Il presente scritto costituisce la rivisitazione della Relazione tenuta in data 14.2.2014 presso
lUniversit degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale nellambito di un Seminario di Studi
organizzato dal Prof. Vincenzo Baldini allinterno delle attivit del corso di dottorato di ricerca
in Diritti Fondamentali.
2 Cfr. J. HABERMAS, Linclusione dellaltro, trad. it., Milano, 1998, 6 ss.
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Cfr. H. ARENDT, Vita activa. La condizione umana (1958), trad. it. a cura di s. Finzi, Milano,
1991, spec. 89 ss.; e Z. BAUMANN, Danni collaterali, Roma-Bari, 2011, spec. XII ss. della
premessa, che ricorda: nel 2005, prima che luragano Katrina si abbattesse sulle coste della
Luisiana, gli abitanti di New Orleans e delle zone circostanti sapevano del suo imminente arrivo
ed ebbero il tempo di correre ai ripari. Non tutti per poterono agire di conseguenza e mettersi
in salvo. Taluni e non furono pochi non riuscirono a racimolare il denaro necessario ad
acquistare un biglietto aereo (). Inoltre, bench i beni di quei poveri che non riuscirono a
prendere un aereo o a trovare scampo in un motel fossero forse poca cosa rispetto a quelli dei
ricchi, e quindi non altrettanto degni di essere rimpianti, essi rappresentavano per loro tutto ci
che possedevano. Nessuno li avrebbe compensati per la perdita di quei beni, che una volta
perduti lo sarebbero stati per sempre, insieme a tutti i risparmi di una vita.
10 Cfr., L. BARASSI, Propriet e compropriet, Milano, 1951, 7 ss.
11 Sia consentito, in proposito, rinviare a F. RINALDI, Aspetti problematici di una tutela del
consumatore come contraente debole, in Civitas et civilitas. Studi in onore di Francesco Guizzi, a cura
di A. Palma, Torino, 2013, 778.
12 Argomento, questo degli status che meriterebbe maggiore approfondimento, anche al fine di
potersi cogliere le effettive derive, in materia, dellOrdinamento, tra status e anti-status. Per ci
che interessa direttamente la scienza giuridica, la dottrina degli status, comunemente,
segnala due tradizionali modi di atteggiarsi dello stato delle persone: il primo, tende a
definire, anche etimologicamente, il termine status nel senso di condizione, posizione,
situazione e, dunque, stato giuridico come posizione di un soggetto rispetto ad un determinato
gruppo sociale, che pu essere l'intera collettivit o un gruppo minore, dalla quale derivano
determinate situazioni giuridiche soggettive. Con maggiore precisione, questo status, definito
comunitario, si caratterizza come posizione () tendenzialmente stabile o addirittura
permanente, dellessere umano rispetto a una collettivit, onde esso trae la sua forza e quasi la
sua identit (). Il secondo, invece, esprime lo status come qualit essenziale che individua, o
concorre a individuare, un essere umano come soggetto, vale a dire come entit sempre identica
a s stessa al di l delle vicende che in relazione alla detta qualit possano ad essa riferirsi e
delle conseguenze che ad essa, per effetto di tali vicende, possano imputarsi sul piano
giuridico. Status, questo, che viene definito soggettivistico, individualistico o anche
personalistico. Cfr. A. CORASANITI, voce Stato delle persone, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990,
p. 948 e ss., cui si rinvia anche per opportuni ed ulteriori approfondimenti di natura
bibliografica. In argomento, cfr., in particolare: P. RESCIGNO, voce Status (teoria generale), in
Enc. giur., XXXII, 1993, p. 1 e ss.; Id., Situazione e status nellesperienza del diritto, in Riv. dir. civ.,
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1973, I, 209 ss.; A. CICU, Il concetto di status, 1917, ora in Scritti minori, I, 1, Milano, 1965, p 181;
A. DANGELO, Il concetto giuridico di status, Roma, 1938; V. PARLATO, voce Status (diritto
canonico), in Enc. giur., 1993; SARACENI, Il concetto di status e sua applicazione nel diritto
ecclesiastico, in Arch. giur., CXXXII, 1945, 107; D. COMPOSTA, Gli stati societari nella comunit
ecclesiale, in Jus, 1969, 250; A. VITALE, Diritto-Sacramenti, Freiburg-Roma, 1969; G. JELLINEK, La
dottrina generale dello Stato, trad. it., Milano, 1912, p. 23 e ss.; Id., Sistema dei diritti pubblici
soggettivi, trad. it., Milano, 1912, p. 60 e ss.; HBERLE, Grundrechte in Leistungsstaat, in
Verffentlichungen der Vereiningung der deutschen Staatsrechtslehrer, XXX, Berlino-New York, 1972,
p. 80 e ss.; GRAVESON, Status in the common law, Londra, 1953, spec. p. 2. FRIEDMANN, Some
reflection on Status and Freedom. Essays in Jurisprudence in honor of R. Pound, Indianapolis (New
York), 1962, p. 222 e ss.; M. REHBINDER, Status, contract and the Welfare-state, in Stanford law
review, 1971, XXIII, n. 5, p. 941 e ss., ma spec. 946. In proposito, E. QUADRI, in F. BOCCHINI e
E. QUADRI, Diritto privato, Torino, 2011, spec. in nota 8, p. 77, osserva, inoltre, che: il
riferimento al tipo di organizzazione della societ fino alla rivoluzione francese e al modello
di Stato da essa tenuto a battesimo fondato sulla diversificazione delle regole giuridiche
applicabili in base alla condizione sociale del soggetto (anche senza arrivare alla pi remota
contrapposizione tra liberi e schiavi, si pensi alla rilevanza accordata alla situazione di nobile,
ecclesiastico o mercante), con conseguente diversificazione dei diritti e degli obblighi di cui
ciascuno era (e poteva essere) titolare. Laffermazione dellunit del soggetto di diritto come
destinatario delle norme e, conseguentemente, potenziale titolare di situazioni giuridiche
risulta, in effetti, costituire il risultato, proprio quale reazione ai preesistenti assetti sociali (ed
alle relative giustificazioni), di una elaborazione concettuale che, attraverso le ideologie
giusnaturalistiche e razionalistiche del secolo XVIII, si pone alla base delle codificazioni civili (il
cui modello di riferimento il code civil del 1804).
13 In proposito, cfr. RODOTA, op. cit., 75 ss.
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unampia visione dello Stato come unico proprietario dei mezzi di produzione e,
dunque, di ricchezza.
Ed infine, occorre aggiungere il riferimento alla costituzionalizzazione della
propriet ad opera della Germania di Weimer del 1919 che, allart. 153, utilizzava la
formula, definita eretica14: la propriet obbliga. Formula, questa, sensibilmente
modificata nellambito del vigente art. 14, co. 2, della Costituzione tedesca nel senso,
cio, che: la propriet impone degli obblighi e, prosegue la disposizione, il suo uso
deve al tempo stesso servire al bene comune. La scelta del costituente tedesco sembra,
pur nella sua problematicit, espressione di una visione comunitarista del diritto
fondamentale di propriet, al fine di assicurare preminente protezione agli interessi
della comunit, in abbandono, pertanto, di una logica esclusivamente individualistica.
Rilievo, questo, destinato ad assumere particolare significato, ove si convenga con il
ritenere che il riconoscimento dei diritti fondamentali ad opera del legislatore tedesco
sembra continuare a svolgere, essenzialmente, quella funzione di protezione
dellindividuo, soprattutto, nei confronti del potere statuale e, dunque, di limite
allesercizio del potere pubblico, con ogni dovuta precisazione e distinzione. Postulato,
questo, dei noti e catastrofici eventi bellici della seconda guerra mondiale.
In Italia, come solo in parte sar possibile osservare, la costituzionalizzazione del
diritto di propriet, attraverso la sua funzione sociale, si manifesta come il prodotto del
compromesso tra le diverse forze politiche presenti nellAssemblea Costituente, da una
parte propulsive dei principi cardine dello Stato liberale di diritto, dallaltro, assertrici di
una lettura in chiave sociale delle disposizioni costituzionali, come accade sin dallart. 1
Cost., attraverso il riferimento al lavoro. Il riferimento alla funzione sociale del diritto di
propriet costituisce complessa e, ove si ritenga, anche ambigua sintesi tra la visione
liberista della propriet, anche in termini di diritto naturale dellindividuo, e la visione
socialista, in chiave marcatamente solidaristica ed egualitaria.
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definizione legislativa di cui allart. 832 del cod. civ., che riprende la definizione
dellart. 544 del Code civil del 1804 si dipanano e si moltiplicano in relazione
alloggetto del diritto ed alle diverse e nuove categorie di beni sui quali il potere di
disposizione pu essere esercitato, ponendo frequenti e vivaci tensioni, a cominciare
dallesercizio dei poteri di disposizione sul corpo15, proprio ed altrui, sino alla
disposizione della vita, propria o altrui16, dal suo inizio alla sua fine17.
