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Il Purgatorio: introduzione generale

il secondo dei tre regni dell'Oltretomba cristiano visitato da Dante nel corso del viaggio, con la
guida di Virgilio. Dante lo descrive come una montagna altissima che si erge su un'isola al centro
dell'emisfero australe totalmente invaso dalle acque, agli antipodi di Gerusalemme che si trova al
centro dell'emisfero boreale. Secondo la spiegazione di Virgilio (Inf., XXXIV, 121-126), quando
Lucifero venne precipitato dal cielo in seguito alla sua ribellione, cadde al centro della Terra dalla
parte dell'emisfero australe e tutte le terre emerse si ritirarono in quello boreale, per timore del
contatto col maligno; si cre cos la voragine infernale e la terra che la lasci and a formare la
montagna del Purgatorio, che sorge in posizione opposta all'Inferno. L'isola collegata al centro
della Terra da una natural burella, una sorta di cunicolo sotterraneo che si estende in tutto
l'emisfero meridionale e dove scorre un fiumiciattolo, probabilmente lo scarico del Lete.
Ai tempi di Dante il secondo regno era creazione recente della dottrina, essendo stato
ufficialmente definito solo nel 1274: secondo alcuni storici della Chiesa tale invenzione era
dovuta al fine di lucrare sul pagamento da parte dei fedeli delle preghiere, destinate ad attenuare
le pene cui i penitenti erano sottoposti (e in effetti Dante sottolinea a pi riprese nella Cantica che
i fedeli possono abbreviare la permanenza delle anime nel Purgatorio, ma ci indipendentemente
dal denaro versato o meno alle istituzioni ecclesiastiche).
Secondo Dante, le anime destinate al Purgatorio dopo la morte si raccolgono alla foce del Tevere e
attendono che un angelo nocchiero le raccolga su una barchetta e le porti all'isola dove sorge la
montagna. Qui arrivano su una spiaggia e sono probabilmente accolte da Catone l'Uticense che
del secondo regno il custode; quindi alcune attendono nell'Antipurgatorio un tempo che varia a
seconda della categoria di penitenti cui appartengono (contumaci, pigri a pentirsi, morti per forza,
principi negligenti). L'attesa pu protrarsi a lungo, ma non oltrepassare il Giorno del Giudizio in cui
queste anime, comunque salve, accederanno al Paradiso. Terminato il periodo di attesa, i penitenti
attraversano la porta del Purgatorio che presidiata da un angelo, quindi accedono alle sette
Cornici in cui suddiviso il monte. In ogni Cornice punito uno dei sette peccati capitali, in ordine
decrescente di gravit e dunque con un criterio opposto rispetto all'Inferno: essi sono la superbia,
l'invidia, l'ira, l'accidia, l'avarizia e prodigalit, la gola, la lussuria. All'ingresso di ogni Cornice ci
sono esempi della virt opposta (il primo dei quali sempre Maria Vergine), mentre all'uscita ci
sono esempi del peccato che si sconta; gli esempi possono essere raffigurati visivamente,
dichiarati da delle voci o dai penitenti, rappresentati con delle visioni. Il passaggio da una Cornice
all'altra assicurato da delle scale, talvolta ripide e difficili da salire.
Le anime dei penitenti soffrono delle pene fisiche, analoghe per molti versi a quelle infernali e con
un contrappasso, ma con la differenza che i penitenti non sono relegati per l'eternit in una
Cornice ma procedono verso l'alto: quando un'anima ha scontato un peccato e si sente pronta a
proseguire, passa alla Cornice successiva. Dante rappresenta nelle varie Cornici i peccatori pi
rappresentativi del peccato che vi si sconta, anche se ovvio che queste anime stanno
compiendo un percorso; il criterio analogo a quello del Paradiso, in cui i beati si mostrano a
Dante nel Cielo di cui hanno subto l'influsso in vita, mentre normalmente risiedono nella candida
rosa nell'Empireo. Le anime si trattengono nelle varie Cornici un tempo che varia a seconda del
peccato commesso, che in certi casi pu essere nullo (Stazio, ad esempio, non si sottopone alle
pene delle ultime due Cornici) o protrarsi per anni o secoli. In ogni caso la pena non pu andare
oltre il Giudizio Universale, dopo il quale i penitenti accedono al Paradiso. Ovviamente le anime di
personaggi particolarmente santi o meritevoli vanno direttamente in Cielo senza passare dal
Purgatorio, come afferma ad esempio l'avo Cacciaguida.

