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13/11/10
16:25
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CM
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Nm. 16, 2011, ISSN 1135-9730, http://ddd.uab.cat/record/41
QI_16_coberta.pdf
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Nm. 16, 2011, ISSN 1135-9730, http://ddd.uab.cat/record/41
uaderns
D I tali
16
FRANCESCO DE SANCTIS (1817-1883)
La storia della letteratura, ancora?
La histria de la literatura, encara?
Quaderns ditali s una publicaci de les rees de Filologia Italiana de tres universitats: Universitat
Autnoma de Barcelona, Universitat de Barcelona i Universitat de Girona, a ms de lIstituto Italiano di
Cultura de Barcelona. Va ser fundada a la UAB el 1996 amb la voluntat ser un referent de les iniciatives
lligades a lmbit dels estudis de llengua, literatura i cultura italianes a Catalunya. El seu objectiu s servir
de mitj de difusi didees i investigacions originals lligades a aquests camps, en el vessant literari,
lingistic, teric o comparatista, amb especial atenci a les relacions entre les cultures hispniques i la
italiana. La revista publica articles originals en dossiers monogrfics, articles dinvestigaci, notes i ressenyes
dobres italianes traduides a alguna de les llenges de lEstat espanyol. Lacceptaci dels articles es regeix
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ISSN 1135-9730
Dipsit legal: B. 5437-1996
Imprs a Espanya. Printed in Spain
Imprs en paper ecolgic
Sumari
Quaderns dItali
Nm. 16, p. 1-254, 2011, ISSN 1135-9730
http://ddd.uab.cat/record/41
5-6
7-8
Presentaci
Premessa
Dossier
11-19 Remo Ceserani
La Storia della letteratura italiana come romanzo. Quaderns dItali,
2011, nm. 16, p. 11-19.
21-30 Maria Serena Sapegno
Dal catalogo alla narrazione identitaria. Quaderns dItali, 2011,
nm. 16, p. 21-30.
31-51 Roberto Antonelli
De Sanctis e la storiografia letteraria italiana. Quaderns dItali,
2011, nm. 16, p. 31-51.
53-66 Mara de las Nieves Muiz Muiz
Il diagramma storico-letterario di De Sanctis e la costruzione della
identit italiana. Quaderns dItali, 2011, nm. 16, p. 53-66.
67-84 Umberto Carpi
Il Partito Comunista Italiano e De Sanctis negli anni Cinquanta.
Classe operaia ed egemonia nazionale. Quaderns dItali, 2011,
nm. 16, p. 67-84.
85-100 Gabriella Gavagnin
De Sanctis nella tradizione critica catalana. Quaderns dItali, 2011,
nm. 16, p. 85-100.
Articles
103-114 Rachel Jacoff
Lectura Dantis: Paradiso XXXI. Quaderns dItali, 2011, nm. 16,
p. 103-114.
115-142 Laurent Gerbier
Le machiavlisme problmatique de Valds dans le Dilogo de las cosas
acaecidas en Roma. Quaderns dItali, 2011, nm. 16, p. 115-142.
143-163 Agostino Bistarelli
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna
durante il Trienio Liberal 1820-1823. Quaderns dItali, 2011,
nm. 16, p. 143-163.
Sumari
Quaderns dItali una pubblicazione che nasce dal lavoro congiunto delle Aree
di Filologia Italiana di tre universit catalane: Universitat Autnoma de Barcelona,
Universitat de Barcelona e Universitat de Girona, oltre allIstituto Italiano di Cultura
di Barcellona. iniziata nel 1996 presso lUAB con la volont di diventare un polo di
iniziative nellambito degli studi di italianistica in Catalogna. stata ideata per servire
come mezzo di diffusione di idee e di ricerche originali legate a questo campo, sia
relativamente alla letteratura che alla linguistica, sia da un punto di vista teorico che
comparatistico, con speciale attenzione per le relazioni tra le culture ispaniche e quella
italiana. La rivista pubblica articoli originali in dossier monografici, articoli di ricerca,
note e rassegne di opere italiane tradotte in tutte le lingue dello Stato spagnolo. Gli articoli vengono accettati secondo il criterio di valutazione di esperti esterni (peer review).
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Non serve aggiungere (e sia detto tra parentesi)2 nientaltro.
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la questione.
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andranno sempre in corsivo come nellesempio:
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Giorgio Brberi Squarotti, Il simbolo dellartifex, in Emilio Mariano (a cura di),
DAnnunzio e il simbolismo europeo. Atti del convegno di studio Gardone Riviera (14-16
settembre 1973), Milano: Il Saggiatore, 1976, p. 163-196.
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Cfr. (evitare v. o vd.)
n. = numero/-i
fasc. = fascicolo
ibid. = stesso testo (con ulteriore
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Presentaci
Dediquem el dossier daquest nmero a reflexionar sobre la Storia della letteratura italiana de Francesco De Sanctis, publicada entre els anys 1870-1871, no
noms com una anticipaci del proper segon centenari del naixement daquest
importantssim literat, sin tamb perqu ens permet encarar la qesti de la
histria de la literatura amb la distncia epistemolgica de dos segles plens
de grans canvis pel que fa als paradigmes espaciotemporals (fsica quntica,
relativitat). Daqu labverbi encara?, amb un interrogant, que acompanya
el ttol i que pretn posar laccent en la vigncia o no del concepte dhistria; per tamb sobre la complexitat del de literatura i sobre el lligam entre
tots dos. Si lespai i el temps han deixat destar regits recprocament per una
perspectiva homognia i unitria (la visi lineal duna fletxa que apunta cap
al futur i la geografia occidental), vet aqu que aleshores podem preguntarnos, per exemple, si la teoria de la reversibilitat del temps pot tenir un lloc
en les futures narracions de la literatura. Amb aquesta teoria sexplicaria,
entre altres coses, aquella paradoxa que tant agradava a Borges i que podem
resumir amb la frase Luciano de Samsata, lector de Leopardi, en el sentit
que, sense Leopardi, ning no hauria considerat lhellnic un antecedent de
la literatura moderna. La caixa espaciotemporal en la qual es trobava inserit
De Sanctis representava la seva histria, la qual, en el seu dibuix elegant fet de
narraci i descripcions clares dels principals protagonistes daquesta histria,
era tamb la gbia de la Veritat, don eren excloses moltes altres veritats,
moltes altres veus i molts altres espais, com no podia ser altrament, tractant-se
dun historiador hegeli que veia la histria nacional com una manifestaci de
lesperit de la naci en el seu desenvolupament en forma dalts i baixos, i que,
en aquest sentit, recollia les lnies essencials de la historiografia del Risorgimento
(Balbo, Gioberti) i democrtica (Sismondi, Quinet, Mazzini) conceptes
en els quals sentreteixia la idea duna temporalitat progressiva amb la idea
biolgica dun organisme viu (que per a De Sanctis coincidia amb la forma).
Cal dir, per, que De Sanctis era conscient de les limitacions del seu dibuix
histric. Noms cal llegir la ressenya de les Lezioni di letteratura italiana de
Luigi Settembrini en qu es pregunta: Quan ser possible una histria de la
Presentaci
Premessa
Premessa
nella quale si chiede Quando sar possibile una storia della letteratura, giacch tale operazione implica una storia esatta della vita nazionale, pensieri,
opinioni, passioni, costumi, caratteri, tendenze; una storia della lingua e delle
forme; una storia della critica, e lavori parziali sulle diverse epoche e su diversi
scrittori. E che ci di tutto questo? Nulla, o, se v alcuna cosa importante,
per nostra vergogna lavoro straniero. De Sanctis un anticipatore di formule
che successivamente si sarebbero utilizzate in diverse storie della letteratura
italiana, seguendo comunque, una formula pi dionisottiana che desantisiana.
Lo storicismo entrato in crisi gi da diverso tempo proprio per il concetto
di temporalit e di spazialit chiusa, omogenea, monolingue, sia che si adegui,
come ha fatto spesso e fa tuttora, ai documenti, sia che ricerchi la singolarit
dei documenti (come fa la cosiddetta storia estetica). Del resto sono stati
messi da parte anche molti altri modelli: lo Stilgeschichte, la sociologia della
letteratura, la storia-biografia, la teoria della ricezione applicata alla storia
della letteratura, ecc. Per non si ancora arrivati alla formulazione di una
nuova storia o di una nuova narrazione della letteratura che assuma non soltanto i nuovi paradigmi stazio-temporali gi menzionati, ma anche lo scetticismo e leclettismo postmoderno. Anche in questo caso si potrebbe affermare
che scompare il vecchio mondo senza che sia ancora apparso il nuovo.
Abbiamo invitato sei esperti nellambito della storia della letteratura a tracciare un bilancio dellimportanza di De Sanctis allinterno della storiografia
letteraria moderna. Roberto Antonelli, collaboratore della Storia della letteratura italiana Einaudi ed autore insieme a Maria Serena Sapegno di una
recente storia della letteratura italiana per la scuola superiore e per luniversit
(La Nuova Italia); Umberto Carpi, la cui passione storicista presente in ogni
suo scritto, da Montale dopo il fascismo (1971) a La nobilt di Dante (2004).
Remo Ceserani, autore dellormai mitico Il materiale e limmaginario, coordinato con Lidia de Federicis, della Guida allo studio della letteratura (1990) e di
Raccontare la letteratura (1990); Gabriella Gavagnin, studiosa della ricezione
della letteratura italiana in Catalogna a cui ha dedicato la monografia Classicisme i Renaixement: una idea dItlia durant el Noucentisme (2005); Mara de
las Nieves Muiz Muiz, autrice della traduzione al castigliano della storia di
Giuseppe Petronio e collaboratrice di quella diretta da Enrico Malato; e Maria
Serena Sapegno, collaboratrice della Letteratura Einaudi ed autrice, tra le altre
cose, di articoli sulla storiografia italiana del diciottesimo secolo (Tiraboschi,
ecc.) e di studi di genere.
Abstract
La Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis viene letta in questa relazione
come un romanzo, forse il romanzo di maggior successo dellOttocento italiano, dopo
I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Nellinterpretazione di Ceserani la struttura del
libro basata su tre tipi molto popolari di narrazione praticati in quel secolo: 1) il romanzo
storico, in cui realt e invenzione sono mescolate e scene di movimento di grandi masse si
alternano con scene in cui singoli grandi eroi (Dante, Machiavelli) sono celebrati e rappresentati nella loro monumentalit: 2) il romanzo di educazione o Bildungsroman, nel quale
tuttavia il protagonista non un singolo personaggio, che costruisce la sua individualit
dalla giovinezza alla maturit, ma , invece, un intero popolo, che passa attraverso fasi successive: una fase creativa e spontanea nel Trecento, una fase di decadenza nel Cinquecento
e Seicento, una nuova partenza e un vero rinascimento nellet moderna; 3) il dramma
borghese e lopera in musica, con il loro gusto per i contrasti dialettici e i forti conflitti.
Parole chiave: Storia; Letteratura; Romanzo; Bildungsroman; Dramma.
Abstract
Francesco De Sanctis History of Italian Literature is read in this paper as a novel, probably the most successful novel of the Italian Nineteenth-Century after The betrothed by
Alessandro Manzoni. According to Ceseranis interpretation, the structure of the book is
based on three popular types of narrations written in that century: 1) the historical novel
(or romance), in which reality and invention are combined and scenes of large masses
alternate with scenes in which single great heroes (Dante, Machiavelli) are celebrated and
represented in their monumentality; 2) the novel of education or Bildungsroman, but in
this case the protagonist is not a single character, who constructs his individuality from
youth to maturity; instead it is an entire people, who passes through different stages: a very
creative and genuine one in the Trecento, an age of decadence during the Cinquecento and
Seicento, a new start and a true renaissance in the modern times; 3) the bourgeois drama
and the opera, with their penchant for dialectical contrasts and sharp conflicts.
Keywords: History; Literature; Novel; Bildungsroman; Drama.
Remo Ceserani
Mi capitato pi volte di scrivere1 che la Storia della letteratura italiana (187071) di Francesco De Sanctis forse, dopo i Promessi sposi, il pi bel romanzo
italiano dellOttocento. Provo qui ad approfondire questa idea.
Richiamo anzitutto i generi letterari, tutti di forte presenza nella letteratura dellOttocento, a cui il libro di De Sanctis si ispira. Essi sono il romanzo
storico, il romanzo di formazione e il dramma borghese.
1. La Storia della letteratura italiana come romanzo storico
Fra le caratteristiche tipiche del romanzo storico la Storia della letteratura
italiana ha preso, anzitutto, quello che ne forma la struttura narrativa pi
ampia e cio lalternanza di scene-affresco di massa con scene in cui su tutto
spicca e si staglia leroe-individuo. Si possono prendere, come esempi di questa particolare struttura, i modi in cui sono rappresentati Dante e Savonarola.
Ecco il primo, in un ritratto che arieggia i personaggi della pittura romantica
e anche dellopera in musica ottocentesca:
Dante accigliato, brusco, tutto di un pezzo, com ne suoi ritratti, ha troppa
bile e collera, e non buono n alla caricatura, n allironia. Ma dalla sua
fantasia dartista uscita una di quelle creazioni, che sono le grandi scoperte
nella storia dellarte, un mondo nuovo: il nero cherubino, che strappa a San
Francesco lanima di Guido da Montefeltro, il padre di Mefistofele.2
Accanto a Dante, altre figure in forte rilievo scultoreo: Brunetto, Pier delle
Vigne, Francesca:
Queste grandi figure, l sul loro piedistallo rigide ed epiche come statue, attendono lartista che le prenda per mano e le gitti nel tumulto della vita e le faccia
esseri drammatici. E lartista non fu un italiano: fu Shakespeare. (SLI, p. 275)
1. Per esempio Remo Ceserani, Raccontare la letteratura, Torino: Bollati Boringhieri, 1990,
p. 19-23.
2. Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a cura di Grazia Melli Fioravanti,
introduzione di Ren Wellek, Milano, Rizzoli BUR, 1983, p. 269. Dora in avanti indicata
nel testo con la sigla SLI e il numero delle pagine.
Arianna, e ritta sul carro della Morte tende la mano minacciosa e con voce
nunzia di sciagure grida agli uomini: Penitenza! penitenza! (SLI, p. 473)
Remo Ceserani
Senti, in questa pagina, che lautore vuol costruire, o ricostruire, proiettandolo nei secoli futuri, lo spirito (il Geist) della nazione e, con mossa tipicamente risorgimentale, si sforza di ritrovarne (o inventarne) le radici nella lontana
civilt comunale, religiosa e laica a un tempo, officiata da Mazzini e Gioberti.
I concetti dominanti sono quelli che gli storici del Risorgimento a noi contemporanei hanno analizzato con grande cura: di nazione, di patria, di popolo.3
Le nazioni hanno, secondo De Sanctis, una missione e una vita:
Come gli individui hanno la loro missione in terra, cos anche le nazioni. Glindividui senza patria, senza virt, senza gloria sono atomi perduti,
numerus fruges consumare nati. E parimenti ci sono nazioni oziose e vuote,
che non lasciano alcun vestigio di s nel mondo. [...] Ci che rende grandi le
nazioni la virt o la tempra, gagliardia intellettuale e corporale, che forma
il carattere o la forza morale. Ma come glindividui, cos le nazioni hanno la
loro vecchiezza, quando le idee che le hanno costituite sindeboliscono nella
coscienza e la tempra si fiacca. E lindirizzo del mondo fugge loro dalle mani
e passa ad altre nazioni. (SLI, p. 603)
3. Per esempio: Silvio Lanaro, Patria: circumnavigazione di unidea controversa, Venezia: Marsilio, 1996; Alberto Maria Banti, La nazione nel risorgimento: parentela, santit e onore alle
origini dellItalia unita, Torino: Einaudi, 2006.
Remo Ceserani
gli elementi di raccordo temporale del tipo non ancora... ancora... non pi...
gi... ecco. Ci sono poi parole e termini che vengono ripetuti e ribaditi con
frequenza e rappresentano limpianto concettuale della storia, segnandone il
percorso attraverso lo schema storico dalla situazione originaria di freschezza
civile, fervore vitale e severo impegno etico alla decadenza morale (accompagnata da un amore per la forma e la bellezza) alla rigenerazione, alla risurrezione, al rinnovamento, al risorgimento. A dare forza e plasticit a questo percorso provvedono molte metafore biologiche e naturalistiche, quali
quelle del nascere, del prender carne, del vivere, dellessere ancora in
culla e poi del venire a maturit, della sonnolenza, del risveglio.
Ne do alcuni esempi:
[Nella poesia cortigiana] hai tutti difetti della decadenza, un seicentismo che
infetta larte ancora in culla. (SLI, p. 71)
[Nelle Vite del Cavalca] il concetto del secolo, uscito dalle astrattezze teologiche
e scolastiche, prende carne, acquista una esistenza morale e materiale. (SLI,
p. 177)
[La Divina commedia] una di quelle costruzioni gigantesche e primitive, vere
enciclopedie, bibbie nazionali, non questo o quel genere, ma il tutto, che contiene nel suo grembo ancora involute tutta la materia e tutte le forme poetiche,
il germe di ogni sviluppo ulteriore. (SLI, p. 243)
[Nel Canzoniere di Petrarca] molti generi di letteratura ancora iniziali e abbozzati gi nella Commedia [vennero] a maturit. (SLI, p. 354)
[Abbandonati il gusto della lotta e messa a tacere la coscienza, nellItalia del
Seicento prevalse una generale sonnolenza e] il primo fenomeno di questa sonnolenza italiana fu il meccanismo, una stagnazione nelle idee, uno studio di
fissare e immobilizzare le forme. Si arrest ogni movimento filosofico e speculativo. (SLI, p. 678)
avverte la dimensione letteraria e oraziana, diventa un personaggio da romanzo e viene messo in compagnia con Sancio Panza e Don Abbondio:
Il poveruomo era un personaggio idillico, non aveva ambizioni, non curava
grandezze, n onori: gli sapeva meglio una rapa in casa sua che tordo e starna
allaltrui mensa [...]. Ma non lasciato vivere, e ha tra piedi il cardinale, e ne
sente una stizza che sfoga con questo e con quello. Qualche rara volta la stizza
si alza a indignazione e gli strappa nobili accenti [...]. Ma sono scarse faville.
Non cos rimesso danimo o cupido donori, che imiti i cortigiani e sacrifichi
la sua comodit per far a gusto del cardinale; e non cos altero che rompa la
catena una buona volta, e lo mandi con Dio. Scrive borbottando e sfogando il
mal umore, con una sua propria fisionomia nella scala de Sancio Panza e de
don Abbondio. (SLI, p. 536-537)
Lavvio alla vita e alla carriera di molti personaggi simile a quello di tanti
protagonisti di romanzi borghesi:
[Ludovico Ariosto nel 1498] proprio lanno che il Machiavelli era eletto segretario del comune fiorentino [...] aveva allora ventisei anni. Cinque ne aveva
sciupati intorno alle leggi; finch, avuta dal padre licenza, si mise con ardore
allo studio delle lettere, e tutto pieno il capo di Virgilio, Orazio, Petrarca,
Plauto, Terenzio, cominci a far versi latini e italiani, come tutti facevano.
(SLI, p. 526-527)
Carlo Goldoni era, come Metastasio, artista nato. Di tutti e due se ne volea
fare degli avvocati. Anzi Goldoni fece lavvocato con qualche successo. Ma
alla prima occasione correva appresso agli attori, insino a che il natural genio
vinse. (SLI, p. 908)
[Giuseppe Parini]. Venuto dal contado in Milano, cominci i soliti studii
classici sotto i barnabiti, e il padre Branda fu suo maestro di rettorica. Il babbo
volle farne un prete per nobilitare il casato; ma sul pi bello fu costretto per le
strettezze domestiche a troncare i suoi studii e a ingegnarsi per trarre innanzi
la vita. (SLI, p. 922)
Frequenti sono le espressioni che chiamano in scena il lettore e gli suggeriscono come porsi di fronte ai vari personaggi: questo ha laria di..., di
questaltro senti in lui uno o altro atteggiamento psicologico. Un tratto carat-
Remo Ceserani
4. Strategie narrative
Basta confrontare la Storia della letteratura italiana con altre due forme praticate da De Sanctis, e cio la lezione universitaria e il saggio destinato alla
pubblicazione in rivista, per cogliere la forte specificit narrativa della Storia.
Fra gli elementi che danno forza e compattezza narrativa a questo testo si
possono annoverare: a) la rappresentazione della testualit letteraria come spazio, come mondo che il narratore visita, invitando il lettore a visitarlo a sua
volta; b) la tendenza alla personificazione della societ nazionale, lItalia, fornita di una coscienza e di uno spirito, trasformata in personaggio e anche alla
personificazione delle epoche storiche. La tradizione letteraria italiana, attraverso una fitta rete di collegamenti interni, rappresentata come un tutto continuo,
con propri caratteri molto spiccati, allinterno della tradizione europea.
Quello della costruzione di uno spazio letterario italiano mi sembra una
soluzione molto originale. Il narratore assume il tono della guida, del maestro,
che porta con s gli allievi e i lettori a visitare quello, come fosse un museo.
Usa il noi del plurale. Non un narratore onnisciente, ma certo un narratore che ha le sue buone e ampie conoscenze, ha davanti i suoi testi e senza farsene sopraffare li comunica, con svelta eleganza, agli ascoltatori e lettori:
Cincontriamo dapprima nella letteratura claustrale, ascetica, mistica, religiosa
[...] Senti che quegli uomini prendono viva partecipazione a quello che scrivono, e vivono l dentro, e ci lasciano limpronta del loro carattere e della loro
fisionomia intellettuale e morale. Usciamo dalle astrattezze... (SLI, p. 176)
Entriamo in questo mondo [quello di Dante] e guardiamolo in s stesso e
interroghiamolo... (SLI, p. 239)
[In Petrarca troviamo] un doppio mondo [...] un mondo che se ne va e un
mondo che se ne viene. (SLI, p. 348)
Mettiamo ora il pi in questo mondo del Boccaccio. Che vi troviamo? (SLI,
p. 364)
Inchiniamoci innanzi a Giordano Bruno. (SLI, p. 766)
4. Questa espressione riechegger nel titolo di un famoso romanzo di mile Zola: La bte
humaine (1890).
e scolastiche, prende carne, acquista una esistenza morale e materiale. (SLI, p. 177)
[Boccaccio] volge le spalle al medio evo e inizia la letteratura moderna. (SLI,
p. 379)
Intanto il secolo [il Settecento] camminava con passo sempre pi celere. (SLI,
p. 855)
Abstract
Il saggio delinea le caratteristiche principali dei diversi modelli di narrazione storico-letteraria (Crescimbeni, Tiraboschi, Foscolo) che si succedono in Italia nel secolo diciottesimo e
costituiscono il retroterra politico-culturale delle scelte che presiederanno alla composizione
della Storia desanctisiana.
Parole chiave: narrazione; storia; identit nazionale; primato.
Abstract
The essay outlines the main characteristics of the different models of literary-historical
narration (Crescimbeni, Tiraboschi, Foscolo) which followed one another in Italy in the
18th century and set up the political-cultural background that stands out in the composition of De Sanctiss Storia.
Keywords: narration; Storia; national identity; primacy.
eroi Galileo Galilei. Infatti la sua originale definizione del Seicento come secolo ancipite, da un lato del Marino e dallaltra di Galileo e della nuova scienza,
sar ripresa da molti, e in particolare da De Sanctis.
Risulta molto chiara anche ladesione al paradigma classicista, pur nel delinearsi di una nuova gerarchia che subordina il Bello al Vero scientifico oltre che
metafisico. Eppure tale rinnovata fede nel modello classicista del Bello non
deriva allautore da una passiva accettazione della tradizione classicista italiana,
ma ne costituisce piuttosto una nuova interpretazione. Mentre infatti, dal Duecento in avanti, lo storico ricostruisce la storia della cultura italiana per scansioni secolari, dando uno spazio rilevante ma non dominante allo specifico letterario, si va facendo via via pi chiara quale interpretazione egli consideri
necessaria alla sua impresa e quale ne sia lo scopo prioritario. Innanzitutto la
venerazione verso Muratori non giunge a fargli accettare davvero la rivoluzionaria attenzione da questi dedicata alla cultura dei tempi di mezzo: se Muratori guardava con una risata di indulgente riprovazione alla propria giovinezza
infatuata del modello classicista, che condannava alloscurit otto secoli di cultura italiana, Tiraboschi non ci trova nulla da ridere, anzi. La sua narrazione
infatti riprende linterpretazione umanistica per rilanciarla su basi radicali: gli
umanisti, sulla scorta del gran Petrarca latino, (il primo che gittandosi tra le
tenebre, onde ogni cosa era miseramente ingombrata, cercasse di richiamare a
nuova vita quegli uomini illustri dellantiquit, senza la scorta dequali appena
poteasi sperare di dissiparle)7 hanno recuperato la civilt (messa in salvo
dalloperosit dei monaci) e costituiscono il cuore forte della cultura italiana,
il contributo unico e incalcolabile che essa ha dato al resto dEuropa.
Si va cos delineando una precisa idea di primato, quella che oppone la
cultura italiana, in quanto collettivo operoso di studiosi, eruditi e bibliotecari
(che si reincarna poi nella stessa Compagnia di Ges, ingiustamente oggetto
di critiche contemporanee tanto severe da decretarne la chiusura) agli altri, che
spesso si presentano nelle vesti minacciose dei barbari. Nel dare risposta alla
domanda sulle cause della decadenza delle scienze infatti, Tiraboschi identifica senza problemi nella presenza degli stranieri e nella loro influenza corruttrice, sia la causa di decadenza della letteratura latina (dopo la morte di Augusto
cominci Roma ad essere pi assai che prima inondata da popoli stranieri (...)
Con ci a me pare che probabilmente si spieghi non solo la rozzezza dello stile
di quegli che erano stranieri, ma di quegli ancora, aquali il parlare latino era
natio. Questi frammischiati cobarbari (...) ne apprendevano la maniera di
favellare, ne adottavano le parole, vestivano i difetti del loro stile)8 che naturalmente quella della vittoria del cattivo gusto in tempi pi recenti. Tale la
passione ideologica anti-straniero per la difesa del primato italiano da spingerlo a prendere esplicitamente le distanze dalla svolta muratoriana (Sembra
che il dottissimo Muratori avesse una singolare predilezione per questi Barbari. Egli abbraccia nesuoi Annali ogni occasione che gli si offra a mostrare che
7. Id., Storia della Letteratura Italiana, cit., t.V, libro I, capo IV, par. v, p. 154.
8. Id., Dissertazione preliminare, in Storia della letteratura Italiana, cit., t. II, par. xxxi, p. 46-48.
essi non eran poi n cos barbari n cos crudeli, come comunemente si
crede).9
Coerentemente a tale ricostruzione, del resto, se da un lato Tiraboschi non
in grado di percorrere davvero la nuova via aperta da Muratori, via che uscir
largamente sconfitta nella sua audacia rivoluzionaria, dallaltro anche nelle scelte
del gesuita lintera narrazione tradizionale ad uscirne profondamente modificata, attraverso un cambiamento della sua base identitaria: il canone poetico
italiano che aveva costituito lasse portante della tradizione rinascimentale e sul
quale si era voluto costruire il principato letterario italiano, recede ora in posizione esornativa per motivi sostanziali di valutazione ideologica e culturale.
Se infatti Petrarca resta modello di perfetta poesia e va accettato (e perdonato) quando sfoga pietosamente la sua amorosa passione10 certo altra cosa
quando levasi pi sublime e prende pi nobili oggetti a scopo delle sue
rime.11 Ancora pi esplicitamente, dopo la rivoluzione degli umanisti che
praticavano occupazioni pi degne duom dotto, e la Poesia Italiana parea in
confronto ad esse un fanciullesco intrattenimento12 il Cinquecento viene presentato per contrasto come letterariamente sbiadito ma illuminato dal Concilio di Trento, dalla Compagnia di Ges e dalla filosofia.
Tiraboschi consegna quindi ai suoi contemporanei, e ai posteri, un modello forte e autorevole, destinato a lunga fortuna: una narrazione storica accurata e fortemente marcata dalle domande e dalle urgenze del presente, inserita
nel dibattito contemporaneo e volta a fornire le basi culturali di unidentit
nazionale unitaria. Una storia erudita ma militante che, pur cercando di fornire giudizi equanimi tenendo conto dei diversi aspetti della cultura che va
ricostruendo, e tentando di storicizzare i giudizi di valore, compie tuttavia le
sue scelte ed orientata da valutazioni di ordine ideologico e morale, proprio
come rivendicato ripetutamente dal suo estensore. La spinta a restaurare lorgoglio nazionale del primato, innanzitutto, ma anche unidea di cultura come
impegno per il progresso delle scienze e il senso etico di tale scavo storico.
Sono questi tutti elementi che verranno ripresi nella sua Storia da De Sanctis che lo definir il Muratori della letteratura, apprezzandolo e allo stesso
tempo sottovalutando le profonde differenze tra i due impianti, mosso da una
fortissima urgenza che per non gli impedir di concludere la sua Storia con
una valutazione dei suoi tempi che suona omaggio implicito al metodo del
gesuita: I sistemi sono sospetti, le leggi sono accolte con diffidenza, i principi
pi inconcussi sono messi nel crogiuolo, niente si ammette pi che non esca
da una serie di fatti accertati. Accertare un fatto desta pi interesse che stabilire una legge.13
Giudizio in verit assai vicino a quello che apparir di l a poco sulle pagine programmatiche del primo numero del Giornale storico della letteratura
9. Id., Storia, cit., t. III, libro II, capo I, par. iv, p. 129.
10. Ibid., t. VI, libro III, capo II, par. xxxv, p. 815.
11. Ibid.
12. Ibid., capo III, p. 1226.
13. Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Bari: Laterza, 1925, vol. II, p. 417.
italiana: che cosa sono, (...) dopo quella del Tiraboschi, (...) le storie della
nostra letteratura? O esposizioni superficiali e manchevoli, o sintesi pi o meno
geniali in cui, pi assai che allo studio diretto dei fatti, si bad ad alcuni preconcetti estetici, politici, filosofici, con laiuto de quali si pretese di interpretare e ordinare fatti male sceverati e mal noti, ossia di ricostruire sistematicamente la storia.14
La Storia desanctisiana e quella tiraboschiana sembrano in queste parole
percepite ormai come modelli opposti e inconciliabili, tra i quali preferire senza
dubbio quello del gesuita in quanto farebbe a meno di una struttura sistematica, di un ordinamento narrativo.
Era stata questa, dellopposizione inconciliabile tra i due modelli, anche lopinione del Foscolo, che era per severissima, considerando allopposto la mancanza di una narrazione un difetto imperdonabile, pur se non scevra di rispetto
e ammirazione per il formidabile lavoro di scavo, accertamento ed ordinamento
di materiali che risultava evidente ad apertura e consultazione dei monumentali
volumi tiraboschiani.
In particolare Foscolo osserva acutamente che de letterati italiani raramente il Tiraboschi mi mostra quanto giovarono o quanto nocquero alla loro
arte ed al mondo. (...) Vero che nelle Dissertazioni preliminari il nostro storico intende di provvedervi, ma (...) se la storia senza filosofia non che serie
cronologica davvenimenti, le disquisizioni critiche senza avvenimenti non sono
mai storia.15 Da storico della letteratura, ma soprattutto da scrittore tutto
dentro la contemporaneit dei fatti letterari, e da poeta, Foscolo coglie la profonda debolezza della ricerca del gesuita da un lato nellincapacit di costruire
una narrazione che renda conto dello sviluppo dellarte poetica, della letteratura, nel tempo e attraverso i contributi dei singoli, dallaltro nello scollamento che perci rimane tra i medesimi fatti letterari e la trattazione storica.
Sappiamo che, pur senza giungere mai a completare il suo disegno di
storia letteraria, Foscolo si dedica a lungo e con grande assiduit allo studio
della letteratura italiana dal punto di vista storico-critico e lascia un materiale ricchissimo ed affascinante pur se in parte frammentario. Per lui proprio
la narrazione che deve costruire il senso del percorso e lidentit culturale
italiana ha un filo rosso semplice e fortissimo: la lingua. La lingua letteraria
gli appare la chiave per ricostruire le epoche della letteratura italiana, presa
in esame perch per essere la pi antica e copiosa tra tutte le moderne, pu
contribuire pi efficacemente alla storia della civilt e della critica
letteraria.16 Da questa angolazione, fondata nel presente di chi si trovato
a fare i conti con la mancanza di una lingua moderna nella quale poter scrivere, molti snodi appaiono cruciali, le domande sui fatti letterari, sui testi,
si radicano nella storia civile e la dannosa separazione imputata a Tiraboschi
viene meno.
14. Giornale storico della letteratura italiana, Programma, vol. I (1883), 1, p. 2.
15. Ugo Foscolo, Edizione Nazionale delle Opere, Firenze: Le Monnier, 1933, vol. VII, p. 49.
16. Ibidem, vol. XI, p. 99.
Abstract
Lautore analizzza limpatto della Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis
sulla storiografia italiana del xx secolo, rilevando come la linea storicistica lineare di De
Sanctis sia stata assunta come modello storiografico di tutte le Storie letterarie successive
ma come nel contempo sia stata oggetto anche di una riduzione ideologica, da Croce a
Gentile, a Gramsci, con la sottolineatura degli aspetti militanti della sua opera. De Sanctis ha concepito la sua Storia in funzione del processo unitario risorgimentale: soltanto
Carlo Dionisotti ha criticato le ragioni storiche di tale modello proponendone acutamente
uno radicalmente alternativo, di tipo geografico-storico,che recentemente ha iniziato a
produrre i suoi risultati, anche a livello formativo.
Parole-chiave: De Sanctis; Storiografia letteraria; Croce; Geografia e storia; Dionisotti.
Abstract
The author analyses the impact of the Storia della letteratura italiana by Francesco De
Sanctis about the Italian historiography of the Twentieth century, pointing out how the historicist line by De Sanctis has established itself as a historiographical model for the whole later
literary history while, at the same time, it proposes an ideological reduction, from Croce and
Gentile, to Gramsci, with the underlining of the militant aspects of his work. De Sanctis
has conceived his Storia in relationship with the unitary process of the Risorgimento: only
Carlo Dionisotti has criticised the historical reasons of such a model, and has aptly proposed
a radical alternative one of a historical-geographical type. This alternative has recently begun
to achieve results at a formative level.
Keywords: De Sanctis; Literary historiography; Croce; Geography and history; Dionisotti.
Roberto Antonelli
In questo senso lintreccio fra spinta storico-politica risorgimentale e scrittura della sua Storia formano un tuttuno. Ricostruzione delle basi letterarie
1. F. De Sanctis, Settembrini e i suoi critici (1869), poi in Nuovi saggi critici (1879), Napoli
18904, p. 251-252.
2. F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a c. di N. Gallo, intr. di N. Sapegno, Con
una nota introduttiva di C. Muscetta, Torino 1975, 2 voll., II, p. 975.
Sarebbe per certo parziale giudicare la Storia desanctisiana, come fosse una
storia dettata da interessi puramente politici: storiografia e valutazione estetica si
compongono in lui, e nella sua opera, in un insieme non scomponibile. E qui
che si colloca la seconda questione lasciata in eredit dalla sua opera, quella della
definizione estetica dellopera letteraria e, conseguentemente, del suo rapporto
con la storia letteraria, in particolare con una storia della letteratura come quella
da lui costruita. Se infatti prima della stesura della Storia, nel 1858, la letteratura e la sua storia hanno un senso, per il tipo particolare di rapporto che intercorre fra contenuto e forma (Lidea e lestetica dello Hegel: ogni contenuto
una totalit, che come idea appartiene alla scienza, come esistere materiale appartiene alla realt, come forma appartiene allarte [...] Il mistero della vita che il
tutto non comparisce mai come tutto, ma come parte, la quale non esclude ma
si assimila il rimanente). Concetto ribadito e analiticamente articolato e sviluppato ancora nel 1869, a Storia quasi completata, e basato, seppur con qualche
rielaborazione, sullinsegnamento hegeliano:
La forma non a priori, non qualcosa che stia da s e diversa dal contenuto,
quasi ornamento o veste o apparenza o aggiunto di esso, anzi essa generata dal
contenuto, attivo nella mente dellartista: tal contenuto tal forma. E il contenuto
attivo, appunto perch ha la sua poesia, il suo bello naturale, come la natura ha
il suo bello reale, ha qualcosa di proprio che fa impressione e mette in movimento il cervello dellartista, ed apparisce nella forma. Ivi, nella forma, il critico ritrova il contenuto, da lui gi esaminato come un antecedente, lo ritrova non pi
natura, ma arte; non pi qual era, ma qual divenuto, e sempre tutto esso, col
suo valore, colla sua importanza. [...] Il contenuto non dunque indifferente, non
trascurato. Apparisce due volte nella nuova critica: la prima, come naturale e
astratto, qual era; la seconda, come forma, qual divenuto. [...] Il contenuto
sottoposto a tutte le vicende della storia; nasce e muore; la forma immortale.4
3. Ibid., p. 606-607.
4. F. De Sanctis, Settembrini, cit., p. 240.
33
Sarebbe per certo parziale giudicare la Storia desanctisiana, come fosse una
storia dettata da interessi puramente politici: storiografia e valutazione estetica si
compongono in lui, e nella sua opera, in un insieme non scomponibile. E qui
che si colloca la seconda questione lasciata in eredit dalla sua opera, quella della
definizione estetica dellopera letteraria e, conseguentemente, del suo rapporto
con la storia letteraria, in particolare con una storia della letteratura come quella
da lui costruita. Se infatti prima della stesura della Storia, nel 1858, la letteratura e la sua storia hanno un senso, per il tipo particolare di rapporto che intercorre fra contenuto e forma (Lidea e lestetica dello Hegel: ogni contenuto
una totalit, che come idea appartiene alla scienza, come esistere materiale appartiene alla realt, come forma appartiene allarte [...] Il mistero della vita che il
tutto non comparisce mai come tutto, ma come parte, la quale non esclude ma
si assimila il rimanente). Concetto ribadito e analiticamente articolato e sviluppato ancora nel 1869, a Storia quasi completata, e basato, seppur con qualche
rielaborazione, sullinsegnamento hegeliano:
La forma non a priori, non qualcosa che stia da s e diversa dal contenuto,
quasi ornamento o veste o apparenza o aggiunto di esso, anzi essa generata dal
contenuto, attivo nella mente dellartista: tal contenuto tal forma. E il contenuto
attivo, appunto perch ha la sua poesia, il suo bello naturale, come la natura ha
il suo bello reale, ha qualcosa di proprio che fa impressione e mette in movimento il cervello dellartista, ed apparisce nella forma. Ivi, nella forma, il critico ritrova il contenuto, da lui gi esaminato come un antecedente, lo ritrova non pi
natura, ma arte; non pi qual era, ma qual divenuto, e sempre tutto esso, col
suo valore, colla sua importanza. [...] Il contenuto non dunque indifferente, non
trascurato. Apparisce due volte nella nuova critica: la prima, come naturale e
astratto, qual era; la seconda, come forma, qual divenuto. [...] Il contenuto
sottoposto a tutte le vicende della storia; nasce e muore; la forma immortale.4
3. Ibid., p. 606-607.
4. F. DE SANCTIS, Settembrini, cit., p. 240.
Roberto Antonelli
Sul rapporto fra contenuto e forma Croce nellEstetica pervenne, estremizzandolo, a risultati diversi, con implicazioni notevoli anche riguardo alla natura della storia letteraria il cui senso, come noto, negato in radice:
La conoscenza ha due forme: o conoscenza intuitiva o conoscenza logica;
conoscenza per la fantasia o conoscenza per lintelletto; conoscenza dellindi
viduale o delluniversale; [...] , insomma, o produttrice dimmagini o produttrice di concetti. [...]
