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23/10/15!

!Merleau-Ponty
!L'uomo si d nel mondo, ma diversamente da Heidegger. Il fatto che Heidegger pensi l'essere nel

mondo in senso ontologico, per Merleau-Ponty comporta che alla fine Heidegger schiaccia l'essere
nel mondo e lo assume completamente in funzione del problema dell'essere. Quindi l'essere nel
mondo finisce ad essere la via preparatoria alla riflessione sullesserci. In questo caso qualcosa
che una volta utilizzato pu essere anche abbandonato e che al servizio del problema
dell'esserci. Per Merleau-Ponty si tratta invece dell'insediarsi nell'essere nel mondo per cogliere le
strutture, le modalit, le condizioni di questa modalit di essere nel mondo. La caratteristica
fondamentale dell'essere nel mondo l'intersoggettivit. Noi siamo nel mondo in quanto siamo in
relazione gli uni con gli altri e di noi con le cose. L'essere nel mondo lo stare dentro una
dimensione di intersoggettivit. Questa l'idea di Merleau-Ponty ripresa in parte da Husserl. Il
tema dell'intersoggettivit introdotto non dal pensiero, ma dal corpo in quanto siamo enti
corporei, siamo medi intersoggettivi. Se noi fossimo enti di pensiero saremmo per un verso chiusi
nella nostra attivit di pensiero e per un altro verso dentro un orizzonte dato nell'unit di pensiero.
Il problema dellintersoggettivit, che il problema di stare l'uno con l'altro che significa che l'uno e
l'altro si appropriano vicendevolmente. La nostra relazione si d nel corpo di una dinamica
relazionale. Se ci fosse un pensiero che governasse tutto non si avrebbe questo, si avrebbe solo
un'unit di relazioni. Il fatto che ci sia il corpo d ragione non solo della fatica della relazione
intersoggettiva, ma sopratutto dell'ambiguit. Noi siamo sempre sulle tracce dell'altro passando per
come l'altro si manifesta e il suo possedere come si manifesta implica un rapporto che si viene
costituendo nella dinamica del suo costituirsi che non ha un punto saldo di partenza e n un
termine saldo di riferimento, ma sempre in corso e questo essere in corso non un essere in
corso normale, ma nel medio di ambiguit per cui ci confondiamo, ci smarriamo. Tutto ci che
abbiamo degli altri non si d solo nella fatica della relazione, ma anche della fatica di
comprensione nell'incomprensione. La comprensione si d sempre in un intreccio con
l'incomprensione, non mai davanti schiacciata nel positivo dei contenuti positivi. Il fatto stesso di
comprendere un procedere a tentoni, un accostarsi a e mai un possedere. Questa situazione che
connota la relazione che abbiamo con gli altri definita non dal fatto che siamo esseri di pensiero,
perch se cos fosse non avremmo ragione di questo fatto, ma non abbiamo la situazione di
transizione in cui tutto sta. L'essere sulle tracce ci dato innanzitutto dal fatto del nostro essere
corporeo che ha come caratteristiche:
1) l'essere nell'intersoggettivit: il corpo non mai chiuso in se stesso, un medio che si mette in
relazione, il corpo viene a parlare un medio espressivo e non chiuso solo nelle sue interne
dinamiche, quindi il corpo un medio intersoggettivo;
2) il corpo non nell'interiorit, non nella visione di pensiero, non nel profondo dellinespresso,
ma nell'esteriorit. Noi siamo consegnati a un corpo nel senso che siamo precipitati, gettati nel
nostro corpo. Il corpo prima di essere il nostro corpo il corpo in cui ci troviamo e siamo noi che
progressivamente ci appropriamo di esso facendone un medio relazionale. Questo prendere corpo
viene dal corpo in cui siamo insediati. Questo il concetto cardine di Merleau-Ponty.

!Per capire questo concetto bisogna pensare rovesciandolo all'ermeneutica cio fa l'opposto da

essa, ma usa la stessa logica. L'ermeneutica quel tipo di sapere che a partire da una dimensione
di interiorit di come questa possa essere afferrata e la risposta che essendo qualcosa di interiore
non pu essere afferrata, ma qualcosa sulle cui tracce ci mettiamo per quanto passiamo dalle
sue oggettivazioni. I sentimenti profondi sono chiusi nel solipsistico dell'esperienza, ma le cose
non stanno cos. Stando noi dentro a contesti relazionali, ci che alberga al fondo dell'esperienza
lo facciamo parlare in qualche modo innanzitutto attraverso il linguaggio. Tuttavia, il linguaggio
per sua natura qualcosa di irriducibile al profondo che sta al fondo delle cose e che si viene
accostando a questo che sta al fondo delle cose. Noi facciamo parlare il fondo delle cose per come
si venuto trasponendo. Un individuo ha determinati sentimenti che si traspongono in determinate
azioni. Noi muoviamo da questi accadimenti come muoviamo dalle parole che veniamo dicendo
per metterci sulle tracce di ci a cui le parole e gli accadimenti fanno capo e il movimento di
metterci sulle tracce un continuo andare intorno che non si traduce mai in un afferramento,
perch abbiamo a che fare con qualcosa che nel suo essere originario ci sfugge. Noi ci possiamo
accostare, ma non possiamo mai averlo in mano in carne ed ossa.
Merleau-Ponty fa esattamente l'operazione opposta, ma con la stessa logica. Fa l'operazione
opposta perch non mette a capo una dimensione interiore profonda, ma mette a capo l'esteriorit

