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2008

I CREATIVE
COMMONS,
21/12/2008

Pc
CREATIVE COMMONS

Giuseppina Brandonisio
Sommario

PREMESSA: PRASSI COMUNICATIVE DEL WEB E COPYRIGHT........................................3

I CREATIVE COMMONS...................................................................................................5

I CREATIVE COMMONS, IL DIRITTO D’AUTORE E LA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, IN

ITALIA ...........................................................................................................................6

INDICE DELLE FONTI (SITOGRAFIA) ..............................................................................8

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PREMESSA: PRASSI COMUNICATIVE DEL WEB E COPYRIGHT

La tutela dei diritti di copyright, la libertà d’espressione, il diritto di informare e di accedere alla conoscenza,
i mutamenti degli assetti socio-economici, le trasformazioni culturali avvenute con la massificazione degli
scambi comunicativi attraverso le tecnologie di rete, oggi aprono nuovi scenari ai quali applicare il diritto e,
con essi, anche nuove difficoltà - sia sul piano materiale che formale - per leggi che non furono pensate per
la digitalizzazione e per la comunicazione globale.

La natura del web ha messo in luce i limiti che il “diritto d’autore” (di pubblicazione, riproduzione,
diffusione e riconoscimento della “paternità” dell’opera creata) e di “copyright” (inteso come il diritto allo
sfruttamento commerciale, legato alla vendita di ogni singola copia di un prodotto intellettuale riprodotto su
un qualsiasi supporto) incontrano a causa delle differenze tra gli ordinamenti giuridici interni. L’UE, con la
direttiva“sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società
dell'informazione” (2001/29/CE), ribadisce che la proprietà intellettuale va salvaguardata e sostenuta, sia sul
piano economico che materiale e morale, poiché essa è alla base dello sviluppo sociale, culturale, economico,
scientifico. La possibilità di diffondere in rete i contenuti testuali (e/o multimediali) fa emergere il problema,
collegandolo alla gestione legale del mercato di nuovi prodotti e servizi, ai meccanismi di attribuzione e di
condivisione di ogni forma di prodotto intellettuale e alle difficoltà relative al bilanciamento dei diritti di tutti
i soggetti coinvolti.

Infatti, nella concezione più tradizionale del diritto di copyright, basato sul concetto di “proprietà”, Internet
appare come un nuovo canale distributivo e contemporaneamente come un potenziale rischio economico
derivabile dal trasferimento in digitale di contenuti che, in alternativa, sarebbero diffusi, remunerati e
garantiti in quanto opere intellettuali incorporate in oggetti fisici. A ciò va aggiunta una considerazione sugli
utenti consapevoli delle potenzialità del mezzo che si lamentano dell’inadeguatezza di alcuni assetti
economico-giuridici nazionali, perché vedono limitato il loro diritto di accedere e reperire opere intellettuali
in formato elettronico (e-book e opere audiovisive o musicali attraverso download legali, per esempio) e
sulla stragrande maggioranza dei navigatori adolescenti che, in nome delle funzionalità della tecnologia di
cui dispongono, della creatività, dei loro bisogni conoscitivi e del diritto agli scambi comunicativi virtuali,
finiscono con l’assumere involontari comportamenti “pirateschi”, loro malgrado. In tal modo, le abitudini
comuni contraddicono “gli usi consentiti dell’opera dell’ingegno”, nonché il principio secondo cui l’acquisto
dell’esemplare esaurisce i diritti dell’autore1, che a sua volta deve essere remunerato per ogni suo sforzo

1
La tutela giuridica autoriale, nata nel Settecento e in seguito trasformata in tutela
dell’”impresa culturale”, fino a tutto il Novecento, è stata di carattere materiale. Finché l’opera
è incorporata in un oggetto fisico, il diritto esclusivo d’autore (di pubblicazione, distribuzione,
ecc) si applica al supporto materiale contenente l’opera: alla copia. La limitatezza fisica
dell’oggetto può determinare la proprietà. L’acquisto dell’esemplare esaurisce i diritti
dell’autore (e concede all’acquirente il “diritto di godimento” dell’opera dell’ingegno), ma la
digitalizzazione e la smaterializzazione hanno messo in crisi tale principio.

