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Edizioni Alkaest
AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
SOMMARIO
PREFAZIONE................................................................................................................................................................................3
ABBREVIAZIONI......................................................................................................................................................................11
- A -....................................................................................................................................................................................................12
- B -....................................................................................................................................................................................................23
- C -....................................................................................................................................................................................................30
- D -...................................................................................................................................................................................................52
- E -....................................................................................................................................................................................................60
- F -....................................................................................................................................................................................................72
- G -...................................................................................................................................................................................................77
- H -...................................................................................................................................................................................................82
- I -.....................................................................................................................................................................................................83
- J -..................................................................................................................................................................................................103
- K -.................................................................................................................................................................................................104
- L -.................................................................................................................................................................................................106
- M -...............................................................................................................................................................................................111
- N -................................................................................................................................................................................................138
- O -................................................................................................................................................................................................144
- P -.................................................................................................................................................................................................154
- Q -................................................................................................................................................................................................170
- R -.................................................................................................................................................................................................172
- S -.................................................................................................................................................................................................182
- T -.................................................................................................................................................................................................209
- U -................................................................................................................................................................................................222
- V -.................................................................................................................................................................................................229
- Y -.................................................................................................................................................................................................235
- Z -.................................................................................................................................................................................................237
AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
PREFAZIONE
Ove si consideri l'essere umano da una prospettiva che ne superi (pur senza annullarle)
le componenti materiale e psichica dell'individualit per rifarsi a quella puramente
spirituale, si vede come si sia in presenza dell'innata ricerca di un qualcosa di
sovraindividuale, di un'aspirazione verso la trascendenza, del senso di dipendenza da un
principio che e al di fuori ed al disopra del relativo e del contingente. E un simile senso di
limitatezza, unito alla concezione di una naturale imperfezione, che spinge I'individuo
verso l'Assoluto, il Perfetto, l'Archetipo Principiale di cui egli si rende conto di essere un
modello ed a tale archetipo tende il pi possibile a rassomigliare.
Afferma Dante Alighieri nel Convivio (cap. I) che tutti gli uomini naturalmente
desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed che ciascuna cosa, da Providenza di propria
natura impita, a inclinabile a sua propria perfezione . Sono parole queste in cui a racchiuso il
senso profondo della ricerca del sacro in ogni epoca ed in ogni society umana, una ricerca
che risulta pure dalla ben nota espressione socratica: Conosci te stesso . Dice ancora il
grande esponente della sapienza greca che conoscere ricordare ed allora l'idea di
sapere dantesca e quella cosi esposta di conoscenza esprimono la medesima alta realt
dell'aprirsi alla Verit Eterna, all'Assoluto, all'Uno che regge l'universo e nel quale
l'universo a essenzialmente riassunto.
Le moderne interpretazioni psicologiche e psicoanalitiche fanno del sacro it prodotto
del subconscio, vale a dire della parte oscura dell'essere umano, un venire alla superficie
di passioni, di paure, di impulsi psichici incontrollati; in ci(5 esse non si distaccano dalla
frusta ed obsoleta interpretazione marxista del sacro come alienazione dell'individuo o
dalla altrettanto superata idea niciana della morte di Dio come rinascita dell'uomo. Ad
un simile modo di vedere sono riferibili pure gli archetipi junghiani, ove il termine
archetipo assume un significato stravolto rispetto all'originaria etimologia tradizionale
che ne fa un qualcosa di ordine superiore. Ma se in una retta visione del fenomeno
rovesciamo una simile interpretazione e riferiamo gli archetipi al sovraconscio, al senso
superiore delle cose, alla spiritualit pura, ecco che viene recuperata l'originaria
dimensione di ordine assoluto e spazzata via ogni sovrastruttura venuta a sovrapporsi
come effetto della degenerazione intellettuale dell'Occidente. L'individuo, da mero oggetto
di studio (quale lo vogliono psicologi e psicanalisti) ritorna soggetto, soggetto pensante e
dotato di una dimensione spirituale, e si rivela per quello che veramente : l'immagine
divina nel mondo, il discendente dell'Adamo a cui Dio rivela i nomi di tutte le cose
create e conosce in tal modo l'essenza della creazione.
dunque questa natura teomorfica che sta alla base della ricerca del sacro, dell'anelito
verso il divino, di quello che, in ogni tempo ed in ogni luogo, viene designato come il
fenomeno religioso : l'essere umano che si rivolge verso l'alto e l'alto gli si rivela, con una
AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
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dentro di essi e non sanno riconoscere; entrambi questi punti di vista sono da rifiutare, in
quanto creano un dualismo che esiste solo in una visione parziale, partigiana e distintiva
delle cose, visione destinata a dissolversi ove ci si elevi nella dimensione che Oriente ed
Occidente comprende e unifica. Recuperare l'Oriente non dunque andare l o
convertirsi ad una delle sue forme tradizionali, n tantomeno attendere che gli Orientali
giungano da noi a portare l'Acqua di Vita, bens riaccendere la lux interiore (secondo
la frase ex Oriente Lux ), fare fruttificare il granello di senape , ritrovare quel Regno
dei Cieli che nell'individuo e mai e poi mai fuori di lui. Questo e questo solo il senso
dell'azione dell'lite intellettuale di cui parla Ren Gunon ed essa non sar n occidentale
n orientale, bens primordiale , avendo in essa la primordialit che conferisce il costante
ricollegamento al Centro Supremo ed essendo perci creazione che si rinnova in ogni
istante.
Dire quando e dove operer questa lite intellettuale cosa che non ci spetta, poich ci
riservato solo ad un pi alto disegno provvidenziale e si situa in un ordine ove la
dimensione temporale non ha alcun significato, in quanto l tutto Eterno Presente; in tale
prospettiva ogni evento si realizza quando la pienezza del tempo e cos sar per il
Raddrizzamento che segue la fine del ciclo. Ci troviamo infatti nella dimensione metafisica,
nella realt simbolica che trascende la realt esistenziale e che la modella senza esserne
minimamente influenzata o condizionata; ogni cosa si collocher nel suo giusto
momento temporale, come ogni mattone forma il muro eretto a regola d'arte, per cui
inutile e sciocco fare calcoli sulla durata del Kali-Yuga, chiedersi se si ancora nella fase
finale e se la Grande Parodia tarder ancora a manifestarsi. Ridurre lo svolgimento ciclico
alla pura dimensione temporale e collocare il Primordiale in un inizio ben definito, significa
andare contro l'evidenza per cui il Primordiale esiste ora e sempre, poich la Tradizione
Primordiale non quella di una determinata societ di una particolare epoca, ma un
qualcosa che a livello metafisico; essa come dice Gunon la manifestazione
del Verbo e quindi l'Eterno Presente che sempre si manifesta a chi lo sappia cogliere.
Collocare dunque l'Umanit Primordiale nel tempo ed andare alla ricerca della sua dimora
cosa da lasciare ai cultori della darwiniana origine della specie che tanto furore fece
nel secolo XIX e nei primi decenni del secolo XX; chi vi si perde e crede di fare un qualcosa
di meritorio bene subito che abbandoni queste illusioni, poich egli nulla ha capito della
realt simbolica, della natura dell'Archetipo da cui derivano gli indefiniti, difformi ed
imperfetti modelli. Ogni civilt ispirata ai principi ha realizzato in s il Primordiale, la sua
tradizione stata Tradizione Primordiale, rappresentando un riflesso della dimensione
celeste nell'esistenza umana; lo svolgimento ciclico stato l'esaurirsi della spiritualit della
dottrina., la Grande Parola il venire alla ribalta dello psichismo esasperato ed il Regno
dell'Anticristo la fase finale della degenerazione. Parimenti, ogni essere umano che vive in
accordo colla Volont del Cielo Uomo Primordiale, poich per lui nulla il
condizionamento del mondo e della molteplicit, avendo vinto la sua Grande Guerra Santa;
ove non si realizzi una simile condizione privilegiata, vi sar degenerazione, materialit,
Grande Parodia, Regno dell'Anticristo. In entrambi i casi si avr il Raddrizzamento Finale il
quale il ritorno al centro , il recupero dell'Archetipo e della propria radice ultima .
AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
Messi cos a fuoco gli assi portanti del messaggio guenoniano all'Occidente moderno, si
pu ora prendere in considerazione la problematica della visione in Ren Gunon del
Cattolicesimo Romano, argomento sino ad oggi mai affrontato con sufficiente
approfondimento. Nelle pagine del Grande Interprete della Tradizione si parla dell'Adorazione dei Magi come omaggio al Cristo infante dei simbolici esponenti dei Tre Mondi e
come prova della perfetta ortodossia del Cristianesimo in rapporto alla Tradizione
Primordiale, vale a dire all'Archetipo da cui deriva ogni forma tradizionale; il Cristo visto
come una discesa di luce , un Inviato dell'Alto e ricollegato a quel Melchisedec (di cui
parla pure San Paolo) che qui assurge a simbolo dell'unione inscindibile di regalit e
sacerdozio. Ove Ren Gunon si discosta invece da una simile retta visione nella fase
applicativa delle idee cos esposte e cio nel delineare l'espansione del Cristianesimo nel
mondo romano, sino a divenire la forma tradizionale dell'Occidente.
In Aperus sur l'Esotrisme Chrtien (Parigi, 1977) trattando del rapporto tra
Cristianesimo ed Iniziazione , egli esordisce col dire che un'oscurit impenetrabile
avvolge i primi tempi del Cristianesimo, oscurit che, ove ben si rifletta, pare non essere
stata semplicemente accidentale, ma essere stata espressamente voluta ; (pag. 9) pi
avanti, Gunon afferma che vi fu un cambiamento che fece del Cristianesimo una
religione nel senso proprio della parola ed una forma tradizionale indirizzantesi a tutti
indistintamente . (pag. 15) In altra e pi appropriata sede ( Per un Cattolicesimo
Tradizionale in SOPHIA, n. 2) stata rettificata questa anomalia applicativa,
mostrando come non sia proprio il caso di parlare di oscurit , in quanto la Buona
Novella conteneva in germe (e ci si stupirebbe se ci non fosse) la possibilit di
espandersi nel mondo a lei provvidenzialmente destinato: che cosa si dovrebbe pensare,
del resto, se la predicazione del Cristo si fosse limitata ai discepoli ? Quale discesa di
luce , quale Inviato dall'Alto Egli sarebbe mai stato se la Parola Divina di cui Egli
portatore non fosse andata aldil della Palestina? Nella realt nei Vangeli vi gi la distinzione dei due livelli conoscitivi, esoterico ed exoterico, venendo ci espresso pi
chiaramente negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere Paoline; lo stesso Gunon parla poi di
un esoterismo cristiano nel Medioevo, di una Chiesa di Giovanni interiore e di una Chiesa
di Pietro esteriore.
Nel Racconto della Storia del Graal di Robert de Boron, testo tipico dell'esoterismo
cristiano medievale, delineato il retroterra esoterico del rito della Messa ed il suo rifarsi
all'idea di Sacrificio Primordiale di cui parlano i Veda ind. Se allora lo svolgimento
temporale non ha nessuna influenza in questa dimensione metafisica, bisogna prendere
con molta cautela quanto Ren Gunon dice a proposito dei sacramenti cristiani, i quali
sarebbero dei riti meramente exoterici, senza pi alcun carattere iniziatico , (op. cit., pag.
21) lo stesso necessario fare per l'affermazione conclusiva per cui il Cristianesimo nel
suo stato attuale non altro che una religione, cio una tradizione di ordine esclusivamente
exoterico . (pag. 26) Prendendo alla lettera una simile conclusione, astraendola dal corpo
dell'intero messaggio gunoniano e rifacendosi al passaggio di Ren Gunon all'Islam,
molti hanno visto l'indicazione, per chi voglia intraprendere la Via Iniziatica, di
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ABBREVIAZIONI
L'anno che segue il titolo abbreviato si riferisce alla prima edizione francese, mentre quello seguente il titolo
indicato per esteso riguarda il testo dal quale stata estratta la frase. A quest'ultima fonte si riferiscono i
numeri delle pagine indicate nel contesto dell'opera.
Int., 1921
Dante, 1925
Re, 1927
Crisi, 1927
Aut., 1929
S.B., 1929
Croce, 1931
Stati, 1931
Met., 1939
Regno, 1945
Triade, 1946
In., 1952
Ap.C., 1954
Simb., 1962,
Mac., 1964
Hind., 1965
Forme, 1970
Ap. I.T., 1975 - Apercus sur l'Esotrisme Islamique et le Taosime, Parigi, 1975.
Mel., 1977
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-A-
ABELARDO Per A. la dialettica, invece di essere un mero mezzo per giungere alla
conoscenza della Verit, era vista come fine a se stessa, il che conduceva ad una sorta di
verbalismo. A. non faceva distinzione tra ci che nasce dalla ragione e ci che le superiore,
tra filosofia profana e conoscenza sacra, tra il sapere puramente umano e la conoscenza
trascendente. (S.B., 1929, 13)
ACQUA L'a. ha come propriet caratteristiche, oltre alla densit ed alla gravit, che le
sono comuni colla terra, la fluidit e la viscosit, per le quali si distingue essenzialmente da
tutti gli altri elementi. (Gunon, Introduzione generale allo studio delle dottrine ind, 1965,
66-67)
ACQUE Le A., in linea generale e nel senso pi esteso del termine, rappresentano la
Possibilit intesa come Perfezione Passiva, ossia il principio plastico universale che,
nell'Essere, si determina come Sostanza. (Stati, 1931, 99) Superficie delle A. La S. delle A.,
ossia il loro piano di separazione, segna lo stato nel quale si opera il passaggio
dall'individuale all'universale ed il ben noto simbolo del camminare sulle A. raffigura
appunto la liberazione dalla forma o dalla condizione individuale. L'essere che ha
raggiunto lo stato per lui corrispondente alla S. delle A., senza ancora elevarsi al di sopra di
queste, si trova come sospeso tra due caos, nei quali, all'inizio, tutto confusione ed
oscurit, fino al momento in cui si produce l'illuminazione. (Stati, 1931, 99-100)
ADAM Il nome A. significa letteralmente rosso e questo uno degli indizi del
collegamento della tradizione ebraica con quella atlantidea, che fu la tradizione della
razza rossa . (Forme, 1970, 43) Se si riferisce specificamente il nome A. alla tradizione
della razza rossa , questa corrisponde alla terra, fra gli elementi, cos come, fra i punti
cardinali, in correlazione con l'Occidente e questa concordanza d un'ulteriore
giustificazione a quanto detto in precedenza. (id., 44)
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ALBERO Secondo un altro simbolismo, la croce viene assimilata all'a. La linea verticale
raffigura il tronco dell'a., i cui rami sono invece rappresentati dalla linea orizzontale.
Questo a. si erge al Centro del Mondo, cio al centro di quella sfera in cui si sviluppa un
certo stato di esistenza, quale lo stato umano. (Croce, 1931, 87)
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ALLAN KARDEC Il fondatore della Scuola Spiritistica Francese, o almeno colui che i
suoi aderenti sono concordi nel considerare tale, fu Hippolyte Rivail; egli, su consiglio degli
spiriti , assunse il nome celtico di A.K., suo presunto nome in un'esistenza anteriore.
(Spir., 1923, 37) A.K. era un magnetizzatore che otteneva le comunicazioni attraverso i
suoi soggetti. (id.; 37) A.K. apparteneva alla Massoneria. (id., 41)
ANDROGINO Poich il Cielo e la Terra sono due principi complementari, l'uno attivo e
l'altro passivo, la loro unione pu venire rappresentata dalla figura dell'A. (Croce, 1931,
212)
ANGELICO Stati A. Gli s.a. sono gli stati sovraindividuali che costituiscono la
manifestazione informale. (Stati, 1931, 102, n. 1)
ANGOLARE Pietra A. Proprio per il fatto che la p.a. ha una forma speciale, che la
differenzia da tutte le altre, la sua destinazione pu essere compresa solo dai costruttori che
sono passati dalla squadra al compasso . La p.a. in realt proprio una chiave di volta
(Simb.,1962, 240)
ANIMA L'a. intermediaria tra lo spirito e il corpo (Triade, 1945, 73). L'a. rappresenta
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un riflesso della luce emanata dal Principio (id., 74). A. Mundi Uno dei principali simboli
dell'A.M. il serpente. (Triade, 1945, 74). I due aspetti, essenziale e sostanziale, dell'A.M. si
trovano riuniti in un simbolo appartenente all'Ermetismo del Medioevo: si vede un cerchio
all'interno di un quadrato animato , vale a dire posto su uno dei suoi angoli (id., 75-76)
ANTICO Astrologia A. Oggi non si ha pi alcuna idea di quello che l'a.a. poteva essere
e persino coloro i quali hanno cercato di ricostruirla sono giunti solo a vere contraffazioni.
