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Revista Internacional dHumanitats 19 mai-ago 2010

CEMOrOc-Feusp / Univ. Autnoma de Barcelona

Quaestio, rationem reddere e mytho-logia nel Metodo


Filosofico e Teologico di Pietro Abelardo
Dott. Domenica Parisi1
Officina di Studi Medievali, Palermo
Riassunto: Senza alcuna pretesa di esaustivit, questo breve saggio si propone di analizzare alcuni aspetti
ed elementi peculiari della metodologia filosofica che il celebre logico Pietro Abelardo impiega
nellambito della ricerca teologica. In particolar modo, si intendono mettere in evidenza i legami tra Abelardo e il contesto culturale del XII, in cui si assiste alla fioritura di nuove forme espositive e modalit di
ricerca, e sottolineare, allo stesso tempo, gli aspetti di traditio e di novitas della speculazione abelardiana.
Parole-chiave: Abelardo, quaestio, dialettica, auctoritas, traslatio, similitudo, mytho-logia
Quaestio, rationem reddere and mytho-logia in Peter Abelards philosophical and theological method
Summary: with no pretensions to be exhaustive, this article intends to analyze some peculiar elements
and aspects of the philosophical methodology used by the famous logician Peter Abelard in the
theological research domain. In particular, it wants to highlight the links between Abelard and the cultural
contest of the XII century, when new exposition forms and research procedure were born, as well as to
underline the aspects of traditio and novitas in the abelardian speculation.
Key-words: Abelard, quaestio, dialettica, auctoritas, traslatio, similitudo, mytho-logia.

Accingendosi a comporre le sue opere, molte volte il celebre maestro di logica


e teologica2 Pietro Abelardo afferma che la loro genesi risiede nellurgenza di
rispondere a quaestiones sollevate dalle dispute tra i magistri del tempo, o nella
necessit di soddisfare le richieste degli scholares3 o di fornire chiarimenti su
tematiche morali, esegetiche, teologiche e filosofiche poste da Eloisa e dalle monache
del Paracleto4. Diverse lettere nascono dal tentativo di difendersi dagli attacchi dei
suoi antichi maestri5 e dalle accuse di eresia di Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di
Saint Thierry6. Nel Dialogus inter philosophum, judaeum et christianum7, considerato
lultimo scritto abelardiano, il magister immagina un confronto tra i tre personaggi che
1

. Domenica Parisi (Italia, 1979), ha conseguito la Laurea in Filosofia nel 2005 presso lUniversit degli
Studi di Palermo discutendo una tesi sul commento abelardiano al libro della Genesi dal titolo Esegesi,
dialettica e teologia. LExpositio in Hexameron di Pietro Abelardo. Nel 2007 ha conseguito
labilitazione alla docenza di Filosofia e Storia nei Licei. Attualmente insegna Filosofia e Storia e
collabora con lOfficina di Studi Medievali con la quale ha pubblicato saggi sullopera esegetica di
Abelardo e diverse recensioni.
2
Utraque lectio (Cfr. Historia calamitatum mearum, PL 178, coll. 126A, 139A).
3
Scholarium nostrorum petitioni prout possumus satisfacientes, aliquam sacr eruditionis summam quasi
divin scriptur introductionem conscripsimus (Theologia Scholarium, cura et studio E. M. Buytaert et
C. J. Mews, Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis XIII, Brepols, Turnhout 1987, Prefacio, 1).
Dora in poi TSch.
4
Cfr. Epistola III, PL 178, coll. 187A-192C; Epistola V, PL 178, coll. 199A-212C; Epistola VII de origine
sanctimonalium, PL 178, coll. 225D-256C; Epistola VIII Institutio seu regula sanctimonialium, PL 178,
coll. 225C-326A; Epistola IX de studio litterarum, PL 178, coll. 325A-336A; Sermones, PL 178, coll.
378-379; Problemata Heloisae, PL 178, coll. 677B-730B; Hymni et Sequentiae, PL 178, coll. 1771-1772.
5
Sono note le critiche mosse da Abelardo ai suoi antichi maestri, Roscellino di Compigne, Guglielmo di
Champeaux e Anselmo di Laon, sia su questioni di natura logico-dialettica, come, ad esempio, la disputa
sugli universali, sia di natura teologica ed esegetica (cfr. Historia calamitatum mearum, PL 178 coll.
116A-122B, 123A-125D; Epistola XIII Invectiva in quendam ignarum dialectices, PL 178, coll. 351C356D; Epistola XV quae est Roscelini ad Petrum Abaelardum, PL 178, coll. 357C-372A; Epistola XVII
quae est Petri Abaelardi fidei confessio, ad Heloisam, PL 178, coll. 375C-378A). Si vedano anche:
ANSELMO DAOSTA, PIETRO ABELARDO, ROSCELLINO, Tra le due rupi. La logica della Trinit nella
discussione tra Roscellino, Anselmo e Abelardo. Edizioni Unicopli, Milano 2000; E. BERTOLA, Le
critiche di Abelardo ad Anselmo di Laon ed a Guglielmo di Champeaux, in Rivista di filosofia
neoscolastica, 52 (1960), pp. 495- 522.
6
Cfr. PETRI ABAELARDI Apologia contra Bernardum, cura et studio E. M. Buytaert, Corpus
Christianorum. Continuatio Mediaevalis XI, Brepols, Turnhout 1969.
7
Cfr. Dialogus inter philosophum, judaeum et christianum, PL 178, coll. 1611A-1682A.