del corpo, cio il corpo qualcosa di puramente esteriore e innanzitutto anonimo, il corpo una
modalit di essere in cui ci troviamo. Il problema come di questo esteriore noi ci veniamo
appropriando e la logica ermeneutica per cui il processo di appropriazione si consuma in se stesso
nel senso che per quanto scontiamo due termini eterogenei, ci sar sempre uno scarto fra
l'espressione e uno o laltro dei due termini. Se sostituiamo l'interiore con l'esteriore e viceversa e
poniamo il problema del rapporto fra uno di questi due termini e l'espressione del medio
manifestativo e il manifestarsi, vi sempre un momento di scarto tra il medio del manifestarsi e ci
a partire da cui si esercita la manifestativit. Merleau-Ponty riprende quest'idea per cui il
manifestarsi si consuma in primo luogo come manifestarsi, cio non d mai una padronanza delle
cose e in secondo luogo questo movimento del risultare delle cose non mai un movimento piano
del venire apparire delle cose, ma un movimento che si consuma a partire da una frattura
originaria che non viene mai superata e che si fa ogni volta di nuovo presente e che pu sempre
essere rideterminata, ma mai azzerata. Lo scarto la condizione stessa dell'essere dell'esperienza
quindi le cose sono nello scarto e ci comporta 1) che ogni essere manifestativo si connota
partendo da un'opacit originaria, non abbiamo un mondo nella trasparenza, ma nell'opacit
perch l'essere nel corpo nell'opacit e 2) il fatto che vi sia una condizione originaria di opacit
comporta che ci che a partire da questa condizione originaria di opacit si viene costruendo, non
mai trasparente nella positivit del suo essere presente, ma sempre nell'ambiguit. L'idea
fondamentale di Merleau-Ponty che lambiguit non un limite dell'esperienza, ma condizione
stessa dell'esperienza. L'ambiguit non limite che impedisce il farsi presente della verit, ma la
condizione in quanto la verit sempre nell'ambiguit. Il problema di Merleau-Ponty non
riportare tutto alla luce, ma vedere tutto contro luce, vedere l'ombra nella luce e in ci noi nello
stesso tempo costruiamo la possibilit dell'esperienza passando sempre fra termini che sono non
in corrispondenza. L'immagine classica quella del toccante toccato delle due mani che si toccano
contemporaneamente che non mi d un'unica sensazione di attivit e passivit, ma mi d
un'attivit che funziona nella passivit e viceversa. Non si attivi e passivi insieme, ma attivipassivi e viceversa e ci vuol dire che il passaggio fra attivo e passivo si consuma sempre che a
partire dall'attivo si ha il passivo. Questo essere originariamente nella sensibilit, nella passivit,
ma ci nello stesso tempo ci a partire da ci si apre qualcos'altro che l'essere nellattivit. Il
corpo subisce sensazioni, impulsi, soggetto da pressioni interne ed esterne, bombardato a vari
livelli, ma a ci risponde atteggiandosi verso e quindi un ente passivo che si fa attivo e questa
relazione attivo-passivo il momento relazionale che si consuma sempre a partire dal fatto che,
dal non essere nell'insediamento in se stesso. Il fatto che abbiamo le cose nel corpo invece che
nel pensiero, non comporta semplicemente un cambio di prospettiva per cui costruisco un ordine di
esperienza, ma il corpo sconta non solo la costruzione di un altro universo, ma sconta una logica
alternativa che ha come suo presupposto l'ambiguit, una logica per cui ci che anima l'esperienza
non sta mai nella pienezza della trasparenza. L'essere nello scarto allo stesso tempo il medio
tramite cui l'esperienza corre nel suo processo di approfondimento. In quanto nell'ambiguit
l'esperienza nello stesso tempo dentro una dinamica di approfondimento. Noi del corpo
possiamo dire che un esteriore che si interiorizza. Per l'ermeneutica abbiamo un interiore che si
esteriorizza, che si d nelle manifestazioni, in Merleau-Ponty l'esteriore che si d in
manifestazione, ma abbiamo sempre il momento dell'irriducibilit. Questo essere nell'ambiguit
ci che caratterizza la condizione del nostro essere nel mondo, cio siamo nel mondo in quanto
per un verso il mondo si d per noi e ne facciamo esperienza, il mondo per noi che ne facciamo
esperienza. Per un altro verso il nostro fare esperienza del mondo deriva dal fatto che siamo
nell'esperienza del mondo, ma noi facciamo esperienza del mondo perch siamo situati. Qui si
giocano due linee che sono irriducibili tra loro perch diciamo che il mondo nella nostra
esperienza in quanto sta fuori dalla nostra esperienza e noi siamo dentro al mondo. Quindi questa
contraddizione originaria la partire da cui la riflessione viene ad esercitarsi. Il punto
fondamentale che siamo insediati nell'esperienza delle cose e che le cose si danno nel corpo
della nostra esperienza. L'idea di Merleau-Ponty pensare un processo di acquisizione delle cose
per quanto siamo impegnati nelle cose e viene acquisendo il rapporto delle cose partendo dal fatto
che egli acquisisce questo rapporto stando nelle cose allo stesso tempo e quindi in funzione di
questa contraddizione originaria. Questo quindi il punto di partenza del pensiero di MerleauPonty. Come veniamo a capo di questa contraddizione originaria? Se la poniamo in termini di
pensiero non ne veniamo a capo perch due cose eterogenee non vengo nel pensiero, partiamo
dalla disidentit, come le teniamo insieme queste istanze cos diverse per cui il mondo il medio
tramite cui facciamo esperienza e noi siamo nel mondo mentre facciamo esperienza, queste cose
stanno insieme perch in quanto nello scarto entrano in relazione dentro un movimento per cui non
si d mai un movimento finale, ma un movimento del percorrere. Tutta l'esperienza va riletta dentro