(Crisi, 1927, 75) Civilt A. Si potrebbe credere che la decadenza della c.a. abbia
condotto in modo graduale e senza soluzione di continuit ad uno stato pi o meno simile
a quello che oggi vediamo, ma in realt le cose non sono andate cos. (Crisi, 1927, 33)
Filosofi A. I f.a. si proponevano di mostrare che il loro insegnamento non era strettamente
personale, ma proveniva da un punto di partenza anteriore e pi elevato, raggiungendo la
fonte stessa dell'ispirazione originale, spontanea e divina. (Mel., 1976, 49). I f.a. avevano
due tipi di insegnamento, l'uno exoterico e l'altro esoterico. Quanto era scritto apparteneva
al primo e, quanto al secondo, ci impossibile conoscerne esattamente la natura, per il suo
carattere segreto e riservato. (id., 50)
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
L'A. rappresenter, non fosse altro a titolo di supporto, tutte quelle influenze malefiche che,
dopo essersi concentrate in lui, dovranno da lui essere proiettate nel mondo. (Regno, 1945,
324). L'A. sar l'essere pi lontano dal Centro di tutte le cose, ma pretender di fare girare
la ruota in senso inverso al normale movimento ciclico. L'A. prender la funzione
dell'Avatara finale che, nella tradizione cristiana, la seconda venuta del Cristo. (id.,
324, n. 1). L'A. sar la sintesi stessa di tutto il simbolismo invertito in uso presso la
controiniziazione. (id., 325). Perci l'A. pu assumere addirittura i simboli del Messia,
beninteso in senso radicalmente opposto (id., 325-326). L'A. deve essere il pi vicino
possibile alla disintegrazione , per cui la sua individualit, da un lato sviluppata in
modo mostruoso, si pu dire gi annichilita, tanto da realizzare l'inverso della
cancellazione dell'Ego di fronte al S o, in altri termini, da realizzare la confusione nel Caos,
invece della fusione nell'Unit Principiale. (id., 327)
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
concepite secondo il tipo degli esseri individuali. (id., 195). In Oriente non esiste la
tendenza all'a. (id., 196)
APPORTI Gli a. sono spostamenti di oggetti, con la complicazione che gli oggetti in
questione spesso provengono da luoghi che possono essere molto distanti e spesso sembra
che abbiano dovuto passare attraverso ostacoli materiali. Se in un modo o in un altro il
medium emette dei prolungamenti di se stesso per esercitare un'azione sugli oggetti, la
maggiore o minore distanza non significante. (Spir., 1923, 109)
ARCA Vishnu, il quale si manifesta sotto forma di pesce, ordina a Satyavrata, il futuro
Manu Vaivaswata, di costruire l'a. in cui dovranno essere rinchiusi i germi del mondo
futuro. Il mondo di Satyavrata qui simile a quello di No, la cui a. contiene pure tutti gli
elementi che serviranno alla restaurazione del mondo dopo il Diluvio. (Simb., 1962, 141)
ARCHEOLOGI Gli a. esaminano le vestigia delle civilt scomparse con occhi moderni e
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ARIA L'a. da vedersi come dotata di un movimento trasversale, nel quale tutte le
direzioni dello spazio non hanno il medesimo ruolo come nel movimento sferoidale, ma
che si effettua, invece, secondo una certa direzione particolare: al movimento rettilineo
che d origine la determinazione di questa direzione. (Hind., 1965, 65). La mobilit la
caratteristica naturale dell'a., la quale la prima differenziazione a partire dall'Etere
Primordiale. (Mel., 1976, 119). L'a. il mezzo sostanziale da cui procede il Soffio Vitale o
Prna. questo, il ruolo particolare dell'a. per ci che concerne la vita. (id., 131)
ARIANO Razza A. I Tedeschi hanno saputo trarre partiti dalla stravagante teoria della
r.a. che non erano addirittura stati loro ad inventare. Per conto nostro, non crediamo affatto
all'esistenza di una r.a. (Int., 1921, 267)
ARISTOCRAZIA L'a., quando intesa nel suo senso etimologico, designa il potere
dell'lite intellettuale e, non per nulla, si oppone alla democrazia. (Crisi, 1927, 112)
ARTE - I Ogni a. pu, con una conveniente trasposizione, prendere un vero valore
esoterico (Dante, 1925, 16). Tutte le a., alla loro origine, sono essenzialmente simboliche e
rituali ed soltanto a causa di una degenerazione posteriore, in realt molto recente, che
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
esse perdono questo loro carattere sacro per diventare, alla fine, gioco puramente
profano. (Regno, 1945, 179)
ARTHA A. comprende l'insieme dei beni di ordine corporale. (Hind., 1965, 73). A.
corrisponde a un miscuglio di rajas e di tamas. (id., 80)
ARTIFEX Per gli antichi, l'A. era l'uomo che esercita un'arte o un mestiere e la sua
attivit era ricollegata a principi di ordine profondo. (Regno, 1945, 72). L'A. che si trova
nello stato individuale umano non pu che tendere ad una specie di sublimazione delle
sue possibilit e l'anonimato sar per lui il segno di questa tendenza trasformante . (id.,
82-83). Non in quanto Tal dei Tali l'A. produce la sua opera, ma in quanto egli svolge
una determinata funzione. (id., 83)
ASCETISMO Quando si parla di a., quello che normalmente doveva essere soltanto un
mezzo a carattere preparatorio troppo spesso viene preso come un vero e proprio fine; non
crediamo affatto di esagerare dicendo che per molti spiriti religiosi l'a. non ha
minimamente per scopo la realizzazione effettiva di stati spirituali, ma ha come unico fine
la speranza in una salvezza che si concreter solo nell' altra vita . (In., 1952, 165)
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ATLANTIDE Dopo la scomparsa dell'A., che l'ultimo dei grandi cataclismi verificatisi
nel passato, sembra non esservi dubbi che resti della sua tradizione passarono in varie
regioni, ove si mescolarono con residui di altre tradizioni preesistenti e principalmente con
ramificazioni della grande tradizione iperborea. (Crisi, 1927, 46)
ATLANTIDEO Ciclo A. Il c.a. pare sia stato preso come base della tradizione ebraica e
la trasmissione sia avvenuta attraverso gli Egiziani. (Forme, 1970, 40) Tradizione A. La t.a.
scomparsa da migliaia di anni, insieme alla civilt cui apparteneva, la distruzione della
quale deve essersi effettuata in seguito ad una deviazione forse paragonabile, per un certo
riguardo, a quella che oggi constatiamo. (Crisi, 1927, 46) La t.a., essendo situata in
Occidente, regione che corrisponde alla sera nel ciclo diurno, deve essere considerata come
appartenente ad una delle ultime divisioni del cielo dell'umanit terrestre attuale, dunque
relativamente recente ciclo. (Forme, 1970, 39)
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
riveste di una serie di involucri che costituiscono altrettante fasi della sua manifestazione.
(id., 92) Gli stati dell'essere, qualunque essi siano, rappresentano le possibilit di A. e non
altro. (id., 108) La Beatitudine fatta da tutte le possibilit di A. e si potrebbe dire che ne sia
la somma stessa. (id., 128) A. oltre la distinzione di Purusha e di Prakriti (ossia dei due
poli della manifestazione), poich non pi nell'esistenza condizionata, ma invece al
grado di Essere Puro. (id., 130) Al di fuori del punto di vista speciale della manifestazione,
l'intelletto non affatto differente da A., il quale deve essere considerato ci che conosce
se stesso per se stesso (id., 134) Veglie, sogno, sonno profondo e ci che oltre sono i
quattro stati di A. (id., 136) Lo stato incondizionato di A. espresso in una forma negativa,
poich, nel linguaggio, ogni affermazione diretta necessariamente una affermazione
particolare e determinata. (id., 138) In se stesso A. non n manifestato, n non manifestato,
ma , contemporaneamente, il principio del manifestato e del non-manifestato. (id., 139) A.,
comprendendo in s, e principialmente, ogni realt, non pu per questo entrare in
correlazione con nulla di esistente. (Mel., 1976, 32)
ATOMISMO L'A., molto tempo prima della sua comparsa in Grecia, era stato sostenuto
in India dalla Scuola di Kanda e, in seguito, dai Giaina e dal Buddhismo. (Int., 1921, 38)
nella Scuola di Kanda che l'A. appare per la prima volta in India, ma non fu mai presso gli
Ind che una semplice anomalia senza grande importanza e non ebbe che un'estensione
molto limitata, in paragone a quella che doveva acquistare pi tardi in Grecia. (id., 164) Per
quanto riguarda l'A., ci che ne costituisce la principale gravit che le sue caratteristiche
lo predispongono a servire da fondamento a quel naturalismo tanto pi contrario al
pensiero orientale quanto pi frequente si trova, sotto forme pi o meno accentuate, nelle
concezioni occidentali. (id. 165) L'A., quando si incorpora in un sistema filosofico, come
avvenne in Grecia, esso diviene inoltre materialista. (id., 166) L'errore di fondo dell'A.
consiste nel presupporre nella sfera della corporeit degli elementi semplici, quando in
realt ci che corpo per necessit composto, soggetto com' alla divisibilit perch
esteso, vale a dire sottoposto alla condizione spaziale. (id., 220)
AUM Il Principio, il mezzo e la fine sono rappresentati dai tre elementi del monosillabo
A., comune all'antica tradizione ind ed all'esoterismo cristiano del Medioevo. In entrambi
i casi , ugualmente e per eccellenza, un simbolo del Verbo, che realmente il vero Centro
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
AVATRA Kalkin A. L'Et Nera avr fine ed allora apparir il K.A., colui il quale in
sella ad un cavallo bianco, che porta sulla testa un triplice diadema, segno della sovranit
sui Tre Mondi, e che ha in mano una spada fiammeggiante come la coda di una cometa.
Allora il mondo del disordine e dell'essere sar distrutto e, grazie alla potenza purificatrice
e rigeneratrice di Agni, ogni cosa sar ristabilita e restaurata nell'integralit dello Stato
Primordiale. (Hind., 1965, 21)
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-B-
BACONE (FRANCIS) Agli inizi della filosofia moderna, B. considera ancora i tre
termini Deus, Homo, Natura come costituenti tre oggetti di conoscenza distinti; egli
tuttavia attribuisce un'importanza preponderante alla Filosofia Naturale o Scienza della
Natura, conformemente alla tendenza sperimentalistica della mentalit moderna da lui
rappresentata a quell'epoca. (Triade, 1945, 124)
BEITH-EL anche detto che B., Casa di Dio, divenne in seguito Beith-Lehem, Casa del
Pane, la citt dove nacque il Cristo. (Re, 1927, 74)
BERNARDO (SAN) Si vede come non sia senza ragione il fatto che Dante prenda per
guida, per la fine del suo viaggio celeste, S.B., il quale stabil la regola dell'Ordine del
Tempio. (Dante, 1925, 13) Tra le grandi figure del Medioevo, ve ne sono poche il cui esame
si adatti come quella di S.B. a dissipare certi pregiudizi cari allo spirito moderno. Tutta la
vita di S.B. sembra destinata a mostrare come esistano, per risolvere i problemi di ordine
intellettuale e pratico, dei mezzi ben diversi da quelli oggi considerati come efficaci, poich
i soli alla portata della saggezza umana, la quale la mera ombra della saggezza vera. (S.B.,
1929, 5) In S.B. si deve riconoscere l'azione della Grazia Divina, la quale, penetrandone la
persona, si comunicava attraverso di lui come per un canale. (id., 7) Sebbene S.B. nulla fosse
in rapporto al mondo, tutti, ivi compresi i pi alti dignitari civili ed ecclesiastici, si
inchinavano spontaneamente di fronte alla sua autorit spirituale. (id., 8) L'attivit politica
di S.B. fu determinata dall'idea di difendere il diritto, di combattere l'ingiustizia e,
soprattutto, di mantenere l'unit della Cristianit. (id., 12) Nel campo intellettuale i trionfi
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di S.B. furono segnati dalla condanna di Abelardo e di Gilbert de la Porre. (id., 13) Al
Concilio di Sens del 1140, S.B. present le opere di Abelardo e ne estrasse le proposizioni
pi temerarie, delle quali prov l'eterodossia. Al Concilio di Reims del 1147, S.B. ottenne la
condanna degli errori di Gilbert de la Porre sul mistero della Santissima Trinit, in cui
l'autore applicava a Dio la distinzione tra Essenza e Sostanza, applicabile solo agli esseri
creati. (id., 14) Nel 1128, dieci anni dopo la sua fondazione, l'Ordine del Tempio ricevette la
sua Regola e fu S.B. a redigerla, o, almeno, a tracciarne i primi lineamenti. (id., 15) La
dottrina di S.B., essenzialmente mistica, considerando egli le cose divine sotto l'aspetto
dell'amore. Il commento di S.B. al Cantico dei Cantici descrive tutti i gradi dell'amore
divino, sino alla Pace Suprema, alla quale l'anima perviene nell'estasi. A ci che i filosofi
tendevano, S.B. perveniva immediatamente, coll'intuizione intellettuale, senza la quale
nessuna metafisica possibile ed al di fuori della quale non si pu cogliere, che un'ombra
della Verit. (id., 19) Un ultimo tratto della fisonomia di S.B. il posto eminente che tiene,
nella sua vita e nelle sue opere, il culto della Vergine. S.B. amava dare alla Vergine il titolo
di Nostra Signora e si considerava un vero cavaliere di Maria , sua Dama nel senso
cavalleresco del termine. Divenuto monaco, S.B. rest sempre cavaliere, come erano tutti
quelli della sua razza, e si pu perci dire che egli era, in qualche modo, predestinato a
giocare il ruolo di intermediario, conciliatore e arbitro, tra il potere religioso ed il potere
politico, avendo S.B. in s una partecipazione alla natura dell'uno e dell'altro. (id., 20)
BHAKTI La parola sanscrita B. designa la via che assume come punto di partenza un
elemento di carattere emotivo ed anche definibile come Via della Devozione. (Aut., 1929,
66) Il carattere nettamente psichico di B. evidente. (In., 1952, 152) B. ha una funzione
preparatoria , dato che le vie corrispondenti conducono soltanto fino ad un certo punto.
(id., 153) B. Marga Il B.M. adatto ad esseri la cui natura prevalentemente rajasica .
(In., 1952, 152) Gli Kshatriya sono particolarmente qualificati per il B.M. (id., 155)
BIANCO Il b., dovunque attribuito all'autorit spirituale suprema, il colore del Mru
considerato in se stesso. (Re, 1927, 60) Isola B. In India, l'I.B. considerata come il
Soggiorno dei Beati il che la identifica chiaramente con la Terra dei Viventi (Re, 1927, 81)
Montagna B. Le tradizioni celtiche parlano dell'Isola Verde; ma nel centro di quest'isola si
innalza la M.B., che si dice non venga mai sommersa da alcun diluvio ed il suo vertice ha il
colore della porpora. (Re, 1927, 81) La M.B. circondata da una cintura verde per il fatto che
situata in mezzo al mare e sulla sua vetta brilla il Triangolo di Luce. (id., 82)
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BLAVATSKY (HELENA) Helena B. nacque nel 1831 a Ekaterinoslaw. Dalla sua infanzia
si comport in maniera insopportabile, entrando in collere violente alla minima contrariet
(Thos., 1921, 13) A Londra, nel 1851, la B. frequent i circoli spiritistici. (id., 14) A Parigi,
dopo il 1867, fu per qualche tempo sotto l'influenza di un certo Victor Michel,
magnetizzatore e spiritista; egli apparteneva alla Massoneria, al pari del suo amico Allan
Kardec, e svilupp le facolt medianiche alla B., la quale era essa stessa spiritista ed
appartenente alla corrente alla scuola di Allan Kardec. (id., 16) Dal 1870 al 1872 la B. fu al
Cairo e l esercit la professione di medium. L'impresa non riusc, perch essa fu accusata
di frode. (id., 17) La B. lasci cos il Cairo nel 1872 per l'America dove, due anni pi tardi,
avrebbe fondato la Societ Teosofica. (id., 18) Quando part per l'America, la B. pretendeva
di essere controllata da uno spirito di nome John King e questo spirito medium si trova
mirabilmente legato a tutte le manifestazioni di un certo numero di falsi medium che
furono smascherati nella stessa epoca. (id., 19) Il 7 Settembre 1875 John King fu rimpiazzato
come controllore della B. da un altro spirito che si faceva chiamare col nome egiziano di
Serapio e che doveva ben presto essere ridotto a non essere pi che un elementale . (id.,
23) Cos come l'ebbe a riconoscere Solovioff, la B. era dotata di una sorta di magnetismo che
attirava con una forza irresistibile. (id., 81). Il pi spesso, tuttavia, la B. creava suggestione
allo stato di veglia; questo genere di suggestione abitualmente pi difficile da realizzare
dell'altro e richiede una forza di volont ed un allenamento intensissimi, ma esso era
generalmente facilitato dal regime alimentare ristretto che la B. imponeva ai suoi discepoli
sotto il pretesto di spiritualizzarli . (id., 82) Nella Societ Teosofica la B. si era riservata la
sezione esoterica ove nessuno poteva essere ammesso senza la sua approvazione. (id.
87) Quanto alle dottrine propriamente orientali, la B. non ha conosciuto del Brahmanesimo
e pure del Buddhismo che quanto tutti possono conoscere ed essa vi ha compreso ben poco,
come lo provano le teorie che presta loro ed anche i controsensi che commette in ogni
istante nell'impiego dei termini sanscriti. (id., 96) dall'amalgama di elementi eterogenei
che uscirono le due grandi opere della B., Isis Devoile e la Doctrine Sgrete , e queste
opere furono ci che dovevano essere normalmente: delle compilazioni indigeste e senza
ordine, vero caos dove alcuni documenti interessanti sono come annegati in mezzo ad una
grande quantit di asserzioni senza alcun valore. Sono queste opere, cos difettose, che
hanno sempre formato la base dell'insegnamento teosofistico. (id., 98). La B. presentava la
sua dottrina come l'essenza e l'origine comune di tutte le religioni , senza dubbio perch
ella aveva preso a prestito qualche cosa da ognuna di esse. (id., 140).