Quando l'anima di un penitente ha scontato per intero la sua pena, il monte scosso da un
tremendo terremoto e tutte le anime intonano il Gloria: a quel punto l'anima accede al Paradiso
Terrestre, che si trova in cima alla montagna dopo il fuoco dell'ultima Cornice. Qui accolta da
Matelda, che probabilmente rappresenta lo stato di purezza dell'uomo prima del peccato originale
e che fa immergere il penitente nelle acque dei due fiumi che scorrono nell'Eden: il Lete, che
cancella il ricordo dei peccati commessi in vita, e l'Euno, che rafforza il ricordo del bene
compiuto. A questo punto l'anima pronta a salire in Cielo, pura e disposta a salire a le stelle
come Dante dir di se stesso.
Struttura morale del Purgatorio
Come detto, il secondo regno comprende l'Antipurgatorio e le sette Cornici in cui si scontano i
peccati capitali; eccone uno schema riassuntivo, che indica anche la pena subta dai vari
penitenti:
Antipurgatorio
Ospita le anime che devono attendere un certo tempo prima di accedere alle Cornici. Si dividono
in queste categorie:
Contumaci: coloro che sono morti dopo essere stati scomunicati dalla Chiesa (attendono un
tempo trenta volte superiore a quello trascorso come ribelli alla Chiesa)
Pigri a pentirsi: coloro che si sono pentiti troppo tardivamente, per pigrizia (attendono tutto il
tempo della loro vita)
Morti per forza: coloro che sono morti violentemente e sono stati peccatori fino all'ultima ora
(attendono un tempo indefinito)
Principi negligenti: re e governanti che non hanno avuto cura della propria anima in vita
(attendono in una amena valletta, piena di fiori ed erba, per un tempo indefinito).
I Cornice (Superbi)
Camminano curvi sotto un enorme macigno, che li costringe a guardare verso il basso (mentre
essi, in vita, guardarono verso l'alto con presunzione)
II Cornice (Invidiosi)
Hanno gli occhi cuciti da del filo di ferro e non possono quindi guardare in malo modo, come
fecero in vita
III Cornice (iracondi)
Camminano in una spessa e fitta oscurit, che provoca irritazione agli occhi (simboleggia il fumo
della collera)
IV Cornice (accidiosi)
Corrono a perdifiato lungo la Cornice, contrariamente alla loro pigrizia in vita
V Cornice (avari e prodighi)
Sono stesi proni sul pavimento della Cornice, col volto a terra, proprio come in vita hanno badato
solo ai beni materiali (tra loro Dante include papa Adriano V)

VI Cornice (golosi)
Sono consumati dalla fame e dalla sete, provocate da due alberi che producono frutti invitanti e
da una fonte d'acqua; essi presentano una spaventosa magrezza
VII Cornice (lussuriosi)
Camminano in un muro di fiamme che li separa dall'Eden, e che simboleggia il fuoco della
passione amorosa che ebbero in vita (Dante include sia i peccatori secondo natura sia i sodomiti,
divisi in due schiere diverse che si rinfacciano reciprocamente il peccato)
L'ascesa di Dante nel Purgatorio
Il poeta compie l'intero percorso accompagnato da Virgilio, che non esperto di questo luogo non
essendovi mai stato prima. Prima di attraversare la porta del Purgatorio, l'angelo guardiano incide
con una spada sulla fronte di Dante sette P, che rappresentano i sette peccati capitali che
dovranno essere da lui scontati moralmente (ogni P verr cancellata all'uscita da ciascuna
Cornice). L'ascesa di Dante lungo il monte, quindi, si presenta come un percorso di purificazione
morale analogo per certi aspetti alla discesa all'Inferno, che ricorda anche (specie nei Canti
iniziali) il colle del Canto I dell'Inferno che rappresentava la felicit terrena e che il poeta non
aveva potuto scalare a causa delle tre fiere. La salita faticosa e dura assai pi della discesa
all'Inferno, dal momento che la legge del secondo regno vieta di salire di notte (secondo quanto
Sordello spiega nel Canto VII, 43 ss.) e Dante deve compiere tre soste in altrettante notti durante
l'ascesa (Canti IX, XIX, XXVII, episodi nei quali il poeta fa dei sogni di significato allegorico).