- diverso tramite venientes 8 - chiedono ad Abelardo stesso riconosciuto come giudice imparziale e saggio una valutazione serena delle loro leggi e principi religiosi9.
Tale uniformit di stile, che sta a fondamento della produzione abelardiana e
ne rappresenta uninteressante costante, non solo un semplice espediente letterario,
ma anche il frutto di un particolare clima culturale il XII secolo in cui, come
noto, prende avvio un nuovo metodo filosofico-teologico che rivendica un proprio
legittimo spazio accanto alle forme dottrinali ed espositive tipiche (la lectio e la
meditatio) della Schola Christi.
Va ricordato, inoltre, che legare la genesi di unopera, soprattutto di
argomento teologico, alle richiesta degli scholares rappresenta un topos abbastanza
diffuso nellepoca, basti pensare al celebre Prologo del Monologion10 o allincipit del
Cur Deus homo11 di Anselmo dAosta. Ma ad unanalisi pi profonda e sottile, credo
che si possa affermare che, ci che potrebbe sembrare un semplice espediente
letterario o una tradizionale tecnica, in Abelardo nasce dal nuovo paradigma
pedagogico e dallintento didattico che costituiscono il fondamento epistemologico
delle emergenti scuole cittadine germe delle universit -, e dalla peculiarit della
metodologia filosofica che il magister utilizza nello studio de divinis.
Lindubbia e indiscussa rinascita e il fecondo rinnovamento che si verificano
tra la fine dellXI secolo e lultimo quarto del XII secolo nelloccidente latino
affondano le loro radici in un tentativo di razionalizzazione che investe tutti gli ambiti
del sapere, in cui decisivi e determinati sono i contributi e gli apporti derivanti
dallintroduzione delle arti liberali del trivium (grammatica, retorica e dialettica) e del
quadrivium (aritmetica, geometria, astronomia e musica). Questo tentativo di
razionalizzazione - tanto dei contenuti quanto dei metodi del sapere - certamente
prerogativa dei novi magistri che, prima nelle scholae cittadine e poi nelle nascenti
universit, contenderanno prestigio, fama e scholares ai teologi monastici12.
Muovendosi attorno ai due poli delle auctoritates, - cio degli autori
accreditati, il cui pensiero degno di fede e fonte di certezza - e delle probabilitates, gli argomenti della ragione -, i metodi e le forme espositive della nuova cultura sono
accomunati da un accentuato spirito di controversia13, dalla continua posizione di
domande e questioni nel tentativo di ricercare e offrire soluzioni. Saranno accettate
come valide quelle soluzioni che, vagliate dalla ratio, porranno fine alle diatribe e alle
controversie nate da interpretazioni semplicistiche e acritiche delle sententiae della
tradizione. Per queste ragioni, nei secoli XI e XII, a Chartres, a Parigi, a Laon come a
Salerno e a Bologna, si insegnano come saperi di base fondamentali il diritto, la
grammatica, la retorica e la dialettica. Del resto, chiaro che, in quanto interpretatio
verborum, il diritto ha a che fare con la logica; e la giurisprudenza stessa, intorno alla
8

Ibidem

9
Ibidem,
10

col. 1613B-C.
Quidam fratres saepe me studioseque precati sunt, ut quaedam, quae illis de meditanda divinitatis
essentia et quibusdam aliis huiusmodi meditationi cohaerentibus usitato sermone colloquendo
protuleram, sub quodam eis meditationis exemplo describerem (S. ANSELMI CANTUARIENSIS
ARCHIEPISCOPI Monologion, Prologus).
11
Saepe et studiosissime a multis rogatus sum et verbis, et litteris, quatenus cujusdam quaestionis de fide
nostra rationes, quas soleo espondere quaerentibus, memoriae scribendo commendarem: dicunt enim sibi
placere eas, et arbitrantur satisfacere (S. ANSELMI CANTUARIENSIS ARCHIEPISCOPI Cur Deo homo, I, 1).
12
Il termine teologia monastica sembrato agli studiosi il pi adatto e appropriato per definire la
produzione e il pensiero teologico elaborati nei monasteri nel corso del medioevo e che raggiunge il suo
apice nel XII secolo. Per una storia del termine cfr. rispettivamente G. DONOFRIO (a cura di), Storia della
Teologia nel Medioevo, vol. II, p. IV. Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1996, pp. 119-123; G. PENCO,
La teologia monastica: bilancio di un dibattito, in Benedictina 26 (1979), pp. 189-198; P. ZERBI,
Ancora a proposito di teologia monastica e teologia scolastica, in Rivista di storia della Chiesa in
Italia, 52 (1998), pp. 397-408.
13
P. FELTRIN-M. ROSSINI (a cura di), Verit in questione. Il problema del metodo in diritto e teologia nel
XII secolo. Pierluigi Lubrica Editore, Bergamo 1992, pag. 13.

