ci, senza dire che la cosa ci appare assai dubbia, se non addirittura inverosimile.
(Crisi., 1927, 47)

DUALISMO da vedersi nell'opposizione tra spirito e materia un caso particolare di d.


Il carattere distintivo del d. l'arrestarsi ad un'opposizione tra due termini pi o meno
particolari; dichiarando questa opposizione irriducibile ed assoluta, mentre essa solo
relativa e contingente, il d. impedisce a se stesso di passare aldil dei due termini che ha
posto in tal modo un di fronte all'altro e si ritrova cos limitata da ci stesso che fa di esso
un sistema (Int., 1921, 127) Volendo ridurre direttamente uno dei due termini all'altro non
si pu mai uscire completamente dall'alternativa posta dal d. (id., 128) Il d. una
concezione sistematica di carattere semplicemente filosofico. (id., 129) Non vi pu essere d.
in una qualsiasi dottrina che se due termini opposti o complementari sono posti sin dal
primo momento e considerati come ultimi e irriducibili, senza alcuna derivazione da un
principio comune. (Triade, 1945, 16) Nel Manicheismo, come nella religione di Zoroastro, il
d. non era che una dottrina puramente exoterica, la quale si sovrapponeva alla vera
dottrina esoterica dell'Unit. (Mel., 1976, 11) la fatale illusione del d. che realizza il Bene e
il Male e che, considerando le cose sotto un punto di vista particolare, sostituisce la
molteplicit all'Unit e chiude cos gli esseri sui quali esercita il suo potere nel dominio
della confusione e della divisione. (id., 14)

DUALIT Si pu dire che la natura dell'Albero della Scienza del Bene e del Male sia
caratterizzata dalla d., come suggerito dalla sua stessa denominazione, in cui troviamo i

58

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

due termini non soltanto complementari, ma addirittura opposti. (Croce, 1931, 89)
Riconoscere l'esistenza di una d. e situarla al posto che le spetta realmente non costituisce
per nulla un dualismo, dal momento che i termini della d. procedono da un principio
unico. (Triade, 1945, 17)

DWPAS I sette d. (letteralmente isole ) emergono successivamente nel corso di certi


periodi ciclici, di modo che ciascuno di essi il mondo terrestre considerato nel
corrispondente periodo. Vi dunque una faccia del Mru rivolta verso ciascuno dei sette d.
(Re, 1927, 59) Si pu ravvisare un'altra correlazione con i Manvantara, quella relativa ai
sette d. o regioni in cui si divide il nostro mondo. (Forme, 1970, 13-14) Essi non
emergono simultaneamente, bens successivamente nel corso di ogni Manvantara; si deve
concludere che ogni d. apparir due volte nel Kalpa, ossia una volta in ciascuna delle serie
settenarie in cui il Kalpa si divide. (id., 14)

59

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-E-

ECCLESIASTICI L'atteggiamento caratteristico dei laici sembra ora avere conquistato


un numero viepi crescente di e., i quali paiono non comprendere quanto esso sia opposto
alla Tradizione. Si pu d'altronde constatare una strana contraddizione: Gli e. pi
influenzati dalle tendenze moderne si mostrano molto pi preoccupati dell'azione sociale
che della dottrina. (In., 1952, 104)

ECONOMICO Campo E. Che si tratti di popoli ovvero di individui, il c.c. e non pu


essere che quello di una rivalit di interessi. (Crisi., 1927, 125)

EDENICO Stato E. Lo S.E., lungi dall'essere il termine, sar solo la base su cui l'essere
si appogger per salire alle stelle , vale a dire per elevarsi agli stati superiori. (Dante,
1925, 51)

EDIFICIO All'origine ogni e. era costruito tradizionalmente secondo un modello


cosmico. (Simb., 1962, 343)

EFFETTIVO Iniziazione E. Le organizzazioni danno un'i.e. l dove esiste ancora una


vera dottrina tradizionale, ma non ne offrono pi che l'ombra quando lo spirito di questa
dottrina ha cessato di vivificare i simboli ed ogni legame col Centro del Mondo ha finito
coll'essere rotto. (Re, 1927, 65) Il lavoro interiore concerne propriamente l'i.e. (Cons., 1946,
261) Seguire la via l'i.e. (id., 262) Al punto dove l'essere prende coscienza di concorrere
alla realizzazione totale del Piano del grande Architetto dell'Universo, comincer per lui
l'i.e. (id., 272)

EGO L'estinzione dell'E. non in alcun modo una annichilazione dell'essere, ma, al
contrario, implica una specie di sublimazione delle sue possibilit. (Regno, 1945, 82)

EGUAGLIANZA Essendo l'e. impossibile di fatto ed essendo praticamente impossibile


sopprimere ogni differenza fra gli uomini, a onta di ogni opera di livellamento, si finisce,
con un curioso illogismo, con l'inventare delle false lites, lites multiple che pretendono di
sostituirsi alla sola lite reale. (Crisi, 1927, 113)

EGUALITARIO Concezioni E. Le c.e. tendono a fare degli individui qualcosa che

60

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

assomiglia al massimo a semplici macchine, collo spogliarli pi o meno completamente


delle qualit loro proprie. (Regno, 1945, 67) Teorie E. Come possibile che uomini ai quali
sono state predicate le t.e. non si rivoltino constatando intorno l'ineguaglianza nella forma
per essi pi sensibile, poich di ordine pi grossolano? (Crisi, 1927, 132)

EGUALITARISMO L'e. in tutte le sue forme rappresenta uno degli aspetti dello spirito
moderno. nondimeno strano e quasi incredibile, per chiunque non sia sprovvisto di ogni
facolt di riflessione, vedere l'e. ammesso apertamente e proclamato anche con insistenza
dai membri di organizzazioni iniziatiche. (Cons., 1946, 360)

ELEMENTI Se gli e. sono i principi costitutivi dei corpi, in tutt'altro senso di quello in
cui i chimici considerano la costituzione di questi corpi. (Hind., 1965, 52) In ogni caso, gli e.
non sono dei corpi, ma i principi sostanziali a partire dai quali i corpi sono formati. (id.,
52-53) Se si vuole assolutamente cercare un punto di comparazione con le teorie fisiche,
nell'accezione attuale del termine, sarebbe pi giusto considerare gli e., riferendosi alla loro
corrispondenza colle qualit sensibili, come rappresentanti differenti modalit vibratorie
della materia. (id., 54) Noi possiamo vedere negli e. l'espressione delle condizioni
dell'esistenza corporale, non pi dal punto di vista umano, ma dal punto di vista cosmico.
(id., 55) La concezione degli e. si ricollega non solo alle condizioni dell'esistenza corporale
ma anche a quella di esistenza di ordine universale e, pi precisamente, alle condizioni
stesse di ogni manifestazione. (id., 56) Noi potremmo considerare gli e. come differenti
modalit vibratorie della materia fisica, modalit sotto le quali essa si rende percettibile
successivamente ai sensi della nostra individualit corporale. (Mel., 1976, 111)

ELETTI Gli E. sono, come la parola lo indica, coloro che fanno parte dell'lite
intellettuale intesa nella pienezza del suo vero senso. (Crisi, 1927, 159) Onde il Vangelo dice
che molti saranno i chiamati e pochi gli E. (id., 160)

LITE L'. come la intendiamo noi rappresenta l'insieme di coloro che posseggono le
qualificazioni per l'iniziazione e che sono naturalmente una minoranza tra gli uomini.
(Cons., 1946, 358) La ricostituzione dell'e. cosciente delle sue possibilit iniziatiche la
prima condizione da cui dipende tutto il resto. (id., 359)

EMANAZIONE Colla parola e., che si ha l'abitudine di associare alle concessioni


panteiste, forse per le medesime ragioni ed a seguito delle stesse confusioni, vogliamo
designare la manifestazione, quando essa non presentata sotto l'aspetto di creazione. (Ap.
I. T. 1975, 91) L'idea di e. propriamente quella di un'uscita, ma ci non interessa la
manifestazione, in quanto nulla pu realmente uscire dal Principio, il quale, se qualche

61

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

cosa ne uscisse, non potrebbe pi essere infinito e si troverebbe limitato dal fatto stesso
della manifestazione. La verit che, al di fuori del Principio, non vi , n potrebbe esservi
altro che il Nulla (id., 92)

EMOTIVO Impulsi E. Gli i.e. inibiscono la riflessione ed una delle abilit pi volgari
della politica demagogica moderna quella che consiste nel trar partito da tale
incompatibilit. (Crisi, 1927, 109)

EMPIRISMO L'E. la tendenza a ricondurre all'esperienza, e pi particolarmente


all'esperienza sensibile, l'origine e il termine di ogni conoscenza: negazione di tutto ci che
veramente intellettuale. (Or. Occ., 1924, 101) L'E. l'idea moderna che ogni conoscenza
derivi interamente dall'esperienza, pi precisamente, dall'esperienza sensibile. (Mel., 1976,
136-137)

ENCICLOPEDISTI Gli E. del XVIII secolo furono i pi accaniti negatori di ogni realt
sovrasensibile. (Regno, 1945, 110)

EQUILIBRIO Avendo i matematici moderni il torto di ritenere lo zero come una specie
di simbolo del Nulla, sembra risultare da ci che l'e. lo stato di non-esistenza. La vera
nozione dell'e. tutt'altra che questa. (Calc. Inf., 1946, 74) Affinch due forze agenti in un
punto si facciano e., bisogna che la loro risultante abbia per coefficiente l'unit, cos l'e. sar
definito, non pi dallo zero, ma dall'unit. La definizione dell'e. per mezzo dell'unit, che
la sola reale, corrisponde al fatto che l'unit occupa il mezzo nella successione doppiamente
indefinita dei numeri interi e dei loro inversi. Ben lungi dall'essere lo stato di non-esistenza,
l'e. , al contrario, l'Esistenza considerata in se stessa. (id., 75) Nell'insieme delle cose, l'e.
fatto dalla somma di tutti gli squilibri e tutti i disordini parziali concorrono all'Ordine
Totale. (Hind., 1965, 15)

EQUINOZI Il fare cominciare l'anno dagli e. indica il ricollegamento ad una tradizione


secondaria. (Forme, 1970, 39)

EREDITA L'e. non esprime integralmente le influenze dell'ambiente sull'individuo, ma


ne costituisce solamente la parte pi immediatamente afferrabile. (Triade, 1945, 83)

ERMETICO Tradizione E. La storia della t.e. , in Occidente, intimamente legata a


quella degli Ordini di Cavalleria. (Dante, 1925, 36)

62

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ERMETISMO La parola E. indica trattarsi di una tradizione di origine egiziana, rivestita


in seguito di una forma ellenizzata, senza dubbio all'epoca alessandrina, e trasmessa sotto
questa forma, nel Medioevo, ugualmente al mondo islamico ed al mondo cristiano. (Cons.,
1946, 338) Nel caso dell'E. si tratta di una conoscenza d'ordine non metafisico, ma
cosmologico, intendendo questo termine nella sua semplice applicazione macrocosmica e
microcosmica. (id., 340) Bisogna notare particolarmente la connessione dell'E. cogli Ordini
di Cavalleria. (Dante, 1925, 21) Comunque, all'epoca di Dante, l'E. esisteva nell'Ordine del
Tempio. (id., 22) Il complesso di insegnamenti che va sotto il nome di E. costituisce una
dottrina tradizionale completa? La risposta non pu che essere negativa, poich non si
tratta di una conoscenza di ordine propriamente metafisico, bens soltanto cosmologico.
Non dunque ammissibile che l'E., nel significato che questo termine ha assunto a partire
dall'epoca alessandrina, rappresenti l'intera tradizione egiziana. (Forme, 1965, 106)

ER-RH E.R., lo Spirito, Spirito Totale dell'Esistenza Universale, si identifica


essenzialmente colla luce. Esso prodotto direttamente per ordine divino. Prima di lui non
vi altro che l'affermazione dell'Essere Puro e la formulazione prima della Suprema
Volont. (Ap. I.T., 1975, 55) Nella raffigurazione del Trono, E.R. posto al centro e questo
posto effettivamente quello di Metatron. In un certo modo, E.R. si identifica al Trono,
poich, contornando ed avviluppando tutti i mondi, coincide colla Circonferenza Prima.
(id., 59)

ERUDIZIONE Una conoscenza esteriore e superficiale quella che l'e. basta a


procurare. Tra i moderni vi prima di tutto un timore istintivo per quanto eccede i confini
dell'e. e rischia di mostrare come quest'ultima sia mediocre e del tutto puerile. (Int., 1921,
262) Gli specialisti ben difficilmente arriveranno a capire la possibilit di porsi, come noi
facciamo, da un angolo visuale diverso da quello dell'e. (id., 294)

ESATTO Scienze E. Le cosiddette s.e. dei moderni, col fare intervenire le statistiche e
col pretendere di trarre previsioni per l'avvenire, non sono in realt se non semplici scienze
congetturali. (Regno, 1945, 91)

ESCLUSIVISMO L'e. conseguenza naturale della ristrettezza di vedute, di ci a cui


abbiamo dato il nome di miopia intellettuale . (Int., 1921, 260) Ogni e. non pu essere che
l'espressione di una mentalit sistematica, incompatibile colla comprensione dei principi
universali. (Or. Occ., 1924, 212-213)

63

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ESICASMO Nelle Chiese d'Oriente si mantenuta una forma di iniziazione, l'E., sul cui
carattere iniziatico non vi da dubitare. Nell'E. l'iniziazione propriamente detta
essenzialmente costituita dalla trasmissione regolare di certe formule, comparabile alla
comunicazione dei mantras nella tradizione ind e a quella del wird nel turuq
islamico. Esiste pure tutta una tecnica di invocazione come mezzo proprio del lavoro
interiore . (Ap. C., 1954, 25)