Ogni vera intuizione o rappresentazione , insieme, espressione. Ci che non
si oggettiva in una espressione non intuizione o rappresentazione, ma sensazione o naturalit. [...] Intuire esprimere; e nientaltro (niente di pi, ma
niente di meno) che esprimere.
[...] [Materia e forma] sono non gi due atti nostri, di cui luno stia di fronte
allaltro, ma luno un di fuori che ci assalta e ci trasporta, laltro un di
dentro che tende ad abbracciare quel di fuori e a farlo suo. La materia, investita e trionfata dalla forma, d luogo alla forma concreta. E la materia, il
contenuto quel che differenzia una nostra intuizione da unaltra: la forma
costante, lattivit spirituale; [...]
[...] La materia poetica corre negli animi di tutti: solo lespressione, cio la
forma, fa il poeta. E qui si trova la verit della tesi che nega allarte qualsiasi
contenuto, intendendosi per contenuto appunto il concetto intellettuale.
In questo senso, posto contenuto uguale a concetto, esattissimo non solo
che larte non consiste nel contenuto, ma che essa non ha contenuto.
[...] Se lespressione forma della coscienza, come cercare lorigine storica di
ci che non prodotto della natura, e che della storia umana presupposto?5
Il giudizio che conseguentemente lo stesso Croce d della Storia desanctisiana6 si muove su due piani; da una parte ne esalta il valore di storia, si badi,
di tutta la vita italiana, religiosa politica morale, senza mai usare il termine
letteraria, dallaltra ne pone in rilievo lo stile, dunque la valenza estetica, del
tutto conseguentemente con le premesse teoriche crociane (estetica come
scienza dellespressione), che portano ad una storia quale opus rhetoricum
maxime: Qui importa considerare lanimo di lui, il sentimento che alita nei
suoi scritti, lo stile che ne lespressione. Della soluzione desancisiana del rapporto fra contenuto-forma e storiografia letteraria non c pi traccia esplicita,7
implicitamente acquisendo De Sanctis allinterno del proprio sistema. La Storia della letteratura non pu valere sul piano del giudizio estetico (ma essere
semmai oggetto, in quanto opera darte, di un giudizio estetico).
5. B. Croce, Estetica come scienza dellespressione e linbguistica generale (1902), Bari 1958,
p. 3 e segg.
6. Id., Francesco De Sanctis, in La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, Bari 1921,
p. 357-377.
7. Ibid., pur se sottolineava la grande novit di un critico nel quale il giudizio sullopera
darte diventava al tempo stesso libero da ogni dominio estraneo e rigidamente sottomesso
al criterio dellarte.
Roberto Antonelli
mento formano un insieme che d conto dei giudizi di Croce e di tanti dopo
di lui, fino a Wellek9, compresa la sottolineatura della narrativit del testo
desanctisiano, gi in Croce ma ancor pi in Debenedetti e ancora recentemente presso Sanguineti e Ficara, fino a concepirlo, oggi, come una sorta di grande romanzo storico: il capolavoro del Romanticismo risorgimentale italiano,
un po come Verdi in musica.10 Lettura certamente legittima e acuta, ma in
qualche modo limitativa della personalit di De Sanctis.
Luso politico(-culturale) di De Sanctis inizia dunque con Croce e la sua
battaglia, liberale e antisocialista, contro il positivismo e contro la scuola storica11: De Sanctis esaltato come risorgimentale e precursore dellidealismo,
oltre che come serbatoio di temi (ivi compresa lEstetica), suggestioni critiche
e perfino formule linguistiche.
Mentre linterpretazione tendenziosa crociana insisteva su un filo in qualche modo continuo, con Gentile, a regime fascista ormai trionfante, si determina una vera e propria svolta, in evidente polemica con Croce (ribadita poi
pi esplicitamente in La filosofia dellarte), di cui inizialmente si discutono i
presupposti teorici, rilevando come la filosofia di riferimento di De Sanctis,
lhegelismo, non fosse riducibile al sistema crociano (che non filosofia, ma
semplice descrizione empirica e dommatica). De Sanctis innanzitutto il
critico e lo storico di una cultura dellanimo e riforma della vita, innanzitutto il maestro di una critica militante perfettamente adatta a un momento
in cui oggi [...], almeno in Italia, si ride delle preoccupazioni ingenue e melense per la purezza degli ideali dei chierici, poich la stessa arte, la stessa
filosofia non si sanno pi concepire se non in funzione della vita, e cio come
forme della stessa vita che si svolge sotto limpero duna stessa legge nella politica come nella scuola, nelle armi come negli studi, nel lavoro come nella
riflessione scientifica. Non c pi posto per larte, pura arte, poesia in opposizione alla prosa, forma da definire prescindendo dal contenuto, ecc.. Bisogna
tornare a De Sanctis:
9. Ren Wellek per, mentre sottolineava la scarsa conoscenza dellopera di De Sanctis fuori
dItalia, esaltava anche la sua capacit di fondere felicemente un ampio schema storico
con una critica rigorosa, la teoria con la pratica, la generalizzazione estetica con lanalisi
specifica, fino a definirla la pi bella storia letteraria che sia mai stata scritta (A History
of Modern Criticism (1965) [tr. it. Storia della critica moderna (1750-1950), Bologna 19581969, 5 voll., IV, p. 155]).
10. Su tali aspetti cfr. lIntroduzione di G. Ficara a F. De Sanctis, Storia della letteratura cit.,
p. xv e segg.
11. La funzione con cui Croce utilizz la Storia desanctisiana perfettamente chiara a Carlo
Dionisotti, Postilla a una lettera scarlatta (1946), poi in Geografia e storia della letteratura
italiana (1967), Torino 1977, p. 19: Nel dominio della letteratura italiana, conteso a quel
tempo dai carducciani e dai filologi, come allora si diceva, di scuola tedesca, in un reggimento oligarchico fondato sulle cattedre universitarie e su riviste spcializzate, il Croce non
ebbe da fare breccia con la prepotenza della conquista [...]. Perno del rivolgimento la Storia
del De Sanctis: e il nuovo assetto fu raggiunto sulla base di una teocrazia desanctisiana alla
quale si adattarono anche i precedenti oligarchi, accettando per s funzioni pi definite e
controllate.
Il vero che lestetica del De Sanctis non inquadrata come oggi barbaricamente si dice ma fondata in una filosofia; e perci tuttuno con
questa filosofia; laddove lestetica dei continuatori (voglio dire, di quelli che
si presumono o sono ritenuti suoi continuatori) non ha questo fondamento,
perch non filosofia, ma semplice descrizione empirica e dommatica. [...]
Oggi che tra glItaliani s diffusa la convinzione che una cultura dellintelligenza che non sia cultura dellanimo e riforma della vita una cultura vuota
e falsa; oggi che la stessa arte, la stessa filosofia non si sanno pi concepire se
non in funzione della vita, e cio come forme della stessa vita che si svolge
sotto limpero duna stessa legge nella politica come nella scuola, nelle armi
come negli studi, nel lavoro come nella riflessione scientifica; oggi che, almeno in Italia, si ride delle preoccupazioni ingenue e melense per la purezza
degli ideali dei chierici; oggi nella critica letteraria, e non soltanto in essa,
bisogna tornare a De Sanctis. E tempo di spazzare i ragnateli di quella inafferrabile critica che pretende invano di dividere lindivisibile e fissare un
momento ideale della vita dello spirito: arte, pura arte, poesia in opposizione alla prosa, forma da definire prescindendo dal contenuto, ecc. Larte che
si potesse cos additare, in s e per s, sarebbe in verit un alibi assurdo per
luomo. Il quale sempre che ha vissuto una schietta forma darte, ha sentito
dentro di essa tutta la sua umanit, con la sua fede e con la sua passione; da
cui nessuno s potuto mai staccare se non per precipitare nel falso della vita
e insieme dellarte.12
Roberto Antonelli
Sanctis, nellultima fase della sua vita e della sua attivit, rivolse la sua attenzione al romanzo naturalista o verista e questa forma di romanzo, nellEuropa
occidentale, fu lespressione intellettualistica del movimento pi generale di
andare al popolo, di un populismo di alcuni gruppi intellettuali sullo scorcio
del secolo scorso, dopo il tramonto della democrazia quarantottesca e lavvento
di grandi masse operaie per lo sviluppo della grande industria urbana. Del De
Sanctis da ricordare il saggio La scienza e la vita, il suo passaggio alla Sinistra
parlamentare, il suo timore di tentativi forcaioli velati da forme pompose, ecc.
Un giudizio del De Sanctis: Manca la fibra perch manca la fede. E manca
la fede perch manca la cultura. Ma cosa significa cultura in questo caso?
Significa indubbiamente una coerente, unitaria e di diffusione nazionale concezione della vita e delluomo, una religione laica, una filosofia che sia
diventata appunto cultura, cio abbia generato unetica, un modo di vivere,
una condotta civile e individuale. Ci domandava innanzi tutto lunificazione
della classe colta e in tal senso lavor il De Sanctis con la fondazione del
Circolo filologico, che avrebbe dovuto determinare 1unione di tutti gli uomini colti e intelligenti di Napoli; ma domandava specialmente un nuovo atteggiamento verso le classi popolari, un nuovo concetto di ci che nazionale,
diverso da quello della Destra storica, pi ampio, meno esclusivista, meno
poliziesco, per cos dire.
[...] La critica del De Sanctis militante non frigidamente estetica, la
critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti fra concezioni di vita
antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica della struttura delle
opere, cio della coerenza logica e storico-attuale delle masse di sentimenti
rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta culturale: proprio in
ci pare consista la profonda umanit e lumanesimo del De Sanctis, che
rendono tanto simpatico anche oggi il critico. Piace sentire in lui il fervore
appassionato delluomo di parte, che ha saldi convincimenti morali e politici e non li nasconde e non tenta neanche di nasconderli. Il Croce riesce a
distinguere questi aspetti diversi del critico, che nel De Sanctis erano organicamente uniti e fusi.
[...] Insomma, il tipo di critica letteraria propria della filosofia della prassi
offerto dal De Sanctis, non dal Croce o da chiunque altro (meno che mai dal
Carducci): essa deve fondere la lotta per una nuova cultura, cio per un nuovo
umanesimo, la critica del costume, dei sentimenti e delle concezioni del
mondo, con la critica estetica o puramente artistica nel fervore appassionato,
sia pure nella forma del sarcasmo.13
Nel dopoguerra, a Quaderni dal carcere ormai noti (Gli intellettuali e lorganizzazione della cultura del 1949), la posizione di Gramsci viene assunta
come paradigma assoluto della politica culturale del Partito comunista italiano
e di moltissimi critici che al marxismo si ispirano, fino a determinare nella
critica militante una vera e propria tipologia critica, come forse Gianfranco
Contini presagisce (o gi rileva?), proprio nel 1949, quando ancora non stata
pubblicata Letteratura e vita nazionale, con leggerezza ma con distacco critico
ben evidente nei riguardi di De Sanctis:
13. A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino 1954, p. 5.
La posizione di Gramsci utilizzata dalla critica di parte comunista soprattutto quale critica nei confronti di Croce, per tentare di rovesciarne legemonia
esercitata sulla cultura e in particolare sulla critica letteraria, tanto che ancora
nel 1967, nella Premessa e dedica ad un libro dimportanza epocale per la storiografia letteraria italiana, Geografia e storia della letteratura italiana, Carlo
Dionisotti ritiene necessario reintervenire sulla questione, ritenendola ancora
viva, specie per un libro il cui saggio fondativo era stato letto come prolusione
nel 1949 e stampato nel 1951:
Poich dopo la guerra si sviluppata una diffusa e acre insofferenza del governo che lungamente, per quasi cinquantanni, Benedetto Croce esercit sulla
cultura italiana, e perch negli scritti qui raccolti una qualche riserva espressa nei riguardi di quel governo, [...] mi sia lecito dire alla buona e chiaramente che, se per assurda ipotesi la scelta si ponesse, oggi, fra la lezione del De
Sanctis e quella del Croce, non esiterei, come studioso di storia e di letteratura italiana, un istante: ancora starei umilmente e volentieri, come mi pregio di
essere stato sempre, col pi formidabile lettore e intenditore di testi italiani che
a mia notizia sia apparso dal Settecento a oggi.15
Roberto Antonelli
A Sapegno si dovevano gi i volumi del Compendio di storia della letteratura italiana per le scuole medie superiori, un vero e proprio classico della storiografia letteraria italiana (former varie generazioni di giovani), uscito a partire
dal 1938; nel 1947, con il terzo volume, Dal Foscolo ai moderni, Sapegno
tenter di fondere la lezione crociana e quella desanctisiana, secondo una prospettiva storiografica che maturer pienamente proprio nellimpresa della Storia della Letteratura Italiana Garzanti, dove verr ancora una volta pienamente confermato il modello storiografico, non ideologico, di De Sanctis, e la
garbata, come di consueto, ma decisa ripulsa di ogni altra prospettiva:
I presupposti teorici, i criteri di metodo, gli strumenti tecnici idonei allela
borazione di una seria storiografia letteraria si proposero come oggetto di una
analisi approfondita e di un dibattito esteso e fruttuoso soltanto nel corso del
secolo xix, nel quadro dello storicismo romantico; e proprio in Italia tale dibat
tito attinse forse alle sue formulazioni pi sottili e rigorose, ovviamente in
rapporto con il rapido e generoso sviluppo della rivoluzione nazionale e borghese e con lo sforzo che essa doveva comportare, da parte dei gruppi dirigenti e degli intellettuali che ne interpretavano le aspirazioni, di unorganica presa
di coscienza delle varie vicende nel tempo e della struttura coerente e unitaria
della nostra cultura.
Non soltanto allora fu concordemente rifiutata lidea di una storia letteraria come mero repertorio di notizie biografiche e bibliografiche, quale era
stata fissata in teoria ed in pratica dalla pur benemerita erudizione settecentesca; s anche divenne oggetto di discredito laltra tendenza, che a quella in
parte si era contrapposta e in parte accompagnata quasi a guisa di integrazione e di complemento, a fornire un parallelo repertorio di marginali rilievi
grammaticali e rettorici. Daltra parte la ricerca di un piano di discorso pi
elevato ed organico, pi intrinsecamente storico, attraverso le discussioni a
cui in vario modo parteciparono le maggiori personalit del mondo intellettuale (dal Foscolo ai redattori del Conciliatore e dellAntologia, dal Mazzini al Gioberti e al Cattaneo, dal Tommaseo al Tenca e allImbriani) e attraverso i primi tentativi di sistemazione espositiva (del Maffei e dellEmiliani
Giudici, del Cant e del Settembrini) sulla scia di frettolosi schemi politici e
moralistici, doveva presto rivelarsi infruttuosa e insoddisfacente al paragone
di un concetto dellarte che veniva prendendo coscienza di se stesso sul piano
speculativo, coscienza voglio dire della propria natura distinta e della propria
autonomia.
A questo punto venne ad inserirsi nel dibattito ancora aperto il De Sanctis,
con la sua travagliata consapevolezza teorica e con il concreto esempio della
sua attivit di storico. Vera storia della letteratura non poteva essere, a parer
suo, n una valutazione di contenuti astratti, di mondi intenzionali, di per s
anteriori al momento della creazione estetica, n unindagine altrettanto astratta del lato apparente e superficiale della forma che si suol definire come stile.
N quella materia morale, n quegli strumenti espressivi hanno realt al di
fuori della loro sintesi. A quei procedimenti astrattivi deve pertanto contrapporsi il criterio della forma come unit organica, che non unidea, ma una
cosa, e cio la realt stessa in quanto si configura nella mente dellartista realizzandosi in un nuovo organismo, che esso medesimo momento in s perfetto ed insopprimibile del processo vitale.
Roberto Antonelli
tecnici rettorici e formali (del gusto, delle poetiche o delle strutture polivalenti), elementi tutti che non hanno storia al di fuori dei singoli organismi
poetici. Meno che mai potrebbero giovare a trarci dimpaccio le numerose
storie che di fatto si continuano a scrivere della letteratura, della musica o delle
arti figurative, le quali anzi spesso si potrebbe dire che confermino e ribadiscano in atto la condanna crociana, allorch appunto si riducono ad aggregati
discontinui di monografie critiche collegate soltanto da unesigenza didattica
[...]. Laporia, che sembra irriducibile, pu esser superata soltanto ove si ritorni allimpostazione desanctisiana e si riconosca che i fatti artistici (ma non essi
soli, anche i sistemi filosofici, i progressi gressi della scienza, gli eventi politici),
mentre non si costituiscono in una serie autonoma e astrattamente riconoscibile in un ambito chiuso, crescono, e pertanto diventano oggetto di concreto
studio, solo in quanto si collocano nel flusso totale delle condizioni storiche,
in cui prendono il loro significato pi vero anche i dati della tradizione letteraria e gli apporti e le innovazioni linguistiche tecniche e strutturali. Per questa
via il problema potr addirittura capovolgersi; se vero che appare sempre pi
evidente limprobabilit di dar fondamento di scienza a una critica letteraria
che non si identifichi in una storia della letteratura, intesa come storia della
civilt nella particolare prospettiva delle vicende letterarie, e capace di riassorbire nel sentimento concreto e individualizzante dei valori poetici lindagine
genetica del complesso e multiforme contenuto che in quei valori si configura
come in nuovi organismi e, mentre li determina, ne a sua volta determinato
nel suo progredire.22
Roberto Antonelli
La letteratura ha fondato la tradizione unitaria in Italia: dopo una disfatta militare che ha insidiato lunit e lesistenza stessa, come nazione e come
stato, dellItalia occorre riconsiderare come si sia fatta politicamente lItalia, ma anche, per necessaria conseguenza, come sia stata fatta e interpretata
la storia della letteratura italiana.
La Storia di De Sanctis, in quanto storia emblematica dellunit dItalia,
assunta unanimemente quale modello di storia letteraria militante, appare a
Dionisotti, nella Premessa e dedica scritta per il volume einaudiano del 1967,
ormai inadeguata, sia per le premesse storiche da cui partiva, sia per le problematiche che la situazione storica contemporanea poneva:
Poich la via di un impegno letterario insieme e politico, e di una interpretazione storica del passato in funzione del presente, pu apparire in Italia, e di
fatto stata variamente e anche recentemente proposta, quasi una ripresa della
tradizione risorgimentale, devo dire, o piuttosto ripetere, che non ho mai per
parte mia pensato alla possibilit di una tale ripresa. N sul piano dellazione
politica, n su quello della ricerca storica. Il debito che abbiamo contratto con
gli uomini del Risorgimento fuori discussione. Ma le difficolt e pertanto
i compiti nostri sono stati e sono tuttaltri.
Ogni grande impresa richiede grandi sacrifici. N raro il caso che i sa
crifici risultino a distanza maggiori del previsto e mettano finalmente a nudo
la debolezza dei vincitori o dei loro eredi. E senza dubbio il caso dellimpresa risorgimentale. Lultima guerra non bastata a infrangere lunit dItalia, ma ha rimess o in questione la struttura che allItalia unita era stata
imposta.
24. C. Dionisotti, Geografia e storia, cit., p. 26-27.
Riconsiderati uno a uno; ma non appunto secondo uno schema storicogeografico unitario dei rari e indipendenti mondi poetici che la critica
romantica era venuta scoprendo e colonizzando: le grandi figure tragiche
dellInferno dantesco si incontravano, nel pensiero del De Sanctis, non con
altre nel susseguente processo della poesia italiana, ma se mai, fuori dItalia e
a intervallo di secoli, con le grandi figure tragiche dello Shakespeare. [...] Il
paragone veniva a farsi fra quel che lItalia sembrava essere stata e quel che
avrebbe potuto o dovuto essere, e, come accade, il secondo termine influiva e
si imponeva sul primo.26
Insomma, potremmo commentare, non al modo della Storia della Letteratura Italiana Garzanti, n di altre che con quella si confrontarono nei decenni
successivi, tutte degne e spesso importanti per nuovi singoli contributi, ma basati su un modello ormai arcaico, pur se occorre sottolineare come Carlo Muscetta,
nel 1970, nella presentazione della sua Letteratura italiana, Storia e testi (il titolo
riprende quello della serie ricciardiana e punta alla sintesi unitaria di rappresentazione storiografica e antologia), avvertisse che il paradigma ormai scricchiolava,
citando esplicitamente una relazione di Dionisotti, ma non la Geografia e storia
della letteratura italiana uscita ormai da tre anni e restando sostanzialmente fedele al modello desanctisiano, pur rivendicando unattenzione al policentrismo della
letteratura italiana che faceva risalire addirittura a Settembrini:
25. Ibid., p. 8, 9 e 11.
26. Ibid., p. 31.
Roberto Antonelli
Il mondo che egli ci propone non cinteressa pi; un mondo nuovo si dispiega
ai nostri occhi, proprio quando volgiamo le vele ad allontanarci dal suo.
Pensate al paradosso contenuto nella Storia della letteratura italiana di
De Sanctis. Essa lopera pi significativa dedicata a celebrare, attraverso la
letteratura, la civilt italiana moderna e la sua identit nazionale: pure,
il diagramma, che il De Sanctis disegna, quello di una decadenza. Questa
decadenza comincia in limine, e precisamente quando, tra Dante da una
parte e Petrarca e Boccaccio dallaltra, alla figura del poeta si sostituisce
quella del letterato e dellartista. Comincia l la secolare scissione tra luomo
e lo scrittore, tra la cosa e la forma, che solo a met Settecento scrittori dotati di forte senso morale (Parini, Alfieri), cominciano [...] a risanare. La sensibilit di De Sanctis per tanti aspetti cos moderna (ricordiamo le splendide letture dei testi di Petrarca) da risarcire almeno in parte le durezze dello
schema. Ma queste durezze restano, e sono per molti versi decisive: le incomprensioni verso due grandissimi come Machiavelli e Guicciardini ne sono la
testimonianza. Bisogna dunque sostituire interi pezzi dello schema, invertire le ascisse del diagramma.
Se si parte da questi due presupposti e cio che 1) La letteratura italiana
non pu essere associata alla storia etica e civile della nazione italiana (anche
se ovviamente ha con essa rapporti); 2) Non necessariamente la grande letteratura nasce da una grande vita morale, si pu arrivare finalmente a
capire che laspetto veramente progressivo della letteratura italiana, la sua
autentica gloria in cospetto al mondo, la creazione (a partire da Dante, non
escluso) di quel gigantesco sistema delle forme, di quellaffascinante proposta
di vita per mezzo di segni, che dispiega fra Trecento e Seicento, attraverso e
anche nonostante le crisi sociali e politiche pi acute, la sua fase di maggiore
produttivit e prestigio europeo.29
Al diagramma di Dionisotti, contrapposto a quello di De Sanctis, invece dedicata totalmente lintroduzione alla Storia e geografia della letteratura
italiana 30, la serie con cui la Letteratura italiana Einaudi risolve, in una serie
concepita originariamente come esclusivamente tematica (iscritta in parte sotto
il modello dellEnciclopedia Einaudi iniziata nel 1977 e diretta da Ruggiero
Romano, e in parte sotto la Letteratura europea e Medio Evo latino di Curtius),
il problema di una storia della letteratura italiana integrata alla serie tematica,
che gi proponeva implicitamente unimmagine radicalmente ribaltata del
nostro passato letterario e della sua periodizzazione, fondato, almeno nella
prospettiva del prefatore, pi sulla coscienza della Krisis europea (e quindi su
Curtius) che non sulle pi recenti metodologie critiche (formalistiche e semiologiche, cui si riferiva invece Asor Rosa), pur esse conseguenza particolare
della pi generale Crisi della cultura umanistica:
Con questo volume inizia la parte conclusiva, dedicata riprendendo una
nota analisi di Carlo Dionisotti alla Storia e geografia della letteratura italia29. Ibid.
30. R. Antonelli, Storia e geografia, tempo e spazio nellindagine letteraria, in Letteratura italiana, Storia e geografia I. Let medievale, Torino: Einaudi, 1987, p. 5-26.
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na. La storia della letteratura unilineare (fondata su una successione cronologica ordinata di cause ed effetti, spesso progressivi, posti sotto la regia
di un unico principio ispiratore), viene sostituita da un modello articolato di
realt storico-geografiche, non esaminate in quanto semplici premesse, con
torni o conferme della letteratura nazionale post-unitaria. Per di pi la stessa
Storia e geografia a sua volta concepita come un insieme modulare da porre
in correlazione e in reazione con tutte le analisi trasversali contenute nei
volumi della precedente sezione tematica.
La novit complessiva del progetto dest, alla pubblicazione del primo
volume [...], molte e vive discussioni, legate al definitivo abbandono del modello storiografico prevalente, quello desanctisiano, e alla proposta di un diverso
modo di fare storia letteraria e di concepire la letteratura, che teneva ormai
conto, nellassumere il testo a polo primario della ricerca, del dibattito novecentesco intorno alla teoria e ai metodi letterari, specie in ambito linguisticoformale e semiologico.
[...] Implicitamente, ma non tanto, i sei volumi gi pubblicati della Letteratura italiana propongono unimmagine radicalmente ribaltata del nostro passato letterario e della sua periodizzazione. Nello stesso rifiuto della storia crono
logica progressivamente ordinata e nella dissezione del materiale storico per tagli
trasversali, uno dei punti focali dellellissi, quello decisivo, consapevolmente
piantato nel Novecento: appunto il nostro presente, ivi compresa la sua progettualit di futuro. La periodizzazione conseguente riconosce e costituisce il
sistema letterario italiano in un unico insieme, sia pure scandito da tempi interni. Se ci si fosse per limitati a questa quasi inevitabile constatazione si sarebbe
proposta soltanto una versione lievemente aggiornata e forse banalizzata del nesso
passato-presente, storia-politica, pensiero-azione. Il fatto che tale periodizzazione non solo fa centro sulla soggettivit situazionale e storico-politica degli
autori e dei lettori della Letteratura italiana, ma identifica in tale soggettivit
lesito nuovo radicalmente diverso, per quanto ancora fluido e transitorio, di un
evento catastrofico e di una crisi: la perdita delle certezze e delloggettivit
dei Valori (e dei metodi) e la contemporanea nascita e sviluppo della moderna
cultura di massa. La riaggregazione di tutto quanto precede in un sistema diverso e globalmente unitario ne la logica conseguenza.
Potr apparire ancora oggi sorprendente una concezione storiografico-
letteraria che leghi in un unico blocco tutta la letteratura italiana (e occiden
tale), dalle origini delle moderne letterature volgari alla nascita e allo sviluppo
della cultura di massa.
[...] certo per che nella coscienza e nella prassi della parte pi significativa e alta della grande letteratura e critica europea proprio tra la fine
dellOttocento e gli anni 30 del Novecento, nel cuore del moderno, che si
situa la crisi che muta organicamente (e geneticamente) i termini stessi della
letteratura e del fare letterario, creativo e critico.
Senza le riflessioni che tale situazione nuova ha determinato nelle zone
pi varie della letteratura e della cultura, ivi compresa quella apparentemente pi protetta e lontana, la storiografia e la teoria letteraria, altrettanto
certo che la Letteratura italiana Einaudi, in quanto struttura formale e metodologica e in quanto progetto di ricerca, non sarebbe nata o avrebbe comunque assunto forme molto diverse.
La questione dunque del modello De Sanctis a questo punto non riguarda pi immediatamente il versante politico-culturale (anche se in effetti si
contrappone alla politica-culturale del PCI nel dopoguerra e negli anni Cinquanta), ma il modello storiografico e i suoi presupposti, certamente anchessi latamente definibili come politico-culturali, come ogni atto storico-critico,
ma innanzitutto teorici e storici: unitario/lineare (alla De Sanctis, o comunque
al modo storicistico evenemenziale) o diacronico-tematico (alla Curtius) e
storico-geografico (alla Dionisotti)? Riguarda, in definitiva, due diverse concezioni dello spazio e del tempo. Cosa sottende la concezione riflessa nella
Letteratura Einaudi? Certamente la crisi dellintellettuale post-68 (la Letteratura Einaudi messa in cantiere in unaltra data fatidica per lItalia, il 1977)
e il processo dindustrializzazione e proletarizzazione dei paesi a capitalismo
avanzato: conseguentemente ha come punto di partenza il tema del Caos e
della Krisis e le risposte date alla crisi dalla cultura europea sul piano interpretativo: dalla longue dure alle periodizzazioni e tematizzazioni lunghe,
volte a capire le permanenze strutturali e a proiettarle sul futuro. Quanto a
dire, come in Reinhart Koselleck, una riflessione sull idea del tempo storiografico.
Negli anni pi recenti si tentato di ripristinare, talvolta anche per banali
motivi di mercato editoriale, un modello storiografico pi semplice, fondato
su uno storicismo lineare, non pi desanctisiano, ma comunque di stampo
originariamente ottocentesco: il caso della Storia della letteratura italiana,
diretta per le edizioni Salerno da Enrico Malato (iniziata nel 1995), dove
peraltro, accanto alla consapevole ed esplicita ripresa della tradizione (tanto da
far apparire inopportuna unampia disquisizione teorica preliminare), si d
spazio anche alla questione del policentrismo italiano e si allarga lorizzonte
alla storia delle istituzioni e alle connessioni fra letteratura e altre arti:
In questa prospettiva qui appena schematizzata: ma parsa inopportuna
unampia disquisizione teorica preliminare, quasi a giustificazione del lavoro
che si presenta stata giudicata, pi che possibile, necessaria una nuova
Storia della Letteratura Italiana che, strutturata in modo tradizionale, si
distinguesse da altre esistenti per la diversa articolazione interna della materia
e per il p ampio orizzonte entro il quale i fatti letterari vengono indagati e
ricostruiti. Avvicinandosi una scadenza la fine del millennio che sar
comunque unoccasione di consuntivi e di bilanci, mentre la suggestione delle
mode ideologiche e lesasperata ricerca del nuovo ha portato altrove alla
decomposizione e di fatto alla dissoluzione del quadro storico, sempre pi
pressante e perentoria si avvertita lesigenza di ricomporre quel quadro, di
ridisegnare un diagramma lungo il quale potesse utilmente svilupparsi la ricerca sui testi e sui rispettivi percorsi, dalla produzione e circolazione alla ricezione e attualzzazione, intesi come tracciato dei percorsi della civilt italiana.
[...] La Storia della Letteratura Italiana che qui si presenta va dunque intesa come storia della civilt letteraria se non, tout court, come storia della
civilt italiana. La storia letteraria viene ripercorsa sullo sfondo e nelle necessarie connessioni non soltanto soprattutto in alcuni particolari momenti
storici con la storia della lingua, ma altres con la storia dellarte, la storia
Roberto Antonelli
della musica, la storia del pensiero e in generale la storia della cultura, considerata anche nei suoi rapporti di scambio con le altre culture europee (e,
quando sia il caso, extraeuropee), nonch con la storia dei fatti e delle istituzioni politiche, alla quale le vicende della cultura sono sempre levate e dalla
quale sono spesso orientate e condizionate. Una specifica attenzione riservata ai modi della tradizione e della ricezione dei testi e ai connotati regionali
della letteratura italiana, recuperando se e quando possibile aspetti e momenti della cultura popolare accanto a quelli della tradizione aulica.31
tari, ovvero nel loro ambiente effettivo di produzione e fruizione, senza schiacciarli sulla ricostruzione compiuta dalla storiografia risorgimentale e
postunitaria, ma senza sottovalutare limportanza del ruolo svolto dalla lingua
e dalla letteratura nella costruzione dellidentit italiana. Si cos rispettata,
rendendola evidente, quella dialettica fra centri italiani (cittadini e regional),
Stati nazionali ed Europa che costituisce oggi, come gi in Italia al momento
dellUnit, un dato di fatto e insieme uno dei nodi problematici dellunt
culturale e politica europea.32
Mai come in questo momento, a 150 anni dalla raggiunta unit dItalia e
in una nuova crisi europea, stavolta e per ora fortunatamente solo economica,
necessario riconsiderare, necessario che soprattutto i giovani riconsiderino,
per riprendere Dionisotti, come e perch lItalia e lEuropa siano state fatte
e quale ruolo possa giocare la letteratura in questa nuova situazione.
32. Roberto Antonelli-Maria Serena Sapegno, LEuropa degli scrittori. Storia, centri, testi della
letteratura italiana ed europea, 1a. Dalle origini al Trecento: la formazione del canone, p. iv-v.
Abstract
La Storia della letteratura italiana di Francesco de Sanctis (1870) viene qui analizzata
come segno delle contraddizioni inerenti al processo di costruzione identitaria italiana,
una difficolt di cui sono riflesso le aporie riscontrabili nel suo diagramma.
Parole chiave: De Sanctis; storia letteraria italiana; identit italiana.
Abstract
The Storia della letteratura italiana by Francesco de Sanctis (1870) is analysed as a
sign of the contradictions inherent to the construction process of an Italian identity,
a difficulty which reflects itself in the aporias to be found in its diagram.
Keywords: De Sanctis; Italian literary history; Italian identity.
Di qui il suo rifiuto dellimitazione classicista nonostante il persistere dell'ammirazione per gli antichi:
Che smania questa dunque di voler fare quello stesso che facevano i nostri
avoli, quando noi siamo cos mutati? di ripugnare alla natura delle cose? di
voler fingere una facolt che non abbiamo, o abbiamo perduta, cio
landamento delle cose ce lha renduta infruttuosa e sterile, e inabile a creare?
di voler essere Omeri, in tanta diversit di tempi?9
nisti del suo romanzo una rifondazione ex novo dellidentit italiana. Ex novo
perch, scegliendo come eroi due contadini credenti e analfabeti, li spogliava
di miti culturali e li rendeva edotti del solo buon senso cristiano. Il passato
veniva cos raso al suolo, anzi ridotto a una catena di errori culminati nel servile Seicento, rozzo insieme e affettato,10 secondo un ossimoro che risaliva,
come vedremo, a Sismondi.
Vico, Muratori, Sismondi: ecco i modelli che si andavano alternando o
intrecciando, vuoi per ripristinare le glorie passate, vuoi per farne tabula rasa;
ora intendendo lantico come classico, ora come omericamente primitivo, ora
come remora da cui liberarsi.
Non stupisce che le proposte di periodizzazione letteraria susseguitesi tra
Sette e Ottocento mostrassero incertezze e discordanze. Cos, le prime ad affacciarsi si erano dichiarate concordi nella lode di Petrarca e del Cinquecento, e
salvo eccezioni, nella condanna del Seicento, ma si erano divise sul XV secolo
(fase di caduta per Crescimbeni, di risalita per Tiraboschi);11 mentre quelle
successive avevano confermato il ripudio del Barocco, ma avevano allargato i
dubbi al Rinascimento. Fondamentale fu al riguardo la tesi di Sismondi secondo cui let di Carlo V aveva posto le basi del futuro declino quale inevitable
effet de lesclavage de lItalie.12 Lepoca pi prestigiosa delle lettere e delle arti
italiane era cos degradata nel De la littrature du Midi de lEurope a unarma
a doppio taglio i fasti dellimpero e il culto della bella forma individuandovi il germe maligno che doveva svilupparsi nel Seicento sotto specie dellossimoro caro a Manzoni: la vuota affettazione, le faux esprit, la prtention,
lenflure:
Ainsi le rgne de Charles-Quint, malgr toute la gloire qui semble lui tre
attache, fut une poque non moins funeste pour lEspagne que pour lItalie.
[...] Mais, comme nous lavons dj pu observer en Italie, ce nest point au
10. Cos nellIntroduzione, a proposito dello stile dellanonimo secentista. Nella lettera a Fauriel
del 29 maggio 1822, lo scrittore applicava la formula a tutta lepoca: Sachez donc que je suis
enfonc dans mon roman, dont le sujet est plac en Lombardie, et lpoque de 1628. 31.
Les memoires qui nous restent de cette poque prsentent et font supposer une situation de la
socit fort extraordinaire: le gouvernement le plus arbitraire combin avec lanarchie fodale
et lanarchie populaire: une lgislation tonnante par ce quelle prescrit, et par ce quelle fait
dviner, ou quelle raconte: une ignorance profonde, froce, et prtentieuse (corsivi miei).