10

met del XII secolo, impiega come propri i procedimenti della dialettica e nelle
scholae viene impartita come parte integrante della grammatica e della retorica.
Analogamente, gli studenti delle arti vengono istruiti e addestrati alluso degli
strumenti retorici e dialettici mediante la discussione (disputatio) di argomenti etici e
giuridici e, come ai tempi della sofistica greca, queste discipline traggono dalla
controversia giudiziaria il tipico esempio della discussione.
Tutto ci contribuisce a formare e a diffondere una particolare mentalit
controversistica, a fornire una cultura complessa, varia, interdisciplinare che
adopera un corposo e raffinato bagaglio di strumenti logici e argomentativi.
Lo spirito di controversia e il carattere dialettico e dialogico che
contraddistinguono il sapere e la cultura del tempo derivano proprio dalle modalit
tipiche dellinsegnamento giuridico del XII secolo e da quella che, non a torto, viene
ritenuta la creazione pi originale del sapere giuridico medievale: la quaestio.
La quaestio iuris sollevata da un thema o problema considerato dubitabilis
propositio, cio unaffermazione su cui possibile avanzare dubbi e porre domande.
Nella disputatio il problema suscita due soluzioni fra loro contraddittorie ma
parimente legittime fra le quali bisogna scegliere. I partecipanti alla disputa, lactor e
il reus, illustrano gli argomenti e i ragionamenti a favore delle loro tesi presentando i
limiti della controparte (pro et contra). Infine, preso atto delle ragioni dellactor e di
quelle del reus, il magister pronuncia la solutio della quaestio.
Per queste sue caratteristiche, la quaestio, nata allinterno delle aule di diritto,
viene, in seguito, impiegata anche nelle scholae di teologia, imponendosi come valido
strumento di ricerca e come privilegiata forma espositiva. La sua struttura dialogica e
la tensione dialettica fanno di essa uno strumento speculativo in grado di rispondere
alle nuove esigenze spirituali e culturali della nuova et.
Pietro Abelardo sembra costituire lanello di congiunzione fra cultura
giuridica e cultura teologica nel XII secolo, (). Egli perfeziona in senso dialettico gli
strumenti di analisi del diritto ()14.
Fiero assertore dellutilit ma anche della necessit e della legittimit
dellimpiego degli strumenti del trivium nello studio de Deo, Abelardo elabora un
metodo filosofico-teologico sintetizzato nella nota affermazione non esse mee
consuetudinis per usum proficere sed per ingenium15. Egli concepisce il lavoro del
teologo non come una sterile pratica (lusum appunto) volta a trovare e a proporre un
accordo spesso pi apparente che reale tra le sententiae e le doctrinae delle
autorit e dei Padri, ma piuttosto come unincessante ricerca16 volta a chiarire e a
comprendere, mediante ragioni umane e argomenti filosofici17, i termini e le
espressioni impiegati nel discorso de divinis.
Punto di partenza della ricerca teologica abelardianamente intesa il dubbio,
che ne costituisce il pungolo e lo strumento stesso perch dubitando enim ad
inquisitionem venimus; inquirendo veritatem percipimus18. Chiaramente si tratta non
di un dubbio scettico volto ad affermare limpossibilit di un discorso razionale su Dio
ma, per cos dire, di un dubbio metodico19 in cui la messa in questione (quaestio,

14
15
16
17
18
19

P. FELTRIN M. ROSSINI (a cura di), op. cit., pag. 29.


Hist, PL 178, col. 125A.
Assidua seu frequens interrogatio (Sic et Non, PL 178, col. 1349A).
Cfr. Hist, PL 178, col. 141A.
Sic et Non, PL 178, col. 1349B.
Cfr. A. CROCCO, Le cinque regole ermeneutiche del Sic et Non, in Rivista Critica di Storia della
Filosofia 34 (1979), pp. 452-458.

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disputatio) costituisce il primo passo verso una theo-loghia in cui il dire su Dio
appunto non si riduce ad una vuota e sterile prolatio verborum20.
Riprendendo Cicerone21, Abelardo afferma che ogni controversia si muove e
si risolve nellambito dello scritto e del ragionamento22, e solamente a questo livello,
con gli strumenti forniti dalla retorica e dalla pratica della quaestio, dalla grammatica
e dalla semantica, dalla dialettica, possibile risolvere le controversie e le diatribe
interpretative (quaestiones) tra le principali auctoritates e procedere poi ad una
comprensione autentica degli enunciati e delle espressioni linguistiche utilizzati.
Lauctoritas rappresenta il punto di avvio alla ricerca, non la barriera che ne evita la
prosecuzione limitando il lavoro del teologo a quello di tradizionale glossatore.
Secondo Abelardo, invece, nei confronti della tradizione patristica bisogna lavorare
con gli strumenti di unesegesi raffinata e niente affatto timorosa: diligenter intendum
est23. I Padri infatti si esprimono con il linguaggio umano e possono errare
nellimpiego del linguaggio stesso o essere oggetto di errata interpretazione o
trasmissione24, diversamente, invece, dai testi sacri, perch ispirati da Dio, sono
oggetto di fede indiscussa25.
Anche per tali ragioni, Abelardo ritiene indispensabile lintroduzione degli
strumenti della dialettica nellambito dello studio de Deo e ne difende e giustifica non
solo lutilit ma anche la necessit e la legittimit.
La laus dialectice presente in molti scritti abelardiani: il secondo libro della
Theologia Summi Boni ruota intorno a questo tema, cos come il terzo libro della
Theologia Christiana26, e lEpistola XIII un vigoroso attacco contro coloro che, pur
essendo ignoranti di dialettica, ne condannano luso, simili alla volpe della favola di
Fedro che non riuscendo a mangiare le ciliegie le disprezza come acerbe27.
Nella difesa degli strumenti della dialettica e delle leggi della logica, Abelardo
richiama lautorit di Agostino di cui riporta brani tratti del De ordine e del De
Doctrina Christiana e cita la definizione data dallIpponate della dialettica come
disciplina disciplinarum28.
20