un movimento del suo farsi e il suo farsi in funzione del suo essere nell'ambiguit che sconta
come condizione il suo essere nello scarto e questo il quadro che Merleau-Ponty viene facendo
della sua filosofia nella Fenomenologia della percezione.
Intorno agli anni '50, in Il visibile e l'invisibile, Merleau-Ponty toglie rilevanza, il suo problema che
lavorando intorno alla relazione di termini che sono nello scarto, lasciarsi alle spalle il problema del
rapporto soggetto-oggetto. Finch si d centralit al corpo si d un primato che sempre quello
del soggetto, si d il primato ad una coscienza anche se non di pensiero, ma corporea e ci la
rende radicalmente diversa dalla coscienza di pensiero. Finch restava in questa prospettiva
restava invischiato dentro un progetto, in senso lato, soggettivistico. Negli anni '50 viene cambiata
la prospettiva perch muta i termini del discorso ed empatizza il momento dello scarto. Non si
tratta pi di assumerci in quanto enti corporei nel medio del portare a distendere questa matassa
coeva e massiccia del corpo e a distenderla in una trama di fili come nella Fenomenologia della
percezione, ma si tratta di valorizzare la scoperta che si venuta facendo del toccante-toccato e
dell'essere nello stesso tempo il paesaggio in funzione nostra ed enfatizzare il momento
dell'irriducibilit delle due cose per pensare non pi una riflessione sul corpo, ma sull'essere. Se io
mi insedio non pi in un corpo che da anonimo si fa sempre pi padrone di se stesso, ma nella
relazione di scarto che intercorre, governata dall'opacit che intercorre fra me e le cose e fra me e
gli altri, non mi insedio pi n in me stesso n negli altri, ma nella relazione che intercorre fra me e
gli altri. L'essere il dispiegarsi della relazione fra me e l'altro. Merleau-Ponty critica Heidegger di
cercare un essere puro e di non scontare la natura vera dellessere che l'essere dentro un
determinato orizzonte di relazioni. Non possiamo togliere le relazioni all'essere se no togliamo
anche l'essere. Ci con cui abbiamo a che fare l'immediato del trovarci in un insieme
indeterminato di relazioni e del tutto opaco. Questo essere nell'essere nell'opacit delle relazioni e
nel loro venire a prendere corpo e manifestarsi, il percorso stesso compiuto dall'essere nel suo
farsi presente. Non c' un essere puro che viene nella manifestazione, ma l'essere
nell'intrecciato, nell'indeterminato del tutte le cose stanno collegate fra loro, del a venirsi a
riconnotare dentro termini che stanno in relazione. In questo senso Merleau-Ponty andr nel senso
di una svolta ontologica che per sconta un essere gi dato, in qualche modo riprende Husserl in
quanto non abbiamo a che fare con lessere, ma con un mondo nella vita. Dobbiamo partire dalla
natura delle cose come queste si danno nellesperienza e vediamo come vengono a districarsi.

!C1 La filosofia non comincia a porre domande, ma sconta il nostro essere insediati in una vita che

ci data, a cui siamo consegnati. nel corpo del nostro essere insediati in una vita che la
nostra, con tutto il suo complesso di cose che sono date per scontate e partire da questa realt da
cui non possiamo prescindere e che non possiamo azzerare perch facendolo perdiamo il contatto
con la cosa, a partire da questa realt facendo valere l'originario della cosa come essere data in
una vita in cui siamo insediati, che la filosofia viene ponendo le sue domande e nel corpo di questo
porsi domande, il terreno dentro cui essa si colloca si viene trasformando in forza delle domande
che essa pone. Non partiamo da zero, noi scontiamo il fatto che ci siamo e a partire da questa
condizione esercitiamo la riflessione sul nostro esserci, sulla nostra modalit di esserci e veniamo
ponendo in questione ci che originariamente c' dato come ovvio e come scontato. Noi siamo
dentro una massa di opinioni che acquisiamo e se vogliamo porci domande non lo facciamo in
generale, ma ponendoci il problema di questa massa e quindi consideriamo queste opinioni come
terreno a partire da cui viene a prendere corpo la riflessione.

!28/10/15
!Delegittimazione della questione dellessere preso come semplicemente essere nella domanda

perch l'essere invece che il nulla? Posto in questi termini per Merleau-Ponty il problema messo
dentro un'alternativa tale per cui tolta ogni certezza, alla fine si fa valere come unica certezza
lattivit di pensiero per cui l'essere, nonostante le intenzioni di Heidegger, finirebbe per essere
ricondotto al pensiero. La sua questione non di contrapporre il qualcosa al nulla, ma c' qualcosa
di originario che non pu essere azzerato e questo qualcosa non solo si riflette nelle cose, ma
l'esperienza nelle sue radici, quello con cui cio abbiamo a che fare e non azzerabile, il fatto
dell'esperienza. Il fatto dell'esperienza deve essere presentato nella domanda filosofica a partire
dalla sua condizione originaria, non per quanto lesperienza ha gi operato grande sviluppo si
presenta cos e cos quindi nel positivo delle sue determinazioni. Quindi l'esperienza qualcosa di
innaggirabile da cui prendiamo le mosse, dobbiamo solo capire di che natura . La questione di
Merleau-Ponty quindi della legittimit di un nucleo arbitrale che mette fuori gioco tutto questo.
Subito inizia entrando nel merito della questione.

