Sei sulla pagina 1di 3

Maltrattamenti in famiglia, convivenza, cessazione, episodi

successivi
Cassazione penale , sez. III, sentenza 17.01.2013 n 2328
Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche nell'ipotesi in cui la comunione di vita, e la relativa convivenza, tra
i due ex coniugi, sia terminata anteriormente agli episodi di vessazione, perch la separazione lascia integro il dovere di
rispetto reciproco, di assistenza morale e materiale, di solidariet nascenti dal rapporto coniugale. (Fattispecie in cui la
parte offesa aveva narrato nel dettaglio gli episodi pi dolorosi comportanti percosse, lesioni e ingiurie, riferendo altres
che nell'ultimo periodo di convivenza con il marito era stata costretta a rapporti sessuali contro la sua volont. E anche
dopo la separazione dei coniugi l'imputato continu ad avere un atteggiamento molto aggressivo nei confronti della
moglie, che alla fine si determinava a proporre denuncia nei confronti del marito.)
(*) Riferimenti normativi: art. 572 c.p.
(Fonte: Massimario.it - 4/2013. Cfr. nota di Simone Marani)

/ maltrattamenti in famiglia / convivenza / cessazione / episodi successivi /

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE


SEZIONE III PENALE
Sentenza 6 novembre 2012 - 17 gennaio 2013, n. 2328
(Presidente Franco Relatore Amoroso)
...omissis...
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n. 6984/11 il Tribunale di Milano condannava P.L. alla pena di anni otto di reclusione, oltre sanzioni
accessorie; lo condannava altres al pagamento delle spese processuali, perch ritenuto responsabile di aver in abituale
stato di ubriachezza, maltrattato la moglie B.B. minacciandola, insultandola, perseguitandola con reiterate telefonate e
messaggi di disturbo e con pedinamenti, percuotendola, nonch procurandole in pi occasioni lesioni personali (capo 1),
fatti avvenuti in Milano dall'anno 1999 all'8 giugno 2010 (data d'ingresso in carcere per altra causa), nonch di averla
costretta dalla met dell'anno 2008 quantomeno al maggio 2009 a subire atti sessuali, nonostante il manifestato
dissenso (capo 2).
2. Con atto d'appello data 29.10.2011 la difesa di P.L. impugnava tale pronuncia deducendo tre motivi di doglianza.
Lamentava in via istruttoria la carenza dell'istruzione dibattimentale, per effetto: a) della mancata audizione di parte dei
testimoni della difesa, che avrebbero dovuto essere sentiti anche in considerazione delle numerose lacune ed incertezze
dimostrate nella narrazione dei fatti dalla persona offesa, come il sig. V.D. che avrebbe dovuto riferire della lite del Natale
2008, oppure ancora i figli della coppia, che avrebbero potuto confermare l'assoluta estraneit del padre circa gli episodi
pi gravi, quali l'asserita violenza sessuale; b) della tralasciata trascrizione delle prodotte conversazioni telefoniche, si
che non avrebbe potuto aversi la prova che vi fosse la certezza dei reali interlocutori e dell'integralit del contenuto, che
ben avrebbe potuto essere stato oggetto di tagli e manipolazioni; c) dell'omessa acquisizione degli sms tramite tabulati
telefonici, al fine di poter verificare i reali rapporti intercorsi con la moglie. Contestava in via principale l'affermazione
della sua penale responsabilit, ex artt. 94 e 572 c.p., perch nascente dalla ricostruzione della vicenda operata dal
primo giudice sulla base delle frammentarie e poco chiare dichiarazioni della parte lesa, all'epoca dei fatti adusa a
sostanze stupefacenti, che non avrebbero consentito di evidenziare l'abitualit del contestato reato, bens due soli
episodi violenti, il primo verificatosi alla vigilia del (omissis) a causa della polemica innescata dal costo di un regalo
natalizio ed il secondo nell'(omissis) per via di una frase ingiuriosa, che terzi avrebbero pronunciato circa le modalit di
concepimento dei loro figli. Deduceva la violazione degli artt. 94, 81 cpv. 609 bis, 609 septies n. 4, c.p. perch la sua
responsabilit era stata accertata sulla scorta delle dichiarazioni della parte lesa, erroneamente ritenute coerenti,
reiterate e scevre da ogni intento denigratorio e riscontrate da elementi oggettivi e testimoniali, quali le deposizioni rese
dalla madre, dalla sorella e dalle amiche della persona offesa, che in realt si erano limitate a confermare quanto
dichiarato dalla B. in sede d'esame testimoniale. Deduceva altres in via subordinata il mancato contenimento della pena
nei minimi edittali ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., con giudizio di
prevalenza rispetto alla aggravanti contestate.