() Theologie tractatum De Unitate et trinitate divina scholaribus nostris componerem, qui humanas
et philosophicas rationes requirebant, et plus intellegi quam que dici possent efflagitabant: dicentes
quidam verborum superfluam esse prolationem quam intelligentia non sequeretur, nec credi posse
aliquid nisi primitus intellectum, et ridiculosum esse aliquem aliis predicare quod nec ipse nec illi qus
doceret intellectu capere possent (Hist, PL 178, coll. 141A-142A).
21
Cfr. CICERO, De invenzione, II, 40.
22
Cum onmis controuersiae discussio aut in scripto aut in ratione uersetur et in eisdem terminetur ()
(PETRI ABAELARDI Theologia Christiana, cura et studio E. M. Buytaert, Corpus Christianorum.
Continuatio Mediaevalis XII, Brepols, Turnhout 1969, III, 1. Cfr. anche PETRI ABAELARDI Theologia
Summi Boni, cura et studio E. M. Buytaert et C. J. Mews, Corpus Christianorum. Continuati
Mediaevalis XIII, Brepols, Turnhout 1987, II, 1. Dora in poi TChr e TSB
23
Cfr. Epistola XV quae est Roscelini ad Petrum Abaelardum, PL 178, col. 366C.
24
() Ad quam nos maxime pervenire impedit inusitatus locutionis modus ac plerumque earumdem
vocum signiticatio diversa, cum modo in hac, modo in illa significatione vox eadem sit posita? Quippe
quemadmodum in sensu suo, ita et in verbis suis unusquisque abundat (). Saepe etiam, pro diversitate
eorum quibus loquimur, verba commutari oportet; cum frequenter eveniat ut verborum propria
significatio nonnullis sit incognita aut minus usitata. Quibus quidem si ad doctrinam, ut oportet, loqui
volumus, magis eorum usus quam proprietas sermonis aemulandus est, sicut et ipse grammaticae
princeps et locutionum instructor Priscianus edocet (Sic et Non, PL 178, col. 1339B-C).
25
Riprendendo SantAgostino (cfr. AUGUSTINUS, De Genesi ad litteram, II, 5) Abelardo afferma che non
si deve dubitare di quanto contenuto nella Sacra Scrittura: scriptura testante nulli dubium est (PETRI
ABAELARDI Expositio in Hexameron, cura et studio M. Romig, auxilium praestante D. Luscombe, Corpus
Christianorum. Continuatio Mediaevalis XV Brepols, Turnhout 2004, 98).
26
Cfr. rispettivamente TSB, II, 5-27 e TChr, III, 1-50.
27
In realt nella favola di Fedro, alla quale Abelardo si riferisce, non si parla di ciliegie ma di uva (cfr.
FEDRO, Favole 4, 3. Milano 2007, pag. 533).
28
De cuis laude excellentissimus doctor Augustinus in libro De ordine his uerbis scribit: Disciplinam
disciplinarum, quam dialecticam uocant. Hec docet docere, hec docet discere. In hac seipsa ratio
demonstrat atque aperit quid sit, quid uelit; scit scire; sola scientes facere non solum uult, sed etiam
potest. Quam etiam idem auctor in libro De doctrina christiana non solum ceteris scripturis, uerum
etiam sacris litteris maxime necessariam commendat dicens: Restant ea que non ad corporis sensus, sed