ESISTENZA L'E. unica e tutto ci che contiene non che la manifestazione, sotto
molteplici modi ed aspetti, di un unico e identico principio, che l'Essere Universale. (Int.,
1921, 212) Quando parliamo dell'E., ci riferiamo alla manifestazione universale, con tutti gli
stati o gradi in molteplicit indefinita, ognuno dei quali pu anche essere chiamato un
mondo. (Croce., 1921, 22) Per prima cosa occorre stabilire il principio che l'E., considerata in
modo universale, unica nella sua natura intima e trae questa unit dall'Essere, che uno
in se stesso: infatti l'E. altro non che la manifestazione integrale dell'Essere. (id., 23) L'E.
comprende soltanto le possibilit di manifestazione e, per di pi, limitata a quelle che si
manifestano effettivamente. L'E. quindi ben lungi dall'essere tutta la Possibilit. (id., 24).
Bench l'E. sia essenzialmente unica, nondimeno essa comprende la molteplicit indefinita
dei modi della manifestazione e questo proprio in quanto sono tutti egualmente possibili.
(Stati, 1931, 45) L'E., pur nella sua unicit, comporta un'indefinit di gradi, corrispondenti a
tutti i modi della manifestazione universale. (id., 46) Quando si tratti del dominio dell'E.,
siamo al di qua della distinzione tra Essere e Sostanza. (Triade, 1945, 72)

ESOTERICO Dottrine E. Ci che offre un interesse particolare per la storia delle d.e.
la constatazione che parecchie loro manifestazioni coincidono in Occidente, con
l'approssimazione di qualche anno, con la distruzione dell'Ordine del Tempio. (Dante,
1925, 35)

ESOTERISMO L'e. pi profondo e d'ordine pi elevato si rivolge solo a chi preparato


in modo speciale e capirlo. (Int., 1921, 134) Esistono persone che non possono sentire
pronunziare la parola e. senza immediatamente pensare all'occultismo o ad altre cose dello
stesso genere, nelle quali di vero e. non vi la minima traccia. (Or. Occ., 1924, 215216). L'e.
essenzialmente una cosa diversa dalla religione e non la parte interiore della religione come
tale, anche quando prende la sua base ed il suo punto di appoggio su di essa. (Cons., 1946,
41) E mediante l'e. che si unificano tutte le dottrine tradizionali, oltre le differenze, del resto
necessarie nel loro ordine, delle forme esteriori di esse. L'e., anche quando prende per
appoggio, come mezzo di espressione e di realizzazione, la religione, non fa altro che
collegarla effettivamente al suo principio. (id., 104) L'e. veramente, in rapporti
all'exoterismo religioso, ci che lo spirito in rapporto al corpo. (id., 105) La negazione
dell'e. si presenta come prima tappa obbligata di qualsiasi tentativo di semplificazione.

64

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

(Regno, 1945, 99) E. e Exoterismo L'es. sviluppa e completa, dandogli un senso pi


profondo, quanto l'ex. espone in forma troppo vaga e semplificata. (Int., 1921, 134) Si
potrebbe parlare dell'esistenza di un es. e di un ex., in qualunque dottrina, distinguendone
la concezione e l'espressione, la prima del tutto interiore, di cui la seconda non che
l'esteriorizzazione: si pu dire che la concezione rappresenta l'es. e l'espressione ex. (id.,
136) Nelle dottrine orientali la distinzione tra es. ed ex. non pu essere applicata allo stesso
modo o, in certi casi, non pu essere applicata del tutto. (id., 139) La distinzione tra es. ed
ex. non si punto mantenuta nella filosofia moderna. (id., 145)

ESOTISMO Fra le molteplici manifestazioni dell'estetismo moderno, conviene


assegnare un posto a parte al gusto dell'e., il quale, indipendentemente dai fattori che
possono averlo determinato, in definitiva ancora riconducibile ad una questione di
sensibilit pi o meno artistica estranea a qualsiasi vera comprensione. (In., 1952, 119-120)
Bisogna allora rendersi conto che non si potr mai giungere alla vera comprensione di una
dottrina qualsiasi, fintanto che l'eventuale impressione d'e. non sar completamente
sparita. (id., 120)

ESPERIMENTAZIONE Senza andare pi in l dell'antichit classica, si vede come tutto


quanto si riferisce all'e. era considerato come costituente una conoscenza di ordine
inferiore. (Mel., 1976, 135)

ESSENZA L'e. la sintesi principiale di tutti gli attributi appartenenti ad un essere e che
fanno di questo essere ci che . (Regno, 1945, 22)

ESSENZIALE Punto E. Il manifestato nulla sarebbe senza il p.e., mentre questo p.e., a
sua volta nulla come manifestato, contiene in modo principiale, proprio in virt della sua
non-manifestazione, tutte le manifestazioni possibili. (Croce., 1931, 220)

ESSERE L'E. non in realt il pi universale di tutti i principi. (Int., 1921, 132) Tutto ci
che si pu esprimere in forma affermativa necessariamente racchiuso nel dominio dell'E.,
poich questo la Prima Affermazione o la Prima Determinazione. (Ved., 1925, 139) Tutte le
cose sussistono solo per l'E. ed esso sussiste per se stesso. (id., 202) L'Infinit non un
attributo che si addice all'E. (id., 203) ben vero che l'E. oltre qualsiasi distinzione, poich
la Prima Distinzione quella tra Essenza e Sostanza. (id., 204) L'E. uno, o meglio la
stessa Unit Metafisica; ma l'Unit racchiude in s la molteplicit; perci nell'E. stesso si
pu considerare una molteplicit d'aspetti, che ne sono altrettanti attributi o qualifiche. (id.,
204-205) Nella manifestazione la distinzione implica una separazione; l'E. invece oltre la
separativit . Cos quello che al grado dell'E. non distinto . (id., 205) Nell'E. tutti gli

65

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

esseri (intendiamo le loro personalit) sono uno senza confondersi e sono distinti senza
separazione. Di l dell'E. non vi distinzione possibile: siamo aldil della molteplicit, ma
anche aldil dell'Unit. (id., 206) L'unit dell'E. non esclude la molteplicit dei modi della
manifestazione, n da questa pu essere infirmata, in quanto questi modi essa li comprende
egualmente tutti, per la sola ragione che tutti sono egualmente possibili. (Croce, 1931, 23)
Quando si parla degli stati di non-manifestazione dell'E., bisogna ancora distinguere tra il
grado dell'E. e ci che aldil di esso. (id., 25) La proposizione di cui l'E.
contemporaneamente soggetto e attributo prende la seguente forma: L'E. l'E. . Si tratta
dell'espressione del rapporto tra l'E. come soggetto e l'E. come attributo; d'altra parte, l'E.
soggetto essendo il Conosciuto e l'E. attributo il Conoscente, questo rapporto esprime
l'essenza stessa della Conoscenza. (id., 143) Sia ben chiaro fin d'ora che l'E. non racchiude in
s tutta la Possibilit e non quindi per nulla identificabile all'Infinito. (Stati, 1931, 24) L'E.,
come principio della manifestazione, comprende s tutte le possibilit di manifestazione,
ma solo in quanto si manifestano. (id., 35) L'E. contiene dunque tutto il manifestato. (id., 37)
L'E. comprende dunque in s l'Esistenza e ne metafisicamente superiore, poich ne
rappresenta il principio (id., 45). E. e Non E. La distinzione tra l'E. e il N. E. puramente
contingente, essendo valida solo dal punto di vista della manifestazione, punto di vista
essenzialmente contingente. (Stati, 1931, 39)

ESSERE Un e. qualsiasi, umano o qualunque altro, pu venire esaminato da molti punti


di vista, possiamo anzi dire da un'indefinit di punti di vista, tutti egualmente legittimi nei
loro rispettivi campi, a condizione che nessuno di essi pretenda di superare i limiti che gli
sono propri, n soprattutto diventare esclusivo, portando alla negazione degli altri. (Croce,
1931, 19) L'integrazione dello stato umano, o di un altro stato qualsiasi, rappresenta, nel
suo ordine ed al suo livello, la realizzazione stessa della totalit dell'e. (id., 36) Quando si
considera l'e. nel suo stato individuale umano, bisogna avere ben presente che
l'individualit corporea solo una semplice modalit di tale individualit umana, mentre
quest'ultima suscettibile di uno sviluppo indefinito. (id., 105) Un e., nella sua totalit e
nell'indefinit dei suoi stati, sar rappresentato mediante uno spazio a tre dimensioni. (id.,
112) Nella rappresentazione che riguarda un solo e., ogni piano orizzontale soltanto lo
sviluppo della stessa possibilit per questo e. (id., 116) Per realizzarsi totalmente l'e. deve
sfuggire alla concatenazione ciclica e passare dalla circonferenza al centro, punto di
incontro dell'essere con il piano rappresentativo dello stato in cui tale e. attualmente si
trova. (id., 192) La concezione tradizionale dell'e. differisce essenzialmente, nel suo
principio stesso e appunto in virt di questo principio, da tutte le concezioni
antropomorfiche e geocentriche da cui la mentalit occidentale non riesce ad affiancarsi che
con estrema difficolt. (id., 197) L'e., prendendo lo stato umano come punto di partenza e
come base della propria realizzazione, ne fa realmente lo stato centrale della sua totalit.
(id., 208) Se si considera un e. nella sua totalit, esso dovr comportare, almeno
virtualmente, stati di manifestazione e stati di non-manifestazione, poich soltanto in
questo senso si pu parlare di totalit. (Stati, 1931, 43) Sono essenzialmente gli stati di

66

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

non-manifestazione che assicurano all'e. la permanenza e la stabilit. (id., 44) L'attivit


dell'e. nell'ordine intellettuale e mentale, pur esercitandosi simultaneamente, pu arrivare a
dissociarsi al punto da renderli completamente indipendenti l'uno dall'altro per quel che
riguarda le rispettive manifestazioni. (id., 79) Nei vari cicli di sviluppo dell'e. l'ordine di
conseguenza puramente logico, o meglio, logico ed ontologico nello stesso tempo. (id.,
89-90) L'e. che totalizza in s tutti gli stati pu sempre evidente venir considerato nei suoi
rapporti con uno qualsiasi di essi e come se effettivamente vi fosse situato , bench in
realt si trovi aldil di tutti gli stati e li contenga tutti, lungi all'essere contenuto da questi.
(id., 106) Si pu ben dire che l'e. giunto effettivamente allo stato di non-manifestazione
possiede per questa ragione tutto il resto e lo possiede veramente in sovrappi . Solo l'e.
che ha raggiunto la Realizzazione Totale pienamente sufficiente dal punto di vista
metafisico. (id., 110). Per l'e. che ha raggiunto effettivamente il punto di vista centrale dello
stato considerato, realizzandone cos l'integralit, tutti gli altri punti di vista pi o meno
particolari non hanno pi alcuna importanza, se presi distintamente, poich egli li unifica
tutti in un punto di vista centrale. (id., 111) Ogni e. che si ponga al centro di uno stato
particolare diviene, per ci stesso, padrone dell'integralit di questo stato. (id., 112) Ogni e.
ha in s il suo destino, sia in modo relativo (come destino individuale), sia in modo
assoluto, se si tratta dell'e. nella sua totalit. (id., 133) L'affermare che un e. non mai libero,
equivale a dire che esso non se stesso, che si identifica cogli altri, o che non ha in s una
ragion d'essere neppure immediata, ci che in fondo equivale a dire che non un vero e.
(id., 137) Ogni e., per essere veramente tale, deve possedere una certa unit, il cui principio
risiede in lui. (id., 137, n. 2) Ogni e. una composizione di forma e di materia , poich
la sua esistenza procede ad un tempo dall'Essenza e dalla Sostanza. (Regno, 1945, 21) L'e. si
manifester rivestendosi, per cos dire, di elementi presi dall'ambiente e la cristallizzazione
dei quali sar determinata dall'azione su questo ambiente, della sua propria natura interna.
(Triade, 1945, 82) La situazione dell'e. nell'ambiente determinata in definitiva dalla sua
propria natura; gli elementi che l'e. prende dal suo ambiente immediato debbono essere
necessariamente in corrispondenza con questa natura. L'e. non prende dall'ambiente che
ci che conforme alle possibilit che porta in s. Vi tuttavia un senso nel quale l'e.
subisce veramente l'influenza dell'ambiente; ma solamente in quanto questa influenza
considerata dal suo lato negativo, vale a dire in quanto essa costituisce propriamente per
questo e. una limitazione. (id., 84) Un'applicazione importante quella riferentesi al fatto
che un e. appartiene ad una certa specie, come, ad esempio, la specie umana: vi
evidentemente nella natura stessa di questo e. qualche cosa che ha determinato la sua
nascita in questa specie e non in una qualsiasi altra. Solamente bisogna ben comprendere
che non in quanto individuo manifestato nello stato considerato che l'e. appartiene
effettivamente alla specie in questione. (id., 86) Stato-i. dell'e. Nella rappresentazione
geometrica a tre dimensioni, ciascuna modalit di un qualsiasi s. dell'e. indicata da un
solo punto. (Croce, 1931, 111) Se dunque ogni modalit, considerata come un'indefinit
semplice, rappresentata da un punto e, nello sviluppo dinamico, da una retta, uno s.
dell'e., che implica un'indefinit di tali modalit, cio una doppia indefinit, sar allora
raffigurato, nella sua integralit, da un piano orizzontale. (id., 112) Invece di rappresentare

67

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

le diverse modalit di uno stesso s. dell'e. mediante rette parallele, possiamo rappresentarle
mediante circonferenze concentriche, tracciate nello stesso piano orizzontale. (id., 127) Uno
s. dell'e. lo sviluppo di una possibilit particolare in un grado determinato dall'Esistenza
Universale e questo grado definito dalle condizioni a cui soggiace la possibilit
considerata. (Stati, 1931, 46) Insistiamo in modo particolare sulla simultaneit degli s.
dell'e., poich se non concepissimo come simultanee nel principio anche le modificazioni
individuali che si realizzano in modo successivo nell'ordine della manifestazione, esse
avrebbero un'esistenza puramente illusoria. (id., 69) Gli s. dell'e. sono veramente, per loro
stessa natura, in moltitudine indefinita, dovendo gli stati manifestati corrispondere a tutti i
gradi dell'Esistenza Universale. (id., 81) La gerarchia dei vari s. dell'e. caratterizzata dalla
loro sovrapposizione secondo la direzione dell'asse verticale di questa stessa
rappresentazione. (id., 85) Anche se in un modo o nell'altro si dividono gli s. dell'e. in due
categorie, chiaro che tutto ci non comporta alcuna traccia di dualismo, poich questa
divisione avviene in base ad un principio unico. (id., 94) Stati superiori dell'E. Tutto ci
che si dice teologicamente degli stati angelici, pu essere detto metafisicamente degli s.
dell'e. (Stati, 1931, 103)