BOLSCEVISMO Dopo i Vaishiya sono ora gli Shdra ad aspirare al potere: questo,
esattamente, il significato del B. (Aut., 1929, 115)
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BORGHESIA Il regno della b. potr soltanto avere una durata relativamente breve, in
confronto a quella del regime cui succeduto. (Aut., 1929, 115)
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esso diffuso dappertutto e si manifesta costantemente in tutti gli ambiti in cui si esercita
l'attivit umana? (id., 135)
CASA All'origine la c. era un'immagine del Cosmo, cio quasi un piccolo mondo
chiuso e completo in se stesso. (Simb., 1962, 343)
CASTA - E Il principio ind dell'istituzione delle c. rimasto, come molte altre cose, cos
totalmente incompreso in Occidente che non vi nulla di stupefacente se ogni sorta di
confusioni sono sorte tutte le volte che, direttamente o indirettamente, se ne venuti a
contatto. (Int., 1921, 68) La c., designata dagli Ind coll'una o l'altra delle due parole jti
e varna , una funzione sociale determinata dalla natura propria di ogni essere umano.
(id., 186) Se la c. , nella maggior parte dei casi, ereditaria, per principio essa non lo in
modo rigoroso, dal momento che nella formazione della natura individuale il peso
dell'eredit tutt'altro che esclusivo, pur essendo preponderante nella maggioranza dei
casi. (id., 187) Passare dalla propria c. ad un'altra significherebbe un vero e proprio
cambiamento della natura individuale, come se un uomo cessasse di essere se stesso per
divenire un altro, ed perci un'impossibilit manifesta. (id., 189) La descrizione simbolica
dell'origine delle c. si ritrova in numerosi testi sacri e, in primo luogo, nel Purusha-Skta
del Rig-Veda: Di Purusha il Brhmana fu la bocca, lo Kshatriya le braccia, il Vaishiya le
anche; lo Shdra nacque sotto i suoi piedi . (id., 190) La partecipazione alla tradizione
pienamente effettiva solo per i membri delle prime tre c. (id., 191) La dottrina ind insegna
che in principio vi era una sola c., con un grado spirituale elevatissimo, oggi assolutamente
eccezionale e che allora era comune a tutti gli uomini, i quali lo possedevano, si pu dire,
spontaneamente. (Aut., 1929, 16) Il principio dell'istituzione delle c. non che la differenza
di natura esistente tra gli individui, la quale instaura tra di loro una gerarchia, il cui
disconoscimento pu provocare soltanto disordine e contusione. La c. non , in linea di
principio, rigorosamente ereditaria, anche se molto spesso lo diventata di fatto e nelle
applicazioni. (id., 17) La distinzione delle c. costituisce, nella specie umana, una vera e
propria classificazione naturale, alla quale deve corrispondere la ripartizione delle funzioni
sociali. (id., 18) La distinzione delle c., insieme con la differenzazione delle funzioni sociali
a cui corrisponde, in fondo la conseguenza del frazionamento dell'unit primitiva. (id.,
19) Quando venga negato il principio stesso della gerarchia, non si vede come una
qualunque c. possa conservare la supremazia sulle altre, n a quale titolo possa pretendere
di imporla. (id., 96)
CATEGORIE Le c., nell'accezione aristotelica, non sono che i pi generali fra tutti i
generi e perci appartengono ancora al dominio dell'individuale. (Ved., 1925, 44)
L'enumerazione della c. si riferisce esclusivamente al nostro mondo ed alle sue condizioni.
(Regno, 1945, 23)
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CATTOLICI Coloro che hanno oltrepassato tutte le forme particolari e sono pervenuti
all'universalit sono i soli che possono dirsi puramente ed effettivamente C., nel senso
rigidamente etimologico della parola. (Cons., 1946, 313)
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fornire al lavoro di cui si tratta una base appropriata: e la C.C. (Crisi, 1927, 154) Pu darsi
che lo sviluppo futuro degli avvenimenti prima o poi imporr ai dirigenti della C.C., come
una necessit ineluttabile, ci di cui essi non sanno comprendere l'importanza diretta in
funzione di intellettualit pura. (id., 155) Delle forze spirituali esercitanti ancora un'azione
nel mondo esterno, in Occidente, non ci dato di vedere che quella della C.C. (id., 156)
Occorre appena dire che la C.C., in vista della sua futura funzione, avrebbe tutto l'interesse
a portarsi oltre la costituzione di una lite intellettuale, anzich lasciare che ci si compia
senza di essa ed essere poi costretta a seguirla. la C.C. che avrebbe i maggiori vantaggi
nell'assumere un'attitudine che, lungi dall'esigere il minimo compromesso dottrinale,
avrebbe come risultato lo sbarazzarla da ogni infiltrazione dello spirito moderno. (id., 157)
Tradizione C. Non per questo si deve meno ammirare la vitalit della t.c. che, perfino in
questo suo essere passata ad una specie di virtualit, persiste ad onta di tutti gli sforzi
intrapresi da tanti secoli per soffocarla e annientarla. Se si fosse capaci di riflettere, in una
tale resistenza si dovrebbe vedere qualcosa che implica una potenza non-umana. (Crisi,
1927, 134)
CELESTE Gerusalemme C. La G.C. non altro che la riscostituzione stessa del Paradiso
Terrestre, secondo un'analoga applicazione in senso inverso. La G.C. deve discendere dal
Cielo in Terra alla fine di questo stesso ciclo, per segnare il ristabilimento di ogni cosa nel
suo ordine primordiale. (Dante, 1925, 70) L'Albero della Vita si ritrova al centro della G.C.:
si tratta della reintegrazione di tutte le cose nello Stato Primordiale, secondo la
corrispondenza che esiste tra la fine del ciclo ed il suo inizio. (Croce, 1929, 96) A partire dal
Paradiso Terrestre, la via del P.C. abbandona la terra per salire alle stelle per dirigersi
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verso gli stati superiori. (Aut., 1929, 127) Raggio C. Il R.C. attraversa tutti gli stati
dell'essere, contrassegnando il punto centrale di ciascuno mediante la sua traccia sul primo
orizzontale corrispondente, ma l'azione del R.C. effettiva soltanto se provoca una
vibrazione che, propagandosi ed amplificandosi nella totalit dell'essere, illumina il suo
caos, cosmico od umano. (Croce, 1931, 183) Per azione del R.C. operante su di un piano di
riflessione, si effettua la vibrazione corrispondente al Fiat Lux cosmogonico che illumina,
colla sua irradiazione, tutto il caos delle possibilit. (id., 204) Viaggio C. Il V.C. la
conquista attiva degli stati sovrumani. (Dante, 1927, 51)
CELTICO Elementi C. Per quanto riguarda gli e.c., la verit che essi sono stati in gran
parte assimilati dal Cristianesimo nel Medioevo. (Crisi, 1927, 47)
CENTRALE Punto C. Nel p.c. sono superate tutte le distinzioni inerenti ai punti di
vista esteriori; tutte le opposizioni si sono dileguate e risolte in un perfetto equilibrio.
(Croce, 1931, 74) Questo p.c., nella sua essenza non localizzato, perch assolutamente
indipendente dallo spazio, il quale non se non il risultato della sua espansione o del suo
indefinito sviluppo in tutti i sensi e, di conseguenza, da lui deriva per intero. (id., 75) Per
colui che ha raggiunto questo p.c. non esistono pi contrari e non vi pi disordine;
questo il luogo stesso dell'ordine, dell'equilibrio, dell'armonia e della pace. (id., 82) Quanto
al significato del p.c. in rapporto alla propria circonferenza, si pu dire che essi
simboleggino, rispettivamente, il punto di partenza ed il termine finale di un modo
qualsiasi di manifestazione. (id., 166) Il p.c. il Principio, l'Essere Puro, e lo spazio che esso
riempie del suo irradiamento il Mondo nel senso ampio della parola, l'insieme di tutti gli
esseri e di tutti gli stati d'esistenza che costituiscono la manifestazione universale. (Simb.,
1962, 64) Punto di vista C. I punti di vista parziali, che in moltitudine indefinita
costituiscono tutte le modalit di un essere in ogni suo stato, non sono dunque che aspetti
frammentari del p. e di v.c. (Stati, 1931, 87)
CENTRO Il C. il punto fisso che tutte le tradizioni sono concordi nel designare
simbolicamente come il Polo, perch intorno ad esso che si effettua la rotazione del
mondo. (Re, 1927, 17) in questo C. che risiede l'equilibrio perfetto, immagine
dell'immutabilit principiale nel mondo manifestato. (Dante, 1925, 68) Il C. il punto in cui
si conciliano e si risolvono tutte le opposizioni; in esso si conclude la sintesi di tutti, i
termini contrari che, per la verit sono tali soltanto se giudicati dagli angoli visuali esteriori
e particolari della conoscenza in modo distintivo. (Croce, 1931, 68) Questo C. dirige ogni
cosa con la sua attivit non-agente , la quale, bench non manifestata, in realt la
pienezza dell'attivit. (id., 69) Per colui che si trova nel C., tutto unificato, poich egli vede
ogni cosa nell'unit del Principio. (id., 77) Stabilito definitivamente al C., egli ha in s la
propria legge perch la sua volont una col Volere Universale. (id., 84) Il C. il motore
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della Ruota dell'Esistenza, appunto in virt della sua immobilit. (id., 186) Il C. non in
nessun luogo, perch non manifestato, ma il manifestato non sarebbe nulla senza di esso.
(id., 220) Il C. rappresenta il Polo, simboleggiato geometricamente dal punto ed
aritmeticamente dall'unit. (Triade, 1945, 139) Il C. , prima di tutto, l'origine, il punto di
partenza di tutte le cose; il punto principiale, senza forma e dimensione, dunque
invisibile, e, di conseguenza, la sola immagine che si possa dare dell'Unit Primordiale.
(Simb., 1962, 63) Se il C. un punto di partenza, anche un punto d'arrivo: tutto derivato
da esso e tutto deve, alla fine, ritornarvi. (id., 70) In sintesi, il C. , al tempo stesso, il
principio e la fine di tutte le cose: , secondo un simbolismo conosciutissimo, l'Alpha e
l'Omega. (id., 71)
CENTRO La circonferenza, in realt, esiste solo in funzione del c., ma gli esseri che sono
sulla circonferenza debbono partire per forza da questa, o pi precisamente dal punto in
cui si trovano, e seguire il raggio per arrivare al c. (Crisi, 1927, 80).
CERCA Il ruolo connaturato agli avi rappresentato, ovunque e sempre, come una c. e
la c. presuppone che vi sia qualcosa di anteriormente perduto e da ritrovare. (Hind., 1965,
94)
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minuziose e complicate, d'altronde opposte allo studio dei libri e non a seguito di una
qualsiasi trasmissione. (Cons., 1946, 193)
CERVELLO Il c. non che lo strumento del mentale, vale a dire del pensiero discorsivo e
riflessivo. (Ved., 1925, 48) Il c., in quanto organo o strumento dell'intelligenza discorsiva o
razionale, svolge, in verit, solo una funzione di trasmettitore e, se vogliamo, di
trasformatore . (Simb., 1962, 365)
CHIAVI Due C. Le D.C., nell'antica Roma attributi del Pontifex Maximus, si sono
conservate tra i principali emblemi del Papato. Le D.C. sono al tempo stesso quelle del
potere spirituale e del potere temporale. (Aut., 1929, 130) Le D.C. appartengono
effettivamente entrambe all'autorit sacerdotale e la seconda affidata ai detentori del
potere regale solo per delegazione. (id., 132) Le D.C. corrispondono, dal punto di vista
iniziatico, ai Grandi Misteri ed ai Piccoli Misteri. (Triade, 1945, 44) Potere delle C. Il P.
delle C. duplice, poich comporta ugualmente il potere di legare e di slegare ; ora
legare la stessa cosa di coagulare e slegare la stessa cosa di sciogliere .
(Triade, 1945, 43) Al P. delle C. corrisponde, nelle tradizioni ind e tibetana, il duplice
potere del Vajra. (id., 46)
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CHIT La parola C. deve intendersi in senso universale, come la Coscienza Totale del S,
considerato in rapporto al suo unico oggetto, la Beatitudine. (Ved., 1925, 131)
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che storico, poich riguardano particolarmente l'umanit terrestre, pur essendo, nello
stesso tempo, collegati a tutti gli eventi che si producono nel nostro mondo al di fuori di
essa. (id., 12)
CIELO Il C., in quanto polo positivo della manifestazione, rappresenta in modo diretto il
Principio. (Triade, 1945, 42) Attivit del C. L'A. del C. in se stessa (nell'Indifferenziazione
Principiale del Non-Essere) non-agente e non-manifestata. (Stati, 1931, 140, n. 1) Volont
del C. L'influenza della V. del C. nello sviluppo dell'essere si misura parallelamente
all'asse verticale, il quale rappresenta quindi il luogo metafisico della manifestazione della
V. del C. (Croce, 1931, 173)
CIFRA La c. non , in tutto rigore, niente di pi del vestito del numero (Calc. Inf. 1946, 2)
CINESE Civilt C. La c.c. la sola cui unit riposi essenzialmente, nella sua natura
profonda, su di una omogeneit di razza. (Int., 1921, 69) Impero C. L'I.C. rappresentava
nel suo insieme, per il mondo in cui era costituito e diviso, un'immagine dell'Universo.
(Triade, 1945, 103)
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momento di completarla, n mai ripasseremo per il punto di partenza. (Croce, 1931, 129)
L'inizio e la fine di una c. non sono dunque lo stesso punto, ma due punti consecutivi di
uno stesso raggio: l'uno fa parte della c. precedente, di cui la fine, mentre l'altro fa gi
parte della c. seguente, di cui l'inizio. (id., 131) la c. ad essere dovunque, poich ogni
luogo dello spazio, le distinzioni e le individualit non sono che elementi della Corrente
delle Forme, punti della c. della Ruota Cosmica. (id., 220) La c. rappresenta la
manifestazione, che misurata effettivamente dal raggio emanato dal centro. (Triade,
1945, 140) La c., se la si immagina percorsa in un certo senso, l'immagine di un ciclo di
manifestazione, del genere di quei cicli cosmici di cui la dottrina ind, in particolare, offre
una teoria estremamente sviluppata. Le divisioni determinate sulla c. dalle estremit dei
bracci della croce corrispondono allora ai diversi periodi o fasi in cui si divide il ciclo.
(Simb., 1962, 64-65)
CITT Le c. figurano in qualche modo l'ultimo grado della fissazione e tendono sempre
pi ad assorbire ogni cosa. (Regno, 1945, 174) CIVILIZZAZIONE Anche se il gran
pubblico ammette in buona fede questi pretesti di c., vi sono persone per le quali ci una
semplice ipocrisia moralista, una maschera dello spirito di conquista e di interessi
economici. (Crisi, 1927, 130)
CIVILT Il sostantivo c. non s'incontra che nelle opere degli economisti dell'epoca che
precedette immediatamente la Rivoluzione Francese. (Or. Occ., 1924, 27) Esistono
molteplici e diverse c.; sarebbe piuttosto difficile definire esattamente quel complesso
insieme di elementi di diverso carattere che costituiscono ci che viene detto una c. (id., 29)
Esistono simultaneamente, e sempre sono esistite, c. che non si compenetrano affatto,
ignorandosi a vicenda. (id., 32) Comunque sia, quello che gli Occidentali moderni
chiamano c. gli altri lo chiamerebbero piuttosto barbarie, giacch proprio l'essenziale a
mancargli, cio un principio di ordine superiore. (id., 43) La verit che vi sono state c.
distinte e molteplici, le quali si sono sviluppate ciascuna in modo proprio ed in senso
conforme alle attitudini di un dato popolo o di una data razza. (Crisi, 1927, 41)
CLASSICO Antichit C. La cosiddetta a.c. non che una antichit affatto recente e
persino assai pi vicina ai tempi moderni che non all'antichit vera. (Crisi, 1927, 29) Civilt.
C. Il IV secolo a.C. fu il punto di partenza della cosiddetta c.c., la sola alla quale i
moderni riconoscono il carattere storico, tutto quello che esistette prima essendo tanto poco
conosciuto da poter venire considerato come leggendario. (Crisi, 1927, 31)
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COLLETTIVO Il c., in tutto ci che lo costituisce, sia dal punto di vista psichico che
corporeo, non altro che una semplice estensione dell'individuale. (In., 1952, 71) Inconscio
C. Colla teoria dell'i.c. si crede di poter spiegare il fatto che il simbolo anteriore al
pensiero individuale e che lo supera; la vera questione sarebbe di sapere in quale
direzione lo supera, se verso il basso, come parrebbe indicare l'appello al preteso i.c., o
verso l'alto, come affermano espressamente le dottrine tradizionali. (Simb., 1962, 47)
COLTO Gente C. La grande maggioranza della g.c. deve essere messa fra coloro il cui
stato mentale il pi sfavorevole alla ricezione della vera conoscenza. La g.c. di questa
specie la meno iniziabile tra tutti i profani. (Cons., 1946, 287) Persone c. Colla parola p.c.
si vuole comunemente significare una tinta superficiale di ogni sorta di cose,
un'educazione soprattutto letteraria , in ogni caso puramente libresca e verbale, che
permette di parlare con sicurezza di tutto, compreso di ci che si ignora pi
completamente, e suscettibile di sedurre coloro che, colpiti da queste apparenze, non si
avvedono che esse ricoprono soltanto il nulla. (Cons., 1946, 286) Uomo C. Il tipo dell'u.c.
necessariamente un modernista ed in Oriente ha fatto la sua apparizione molto
recentemente e come prodotto di una certa educazione occidentalizzata. (Cons., 1946, 287)
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COMPOSSIBILI I c. altro non sono che dei possibili compatibili fra di loro, la cui
riunione in un unico complesso non provoca all'interno di questo alcuna contraddizione.
