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Opposizione Comunista maggio 2010

"L'internazionale comunista è il
partito dell'insurrezione del
proletariato mondiale
rivoluzionario. Essa rigetta
tutte le organizzazioni e i
partiti che, in forma aperta o
velata, addormentano,
demoralizzano, snervano il
proletariato esortandolo a
chinarsi di fronte ai feticci di
cui si veste la dittatura della
borghesia: la legalità, la
democrazia, la difesa nazionale".
Bollettino del Partito Comunista dei Lavoratori-CRQI a cura della sez. provinciale di Forlì-Cesena marzo 2010

Editoriale
perché c'è ancora bisogno dell'Opposizione
Comunista? Perché dopo decenni di
“appestamento ideologico” c'è ancora bisogno di
tornare a ragionare! Opposizione Comunista è un
foglio di collegamento delle lotte a cura del Partito
Comunista dei Lavoratori di Forlì Cesena.
Questo foglio è nato nel 2004 per difendere le
posizioni del Coordinamento per la Rifondazione
della Quarta Internazionale. Oggi come allora
resistiamo alla precarietà per abbattere il
capitalismo!

Chi Siamo?
Intransigenti sui principi, ci rivolgiamo a tutti

SCIOPERO GENERALE !
coloro che vogliono ridare una prospettiva alla
classe operaia e ai movimenti di lotta di questo
paese: ai lavoratori che cercano una loro
autonoma rappresentanza contro una politica
dominante che li colpisce; agli attivisti sindacali,
ovunque collocati, che vogliono un sindacato che CONTRO SACRIFICI E MALAFFARE, SINO
stia dalla parte dei lavoratori e non del padronato
e del governo; a tutti i protagonisti di una stagione
di lotte (operaie, no-global, antimperialiste,
AL RITIRO DELLE MISURE ANNUNCIATE.
studentesche) che ha investito l’Italia negli anni
passati e che è stata tradita; ai tanti iscritti e Il capitalismo europeo è nudo. Per anni ci hanno imposto sacrifici
militanti delusi delle attuali sinistre di governo e per “ entrare nell’euro” a favore di banchieri e padroni, e dei loro
agli elettori allo sbando di un popolo di sinistra profitti. Poi, quando quel sistema di rapina ha fatto crack, ci hanno
che si sentono orfani di riferimenti credibili. chiesto nuovi sacrifici per soccorrere, con una montagna di miliardi,
A tutti diciamo una cosa molto semplice: il Partito padroni bancarottieri e banchieri strozzini. Ora pretendono di
Comunista dei Lavoratori vuole costruire il vostro imporci sacrifici ancor più pesanti per soccorrere quelle stesse
partito. Senza altro interesse che non sia finanze pubbliche dilapidate dal sostegno a… banchieri e padroni.
l’emancipazione e la liberazione degli oppressi, in Questa rapina senza fine, condotta per 20 anni da tutti i governi
Italia e nel mondo. europei- da Prodi a Sarkozy, da Berlusconi a Zapatero- deve avere
la risposta che merita. Le lotte dei lavoratori greci hanno aperto la
Il Partito Comunista dei Lavoratori si è costituito via. Non è l’ora delle lamentele e delle chiacchiere. E’ l’ora di una
per recuperare e attualizzare il patrimonio rivolta sociale dei lavoratori di tutta Europa. L’unica che può
programmatico del marxismo rivoluzionario sbarrare la strada ai governi, e aprire dal basso una nuova
riscattandolo dalla lunga rimozione teorica e prospettiva.
pratica di cui è stato oggetto da parte della Tanto più questo è vero per l’Italia.
socialdemocrazia e dello stalinismo.
1. L’opposizione alle classi dominanti e ai Il governo di Berlusconi, Tremonti, Bossi, che chiede nuovi sacrifici
loro governi, siano essi di centrodestra o agli operai, è il comitato d’affari dell’ennesima cricca di
di centrosinistra; Tangentopoli: quella che gonfia gli appalti pubblici a carico dei
2. La prospettiva di un governo dei lavoratori, in cambio di case e mazzette per ministri e cortigiani. E’
lavoratori e delle lavoratrici che abolisca
il governo che condona i grandi evasori, mentre attacca i diritti
il modo di produzione capitalistico e
contrattuali. Che dà soldi alle imprese che licenziano, mentre
riorganizzi la società su basi socialiste;
3. Il collegamento costante tra gli obbiettivi attacca l’articolo 18. Che ingrassa scuole confessionali e cliniche
di lotta immediati e la prospettiva di private, mentre bastona scuola e sanità pubblica..
fondo dell’alternativa anticapitalistica; E’ ora di dire basta, una volta per tutte!
4. La prospettiva di un’alternativa socialista Altro che unità nazionale tra sfruttati e sfruttatori di fronte “alla
internazionale, e quindi di crisi comune”, come predicano i liberali del PD! Altro che
un’organizzazione rivoluzionaria

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disponibilità a “negoziare gli inevitabili sacrifici” come balbettano le burocrazie sindacali!