ESSERI Tutti gli e. sono egualmente sottomessi alle condizioni generali che definiscono
gli stati di esistenza nei quali sono posti. (Ved., 1925, 72)

ESTENSIONE L'e. non che un puro e semplice modo d'essere della quantit. (Regno,
1945, 44) L'e., essendo qualche cosa di determinato, non pu essere infinita e, dunque, non
pu evidentemente implicare alcuna possibilit infinita pi di quanto non lo sia essa stessa.
Finch c' e., questa e. sempre divisibile. Per conseguenza l'e., come tale, non pu essere
composta di elementi indivisibili, perch questi elementi, per essere veramente indivisibili,
dovrebbero essere inestesi ed una somma di elementi inestesi non pu mai costituire un'e.
(Calc. Inf., 1946, 39) Non si pu arrivare ad elementi semplici, cio indivisibili, senza uscire
dalla condizione speciale che l'e. (id., 40) L'e. esiste in atto dal momento in cui il punto si
manifestato, ma non si deve credere che si debba assegnare all'e. un inizio temporale,
poich si tratta solo di un punto di partenza puramente logico, di un principio ideale dell'e.
nella sua integralit. (Mel., 1976, 123) L'e., considerata dal punto di vista sostanziale, non
distinta dall'Etere, fino a che non si produce un movimento complesso che determina una
differenziazione formale; ma l'indefinit delle possibili combinazioni dei movimenti d in
seguito nascita, in questa e., all'indefinit delle forme. (id., 129)

ESTERIORE Istruzione E. L'i.e., sebbene non sia profana, ma invece legittima ed anche
tradizionale nel suo ordine, nondimeno, per natura e per destinazione, qualcosa di
interamente diverso da ci che si riferisce al dominio iniziatico. (Cons., 1946, 291) Mondo E.
L'insieme dell'ambiente cosmico considerato come formante, in rapporto all'uomo, il

68

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

m.e. (Triade, 1945, 121) Scienze E. Si potrebbe anche dire che le s.e. forniscano un modo
d'espressione per verit superiori. (Dante, 1925, 16)

ESTERIORIZZAZIONE Noi parliamo di e. ponendoci dal punto di vista della


manifestazione, ma non bisogna dimenticare che ogni e., in quanto tale, essenzialmente
illusoria. (Stati., 1931, 87)

ESTETICO Concezione E. La c.e. quella che pretende di ridurre ogni cosa ad una
semplice questione di sensibilit: si tratta della concezione moderna e profana dell'arte. (In.,
1952, 116)

ESTINZIONE L'e. in realt la pienezza dell'essere, come il non-agire la pienezza


dell'attivit. (Ap. I. T., 1975, 52)

ESTREMO-ORIENTALE Tradizione E.-O. La parte pi propriamente metafisica della


t.e.o. pi che da ogni parte separata da tutto il resto, vale a dire dalle sue applicazioni coi
differenti ordini di relativit (Int., 1921, 70) La t.e.o. risale a circa tremilasettecento anni
prima dell'Era Cristiana. Per una coincidenza assai curiosa, questa stessa epoca pure
l'inizio dell'Era Ebraica. (Ap. I.T., 1975, 103) Al nome di Fohi, considerato il primo
imperatore della Cina riferito tutto l'insieme delle conoscenze che costituiscono l'essenza
stessa della t.e.o. (id., 104) Tutta la t.e.o. fu all'inizio contenuta, essenzialmente e come in
genere, nei trigrammi, simboli meravigliosamente atti a servire da supporto a
possibilit indefinite. (id., 105) Triade E.-O. La T.e.o. appartiene al genere dei ternari che
sono formati da due termini complementari e da un terzo termine che il prodotto
dall'unione dei due primi, o, se si vuole, della loro azione e reazione reciproca. (Triade,
1945, 13) Non nella concezione della Trinit che possiamo trovare, nel Cristianesimo,
qualche cosa di corrispondente, in un certo senso e con tutte le riserve che sempre esige la
differenza dei punti di vista, ai termini del tipo della T.e.o. (id., 14) Deve il Ternario
formato da due termini complementari e dal loro prodotto o loro risultante, il genere cui
appartiene la T.e.o. (id., 15)

ET Quattro E. Le Q.E. sono le differenti fasi che l'umanit attraversa nel suo
allontanarsi dal principio, cio dall'Unit e dalla Spiritualit Primordiali. (Aut., 1929, 20)

ETERE Se ci si limita a considerare il mondo corporeo, proprio l'E., in quanto primo fra
gli elementi sensibili, a svolgervi il ruolo centrale che va riconosciuto a tutto ci che

69

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

principio in un ordine qualsiasi. (Simb., 1962, 387) Si pu anche dire che l'E., nel mondo
corporeo, produca tutto e penetri tutto. (id., 389) L'E., come Elemento Primordiale, deve
contenere in s gli insiemi delle qualit opposte o complementari, in esso coesistenti allo
stato neutro ed equilibrantesi perfettamente l'uno coll'altra, ed antecedenti alla loro
differenziazione, la quale la rottura di questo equilibrio originale. L'E. deve essere
rappresentato come situato nel punto in cui le opposizioni non esistono ancora, ma a
partire dal quale si producono, cio al centro della figura cruciforme i cui rami
corrispondono ai Quattro Elementi. (Hind., 1965, 50-51) In questo stato di
Indifferenziazione Primordiale, l'E. contiene in potenza, non solo tutti gli elementi, ma
anche tutti i corpi e la sua omogeneit lo rende pure atto a ricevere tutte le forme nelle loro
modificazioni. (id., 62) La qualit sensibile che riferita all'E. il suono (id., 63) L'E.,
considerato come l'elemento il pi sottile e quello da cui procedono tutti gli altri, occupa
tutto lo spazio fisico. (Mel., 1976, 112) L'E., considerato in se stesso, primitivamente
omogeneo, la sua differenziazione, che genera gli altri elementi, ha come origine un
movimento elementare, il quale si produce a partire da un qualunque punto iniziale,
nell'ambiente cosmico indefinito. (id., 113) Il movimento che si produce nell'E.
esclusivamente un movimento elementare, che si pu chiamare movimento vibratorio
semplice, per indicarne il modo di propagazione o, piuttosto, la sua rappresentazione
geometrica. (id., 114)

ETERODOSSIA L'e. di una concezione , in fondo, la sua falsit risultante dal suo
disaccordo con i principi. (Ved., 1925, 19)

EVOCAZIONE-I Nella seconda met del XVIII secolo certi nomi dell'Alta Massoneria
tedesca si occuparono in particolare di e. (Spir., 1923, 30) Nelle civilt tradizionali, le e.,
quando non possono essere completamente soppresse, sono perlomeno lasciate ad uomini
delle caste inferiori, spesso persino ai senza casta. (id., 51) Fra tutte le pratiche magiche, le e.
furono quelle che, presso gli antichi, furono oggetto delle interdizioni pi categoriche. (id.,
57) Oggetto dell'e. soltanto il complesso degli elementi inferiori che l'essere ha in qualche
modo lasciato dietro di s in seguito alla morte. (id., 58)

EVOLUTIVO Punto di vista E. Il p. di v. e. non suscettibile di universalizzazione, n


si pu concepire l'essere come qualcosa che evolva fra due punti definiti o comunque
progredisca, anche indefinitamente, in un senso determinato. (Ved., 1925, 154)

EVOLUZIONE L'e., in definitiva, non altro che il cambiamento, con in pi un'illusione


nel suo significato e sulla sua natura. (Or., Occ., 1924, 90) Noi non crediamo affatto all'e. nel
senso che i moderni danno a questa parola. (Met., 1939, 15)

70

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

EVOLUZIONISMO L'e. come il prodotto delle due grandi superstizioni moderne, la


superstizione della scienza e la superstizione della vita, e ci che ne ha provocato il
successo precisamente il fatto che razionalismo e sentimentalismo vi trovano entrambi la
loro soddisfazione. (Or. Occ., 1924, 90-91)

EVOLUZIONISTA Concezione-i E. In tutte le pseudotradizioni, le quali sono soltanto


prefigurazioni piuttosto parziali e incerte della Controtradizione, anche se inconsciamente
tendono a prepararla pi direttamente di qualsiasi altra cosa, le c.e. svolgono
costantemente una funzione preponderante. (Regno., 1945, 330) Secondo la c.e., ogni
conoscenza ha avuto origine da uno stadio rudimentale, a partire dal quale si sarebbe a
poco a poco sviluppata ed elevata. (Mel., 1976, 136) Il rovesciamento di ogni cosa al quale
conduce la c.e. porta a situare l'infraumano alle origini. (id., 139)

EVOLUZIONISTI Gli e. non hanno alcuna idea dell'Eternit, n di tutto ci che


costituisce la sfera metafisica, e chiamano volentieri con questo nome una durata indefinita,
cio la Perpetuit, mentre l'Eternit essenzialmente non-durata . (Spir., 1923, 285) Gli e.
pongono ogni realt nel divenire; questo il motivo per cui la loro concezione la
negazione totale della metafisica, che ha invece essenzialmente come sfera quanto
permanente ed immutabile. (id., 288) Gli e. mettono il cambiamento dappertutto, persino in
Dio, quando arrivano ad ammetterLo. (Or. Occ., 1924, 91)

EXOTERICO Riti e. I r.e., sebbene facciano appello anche all'intervento di un


elemento di ordine sovraindividuale, la loro azione non mai destinata a superare il
dominio dell'individualit (Cons., 1946, 159)

EXOTERISMO L'e. comprende ci che elementare, pi facilmente comprensibile e di


conseguenza tale da poter essere messo pi largamente alla portata di tutti. (Int., 1921, 134)
Le concessioni al punto di vista profano sono spinte all'estremo da coloro che pretendono
di fare a meno di qualsiasi e. (In., 1952, 81) L'e. inteso nella sua pi ampia accezione pu
proporre esclusivamente una finalit di ordine individuale, quelle di un altro genere
essendo del tutto inaccessibili alle masse. (id., 84)
EXTRAINDIVIDUALE Ordine E. Nell'o.e. la distinzione degli stati dell'essere
avviene per moltiplicazione. (Stati., 1931, 81)

71

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-F-

FALSIFICAZIONE La f. di tutte le cose, la quale uno degli aspetti caratteristici della


nostra epoca, non ancora la sovversione vera e propria, ma certo contribuisce abbastanza
direttamente a prepararla. (Regno, 1945, 251)

FEDELI I f. sono nell'Islam coloro che si conformano, coscientemente e volontariamente,


all'ordine universale. I f. sono coloro che seguono il sentiero diritto , luogo della Pace e la
loro conformit al Volere Universale fa di essi i veri collaboratori del Piano Divino. (Croce,
1931, 145)

FENDITURE Attraverso le f. gi si introducono, ed andranno in misura sempre


maggiore introducendosi, certe forze distruttive; stando al simbolismo tradizionale, queste
f. si producono nella Grande Muraglia che circonda il nostro mondo e lo protegge contro
l'intrusione delle influenze malefiche della sfera sottile inferiore. (Regno., 1945, 208) Le f.
vere e proprie si producono esclusivamente verso il basso e forze inferiori che vi si
introducono incontreranno sempre minor resistenza, in quanto, nelle presenti condizioni,
nessuna potenza di natura superiore pu intervenire per opporvisi efficacemente. (id., 209)
Nella tradizione islamica le f. sono quelle attraverso le quali penetreranno,
nell'approssimarsi della fine del ciclo, le orde devastatrici di Gog e Magog. (id., 209-210)

FENOMENO Ogni f. di ordine psichico. (Met., 1939, 17) L'attrazione del f., gi da noi
segnalata come uno dei fattori determinanti la confusione tra psichico e spirituale, far si
ch la maggior parte degli uomini verranno conquistati e presi a gabbo al tempo della
Controtradizione. (Regno, 1945, 321) Non si ripeter mai abbastanza che i f. in se stessi non
provano assolutamente nulla circa la verit di una dottrina o di una qualsiasi
insegnamento. (id., 209)

FILIPPO IL BELLO -- In Europa, qualcosa di analogo alla rivolta degli Kshatriya lo


troviamo specialmente in Francia con F. il B., il quale deve essere considerato uno dei
principali artefici della deviazione caratteristica dell'epoca moderna. (Aut., 1929, 103) A
partire da F. il B. la regalit fu quasi costantemente impegnata a rendersi indipendente
dall'autorit spirituale. I Legisti di F. il B. sono gi, molto prima degli Umanisti del
Rinascimento, i precursori dell'attuale laicismo. (id., 104) Se i contemporanei di F. il B.
considerarono un crimine l'alterazione della moneta, bisogna concludere che, cambiando di
propria iniziativa il titolo della moneta, egli and oltre il limiti riconosciuti al potere regale.
(id., 107, n. 7) Vediamo, a partire da F. il B. i re di Francia circondarsi quasi costantemente di

72

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

borghesi. (id., 108)