11. [il secolo decimosesto] non sarebbe stato s lieto e s fecondo di dotti ed eleganti scrittori, se
le fatiche e gli sforzi di que che gli aveano preceduti, non avessero spianato loro il cammino,
e segnata la via, scriveva Tiraboschi nella Premessa al Tomo VI della Storia della letteratura italiana (1776); mentre Crescimbeni sfumava di pi il tragitto: [...] i Lettori resteranno
informati dellorigine della nostra Volgar Poesia, e dello stato della medesima, s appresso
gli Antichi come tra i Moderni, e potranno con pi agevolezza riconoscere [...] quanto nel
primo secolo fosse ella rozza, come nel secondo ingrandisse, come nel terzo cadesse, quanto
gloriosamente risorgesse nel quarto, e come varia nel quinto si sia mostrata, infino a i nostri
giorni, che a glorioso risorgimento si prepara, merc dello Studio, e della continua fatica di
molti nobilissimi ingegni viventi, cito dalledizione di Venezia, presso Lorenzo Basegio,
1731, p. 76
12. Jean-Charles-Leonard Sismonde de Sismondi, Histoire des Republiques Italiennes du Moyen
ge, Zrich: Henri Gessner, 1807, t. I, Introduction.
moment o une nation perd tous ses avantages politiques, cest cinquante ans
aprs tout au plus que lessor de lesprit sarrte chez elle, et que sa littrature
dcline ou finit tout--fait. [...] Charles-Quint prparait pour le sicle suivant
le faux esprit, la prtention, lenflure [...].13
Arrivato il momento di descrivere i periodi, la grande bipartizione si sfumava, tuttavia, in interni chiaroscuri. Loriginalit del Trecento, al cui apice
campeggiava Dante, appariva attenuata da Petrarca e da Boccaccio malgrado
la loro perfezione artistica, o forse in ragion diretta di essa, per la perdita di
vigore e di schietta originalit, mentre la stasi del Quattrocento veniva
corretta con lelogio dellumanesimo, al quale si riconosceva il merito di aver
tratto le lettere antiche dalle tenebre medievali, anche se aveva interrotto il
corso della letteratura nazionale:
Lettore, affermava Emiliani-Giudici nella Lezione X col cadere del secolo decimoquinto si chiude il primo grande evo storico della italica letteratura;
voglio dire il periodo della letteratura originale finisce, e quello della letteratura di imitazione o di perfezionamento incomincia. Nello spazio di circa tre
secoli e mezzo lo ingegno italiano nel vortice delle perenni discordie cittadine,
dove la Provvidenza lo aveva gettato, godendo la necessaria libert ad esplicarsi, svolgeva le ragioni tutte di un incivilimento che illumin la universa Euro13. De la littrature du Midi de lEurope [1813], Paris: Treuttel et Wurtz, 1829, p. 278. Concordi furono invece Muratori e Sismondi nella condanna delle tenebri medievali, seppure
luno la espresse nel nome del classicismo, laltro in quello della virtus repubblicana. Nella
sua Histoire littraire dItalie (Paris: Michaud, 1811-1819), Ginguen tent una via di
mezzo fra le due posizioni, evitando lo stacco fra Quattro e Cinquecento: L, se prsente
nous un grand spectacle, celui de lesprit de lhomme se prparant secouer ses chanes et
reprenant peu peu sa vigueur, jusqu ce que, par un lan que ces premiers efforts avaient
prpar, mais quils ne pouvaient faire prvoir, il se relve tout coup dans le quatorzime
sicle toute sa hauteur, et recommence briller de tout son clat (Prface).
14. Paolo Emiliani-Giudici, Storia delle belle lettere in Italia [Firenze: Societ Editrice Fiorentina, 1844], premessa del 1855 alla 2 ed. rivista (cito dalla 4 ristampa di Le Monnier 1865,
p. IV).
Lunica figura luminosa restava, dunque, Dante Alighieri, sintesi universale che univa la grandezza letteraria e il vigore civile. Indietro era rimasta la
stroncatura del poeta pronunciata da Saverio Bettinelli, ma la luce del grande
padre gettava ombra sulle altre due corone, come il primato del Trecento
oscurava lepoca rinascimentale.
Il disagio emerse comunque anche in altri critici di fronte a figure che
apparivano anfibie, rendendo anche problematici i loro accostamenti: cos, se
Sismondi aveva associato il Dante dellInferno a un Tasso letto in chiave di
Sturm und Drang, Carlo Tenca discord da Emiliani-Giudici nella scelta
monografica di Dante, e vi aggiunse Ariosto col suo sorriso dissolvitore della
mitologia pagana, insieme a Tasso, col suo ricupero della tradizione cavalleresca.16 Nel tentativo di salvare tutto e tutti a dimostrazione del primato italiano, Gioberti propose infine la coppia Dante-Ariosto come superamento della
dualit del reale e dellideale,17 ma poi segn le distanze fra il pagano Furioso e il divino poema (quasi la Genesi universale delle lettere e arti cristiane),
piegando il tragitto intermedio in una curva declinante:
Se il Furioso si riscontra colla Divina Commedia, d meraviglia il vedere quanto sia grande lintervallo morale, che parte questi due poemi; ma se in vece
si ragguaglia colle lettere coetanee, (tranne gli scritti del Savonarola), non ci si
trova alcun divario notabile rispetto agli spiriti, che li dettarono. Glinflussi
cristiani e cattolici non erano gi spenti, ma infievoliti e soverchiati dal risorgente paganesimo. LAriosto in poesia ci che sono il Caro, il Castiglione, il
Casa, il Bembo, il Firenzuola nella prosa amena, il Machiavelli, il Guicciardini, il Giannotti nella politica, e allora o poco appresso il Pomponazzi, il Bruni,
15. Conclusione della Lezione X, ibidem, p. 457-458.
16. Cos nellarticolo-recensione sulla Istoria di Emiliani-Giudici, A proposito di una storia della
letteratura italiana, Il Crepuscolo, febbraio-marzo, 1852, n. 1.
17. Vincenzo Gioberti, Del primato morale e civile degli Italiani, Bruxelles: Meline Cans e C.a,
seconda ed. corretta e accresciuta dallAutore, 1845, p. 382.
il Sarpi nella filosofia e nella religione. In tutti questi autori lIdea manca
affatto, o di luce abbagliata solamente risplende, perch lastro viene eclissato
dalle ombre interposte della gentilit ricorrente [...]. LAriosto, come il Segretario fiorentino, era uomo di cervello troppo robusto e italiano per lasciarsi
adescare alla misticit boreale e splenetica dei primi Protestanti; ma non seppe
ugualmente cautelarsi contro le profane lusinghe delle lettere antiche, in cui il
buono non va scevro dal reo, e contro la sventura de tempi, nei quali lo splendore dellIdea cristiana era pi che mai annebbiato dai vizi degli uomini, e
lindegna scorza soffocava il midollo.
Queste poche considerazioni bastano a mostrare che la poesia italiana,
dallet di Dante a quella dellAriosto, non crebbe, ma and declinando.18
divino poema. [...] Grazie allopera di quei valenti, lingegno di Dante rivive
oggi fra glItaliani; e se questa rinascita letteraria, se questa seconda incarnazione di quel divino spirito, fra noi non viene interrotta e soffocata da un
nuovo sonno o da straordinaria malignit di fortuna, io non dispero delle sorti
civili e religiose della mia patria.21
Tali, a volo duccello, gli antecedenti della storia che De Sanctis si trov a
riscrivere. Vediamo ora cosa ne risult, pure in aerea prospettiva. Innanzitutto
egli condivise con i predecessori lidea di Dante come autore della grande
sintesi genetica raggiunta nella Commedia (una vasta creazione dellartista, del
poeta, del filosofo e del cristiano, in cui viveva involto ancora e nodoso un
mondo che la letteratura moderna avrebbe realizzato, sottoposto allanalisi,
umanizzato, VII: La Commedia, 46).22 Da Foscolo accolse il progetto di
una storia letteraria e civile fortemente coesa: un libro che discerna le vere
cause della decadenza dellutile letteratura, che riponga lonore italiano pi nel
merito che nel numero degli scrittori, che si nutra di maschia e spregiudicata
filosofia, che col potere delleloquenza vi accenda allemulazione degli uomini
grandi (Dellorigine e dellufficio della letteratura, 1809). Ma rimedit questi
principii alla luce di Vico, di Sismondi e di Hegel.
Ne nacquero due diagrammi sovrapposti: luno monogenetico e lineare,
laltro pi articolato e contraddittorio. La duplicit dei tragitti aveva la sua
radice nella concezione ambivalente delle origini: da un lato il peccato originale della scuola siciliana e del suo innesto toscano; dallaltro la sintesi incompiuta di Dante (VII 13).
Il peccato dorigine consisteva nellaver importato dalla Provenza concetti e forme che non avevano riscontro nella vita nazionale (Premessa al capitolo I: I Siciliani), come la cultura cavalleresca francese era passata nei cantari
senza alcun aggancio con la vita del popolo italiano:
La coltura cavalleresca, se giov a formare il volgare, imped la libert e spontaneit del sentimento popolare, e cre un mondo artificiale e superficiale, fuori
della vita, che rese insipidi glinizi della nostra letteratura, cos interessanti presso altri popoli. Quel contenuto stazionario comincia a moversi presso Guido,
di un moto impresso non da sentimento di amore, ma da contemplazione
scientifica dellamore e della bellezza, che se non riscalda il core, sveglia limmaginazione. Questo dunque si ricordi bene, che la nostra letteratura fu prima
inaridita nel suo germe da un mondo poetico cavalleresco, non potuto penetrare nella vita nazionale, e rimaso frivolo e insignificante, e fu poi sviata dalla
scienza, che lallontan sempre pi dalla freschezza e ingenuit del sentimento
popolare, e cre una nuova poetica, che non fu senza grande influenza sul suo
avvenire. Larte italiana nasceva non in mezzo al popolo, ma nelle scuole, fra
san Tommaso e Aristotele, tra san Bonaventura e Platone (II: I Toscani, 4).
21. Ibidem, p. 394-395.
22. Mi attengo qui e in seguito al testo curato da Niccol Gallo (Torino: Einaudi, 1958, con
introduzione di Natalino Sapegno), limitandomi, per maggiore agilit, a indicare il numero
del capitolo e quello dei relativi paragrafi.
disposizione meno alla fede, che alla critica e allinvestigazione, minor violenza di passioni, maggiore eleganza di forme: lidolo di questa societ dovea
essere il Petrarca, nel quale riconosceva e incoronava s stessa. Ma sotto a quel
progresso vera il germe di una incurabile decadenza, linfiacchimento della
coscienza (IX 3).
Anzi, in quanto profondo conoscitore dellinteriorit umana, Petrarca faceva sembrare vecchie le astrattezze dellallegorismo medievale, e precorreva quella letteratura moderna che avrebbe umanizzato il mondo della Commedia:
Pare un regresso: pure un progresso affermava a proposito del Canzoniere. Questo mondo pi piccolo, appena un frammento della vasta sintesi
dantesca, ma un frammento divenuto una compiuta e ricca totalit, un
mondo pieno, concreto, sviluppato, analizzato, ricerco ne pi intimi recessi.
Beatrice sviluppata dal simbolo e dalla scolastica, qui Laura nella sua chiarezza e personalit di donna; lamore, scioltosi dalle universe cose entro le quali
giaceva inviluppato, qui non concetto, n simbolo, ma sentimento; e lamante
che occupa sempre la scena, ti d la storia della sua anima, instancabile esploratore di s stesso. In questo lavoro analiticopsicologico la realt pare
sullorizzonte chiara e schietta, sgombra di tutte le nebbie, tra le quali era stata
ravvolta. Usciamo infine da miti, da simboli, dalle astrattezze teologiche
e scolastiche, e siamo in piena luce, nel tempio dellumana coscienza. Nessuna
cosa oramai si pone di mezzo tra luomo e noi. La sfinge scoperta; luomo
trovato (VIII 3).
il Cinquecento a sua volta aveva posto le premesse (qui Sismondi aiutava) del
corrotto Seicento. Ma, lungi dal bastare lesclavage de lItalie a dar conto
della crisi, essa appariva ora come fattore accelerante di una lunga evoluzione
interna, quella che dal peccato originale aveva portato a Petrarca, da Petrarca a Poliziano, da Poliziano alla ambivalenza rinascimentale, corrotta nellinterno, rigogliosa nella forma:
La corruzione e la grandezza del secolo non era merito o colpa di principi o
letterati, ma stava nella natura stessa del movimento, ondera uscito, che ora
si rivelava con tanta precisione, generato non da lotte intellettuali e novit di
credenze, come fu in altri popoli, ma da una profonda indifferenza religiosa,
politica, morale, accompagnata con la diffusione della coltura, il progresso delle
forze intellettive e lo sviluppo del senso artistico. Qui il germe della vita,
e qui il germe della morte; qui la sua grandezza e la sua debolezza (XII:
Il Cinquecento, 3).
le false spoglie della reazione spiritualista (ancora una volta un progresso che
sembra un regresso), e approda al progressivo divenire:
La base teorica di questa conciliazione un nuovo concetto della verit, rappresentata non come un assoluto immobile a priori, ma come un divenire ideale,
cio a dire secondo le leggi dellintelligenza e dello spirito. Onde nasceva
lidentit dellideale e del reale, dello spirito e della natura, o, come disse Vico,
la conversione del vero col certo. Il qual concetto da una parte ridonava ai fatti
una importanza che era contrastata da Cartesio in qua, li allogava, li legittimava, li spiritualizzava, dava a quelli un significato e uno scopo, creava la filosofia
della storia; daltra parte realizzava il divino, togliendolo alle strettezze mistiche
e ascetiche del soprannaturale, e umanizzandolo. Il concetto adunque era in
fondo radicalmente rivoluzionario, in opposizione ricisa col medio evo e con
lo scolasticismo, quantunque apparisca una reazione a tutto ci che di troppo
esclusivo e assoluto era nel secolo decimottavo. Sicch quel movimento in
apparenza reazionario dovea condurre a un nuovo sviluppo della rivoluzione
su di una base pi solida e razionale (XX 21).
Dante e Petrarca non potevano conciliarsi, allo stesso modo che la lunga
marcia di dicotomie e ambivalenze iniziata da questultimo portava di necessit al rinvio ad infinitum della sintesi: il progressivo divenire, appunto. Il
Romanticismo risorgimentale, allacciato al positivismo con laiuto di Vico e
di Hegel, era stata la chiave di De Sanctis per convertire la palingenesi in storia. La sua onest consistette nel riconoscere che il problema restava aperto.
E aperta restava anche (ma forse qui stava il punto) la questione dellidentit nazionale italiana. Perch a ben pensarci, le difficolt riscontrate da De
Sanctis nel tracciare un diagramma lineare, erano inscritte nella indefinitezza
stessa delle origini (anzi il tratto originario delle lettere italiane consisteva
nellassenza ab initio di una coscienza e di una realt nazionale). In fondo non
siamo molto lontani dalla visione dantesca dellItalia come una possibilit
negata (o tradita) in origine. N si discostarono dallorbita coloro che da Petrarca a Machiavelli, da Alfieri a Foscolo e a Leopardi, videro lItalia come problema: una possibilit non data, una ricerca, uno stato contraddittorio e inquieto.
Non c dunque da stupirsi se nellOttocento pre e risorgimentale si fin per
riporre il carattere italiano in unossimorica amalgama di contrasti facendo di
necessit lassenza di un tratto ben definito virt. il filo rosso che congiunge la dualit del reale e dellideale ricomposta in armonia da Gioberti,
alla critica diagnosi di Madame de Stal: Il y a dans ce pays un bizarre mlan23. Cfr. Giacomo Debenedetti, Commemorazione di De Sanctis [1934], poi raccolto in Saggi
critici. Nuova serie, Roma: Edizioni del Secolo, 1945, e ora in Saggi, Milano: Mondadori,
1999 (I Meridiani), p. 387.
24. Non c spazio qui per approfondire il paradosso sottostante allidea manzoniana di italianit, che, in mancanza di caratteri genetici, poggi su due puntali: la lingua unita e i precetti
del Vangelo assurti a comune e razionale buon senso.
Abstract1
Nel secondo dopoguerra il Partito Comunista Italiano, sotto la guida di PalmiroTogliatti e alla luce dei Quaderni scritti in carcere da Antonio Gramsci (in particolare le note sul Risorgimento, sulla funzione degli intellettuali, sul concetto di
egemonia)imposta una grande battaglia per la conquista dellegemonia culturale.
Il primo obiettivo quello di combattere la prevalente influenza di Benedetto Croce e
della sua interpretazione del Risorgimento, sostituendole appunto quella di Gramsci
e facendo della classe operaia e del suo partito il vero erede della miglior tradizione
laico-democratica del Risorgimento stesso, la tradizione di Bertrando Spaventa, di
Francesco De Sanctis, di Antonio Labriola. Loggetto di pi aspra contesa fra liberali
e marxisti, dalla stampa quotidiana alle riviste accademiche,diventa negli anni Cinquanta Francesco De Sanctis, secondo il dilemma diventato classico De Sanctis-Croce
o De Sanctis-Gramsci? Strettamente legata, anzi propedeuticaa questa la discussione
sul filosofo marxista Antonio Labriola. Una vera e propria battaglia delle idee cui
partecipano tutti, politici e intellettuali.
Parole chiavi: De Sanctis; Labriola; Croce; Gramsci; Risorgimento.
Abstract
In the second post-war period the Italian Communist Party, under the guidance of Palmiro
Togliatti and in the light of the Quaderni written in prison by Antonio Gramsci (in particular the notes about the Risorgimento, the role of the intellectuals, and his concept of
hegemony) poses a great battle for the conquest of cultural hegemony. The main purpose
was to challenge the prevalent influence of Benedetto Croce and his interpretation of the
Risorgimento, replacing precisely that of Gramsci and taking the working class and his
party as the true heritage of the best lay-democratic tradition of the Risorgimento itself,
the tradition of Bertrando Spaventa, of Francesco De Sanctis, and Antonio Labriola. The
subject of this bitter confrontation between liberals and Marxists, to be found in the daily
1. La relazione che ho presentato in sunto l11 dicembre 2008 venuta via via assumendo,
nella stesura, le dimensioni ampie di un libro (anche fittamente documentario). Qui perci
mi restringo a presentare alcuni paragrafi, particolarmente significativi di quel che nella
relazione orale riassunsi.
Umberto Carpi
papers and in academic journals, becomes in the Fifties Francesco De Sanctis, according
to the classic dilemma De Sanctis-Croce o De Sanctis-Gramsci?
Closely related to it, albeit occurring before this, is the discussion by the Marxist
philosopher Antonio Labriola. A true and peculiar battle of ideas in which all politicians
and intellectuals participated.
Keywords: De Sanctis; Labriola; Croce; Gramsci; Risorgimento.
1. Col senno del poi si pu ben dire che molte lacerazioni del fatale 1956
erano gi latenti e che lo choc Stalin dellanno successivo funzion da detonatore per micce gi accese: n sembri allotrio questo cenno in un contesto
desanctisiano, sol che si rifletta come il numero di Societ 1953 specialmente dedicato a De Sanctis si aprisse con un ampio saggio commemorativo di
Gastone Manacorda sullUmanesimo di Stalin. Ebbene (fatta salva lapologia
di Stalin adesso irricevibile in quei termini, ma bisogna tener conto che nel
1953 tutti anche i pi accaniti avversari e magari nei termini pi aspri
commemorarono non un mostro, bens un gigante della politica, e comunque
oggi si richiederebbe maggior oggettivit di giudizio storico), per capire quale
equilibrio dai comunisti italiani si tentasse nel segno di Gramsci2 fra recupero
della tradizione nazionale di cultura progressiva a guida borghese e inserimento nel processo mondiale di rivoluzione proletaria a guida sovietica e dunque
per capire lo spirito di unoperazione filodesanctisiana a seguire un umanesimo di Stalin; per capire anche quanto questa linea politica fosse temuta efficace dagli ambienti liberal-crociani, al punto di indurli a fondare nel 1954 una
rivista Nord e Sud precipuamente destinata a contrastarla, serve rileggere le parole stesse del Manacorda. Parole tanto pi significative perch uscite dalla penna del direttore della testata, storico del movimento operaio di
indiscusso valore e autentico intellet tuale di raccordo (un po come Carlo
Salinari in campo letterario, Valentino Gerratana in campo filosofico, Massimo Aloisi in campo scientifico, ma Manacorda forse con minor rigidit di
applicazione che non gli altri) fra Partito e mondo della cultura:
Il Croce agli inizi della sua vita intellettuale introdusse insieme con il Labriola lo studio del marxismo in Italia. Se egli fosse veramente desempio, se coloro che si considerano suoi discepoli avessero verso il nuovo e il vitale un
interesse pari a quello che animava agli inizi il loro maestro, essi dovrebbero
volgersi con pari attenzione allo studio degli sviluppi odierni del marxismo,
che sono in Lenin e in Stalin, invece di ricalcare lanticomunismo monotono
e dogmatico degli ultimi anni del maestro, in nulla differente da quello che
da pi di un secolo usano, con scarso successo, i gesuiti per tenere a bada i
liberali. Nel numero precedente di questa rivista, commemorando brevemen-
2. Esemplare e quasi didascalico gi nel titolo, da questo punto di vista, larticolo di Franco
Ferri (uno degli storici coinvolti nelledizione Einaudi di De Sanctis, per la quale cur nel
1960 Il Mezzogiorno e lo Stato unitario) su Questione meridionale e unit nazionale in
Gramsci, Rinascita, IX, 1, gennaio 1952, p. 6-10.
Nel 1955, ripeto, quel che sarebbe successo nel 1956 non lo si sapeva: si
sapeva bene, invece, quel che era successo nel 1948, con la sconfitta elettorale
e il sostanziale isolamento del blocco di sinistra, il trionfo di un blocco moderato nel quale i partiti di democrazia laica si erano aggregati al grande partito
cattolico in funzione anticomunista e antisocialista. Daltro dunque cera bisogno che della storia e della prospettiva di un movimento operaio e popolare a
s e per s: il suo punto di vista, certo, ma per una diversa storia generale della
societ italiana. Sono puntualmente del 1950 in questottica politico-storiografica due fondamentali interventi di Togliatti, sul piano della storia la
rivalutazione delloperato a inizio secolo di Giovanni Giolitti per le sue aperture al Partito Socialista lette come disponibilit allinserimento di quel Partito nel governo del Paese; sul piano della prospettiva, la riproposizione del
celebre discorso 1946 su Ceto medio e Emilia rossa (il titolo dice tutto), di
autentica svolta nella determinazione delle alleanze sociali.4 Dal punto di vista
culturale, nel 1948 fu avviata in forma di volumi tematici la diffusione dei
quaderni scritti in carcere da Gramsci: n li pubblicava leditoria di partito,
bens la solita casa editrice Einaudi, torinese come lOrdine Nuovo di Gramsci
e di Togliatti per espressione della pi raffinata borghesia laica e progressista,
diretta discendenza dal grande economista liberale Einaudi Luigi, allora presidente della neonata Repubblica.
3. Nel testo si allude al redazionale (ma credo scritto dal Manacorda) La morte di Benedetto Croce, Societ, VIII, 4, dicembre 1952. Subito dopo la morte di Croce comparvero
su Rinascita due interventi piuttosto severi, che segnalo per la particolare pertinenza al
nostro tema, di C. Salinari, Benedetto Croce critico, Rinascita, IX, 11 novembre
1952, p. 621-25 (La cultura italiana chiude per sempre oggi il capitolo Benedetto Croce
e ne apre uno nuovo: quello di Antonio Gramsci) e di M. Alicata, Benedetto Croce e il
Mezzogiorno, ibid, IX, 12 dicembre 1952, p. 680-84 (lindifferenza, anzi il disprezzo del
Croce per la presenza nella storia anche delle classi subalterne toccano, quando egli volge
lo sguardo al Mezzogiorno, il loro culmine, cos acuta in lui evidentemente la volont che
gli intellettuali meridionali non saccostino alla realt economica e sociale delle loro regioni
e mantengano la loro pratica, come egli stesso ammonisce alla fine della Storia del Regno
di Napoli, dentro le accademie).
4. P. Togliatti, Discorso su Giolitti, Roma: 1950 e Id., Ceto medio e Emilia rossa, Roma, s.d.
[1950, ma pronunciato nel 1946 a Reggio Emilia].
Umberto Carpi
classe operaia a sua volta nazionalmente vocata, come Gramsci laveva proposta e Togliatti tentava di realizzare nella prassi politica.
Al lavoro degli storici comunisti veniva insomma affidato il compito di
supportare unoperazione politica di trasformazione del nazionalismo dei ceti
medi, cui era approdata lidea di Patria formatasi nel Risorgimento, in un
nuovo patriottismo compatibile con una nozione di internazionalismo proletario affatto diversa, anzi aliena dal cosmopolitismo grande borghese; un patriottismo riconducibile se mai allideologia patriottica che era stata del giacobinismo, nellaccezione sintende di quel realismo politico alieno dallastrattezza
settaria con cui Gramsci lo aveva nazionalmente opposto alla strategia di termidorismo preventivo poi adottata dai moderati del Risorgimento, Cavour in
primo luogo. Si dispieg, su questo punto decisivo, una campagna sistematica,
articolata nei saggi e recensioni dei periodici e in articoli di quotidiano.7 Sottolineo la particolare importanza del richiamo a questo patriottismo giacobino
(nel senso gramsciano equivalente a nazional-popolare) come criterio storiografico teso a rovesciare sia la tradizione nazionalistica della borghesia imperialista sia la municipalistica del sanfedismo, e insieme a contrastare linsidiosa
tendenza alla disidentificazione nazionale comportata dalla nuova ideologia
dellamericanismo globale. Anche su questo punto, pure assai interessante, un
solo esempio a titolo esemplificativo, la risposta di Renato Zangheri alla rivista
Il Mulino, che aveva attaccato la politicizzazione della storiografia sovietica
e messo in discussione appunto luso storiografico dei criteri di patriottismo e
di cosmopolitismo.
Zangheri si chiedeva polemicamente se nazioni, movimenti nazionali,
apporto di ogni nazione alla cultura mondiale, contino qualcosa nella storia,
e siano individuabili e definibili. Vi chi lo asserisce e fra questi i marxisti;
i quali tuttavia si differenziano dai ricercatori del colore locale, dai mistici
dello spirito nazionale, e simili. Vera anche chi lo negava. Ed erano spesso
nobili spiriti, mossi da un sogno di universale concordia. Oggi per il cosmopolitismo, nella sua essenza, diventato altra cosa. Si nega e deprime il
patrimonio nazionale altrui per esaltare il proprio, e neanche la sua parte
migliore. Si invitano le nazioni dEuropa a dimenticare il passato che le fece
grandi, e si afferma la supremazia americana. Per questa via si arriva a formulare una direttiva storiografica, e si falsifica la storia dei popoli. La questione aveva valenza primaria, ed significativo che in Rinascita, a un articolo
intorno al capitale tema desanctisiano la scienza e la vita, ne facesse seguito
un altro su Lotta nazionale e lotta di classe nel Viet Nam, in cui oltre al
tema nazional-popolare della rivoluzione patriottica nel senso giacobino di
7. Cito per tutti, in questa sede non posso fare di pi, il saggio Dal nazionalismo al patriottismo (Rinascita, VII, 11-12, novembre-dicembre 1950, p. 529-32) di Lucio Lombardo
Radice: lo scelgo per la particolare personalit dellautore, matematico di vaglia, un altro
marxista e comunista proveniente da famiglia di grande tradizione idealistica (era figlio del
pedagogista Giorgio), un interprete fra i pi intelligenti della linea politico-culturale di
Togliatti.
Umberto Carpi
Non deve dunque stupire che lultimo Croce, con i suoi fedelissimi di
Nord e Sud del Mondo dello Spettatore Italiano, venisse combattuto in
modo cos aspro dagli intellettuali comunisti dei quali non a caso era intanto diventato autorevole compagno di strada quel Russo desanctisianamente
suggestivo per il Gramsci dei quaderni come colpevole di aver negli anni,
sostanzialmente a partire dallEstetica, progressivamente abbandonato, anzi
rovesciato, le posizioni innovatrici della giovinezza (diciamo la linea labrioliano-desanctisiana) approdando a posizioni conservatrici e fin reazionarie.10 N
deve stupire che nel medesimo tempo quegli stessi intellettuali, nelle loro battaglie delle idee combattute contro i liberali sui temi della libert e partiticit
della cultura, non esitassero a richiamarsi proprio sempre naturalmente attraverso, esplicita o sottintesa, la mediazione gramsciana alla tradizione borghese e progressiva della linea De Sanctis-Croce11, fondandovi le ragioni della
nuova prospettiva De Sanctis-Gramsci. Nellinfinita casistica, vale la pena di
citare ancora, per la sua lucidit, Zangheri:
La scienza e la vita. Non vi far il torto di ripetervi il gi noto. Non vi citer
il De Sanctis. Ma bisogna ammettere che anche nello specifico campo della
produzione storiografica ha avuto luogo quella corrispondenza. Corrispondenza che veramente una unit, la unit del pensiero storico con lattualit
della vita: come scrisse il maestro che ora ci ha lasciati. vero che il Croce
quella unit non volle poi tenerla ferma e la annull, volgendola in speculazione. Ma allorch voi inorridite di questa funzione pratica e di strumento
insomma della societ che vi pare sia attribuita alla storiografia sovietica,
vorrei ancora richiamarvi il pensiero crociano che tutta la scienza, tutta la
cultura storica, specificamente elaborata e promossa, sta in rapporto al bisogno
generale di matenere ed accrescere la vita civile ed attiva dellumana societ.
Umberto Carpi
Umberto Carpi
Umberto Carpi
De Santis, del primato sui dieci anni dalla fine della guerra ovvero le prospettive materialiste della biologia (scienza assai pi sospetta di deviazionismi
idealistici era considerata la fisica...) e i cieli della declinazione politica della
libert, dei destini dellarte, del rapporto globale fra Occidente e Oriente.
Chi ne abbia memoria, si sar accorto che ho puntualmente alluso ad
alcune allora clamorose e fra loro intrecciantisi contese culturali di quegli anni,
particolarmente concentrate fra il 1954 e il nostro 1955, alle soglie del 1956;20
protagonisti, spesso, i medesimi politici e intellettuali: sempre, le medesime
ragioni politiche. Con un nesso strettissimo fra queste ragioni e la ricerca storica, particolarmente rilevabile proprio nella nostra questione desanctisiana:
che si articolava infatti, autentica strategia storiografica, in varie direzioni
intrinsecamente connesse, da Vico agli Spaventa a Labriola, le tessere da rovesciare della linea crociana.21 Ma tutto ci accadeva (dimenticarlo significherebbe perdere il senso complessivo di una stagione in cui i diversi piani di
movimento, economico-produttivo, ideologico, politico, artistico, ognuno sul
proprio terreno pullulante di vitalit e di contraddizioni, si scivolavano spesso
20. Le querelles su Metello e su Scotellaro sono ben note. La discussione sulla libert pure molto
conosciuta e coinvolse, fra Nuovi Argomenti e Rinascita, soprattutto Bobbio e Togliatti. Il
dibattito sulla biologia (nel primo decennio postbellico fu ampia la discussione sul rapporto
fra ricerca scientifica e materialismo, altra tessera delicatissima delle relazioni con la cultura
idealistica) fu guidato particolarmente su Societ dallAloisi; dellarte e di estetica si discusse
per ogni dove, ma (insieme alla discussione del Contemporaneo, dicembre 1954, su marxismo, arte ed estetica) soprattutto va ricordata una grande inchiesta di Nuovi Argomenti e
sulla medesima rivista anche la discussione su Oriente e Occidente. Dieci anni si intitol
una lunghissima inchiesta del Contemporaneo 1955, peraltro ripresa da varie altre testate,
sul decennio intercorso: al fondo, linterrogativo angoscioso e politicamente stringente se
la Resistenza fosse stata anche dal punto di vista culturale tradita. La discussione
meno nota e apparentemente pi datata, ma per noi molto significativa perch tutta incentrata, come quella per Metello, sulla questione del realismo, riguard il film di De Santis
Giorni damore (pellicola oggi di arduo reperimento ancorch allepoca di gran successo,
protagonisti, per la cronaca, Marcello Mastroianni e Marine Vlady) e si svolse sulledizione
settentrionale dellUnit nel nostro 1955. Come si vede, il campo di battaglia desanctisiano
era illuminato anche dai fuochi di altri e contigui terreni di scontro (ma una vivacissima
discussione su cinema e neorealismo, nellestate, si svolse pure sullAvanti!).
21. Questi nessi politici non sfuggirono a unintelligente rassegna di Giuseppe Vacca (Recenti
studi sullhegelismo napoletano, Studi Storici, VII, 1, gennaio-marzo 1966, p. 159-209), il
quale mise puntualmente in luce come a distanza di dieci anni (altri dieci anni, ma un lasso
ormai da calcolare per progressione geometrica, non sommatoria...) quella stagione togliattiana fosse diventata delicato oggetto di serrato confronto politico: che si apr per esempio
fra Rossana Rossanda (Le ragioni della cultura. Note e appunti critici su impegno, cultura e ideologia, Il Contemporaneo, febbraio 1965, p. 1-4) e Luciano Gruppi (Palmiro
Togliatti, cultura e metodo, Rinascita, 18 settembre 1965, p. 23-24, cui Rossanda replic
con Marxismo e storicismo, ibidem, 13 novembre 1965, p. 22-23) emblematicamente a
un anno dalla morte di Togliatti e gi quasi in termini di resa dei conti (proprio a partire da
un numero commemorativo del Contemporaneo, nel frattempo trasformatosi in supplemento
mensile di Rinascita). Argomento delicato ancor adesso pur in un secolo affatto diverso,
peraltro divenuto oggetto di riflessione storica e non pi, come allora, di confronto militante: capire le origini del declino che ci ha condotto ad oggi, lastrattezza politica senza
responsabilit di Rossanda, il ripetitivo buon senso occhi allindietro di Gruppi.
Umberto Carpi
Umberto Carpi
Valentino Gerratana, fattosi poi altrimenti benemerito come editore critico dei Quaderni gramsciani, tocc di l a poco uno degli argomenti pi spinosi per i crociani e cruciale per i marxisti, il rapporto con Labriola di Croce,27
cio la mediazione labrioliana fra Croce, hegelismo napoletano e marxismo:
che era lunico aggancio possibile per fondare storicamente lo slittamento da
Croce a Gramsci (oltre che il processo da Hegel a Marx) e per dare una chiave
di lettura progressiva, sulla linea appunto Labriola [Croce] Gramsci, alla
tradizione nazionale di De Sanctis e degli Spaventa. La valorizzazione del
marxismo di Labriola, oltre che a determinare una linea democratico-nazionale, serviva anche a riempire il vuoto di dottrina marxista che aveva caratterizzato il movimento politico delle classi lavoratrici italiane nel trentennio
precedente la prima guerra mondiale: nel sottolineare questa esigenza, Alicata
la faceva coincidere con quella di dare alla cultura italiana, contro lastrattezza
idealistica e il tecnicismo empiristico, una nuova sintesi umanistica fondata sulla
ragione storica28 ed elencava puntualmente i nomi, oltre che di Garin per la
sua comprensione dellinscindibile nesso in Gramsci fra attivit rivoluzionaria
e attivit culturale), di Labriola e del suo stile, di De Sanctis in quanto modello di uomo di cultura militante.
Sul nodo Labriola-Gramsci, ad ogni modo, Gerratana torner subito dopo
(in Rinascita, e insomma era tutta la rete della stampa comunista a venir impe27. Labriola e Croce, Il Contemporaneo, 23 ottobre 1954, p. 3-4).
28. M. Alicata, Un allievo di Gramsci, Il Contemporaneo, II, 32, 6 agosto 1955, p. 1.
Larticolo commemorava Ruggero Grieco, lappena scomparso ispiratore della politica agraria e meridionalista del PCI, uno degli ideatori di Cronache meridionali, che gli dedicher
un fascicolo speciale (II, 12, dicembre 1955). Grieco, sempre nella preoccupazione delle
linee storiche, veniva messo in serie con Giustino Fortunato e Guido Dorso.
Umberto Carpi
Abstract
Malgrado siano pochissime e parziali le traduzioni in catalano di testi di Francesco De
Sanctis, nel corso del Novecento le sue opere hanno avuto una notevole diffusione fra
scrittori e critici catalani, di cui sono prova lampio repertorio di esemplari conservati in
biblioteche private e pubbliche, gli interventi critici apparsi su pubblicazioni periodiche e le
precise influenze riscontrabili nella produzione saggistica catalana. Il presente studio traccia
le linee principali della fortuna desanctisiana in Catalogna, soffermandosi soprattutto sul
ruolo svolto da Carles Riba, Josep M. Capdevila e Josep Pla.
Parole chiave: Francesco De Sanctis; critica letteraria; ricezione catalana della cultura
italiana.
Abstract
Despite the fact that there are very few and partial translations into Catalan of the texts
by Franceso De Sanctis, during the twentieth century his works were widely circulated
by Catalan writers and critics. Evidence of this is the ample repertoire of book holdings
kept in private and public libraries, their critical presence in periodicals and the precise
influence these had in the Catalan essay production. The present study draws the main
lines of the Desanctisian production in Catalonia, focusing on the role played by Carles
Riba, Josep M. Capdevila and Josep Pla.
Keywords: De Sanctis; literary criticism; Catalan reception of Italian culture.
Il libro che Josep Pla, ormai ultraottuagenario, dedic allItalia prende avvio
da unosservazione sulla fortuna, a suo giudizio diametralmente opposta, che
in Catalogna hanno avuto Machiavelli e De Sanctis. Sicch, se Machiavelli
non ha bisogno di presentazione alcuna e gode, anzi, di una lunga schiera di
1. Questo lavoro stato svolto nel quadro del Progetto di Ricerca FFI2008-02987: Intercambios
entre sistemas literarios: mediacin y mediadores desde la literatura catalana (s. XX).