!C1 La filosofia con le domande non mette soluzione alle situazioni. Non abbiamo a che fare con un

a partire da zero per cui la filosofia si pone originariamente la questione della radice di tutte le
cose, ma abbiamo che fare con un essere insediato dell'uomo nell'esperienza, nella vita e le
domande e le risposte non sono un mettere fuori gioco questa cognizione di insediamento, ma una
riflessione dentro questa condizione di insediamento, riflessione che nasce dallesperienza e porta
alla trasformazione dell'esperienza stessa. Se invece non muoviamo da questa condizione
originaria dell'essere nellesperienza, e quindi esercitiamo un dubbio radicale sotto la pi sicura et
di ogni certezza, scontando l'esigenza di una partenza da zero, allora C2. Se noi esercitiamo il
dubbio radicale alla fine non che abbiamo a che fare con l'azzeramento di ogni cosa. Operiamo
con il pensiero per cercare di riflettere sulla dimensione originaria a partire da cui ci diamo noi e si
danno le cose, ma questa dimensione originaria non un nulla, ci si installa in ci che rimane. Se
noi azzeriamo tutto non abbiamo il nulla, ma abbiamo ci in cui noi siamo originariamente calati,
un vago e fluttuante insieme di opinioni, sensazioni, dentro cui navighiamo nel corpo di un
indeterminato dellesperienza dentro cui non siamo ancora insorti nelle cose, che siamo precipitati.
Il mettere in dubbio introduce a questa dimensione fluttuante. Il dubbio vuole essere un'effettiva
risoluzione delle certezze, non dubbio perch finisce, nel senso cartesiano, a fare valere il
primato del pensiero. Tuttavia se non vogliamo ricadere nel primato del pensiero non possiamo
uscire dal qualcosa e questo dobbiamo prenderlo nel suo generico qualcosa.
C2b C' sempre un elemento di luminosit e di trasparenza anche se non siamo nella trasparenza.
Creiamo un abisso fra le cose e noi che pu essere vinto solo dal pensiero. Se facciamo questo
perch sfuggiamo dalla condizione di essere passivi sprofondati nellessere. Se noi percepiamo
con il dubbio questa azione di azzeramento perch ci sottraiamo alla condizione di essere
sprofondati come esseri passivi dentro l'essere, nella nebulosa delle cose e, passando per il
dubbio, cerchiamo di attestare le certezze. In questo modo per ricadiamo in quel primato del
pensiero dal quale volevamo sottrarci.
C2c Se noi vogliamo separarci da ogni essere attraverso l'esercizio del dubbio, finiamo con
l'assolutizzare qualcosa come il pensiero in Cartesio. In qualche modo l'esercizio del dubbio fa da
corrispettivo del primato di un pensiero che pretende di ergersi nella sua assolutezza passando
per la coscienza, la ragione ecc. Per essere davvero radicali e non abbracciare la certezza di un
pensiero assolutivo, la filosofia deve non tagliare il cordone ombelicale che ci lega all'essere, ma
seguirlo fino a insediarci dentro la dimensione originaria dell'esperienza che una dimensione
dell'essere predicativo dell'esperienza, cio l'essere al di fuori della predicazione del pensiero. Si
tratta dell'esperienza come si viene presentando nel corpo del suo effettivo costituirsi, cio dentro
le operazioni che veniamo svolgendo nel corso dell'esperienza di manipolazione delle cose ecc,
questa dimensione dell'esperienza che riguarda il nostro essere nel mondo prima ancora che il
nostro essere nel mondo nel pensiero, la radice a cui attingiamo nella riflessione sull'essere, una
radice inazzerabile. Allora il problema non sar pi della domanda intorno all'essere in quanto
piuttosto c', ma il problema, seppure presentato un termine di opacit, di non definitivit e non
trasparenza, seppure precipitato nell'ambiguit, sconter in qualche misura il che cosa. Non
possiamo strappare il che cosa dall'essere, come fa Heidegger, ma dobbiamo assumere l'essere
per quello che in quanto il suo essere qualcosa per qualcosa. Solo questo che cosa non pu
essere del pensiero come ci sta di fronte, perch questo il risultato dell'assumere le cose come
stanno di fronte a noi, ma le cose non stanno di fronte a noi bens dentro di noi e specialmente no
stiamo dentro le cose. In questo sviluppo del nostro essere nelle cose, ci da cui dobbiamo
muovere la riflessione questo sviluppo che introduce a un piano prepredicativo dell'esperienza.
Non possiamo azzerare la domanda del che cosa sia. Che cos' questo che cosa? Noi scontiamo
che il che cosa non pu essere strappato dalle cose, ma allora che cos' il che cosa di cui
andiamo alla ricerca? una dimensione originaria dell'essere, un essere opaco non ancora fatto
trasparente dalle relazioni che vi intercorrono dentro, dentro cui in un nodo indistricabile stanno
insieme le cose e noi. Noi siamo intricati nelle cose, non fuori delle cose domandoci di esse, ma
nel vivere dentro le cose ci poniamo il problema della nostra relazione che abbiamo con le cose e
che le cose hanno con noi.
C2d Se ci domandiamo da cosa partiamo, partiamo dall'essenza nei termini che abbiamo gi
definito di questa matassa grezza su cui la nostra epuch si viene dipanando nella nostra
esperienza. Tutta la polemica di Merleau-Ponty nei confronti del dubbio metodico, perch non
siamo prima di tutto enti nel pensiero e se scontiamo il dubbio come premessa perdiamo
l'originario dentro cui la nostra esistenza insediata. Quindi sotto al dubbio troviamo un sapere
preliminare prepredicativo, siamo sempre dentro un sapere delle cose e non siamo mai