Si considerino, inoltre, i servizi e, pi in generale, i beni immateriali, ipotesi, queste
destinate ad assumere peculiare interesse, atteso che, come da pi parti osservato, il
diritto privato, oggi, al centro di una vera e propria rifondazione concettuale, numerosi
essendo i nuovi diritti, i nuovi istituti e le nuove categorie che investono tale
ordinamento, dando luogo spesso ad asimmetrie sistematiche, specialmente con
riferimento alla pretesa dei diritti umani fondamentali. Sotto questo profilo, il tema del
diritto di propriet e dei beni comuni ne esempio significativo, vi , difatti, una sottile,
sfuggente e fluida linea di unione tra questi, talvolta imperscrutabili, fenomeni, prima,
ed istituti giuridici, poi, i quali, insieme, contribuiscono ad adeguare metodologia e
sistema normativi al mutare della realt fenomenologia. E, nei casi specifici, la realt
risulta mutata grandemente, basti considerare la nozione giuridica negativa e residuale
di immaterialit e di servizi. Il Codice civile del 1865 stato, difatti, al riguardo
considerato il Codice della propriet; quello del 1942, il Codice delle obbligazioni.
Sicuramente entrambi i Codici possono, ragionevolmente, essere considerati i Codici
della fisicit e della materialit o, ove si preferisca, della ricchezza materiale.
Le numerose leggi complementari al Codice Civile del 1942, rappresentazione di
diverse
nuove
realt
fenomenologiche,
che
rendono
necessarie
ulteriori
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civile, oggi vigente. In questa direzione, sembra porsi la spinta operata dalla
dematerializzazione della ricchezza, da un lato, e dalla servilizzazione delleconomia,
dallaltro. Tanto che, ci si chiede, se sia in atto, o solo in potenza, una transizione del
Codice civile dal diritto delle cose al diritto dei servizi; ed in una pi ampia
prospettiva, se si vada in direzione di una societ dei servizi e di un diritto privato
del mercato, ed il caso di aggiungere, dei beni immateriali18. Valgano i seguenti
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esempi: la legge sul diritto dautore19, morale e patrimoniale; il Codice della propriet
industriale20; il riferimento a beni e valori immateriali, quali lambiente ed il paesaggio,
beni comuni, questi, oggetto di significative evoluzioni soprattutto sotto il profilo
concettuale21.
modo ricollegandocisi anche al tema del Commercio elettronico. Dunque, il bene immateriale
cosa suscettibile di essere oggetto di diritto (art. 810 del cod. civ.), non in senso materiale,
ossia come parte della realt fisicamente determinata; ma lo in senso di cosa incorporale, ossia
pur non essendo caratterizzata da una individualit in senso fisico, tuttavia esistente come
dato della realt naturale (cos, BIANCA, op. cit., 51). Il bene immateriale , dunque, una
entit che ha una sua realt oggettiva che conferisce al bene rilevanza economica e
giuridica (BIANCA, op. ult. cit., 51). Nellambito dellOrdinamento, sono considerati beni
immateriali, appunto, le invenzioni e le opere dellingegno, le quali hanno assunto una
rilevanza tale da rendere necessario lintervento legislativo (legge sul diritto dautore, l. n. 633
del 1941, cit.). Inoltre, oggetto di discussione , ad esempio, se, nellambito della propriet
industriale e, segnatamente, nellambito della categoria dei beni immateriali, possa essere
ricompreso il know-howw. Pi che attuale che mai risulta, quindi, la nozione di bene giuridico
proposta da Pugliatti, op. ult. cit., 169, secondo il quale il bene giuridico ogni entit materiale
o ideale, nel senso cui si fatto cenno. Non dato, per ovvie ragioni di brevit, soffermarsi in
ordine ad altre fattispecie problematiche in materia di beni immateriali, come, ad esempio,
sempre nellambito del codice della propriet industriale, in materia di azione di contraffazione
del marchio registrato e azione di concorrenza sleale. Una propriet, inoltre, che comunque
apparirebbe diversa rispetto al concetto di propriet tradizionale, incentrato appunto sulle res
corporalis (si considerino i modi di acquisto della propriet, specialmente a titolo originario).
19 Legge 22.4.1941, n. 633, e s. m. e i.
20 D.lgs. 24.2.1998, n. 58, e s. m. e i.
21 La tutela paesistica sembra essere andata ben oltre la tradizionale concezione c. d. statica del
paesaggio, cio, riconducibile al concetto di bellezza naturale , in direzione di una concezione
dinamica, costituendo il paesaggio costituisce la forma del paese (in argomento, v. L. R.
PERFETTI, Premesse alle nozioni giuridiche di ambiente e paesaggio. Cose, beni, diritti e simboli, in Riv.
giur. ambiente, 2009, 1 ss.). Al riguardo, sembra utile richiamare la discussa natura di bene
materiale dellenergia elettrica, in ragione della possibilit di un suo sfruttamento economico,
arg. ex art. 814 cod. civ. In proposito, osserva PUGLIATTI, voce Beni (teoria generale), cit., 164 ss.,
che la cosa, dunque, anche se prodotta dalla natura, a disposizione dell'uomo. la dinamica
appropriativa dell'uomo sulla cosa a rendere quest'ultima tale in senso giuridico. Ed ecco,
allora, che il paesaggio viene facilmente attratto nella sfera della cosa, perch iscritto in realt
materiali suscettibili d'appropriazione, mentre non si pu certo - troppo ovvio - considerare
come cosa la realt naturale (anche nel suo aspetto materiale) nella sua totalit; essa infatti non
potrebbe formare oggetto di (un) diritto per nessun soggetto e nemmeno per tutti i soggetti
esistenti (Pugliatti, op. ult. cit., 164 ss.). E si ricordi anche la soluzione data da CARNELUTTI,
Teoria generale del diritto, Roma, 1946, 358 ss. alla natura dell'energia elettrica che sar cosa per
l'ordinamento giuridico in quanto oggetto di godimento da parte dell'uomo,
indipendentemente dalla sua qualificazione nella scienza fisica. Non solo la natura, ma anche le
forze diffuse in natura, finch sono di generale utilizzazione restano delle res communes
omnium, sicch non sono cose o beni, perch non possono formare oggetto di diritti, ed
operano egualmente per tutti e sono a disposizione di tutti, il che significa che non sono
tecnicamente beni (cos, Biondi, I beni, cit., 9 ss.).
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utente23, tradizionale categoria di soggetto debole; ed ove si rifletta sulla circostanza che la
stessa tutela del consumatore sembra avere origine nellambito di un pi generale
diritto alla conoscenza, che assume il complesso significato di diritto alla sicurezza24.
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superamento dei confini nazionali, con riferimento alla pretesa inclusiva dei beni
comuni, sembra rendere possibile ledificazione di una cittadinanza e di una
personalit umana universale, al fine di assicurare completa ed effettiva
soddisfazione della pretesa dei diritti umani fondamentali31.
In una simile direzione, un ruolo indiscutibilmente significativo stato svolto
dallemersione di nuovi interessi non riconducibili esclusivamente al modello
proprietario, in termini di gestione e godimento. Si considerino, in tal senso beni comuni
fondamentali quali: lacqua; il cibo; la conoscenza, con particolare attenzione
allistruzione; lambiente e laria; la salute ed il diritto di curarsi; le risorse energetiche;
e, si potrebbe aggiungere, il genoma umano, in questultimo caso, con ogni
comprensibile reazione e dovuta precisazione.
Nellambito di questi nuovi interessi, per effetto specialmente della rivoluzione
industriale, ha assunto un ruolo decisivo la valorizzazione del lavoro, da un lato, come
strumento di produzione della ricchezza e, dallaltro, di accesso dellindividuo a
sempre pi ampie categorie di beni, e, cos, strumento di affermazione della dignit
della persona, tanto da rendere, addirittura, insopportabile la logica proprietaria,
sicuramente con riferimento alla propriet, come definirla, statica, troppe volte
rivelatrice di disparit di trattamento e di diseguaglianze sociali, dando, cos, impulso
a noti e diffusi fenomeni rivoluzionari. Valga un esempio per tutti: il riconoscimento, in
origine, dei diritti di elettorato attivo e passivo solo in favore dei proprietari della casa
di abitazione, presupposto anche della cittadinanza, in tempi non troppo lontani e con
ogni dovuta precisazione.
In argomento, cfr. B. CONFORTI, Protezione internazionale dei diritti umani, in Sviluppo dei diritti
delluomo e protezione giuridica a cura di L. DAvack, Napoli, 2003, 21 ss., il quale osserva che:
() il rapporto tra lo Stato e il suddito era considerato un rapporto di cui il diritto
internazionale si disinteressava e che rientrava nel dominio riservato dello Stato: una specie di
riserva di caccia. E ci in quanto lo Stato poteva fare del proprio suddito ci che voleva: poteva
impiccarlo, processarlo, metterlo in prigione senza processo, poteva torturarlo (). Lunico
rispetto per lindividuo derivava dalle norme sul trattamento degli stranieri; ma la protezione
dello straniero non era tanto frutto di un dovere verso la persona, bens verso lo Stato a cui la
persona apparteneva, perch si considerava che lindividuo fosse una cosa, oggetto di un vero e
proprio diritto di propriet dello Stato nazionale. La. pone, altres, lattenzione sul controverso
tema della personalit internazionale dellindividuo (spec. p. 26).