Quasi alla fine del viaggio ai due poeti si unisce l'anima di Stazio, che ha scontato la sua pena
nella V Cornice e pu quindi terminare il suo percorso nel Purgatorio. Stazio fornisce a Dante
alcune preziose indicazioni circa la struttura morale del regno, quindi accompagna lui e Virgilio
nell'Eden. Una volta arrivato qui, il poeta incontra Beatrice alla fine della processione simbolica
che rappresenta la vicenda storica della Chiesa e all'apparire della donna scompare Virgilio, cosa
che provoca la disperazione e il pianto di Dante. Beatrice rimprovera aspramente Dante per i
peccati che l'hanno fatto smarrire nella selva, quindi lei e Matelda immergono Dante nelle acque
dei due fiumi, operazione che permette la successiva ascesa al Paradiso Celeste.
Lingua e stile nel Purgatorio
Rispetto alla I Cantica, il Purgatorio presenta un'atmosfera decisamente meno cupa, pi rilassata
e serena che si manifesta fin dal Canto I, all'arrivo di Dante e Virgilio sulla spiaggia nei minuti che
precedono l'alba, la mattina della domenica di Pasqua. Se lo stile dell'Inferno era spesso aspro e
duro, adeguato alla rappresentazione del regno del dolore, quello della II Cantica di tono pi
leggero ed elegiaco, senza neppure l'elevatezza tragica che sar propria del Paradiso: questo
evidente gi nell'incontro con Casella del Canto II, sulla spiaggia del Purgatorio, quando il
musico che fu amico di Dante scende dalla barca dell'angelo nocchiero e inizia col poeta una
conversazione dai toni pacati e amichevoli, che sarebbe stata impensabile nella I Cantica.
Questa leggerezza si riflette ovviamente anche nella rappresentazione dei penitenti e delle loro
pene, che per quanto plastica e fisica come quella dei dannati non presenta l'asprezza che era
propria delle anime infernali. I penitenti sono color che son contenti / nel foco, perch salvi e ben
felici di sottoporsi alla giusta punizione per i loro peccati terreni: non hanno l'animosit e l'astio
che caratterizzava molti dannati, che rivolgevano invettive o predizioni malevole a Dante, e il
poeta pu avere con loro delle serene conversazioni che spaziano sui pi vari temi (religiosi e
politici, artistici e letterari). soprattutto la riflessione intorno al fine dell'arte e della letteratura

che acquista rilievo in questa Cantica, specie nell'incontro con personaggi quali Oderisi da Gubbio,
Bonagiunta da Lucca, Guido Guinizelli: Dante si permette anche un virtuosismo linguistico alla fine
del Canto XXVI, nell'incontro col trovatore provenzale Arnaut Daniel cui fa pronunciare alcune
parole in perfetto volgare occitanico (e in questo ambito molto significativo anche l'incontro col
poeta latino Stazio, che contrariamente alla realt storica Dante presenta come cristiano grazie
all'inconsapevole aiuto di Virgilio).