(Stati, 1931, 26) Se consideriamo l'insieme formato da tutti i c. che si realizzano nella
manifestazione, questi c. dovranno essere tutti i possibili determinati da certe condizioni
che caratterizzano e definiscono precisamente l'insieme in questione. (id., 27)
COMTE (AUGUSTIN) La Legge dei Tre Stati di C. un esempio curioso del modo
con cui lo spirito moderno pu falsare un dato di origine tradizionale. (Triade, 1945, 125)
L'errore fondamentale di C. consiste nell'immaginare che, qualunque sia il genere di
speculazione cui l'uomo si dedicato, egli si sia sempre proposto la spiegazione di
fenomeni naturali e ogni conoscenza, di qualunque ordine sia, rappresenti semplicemente
un tentativo, pi o meno imperfetto, per spiegare questi fenomeni. C. fa corrispondere tre
tipi di spiegazione, che egli considera successivi, a tre fasi che lo spirito umano avrebbe
attraversate nel corso dei secoli e che egli chiama, rispettivamente, Stato Teologico, Stato
Metafisico, Stato Positivo. Quest'ultimo stato, il solo che C. considera realmente valido,
rappresenta la concezione limitata e relativa che quella delle scienze moderne. (id., 125)
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CONOSCENZA Qualsiasi c. merita veramente questo nome soltanto nella misura in cui
produce l'identificazione tra soggetto e oggetto. sola vera c. quella che partecipa in
misura pi o meno completa della natura della c. intellettuale, che la c. per eccellenza.
(Int., 1921, 142) Aristotele formul nettamente il principio dell'identificazione per mezzo
della c. (id., 144) Il carattere incomunicabile della c. deriva da ci che di veramente
inesprimibile vi nella sfera metafisica. (id., 242) Ogni c. gi da per se stessa, se vera e
realmente assimilata, una realizzazione effettiva o, per lo meno, una realizzazione virtuale.
(id. 243) Ogni c. che non discenda dalla metafisica manca letteralmente di principio e non
ha nessun carattere tradizionale. (id., 248) Colui che possiede la c. qualificato per
comunicarla agli altri o, pi esattamente, per svegliare in essi delle possibilit
corrispondenti, poich la c. in se stessa rigorosamente personale e incomunicabile. (Ved.,
1925, 219) La c. ha di fronte all'azione la funzione di Motore Immobile. (Crisi, 1927, 60) Oggi
noi ci troviamo di fronte alla negazione di ogni reale c. (id., 63) Le vie possibili per
raggiungere la c. possono essere estremamente diverse nei gradi pi bassi e vanno
unificandosi sempre di pi man mano che si raggiungono gli stadi pi alti. (id., 79) La c.
illumina l'azione, senza partecipare alle vicissitudini di essa. (ib. 98) La sola vera c., in
qualsiasi campo, quella che ci permette di penetrare pi o meno profondamente la natura
intima delle cose. In altri termini non vi vera c. se non quando si ha l'identificazione del
soggetto coll'oggetto o, considerando il rapporto in senso inverso, assimilazione
dell'oggetto da parte del soggetto. (Stati, 1931, 115) Ogni vera c. effettiva e immediata. (id.,
116) Per quanto riguarda il dominio sensibile o corporeo, gli organi dei sensi sono, per
l'essere individuale, le vie d'ingresso della c.; ma, secondo un altro punto di vista, essi
sono anche vie d'uscita , proprio perch ogni c. implica un atto di identificazione che
parte dal soggetto conoscente e va verso l'oggetto conosciuto. (id., 117) La realizzazione
dell'essere mediante la c. una concezione del tutto estranea al pensiero occidentale
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moderno. (id., 118) Non potr mai esservi vera metafisica per chi non comprenda che
l'essere si realizza colla c. e che non pu realizzarsi in altro modo. La vera c. non pu essere
essenzialmente relativa, come vorrebbe la filosofia moderna. (id., 119) La c., intesa in senso
assoluto ed in tutta la sua universalit, si realizza per mezzo di ci che pu propriamente
definirsi una presa di coscienza . La c. non pu ammettere alcuna restrizione e, per
essere adeguata alla Verit Totale, deve essere coestensiva non solo all'Essere, ma alla
Possibilit Universale stessa e sar quindi infinita, come lo quest'ultima. (id., 121) Soltanto
la c. dissipa l'ignoranza, come la luce del sole dissipa le tenebre. (Met., 1939, 171) Ogni c.,
essendo esclusivamente un'identificazione, evidente che l'individuo come tale non pu
raggiungere la c. di ci che oltre il suo dominio individuale. Questa c. possibile poich
l'essere, pur essendo individuo umano, anche, in pari tempo, altra cosa. (Cons., 1946, 277)
La c. dell'ordine trascedente, colla certezza assoluta che implica, in se stessa
evidentemente incomunicabile ed inesprimibile, ogni espressione essendo individuale e,
per tale motivo, inadeguata a questa c. (id., 278) Solo la c. permette di uscire da questo
mondo e dalle limitazioni che gli sono inerenti ed essa possiede l'immutabilit, poich ogni
c. essenzialmente identificazione col suo oggetto. (Hind., 1946, 17) La vera c. non ha come
via la ragione, ma lo spirito e l'essere, poich essa altro non che la realizzazione di questo
essere in tutti i suoi stati, vale a dire il raggiungimento della Saggezza Suprema. (id., 56)
Gradi della C. I g. della c. consistono in una penetrazione pi o meno profonda ed
un'assimilazione pi o meno completa (Stati, 1931, 115)
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nell'opporre in modo puro e semplice la c. all'azione a titolo di due contrari nel senso
proprio del termine. (Crisi, 1927, 55) Chi invece considera la c. e l'azione come
complementari si pone da un punto di vista gi pi profondo e pi vero del precedente,
giacch l'opposizione vi si trova conciliata e risolta. (id., 56) chiaro che l'attitudine alla c.
pi diffusa e pi generalmente sviluppata fra gli Orientali. (id., 57) La disposizione
naturale all'azione degli Occidentali non imped loro, nell'antichit e nel Medioevo, di
riconoscere la superiorit della c. L'Oriente ha sempre tutelato la superiorit della c.
sull'azione, mentre l'Occidente ha affermato la superiorit dell'azione sulla c. (id., 58) Al
pari delle antiche dottrine occidentali, le dottrine orientali sono unanimi nell'affermare che
la c. superiore all'azione. (id., 59) San Tommaso d'Aquino dichiara espressamente che
tutte le funzioni umane sono subordinate alla c. come al loro fine superiore e che, in fondo,
l'intero reggimento della vita civile ha come vera ragion d'essere di assicurare la pace
necessaria a tale c. (Aut., 1929, 79) Esistono due tipi di c., i quali possono essere
rispettivamente definiti come c. diretta e c. per riflesso. (In., 1952, 138) giusto parlare di c.
in entrambi i casi e, in un certo senso, vero che sono le stesse realt ad essere contemplate,
com' lo stesso sole che si vede direttamente oppure riflesso. La c. diretta delle realt
spirituali implica necessariamente che, in un certo qual modo, ci si trasporti proprio nel
loro stesso dominio, il che presuppone un certo grado di realizzazione; la c. per riflesso
implica invece che ci si apra a quello che si presenter spontaneamente e pertanto, in
questo caso, non vi nulla di incompatibile colla passivit mistica. Naturalmente ci non
impedisce che la c. sia, ad un livello determinato, una vera attivit interiore. (id., 139) La c.
raggiungibile nella realizzazione iniziatica comporta gradi diversi, per cui non sicuro che
arrivi sempre fino ad un'identificazione. (id., 141)
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differenti, gli agenti umani attraverso i quali prende corpo l'azione antitradizionale.
(Regno, 1945, 233) L'interpretazione simbolica alla rovescia caratteristica della c. (id., 250)
La c. qualcosa di assolutamente reale nell'ordine che le proprio, come l'azione da essa
effettivamente esercitata non fa che dimostrare. (id., 291) La c. pu trovare nella pseudo
iniziazione un posto di osservazione e di elezione per il proprio reclutamento. (id., 295) La
c., dopo avere continuamente lavorato nell'ombra per ispirare e dirigere in modo invisibile
tutti i movimenti moderni, finir coll'esteriorizzare un qualcosa che sar la contropartita di
una vera tradizione. (id., 313) La c. conduce inevitabilmente verso l'infraumano, il solo
campo in cui risiede il suo potere effettivo. (id., 316) La c. non pu esercitare la sua azione
che nel dominio psichico e tutto ci che riguarda il dominio spirituale le , per sua stessa
natura, assolutamente proibito. (Cons., 1946, 209)
CONVERTITI Apprezziamo assai poco i c., in generale, non perch si debba mettere in
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dubbio la loro sincerit, ma prima di tutto perch, come minimo, danno prova di
un'instabilit mentale piuttosto preoccupante e poi perch quasi sempre tendono a
manifestare il settarismo pi ristretto ed esagerato. In fondo si pu dire che i c. sono poco
interessanti, almeno per chi consideri le cose fuori da ogni partito preso d'esclusivismo
exoterico. (In., 1952, 109)
CORNA Le c., nel loro uso simbolico, assumono due forme principali: quella delle c. di
ariete, che propriamente solare e quella delle c. di toro, che , al contrario, lunare ,
richiamando la forma stessa della mezzaluna. (Simb., 1962, 173)
CORPOREO Fenomeni c. I f.c. sono i soli a potersi situare altrettanto bene nello spazio
quanto nel tempo. (Regno, 1945, 52) Immortalit c. La ricerca di una pretesa i.c. non pu
essere che perfettamente illusoria. (Cons., 1946, 350) Manifestazione c. La m.c. come
avvolta e compenetrata dalla manifestazione sottile, nella quale ha il suo principio
immediato. (Stati, 1931, 82) Mondo c. Nella realt il m.c. non pu essere considerato come
un tutto sufficiente a se stesso, n come qualcosa di isolato nell'insieme della
manifestazione universale. Non pu nel m.c. esserci cosa la cui esistenza non riposi, in
ultima analisi, sopra elementi di ordine sottile e, oltre questi, su un principio che pu essere
detto spirituale . (Regno, 1945, 216) Ordine c. In realt non il caso di separare l'o.c.
dagli altri ordini individuali pi di quanto convenga creare separazioni tra questi ultimi,
poich appartiene al loro stesso livello nell'insieme dell'Esistenza Universale e quindi nella
totalit degli stati dell'essere. (Stati, 1931, 82)
COSCIENZA Per noi la c. tutt'altra cosa che per lo psicologo; essa non contiene affatto
uno stato dell'essere particolare e non , d'altronde, il solo carattere distintivo dello stato
individuale umano. Potremmo piuttosto dire che la c. una condizione di esistenza di certi
stati, senza per che vi sia stretta analogia, ad esempio, colle condizioni dell'esistenza
corporea. (Stati, 1931, 64) La c. dunque qualcosa che appartiene in modo particolare sia
allo stato umano, sia ad altri stati individuali pi o meno analoghi a questo: non quindi
un principio universale. Nonostante questa restrizione, la c., nello stato individuale umano,
suscettibile, al pari di questo stato, di un'estensione indefinita. (id., 65) La pluralit e la
complessit sono caratteristiche proprie della c., la quale si prolunga in modalit talvolta
assai remote ed oscure. (id., 67) L'intelletto, nel passaggio dall'universale all'individuale,
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produce la c., la quale, appartenendo all'ordine individuale, non per nulla identica al
principio intellettuale, pur procedendo direttamente da esso come risultante
dell'intersezione di questo principio con il dominio particolare di determinati condizioni di
esistenza, dalla quale definita l'individualit considerata. (id., 77) Se vogliamo intendere
la c. nel senso pi generale, senza limitarla alla sua forma specificamente umana, la
definiremo dunque come un modo contingente e particolare di conoscenza sottoposto a
certe condizioni o come una propriet inerente all'essere considerato in rapporto a certi
stati di manifestazione. (id., 78)
COSMICO Ambiente c. L'a.c. pu essere concepito solo come un insieme di cui tutte le
parti sono legate fra loro senza alcuna soluzione di continuit. (Triade, 1945, 83) Cicli c. I
c.c. altro non sono che gli stati o gradi dell'Esistenza Universale o le loro modalit
secondarie, quando si tratta di cicli subordinati o pi ridotti, che in tal caso presentano fasi
corrispondenti a quelle dei c. pi estesi nei quali si integrano, in virt dell'analogia della
parte e del tutto. (Stati, 193,1, 89, n. 1) Ruota C. La R.C. un simbolo del mondo
manifestato ed in generale rappresenta la Natura presa nel suo senso pi esteso. (Triade,
1945, 139)
COSMOLOGIA L'angolo visuale della c. non corrisponde per nulla a quello della fisica
moderna. (Int., 1921, 248) La c. non una scienza sperimentale, come la fisica moderna, ma,
grazie al suo riallacciarsi ai principi , come gli altri rami della dottrina, molto pi
deduttiva che induttiva. (id., 249)
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consideri analiticamente e come separata dal Principio ed da questo punto di vista che
essa il dominio del Demiurgo. (Mel., 1976, 16-17)
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precisa a questo cambiamento che fece del C. una religione nel senso proprio della parola
ed una forma tradizionale indirizzantesi a tutti indistintamente; certo che tale
trasformazione era gi un fatto compiuto all'epoca di Costantino e del Concilio di Nicea, il
quale ultimo la sanzion , inaugurando l'era delle formulazioni dogmatiche, destinate a
costituire una presentazione puramente exoterica della dottrina. (id., 15) Il fatto di chiudere
la dottrina in formule nettamente definite e limitate rendeva molto pi difficile, pure a chi
ne era realmente capace, di penetrarne il senso profondo. Tale inconveniente non era
tuttavia tale da opporsi alla costituzione del C. in forma tradizionale exoterica o da
impedirne la legittimit, dato l'immenso vantaggio che doveva derivarne per il mondo
occidentale. (id., 15-16) evidente che la natura originaria del C., esoterica ed iniziatica,
doveva restare interamente ignorata da quanti erano ora ammessi nel C. divenuto
exoterico. (id., 16) Ci si pu chiedere se avvenne un tale mutamento negli insegnamenti del
Cristo, i quali costituiscono il fondamento del C. In realt, questi insegnamenti non furono
toccati, n in alcun modo modificati nella loro letteralit ; ci che mut fu la prospettiva
secondo la quale essi furono visti e il significato dato loro. (id., 17-18) In ci che si pu
chiamare il secondo stato del C. i sacramenti non hanno pi alcun carattere iniziatico e
non sono che dei riti puramente exoterici. (id., 20) Per concludere possiamo dire che, a
dispetto delle sue origini iniziatiche, il C., nel suo stato attuale, non altro che una
religione, cio una tradizione di ordine esclusivamente exoterico, e non vi sono altre
possibilit che quelle di ogni exoterismo. Un'iniziazione potrebbe naturalmente
sovrapporvisi, ma, nella forma occidentale almeno, questa iniziazione, di fatto, non esiste.
(id., 26)
CRISTIANO Chiesa C. possibile che la C.c. dei primi tempi abbia costituito
un'organizzazione chiusa o riservata, nella quale erano ammessi solo coloro i quali
possedevano le qualificazioni necessarie per ricevere validamente l'iniziazione sotto la
forma che si pu chiamare cristica . (Ap. C., 1954, 10). Esoterismo L'e.c. prendeva la sua
base ed il suo punto d'appoggio nei simboli e nei riti della religione cattolica e vi si
sovrapponeva, senza opporvisi in alcun modo. (Mac., 1964, I, 15) Tradizione C. La ben
conosciuta frase Date a Cesare quel che di Cesare... , ci pare implicare formalmente, per
quanto di ordine esteriore, l'accettazione di una legislazione completamente estranea alla
t.c. e che era semplicemente quella che esisteva nell'ambiente ove questa ebbe origine e che
era incorporato nell'Impero Romano. (Ap. C., 1954, 10) Dal punto di vista esoterico
qualcosa deve sussistere egualmente, ma in modo per cos dire invisibile, abbastanza
perch le t.c. rimanga viva; se fosse altrimenti, ci equivarrebbe a dire che lo spirito se ne
ritirato completamente e resta soltanto un corpo morto. (Simb. 1962, 45)
CRISTO L'assimilazione simbolica del C. con lanus quale principio supremo dei due
poteri, il segno chiarissimo di una certa continuit tradizionale, troppo sovente ignorata o
negata per partito preso, tra l'antica Roma e la Roma cristiana. (Aut., 1929, 121)
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CROCIATE Nelle C. non vi furono solo rapporti ostili, come credono coloro che si
attengono alle apparenze, ma anche attivi scambi intellettuali fra Oriente e Occidente.
(Dante, 1925, 21)
CUBICO Forma c. La f.c. corrisponde altrettanto bene alla fine del ciclo della
manifestazione, ovvero al punto di arresto del movimento ciclico. (Regno, 1945, 166) La
f.c. riconducibile alla Terra. (id., 168)
CULTO Il c. partecipa sia della natura intellettuale del dogma che di quella sociale della
morale. (Int., 1921, 85)
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CUORE Il c., considerato il centro della vita, lo effettivamente dal punto di vista
fisiologico, ma pure altres considerato come tale in un ordine superiore ed in qualche
modo simbolicamente per l'Intelligenza Universale nelle sue relazioni con l'individuo.
(Ved., 1925, 47) Il centro dell'individualit umana rappresentato simbolicamente dal c.
(In., 1952, 247) La raffigurazione del c. inserito in un triangolo colla punta diretta verso il
basso abbastanza significativa quando la si riferisce agli emblemi usati da certo
ermetismo cristiano del Medioevo. (Simb., 1962, 29) Vediamo dappertutto l'assimilazione
simbolica tra il c. e la coppa o il vaso; dappertutto il c. considerato come il centro
dell'essere, centro ad un tempo divino ed umano nelle molteplici applicazioni alle quali d
luogo. (id., 31-32) In certi casi, per quanto concerne il c., la raffigurazione comporta uno dei
due aspetti di luce e di calore: la luce naturalmente rappresentata da un irradiamento di
tipo normale, cio formato unicamente di raggi rettilinei, in quanto al calore, esso rap
presentato pi volte da fiamme uscenti dal c. (id., 355) Si giunti oggi ad attribuire al c. solo
un significato sentimentale ed a dimenticare completamente la sua relazione
coll'intelligenza. (id., 356) vero d'altra parte che, dato che il c. considerato il centro
dell'essere, gli si possono riferire almeno indirettamente tutte le modalit di quest'ultimo,
compreso il sentimento, o quella che gli psicologi chiamano affettivit ; ma pur sempre
opportuno rispettare i rapporti gerarchici senza dimenticare che solo l'intelletto
veramente centrale mentre tutte le altre modalit hanno un carattere pi o meno periferico.