Gabriella Gavagnin
Gabriella Gavagnin
Tutto quanto detto finora potrebbe gi bastare a smentire il carattere drastico della dichiarazione di Josep Pla citata in apertura e a prospettare lipotesi
di una diffusione delle opere e del pensiero di De Sanctis situabile nel secondo
e terzo decennio del Novecento con un picco intorno al 1920-1922, in coincidenza con i fermenti italianisti che precedono e seguono il centenario dantesco. Senonch, lo stesso Pla, in realt, a fornirci altrove indizi in questa
direzione, in particolare nel Quadern gris dove racconta di quando e come
cominci a interessarsi per la cultura italiana:
Vaig comenar a estudiar litali per llegir la Histria de la literatura italiana
de Francesco de Sanctis, llibre dun inters decisiu segons lopini de Josep
M. Capdevila i del seu inseparable Joan Climent. Josep M. Capdevila semblava tenir llavors tres obsessions: sant Francesc de Sales, Francesco de Sanctis
i Josep Joubert. Climent el seguia. Aquestes tres obsessions havien estat creades
per Eugeni dOrs, naturalment. [...]12
Di qui che si iscrive a un corso di lingua italiana alla Casa degli Italiani,13 e
[p]ocs dies desprs dhaver comenat el curs, demano a la biblioteca de lAteneu
la Histria de De Sanctis. No arribo a confegir res. Llegeixo un pargraf i a la
fi s com si no hagus llegit res. Faig la mateixa provatura amb un volum de
la Crtica de Croce i arribo al mateix resultat.14
Gabriella Gavagnin
La circoscrizione temporale (tra il 1919 e il 1925, stando alle pubblicazioni cui si allude) di questo fenomeno di ricezione, che appare alla sensibilit dei
contemporanei tanto improvviso quanto di ampia risonanza, coincide in
sostanza con le date che abbiamo dedotto dalle edizioni censite nei fondi
bibliotecari. In questi anni, quindi, si pu parlare di una propagazione dellinteresse e della conoscenza di De Sanctis fuori dalla stretta cerchia dei singoli
sostenitori, i quali avevano avuto modo, gi dagli anni anteriori alla guerra, di
avvicinarsi alle sue opere, per diretta influenza di Ors, come sostiene Pla, o no.
Intanto, Puig i Ferreter, prima di concludere larticolo con un appello a proseguire sulla stessa strada,19 segnala anche, in Carles Riba e Josep M. Capdevila, i due esempi pi significativi di questa benefica influenza del pensiero di
De Sanctis.
* * *
Effettivamente, di questa ricezione catalana primonovecentesca, Riba e Capdevila vanno considerati a ragione i due massimi esponenti, e non solo per lo
sforzo di divulgazione svolto con elzeviri e traduzioni,20 ma soprattutto perch
seppero trasformare la lezione desanctisiana in un modello critico operativo,
applicandone principi, suggerimenti, categorie e perfino il linguaggio alla critica che esercitarono sulla letteratura catalana. Ciascuno dal proprio orizzonte
ideologico e letterario, utilizzarono De Sanctis non solo come una chiave di
lettura della storia letteraria italiana, di autori come Dante, Petrarca, Ariosto
o Leopardi, o di epoche storiche come il Rinascimento, come altrove ho gi
cercato di dimostrare,21 ma anche e soprattutto come un metodo solido,
duttile e nuovo per fare critica letteraria.
Per quanto riguarda Capdevila, meriterebbe senza dubbio unanalisi pi
approfondita di quella che mi consentita di fare in questa sede. 22 La sua
19. Benvingut sigui de Sanctis a Catalunya. Ell hi ha penetrat per camins diversos, hi ha trobat
un terreny favorable. No ens allunyem massa aviat dell, que la seva influncia no sigui
fugissera. Impulsem el seu estudi. Ens pot ensenyar moltes coses bones, i no solament els
crtics, ans ms aviat als creadors, i la principal de totes s la fusi harmoniosa de lart i
de la vida: la vida com a contingut i lart com a contingent, que fou el seu credo literari, el
que predic i practic fins a la mort.
20. Vanno segnalati in primo luogo gli interventi cui si riferisce Puig i Ferreter, cio lescoli che
Riba dedic a De Sanctis (Jordi March, De Sanctis, La Veu de Catalunya, 8-II-1919,
poi pubblicato in volume in Escolis i altres articles, Barcelona: Publicacions de La Revista,
1921) e gli articoli di Capdevila: Francesco De Sanctis, La Publicitat, 5-II-1921 e Una
pgina de Francesc de Sanctis. Lindividualisme, La Veu de Catalunya, 14-II-1922, poi
raccolti nel volume Poetes i crtics, Barcelona, Llibreria Catalnia, 1925. Ma di Capdevila vanno ricordati anche le pagine che commentano, traducendone ampi stralci, i saggi
su Guicciardini (Luomo de Guicciardini, anchesso incluso in Poetes i crtics, op. cit.) e su
Manzoni (Manzoni, La Paraula Cristiana, n. 36, dicembre 2007, p. 484-498).
21. Cfr. G. Gavagnin, Classicisme i Renaixement..., op. cit.
22.
Linfuenza di De Sanctis su Capdevila stata ribadita pi volte dallo stesso autore, e ricordata, oltre che da Josep Pla, dai critici che si sono occupati di lui (Molas, Josep M. Capdevila, crtic literari (1966), in Lectures crtiques, Barcelona: Edicions 62, 1975, p. 83-89 e
Gabriella Gavagnin
conoscenza di De Sanctis risale a prima della guerra: nel 1914, come attestato
dalla corrispondenza, fa arrivare lo Studio su Giacomo Leopardi al mentore e
amico Josep M. de Garganta. Capdevila era allora ventiduenne ma, grazie
allincoraggiamento di Garganta, membro dellArcadia italiana, aveva gi una
formazione italianista perch aveva cominciato a leggere scrittori italiani classici e moderni allet di 16 anni.23 Tempo a venire, nel 1926, pubblicher la
sua prima raccolta di saggi, Poetes i crtics, un libro rilevante nellorizzonte
critico dellepoca. Qui la presenza di De Sanctis costante, spesso direttamente chiamato in causa, il che favorisce peraltro una certa predilezione per
un approccio comparativo fra autori catalani e italiani: Alcover-Leopardi,
Verdaguer-Tasso, Costa-Parini, etc. Ma anche quando il suo nome non appare citato esplicitamente avvertiamo nozioni, valori, dicotomie e procedimenti
a lui riconducibili: dallopposizione fra poeta e artista alla ricerca della passione e della vitalit come motori del testo, dalla gestione del rapporto fra mondo
interno ed esterno al poeta alla ricerca del fondo umano depositato nellopera.
Vediamone qualche esempio.
La poesia di Josep Carner valorata in quanto armonico risultato di un
perfetto accordo fra il poeta e lartista:
I llavors quan el poeta parla de la passi ms profunda, la m de lartista s ms
ferma, el vers no es deslliga, no es desf; lartista el domina i marca les simetries
de comps, les concordncies dimatges, de conceptes.24
Ancora, a proposito dello stile di Costa i Llobera, da un lato sanziona leccessivo controllo esercitato sul linguaggio, che denota assenza di appassionamento:
s un estil culte com el de les poesies de Manzoni o de Parini. Desconfia del
seu instint, i per aqueixa desconfiana, contenint linstint verbal, en ell meravells, cau de vegades en la fredor i trenca les ales del vers.26
M. Serrahima, Josep Maria Capdevila. Assaig biogrfic, Barcelona: Barcino, 1974). Nuovi
dati sono stati apportati dallo studio di Joan Carreras i Pera, Josep Maria Capdevila. Ideari
i potica, Barcelona: Publicacions de lAbadia de Montserrat, 2003, p. 144-148.
23. Lepistolario di Josep Maria Capdevila a Josep Maria de Garganta stato pubblicato in
appendice alla Tesi di Dottorato di Joan Carreras i Pera, Ideari i potica de Josep Maria
Capdevila, Universitat Autnoma de Barcelona, 2001, ed ora consultabile in rete: http://
www.tesisenxarxa.net/TESIS_UAB/AVAILABLE/TDX-1004102-144116//jcp6de6.pdf
24. Poetes i crtics, op. cit., p. 149.
25. Ibid., p. 53.
26. Ibid., p. 45.
dallaltro, per, riconosce nei suoi versi una sempre sincera dialettica tra forma
e contenuto al riparo da ogni uso artificioso e vuoto, secondo un metro di
giudizio applicato tante volte da De Sanctis: 27
era incapa dartifici, en el sentit de simular un fons inexistent o de consagrar
a capricis de forma estrofes buides.28
Gabriella Gavagnin
interna del testo. Per esempio, De Sanctis descrive come un valore la forza
con cui un autore riesce ad aggregare intorno a un centro vitale gli altri elementi testuali mentre, al contrario, connota come un disvalore, lassenza di
tale solidariet interna. Nel primo caso, il concetto esemplificato a proposito della Commedia:
La creazione comincia veramente, quando quel mondo tumultuario e frammentario trovi un centro intorno a cui stringersi. Allora esce dallillimitato che
lo rende fluttuante, e prende una forma stabile; allora nasce e vive, cio si
sviluppa gradatamente secondo la sua essenza. Ora il mondo dantesco trov la
sua base nella idea morale.35
In una prospettiva analoga, Riba fa appello a un altro principio strutturante che preoccupa De Sanctis, anzi a uno dei principi metodologici cardinali
nella sua prassi critica: la sintesi unitaria fra ideale e reale, fra universale e particolare cos come essa viene realizzata in determinate opere letterarie. Lesem35. Storia della letteratura italiana, Torino: Einaudi, 1981, I, p. 188-189.
36. F. De Sanctis, Saggio critico sul Petrarca, Torino: Einaudi, 1952, p. 145-146.
37. C. Riba, Obres completes / 2. Crtica, 1, op. cit., 1985, p. 256. La recensione risale al
17 dicembre 1921.
38. Storia della letteratura italiana, op. cit., 209.
39. Ibid., p. 190-191. Il passo commentato da Jordi Mal, Carles Riba i..., op. cit., p. 266.
Gabriella Gavagnin
sembra parte di quello e che venga fuori come eccitato e provocato nel vivo
della passione, quasi un crescendo.44
Queste riflessioni sul funzionamento del testo di cui Riba faceva tesoro e
rielaborava nella sua prassi critica si coniugavano perfettamente con la sua
ricerca teorica maturata in un orizzonte poetico postsimbolista, gli fornivano
degli strumenti che poteva proficuamente integrare con quelli ricavati da Vossler o Valry.
Ben diverso il De Sanctis di Josep Pla, che fondamentalmente il De Sanc
tis della Storia, libro che Pla legge e rilegge in vari momenti nel corso della sua
vita, contribuendo poi a divulgare fra i lettori catalani nella seconda met del
Novecento mediante ripetuti riferimenti in testi come el Quadern gris (1966) o
La vida amarga (1967) e soprattutto mediante la traduzione dei capitoli su
Machiavelli e su Aretino in Itlia i el Mediterrani.45 Giova ricordare, peraltro,
che la sua funzione di mediatore potenziata dalla sua popolarit in quanto
giornalista e scrittore. Pla usa la Storia della letteratura italiana come una ricca
fonte di informazione sullItalia, quasi una Baedecker culturale,46 la definisce
addirittura llibre bsic per a conixer ms o menys aquest pas.47 Non solo. Pla
vi scorge anche qualcosaltro, fondamentalmente due cose. Da un lato, un modo
di parlare della storia, della cultura, della letteratura e della societ attraverso la
costruzione di ritratti umani, di personalit complesse, esplorate nella loro vita
materiale e morale, penetrate nella loro essenza, raccontate nella loro quotidianit. Daltronde, lo scrittore degli homenots non poteva non ammirare i ritratti
di queste enormes figures che per Pla condensano lessenza di un paese. Dallaltro, il principio secondo cui lo scrittore ha una responsabilit storica, e pertanto
la letteratura deve fare i conti con la realt in cui viene prodotta. Sulla base della
Storia di De Sanctis, Pla giustifica la sua difesa del realismo, della letteratura
interpretata con militanza in chiave antiidealistica. noto il passo in cui Pla
manifesta tale principio poggiando sullautorit desanctisiana:
La primera obligaci dun escriptor s observar, relatar, manifestar lpoca
en qu es troba [...]. La literatura s el reflex duna societat determinada en
44. Ibid., p. 370-371. Occorre dire il testo Silvia non venne incluso nello Studio su Leopardi
fino alledizione di Nino Cortese del 1933, ma in quegli anni Riba avrebbe potuto leggerlo
nel volume curato da Croce Scritti varii inediti e rari (1898).
45. Non ho trovato alcuna allusione a De Sanctis nelle opere di Pla pubblicate prima della
guerra, nemmeno in un libro come Cartes meridionals (1929), dove pure spesseggiano
rinvii alle pi svariate fonti bibliografiche sulla cultura italiana, da Sthendal a Goethe, da
Burckhardt a Gebhart, da Vasari a Papini. Di contro, significativa la presenza costante
di De Sanctis nel volume Itlia i el Mediterrani, al margine ovviamente delle parti tradotte.
I primi cenni a De Sanctis compaiono proprio nei testi degli anni sessanta sopra citati.
lo stesso Pla a ragguagliarci ancora una volta sulla cronologia delle sue letture; nelle
Notes per a un diari gener 1967 - octubre 1968, scrive in data 16 maggio 1967: A la matinada, llegida la Histria de la literatura italiana de De Sanctis en relaci amb el Bembo
(El viatge sacaba, Barcelona: Destino, 1981, p. 42).
46. J. Pla, Itlia i el Mediterrani, op. cit., p. 312.
47. Ibid., p. 316.
Dal canto suo, anche Riba si poneva la questione del rapporto fra letteratura e realt, ma laffrontava in modo un po pi problematico, in quanto
gli risultava improponibile tradurre tale rapporto in un mero e immediato
riflesso di questa in quella. Non stupisce, quindi, che, leggendo De Sanctis
si soffermasse su una formulazione che precisava e relativizzava la funzione
di mediatore del poeta e che verosimilmente appare pi conciliabile con le
sue aspirazioni poetiche. Il passo evidenziato a matita nella copia a lui
appartenuta del Saggio critico sul Petrarca e inoltre viene richiamato con
lespressione el poeta i la realitat in un succinto indice tematico, dotato
anche delle pagine di riferimento, redatto a mano da Riba alla fine del volume per uso personale:
Ci che si dee domandare al poeta che, calando nel reale, non vi stagni, non
vi sinsozzi; che vi guardi inviolata la libert dello spirito e il sentimento
dellarte.49
Gabriella Gavagnin
Gabriella Gavagnin
Abstract
Questo articolo analizza la struttura e il ruolo di Paradiso XXXI, il secondo dei quattro
canti finali del Paradiso, tutti ambientati nell Empireo. Il canto amplia la presentazione
iniziale dell Empireo in Canto XXX , sia con il ritratto del ruolo degli angeli che con la
presentazione eterodossa dei beati nei corpi gloriosi cos come appariranno nel giorno
del Giudizio Universale. Il canto contiene la sostituzione sorprendente di San Bernardo
con Beatrice e la preghiera di addio che Dante indirizza alla donna. Nella lettura delle
similitudini del canto, la centralit dell idea del pellegrinaggio diventa chiara, indicando
il modo in cui Dante crea una poetica alternativa personale al Giubileo ufficiale di Papa
Bonifacio nel 1300, lanno stesso del poema dantesco.
Parole chiave: Dante; Empireo; angeli; Roma; Beatrice; San Bernardo; Veronica; pelligrinaggio.
Abstract
This article analyzes the structure and role of Paradiso XXXI, the second of the four final
cantos of Paradiso, all set in the Empyrean. The canto amplifies the initial presentation
of the Empyrean in Canto XXX, both in its depiction of the role of the angels and its
heterodox presentation of the blessed in their glorious bodies as they will appear at the
Last Judgment. It also contains the surprising substitution of Saint Bernard for Beatrice
and Dantes farewell prayer to Beatrice. In reading the cantos similes, the centrality of the
idea of pilgrimage becomes clear, and points to the way in which Dante creates a poetic
personal alternative to Pope Bonifaces Jubilee of 1300, the fictional date of Dantes poem.
Keywords: Dante; Empyrean; angels; Rome; Beatrice; St. Bernard; Veronica; pilgrimage.
Sono molto contenta di tornare a Barcellona e davere lopportunit di rivedere le persone che ho incontrato quando sono stata qui quasi due anni fa. Per
me sempre un piacere partecipare a una serie di Lecturae Dantis, una tradizione secolare che continua a divulgare le opere del grande poeta fiorentino e
Rachel Jacoff
che assicura che tutti i canti della Commedia ricevano la nostra attenzione.
Sebbene lInferno rimanga la cantica pi letta e pi conosciuta, per me il
Paradiso pi affascinante. Stasera parleremo del trentunesimo canto del Paradiso, il secondo dei canti dellEmpireo. Nei quattro canti finali del Paradiso,
Dante arriva alla fine del suo viaggio, passando dalluniverso materiale a quello spirituale, il cielo di pura luce: luce intellettual, piena damore, amor di
vero ben, pien di letizia, letizia che trascende ogni dolzore. Bench la parola
empireo ricorra solo una volta nella Commedia (e nell Inferno), lidea
discussa da Dante nel Convivio dove dice: li cattolici pongono lo cielo Empireo, che a dire cielo di fiamma o vero luminoso. [...] Questo loco dei spiriti beati, secondo che la Santa chiesa vuole che non pu dire menzogna(3.2).
LEmpireo di Dante, diversamente da quello dei teologi scolastici, immateriale, fuori dello spazio e fuori del tempo. Come disse Etienne Gilson, un
mito dal punto di vista fisico e una metafora dal punto di vista teologico.
Identificato con la mente di Dio e con la visione beatifica degli angeli e dei
santi, il luogo dellamore, della gioia, e della dolcezza.1
Paradossalmente, questo luogo incorporeo il posto dove appaiono i corpi
gloriosi dei beati, gli unici corpi veri che Dante vede nel suo viaggio. Anna
Maria Chiavacci Leonardi ha giustamente detto che questo luogo, che non
ha realt se non metafisica e mistica ci rivela infine il luogo pi reale di tutta
la cantica.2 La poetica dell Empireo, un sito di paradosso e di ossimoro,
una sfida per il poeta e anche per il lettore. Dobbiamo imparare a tener
insieme cose che di solito teniamo separate. La verit poetica, come quella
teologica, sopranaturale.
Ciascuno dei quattro canti finali ha un tono e uno scopo un po diverso,
e ciascuno rallenta e allo stesso tempo accelera il movimento inesorabile verso
la visione finale che lapice del poema. Nel trentesimo canto la bella vista
della fiumana di luce, con le rive dipinte con mirabile primavera e le faville vive che escono dalla fiumana per infiorarsi, tutta questa scena viene
svelata come un umbrifero prefazio della realt. Dopo un battesimo oculare
nella fiumana di luce le faville ed i fiori sono smascherati e Dante vede le due
schiere, gli angeli e i beati, e i beati nella forma corporale che avranno dopo
lultimo giudizio. Dante descrive lenorme anfiteatro nel quale i beati sono
posti come un fiore e anche come una citt, una rosa sempiterna e la nostra
citt. In questo convento delle bianche stole le bianche stole dei beati costituiscono i petali di un colosseo floreale.3 Cos Dante fonde le due idee tradizionali di paradiso come giardino e come citt.
1. Citato da Christian Moevs, The Metaphysics of Dantes Comedy, New York: Oxford University Press, 2005, p. 23.
2. Anna Maria Chiavacci Leonardi, Introduzione, Dante Alighieri Commedia, vol. III,
Milano: Mondadori, 1977, p. xxvii.
3. Prendo la frase da Peter S. Hawkins, Are You Here?: Surprise in the Commedia, in Sparks
and Seeds: Medieval Literature and its Afterlife, Essays in Honor of John Freccero, ed. Dana
A. Stewart e Alison Cornish, Turnhout: Brepols, 2000, p. 182.
La grande rosa stata legata ai rosoni delle cattedrali dellepoca, in particolare a San Zeno a Verona, una citt dove Dante ha vissuto. La parola rosone
non stata usata fino a pi tardi, ma la forma di quelle grandi finestre circolari
suggerisce il fiore, e molte di loro erano dedicate alla Vergine. Il legame fra la
Vergine e la rosa era tradizionale nella liturgia ed altrove. Ricordiamo che Dante
lha chiamato la rosa in che l verbo divino /carne si fece nel ventitreesimo canto
del Paradiso. La rosa ha cos tante connotazioni religiose e secolari che difficile
delimitare il suo significato. proprio la sua polisemia che crea la sua risonanza e la rende un icona perfetta dellultimo paesaggio del poema.
Il tono estatico cambia negli ultimi versi del canto quando Beatrice parla
del gran seggio che aspetta limperatore Arrigo VII e la vendetta di Dio
contro il papa Clemente V che lha tradito. Questattacco contro lingannevole papa, con le sue allusioni a Bonifacio VIII e alla bolgia dei papi simoniaci,
interrompe latmosfera celestiale che pervade il canto. A proposito di questo
feroce attacco, Charles Singleton, il grande dantista americano, nel suo commento domanda, Non ha imparato il pellegrino nessuna carit Cristiana?4 E
Singleton non stato lunico a turbarsi dinanzi alleruzione di rabbia e al
ricordo dellinferno in un momento paradisiaco. anche sconvolgente quando ci rendiamo conto pi tardi che queste sono le ultime parole di Beatrice.
I primi versi del canto trentuno ristabiliscono lumore brevemente interrotto:
In forma dunque di candida rosa mi si mostrava la milizia santa/ che nel suo
sangue Cristo fece sposa. Il dunque della prima riga implica la continuit di
quello che seguir con quello che gi stato detto. Dante amplifica la descrizione iniziale della candida rosa, ritornando alle due categorie, i beati e gli angeli,
che sono apparsi come fiori e faville quando egli entrato nellEmpireo. La
milizia santa/che nel suo sangue Cristo fece sposa descrive i beati nel linguaggio
del Libro degli Atti degli Apostoli (20.28) e nella metafora dello sposalizio mistico. Poi il testo si concentra sullaltra schiera, gli angeli, e sul ruolo di mediazione
che essi svolgono nellEmpireo. Paragonandoli alle api che volano fra i beati
e Dio, infiorandosi fra i beati e portando il nettare dallalveare divino a loro.
Il paragone di angeli e api era gi in SantAnselmo, e molti commentatori vedono anche una riscrittura del passo del sesto libro dellEneide dove Enea vede le
ombre nellEliso come una moltitudine di api che si posano sui fiori. La versione
dantesca, per, pi attiva e bidirezionale, perch gli angeli vengono e vanno su
e gi fra i fiori e lalveare, fra le anime e Dio. 5 Portando il nettare dallalveare ai
fiori invertono la direzione abituale della loro attivit. Quel nettare la quasi
paradossale combinazione di pace e ardore che hanno acquisito dallesperienza
di Dio. Le api bidirezionali sono un esempio di un fenomeno naturale che allo
stesso tempo fuori natura, come direbbe il poeta Yeats.
4. Charles S. Singleton, The Divine Comedy, Commento a Paradiso, Princeton: Princeton
University Press, 1975, p. 510: Has the wayfarer learned no lesson of Christian charity in
the long journey to God, and does he, being now so near to God, not love his fellow man,
not forgive?.
5. Cf. la discussione nel Commento a Paradiso di Robert Hollander, New York: Doubleday,
2006, p. 775.
Rachel Jacoff
La qualit pittorica della descrizione dei bianchissimi angeli con i loro volti
di fiamma viva e le loro ali doro ricorda gli angeli della pittura trecentesca,
aggiungendo colore e movimento alla scena. La loro plenitudine volante non
impedisce la vista e lo splendore della luce divina, una luce che penetrante per luniverso secondo ch degno. [Questa frase ricorda le prime parole del
Paradiso: La Gloria di colui che tutto move/per luniverso penetra e cos via].
Il movimento dellapertura del canto si conclude con una visione dellunit dei beati di questo sicuro e gaudioso regno, tutti concentrati sulla trina
luce e scintillanti in un unica stella che simboleggia il divino. Per un
momento Dante passa dal cielo alla terra, pregando, in un linguaggio che
ricorda Boezio, che la trina luce guardi qua giuso a la nostra procella, alla
tempesta della vita terrena. Anche in questo momento di sublimit, il poeta
rimane legato alla terra,qua giuso.
Dopo le dieci terzine dapertura, il testo si concentra sulla reazione di Dante
alla scena che ha descritto, allo stupore e alla gioia che si sente allarrivo nellEmpireo. Il canto include tre paragoni che comportano lidea del pellegrinaggio e
del compimento di una meta. Il primo comincia con la figura dei barbari, che,
venendo dal nord, vedono Roma per la prima volta.
Se i barbari, venendo da tal plaga
che ciascun giorno dElice si cuopra,
rotando col suo figlio ondella vaga,
veggendo Roma e larda sua opra,
stupefaciensi, quando Laterano
a le cose mortali and di sopra;
io, che al divino dallumano,
alletterno dal tempo era venuto,
e di Fiorenza in popol giusto e sano,
di che stupor dovea esser compiuto!
Per Dante Roma anzich Gerusalemme che serve come modello privigilato del cielo, quella Roma onde Cristo romano (Purg. XXXII.102). Dante
identifica Roma con la sua ardua opera, in particolare il Laterano. Il Palazzo
Laterano era stato donato da Costantino a papa Silvestro, e serviva da residenza papale fino alla partenza del Papato per Avignone nel 1309. La grande
basilica era stata fondata da Costantino, e tutto il complesso di palazzo e basilica era un centro papale nel medioevo. Fu l, nella sua loggia della benedizione, che Bonifacio VIII proclam il giubileo del 1300. Per Dante il Laterano
poteva rappresentare la gloria della Roma imperiale e papale. Per si deve tener
conto dellopinione del poeta sulle consequenze disastrose della Donazione
di Costantino. La Donazione era un documento che raccontava la storia della
conversione dell Imperatore e il suo dono alla Chiesa. Malato di lebbra,
Costantino sarebbe guarito dopo essere stato battezzato da papa Silvestro.
Dopo la sua conversione, egli avrebbe dato al papato i territori di Roma e il
potere temporale. Il documento era un falso, come ha provato Lorenzo Valla
nel Quattrocento. Dante pensava che fosse vero, ma lo considerava illegale e
sbagliato perch aveva dato alla Chiesa il potere temporale. Feroce critico del
papato del suo tempo, nondimeno Dante ammirava la grandezza del Laterano.
Quando Dante scriveva del Laterano, sapeva che era gi stato quasi distrutto
da un incendio nel 1308, e non serviva pi da residenza papale. (Dopo il
ritorno da Avignone, i papi andarono a vivere in Vaticano).
Nel grande paragone dei barbari Dante dice che essi vengono da tal plaga
che ciascun giorno dElice si cuopra/rotando col suo figlio ondella vaga.
Vengono, cio, dal Nord, dalla regione dove le costellazioni dellOrsa Maggiore e dellOrsa Minore sono sempre visibili. Dante combina lastronomia e la
mitologia, alludendo a Ovidio che racconta come Elice, anche chiamata Callisto, una delle ninfe seguaci di Diana, dea della castit, fosse stata presa da Giove
e rimasta incinta. Cacciata da Diana per aver perso la sua verginit, Elice/Callisto era stata poi mutata in orsa dalla gelosa Giunone, moglie di Giove. Quando stava per essere uccisa da suo figlio Arcas, tutti e due, madre e figlio, furono
trasformati da Giove nelle costellazioni dellOrsa Maggiore e Minore.6
Credo che qui Dante abbia riveduto la figura di Elice di cui ha scritto nel
venticinquesimo del Purgatorio lodando Diana come emblema di castit. Elice
sembra colpevole quando Dante dice, Al bosco/si tenne Diana, ed Elice caccionne/che di Venere aveva sentito il tosco. Ma la ninfa non era colpevole,
perch era stata presa con la forza da Giove. La piccola frase, ondella vaga
d enfasi alla continuit dellamore materno, un soggetto sempre trattato con
tenerezza da Dante.
Con il paragone dei barbari davanti alle meraviglie di Roma Dante introduce tre antitesi che, come dice John Scott, creano un crescendo di opposti.7
Lentrata nell Empireo racchiusa nel movimento al divino dall umano,
alleternit dal tempo, e poi, in uninversione chiastica, da Firenze a un
popolo giusto e sano. Com amaro questaccenno a Firenze, lultimo del
poema. Dante, cos vicino alla fine, menziona i grandi temi di tutto il poema:
lumano e il divino, il tempo e leternit, Firenze e il cielo.
Il paragone dei barbari che arrivano a Roma la prima delle tre similitudini di questo canto che utilizzano lidea di pellegrinaggio. Ciascuno di questi
paragoni comporta uno spazio pi limitato e unemozione pi forte. Il secondo anche pi vicino alla situazione attuale di Dante:
E quasi peregrin che si ricrea
nel tempio del suo voto riguardando,
e spera gi ridir comella stea,
su per la viva luce passeggiando,
menava io li occhi per li gradi,
mo su, mo gi e mo recirculando.
Rachel Jacoff
Qui esplicito il senso darrivo a una meta desiderata per lungo tempo. Il
Pellegrino che spera di ridir quello che vede il poeta che noi leggiamo.
In questo momento Dante personaggio e Dante poeta sono la stessa cosa.
Cosa vede Dante quando guarda intorno? Vede i visi e i corpi dei beati:
Vedea visi a carit sadi,
daltrui lume fregiati e di suo riso,
e atti ornate di tutte onestadi.
Questa vista introduce, come dice la Chiavacci Leonardi, i primi veri corpi
della Commedia. I corpi fittizi dei morti, per quanto siano vivaci e vividi,
erano in realt solo ombre. Nel Paradiso, fino all Empireo, i beati non hanno
neanche la forma umana; appaiono come luci, come gioelli, come fiamme
sempiterne. Solo ora Dante vede i beati come saranno dopo lultimo giudizio,
cio nei corpi gloriosi. Il tema del desiderio dei morti per i loro corpi un
topos teologico, ma espresso da Dante con particolare passione. Pensiamo al
discorso di Solomone nel quattordicesimo canto del Paradiso sulla revestita
carne gloriosa e santa, e alla risposta dei beati alle sue parole:
Tanto mi parver subiti e accorti
luno e laltro coro a dicer Amme!
che ben mostrar disio di corpi morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
per li padri e per li altri che fuor cari
anzi che fosser sempiterne fiamme.
Pensiamo anche alla richiesta di Dante di vedere San Benedetto con limagine scoverta, cio, nel corpo, e poi al suo tentativo fallito di vedere il corpo
di San Giovanni che qualche leggenda dice sia asceso nella carne. Dante nega
la leggenda dellascensione di San Giovanni, ma interessante che essa sia stata
dipinta da Giotto nella cappella Peruzzi in Santa Croce a Firenze parecchi anni
dopo lesilio di Dante.8
Laffermazione di Dante secondo la quale egli vede i beati come saranno
alla fine del tempo non soltanto eterodossa, ma anche problematica entro
i termini del suo mondo poetico. Poich Dante dichiara che lanfiteatro dei
beati non ancora completo, si potrebbe dire che allo stesso tempo egli lo vede
e non lo vede come sar alla fine del tempo. Qui abbiamo uno dei paradossi
del paradiso dantesco: al protagonista concessa una veduta di ci che non
ancora successo.
Il ritorno del corpo nella sua specificit storica giovane e vecchio, femmina e maschio al punto pi etereo del poema mi sembra un segno potente delle intuizioni e dei desideri del poeta. Ci ricordiamo, allora, Paradiso XXV,
dove Dante parla della sua speranza pi grande, quella della Resurrezione:
8. Cf. il mio saggio, Dante and the Legend(s) of St. John, in Dante Studies CXVII (1999),
p. 45-58.
Le bianche stole di cui scrive San Giovanni sono quelle che ora Dante vede
nella rosa sempiterna.
In questo passo di alta serenit Dante si gira verso Beatrice, ma non la
trova. uno shock per lui, e anche per il lettore. Non c stata nessuna preparazione per la sostituzione di Beatrice. Anzi, nel primo canto dell Inferno
Virgilio aveva parlato solo di un anima pi di me degna che sarebbe stata la
guida di Dante a le beate genti. Quando Dante si gira verso Beatrice per fare
delle domande, trova un altro:
Uno intendea, ed altro mi rispuose:
credea veder Beatrice e vidi un sene
vestito con le genti gloriose.
Diffuso era per li occhi e per le gene
di benigna letizia, in atto pio
quale a tenero padre si convene.
Rachel Jacoff
bile a Dante. Nel mondo fuori dello spazio e del tempo la legge naturale non
funziona.
Presso e lontano, l, n pon non n leva:
ch dove Dio sanza mezzo governa
la legge natural nulla rileva (Par. XXX, 121-23).
Quanto tutta la plenitudine volante degli angeli non impedisce la diffusione della luce divina, tanto lo spazio vasto tra Beatrice e Dante non impedisce la visibilit della sua effige. Questa parola effige importante perch
usata solo un altra volta, negli ultimi versi del poema quando Dante cerca di
vedere la nostra effige dentro i cerchi della visione finale.
Di solito la sostituzione di San Bernardo a Beatrice viene discussa in
termini del perch questa scelta sia opportuna. Certo Bernardo uno dei
personaggi pi affascinanti del dodicesimo secolo, famoso come mistico
e anche come uomo attivissimo: fra laltro era stato consulente di papi e di
re, predicatore della seconda crociata, teologo polemico, autore di riforma
monastica, predicatore eloquente, e scrittore prolifico di trattati e sermoni.
Bernardo aveva tante qualit e tanti talenti che Dante avrebbe ammirato, ma
il poeta si sofferma solo sulla sua esperienza contemplativa e sulla sua devozione mariana.
Bernardo, scrive Dante, contemplando, gust di questa pace. Il Bernardo
storico aveva negato la possibilit di una visione di Dio diretta, faccia a faccia,
in questa vita, ma il Bernardo del poema sta per pregare che Dante abbia
questesperienza. Joseph Mazzeo nota che Dante non dice di San Bernardo che
aveva visto il cielo in questa vita, ma solo che gust della sua pace.11 Il ruolo
di Bernardo, dunque, un po problematico, o forse provocatorio, visto che
egli chiede per Dante unesperienza che, in vita, non aveva creduto possibile.
La vera domanda, per, perch Dante scelga qualcuno per assumere il
ruolo che Beatrice ha avuto fino ad ora. Parecchi commentatori, seguendo
Pietro di Dante, dicono che Bernardo prende il posto di Beatrice perch, per
attingere alla visionr beatifica, la contemplazione deve superare la teologia. Ma
questo mi sembra troppo semplicistico. Pi interessante lidea di Lino Pertile che Dante forse aveva pianificato il ritorno di Santa Lucia a questo punto,
data la sua importanza come una delle tre donne benedette di Inferno II e il
suo ruolo nel condurre Dante allangelo della porta del Purgatorio. Secondo
Pertile, Dante ha cambiato idea mentre scriveva e non ha voluto mantenere
latmosfera stilnovistica nella quale la santa era presentata. 12 Per me, sembra
pi giusto che San Bernardo, il dottor mellifluis della tradizione, gran maestro retorico, faccia la preghiera magnifica alla Vergine. Bernardo rappresenta
anche un ritorno al mondo dei padri; Dante ha avuto una serie di padri, Virgilio, Brunetto, e Cacciaguida per nominarne tre. Bernardo lunico perso11. Joseph Anthony Mazzeo, Structure and Thought in the Paradiso, Ithaca, NY: Cornell
University Press, 1958, p. 90-91, 99. E cf. il saggio gi citato di Hawkins, p. 185.
12. Pertile, p. 11-13.
Rachel Jacoff
naggio per cui laggettivo tenero usato, e sembra quasi un padre materno,
come a volte Virgilio.
Un altro aspetto interessante della presentazione di Bernardo la sua vecchiaia. Due volte Dante si referisce a lui con il latinismo sene, dal latino
senex. Cos Dante segna la sua partenza dalla tradizione teologica in cui
SantAgostino, San Tommaso e quasi tutti i Padri e i Dottori della Chiesa
sostengono che la Resurrezione avr luogo nellet perfetta, cio verso
i trentanni, quando mor Cristo. I beati di Dante comprendono non soltanto
i vecchi ma anche i bambini che vedr nel canto seguente. Lenfasi sullet di
Bernardo, come i latinismi, fanno crescere il senso della sua dignit.
Bernardo si nomina solo dopo la preghiera a Beatrice, e lo fa in un linguaggio cortese:
E la regina del cielo, ondio ardo
tutto damor, ne far ogne grazia,
per chi sono il suo fedel Bernardo.
Dante risponde alla scoperta della sua identit con grande emozione. Qui
abbiamo il terzo e lultimo accenno al pellegrinaggio. Dante si paragona a un
pellegrino che viene da lontano per vedere la Veronica, il velo o il panno che
si pensava portasse impresso il volto di Cristo.
Qual colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra
che per lantica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra;
Segnor mio Ies Cristo, Dio verace,
or fu s fatta la sembianza vostra?
la sua donna in gloria. Questa riscrittura della fine della Vita nova verso la fine
della Commedia crea un bel senso di coerenza, unificando il libello giovanile
con lopera dei suoi ultimi anni e chiudendo il circolo.
Il paragone del volto di Cristo con quello di San Bernardo sembrato
inadatto a parecchi lettori. Il commento di Bosco e Reggio spiega che esso non
riguarda due visi, ma piuttosto lintensit di desiderio nel pellegrino croato e
in Dante. Qualcuno obietta, scrivono, che sconveniente paragonare la
commozione di vedere le fattezze di Bernardo a quella di vedere il volto di
Ges; ma il paragone non di due volti, bens tra due desiderii e tra due moti
quasi dincredulit per esser giunto a soddisffarlo.13 Mi domando, per, se
Dante abbia davvero avuto tanta voglia di vedere il volto di San Bernardo, e...
ho i miei dubbi.
Per me pi importante invocare la Veronica per creare il legame con la
Vita nova di cui ho parlato. Poi, il desiderio di vedere il viso di Cristo suggerisce anche la conclusione della Commedia, dove Dante cerca di vedere il volto
di Cristo, la nostra effige nella visione finale. Dietro le parole sulla Veronica
c il forte bisogno di incontrare il vero Cristo che informa gli ultimi versi del
poema.
Fino a questo punto Dante ha guardato la candida rosa nella sua forma
generale. Ora Bernardo lo dirige a focalizzare sul punto pi luminoso e pi
alto, sulla regina del regno. Maria paragonata allaurora, com stata Beatrice
quando apparsa nel paradiso terrestre alla fine del Purgatorio. Circondata
dagli angeli che cantano e giocano intorno a lei, Maria somiglia alla figura di
una Maest, una Madonna regale, anche se non accompagnata dal Bambino.
Dante la chiama pacifica oriafiamma, una formula di ossimoro poich loriafiamma era lo stendardo dei re francesi, segno di guerra anzich di pace com
qui. Intorno a Maria tutto letizia e delizia. Il canto si conclude com cominciato, parlando degli angeli, qui in rapporto a Maria invece che ai beati.
vidio pi di mille angeli festanti,
ciascun distinto di fulgore e darte.