FILOSOFIA-E La parola f. ha un significato ben definito, che si trova ad essere


determinato dalla corrente di pensiero che ha origine dai Greci. (Int., 1921, 200) La f. non
niente di pi di una saggezza puramente umana, nell'accezione pi limitata della parola, e
non si richiama a nessun elemento di carattere superiore alla ragione. (Or. Occ., 1924, 68) La
f., con i suoi tentativi di spiegazione, le sue limitazioni arbitrarie, le sue sottigliezze inutili,
le sue confusioni senza fine, le sue discussioni senza scopo e la sua inconsistente verbosit,
appare agli Orientali come un divertimento particolarmente puerile. (id., 140) Noi non ci
poniamo sullo stesso terreno di coloro che criticano o combattono una f. in nome di un'altra
f.; quel che diciamo lo diciamo perch le dottrine tradizionali ci hanno permesso di
comprendere l'assurdit o l'inanit di certe teorie. (id., 238) Nel VI secolo a.C. apparve
qualcosa di mai prima visto, che doveva esercitare in seguito una nefasta influenza su tutto
il mondo occidentale: vogliamo dire di quel modo speciale di pensare che prese e conserv
il nome di f. (Crisi, 1927, 31) La parola f. etimologicamente significa solo amore per la
sapienza , perci si tratta solo di uno stadio preliminare e preparatorio, di un avviamento
alla sapienza, corrispondente ad un grado inferiore di quest'ultima. La deviazione
prodottasi consistette nello scambiare tale grado transitorio collo scopo finale, nel
pretendere di sostituire la f. alla sapienza. (id., 32) La forma di pensiero rappresentata dalla
f. non corrisponde che ad un punto di vista specialissimo e non pu, anche nei casi pi
favorevoli, essere valida che in un domino molto ristretto. (Cons., 1946, 175) La f., come
ogni cosa che si esprima nelle forme ordinarie del linguaggio, essenzialmente analitica. La
f. rappresenta in qualche maniera il tipo del pensiero discorsivo, il che le impone
limitazioni da cui non pu liberarsi. (id., 176) La f., per il suo carattere discorsivo,
esclusivamente razionale, Il dominio della f. e le sue possibilit non possono dunque, in
alcun caso, estendersi oltre ci che la ragione capace di raggiungere. (id., 177) Ogni f. non
rimonta che ad un'epoca determinata: essa l'epoca di un uomo il cui nome ci conosciuto,
al pari della data in cui vissuto. La f. dunque, se si vuole, la saggezza umana , o una
delle sue forme, ma in ogni caso non altro. (id., 180) D'altronde, in effetti, la maggior parte
delle f. non sono nemmeno un'ombra della saggezza. (id., 181) Qualsiasi f. non nient'altro
che una costruzione individuale, la quale, cos com', non si richiama ad alcun principio
trascendente ed di conseguenza sprovvista di qualsivoglia autorit. (In., 1952, 141) La
parola f. stata, si dice, impiegata per la prima volta da Pitagora. La parola f. esprime
propriamente il fatto di amare la Sophia, la Saggezza, l'aspirazione a questo o la
disposizione richiesta per conquistarla. (Mel., 1976, 50) Storia della f. La s. della f., che
nulla sa vedere all'infuori dei testi e dei particolari biografici, ha la pretesa di sostituirsi alla
filosofia in s, la quale finisce cos di perdere quel po' di valore intellettuale che poteva
esserle rimasto nei tempi moderni; (Int., 1921, 261) Storici della F. Agli s. della f. non
interessa se un'idea vera o falsa, ma in quale misura lo ; unico loro scopo sapere chi tale
idea ha concepito, in quali termini, l'ha formulata, in quale data e in quali circostanze. (Int.,
1921, 261)

73

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

FILOSOFICO Conoscenza F. La c.f. non che una conoscenza superficiale ed esteriore


e non ha quindi, in s e per s, un proprio valore. Essa costituisce solamente un primo
grado nella via della conoscenza vera e superiore che la saggezza. (Mel., 1976, 40) Logica F.
La 1.f. non rappresenta che un impoverimento della logica tradizionale e quest'ultima le
quindi superiore. (Or. Occ., 1924, 239) Pensiero F. Il p.f. soltanto un modo speciale,
peculiare dell'Occidente, da non potersi applicare in modo valevole alle conoscenza di una
dottrina tradizionale che si sia mantenuta conforme alla sua purezza e integralit. (Int.,
1921, 200) Sistemi f. Una delle ragioni pi comuni nell'esistenza dei s.f. la pretesa
dell'originalit intellettuale. (Int., 1921, 123)

FILOSOFO-I Quel che abbiamo in comune con i f. non pu essere altro che la dialettica;
ma nelle nostre mani essa solo uno strumento al servizio di principi che essi ignorano.
(Or. Occ., 1924, 238) A dire il vero, non ci serviamo dei metodi propri dei f. neppure per
quel che riguarda la dialettica, perch tali metodi, in ci che hanno di valido non
appartengono loro in proprio, ma rappresentano semplicemente qualcosa il cui possesso
comune a tutti gli uomini, compresi quelli che sono pi lontani dal punto di vista filosofico.
(id., 239) Che possono i metodi discorsivi del f. di fronte all'inesprimibile, che il mistero
nel senso pi vero e profondo del termine. (Cons., 1946, 177)

FIORE-I L'uso dei f. nel simbolismo molto diffuso e si ritrova nella maggior parte delle
tradizioni. Uno dei significati principali quello che si riferisce al principio femminile o
passivo della manifestazione, cio a Prakriti, la Sostanza Universale; a tale riguardo il f.
equivale ad un certo numero di altri simboli, fra i quali uno dei pi importanti la coppa.
Come quest'ultima il f. evoca, con la sua stessa forma, l'idea di un ricettacolo , ci che di
fatto Prakriti in rapporto alle influenze emanate da Purusha, e anche nel linguaggio
corrente si parla del calice di un f. D'altra parte, lo sbocciare di questo f. rappresenta, al
tempo stesso, lo sviluppo della manifestazione considerata come la produzione di Prakriti.
(Simb., 1962, 72)

FISICA Il termine f., nel suo significato originario ed etimologico, non significa altro che
Scienza della Natura dunque la scienza che tratta delle leggi pi generali del divenire
ed significativa la deviazione che i moderni hanno fatto subire alla parola f. con l'usarla
per designare una scienza particolare fra le altre. (Crisi., 1927, 69) Secondo Aristotele la f.
era solo seconda rispetto alla metafisica, essa ne era cio dipendente, un'applicazione al
dominio della natura di principi superiori. (id., 71)

FOLKLORE Tra le cose che si cerca di spiegare coli' inconscio collettivo bisogna

74

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

annoverare il f. ed questo uno dei casi in cui la teoria pu presentare una parvenza di
verit. Per essere pi esatti, bisognerebbe parlare, a tale riguardo, di memoria collettiva .
Soltanto, voler spiegare con la natura del f. l'origine stessa della Tradizione significa
commettere un errore del tutto simile a quello, diffuso oggigiorno, che fa considerare
primitivo ci che solo il prodotto di una degenerazione. infatti evidente che il f.,
essendo essenzialmente costituito da elementi appartenenti a tradizioni estinte,
rappresenta inevitabilmente uno stato di degenerazione in rapporto a quelle. (Simb., 1962,
48)

FORMA-E la presenza della f. che caratterizza uno stato come individuale, anche se
questa f. non necessariamente da concepire come spaziale. (Croce, 1931, 20) La f. una
condizione particolare di certi modi di manifestazione e, proprio per questa ragione, essa
rappresenta una delle condizioni di esistenza nello stato umano. Questa f. non
necessariamente determinata dallo spazio e dal tempo, che sono caratteristiche peculiari
della modalit corporea. (Stati, 1931, 97) La f. non dunque una condizione comune a tutti i
modi della manifestazione, ma appartiene a tutti i suoi modi individuali, che si
differenziano fra di loro per la presenza di qualche altra condizione pi particolare. (id., 98)
Le f. non sono nulla per l'essere che liberato dalla f. ed per questo che, pure durante la
sua permanenza nel corpo, egli non per nulla condizionato dalle condizioni di esistenza
corporale. (Mel., 1976, 25)

FORMALE Possibilit F. Le p.f. sono simbolicamente rappresentate da quelle che le


dottrine tradizionali chiamano Acque Inferiori. (Stati, 1931, 98-99) Stati F. Una delle pi
importanti distinzioni, e potremmo dire la pi importante di tutte, quella esistente fra gli
s.f. e gli stati informali, metafisicamente un aspetto della distinzione fra l'individuale e
l'universale. (Stati, 1931, 97)

FRAZIONARIO Numero f. Un n.f. non altro che la rappresentazione del risultato di


una divisione aritmeticamente impossibile, il che si riconosce dicendo che uno dei due
numeri in questione non divisibile per l'altro. (Calc. Inf., 1946, 20)

FRAZIONE Le f. non possono essere in alcun modo delle parti dell'unit perch
l'unit-aritmetica vera necessariamente indivisibile e senza parti. (Calc. Inf., 1946, 20) Da
ci facile comprendere che l'assurdit sulla definizione delle f. proviene molto
semplicemente da una confusione tra l'unit aritmetica o le cosiddette unit di misura ,
unit che sono tali solo convenzionalmente e che sono in realt delle grandezze di specie
diversa dal numero. (id., 23)

75

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

FULMINE Il f. si ritiene che rappresenti in duplice potere di produzione e di


distruzione. Di fatto esso la forza che produce tutte le condensazioni e le dissipazioni
che la tradizione estremo-orientale riferisce all'azione alternata dei due principi
complementari Ying e Yang. (Simb., 1962, 163)

FUOCO Il f. si manifesta ai nostri sensi sotto due aspetti principali, come luce e come
calore; la qualit che gli connaturata la visibilit ed sotto l'aspetto luminoso che il f.
deve essere considerato. (Hind., 1965, 65-66)

76

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-G-

GENERALIT Intendiamo dire che la g., oggetto proprio della ragione, se pur non di
ordine sensibile, procede tuttavia dall'individualit, percepita dai sensi; si pu dire che essa
aldil del sensibile, ma non al di sopra di esso. (Or. Occ., 1924, 37)

GENIO Il g., inteso in senso profano ed umanistico, in realt ben poca cosa ed in
nessun modo pu supplire alla mancanza di una conoscenza vera. (Crisi, 1927, 86)

GEOMETRIA La g. si pu definire come la scienza stessa della misura; la g. va intesa


anzitutto in senso simbolico ed iniziatico. (Regno, 1945, 41) Nella g. non vi solo la
grandezza delle figure da considerare, bens anche la loro forma. (id., 47) Restituendo alle
direzioni dello spazio la loro importanza reale possibile restituire alla g. il senso profondo
da essa perduto. (id., 49)

GEOMETRICO Simbolismo G. Col s.g. si possono rappresentare sia i gradi


dell'Esistenza Universale, sia gli stati di ciascun essere, secondo i punti di vista
macrocosmico e microcosmico. (Croce., 1931, 105) Spazio G. Lo s.g. certamente lo spazio
ridotto a se stesso. (Regno, 1945, 47)

GIOVANNI (SAN) San G. spesso considerato come il capo della Chiesa Interiore e,
secondo certe concezioni, lo si vuole opporre, a tale stregua, a Pietro, capo della Chiesa
Esteriore. La verit piuttosto che la loro autorit non si applica allo stesso dominio.
(Dante, 1925, 38, n. 1)

GIUDAISMO Nel G. l'esoterismo costituito da ci che porta il nome di Qabbalah, la


quale si applica allo studio del significato pi profondo dei testi sacri, mentre la dottrina
exoterica si ferma col loro significato pi esteriore e letterale. Il G. non ha mai esercitato
alcuna influenza fuori del mondo occidentale e la sua azione non mai stata forse
completamente estranea alla formazione della mentalit moderna in generale. (Or. Occ.,
1924, 120)

GNOSI La G., nel suo senso pi ampio ed elevato, la Conoscenza. (Mel., 1976, 176) La
G. deve prescindere da tutte le dottrine pseudometafisiche ed appoggiarsi solo sulla
Tradizione contenuta nei libri sacri, Tradizione che ovunque la stessa, malgrado le forme
diverse rivestite per adattarsi ad ogni razza ed a ogni epoca. (id., 178)

77

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

GNOSTICISMO piuttosto difficile saper oggi in modo preciso cosa furono le dottrine
piuttosto varie che vengono riunite sotto la generica denominazione di G.; nell'insieme
pare si sia trattato di idee orientali pi o meno deformate, probabilmente mal comprese dai
Greci e rivestite di forme immaginative del tutto incompatibili coll'intellettualit pura. (Or.
Occ., 1924, 216) Il vero G. non pu essere una scuola od un sistema particolare, ma essere,
prima di tutto, la ricerca della Verit. (Mel., 1976, 176)

GRAAL Il G. , dicesi, il vaso sacro che contenne il sangue del Cristo. (Re, 1927, 38) Il G.
, dicesi, la coppa che serv all'Ultima Cena e dove di poi Giuseppe d'Arimatea raccolse il
sangue e l'acqua che sfuggivano dalla ferita aperta nel fianco del Cristo della lancia del
centurione Longino. Il significato essenziale del G. quanto detto della sua origine:
questa coppa sarebbe stata intagliata dagli angeli in uno smeraldo caduto dalla fronte di
Lucifero al momento della sua caduta. (id., 39) detto di poi che il G. fu confidato ad
Adamo nel Paradiso Terrestre, ma Adamo lo perdette a sua volta al momento della sua
caduta . (id., 40) Il possesso del G. insomma la perdita della Tradizione con tutto quello
che essa comporta. (id., 41) Il G. rappresenta nel medesimo tempo due cose, strettamente
solidali l'un l'altra: chi possiede integralmente la Tradizione Primordiale e chi pervenuto
al grado di conoscenza effettiva implicito in questo processo, reintegrato nella pienezza
dello Stato Primordiale. (id., 42) Il G. simultaneamente un vaso (grasale) ed un libro
(gradale o graduale); quest'ultimo aspetto designa manifestamente la Tradizione, mentre
l'altro concerne pi direttamente lo stato stesso. (id., 42-43) Per ritornare al G., facile
rendersi conto che il suo primo significato in fondo il medesimo di quello che ha il vaso
sacro dovunque lo si ritrovi. (id., 44) detto poi che il G. fu affidato ad Adamo nel Paradiso
Terrestre, ma che, a sua volta, Adamo lo perse dal momento che non lo pot portare con s
quando fu cacciato dall'Eden. Seth ottenne di rientrare nel Paradiso Terrestre e recuperare il
G.; Seth e quelli che vennero dopo di lui possedettero il G. e poterono per ci stesso
istituire, da qualche parte della Terra, un centro spirituale immagine del Paradiso perduto.
La leggenda non dice da dove e da chi il G. fu conservato fino all'epoca di Cristo, n come
fu assicurata la trasmissione, ma l'origine celtica che le si riconosce deve probabilmente
lasciare intendere che i Druidi vi ebbero parte e devono essere annoverati fra i conservatori
regolari della Tradizione Primordiale. (Simb., 1962, 26) Dopo la morte di Cristo il G. fu,
secondo la leggenda, trasportato in Gran Bretagna da Giuseppe d'Arimatea e da Nicodemo;
comincia allora a svolgersi la storia dei Cavalieri della Tavola Rotonda. (id., 27) La leggenda
assomma al G. altri oggetti e, in particolare, una lancia; ma quello che assai pi curioso
la preesistenza di questa lancia, o di qualche suo equivalente, come simbolo in qualche
modo complementare alla coppa nelle tradizioni antiche. (id., 28) Il G stesso non ha
all'origine altro significato se non quello che ha il vaso sacro. (id., 29) Non ci pare dubbio
che le origini della leggenda del G. debbono essere riferite alla trasmissione di elementi
tradizionali, di ordine iniziatico, dal Druidismo al Cristianesimo. (id., 39-40) Vogliamo
alludere qui al simbolismo della scomparsa finale del G.; detto che il G. non fu pi visto