Soltanto che, siccome l'intuizione intellettuale, che risiede nel c., era misconosciuta e la
ragione, che ha sede nel cervello, aveva usurpato la sua funzione illuminatrice, al c. non
restava pi che la possibilit di essere considerato come la sede dell'affettivit. (id., 357)
Siccome il c. il centro dell'essere umano considerato nella sua integralit, in tale centro vi
l'Anima Vivente che contiene in modo principiale tutte le possibilit che si svilupperanno
nel corso dell'esistenza individuale. (id., 388)
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
-D-
DANTE D. indica in modo molto esplicito che nella sua opera vi un senso nascosto ,
propriamente dottrinale, di cui il senso esteriore e apparente soltanto un velo, e che deve
essere ricercato da coloro i quali sono capaci di penetrarlo. (Dante, 1925, 7) In D.
l'esoterismo si avvolge in un velo assai difficilmente penetrabile, appoggiandosi nello
stesso tempo su basi strettamente tradizionali; fare di D. un precursore del
Protestantesimo, e forse anche della Rivoluzione Francese, per il semplice fatto che fu un
avversario del Papato sul terreno politico, misconoscere interamente il suo pensiero e non
capir nulla dello spirito della sua epoca. (id., 32) La Qabbalah essenzialmente la
tradizione ebraica e noi non abbiamo alcuna prova che un'influenza ebraica si sia esercitata
direttamente su D. pi al Pitagorismo che alla Qabbalah che si potrebbe collegare D. (id.,
33)
DARSHANA I d. sono gli angoli visuali o punti di vista della dottrina ind. (Int., 1921,
200) Sono questi i nomi principali della dottrina ind e, in numero di sei. I sei d. sono: il
Nyya, il Vaishshika, il Snkya, lo Yoga, la Mimnsa e il Vdanta. (id., 205)
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alla dominazione del Principio di questo Mondo e non appartiene pi all'Impero del D.
(Mel., 1976, 17) L'essere che non appartiene pi all'Impero del D. senza azione . (id., 23)
DENARIO Quando la croce ruota attorno al suo centro, essa genera la circonferenza che,
col centro, rappresenta il D. Il D. considerato formato dall'insieme dei primi quattro numeri
ci che Pitagora chiamava la Ttraktys. (Mel., 1976, 63). Il D. corrispondente alla
circonferenza col suo centro la manifestazione totale dell'Essere e lo sviluppo completo
dell'Unit. (id., 67)
DESTINO Il D. Natura necessitata e naturale. (Triade, 1945, 129) Il D. appare come una
specie di volont oscura della Natura. (id., 130)
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DETERMINAZIONE Ogni d., per quanto sia generale e qualunque sia l'estensione che
possa ricevere, necessariamente esclusiva della vera nozione di Infinito. (Cale. Inf., 1946,
7)
DVA-YNA Il d.y. designa naturalmente la via che conduce verso gli stati superiori
dell'essere. (Ved., 1925, 186) Il d.y. si riferisce all'identificazione effettiva del centro
dell'individualit, dove tutte le facolt sono state precedentemente riassorbite nell'Anima
Vivente, con il centro stesso dell'Essere Totale, residenza dell'universale Brahma. (id., 187)
Secondo il simbolismo vedico, l'essere che compie il d.y., avendo lasciata la Terra (vale a
dire il mondo corporeo o la manifestazione grossolana) dapprima condotto alla luce, da
intendersi qui come il Regno del Fuoco, il cui reggitore Agni. (id., 188)
DHARMA La parola D., nel suo significato pi generale designa un modo d'essere e
pu essere applicata, non soltanto all'individuo, ma ad una societ, o una specie, a tutto
l'insieme degli esseri di un ciclo cosmico o di uno stato di esistenza o anche all'ordine totale
dell'Universo. Si tratta allora dell'equilibrio fondamentale, dell'armonia integrale che
risulta dalla conformit alla natura essenziale degli esseri, realizzata nella costituzione
gerarchicamente ordinata del loro insieme. (Int., 1921, 181-182) Tutte le applicazioni del
termine D. concernono sempre il mondo manifestato. La nozione del D non d'altronde
limitata all'uomo, ma si estende a tutti gli esseri e ai loro stati di manifestazione. Il D.
esprime, per ogni essere manifestato, la conformit alle condizioni che gli sono imposte
dalla Natura. (Triade, 1945, 147). noto che D. derivato dalla radice dhri la quale
significa portare, sopportare, sostenere, mantenere; si tratta dunque di un principio di
conservazione degli esseri e, di conseguenza, di stabilit, per tanto che questo sia
compatibile colle condizioni della manifestazione, poich tutte le applicazioni del D. si
riferiscono al mondo manifestato. (Hind., 1965, 70) La nozione di D. non limitata
all'uomo, ma si estende a tutti gli esseri ed a tutti i loro stati di manifestazione. (id., 71-72) Si
pu parlare del D. proprio ad ogni essere o ad ogni gruppo di essi, ad esempio una
collettivit umana; ma ci non che una particolarizzazione del D. in rapporto alle
condizioni speciali di questo essere o di quel gruppo. Se un'idea come quella di giustizia
conviene talvolta a rendere il senso di D., nella misura in cui essa un'espressione umana
dell'equilibrio e dell'armonia, cio di uno degli aspetti del mantenimento della stabilit
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cosmica. Se si considera una collettivit umana, l'idea di legislazione non rientra in quella
di D. in quanto questa legislazione deve essere normalmente un adattamento dell'ordine
cosmico all'ambiente sociale. (id., 72). Tra i fini che le scritture tradizionali ind assegnano
alla vita umana, la realizzazione del D. considerata come propriamente relativa all'ordine
spirituale. (id., 73) Quando questi fini sono indicati escludendo la Liberazione (Moksha), si
tratta di un punto di vista limitato alla considerazione del manifestato ed solamente cos
che D. appare come il fine pi elevato proposto all'uomo. (id., 73-74) D. corrisponde
effettivamente a Sattwa. (id., 80) effettivamente all'idea di Polo o di Asse del Mondo che ci
si deve riferire ove si voglia comprendere la nozione del D. nel suo senso pi profondo.
Questa nozione del D. si ricollega alla rappresentazione simbolica dell'Asse colla figura
dell'Albero del Mondo. (id., 108) Sanatana D. Quando si parla di S.D., si tratta
dell'insieme di un'umanit e ci durante tutta la durata della sua manifestazione, vale a
dire per un Manvantara. (Hind., 1976, 109) Se si considera il S.D. come Tradizione Integrale,
esso comprende principialmente tutti i rami dell'attivit umana, i quali sono d'altronde
trasformati da ci, poich a seguito di questa integrazione, esse partecipano del carattere
non-umano che inerente ad ogni tradizione. (id., 111) Il S.D. la Tradizione Primordiale,
la quale sola sussiste continuamente e senza mutamento attraverso tutto il Manvantara e
possiede cos la perpetuit ciclica. (id., 112) Se ogni tradizione ortodossa, riflesso della
Tradizione Primordiale, non il S.D., essa lo rappresenta per quanti vi aderiscono e vi
partecipano in modo effettivo. In un certo senso, tutte queste forme tradizionali sono
principialmente contenute nel S.D. e, in senso inverso, esse contengono il S.D. (id., 113) La
nozione di S.D. appare pi particolarmente legata alla tradizione ind, la quale, tra tutte le
forme tradizionali viventi, quella che pi direttamente deriva dalla Tradizione
Primordiale. Il punto di partenza di un altro ciclo rimanifester all'esterno il vero S.D. (id.,
114)
DIALETTICA --La d., in definitiva, non altro che la messa in opera o l'applicazione
pratica della logica. (In., 1952, 26) sottinteso che intendiamo la parola d. nel senso
originale, quello che aveva per Platone e Aristotele, senza minimamente preoccuparci delle
accezioni speciali che le vengono date attualmente, e che sono tutte derivate, pi o meno
direttamente, dalla filosofia di Hegel. (id., 26, n. 1)
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DIVENIRE Filosofie del D. Le f. del d., sotto l'influsso della recentissima idea di
progresso, hanno assunto tra i moderni una forma speciale, mai presentata dalle teorie
antiche dello stesso genere. (Crisi., 1927, 64)
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quali, oltre al pericolo gi inerente al loro carattere di residui, sono per lo pi arrangiate e
combinate in modo che la loro messa in azione apre la porta all'intervento di tutte le
influenze psichiche del tipo pi dubbio. (Regno, 1945, 306)
DIVINO Ci che d., essendo necessariamente interiore ad ogni cosa, agisce in rapporto
all'uomo al modo di un principio solforoso . (Triade, 1945, 121)
DIVISIBILIT La d. una qualit inerente alla natura dell'estensione. (Calc. Inf., 1940,
39)
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Quel che di una d. ci interessa la verit, nel senso assoluto della parola, di quanto vi
espresso. (id., 261) Una d. che si limiti a prendere in considerazione esseri individuali non
pu meritare il nome di metafisica; una tale d. pu sempre dirsi propriamente fisica nel
senso originario della parola, poich rimane esclusivamente nel dominio della Natura, cio
della manifestazione. (Croce, 1931, 19-20) Negare l'unit e l'invariabilit di una d. equivale
a negarne le caratteristiche essenziali e fondamentali, cio proprio quelle senza le quali essa
non merita pi questo nome. (In., 1952, 145) L'immutabilit della d. non ha mai, in se stessa,
ostacolato sviluppi ed adattamenti, alla sola condizione che essi siano sempre in stretta
conformit coi principi. (Hind., 1965, 89)
DUALIT Si pu dire che la natura dell'Albero della Scienza del Bene e del Male sia
caratterizzata dalla d., come suggerito dalla sua stessa denominazione, in cui troviamo i
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due termini non soltanto complementari, ma addirittura opposti. (Croce, 1931, 89)
Riconoscere l'esistenza di una d. e situarla al posto che le spetta realmente non costituisce
per nulla un dualismo, dal momento che i termini della d. procedono da un principio
unico. (Triade, 1945, 17)
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-E-
EDENICO Stato E. Lo S.E., lungi dall'essere il termine, sar solo la base su cui l'essere
si appogger per salire alle stelle , vale a dire per elevarsi agli stati superiori. (Dante,
1925, 51)
EGO L'estinzione dell'E. non in alcun modo una annichilazione dell'essere, ma, al
contrario, implica una specie di sublimazione delle sue possibilit. (Regno, 1945, 82)
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EGUALITARISMO L'e. in tutte le sue forme rappresenta uno degli aspetti dello spirito
moderno. nondimeno strano e quasi incredibile, per chiunque non sia sprovvisto di ogni
facolt di riflessione, vedere l'e. ammesso apertamente e proclamato anche con insistenza
dai membri di organizzazioni iniziatiche. (Cons., 1946, 360)
ELEMENTI Se gli e. sono i principi costitutivi dei corpi, in tutt'altro senso di quello in
cui i chimici considerano la costituzione di questi corpi. (Hind., 1965, 52) In ogni caso, gli e.
non sono dei corpi, ma i principi sostanziali a partire dai quali i corpi sono formati. (id.,
52-53) Se si vuole assolutamente cercare un punto di comparazione con le teorie fisiche,
nell'accezione attuale del termine, sarebbe pi giusto considerare gli e., riferendosi alla loro
corrispondenza colle qualit sensibili, come rappresentanti differenti modalit vibratorie
della materia. (id., 54) Noi possiamo vedere negli e. l'espressione delle condizioni
dell'esistenza corporale, non pi dal punto di vista umano, ma dal punto di vista cosmico.
(id., 55) La concezione degli e. si ricollega non solo alle condizioni dell'esistenza corporale
ma anche a quella di esistenza di ordine universale e, pi precisamente, alle condizioni
stesse di ogni manifestazione. (id., 56) Noi potremmo considerare gli e. come differenti
modalit vibratorie della materia fisica, modalit sotto le quali essa si rende percettibile
successivamente ai sensi della nostra individualit corporale. (Mel., 1976, 111)
ELETTI Gli E. sono, come la parola lo indica, coloro che fanno parte dell'lite
intellettuale intesa nella pienezza del suo vero senso. (Crisi, 1927, 159) Onde il Vangelo dice
che molti saranno i chiamati e pochi gli E. (id., 160)
LITE L'. come la intendiamo noi rappresenta l'insieme di coloro che posseggono le
qualificazioni per l'iniziazione e che sono naturalmente una minoranza tra gli uomini.
(Cons., 1946, 358) La ricostituzione dell'e. cosciente delle sue possibilit iniziatiche la
prima condizione da cui dipende tutto il resto. (id., 359)
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cosa ne uscisse, non potrebbe pi essere infinito e si troverebbe limitato dal fatto stesso
della manifestazione. La verit che, al di fuori del Principio, non vi , n potrebbe esservi
altro che il Nulla (id., 92)
EMOTIVO Impulsi E. Gli i.e. inibiscono la riflessione ed una delle abilit pi volgari
della politica demagogica moderna quella che consiste nel trar partito da tale
incompatibilit. (Crisi, 1927, 109)
ENCICLOPEDISTI Gli E. del XVIII secolo furono i pi accaniti negatori di ogni realt
sovrasensibile. (Regno, 1945, 110)
EQUILIBRIO Avendo i matematici moderni il torto di ritenere lo zero come una specie
di simbolo del Nulla, sembra risultare da ci che l'e. lo stato di non-esistenza. La vera
nozione dell'e. tutt'altra che questa. (Calc. Inf., 1946, 74) Affinch due forze agenti in un
punto si facciano e., bisogna che la loro risultante abbia per coefficiente l'unit, cos l'e. sar
definito, non pi dallo zero, ma dall'unit. La definizione dell'e. per mezzo dell'unit, che
la sola reale, corrisponde al fatto che l'unit occupa il mezzo nella successione doppiamente
indefinita dei numeri interi e dei loro inversi. Ben lungi dall'essere lo stato di non-esistenza,
l'e. , al contrario, l'Esistenza considerata in se stessa. (id., 75) Nell'insieme delle cose, l'e.
fatto dalla somma di tutti gli squilibri e tutti i disordini parziali concorrono all'Ordine
Totale. (Hind., 1965, 15)
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ESATTO Scienze E. Le cosiddette s.e. dei moderni, col fare intervenire le statistiche e
col pretendere di trarre previsioni per l'avvenire, non sono in realt se non semplici scienze
congetturali. (Regno, 1945, 91)
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ESICASMO Nelle Chiese d'Oriente si mantenuta una forma di iniziazione, l'E., sul cui
carattere iniziatico non vi da dubitare. Nell'E. l'iniziazione propriamente detta
essenzialmente costituita dalla trasmissione regolare di certe formule, comparabile alla
comunicazione dei mantras nella tradizione ind e a quella del wird nel turuq
islamico. Esiste pure tutta una tecnica di invocazione come mezzo proprio del lavoro
interiore . (Ap. C., 1954, 25)
ESISTENZA L'E. unica e tutto ci che contiene non che la manifestazione, sotto
molteplici modi ed aspetti, di un unico e identico principio, che l'Essere Universale. (Int.,
1921, 212) Quando parliamo dell'E., ci riferiamo alla manifestazione universale, con tutti gli
stati o gradi in molteplicit indefinita, ognuno dei quali pu anche essere chiamato un
mondo. (Croce., 1921, 22) Per prima cosa occorre stabilire il principio che l'E., considerata in
modo universale, unica nella sua natura intima e trae questa unit dall'Essere, che uno
in se stesso: infatti l'E. altro non che la manifestazione integrale dell'Essere. (id., 23) L'E.
comprende soltanto le possibilit di manifestazione e, per di pi, limitata a quelle che si
manifestano effettivamente. L'E. quindi ben lungi dall'essere tutta la Possibilit. (id., 24).
Bench l'E. sia essenzialmente unica, nondimeno essa comprende la molteplicit indefinita
dei modi della manifestazione e questo proprio in quanto sono tutti egualmente possibili.