Nessun lavoratore deve pagare il crack del capitalismo, l’associazione a delinquere che lo governa, i furti di
faccendieri e parassiti. Paghino grandi patrimoni, profitti e rendite, non i salari e i servizi sociali!
Tutte le sinistre sindacali e politiche promuovano uno sciopero generale prolungato, con assedio di massa del governo
e del parlamento, sino al ritiro dei piani antioperai. Presentino una piattaforma di svolta che dica “paghi chi non ha
mai pagato”. Intraprendano una lotta vera contro la dittatura dei padroni e dei banchieri, per riorganizzare l’intera
società su basi nuove.

IL CAPITALISMO HA FALLITO.
SE NE VADANO TUTTI, GOVERNINO I LAVORATORI.
SOLO GLI OPERAI POSSONO FARE PULIZIA, CONTRO BANCAROTTIERI E MALFATTORI.

In Grecia non dormono più sonni tranquilli


Mentre in Italia si annunciano misure anti-operaie, il ministro Calderoli con la retorica populista di chi vuol prender
per il naso un “popolo bue” annuncia che i parlamentari si decurteranno lo stipendio del 5%.
Davvero risibile, considerato che l'indennità parlamentare è di 5100 €, a cui vanno aggiunti una diaria mensile di
4000 €, un rimborso viaggi di circa 1200 € e altri 4100 € per garantire al deputato eletto una presenza nel collegio
d'elezione... per un totale di 14400 € (a cui vanno aggiunti 4000 € destinati al “portaborse”).
Il ministro Calderoli vuole dimostrare che in tempi di crisi tutti devono fare sacrifici, così, anche lor signori si
apprestano a metter mano al portafogli, rinunciando dei loro 18400 € al 5% sull'indennità di parlamentare, quindi alla
“bellezza” di 255 €... Si, avete capito bene, anche loro faranno sacrifici dovendosi accontentare di 18000 e rotti euro,
nulla sarà più come prima per questi poveri parlamentari! In questo conteggio ho tralasciato le indennità legate ad
incarichi istituzionali e al fatto che se a un comune mortale servono 40 anni di fabbrica per raggiungere una pensione
da fame, ai parlamentari ne bastano 35, non di anni ma bensì di mesi passati in parlamento per godere della
“meritata” pensione. Che bellezza la democrazia borghese! Mentre i proletari saranno costretti a stringere ancora la
cinghia, il padronato e il suo comitato d'affari continuano a prenderci per il naso. Lo riconosco, di greco non ci capisco
una kappa, ma passando da alfa ad omega il prossimo governo greco potrebbe essere quello dei consigli operai che
grosso modo si scrive così: σοβιέτ!

Cerchiamo di essere all'altezza del momento storico anche in Italia.


I PADRONI PAGHINO LA CRISI.
I PROLETARI PRENDANO IL POTERE!

Aggiornamenti dalla Grecia


Corrispondenze da Atene Cari compagni/e vi voglio informare
che per il 20/5 ci sarà un nuovo sciopero generale proclamato dai
sindacati sia del settore privato che del settore pubblico. Tra gli
insegnanti precari che hanno invaso il palazzo della tv greca(la
settimana scorsa) c'e stato anche un giovane compagno dell'EEK
(segretario della gioventù del partito). Nell'ultimo giornale ha scritto
un articolo sull'avvenimento. Domani inizia il congresso
straordinario dell'EEK per discutere sulla nuova situazione.
Sicuramente viviamo in un periodo cruciale non solo per la Grecia
ma per il mondo intero. Nei prossimi giorni in visita dell'arrivo di
Erdogan ad Atene, l'EEK e il DIP(i nostri compagni turchi) hanno
pubblicato insieme un testo politico. Vi mando prossimamente un
testo di Savas(in inglese) che parla della crisi economica.Tale testo
funzionerà come base per la discussione del congresso.
Le nuove misure economiche sono barbare.I borghesi dopo il grandioso sciopero generale del 5 maggio(il piu grande
degli ultimi 30 anni) sono in chiara difficoltà. Però dobbiamo notare che con la rivoluzione va di pari passo la
controrivoluzione. Il potere ha trovato l'occasione dopo la morte dei tre impiegati della banca di passare al contro
attaco. Hanno trovato l'occasione di disfamare l'intero movimento operaio. Va detto che tali azioni(il lancio scomposto
di molotov) non aiutano l'evoluzione del movimento operaio. Mostrano anche i limiti del movimento anarchico.
Dall'altra parte dobbiamo dire che la banca non aveva nè uscita d'emergenza, nè protezione per gli incendi. I datori di
lavoro sono sempre questi che minacciano. "O vai a lavorare o sei licenziato",questo e il loro motto. Nel giorno del
grande sciopero generale,quando 200.000 persone avevano circondato il parlamento greco il direttore della banca
Marfin li aveva costretti a lavorare. Inoltre la porta centrale della banca era chiusa a chiave e non potevano uscire!
L'EEK ha scritto un testo che parla di tutte queste cose. La cosa piu odiosa è l'ipocrisia da parte del potere. Loro che
se ne fregano dei quotidiani morti operai a causa di diversi incidenti o la morte degli immigranti nel mare pretendono

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di prendere il ruolo degli umanisti.


Hanno chiesto alla sinistra parlamentare di condannare la violenza e l'hanno ottenuto. Da quando noi comunisti
condaniamo la violenza in genere?