Una parentesi a s stante poi la rappresentazione dell'Eden, che si ricollega al mito classico
dell'et dell'oro e consente a Dante di introdurre il personaggio di Beatrice al centro della
processione simbolica delle vicende della Chiesa. questo forse il momento pi elevato e lirico
dell'intera Cantica, che prelude al passaggio del poeta nel terzo regno: anche il momento del
commiato da Virgilio, che abbandona il discepolo dopo averlo guidato attraverso tanti ostacoli e
asprezze e al quale Dante rivolge un appassionato e patetico omaggio chiamandolo dolcissimo
patre (XXX, 50). il passaggio all'ultima fase del viaggio allegorico, quella che porter Dante alle
altezze sovrumane del Paradiso: qui lo stile si innalza improvvisamente, anticipando il proemio
della III Cantica in cui il poeta invocher l'assistenza di Apollo oltre che delle Muse (come si
conviene alla rappresentazione di un luogo ben al di l delle capacit di comprensione
dell'intelletto umano: sar il motivo dominante della poesia del Paradiso, il cui stile sar molto
diverso da quello medio del Purgatorio, il regno dove lo spirito umano di salire al ciel diventa
degno).

Purgatorio, Canto XXVI


Argomento del Canto
Ancora nella VII Cornice: le due schiere di lussuriosi. Incontro con Guido Guinizelli. Incontro con
Arnaut Daniel.
Incontro con le anime dei lussuriosi (1-24)
W. Blake, La VII Cornice
Dante, Virgilio e Stazio camminano in fila lungo l'orlo esterno della VII Cornice, con Virgilio che
mette spesso in guardia Dante sul percorso da tenere, mentre il poeta colpito sul braccio destro
dal sole, che illumina tutto l'occidente. Dante proietta la sua ombra sulla fiamma e la rende pi
rossa, il che rivela a molti penitenti che ancor vivo. Questo il motivo per cui iniziano a parlare
di lui, dicendosi l'un l'altro che Dante sembra avere un corpo in carne e ossa, quindi si avvicinano
al poeta e lo osservano meglio, badando a non uscire dalla cortina di fiamme. Uno dei lussuriosi si
rivolge a Dante osservando che cammina dietro agli altri due poeti, non per lentezza ma per
deferenza, e lo prega di rispondere a lui e alle altre anime che sono tormentate dal dubbio: com'
possibile che egli faccia ombra, come se fosse ancora in vita in quel luogo dell'Oltretomba?
Le due schiere di lussuriosi. Esempi di lussuria punita (25-51)
Teseo e il Minotauro
Dante avrebbe gi risposto a quell'anima, se la sua attenzione non fosse attirata da qualcos'altro:
infatti, lungo la Cornice occupata dalle fiamme, giunge un'altra schiera di lussuriosi che procede in
senso opposto alla prima, per cui il poeta osserva meravigliato. Le anime dei due gruppi si
baciano reciprocamente, senza fermarsi, proprio come le formiche si toccano il muso l'una con
l'altra; quando si separano, prima di allontanarsi emettono delle grida e i nuovi arrivati esclamano
Sodoma e Gomorra, mentre gli altri ricordano il peccato di Pasifae che si un bestialmente al

toro da cui fu generato il Minotauro. Quindi procedono di nuovo in direzioni opposte, simili a gru
che si separino per puntare rispettivamente ai monti Rifei e alle sabbie dei deserti, le prime per
schivare il sole e le altre il freddo. I penitenti si allontanano e tornano piangendo al canto dell'inno
e agli esempi di castit; quelli che si erano rivolti a Dante tornano ad avvicinarsi al limite della
fiamma, attendendo la sua risposta.
Dante risponde alle anime (52-66)
Dante risponde spiegando che il suo corpo non rimasto sulla Terra ma l con lui, con tutto il
sangue e le sue giunture: sta salendo il monte per vincere il peccato ed atteso nell'Eden da una
donna (Beatrice) che gli procura grazia, per cui pu attraversare il Purgatorio in carne ed ossa.
Dante augura alle anime di raggiungere presto la beatitudine e di poter entrare in Cielo, quindi
chiede loro di rivelare i propri nomi e di dirgli chi sono quegli altri lussuriosi che si sono
allontanati, cosicch lui possa scriverne una volta ritornato sulla Terra.