78

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

come prima, ma non detto che nessuno lo vide pi. Sicuramente, in terra almeno, il G.
sempre presente a coloro che sono qualificati , ma, di fatto, essi sono divenuti sempre
pi rari, al punto da non costituire ormai che un'infima eccezione. (id., 45)

GRECIA Volere affrontare lo studio dell'Oriente passando attraverso la G. ci esporrebbe


certo ad un gran numero di errori. (Or. Occ., 1924, 217)

GRECI Che i G. abbiano avuto una certa originalit pur vero, ma non quanto si crede
ordinariamente e la loro originalit non consiste altro che nella forma sotto la quale hanno
presentati ed esposto quanto prendevano dagli altri, modificandolo in modo pi o meno
felice, per adattarlo alla loro propria mentalit, cos dissimile da quella degli Orientali e gi
opposta ad essa sotto pi di un aspetto. (Int., 1921, 2324) Per chiunque voglia esaminare
imparzialmente le cose, manifesto che i G. hanno veramente adottato quasi tutto dagli
Orientali, almeno dal punto di vista intellettuale. Ci che invece caratteristico dei G. una
certa sottigliezza dialettica, di cui i dialoghi di Platone offrono numerosi esempi, dai quali
traspare il bisogno di esaminare indefinitamente una stessa questione sotto tutti gli aspetti,
prendendola in considerazione nei minimi particolari, per giungere ad una conclusione pi
o meno insignificante. (id., 29) I G., nonostante la loro tendenza al naturalismo, non si sono
mai spinti fino ad attribuire all'esperimentazione l'importanza eccessiva che le
attribuiscono i moderni. Ci non impedisce che presso i G. si trovi gi il punto di partenza
delle scienze sperimentali quali sono intese dai moderni. (id., 32) Solo con i neoplatonici si
incontreranno per la prima volta presso i G. certe idee metafisiche, come quella
dell'Infinito. Fino ad allora i G. non avevano avuto infatti che la nozione dell'indefinito e,
tratto veramente caratteristico della loro mentalit, finito e perfetto erano per essi sinonimi.
(id., 40). Presso i G. i simboli, retaggio di tradizioni pi antiche e gi dimenticate, avevano
da tempo perso il loro significato originario. Di conseguenza essi erano degenerati in
semplici allegorie e, a causa di un'invincibile tendenza alle interpretazioni
antropomorfiche, si erano trasformati in miti, vale a dire in favole, (id., 77) I G. non
concepivano i loro dei come rappresentazione di certi principi, bens se li raffiguravano in
forma umana, provvisti di sentimenti e agenti al modo degli uomini. (id., 112) Sembra che i
G., quando sono venuti a contatto col pensiero ind, non abbiano raccolto, in molti casi,
questo pensiero che in modo deformato o mutilato ed ancora che non l'abbiano sempre
esposto fedelmente quale l'avevano raccolto. (id., 165) Che nel periodo alessandrino i G. si
siano trovati in contatto abbastanza diretto coll'Oriente e che il loro spirito si sia in tal modo
aperto a creazioni alle quali fino a quel momento era restato chiuso ci pare incontestabile;
purtroppo il risultato sembra essere rimasto molto pi vicino al sincretismo che alla vera
sintesi. (Or. Occ., 1924, 216)

GRECO Pensiero G. Il p.g. , nonostante tutto, un pensiero occidentale e in esso gi si

79

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

trovano l'origine e quasi il germe della maggior parte di quelle tendenze che si sono
sviluppate, molto tempo dopo, negli Occidentali moderni. (Int., 1921, 24) Dopo Aristotele le
tracce di un'influenza ind sul p.g. diventano sempre pi rare, se non addirittura nulle.
Solo coi neoplatonici si vedranno ricomparire influenze orientali. (id., 39) Scrittura G. La
s.g., in realt, non rappresenta che un'importazione straniera ed essa, nel suo simbolismo
numerico, non ha mai veramente, se cos si pu dire, fatto corpo colla lingua. (Forma, 1970,
63)

GRECO-ROMANO Mondo G.-R. Le tendenze nuove che si riscontrano nel m. g. r.


sono soprattutto tendenze alla restrizione ed alla limitazione. (Int., 1921, 25) Nel m. g. r. la
religione faceva corpo, in modo indissolubile, coll'insieme delle istituzioni sociali ed era
questo che conferiva loro un carattere veramente tradizionale. (id., 78)

GUERRA Si pu dire che l'essenziale ragion d'essere della g., da qualunque lato ed in
qualsiasi campo la si consideri, di porre termine ad un disordine di ristabilire l'ordine. In
altre parole, l'unificazione di una molteplicit, operata coi mezzi che appartengono al
mondo della molteplicit stessa: a questo titolo, e solo ad esso, la g. pu essere giudicata
legittima. (Croce, 1931, 80) La g. intesa in questo modo rappresenta dunque il processo
cosmico di reintegrazione del manifestato nell'Unit Principiale. (id., 81)

GUERRIERI Vediamo costantemente i g., detentori del potere temporale ed


inizialmente sottomessi all'autorit spirituale, rivoltarsi contro di essa, dichiarandosi
indipendenti da ogni potere superiore o addirittura cercare di subordinare quell'autorit
della quale avevano riconosciuto, all'origine, la fonte del proprio potere, per trasformarla,
infine, in uno strumento al servizio del proprio dominio. (Aut., 1929, 30)

GUNAS I g. non sono stati, ma condizioni dell'Esistenza Universale, alle quali sono
sottomessi tutti gli esseri manifestati. (Ved., 1925, 63) La dottrina ind postula tre g., o
qualit costitutive degli esseri in tutti i loro stati di manifestazione. (Aut., 1929, 65) I tre g.
sono in equilibrio perfetto nell'Indifferenziazione Primordiale e ogni manifestazione
rappresenza la rottura di questo equilibrio. (id. 66) chiaro che gli esseri vengono
classificati in base al g. che in essi predomina, ma chiaro che la natura di ogni essere
manifestato comporta ugualmente tutti e tre i g., anche se in proporzioni diverse. (In., 1952,
152) I tre g. debbono trovarsi in ognuno degli elementi, come va tutto ci che appartiene al
dominio della manifestazione universale. (Hind., 1965, 57)

GURU Il G. deve sapere utilizzare tutte le circostanze favorevoli allo sviluppo dei suoi
discepoli, conformemente alle possibilit ed alle particolari attitudini di ciascuno. (In., 1952,

80

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

172) In mancanza di un G., l'iniziazione ricevuta rischia fortemente di non diventare mai
effettiva. (id., 173) Nel caso di trasmissione iniziatica effettuata da una sola persona, la
funzione di G. nei confronti dell'iniziato assicurata per ci stesso da tale persona; poco
importa qui che le sue qualificazioni a questo proposito siano pi o meno complete e, come
di fatto spesso succede, che esso non sia capace di condurre il suo discepolo se non fino a
tale o tal'altro stadio ben determinato. Il principio nondimeno lo stesso: il G. presente al
punto di partenza e non pu esservi alcun dubbio sulla sua identit. (id., 192) Esistono
forme di iniziazione le quali, per la loro costituzione stessa, non implicano affatto che in
esse qualcuno debba rivestire la funzione di un G. nel vero senso della parola e questo
soprattutto il caso di certe forme nelle quali il lavoro collettivo ha un posto preponderante
ed in cui allora la funzione del G. viene svolta, non da un individuo umano, ma da
un'influenza spirituale veramente presente nel corso di questo lavoro. (id., 201) Ci prova
ampiamente che la presenza di un G. non pu essere considerata come una condizione
indispensabile in tutti i casi. (id., 202) L'ambizione di un vero G. soprattutto di porre il suo
discepolo in condizioni di fare a meno di lui il pi presto possibile, sia indirizzandolo,
quando non pu pi condurlo oltre, ad un altro G. che abbia una competenza pi estesa
della propria, sia portandolo, se ne in grado, al punto in cui stabilir la comunicazione
cosciente e diretta col G. interiore. (id., 203)

81

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-H-

HAQQAH La H. la Conoscenza Pura, la quale d alla shariyah il suo senso superiore


e profondo e la sua vera ragione d'essere. (Ap. I.T., 1975, 14) La H., Verit Una ed
Immutabile, risiede nell'Invariabile Mezzo. (id., 31) La H. aldil della distinzione tra
esoterismo ed exoterismo, la quale implica comparazione e correlazione. (id., 35)

82

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-I-

IANUS L'unione dei due poteri, sacerdotale e regale, era rappresentata, presso i Latini,
da un certo aspetto del simbolismo di I., simbolismo estremamente complesso e di
significati multipli. (Re, 1927, 14) Nell'antica Roma, uno degli attributi di I. erano le chiavi
dei Grandi Misteri e dei Piccoli Misteri. I. raffigura l'origine comune dei due poteri. (Aut.,
1929, 82) L'immagine di I. dai due volti pu adattarsi perfettamente alla distinzione tra
interiore ed esteriore, come pure alla considerazione del passato e dell'avvenire. (Croce,
1931, 218) Nelle abituali raffigurazioni di I., i due volti corrispondono, tra gli altri
significati, ai due solstizi. (Triade, 1945, 45, p. 18) L'interpretazione pi comune dei due
volti di I. vede in essi la rappresentazione rispettiva del passato e del futuro. Fra il passato
che non pi e il futuro che non ancora, il vero volto di I., quello che guarda il presente,
non , si dice, n l'uno, n l'altro di quelli visibili. (Simb., 1962, 118) Il terzo volto di I.
corrisponde, in un altro simbolismo, quello della tradizione ind, all'occhio frontale di
Shiva, anch'esso invisibile, perch non rappresentato da nessun organo corporeo e
raffigura il Senso dell'Eternit. I. rappresenta veramente Colui che , non soltanto il Signore
del Triplice Tempo, ma, anche e soprattutto, il Signore dell'Eternit. (id., 119) I. porta pi
frequentemente due chiavi e sono quelle delle porte solstiziali, Ianua Coeli e Ianua Inferi,
corrispondenti rispettivamente al solstizio d'inverno e al solstizio d'estate, cio ai due punti
estremi della corsa del sole nel ciclo annuale, poich I., in quanto Signore dei Tempi, lo
Ianitor che apre e chiude questo ciclo. (id., 120) Siccome I. era considerato il dio
dell'iniziazione, le sue due chiavi, una d'oro e l'altra d'argento, erano quelle dei Grandi
Misteri e dei Piccoli Misteri. Queste stesse chiavi erano uno degli attributi del pontefice,
come la barca era anche un simbolo di I. (id., 121) Si vede apparire un altro significato dei
due volti di I.: egli il Signore delle due Vie, alle quali danno accesso le due porte
solstiziali, le medesime vie che la tradizione ind designa come Via degli Dei (dva-yna) e
Via degli Antenati (pitri-yna). (id., 122) I. ha dato il suo nome al mese di Gennaio
(januarius), quello con cui l'anno si apre, quando normalmente comincia al solstizio
d'inverno; inoltre la festa di I. era celebrata a Roma dai Collegia Fabrorum ai due solstizi. I.
era il dio dell'iniziazione e, a questo titolo, presiedeva i Collegia Fabrorum depositari delle
iniziazioni che, come in tutte le civilt tradizionali, erano legate alla pratica dei mestieri.
(id., 213) Nel Cristianesimo le feste solstiziali di I. sono diventate quelle dei due San
Giovanni e si celebrano sempre alle medesime epoche, cio in prossimit dei due solstizi.
(id., 214)

IDEALE Non sentiamo minimamente il bisogno di riabilitare il termine i. che i moderni


usano indifferentemente pi o meno per tutto e specialmente per mascherare l'assenza di
qualsivoglia principio vero. (Regno, 1945, 69)

83

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

IDEALISMO Nella gran parte dei casi, l'insieme di quel che si chiama i. non che una
specie di materialismo trasposto. (Crisi, 1927, 120)

IGNORANZA L'attaccamento alle cose individuali, o alle forme essenzialmente


transitorie, proprio dell'i. (Mel., 1976, 25)

ILLUMINATI (DI BAVIERA) I fondatori degli I. sono conosciuti e si sa in qual modo


abbiano elaborato il sistema di propria iniziativa, al di fuori di ogni collegamento con
qualche cosa di preesistente. Si tratta solo dell'opera artificiale di qualche individualit e le
forme adottate non costituiscono che un simulacro o una parodia dell'iniziazione, poich
mancava ogni collegamento tradizionale, al pari dello scopo realmente iniziatico. (Cons.,
1946, 117) Gli I. che entrano nella Massoneria lo fecero coll'intenzione ben determinata di
acquistarvi un'influenza preponderante e di servirsene come di uno strumento per la
realizzazione dei loro disegni particolari. (id., 118)

IMMEDIATO Conoscenza i. Quanto alla possibilit della c.i., la teoria degli stati
dell'essere la rende sufficientemente comprensibile (Stati, 1931, 116) La c.i., estendendosi
alla totalit degli stati d'essere, comporta in s la loro realizzazione e rappresenta quindi il
solo mezzo per ottenere la liberazione completa e finale . (id., 118)

IMMORTALIT Il termine sanscrito amrita si traduce letteralmente con i., ma si


applica esclusivamente ad uno stato superiore a tutti i cambiamenti. (Spir., 1923, 147) L'i. in
senso metafisico non pu essere attinente nell' altro mondo , come pensano gli
Occidentali, ma soltanto aldil di tutti i mondi , cio di tutti gli stati condizionati. L'i.
quale la concepiscono gli Occidentali solo un prolungamento indefinito della vita, in
condizioni modificate e trasposte, ma che rimangono peraltro sempre paragonabili a quelle
dell'esistenza terrena. (id., 148) L'i. in senso metafisico per definizione aldil di ogni
possibile esperienza. (id., 149)

IMMUTABILE L'i. non ci che contrario al mutamento, ma ci che gli superiore.