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Le possibili declinazioni della propriet non si esauriscono affatto nelle ipotesi, per
quanto di ampia dimensione, qui riassuntivamente proposte, molte altre potendo
essere effettuate: a cominciare dalla diversificazione tra propriet pubblica non statale,
propriet capitalistica, propriet collettiva ed impresa, che evoca il complesso rapporto
tra propriet e controllo32.
Le infinite relazioni, che riconducono alla propriet, la rendono, in effetti, il
cuore dellordinamento, specialmente nel momento in cui ci si accorge della
Costituzione33.
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imporre
allinterprete
di tenere
sempre
in
debita considerazione
la
Cfr. RODOTA, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, 2012, spec. 102.
Lespressione tratta da RODOTA, Il terribile diritto, cit., 41.
39 Cos, PUGLIATTI, La propriet e le propriet, cit., 309.
40 Cos, RODOTA, op. ult. cit., 56.
41 Cfr. il precedente 2, e spec. nt. 21.
42 Ad esempio, attraverso limposizione, attraverso gli strumenti urbanistici, di vincoli di in
edificabilit, anche ricorrendo allo strumento negoziale o convenzionale (ad es., cessioni di cubatura,
atti dobbligo o di asservimento). Si consideri anche la complessa disciplina dei parcheggi,
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libert alla preoccupazione per leguaglianza sociale47. Si spiega meglio, in tal senso, il
perch la Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo e del Cittadino del 1789 non solo
annoveri il diritto di propriet nellambito dei diritti fondamentali, al pari, dunque, dei
diritti di libert e di eguaglianza, ma, in quanto strumento di concreta attuazione di
questi, lo definisca espressamente diritto inviolabile e sacro48.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo e del Cittadino del 1789, antecedente
storico dellart. 42, co. 2, Cost.,introduce, cos, un primo rilevante riferimento alla
funzione sociale della propriet, soprattutto nella dichiarata prospettiva delleguaglianza
sociale, in considerazione del contesto storico di riferimento. Non pi, dunque, una
logica esclusivamente individualistica, nel senso, cio, che senza propriet non potrebbe
esserci libert, perch non vi sarebbe negozialit nel senso privatistico, di autonomia ,
ammettendosi, gi nel Diritto delle Pandette di Windscheid, restrizioni al diritto di
propriet49; ed osservando, con straordinaria efficacia, Savigny, che la propriet
lillimitato ed esclusivo dominio di una persona sopra una cosa, ma ha per effetto la
possibilit della ricchezza e della povert entrambe senza limiti50.
Il pensiero di Savigny sembra introdurre nellambito della ricostruzione dello
statuto proprietario un elemento di assoluta modernit, ossia il riferimento alla
responsabilit, che sembra trascendere il singolo, per assumere dimensione sociale51.
Attraverso il passaggio dallesprit philosophique allesprit juridique; ma soprattutto
attraverso un redistribuzione della propriet da una classe allaltra, osserva RODOTA, op.
ult. cit., 91, nel fare riferimento anche al pensiero di Sagnac, Solari e Garaud.
48 Cos, lart. 17.
49 La propriet come tale illimitata; ma ammette restrizioni (cos, B. WINDSCHEID, Diritto
delle Pandette, trad. it. a cura di C. Fadda e P.E. Bensa, I, Torino, 1930, 591 ss.).
50 Cos, F. K. SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, trad. it. di a cura di V. Scialoja, I,
Torino, 1886, 368.
51 Ad esempio, si consideri il complesso fenomeno dei rifiuti, nellambito della responsabilit
civile ed ambientale, e conseguenti principi e doveri della propriet e dellindustria. In argomento,
utile punto di riferimento pu essere considerata la disciplina delle immissioni, appunto, dettata
in materia di diritto di propriet, di cui allart. 844 del cod. civ., oggetto di interpretazioni
evolutive ad opera di alcune decisioni particolarmente significative della Corte Costituzionale,
ed in applicazione del principio di ragionevolezza. In argomento, cfr. E. QUADRI, Problemi di
diritto privato, Napoli, 2002, 75 ss., ove sono riportate anche alcune significative decisioni della
Corte, ad esempio: CORTE COST., 23.7.1974, n. 247, nellambito della quale la tutela viene
estesa a dispetto della lettera normativa non solo al proprietario ma anche a chi titolare di
diritti personali di godimento sul bene, in considerazione di una corretta individuazione del
bene protetto dalla disciplina giuridica, che non esclusivamente la propriet, bens la salute e,
quindi, anche il diritto di vivere in un ambiente salubre.
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Questo elemento determinato specialmente dalla rivoluzione industriale del XIX secolo
ha, indubbiamente, prodotto un ulteriore mutamento di direzione e di funzione delle
logiche proprietarie dellesclusivit, unitamente alla valorizzazione dei beni produttivi,
del lavoro e delle energie creative52.
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Cos, U. NATOLI, Limiti costituzionali allautonomia privata nel rapporto di lavoro, I, Milano, 1955,
87 ss.
65 Il riferimento , in particolare, al complesso e conflittuale dialogo tra famiglia legittima e
unioni solidali tra eterosessuali ed omosessuali. In proposito, basti rinviare a E. QUADRI, Il
diritto di famiglia: evoluzione storica e prospettive di riforma, in Studi in onore di G. Benedetti, RomaBari, 2002, p. 1511 e ss. Si ricordi il Pacte civil de solidariet (l. n. 99-924 del 15.11.1999) che, in
Francia, rappresenta un primo riconoscimento significativo delle coppie di fatto eterosessuali;
ed il noto e fortemente dibattuto modello olandese che ha aperto laccesso al matrimonio anche
alle coppie omosessuali; e la recente legge tedesca in materia di convivenza (Lebenspartnerschaft
del 16.2.2001). Modelli, specialmente quello francese, ai quali si fatto riferimento in Italia nei
diversi tentativi di regolamentazione del fenomeno della convivenza. (da ultimo, la proposta di
legge sui Pacs). La diversit di situazioni soggettive consiglierebbe, forse, quanto meno un
intervento legislativo separato, ad hoc, per ciascun fenomeno di convivenza, dovendosi pure
considerare la diversa funzione svolta dalle diverse ipotesi di convivenza: i conviventi
eterosessuali, difatti, almeno tendenzialmente, scelgono questo modello al fine proprio di
sottrarsi al vincolo matrimoniale; quelli omosessuali, al contrario, almeno comunemente,
aspirano, invece, al massimo riconoscimento del vincolo al pari dei coniugi. In argomento, cfr.
QUADRI, op. cit., spec. p. 1521. Linvito alla diversificazione sembra, peraltro, trovare riscontro
nellambito della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea che, allart. 9, distingue il
diritto di sposarsi da quello di costituire una famiglia. In argomento, intervenuta la
recente, controversa decisione di CASS., 15.3.2012, n. 4184, in Riv. it. costituzionalisti, 2012, 1 ss.,
che, rigettando il ricorso di due cittadini italiani dello stesso sesso, che avevano contratto
matrimonio allestero (in Olanda) ed i quali ne chiedevano la trascrizione nellatto dei registri
dello stato civile, ha affermato, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale ed europea, che
un simile matrimonio non , tuttavia, da considerarsi inesistente per lordinamento italiano,
ma soltanto inidoneo a produrre effetti giuridici rilevanti; ed ha, altres, affermato che le coppie
omosessuali, stabilmente conviventi, sono titolari del diritto alla vita familiare ed hanno, di
conseguenza, il diritto ad agire per la tutela di specifiche situazioni al fine di poter ottenere
un trattamento omogeneo rispetto ai conviventi matrimoniali. Si cfr., inoltre, CASS.,
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Al riguardo, cfr. RODOTA, op. ult. cit., 315 ss., il quale osserva come la funzione sociale
costituisca, nel senso di cui nel testo, lo strumento concettuale offerto alla Corte
Costituzionale per sindacare gli interventi legislativi in materia di propriet. La. pone, per, la
questione relativa allindividuazione dei parametri da utilizzare a tal fine e riporta un brano
particolarmente significativo della sentenza della Corte Costituzionale n. 14, del 7.3.1964 (v. p.
319), rilevando che, affinch possa affermarsi lillegittimit costituzionale di una legge di
funzionalizzazione della propriet privata, sembra necessario che: lorgano legislativo non
abbia compiuto un apprezzamento di tali fini (di utilit generale) e dei mezzi per raggiungerli o
che questo apprezzamento sia stato inficiato da criteri illogici, arbitrari o contraddittori ovvero
che lapprezzamento stesso si manifesti in palese contrasto con i presupposti di fatto. Ci sarebbe
anche vizio di legittimit se si accertasse che la legge abbia predisposto mezzi assolutamente
inidonei o contrastanti con lo scopo che essa doveva conseguire ovvero se risultasse che gli
organi legislativi si siano serviti della legge per realizzare una finalit diversa da quella di
utilit generale che la norma costituzionale addita. In proposito, si consideri anche lesempio
dellacquisizione sanante (ex 43 TUE, ora 42 bis), di cui si detto in precedenza (v. 4, e nt. 42).