Il KKE e il Sinaspismos/Siriza l'hanno fatto. "Noi siamo contro ogni tipo di violenza" hanno detto... Nell'intera sinistra
esiste una grande confusione sulla natura della crisi economica e rivendicano cose reazionarie. Veramente provoca
tristezza la loro decadenza politica. Il Sinaspismos(fa parte della sinistra euro parlamentare insieme a Rifondazione
Comunista) propone un programma chiaramente riformista. In poche parole vogliono creare un Unione Europea piu
umana e fare un' euro piu buono. Vogliono tornare alla politica di Keynes. Sono arrivati a proporre la creazione da
parte dello Stato dei titoli popolari. Secondo loro questo aiuterebbe lo stato ellenico a non prestarsi con alte tasse dal
Fmi. Sulle rivendicazioni dell'"altra sinistra" tornero nei prossimi giorni. (EEK -sezione greca del CRQI)

Estratti da il diritto all'ozio


di Paul Lafargue
[…] Lavorate, lavorate, proletari, per aumentare il patrimonio sociale e le
vostre miserie individuali; lavorate, lavorate, affinchè, diventando più
poveri, abbiate maggiori motivi per lavorare ed essere miserabili. Questa
è la legge inesorabile della produzione capitalistica. Dato che, prestando
ascolto alle fallaci parole degli economisti, i proletari si sono abbandonati
anima e corpo al vizio del lavoro, essi precipitano l’intera società in quelle
crisi industriali di sovrapproduzione che sconvolgono l’organismo sociale.
E quindi, essendovi pletora di merci e penuria di compratori, gli opifici
chiudono e la fame sferza le popolazioni operaie con la sua frusta dalle
mille corregge.
I proletari, abbrutiti dal dogma del lavoro, senza comprendere che il superlavoro che si sono inflitti durante il periodo
di pretesa prosperità è la causa della loro attuale miseria, invece di correre al granaio e gridare “Abbiamo fame e
vogliamo mangiare!… È vero, non abbiamo un soldo in tasca, ma per quanto pezzenti siamo, abbiamo mietuto noi il
grano, e noi abbiamo vendemmiato l’uva…” […] Invece di approfittare dei momenti di crisi per una distribuzione
generale dei prodotti e una baldoria universale, gli operai, sul punto di crepare di fame, vanno a battere la testa
contro le porte della fabbrica. Con la faccia smunta, il corpo smagrito, essi assillano i fabbricanti con discorsi pietosi:
“Buon signor Chagot, gentile signor Schneider, dateci del lavoro, non è la fame, ma la passione per il lavoro che ci
tormenta!”. E quei miserabili, che hanno appena la forza di stare in piedi, vendono dodici e quattordici ore di lavoro
due volte meno caro di quando avevano il pane nella madìa. E i filantropi dell’industria, eccoli approfittarsi della
disoccupazione per produrre più a buon mercato. […]

[…] Queste miserie individuali e sociali, per grandi e innumerevoli che siano, per eterne che appaiano, spariranno
come le iene e gli sciacalli all’avvicinarsi del leone, allorché il proletariato dirà: “Lo voglio”. Ma perché pervenga alla
coscienza della sua forza, è necessario che il proletariato schiacci sotto i piedi i pregiudizi della morale cristiana,
economica, libero-pensatrice; è necessario che ritorni ai suoi istinti naturali, che proclami i Diritti dell’ozio, mille volte
più sacri e più nobili degli asfittici Diritti dell’uomo, escogitati dagli avvocati metafisici della rivoluzione borghese; che
si costringa a non lavorare più di tre ore al giorno, a non far niente e a far bisboccia per il resto della giornata e
della notte.
Fin qui il mio compito è stato facile, non avevo che da descrivere dei mali reali a noi tutti, ahimè, ben noti! Ma
convincere il proletario che la parola d’ordine che gli è stata inculcata è perversa, che il lavoro sfrenato al quale si è
dato dagli inizi del secolo è il più tremendo flagello che mai abbia colpito l’umanità, che il lavoro diverrà un
complemento del piacere dell’ozio, un benefico esercizio per l’organismo umano, una passione utile all’organismo
sociale solo quando sarà saggiamente regolamentato e limitato a un massimo di tre ore al giorno, questo è un
compito arduo al di sopra delle mie forze; solo dei fisiologi, degli igienisti, degli economisti comunisti potrebbero
affrontarlo. Nelle pagine che seguono, mi limiterò a dimostrare che, dati i mezzi di produzione moderni e la loro
illimitata capacità riproduttiva, bisogna reprimere la passione aberrante degli operai per il lavoro e obbligarli a
consumare le merci che producono. […]

In breve: precari licenziati a voce e criminali assolti dallo Stato


1- Uno degli emendamenti al Ddl lavoro presentati ieri in Senato dalla maggioranza prevede il ritorno dell’arbitro.
Ma non è tutto. Il governo propone anche il «licenziamento a voce dei precari».
Respingiamo al mittente queste misure anti-proletarie. Prepariamo lo Sciopero generale!

2- Resteranno al loro posto i 25 poliziotti condannati in appello a Genova la notte


scorsa per l'irruzione nella scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001. Lo ha
detto oggi il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano.
"Questi uomini hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e
del ministero dell'Interno... resteranno quindi al loro posto", ha detto Mantovano
commentando la sentenza di secondo grado.
Finchè la violenza borghese sarà chiamata giustizia, la giustizia del
proletariato sarà chiamata violenza.

