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Lettera aperta al compagno Cremaschi

Caro Giorgio,

ciò che è accaduto all'ultima riunione del gruppo di continuità della Rete
28 Aprile, a Brescia, è molto grave. Come tu ben sai, la presidenza ha gestito il
dibattito e la successione degli interventi in maniera ingiustificabile, senza che
tu o altri intervenissero a impedirglielo. Ti ricordo gli esempi più gravi: Grisolia
che ha preso la parola per primo e ha parlato circa 25 minuti, mentre tutti gli
altri si sono dovuti attenere agli 8 minuti (gli ultimi 3 minuti). Il sottoscritto che
si era iscritto per quarto è stato spostato al 23° posto, cioè quasi terzultimo,
impedendo in tal modo che le cose che avevo da dire e che nessun altro ha
detto, entrassero nella discussione. Ma la cosa più grave di tutte, in questo
gioco di maneggi e manovre, è stato che la presidenza si è preoccupata di dare
la parola per primi per lo più a compagni che non hanno più alcun rapporto con
la produzione, che quindi non sono delegati sul posto di lavoro e non
rappresentano nessuna collettività di lavoratori. Insomma, si sono voluti
favorire i funzionari, a discapito dei sindacalisti delegati sul proprio posto di
lavoro (come il sottoscritto).

Io ritengo che nel mondo sindacale (e quindi soprattutto nella R28A) vi


debba essere uguaglianza in tutto, quindi anche nel dibattito e nell’ordine in
cui si interviene. Ma se qualcuno dovesse esser favorito quel qualcuno deve
rappresentare una realtà lavorativa, una comunità di lavoratori in carne e ossa,
a discapito dei funzionari (che nella mia visione del sindacato non dovrebbero
nemmeno esistere). Invece a Brescia, come in altre occasioni, è stato fatto
esattamente il contrario: prima la parola ai funzionari che non hanno dovuto
nemmeno iscriversi a parlare e poi spostati disonestamente in fondo delegati
sindacali come il sottoscritto, probabilmente anche perché tendo ad essere
scomodo e a dire le cose come stanno.

Ebbene, caro Giorgio, io non accetterò più un trattamento simile, né per


me, né per altri compagni sindacalisti “di base”. E, tanto per esser chiari, ti
informo che tenterò nei limiti delle mie forze di impedire che gli incarichi di
rappresentanza nella R28A siano dati a funzionari o a compagni che non hanno
più un rapporto diretto col mondo della produzione. Questa è una precisa
scelta politica, sulla quale sono intenzionato ad andare sino in fondo e anche a
rompere, se necessario, con la R28A o comunque si chiamerà la futura area
programmatica.

Questo comportamento antidemocratico da parte della presidenza che a


Brescia non è stato fermato da nessuno mostra, ammesso che ce ne fosse
bisogno, come il problema della democrazia si ponga urgentemente anche
nella Rete 28 Aprile e non solo nell’apparato nazionale della Cgil. Come
possiamo pensare di andare a lottare per la democrazia in Cgil se non siamo
capaci di applicarla nei rapporti fra noi?

Sono convinto che, alla fine del congresso nazionale della Cgil, la
costituzione dell'area programmatica non potrà prescindere dal dotarsi di una
struttura veramente democratica, se vorrà realmente rappresentare tra i
lavoratori un’alternativa valida alla linea di subordinazione al modello di
sindacato proposto da Cisl e Uil, al quale la maggioranza della Cgil dimostra
sempre di più ogni giorno che passa un progressivo e inesorabile adattamento.

Quindi, come hai giustamente detto tu, è l'ora della scelta. E a mio
avviso, la scelta possibile è una sola. E cioè dotare la futura area
programmatica di una struttura organizzativa fondata sul protagonismo dei
delegati e delle delegate che al congresso e nei posti di lavoro hanno
rappresentato la mozione "La Cgil che vogliamo".

E’ ora di farla finita con la costruzione di aree programmatiche che


ricalcano la struttura organizzativa e burocratica della Cgil e che sono
funzionali unicamente al mantenimento negli organismi dirigenti di una quota
di sindacalisti di professione (cioè, di funzionari). Bisogna invece invertire
questa tendenza rompendo sia sul piano politico e sia sul piano organizzativo
con tutto ciò che la Cgil rappresenta. Quindi, dobbiamo assumere come
principio guida che, definito un portavoce nazionale, almeno nelle strutture
territoriali e di categoria a rappresentare l'area siano delegati e delegate che
mantengono un legame forte e concreto con la produzione.

Ogni altra decisione, determinerà la riproposizione di strutture


organizzative che già sono state sperimentate con Essere Sindacato,
Alternativa Sindacale e Lavoro e Società, con i pessimi risultati politici e
organizzativi che sono sotto gli occhi di tutti.

Il dibattito politico che abbiamo fatto a Brescia, su questo punto è stato


chiarissimo. Molti degli interventi hanno affermato giustamente che la futura
area in costruzione non dovrà essere la riproposizione di ciò che in questi anni
abbiamo conosciuto in Cgil, ma anche in Lavoro e Società.

La battaglia politica in Cgil sulla democrazia non può limitarsi a


rivendicare un altro modo di svolgere la fase congressuale. Malgrado la
necessità di imprimere un cambiamento democratico nello svolgimento dei
congressi di base sia venuto fortemente alla ribalta in questo congresso,
saremmo miopi politicamente, se pensassimo di esaurire la questione
democrazia risolvendo questo tema.

La battaglia politica che ci attende è veramente grande. E proprio perché


molti delegati e delegate, lavoratrici e lavoratori, attendono con ansia una
svolta politica nella Cgil, non possiamo disattendere le speranze che ripongono
in noi come unica istanza di cambiamento possibile. Per questo non possiamo
non coinvolgerli attivamente nella direzione politica di idea di cambiamento
che proponiamo.

Per questo diviene centrale la battaglia politica per la democrazia diretta


nei luoghi di lavoro. Ma anche qui, dobbiamo uscire dalla sola rivendicazione
dell'applicazione del referendum come strumento di consultazione, per fare
spazio invece a una battaglia più complessiva e che sia mirata al superamento
delle Rsu.

A Parma durante il nostro seminario, convenimmo tutti che le Rsu non


rispondono più al modello di sindacato rappresentativo. Successivamente, nel
tuo intervento di chiusura, hai ribadito la necessità di costruire un nuovo
modello di rappresentanza che si ispiri ai consigli di fabbrica. Chiaramente, essi
per essere completamente rispondenti della situazione di frantumazione
presente nei posti di lavoro dovranno essere rivisti e adattati alla nuova
composizione del mondo del lavoro.

E' palese che tale discussione incontrerà delle resistenze con chi vorrà
insieme a noi costruire l'area programmatica. Ma sono fortemente convinto che
mai come ora ci sia bisogno di imprimere una svolta forte nella Cgil e che essa
si caratterizzi sia come una svolta politico programmatica, sia come svolta
organizzativa che si dimostri funzionale alla rappresentazione sul piano pratico
dell'idea di sindacato di classe e conflittuale, di cui necessariamente la nuova
area programmatica si dovrà far carico.

Se invece prevarrà in nome di un'impostazione politicista e di realismo


burocratico la decisione di costruire l'ennesima area programmatica che non
farà propri l'idea di riforma democratica sin qui descritta, allora vorrà dire che
ancora una volta avremo perso tempo prezioso e, cosa più grave, lasceremo in
balia della barbarie capitalistica milioni di lavoratori che nei prossimi anni
pagheranno prezzi altissimi.

Andrea Furlan

(30 aprile 2010)

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