69 In tal senso, specialmente CORTE COST., 22.12.1977, n. 153, in Giur. costituz., 1977, 1469 ss.,
secondo cui: la legge riconosce e garantisce la propriet privata e in particolare aiuta la piccola
e media propriet terriera, alla quale pu bens imporre obblighi e vincoli, ma per il duplice fine
del razionale sfruttamento del suolo e del conseguimento di equi rapporti sociali, senza incidere
eccessivamente sulla sostanza del diritto di propriet, a beneficio di altri soggetti privati, pur
meritevoli di particolare tutela.
70 Ci si riferisce, in particolare, alla Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo e del Cittadino del
1789 che, come indicato, espressamente affermava che il diritto di propriet era inviolabile e
sacro; nonch allart. 29 dello Statuto Albertino, che attribuiva al diritto di propriet
prevalenza anche sul diritto di libert (v. Rodot, op. ult. cit., spec. 331).
71 Ci si riferisce alla citata decisione n. 55 del 1968 della Corte Costituzionale, dalla quale
sembra, in effetti, risultare un rinvigorimento della tutela proprietaria. La decisione annotata
da RODOTA, op. ult. cit., spec. 336: a) estensione della garanzia prevista dallart. 42, comma 2,
della Costituzione alle cosiddette espropriazioni di valore; b) utilizzazione di (sia pur generici)
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termini di vincolo alla propriet intesa, appunto, come diritto di libert75. Discutendosi,
poi, su quale sia la propriet chiamata ad assolvere la funzione sociale, che potrebbe
non essere la propriet-diritto soggettivo, ossia in quanto diritto soggettivo, bens la
propriet come istituto giuridico76. Termine, questo, pure di difficile definizione,
indicando entit diverse: ora un complesso di fattispecie, ora un complesso di materie,
ora un complesso di norme, ora un complesso di rapporti giuridici77. La distinzione
tra la funzione sociale del diritto soggettivo di propriet e la funzione sociale dellistituto,
espone, per, al rischio di introdurre una duplicazione assai pericolosa, gi palese in
quegli autori che ritengono di salvaguardare la purezza del concetto tradizionale
contrapponendo una propriet effettiva ad una giuridica78. E con laggiunta, pare il
caso di precisare, della funzione sociale dei singoli beni, determinante della relativa
categoria (ad esempio, beni privati, pubblici, del patrimonio disponibile, indisponibile,
demaniale)79.
La funzionalizzazione sociale della propriet ha, indubbiamente, determinato, come
pure significativamente osservato, da un lato, lerosione del diritto di propriet, per
quanto riguarda il contenuto, attraverso, cio, una riduzione dei poteri riconosciuti
al proprietario; dallaltro, lerosione della sfera riservata alla propriet individuale
e, dunque, la riduzione degli oggetti sui quali ammettesi il diritto di propriet nei
privati80.
Con una ulteriore riflessione in relazione al dogma del numerus clausus dei diritti
reali, oggetto, com noto, di vivace discussione, potendosi in questa sede solo
osservare come si tratti di un limite allesercizio dellautonomia privata (arg. ex art.
In argomento, cfr., in particolare, R. ORESTANO, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in Jus,
1960, 150 ss., ma spec. 172 ss.
76 In tal senso, v. F. SANTORO PASSARELLI, Propriet e lavoro in agricoltura, in Libert economica
e propriet fondiaria, Atti del IV Convegno dellUnione dei giuristi cattolici italiani, Roma, 1953, 64 ss.;
nonch MAZZIOTTI, Il diritto del lavoro, cit., 198 ss.
77 Cos, P. VIRGA, Libert giuridica e diritti fondamentali, Milano, 1947, 218 ss.
78 In tal senso, RODOTA, Il terribile diritto, cit., 247 e nt. 227, il quale prosegue: si tornerebbe,
cos, nella polemica che divise la dottrina tedesca della met dell800 e che oggi appare tanto
lontana ().
79 Cfr. lart. 42 Cost. e gli artt. 810 e ss. e, con riferimento ai beni pubblici, artt. 822 e ss. del cod.
civ.
80 Cos, F. VASSALLI, Il diritto di propriet, in Studi giuridici, II, Milano, 1960, 417 ss.
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1372 cod. civ., dal principio di relativit degli effetti del contratto81), ma non per il
legislatore, in potere, dunque, di ampliare il catalogo dei diritti reali82, dunque, non
immodificabile, ma solo storicamente condizionato83.
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In argomento, cfr. G. CHIAPPETTA, Gli status personae e familae nella giurisprudenza delle
Corti sovranazionali, Napoli, 2012, spec. 74 ss.
89 Si consideri lassistenza sanitaria gratuita o, comunque, a costi ragionevoli.
90 In proposito, si ricordi la proposta di modifica dellart. 21 della Costituzione, nel senso di:
tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizioni di parit, con modalit
tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
Proposta, questa, formulata dal RODOTA, Il terribile diritto, cit., spec. 468 e nt. 18.
91 Cfr. H. ARENDT, La vita della mente, Bologna, 1987, 7 ss.
92 Fin troppo ovvio il riferimento al sistema di gestione di rifiuti pericolosi specialmente in
alcune regioni.
93 Si considerino le guerre per lacqua, in diversi continenti (con particolare riferimento allAfrica,
lAsia, lAmerica Latina).
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Si tratta della Risoluzione A/64/L.63/Rev. 1, dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite, del
28.7.2010.
95 In proposito, sarebbero da discutere sia i meccanismi di gestione di questo preziosissimo
bene, sia le tariffe, forse, eccessive per un bene primario, che andrebbero graduate in relazione
al reddito (sino allesenzione per determinate fasce reddituali), sia gli sprechi. Ci si riferisce
anche ai Referendum contro la privatizzazione del servizio; nonch alla complessit della disciplina
normativa di settore che, in numerose ipotesi, sembra essere caratterizzata da una
sovrapposizione di enti e discipline.
96 Lesempio tratto da RODOTA, Il terribile diritto, cit., 485.
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gi in omaggio alla disciplina prussiana, ma per restare vivi, per non cominciare a
morire100.
100
Cos, P. LEVI, Se questo un uomo (1958), rist. 2005, Torino, spec. pp. 34 e 36.
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di
Sandro Staiano
(Professore ordinario di Diritto costituzionale
nellUniversit di Napoli Federico II)
9 marzo 2011
diseguaglianze tra singoli o gruppi sociali e tra parti del mondo lo scandalo, la pietra
dinciampo in ogni percorso, teorico o dogmatico, rivolto a costruire ordinate tassonomie dei
diritti fondamentali. Uno scandalo rimosso, sembrerebbe: la Costituzione italiana, come altre
Costituzioni, non contiene alcun autonomo riferimento al diritto allacqua; n formule
normative intese a qualificare un diritto soggettivo o collettivo allacqua si rinvengono nei
testi del diritto internazionale .
Il tema del diritto allacqua viene, dunque, quasi naturalmente attratto nel contesto del
dibattito non risolto e forse, in qualche caso, un po consunto sulla lettura dellart. 2 Cost.
come norma a fattispecie aperta o, allopposto, a fattispecie chiusa; o anche essendo
pressoch inevitabile che, nel sedimentarsi del confronto, si creino posizioni terze come
norma, per cos dire, a fattispecie semipermeabile al processo storico di espansione delle
garanzie dei diritti (un modo per richiamare lopportunit di non pervenire ad eccessi, nella
ricostruzione del tessuto dei diritti costituzionalmente protetti).
Sono noti i problemi e le posizioni sottese a questi diversi approcci: inutilit di nuove
previsioni (i nuovi diritti potrebbero senza soverchio sforzo interpretativo essere
rinvenuti in norme costituzionali esistenti); rischi di irrigidimento (meglio lasciare che il
legislatore ordinario contemperi opportunamente le posizioni implicate, senza che occorra, e
anzi essendo controindicata, ogni pietrificazione normativa); eccesso di capacit deontica dei
nuovi diritti, coinvolti in una valutazione di bilanciamento con diritti espressi o anche
specificamente disciplinati dalla Costituzione, che ne risulterebbero necessariamente
diminuiti.
Ora, la mancata espressa previsione, a livello costituzionale, del diritto allacqua condurrebbe
tuttavia a desumerlo agevolmente dalla tutela del diritto alla vita, come prima e fondamentale
garanzia della persona (dallart. 2 Cost., anzitutto, ma anche dallassolutezza del ripudio della
pena di morte, in forza dellart. 27, c. 4, nel testo risultante dalla legge di revisione
costituzionale 2 ottobre 2007, n. 2); e dal diritto alla salute, che fondamentale diritto
dellindividuo e interesse della collettivit, secondo lart. 32. E, quanto alle Carte
internazionali, si potrebbe ricavare dalla Dichiarazione universale dei diritti delluomo del
1948, che, allart. 3, enuncia il diritto alla vita, e, allart. 25, il diritto alla salute. Potrebbe non
ritenersi, dunque, utile discostarsi dalle consuete linee di ricerca del fondamento di un diritto
non espressamente previsto, cos come esse si dispongono nellalternativa fattispecie
aperte/chiuse (e terze vie).