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Ma oltre al richiamo allauctoritas agostiniana, negli scritti abelardiani, possibile rintracciare diverse argomentazioni che, pur in modo non sistematico, tendono a
dimostrare che lo strumento pi adeguato per il lavoro teologico la dialettica.
In primo luogo, Abelardo fa riferimento alluso e, per conseguenza, allutilit
della dialettica e istituisce il noto paragone tra logica e spada: cos come la spada pu
diventare uno strumento di difesa o di violenza a secondo se viene utilizzata dal
principe o dal tiranno, analogamente anche della dialettica possibile un duplice
utilizzo29: gli pseudodialettici fanno un uso distorto di essa perch essi non usano ma
abusano di tale arte30, e in tal modo essa si rivela dannosa per la fede. Ma mediante un
corretto utilizzo degli strumenti della dialettica possibile confutare e respingere i
ragionamenti scorretti e le errate dottrine dei nemici della fede. Del resto, argomenta il
magister palatino, nessuna scienza, in quanto donum Dei, malvagia; infatti, anche la
scienza del male un bene, perch essa indispensabile per evitare il male stesso, allo
stesso modo che la possibilit di fare il male necessaria per acquistare merito31.
Inoltre, poich il lavoro del teologo si fonda sullo studio divinorum librorum,
secondo il palatino, solo limpiego delle discipline del trivium permette una comprensione profonda e una corretta interpretazione dei termini impiegati nei testi sacri32. Per
questo necessario elaborare regole per una lettura critica dei testi che Abelardo enuncia nel celebre prologo del Sic et Non33. Lesegesi critica, quindi, non solo conferma la
necessit della ragione logica per la fede, ma rappresenta uno degli elementi che contribuiscono a costituire lo spazio entro il quale tale ragione si muover. Per Abelardo la
verit rivelata, o meglio, il suo enunciato, non pu contraddire le leggi della ragione, e
rende cos necessario intelligere, per quanto possibile, ci che viene affermato. Il
momento dellintelligentia dunque fondante anche rispetto alla possibilit di
proferire le parole della fede. I termini di un discorso, infatti, diventano inutili per la
comunicazione se coloro che li pronunciano non sono in grado di comprenderli34.
Lutilizzo sistematico e coerente delle discipline del trivium e, soprattutto, la
sua lucida legittimazione favoriscono il fecondo passaggio dalla sacra pagina alla
sacra doctrina35 o, pi precisamente, alla theologia, termine che nelle scholae
comincia ad indicare la scientia de Deo la cui paternit risale proprio ad Abelardo36.
ad rationem pertinent, ubi disputationis disciplina regnat et numeri. Sed disputationis disciplina ad
omnia genera questionum que in sacris litteris sunt penetranda ac discutienda, plurimum ualet. Tantum
ibi cauenda est libido rixandi et puerilis quedam ostentatio decipiendi aduersarium. Sunt enim multa que
uocantur sophismata, false conclusiones rationum et plerumque ita ueras imitantes ut non solum tardos,
sed ingeniosos etiam decipiant (TSB, II, 5). Cfr. anche Epistola XIII, PL 178, coll. 351D-356D.
29
Tenet itaque hec philosophia acutissimi gladii instar, quo tirannus ad perniciem, princeps utitur ad
defensionem, ac pro intentione utentium, sicut plurimum prodesse, ita et plurimum nocere potest. Scimus
quidem a perypateticis, quos nunc dialecticos appellamus, nonnulla set maximas hereses tam stoycorum
quam epycureorum rectis rationibus esse repressas (TSB, II, 6).
30
Non utentes arte sed abutentes (TSB, II, 4).
31
Sed neque ullam scientiam malam esse concedimus, etiam illam que de malo est; que iusto homini
deesse non potest, non ut malum agat, sed ut a malo precogita sibi prouideat, quod nisi cognitum, teste
Boetio, uitare non posset. () Si qua autem scientia mala esset, utique malum esset quedam conoscere ac
iam absolui a malicia deus non posset, qui omnia nouit. In ipso enim solo omnium plenitudo est
scientiarum cuius donum est omnis scientia (TSB, II, 7).
32
() La philosophie dAblard est, spontanment, le produit dune rflexion sur le langage (J JOLIVET,
Arts du langage et thologie chez Ablard. Paris, Vrin 1982).
33
Cfr. Sic et Non, PL 178, coll. 1339A-1349C.
34
() Dicentes quidem verborum superfluam esse prolationem quam intelligentia non sequeretur, nec
credi posse aliquid nisi primitus intellectum, et ridiculosum esse aliquem aliis predicare quod nec ipse
nec illi quos doceret intellectu capere possent, Domino ipso arguente quod ceci essent duces cecorum
(Hist, PL 178, coll. 141A-142A).
35
M. D. CHENU, La Teologia nel Medio Evo. La Teologia nel sec. XII. Jaca Book, Milano 1972, pag. 356.
36
Cfr. G. ALLEGRO, La theologia nei trattati trinitari di Pietro Abelardo, in Schede Medievali, 11
(1986), pp. 314-330; M. D. CHENU, op. cit., pag. 356-358; H. SANTIAGO-OTERO, El trmino teologia en
Pedro Abelardo, in Revista Espaola de teologa, 3 (1976), pp. 251-259. Va detto che lintroduzione e
luso del termine teologia, che anche il titolo dei trattati trinitari del magister, suscitarono gi negli
stessi contemporanei sospetti e aspre critiche; cos scrive Bernardo di Chiaravalle: Legite, si placet,
librum Petri Abaelardi, quem dicit Theologiae () et videte qualia ibi de sancta Trinitate dicantur (S.