3. Con sentenza del 4.5.2012 la Corte d'Appello confermava la sentenza emessa in data 6.6.2011 dal Tribunale di
Milano nei confronti di P.L. e condannava l'appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.
4. Avverso questa pronuncia i difensori dell'imputato propongono due ricorsi per cassazione integrati con motivi aggiunti.
Considerato in diritto
1. Con il primo ricorso, articolato in un motivo, il ricorrente deduce che la parte offesa nelle sue dichiarazioni testimoniali
in dibattimento era incorsa in contraddizioni. Lamenta la mancata assunzione di nuove prove, Deduce che i contestati
maltrattamenti non avevano il requisito della contestualit. Anche nei motivi aggiunti il ricorrente insiste nel censurare la
mancata rinnovazione dell'istruttoria e nel dedurre il difetto di credibilit della parte offesa.
Con il secondo ricorso, articolato in quattro motivi, il ricorrente deduce ulteriormente l'insufficienza della motivazione
quanto all'attendibilit della deposizione della parte offesa non avendo la sentenza impugnata indicato le concrete
modalit della minaccia o della violenza. In ogni caso le condotte dell'imputato non integrano il reato di maltrattamenti in
famiglia bens quello di lesioni o di percosse o di ingiurie o di atti persecutori (art. 612bisc.p.). Vi stata quindi
un'erronea qualificazione giuridica dei fatti addebitati. Rileva inoltre che la comunione di vita e quindi la convivenza dei
coniugi si era interrotta nell'(omissis) talch il reato di maltrattamenti non pu sussistere ove manchino ovvero cessino i
rapporti familiari. In ogni caso si tratta di condotte singole non gi unificante dal vincolo della abitualit.
Il ricorrente poi deduce che la querela per il reato di violenza sessuale era stata sporta solo in data 24 maggio 2010 e
quindi oltre i termini previsti per la sua proposizione (la violenza sessuale stata contestata fino al (omissis). Il reato
per stato considerato procedibile grazie alla qualificazione giuridica degli episodi violenti come reato di maltrattamenti
in famiglia, in ragione dell'applicazione della aggravante di cui all'art. 609 septies n. 4 c.p. che prevede la procedibilit
d'ufficio anche per il fatto di violenza sessuale connesso.
Pertanto la corte d'appello avrebbe dovuto adeguatamente motivare in ordine alla sussistenza del reato di maltrattamenti
in famiglia.
Infine il ricorrente contesta la valenza probatoria e l'utilizzabilit delle registrazioni di conversazioni telefoniche operate
dalla stessa parte offesa.
2. Il ricorso infondato.
3. Preliminarmente va ritenuta inammissibile l'eccezione di improcedibilit per tardivit della querela atteso che si tratta
di censura non proposta in grado d'appello e sulla quale pertanto la corte d'appello non si pronunciata. N l'imputato
appellante aveva censurato la riconducibilit al reato di cui all'art. 572 c.p. dei ripetuti episodi di percosse, lesioni e
ingiurie dall'imputato posti in essere in danno del coniuge B.B. Anche di tale profilo dell'odierna censura la sentenza
impugnata non si occupa. In ogni caso deve considerarsi che questa corte (Cass., Sez. 3, 7/10/2003 - 12/11/2003, n.
43139) ha affermato - e qui ribadisce - che ai fini della perseguibilit senza querela dei delitti di violenza sessuale, la
connessione con un reato procedibile d'ufficio cui si riferisce l'art. 609-septies c.p. sussiste ogni qual volta l'indagine sul
delitto perseguibile d'ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela, cio debbano essere
investigati fatti commessi l'uno in occasione dell'altro, oppure l'uno al fine di eseguire l'altro, o ancora l'uno per occultare
l'altro od al fine di conseguire la relativa impunit. Si quindi ritenuta la stretta connessione tra il delitto di maltrattamenti
in famiglia ed un fatto di violenza sessuale in danno del coniuge commesso in costanza del matrimonio, sul presupposto
che l'indagine sul primo coinvolgesse necessariamente tutti gli aspetti del rapporto di coniugio. E si poi precisato
(Cass., Sez. 3, 29/01/2008 - 13/03/2008, n. 11263) che ai fini della perseguibilit senza querela dei delitti di violenza
sessuale la connessione con reato procedibile d'ufficio non viene meno a seguito del ritenuto assorbimento del reato di
maltrattamenti nel reato di violenza sessuale, ma solo all'esito di intervenuta assoluzione dal medesimo per
insussistenza del fatto.
4. Quanto alle altre censure deve considerarsi che la pronuncia d'appello va letta unitamente alla sentenza di primo
grado alla quale la prima fa riferimento. I giudici di merito hanno ritenuto provato nel complesso il comportamento
estremamente aggressivo e violento dell'imputato nei confronti della moglie (percosse, lesioni, ingiurie). La parte offesa
ha narrato nel dettaglio gli episodi pi dolorosi riferendo altres che nell'ultimo periodo di convivenza con il marito era
stata costretta a rapporti sessuali contro la sua volont. Ha ricordato in particolare che una notte, mentre si trovava nella
stanza da letto con i figli piccoli che dormivano, l'imputato torn a casa ubriaco e la svegli; quindi la colp con sberle e
con pugni e la costrinse ad avere un rapporto sessuale completo nella stanza dei bambini, uno dei quali si era svegliato.
Anche dopo la separazione dei coniugi (omissis) l'imputato continu ad avere un atteggiamento molto aggressivo nei
confronti della moglie, che alla fine si determinava a proporre denuncia nei confronti del marito (nel (omissis).
Le dichiarazioni della parte offesa, che non si costituita parte civile, sono state ritenute dai giudici di merito (sia dal
tribunale che dalla corte d'appello) coerenti, lineari, reiterate nonch estremamente sofferte, e quindi nel complesso
pienamente credibili. Le deposizioni testimoniali (la madre Annamaria pazzi, la sorella F.B., le amiche R.C., M.A.M.,
R.D.L.) poi hanno fornito riscontro alla narrazione offerta dalla parte offesa, non revocata in dubbio dalle deposizioni dei
testi a difesa dell'imputato che i giudici di merito non hanno mancato di prendere in considerazione. I giudici di merito poi
hanno tenuto anche conto della trascrizione delle conversazioni telefoniche tra l'imputato e la moglie che hanno mostrato
come il primo insultasse e minacciasse reiteratamente e con toni estremamente violenti quest'ultima.