Ma ricostruzioni siffatte sarebbero troppo riduttive, innanzi alle peculiari modalit secondo le
quali laccesso allacqua si manifesta come nuovo diritto.
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2. Lacqua come bene non sostituibile. Che lacqua fosse un bene non sostituibile era nel
novero delle conoscenze possibili anche al costituente italiano del 1947:
la mancata
considerazione di questo dato, proprio della scienza economica, potrebbe essere, dunque, la
manifestazione di una certa scarsa apertura della cultura del diritto e delle istituzioni in quel
tempo a concetti propri di contesti disciplinari diversi da quello giuridico.
Ma non si tratta di un difetto di percezione del costituente italiano. Il diritto allacqua, nella
sua configurazione attuale, un dato recente nella intera esperienza costituzionale, nei singoli
Paesi e nei processi sovranazionali come nel diritto internazionale. Si potrebbe ritenere che
nuova sia la scarsit del bene, anche in forza delle vulnerazioni crescenti inferte agli
equilibri naturali. Tuttavia, tale scarsit bens cresciuta, tanto da indurre taluni a prospettare
esiti catastrofici, ma non esperienza nuova: la scarsit dacqua un dato consolidato in
molte parti del mondo e in parti di singoli Paesi, anche nellOccidente maturo, anche in
Europa (si pensi alle condizioni di tante parti del Mezzogiorno dItalia).
La domanda che ha maggiore fondamento , allora, quella intorno alle ragioni per le quali,
bench lesperienza della non sostituibilit e della scarsit non sia nuova, solo in questo
tempo congiunturale si affermi la necessit di concepire un diritto allacqua come fattispecie
autonoma, e si affermi cos intensamente da spingere a richiederne la codificazione
costituzionale.
3. Il diritto allacqua come nuovo diritto. La definizione normativa di un nuovo diritto,
nellosservazione che se ne potuta compiere, deriva dalla pressione del processo storico,
quando in esso assumano rilievo posizioni soggettive ritenute corrispondenti a valori
meritevoli di tutela. La novit pu consistere nella imprevedibilit, o comunque nella mancata
previsione, nelle Carte dei diritti, di una fattispecie della quale si riveli poi necessaria la
regolazione; ovvero nella diversa valutazione nel tempo di una posizione che non si era
ritenuto di garantire e della quale maturi una diversa considerazione assiologia, tale da
fondarne la disciplina costituzionale. Sul versante del modo di produzione normativa:
estensione delle previsioni vigenti a fattispecie non disciplinate; nuova disciplina
costituzionale. Nel primo caso, si fa assegnamento sullelasticit delle disposizioni
costituzionali, dando soprattutto campo allinterpretazione giudiziale; nel secondo, si segue la
via dellinnovazione conformativa. In entrambi, le implicazioni sistematiche delle nuove
norme si formino esse come diritto giurisprudenziale o come prodotto nelle sedi della
decisione politica conducono a nuove architetture interpretative, e a nuovi equilibri
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nellimpiego delle tecniche di bilanciamento e nella definizione dei limiti dei diritti
preesistenti.
In questo scenario di possibili profili ricostruttivi, il diritto allacqua presenta una sua non
riducibile specificit, proponendo in termini nuovi le ragioni della propria genesi: quello
allacqua non un diritto nuovo in ragione del mutare delle condizioni fattuali al cospetto
della situazione originariamente presente ai costituenti, ai legislatori costituzionali e agli
stipulatori dei trattati internazionali, ai quali tutti, nellambito delle democrazie occidentali del
secondo dopoguerra nellarea euro-americana, erano ben presenti i caratteri di non
sostituibilit e di scarsit dellacqua (e, invero, la menzione di un diritto allacqua non si
rinviene nelle costituzioni europee pi recenti). Il diritto allacqua come problema irrisolto si
manifesta, invece, per i connotati di quella che stata definita terza globalizzazione (dopo
la prima, tra lultima parte dellOttocento e la prima guerra mondiale, e la seconda, nel
quarantennio successivo alla seconda guerra mondiale: periodizzazione utile, bench
convenzionale, e riferita, ovviamente, alle globalizzazioni della modernit, poich di quelle
antiche, probabili e pi difficili da ricostruire, non dato far conto nel discorso presente).
Anche questa globalizzazione, come quelle che lhanno preceduta, segnata da una
rivoluzione tecnologica, stavolta nel campo delle comunicazioni: e allora il problema della
scarsit e della non sostituibilit, acuito dal degrado dellambiente, che induce timori
escatologici, entra nellimmediata percezione generale; la necessit di garantire il diritto
allacqua diviene un valore globale condiviso.
Soprattutto, nella terza globalizzazione si rivelano non lievi disparit tra attori economici,
allinterno di ciascun Paese e tra Paesi; aumentano asimmetrie di reddito, di ricchezza, di
istruzione, di capacit di investimento; si aggravano le esternalit, anche con lo
stravolgimento degli equilibri ecologici (al caso americano, si aggiungono quello cinese e
quelli di altri Paesi usciti di minorit e interessati da una crescita economica tumultuosa).
Lacqua diviene, allora, un elemento di disparit uno dei maggiori, certo il pi eclatante, il
pi scandaloso allinterno dei singoli Paesi e tra Paesi: tra chi la possiede e chi non la
possiede, tra chi vi pu accedere e chi non vi pu accedere, tra chi ha diritti di acquisizione
e chi non li ha. Il grado della sua disponibilit conseguenza e fattore di asimmetrie
economiche; unesternalit di rilievo crescente.
E matura la consapevolezza che lequa distribuzione dellacqua non pu essere affidata alle
logiche di un mercato concorrenziale perfetto, poich, proprio con riferimento allo
scandalo dellacqua negata o ingiustamente distribuita, di quel mercato che si conferma
esistere solo come astrazione ideologica risultano alterate le regole naturali.
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Affinch vi sia equa distribuzione e vi siano conservazione e uso razionale della risorsa acqua,
necessaria regolazione. Anzitutto occorre disciplina costituzionale in senso proprio:
limitazione del potere e del libero dispiegarsi dei rapporti di forza attraverso laffermazione di
un diritto; attuazione di questo diritto anche con la garanzia di prestazioni da parte degli Stati.
4. Il diritto allacqua come diritto fondamentale. Si proposta lopportunit di stabilire
preliminarmente di quale tipo di diritto si tratti, per poter valutare le modalit della tutela e il
grado delle norme che la assicurino. E si escluso che si tratti di un diritto naturale,
adducendo che lacqua non un bene naturale e tantomeno un bene universale, ma un
prodotto scarso, conteso e vulnerabile
nuovo in quanto non emerso o non percepito come diritto fondamentale fino a una
determinata scansione nel processo storico.
Le letture di tale fenomeno di produzione giuridica saranno diverse in ragione dei diversi
approcci di metodo.
Lapproccio positivista porr in luce la rilevanza dominante del processo politico di
produzione della norma che incorpora il nuovo diritto fondamentale e inviter a interpretarla
secondo neutralit, escludendo di assumere un punto di vista morale, anche quando la norma
manifesti un valore, poich anche il valore deve essere considerato dallinterprete da un
punto di vista solo conoscitivo . E incontrer, vedendo cos messi in gioco i propri capisaldi,
lapparato concettuale del costituzionalismo, incentrato sulla limitazione del potere politico di
decisione proprio quando si tratti di produzione normativa nei piani alti del sistema, ove
incontrer, senza poterla incorporare, lirriducibile non neutralit del costituzionalismo
quanto ai valori.
Ma questi punti di tensione si collocano pur sempre allinterno dei moduli logici delle
tradizioni e delle scuole giuridiche.
N diversamente quanto a siffatta linea di continuit pu dirsi della qualificazione del
diritto allacqua come posizione soggettiva che legittima una richiesta, da parte dei suoi
titolari, di prestazioni a carico dello Stato e che obbliga questultimo a erogarle. Vale, invero,
la solida categoria dei diritti fondamentali sociali: lacqua devessere resa fruibile,
trasportata, distribuita, in condizioni di scarsit crescente; a tanto tenuto lo Stato, affinch il
diritto non sia compromesso e negato dalla riduzione del suo oggetto a semplice merce, con il
libero dispiegarsi di una pura legge della domanda e dellofferta nella sua forma pi brutale e
deregolata .