Vidi a lor giochi quivi e a lor canti
ridere una bellezza, che letizia
era ne li occhi a tutti li altri santi.
Bernardo dirige Dante verso Maria perch solo lei che pu aiutarlo ad
avere la visione beatifica. Maria, ricordiamo, ha messo in moto il soccorso di
Dante dalla selva oscura. E stata lei a inviare Santa Lucia da Beatrice nella
catena di grazia descritta nel secondo canto dellInferno.
Maria raffigurata su ciascuna delle terrazze del Purgatorio come esempio
delle virt che i penitenti cercano di acquistare. Era gi stata presente in una
visione preliminare nel canto XXIII, dove sono rappresentate simbolicamente
lAnnunciazione, lAssunzione, e lIncoronazione. Qui nel canto XXXI lac13. Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Commento a Paradiso, Firenze: Le Monnier, 1982,
p. 506 (Introduzione al canto XXXI).
Rachel Jacoff
cento sulla sua regalit e la sua bellezza. Ora che Beatrice non pi presente,
il linguaggio della pulcritudine pu essere diretto a Maria. Nel canto seguente
lattenzione su di lei, la faccia che a Cristo pi si somiglia, sar anche pi
forte. Dante deve avvicinarsi a Maria per ottenere la grazia per cui finalmente
si avviciner a Dio.
Alla fine del canto tutti e due, Dante e Bernardo, stanno ardentemente
mirando la Vergine. Sembra che siano pronti per pregarla, ma c un altro
canto che interviene fra questo momento e le parole che Bernardo indirizzer
a Maria. Questi due canti finiscono quasi nello stesso modo, concentrandosi
sulla figura della Madonna. Come dir Bernardo, chi vuol grazia e a te non
ricorra, sua disanza vuol volar sanzali. Nel canto XXXII Dante sar chiamato da Bernardo figliuol di grazia, e sar preparato per quella grazia che lo
porter allultima salute.
Vorrei concludere sottolineando limportanza dellidea di pellegrinaggio in
questo canto. NellInferno, dove la forma del suo viaggio era una discesa nel
basso aldil, Dante non parla mai del pellegrinaggio. La parola entra nel lessico del poema solo nel Purgatorio. Ora che sta per terminare, il viaggio si rivela come un pellegrinaggio che ha per suo fine la visio Dei ed anche il poema
che stiamo leggendo. Lanno di questo viaggio, il 1300, era un anno di grande
pellegrinaggio a Roma, essendo lanno del Giubileo proclamato da Bonifacio
VIII, il papa cos vilificato da Dante. Vorrei suggerire che Dante ha creato nel
suo poema unalternativa personale al Giubileo ufficiale. Il Laterano e la Veronica, sito e reliquia fondamentale nella Roma papale del 1300, si trovano ora
in quella Roma onde Cristo romano: il paradiso immaginato e creato da
Dante.14
14. Vorrei ringraziare Emma Mallardi e Piero Boitani per il generoso aiuto che mi hanno dato
nella preparazione di questo saggio.
Laurent Gerbier
era, and the discursive regimes they adopt make for an interesting analogy. This analogy
can be studied from three angles: firstly, in their way of comprehending political facts
by grasping them as natural effects, and by thus neutralising their ideological or symbolic
content; secondly, in their choice of constructing an orderly reasoning to make these
facts intelligible; and lastly, in the way in which both choose to face the divisions and
dissension seen as essential objects of political reasoning. The study of this triple analogy
will, in conclusion, enable the hypothesis to be formed, according to which these three
processes, common to Machiavelli and Valds, make their writings a type of prehistory
of the raison dtat.
Keywords: Machiavelli; Valds; Charles V; Rationality; Politics; Raison dtat.
Introduction
Lorsque la nouvelle de la prise et du pillage de Rome par les troupes impriales
atteint Valladolid, la fin du mois de mai 1527, la cour de Charles Quint est
en train de fter la naissance de lhritier, le futur Philippe II. Le 6 juin, un
mois jour pour jour aprs le dbut du sac de Rome, Charles Quint suspend
les festivits: le temps des rjouissances est pass, il sagit dsormais de concevoir et de diffuser travers lEurope le discours par lequel lEmpereur va
expliquer cette catastrophe, sans dsavouer ses troupes, mais sans prendre sur
lui la faute. Dans cette tche, la chancellerie impriale joue un rle dcisif, et
ce titre le Dilogo de las cosas acaecidas en Roma, probablement rdig dans
les mois qui suivent par Alfonso de Valds, segretario de cartas latinas de lEmpereur, occupe une place trs particulire.1 En effet, si le Dilogo ne fait pas
partie de la raction officielle de la cour impriale face au sac de Rome, il
constitue cependant une des tentatives les plus compltes et les plus articules
pour rendre intelligible et raisonnable cet vnement catastrophique, et propose ainsi une des formes les plus abouties de ce que lon pourrait appeler
lhumanisme imprial. Comme lcrivait en 1956 Jos Fernndez Montesinos dans son dition du Dilogo, les hordes affames de Bourbon avaient mis
Rome sac. La nouvelle de ce fait incroyable produisit dans toute lEurope
une impression terrible. Valds, qui avait suivi les vnements de prs, se vit
en situation dappliquer ses conceptions la ralit.2 Je voudrais montrer que
cette application de ses conceptions la ralit conduit Valds construire
un discours politique qui prsente plusieurs analogies frappantes mais problmatiques avec cet autre discours politique que, quinze ans plus tt, Machiavel
a inaugur en Italie avec le Prince.
1. Toutes mes rfrences au Dilogo renvoient ldition dAngel Alcal (Alfonso de Valds,
Obra completa, Madrid: Fundacin J. A. de Castro, 1996; le Dilogo de las cosas acaecidas en
Roma se trouve p. 279-358). Jutilise aussi, ponctuellement, les ditions de Jos Fernndez Montesinos (voir note suivante) et de Rosa Navarro Durn (Alfonso de Valds,
Dilogo de las cosas acaecidas en Roma, Madrid: Ctedra, 2001).
2. Alfonso de Valds, Dilogo de las cosas acaecidas en Roma, ed. J. F. Montesinos, Madrid:
Espasa-Calpe, 1956, introduccin, p. xxxix.
Laurent Gerbier
vel et de Valds. Il faut donc examiner ces trois points, partir dune question
prliminaire massive: cette triple diffrence ninvalide-t-elle pas la possibilit
mme dune analogie dans la construction des discours politiques de nos deux
humanistes?
a) La premire divergence tient au statut de la providence: loin den rabattre
la notion sur celle de fortune, comme le fait Machiavel dans le chapitre xxv
du Prince, Valds consacre la seconde partie du Dilogo montrer que le
vritable rgime dintelligibilit de la catastrophe de mai 1527 doit tre
recherch dans le plan de la providence. Cest ainsi comme chtiment
divin, sinscrivant dans lordre dune pdagogie douloureuse dont lavnement drasme et celui de Luther sont explicitement dsigns comme les
premires tapes,4 quil faut concevoir le sens du sac de Rome. Il y a l, chez
Valds, un palimpseste prcis et intelligent, en mme temps quune subversion, de la position doctrinale quadopte Augustin lorsquil rdige les trois
premiers livres de la Cit de Dieu aprs le sac de Rome par les Vandales
dAlaric en 410. Cependant, si le discours proprement augustinien se trouve subverti par le Dilogo, lheuristique providentialiste est maintenue: or
elle est profondment incompatible avec lorientation rsolument antisurnaturaliste du rgime de rationalit quentend adopter Machiavel dans
ses uvres. Machiavel construit en effet ses dmonstrations partir de
lapprhension de lois fondamentales de la nature, prcisment identifies
dans le proemio des Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio,5 et cest la
structure anthropologique des affects (passions et dsirs naturels des hommes) qui constitue lhorizon unique dans lequel se construit chez lui lintelligibilit des vnements.6 Cela entrane chez Machiavel la rpudiation
impitoyable, et dune ironie mordante, des prophtes dsarms
(Savonarole)7 et des princes conseills par Dieu (Mose),8 au lieu que Valds conclut le Dilogo sur la reprise du thme prophtique qui, depuis
lavnement de Charles Quint, joue un rle crucial dans la construction de
la figure proprement impriale de lhumanisme (on peut montrer que ce
sont les mmes formules et les mmes rfrences scripturaires9 qui permet4. Valds, Dilogo, p. 314: [Dieu] nous a de nos jours envoy cet excellent homme drasme
de Rotterdam, qui [...] a dvoil les vices et les tromperies de la cour romaine [...]. Et comme
vous ne tiriez en rien profit de tout cela, mais quau contraire les vices et les mauvais comportements croissaient chaque jour, Dieu [...] permit que se levt ce frre Martin Luther
[...] ([Dios] embi en nuestras das aquel excellente varn Erasmo Rotherodamo, que [...] ha
scrito descubriendo los vicios y engaos de la Corte romana [...]. Y como esto niguna cosa os
aprovechasse, antes los vicios y malas maneras fuessen de cada da creciendo, Dios [...] permiti
que se levantasse aquel fray Martin Luter [...]).
5. Machiavelli, Discorsi, Proemio, p. 60.
6. Voir tout particulirement Machiavelli, Discorsi, III, 43, p. 564-565.
7. Machiavel, Le Prince, chap. VI, p. 74-77.
8. ID., p. 72.
9. Et tout particulirement le fameux fiet unum ovile et unum pastor(quil ny ait quun seul
troupeau et quun seul berger), Jn 10:16.
Laurent Gerbier
donne pour objets. Cest dans ces trois dimensions neutralisation, analyse,
conflit que je vais tcher de mettre en vidence lanalogie entre le discours
de Valds et celui de Machiavel.
1. Effectualisme et neutralisation des faits politiques
Dans une lettre crite Barcelone le 15 mai 1529, Valds raconte rasme
dans quelles conditions il a t amen rdiger le Dilogo de las cosas acaecidas
en Roma. Cette lettre mrite dtre cite, parce quelle prsente le Dilogo
comme la rponse littraire une crise qui, ouverte par le sac de Rome au sein
de la chrtient toute entire, se trouve dabord rflchie dans le cercle des amis
humanistes de Valds:
El da en que se tuvo noticia de que nuestro ejrcito haba tomado y saqueado
la ciudad, cenaron conmigo varos amigos. A unos les caus risa lo ocurrido en
Roma, otros lo execraban, todos me rogaron que diera mi parecer, lo que promet
hacer por escrito aadiendo que el empeo era demasiado dificil para que nadie
decidiera de improviso. Ellos alabaron mi intencin y me pidieron palabra de
cumplir lo que prometa y, en efecto, tanto me inspiraron que hube de drsela.
En su cumplimiento escrib, casi jugando, el dilogo sobre la toma y el saqueo
de Roma (Dialogus de capta et diruta Roma). Procuraba en l descargar al Emperador de toda culpa y hacerla recaer en el Pontfice o, ms exactamente, en sus
consejeros, mezclando a mis consideraciones muchos pasajes extrados de tus
escritos (multaque his admiscui, quae ex tuis lucubrationibus excerpseram).18
Laurent Gerbier
Valds, dune manire qui doit donc au moins autant lhumanisme italien
qu lrasmisme des Colloques, fait alors du dialogue lespace mme dans lequel
peut avoir lieu limpossible confrontation entre les partisans et les adversaires
de lEmpereur, dont lopposition a t rendue apparemment inconciliable par
le sac de Rome. Comment va-t-il sy prendre? Il lui faut avant tout dlimiter
le champ dans lequel lincandescence symbolique de lvnement sera neutralise, de sorte que le discours entre les deux partis puisse sarticuler. Cette neutralisation constitue la fonction du titre mme de luvre: en nommant son
dialogue Dilogo en que particularmente se tratan las cosas acaecidas en Roma el
ao MDXXVII, Valds choisit en effet demble une formulation qui neutralise
trois fois le scandale du sac de Rome. Tout dabord, le titre nindique que ce
dont on va traiter: la neutralit du verbe suspend tout jugement de valeur,
toute apprciation de lvnement, et objective le sac de Rome en le tenant
distance dans la dnomination mme de lopration qui le vise. Ensuite, le sac
lui-mme nest plus dsign que par lexpression las cosas: dans le titre latin
annonc rasme en 1529, lobjet du dialogue tait Rome, prise et pille
(capta ac diruta Roma); dans le titre espagnol, lobjet est mis distance par
linsertion du verbe (qui fait porter la dfinition du dialogue sur lopration
quil ralise et non pas immdiatement sur lobjet lui-mme), puis rduit
la pure neutralit des choses survenues (cosas acaecidas). Ainsi lvnement,
la catastrophe, ou le scandale, se trouvent ramens leur dimension neutre de
faits, saisis dans leur survenue, cest--dire dans le mouvement par lequel ils
tombent, provisoirement privs par la grammaire elle-mme de toute indication de leur cause, puisque cest bien l que, prcisment, le dialogue va
trouver son principal problme. Enfin, ces choses survenues sont prises dans
les dterminations circonstancielles et simplement objectives de leurs coordonnes spatiales (en Roma) et temporelles (el ao MDXXVII).
Cette neutralisation initiale est essentielle pour dlimiter le champ dans
lequel le discours peut semparer dun tel vnement, lequel se trouve ainsi
factualis et ramen aux dimensions dun objet possible pour le raisonnement.
Mais, sil sagit dapprhender lvnement du sac comme chose, cest--dire
en le ramenant sa pure nature neutre de fait, comment peut-on prcisment
atteindre ce fait lui-mme, dbarrass de la rumeur qui lentoure? Comment
convaincre le lecteur lui-mme de suspendre son invitable prvention, favorable
ou dfavorable, quant au sens immdiatement axiologique de lvnement?
Ladresse au lecteur le dit: en ne sarrtant pas aux apparences.
Es tan grande la ceguedad en que por la mayor parte est oy el mundo
puesto, que no me maravillo de los falsos juizios que el vulgo haze sobre lo
que nuevamente ha en Roma acaecido, porque como piensan la religin
consistir solamente en estas cosas exteriores, vindolas ass maltractar, parceles que enteramente va perdida la fe. Y a la verdad, ans como no puedo
une querelle sur la valeur littraire des tre corone fiorentine (Dante, Ptrarque et Boccace),
et cette querelle qui divise le cercle des disciples du vnrable Coluccio Salutati est le moteur
mme du dialogue qui doit la rsoudre et recomposer le cercle de la parole.
dexar de loar la santa aficin con quel vulgo a esto se mueve, ass no me puede
parecer bien el silencio que tienen los que lo devran desengaar. Viendo, pues,
yo por una parte qun perjudicial sera, primeramente a la gloria de Dios
y despus a la salud de su pueblo cristiano, y tambin a la honra deste cristianissimo Rey y Emperador que Dios nos ha dado si esta cosa ass quedasse
solapada, ms con simplicidad y entraable amor que con loca arrogancia, me
atrev a complir con este pequeo servicio las tres cosas principales a que los
hombres son obligados. [...] vea las contrariedades del vulgo, que est tan asido
a las cosas visibles que casi tiene por burla las invisibles; pero acordme que no
escriva a gentiles, sino a cristianos, cuya perficin es distraerse de las cosas
visibles y amar las invisibles.21
Laurent Gerbier
tait emprisonn et tortur par ces mmes Medici. Cest, enfin, ce mme impratif de neutralisation qui est au cur du chapitre XV du Prince, lorsque
Machiavel annonce explicitement quil est impossible de construire une
connaissance efficace des affaires politiques en se conformant aux rgles purement morales, parce quil ny a aucune concidence entre ltre et le devoir-tre.
Ce dernier point mrite dailleurs quon y insiste, et quon cite le passage
en dtail: en effet, lenjeu de ce bref incipit du chapitre XV du Prince nest pas
seulement linstauration dune sorte damoralisme utilitaire. Il sagit, de
manire bien plus profonde, de dterminer un des fondements pistmologiques du discours politique machiavlien; or ce fondement, on va le voir, nest
pas sans analogie avec lentreprise de neutralisation de lvnement dont je
viens dessayer de dcrire les formes dans lincipit du Dilogo de Valds:
E perch io so che molti di questo hanno scripto, dubito, scrivendone ancora
io, non essere tenuto prosumptuoso, partendomi maxime, nel disputare questa materia, dalli ordini delli altri. Ma sendo lintenzione mia stata scrivere cosa
che sia utile a chi la intende, mi parso pi conveniente andare drieto alla
verit effettuale della cosa che alla immaginazione di epsa. E molti si sono
immaginati republiche e principati che non si sono mai visti n conosciuti in
vero essere. Perch gli tanto discosto da come si vive a come si doverrebbe
vivere, che colui che lascia quello che si fa, per quello che si doverrebbe fare,
impara pi presto la ruina che la preservazione sua: perch uno uomo che
voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene che ruini infra tanti
che non sono buoni.26
Laurent Gerbier
lments dune squence causale qui les produit, et dans laquelle ils sont leur
tour apprhendables comme producteurs deffets subsquents.
La reconstitution de ces squences constitue la mthode mme du ragionare
machiavlien: cest cette fin que sont employs les exemples historiques
modernes ou anciens, et cest par ce moyen que le ragionare peut tre utile au
prince, puisquil lui fournit les connaissances utiles portant sur les formes
typiques que prennent dans le temps de laction humaine les relations de
cause effet, ce qui lui donne la possibilit de calculer les voies de ses propres
oprations, et danticiper la survenue des vnements civils.
Il faut toutefois, sur ce point prcis, maintenir une distinction importante
et clairante: si le discours de Valds articule lui aussi sa manire un ragionare
des vnements civils, il nest cependant pas utile au prince au sens o il lui
offrirait un outil raisonn pour guider sa conduite et asseoir ses dcisions. Le
ragionare de Valds est utile au prince parce quil construit aprs coup le point
de vue sous lequel sa conduite est lgitime et rationnelle, tandis que le ragionare
de Machiavel ne vient aprs laction que parce quelle constitue le matriau
quil lui faut analyser et ordonner. Ainsi, le ragionare machiavlien est avant
tout conu pour raisonner et guider a priori les actions qui viendront aprs lui,
tandis que le ragionare de Valds, au contraire, vient aprs laction et en montre
a posteriori la rationalit. Il faut dsormais passer ltude de ce ragionare luimme: il y a bien entre les discours politiques de Machiavel et de Valds une
orientation commune, selon laquelle cest par la raison que doit se construire
lintelligibilit politique des faits, mais il faut examiner la manire dont se
dploie, dans le tissu mme du discours, cet usage de la raison.
2. Le ragionare, la razn et les racines de la raison dtat
Si lentreprise machiavlienne peut tre dcrite par le Secrtaire dans le prologue des Discorsi comme un effort pour trovare modi e ordini nuovi27 en
politique, loutil de cet effort est le ragionare dello stato dont Machiavel faisait
sa vocation propre dans une lettre Vettori en avril 1513.28 Le ragionare
machiavlien constitue le cur de linvention des ordres et des modes nouveaux: cest en effet un certain usage de la raison qui permet le riscontro des
vnements nouveaux avec les vnements anciens, la construction des
squences causales typiques, et lapplication de leffectualisme aux figures chan27. Machiavel, Discorsi, proemio A, p. 55.
28. La Fortune a fait que, ne sachant raisonner ni de lart de la soie ni de lart de la laine, ni
des gains ni des pertes, il me faille raisonner de ltat (la Fortuna ha fatto che, non sapiendo
ragionare n dellarte della seta et dellarte della lana, n de guadagni n delle perdite, e mi
conviene ragionare dello stato), Lettre F. Vettori, in Machiavelli, Tutte le Opere, op. cit.,
p. 1131b. On remarque que le ragionare politique est ici reconduit ses sources marchandes: raisonner de ltat, cest tenter de trouver dans le dsordre apparent des vnements politique une rgle de calcul analogue celle quemploient les marchands qui
pratiquent lart de la soie ou lart de la laine, et qui tablissent dans leurs livres de comptes
la ratio des gains et des pertes.
Laurent Gerbier
Ainsi Latancio ne veut pas tre Cicron (et il est tentant didentifier dans
cette dngation une dicrte affinit avec rasme, qui publiera lanne suivante
30. Ibid.
Laurent Gerbier
Hasta agora he tratado la causa llamando al Papa vicario de Jesu Cristo, como
es razn. Agora quiero tratarla haziendo cuenta o fingiendo qul tambin es
prncipe seglar, como el Emperador, porque ms a la clara conozcis el error
en que estvades.32
sait au fond raisonner que sous ce biais, accepte naturellement cette manire
de conduire la dmonstration, quand bien mme les conclusions le drangent.
Ainsi, si Rosa Navarro Durn remarque propos de cette rorientation du
propos que la exposicin es, a partir de ahora, esencialmente poltica,37 on
pourrait au contraire considrer quelle ltait dj, et que cette figure du
pape-prince ne fait que prendre acte de la forme que le dialogue a adopte
ds le dbut de la premire partie. Les raisons appliques lanalyse de la
conduite de Clment VII ne se contentent pas de pointer la transgression par
le pape de son office rel: elles manifestent la consistance du raisonnement
politique lui-mme. Les raisons politiques quinvoquait lArchidiacre taient
destines justifier la conduite du pape en excipant dune sorte de raison
dtat embryonnaire,38 qui et autoris les actions de Clment au nom de
lintrt suprieur de ses tats: la fiction du pape-prince permet Latancio
de dnoncer cette raison dtat, en montrant que le plan politique possde
aussi ses raisons ordinaires, auxquelles le pape a galement drog. Cette
manire dargumenter est particulirement sensible lorsquil sagit dimputer
aux conseillers du pape lessentiel des fautes qui ont conduit au dsastre: Latancio, en une tirade dautant plus remarquable quelle prend le contre-pied de
la position officielle assume par Charles Quint dans des lettres rdiges par
Valds lui-mme, refuse cette excuse:
Pensis vos que delante de Dios se escusar un prncipe echando la culpa a
los de su consejo? No, no. Pues le dio Dios juicio, escoja buenas personas
que estn en su consejo e consejarle bien. E si las toma o las quiere tener
malas, suya sea la culpa, e si no tiene juizio para escoger personas, dexe
el seorio.39
Non seulement cest en rappelant que le pape possde par nature un juizio qui le rend comptable de ses actes, semblable au juizio quil entendait
dabord solliciter chez lArchidiacre, que Latancio construit son argument,
mais encore cet argument reprend-il littralement largument semblable que
Gattinara, chancelier de Charles Quint, adressait en 1519 lEmpereur dans
son Mmoire sur lempire pour lui recommander de bien choisir ses propres
conseillers:
Est necessaire que vostre mageste ayt plus esgard a pourveoir que les offices et
benefices soient decourez de personnes vertueuses dignes et souffisantes que
de vouloir decourer personnes indignes et inhabiles par offices benefices
37. R. Navarro Duran, introduction son dition du Dilogo, op. cit., p. 39.
38. La trace textuelle la plus vidente de cette proto-raison dtat se trouve dans lexclamation
de lArchidiacre sidr par la prcision des informations factuelles quexhibe Latancio:
Do savez-vous cela? Vous parlez ici comme si vous tiez du conseil secret du Pape (Por
dnde sabis vos esso? Ass hablis como si fussedes del consejo secreto del Papa) (Valds,
Dilogo, op. cit., p. 293): ainsi lArchidiacre se trouve battu sur son propre terrain, qui est
celui du conseil secret et des raisons caches de la politique des souverains, cest--dire celui
des arcana imperii.
39. Valds, Dilogo, p. 293.
Laurent Gerbier
et dignitez. Car sire vous seriez tenu respondre devant dieu de maulx qui
sensuyvroient par la promotion de personnes indignes et inhabiles.40
Valds, par la bouche de Latancio, affirme ainsi que cette raison dtat
qui est en germe dans largumentaire politique quil adopte ne doit jamais
se concevoir seulement comme une autorisation dexceptionnalit, mais
quelle implique toujours aussi un ordre: la raison dtat est dabord une
raison.
c) Enfin, on doit souligner que dans le dtail des arguments, lenqute sur la
rationalit politique des comportements du pape offre Latancio loccasion
de reconstruire quelques squences causales qui constituent la matire dun
rapprochement tentant avec la pratique machiavlienne du ragionare dello
stato. Sans tenter de suivre tout au long du dialogue les usages de la razn (ni
les occurrences du terme), les arguments articuls autour du cas du duch de
Milan fournissent un bon exemple de la reconstruction trs particulire de ces
squences causales, qui constitue lquivalent valdsien du ragionare machiavlien.
Au moment o laffaire du duch de Milan entre en scne, Latancio vient
de dclamer contre la faute des ministres de Dieu, qui est plus grande encore
lorsquils pchent que ne lest le pch des simples ministres des hommes,
parce que lexemplarit qui est requise chez eux est plus grande, et plus graves
leurs errements. LArchidiacre cherche alors, comme il le fait tout au long du
dialogue, ouvrir un nouveau front: il interroge Latancio brle-pourpoint
sur linjustice commise contre le duc de Milan, dchu de son duch par lEmpereur. Latancio se lance donc dans une patiente reconstruction de la rationalit des conduites impliques dans la production de cet vnement: cest cette
reconstruction quil nous faut examiner en dtail.
a) Les (bonnes) raisons de lEmpereur
Dans un premier temps, la dmonstration porte sur les faits: comment et
pourquoi lEmpereur a-t-il confi le duch Sforza avant de le lui retirer?
Latancio montre tout dabord que LEmpereur a confi le duch Sforza qui
ntait pas un de ses vassaux et ne lui avait rendu aucun service, alors quil
aurait lgitimement pu conserver le duch pour lui-mme ou un de ses faux:
[...] el Emperador puso en el Estado de Miln al duque Francisco Sforcia,
podindole tomar para s pues tiene a l mucho ms derecho que el mismo
Duque, y slo por la paz y sossiego de Italia y de toda la cristiandad le quiso
dar a un hombre de quien nunca servicio hava recevido.41
40. Mercurino Gattinara, Mmoire sur lempire adress Charles Quint (juillet 1519), in Carlo
Bornate, Historia Vite et gestorum per dominum magnum cancellarium, Miscellanea
di Storia Italiana, 3a serie, tomo XVII, Torino: Fratelli Bocca, 1862, p. 407.
41. Valds, Dilogo, p. 302.
Laurent Gerbier
Latancio envisager diverses conduites possibles pour clairer celle que le pape
a effectivement adopte, reprenant et systmatisant la mise en rapport de
la conduite relle aux conduites possibles qui guidait le dbut de largument.
Le premier constat de Latancio est strictement juridique: si un prince (Charles
Quint) doit chtier un vassal (Francesco Sforza), ce nest pas au pape de sinterposer. Deux logiques se combinent dans cet argument: une logique fodale,
qui repose sur la hirarchie des agents impliqus, dans laquelle nul tiers ne doit
sinterposer; et une logique rasmienne, qui souligne encore une fois que le
pape ne doit pas simpliquer dans les affaires politiques des princes sculiers.
Puis Latancio, selon une premire fiction, accepte lhypothse selon
laquelle cette implication correspondrait loffice du pape: il fallait alors, ditil, accepter loffre transmise par Hugo de Moncada. Que fait ici Latancio?
Il donne la fiction dlibre le poids dun principe do peut se dduire une
consquence. Le rle de la fiction est avant tout de permettre la reconstruction
de la rationalit pratique comme calcul des consquences sur la base dun
principe (qui plus est, ce calcul prend ici une forme explicitement quantitative:
il et t raisonnable, dit Latancio, de prfrer gagner uno en paz que dos en
guerra, ibid.).
Enfin, poursuivant son entreprise de reconstruction, Latancio remonte
lintention du pape: si le pape voulait restaurer Sforza dans le seul but dviter
que lEmpereur conserve le duch ou le transmette son frre Hernando, alors
il et t dautant plus raisonnable daccepter loffre porte par Hugo (et
Latancio rappelle alors les termes de cette offre, qui constitue elle-mme une
squence, ou une procdure: il tait prvu de remettre le duch des tiers,
et de faire juger le cas de Sforza, de sorte que de cette squence naissait une
alternative: si Sforza tait innocent le duch lui tait restitu, mais sil tait
coupable le duch devait passer Bourbon, candidat agr par le Pape). A ce
stade la conduite du Pape est intgralement reconstruite sur la base des disjonctions hypothtiques qui en examinent et en dissquent tous les calculs et
toutes les raisons, mme les moins convenables son office rel. Il ne reste
donc plus que sa conduite concrte, singulire, qui ne correspond aucune
de ces voies rationnelles, et dont Latancio peut alors achever sa dmonstration
en reconstruisant lintention relle:
Queris que os diga? El Papa pensava tener la cosa hecha, y que desbaratado
el exrcito del Emperador, no solamente la echaran de Lombarda, mas de
toda Italia y le quitaran todo el Reino de Npoles, como tenan concertado
y aun entre s partido. Y con esta esperana el Papa no quiso aceptar lo que
con don Hugo el Emperador le ofreci.46
Ainsi, Latancio parvient partir de son quadrillage rationnel de lvnement identifier la seule logique suivie par le pape: il pensait provoquer la
dbandade des troupes impriales et obtenir ainsi le triomphe de la Ligue.
Cest donc bien par une minutieuse reconstruction des squences causales
46. VALDS, Dilogo, p. 303.
Laurent Gerbier
Valds fait ainsi au fond le mme usage des hypothses que Machiavel:
pour recomposer les squences causales qui gouvernent la production des faits
politiques lorsque les intentions humaines y sont investies, il faut raisonner
par hypothses, de manire rapporter une certaine distribution des causes
possibles la production de leurs effets possibles. Cest cette mthode qui permet disoler les effets rels au sein de la vaste distribution des effets potentiels,
et ce mcanisme mme est intrinsquement celui du raisonnement politique
qui est commun Machiavel et Valds. Ce mcanisme exige, on vient de le
rappeler, une trs bonne connaissance, si possible en premire personne, de
tous les faits pris comme effets, et donc aussi de leurs motivations: cette
connaissance est propre loffice singulier du conseiller, qui constitue lautre
point mthodologiquement commun Machiavel et Valds. Cest cette
comprhension des faits et des intentions propre au conseiller que pointe
lArchidiacre lorsquil suppose que Latancio appartient au conseil secret du
pape: ce faisant, il reconnat implicitement que cette rationalit que recompose
Latancio est bien celle qui gouverne concrtement la politique papale, et que
cette politique, en ralit, est mdicenne plutt que papale, comme lArchidiacre lavoue dailleurs ingnuement:
[...] est ya tan acostumbrado en Italia no tener en nada el Papa que no haze
guerra, que ternan por muy grande afrenta que en su tiempo se perdiesse sola
una almena de la tierras de la Iglesia.47
Laurent Gerbier
conversationnelle (il ne faut pas oublier que les Colloques drasme ont dabord
une fonction purement formulaire, qui transparat encore dans leurs dernires
ditions, alors mme qurasme a entrepris depuis plusieurs annes den faire
des guides de la bonne conduite de la vie). Ladversaire nest pas intgr la
structure du colloque, pas plus quil ne ltait dans les Antibarbari de 1480,
ou quil ne le sera dans le Ciceronianus de 1528: le vritable adversaire, quil
sagisse du scolastique obtus ou de lhumaniste romain dcadent, est toujours
rejet en dehors du cercle de la parole, parce que sa nature mme de barbare dans le premier cas, ou son incomprhension du vritable sens de
lamour de la belle langue latine dans le second, le rend incapable dintgrer
lespace de la parole. Ladversaire nest pas digne de partager une pratique du
discours qui permettrait que le dialogue lintgre et lui fasse une place, mme
problmatique, dans lconomie du discours. Ainsi, dans la pratique mme du
dialogue, rasme ne fait pas du conflit ou de la crise qui scinde les interlocuteurs le vritable moteur de leur discours.
Au contraire, jai essay de le montrer, la construction du dialogue de
Valds implique que ladversaire y soit vritablement intgr, sans quoi la
fonction principale du dialogue est empche: il faut que le conflit le plus
grave passe prcisment au sein mme de lespace du dialogue, de telle sorte
quun authentique travail de la discorde meuve tout le discours. Ce travail de
la discorde nest nulle part plus vident que dans la demande formule par
Latancio lArchidiacre: il faut que lArchidiacre ne se contente pas dassister
au dploiement du discours de Latancio-Valds, mais quil soit attentif, et
surtout quil ne manque jamais dobjecter ou de rpliquer, chaque fois quil y
aura lieu. Cest ainsi la manifestation active de la discorde qui peut seule
garantir lefficacit de la mcanique discursive du dialogue: la discorde est le
moteur vritable du discours.
Ce constat me semble appeler deux remarques: dune part, il est frappant
que ce dsaccord sur la discorde qui constitue un clivage saisissant entre les
pratiques rasmienne et valdsienne du dialogue renvoie en ralit un dsaccord sur la concorde, touchant cette fois aux positions idologiques et politiques respectives de lhumanisme rasmien et de lhumanisme imprial.
rasme en effet ne peut pas adhrer la conception de la concorde qui constitue le contenu de la pax imperii que dfendent ensemble Gattinara et Valds:
la concorde ainsi conue passe ncessairement par lunification de la chrtient quimposera lEmpereur providentiel, investi dune mission pastorale
qui clipse cest bien l le cur du problme politique celle du souverain
pontife lui-mme. Au contraire, la conception rasmienne de la concorde
commence par rejeter toute tentative pour ractiver lide mme dempire
(cest une thse martele dans la Querela Pacis ds 1520, mais aussi dans la
prface des Vies des Douze Csars de Sutone en 1522), et se tourne au contraire
vers une paix qui ne peut venir que de lintrieur, comme un mouvement
spontan de la volont la plus intime. En dautres termes, le concours des
curs qui constitue le sens le plus propre de la concorde exige un mouvement
interne qui est incompatible avec ltablissement externe et au besoin forc de
Laurent Gerbier
Laurent Gerbier
Abstract
Il lavoro descrive le scritture lasciate dagli esuli italiani che hanno partecipato al Trienio
per ricostruirne lesperienza individuale e il rapporto con la societ in cui si calarono. La
prospettiva storica: incrociata con la letteratura storiografica, la loro produzione pu
dare nuove informazioni sulle relazioni politiche tra Italia e Spagna, sulla vita sociale della
penisola nel Trienio, sulle guerre. Luso di lettere, dichiarazioni testimoniali, memorie e
produzione quindi proposto come problema di analisi della fonti (produttori e destinatari
della scrittura, tempi) perch oltre a determinare stili e contenuti, danno informazioni sui
processi individuali di costruzione dellidentit che accompagna il percorso risorgimentale.
Parole chiave: Esilio; Trienio liberal; Scritture; Rappresentazioni; Identit.
Abstract
This paper describes texts left by Italian exiles who participated in the Trienio (Triennium)
in order to reconstruct their personal experience and relationship with the society in which
they were immersed. The perspective is historical: when intertwined with historiographical literature, their production may give new insights into political relations between Italy
and Spain, peninsular social life during the Trienio, and wars. The use of letters, witness
statements, pleadings and other texts is therefore proposed as a source of analysis (authors
and recipients of texts, dates), which, apart from determining style and content, provides
information on individual processes of identity construction that took place during the
Risorgimento period.
Keywords: Exile; Liberal Triennium; Texts; Representations; Identity.
In seguito al fallimento dei moti costituzionali del 1820 nel Regno delle due
Sicilie e del 1821 in quello di Sardegna, migliaia di militanti liberali italiani
furono costretti allesilio e una gran parte di essi, attratti dal modello politico
e dalla possibilit di continuare la lotta, si diressero verso la Spagna. Questo
lavoro affronta le scritture che ci hanno lasciato alcuni di questi esuli per
Agostino Bistarelli
ricostruirne lesperienza individuale e il rapporto con la societ in cui si calarono ma in una prospettiva pi storica che filologica: incrociata con la letturatura storiografica, la loro produzione pu dare nuove informazioni sulle
relazioni politiche tra Italia e Spagna, sulla vita sociale della penisola nel Trienio, sulle guerre, quella interna e quella contro i francesi del 1823. Luso di
lettere, dichiarazioni testimoniali, memorie e produzione creativa pone il problema classico della contestualizzazione della fonte con una particolare attenzione, oltre che al produttore, anche al destinatario della scrittura, perch
questo ne determina stile e contenuto.
1. Destinatari e momenti
E esemplare il confronto che possiamo fare tra una lettera che Fiorenzo Galli1
scrive ai genitori allinizio dellesilio e quella che scrive alle autorit piemontesi due anni dopo per chiedere la possibilit di rimpatriare.
Non possibile esprimere con quale trasporto ci abbiano accolti e quanto
sieno ospitali. Niente ci lasciano a desiderare al presente e ci ricolmano della
dolce speranza di fare risorgere lintiera Europa. Felice il Mondo e in particolare il Piemonte se fossero tanti Spagnuoli! La Religione, le propriet ed il
personale sono i pi sacri nomi, ed in queste parti inviolabili: il clima, lopulenza, e mille altre circostanze che qui sincontrano ci offrono un quadro pi
perfetto del Paradiso Terrestre.2
Una vittima sfuggita alla maledizione del Cielo rifugge al filantropo
cuore di V. E., onde impetrare uno scampo. Compromesso nellultima rivoluzione di Piemonte, javol al giusto sdegno del suo oltraggiato Monarca
emigrando in Ispagna, ma qual non fu la sua sorpresa e terrore, appena
afferratone il lido, in ve dessere accolto dalla vezzosa ospitalit, vedersi
stendere le braccia dallorrida peste che nellatro speco della nera fame precipitosa il condusse! Soltanto il flagello della guerra mancava a porre il colmo
alle sue disgrazie e non tard a coronarle. Rottesi le prime ostilit, per non
aggiungere alla taccia di sciagurato quella di vile, si vide nella dura necessita di prendere larmi. Invitato dal generale in capo dellarmata di Catalogna,
venne al suo fianco fin dal principio della spirante campagna ed ottenne da
questi in contraccambio delle sue tenui fatiche il grado di Capitano e suo
aiutante di campo, impiego che sta tuttavia disimpegnando. Se per le, sue
sventure, la sua condotta militare, pi volte in pubblici fogli, forse con
esagerazione pronunziata, ed il copioso sangue sgorgatogli dalle varie ferite
riportate nel campo di battaglia non sono sufficienti per lavare le sue mac1. Nato a Carr nel 1802 da una famiglia giacobina, quando scoppiano i moti era alfiere a Novara. In Spagna aiutante di Mina e con Luigi Monteggia tra i creatori dellEuropeo. Dopo la
fine del Trienio sar a Londra e in Messico, dove con Claudo Linati edita El Iris. Rientra in
Italia nel 1837 e dona a Papa Gregorio XVI la Tabula Philologica, una tavola sinottica con
pi di 3.000 lingue che secondo lui risalivano ad una unica origine. Muore nel 1844.