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Contro il patto d'oblio.


Per continuare a
rivendicare
un'altra società.
La Storia “ufficiale” ha la funzione di spiegare e
giustificare l'evento bellico e le scelte del potere
costituito. A cominciare da Tucidide, nel suo “Le
guerre del Peloponneso”, si registra il rapporto tra la
Storia e il suo “uso pubblico”. La “memoria
collettiva” è da sempre la liturgia commemorativa
che serve a pacificare. In Italia, con la fine della
prima Repubblica che ha spazzato via il pentapartito
e posizioni cristallizzate, si è entrati con la seconda
Repubblica in un piano di “rinascita democratica” che
ha segnato l'ultimo ventennio. Si è passati dalla
gestione del potere da parte della classe dominante,
attraverso i partiti dell'asse costituzionale che si
basavano, tranne alcune parentesi (governo
Tambroni '60), sulla “convenzione ad escludere” la
destra, erede del ventennio fascista e dell'onta della
repubblichetta di Salò; ad una gestione del potere
bipolare che ha rimosso le basi antifasciste (seppur
istituzionali ed edulcorate) della Repubblica aderendo
ad un'idea a-fascista.

Liberati dal “pregiudizio” antifascista, i settori della destra reazionaria hanno così alimentato i loro consensi e trovato i
cantori di queste posizioni in pseudo-storici come Giampaolo Pansa. Il circo mediatico si è così sostituito alla
riflessione storiografica e la fiction ha preso il posto del cinegiornale nella fabbricazione del consenso.

L'idea di fondo profusa, è che sentire troppo il “dolore di una parte” impedisce di sentire il dolore collettivo, e così i
liberal-democratici dopo aver aperto già nel 1922 le porte alla canea reazionaria, oggi più o meno consapevolmente
stanno creando le premesse teoriche per una nuova barbarie. Ma se ci opponiamo a questo patto d'oblio, che
vorrebbe ridurre il passato al “chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato”, voluto dal duopolio
borghese (Pd-Pdl), non è per un ancestrale romanticismo resistenziale, ma perché siamo a conoscenza, come
avrebbe detto Guido Picelli, che la brutta stonatura dura più del bel acuto. Di fronte ad una crisi economica che
rischia di trasformarsi in sociale, il fascismo è uno strumento che potrebbe tornare utile al regime capitalista, se si
aggiunge che, con lo sdoganamento della destra razzista, imperialista e neofascista, le giovani generazioni sono
sempre più disorientate. Non è da escludere quindi a priori che settori non marginali della società potrebbero cadere
nuovamente nella vecchia stonatura di una retorica nazionalista.

Michele Salvati teorico di riferimento di quel aborto di partito che è il Pd, nel 2003 ha introdotto un testo di Perez-
Diaz “La lezione spagnola” (ed. Il Mulino) dove la tesi di fondo era che l'esclusione dei vinti conduce a conflitti.
Tuttavia ci preme ricordare che dalla caduta del regime franchista il 1975, che appunto non aveva visto l'epurazione
della direzione franchista, al 1981, è avvenuto un escaletion di violenze impressionante sfociato nel tentato golpe da
parte di Tejero nel 1981. Verrebbe da dire, che il punto di riferimento di Salvati, è tutt’altro che edificante.

Ma i fatti hanno la testa dura, e se oggi ci ritroviamo con certi rottami post-fascisti è perché nemmeno l'Italia ha
realmente fatto i conti con il suo passato, e la “convenzione ad escludere” è stata più proclamata che praticata.
Tutto l'estamblishmet del regime fascista fu mantenuto nelle istituzioni.
Il primo marzo 1946, i rappresentanti della Resistenza insediatisi nelle prefetture e nelle questure tranne in
pochissimi casi furono costretti a lasciare i loro posti a funzionari di carriera, ovvero al vecchio apparato fascista.
I prefetti fascisti all'indomani dell'aprile del '45 si trasformarono in “democratici” mantenendo così il “loro” posto.

Come dire...la dimostrazione plastica che la repubblica borghese nacque a dispetto della Resistenza.
Ciò che è stato escluso, e si è cercato di rimuovere, è stato sin dall'inizio il conflitto di classe.
In questa logica andava l'amnistia dei fascisti voluta da Togliatti e il successivo compromesso costituzionale.
Recuperare la ricerca storico-scientifica aiuta oggi a comprendere che ciò che sembrava irripetibile, per mezzo
dell'oblio storico, rischia di riemergere (anche se in forme diverse). Il fascismo non è stato una parentesi della storia