Anche da questo punto di vista, il diritto allacqua si potrebbe definire in conformit ai tratti
dei pi generali processi di positivizzazione che lesperienza rende disponibili. In presenza di
fattori di crisi dei sistemi nazionali di welfare, nel processo costituente europeo si afferma il
principio di indivisibilit dei diritti fondamentali: non vi pu essere tutela effettiva dei diritti
civili e politici se non vi contestuale garanzia dei diritti sociali. Gi il Trattato
costituzionale, che non ha superato la fase delle ratifiche, qualificava entrambe le categorie di
diritti come fondamentali e prospettava unaffermazione del principio di indivisibilit
attraverso lincorporazione della Carta di Nizza: un modo di valorizzazione delle tradizioni
costituzionali comuni (nel senso proprio di traduzione in valori affermati attraverso la
scrittura in un testo costituzionale). Poi, a Lisbona, nel 2007, stato riconosciuto alla Carta di
Nizza e dunque al principio di indivisibilit in essa contenuto lo stesso valore giuridico del
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Trattato . E proprio la Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea prevede, al Titolo
IV, tra i doveri di solidariet (cui corrispondono tipicamente diritti sociali), laccesso ai
servizi di interesse economico generale (art. 36), categoria alla quale deve ritenersi ascritto il
servizio idrico. Tale previsione non pu che conferire a rendere pi stringenti gli interventi
regolativi di livello europeo, per assicurare leffettivit del diritto quanto ai criteri di
erogazione del servizio (universalit, qualit, accessibilit) e alla tutela degli utenti.
Si apre, dunque, una nuova fase nei modi di garanzia dei diritti sociali, e, tra essi, del nuovo
diritto sociale allacqua.
Tuttavia, da una parte, la migliore garanzia giuridica del diritto allacqua in Europa rende
ancora pi evidente la diseguaglianza con altre parti del mondo, rivelando unasimmetria
tanto poco tollerabile da aprire o rendere pi aspri tensioni e conflitti regionali.
Dallaltra, proprio in ordine a questa potenzialit conflittuale che configura pienamente il
diritto allacqua come lobiettivo di un faticoso processo acquisitivo e come oggetto di
necessaria tutela intesa a conservarlo si
definizione del contenuto di tali diritti sociali e nella ricostruzione del rapporto con altre
posizioni soggettive nel pi complessivo tessuto di diritti costituzionalmente protetti. Il
processo stesso di positivizzazione osservato talvolta sovrapponendo concetti sociologici a
concetti giuridici. Si riprende, epigonalmente, la classica ripartizione di Thomas H. Marshall,
che, distinguendo tre parti o elementi della cittadinanza il civile, il politico e il sociale
intende per elemento sociale tutta la gamma che va da un minimo di benessere e sicurezza
economica fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale e a vivere la vita di
persona civile, secondo i canoni vigenti nella societ . Ma nella visione di Marshall
appunto tendenzialmente assente la percezione del conflitto nel processo di sviluppo dei diritti
(ci che ha attratto sulla sua costruzione critiche radicali, specie quella di Anthony Giddens,
dal punto di vista di una teoria della globalizzazione ). E il diritto allacqua o, pi
esattamente, la lotta per il riconoscimento del diritto allacqua e per la sua conservazione
dimostra quanto sia, invece, fondata una visione secondo la quale nessun diritto fondamentale
si afferma senza conflitto sociale .
Anche da questo punto di vista, tuttavia, il quadro problematico in cui si inscrive il diritto
allacqua non , nella sostanza, diverso da quello che ha segnato e segna laffermarsi di tutti i
diritti fondamentali.
Altra, dunque, potrebbe essere la peculiarit di questo nuovo diritto, la pietra dinciampo
che il processo di emersione in cui si colloca oppone ai consueti itinerari di ricostruzione
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teorica e dommatica dei diritti: esso un diritto del singolo, in continuit con la tradizione del
costituzionalismo, ma si propone altres come diritto di intere comunit ; e non solo diritto
fatto valere collettivamente nellambito di un ordinamento nazionale verso lo Stato, ma altres
diritto che deve poter essere fatto valere da una comunit verso unaltra comunit e
nellambito dei rapporti tra ordinamenti. La ragione per la quale il diritto allacqua tende ad
assumere questa dimensione nellevidenza dei modi della sua negazione e dunque del
conflitto aperto per il suo riconoscimento: il diritto allacqua viene precluso anzitutto a intere
comunit, talvolta a interi popoli, sicch prevederne esclusivamente la tutela per il singolo,
nei confronti del potere di decisione politica in un determinato ordinamento, sarebbe
fuorviante e, in molti casi, condurrebbe a previsioni prive di oggetto.
Tuttavia, se si accetta questa nozione di diritto sociale collettivo per il diritto allacqua in
tal modo dando conto della qualificazione di nuovo diritto, nuovo per struttura e per
dimensione, non solo per ordine temporale di introduzione nellordinamento occorre
affrontare problemi inediti quanto alle implicazioni nel rapporto con i diritti individuali; e
occorre meglio precisare la sede e il livello della garanzia giuridica.
Quanto al rapporto con il complessivo quadro dei diritti, se il carattere collettivo del diritto
allacqua implica il riconoscimento di esso a una collettivit come tale, e la possibilit di farlo
valere ai rappresentanti di questa, la sua previsione normativa conduce a una espansione
della sfera di garanzia dei diritti e a una riduzione della diseguaglianza, se essi sono riguardati
dal punto di vista del rapporto tra comunit e gruppi sociali; ma tale previsione entra in
naturale tensione con la garanzia del diritto allacqua come diritto individuale. Infatti, una
volta riconosciuta una collettivit come titolare del diritto, senza riferimento al modo in cui
tale collettivit organizzata e al rapporto tra i suoi organi e i singoli che la compongono
quanto allesercizio del diritto riconosciuto, si sottraggono al campo della disciplina le
garanzie dei singoli nei rapporti di potere allinterno della collettivit medesima. Irragionevoli
diversit nellaccesso al bene che oggetto del diritto sociale collettivo possono riprodursi
allinterno della collettivit; e anzi la circostanza che il diritto ascritto in astratto alla
collettivit sia in concreto esercitato dai rappresentanti o dagli esponenti di questa, senza
alcuna influenza sulla spettanza collettiva del modo in cui tali rappresentanti ed esponenti
sono designati e rispondono ai singoli componenti della collettivit medesima, non pu non
rafforzare i rapporti di dominio in atto, per quanto essi possano essere ingiusti. Lattribuzione
del diritto collettivo pu, allora, condurre allaffievolimento o allirrilevanza del diritto
individuale.
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Si rende, dunque, necessaria una doppia tutela del diritto allacqua come diritto sociale
collettivo e come diritto sociale individuale e ci conduce al secondo problema qui
segnalato, quello della sede e del livello della garanzia: il diritto allacqua come diritto sociale
collettivo, infatti, chiama in causa la sovranit esterna degli Stati, quando esso sia
riconosciuto a comunit statali, di tale sovranit costituendo una limitazione; chiama in causa
la sovranit interna degli Stati, quando la garanzia riguardi collettivit infrastatali; chiama
egualmente in causa tale sovranit interna, limitandola, il diritto allacqua come diritto
sociale individuale.
Da ci si inferisce il tipo e il livello della norma a garanzia del diritto.
5. Il diritto allacqua nel contesto internazionale. Non sembra dubbia la necessit di norme
internazionali di tipo pattizio, rivolte a garantire il diritto allacqua a intere comunit nazionali
in condizioni di debolezza nelluso della risorsa idrica: debolezza che pu derivare da
posizioni dominanti di singoli Stati nellaccesso allacqua, tali da precluderlo o da limitarlo
nei confronti di popolazioni limitrofe o variamente interagenti con lo Stato dominante ; ma
pu anche derivare dalla condizione di particolare svantaggio economico di comunit statali,
non dotate degli strumenti necessari alluso dellacqua, pur potenzialmente accessibile o
almeno suscettibile di essere impiegata pi efficacemente e meglio distribuita. In questa
seconda ipotesi, dovrebbe essere riconosciuto un diritto sociale collettivo allacqua, cui
dovrebbero corrispondere obblighi di prestazione a carico della comunit internazionale: in
concreto, lobbligo a carico dei Paesi pi favoriti di dislocare risorse verso i Paesi meno
favoriti per correggere unasimmetria tra quelle che possono produrre i pi gravi effetti di
destabilizzazione nei rapporti economici globali.
Queste stesse norme pattizie dovrebbero prevedere anche garanzie per le collettivit
infrastatali e per i singoli cittadini quanto allequa distribuzione della risorsa idrica, poich
non sembra eludibile, a nessun livello di normazione, la richiamata necessit di una doppia
garanzia del diritto allacqua: garanzia delle collettivit e garanzia dei singoli nelle
collettivit.