Dal compendio probatorio raccolto sono emersi gli elementi del reato di cui all'art. 572 c.p., integrato da una serie di atti
di vessazione continui e tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni nel coniuge che li soffre. Il reato di
maltrattamenti peraltro pu sussistere anche quando la convivenza sia cessata e quindi anche dopo la separazione dei
coniugi, che lascia integro il dovere di rispetto reciproco, di assistenza morale e materiale, di solidariet nascenti dal
rapporto coniugale.
Nella valutazione dei giudici di merito, sorretta da motivazione ampiamente sufficiente e del tutto coerente, sussiste
anche la prova del reato di violenza sessuale atteso che la parte offesa, sottoposta alle ripetute vessazioni che integrano
il reato di maltrattamento, stata anche costretta, in pi occasioni, con la violenza fisica e con la minaccia di essere
picchiata, ad avere rapporti sessuali completi con l'imputato.
5. Quanto all'entit della pena, ha motivatamente ritenuto la Corte d'appello che la gravit della condotta, il suo
perdurare nel tempo e l'assenza di resipiscenza da parte dell'imputato, giustificassero l'entit della sanzione irrogata dal
giudice di primo grado. La corte territoriale ha poi anche motivato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche richiamando il lungo elenco di condanne riportate dall'imputato e la totale assenza di parametri positivi sui
quali ancorare il richiesto beneficio.
6. Pertanto il ricorso va nel suo complesso rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Potrebbero piacerti anche