(Or. Occ., 1924, 82)

IMPERATORE L'I., come Io concepisce Dante, del tutto paragonabile al Chakravart o


Monarca Universale degli Ind, la cui funzione essenziale di fare regnare la pace. (Dante,
1925, 62, n. 14) Nel Medioevo, il Pontefice e l'I. erano le due met di quel Cristo-Ianus che
certe raffigurazioni ci mostrano con una chiave in mano e uno scettro nell'altra, emblemi
rispettivi dei poteri sacerdotale e regale riuniti in lui, in quanto loro principio comune.

84

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

(Aut., 1929, 121) Nella visione di Dante, l'I. presiede ai Piccoli Misteri, i quali riguardano il
Paradiso Terrestre, cio la realizzazione della perfezione dello stato umano. (id., 125) Dante
assegna dunque all'I. la funzione di condurre l'umanit al Paradiso Terrestre. (id., 126)

INCANTAZIONE L'i, non ha assolutamente nulla in comune colle pratiche magiche cui
talvolta si dato lo stesso nome. (Cons., 1946, 225) L'i. un'aspirazione dell'essere verso
l'Universale. Questa i., operazione in principio del tutto interiore, pu tuttavia, in gran
numero di casi, essere espressa ed appoggiata esteriormente mediante parole o gesti.
Scopo finale dell'i. sempre la realizzazione in s dell'Uomo Universale. (id., 226)

INCARNAZIONE Il fenomeno che gli spiritisti chiamano i. non altro, in fondo, se non
un caso di quegli stati di sdoppiamento , detti impropriamente personalit multiple ,
che si manifestano frequentemente anche nei malati e negli ipnotizzati. (Spir., 1923, 85)

INCONDIZIONATO Stato I. Nello S.I. tutti gli altri stati dell'essere si ritrovano in
principio, ma trasformati e sciolti dalle speciali condizioni che li determinavano in quanto
stati particolari. (Met., 1939, 16)

INCONVERTIBILE Chiunque abbia conoscenza dell'unit delle tra. dizioni, sia per
semplice comprensione teorica, sia ed a maggior ragione per realizzazione effettiva, ,
necessariamente e per questo solo fatto, i. (In., 1952, 112)

INDEFINIT Si pu dire che un'i. di un certo ordine o di una certa potenza contenga
una moltitudine indefinita di indefiniti di un ordine inferiore o di una potenza minore. Non
c' alcuna incompatibilit logica tra i., che, per essere indefinita, sono nondimeno di natura
essenzialmente finita. (Calc. Inf., 1946, 82)

INDEFINITO L'i., traendo origine dal finito, sempre riducibile a questo, poich non
rappresenta che uno sviluppo delle possibilit incluse o implicite nel finito. (Croce, 1931,
112, n. 2). Numero, spazio e tempo, anche quando vengono concepiti nel modo pi
generale ed esteso, non sfuggono, in realt, al dominio dell'i. (Stati, 1932, 17) L'i.,
procedendo dal finito, di cui non che un'estensione o uno sviluppo, sempre riducibile al
finito e non commensurabile al vero Infinito. La formazione dell'i. dal finito di fatto
possibile solo a condizione che il finito contenga gi in potenza l'i. (id., 18) L'i., qualunque
cosa sia e sotto qualsiasi aspetto lo si consideri, finito e non pu essere altro che finito
(Calc. Inf., 1946, 10) L'i. comporta sempre per se stessa un'idea di divenire e, per
conseguenza, di cambiamento o, quando si tratti di quantit, di variazione. (id., 30)

85

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

INDIA Quanto all'I. si in presenza di una tradizione dall'essenza puramente


metafisica, alla quale si aggiungono, a titolo di prolungamenti e sviluppi, applicazioni
diverse, sia in certi rami secondari della dottrina stessa, sia nelle istituzioni sociali, queste
ultime strettamente vincolate alla corrispondenza analogica tra le forme dell'esistenza
cosmica e dell'esistenza umana. Appare qui molto pi chiaramente che nella tradizione
islamica, principalmente in virt della mancanza del punto di vista religioso, la totale
subordinazione di tutte le applicazioni particolari nei confronti della metafisica, vale a dire
del dominio dei principi universali. (Int., 1921, 75) In I., non sussistendo nulla di
propriamente religioso, le branchie della dottrina formano un insieme unico e indivisibile.
(id., 139) In I. meno possibile trovare una distinzione come quella tra esoterismo ed
exoterismo, perch la tradizione vi ha di fatto troppa unit per potersi presentare in due
corpi di dottrina separati. (id., 140) In I. non vi traccia di un qualcosa che possa essere
paragonata al genere di unit che altrove ha potuto realizzarsi con il riconoscimento di
un'autorit religiosa comune. (id., 152) In I. non si ha a che fare con sistemi filosofici e tanto
meno con dogmi religiosi. (id., 166) Le diverse concezioni metafisiche e cosmologiche dell'I.
non sono, rigorosamente parlando, dottrine differenti, ma soltanto sviluppi, secondo certi
punti di vista e direzioni varie, ma per nulla incompatibili, di una sola dottrina. (Ved., 1925,
17) L'organizzazione che troviamo in I. rappresenta il modello pi completo, come
applicazione della dottrina metafisica all'ordine umano. (Aut., 1929, 57)

INDIVIDUALE Quanto esso contiene tutti i gradi della manifestazione formale. (Ved.,
1925, 41) Condizione i. Abbiamo gi asserito che la c.i., in modo del tutto generale e non
soltanto per quello che concerne lo stato umano, pu definirsi lo stato dell'essere che
limitato da una forma. (Ved., 1925, 167) Nelle condizioni attuali dell'umanit terrestre
evidente che gli uomini, nella loro stragrande maggioranza, sono assolutamente incapaci di
superare i limiti della c.i., sia nel caso della vita, sia dopo la morte corporea, la quale di per
s non pu per nulla modificare il livello spirituale in cui essi si trovano al suo
sopraggiungere. (In., 1952, 84) Essenza i. Occorre fare una distinzione all'interno
dell'e.i. tra ci che si riferisce al nome particolare di un individuo, vale a dire l'insieme delle
qualit che gli appartengono e che egli deve esprimere, e ci che appartiene alla razza o alla
famiglia, vale a dire l'insieme delle qualit che gli provengono dall'eredit. (Int., 1921, 187)
Essere i. L'e.i. , nel suo insieme, considerato come composto di due elementi, il
nome e la forma , in definitiva l'essenza e la sostanza dell'individualit. (Int., 187) L'e.i.
comprende, oltre alla modalit corporea, altri elementi costitutivi di natura diversa. (id.,
219) L'e.i. comprende, da una parte, la forma sottile e, dall'altra, quella grossolana o
corporea. (Ved., 1925, 107) Facolt i. Le f.i. sono tutte comprese nell'estensione di uno
stesso ed unico stato dell'Essere Totale. (Stati, 1931, 85) Manifestazione i. Quando
parliamo dei vari gradi della m.i. facilmente si capisce che questi gradi corrispondono a
quelli della manifestazione universale, per l'analogia costitutiva del macrocosmo e del
microcosmo. (Ved., 1925, 72) Natura i. La conoscenza della n.i. di un individuo

86

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

consentir di assegnargli la funzione che gli conviene, in virt di tale natura,


nell'organizzazione sociale. (Int., 1921, 188) La n.i. procede, in primo luogo, da ci che
l'essere in se stesso, e che rappresenta il suo lato interiore e attivo, e poi, secondariamente,
dall'insieme delle influenze nell'ambiente nel quale si manifesta, rappresentante il suo lato
esteriore e passivo. (Triade, 1945, 81) Opinioni i. Nel campo delle o.i. si pu sempre
discutere, poich si resta sempre nell'ordine razionale e, dato che non ci si rif ad alcun
principio superiore, si possono facilmente trovare argomenti pi o meno validi per
sostenere il pro ed il contro di ogni tesi. (Crisi, 1927, 96) Pensiero i. Il p.i., che di
ordine formale, appartiene alla facolt mentale, direttamente unita alla coscienza, e non
per nulla inerente all'intelletto trascendente, le cui attribuzioni sono essenzialmente
uniformali. (Stati, 1931, 77) Ordine i. Nell'o.i. la distinzione tra gli stati dell'essere non
si opera che per divisione. (Stati, 1931, 81) Sfera i. Non uscendo dal religioso non si
esce dalla s.i. (Int., 1921, 146)

INDIVIDUALISMO Ci che intendiamo per i. la negazione di ogni principio


superiore all'individualit. (Crisi, 1927, 83) Proprio l'i. la causa determinante della
decadenza attuale dell'Occidente. L'i. implica anzitutto la negazione dell'intuizione
intellettuale. (id., 84) L'i. la sorgente delle illusioni concernenti la parte relativa ai grandi
uomini o presunti grandi uomini . (id., 85) L'i. porta inevitabilmente con s il
naturalismo. (id., 86) Chi dice i. necessariamente rifiuta di ammettere ogni autorit
superiore all'individuo, come pure ogni facolt conoscitiva superiore alla ragione
individuale. (id., 90) Quando l'autorit spirituale disconosciuta, logico che l'i. faccia la
sua apparizione, per lo meno come tendenza, anche se non come affermazione avente
caratteristiche ben determinate. (Aut., 1929, 92)

INDIVIDUALIT Dopo la morte corporea, l'essere resta in qualcuno di quei


prolungamenti dell'i., perch, in tal caso, quantunque questa i. non sia pi completa nel
rapporto della manifestazione, alcuni dei suoi elementi, psichici o sottili, sussistono, in un
certo qual modo senza dissolversi. (Ved., 1925, 151) L'essere deve in primo luogo
identificare il centro della propria i. col centro cosmico dello stato di esistenza cui questa i.
appartiene. (Dante, 1925, 67) Nella tradizione ind, l'i. considerata come costituita
dall'unione di due elementi o, pi esattamente, da due insiemi di elementi, rispettivamente
designati dai termini nma e rpa, letteralmente significanti nome e forma e
generalmente riuniti nella parola composta nma-rpa, la quale comprende cos l'i. tutta
intiera. (Hind., 1965, 95) Quando l'essere liberato dalla condizione individuale, si pu dire
che egli aldil del nome e della forma , poich questi due termini complementari sono
costitutivi dell'i. come tale. (id., 96)

INDIVIDUO-I La natura propria di ogni i. implica necessariamente, fin dall'origine,

87

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

tutto il complesso delle tendenze e delle disposizioni che si svilupperanno e


manifesteranno nel corso della sua esistenza. (Int., 1921, 188) Quand'anche noi
consideriamo l'i., sempre per scorgerlo essenzialmente dipendente dal Principio. (Ved.,
1925, 52) Ben lungi dall'essere in se stesso un'unit assoluta e completa, come vorrebbe la
maggior parte dei filosofi occidentali e, in ogni caso, i moderni senza eccezioni, l'i.
costituisce in realt solo un'unit relativa e frammentaria. L'i., quand'anche lo si consideri
in tutta l'estensione di cui suscettibile, non un Essere Totale, ma soltanto un particolare
stato di manifestazione di un essere. (Croce, 1931, 20) L'i. rappresenta soltanto una
manifestazione transitoria e contingente dell'essere vero; esso non che uno stato
particolare fra un'indefinita moltitudine di altri stati dello stesso essere. (Met., 1939, 8)
Negli i. la quantit predominer tanto pi sulla qualit, quanto pi saranno ridotti ad
essere, se cos si pu dire, dei semplici i. e quanto pi saranno separati gli uni dagli altri.
Tale separazione fa degli i. altrettante unit, nel senso inferiore del termine. (Regno, 1945,
63)

INDO-IRANIANO Tradizione i. i. Nella t.i.i., ad una certa epoca, dovette prodursi una
scissione ed il ramo separato, deviato in rapporto alla Tradizione Primordiale, fu il
cosiddetto Iranismo, che dovette poi diventare la tradizione persiana, chiamata anche
Mazdeismo. (Int., 1921, 154)

IND Sono I. tutti coloro che aderiscono ad una stessa tradizione, alla condizione che
essi siano debitamente qualificati per potervi aderire realmente ed effettivamente; al
contrario, non sono I. coloro che per qualsiasi ragione non partecipano a questa tradizione.
In particolare questo il caso dei Giainas e dei Buddisti. (Int., 1921, 153) Civilt i.
Passando ora alla c.i., constatiamo che la sua unit di carattere puramente ed
esclusivamente tradizionale: di fatto essa comprende elementi appartenenti a razze e
gruppi etnici diversissimi, i quali possono per essere detti ad egual titolo ind nel
senso stretto della parola. (Int., 1921, 68) Dottrina i. Il fatto che i pi antichi filosofi
greci abbiano preceduto di diversi secoli l'epoca di Alessandro Magno non autorizza affatto
a concludere che essi nulla abbiano conosciuto della d.i. (Int., 1921, 38) La d.i. puramente
intellettuale, cio metafisica, e non porta tracce della forma sentimentale che sarebbe
necessaria a conferirle il carattere di un dogma e senza la quale inconcepibile che ad una
dottrina venga connessa una morale. (id., 87) La d.i., fra tutte le dottrina tradizionali che
hanno resistito sino ad oggi, quella che sembra derivata pi direttamente dalla Tradizione
Primordiale. (Aut., 1929, 57, n. 11) Tradizione i. La t.i. ingloba tutto l'ordine sociale, a
titolo per di semplice applicazione a determinate contingenze. La t.i. non ha
assolutamente carattere religioso, ma carattere puramente intellettuale e essenzialmente
metafisico. (Int., 1921, 59) La t.i. fu importata in quella che l'India attuale in un'epoca pi o
meno remota, che sarebbe piuttosto difficile precisare, da uomini che venivano al Nord.
(id., 153) Prima di stabilirsi in India, la t.i. era stata quella di una civilt, per la quale, in