Un'anima spiega la condizione delle due schiere (67-87)
Come il montanaro si stupisce quando giunge in citt, ammirando muto ci che non abituato a
vedere, cos quelle anime si meravigliano alle parole di Dante, per quanto la loro sorpresa si
attenui presto come avviene di solito nei cuori magnanimi. L'anima che ha parlato prima (Guido
Guinizelli) dichiara che Dante beato in quanto ha il privilegio di visitare il Purgatorio da vivo,
quindi spiega che i penitenti dell'altra schiera sono colpevoli di lussuria contro natura (furono cio
sodomiti) e per questo gridano l'esempio di Sodoma, accrescendo la loro vergogna. Lui e gli altri
penitenti di questa schiera, invece, peccarono di lussuria secondo natura, abbandonandosi
tuttavia al piacere sensuale in modo eccessivo e come bestie, per cui gridano l'esempio di Pasifae
che si un al toro nella falsa vacca di legno.
Guido Guinizelli si rivela a Dante (88-132)
Ora, prosegue il penitente, Dante sa chi sono lui e i suoi compagni di pena, ma non avrebbe il
tempo di indicare i loro nomi n peraltro li conoscerebbe tutti. L'anima rivela tuttavia il proprio
nome, presentandosi come Guido Guinizelli: espia i suoi peccati in Purgatorio perch se ne pent
prima della morte. Dante, sentendo il nome del poeta che considera il padre suo e degli altri poeti
migliori di lui che eccelsero nelle rime amorose in volgare, vorrebbe gettarsi nel fuoco ad
abbracciare Guido, anche se non osa farlo; per un buon tratto continua a camminare senza dire
nulla, guardandolo con ammirazione e non avvicinandosi alle fiamme. Dopo questa lunga pausa,
Dante torna a rivolgersi a Guinizelli con un giuramento che rende credibili le sue parole: il
penitente afferma che Dante lascia in lui un ricordo indelebile, che neppure le acque del Lete
potranno cancellare, poi chiede a Dante il motivo per cui manifesta tanto affetto per lui. Dante
spiega di ammirarlo per le sue poesie, che renderanno preziosi i manoscritti che le contengono
finch si user il volgare.
A questo punto Guinizelli indica col dito un'anima che lo precede (Arnaut Daniel), dicendo che
anche lui fu poeta volgare e si mostr superiore a lui, primeggiando anzi su tutti coloro che
scrissero romanzi in prosa e versi amorosi. Guido afferma che gli stolti gli preferiscono Giraut de
Bornelh, poich essi seguono l'opinione comune e non la verit, proprio come molti antichi fecero
nei riguardi di Guittone d'Arezzo, dapprima apprezzato e poi vinto dalla verit. Guido prega poi
Dante, se davvero ha il privilegio di andare in Paradiso, di recitare un Pater noster davanti a
Cristo, quel tanto che occorre alle anime del Purgatorio.
Incontro con Arnaut Daniel (133-148)

Alla fine delle sue parole Guido scompare nel fuoco, forse per lasciare spazio all'anima accanto a
lui, simile a un pesce che raggiunge il fondo dell'acqua. Dante si avvicina un poco al penitente che
Guido ha indicato prima, dicendogli che nutre grande desiderio di conoscere il suo nome. Il
penitente inizia a parlare di buon grado e in perfetta lingua d'oc dichiara di non potere n voler
nascondere la propria identit, tanto gli gradita la cortese domanda di Dante: egli Arnaut
Daniel, che piange e canta nel fuoco. Ripensa con preoccupazione i suoi precedenti peccati,
guarda con gioia alla beatitudine che lo attende; prega Dante, in nome della grazia che lo
conduce in Purgatorio, di ricordarsi di lui una volta giunto in Paradiso. A questo punto il penitente
scompare nuovamente entro le fiamme che lo purificano.