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d'Italia, ma ha rappresentato la continuità. La crisi dello Stato liberale, che ha visto non di rado gli stessi liberali
vestire la camicia nera (De Nicola, Salandra, Orlando, ecc) o non osteggiandolo apertamente (si pensi a Croce e il suo
innocuo manifesto a-fascista in risposta al manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile, mentre anarchici e comunisti
subivano le torture e confino). Lo stesso passaggio “armi i e bagagli” di numerosi fascisti alla democrazia post-
fascista, si pensi ad esempio a Badoglio, dimostra i nessi profondi tra fascismo e storia d'Italia. E questa correlazione
ci impone un'attenzione particolare a questo tema. Proprio mentre la ricerca storica compie passi in avanti verso la
comprensione di un regime classista al soldo della classe dominate, si cerca di mettere una pietra tombale sopra a
scomode verità. Si rimuove il passato, per affrancare i liberali, che hanno prodotto le premesse ideologiche del
razzismo di Stato attraverso il colonialismo. Si rimuove il passato per diffondere una rinnovata retorica degli “italiani
brava gente”, trascinati al razzismo dal nazismo con le leggi razziali del '38, quando in realtà l'impostazione razzista
del regime in camicia nera era chiaro sin dal suo insediamento dai discorsi parlamentari del suo Duce e dove nel 1936
con la guerra di Etiopia emerse il progetto mussoliniano di un Etiopia senza etiopi. La rimozione serve a giustificare
l'odierna barbarie nei teatri di guerra dell'italico imperialismo.

Il regime fascista fu una spietata dittatura anti-proletaria, che introdusse l’aumento dei ritmi di produzione per mezzo
del bedaux e del fordismo più esasperato, un regime che dopo aver seminato il pregiudizio dell’operaio imboscato,
eliminò ogni rappresentanza politica dei settori popolari. La retorica corporativista e il ”sogno tecnocratico” si tradusse
in un tentativo, non riuscito, di pacificare le rivendicazioni di classe. Da una parte favorì gli oligopolisti che arrivarono
a concentrare il 64% dei capitali.

Dall’altra parte, a differenza della retorica che voleva un consenso consolidato del fascismo, dal 1922 al 1925, gli
scioperi dei metalmeccanici paralizzarono il paese e gli industriali iniziarono a temere che il regime non fosse nelle
condizioni di sopire gli animi. Solo dopo la fascistizzazione dei sindacati e la conseguente repressione dei settori
operai indisponibili ad accettare passivamente l’aumento dei profitti e il parallelo crollo degli stipendi, si registrò un
periodo di relativa pace sociale. Lo scontro di classe seppur privato delle organizzazioni proletarie riprese tuttavia in
forma di jacquerie tra il 1930-32.

Non ci fu quindi un consenso assoluto, ma semplicemente la fine dell’opinione pubblica e una feroce repressione del
dissenso.

Non basta celebrare e ricordare, è necessario conoscere, perché solo così è possibile riconoscere oggi certe
inquietanti assonanze e scongiurarle prima che sia troppo tardi. Un ultimo appunto, nel 1918 il giornale interventista
diretto da Mussoli, “Il popolo d'Italia”, rischiava il fallimento e da quel momento accettò i finanziamenti degli
industriali della conservazione alimentare, della produzione chimica e degli armamenti, che temevano di dover
riconvertire la loro produzione. Nel 1998 “La Padania” denunciava apertamente Berlusconi come “il mafioso di
Arcore”, Umberto Bossi dichiarò testualmente nel 98 : ”A me personalmente Berlusconi ha detto che i soldi gli erano
venuti dalla Banca Rasini, la banca di Cosa Nostra a Milano”. A seguito del finanziamento di Berlusconi a “La Padania”
che rischiava il fallimento la lega si è allineata e oggi rappresenta nel nord Italia una presenza inquietante. Questo
episodio, non ricorda forse una vecchia stonatura ed una inquietante assonanza?
E' per questo che teniamo alta la guardia dell'antifascismo, e per dirla con Trotsky:
“Noi, bolscevichi, vogliamo difendere la democrazia, ma non il tipo di democrazia governata da
sessanta re senza corona. Cominciamo con il ripulire la nostra democrazia da tutti i magnati capitalisti e poi la
difenderemo fino all’ultima goccia del nostro sangue…”

Senza il Partito nessuna trasformazione


Per contrastare le ignoranze e i luoghi comuni
Il dibattito sulle forme dell’organizzazione politica sta lacerando la sinistra persa nella nebbia da decenni: esistono
ancora le classi?
La classe operaia dove sta?
Come rappresentare le cosiddette moltitudini, frammentate, divise nei mille rivoli del precariato e del lavoro
frammentato e quindi non riconducibili ad una comune soggettività di classe?
Domande che mai trovano risposte, salvo nei risvegli più o meno lunghi di un qualsiasi movimento, per poi rifluire
(finito il movimento) nel disincanto e nell’individualismo “snobbistico” della sinistra “acculturata”.
Questo succede puntualmente, quando al mutare del quadro politico, i movimenti si perdono senza lasciar traccia e le
loro leader-ship ( vedi Agnoletto o Caruso e Bertinotti ai tempi del movimento no-global) vanno a scaldare, insieme a
molti altri di livello minore, ogni foggia di poltrona parlamentare o amministrativa in governi che agiscono e legiferano
in modo opposto alle rivendicazioni dei movimenti stessi.