Ora, nello scenario internazionale, si sono venute stratificando iniziative di notevole rilevanza
culturale e politica, che hanno posto laccento sui fattori che suggeriscono un compiuto e
specifico riconoscimento del diritto allacqua. Non breve pu esserne lelenco . Ma occorre
rilevare come, bench in sedi siffatte si producano documenti privi di efficacia normativa
diretta, quando si trascorra dalle generiche dichiarazioni di largo principio alla pi
impegnativa definizione degli strumenti necessari a contrastare in modo pi specifico le
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dellUnione europea : nellart. 2, che tutela il diritto alla vita; nellart. 35, specie ove
stabilito che nella definizione e nellattuazione di tutte le politiche e attivit dellUnione
garantito un livello elevato di protezione delle salute umana; nellart. 36, secondo il quale
lUnione riconosce e rispetta laccesso ai servizi di interesse economico generale quale
previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente ai trattati; nellart. 37, ove
affermato che un livello elevato di tutela dellambiente e il miglioramento della sua qualit
devono essere integrati nelle politiche dellUnione e garantiti conformemente al principio
dello sviluppo sostenibile; nellart. 38, secondo cui nelle politiche dellUnione garantito
un livello elevato di protezione dei consumatori.
Quanto alla produzione normativa degli organi dellUnione, essa si muove lungo due linee,
distinte ma segnate da punti di intersezione: da una parte, perseguito lobiettivo di tutelare
lacqua concepita non come prodotto commerciale al pari degli altri, bens come
patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale verso i fattori di degradazione e
contaminazione derivanti da abusi e sfruttamento abnorme, nel quadro pi generale del
deterioramento degli ecosistemi; dallaltra, rileva la disciplina in materia di servizi pubblici,
che tocca in modo concreto e diretto lesercizio del diritto allacqua da parte di comunit e di
singoli, e rileva la giurisprudenza della Corte di giustizia che si formata in tema.
Sotto questo secondo profilo, i princip a garanzia della concorrenza e del mercato che
sostanziano il complessivo assetto dellUnione Europea, e ne segnano la genesi e il
consolidamento sono bilanciati, mediante il riconoscimento del principio di autonomia
istituzionale, con lesigenza di porre in essere particolari forme di gestione di servizi, tra i
quali il servizio idrico, in cui si possa ritenere di far prevalere la presenza di soggetti
pubblici, a miglior tutela di beni e di diritti ritenuti fondamentali: possono dunque prevedersi
deroghe alla regola generale delle procedure di aggiudicazione a evidenza pubblica; e le
amministrazioni pubbliche possono produrre direttamente il servizio o anche affidarlo a
soggetti diversi, ma sottoponendo gli affidatari a controlli cos penetranti da essere assimilati
a quelli che il soggetto pubblico esercita su propri organi o articolazioni organizzative
(controllo analogo).
7. Il caso italiano. In tale quadro normativo europeo che tanto aperto da offrire la scelta
tra diversi modelli nazionali di gestione della risorsa idrica il caso italiano si venuto
caratterizzando per rimarchevoli oscillazioni nelle soluzioni legislative, orientate talvolta da
assunti ideologici e da compromessi provvisori.
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LItalia appartiene al novero dei Paesi dotati di disponibilit di acqua (per connotazioni
fisiche e geografiche) e caratterizzati da elevato consumo (come nellintero Nord del mondo).
Anche in Italia, dunque, si propongono i problemi della competizione tra i diversi impieghi
delle risorse idriche (agricolo, industriale, civile), ciascuno dei quali ha effetti diversi sulla
dotazione complessiva di acqua e sulla sua qualit; e dellefficienza nellimpiego di esse, se si
considera che lo spreco di acqua, cio il rapporto tra acqua che residua e viene dismessa dopo
i processi di consumo e acqua prelevata, sempre molto alto, nei vari impieghi, arrivando
fino a punte del novantacinque per cento. Problemi che debbono essere affrontati con
meccanismi regolativi e di controllo pi severi e consapevoli.
Ma, in Italia, v anche un problema molto specifico: le asimmetrie economiche e sociali
specie lungo la linea di demarcazione Nord-Sud si manifestano anche nella gestione delle
risorse idriche.
Il controllo dellacqua , storicamente, un fattore genetico e di consolidamento della mafia in
Sicilia, regione assai ricca di risorse idriche, tuttavia sottratte, dapprima specie nellimpiego
agricolo, poi anche negli usi civili, al controllo pubblico, attraverso la propriet privata dei
pozzi, la speculazione fondiaria in vista della realizzazione di infrastrutture e il
condizionamento degli appalti dei lavori, la presenza distorsiva nel mercato dei servizi
idrici . Considerazioni analoghe possono valere per altre regioni interessate da fenomeni
assimilabili alla mafia. In tali casi chiamata in causa la sovranit interna dello Stato, al
cospetto di ordinamenti antistatali, per i quali il controllo dellacqua un fattore di dominio
del territorio.
Anche questi caratteri peculiari lorientamento ad agire su di essi con scelte normative forti,
idonee a contrastarli, rimodellando il sistema delle relazioni tra i titolari del diritto allacqua e
i soggetti che ne governano luso danno conto dellaffermarsi del principio della propriet
pubblica dellacqua, bene identificato con la maggiore latitudine: appartengono al demanio
dello Stato tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo,
afferma ora lart. 144, c. 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 (ma, gi oltre un decennio innanzi, lart.
1, c. 1, l. 5 gennaio 1994, n. 36 poi abrogata con lart. 175, lett. u, di tale d.lgs. n. 152 del
2006 aveva stabilito che tutte le acque superficiali e sotterranee, anche non estratte dal
sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che salvaguardata e utilizzata secondo
criteri di solidariet). E anche tutte le infrastrutture idriche, a qualsiasi soggetto pubblico
appartengano, sono qualificate come demaniali, e dunque assoggettate a un regime di ristretta
alienabilit, nei limiti fissati dalla legge (art. 143, c. 1, d.lgs. n. 152 del 2006).
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Tuttavia, siffatte previsioni di principio non sembrano offrire soluzioni nuove o stabili alla
questione maggiore innanzi al legislatore, che nella ricerca di un modello di gestione delle
risorse idriche in cui trovino contemperamento: efficienza, anche secondo logica di impresa,
nel quadro dei vincoli europei; garanzia degli utenti, che sono titolari di un diritto
fondamentale; irrinunciabile universalit del servizio, e dunque tutela delle posizioni deboli a
rischio di esclusione sociale, esclusione di cui la preclusione del pieno accesso allacqua
sarebbe forse lindicatore di maggior rilievo.
7.1. Gli oscillanti orientamenti legislativi. Nella legislazione, il tema dellimpiego razionale
delle risorse idriche trova una prima declinazione nel concetto di servizio pubblico
integrato, che, introdotto con la legge n. 36 del 1994, improntato allesigenza di porre fine
alla frammentazione del servizio idrico tra captazione, adduzione e distribuzione di acqua a
usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue. E, se, in coerenza con lobbligo
costituzionalmente fondato di promuovere le autonomie locali, alla gestione del demanio
idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio (art. 86, d.lgs. 31
marzo 1998, n. 112), sono tuttavia perseguiti obiettivi di razionalizzazione funzionale e
dimensionale. In un quadro ispirato al principio di sussidiariet, invero, anche la gestione
delle acque chiamer in causa competenze esclusive dello Stato, nella determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, c. 2, lett. m, Cost.); e non potr essere
escluso lesercizio dei poteri sostitutivi previsti dallart. 120, c. 2, Cost.
A fini di efficienza dimensionale sono intese anche la definizione di ambiti territoriali ottimali
e la costituzione, in ciascuno di essi, di unAutorit dambito, struttura dotata di personalit
giuridica alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente e alla quale trasferito
lesercizio delle competenze a essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche
(art. 148, c. 1, d.lgs. n. 152 del 2006). Il motore della costruzione della gestione unica del
servizio idrico integrato la Regione, che delimita lambito territoriale ottimale, e cui
commesso, al pari delle Province autonome, il potere di disciplinare le forme e i modi della
cooperazione tra gli enti locali nellambito; alle Autorit dambito demandata
lorganizzazione, laffidamento e il controllo della gestione del servizio in discorso (art. 148,
c. 2, d.lgs. n. 152 del 2006) .
Ma il tema forte che chiama in causa il pi difficile contemperamento tra rilevanza sociale
dei servizi idrici ed efficienza imprenditoriale nella erogazione di essi nellosservanza dei
vincoli europei quello del modello di gestione. E, infatti, su questo versante si sono
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conversione 6 agosto 2008, n. 113, poi modificato dallart. 15 d.l. 25 settembre 2009, n. 135,
convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 2009, n. 166).
7.2. Lideologia della privatizzazione. Lirresolutezza del legislatore nel tentativo di
aggredire i nodi del sistema di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica,
individuabili nellopacit dei procedimenti e nellinefficienza degli apparati, specie per la
pressione del contesto politico, incidente anche sugli operatori privati concessionari ha
dunque posto in essere un quadro normativo stratificato e contraddittorio, segnato da
ripensamenti e dallalternarsi di soluzioni estreme o non necessitate dai vincoli europei e da
attenuazioni, a ciascuna delle quali non dato il tempo di consolidarsi nellorganicit
dellapplicazione e in compiuti orientamenti giurisprudenziali.
A tale incertezza si sovrapposto, per poi collidere con le soluzioni normative, un approccio
ideologizzante al tema della gestione delle risorse idriche, nellambito del quale
largomentazione giuridica si venuta intrecciando con la difesa militante del diritto
fondamentale allacqua, fino a prospettare il pericolo di una privatizzazione della risorsa.