88

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

mancanza di meglio, possiamo accettare la denominazione di indo-iraniana (id., 154) La


t.i., nel suo complesso, essenzialmente fondata sul Veda (id., 156) Unit i. --- L'u.i.
un'unit di ordine puramente ed esclusivamente tradizionale e per mantenersi non ha
bisogno di alcuna forma d'organizzazione pi o meno esteriore, n dell'appoggio di alcuna
autorit che non sia quella della dottrina. (Int., 1921, 152) Chiesa I. Riformata Nella
prima met del XIX secolo Rm Mohum Roy fond le C.I.R. (o Brahma Samj) e l'idea gli fu
suggerita da missionari anglicani. Fu stabilito un culto imitato particolareggiatamente dallo
schema dei servizi protestanti. Di fatto si tratta del primo tentativo di trasformare il
Brahmanesimo in una religione nel senso occidentale della parola, animandola di tendenze
simili a quelle del Protestantesimo. (Int., 1921, 287) Per effetto dell'introduzione del Libero
Esame la C.I.R. ben presto si suddivise in molteplici chiese , a similitudine del
Protestantesimo, finch, dopo molte vicissitudini, fin per sparire pressoch
completamente. (id., 288) La C.I.R. interpretava il Vdanta in termini teologici ed adattava
la dottrina ai modi di vedere occidentali, riducendola a qualcosa che finiva col
rassomigliare ad una filosofia tinta di religiosit, ad una sorta di deismo nei paramenti
di una fraseologia orientale. (id., 289)

INFALLIBILIT Dal punto di vista della Verit, ognuno possiede l'i. nella misura stessa
in cui competente , vale a dire per tutto ci che conosce nel vero significato della
parola. (Cons., 1946, 369) Vi in ogni organizzazione tradizionale un'i. riferentesi
esclusivamente alla funzione d'insegnamento, in qualsiasi ordine venga esercitata, poich
egualmente applicabile ai due domini, esoterico ed exoterico. (id., 370) L'i.
necessariamente limitata, al pari della funzione cui legata. (id., 370) Se una funzione
appartiene ad un certo ordine determinato, essa pu comportare l'i. solo in riguardo a ci
che si riferisce a quest'ordine. (id., 375)

INFEDELI Per l'Islam gli I. sono quelli che obbediscono alla legge soltanto loro
malgrado o che sono nella pura e semplice ignoranza. (Croce, 1931, 195)

INFERIORE Caste i. Colla dominazione delle c.i. calano le tenebre intellettuali. (Aut.,
1929, 55) Dominio sottile i. Saranno le forze dissolventi del d.s.i., il loro scatenamento e
la loro messa in funzione a portare alla sua conclusione la deviazione del nostro mondo e
condurlo effettivamente alla sua dissoluzione finale. (Regno, 1945, 237) Elementi sociali
i. Se in qualche modo gli e. s.i. avranno accesso al potere, il loro regno sar
verosimilmente il pi breve di tutti e contraddistinguer l'ultima fase di un determinato
ciclo storico, poich non sar possibile scendere pi in basso. (Aut., 1929, 115) Tenebre I.
Le T.I. non possono essere prese altro che in senso relativo, in quanto il punto di
partenza della manifestazione umana non coincide con quello della manifestazione
universale, bens occupa all'interno di questa un certo livello determinato. (In., 1952, 261) Se

89

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ci si pone dal punto di vista della costituzione dell'essere umano, le T.I. dovranno apparire
sotto l'aspetto di una modalit di questo essere. E sotto tale aspetto, a rappresentare le T.I.
non pu essere se non la parte pi grossolana dell'individualit umana. (id., 264)

INFERNI Gli I. sono gli stati inferiori dell'essere. (Dante, 1925, 50)

INFINITESIMALE Calcolo i. Vi nel c.i. una certa legge di omogeneit che


presuppone che le quantit ordinarie e le quantit infinitesimali dei diversi ordini, sebbene
incompatibili tra essi, siano tuttavia delle grandezze della stessa specie. (Calc. Inf., 1946, 39)
Il punto essenziale, per giustificare il rigore del c.i., che, nei risultati, non debbano figurare
che quantit fisse. (id., 77) L'applicazione alle grandezze geometriche , in fondo, la vera
ragione d'essere di tutto il c.i. (id., 86) Differenza i. Una d.i. non potr mai essere
infitesimamente nulla. (Calc. Inf., 1946, 54) Una d.i., cio indefinitamente decrescente, non
pu essere che la differenza di due qualit variabili. (id., 76) Una d.i. non pu mai divenire
nulla, ma essa non pu esistere che entro le variabili. (id., 77) Metodo i. Leibinitz, nella
sua prima esposizione del m.e., insistette soprattutto sugli usi e sulle applicazioni del
nuovo calcolo, secondo la tendenza moderna di attribuire pi importanza alle applicazioni
pratiche della scienza che alla scienza stessa come tale. (Calc. Inf., 24) Quantit i. Le
q.i., secondo Leibnitz, non si presentano naturalmente in una maniera immediata, ma
soltanto come un risultato del passaggio dalla variazione della quantit discontinua a
quella della quantit continua, dell'applicazione della prima alla misura della seconda.
(Calc. Inf., 1946, 24) Leibnitz dichiara frequentemente che le q.i. non sono che degli
incomparabili . (id., 25) Le q.i. sono sicuramente incomparabili con le quantit ordinarie,
ma ci potrebbe intendersi in pi di un modo e lo si effettivamente inteso abbastanza
spesso in altro senso che quello in cui lo si sarebbe dovuto. (id., 30) La vera nozione della
continuit non permette di considerare che le q.i. possano mai eguagliarsi a zero, perch
allora cesserebbero di essere delle quantit. (id., 54) Le q.i. non sono dei Nulla Assoluti. (id.,
59) Le q.i., intese come delle quantit indefinitamente decrescenti, che il loro vero
significato, non possono mai essere dette evanescenti nel senso proprio della parola,
cio come quantit che si annullano effettivamente. (id., 62) Nel passaggio al limite le
q.i. si eliminano da se stesse e ci molto semplicemente in ragione della sostituzione delle
quantit fisse alle quantit variabili. (id., 77)

INFINITO Per gli Orientali sinonimo di Perfezione solo l'I. (Int., 1921, 40) L'idea dell'I.
non pu essere espressa che da un termine di forma negativa, perch ogni affermazione
diretta un'affermazione particolare e determinata. (id. 132) La parola I. esprime la
negazione di qualunque limite e perci equivale all'affermazione prima ed assoluta. (Ved.,
1925, 139) L'I., secondo il significato etimologico del termine, ci che non ha limiti. (Stati.,
1931, 17) L'I., per essere veramente tale, non pu ammettere alcuna restrizione e cio deve

90

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

essere assolutamente incondizionato e indeterminato, poich ogni determinazione


evidentemente un limite. (id., 19) L'idea dell'I. non minimamente discutibile o
contestabile sul piano metafisico poich non comporta alcuna contraddizione, non
contenendo alcunch di negativo. (id., 20) L'idea di una pluralit d'I. un'assurdit dal
momento che essi si limiterebbero l'un l'altro e nessuno di essi sarebbe allora l'I. (id., 22)
Conoscenza e Verit, cos considerate metafisicamente, non sono altro che ci che abbiamo
chiamato aspetti dell'I. , (id., 122) Una definizione dell'I. non altro, in effetti, che
l'espressione di una determinazione. (Calc. Inf., 1946, 7) Cercare di fare entrare l'I. in una
formula o, se si preferisce, rivestirlo di una forma quale che sia, , coscientemente o
incoscientemente, sforzarsi di fare entrare il Tutto Universale in uno degli elementi pi
uniformi che sono in essi compresi. (id., 7-8) Concepire l'I. quantitativamente non soltanto
limitarlo, ma concepirlo come suscettibile di aumento o di diminuzione. (id., 8) Numero
i. L'idea del n.i, inteso come il pi grande di tutti i numeri o il numero di tutti i
numeri o, ancora, il numero di tutte le unit un'idea veramente contradditoria in se
stessa. (Calc. Inf., 1946, 12)

INFLUENZE ERRANTI Le i.e. sono forze la cui manipolazione costituisce la parte pi


importante della magia. (Spir. 1923, 121)

INFORMALE Elemento i. Se dunque consideriamo un e.i., questo sar perci un


elemento sovraindividuale e dovr essere rilevato nei suoi rapporti coll'individualit
umana perch collega l'individualit alla personalit. (Ved., 1925, 74) Manifestazione i.
La m.i. ancora principiale, in un senso relativo, in rapporto alla manifestazione formale;
esso stabilisce un legame tra questa ed il suo principio non-manifestato. (Ved., 1925, 74)
Possibilit i. L'insieme delle p.i. simbolicamente rappresentato da quello che le dottrine
tradizionali chiamano le Acque Superiori. (Stati, 1931, 98-99) Stati i. La distinzione
esistente tra gli stati formali e gli s.i. metafisicamente un aspetto della distinzione tra
l'individuale e l'universale. (Stati, 1931, 97)

INGLESE Mentalit i. un fatto che la m.i. non abbia nessuna attitudine per le
concezioni metafisiche. (Int., 1921, 264) Spirito i. Lo s.i. esce raramente dalla sfera
pratica costituita da morale e sociologia, e dalla scienza sperimentale, costituita da quella
psicologia di cui fu l'inventore; quando si occupa di logica soprattutto l'intuizione che lo
interessa, alla quale d preminenza sulla deduzione. (Int., 1921, 264)

INIZIATICO Ascesi i. Dal momento che si tratta essenzialmente di un complesso


metodico di sforzi tendenti ad uno sviluppo spirituale, si pu parlare di a.i. (In., 1952, 166)
Catena i. La c.i. una successione che assicura in maniera ininterrotta la trasmissione
di un'influenza spirituale. (Cons., 1946, 76) La c.i. esiste per fornire all'essere un appoggio

91

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

che gli permetta di elevarsi indefinitamente e di oltrepassare le limitazioni di essere


individuale e condizionato. (id., 304) Nelle condizioni attuali del mondo terrestre l'essere
umano non per nulla dispensato, come a torto si potrebbe ritenere, dal ricollegarsi ad una
c.i., altrimenti, finch si trova nello stato umano, resterebbe semplicemente quello che era al
momento di entrarvi e come immerso in una specie di sonno spirituale che gli
impedirebbe di andare oltre nella sua via realizzativa. (In., 1952, 188) Caverna i. La c.i.
considerata un'immagine del mondo; ma, d'altra parte, in virt della sua assimilazione
simbolica al cuore, essa ne rappresenta pi particolarmente il luogo centrale. (Simb., 1962,
196) Centri i. Dai c.i. procede, direttamente od indirettamente, ogni trasmissione
regolare. (Cons., 1946, 92) Conoscenza i. Ogni c.i. risulta da una comunicazione
stabilita coscientemente con gli stati superiori. (Cons., 1946, 277) Tutto quanto appartiene
alla c.i. non pu essere minimamente oggetto di una qualsiasi discussione. (id., 297)
Gerarchia i. La g.i. formata essenzialmente da gradi di conoscenza, con tutto quello che
implica questa parola intesa nel suo vero significato. (Cons., 1946, 363) Se si tratta di una
g.i., quella religiosa non potrebbe in alcun modo essere toccata dalla sua esistenza, che
d'altronde essa non deve conoscere ufficialmente , poich esercita una giurisdizione
legittima soltanto nell'ambito exoterico. (Simb., 1962, 41) Grado i. I g.i. possono essere
indefinitamente molteplici, al pari degli stati cui corrispondono e che implicano
essenzialmente nella loro realizzazione. (Cons., 1946, 363) Insegnamento i. L'i.i. non
pu che far uso di riti e simboli, i quali suggeriscono pi che non esprimano nel senso
ordinario della parola. (Cons., 1946, 125) L'i.i. non pu essere altro che un aiuto esteriore
apportato al lavoro interiore di realizzazione, alfine di appoggiarlo e guidarlo per quanto
possibile. (id., 262) L'i.i. non in realt e non pu essere che una preparazione
dell'individuo per acquistare la vera conoscenza iniziatica mediante l'effetto del suo lavoro
personale. (id., 264) L'i.i. non deve mai prendere una forma sistematica , ma deve invece
aprirsi su possibilit illimitate, in modo da riservare la parte dell'inesprimibile, che in
realt veramente l'essenziale. (id., 279) L'i.i., per essere realmente giovevole, richiede
naturalmente un atteggiamento mentale ricettivo , uno sforzo costante di assimilazione,
un qualcosa di essenzialmente attivo, anzi di attivo al pi alto grado. (id., 297) Alla base
stessa di ogni i.i. che ogni realizzazione degna di questo nome di ordine essenzialmente
interiore, anche se suscettibile di avere all'esterno ripercussioni di qualsiasi genere. (id.,
347) Istruzione i. L'i.i., considerata nella sua universalit, deve comprendere, come
tante applicazioni in variet indefinita di uno stesso principio trascendente, tutte le vie
realizzative, non soltanto proprie ad ogni categoria di esseri, ma anche ad ogni essere
individuale in particolare. (Cons., 1946, 273) Nome i. Un n.i. non deve essere
conosciuto nel mondo profano, poich rappresenta una modalit dell'essere che non vi si
pu manifestare, sicch la sua conoscenza cadrebbe in qualche modo nel vuoto, non
trovando nulla cui possa realmente applicarsi. (Cons., 1946, 245) Organizzazione-i i.
Bisogna necessariamente che un'o.i. sia depositaria effettivamente di un'influenza
spirituale per poterla comunicare agli individui che vi si ricollegano. (Cons., 1946, 58) I
membri di un'o.i. non hanno il potere di cambiarne le forme a loro piacimento o di alterarle
nell'essenziale. (id., 60) Un'o.i. non pu validamente incorporare nei suoi riti elementi presi