Eppure, nonostante i continui tradimenti, continua la nostalgia del movimento, di nuove formule inesistenti di
partecipazione dal basso; come la democrazia partecipativa ad esempio, che si rivelò una bella formuletta per
rivendicare da parte dei partiti della cosiddetta sinistra radicale ( PRC, Verdi e Comunisti Italiani) le suddette poltrone.
Poltrone di governo insieme ai manganellatori di Genova ai tempi del G8 , di Acerra contro le proteste per le
discariche, degli attivisti dei comitati NO DAL MOLIN e anti- TAV , degli operai che occupano le fabbriche che chiudono
e di ogni movimento ( appunto) che metta in discussione, anche solo in apparenza, l'ordine costituito.
E' innegabile, che i movimenti svolgono una funzione fondamentale su questioni specifiche riguardanti bisogni reali e

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quindi immediatamente avvertibili, ma non appare altrettanto visibile la necessità di un soggetto politico organizzato
e dotato di memoria storica che unifichi i movimenti con un programma politico generale, in grado di chiarire i nessi
sistemici fra degrado ambientale, guerra , sfruttamento dei lavoratori e politica economica capitalistica, cioè un
partito.
Il partito comunista. La ragione di questa diffusa cecità sinistra viene da lontano e riguarda il crollo nella corruzione
( tangentopoli) del sistema partitico, su cui si basava la particolare socialdemocrazia italiana dal dopo guerra alla fine
degli anni ottanta. Fino ad allora i partiti avevano ben rappresentato le articolazioni di classe della società italiana
all’interno del compromesso costituzionale fra capitale e lavoro, reso possibile dalla vittoria sul fascismo, dalla discesa
in campo di vaste masse popolari e dall’arresto della globalizzazione capitalistica con la divisione del mondo in due
blocchi economici distinti.
La fine della guerra fredda, la crescita apparentemente inarrestabile dell’economia, l’integrazione della sinistra politica
al sistema economico, l’illusione della ricchezza per tutti, il nuovo che avanza, spazzava via ogni memoria storica,
ogni struttura precedente, trasformando progressivamente i partiti di sinistra ( PCI e PSI ) in gruppi di potere, in
apparati tecnoburocratici al servizio della ristrutturazione globale. Niente di nuovo, la storia vicina e lontana di
quest'ibrido macchiavellico che è il social-riformismo è la storia di un'infinita serie di infamie consumate sulla pelle
della classi lavoratrici, ma invece di trarne insegnamento, i “micro-borghesi” (anche quelli in buona fede che non
ambiscono a poltrone) si comportano come niente fosse successo, continuando nell' ipocrita illusione che finalmente il
Bertinotti o il Vendola di turno convinceranno i lupi a comportarsi da agnelli e tutti vivremo felici e contenti
scambiandoci segni di pace.

E’ la crisi della socialdemocrazia che ancora oggi continua agonizzante a riproporre alleanze subalterne e ininfluenti
fra classe lavoratrice e borghesia buona , con il solo risultato di ostacolare la formazione di una sinistra autonoma
dalla politica borghese, di un punto di riferimento politico per le classi lavoratrici e per i movimenti. Ora la sfiducia
popolare nei partiti, visti come un costoso aggregato di burocrati è funzionale ai partiti della borghesia per compiere il
disegno della definitiva americanizzazione delle proprie organizzazioni (Partito democratico ) e nel frattempo è
funzionale alla passivizzazione subalterna della gente di sinistra e delle classi lavoratrici provocando confusione : fra
organizzazione e burocratizzazione, fra democrazia e assemblearismo, fra assunzione di responsabilità rispetto ad un
programma condiviso e limitazione del libero arbitrio. Sicchè, la crisi della forma partito, considerata obsoleta, è lin
effetti la crisi dei partiti di natura socialdemocratica, come lo era il PCI e come lo sono quelli della cosiddetta sinistra
radicale che tutto sommato credono nello stato borghese-liberale e nelle sue istituzioni , ovvero dei partiti di massa
nati all'indomani della seconda guerra mondiale.
Ma questo non ha niente a che fare con l’organizzazione di un partito comunista autonomo da ogni compromissione di
sistema e che vuole chiaramente una società di liberi ed uguali, attraverso il progressivo e autentico coinvolgimento
delle classi lavoratrici e dei movimenti. La costruzione di un vero partito comunista è perciò, al contrario dei luoghi
comuni paramovimentisti, pseudoanarcoidi, ( gli anarchici veri sono ben altra cosa ) una forma organizzativa
necessaria e assolutamente al passo con i tempi per rifondare la sinistra. Del resto solo chi non ha la minima idea di
come funziona la politica, può trovare somiglianza fra un partito di sinistra autentico (Partito Comunista dei
Lavoratori) e i partiti opportunisti ( Federazione della sinistra, Sinistra Ecologia Libertà di Vendola), partiti popolusti -
giustizialisti (Grillo, IDV di Di Pietro ) e partiti disegnati al governo per conto della borghesia (gli altri ).