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Fino ad allora, infatti, il termine veniva usato dai Padri per indicare la
mitologia e le dottrine dei gentili non conciliabili con la fede cristiana o la ricerca
naturale su Dio anteriore alla rivelazione cristiana37; con Abelardo, invece, theologia
perde il suo antico significato e comincia ad indicare etimologicamente la ricerca
razionale su Dio38 che adopera gli strumenti della ragione dialettica nella spiegazione
dei misteria fidei39.
Ma, seppur utile e fecondo, perch permette di sciogliere le nodose questioni
che animano gli scritti dei Padri e dei magistri e di giungere al chiarimento
(intelligere) logico-semantico degli enunciati di fede, limpiego degli strumenti della
ragione dialettica non permette, tuttavia, di penetrare e comprendere (comprehendere)
lessenza divina: Dio longe remotus e la ratio con i suoi strumenti non riesce a
colmare lassoluta alterit divina e la distanza ontologica tra luomo e il suo Creatore.
Nel pensiero di Abelardo, infatti, i verbi intelligere e comprehendere hanno una
valenza gnoseologica diversa e vengono adoperati per indicare due diverse modalit
del conoscere delle verit di fede. Il comprehendere indica una conoscenza perfetta ed
adeguata che coglie lessenza profonda della cosa, ed possibile, pertanto, solo a Dio;
mentre la capacit conoscitiva della ratio umana pu solo intelligere, cio estrapolare
il senso profondo dei termini impiegati, analizzare la costruzione dei periodi e
mostrare, quindi, che gli enunciati della rivelazione sono conformi alle leggi della
predicazione. Dunque chiaro che, anche per magister Petrus, allinterno della fede,
loperativit della ratio circoscritta al livello dellintelligere ed assolutamente
inadeguata a comprehendere le verit rivelate, che nella loro genesi e nel loro
intrinseco contenuto rimangono sempre sovrarazionali e avvolte nel mistero. Il suo
compito, limitato ma essenziale, invece, come gi detto, quello di far emergere
dallanalisi razionale del discorso su Dio lintellectus fidei o lintellientia divinorum
verborum, approfondendo e chiarendo il significato degli enunciati, fornendone una
spiegazione razionale (rationem reddere) mediante lapplicazione degli strumenti
BERNARDI ABBATIS CLARAEVALLENSIS Epistola CLXXXVIII, PL 182, col. 353B); ed ancora: ()
Theologiae, vel potius Stultilogiae suae(S. BERNARDI ABBATIS CLARAEVALLENSIS Epistola CXC seu
Tractatus contra quaedam capitula errorum Abaelardi, PL 182, col. 1061B). Guglielmo di Saint Thierry
afferma: Casu nuper incidit in lectionem cujusdem libelli hominis illius, cui titulus erat, Theologia Petri
Abaelardi. Fateor, curiosum me fecit titulus ad legendum (GUILLELMI ABBATIS S. THEODORICI Epistola
ad Bernardum abbatem Claraevallensem, PL 182, col. 531C).
37
Y. CONGAR, s. v. Theologie, in Dictionnaire de Thologie Catholique, XV. Paris 1946, col. 341.
38
Avec lui, on est pass de la Sacra pagina la Theologia. La thologie sachemine vers sa costitution
vritablement scientifique (Y. CONGAR, s. v. Theologie, in op. cit., col. 366). Avec Ablard, la sacra
doctrina peut sappeler thologie (J. COTTIAUX, La conception de la Tholgie chez Ablard, in Revue
dhistoire ecclsiastique 28 (1932), pag. 270).
39
Pagina sacra: tel est le mot primitif, et le plus littralement exact, pour dterminer le cadre de
lenseignement thologique lorsque stablit un rgime quelque peu stable des coles. On lit les pages du
livre sacr (). La formation des recueils sententiares et la naissance de questions modifient, au cours
du XIe sicle, la physionomie de la lectio scripturaire; mais la dnomination demeure, car les mots ne
retifient quaprs coup lvolution des institutions et le progrs des disciplines. A la fin du XIe sicle,
saint Anselme () ignore le mot theologia (...). De fait, cest Ablard qui met en circulation, avec son
sens moderne, le nom de theologia. Bien plus, il ladopte au point den faire le titre de son premier grand
ouvrage, la Theologia christiana; et plus tard, il composera une Introductio ad theologiam, dont le but est
ut multo facilius divinae paginae intelligentiam nostrum penetraret ingenium (Preaf. col. 979A). Le
mot parat aujourdhui banal. Il tait neuf alors, en pareil sens. Jusque l en effet theologia avait gard
presque sans exception le sens reu chez les Pres latins, qui tait un sens totalement extra-chrtien: de
Tertullien saint Augustin, et, aprs saint Augustin, dans tout le moyen ge qui le lit, theologia se rfre
la polmique contre la religion paenne (). Si lon veut parler du contenu de lenseignement chrtien, on
parle, cette priode, de doctrina sacra, tout comme saint Augustin avait intitul son trait de mthode
dinterprtation des critures: De doctrina christiana. Lexpression demeure courante au XIIe et au XIIIe
sicle: saint Thomas intitule encore la premire question de la Somme thologique: De sacra doctrina
(). L encore la terminologie est en retard sur les faits et sur les progrs cependant dcisifs. Theologia,
au sens aujourdhui reu, dsignant une discipline distincte de lexgse scripturaire, fait donc son
apparition, dans la langue chrtienne des coles mdivales, avec Ablard; et ce sens nat trs prcisment
dans le contexte nouveau que constitue la mthode ablardienne: employ de la raison et de la dialectique
dans lexplication scientifique du donn rvl. () Theologia prend valeurs particulires hors le sens
gnral de science des choses divines (G. PAR, A. BRUNET, P. TREMBLAY, La Renaissance du XIIe. Les
coles et lenseignement. Paris-Ottawa 1933, pp. 307-310).