nell'ignoranza completa, ma nel medio di un rapporto con le cose. Siamo dentro un anello circolare
di cui non c' inizio e fine, ma un intreccio che si va articolando.
C3 Che cos' questo qualcosa a cui noi perveniamo? Questo qualcosa a cui perveniamo sconta
qualcosa di originario.
C3b Tutta la riflessione implica questo stato di coinvolgimento. Il nostro sapere non mai un
sapere che guardando dall'alto scopre l'ordine delle cose, noi non siamo spettatori nel mondo, ma
siamo attori, siamo coinvolti nel mondo. L'essenza non ci a cui le cose fanno a capo, ma ci
che risulta nel corpo della relazione che abbiamo con le cose. Esse sono il modo o lo stile. Il
problema che si pone la filosofia di domandarsi dell'essenza. Questa domanda dell'essenza
sconta come retroterra il fatto del coinvolgimento dell'uomo nel mondo. Se noi ci domandiamo
delle essenze, non ci domandiamo di qualcosa che prioritario e a capo, ma ci domandiamo del
mondo e del nostro essere nel mondo e specialmente siamo nel mondo dentro un rapporto con le
cose e questo rapporto con le cose noi dobbiamo definirlo. L'essenza scoperta del tipo di
relazione che abbiamo con le cose. Noi partiamo da una dimensione prepredicativa per cui siamo
coinvolti, ma non abbiamo risposto di che natura questo coinvolgimento. Abbiamo solo premesso
il fatto che l'essere in quanto essere un essere reso, opaco, che si d in un viluppo, ma non
abbiamo ancora detto questo viluppo come viene a districarsi. Non abbiamo detto come vengono a
dipanarsi i termini di dinamica e qual la modalit e la natura del loro dipanarsi. Qui dovremmo
quindi volgere l'azione di riflessione. Quindi le essenze sono il modo e lo stile. Abbiamo sempre a
che fare con qualcosa e le essenze stanno l ad attestare la natura del rapporto che intercorre
dentro al qualcosa.
L'essere non n indipendente da noi, n il nostro essere, ma l'insieme delle relazioni che
abbiamo nel coinvolgimento delle cose. L'unico essere il termine mediano del rapporto che si
distende tra noi e le cose e che sta l e che comprende il rapporto tra noi e le cose. L'essere il ci
dentro cui si viene a costruire la relazione fra noi e le cose, ci che determina e governa la
relazione fra noi e le cose. Tutto sbocca in un unico essere, cio nello stare noi in rapporto alle
cose.
L'essere non altro ci in funzione di cui si d il rapporto fra noi e le cose. L'essere si d
nell'esperienza e l'esperienza non qualcosa che si edifica sull'essere, ma il medio di essere
dell'essere, perch l'esperienza nel medio del costruirsi il mondo dentro l'esperienza che noi
facciamo, perch tutta l'attivit del pensiero, le esperienze degli altri sono tutte inviluppate in
un'unica unit complessiva dentro cui noi siamo. Questa unit da riscoprire nel medio del suo
dipanarsi. Se noi ci poniamo non pi nel coinvolgimento, ma come spettatori e ci innalziamo alle
essenze, possiamo toccare l'essere solo a partire dal fatto che, nella consapevolezza del. Tutto
quello che risulta, cio queste essenze, e noi che lo veniamo assumendo, emerge da
un'esperienza in atto, che si costituisce nel corpo del suo farsi. Questa dimensione del
commerciare con le cose dentro le cose stesse, in funzione del fatto che le cose non ci si danno di
fronte, ma nel medio del nostro viverle e che si fanno avanti nell'esperienza che facciamo di esse e
non nella conoscenza come qualcosa che semplicemente acquisiamo come semplice operazione
di coscienza. In altre parole tutto il discorso di Merleau-Ponty viene a scontare una cosa
importante che il primato non spetta alle cose nel loro essere nel pensiero, ma all'opacit a partire
da cui le cose si vengono progressivamente date. La riflessione deve insediarsi nell'opacit
dell'essere e scontare quest'opacit non come una mancanza a cui porre riparo, ma come una
condizione da far parlare a tutti i livelli della riflessione. Il fatto che siamo situati nell'opacit non
toglie che il pensiero non si venga esercitando, ma si esercita recuperando quell'opacit e
disponendosi dentro a quell'opacit come medio che l'opacit stessa non dirada, ma in qualche
misura fa parlare. Un pensiero che sia effettivamente pensiero deve scontare l'ambiguit, deve
seguire il filo di un'esperienza che si viene sempre costituendo dentro una dimensione
prepredicativa a partire da interessi, fissazioni e manie. Tutto questo non pu essere azzerato, ma
dobbiamo portarlo alla luce non per eliminarlo, ma per renderne conto. Questa l'operazione che
si richiede alla riflessione.
C3c Per quanto noi riusciamo a portare alla luce le essenze che sono i medi, le modalit con cui
noi siamo in rapporto nel mondo e con il mondo, come si scandisce questo rapporto, il portare alla
luce tutto questo sconta come presupposto il fatto che questo rapporto gi in qualche modo dato
e il suo essere dato solo ci in cui siamo precipitati. Un essere grezzo che non ha ancora preso
forma e su cui non si esercitata alcuna attivit di strutturazione ed a partire da questo essere
grezzo, barbarico che noi dobbiamo esercitare la riflessione e scoprire come il senso viene
prendendo corpo dal non senso e scontando il fatto che prendendo corpo dal non senso non sar
mai pienamente senso, ma manterr sempre al suo interno quel nucleo di non senso che verr
sempre adombrando. Bisogna cogliere il nostro stare nell'opacit e i problemi fondamentali sono