2. Lettera di Fiorenzo Galli del 21 aprile 1821 ai genitori, in Archivio dello Stato di Torino,
Polizia, Mat. Pol., 1822, II, 8.
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 145
chie e renderlo scevro di colpa agli occhi del suo Sovrano da cui implora la
grazia di rimpatriarsi, garantito contro ogni molestia, baccier la mano che
vergasse castigo qualunque sentenza, quando non fosse quella di non poter
pi mai respirare la dolce aura natia, e consagrare agli adorati suoi concittadini il frutto dei suoi disinganni.3
Agostino Bistarelli
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 147
Dunque questi confronti, per tempo e destinatari diversi, ci aiutano a investigare il rapporto tra esilio e scrittura, sul quale per utile ora fornire elementi di cornice dove inserire il periodo e il luogo che studiamo.
2. Laddio
Ammaina la tua vanit, dice lesilio, non sei che un granello di sabbia nel
deserto. Non ti confrontare con gli altri uomini di penna, ma con linfinit
umana: la quale umana e triste pi o meno quanto quella non umana.
questo che deve suggerirti le parole.7 C cos un piano soggettivo di questo
rapporto, indagato anche dalla psicoanalisi, come nel caso dei Grinberg che,
nellanalisi dellesilio come emigrazione particolare, pongono lattenzione su
alcuni nodi tematici, partendo dal lavoro di Bion8 sul rapporto contenitore
contenuto. Lesiliato visto come idea nuova (il contenuto) e la comunit
come gruppo ricevente (il contenitore), attribuiscono al commiato un senso
dirimente: la partenza il confine che divide lo stato di unione dallo stato di
separazione tra chi se ne va e chi rimane, tra la speranza e lassenza.9 Mancare il rito del saluto significa rompere quella protezione, aggiungere allesperienza gi dura una angoscia in pi. Sostengono che molti esiliati possono soffrire della sindrome del sopravvissuto, sentendosi oppressi dalla colpa provata
nei confronti dei morti o dei prigionieri. Questo stato danimo si trasforma in
fertile terreno per lo scetticismo e la delusione. quindi chiaro lemergere del
viaggio liminare come topos nelle scritture dei nostri esuli. Addio dunque,
terra diletta, amatissimo albergo dogni a me pi cara cosa, ove le prime aure
ore di vita respirai, ove sperava chiudere i giorni in pace. Addio, patria adorata, scopo dolcissimo a tanti fervidi voti, a tante care speranze. 10 Secondo
Giovanni Albertocchi questo appassionato passo dellesule piemontese anticipa el que uns quants anys ms tard, en la famosa novella dAlessandro Manzoni, I promessi sposi, Lucia recitar en abandonar el pas natal, addio che
risuoner anche, com noto, nel poema La ptria di Carles Aribau.11 Mi
interessa sottolineare questo rimando a spirale perch analogo a quello che si
ritrova continuamente nelle vicende degli esuli italiani: per tutti valga il circuito che parte da Ugo Foscolo che esule a Londra studia Dante e che passa per
tutti gli esuli successivi nella citt e che studiano, pubblicano, commentano
lopera dei due e che costituiscono lossatura di quello che stata definita una
Agostino Bistarelli
istituzione italiana.12 Torniamo per alla partenza per lesilio e a come stata
raccontata in esuli diretti in Spagna, fornendo alcune tipologie narrative.
Tramontava il sole del 17 aprile 1821 quando dicemmo lultimo addio agli
amici ed alla patria. Salpammo per Barcellona. Io col cuore rotto dal dolore
mi posi a giacere sul ponte del vascello, e mi sorgevano luna appresso laltra
tante immagini che mi funestavano lanimo, tra le quali labbandono della
famiglia. Ma una fiera burrasca le dilegu.13
Le navi cariche di tanti sventurati salparono; quelle pi veloci della nostra
sorpassandoci pareva volessero fermarsi per stringerci la mano. La nostra costernazione era al colmo. A noi nullamente assuefatti a coteste vicissitudini e
novizi ai viaggi sul mare era troppo doloroso allontanarsi dalla Patria. Quasi
tutti pativano il mal di mare. Alcuni colle braccia conserte stavan meditando
e guardando lognor crescente spazio che ci allontanava dal Lido; molti per
calmare il loro cordoglio si misero a cantare: Addio Padre Addio Madre Addio
tutti non vi vedrem mai pi; se la mia morosa una bella tosa la pregher per me;
Profezia avveratasi per molti! Tutti si attristavano di separarsi dalla patria per
andare in terra straniera, ove ci si poteva chieder conto della nostra condotta,
e rimproverarci di non aver saputo morire in difesa del patrio suolo.14
Si fece vela verso la Spagna; e sarebbe troppo lungo e doloroso il voler qui
ricordare la posizione critica in cui il bastimento e noi ci trovammo durante i
primi cinque giorni di navigazione verso Barcellona ... Il mare essendosi intanto calmato, ci fu dato di arrivare, nel termine di quattro giorni, al nord della
costa del porto di Rosas, donde facendo vela verso il mezzod e costeggiando
il lido spagnuolo a poca distanza da esso, ci dirigemmo al porto di Barcellona,
dove approdammo verso le due pomeridiane del 19 aprile.15
Io aveva scelto per mio rifugio le montagne della Svizzera aspettando che
passasse il temporale. Ma avendomi il ministro B. , con cui da lungo tempo
sono stretto in amicizia, invitato a recarmi seco lui in Ispagna non esitai punto
a cambiare una dubbia ospitalit con un asilo sicuro. Eccomi adunque quasi
per incantesimo trasportato qui da un bel Landau a tira sei.16
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 149
la mancanza di interesse a raggiungere il precedente livello sociale o professionale; allo stesso tempo la degradazione sociale di molti esiliati aumenta la loro
insicurezza e il senso di persecuzione. Il bisogno di svolgere, per sopravvivere,
i lavori pi diversi che non hanno nulla in comune con il lavoro svolto in patria
in una situazione di eccessiva dipendenza dagli altri che contrasta con la
precedente indipendenza rischia di suscitare nellesiliato sensazioni di depersonalizzazione, dal momento che gli difficile assumere unidentit diversa da
quella di esiliato.17
3. Esilio e scrittura
Queste osservazioni aiutano a capire limportanza cha ha assunto linsegnamento dellitaliano e la produzione pubblicistica per molti degli esuli dei moti
risorgimentali, strumenti per la sopravvivenza materiale, ma anche per rimanere ancorati al proprio mondo. Del rapporto tra esilio e lingua danno visioni
complementari poeti (lesilio , prima di tutto, un evento linguistico: uno
scrittore esule scagliato, o si ritira, dentro la sua madrelingua. Quella che era,
per cos dire, la sua spada, diventa il suo scudo, la sua capsula),18 e storici: in
alcuni tipi di migrazione la scrittura insieme strumento per gestire il cambiamento culturale e arma per lasciare una traccia del proprio vissuto.19
Lintreccio tra produzione politica degli esuli e dinamiche locali cos
ricordato:
La literatura fulletonesca feta pels italians exiliats a Espanya durant el Trienni
Constitucional mereix un pargraf. Foren molts els pamflets, fulletons i, fins i tot,
algun opuscle poltic que es publicaren a Barcelona, Madrid o Valncia. A la
ciutat comtal la famlia Roca es convert en la impressora de totes les obres elaborades pels italians. Els diaris de la ciutat tamb permeteren que en les seves pgines
apareguessin articles signats pels italians residents a Catalunya. Tot aquest material i el publicat en daltres ciutats espanyoles ens permetr esbrinar quin discurs
poltic forgen i com es relaciona amb la cultura poltica imperant a Barcelona.20
Rilevante quindi il ruolo italiano in questa radicalizzazione dellalfabetizzazione politica che poi, come rileva Alberto Gil Novales, precipita una volta
che le classi dirigenti percepiscono il pericolo in una controrivoluzione di
ambito continentale.21 E interessante ricordare quello che uno degli autori a
17. Grinberg, cit., p. 163.
18. Josif Brodskij, Dallesilio, Milano: Adelphi, 2001, p. 32.
19. Camillo Brezzi-Anna Iuso, Introduzione a Esuli pensieri, Storia e problemi contemporanei, n. 38, a. XVIII, 2005, p. 8.
20. Jordi Roca vernet, La Barcelona revolucionria : cultura constitucional i la sociabilitat
poltica del Trienni Constitucional : 1820-1823, Tesi UAB, 2005.
21. Il tema presente in pi parti di Alberto Gil Novales, Las sociedades patrioticas, 18201823 : las libertades de expresion y de reunion en el origen de los partidos politicos, Madrid:
Tecnos, 1975, 2 voll.
Agostino Bistarelli
cui si riferisce Jordi Roca, Emilio Bottone, scrive al fratello Alessandro della
comunit degli esuli liberali a Barcellona,
dove intraprenderemo la pubblicazione di un giornale italiano intitolato: il
Costituzionale Italiano. Un simile periodico che si stampava a Londra contribu non poco al ristoramento della Costituzione in Spagna: non mancare
dunque di mandarmi quante notizie ti possono pervenire e che facciano pel
caso nostro; puoi anche talora spedirmi i giornali Inglesi che ti paiono interessanti; poich sebbene non sappia io scrivere, ne parlare questa lingua tuttavia
la capisco. Tu potresti ancora promuovere cost una simile impresa. Scrivimi
se si crede che gli Inglesi siano per dar favore alle cose dItalia.22
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 151
Agostino Bistarelli
molta sorpresa il loro arrivo ai Barcellonesi, i quali dicevano che non bisognava fuggire, ma combattere sino allultima goccia di sangue. Questo carico si fa
maggiore ai Napoletani.29 Il sentimento doveva essere abbastanza esteso se il
30 aprile il Redactor General de Espaa pubblica, con cierta conmiseracin
simptica, y no slo irona,30 queste rime:
Pulcinella malcontento
Disertor del Reggimento
Scrive a mamma in Benevento
Della Patria il tristo evento:
Movimento, Parlamento,
Giuramento, giuramento,
gran fermento, poco argento,
armamento, e nel cimento,
tra spavento e tradimento,
me ne pento, me ne pento,
siam fuggiti come il vento.
Mamma cara, mamma bella
Prega Iddio per Pulcinella
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 153
Agostino Bistarelli
35. Gian Luigi Colli, Lavvocato Giovanni Allegra, cit, p. 59: difese lAllegra linquisito
davanti al Tribunale di Guerra della Catalogna, e cos splendida fu la sua arringa, che
lUfficiale venne pienamente assolto, e il giovane avvocato ebbe lode e fama di valente
oratore. Ma Allegra non riesce a fare lavvocato per problemi di lingua e conoscenza delle
leggi locali. Scriver al padre che lo spingeva a cercarsi un reddito: Non sarei sincero
se non confessassi il mio stato di indigenza; ma non colpa mia, e si pu assicurare con
fondamento che lantico proverbio la povert non vizio quadra perfettamente al caso
mio; voi vi ricorderete dellultima vostra, e vi ricorderete dellavviso datomi di pensare
a me stesso io non lho seguito perch mi trovava in Barcellona, e voi avete rettamente
consigliato, perch vi trovavate in Piemonte; sicch vi prego per quellamore che sempre
aveste per me a non volermi abbandonare, il che spero non farete, giacch non mi abbandonereste in circostanze per me pi critiche. Voi mi incolperete per non aver io lasciato
la Spagna prima dora; vi risponder che la Spagna promise dei soccorsi agli emigrati: e
perch attesi il compimento delle promesse di una Nazione, rimasi cost fino adesso; in
questo poi la colpa mia e mi rassegno sin dora alla penitenza lunga de miei trascorsi
(1 aprile 1823, p. 60).
36. Pacchiarotti tra coloro che appartenevano alla schiera de prodi che traditi da uno spergiuro emigrarono nella Spagna e che vi fecero bello il nome Italiano, pugnando per gli
stessi diritti che avean loro fruttato lesilio (capitolo XXX dedicato ad Avezzana, Milano:
Politti, 1870, p. 180).
37. Poesie giovanili; con prefazione e note di Arturo Salucci: Milano, Lavinia, 1926.
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 155
Torniamo alle memorie degli esuli sul primo periodo, prendendo come
base quelle di Garda.39
5. La peste
A questepoca tutte le piccole citt della Catalogna lungo la strada da noi
percorsa e lungo le rive del mare, davano rifugio ad un buon numero di emigrati nostri compatrioti.40 Causa di quella disseminazione il sovrapporsi
della necessit politica di non concentrare nello stesso punto gli esuli italiani
(sulla quale poi torneremo) e quella di sfuggire allepidemia di febbre gialla.
Questa apparve nella capitale catalana nei primi giorni di agosto e per circa
un mese non ci fu la piena coscienza della sua pericolosit,41 fin quando tutti
38. Lettera di Linati a Panizzi, da Avignone 6 settembre 1824, in Lettere a Panizzi, British
Library, al n. 16. La lettera ci fornisce anche indicazioni preziose sullo stato danimo
dellesule: Alcuni riguardi di famiglia mi hanno fatto rimanere in Francia, per non avere
laria di dare un calcio alla vecchia, quantunque persuaso e persuasissimo che tutte le circospizioni non mi servano a niente in Ispagna. Col si vuol confiscare, ed ci che hanno
conseguito con un processo che mi fanno che finir col medesimo risultato di quello di
Parma. In questo stato di cose aveva determinato di passare nel Belgio a provare se col
potessi guadagnarmi il pane ma la mancanza di denari mi ha impedito di farlo, e sto vegetando in questa infamissima terra Papale.
39. Pier Alessandro [Pietro] Garda, Memorie 1815-1860, Ivrea: Ferraro, 1993 e Id.,
La rivoluzione del 1821, Ivrea: Curbis, 1879.
40. Garda, La rivoluzione del 1821, cit., p. 47.
41. Nelle memorie degli esuli si fa riferimento alla vana opera di denuncia del medico Simonda,
che abitando alla Barceloneta ebbe loccasione di visitare un marinaio proveniente dallAvana e subito riconobbe i segni di quel male che vien detto comunemente la febbre gialla; e
senza frapporre indugio ne diede avviso al capo politico di Barcellona (Carlo Beolchi,
Reminiscenze dallesilio, Torino: Tipografia Nazionale, 1852, p. 71).
Agostino Bistarelli
Dopo avergli dato notizie sugli esuli (una trentina rimasti, venticinque
morti) e sulle persone di loro conoscenza (tra cui lo stampatore Doria) passa
a commentare la triste situazione:
Ma per ritornare al proposito nostro ti dir che la descrizione lasciataci dal
Boccaccio della peste di Firenze debole immagine delle stragi che fa ogni
giorno la morte nel recinto di queste mura, tuttavia siccome io non voglio
mettermi in confronto con s grande autore e che temo il paragone, cos mi
42. Joaquim Bonastra Tols, Ciencia, sociedad y planificacin territorial en la intitucin del
lazareto, tesis doctoral Universitat de Barcelona 2006, nella versione digitale allindirizzo
www.tdx.cbuc.es, p. 190-191.
43. Carlo Braggio, La rivoluzione piemontese del 1821.
44. Juan Romero Marn, La dramaturgia social. Dios y fuego en la Barcelona del siglo xix,
Hispania Nova, n.1, 1998-2000, nella versione digitale allindirizzo www.hispanianova.
rediris.es. Larticolo ricorda le relazioni tra limpatto dellepidemia e le differenziazioni
sociali e anche il rogo in effigie di un medico come rito purificatorio avvenuto nella Rambla
dramatizacin catrtica liberadora como la de Don Carnal.
45. Garda, La rivoluzione del 1821, cit., p. 48.
46. Lettera di Emilio ad Alessandro Bottone, cit.
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 157
asterr dal parlarne, e solo accenner cos di passo che pare che la febbre
gialla, i medici, gli speziali, i preti ed i frati abbiano fatta qui una santa
alleanza intesa ai danni del genero umano. Di fatti, come prima uno cade
ammalato, i parenti suoi si danno ogni premura di convocare nello stesso
tempo el Doctor Matatodos, fra Oliosanto e D. Rafael Encaxa con i chiodi.
Questi non tengono linfermo molto tempo in disagio ed incomincia il
Dottore a scrivergli un medicamento cos efficace che subito dopo il primo
cucchiaio incomincia linfermo a perdere immediatamente la parola e poco
stante anche i sensi, subentra allora Fray Oliosanto a borbottare colla bocca
piena di aromati alcune parolaccie in lingua peregrina e quindi lo rimette
nelle mani di Don Rafael Encaxa il quale gli presta brevemente i suoi offici
e si dilegua. severamente proibito di dare pi di un medicamento ad un
infermo e vi una tariffa per tutti gli ammalati: una pezzetta (peseta) al
medico; una allo speziale, otto per la cassa e un duro e mezzo per Don
Rafael il quale tenuto a provvedere i chiodi ed a portarsi via il cadavere che
diventa sua propriet. Dopo questo vedresti i suoi parenti a spalancare tutte
le finestre della casa, ardere incenso, mirra, aceto e varie misture antipestilenziali, lavare accuratamente con aceto tutti gli angoli della casa e, brevemente, a gettare dalla finestra tutti gli oggetti di vestiario che appartenevano
al defunto rinunciando a chi la vuole a questa parte della sua eredit! Con
molto impegno sono finalmente riuscito a procurarmi una ricetta di questo
meraviglioso rimedio, il quale, se dobbiamo giudicare dagli effetti, deve
essere un veleno potentissimo che potrebbe per avventura venire in concio
quando che sia per lamato nostro Carlo Felice. S veduto qualche raro
esempio di persone che sono guarite dalla febbre gialla, ma di tutti quelli
che ebbero ricorso a questo rimedio non un solo scampato; vedi efficacia!!
Insomma, questa misera citt pare essere trasformata in lagrimarum valle: le
strade, le piazze e le passeggiate deserte, i templi abbandonati, i caff, i
teatri, le botteghe chiuse: le campane, i tamburi muti, e se pur vedi di quando in quando qualche viso umano ti si appresenta con aspetto di ombra o
di fantasma che ti fa arricciare il pelo per ogni dove.47
47. Ibid.
48. AST, Materie politiche per rapporto allestero, Consolati nazionali, Barcellona, mazzo 1,
12 settembre 1821.
Agostino Bistarelli
6. Immagini
Nella lettera di Bottone compare latteggiamento anticlericale che caratterizza
i due fratelli, ma la relazione complessa con la comunit ospitante, che non si
era comunque dimostrata semplice anche nella testimonianza di Garda ci
sembra un dato comune. Ricorda ad esempio Giuseppe Avezzana, in quel
momento dislocato nei dintorni di Ronda, in Andalusia:
E in verit lo spirito pubblico delle plebi ci era avverso: i preti e i frati, che
erano un nugolo in quei paesi, ce lo avevano con arti infami talmente concitato contro, che dovemmo conquistare palmo a palmo il terreno [...] difatti
questo parroco venne sorpreso dai miei soldati, mentre dal campanile faceva
segnali con un fazzoletto bianco a quei masnadieri: sicch, afferatelo con indignazione per le gambe lo capovolsero gi sulla strada, dove di subito mor [...].
In quei paesi le risorgenti guerre civili, dove i partiti si contendono il trionfo,
hanno cos inferocito gli animi, che il sangue non fa pi ribrezzo.49
Fermiamoci allora sullimmagine della nazione e delle persone che le scritture degli esuli ci rimandano riguardo la Spagna e attraverso essa della patria
lontana. A Girona si pubblica la Cantata Patriottica di Luigi Monteggia, sfortunata previsione dellesito del periodo costituzionale. Scritta nel momento
delle azioni contro i realisti, nelle due parti del poema si alternano i versi di
quattro protagonisti, Libert, Genio dItalia, Vecchio contadino spagnolo e il
Coro, che disegnano un quadro vincente dellunione dei popoli che lottano
per la libert. Nel Genio dItalia c la rappresentazione degli esuli approdati:
Ti bacio o suol beato / Fecondo ognor dEroi: / Mantenga amico il fato / Lardir
defigli tuoi.
Se la mia cara Italia / Sar felice un d, / Lo debba a questo popolo / Che un tanto
esempio offr.
49. Avezzana, I miei ricordi, cit., p. 25-26.
50. Memorie Sorisio, p. 24.
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 159
Agostino Bistarelli
che quel romanticismo conciliante fin per alimentare gli spiriti reazionari delle
generazioni successive (quanto ami esplicita la contrapposizione stabilita da
Menendez Pelayo tra i modelli imperanti dopo il 1834 Manzoni, Pellico,
Grossi, DAzeglio a quelli validi per gli uomini del 1812 e del 1820, educados a los pechos de la Enciclopedia y de Bentham) e serv infine a rafforzare limmagine tradizionale di una Spagna cattolica, monarchica e calderoniana per natura.55
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 161
lidea, che vi possan dormir sopra placidi i sonni senza pericolo di cadere.
Usano venir in pubblico con nulla in capo, e col solo ornamento duna ricca
e nera capellatura inanellata. Il vestir degli uomini, quel de signori quale si
vede per tutta Europa, che non offre ormai che una stucchevole uniformit;
ma quel del popolo singolarissimo, ed a certa foggia, che dir si potrebbe
celtico-romana. Hanno un gran manto di lana, listato a pi colori, cui essi
danno il nome di manta, e questo portano sopra una spalla e serve loro non
solo da mantello di giorno, ma da coperta di notte, se per qualche accidente
son condotti a dormire all aria aperta; ed a questo fine dallun de lati ha i
lembi cuciti a guisa di sacco, ove, giacendo, introducono i piedi, e si tiran
indosso il rimanente. Calzoni larghi e lunghi, che salgono sino a sommo il
petto, di varie stoffe secondo la facolt di ciascuno, i pi ricchi di velluto, i
pi poveri di cotone, per lo pi color verdognolo, e di state di tela bianca.
Giubbetto di velluto o cotone, strettissimo al corpo, e che scende appena
mezzo palmo sotto le ascelle, ricamato tutt intorno o semplicemente orlato
di cordoncino di seta o di lana. Farsettino al giubbetto corrispondente, per lo
pi di seta a vaghi colori. Cingono poi intorno al corpo e sul sommo dell
anche gran sciarpa di lana, ed i pi ricchi di seta color rosso, allacciata da un
canto, i lembi pendenti sino al ginocchio. Al piede calzari di corda, che non
han che la suola, terminati in brevi rivolte, una da vestire un pochetto il tallone, 1altra, la punta de piedi, dalle quali muovon nastri, che sorgendo a
vario intreccio su per la gamba, sono e sostegno del calzare ed ornamento ad
un tempo; molti senza calze di state; e tutti in capo una berretta rossa di lana,
stretta alla fronte dinanzi, e scendente di dietro in forma di cono sino a mezzo
la schiena. I a qual foggia di vestire tutt insieme accresce mirabilmente alla
vista lapparente agilit de loro corpi. Il vestir delle donne volgari non molto
dissimile da quello delle nostre contadine dItalia; busto e gonna di cotone o
seta, e sempre di color diverso, in modo che 1uno dia risalto allaltro; grembiale di mossolina; nulla in capo od un fazzoletto; capelli raccolti in trecce,
cadenti sugli omeri, ovvero avvolte a pi giri sul mezzo del capo; gli stessi
calzari degli uomini, ed esse pure sovente scalze; aria ed andatura assai disinvolta; e non si veggon mai per via, senza ch abbian un cestellino sotto al
braccio, il quale serve loro, come dicono, di compagnia, e senz esso non
saprebbero ove collocar le braccia e le mani. Van dritte dritte, dimenandosi
un cotal poco, e con certa baldanza che va l l sui confini dell impudenza.
Fierissime se provocate ; vomitan ingiurie, articolandole con tanta prestezza,
che appena vi si pu tener dietro colla mente.58
Agostino Bistarelli
Oggi domenica tutto il sesso gentile della Corogna gira per le chiese ed i passeggi, vestendo quanto ha pi di elegante. La bellezza delle Galliziane meno
delicata forse che non quella delle donne di Siviglia o di Madrid; ma anche
qui locchio vivace, il piedicino microscopico, il portamento orientale ricordano il tipo generale spagnuolo. D. Pedro (quel nostro compagno della Nuestra Seora del Carmen) mi parlava ieri, mentre si aspettava nel porto che ci si
venisse a dare pratica, della cortesia delle Corognesi verso i forestieri; i Francesi ed Italiani giunti in fine di marzo ce lo confermano; essi paiono tanti
Telemachi presso queste ninfe peninsulari, e non so quale Minerva potr
venirli a rapire per portarli altrove.60
La scrittura dellesilio: militari ed intellettuali italiani in Catalogna Quaderns dItali 16, 2011 163
lidentificazione tra patria e donna, eredit del triennio giacobino, passa in Italia
attraverso lesercito francese e lassimilazione di valori e vocabolario: il termine
nazione che descrive la comunit fondamentale che legittima listituzione si
collega cos alla parola patria attraverso il ruolo del cittadino e patriottismo
si declina cos come amore della patria. Questo determina una attribuzione dei
ruoli di genere in cui lideale militare, e limpegno politico, hanno la funzione
anche di ridefinire il discorso patriottico: lallegoria originaria immagina la
patria come una donna e una madre.64 Agli sguardi femminili catalani, Allegra
non era insensibile, ma troppo preso dallamore patrio per pensare a quello pi
prosaico; lamore per lItalia gli assorbe tutte le potenze dellanima, che poco
tempo ho io avuto da dedicare ad altri amori, sicch le donne tengono parte ben
piccola nella storia della mia vita.65 Ma c anche unaltra declinazione di questo discorso che Pecchio attribuisce al racconto di una giovane madrilena che gli
descriveva Riego nel settembre 1821, cio il periodo della rimozione dal comando aragonese: Ora si dice che prenda moglie! Questo mi dispiace. Se ci fosse,
non sarebbe pi vero chegli non vive che per la patria; chegli non ama che la
libert. No, non deve ammogliarsi. Il suo matrimonio mi sembrerebbe una
infedelt alla nazione. Non egli il suo amante?.66
Abstract
Il saggio studia il famoso racconto buzzatiano: I topi alla luce della psicoanalisi freudiana
e dellesperienza esistenziale dellautore veneto, allo scopo di dimostrare la polisemica e
ricca valenza ermeneutica dei roditori allinterno della narrazione. La presenza simbolica
dei topi, legata a una chiara catena intertestuale, antica e moderna, struttura allinterno del
rcit onorico di Buzzati, langoscia edipica di uno dei suoi testi pi perturbanti.
Parole chiave: perturbante; angoscia; problematica edipica; topi, simbolo; Buzzati.
Abstract
This essays focuses on Buzzatis famous short story, I topi (Mice), in the light of Freudian
psychoanalysis and the existential experience of this author of Veneto, in order to demonstrate the polysemous and rich hermeneutical representation of rodents in his narrative.
The symbolic presence of mice, associated with a clear inter-textual chain, both ancient
and modern, builds, through Buzzatis oneiric rcit, the oedipal anguish of one of his
most disquieting works.
Keywords: disquieting; anxiety; oedipal complex; mice; symbol; Buzzati.
inquietanti che vivono in segreto allinterno della casa, insieme ai rumori, agli
spiriti ed ai fantasmi non sono altro che le multiformi traduzioni simboliche,
ossessionanti, del suo stesso unheimliche.
Davanti a ci che perturbante, perch rimosso e negato, ma chiaramente
certo, lo scrittore mostra la sua pi che evidente ambivalenza, il fascino e il
contemporaneo rifiuto verso le visioni interiori che vengono confessate attraverso la scrittura, nellevidente duplicit dei suoi racconti, i quali girano sempre
su ci che gli pi familiare e amato: la casa, come rifugio e fortificazione
contro il male, ma allo stesso tempo luogo che emana il pi assoluto e temuto
unheimliche. lautore stesso a confessarlo, quando dice che la casa
rappresenta uno dei fondamenti di quello che il mio mondo poetico o
piuttosto di quello che ho dentro di poetico [...]. Questa casa una cosa
proprio fondamentale [...]. Il concetto di casa per me quello di una fortezza domestica, entro la quale cercano di penetrare le sventure dal di fuori [...].
Ma indubbiamente nei bambini limpressione che fanno le case una cosa
straordinaria...Gli schricchioli, la sera, la porta chiusa o aperta, di notte, nel
buio [...]. Questo tipo di mistero parlo del mistero della casa ma anche
del mistero dei rumori del giardino implica la presenza di entit sconosciute, probabilmente immaginarie... Spiriti, fantasmi, esseri della natura,
elfi... Ecco: quelle cose l... Chi che passa nel corridoio, di notte? Sono i
topi o il vecchio nonno morto in peccato mortale?...E perch a dire il vero,
il mistero della casa in fondo pi denso del bosco? Perch nella casa abitata tanta gente. E questa gente ha lasciato su questo c poco da discutere qualche cosa nei muri.8
Questa, come la fogna,9 simbolo onirico delle parti basse del corpo
umano.10
5. La condensazione e la rapidit del testo, costruito tramite la ripetizione (per
cinque volte) dellunico e stesso motivo narrativo, altamente perturbante,
sempre in crescendo; che nel racconto lorrida presenza e moltiplicazione
dei topi. In corrispondenza a questa, ogni volta che il protagonista-narratore rende conto allamico-padrone di casa di tale fatto, si ripete da parte
di questultimo, la reiterata negazione (rimozione) dellavvenimento angoscioso.
6. La ripetizione testuale nascosta dellaltra parola chiave del racconto: paura,
la quale agisce da leit motive perturbante nel momento centrale della storia.
Paura, con quattro occorrenze lessicali, diventa la chiave semantica del
mistero inquietante di tutto il testo. La parola si trova al centro della confessione che Giorgio, il figlio pi grande dei Corio, fa al narratore a proposito
della paura del padre per i topi e della sua stessa incapacit di poter agire
contro i terribili animali.
7. La ricorrente presenza simbolica e allegorica del male allinterno del testo,
stabilita a partire dallimmaginario religioso cristiano di Buzzati.11 Il racconto traccia lo sviluppo tematico e narrativo della storia (come succede
spesso allinterno dellopera buzzatiana) attraverso lo scontro indiretto fra
il Bene e il Male. Ne I topi, le bestie, alla fine del racconto, ormai diventate talpe dovoratrici, alludono indirettamente al bestiario infernale dantesco.12 La rivelazione e la scoperta dominatrice del male nel testo-casa-mondo, ci avvicina ancora, attraverso la condensazione allegorica presente nel
simbolo dei topi e del loro dominio devastante sugli umani, al sentimento
apocalittico di gran parte della narrativa buzzatiana.13
Come stato gi detto, la narrazione gira intorno al topos della casa infestata: una casa isolata in mezzo al bosco, nel limite fra lo spazio domestico e
la/Altro. Questa casa un luogo familiare per lio narrante (chiaro doppio
di Buzzati) e ovviamente per i Corio, i proprietari. In essa il narratore-protagonista, trascorre le sue vacanze estive in loro compagnia, in pacifica beatitu 9. Si ricordino anche Lettera noiosa de Le notti difficili (1971) o Eppure battono alla porta
(pubblicato nel 40 per la prima volta) dei Sessanta racconti (1958), dove le parti basse della
casa rappresentano i luoghi del mistero perturbante.
10. Rimandiamo alle rifessioni freudiane sulla simbologia sessuale della casa. Cfr. Sigmund
Freud, La representacin simblica en el sueo. Nuevos sueos tpicos, in La interpretacin de
los sueos (1900), in Obras completas, cit., tomo II, 557.
11. Cfr. Sigmund Freud, El sueo de angustia, en Psicologa de los procesos onricos, en La interpretacin de los sueos, cit., 693.
12.
giustamente la scelta della parola rombo quella che ci mette sulla possibile traccia dantesca nella scena finale del racconto studiato. Cfr. Nella Gianetto, Sessanta racconti e una
lingua da scoprire, in Il sudario delle caligini, Firenze: Leo Olschki, 1996, p. 209.
13. Si pensi, per esempio, a Allidrogeno e anche a Rigoletto, contenuti nei Sessanta racconti.
Cfr. Dino Buzzati, Opere scelte, a cura di Lorenzo Carnazzi, Milano: Mondadori,
I Meridiani, 2002, p. 856-861 e 889-893.
tata, quindi, unaltra casa tomada17 dalle forze strane e straniere, dalle bestie
terrificanti e maligne che si sono impadronite della famiglia. Sono loro che
adesso detengono un potere mostruosamente violento.
Anche se vero che nella simbologia onirica c una differenza abissale
fra un sorcio ed una talpa, dato che le valenze semantiche di questi animaletti sono ambivalenti, i topi fin dallantichit sono stati presenti nelle favole e nelle leggende popolari.18 La loro enorme e pi mite popolarit, allinterno dellimmaginario fantastico occidentale contemporaneo, si vista
indubbiamente aumentata, per, grazie al cinema e soprattutto grazie allindustria Disney. Ma entrambi non hanno potuto mitigare completamente i
loro aspetti pi oscuri.
Dobbiamo ricordare che i roditori, e fondamentalmente le talpe, sono state
nelle fiabe figure ambivalenti data la loro stessa familiarit perturbante. Perch
se da una parte, i piccoli topi sono rappresentanti ingenui del mondo infantile, date le loro dimensioni, dallaltra simbolizzano anche leterno timore umano
verso la/Altro. Saccheggiatori del grano, propagatori delle malattie, divoratori dei piccoli esseri viventi, potentissimi riproduttori della loro specie, sono
stati per gli umani un grave pericolo per la salute. Pertanto, rappresentano uno
dei nostri nemici pi inquietanti, e tante volte sono stati anche visti persino
come un simbolo malefico.
Daltra parte, da una prospettiva inconscia, data la loro poderosissima capacit riproduttiva, i roditori sono associati direttamente alla sessualit, e spesso
a una sessualit oscura e sadica. Da una prospettiva ermeneutica meno minacciosa, tenendo conto della debolezza e dellingenuit del sorcio, il topolino,
nonostante il suo aspetto pi simpatico e grazioso, continua ad essere un animale inquietante. In ragione della sua stessa piccolezza, ha la capacit di guardare tutto, di conoscere tutto. Il topo osserva di nascosto tutto quanto succede
allinterno della casa e dal suo silenzioso nascondiglio in grado di contemplare i misteri domestici proibiti, soprattutto durante la notte. Cio, in un certo
senso, il piccolo animale il vero conoscitore della vita segreta della famiglia.
Il suo atteggiamento ha, dunque, qualcosa del voyeur, e, contemporaneamente, data la sua stessa morfologia e il suo continuo andirivieni dalla propria tana,
17. Alludiamo al racconto di Julio Cortzar, Casa tomada, contenuto nel suo Bestiario (1951).
Cfr. Julio Cortzar, Bestiario, Madrid: Alfaguara, 1961, p. 56-61. Come si ricorder
in questa narrazione una strana e perturbante presenza occupa la casa di una coppia di
fratelli (uomo e donna) che vivono in perfetta pace ed armonia. Alla stessa raccolta dello
scrittore argentino, appartiene anche Una seorita en Pars. In questo caso il fantastico
perturnbante simbolizzato tramite la riproduzione, non maligna, dei coniglietti che si
molteplicano nella casa della protagonista (che in viaggio a Parigi). Lei lascia in prestito
lappartamento di Buenos Aires a un suo amico, lui che trova questi piccoli animaletti in
ogni angolo della dimora. Entrambi i racconti di Cortzar parlano della sessualit negata,
quella che si rivela trasversalmente tramite le diverse presente perturbanti dei due testi:
lincesto e la riproduzione. Cfr. Giovanna IOLI, Dino Buzzati, Milano: Mursia, 1988,
cit., p. 33.
18. Si pensi per esempio a Il gatto e i topi di Esopo, a La battaglie dei topi e le donnole di Fedro
o a I topi e il gufo de La Fontaine.
spondenza al cannibalismo dei popoli primitivi e alla problematica edipica infantile, come riferisce Freud in Totem e tab (1912-1913).31 Dobbiamo ricordare
anche che lantropofagia e il cannibalismo sono tematiche fortemente presenti
in innumerevoli fiabe infantili: in Hansel e Gretel, in Pollicino o in alcune versioni de La bella addormentata, per esempio. In queste, come in tante altre favole,
adombrata la problematica delledipo, svelata dalle letture dellantropologia e
del folfklore.32 Non dobbiamo essere, dunque, colpiti da questa interpretazione,
abbastanza familiare al mondo magico dei racconti popolari per linfanzia. Per
questo motivo, Elena, la madre del racconto, raddoppiando le sue caratteristiche
di vittima in afflizione, appare alla fine del testo e dice al contadino che troppo tardi e che non c pi speranza. Lei ormai la doppia vittima di una
sessualit golosamente33 e mostruosamente incestuosa e violenta.
Ma bisogna anche dire che forse lultima immagine del testo non tanto
terribile come sembra. Non dobbiamo dimenticare che lironia parodica
sempre presente in gran parte dellopera buzzatiana, e molto probabilmente
presente anche in questo caso, travestita nellultima visione de I topi. In un
certo modo si potrebbe anche affermare che lo scrittore qui, come in tante altre
occasioni, ci strizza locchio, ci fa un segno della sua trasversalit, ride dellorrore eccessivamente visionario delle favole e dei propri incubi,34 allo scopo di
relativizzare e diminuire la paura che provoca in lui, forse, e nei lettori la schiavit sessuale di Elena, preda e vittima dei terribili mostri incestuosi.
Buzzati ne I topi confessa, dunque, letterariamente e allegoricamente tutto
quanto doveva rimanere taciuto, occulto, segreto, ma che, attraverso lincubo
del suo racconto, si manifestato e rivelato. Siamo, dunque, davanti allaffiorare di quella presenza preturbante che non doveva aver spazio allinterno della
domus, ma che malgrado tutto si rivelata tramite la letteratura.