Del concetto di privatizzazione formula assai efficace sul piano della mobilitazione
politica andrebbero forse meglio definiti i contorni.
Invero, come si notato, la tendenza che si rivela come univoca alla non reversibile
pubblicizzazione dellacqua, con lascrizione di essa al demanio. Discorrere di
privatizzazione dellacqua, in senso stretto, con riferimento al bene, dunque improprio.
Tuttavia, si assume che, guardando alla sostanza delle cose, si dovrebbe ritenere che il
proprietario reale sia chi gestisce il bene ed eroga il servizio . Ed dunque laffidamento,
totale o parziale, della gestione a privati che dovrebbe essere precluso per poter contrastare la
privatizzazione sostanziale dellacqua .
7.3. Liniziativa referendaria. Su tale fondamento che pu essere sottoposto a critica
stata condotta uniniziativa referendaria intesa a destrutturare il quadro normativo, nellintento
esplicitato di escludere in ogni caso i tre modelli di gestione previsti dalloriginario art. 113
del Testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali, ritenuti due dichiaratamente
privatistici e il terzo falsamente pubblicistico , lasciando in campo soltanto la possibilit di
gestione attraverso un soggetto di diritto pubblico . Lobiettivo stato perseguito
proponendo labrogazione dellart. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 e, con separato quesito,
dellart. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006: la cancellazione del primo sarebbe orientata a
sopprimere i modelli di gestione ritenuti tutti di tipo privatistico; espungendo il secondo si
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Ma le modalit della guerra per lacqua sul fronte nazionale interno, e i contenuti a essa
ascritti, hanno ingenerato alcuni equivoci concettuali, oscurando i termini di un problema che
invece dovrebbe impegnare severamente il legislatore a introdurre nel sistema soluzioni
stabili e coerenti.
Per comprenderlo, occorre anzitutto superare il convincimento, diffuso quanto privo di saldo
fondamento, secondo il quale gestione delle risorse idriche da parte di imprese private
equivalga a privatizzazione dellacqua come bene e come risorsa: lacqua rimane in ogni caso
bene pubblico, cos qualificato dalla legge, e ci non pu non produrre conseguenza sui modi
della gestione, chiunque sia il gestore, pubblico o privato . Occorre, poi, considerare che la
gestione pubblica quale che ne sia la forma: diretta in economia, o mediante azienda
speciale non pu essere ritenuta affatto garanzia, in termini generali e assoluti, come pure si
assume, della migliore tutela e della maggiore estensione del diritto fondamentale allacqua:
le amministrazioni locali sono connotate spesso da inefficienze pronunciate, di tipo funzionale
e dimensionale (non sempre facilmente correggibili queste seconde attraverso le forme di
aggregazione incentivate dalla legge; n possono essere ritenute certe considerata la fase
genetica e in mancanza di dati di esperienza ricavabili da unapplicazione sufficientemente
protratta nel tempo le virt razionalizzanti degli ambiti territoriali ottimali); le aziende
locali sono conformate assai di frequente secondo esigenze di presenza politica e da modalit
delle nomine che a tali esigenze strettamente corrispondono. E le scelte secondo logica di
impresa sono impedite o limitate da vincoli pubblicistici, con riferimento sia al regime
giuridico dei bilanci, sia allassunzione del personale. Nulla assicura, dunque, che il gestore
pubblico sia in grado di conseguire qualit delle prestazioni ed economie di scala, e di mettere
conseguentemente in opera piani di investimento improntati allinnovazione tecnologica, di
cui vi urgente necessit, data la situazione in cui versano le retri idriche in Italia, con gli
sprechi non pi tollerabili che ne derivano. Ancora, non affatto detto che laffidamento della
gestione a un soggetto pubblico locale assicuri lequit delle tariffe, poich anche le aziende
pubbliche possono tendere (e spesso tendono, come la vicenda delle imprese di Stato o
locali in Italia si incaricata di dimostrare) a lucrare rendite dalle entrate tariffarie, per
impieghi diversi, non necessariamente legittimi, data la permeabilit al contesto politico, che,
nei casi pi gravi, segnato dalla presenza pervasiva della criminalit organizzata.
Naturalmente, non si potrebbe sostenere, con opposto ideologismo, che la privatizzazione sia
soluzione automatica e generalizzabile a questi problemi. La gestione dei servizi idrici ,
infatti, segnata dalla circostanza, non eludibile, che il gestore opera in regime di monopolio
naturale nel rapporto con lutente, ci che non incentiva, sotto il profilo strettamente
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Destinato alla pubblicazione sulla rivista Analisi Giuridica dellEconomia (n.1, 2010, ed. il
Mulino, fascicolo monografico dedicato allacqua)
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sulla
base
di
uninterpretazione
evolutiva
dellordito
Direi
che
invece
3
si
pu
prescindere
dalla
sua
riconosciuto
esplicitamente
come
diritto
fondamentale
nel
poste,
conviene
provare
raggomitolarsi
intorno
allesperienza italiana per vedere, dal nostro piccolo mondo antico, come
stanno andando le cose. Inizio con un breve excursus storico. In base al
codice civile del 1865, le acque venivano distinte tra pubbliche e private: le
prime erano i fiumi e i torrenti, mentre le altre acque appartenevano ai
privati. La limitata pubblicizzazione era dovuta allo scarso interesse per
lacqua come bene pubblico: linteresse alla fruizione collettiva era limitato
solamente ai trasporti fluviali e alla fluitazione. Durante il fascismo, invece
si assiste a una crescita di interesse: dapprima, con il t.u. sulle acque (R.d.
n. 1775 del 1933) e, poi, con il nuovo codice civile, perch viene stabilito
che appartengono al demanio dello stato i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre
acque definite pubbliche dalle leggi in materia (art. 822, comma primo,
c.c.). E soprattutto venne individuato il criterio per la distinzione tra acque
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quali il privato sia scelto attraverso gara e detenga almeno il 40 per cento
delle quote societarie. Le societ a capitale pubblico cessano di esistere
entro il dicembre del 2011, ovvero possono trasformarsi in societ miste
con capitale privato al 40 per cento.
Di privatizzazione dellacqua si tratta? Lacqua non pi bene
pubblico, o meglio come oggi usa dire bene comune, il cui utilizzo e
approvvigionamento un diritto fondamentale? Sul punto, mi limito a
evidenziare la distinzione fra bene e servizio: il primo rimane pubblico, il
secondo pu essere dato in affidamento a una spa controllata dal pubblico o
dal privato, ovvero mista; comunque la parte pubblica che stabilisce le
condizioni dellaffidamento e fissa le tariffe. Il privato, laddove dovesse
esserci, prende il servizio in affidamento, operando in nome e per conto del
pubblico e, soprattutto, alle condizioni stabilite dal pubblico. Si possono,
secondo una schematica ricostruzione comparatistica, individuare tre
diversi modelli gestionali: a) quello del monopolio territoriale vitalizio,
privatizzato e regolato (Gran Bretagna); b) quello della titolarit pubblica
con affidamento temporaneo a privati attraverso meccanismi di gara
(Francia); c) quello della titolarit e gestione pubblica, con acquisizione del
mercato di beni, servizi e input necessari alla produzione del servizio
(Germania e Usa).
Lacqua e rimane un diritto fondamentale saldamente nelle mani
della collettivit; ci che (pu)cambia(re) la gestione dei servizi idrici,
ovvero la gestione delle infrastrutture fisiche necessarie per utilizzare (al
meglio) lacqua, che pu essere affidata a unimpresa pubblica o a
unimpresa privata attraverso combinazioni contrattuali. Sia chiaro: la
natura di diritto fondamentale non sottrae allacqua la possibilit di essere
gestita da privati. Lo stesso vale per la salute e per listruzione. Anzi, oggi
il principio costituzionale di sussidiariet favorisce lautonoma iniziativa
dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivit di interesse
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NOTA BIBLIOGRAFICA
La lettura di alcuni testi mi hanno aiutato nella riflessione critica, e
voglio perci qui citarli. Tra i libri, V. SHIVA, Le guerre dellacqua, tr. it.,
Feltrinelli, Milano, 2004; A. MASSARUTTO, Lacqua, il Mulino,
Bologna, 2008; G. MARINO, La casta dellacqua, Nuovi Mondi, Modena,
2010; ma va senzaltro ricordato anche il numero monografico sullacqua
della rivista Parole Chiave, n. 27, 2002. Tra gli articoli, sul piano giuridico,
A. BARTOLINI, Le acque tra beni pubblici e pubblici servizi, in
www.giustamm.it; sul piano giusfilosofico: D. ZOLO, Il diritto allacqua
come diritto sociale e come diritto collettivo, in Diritto pubblico, 2005, 125
ss.; M. VARANO, Il diritto allacqua, in Ragion pratica, 2009, 491 ss.
Interessantissimo, poi, il fascicolo speciale dedicato allacqua di National
Geographic Italia, aprile 2010.
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