due: 1) come questa opacit viene giocata nella relazione, cosa significa in realt e 2) dovremmo
presentare la riflessione in modo che il problema dell'opacit venga per un verso messo sempre al
centro e quindi non venga mai azzerato, non si d una condizione di opacit a partire da cui risalta
la trasparenza, ma si ha un farsi dell'opacit nella trasparenza gettando sempre l'opacit la sua
ombra sulla trasparenza. Com' che dall'opacit risulta la trasparenza? Scontando l'opacit e che
qualcosa di ineliminabile, non di meno l'esercizio della riflessione e l'esperienza che facciamo nel
mondo un emergere dall'opacit senza azzerare l'opacit stessa. Allora la domanda non solo in
cosa consiste l'opacit, ma anche da come l'opacit venga a risultare nella trasparenza. Quando
vedremo in cosa consiste l'opacit vedremo anche che questa viene a risultare nella trasparenza.
L'opacit non rappresenta un ultimo, un riconoscimento dell'irrazionalit e della cecit del mondo e
dell'assurdit di ogni nostra operazione, ma rappresenta un primo su cui scandire e costruire in
positivo il nostro essere nel mondo, su cui costruire un'esperienza che consenta all'uomo di
entrare in relazione di convivenza, di conflitto ma anche di solidariet ecc. Tutto il discorso di
Merleau-Ponty si incentra sul rifiuto dell'idea che la riflessione sconti come presupposto un puro
spettatore. La riflessione sconta una riflessione su un'opacit originaria che si viene districando.
C4 Il reale non una semplice variante del possibile, non in funzione della nostra possibilit, ma
ci in cui ci troviamo dentro questa dimensione originariamente prepredicativa. Non che il
possibile a capo del reale, ma il reale a capo del possibile. Proprio perch noi siamo precipitati
in questa originaria modalit di essere dell'essere e perch scontiamo la realt di questo piano
prepredicativo nel cui corpo si danno le cose e noi stessi, proprio perch siamo in questo ambiente
possiamo porci il problema del possibile, cio dell'allargamento dell'orizzonte in cui noi siamo
collocati. L'allargamento dell'orizzonte non sconta un nulla dell'orizzonte, ma un orizzonte dato che
quello della nostra esperienza.
C4b C' un'essenziale, un fondo oscuro che raccoglie ci che non inessenziale a partire da cui si
d l'essenziale, ci che non impossibile. Quindi lo sforzo di Merleau-Ponty sta nel ridiscendere a
questo livello, lui dice che la cosa non si d mai nella sua purezza, ma si d nella sua
rideterminazione e si tratta di seguire la logica tramite cui a partire dal suo essere qualcosa venga
di nuovo a rideterminarsi nel corpo della nostra esperienza. Essa nella rideterminazione e si
viene rifacendo avanti rideterminandosi e il compito non arrivare da un punto di partenza ad
un'origine che dia ragione di tutto, ma di seguire il processo della rideterminazione. Abbiamo quindi
un'esperienza che si viene continuamente avvolgendo su se stessa, si ripiega continuamente
piegando su se stessa rideterminandosi in un rapporto con le cose con cui ha a che fare. Questo
insediamento con il rapporto con le cose non rimanda a cose che ci stanno di fronte, ma a cose
che nel corpo della nostra esperienza la rideterminano. La nostra esperienza non in rapporto a
qualcos'altro, ma sempre in rapporto a s stessa perch insediata dentro ed nel medio di una
relazione, non ha le cose di fronte, ma dentro di s e per quanto noi volgiamo la nostra azione nei
confronti delle cose, non solo cambiamo le cose, ma questa azione ha sempre una ricaduta sulla
nostra esperienza che si riavvolge su se stessa. Il punto essenziale che il primato non sta n alla
nostra esperienza n alle cose, ma al rapporto che intercorre tra le cose e la nostra esperienza.
Quindi la nostra esperienza sempre in gioco, sempre nella sua rideterminazione, cos come le
cose. Questo rapporto non mai lineare e uniforme, ma sempre nell'avvolgimento su se stesso.
Se questa la condizione si tratta di capire quali sono le radici di questa condizione.

!Introduce il concetto basilare della sua riflessione: noi non siamo mai n pienamente soggetti, n

pienamente oggetti, ma siamo nel continuo scambio di questa condizione, ma neppure nel
commisto di essere oggetti e soggetti insieme, ma siamo nella condizione di passivit e attivit per
cui il rapporto che abbiamo con le cose si d nella dinamica del rapporto stesso. Fa l'esempio del
toccante-toccato ripreso da Husserl: se prendiamo due mani e stringiamo non abbiamo un
sentimento confuso di due mani che si stringono, abbiamo ciascuna mano che si sente allo stesso
tempo toccante e toccata, cio abbiamo la sensazione in entrambe le mani di toccare ed essere
toccate. Allora il nostro essere nel mondo un essere nel rapporto toccante-toccato, cio un
rapporto che sconta l'indissolubile relazione di attivit e passivit. Se per coloro che affermano il
primato della coscienza il primato spetta alle cose in funzione di operazioni di coscienza, se noi
invece siamo innanzitutto nella passivit, questo cambia radicalmente l'impostazione del discorso
perch porta una condizione originaria in cui noi non siamo padroni di noi e non siamo gettati nella
situazione. Se noi ci pensiamo solo nell'attivit, ci pensiamo come termini di pensiero che in forza
della loro operazione di pensiero organizzano il mondo e lo fanno strutturato in quanto il mondo
rideterminato da quell'operazione di pensiero. Se noi ci pensiamo non solo nell'attivit che
svolgiamo, ma anche nella passivit, non possiamo pi prendere il pensiero come termine di
riferimento e questo perch prima che l'unit di pensiero siamo unit corporea e quell'ente che