Ed è appunto questo il problema: la regressione generalizzata della conoscenza politica a livello di massa ,che diventa
facile preda di ogni truffatore, tramite il quale, si riconsegna inevitabilmente e inconsapevolmente al sistema.
Attualmente sul fronte movimentista agisce il popolo viola e in parallelo il movimento di Grillo con al fianco Di Pietro
come sponda istituzionale. I viola e i grillini si vantano di non essere partiti ma organizzazioni nate dal basso, che
rappresentanmo veramente i cittadini. Tra questi è facilmente rilevabile un intreccio ideologico e politico basato sulla
comune attenzione sul problema ambientale per un verso, e il giustizialismo dall'altro. Il movimento Viola, che l'IDV
finanazia e orienta politicamente,è lo strumento egemonico per raccogliere consenso, come, su scala più vasta, fu il
movimento no glabal per Bertinotti.
Essi stanno privando della medaglia dell'opportunismo poltronaiolo gli oramai screditati partiti nati dallo sfascio di
Rifondazione Comunista : Federazione della sinistra ( Fra Rifondazione comunista e Comunisti italiani ) ma, non
ancora Vendola che ( Senza falce e martello" sostituita da libertà e pacifismo" ) è riuscito in aree del centro sud a
riciclare furbescamente la propria immagine . Così egli può ambire ad un nuovo patto con il PDemocratico in virtù di
un consenso elettorale sufficente per poltrone più alte di quella che attualmente occupa come presidente della regione
Puglia; un'altra piccola meteora che si esaurirà nel giro di poche tornate elettorali.
L'esempio più eclatante della subalternità del popolo viola a Di Pietro riguarda la sua politica nei confronti del
PDemocratico. L'IDV dopo la disastrosa esperienza dell'ultimo governo Prodi, in cui Di Pietro fu ministro, ruppe con il
PDemocratico e si posizionò su una linea intransigente antiberlusconiana che gli consentì di raccogliere un notevole
consenso sottraendo voti al PD e alla Sinistra radicale. L'apice di questa politica fu la manifestazione di Roma (contro
la legge sul legittimo impedimento ) che rivendicava lo svolgimento del processo contro Berlusconi e che coinvolse
una notevole massa popolare. Questo gli consentì di raccoglere ancora consenso e passare come l'unico vero
oppositore della destra, ma sopratutto di proporsi di nuovo come patner necessario per un Pdemocratico già in crisi.
Siccome, però, il PD non aveva ( e non ha ) nessuna intenzione di far cadere Berlusconi ) era necessario che Di Pietro
abbandonasse l'opposizione intransigente al governo e di fatto tradisse la ragioni dell'entusiastica mobilitazione del
popolo viola. La campagna di aggressione della destra contro Di Pietro, dopo il Duomo in faccia a Berlusconi, influenzò
sicuramente il suo riposizionamento moderato, ma confermò contemporaneamente che l' IDV può, strumentalmente e
solo in alcune circostanze, alzare la voce, ma sostanzialmente fa parte dello stato Liberal-borghese come Berlusconi e
il Partito Democratico.
Il movimento di Grillo, invece, costituisce ideologicamente un conglomerato sincretico di luoghi comuni più o meno

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Opposizione Comunista maggio 2010

stratificati nel senso comune popolare: i sacri confini della patria, i partiti sono tutti ladri, giustizialismo (qui si
avvicina a Di Pietro ), ecologismo borghese- antistatalista ( Produciamoci da soli l'energia ) ecc. Il tutto proposto in
chiave grottesca da un comico- Guru; che non si candida alla elezioni ( per quanto ancora ? ) ma che vende il suo
marchio di garanzia ( Cinque stelle ) a liste locali in cambio della coerenza programmatica alle sue idee, piuttosto
confuse ma totalizzanti. Alla faccia della democrazia e del movimento dal basso. In Emila Romagna, nelle recenti
elezioni regionali, le sue liste hanno avuto un discreto successo come del resto anche nelle precedenti elezioni
comunali. A Forlì, per esempio, un movimento di agricoltori benestanti:"il clandestino" già esistente prima della
venuta di grillo e che aveva coltivato in passato relazioni con i Verdi, ha ottenuto il 5% alle elezioni comunali in virtù
di un programma minimal-progressista ed ecologista, imbrogliando molti suoi elettori sinceramente di sinistra anche
attraverso una campagna elettorale ben sponsorizzata da aziende di prodotti ecologici. Ciò non toglie , che essi
abbiano riempito il vuoto lasciato dai partiti di sinistra, conducendo lotte popolari: contro contro la costruzione di una
centrale elettrica e contro il raddoppio degli inceneritori, ma appena giunti nel nuovo consiglio comunale si sono
dimostrati disposti a trattare con gli eredi della vecchia giunta ( PDemocratico ), contro cui si erano schierati in
precedenza. Solo all'ultimo momento, per un intervento dello stesso Grillo, il clandestino non è entrato in giunta, ma
comunque poco c'è mancato. In compenso non hanno avuto problemi a votare a favore di un leghista alla presidenza
del consiglio comunale (carica che spetta all'opposizione ). Insomma è lecito supporre che il movimento grillista sia
composto da una sommatoria di piccole lobby locali o transfughi trombati di verie provenienze che lui stesso faticherà
a controllare, e questo non centra niente con la presunta purezza del suo movimento, ma c'entra eccome con la
guerra fredda fra bande, che nel capitalismo viene fatta pagare ai lavoratori. Niente di nuovo e tanto meno dal dal
basso! .