(Stati, 1931, 45) L'E., pur nella sua unicit, comporta un'indefinit di gradi, corrispondenti a
tutti i modi della manifestazione universale. (id., 46) Quando si tratti del dominio dell'E.,
siamo al di qua della distinzione tra Essere e Sostanza. (Triade, 1945, 72)
ESOTERICO Dottrine E. Ci che offre un interesse particolare per la storia delle d.e.
la constatazione che parecchie loro manifestazioni coincidono in Occidente, con
l'approssimazione di qualche anno, con la distruzione dell'Ordine del Tempio. (Dante,
1925, 35)
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ESSENZA L'e. la sintesi principiale di tutti gli attributi appartenenti ad un essere e che
fanno di questo essere ci che . (Regno, 1945, 22)
ESSENZIALE Punto E. Il manifestato nulla sarebbe senza il p.e., mentre questo p.e., a
sua volta nulla come manifestato, contiene in modo principiale, proprio in virt della sua
non-manifestazione, tutte le manifestazioni possibili. (Croce., 1931, 220)
ESSERE L'E. non in realt il pi universale di tutti i principi. (Int., 1921, 132) Tutto ci
che si pu esprimere in forma affermativa necessariamente racchiuso nel dominio dell'E.,
poich questo la Prima Affermazione o la Prima Determinazione. (Ved., 1925, 139) Tutte le
cose sussistono solo per l'E. ed esso sussiste per se stesso. (id., 202) L'Infinit non un
attributo che si addice all'E. (id., 203) ben vero che l'E. oltre qualsiasi distinzione, poich
la Prima Distinzione quella tra Essenza e Sostanza. (id., 204) L'E. uno, o meglio la
stessa Unit Metafisica; ma l'Unit racchiude in s la molteplicit; perci nell'E. stesso si
pu considerare una molteplicit d'aspetti, che ne sono altrettanti attributi o qualifiche. (id.,
204-205) Nella manifestazione la distinzione implica una separazione; l'E. invece oltre la
separativit . Cos quello che al grado dell'E. non distinto . (id., 205) Nell'E. tutti gli
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esseri (intendiamo le loro personalit) sono uno senza confondersi e sono distinti senza
separazione. Di l dell'E. non vi distinzione possibile: siamo aldil della molteplicit, ma
anche aldil dell'Unit. (id., 206) L'unit dell'E. non esclude la molteplicit dei modi della
manifestazione, n da questa pu essere infirmata, in quanto questi modi essa li comprende
egualmente tutti, per la sola ragione che tutti sono egualmente possibili. (Croce, 1931, 23)
Quando si parla degli stati di non-manifestazione dell'E., bisogna ancora distinguere tra il
grado dell'E. e ci che aldil di esso. (id., 25) La proposizione di cui l'E.
contemporaneamente soggetto e attributo prende la seguente forma: L'E. l'E. . Si tratta
dell'espressione del rapporto tra l'E. come soggetto e l'E. come attributo; d'altra parte, l'E.
soggetto essendo il Conosciuto e l'E. attributo il Conoscente, questo rapporto esprime
l'essenza stessa della Conoscenza. (id., 143) Sia ben chiaro fin d'ora che l'E. non racchiude in
s tutta la Possibilit e non quindi per nulla identificabile all'Infinito. (Stati, 1931, 24) L'E.,
come principio della manifestazione, comprende s tutte le possibilit di manifestazione,
ma solo in quanto si manifestano. (id., 35) L'E. contiene dunque tutto il manifestato. (id., 37)
L'E. comprende dunque in s l'Esistenza e ne metafisicamente superiore, poich ne
rappresenta il principio (id., 45). E. e Non E. La distinzione tra l'E. e il N. E. puramente
contingente, essendo valida solo dal punto di vista della manifestazione, punto di vista
essenzialmente contingente. (Stati, 1931, 39)
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le diverse modalit di uno stesso s. dell'e. mediante rette parallele, possiamo rappresentarle
mediante circonferenze concentriche, tracciate nello stesso piano orizzontale. (id., 127) Uno
s. dell'e. lo sviluppo di una possibilit particolare in un grado determinato dall'Esistenza
Universale e questo grado definito dalle condizioni a cui soggiace la possibilit
considerata. (Stati, 1931, 46) Insistiamo in modo particolare sulla simultaneit degli s.
dell'e., poich se non concepissimo come simultanee nel principio anche le modificazioni
individuali che si realizzano in modo successivo nell'ordine della manifestazione, esse
avrebbero un'esistenza puramente illusoria. (id., 69) Gli s. dell'e. sono veramente, per loro
stessa natura, in moltitudine indefinita, dovendo gli stati manifestati corrispondere a tutti i
gradi dell'Esistenza Universale. (id., 81) La gerarchia dei vari s. dell'e. caratterizzata dalla
loro sovrapposizione secondo la direzione dell'asse verticale di questa stessa
rappresentazione. (id., 85) Anche se in un modo o nell'altro si dividono gli s. dell'e. in due
categorie, chiaro che tutto ci non comporta alcuna traccia di dualismo, poich questa
divisione avviene in base ad un principio unico. (id., 94) Stati superiori dell'E. Tutto ci
che si dice teologicamente degli stati angelici, pu essere detto metafisicamente degli s.
dell'e. (Stati, 1931, 103)
ESSERI Tutti gli e. sono egualmente sottomessi alle condizioni generali che definiscono
gli stati di esistenza nei quali sono posti. (Ved., 1925, 72)
ESTENSIONE L'e. non che un puro e semplice modo d'essere della quantit. (Regno,
1945, 44) L'e., essendo qualche cosa di determinato, non pu essere infinita e, dunque, non
pu evidentemente implicare alcuna possibilit infinita pi di quanto non lo sia essa stessa.
Finch c' e., questa e. sempre divisibile. Per conseguenza l'e., come tale, non pu essere
composta di elementi indivisibili, perch questi elementi, per essere veramente indivisibili,
dovrebbero essere inestesi ed una somma di elementi inestesi non pu mai costituire un'e.
(Calc. Inf., 1946, 39) Non si pu arrivare ad elementi semplici, cio indivisibili, senza uscire
dalla condizione speciale che l'e. (id., 40) L'e. esiste in atto dal momento in cui il punto si
manifestato, ma non si deve credere che si debba assegnare all'e. un inizio temporale,
poich si tratta solo di un punto di partenza puramente logico, di un principio ideale dell'e.
nella sua integralit. (Mel., 1976, 123) L'e., considerata dal punto di vista sostanziale, non
distinta dall'Etere, fino a che non si produce un movimento complesso che determina una
differenziazione formale; ma l'indefinit delle possibili combinazioni dei movimenti d in
seguito nascita, in questa e., all'indefinit delle forme. (id., 129)
ESTERIORE Istruzione E. L'i.e., sebbene non sia profana, ma invece legittima ed anche
tradizionale nel suo ordine, nondimeno, per natura e per destinazione, qualcosa di
interamente diverso da ci che si riferisce al dominio iniziatico. (Cons., 1946, 291) Mondo E.
L'insieme dell'ambiente cosmico considerato come formante, in rapporto all'uomo, il
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m.e. (Triade, 1945, 121) Scienze E. Si potrebbe anche dire che le s.e. forniscano un modo
d'espressione per verit superiori. (Dante, 1925, 16)
ESTETICO Concezione E. La c.e. quella che pretende di ridurre ogni cosa ad una
semplice questione di sensibilit: si tratta della concezione moderna e profana dell'arte. (In.,
1952, 116)
ET Quattro E. Le Q.E. sono le differenti fasi che l'umanit attraversa nel suo
allontanarsi dal principio, cio dall'Unit e dalla Spiritualit Primordiali. (Aut., 1929, 20)
ETERE Se ci si limita a considerare il mondo corporeo, proprio l'E., in quanto primo fra
gli elementi sensibili, a svolgervi il ruolo centrale che va riconosciuto a tutto ci che
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principio in un ordine qualsiasi. (Simb., 1962, 387) Si pu anche dire che l'E., nel mondo
corporeo, produca tutto e penetri tutto. (id., 389) L'E., come Elemento Primordiale, deve
contenere in s gli insiemi delle qualit opposte o complementari, in esso coesistenti allo
stato neutro ed equilibrantesi perfettamente l'uno coll'altra, ed antecedenti alla loro
differenziazione, la quale la rottura di questo equilibrio originale. L'E. deve essere
rappresentato come situato nel punto in cui le opposizioni non esistono ancora, ma a
partire dal quale si producono, cio al centro della figura cruciforme i cui rami
corrispondono ai Quattro Elementi. (Hind., 1965, 50-51) In questo stato di
Indifferenziazione Primordiale, l'E. contiene in potenza, non solo tutti gli elementi, ma
anche tutti i corpi e la sua omogeneit lo rende pure atto a ricevere tutte le forme nelle loro
modificazioni. (id., 62) La qualit sensibile che riferita all'E. il suono (id., 63) L'E.,
considerato come l'elemento il pi sottile e quello da cui procedono tutti gli altri, occupa
tutto lo spazio fisico. (Mel., 1976, 112) L'E., considerato in se stesso, primitivamente
omogeneo, la sua differenziazione, che genera gli altri elementi, ha come origine un
movimento elementare, il quale si produce a partire da un qualunque punto iniziale,
nell'ambiente cosmico indefinito. (id., 113) Il movimento che si produce nell'E.
esclusivamente un movimento elementare, che si pu chiamare movimento vibratorio
semplice, per indicarne il modo di propagazione o, piuttosto, la sua rappresentazione
geometrica. (id., 114)
ETERODOSSIA L'e. di una concezione , in fondo, la sua falsit risultante dal suo
disaccordo con i principi. (Ved., 1925, 19)
EVOCAZIONE-I Nella seconda met del XVIII secolo certi nomi dell'Alta Massoneria
tedesca si occuparono in particolare di e. (Spir., 1923, 30) Nelle civilt tradizionali, le e.,
quando non possono essere completamente soppresse, sono perlomeno lasciate ad uomini
delle caste inferiori, spesso persino ai senza casta. (id., 51) Fra tutte le pratiche magiche, le e.
furono quelle che, presso gli antichi, furono oggetto delle interdizioni pi categoriche. (id.,
57) Oggetto dell'e. soltanto il complesso degli elementi inferiori che l'essere ha in qualche
modo lasciato dietro di s in seguito alla morte. (id., 58)
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-F-
FENOMENO Ogni f. di ordine psichico. (Met., 1939, 17) L'attrazione del f., gi da noi
segnalata come uno dei fattori determinanti la confusione tra psichico e spirituale, far si
ch la maggior parte degli uomini verranno conquistati e presi a gabbo al tempo della
Controtradizione. (Regno, 1945, 321) Non si ripeter mai abbastanza che i f. in se stessi non
provano assolutamente nulla circa la verit di una dottrina o di una qualsiasi
insegnamento. (id., 209)
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FILOSOFO-I Quel che abbiamo in comune con i f. non pu essere altro che la dialettica;
ma nelle nostre mani essa solo uno strumento al servizio di principi che essi ignorano.
(Or. Occ., 1924, 238) A dire il vero, non ci serviamo dei metodi propri dei f. neppure per
quel che riguarda la dialettica, perch tali metodi, in ci che hanno di valido non
appartengono loro in proprio, ma rappresentano semplicemente qualcosa il cui possesso
comune a tutti gli uomini, compresi quelli che sono pi lontani dal punto di vista filosofico.
(id., 239) Che possono i metodi discorsivi del f. di fronte all'inesprimibile, che il mistero
nel senso pi vero e profondo del termine. (Cons., 1946, 177)
FIORE-I L'uso dei f. nel simbolismo molto diffuso e si ritrova nella maggior parte delle
tradizioni. Uno dei significati principali quello che si riferisce al principio femminile o
passivo della manifestazione, cio a Prakriti, la Sostanza Universale; a tale riguardo il f.
equivale ad un certo numero di altri simboli, fra i quali uno dei pi importanti la coppa.
Come quest'ultima il f. evoca, con la sua stessa forma, l'idea di un ricettacolo , ci che di
fatto Prakriti in rapporto alle influenze emanate da Purusha, e anche nel linguaggio
corrente si parla del calice di un f. D'altra parte, lo sbocciare di questo f. rappresenta, al
tempo stesso, lo sviluppo della manifestazione considerata come la produzione di Prakriti.
(Simb., 1962, 72)
FISICA Il termine f., nel suo significato originario ed etimologico, non significa altro che
Scienza della Natura dunque la scienza che tratta delle leggi pi generali del divenire
ed significativa la deviazione che i moderni hanno fatto subire alla parola f. con l'usarla
per designare una scienza particolare fra le altre. (Crisi., 1927, 69) Secondo Aristotele la f.
era solo seconda rispetto alla metafisica, essa ne era cio dipendente, un'applicazione al
dominio della natura di principi superiori. (id., 71)
FOLKLORE Tra le cose che si cerca di spiegare coli' inconscio collettivo bisogna
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annoverare il f. ed questo uno dei casi in cui la teoria pu presentare una parvenza di
verit. Per essere pi esatti, bisognerebbe parlare, a tale riguardo, di memoria collettiva .
Soltanto, voler spiegare con la natura del f. l'origine stessa della Tradizione significa
commettere un errore del tutto simile a quello, diffuso oggigiorno, che fa considerare
primitivo ci che solo il prodotto di una degenerazione. infatti evidente che il f.,
essendo essenzialmente costituito da elementi appartenenti a tradizioni estinte,
rappresenta inevitabilmente uno stato di degenerazione in rapporto a quelle. (Simb., 1962,
48)
FORMA-E la presenza della f. che caratterizza uno stato come individuale, anche se
questa f. non necessariamente da concepire come spaziale. (Croce, 1931, 20) La f. una
condizione particolare di certi modi di manifestazione e, proprio per questa ragione, essa
rappresenta una delle condizioni di esistenza nello stato umano. Questa f. non
necessariamente determinata dallo spazio e dal tempo, che sono caratteristiche peculiari
della modalit corporea. (Stati, 1931, 97) La f. non dunque una condizione comune a tutti i
modi della manifestazione, ma appartiene a tutti i suoi modi individuali, che si
differenziano fra di loro per la presenza di qualche altra condizione pi particolare. (id., 98)
Le f. non sono nulla per l'essere che liberato dalla f. ed per questo che, pure durante la
sua permanenza nel corpo, egli non per nulla condizionato dalle condizioni di esistenza
corporale. (Mel., 1976, 25)
FRAZIONE Le f. non possono essere in alcun modo delle parti dell'unit perch
l'unit-aritmetica vera necessariamente indivisibile e senza parti. (Calc. Inf., 1946, 20) Da
ci facile comprendere che l'assurdit sulla definizione delle f. proviene molto
semplicemente da una confusione tra l'unit aritmetica o le cosiddette unit di misura ,
unit che sono tali solo convenzionalmente e che sono in realt delle grandezze di specie
diversa dal numero. (id., 23)
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
FUOCO Il f. si manifesta ai nostri sensi sotto due aspetti principali, come luce e come
calore; la qualit che gli connaturata la visibilit ed sotto l'aspetto luminoso che il f.
deve essere considerato. (Hind., 1965, 65-66)
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-G-
GENERALIT Intendiamo dire che la g., oggetto proprio della ragione, se pur non di
ordine sensibile, procede tuttavia dall'individualit, percepita dai sensi; si pu dire che essa
aldil del sensibile, ma non al di sopra di esso. (Or. Occ., 1924, 37)
GENIO Il g., inteso in senso profano ed umanistico, in realt ben poca cosa ed in
nessun modo pu supplire alla mancanza di una conoscenza vera. (Crisi, 1927, 86)
GIOVANNI (SAN) San G. spesso considerato come il capo della Chiesa Interiore e,
secondo certe concezioni, lo si vuole opporre, a tale stregua, a Pietro, capo della Chiesa
Esteriore. La verit piuttosto che la loro autorit non si applica allo stesso dominio.
(Dante, 1925, 38, n. 1)
GNOSI La G., nel suo senso pi ampio ed elevato, la Conoscenza. (Mel., 1976, 176) La
G. deve prescindere da tutte le dottrine pseudometafisiche ed appoggiarsi solo sulla
Tradizione contenuta nei libri sacri, Tradizione che ovunque la stessa, malgrado le forme
diverse rivestite per adattarsi ad ogni razza ed a ogni epoca. (id., 178)
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GNOSTICISMO piuttosto difficile saper oggi in modo preciso cosa furono le dottrine
piuttosto varie che vengono riunite sotto la generica denominazione di G.; nell'insieme
pare si sia trattato di idee orientali pi o meno deformate, probabilmente mal comprese dai
Greci e rivestite di forme immaginative del tutto incompatibili coll'intellettualit pura. (Or.
Occ., 1924, 216) Il vero G. non pu essere una scuola od un sistema particolare, ma essere,
prima di tutto, la ricerca della Verit. (Mel., 1976, 176)
GRAAL Il G. , dicesi, il vaso sacro che contenne il sangue del Cristo. (Re, 1927, 38) Il G.
, dicesi, la coppa che serv all'Ultima Cena e dove di poi Giuseppe d'Arimatea raccolse il
sangue e l'acqua che sfuggivano dalla ferita aperta nel fianco del Cristo della lancia del
centurione Longino. Il significato essenziale del G. quanto detto della sua origine:
questa coppa sarebbe stata intagliata dagli angeli in uno smeraldo caduto dalla fronte di
Lucifero al momento della sua caduta. (id., 39) detto di poi che il G. fu confidato ad
Adamo nel Paradiso Terrestre, ma Adamo lo perdette a sua volta al momento della sua
caduta . (id., 40) Il possesso del G. insomma la perdita della Tradizione con tutto quello
che essa comporta. (id., 41) Il G. rappresenta nel medesimo tempo due cose, strettamente
solidali l'un l'altra: chi possiede integralmente la Tradizione Primordiale e chi pervenuto
al grado di conoscenza effettiva implicito in questo processo, reintegrato nella pienezza
dello Stato Primordiale. (id., 42) Il G. simultaneamente un vaso (grasale) ed un libro
(gradale o graduale); quest'ultimo aspetto designa manifestamente la Tradizione, mentre
l'altro concerne pi direttamente lo stato stesso. (id., 42-43) Per ritornare al G., facile
rendersi conto che il suo primo significato in fondo il medesimo di quello che ha il vaso
sacro dovunque lo si ritrovi. (id., 44) detto poi che il G. fu affidato ad Adamo nel Paradiso
Terrestre, ma che, a sua volta, Adamo lo perse dal momento che non lo pot portare con s
quando fu cacciato dall'Eden. Seth ottenne di rientrare nel Paradiso Terrestre e recuperare il
G.; Seth e quelli che vennero dopo di lui possedettero il G. e poterono per ci stesso
istituire, da qualche parte della Terra, un centro spirituale immagine del Paradiso perduto.