insieme nell'attivit e nella passivit il nostro corpo, perch il nostro corpo nella sensibilit, non
solo nell'azione che viene facendo. La sensibilit non solo un modo di essere passivi, ma
anche un modo di essere attivi, non solo perch la sensibilit comporta una relazione, ma anche
perch la sensibilit essa stessa un'attivit nell'essere attivi nel sentire. Quindi il sentire e l'agire
sono termini che sono necessariamente l'uno nell'altro, per cui la dimensione della corporeit
implica un'idea per cui l'esperienza, a partire dall'esserci del corpo in cui siamo situati, noi siamo
soggetti nel corpo della nostra esperienza in quanto enti corporei e il corpo dell'esperienza sconta
s l'operazione in funzione di cui noi veniamo gestendo il nostro corpo, ma anche il fatto che il
nostro corpo dato e siamo semplicemente calati in esso. Noi non siamo in una coscienza che
cos strutturata produce questo o quest'altro, ma siamo nella condizione di sensibilit e di attivit
che ci getta in uno stato di non definitivit in cui l'opacit rappresenta il medio stesso della
possibilit, del farsi avanti dell'esperienza. L'opacit quindi non solo un limite, ma a dimensione
stessa della vita, la condizione stessa perch l'esperienza si venga costruendo e questo sar il
concetto fondamentale che Merleau-Ponty verr formulando nel successivo saggio.
A proposito del tema del visibile e dell'invisibile, Merleau-Ponty dell'idea che le cose sono nella
visibilit perch nel vedere le cose le facciamo risultare nel loro essere colorato, ma il loro essere
colorato gi presente in noi. Quindi il vedere un far risaltare il colore, non un creare un colore
e nemmeno averne uno riscontro, ma lo si fa risaltare, come se da uno sbiadito venisse fuori il
colorato. Non solo le cose sono dentro questa dinamica, ma ci siamo anche noi. Noi non solo
siamo nella visione delle cose e siamo nella condizione perch le cose risultino nella visibilit
stando che queste stanno gi nella visibilit, ma noi stessi stiamo nella visibilit, noi stessi
abbiamo la corposit dell'essere visti, noi stessi non siamo semplicemente soggetti attivi e
subiamo lazione che le cose esercitano su di noi. Noi vediamo le cose perch in un qualche modo
queste esercitano un'azione su di noi, nel senso che le cose esercitano su di noi l'azione del loro
essere nella visibilit che noi possiamo vederle. La cosa diventa pi chiara se pensiamo il nostro
essere nell'esteriorit nel rapporto che intratteniamo con gli altri. In questo caso ci rapportiamo agli
altri in quanto gli altri hanno un certo rapporto nei nostri confronti e noi a partire dalla loro
disposizione nei nostri confronti ci mettiamo nei loro confronti. Siamo sempre dentro una relazione
di progressivi accostamenti, di fraintendimenti, questo perch non ci siamo solo noi che decidiamo
degli altri, ma mentre decidiamo degli altri siamo a nostra volta decisi dagli altri. Questo rimando
alla passivit originaria la condizione per cui l'esperienza si viene costituendo dentro il corpo
dell'esperienza e specialmente sia sempre scandita in funzione di termini che sono nello scarto. Il
rapporto che abbiamo con gli altri si consuma sempre dentro uno scarto: noi ci disponiamo verso
gli altri e gli altri si dispongono verso di noi. Tutto il gioco di relazioni consiste nel continuo
accostarsi e discostarsi a partire da una loro irriducibilit originaria legata al fatto che oltre ad
essere attivi siamo anche passivi. Siccome siamo sia attivi che passivi, per quanto siamo enti
corporei, il rapporto che abbiamo con gli altri sempre aperto perch non mai definito e il
termine della relazione sempre scartato. Noi possiamo dire che questo essere scartato ci che
governa la natura dell'essere. L'essere carne dell'essere l'essere nello scarto, essere attivit e
passivit allo stesso tempo. La carne innanzitutto sensitiva e quindi attiva, nella sensualit, ma
anche un mettersi in relazione a nella sensibilit. Tutto il discorso sconta sempre questo continuo
rimando che noi subiamo e agiamo e quindi siamo insediati nella nostra esperienza per quanto
siamo in rapporto con. Questo un concetto cardine in Merleau-Ponty, il quale lo porr in centro
non solo dell'idea della relazione fra gli uomini in quanto enti corporei, ma anche la natura stessa
dell'essere. L'essere dentro un medio relazionale.

!C5 Il visibile non un X che si fa visibile. Una visione scientifica del mondo pensa che le cose

sono in vibrazioni, in onde e che attraverso la vista si trasformano in colori, ma per lesperienza
che insediata dentro le cose non cos, in quanto le cose sono nella visibilit. Questo concetto
viene ripreso da Merleau-Ponty sulla riflessione che ha fatto sulla pittura contemporanea. Le cose
sono nel colore e il colore non un dato originario e le cose sono nella visibilit. Non solo le cose
sono nella visibilit e sono nell'apparire alla vista, ma anche io sono visibile, nel senso che io
stesso sono nello stesso tempo attivo e passivo quindi mentre vedo sono visto. Essendo visto non
sono mai nella pienezza di me stesso, sconto come punto di partenza qualcosa in cui sono gettato,
il mio essere cos a partire da cui sono preso e non il rifondarmi d'accapo. Io essendo nella
sensibilit sono gettato nel mio essere senziente e a partire dal dato del mio essere senziente,
sono attivo. Non sono mai attivo nel vuoto, ma nello stesso tempo non sono attivo a partire da zero
in quanto sconto sempre qualcosa che non controllo nel mio essere attivo. Dentro questo gioco di
rimandi si costituisce la dinamica non solo della nostra esperienza, ma dell'essere stesso nel suo
insieme. il venire fuori da uno spazio cavo, da un essere grezzo che la relazione fra termini