92

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

da forme tradizionali diverse da quella secondo cui essa regolarmente costituita. Risulta
chiaramente la nullit delle iniziative individuali relative alla costituzione delle o.i., sia in
merito alla loro origine, sia in merito alle forme che rivestono. (id., 61) Anche un'o.i. ove, ad
un certo momento, si trovassero soltanto iniziati virtuali, sarebbe tuttavia non meno capace
di continuare a trasmettere realmente l'influenza spirituale di cui la depositaria. (id., 83)
Una delle ragioni d'essere delle o.i. , prendendo per punto d'appoggio una certa forma
tradizionale, permettere il passaggio aldil di tale forma, per elevarsi dalla diversit
dall'unit. (id., 93) Sebbene lo scopo di tutte le o.i. sia essenzialmente lo stesso, ce ne sono
alcune che si situano in qualche modo a livelli differenti quanto alla loro partecipazione alla
Tradizione Primordiale. (id., 95) Le o.i. non sono per nulla delle sette, ma ne sono
esattamente il contrario. (id., 104) Un'o.i., in fatto di forme esteriori ha bisogno soltanto di
un certo insieme di riti e di simboli, i quali, al pari dell'insegnamento che li accompagna e li
spiega, devono regolarmente trasmettersi per tradizione orale. Un'o.i., finch non prende la
forma occidentale di una societ, in qualche modo inafferrabile per il mondo profano.
(id., 112) Un'o.i., per sua stessa natura, sfugge alle contingenze esterne e nessuna forza
esteriore pu sopprimerla. (id., 114) Ogni o.i. inafferrabile dal punto di vista del suo
segreto. (id., 115) Per definizione stessa, ogni o.i. in opposizione formale colle concezioni
democratica ed egualitaria, in primo luogo in rapporto al mondo profano, nei cui confronti
essa costituisce, nell'accezione. pi esatta della parola, un'lite separata e chiusa, e poi in se
stessa, per la gerarchia dei gradi e funzioni che stabilisce necessariamente tra i suoi
membri. (id., 119) Ogni o.i. dovr avere la sua tecnica particolare e potr naturalmente
ammettere soltanto coloro che saranno capaci di conformarvisi e di ricavarne un beneficio
effettivo. (id., 137) Nel mondo occidentale, vi sono ormai soltanto il Compagnonaggio e la
Massoneria come o.i. che possono rivendicare una filiazione tradizionale autentica. (id.,
139) La degenerescenza di un'o.i. non cambia nulla della sua natura essenziale. evidente
che quanto pi un'o.i. in tal modo diminuita, tanto pi vi sono possibilit di deviazioni
almeno parziali e tali deviazioni, pur avendo un carattere occidentale, rendono una
restaurazione sempre pi difficile di fatto, sebbene, malgrado tutto, essa resti sempre
possibile in principio. (id., 259) Il pensiero coltivato per se stesso non pu mai essere lo
scopo di un'o.i. (id., 260) In ogni o.i. avente conservato una coscienza netta del suo vero
scopo, tutte le pratiche, ipnotiche o altre, implicanti l'uso di un soggetto , sono
considerate illegittime e strettamente proibite. (id., 303) 0.i., le quali fossero veramente e
precisamente ci che dovrebbero e non semplicemente le vestigia pi o meno degenerate di
ci che furono un tempo, potrebbero riformarsi unicamente se trovassero elementi in
possesso non solo dell'attitudine iniziale necessaria come condizione preliminare, ma
anche delle disposizioni effettive determinate dalla coscienza di questa attitudine. (id., 359)
Ogni o.i. , in se stessa, essenzialmente gerarchica, tanto che si potrebbe scorgere in tal fatto
uno dei suoi caratteri fondamentali. (id., 362) La distribuzione dei membri di un'o.i. nei
suoi diversi gradi in qualche modo soltanto simbolica in rapporto alla gerarchia reale
(id., 364) Un'o.i. non comporta solo una gerarchia di gradi, ma anche una gerarchia di
funzioni, e si tratta di due cose del tutto distinte, che bisogna aver cura di non confondere
mai, poich la funzione di cui qualcuno pu essere investito, a qualsiasi livello, non gli

93

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

conferisce un nuovo grado e non modifica menomamente ci che gi possiede. (id., 365) Le
o.i. soltanto hanno per scopo essenziale di andare aldil del dominio individuale. Va da s
che anche queste o.i. comportano, come tutte le altre, un elemento psichico che pu
svolgere una determinata funzione effettiva, per esempio costituire una difesa nei
confronti del mondo esterno. (id., 72) Non in quanto semplice collettivit che bisogna
considerare un'o.i., perch non assolutamente questo carattere a determinare la possibilit
di svolgere la funzione che ne costituisce la ragion d'essere. (id., 73) Quando un'o.i. si trova
in uno stato di degenerazione piuttosto accentuato, anche se l'influenza spirituale vi
sempre presente, la sua azione necessariamente sminuita ed allora, per contrapposto, le
influenze psichiche possono agire in modo pi apparente e talvolta quasi indipendente.
(id., 74) Le o.i. prive di legami coll'insieme di una determinata forma tradizionale sono,
almeno in linea di principio, compatibili con qualsiasi exoterismo, ma, dal punto di vista
iniziatico, non lo sono affatto coll'assenza di un exoterismo tradizionale. (id., 79) Il lavoro di
un'o.i. deve sempre essere compiuto in nome del principio spirituale da cui essa
procede e che in qualche modo essa destinata a manifestarsi nel nostro mondo. (id., 197)
Le o.i. che si mantengono strettamente sul loro proprio terreno rimangono estranee da
deviazioni e la loro stessa regolarit le costringe a riconoscere soltanto ci che presenta
un carattere d'ortodossia, fosse pure nell'ordine exoterico. (Simb., 1962, 40) Processo i.
Il p.i. riproduce rigorosamente il processo cosmogonico, secondo l'analogia costitutiva del
macrocosmo e del microcosmo. (Dante, 1925, 53) Prove i. Quelle che si chiamano p.i.
sono essenzialmente dei riti. (Cons., 1946, 232) Le p.i. costituiscono un insegnamento dato
sotto forma simbolica e destinate ad essere meditate ulteriormente. Per maggior precisione
diremmo che le p.i. sono riti preliminari o preparatori all'iniziazione propriamente detta;
esse ne costituiscono il preambolo necessario, sicch l'iniziazione stessa come la loro
conclusione o il loro scopo immediato. Le p.i. rivestono spesso la forma di viaggi
simbolici e, sotto questo aspetto, esse si presentano come una ricerca conducente l'essere
dalle tenebre del mondo profano alla luce iniziatica. (id., 233) In fondo le p.i. sono
essenzialmente riti di purificazione. (id., 233-234) Punto di vista i. Il p. di v.i. deve, al
contrario, tenere conto delle condizioni attuali degli esseri manifestati, e precisamente degli
individui umani come tali, il suo scopo essendo appunto quello di condurli ad affrancarsi
da tali condizioni. (In., 1952, 56) Qualificazioni i.- Le q.i. sono esclusivamente del
dominio dell'individualit. (Cons., 1946, 133) Le q.i., quali si possono determinare dal
punto di vista propriamente teorico , non sono tutte di ordine esclusivamente
intellettuale, ma comportano anche la considerazione degli altri elementi costitutivi
dell'essere umano. (id., 358) Qualit i. La q.i., una volta ricevuta, non per nulla legata
al fatto di essere membro attivo di tale o di tal'altra organizzazione. (Cons., 1946, 155)
Realizzazione i. Ogni r.i. dunque essenzialmente e puramente interiore ,
contrariamente all' uscita da s che costituisce l' estasi nel senso esatto ed etimologico
di questa parola. (Cons., 1946, 43) L'individualit deve necessariamente essere presa come
mezzo ed appoggio della r.i. (id., 133) L'essere che intraprende il lavoro di r.i. deve
necessariamente partire da un certo stato di manifestazione, quello dove attualmente
situato e che comporta tutto un insieme di condizioni determinate. (id., 134)

94

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Ricollegamento i. La necessit del r.i. non una necessit di principio, ma soltanto una
necessit di fatto, la quale per, nello stato che ci proprio e che pertanto siamo obbligati a
prendere come punto di partenza, si impone in modo non meno rigoroso. (In., 1952, 57)
Rito-i i. Perch i r.i. abbiano il loro effetto bisogna che siano compiuti da coloro che hanno
qualit per adempierli. (Cons., 1946, 77) I veri r.i. non possono essere attribuiti ad autori
umani, che di fatto per essi non sono mai stati conosciuti. (id., 81) Il r.i. porta sempre in se
stesso la sua efficacia, a condizione, ben inteso, che sia compiuto in conformit alle regole
tradizionali che ne assicurano la validit e al di fuori delle quali non sarebbe pi che una
forma vuota ed un vano simulacro. (id., 151) L'efficacia del r.i. interamente indipendente
dal valore dell'individuo che lo compie; solo la funzione conta qui e non l'individuo come
tale; in altri termini, la condizione necessaria e sufficiente che egli abbia ricevuto
regolarmente il potere di compiere tale r.i. (id., 152) I r.i. sono riservati e non concernono
che un'lite munita di qualificazioni particolari. (id., 153) I r.i. conferiscono un carattere
definitivo e indelebile. (id., 154) Rituale i. Se il r.i. prende per appoggio il mestiere,
talch ne , per cos dire, derivato per un'appropriata disposizione, l'adempimento di
questo r.i., per essere realmente e pienamente valido, esiger condizioni fra cui si
ritroveranno quelle per l'esercizio stesso del mestiere. (Cons., 1946, 141). Segreto i. Il
vero segreto risiede unicamente nell'inesprimibile ed una parte di inesprimibile si trova
necessariamente in qualsiasi verit di ordine trascendente: questo essenzialmente il senso
profondo del s.i. (Regno., 1945, 107) Il s.i. consiste essenzialmente nell' inesprimibile ,
che, per conseguenza, necessariamente l' incomunicabile . (Cons., 1946, 124) Il s.i. non
pu essere mai tradito, poich in se stesso inafferrabile e inaccessibile ai profani e non pu
essere penetrato da essi, la sua conoscenza non essendo che la conseguenza stessa
dell'iniziazione. Il s.i. di natura tale da non potersi esprimere con parole (id., 125) Il vero
s.i. inviolabile per natura e si difende da se stesso controlla curiosit dei profani; ciascuno
potr pi o meno penetrare questo s.i. secondo l'estensione del proprio orizzonte
intellettuale, ma anche se riuscisse a penetrarlo integralmente non potrebbe mai
comunicare ad un altro ci che egli stesso avr compreso. (id., 271) Trasmissione i. La
t.i., non sapremmo meglio caratterizzarla che dicendola essenzialmente la trasmissione di
un'influenza spirituale. (Cons., 1946, 30-49-50)

INIZIATO L'i. non un soggetto , anzi ne il contrario; ogni tendenza alla passivit
non pu essere che di ostacolo all'iniziazione e, quando predominante, costituisce una
squalificazione irrimediabile. (Cons., 1946, 303) L'exoterismo, in realt, ben lungi
dall'essere rigettato, deve essere trasformato in misura corrispondente al grado
raggiunto dall'i., poich questi diventa viepi atto a capirne le ragioni profonde. (In., 1952,
80)

INIZIAZIONE L'i. una presa di possesso cosciente degli stati superiori. (Dante, 1925,
52) Lo scopo reale dell'i. non solamente la restaurazione dello stato edenico . (id., 51)

95

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

L'i. ci che incarna veramente lo spirito di una tradizione e ci permette, per di pi,
l'attualizzazione effettiva degli stati sovrumani. (Regno., 1945, 233) L'i., nella sua prima
parte, ha per scopo la restaurazione dello Stato Primordiale, in altri termini, per questa i., se
effettivamente realizzata, l'uomo ricondotto, dalla condizione decentrata che
proprio la sua, alla situazione centrale che deve normalmente appartenergli. (Triade, 1945,
64) Nel caso dell'i. appartiene all'individuo l'iniziativa di una realizzazione che si
perseguir metodicamente, sotto un controllo rigido e incessante, e che dovr normalmente
condurre a superare le stesse posizioni dell'individuo come tale. (Cons., 1946, 31) L'i. ha
essenzialmente per scopo di superare le possibilit dello stato individuale umano e di
rendere effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori, ed anche, infine, di
condurre l'essere oltre ogni stato condizionato. In riguardo la semplice comunicazione con
gli stati superiori non pu essere considerata un fine, bens solo un punto di partenza. (id.,
42) La prima delle condizioni per l'i. una certa attitudine o disposizione naturale, senza la
quale ogni sforzo sarebbe vano, poich l'individuo non pu evidentemente sviluppare che
quelle possibilit che porta in s fin dall'origine. (id., 44) L'i. ci che tutte le tradizioni
s'accordano nel designare come la seconda nascita . (id., 47) L'i. essenzialmente
regolare e non ha nulla a che vedere con le anomalie. (id., 48) L'i. implica tre condizioni
che si presentano in modo successivo e che si potrebbero far corrispondere rispettivamente
ai tre termini di potenzialit , virtualit e attualit : la qualificazione, la trasmissione,
il lavoro interiore. (id., 51) Il collegamento ad un'organizzazione tradizionale regolare non
soltanto una condizione necessaria dell'i., ma anche ci che costituisce l'iniziazione nel
significato pi stretto. (id., 52) Relativamente all'individuo, l'intenzione di collegarsi ad una
tradizione di cui possa avere qualche conoscenza esteriore non pu affatto essere
sufficiente in se stessa per assicurargli l'i. (id., 55) L'individuo non deve avere soltanto
l'intenzione di essere iniziato, ma deve essere accettato da un'organizzazione
tradizionale regolare, avente qualit per conferirgli l'i. (id., 57) La parte dell'individuo che
conferisce l'i