La leggenda non dice da dove e da chi il G. fu conservato fino all'epoca di Cristo, n come
fu assicurata la trasmissione, ma l'origine celtica che le si riconosce deve probabilmente
lasciare intendere che i Druidi vi ebbero parte e devono essere annoverati fra i conservatori
regolari della Tradizione Primordiale. (Simb., 1962, 26) Dopo la morte di Cristo il G. fu,
secondo la leggenda, trasportato in Gran Bretagna da Giuseppe d'Arimatea e da Nicodemo;
comincia allora a svolgersi la storia dei Cavalieri della Tavola Rotonda. (id., 27) La leggenda
assomma al G. altri oggetti e, in particolare, una lancia; ma quello che assai pi curioso
la preesistenza di questa lancia, o di qualche suo equivalente, come simbolo in qualche
modo complementare alla coppa nelle tradizioni antiche. (id., 28) Il G stesso non ha
all'origine altro significato se non quello che ha il vaso sacro. (id., 29) Non ci pare dubbio
che le origini della leggenda del G. debbono essere riferite alla trasmissione di elementi
tradizionali, di ordine iniziatico, dal Druidismo al Cristianesimo. (id., 39-40) Vogliamo
alludere qui al simbolismo della scomparsa finale del G.; detto che il G. non fu pi visto
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come prima, ma non detto che nessuno lo vide pi. Sicuramente, in terra almeno, il G.
sempre presente a coloro che sono qualificati , ma, di fatto, essi sono divenuti sempre
pi rari, al punto da non costituire ormai che un'infima eccezione. (id., 45)
GRECI Che i G. abbiano avuto una certa originalit pur vero, ma non quanto si crede
ordinariamente e la loro originalit non consiste altro che nella forma sotto la quale hanno
presentati ed esposto quanto prendevano dagli altri, modificandolo in modo pi o meno
felice, per adattarlo alla loro propria mentalit, cos dissimile da quella degli Orientali e gi
opposta ad essa sotto pi di un aspetto. (Int., 1921, 2324) Per chiunque voglia esaminare
imparzialmente le cose, manifesto che i G. hanno veramente adottato quasi tutto dagli
Orientali, almeno dal punto di vista intellettuale. Ci che invece caratteristico dei G. una
certa sottigliezza dialettica, di cui i dialoghi di Platone offrono numerosi esempi, dai quali
traspare il bisogno di esaminare indefinitamente una stessa questione sotto tutti gli aspetti,
prendendola in considerazione nei minimi particolari, per giungere ad una conclusione pi
o meno insignificante. (id., 29) I G., nonostante la loro tendenza al naturalismo, non si sono
mai spinti fino ad attribuire all'esperimentazione l'importanza eccessiva che le
attribuiscono i moderni. Ci non impedisce che presso i G. si trovi gi il punto di partenza
delle scienze sperimentali quali sono intese dai moderni. (id., 32) Solo con i neoplatonici si
incontreranno per la prima volta presso i G. certe idee metafisiche, come quella
dell'Infinito. Fino ad allora i G. non avevano avuto infatti che la nozione dell'indefinito e,
tratto veramente caratteristico della loro mentalit, finito e perfetto erano per essi sinonimi.
(id., 40). Presso i G. i simboli, retaggio di tradizioni pi antiche e gi dimenticate, avevano
da tempo perso il loro significato originario. Di conseguenza essi erano degenerati in
semplici allegorie e, a causa di un'invincibile tendenza alle interpretazioni
antropomorfiche, si erano trasformati in miti, vale a dire in favole, (id., 77) I G. non
concepivano i loro dei come rappresentazione di certi principi, bens se li raffiguravano in
forma umana, provvisti di sentimenti e agenti al modo degli uomini. (id., 112) Sembra che i
G., quando sono venuti a contatto col pensiero ind, non abbiano raccolto, in molti casi,
questo pensiero che in modo deformato o mutilato ed ancora che non l'abbiano sempre
esposto fedelmente quale l'avevano raccolto. (id., 165) Che nel periodo alessandrino i G. si
siano trovati in contatto abbastanza diretto coll'Oriente e che il loro spirito si sia in tal modo
aperto a creazioni alle quali fino a quel momento era restato chiuso ci pare incontestabile;
purtroppo il risultato sembra essere rimasto molto pi vicino al sincretismo che alla vera
sintesi. (Or. Occ., 1924, 216)
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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON
trovano l'origine e quasi il germe della maggior parte di quelle tendenze che si sono
sviluppate, molto tempo dopo, negli Occidentali moderni. (Int., 1921, 24) Dopo Aristotele le
tracce di un'influenza ind sul p.g. diventano sempre pi rare, se non addirittura nulle.
Solo coi neoplatonici si vedranno ricomparire influenze orientali. (id., 39) Scrittura G. La
s.g., in realt, non rappresenta che un'importazione straniera ed essa, nel suo simbolismo
numerico, non ha mai veramente, se cos si pu dire, fatto corpo colla lingua. (Forma, 1970,
63)
GUERRA Si pu dire che l'essenziale ragion d'essere della g., da qualunque lato ed in
qualsiasi campo la si consideri, di porre termine ad un disordine di ristabilire l'ordine. In
altre parole, l'unificazione di una molteplicit, operata coi mezzi che appartengono al
mondo della molteplicit stessa: a questo titolo, e solo ad esso, la g. pu essere giudicata
legittima. (Croce, 1931, 80) La g. intesa in questo modo rappresenta dunque il processo
cosmico di reintegrazione del manifestato nell'Unit Principiale. (id., 81)
GUNAS I g. non sono stati, ma condizioni dell'Esistenza Universale, alle quali sono
sottomessi tutti gli esseri manifestati. (Ved., 1925, 63) La dottrina ind postula tre g., o
qualit costitutive degli esseri in tutti i loro stati di manifestazione. (Aut., 1929, 65) I tre g.
sono in equilibrio perfetto nell'Indifferenziazione Primordiale e ogni manifestazione
rappresenza la rottura di questo equilibrio. (id. 66) chiaro che gli esseri vengono
classificati in base al g. che in essi predomina, ma chiaro che la natura di ogni essere
manifestato comporta ugualmente tutti e tre i g., anche se in proporzioni diverse. (In., 1952,
152) I tre g. debbono trovarsi in ognuno degli elementi, come va tutto ci che appartiene al
dominio della manifestazione universale. (Hind., 1965, 57)
GURU Il G. deve sapere utilizzare tutte le circostanze favorevoli allo sviluppo dei suoi
discepoli, conformemente alle possibilit ed alle particolari attitudini di ciascuno. (In., 1952,
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172) In mancanza di un G., l'iniziazione ricevuta rischia fortemente di non diventare mai
effettiva. (id., 173) Nel caso di trasmissione iniziatica effettuata da una sola persona, la
funzione di G. nei confronti dell'iniziato assicurata per ci stesso da tale persona; poco
importa qui che le sue qualificazioni a questo proposito siano pi o meno complete e, come
di fatto spesso succede, che esso non sia capace di condurre il suo discepolo se non fino a
tale o tal'altro stadio ben determinato. Il principio nondimeno lo stesso: il G. presente al
punto di partenza e non pu esservi alcun dubbio sulla sua identit. (id., 192) Esistono
forme di iniziazione le quali, per la loro costituzione stessa, non implicano affatto che in
esse qualcuno debba rivestire la funzione di un G. nel vero senso della parola e questo
soprattutto il caso di certe forme nelle quali il lavoro collettivo ha un posto preponderante
ed in cui allora la funzione del G. viene svolta, non da un individuo umano, ma da
un'influenza spirituale veramente presente nel corso di questo lavoro. (id., 201) Ci prova
ampiamente che la presenza di un G. non pu essere considerata come una condizione
indispensabile in tutti i casi. (id., 202) L'ambizione di un vero G. soprattutto di porre il suo
discepolo in condizioni di fare a meno di lui il pi presto possibile, sia indirizzandolo,
quando non pu pi condurlo oltre, ad un altro G. che abbia una competenza pi estesa
della propria, sia portandolo, se ne in grado, al punto in cui stabilir la comunicazione
cosciente e diretta col G. interiore. (id., 203)
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-H-
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-I-
IANUS L'unione dei due poteri, sacerdotale e regale, era rappresentata, presso i Latini,
da un certo aspetto del simbolismo di I., simbolismo estremamente complesso e di
significati multipli. (Re, 1927, 14) Nell'antica Roma, uno degli attributi di I. erano le chiavi
dei Grandi Misteri e dei Piccoli Misteri. I. raffigura l'origine comune dei due poteri. (Aut.,
1929, 82) L'immagine di I. dai due volti pu adattarsi perfettamente alla distinzione tra
interiore ed esteriore, come pure alla considerazione del passato e dell'avvenire. (Croce,
1931, 218) Nelle abituali raffigurazioni di I., i due volti corrispondono, tra gli altri
significati, ai due solstizi. (Triade, 1945, 45, p. 18) L'interpretazione pi comune dei due
volti di I. vede in essi la rappresentazione rispettiva del passato e del futuro. Fra il passato
che non pi e il futuro che non ancora, il vero volto di I., quello che guarda il presente,
non , si dice, n l'uno, n l'altro di quelli visibili. (Simb., 1962, 118) Il terzo volto di I.
corrisponde, in un altro simbolismo, quello della tradizione ind, all'occhio frontale di
Shiva, anch'esso invisibile, perch non rappresentato da nessun organo corporeo e
raffigura il Senso dell'Eternit. I. rappresenta veramente Colui che , non soltanto il Signore
del Triplice Tempo, ma, anche e soprattutto, il Signore dell'Eternit. (id., 119) I. porta pi
frequentemente due chiavi e sono quelle delle porte solstiziali, Ianua Coeli e Ianua Inferi,
corrispondenti rispettivamente al solstizio d'inverno e al solstizio d'estate, cio ai due punti
estremi della corsa del sole nel ciclo annuale, poich I., in quanto Signore dei Tempi, lo
Ianitor che apre e chiude questo ciclo. (id., 120) Siccome I. era considerato il dio
dell'iniziazione, le sue due chiavi, una d'oro e l'altra d'argento, erano quelle dei Grandi
Misteri e dei Piccoli Misteri. Queste stesse chiavi erano uno degli attributi del pontefice,
come la barca era anche un simbolo di I. (id., 121) Si vede apparire un altro significato dei
due volti di I.: egli il Signore delle due Vie, alle quali danno accesso le due porte
solstiziali, le medesime vie che la tradizione ind designa come Via degli Dei (dva-yna) e
Via degli Antenati (pitri-yna). (id., 122) I. ha dato il suo nome al mese di Gennaio
(januarius), quello con cui l'anno si apre, quando normalmente comincia al solstizio
d'inverno; inoltre la festa di I. era celebrata a Roma dai Collegia Fabrorum ai due solstizi. I.
era il dio dell'iniziazione e, a questo titolo, presiedeva i Collegia Fabrorum depositari delle
iniziazioni che, come in tutte le civilt tradizionali, erano legate alla pratica dei mestieri.
(id., 213) Nel Cristianesimo le feste solstiziali di I. sono diventate quelle dei due San
Giovanni e si celebrano sempre alle medesime epoche, cio in prossimit dei due solstizi.
(id., 214)
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IDEALISMO Nella gran parte dei casi, l'insieme di quel che si chiama i. non che una
specie di materialismo trasposto. (Crisi, 1927, 120)
IMMEDIATO Conoscenza i. Quanto alla possibilit della c.i., la teoria degli stati
dell'essere la rende sufficientemente comprensibile (Stati, 1931, 116) La c.i., estendendosi
alla totalit degli stati d'essere, comporta in s la loro realizzazione e rappresenta quindi il
solo mezzo per ottenere la liberazione completa e finale . (id., 118)
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(Aut., 1929, 121) Nella visione di Dante, l'I. presiede ai Piccoli Misteri, i quali riguardano il
Paradiso Terrestre, cio la realizzazione della perfezione dello stato umano. (id., 125) Dante
assegna dunque all'I. la funzione di condurre l'umanit al Paradiso Terrestre. (id., 126)
INCANTAZIONE L'i, non ha assolutamente nulla in comune colle pratiche magiche cui
talvolta si dato lo stesso nome. (Cons., 1946, 225) L'i. un'aspirazione dell'essere verso
l'Universale. Questa i., operazione in principio del tutto interiore, pu tuttavia, in gran
numero di casi, essere espressa ed appoggiata esteriormente mediante parole o gesti.
Scopo finale dell'i. sempre la realizzazione in s dell'Uomo Universale. (id., 226)
INCARNAZIONE Il fenomeno che gli spiritisti chiamano i. non altro, in fondo, se non
un caso di quegli stati di sdoppiamento , detti impropriamente personalit multiple ,
che si manifestano frequentemente anche nei malati e negli ipnotizzati. (Spir., 1923, 85)
INCONDIZIONATO Stato I. Nello S.I. tutti gli altri stati dell'essere si ritrovano in
principio, ma trasformati e sciolti dalle speciali condizioni che li determinavano in quanto
stati particolari. (Met., 1939, 16)
INCONVERTIBILE Chiunque abbia conoscenza dell'unit delle tra. dizioni, sia per
semplice comprensione teorica, sia ed a maggior ragione per realizzazione effettiva, ,
necessariamente e per questo solo fatto, i. (In., 1952, 112)
INDEFINIT Si pu dire che un'i. di un certo ordine o di una certa potenza contenga
una moltitudine indefinita di indefiniti di un ordine inferiore o di una potenza minore. Non
c' alcuna incompatibilit logica tra i., che, per essere indefinita, sono nondimeno di natura
essenzialmente finita. (Calc. Inf., 1946, 82)
INDEFINITO L'i., traendo origine dal finito, sempre riducibile a questo, poich non
rappresenta che uno sviluppo delle possibilit incluse o implicite nel finito. (Croce, 1931,
112, n. 2). Numero, spazio e tempo, anche quando vengono concepiti nel modo pi
generale ed esteso, non sfuggono, in realt, al dominio dell'i. (Stati, 1932, 17) L'i.,
procedendo dal finito, di cui non che un'estensione o uno sviluppo, sempre riducibile al
finito e non commensurabile al vero Infinito. La formazione dell'i. dal finito di fatto
possibile solo a condizione che il finito contenga gi in potenza l'i. (id., 18) L'i., qualunque
cosa sia e sotto qualsiasi aspetto lo si consideri, finito e non pu essere altro che finito
(Calc. Inf., 1946, 10) L'i. comporta sempre per se stessa un'idea di divenire e, per
conseguenza, di cambiamento o, quando si tratti di quantit, di variazione. (id., 30)
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INDIVIDUALE Quanto esso contiene tutti i gradi della manifestazione formale. (Ved.,
1925, 41) Condizione i. Abbiamo gi asserito che la c.i., in modo del tutto generale e non
soltanto per quello che concerne lo stato umano, pu definirsi lo stato dell'essere che
limitato da una forma. (Ved., 1925, 167) Nelle condizioni attuali dell'umanit terrestre
evidente che gli uomini, nella loro stragrande maggioranza, sono assolutamente incapaci di
superare i limiti della c.i., sia nel caso della vita, sia dopo la morte corporea, la quale di per
s non pu per nulla modificare il livello spirituale in cui essi si trovano al suo
sopraggiungere. (In., 1952, 84) Essenza i. Occorre fare una distinzione all'interno
dell'e.i. tra ci che si riferisce al nome particolare di un individuo, vale a dire l'insieme delle
qualit che gli appartengono e che egli deve esprimere, e ci che appartiene alla razza o alla
famiglia, vale a dire l'insieme delle qualit che gli provengono dall'eredit. (Int., 1921, 187)
Essere i. L'e.i. , nel suo insieme, considerato come composto di due elementi, il
nome e la forma , in definitiva l'essenza e la sostanza dell'individualit. (Int., 187) L'e.i.
comprende, oltre alla modalit corporea, altri elementi costitutivi di natura diversa. (id.,
219) L'e.i. comprende, da una parte, la forma sottile e, dall'altra, quella grossolana o
corporea. (Ved., 1925, 107) Facolt i. Le f.i. sono tutte comprese nell'estensione di uno
stesso ed unico stato dell'Essere Totale. (Stati, 1931, 85) Manifestazione i. Quando
parliamo dei vari gradi della m.i. facilmente si capisce che questi gradi corrispondono a
quelli della manifestazione universale, per l'analogia costitutiva del macrocosmo e del
microcosmo. (Ved., 1925, 72) Natura i. La conoscenza della n.i. di un individuo
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INDO-IRANIANO Tradizione i. i. Nella t.i.i., ad una certa epoca, dovette prodursi una
scissione ed il ramo separato, deviato in rapporto alla Tradizione Primordiale, fu il
cosiddetto Iranismo, che dovette poi diventare la tradizione persiana, chiamata anche
Mazdeismo. (Int., 1921, 154)
IND Sono I. tutti coloro che aderiscono ad una stessa tradizione, alla condizione che
essi siano debitamente qualificati per potervi aderire realmente ed effettivamente; al
contrario, non sono I. coloro che per qualsiasi ragione non partecipano a questa tradizione.
In particolare questo il caso dei Giainas e dei Buddisti. (Int., 1921, 153) Civilt i.