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creativo. All’interno di queste diverse visioni del web, nasce la necessità di conciliare i diritti d’autore,
d’impresa e all’informazione con le esigenze degli utenti.

L’utilizzo pratico, l’organizzazione e la tutela materiale dei diritti di proprietà dei contenuti immessi in rete
sono stati affidati a vari dispositivi di protezione contro la pirateria digitale (software che controllano la
tracciabilità o che impediscono la duplicazione illegale, mediante crittografia), a sistemi di gestione delle
licenze (gratuite e non), alla registrazione di marchi e brevetti o all’”open source”.

Intanto, la direttiva 2001/29/CE armonizza il diritto di riproduzione, di comunicazione e di distribuzione,


riservando all’autore il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, anche
nei tempi e negli spazi dilatati del web (cioè in modo che ognuno possa accedervi dal luogo e nel momento
desiderati) dell’opera; rimodella i limiti all’estinzione del diritto d’autore mediante l’acquisto (considerando
i procedimenti necessari per l’utilizzo di servizi on line); permette la duplicazione di contenuti su dispositivi
digitali di memoria in casi particolari (a istituzioni e biblioteche); ridimensiona l’esclusività del diritto di
riproduzione, consentendo quella temporanea e senza finalità economiche (per favorire l’accesso alle pagine
web, agli archivi di giornali e fonti d’informazione e consentire di svolgere le comuni attività dell’on-line);
concede agli stati la facoltà di decidere su ulteriori ed eventuali restrizioni del diritto (nei casi di particolare
interesse pubblico o per permettere l’accesso alle informazioni a soggetti svantaggiati); obbliga a provvedere
alla protezione delle informazioni contro chiunque compia consapevolmente atti di rimozione, alterazione,
distribuzione, radiodiffusione, comunicazione e messa a disposizione del pubblico di opere o materiali
protetti, senza autorizzazione.

Ma i problemi che la gestione dei contenuti incontra in rete sono molteplici a causa della velocità, della
diffusività e della pervasività delle dinamiche comunicative: i Creative Commons sono un utile strumento
per la gestione e la protezione del diritto d’autore, perché definiscono in modo chiaro e semplice i
comportamenti possibili in relazione a quanto richiesto sia dalla legge che dalla vita di rete.

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I CREATIVE COMMONS

I “Creative Commons” nascono negli U.S.A., nel contesto di un dibattito che poi diventerà internazionale e
orientato alla libertà di circolazione delle informazioni. Tale denominazione identifica sia l’organizzazione
no-profit che ha lo scopo di promuovere nuovi strumenti di gestione dei diritti d’autore (CC), sia le licenze
libere (CCPL) nate per la sua salvaguardia, attraverso il copyleft.

Fondato nel 2001 da un’ idea del prof. Lawrence Lessing - coadiuvato dal giurista James Boyle (della Duke
Law School) e dall’informatico del MIT Hal Abelson -, l’ente si propone di redigere e standardizzare dei
parametri contrattuali che indichino in modo specifico gli usi consentiti di opere intellettuali protette, sul
web. A partire dal 2002, vengono elaborate diverse versioni di una licenza che prevede 4 condizioni d’uso
funzionali alle prescrizioni statunitensi ma che, per la loro flessibilità e la loro gratuità, saranno adattate agli
ordinamenti giuridici di diversi paesi. In Italia, la licenza e le condizioni vengono tradotte e rielaborate dal
2003, all’Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell’Informazione e delle Telecomunicazioni (IEIIT, organo
del CNR), in collaborazione con un gruppo di giuristi, coordinati da Marco Ricolfi del dipartimento di
Scienze Giuridiche dell’Università di Torino e con l’International Commons. Le prime bozze italiane delle
licenze giungono nel 2004. Oggi siamo alla versione 2.5.