Interpretazione complessiva
Protagonista assoluto del Canto Guido Guinizelli, il cui incontro con Dante si articola in tre
momenti successivi che corrispondono allo stupore e alla domanda circa il fatto che lui vivo, alla
spiegazione della pena dei lussuriosi, al colloquio in materia poetica che introduce l'altro
personaggio dell'episodio, Arnaut Daniel. Il Canto completa e per cos dire integra il discorso
intorno alla poesia stilnovistica che era iniziato nel XXIV con Bonagiunta da Lucca, per cui non
stupisce che lo stile sia linguisticamente e retoricamente elevato: specie nelle parole di Guido,
che prima ancora di essere presentato apostrofa Dante affermando che egli segue Virgilio e Stazio
perch reverente, chiedendo poi spiegazione della sua presenza l essendo arso dalla sete di
sapere, proprio come le altre anime che sono egualmente assetate di acqua fredda come gli
abitanti dell'India o dell'Etiopia (c' l'antitesi tra il calore del fuoco e del sole di quelle regioni
esotiche e la freschezza dell'acqua, nonch la preziosit della similitudine piuttosto rara: lo stesso
pu dirsi della morte citata poco dopo, vista come la rete che non ha ancora catturato Dante). La
risposta del poeta interrotta dall'arrivo della schiera dei sodomiti e dalla descrizione del rituale
del bacio reciproco, prima che le due schiere gridino gli esempi opposti di lussuria punita: l'unico
caso in Purgatorio di penitenti che nella stessa Cornice siano distinti nella modalita della pena, dal
momento che i due gruppi procedono in direzioni opposte e hanno commesso peccati analoghi ma
differenti, come Guido spiegher pi avanti, in quanto i sodomiti espiano l'amore consumato
contro natura, mentre gli altri scontano l'eccessivo e bestiale abbandono al piacere sensuale,
come i lussuriosi infernali che la ragion sommettono al talento. Il peccato di sodomia qui
ricondotto alla topografia morale del secondo regno, quindi come peccato di amore mal diretto e
non di violenza contro natura come all'Inferno (dove i sodomiti erano inclusi nel VII Cerchio e non
avevano possibilit di redenzione), il che rappresenta forse un parziale ripensamento di Dante
rispetto all'ordinamento morale del primo regno, non sempre congruente con quello del Purgatorio
(cfr. a riguardo la Guida del Canto XVII di questa Cantica).
La ripresa del colloquio con Guido vede anzitutto la spiegazione di Dante, che si dichiara vivo e
oggetto di un eccezionale privilegio che gli consente di visitare il Purgatorio (con l'allusione a
Beatrice che lo attende nell'Eden), quindi domanda a sua volta alle anime di manifestarsi e
dichiara di essere poeta, affermando di volerlo sapere acci ch'ancor carte ne verghi, per
scriverne cio nel poema una volta tornato nel mondo. Dopo il comprensibile stupore delle anime
nuovamente Guido a prendere la parola e a usare un linguaggio elevato, definendo Dante
fortunato in quanto imbarca esperienza visitando le loro marche, il loro regno, quindi spiega la
divisione delle schiere indicando il proprio peccato come ermafrodito (con allusione al mito del
figlio di Mercurio e Venere, tratto da Ovidio) e illustrando l'esempio di Pasifae, colei / che
s'imbesti ne le 'mbestiate schegge, con la replicazione imbesti / 'mbestiate per indicare la falsa
vacca di legno da lei usata per unirsi al toro di cui s'era invaghita. Alla fine si presenta come Guido
Guinizelli, rinunciando per modestia a indicare i nomi di tutti i compagni di pena, e tale rivelazione
provoca l'ammirazione di Dante e il desiderio di abbracciare il suo maestro e modello, attraverso

la similitudine mitologica dei due figli di Isifile che sottrassero la madre ai soldati di Licurgo che la
portavano al supplizio (l'esempio tratto dalla Tebaide di Stazio). a questo punto che Dante, su
richiesta di Guido, manifesta tutta la sua ammirazione per colui che considerava il creatore del
Dolce Stil Novo, ovvero la nuova scuola poetica che Bonagiunta aveva definito a partire dalla
spiegazione di Dante: Guido il modello di dolci detti, ovvero di poesie amorose in stile dolce, la
cui fama durer finch si user il volgare (ed da rilevare l'uso del termine raro incostri, dal lat.