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critici della dialettica, mostrando che le differenze e le incongruenze tra molti passi
della Scrittura e le diverse opinioni dei Padri non sono irriducibili dissonanze ma sono
diversa sed non adversa40, sono stati scritti diverso stylo non diversa fide41.
Per il magister bretone, il solo ambito dindagine legittimo e possibile per il
teologo lambito linguistico: il discorso su Dio riguarda le parole (verba) e non le
cose (res)42.
Tuttavia i dialettico Abelardo consapevole della debolezza della ratio
umana dinanzi allineffabile mistero di Dio e della sproporzione tra largomento del
discorso (Dio) e lo strumento utilizzato (il linguaggio umano). Ma questi limiti vanno
in qualche modo superati se non si vuole ridurre il dire su Dio ad una vuota prolatio
verborum43o ad un assordante silenzio.
Per queste ragioni, Abelardo ritiene che il discorso teologico pu proporre
solamente qualcosa di verosimile44 facendo ricorso a similitudini, metafore e
allegorie45. proprio linopia verborum dellindagine teologica a giustificare il ricorso
a congrui esempi ed opportune similitudini46, impiegati fecondamente non solo dai
santi Padri ma anche dai profeti e dai filosofi47; e, del resto, ispirata da Dio, anche la
Sacra Scrittura esprime i misteri divini mediante immagini e figure simboliche il cui
significato profondo deve essere interpretato48.
Le metafore, le similitudini e le allegorie nascono dal riscontro di una qualche
similitudine tra unimmagine e ci a cui questa si riferisce. Nei suoi scritti di logica
Abelardo aveva esaminato lo strumento tecnico della translatio e il suo fondamento, la
similitudo, e ritiene che esso pu costituire un mezzo valido per superare, in qualche
modo, i limiti e gli ostacoli della ricerca teologica che priva di un linguaggio
proprio; la traslatio e la similitudine per, sottolinea Abelardo,consentono non di
superare lalterit del mistero, quanto piuttosto limpossibilit dellespressione.
Lutilizzo della traslatio, precisa Abelardo, non arbitrario, perch, in primo
luogo, esso si fonda su una similitudine (similitudo) tra il Creatore e la creatura che
rende possibile il trasferimento (trasferre) dei termini dal secondo al primo; ma,
soprattutto, esso ha dei limiti che ne mostrano linsufficienza. Infatti, se da un lato le
cose tra loro simili differiscono in qualcosa, e non vi alcuna similitudine se non tra
distinte49, anche vero che in questo caso la distinzione di tale radicalit da rendere
insufficiente la similitudo e ambigua la traslatio. Infatti, quando le espressioni linguistiche vengono utilizzate per parlare di Dio perdono il loro significato originario e non
40
41
42
43
44

Cfr. Sic et Non, Prologus, PL 178, col. 1339A.


AUGUSTINUS, De Trinitate, I, 3, 5.
Cfr. TSB, II, 3.
Cfr. Hist, 141A.
De quo quidem nos docere ueritatem non promittemus, quam neque non neque aliquem mortalium
scire constat, sed saltem aliquid uerisimile atque humane rationi uicinum nec sacre scripture contrarium
proponete libet aduersus eos qui humanis rationibus fidem se impugnare gloriantur (). Quicquid itaque
de hac altissima philosophia disseremus, umbram, non ueritatem esse profitemur, et quasi similitudinem
quondam, non rem (TSB, II, 26-27).
45
Accidit autem mihi ut ad ipsum fidei nostre fundamentum humane rationis similitudinibus disserendum
primo me applicarem (Hist, PL 178, col. 141A).
46
Nunc autem fidei summa circa unitatem ac trinitatem divinam a nobis proposita, superest ut aduersus
inquisitiones dubitantium congruis eam similitudinum exemplis defendamus atque astruamus (TSch, I,
27); congruis rerum exemplis vel similitudinis ratiocinando (ibidem, II, 46).
47
() Ipsi quoque sancti de his qu ad fidem pertinent ratiocinantes multis exemplorum uel similitudinem
rationibus rebelles arguire uel reprimere soleant? (TSch, II, 44); Hoc quipped loquendi genus
philosophis quoque sicut et prophetis familiarissimum est,ut uidelicet, cum ad archana philosophi
perueniunt, nichil uulgaribus uerbis efferant, sed comparationibus similitudinem lectorem magis
alliciant. Qu enim quasi fabulosa antea uidebantur et ab omni utilitate remota secundum litter
superficiem, gratiora sunt, cum, magnis plena misteriis postmodum reperta, magnam in se doctrin
continent dificationem (ibidem, I, 158).
48
Cfr. ibidem, II, 32.
49
Cfr. TSB, II, 49.