Le CCPL sono licenze “libere” (non hanno una natura economica) valevoli per alcuni “diritti riservati”,
solitamente in esclusiva, al proprietario dell’opera dell’ingegno che, in questo modo, può consentire ad altri
di utilizzare, diffondere e modificare il proprio prodotto intellettuale, impedendone contemporaneamente lo
sfruttamento commerciale altrui. Le 4 clausole della licenza Creative Commons, contrassegnate da un
simbolo grafico per essere comprese in maniera intuitiva, sono combinabili tra loro permettendo perciò 6
diverse modalità di trattamento dei contenuti multimediali. Ad esse sono associati dei metadati/XML che
facilitano il trattamento automatico e la ricerca delle opere concesse. Nello specifico, si tratta di: una clausola
di “Attribuzione” (che trasferisce a terzi il diritto di copiare, pubblicare, distribuire, modificare il contenuto
dell’opera originale e di quelle derivate, obbligando però ad associare il nome dell’autore all’opera
circolante); della condizione di “non commerciale”(che permette qualsiasi trattamento del contenuto e ne
vieta lo sfruttamento commerciale); del contrassegno di “non opere derivate”(che stabilisce che la
pubblicazione, la distribuzione e la diffusione dell’opera possono essere fatte su copie identiche); di
“condividi allo stesso modo” (che prevede la pubblicazione e la distribuzione dell’opera con una licenza
identica a quella apposta sull’originale, impedendo quindi le eventuali trasformazioni).

La licenza vale al livello mondiale, è gratuita, non esclusiva, di durata pari a quella del diritto dell’autore il
quale può revocarla in caso di violazioni, senza pregiudicare i diritti acquisiti da altri licenziatari legittimi
collegati alla stessa opera. Infatti, Creative Commons è solo un intermediario per la concessione di una
licenza tra autore e utilizzatori di un’opera, senza avere alcuna responsabilità legale ed economica nel
contratto. Le restrizioni riguardano gli usi diversi da quelli autorizzati e l’obbligo di apporre il logo della
licenza stessa oppure il suo URI (Uniform Resource Identifier) su ogni copia dell’opera concessa. Il
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licenziatario non può avanzare alcuna condizione sull’opera altrui, né concederla in sub licenza o
pregiudicare diritti e condizioni dell’autore originario.

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CREATIVE COMMONS, IL DIRITTO D’AUTORE E LA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, IN ITALIA

La clausola Icommons stabilisce che a ogni opera licenziata, se usata in Italia, si affianca la legge sul diritto
d’autore 633/41: la licenza può garantire una protezione alternativa all’intermediazione della SIAE ma non
alla legge. La differenza tra la SIAE e la CCPL è sostanzialmente di natura economica: la Società degli
Autori e degli Editori tutela economicamente i soggetti che decidono di iscriversi e depositare le loro opere.
La licenza Creative Commons si riferisce principalmente ai contenuti: protegge il diritto d’attribuzione
all’autore e non limita la diffusione, le modificazioni o la varietà di formati dell’opera. Ma il tipico diritto di
“proprietà” pretende che il prodotto intellettuale sia ogni volta definito, “finito” e catalogato in ogni sua
versione, per poter essere venduto o comprato. E ciò vale anche per le opere digitali, inserite nei dispositivi
fisici di memoria (CD, e-book) o scaricabili da siti e portali. La CCPL riguarda in particolare: i diritti di
riproduzione (art. 13), di trascrizione (art. 14), di esecuzione (art. 15), di comunicazione al pubblico (art. 16),
di distribuzione (art. 17) e di noleggiare (art. 18bis), che l’autore e titolare, con la licenza, può trasferire;ma
anche il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera (art 12) e il diritto morale di riconoscimento
della paternità (art 8) che restano riservati attraverso le condizioni di “non commerciale” e di “attribuzione”,
proprio per non inficiare la remuneratività legata al prodotto dell’ingegno. Lo stesso vale per il diritto
all’integrità dell’opera (art 20) salvaguardabile con le clausole “non opere derivate” e “condividi allo stesso
modo”. Un licenziatario che può modificare un contenuto non acquista diritti patrimoniali sulle sue
rielaborazioni anche se le modifiche apportate possono essere considerate come “opere derivate”, ma solo
nei termini non economici della CCPL. Le sincronizzazioni di immagini e musica vengono considerate opere
derivate a patto però che le opere sincronizzate facciano parte della collezione di opere soggette alla licenza.
Ma se si utilizzano, totalmente o parzialmente, opere su cui valgono solo i diritti patrimoniali, la richiesta di
un’autorizzazione e il compenso sono dovuti all’autore originario. Anche il licenziante Creative Commons
ha il diritto di riscuotere compensi, direttamente o attraverso intermediari come la SIAE, per la
comunicazione al pubblico, l’esecuzione, la rappresentazione in pubblico di opere musicali o di cover: il che
vuol dire che l’uso della licenza non gli vieta l’esercizio dei suoi diritti commerciali. Infatti, anche una casa
editrice, attraverso un accordo contrattuale con un autore, può editare un libro con la licenza CC. La licenza è
ormai uno strumento diffuso e integrato che risponde alle esigenze di libertà di circolazione di autori ed
editori di siti, blog, giornali telematici (soprattutto se amatoriali), ecc. Ma non risolve il paradosso nato tra il
diritto all’accesso libero alle informazioni professionali e la protezione economica di autori e imprese
editoriali: se la pirateria, la gratuità o tipi di fruizione qualitativamente diversi – di contenuti letterari,
scientifici, giornalistici, ecc – eggi diffussissima e possibile su una molteplicità di canali diversi (si pensi
per esempio, dalla fruizione a pagamento di contenuti della Tv on demand e alla gratuità di Youtube)
potrebbero danneggiare un mercato editoriale ancora poco adatto e maturo per il digitale, le classiche
restrizioni applicate all’utilizzo dei prodotti (nella salvaguardia economica dei loro proprietari), di fatto,
ostacola proprio il diritto alla pruzione, alla circolazione, quindi al loro godimento.