Passando ora alla c.i., constatiamo che la sua unit di carattere puramente ed
esclusivamente tradizionale: di fatto essa comprende elementi appartenenti a razze e
gruppi etnici diversissimi, i quali possono per essere detti ad egual titolo ind nel
senso stretto della parola. (Int., 1921, 68) Dottrina i. Il fatto che i pi antichi filosofi
greci abbiano preceduto di diversi secoli l'epoca di Alessandro Magno non autorizza affatto
a concludere che essi nulla abbiano conosciuto della d.i. (Int., 1921, 38) La d.i. puramente
intellettuale, cio metafisica, e non porta tracce della forma sentimentale che sarebbe
necessaria a conferirle il carattere di un dogma e senza la quale inconcepibile che ad una
dottrina venga connessa una morale. (id., 87) La d.i., fra tutte le dottrina tradizionali che
hanno resistito sino ad oggi, quella che sembra derivata pi direttamente dalla Tradizione
Primordiale. (Aut., 1929, 57, n. 11) Tradizione i. La t.i. ingloba tutto l'ordine sociale, a
titolo per di semplice applicazione a determinate contingenze. La t.i. non ha
assolutamente carattere religioso, ma carattere puramente intellettuale e essenzialmente
metafisico. (Int., 1921, 59) La t.i. fu importata in quella che l'India attuale in un'epoca pi o
meno remota, che sarebbe piuttosto difficile precisare, da uomini che venivano al Nord.
(id., 153) Prima di stabilirsi in India, la t.i. era stata quella di una civilt, per la quale, in
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INFALLIBILIT Dal punto di vista della Verit, ognuno possiede l'i. nella misura stessa
in cui competente , vale a dire per tutto ci che conosce nel vero significato della
parola. (Cons., 1946, 369) Vi in ogni organizzazione tradizionale un'i. riferentesi
esclusivamente alla funzione d'insegnamento, in qualsiasi ordine venga esercitata, poich
egualmente applicabile ai due domini, esoterico ed exoterico. (id., 370) L'i.
necessariamente limitata, al pari della funzione cui legata. (id., 370) Se una funzione
appartiene ad un certo ordine determinato, essa pu comportare l'i. solo in riguardo a ci
che si riferisce a quest'ordine. (id., 375)
INFEDELI Per l'Islam gli I. sono quelli che obbediscono alla legge soltanto loro
malgrado o che sono nella pura e semplice ignoranza. (Croce, 1931, 195)
INFERIORE Caste i. Colla dominazione delle c.i. calano le tenebre intellettuali. (Aut.,
1929, 55) Dominio sottile i. Saranno le forze dissolventi del d.s.i., il loro scatenamento e
la loro messa in funzione a portare alla sua conclusione la deviazione del nostro mondo e
condurlo effettivamente alla sua dissoluzione finale. (Regno, 1945, 237) Elementi sociali
i. Se in qualche modo gli e. s.i. avranno accesso al potere, il loro regno sar
verosimilmente il pi breve di tutti e contraddistinguer l'ultima fase di un determinato
ciclo storico, poich non sar possibile scendere pi in basso. (Aut., 1929, 115) Tenebre I.
Le T.I. non possono essere prese altro che in senso relativo, in quanto il punto di
partenza della manifestazione umana non coincide con quello della manifestazione
universale, bens occupa all'interno di questa un certo livello determinato. (In., 1952, 261) Se
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ci si pone dal punto di vista della costituzione dell'essere umano, le T.I. dovranno apparire
sotto l'aspetto di una modalit di questo essere. E sotto tale aspetto, a rappresentare le T.I.
non pu essere se non la parte pi grossolana dell'individualit umana. (id., 264)
INFERNI Gli I. sono gli stati inferiori dell'essere. (Dante, 1925, 50)
INFINITO Per gli Orientali sinonimo di Perfezione solo l'I. (Int., 1921, 40) L'idea dell'I.
non pu essere espressa che da un termine di forma negativa, perch ogni affermazione
diretta un'affermazione particolare e determinata. (id. 132) La parola I. esprime la
negazione di qualunque limite e perci equivale all'affermazione prima ed assoluta. (Ved.,
1925, 139) L'I., secondo il significato etimologico del termine, ci che non ha limiti. (Stati.,
1931, 17) L'I., per essere veramente tale, non pu ammettere alcuna restrizione e cio deve
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INGLESE Mentalit i. un fatto che la m.i. non abbia nessuna attitudine per le
concezioni metafisiche. (Int., 1921, 264) Spirito i. Lo s.i. esce raramente dalla sfera
pratica costituita da morale e sociologia, e dalla scienza sperimentale, costituita da quella
psicologia di cui fu l'inventore; quando si occupa di logica soprattutto l'intuizione che lo
interessa, alla quale d preminenza sulla deduzione. (Int., 1921, 264)
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da forme tradizionali diverse da quella secondo cui essa regolarmente costituita. Risulta
chiaramente la nullit delle iniziative individuali relative alla costituzione delle o.i., sia in
merito alla loro origine, sia in merito alle forme che rivestono. (id., 61) Anche un'o.i. ove, ad
un certo momento, si trovassero soltanto iniziati virtuali, sarebbe tuttavia non meno capace
di continuare a trasmettere realmente l'influenza spirituale di cui la depositaria. (id., 83)
Una delle ragioni d'essere delle o.i. , prendendo per punto d'appoggio una certa forma
tradizionale, permettere il passaggio aldil di tale forma, per elevarsi dalla diversit
dall'unit. (id., 93) Sebbene lo scopo di tutte le o.i. sia essenzialmente lo stesso, ce ne sono
alcune che si situano in qualche modo a livelli differenti quanto alla loro partecipazione alla
Tradizione Primordiale. (id., 95) Le o.i. non sono per nulla delle sette, ma ne sono
esattamente il contrario. (id., 104) Un'o.i., in fatto di forme esteriori ha bisogno soltanto di
un certo insieme di riti e di simboli, i quali, al pari dell'insegnamento che li accompagna e li
spiega, devono regolarmente trasmettersi per tradizione orale. Un'o.i., finch non prende la
forma occidentale di una societ, in qualche modo inafferrabile per il mondo profano.
(id., 112) Un'o.i., per sua stessa natura, sfugge alle contingenze esterne e nessuna forza
esteriore pu sopprimerla. (id., 114) Ogni o.i. inafferrabile dal punto di vista del suo
segreto. (id., 115) Per definizione stessa, ogni o.i. in opposizione formale colle concezioni
democratica ed egualitaria, in primo luogo in rapporto al mondo profano, nei cui confronti
essa costituisce, nell'accezione. pi esatta della parola, un'lite separata e chiusa, e poi in se
stessa, per la gerarchia dei gradi e funzioni che stabilisce necessariamente tra i suoi
membri. (id., 119) Ogni o.i. dovr avere la sua tecnica particolare e potr naturalmente
ammettere soltanto coloro che saranno capaci di conformarvisi e di ricavarne un beneficio
effettivo. (id., 137) Nel mondo occidentale, vi sono ormai soltanto il Compagnonaggio e la
Massoneria come o.i. che possono rivendicare una filiazione tradizionale autentica. (id.,
139) La degenerescenza di un'o.i. non cambia nulla della sua natura essenziale. evidente
che quanto pi un'o.i. in tal modo diminuita, tanto pi vi sono possibilit di deviazioni
almeno parziali e tali deviazioni, pur avendo un carattere occidentale, rendono una
restaurazione sempre pi difficile di fatto, sebbene, malgrado tutto, essa resti sempre
possibile in principio. (id., 259) Il pensiero coltivato per se stesso non pu mai essere lo
scopo di un'o.i. (id., 260) In ogni o.i. avente conservato una coscienza netta del suo vero
scopo, tutte le pratiche, ipnotiche o altre, implicanti l'uso di un soggetto , sono
considerate illegittime e strettamente proibite. (id., 303) 0.i., le quali fossero veramente e
precisamente ci che dovrebbero e non semplicemente le vestigia pi o meno degenerate di
ci che furono un tempo, potrebbero riformarsi unicamente se trovassero elementi in
possesso non solo dell'attitudine iniziale necessaria come condizione preliminare, ma
anche delle disposizioni effettive determinate dalla coscienza di questa attitudine. (id., 359)
Ogni o.i. , in se stessa, essenzialmente gerarchica, tanto che si potrebbe scorgere in tal fatto
uno dei suoi caratteri fondamentali. (id., 362) La distribuzione dei membri di un'o.i. nei
suoi diversi gradi in qualche modo soltanto simbolica in rapporto alla gerarchia reale
(id., 364) Un'o.i. non comporta solo una gerarchia di gradi, ma anche una gerarchia di
funzioni, e si tratta di due cose del tutto distinte, che bisogna aver cura di non confondere
mai, poich la funzione di cui qualcuno pu essere investito, a qualsiasi livello, non gli
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conferisce un nuovo grado e non modifica menomamente ci che gi possiede. (id., 365) Le
o.i. soltanto hanno per scopo essenziale di andare aldil del dominio individuale. Va da s
che anche queste o.i. comportano, come tutte le altre, un elemento psichico che pu
svolgere una determinata funzione effettiva, per esempio costituire una difesa nei
confronti del mondo esterno. (id., 72) Non in quanto semplice collettivit che bisogna
considerare un'o.i., perch non assolutamente questo carattere a determinare la possibilit
di svolgere la funzione che ne costituisce la ragion d'essere. (id., 73) Quando un'o.i. si trova
in uno stato di degenerazione piuttosto accentuato, anche se l'influenza spirituale vi
sempre presente, la sua azione necessariamente sminuita ed allora, per contrapposto, le
influenze psichiche possono agire in modo pi apparente e talvolta quasi indipendente.
(id., 74) Le o.i. prive di legami coll'insieme di una determinata forma tradizionale sono,
almeno in linea di principio, compatibili con qualsiasi exoterismo, ma, dal punto di vista
iniziatico, non lo sono affatto coll'assenza di un exoterismo tradizionale. (id., 79) Il lavoro di
un'o.i. deve sempre essere compiuto in nome del principio spirituale da cui essa
procede e che in qualche modo essa destinata a manifestarsi nel nostro mondo. (id., 197)
Le o.i. che si mantengono strettamente sul loro proprio terreno rimangono estranee da
deviazioni e la loro stessa regolarit le costringe a riconoscere soltanto ci che presenta
un carattere d'ortodossia, fosse pure nell'ordine exoterico. (Simb., 1962, 40) Processo i.
Il p.i. riproduce rigorosamente il processo cosmogonico, secondo l'analogia costitutiva del
macrocosmo e del microcosmo. (Dante, 1925, 53) Prove i. Quelle che si chiamano p.i.
sono essenzialmente dei riti. (Cons., 1946, 232) Le p.i. costituiscono un insegnamento dato
sotto forma simbolica e destinate ad essere meditate ulteriormente. Per maggior precisione
diremmo che le p.i. sono riti preliminari o preparatori all'iniziazione propriamente detta;
esse ne costituiscono il preambolo necessario, sicch l'iniziazione stessa come la loro
conclusione o il loro scopo immediato. Le p.i. rivestono spesso la forma di viaggi
simbolici e, sotto questo aspetto, esse si presentano come una ricerca conducente l'essere
dalle tenebre del mondo profano alla luce iniziatica. (id., 233) In fondo le p.i. sono
essenzialmente riti di purificazione. (id., 233-234) Punto di vista i. Il p. di v.i. deve, al
contrario, tenere conto delle condizioni attuali degli esseri manifestati, e precisamente degli
individui umani come tali, il suo scopo essendo appunto quello di condurli ad affrancarsi
da tali condizioni. (In., 1952, 56) Qualificazioni i.- Le q.i. sono esclusivamente del
dominio dell'individualit. (Cons., 1946, 133) Le q.i., quali si possono determinare dal
punto di vista propriamente teorico , non sono tutte di ordine esclusivamente
intellettuale, ma comportano anche la considerazione degli altri elementi costitutivi
dell'essere umano. (id., 358) Qualit i. La q.i., una volta ricevuta, non per nulla legata
al fatto di essere membro attivo di tale o di tal'altra organizzazione. (Cons., 1946, 155)
Realizzazione i. Ogni r.i. dunque essenzialmente e puramente interiore ,
contrariamente all' uscita da s che costituisce l' estasi nel senso esatto ed etimologico
di questa parola. (Cons., 1946, 43) L'individualit deve necessariamente essere presa come
mezzo ed appoggio della r.i. (id., 133) L'essere che intraprende il lavoro di r.i. deve
necessariamente partire da un certo stato di manifestazione, quello dove attualmente
situato e che comporta tutto un insieme di condizioni determinate. (id., 134)
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Ricollegamento i. La necessit del r.i. non una necessit di principio, ma soltanto una
necessit di fatto, la quale per, nello stato che ci proprio e che pertanto siamo obbligati a
prendere come punto di partenza, si impone in modo non meno rigoroso. (In., 1952, 57)
Rito-i i. Perch i r.i. abbiano il loro effetto bisogna che siano compiuti da coloro che hanno
qualit per adempierli. (Cons., 1946, 77) I veri r.i. non possono essere attribuiti ad autori
umani, che di fatto per essi non sono mai stati conosciuti. (id., 81) Il r.i. porta sempre in se
stesso la sua efficacia, a condizione, ben inteso, che sia compiuto in conformit alle regole
tradizionali che ne assicurano la validit e al di fuori delle quali non sarebbe pi che una
forma vuota ed un vano simulacro. (id., 151) L'efficacia del r.i. interamente indipendente
dal valore dell'individuo che lo compie; solo la funzione conta qui e non l'individuo come
tale; in altri termini, la condizione necessaria e sufficiente che egli abbia ricevuto
regolarmente il potere di compiere tale r.i. (id., 152) I r.i. sono riservati e non concernono
che un'lite munita di qualificazioni particolari. (id., 153) I r.i. conferiscono un carattere
definitivo e indelebile. (id., 154) Rituale i. Se il r.i. prende per appoggio il mestiere,
talch ne , per cos dire, derivato per un'appropriata disposizione, l'adempimento di
questo r.i., per essere realmente e pienamente valido, esiger condizioni fra cui si
ritroveranno quelle per l'esercizio stesso del mestiere. (Cons., 1946, 141). Segreto i. Il
vero segreto risiede unicamente nell'inesprimibile ed una parte di inesprimibile si trova
necessariamente in qualsiasi verit di ordine trascendente: questo essenzialmente il senso
profondo del s.i. (Regno., 1945, 107) Il s.i. consiste essenzialmente nell' inesprimibile ,
che, per conseguenza, necessariamente l' incomunicabile . (Cons., 1946, 124) Il s.i. non
pu essere mai tradito, poich in se stesso inafferrabile e inaccessibile ai profani e non pu
essere penetrato da essi, la sua conoscenza non essendo che la conseguenza stessa
dell'iniziazione. Il s.i. di natura tale da non potersi esprimere con parole (id., 125) Il vero
s.i. inviolabile per natura e si difende da se stesso controlla curiosit dei profani; ciascuno
potr pi o meno penetrare questo s.i. secondo l'estensione del proprio orizzonte
intellettuale, ma anche se riuscisse a penetrarlo integralmente non potrebbe mai
comunicare ad un altro ci che egli stesso avr compreso. (id., 271) Trasmissione i. La
t.i., non sapremmo meglio caratterizzarla che dicendola essenzialmente la trasmissione di
un'influenza spirituale. (Cons., 1946, 30-49-50)
INIZIATO L'i. non un soggetto , anzi ne il contrario; ogni tendenza alla passivit
non pu essere che di ostacolo all'iniziazione e, quando predominante, costituisce una
squalificazione irrimediabile. (Cons., 1946, 303) L'exoterismo, in realt, ben lungi
dall'essere rigettato, deve essere trasformato in misura corrispondente al grado
raggiunto dall'i., poich questi diventa viepi atto a capirne le ragioni profonde. (In., 1952,
80)
INIZIAZIONE L'i. una presa di possesso cosciente degli stati superiori. (Dante, 1925,
52) Lo scopo reale dell'i. non solamente la restaurazione dello stato edenico . (id., 51)
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L'i. ci che incarna veramente lo spirito di una tradizione e ci permette, per di pi,
l'attualizzazione effettiva degli stati sovrumani. (Regno., 1945, 233) L'i., nella sua prima
parte, ha per scopo la restaurazione dello Stato Primordiale, in altri termini, per questa i., se
effettivamente realizzata, l'uomo ricondotto, dalla condizione decentrata che
proprio la sua, alla situazione centrale che deve normalmente appartenergli. (Triade, 1945,
64) Nel caso dell'i. appartiene all'individuo l'iniziativa di una realizzazione che si
perseguir metodicamente, sotto un controllo rigido e incessante, e che dovr normalmente
condurre a superare le stesse posizioni dell'individuo come tale. (Cons., 1946, 31) L'i. ha
essenzialmente per scopo di superare le possibilit dello stato individuale umano e di
rendere effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori, ed anche, infine, di
condurre l'essere oltre ogni stato condizionato. In riguardo la semplice comunicazione con
gli stati superiori non pu essere considerata un fine, bens solo un punto di partenza. (id.,
42) La prima delle condizioni per l'i. una certa attitudine o disposizione naturale, senza la
quale ogni sforzo sarebbe vano, poich l'individuo non pu evidentemente sviluppare che
quelle possibilit che porta in s fin dall'origine. (id., 44) L'i. ci che tutte le tradizioni
s'accordano nel designare come la seconda nascita . (id., 47) L'i. essenzialmente
regolare e non ha nulla a che vedere con le anomalie. (id., 48) L'i. implica tre condizioni
che si presentano in modo successivo e che si potrebbero far corrispondere rispettivamente
ai tre termini di potenzialit , virtualit e attualit : la qualificazione, la trasmissione,
il lavoro interiore. (id., 51) Il collegamento ad un'organizzazione tradizionale regolare non
soltanto una condizione necessaria dell'i., ma anche ci che costituisce l'iniziazione nel
significato pi stretto. (id., 52) Relativamente all'individuo, l'intenzione di collegarsi ad una
tradizione di cui possa avere qualche conoscenza esteriore non pu affatto essere
sufficiente in se stessa per assicurargli l'i. (id., 55) L'individuo non deve avere soltanto
l'intenzione di essere iniziato, ma deve essere accettato da un'organizzazione
tradizionale regolare, avente qualit per conferirgli l'i. (id., 57) La parte dell'individuo che
conferisce l'i