Ma cosa significa: "Dal basso?". L'interpretazione comune è che, vista la corruzione e incapacità del ceto politico di
professione, è auspicabile che i cittadini ,fuori dai partiti , si organizzino per cambiare veramente le cose. Ma come?
Con internet naturalmente, che permette uno scambio diretto e orizzontale di idee e proposte, senza capi e capetti
che pensano solo alla propria carriera politica. Democraticismo, una bella dose di populismo, il vecchio
assemblearismo riproposto virtualmente e qualche fogliolina di anarchismo antisistemico che non guasta mai.
Perfetto! Ma è solo un imbroglio perchè le cose non funzionano così.
Primo, che la classe politica sia corrotta non c'è dubbio, ma essa rispecchia la corruzione dell'attuale sistema del
capitalismo italiano, nella sua forma storicamente determinatasi e in progressiva degenerazione dal dopoguerra ad
oggi. La corruzione, l'evasione fiscale, la criminalità, l'avidità diffusa come valore sociale fondante, producono
inevitabilmente una classe politica dello stesso genere. Per quanto riguarda invece l'incapacità del ceto politico, è vero
semmai il contrario. Il ceto politico borghese ha una capacità straordinaria di riciclarsi, di riproporsi in veste nuova,
mondato da responsabilità storiche e ciò gli permette di ottener sempre il consenso per governare, da parte un popolo
che, pur non apprezzandoli, li vota sistematicamente. Niente di nuovo , il trasformismo è la qualità storica delle classi
dirigenti italiane specialmente nei momenti di passività sociale; cioè quando i bisogni delle classi subalterne non
trovano un punto comune di riferimento politico e programmatico.

Insomma, i movimenti esprimono, bisogni reali, ma i movimenti progressisti che in qualche modo contengono
elementi ostili al sistema se non riescono, dopo una prima fase spontaneista a produrre un gruppo dirigente, in grado
di tradurre programmaticamente le proprie rivendicazioni , sono destinati a subire l'influenza dei partiti borghesi e
quindi a disperdersi come neve al sole, una volta svolto il loro compito inconsapevole di manovalanza elettorale. Si
tratta di un limite fisiologico della società civile, che può esprimere bisogni , ma di per se ,non è in grado di ragionare
a livello strutturale, ovvero non è in grado di produrre una cultura politica. D'altro canto, all'interno della società
civile, convivono tracce delle culture politiche passate, sotto forma dei sopra citati luoghi comuni, modi di dire,
allocuzioni e, in potenza, anche il divenire di nuove culture politiche. Tutto ciò si esprime, torna alla luce, si attualizza
in rapporto con il mutare della lotta fra classi sociali. Nella società civile ristagna la reazione come la rivoluzione, nel
perpetuarsi della trasformazione dei modi di produzione all'interno della società borghese. E' stupefacente come
spesso venga considerato più democratico un movimento di un partito, quando quasi sempre tutto viene deciso da un
gruppo di individui carismatici, dove non esiste un programma vero ma una lista della spesa, dove non vi sono
congressi ne elezioni dei dirigenti, ma proclami e chiamate alla armi, esattamente come nei partiti più reazionari. Che
ci piaccia o no, la politica si fa ,prima costruendo un gruppo dirigente e poi viene il resto. Ci vuole esperienza,
conoscenze tecniche e intelligenza; pensare che all'interno di un'organizzazione tutti siano uguali, che tutti ( anche
l'ultimo arrivato, privo di esperienza )debbano avere un pari diritto a decidere, non solo è funzionalmente devastante,
ma apre la via all'arrivismo di chi possiede strumenti dialettici e talenti carismatici migliori e li usa esclusivamente per
soddisfare la propria ambizione personale ( gli opportunisti ). L'idea che tutti a prescindere dalla loro esperienza e
conoscenza siano in grado di valutare una certa scelta politica è l'ideologia borghese che si autolegittima tramite le
elezioni politiche generali. Ma, quanti cittadini sono veramente in grado di valutare le conseguenze sulla loro vita, per
esempio: delle privatizzazioni, del sistema elettorale maggioritario, della precarizzazione del lavoro, del trattato di
Maastricht , ecc. Una sparuta minoranza, in una dittatura che si spaccia per democrazia.

La lotta contro l’antipartitismo borghese che avvelena la sinistra, che porta al disimpegno, al perpetuarsi
dell’ignoranza politica è una lotta per l’egemonia che dovrà assolutamente essere vinta.
E questo , non centra con il settarismo o con l’isolazionismo ideologico, ma al contrario, significa esporsi con la
massima trasparenza all’altrui giudizio, misurarsi nel concreto delle lotte per la giustizia sociale, nella ricerca di una
nuova unità politica. E’ il contrario dell’opportunismo elettorale , che prima si finge strumento acritico dei movimenti e
poi con il suo apparato va al governo con gli avversari dei movimenti stessi. Ed è ,alla fine, anche una lotta culturale
per superare l’incredibile e subalterno individualismo che permea oggi in ogni poro chi si considera di "sinistra".

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In questo numero
In Grecia non dormono sonni tranquilli pag.2

Aggiornamenti dalla Grecia pag.2

Estratti dal diritto all'ozio pag.3

In breve: attualità... pag.3

Contro il patto d'oblio pag.4

Senza il Partito nessuna trasformazione pag.5

Assemblea pubblica
Giovedì 3 giugno
Forlimpopoli
presso la sala comunale
all'interno della Rocca
dalle h.21.00
"La necessità del
coordinamento delle
lotte"
Ne parleremo con
FRANCO GRISOLIA
membro della R28 Aprile

per un sindacalismo di classe anticapitalista

COSTRUIAMO I COMITATI DI LOTTA

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