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Infatti, è ancora in corso il dibattito su un’applicabilità più efficace delle licenze “Creative Commons”
rispetto alla legge sul diritto d’autore italiana e al nostro sistema editoriale tradizionale: 2 ma esso fa parte di
un problema inserito in un contesto più ampio che tocca anche le questioni cruciali della neutralità della rete,
delle implicazioni sociali e culturali legate alla diffusione di determinati contenuti, agli approcci e ai
comportamenti connessi all’utilizzo degli strumenti informatici (proprio allo scopo di promuovere la cultura,
la comunicazione e la socialità e non di danneggiarle), al “digital divide”, e così via.

2
Si citano soltanto il caso della Feltrinelli che 2 anni fa decise di editare libri sotto una licenza
Creative Commons e i numerosi interventi di Joichi Ito, Ceo della Creative Commons, nel nostro
dibattito politico sugli interventi necessari per l’organizzazione e la gestione del web, e i suoi
incontri con Vincenzo Assumma, presidente della SIAE.

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INDICE DELLE FONTI (SITOGRAFIA)

28/12/2009, ore 12:42 Joy Ito: "Se Internet fosse una religione, sarei un credente" - LASTAMPA.it

28/12/2009, ore 12:00 Legge Urbani: NewGlobal.it presenta un esposto alla Commissione Ue per
violazione delle norme europee

27/12/2009, ore 0:28 Normativa di riferimento - Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni

23/12/2009, ore 19:11 Creative Commons Legal Code

23/12/2009, ore 15:53 http://creativecommons.org

23/12/2009, ore 15:00 http://europa.eu/pol/singl/index_it.htm

22/12/2009, ore12:04 La normativa italiana sul diritto d'autore

22/12/2009, ore 10:57 [SIAE] Società Italiana degli Autori ed Editori

21/12/2009, ore 18:57 http://www.fupress.com/uploaded/88.pdf

21/12/2009, ore 2:58 Dirittodautore.it

21/12/2009, ore 12:16 Faccia a faccia tra CC e SIAE - La Stampa e La Repubblica | CreativeCommons.it

21/12/2009, ore 10:20 EUROPA – The official website of the European Union

21/12/2009, ore 10:08 Direttiva 2001/29/CE

21/12/2009, ore 10:02 http://www2.agcom.it/antipirateria/index.htm#AUT

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