La narrazione buzzatiana, di conseguenza, testimonia linsondabile mostro
della sua/nostra immagine di famiglia. Perci, i topi, chiara rappresentazione
dellunheimliche dello scrittore, sono la realt che incessantemente si ripete al
centro della sua casa. I topi rappresentano, di conseguenza, lirrazionale e violenta forza sessuale dellincesto e delledipo, quella che porta verso le pi profonde viscere della dimora familiare: alla confessione perturbante dellangoscia
colpevole e alla morte, anche se questa, allinterno del proprio testo, , contemporaneamente, relativizzata e parodiata.
31. Cfr. Sigmund Freud, Totem y tab (1912-1913), in Obras Completas, cit., tomo V,
p. 1745-1850.
32. Si ricordi nella stessa linea Vladimir Propp, Edipo alla luce del folklore, Torino: Einaudi,
1974.
33. Lorco delle fiabe ci mette in contatto diretto con lo sviluppo sessuale della prima fase orale.
Cfr. Bruno Bettelheim, Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle
fiabe, Milano: Feltrinelli, 1977.
34. Forse nelle stesse parole di Elena: troppo tardi [...] per noi no c pi speranza, tendenti
in parte verso la tonalit melodrammatica, si camuffa lcart che ci consente di parlare di
parodia e di umore allinterno della visione infernale. La prima possibilit di lettura continua
per ad essere, a nostro avviso, presente nel testo.
1. P. P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sullarte (dora in poi Sla), II, Milano: Mondadori,
1999, p. 2844.
2. Trattatello pedagogico incompiuto, intitolato Gennariello, uscito a puntate su Il Mondo
(primavera 1975), poi in P. P. Pasolini, Lettere luterane, Torino: Einaudi, 1976, p. 29.
3. P. P. Pasolini, Scritti corsari, Milano: Garzanti, 1975, p. 30.
Francesco Virga
Abstract
Analysing different forms of human language and its powers, the issue of language-dialect
connections, strictly intertwined with politics and society, represent one of the authors
main concerns and, at the same time, a constant feature of Pasolinis work.
Pasolini never compromised on what he believed to be his primary duty as an intellectual: To perform, first and foremost, a critical examination of the facts. Since youth,
he conceived of this examination as a continuous assessment, continuous focussing of his
periscope to the horizon of phenomena, opposing ideologues of every kind who always
did the opposite. He was therefore amongst the first to glimpse the dawn of a new historical era that in addition to eliminating the traits of an ancient agricultural civilization,
which still defined most of Italy in the early 60s would eventually anthropologically
transform Italians.
This article aims to demonstrate the above by reviewing all of the authors works, not
only his linguistic ones, and to focus on some pieces that are lesser-known, rarely studied
or neglected by critics.
Keywords: language-power; language-dialects; Gramsci; television; consumerism; anthropological transformation.
Nellampia bibliografia critica esistente su Pasolini gli studi che hanno messo
a fuoco le sue riflessioni sui rapporti tra lingua e potere sono pochi;4 eppure,
lanalisi delle diverse forme del linguaggio umano e dei suoi poteri, la questione dei rapporti tra lingua e dialetti, con i suoi nessi stretti con la politica e la
societ, come rilevato per primo da Tullio De Mauro,5 occupano un posto
centrale nellopera del poeta e attraversano tutti i suoi scritti. Il Volgareloquio,6
4. Esiste solo una bella monografia rielaborazione della tesi di laurea di Francesco Ferri,
Linguaggio, passione e ideologia. Pier Paolo Pasolini tra Gramsci, Gadda e Contini, Roma:
Progetti Museali Editore, 1996. Non a caso lo studio fu seguito e incoraggiato da Tullio De
Mauro, autore dei brevi ma fondamentali: Pasolini critico dei linguaggi e Pasolini linguista,
scritti in tempi diversi e raccolti nel suo LItalia delle Italie, Roma: Editori Riuniti, 19922. Va
inoltre ricordato: Gustavo Buratti, Pasolini: dialetto rivoluzionario e minoranze linguistiche, limpegno, XIV 3, dicembre 1994. Si devono, infine, ad Antonio Piromalli prefazione
e cura degli Atti del dibattito, svoltosi al Liceo Palmieri di Lecce (21 ottobre 1975) con la
partecipazione attiva di Pasolini: Volgareloquio, Napoli: Athena, 1976. Se non s visto
male, non risultano altri contributi a stampa che, fin dal titolo, affrontano espressamente la
tematica linguistica in Pasolini. Comunque, per la centralit da essa rivestita nella sua opera
complessiva, corso lobbligo di consultare tutti i principali studi pasoliniani.
5. T. De Mauro, LItalia delle Italie cit., p. 274: Grazie a Gramsci, Pasolini intese che le
scelte di linguaggio non avevano solo premesse e conseguenze di natura letteraria, ma si
inscrivevano nel tessuto dei rapporti e contrasti sociali, avevano [...] una valenza politica
[...]. Questa interpretazione di Gramsci non solo fu significativa per orientare il seguito
dellattivit intellettuale di Pasolini, ma per la sua interna originalit. Essa scorgeva con
chiarezza la natura portante che le questioni di lingua e, dunque, di cultura avevano nella
teoria politica e sociale di Gramsci, ci che solo molto lentamente, pi di ventanni dopo
si doveva acquisire.
6. Titolo dantesco scelto da Pasolini per lintervento test citato (ora Sla, p. 2825-2862).
Gli scritti pasoliniani, pubblicati nel tempo da editori diversi, sono stati raccolti in dieci
oltre ad essere il tema del suo ultimo intervento pubblico, stato al centro dei
suoi interessi fin dagli anni giovanili, quando era un linguista ossessionato.7
Indubbiamente con gli anni Pasolini ha affinato i suoi strumenti danalisi
e si scorgono facilmente le differenze esistenti tra larticolo Dialet, lenga e stil,
pubblicato nel 1944 su una rivistina provinciale friulana, e i saggi e gli articoli dei decenni successivi.
Daltra parte chi, fin dagli anni 50, aveva concepito lattivit critica come
una verifica continua, un continuo adattamento del periscopio allorizzonte dei
fenomeni,8 contro gli ideologi dogni tipo che hanno sempre fatto il contrario,
era particolarmente predisposto a cogliere e decifrare i segni dei tempi. Cos
Pasolini stato tra i primi ad intravedere gli albori di una nuova epoca storica
che, oltre a cancellare i tratti dellantica civilt contadina, caratterizzante gran
parte dellItalia ancora nei primi anni 60, avrebbe finito per mutare antropologicamente gli stessi italiani.9
La valutazione critica della complessa opera pasoliniana, ancora oggi controversa. Il carattere non sistematico degli scritti, il loro continuo sforare i
tradizionali confini disciplinari, si prestano a letture ed interpretazioni diverse.
Nessuno pu avere la pretesa di possedere lunica chiave interpretativa giusta.
Ogni interpretazione deve essere consapevole della propria parzialit ed essere
offerta alla discussione come ipotesi di lavoro.
Tutti hanno riconosciuto il legame stretto esistente tra vita e opera in
Pasolini, tanto che ad alcuni egli apparso come la dimostrazione vissuta,
un martire, in senso etimologico, dei propri pensieri.10 Ma non tutti hanno
colto la continuit di fondo della sua opera. Chi scrive ritiene che sia, quanto
meno, discutibile asserire che, a partire dagli anni 70, si delinei un nuovo
Pasolini.11 stato, peraltro, lo stesso poeta a segnalare questa continuit, sia
nella famosa lettera aperta indirizzata ad Italo Calvino nel luglio del 1974,
volumi, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude (I Meridiani, Milano: Mondadori). La
sistemazione non ha ottenuto consensi unanimi. Particolarmente dure le osservazioni di
Carla Benedetti (LUnit, 29 aprile 2003), che prende le mosse dalla discutibile Postfazione
con cui Siti chiude lultimo tomo dellopera. Soprattutto contestabile, per me, la separazione
dei saggi letterari da quelli socio-politici ed antropologici (Saggi sulla politica e la societ,
dora in poi Sps). Forse, rispettando lordine cronologico in cui furono concepiti tutti gli
scritti, a prescindere dal loro genere, sarebbe stato pi agevole cogliere il ritmo e il naturale
sviluppo del pensiero di un autore che non amava i confini disciplinari.
7. P. P. Pasolini, I parlanti (1951), ora in Appendice a Ragazzi di vita, Torino: Einaudi, 1979,
p. 230.
8. P. P. Pasolini, Passione e ideologia, Milano: Garzanti, 1960, p. 486-487.
9. Per tutti, P. P. Pasolini, Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia, in Scritti corsari,
cit. singolare che lintuitivo giudizio sul particolare sviluppo del capitalismo italiano abbia
ora ricevuto conferme da parte di un economista: Giulio Sapelli, Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini, Milano: Bruno Mondadori, 2005, il quale ha valorizzato
sapientemente lo sguardo antropologico del poeta, ma ha preso anche qualche abbaglio,
come quando tenta di far passare Gramsci per un attualista gentiliano (ibid., p. 27).
10. Da ultimo Roberto Carnero, Morire per le idee. Vita letteraria di Pier Paolo Pasolini. Con
unappendice sul caso giudiziario, Milano: Bompiani, 2010, p. 7-9.
11. Cesare Segre, Vitalit, passione, ideologia. Introduzione a Sla, I, p. xxxvi-xxxvii.
Francesco Virga
esaminata pi avanti, sia nella Nota introduttiva agli Scritti corsari, inspiegabilmente trascurata dalla critica,12 i cui passaggi chiave si ripropongono:
La ricostruzione di questo libro affidata al lettore. lui che deve rimettere
insieme i frammenti di unopera dispersa e incompleta. lui che deve ricongiungere passi lontani che per si integrano. lui che deve organizzare i momenti
contraddittori ricercandone la sostanziale unitariet. lui che deve eliminare le
eventuali incoerenze (ossia ricerche o ipotesi abbandonate). [...] Mai mi capitato nei miei libri, pi che in questo di scritti giornalistici, di pretendere dal
lettore un cos necessario fervore filologico. Il fervore meno diffuso del momento.
Naturalmente, il lettore rimandato [...] ai testi degli interlocutori con cui
polemizzo o a cui con tanta ostinazione replico o rispondo. Inoltre, allopera
che il lettore deve ricostruire, mancano del tutto dei materiali [...] fondamentali.
Mi riferisco soprattutto a un gruppo di poesie italo-friulane [...]. Non potevo
raccogliere qui quei versi, che non sono corsari (o lo sono molto di pi).13
ha mai smesso di svolgere quello che riteneva il primo dovere di un intellettuale, ossia esercitare prima di tutto e senza cedimenti di nessun genere un
esame critico dei fatti.16
Non pare casuale, poi, che nellarticolo Che cos questo golpe? (Corriere della
sera, 14 novembre 1974), Pasolini segua lo stesso metodo ed eserciti proprio
quel fervore filologico, sopra invocato, nel tentativo di spiegare alcuni dei misteri italiani:
Io so perch sono un intellettuale, uno scrittore che cerca di seguire tutto ci
che succede, di conoscere tutto ci che non si sa o che si tace; che coordina fatti
anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica l dove sembrano regnare
larbitrariet, la follia e il mistero.17
Nelle pagine che seguono, anticipando i risultati di uno studio pi analitico in corso, si mostrer come il poeta sia riuscito a rompere il circolo perverso
che lega il potere della lingua alla lingua del potere, e abbia saputo trovare
parole chiare per svelare le menzogne che attraverso la stampa e soprattutto
la televisione inondano e soffocano quel corpo del resto inerte che lItalia.18
Si cercher, inoltre, di applicare il metodo pasoliniano per rimettere insieme
i frammenti di unopera dispersa e incompleta, ricongiungere passi lontani
che per si integrano, ristabilire la logica l dove sembrano regnare larbitrariet, la follia e il mistero, facendo particolare riferimento agli articoli apparsi su giornali e periodici diversi, nellarco di trentanni, evidenziandone la
sostanziale coerenza, ma senza sollecitare i testi19 o chiudere gli occhi di
fronte alle contraddizioni del pensiero dello scrittore che, comunque, risultano
sempre feconde.20
1. Il Gramsci di Pasolini
Pasolini ha dichiarato di aver letto Gramsci, per la prima volta, nel 1948-49,
anni in cui cominciano a vedere la luce, seppure in modo incompleto, i suoi
scritti.21 Ma lassimilazione critica del pensiero del sardo successiva a questo
16. Scritti corsari, cit., p. 31.
17. Ora col titolo Il romanzo delle stragi, ibid., p. 108.
18. Lettere luterane, cit., p. 29.
19. Espressione di Antonio Gramsci, che tanto contribu alla formazione di Pasolini. Sarebbe
tradire entrambi dimenticarsi del giudizio severo del sardo contro la diffusa tendenza a far
dire ai testi, per amor di tesi, pi di quanto i testi realmente dicono, un errore di metodo
filologico che si verifica anche allinfuori della filologia, in tutte le analisi e gli esami delle
manifestazioni di vita (A. Gramsci, Quaderni del carcere, ed. V. Gerratana, II, Torino:
Einaudi, 1975, p. 838).
20.
Tra i tanti critici che hanno evidenziato la contraddizione costitutiva dellopera pasoliniana: Vittorio Spinazzola, La modernit letteraria, Milano: Il Saggiatore, 2001, ripreso
da R. Carnero, Morire per le idee, cit., p. 9.
21. Lopera di Gramsci noto vide la luce, da Einaudi, con la supervisione di Palmiro
Togliatti. Uscirono dapprima le Lettere dal carcere (1947), poi i volumi tratti dai Quaderni
Francesco Virga
Francesco Virga
pi sprovveduti, ma persino dagli intellettuali marxisti pi aperti.32 A tutti replica, con grande mitezza ed efficacia, lasciandoci pagine esemplari. Cos, a chi gli
chiede di rompere con il proprio passato piccolo-borghese, risponde:
La sua una richiesta mistica. Lei pensa lideologia come unascesi. Questi
distacchi dal proprio io, dal proprio passato (che poi la storia), sono tipici
delle conversioni nevrotiche che hanno caratterizzato tante santit. I marxisti
non sono dei santi: sono degli uomini. La loro vita, la loro opera, la loro lotta
si svolge nella storia: e la storia una mescolanza inscindibile di passato, presente e futuro.33
Pasolini sempre pi convinto che il marxismo non va chiuso in un sistema fisso, altrimenti diventa la copia capovolta del dogmatismo clericale.
Soprattutto significativa pare cos la replica a Lucio Lombardo Radice che,
nel luglio 1962, gli attribuisce le sommarie equazioni Cristo = Marx e DC = fa-
scismo:
Io non scrivo solo questa rubrica parlata [...] Mi integri con gli altri miei
scritti, e non mi faccia dire quello che non voglio dire! Non ho mai inteso
inglobare Ges in Marx! [...] Ho sostenuto [...] che nulla di ci che stato
sperimentato storicamente dalluomo, pu andare perduto: e che quindi non
possono andare perdute neanche le parole di Cristo. Esse sono in noi, nostra
storia. E io sono ancora (e ancora ingenuamente) convinto che per un borghese una buona lettura del Vangelo sempre un fertilizzante per una buona
prassi marxista.
Quanto alla DC come nuovo fascismo, io ho solo citato il mio corrispondente con una certa simpatizzante ironia. Non volevo dire che la DC ,
alla lettera, un nuovo fascismo. Le faccio notare, ad ogni modo, che la borghesia italiana che ha espresso il fascismo la stessa che esprime la DC: la sfido a
elencare sostanziali differenze nel campo della scuola, della magistratura, della
32. Intervenendo nel dibattito sui rapporti marxismo-cristianesimo in corso su Vie Nuove,
un intellettuale non codino come Lombardo Radice lo accuser di eresia e dilettantismo.
Cfr. ibid., p. 179-183. Critiche analoghe gli rivolgeranno, in seguito, Asor Rosa, Salinari,
Sanguineti, Calvino ed altri. Questi ed altri critici saranno pi tardi bollati come nuovi
chierici.
33. P. P. Pasolini, Mistica e storia, Vie Nuove, 27 maggio 1961, ora Le belle bandiere, cit.,
p. 102.
34. Ibid., p. 171.
Francesco Virga
Per Pasolini la tecnologia dominante nelle societ altamente industrializzate ha trasformato anche il linguaggio politico. Mentre, fino a ieri, losmosi
con il latino, tendeva a differenziarlo dagli altri linguaggi, la tecnologia tende
39. Le belle bandiere, cit., p. 229.
40. Empirismo eretico, cit., p. 5-6.
41. Ibid., p. 17.
42. Ibid., p. 18. Qualche anno dopo scriver (Il caos, Roma: Editori Riuniti, 1979, p. 41):
Legemonia culturale, che per circa un ventennio stata del PCI, passata nelle mani
dellindustria.
43. Il passo anticipa di quasi due lustri lanalisi linguistica della rclame dei jeans Jesus in Scritti
corsari.
44. Ibid., p. 22.
45. Le belle bandiere, cit., p. 315-316.
46. Ibid., p. 324-325.
47. Empirismo eretico, cit., p. 46.
Francesco Virga
italiani sono sempre stati cortigiani e sono sempre vissuti dentro il Palazzo,48
perci li considera corresponsabili dellorrendo potere costruitosi in Italia
dalla prima met degli anni 60. La critica contro questo potere, come visto,
comincia allora, ma diventa pi serrata, sfiorando talora linvettiva, negli ultimi anni della sua vita. Per rendersene conto, basta rileggere gli articoli scritti
tra il 1973 e pochi giorni prima della tragica morte:
I potenti democristiani che in questi anni hanno detenuto il potere, dovrebbero andarsene, sparire, per non dire di peggio. Invece non solo restano al
potere, ma parlano. Ora la loro lingua che la pietra dello scandalo. Infatti
ogni volta che aprono bocca, essi, per insincerit, per colpevolezza, per paura,
per furberia, non fanno altro che mentire. La loro lingua la lingua della menzogna. E poich la loro cultura una putrefatta cultura forense e accademica,
mostruosamente mescolata con la cultura tecnologica, in concreto la loro lingua pura teratologia. Non la si pu ascoltare, bisogna tapparsi le orecchie. Il
primo dovere degli intellettuali, oggi, sarebbe quello di insegnare alla gente a
non ascoltare le mostruosit linguistiche dei potenti democristiani, a urlare,
a ogni loro parola, di ribrezzo e di condanna. In altre parole, il dovere degli
intellettuali sarebbe quello di rintuzzare tutte le menzogne che attraverso la
stampa e soprattutto la televisione inondano e soffocano quel corpo del resto
inerte che lItalia.49
Questo testo del 25 marzo 1975 pu considerarsi il manifesto programmatico del Pasolini corsaro e luterano, e aiuta a capire alcuni dei motivi per cui
prese a collaborare contraddittoriamente con due giornali borghesi per continuare la battaglia avviata quindici anni prima su Vie Nuove.
Soprattutto mirato pare larticolo Sfida ai dirigenti della televisione (Corriere della sera, 9 dicembre 1973),50 che indica la TV quale principale veicolo di
quella che, lanno dopo, sar definita la mutazione antropologica degli italiani.
Per Pasolini neppure il fascismo riuscito a fare ci che ha fatto il neocapitalismo con la televisione: il fascismo proponeva un modello, reazionario e
monumentale, che per restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai
loro antichi modelli: la repressione si limitava a ottenere unadesione a parole.
Oggi, invece, ladesione ai modelli imposti dal Centro totale e incondizionata a causa del potere della televisione, gi entrata in quegli anni in tutte le case:
La responsabilit della televisione [...] enorme. Non certo in quanto mezzo
tecnico, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. [...]. attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo
potere. [...] Il fascismo, voglio ripeterlo, non stato in grado nemmeno di
scalfire lanima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi
Va ricordato che Pasolini aveva colto, fin dal 1958, in unintervista dal
titolo premonitore, la funzione livellatrice della TV, la sua potente capacit
di diffondere, anche indirettamente, una visione unitaria della vita e del
mondo.52
Nel 1963, conversando con Arbasino, affermer con straordinaria preveggenza:
Si produrr e si consumer, ecco. E il mondo sar esattamente come oggi la
televisione questa degenerazione dei sensi umani ce lo descrive con stupenda, atroce ispirazione profetica.53
Nello stesso anno arriva nei cinema La rabbia.54 In una scena lo speaker
del cinegiornale annuncia trionfante che presto gli abbonati della TV saranno
decine di migliaia; Pasolini lo corregge: No. Saranno milioni. Milioni di
candidati alla morte dellanima. Il nuovo mezzo stato inventato per la diffusione della menzogna.55
La televisione occupa un posto centrale anche nei saggi linguistici del biennio 1964-65, prima esaminati, in cui le attribuito anche il merito di avere
operato la prima unificazione linguistica nazionale.
Come si vede, dietro ai giudizi trancianti degli ultimi anni, c pi di un
decennio di riflessioni. Cos, chi aveva scoperto il linguaggio delle cose, negli
ultimi mesi di vita sperimenta limpotenza delle sue denunce e della sua pedagogia di fronte alla prepotenza della TV che:
altro non fa che offrire una serie di esempi [...]. Anche se annunciatori,
presentatori parlano (e orrendamente) in effetti il vero linguaggio della televisione simile al linguaggio delle cose: perfettamente pragmatico e non ammette repliche, alternative, resistenze.56
Tuttavia, pochi giorni prima di essere trucidato, Pasolini precisa pubblicamente che tanti equivoci sul suo pensiero sono sorti per il suo stile comunicativo provocatorio e paradossale, e smentisce la visione apocalittica data di s
in qualche momento.57
51. Ibid., p. 30.
52. Neocapitalismo televisivo. Intervista a cura di Arturo Gismondi, Vie Nuove, XIII 50,
20 dicembre 1958, ora Sps, p. 1553-1559.
53. Sps, p. 1572.
54. Il film, nella sua versione originale, stato restaurato nel 2008 da Giuseppe Bertolucci.
55. Curzio Maltese, Il film-profezia di Pasolini, cos nel 63 raccont lItalia doggi,
La Repubblica, 28 agosto 2008.
56. Lettere luterane, cit., p. 36-37.
57. Volgareloquio, cit., ora Sla, II, p. 2846: non ho nulla contro la scuola e la televisione
come strumenti. Sono strumenti meravigliosi, la televisione soprattutto. Pensa un pocosa
potrebbe essere la televisione.
Francesco Virga
Il tema specifico della mutazione antropologica degli italiani sar affrontato nellarticolo Gli italiani non sono pi quelli, divenuto poi il corsaro
Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia. Prendendo spunto dallesito del
referendum sul divorzio, scandalizzando molti suoi amici, Pasolini sostiene
che la vittoria del NO una sconfitta non solo di Fanfani e del Vaticano, ma
anche di Berlinguer e del partito comunista, a cui ancora vicino.58 Il rimprovero di non aver capito nulla delle trasformazioni profonde avvenute in
Italia negli ultimi dieci anni.59
Larticolo suscita un vespaio di polemiche. Pasolini accusato di estetismo
e irrazionalismo, di mancanza di senso storico: Calvino gli rimprovera di rimpiangere lItalietta provinciale e contadina60 ed altri gli ricorderanno lelogio
della civilt borghese contenuto nel Manifesto dei comunisti del 1848. Ma il
corsaro replica a tutti:
stata la propaganda televisiva del nuovo tipo di vita edonistico che ha determinato il trionfo del NO al referendum. [...] vero che in tutti questi anni
la censura televisiva stata una censura vaticana. Solo per che il Vaticano
non ha capito che cosa doveva censurare. Doveva censurare per esempio
Carosello, perch in Carosello, onnipotente, che esplode in tutto il suo
nitore, la sua assolutezza, il nuovo tipo di vita che gli italiani devono vivere
[...] Il bombardamento ideologico televisivo non esplicito: esso tutto nelle
cose, tutto indiretto.61
Ad altri e a Calvino soprattutto, dal cui intervento si sent profondamente ferito ed offeso risponder con una lettera aperta su Paese Sera
(8 luglio 1974):
Che degli altri abbiano fatto finta di non capire naturale. Ma mi meraviglio
che non abbia voluto capire tu (che non hai ragioni per farlo). Io rimpiangere lItalietta? Ma allora tu non hai letto un solo verso delle Ceneri di Gramsci o di Caldern, non hai letto una sola riga dei miei romanzi, non hai visto
una sola inquadratura dei miei films, non sai niente di me! Perch tutto ci
che io ho fatto e sono, esclude per sua natura che io possa rimpiangere lIta-
58. Cfr. Che cos questo golpe?, dove arriva a definire il PCI un paese pulito in un paese sporco,
un paese onesto in un paese disonesto, un paese intelligente in un paese idiota. Ora Scritti
corsari, cit., p. 110.
59. Ibid., p. 47-48.
60. Calvino interviene nel dibattito dalle colonne del Messaggero (18 giugno 1974). Ma non
lunico a farlo. Cfr. i pareri di Alberto Moravia, Lucio Colletti, Franco Fortini e Leonardo
Sciascia, pubblicati da LEspresso la settimana dopo larticolo di Pasolini. Non a caso sar
proprio Sciascia a mostrarsi il pi comprensivo e generoso nei suoi confronti. A distanza di
anni, la critica ancora divisa sulla valutazione del Pasolini corsaro. Accanto ai Sanguineti
e Guglielmi che hanno, da sempre, giudicato reazionaria lanalisi pasoliniana, ci sono altri
(Betti, Mantegazza) che la reputano rivoluzionaria. Una posizione pi equilibrata pare
quella di Alfonso Berardinelli, Prefazione a P. P. Pasolini, Scritti corsari, Nuova ed.,
Milano: Garzanti, 2007, p. VII-X.
61. Ibid., p. 69-70.
Per non fraintendere lo scrittore, certo consapevole che gli uomini in carne
ed ossa di questo mitico universo contadino non vivevano in unet delloro,
occorre tenere sempre presente che il suo punto di vista non quello del
sociologo, che guarda con distacco le cose, ma quello del poeta che ama e
soffre osservando, con tutti i sensi e non solo con la ragione, i cambiamenti in
corso.65 Ci si manifesta in particolare nei testi in prosa scritti nel biennio
1973-74 insieme ai nuovi versi friulani di La nuova giovent, in cui il poeta
polemizza con il riformismo del PCI del tempo, ritenuto subalterno al modello di sviluppo capitalistico:
Il modello di sviluppo quello voluto dalla societ capitalistica che sta per
giungere alla massima maturit. Proporre altri modelli di sviluppo, significa
accettare tale primo modello di sviluppo. [...] No: non bisogna accettare tale
modello di sviluppo. [...] Bisogna rifiutare lo sviluppo. Questo sviluppo:
perch uno sviluppo capitalista [...]. I comunisti che accettano questo sviluppo, considerando il fatto che lindustrializzazione [...] irreversibile, sarebbero indubbiamente realisti a collaborarvi, se la diagnosi fosse assolutamente
giusta e sicura. E invece non detto [...] che tale sviluppo debba continuare com cominciato. C anzi la possibilit di una recessione. 66 Cinque anni
di sviluppo hanno reso gli italiani un popolo di nevrotici idioti, cinque anni
di miseria possono ricondurli alla loro sia pur misera umanit.67
62. Ibid., p. 60. Corsivo dA. La lettera (ibid., p. 60-65) sar titolata Limitatezza della storia e
immensit del mondo contadino. Calvino e Pasolini torneranno a confrontarsi nellottobre
1975. Per questultimo scambio epistolare, cfr. Lettere Luterane, cit., p. 179-184.
63. Scritti corsari, cit., p. 32.
64. Ibid., p. 62.
65. Giovanni Raboni non ha tutti i torti, quando paradossalmente afferma che c pi poesia
nella prosa e nel cinema di Pasolini che nei suoi versi. Cfr. P. Conti, Raboni: poeta senza
poesia, Corriere della sera, 2 novembre 1995.
66. Si ricordi che nel 1973 loccidente aveva conosciuto la prima crisi petrolifera mondiale,
a seguito della rivoluzione in Iran.
67. La nuova giovent, cit., p. 241. Corsivo dA.
Francesco Virga
Loriginalit dellanalisi non va per ricercata in tale critica. I fogli extraparlamentari del tempo Lotta Continua in testa erano pieni di attacchi simili
alla subalternit del PCI. Loriginalit sta tutta nellattacco allo sviluppo e
nellaffermazione eretica dal punto di vista marxista secondo cui lo sviluppo economico e lindustrializzazione, di per s, non sono portatori di Progresso.
Per quanti dubbi possano nutrirsi sulla razionalit dellanalisi, non esagerato intravedervi unanticipazione della teoria della decrescita avanzata
dalleconomista Serge Latouche.68 Pasolini aveva lonest di riconoscere la
difficolt di argomentare in modo scientifico il suo pensiero. Anche per questo, forse, riprende a scrivere versi in friulano proprio in quegli anni:69
si torna indietro? Stupida verit.
Jo mi vurdi indavour, e i plans
i pas purs [...]
I plans un mond murt.
Ma i no soj murt jo chi lu plans.
Si vuln zi avant bisogna chi planzini
il timp cha nol ps pi torn, chi dizini di no
a chista realtt cha ni siert
ta la so preson...70
68. Cfr. almeno S. Latouche, Petit trait de la dcroissance sereine, Paris: Fayard, 2007.
69. Cfr. Duflot, cit., p. 5. In unaltra pagina autobiografica Scritti corsari, cit., p. 221222 commenta magistralmente alcuni versi di Ignazio Buttitta e spiega le ragioni che
lhanno spinto a riscrivere in friulano.
70. Ibid., p. 236-237. A pi di pagina, Pasolini offre la versione italiana: Io mi guardo indietro, e piango i paesi poveri [...] Piango un mondo morto. Ma non sono morto io che lo
piango. Se vogliamo andare avanti, bisogna che piangiamo il tempo che non pu pi tornare,
che diciamo di no a questa realt che ci ha chiusi nella sua prigione....
71. lui stesso (Lettere luterane, cit., p. 15-67) a confessare tale tratto prevalente. Quanto forte
sia stata la sua vocazione pedagogica stato riconosciuto da tutti e, in particolare, da Enzo
Golino, Pasolini. Il sogno di una cosa. Pedagogia, Eros, Letteratura dal mito del popolo alla
societ di massa, Milano: Bompiani, 1992.
72. La nuova giovent, cit., p. 237. Un popi gi (p. 245), lAppunto per una poesia in terrone,
radicalizza ulteriormente il suo punto di vista: Cos non si pu andare avanti. Perch avete
lasciato che i nostri figli fossero educati dai borghesi? Perch avete permesso che le nostre
Pasolini aveva indubbiamente ragione di considerare questi testi pi corsari di quelli noti come tali.73 In essi, infatti, si anticipano alcuni dei temi
del famoso articolo Il vuoto di potere in Italia (Corriere della sera, 1 febbraio
1975):
Gli uomini di potere democristiano sono passati dalla fase delle lucciole alla
fase della scomparsa delle lucciole senza accorgersene [...] non hanno sospettato minimamente che il potere che essi detenevano e gestivano, non stava
semplicemente subendo una normale evoluzione, ma stava cambiando radicalmente natura [...] Gli uomini di potere DC hanno subito tutto questo,
credendo di amministrarlo. Non si sono accorti che esso era altro: incommensurabile non solo a loro ma a tutta una forma di civilt. Come sempre (cfr.
Gramsci) solo nella lingua si sono avuti dei sintomi. Nella fase di transizione [...]
gli uomini di potere DC hanno bruscamente cambiato il loro modo di esprimersi, adottando un linguaggio completamente nuovo (del resto incomprensibile come il latino): specialmente Aldo Moro: cio (per una enigmatica correlazione) colui che appare il meno implicato di tutti nelle cose orribili che
sono state organizzate dal 69 a oggi, nel tentativo, finora formalmente riuscito, di conservare comunque il potere.74
Francesco Virga
Bisogner aspettare quasi ventanni per sentire leco della solitaria denuncia pasoliniana in aule giudiziarie. Gli unici politici contemporanei che, pur
in ritardo, non rimasero insensibili ad essa si chiamavano Enrico Berlinguer e
Ugo La Malfa.77 Non a caso, i due incontrarono pi di una resistenza allinterno dei loro stessi partiti, ma ci non avrebbe sorpreso chi aveva scritto che
il coraggio intellettuale della verit e la pratica della politica sono due cose
inconciliabili in Italia.78
La spietata analisi del consumismo e del conformismo dilaganti voleva
essere soprattutto un grido dallarme contro i pericoli incombenti intravisti
allorizzonte e indicati chiaramente nellultima profetica intervista:
State attenti. Linferno sta salendo da voi.[...] Non vi illudete. Voi siete, con
la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sullidea di possedere.79
Nella trascrizione che Pasolini non fece in tempo a rivedere, si trova una
delle migliori definizioni del concetto di potere da lui formulate:
Il potere un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori.
[...] Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi
dirigenti, gi fino ai poveri. Ecco perch tutti vogliono le stesse cose e si comgiovanili: P. P. Pasolini, Dal diario (1945-47), Caltanissetta: Salvatore Sciascia, 1979,
chiosato cos nellintroduzione: dopo aver riletto queste sue poesie, mi pare di aver vissuto
una lunghissima vita e che la felicit di allora sia come il ricordo di un altro me stesso; un
lontano e remoto me stesso, non il me stesso di ora. Eravamo davvero cos giovani, cos
poveri, cos felici?.
76. Lettere luterane, cit., p. 114-123.
77. nota la levata di scudi contro Berlinguer, quando propose la politica dellausterit e
la centralit della questione morale. Meno nota, invece, lattenzione prestata da La Malfa
al poeta, venuta alla luce in un suo inedito (Corriere della sera, 6 maggio 2004).
78. Scritti corsari, cit., p. 110.
79. P. P. Pasolini, Siamo tutti in pericolo, Intervista a cura di Furio Colombo, La Stampa,
Tuttolibri, 18 novembre 1975, ora Sps, p. 1728-1729.
portano nello stesso modo [...] Leducazione ricevuta stata: avere, possedere,
distruggere.80
3. N
ostalgia del volgareloquio e bisogno di un nuovo modo dessere
gramsciani
Ormai in conclusione, non posso eludere lultimo intervento pubblico in cui
Pasolini affronta di petto il tema suggerito dal titolo di questo saggio.
un documento di fondamentale importanza, colpevolmente trascurato
dalla critica;81 una sorta di summa, in cui si ritrovano i principali temi dibattuti appassionatamente dallautore nel corso della breve vita. Esso, peraltro,
conferma la sostanziale coerenza della riflessione di Pasolini e la centralit che
ha nella sua opera la questione dei rapporti tra lingua e potere.
Lintervento, come accennato, si svolse al Liceo Palmieri di Lecce il
21 ottobre 1975, pochi giorni prima della tragica morte, nellambito di un
Corso di aggiornamento per docenti di Scuola Media Superiore sul tema
Dialetto a scuola.
Fu Pasolini a voler dare allincontro il titolo dantesco, cos evocativo della
tradizione letteraria italiana.82 Lo scrittore esordisce affermando di non saper
parlare e di non essere in grado di tenere una lezione. Propone, pertanto, di
passare immediatamente al dibattito. Ma di fronte al silenzio imbarazzato degli
astanti decide di leggere, come introduzione, il monologo finale del dramma,
allora inedito, Bestia da stile, che gli ha fornito lidea dintitolare lincontro
in quel modo bizzarro.
Ecco solo i versi iniziali della nota poesia, per rendersi conto del suo stile
comunicativo e del singolare rapporto con le patrie lettere:83
Il volgareloquio: amalo.
Porgi orecchio, benevolo e fonologico,
alla lala (Che ur a in!)
che sorge dal profondo dei meriggi,
tra siepi asciutte,
nei Mercati nei Fori Boari
nelle Stazioni tra Fienili e chiese.84
Francesco Virga
Torna allora a discutere dei rapporti tra lingua e dialetti, con cui aveva
fatto i conti fin da giovane; rimette a fuoco, aggiornando lanalisi, lannosa
questione dei rapporti tra lingua e societ, evidenzia come i rapidi mutamenti delle abitudini linguistiche degli italiani fossero uno dei frutti della scomparsa della civilt contadina. Nel riconoscere infine la crisi della vecchia ideologia marxista-leninista, incapace di comprendere il neocapitalismo, invoca
la necessit di un nuovo modo dessere gramsciani. Pi precisamente, dopo
aver rivendicato con orgoglio di essere stato un marxista critico da trentanni87
e di aver dato un contributo originale allo storicismo gramsciano, afferma,
memore della classica lezione marxiana:
bisogna tenere presente lassioma primo e fondamentale delleconomia politica, cio che chi produce non produce solo merci, produce rapporti sociali,
cio umanit.88
Ora, aggiunge Pasolini, dato che il neocapitalismo ha rivoluzionato il vecchio modo di produzione e tramite la produzione di beni superflui e il consu85. G. Buratti, Pasolini: dialetto rivoluzionario e minoranze linguistiche, cit.
86. Sla, p. 2854.
87. Ibid., p. 2839.
88. Ibid., p. 2840. Il passo , di fatto, una delle pi ortodosse espressioni della critica marxiana
al sistema di produzione capitalistico.
Francesco Virga
Caduto il regime democristiano per corruzione interna, per mafia, per crimini, subentrato ad esso un partito di destra il cui leader (Silvio Berlusconi)
proprietario (caso unico in Europa) di tre reti televisive, oltre che di giornali
e case editrici. Queste reti televisive, che poggiano la loro esistenza e la loro
potenza sui messaggi pubblicitari, hanno negli anni inciso enormemente sulla
cultura e sulla lingua italiana. La televisione statale, per ragione di concorrenza o di volontaria omologazione, si conformata alla cifra culturale e stilistica
di quella privata. Sempre pi piccolo borghese, consumistico, fascista, il paese,
telestupefatto, ha perso ogni memoria di s, della sua storia, della sua identit.