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permettono di penetrare lessenza profonda ma solo di assaporare superficialmente


lineffabile maest utilizzando la congettura piuttosto che la conoscenza50.
Nei testi sacri e nelle opere dei filosofi e dei Padri, sono impiegati spesso e
assai efficacemente allegorie, metafore, figure. Il parlare per immagini (mytho-logia)
tipico non solo della tradizione cristiana ma un procedimento utilizzato anche dai
filosofi pagani, basti pensare a Platone che nella sua vasta produzione ha impiegato
abbondantemente il mito soprattutto per chiarire e sostenere le acquisizioni pi alte
della sua speculazione filosofica51.
Le immagini fornite devono essere intese allegoricamente52 e solo si
diligentius discutiuntur apparir chiaro che esse racchiudono un insegnamento
profondo e istruttivo. Ad esempio, se si procede oltre il livello superficiale e si cerca
di penetrarne il significato velato, apparir chiaro che la dottrina platonica dellAnima
mundi una pulcherrima involucri figura che allude allo Spirito Santo. Infatti
Abelardo non identifica tout court Anima Mundi e Spirito Santo ma lAnima Mundi
immagine allegorica, figura, metafora dello Spirito Santo.
Lutilizzo della mytho-logia quindi legittimo nellambito della ricerca
razionale su Dio perch, come gi rilevato, si tratta di una disciplina priva di un
linguaggio proprio e il ripiegamento sul linguaggio umano limitato e trova degli
ostacoli; allora il ricorso alle immagini e ai simboli permette di sfruttare tutta la loro
potenza evocativa. Inoltre, come gi in Platone, la mytho-logia, intesa come
narrazione probabile e verosimile che parla per immagini, sostiene e arricchisce la
ratio umana che dinanzi al mistero dellassoluta alterit e ineffabilit di Dio deve
necessariamente far ricorso a congruis exemplis vel similitudinibus53 e che pu
proporre solamente qualcosa di verosimile, vicino allumana ragione e non contrario
alla Sacra Scrittura giungendo non alla verit ma allombra della verit, non la cosa
ma una certa similitudine con essa54.
Recebido para publicao em 12-11-09; aceito em 26-11-09
50

Unde in deo nullum propriam inuentionem uocabulum seruare uidetur, sed omnia que de eo dicuntur,
translationibus et parabolicis enigmatibus inuoluta sunt et per similitudinem aliquam uestigantur ex
parte aliqua inductam, ut aliquid de illa ineffabili maiestate auspicando potius quam intelligendo
degustemus (TSB, II, 78). Cft. anche TChr, III, 134.
51
Negli scritti abelardiani, facile trovare espliciti riferimenti alla filosofia di Platone chiamato da
Abelardo maximus philosophorum. In particolar modo, uno degli elementi pi rilevanti della riflessione
teologica di Abelardo rappresentato dal parallelismo tra testimonia prophetarum e testimonia
philosophorum in relazione alla dottrina trinitaria. Il sostegno alla fede in un Dio uno e trino, non ,
secondo Abelardo, fornito esclusivamente dai testi biblici ma anche dalle affermazioni di alcuni filosofi
dellantichit. Tale concezione si basa su una precisa concezione delleconomia della salvezza: la
rivelazione avviene attraverso la manifestazione di Dio nei libri sacri e nel libro della natura ma anche
mediante gli scritti dei filosofi e per conseguenza mediante la ragione umana. Negli scritti dei filosofi
pagani, soprattutto Platone e Microbio, si possono trovare affermazioni ed elementi che confermano la
fede cristiana. Il platonismo diviene un momento imprescindibile del processo attraverso il quale la
ragione manifesta se stessa in una sorta di doppia rivelazione. Questa valutazione del platonismo
determina conseguenze rilevanti sul piano della lettura e dellinterpretazione dei testi dei filosofi antichi.
Infatti, per poter rintracciare gli elementi di verit, relativamente al contenuto della fede cristiana, presenti
in questi scritti, necessario andare al di l della lettera, squarciare il velo che ricopre e preserva, per non
svilirli, i profondi e istruttivi insegnamenti in essi contenuti. Questo tipo di lettura se da un lato consente
di recuperare, a sostegno del discorso di fede, le fonti stesse della razionalit, dallaltro, sulla base della
constazione che i pagani non furono pienamente coscienti del significato racchiuso ei propri discorsi,
indirettamente sostiene che la piena verit degli scritti dei filosofi si disvela solo a seguito della venuta i
Cristo (Cfr. T. GREGORY, Ablard et Platon, in Peter Abelard. Proceeding of the International
Conference. Louvain, may 10-12, 1971, ed. E.M. Buytaert, Medievalia Lovaniensia, Serie I/ Studia II,
Louvain 1974, pp. 38-63).
52
() per inuolucrum accipienda esse (TSB, I, 43)
53
TSch, II, 46.
54
De quo quidem nos docere ueritatem non promittimus, quam neque nos neque aliquem mortalium scire
constat, sed saltem aliquid uerisimile atque humane rationi uicinum nec sacre scripture contrarium
proponere libet (). Quicquid itaque de hac altissima philosophia disseremus, umbram, non ueritatem
esse profitemur, et quasi similitudinem quandam, non rem. Quid uerum sit, nouerit dominus; quid
uerisimile sit ac maxime philosophicis consentaneum rationibus quibus impetimur, dicturum me arbitror
(TSB, II, 26, 27).

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