encaustrum, per indicare i manoscritti che contenevano le poesie). Gi prima Dante aveva
definito Guido quale padre suo e di tutti gli altri poeti amorosi in volgare, riconoscendolo come suo
maestro e autore al pari di Virgilio per quanto riguardava la poesia classica e affermandone il
magistero per quanto concerne la poesia amorosa in volgare; chiaro che Dante intende
celebrarne la figura come creatore dello Stilnovo, ma anche completare quella personale
riflessione intorno a tale poesia che attraversa a vari livelli quasi tutto il poema. Non pu sfuggire,
infatti, che Guinizelli insieme ad Arnaut l'ultimo penitente con cui Dante dialoga, come
Francesca, anche lei lussuriosa, era stata il primo dannato: Francesca era stata consumatrice di
quella letteratura amorosa che l'aveva condotta insieme a Paolo all'Inferno, mentre Guido (come
Arnaut e Dante stesso) ne era stato produttore, per cui come se Dante chiudesse il cerchio
indicando tale letteratura come non condannabile in s, ma come rischiosa sul piano della
salvezza perch pu portare alla dannazione quei lettori che ne mettono in pratica i modelli,
abbandonandosi al piacere dei sensi. Va sottolineato, a questo riguardo, che non ci sono dati
biografici che indichino per Guido e Arnaut il peccato di lussuria, quindi dobbiamo pensare che
Dante li collochi in questa Cornice per i loro versi pi che per le loro azioni: Guido colpevole di
aver scritto poesie che possono aver causato la perdizione di personaggi come Paolo e Francesca,
per cui questo il peccato di cui si pentito alla fine della sua vita e che ora sconta nel fuoco
della Cornice, che anche Dante attraverser nel Canto seguente (per cui come se Dante
bruciasse nel fuoco non le sue poesie stilnoviste, ma ci che di rischioso sul piano dottrinale vi era
in esse, oltre naturalmente all'esperienza totalmente condannabile delle Petrose).
Questo spiega in parte la polemica letteraria di Guido contro Guittone, che riprende analoghi
severi giudizi che Dante esprime sull'Aretino anche in altre opere (spec. in DVE) e si collega
all'esaltazione di Arnaut Daniel, che sconta la pena insieme a Guinizelli nel fuoco e che il
Bolognese indica come miglior fabbro di parlar materno: Dante riconosce dunque una linea
Arnaut-Guinizelli-Stilnovo che solo in parte spiegabile, non foss'altro perch Arnaut fu maestro di
quel trobar clus imitato da Guittone, e per il fatto che Guido lo preferisce a Giraut de Bornelh,
maestro di trobar leu che fu modello per gli Stilnovisti, mentre tale giudizio contraddittorio con
altre opinioni espresse in DVE e Convivio. Ci confermato anche dalle parole in volgare
occitanico che Dante mette in bocca al provenzale alla fine del Canto, che sono, s, un eccellente
esempio di lingua d'oc, ma sembrano anche versi in perfetto trobar leu, ben lontani dalle rimas
caras e dal linguaggio prezioso e difficile di cui Arnaut era maestro e che Dante ben conosceva.
stato ipotizzato che qui Arnaut faccia una sorta di ritrattazione del suo stile poetico e, soprattutto,
del carattere sensuale dell'amore da lui cantato: quest'ultimo elemento confermato dal termine
folor che indica il fuoco della passione nei testi provenzali, contrapposto alla joi (felicit) che il
poeta vede davanti a s e al valor (la virt divina, o forse la grazia di Beatrice) che guida Dante in
cima al monte del Purgatorio. Di sicuro si pu affermare che Dante in questo Canto fa un discorso
centrato pi sul piano linguistico e stilistico che non tematico, per cui questo pu almeno in parte
spiegare la preferenza accordata ad Arnaut rispetto a Giraut, anche se ci si deve arrendere all'idea
che qui, come in altri passi del poema, egli rovesci totalmente giudizi precedentemente espressi
in DVE e Convivio; senza dubbio le parole di Arnaut chiudono in modo definitivo il discorso sulla
poesia amorosa, per cui d'ora in avanti essa potr essere recuperata solo per cantare la bellezza

di Beatrice o lo splendore del Paradiso, quindi anche Dante rinnega la sua passada folor per
guardare alla joi che vede ormai prossima sulla cima del monte.

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