Litaliano diventato unorrenda lingua, un balbettio invaso dai linguaggi
mediatici che non esprime altro che merce e consumo.93
93. Per il testo integrale del Manifesto, cfr. Corriere della Sera, 6 giugno 2000.
94. R. Saviano, Io so e ho le prove, Nuovi Argomenti, 32 (2005).
Abstract
Questo omaggio al poeta recentemente scomparso (uno dei maggiori intellettuali italiani
del Novecento) prende spunto dalla pubblicazione in Varie ed eventuali (lultima raccolta
poetica) dei Frammenti da Invenzione di Don Chisciotte (un testo del 1949), dove il
personaggio cervantino proposto come viaggiatore sensibile. Si propone una lettura
delle poesie di viaggio di Sanguineti ispirate a luoghi spagnoli e catalani. Partendo dalla
poetica del piccolo fatto vero, vi sviluppata la dimensione-tema della bilocazione
(come la chiamer in Cose 63), che si rivela, nei poli dello sdoppiamento e dellassenza,
come uno dei nodi fondamentali che lesperienza poetica del viaggio mette in evidenza.
Parole chiave: Sanguineti; Poesia; Viaggio; Sdoppiamento; Assenza.
Abstract
This tribute to the recently deceased poet (one of the leading Italian intellectuals of the
20th century) is inspired by the publication of a piece from 1949, Frammenti da Invenzione di Don Chisciotte (Fragments from The Invention of Don Quixote), in Varie
ed eventuali his last poetry collection, where the Cervantes character is presented as a
sensitive traveller. The paper revisits Sanguinetis travel poems, which were inspired
by Spanish and Catalan places. Starting from the poetry of the piccolo fatto vero (small
true event), this paper develops the dimension/topic of bilocazione as he calls it in
Cose 63 which is revealed, in terms of duality and absence, as one of the key topics
highlighted by his poetic experience of travels.
Keywords: Sanguineti; Poetry; Travel; Duality; Absence.
Ad apertura di Varie ed eventuali,1 lultimo suo libro (un libro che si pubblica
postumo, ma non un libro postumo),2 Edoardo Sanguineti ha collocato un testo
che porta la data 1949: Frammenti da Invenzione di Don Chisciotte, la cui singo1. Edoardo Sanguineti, Varie ed eventuali. Poesie 1995-2010, Milano: Feltrinelli, 2010, p. 7-9.
2. Niva Lorenzini, Postfazione, ibidem, p. 159.
Franco Vazzoler
Franco Vazzoler
Franco Vazzoler
per arrivare a un Eros, sbiancato e mutilato (gli mancano due mani e, quasi, un
braccio): (gli mancano anche tante frecce, per una glorificazione impietosa,
impietosita, martirizzabile triste come sta), noi ci siamo perduti e riperduti (in
quattro compresa una Coral), dentro el laberint: che l allingresso si legge, dopo
un entre, un saldras (cui tiene dietro, cortese, un sencillo):
(pi tardi poi, da una
Carmen, ebbi notizia scritta che, in qualche modo, in certo senso, donna
gentile pu dirsi xeitosa): (ma qui un dedalo ovunque, uso disabili):27
Franco Vazzoler
Franco Vazzoler
Commentando la poesia,47 Sanguineti ribadir ancora come laporia indissolubile del tragico si sia perduta con lavvento della societ borghese e come
sia rimasta solo la possibilit del postespressionismo, quello di cui ha dato un
saggio nella parte spagnola della poesia.
Introducendo questo commento Sanguineti scrive che quella rievocazione
genovese era poco pi che un segno (come lindirizzo apposto a una cartolina)
e che un po tutti luoghi della sua vita, nei suoi scritti, effimeri e durevoli,
sono presenti cos, per strappi marginali, per fragili lampi, come le tessere nane
di un puzzle molto pi largo, come un qualunque frammento di mondo.48
Anche per questo, pur avendo indugiato in questa occasione sulle poesie
spagnole di Sanguineti, sarebbe arbitrario cercare di rintracciare una specifica logica, al di l di quella delloccasione biografica, sia nelle citazioni (spesso
minuziose) di luoghi e particolari locali, sia nel dialogo che il testo italiano
instaura con la lingua spagnola (che caratteristico del polilinguismo da viaggio di Sanguineti ed ha funzione e caratteristiche ben diverse dalluso, dal
prelievo di testi altrui in lingua originale di altri suoi testi).
E per non ingenerare confusione vorrei avvertire, in conclusione, che nel
caso di Sanguineti il legame coi luoghi non va sopravvalutato, almeno in partenza e che semmai la Spagna, come qualsiasi altro luogo visitato da Sanguineti innanzitutto un luogo allegorico, realisticamente allegorico.
Abstract
Partendo dalla prima raccolta poetica di questo autore italiano residente in Germania da
circa un trentennio, raccolta che insieme omaggio devoto e ricognizione storico-culturale
di un paesaggio urbano eletto a propria dimora, larticolo passa a considerare la sua opera
in versi pi recente. Qui lo sguardo si allargato dalla citt al mondo, dalla relazione intima e personale del poeta con il suo ambiente vitale alle grandi questioni concernenti la
salute del pianeta. Dal confronto tra i brani lirici pi significativi del libro e le posizioni
teoriche dei massimi studiosi di ecologia emergono interessanti parallelismi e sorprendenti
sincronie, soprattutto sul piano linguistico-iconologico.
Parole chiave: Franco Sepe; percorso lirico; Elegia Planetaria; poesia civile e teorie ambientaliste.
Abstract
Taking as a starting point the early poetic work of this Italian author, who has lived in
Germany for over thirty years, a collection which as a whole is a sincere homage and a
historical and cultural recognition of the urban landscape he made his home, the article
then goes on to look at his more recent verse. Here the focus moves out from the city to
the world, from the intimate and personal relationships the poet maintains with his vital
surroundings to major issues related with the health of the planet. A juxtaposition of
the most significant lyric pieces in the book and the theoretical standpoints of the most
relevant academics in the field of ecology leads to interesting parallelisms and surprising
synchronicities, especially in the field of linguistics and iconography.
Keywords: Franco Sepe; lyric poetry selection; Elegia Planetaria; civil poetry and environmentalist theory.
Vinci-Enzo Tota
Era gi da otto anni a Berlino Ovest, quando Franco Sepe si fece conoscere
pubblicando una piccola raccolta di versi intitolata Elegiette berlinesi (Firenze
Libri 1987). Forse, come con le sue Elegie renane Luigi Pirandello aveva voluto rendere omaggio a Johan W. Goethe, autore delle Rmische Elegien, anche
il nostro poeta esordiente intendeva onorare Rainer M. Rilke, che durante il
proprio soggiorno italiano a Duino aveva composto le Duineser Elegien.
E proprio ispirandosi a questultimo, Sepe concep i suoi primi versi come
Erfahrungen (Esperienze) e non come Gefhle (Sentimenti).
Allora la Citt del Muro era pervasa da una tale mestizia per la presenza
da oltre quarantanni di truppe delle quattro Potenze alleate, che qualcuno
nella metropoli os sentenziare: Berlino muore. Si trattava della berlinite
che, contagiando pure Sepe, ne perme le composizioni poetiche. Lautore le
chiam elegiette, certamente per un senso di modestia nei confronti di Rilke,
ma soprattutto per una particolare tenerezza verso Berlino e le poesie da essa
ispirategli. La sua era una tenerezza non dissimile da quella che aveva indotto
il poeta Guido Cavalcanti, fraterno amico di Dante, a rivolgersi con laffettuoso diminuitivo ballatetta alla poesia da lui scritta in esilio Perchi no
spero di tornar giammai.
Le Elegiette berlinesi annunciano pure, sia sul piano del contenuto che su
quello della scrittura, quei caratteri di autenticit, essenzialit e rigore che
diverranno acquisizioni permanenti del nostro poeta maturo. Valga, a proposito, unaltra elegietta-chiave della stessa raccolta. Il testo di questa poesia,
senza titolo, che si potrebbe intitolare Il Muro recita: Sui davanzali di
latta incrostati/di gelo ho sentito rimbalzare/leco del mattino sempre uguale/di qua e di l del muro,/senza eccezioni; come uguale/la gente che vi
abita di qua/e di l del muro: ad eccezione/di qualche limitazione. A prima
vista, essa potrebbe sembrare dettata da indifferenza dellautore per il penoso destino della Berlino di allora tagliata dal Muro in due entit politiche,
luna contro laltra armata. Egli invece prescinde da ogni luogo comune della
propaganda politica e da ogni pathos retorico per rilevare, sia che il Muro,
pur creando qualche limitazione alla libert di movimento dei cittadini
delle due Berlino, non riesce a generare estraneit, avversione, inimicizia, sia
che in tutti i berlinesi rimasta intatta la coscienza della comune identit
cittadina e nazionale. A Berlino Ovest come a Berlino Est pensa Sepe il
ritmo della vita giornaliera sempre uguale perch uguale/la gente che
vi abita di qua/e di l del muro. Insomma, il fatto della comune appartenenza e quotidianit di tutti i berlinesi vanifica, in buona parte, leffetto
muro. Ed evidente che in questa poesia, da un lato, si manifesta, sia pure
con un linguaggio asciutto, lattaccamento del poeta alla sua citt di adozione e alla sua gente, e, daltro lato, non assente un barlume di speranza per
Berlino e la pace.
Vinci-Enzo Tota
Vinci-Enzo Tota
altro che chiacchierare nella speranza che il pericolo si dilegui (op. cit. p. 245).
La seconda rappresentata dal fatto che a tuttoggi ottobre 2008 n gli
USA n lAustralia hanno formalmente aderito al Protocollo di Kyoto. La terza
riguarda il sostanziale insuccesso con cui si concluso il vertice sui problemi
climatici svoltosi nel luglio scorso in Giappone fra i G8 e i Paesi emergenti,
non avendo approvato nessuna riduzione vincolante circa le sempre crescenti
emissioni di gas letali nellatmosfera. Eppure dovrebbe essere noto a tutti ormai
che con sei gradi in pi di temperatura globale la sopravvivenza dellumanit come specie potrebbe essere minacciata dallapocalisse (Cfr. Mark Lynas,
Six Degrees. Our Future on Hotter Planet, 2007; edizione italiana: Sei gradi. La
sconvolgente verit sul riscaldamento globale, Roma, p. 200).
Un ruolo pure considerevole lo gioca nellElegia planetaria la guerra, anche se
in modo esplicito viene trattata almeno in due poesie. Leitmotiv della LI Elegia il terrificante bombardamento statunitense della notte 20/21 marzo 2003
su Baghdad in vista dellinvasione dellIrak. Questa guerra preventiva, condotta dallamministrazione Bush II nella convinzione infondata che il Paese
mesopotamico possedesse armi di distruzione di massa e avesse stretti legami
con il movimento terrorista di Al Qaeda, deve avere intimamente persuaso
anche il nostro autore che la straricca e supertecnologicamente armata America stava conducendo uningiusta guerra di aggressione contro un Paese piuttosto povero e male armato, portandolo cos a concentrare la propria attenzione su quella notte infernale. Il testo dellelegia dice: Sulla notte deserta
rovesciano/forni di luce/ma la stola doro del martire-giustiziere/a far brillare la sua forza/nel mirino delle armi mediali./Gli attacchi sono cielo e incenso/
sparsi sul suo nome./Meno sicura laria dove non c guerra:/cautela sia alla
mano del respiro./Intorno alle molecole umane/polveri minute dettano legge.
Qualcosa di simile era gi avvenuto altre volte: in Vietnam, in Afghanistan.
Diluvio di bombe su Baghdad, annota quella notte una giornalista e scrittrice americana (Cfr. Alice Oxman. Sotto Berlusconi. Diario di unamericana a
Roma. 2001-2006, Roma, 2008, p. 171). Il nostro poeta va ben oltre la rappresentazione della orribile visione notturna, soffermandosi con la mente
sullazione delle armi mediali, sullaria che ora stata inquinata anche dove
non c guerra e sulle impalpabili particelle duranio impoverito che, investendo, a livello molecolare, tanta gente anche a distanza spaziale e temporale, ne
segnano il destino. Dunque guerra e intossicazione atmosferica combinano la
loro azione micidiale ai danni della Terra e della sua umanit. Ma Sepe rivolge
il proprio interesse anche alle guerre di domani. Sono le cosiddette guerre
stellari alle quali stanno pensando da anni e in maniera realistica i militari e i
politici delle maggiori Potenze del mondo. Per convincersi del fatto che a tali
guerre ci si sta preparando con zelo, basta prendere visione del nutrito fascicolo 5 del 2004 di LIMES, la rivista italiana di geopolitica, scientificamente
ben informata dal titolo Le mani sullo spazio. Nel quale fascicolo alleditoriale Assalto al cielo seguono saggi illuminanti come Aspettando le guerre stellari, Il piano americano per il dominio dello spazio, La sicurezza europea nello
Vinci-Enzo Tota
il seno materno, il suo catturare il fiotto di quellunica linfa vitale che, almeno temporaneamente, lo salvaguarder dagli omogeneizzati, prodotti di una
sempre meno affidabile industria alimentare.
Lesistenza di Ion Mavilo ha un ulteriore effetto positivo sul nostro poeta:
lo porta a scoprire la propria infanzia e fanciullezza. In una breve poesia de
La notte allordine del giorno egli esprime la nostalgia per la sua prima et in
questi termini: Occorre tornare bambini per sentire/dal fazzoletto deposto
delle ore/il peso lieve di una farfalla. Lesigenza di appagare la propria
nostalgia risulta doppiamente feconda: infatti, per un verso, ha indotto Sepe
a scrivere il romanzo Autobiografia dei cinque sensi, che rimane la prosa pi
fresca e pi artisticamente valida che egli abbia offerto, e, per altro verso, gli
ha ispirato la XX Elegia. In questultima composizione, che presenta una
certa affinit con latmosfera di qualche pagina del romanzo autobiografico,
lautore rievoca con delicatezza alcuni momenti del suo passato di ragazzo.
Basta riportarne qui la prima parte: La vita ci cingeva con cura, crescevamo/
col fiato lento, laltra met del secolo/ritraeva le mani dallabisso./Esultavamo
per poco: larrivo del treno in stazione, la foglia dacero tra il rosso/dei doni,
lo scarpone con le labbra di Charlot,/il richiamo/della ciocca sulla giovane
fronte/innamorata.
Anche la morte naturale un tema che suscita linteresse del nostro
autore: di essa ha una visione rasserenata, che, da una parte, ricorda la francescana nostra sora morte corporale, dallaltra, richiama alla mente la serenit filosofica di Lucrezio per il quale, post mortem, nulla si risolve nel
nulla. Morte naturale vero trionfo/di natura osserva Sepe, e ci in quanto solo sopra un ciclo sano/ruota il compasso della vita (LIII Elegia). In
natura pare, quindi, vigere un fisiologico ciclo di vita-morte-e-di-mortevita e cos di seguito. In tal senso non affatto spaventoso, ma del tutto
naturale e razionalmente accettabile che un giorno morir anche il pi grande e durevole incendio, che quello del sole e pertanto: La terra non avr
pi ragione del freddo/dei morti/svanir lectoplasma/da stringere nel cerchio
della vita (LXV Elegia).
Anche se nella seconda sezione del libro sembrano predominanti la notte
e gli aspetti oscuri della vita, Sepe, come Emily Dickinson, mostra di saper
serbare sempre, pure nelle tenebre notturne e nei momenti bui della vita, un
po di luce del sole e un po di speranza. Perch si veda in modo giusto la
compresenza nella sua poesia di gaudio, luce solare e buio notturno vogliamo
riportare qui una perla quasi nascosta in fondo al volume:
Le gioie pi solari
sono nel buio
quanto le diurne miserie.
Nel buio le teniamo
perch la luce sia solo
e tutta nei nostri
occhi.
Vinci-Enzo Tota
Sepe si posto il problema del ruolo della poesia in generale e della propria
in particolare con le due domande che seguono: Forse che un verso criptico
o ermetico/varrebbe a sigillare il raggio/e la tossina? [...] Se il verso, vero, la
natura/non offende, potr qualcosa/in sua difesa? (XIII Elegia). Qui e ora, il
poeta appare alquanto scettico sulla capacit della poesia di operare in difesa della
natura. Per lui, a differenza della politica che agisce per cercare di risolvere
i problemi di convivenza degli uomini tra loro e con il mondo, la poesia pu
offrire solo parole. Parole, per, che anche se criptiche o ermetiche, contengono riflessioni critiche, testimonianze, speranze. Ed questo il ruolo che il nostro
poeta ritaglia per s: riflettere-criticare, testimoniare, sperare e far sperare.
Che la riflessione critica sia sempre vigile e attiva in Sepe emerge particolarmente dalla XXXV Elegia riportata in precedenza. Qui il poeta critica senza
riguardi i potenti del mondo, che, convocati per provvedere alle gravi patologie ambientali del pianeta, manifestano la loro insensibilit, incompetenza ed
irresponsabilit, declassandole ad affari ambientali e rifiutandosi aspramente
di occuparsene.
E ci perch ad essi quel che importa sono gli affari del petrolio, a loro
parere ben pi corposi e redditizi sia sotto laspetto economico che politico.
Ma la critica ai governanti delle grandi Potenze si fa pi stringente nella
domanda finale, che lautore ha voluto spazialmente distaccare sotto laspetto
grafico dal corpo della poesia. La domanda Che vengano da un altro/pianeta?, chiaramente una domanda retorica, la cui implicita risposta affermativa
significa: s, quei potenti vengono da un altro pianeta, sono degli alieni od
extraterrestri, estranei cio alla comune umanit che suole attenersi alletica
che approva e promuove il bene e riprova e contrasta il male. Inoltre la domanda apparentemente innocua fatta dal poeta in realt un fermo giudizio di
condanna globale sui signori statisti tanto pi significativo in quanto a pronunciarlo un uomo mite.
Va dunque riconosciuto alla poesia di Sepe lesigenza etica di contribuire
a migliorare il mondo e di sperare e suscitare speranza. quanto avviene per
esempio in una lirica de La notte allordine del giorno, che una specie di manifesto della poetica del nostro autore. Scritta per lamico rumeno Ion Albu
Stanescu, precocemente scomparso, a cui anche dedicata, la composizione
sembra al lettore di chiara ispirazione donchisciottesca. Racconta lautore che
sia in ambienti popolari come le taverne sia in avamposti militari sia ancora in aristocratici castelli, un po dappertutto nel mondo doggi, cresce vigorosamente un multiforme insieme di forze oscure in attesa delle quali dmoni burocrati e vampiri operano con tutti gli strumenti del male per
preparargli e facilitargli la via daccesso. Sepe, come Don Chisciotte, sente
limpellente bisogno morale dintervenire, scendendo in campo insieme con
Ion Albu Stanescu, per affrontare le forze del male in arrivo. Pertanto, rivolgendosi a se stesso e allamico, domanda:
Sapremo tu e io, gentiluomo e cavaliere
tarare la parola sui biechi crocevia
Dallesame della quartina risulta palese per la profonda differenza fra Don
Chisciotte e il suo scudiero Sancio Panza, che, peregrinando per amor di giustizia, vanno armati, sia pure di armi fittizie, e Sepe e Albu Stanescu, i quali
vorrebbero battersi solo e unicamente con la parola poetica. Per il nostro
cavaliere si tratta di considerare bene se lui e il suo amico gentiluomo
sapranno creare una poesia capace di riuscire efficace nei sinistri incroci del
destino del mondo attuale e ricavare dal male un angelo che sia di buon
auspicio e di sostegno morale per la vita quotidiana di tutti. Perci Sepe, se
vuole combattere, pu farlo con lunica arma a lui confacente, che la parolapoesia. Solo cos egli potr trasformare le umane forze oscure in angeliche forze,
armate solo di buona volont. Per far albeggiare pi intensa la speranza.
XIII
Un transfuga da infida chimica
da malfidata fisica altererebbe
il verso al solo pronunciarne il nome.
Forse che un verso, criptico o ermetico
varrebbe a sigillare il raggio
e la tossina?
FRANCO SEPE, da / de Elegia planetaria, Postfazione di A. Baldacci, San Cesario di Lecce, Manni, 2007 (trad. Rossend Arqus).
Vinci-Enzo Tota
XXVII
XXXV
No t fi ni confins disputar-se
les altures de lespai
entre satllits s gesti dnimes
i dusuaris, altres guerres
es preparen enll
del set dels cels
ignot ser el curs
de les devastacions.
on lona es desfulla
i transparenta
XLVII
LV
Vinci-Enzo Tota
LX
LVII
LXV
Vinci-Enzo Tota
RESSENYES
que las investigadoras dedican a las lecturas de juventud y a los hechos histricos que marcaron la obra del pensador
italiano. Por ejemplo, la participacin
de Maquiavelo en la vida pblica de su
ciudad natal; el regreso de los Medici a
Florencia, que conllev la destitucin y
expulsin del que fuera secretario de
cancillera; los periplos que le llevaron a
refugiarse en San Casciano, donde compuso sus obras ms conocidas, entre ellas
El Prncipe; y, finalmente, el Saqueo de
1527, que trunc sus esperanzas de volver a la poltica florentina. Poco despus, el 21 de junio de 1527, se apagaba
la vida del secretario.
Despus de esta presentacin general,
un riguroso estado de la cuestin adentra
al lector en las traducciones conservadas.
Los tres manuscritos de El Prncipe conocidos hasta la fecha son los nmeros 902,
1084 y 1017 de la Biblioteca Nacional de
Madrid. El primero contiene la traduccin que Juan Vlez de Len finaliz en
Roma en 1680; el segundo es annimo y
sin fecha, aunque la crtica conviene en
datarlo con anterioridad al primero;
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
sensuada per la crtica a la mateixa Itlia fins a aquests darrers vint anys.
La traducci de Miquel Desclot, clarament arcatzant, crea una illusi de
llengua antiga i obscura, com antiga i
obscura s la llengua del text original. No
era, s clar, lnica estratgia possible. T
lavantatge, aquesta opci, de fer acceptables literalismes davant dels quals en
unes altres circumstncies hauria calgut
fer un treball de reformulaci (vesta, p.
41; tot quant sc, p. 59; als teus bells
membres, p. 69; nou per a nuoce,
p. 79; tol per a toglia, p. 145; lespa
venta, p. 187; nodrissa, p. 193; si de
nosaltres cura, p. 197), i permet de com
binar amb una gran llibertat llengua moderna i arcaica (I si bromeja o feny,
p. 65; refs sistemtic de llur per utilitzaci profusa de tal i ans), formes
estndards i dialectalismes (se mestireganxa, p. 43; a barcelles, p. 53) o diverses variants morfolgiques dun mateix mot (res/re, pro/per).
Podem fins i tot considerar que sha agafat, amb aquesta tctica, un cam relativament fcil: lalta retrica, en tant que
exclou dantuvi la naturalitat, esdev el
paraiges sota el qual qualsevol formulaci sona vlida, i al capdavall autoritza a
emprar una llengua en el seu conjunt artificiosa. Ja al prleg, per, Desclot pren
les distncies de tot servilisme castrador
i defineix la seva feina com una recreaci (p. 22-23), pressupsits que es concreten en un ampli desplegament dels
recursos menys comuns del catal, amb
una espcie de voluntat danar a desenterrar del fons del temps una comuni original entre totes dues llenges
romniques, i sobretot amb una refrescant desinhibici redactora que es rebella
contra les estretors de la llengua actual
ds. Constatem, s, una complaena excessiva en ladopci de cultismes i de solucions difcils, i segurament no es pot
adduir per a totes les formes lingstiques
posades en joc una legitimitat histrica.
Cal, tamb, matisar algunes de les afir-
macions del prleg, com la de no pretendre mai esdevenir clar on ell [Michelangelo] era obscur, o la que sost que
en els casos, no gens infreqents, en qu
el lector itali necessita ajuda per entendre el text [...] tamb nhi caldr al meu
lector (p. 22): si de cas, es pot provar de
fer un clcul global i defensar que el text
catal t un grau dobscuritat similar o
poc inferior al del text itali, per en
molts punts s evident que ho s ms,
dobscur, i en alguns versos la comprensibilitat s relegada directament a la nota
a peu de pgina. Ara b, la nota hi s, al
cos del text saconsegueix que no caigui
mai el registre, sostenten uns coneixements vastssims de catal literari i, per
b que la traducci sigui aqu entesa ms
com un exercici ldic que no com un
exercici de responsabilitat, el sentit
daquesta segona imposa un fre a les expansions i a leufria expressives.
Pel que fa a lestil, podem concloure,
doncs, que safronten amb valentia les
dificultats que presenta el discurs potic
miquelangeli, el seu spessore ragionativo [...] spesso al limite del sofisma
(Paolo Zaja), la seva sintaxi envitricollada, els seus oxmorons i allegories prebarrocs, alhora que saprofiten les facilitats que aquesta potica encara que a
primera vista no ho sembli tamb ofereix. Les edicions anotades de qu disposem duns anys en han fet intelligibles
els textos per al traductor, el qual, en
comptes de perseguir aquesta intel
ligibilitat des de la perspectiva dun poeta
modern que amb el seu llenguatge modern actualitza un poeta antic, sha estimat ms desfer el cam i travestir-se de
Michelangelo. Tant luna com laltra
opci repetim-ho ens semblen lcites, i el cas s que les veritables infidelitats que es cometen a Sol, jo, cremant a
lombra no vnen tant de la tcnica estilstica implementada com de la fidelitat
mtrica a ultrana que lacompanya.
La volubilitat lxica i sintctica tamb
s til, en efecte, i segurament necessria
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
estudi introductori, de fet, examina breument en quina mesura les poetes sadapten o sallunyen del codi petrarquista.
Segarra defensa que Gambara, Matraini
i Colonna sinscriuen en una potica de
lnima i del dol, ja que totes tres romangueren vdues, ploraren el seus difunts o
perduts amants i sinclinaren per un vessant ms mstic de la vida i la poesia;
mentre que Gaspara Stampa i Veronica
Franco centren les seves rimes damor en
la potica del cos i de labsncia, s a dir,
una concepci lligada a la presncia o
absncia fsica de lamant que desperta
tota la gamma de sentiments amorosos,
que van des del goig ms extrem a la gelosia i la desesperaci ms anihilant.
Ha estat un cop ms leditorial Omicron, fundada el 2004 i gestionada pels
mateixos editors i traductors, lencarregada de traslladar una obra relacionada amb
la italianstica de lHumanisme i el Renaixement a les lletres catalanes, fidel al seu
afany per publicar sols all que consideren bo al marge dinteressos estrictament
econmics. En aquest cas, la traducci ha
estat inclosa en la Collecci Charta Aurea
Clssica on hi tenen cabuda majoritriament textos de poesia de totes les poques.
Els curadors de lobra han donat sobrades
mostres del seu inters pel Renaixement
itali, amb dues traduccions de Michelangelo Buonarroti, duna banda, els cinquanta epitafis (De la meva flama, 2006),
de laltra, els Pomes a Cecchino (2007).
Tamb havien afrontat la traducci del
Canoner de Lorenzo deMedici (2008) i
un estudi de Benet Garret (2007), acompanyat duna reduda antologia dels seus
poemes. I no noms en el terreny de la
traducci, sin tamb en de la ficci literria, on donaren vida a Vittoria Colonna
(I. Clar, El monastir de Ferrara, 2007) i a
Isabel de Vilamar (M.-I.Segarra, In maninus tuis, 2009).
Les primeres composicions que enceten aquest recull pertanyen a Veronica
Gambara (Brescia, 1485 Correggio,
1550) i Vittoria Colonna (Marino, 1492
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
de I cespugli bizzarro (N) e I cespugli bizzarro (C) identificate dalle iniziali di Novaro ed Emilio Cecchi.
A noi che da sempre abbiamo desiderato sapere qualcosa di pi sullopera di
Boine e ci chiediamo perch di questo autore, indubbiamente scomodo in un genere scomodo, se ne parli cos poco, questo
libro offre lopportunit di una lettura che
ci riporta a nuove emozioni.
Perch rileggere i Frantumi? Ce lo
spiega Giorgio Bertone nell acuta prefazione:
Ressenyes
Rileggere Frantumi comparire frontalmente... davanti alla genesi del Novecento. Non uno dei referti primigeni del
secolo ci viene risparmiato: crisi d'identit della persona e del ruolo dell'intellettuale; reificazione dell'individuo sociale che diviene una cosa col nome;
contrasto tra Tradizione e Ribellione,
tra Legge e Anarchia, Dovere e Sfrenamento...
Santa Ferretti
de I cespugli bizzarro (N) e I cespugli bizzarro (C) identificate dalle iniziali di Novaro ed Emilio Cecchi.
A noi che da sempre abbiamo desiderato sapere qualcosa di pi sullopera di
Boine e ci chiediamo perch di questo autore, indubbiamente scomodo in un genere scomodo, se ne parli cos poco, questo
libro offre lopportunit di una lettura che
ci riporta a nuove emozioni.
Perch rileggere i Frantumi? Ce lo
spiega Giorgio Bertone nell acuta prefazione:
Ressenyes
Rileggere Frantumi comparire frontalmente... davanti alla genesi del Novecento. Non uno dei referti primigeni del
secolo ci viene risparmiato: crisi d'identit della persona e del ruolo dell'intellettuale; reificazione dell'individuo sociale che diviene una cosa col nome;
contrasto tra Tradizione e Ribellione,
tra Legge e Anarchia, Dovere e Sfrenamento...
Santa Ferretti
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Giannetto. Ambas asociaciones se fundiran en 1994 instituyendo la actual Associazione Internazionale Dino Buzzati
cuyos objetivos principales, como explica
Patrizia Dalla Rosa, son la investigacin
y el desarrollo de la crtica al ms alto
nivel, la recogida y catalogacin bibliogrfica y su divulgacin. Tareas que
desde 1991 se desarrollan en gran parte
en torno a las actividades del Centro
Studi Buzzati y se plasman en la convocatoria de becas, celebracin de congresos y reuniones cientficas y en sus publicaciones: la revista Studi buzzatiani y la
coleccin de ensayos Quaderni del Centro
Studi Buzzati.
Una parte significativa del libro recoge la mirada pormenorizada de la crtica
buzzatiana y de los trabajos cientficos en
diferentes contextos italianos de los ltimos aos. A este propsito, son elocuentes los estudios de corte acadmico como
el que expone Silvia Zangrandi sobre las
tesis de licenciatura en las universidades
milanesas; o el artculo de Fabio Atzori,
dedicado al grupo de estudiosos que en la
Universidad de Bolonia han trabajado
sobre el autor desde una multiplicidad de
enfoques, como la perspectiva semiolgica en los cursos de Paolo Fabbri, a travs
del anlisis del captulo XXX del Deserto
dei Tartari como representacin plstica
de la batalla, o el innovador planteamiento lingstico de Maria Luisa Altieri Biagi
que pone en cuestin la presunta facilidad
de la lengua buzzatiana y plantea asimismo el estudio de su sonoridad, ritmo y
musicalidad. En mbito veneciano destaca el estudio de Ilaria Crotti atenta a las
imgenes que en la obra de Buzzati exploran la alteridad, la enfermedad y el mal,
pero que a la vez, propone otro aspecto
novedoso, es decir, el estudio de la materialidad de la escritura como objeto de
papel, su fragilidad y su consistencia en
un momento en que la literatura es tambin capacidad de transmisin, y en que
los libros representan una forma de narrar
el destino de los hombres, como ocurre
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
nel volume dalla lettura di Carlo Dilonardo, che riconosce a Maraini il merito
di aver messo a fuoco laltra faccia del
fenomeno della prostituzione (p. 183),
e di aver anticipato la dimensione tragica che pu assumere, in essa, il desiderio
(Manila, attenta che questo vuole scorticarti, vuole lasciarti senza fiato, si dice
la protagonista del testo di Maraini,
p. 188). La stessa tragica incompatibilit
contrassegner, due anni dopo, il capolavoro di Chantal Akerman, Jeanne Dielmann, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles (1975).
Sulla relazione tra teatro e democrazia
culturale si sofferma anche la splendida
laudatio di Ferdinando Taviani che presenta Dacia Maraini come un testimone
e un pezzo della storia del teatro del secondo Novecento italiano, in particolare
dagli anni Sessanta in poi (p. 151); un
teatro vivo che per lautore vuol dire
inquieto, frutto di un non rassegnato
scontento (p. 152). Taviani legge nelle
pices di Maraini e, in particolare, nel
dialogo con lattrice Piera degli Espositi
Storia di Piera (1980) e Piera e gli assassini (2003) una posizione intellettuale irrinunciabile negli studi sul teatro:
A Dacia non interessa come Piera abbia
vissuto nel teatro, ma come il teatro viva
in lei (p. 162). E come potrebbe non
essere questa la prospettiva di chi, come
Maraini, recupera e ri-attualizza le lezioni di Brecht e Pirandello, come sottolinea Giorgio Taffon?
Teatro della riflessione pi che della
finzione (p. 143), che non rinuncia alla
metateatralit, neanche quando si estende sulla condizione femminile del presente, o quando riprende figure emblematiche del passato (Veronica Franco,
meretrice e scrittora, 1991); teatro che
non nega, ma trae forza dal rapporto con
la tradizione, trasformando, ad esempio,
Ressenyes
che dovrebbe tenere conto delle differenze di genere, frutto del convegno
dallo stesso titolo tenutosi a Roma nel novembre 2009 e affronta la questione da
varie prospettive. Nati dallesigenza di discutere il problema sempre pi evidente e
preoccupante del sessismo nella lingua
italiana, infatti, il convegno prima e il volume poi hanno coinvolto studiose e studiosi di et, formazione ed aree disciplinari diverse offrendo una stimolante variet
di opinioni e punti di vista.
Il libro diviso in tre sezioni: la
prima affronta il problema del sessismo
nella lingua italiana in generale. Maria
Serena Sapegno esamina la questione dal
punto di vista storico, teorico, e politico
ripercorrendone le tappe, e mettendo in
evidenza il ruolo cruciale avuto dal movimento delle donne per sollevare il problema e produrre una nuova sensibilit
antidiscriminatoria. Maria Rosa Cutrufelli considera come stato affrontato il
problema della lingua sessuata e dei limiti di una lingua declinata al maschile da
alcune scrittrici contemporanee. Maria
Antonietta Passarelli, partendo da alcuni
lemmi del Piccolo dizionario della disuguaglianza femminile di Alice Ceresa,
quali donna, femmina e madre, esamina
come siano definiti e codificati da tre
noti dizionari della lingua italiana. Lorenza Pescia, infine, indaga luso della
forma femminile di sostantivi che indicano professioni, titoli e cariche politiche
nei quotidiani in italiano del Canton Ticino, mettendolo in relazione con luso
dellItaliano dItalia e con quello delle
altre lingue ufficiali svizzere.
La seconda parte dedicata al linguaggio della politica. Grazia Basile, analizza un campione di interviste a uomini
e donne impegnati/e nella politica rilasciate ad alcuni quotidiani italiani per
Ressenyes
comunicazione attraverso le bacheche universitarie, mettendo in evidenza gli elementi sessisti e proponendo alternative
pi eque; Laura Venturini esamina il linguaggio dei siti web delle facolt di lettere
delle principali universit romane, costatando come gli studenti, i laureandi e i
dottorandi senza alcun riferimento ai corrispettivi femminili, dominino i portali.
Affrontando la fondamentale questione
del sessismo nella lingua italiana in contesti differenti e chiamando in causa filosofia, linguistica e studi di genere, i saggi
che compongono il volume, quindi, offrono numerosi spunti di riflessione, mettendo in evidenza in modo chiaro e convincente lurgenza di scalfire un sistema
linguistico, e quindi culturale, profondamente radicato, che tende ad escludere,
discriminare, sminuire o cancellare il
femminile. Oltre a proporre una riflessione teorica e a mostrare esempi significativi delluso sessista della lingua, in particolare negli ambiti della politica, dei media
e dellistruzione in quanto veicoli fondamentali di diffusione e possibile trasformazione della lingua duso, le autrici e gli
autori propongono delle strategie per modificare lo status quo, dando grande rilevanza al ruolo educativo della scuola e
delluniversit e offrendo ai lettori e alle
lettrici la possibilit reale di ripensare pi
consapevolmente il modo in cui utilizzano o fruiscono la lingua italiana. Lunica
via per modificare efficacemente il sistema linguistico, infatti, agire sul simbolico, promuovendo la consapevolezza di
genere delle donne e degli uomini affinch mettano in atto un uso equo e non
discriminatorio della lingua. Che genere di
lingua?, oltre ad essere ricco, stimolante e
di piacevole lettura, un contributo importante per rendere visibile il problema,
alimentare il dibattito e promuovere un
cambiamento di tendenza.
Eleonora Carinci
Ressenyes
lautore parte dal romanzo autobiografico Guerra di infanzia e di Spagna per ripercorrere i primi anni di vita dellautrice
trascorsi a Maiorca durante la guerra
civile spagnola e approdare poi a Lisola
riflessa, in cui lautrice racconta del suo
soggiorno sullisola di Ventotene. Due
punti estremi di un itinerario che si
snoda su piani diversi, dallautobiografico-esistenziale allo storico-filosofico.
Lisola viene qui intesa ed interpretata come mito, come topos letterario gi
presente ad esempio nella Morante, cos
come dallesperienza maiorchina si trae
spunto per esporre il particolare rapporto
della Ramondino con le lingue (il famoso trilinguismo sociale, stilistico e affettivo di cui parla Farnetti), e il conflitto
(si potrebbe dire atavico e archetipico)
tra madre e figlia, che viene riproposto in
Althnopis e, capovolto, in Terremoto con
madre e figlia.
Insieme allanalisi dei tratti biografici
che emergono dalle opere sopraccitate,
Sepe compie anche una ricognizione accurata degli aspetti peculiari della poetica
ramondiniana, come, ad esempio, quello
che definisce il continuum dialettico tra
romanzo e saggio, lutilizzo della tecnica
narrativa del caleidoscopio basata su impressioni ed immagini aurorali e archetipiche (in senso pavesiano), e lespediente
dellintertestualit che, con rimandi pi
o meno evidenti, lega le opere dellautrice in una complessa trama unitaria.
A proposito de Lisola riflessa, Sepe
sottolinea la tendenza storico-documentaria dellautrice a raccontare Ventotene
nella sua dimensione diacronica e a mettere in evidenza la sua profonda metamorfosi da terra mitica di pirati ed eremiti, da
luogo di segregazione per patrioti risorgimentali o di confino per intellettuali antifascisti, a isola invasa da orde di turisti e
Ressenyes
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