che essendo nel sentire, il medio attraverso cui si dipana la relazione che intercorre fra me e le
cose, ma il fatto di essere nella sensibilit implica che il rapporto che noi abbiamo con le cose
sempre mai pacifico, sempre spezzato perch l'essere nella sensibilit una non padronanza, un
essere soggetti, un rapporto mai nella rideterminatezza del pensiero, ma sempre nella sensualit
della ricaduta.
C5b Non abbiamo una conoscenza che sorvoliamo come se fossimo dall'alto e vedessimo nel
mondo lo svolgersi davanti a noi, ma abbiamo l'immagine del mondo per quanto noi lo veniamo
percorrendo. Ad esempio, quando faccio un'escursione in montagna il paesaggio non mi dato
per quanto io arrivo su una vetta e lo vedo l dall'alto, ma mi dato nel corpo dell'esperienza che
vengo con esso facendo ed qui che il paesaggio mi risulta in quanto per un verso vengo
conquistato e per un verso lo conquisto. Questa logica governa il dipanarsi dell'essere.
C5c Se l'essere non davanti a me, ma dentro di me perch l'essere reagisce su di me per cui
non sono un ente di pensiero, ma un ente plasmabile che le cose le vengo vivendo.
C5d Oggi il problema dell'interculturalismo non il problema che a partire dalla mia cultura che mi
data, entro in rapporto con un'altra cultura che mi data che posso accettare o rifiutare, implica il
fatto che ho a che fare con culture che mi sono date, ma se entro in rapporto con altre mi metto in
rapporto a partire dal fatto che sono nella mia cultura e le altre culture sono ci su cui mi affaccio.
Non abbiamo due positivi, ma abbiamo un essere del mio rapporto nello scarto con laltro a partire
dal fatto che l'altro non mi dato per come esso agisce su di me. Abbiamo il mio dispormi verso a
partire da qualcos'altro che non dato a me se non per il rapporto che ha con me e per il fatto che
costringe il mio essere ad operare delle modificazioni. L'estraneit la chiave di volta della
relazione, il fatto che le due culture sono nellirriducibilit tra loro non nella loro datit, ma nel fatto
che ciascuna medio dell'infrangimento dell'altra dentro una relazione che di comunicazione in
quanto di contatto, di rottura. Abbiamo mai a che fare con cose definite e determinate che si
mettono in rapporto, ma con un elemento di estraneit in funzione del quale il rapporto viene
giocato. L'estraneo interviene su di me e intervenendo si dispone nei mie confronti e io non lo
assumo in s e per quanto e come si dispone nei miei confronti, ma mi vengo a disporre io nei suoi
confronti. Tuttavia questo processo di disposizione implica una separatezza che non viene mai
azzerata fra me e ci nei cui confronti mi dispongo perch sono sempre nel mio corpo, ma mai nel
corpo dellaltro. Sono in rapporto con laltro per come l'altro si dispone a me e non perch sto nel
suo corpo. Quindi il gioco sempre tra termini incongruenti che per non restano puramente
incongruenti, ma che nella relazione si fanno l'uno per l'altro e in questo non diventano omologhi,
non diventano la stessa cosa mantenendo un margine di incongruenza che ci che decide alla
fine della relazione. L'essere carnale questo margine di incongruenza, questo essere delle cose
nella sensibilit.
Abbiamo sempre l'uno nell'altro, ma questo essere l'uno nell'altro delle cose non che tutte le
cose sono nellimplicazione nel fluire del senso che l'una non esclude laltra, ma questo vuol dire
essere l'uno nellaltra a partire dallestraneit. L'essere l'uno nellaltro vuol dire quindi che non ho
mai a che fare solo con me stesso, ma ho a che fare con me stesso a partire dall'altro sempre
nell'irriducibilit di me con laltro.
C6 Da una parte abbiamo questa reciprocit dell'implicazione che comporta un essere in
cammino, ma questa reciprocit non solo un atteggiarsi l'uno allaltro, ma tutto questo complesso
di relazioni scontano come punto di partenza non solo una strategia comunicativa, ma che questa
ha radici nellessere nella sensibilit, cio nel fatto che in quanto siamo nella carne non siamo mai
conquistati dall'altro e nemmeno da noi stessi perch siamo sempre nel rapporto che abbiamo con
noi stessi e mai nella determinazione che siamo cos e cos. L'essere corporeo sempre un
essere nella vita, un essere mai definito una volta per tutte. Noi abbiamo a che fare con un
elemento di carne non interiormente determinato nei cui confronti esercitiamo la determinazione,
cio il rapporto che noi abbiamo con gli impulsi non solo un rapporto di determinazione e mai di
insediamento in una condizione naturale, ma la condizione naturale ci sta ma non come
condizione che sta cos e cos, perch sono solo nel rapporto con essi. Allora cosa posso dire degli
impulsi? Non che sono cos e cos ma che sono ci a partire da cui io vengo esercitando il
rapporto in quanto sono nella sensibilit, nel desiderio, vengo costruendo dei medi di
manifestazione della sensualit, del desiderio ecc. L'essere nella carne un essere
originariamente nella sensibilit e quindi nello scarto, in qualcosa di cui noi non ci appropriamo e
che noi vediamo solo nel medio del progressivo stare nella gestione e siccome questo originario
ci che sottratto al nostro appropriarci, tutta la nostra esperienza si consuma in questo essere
nella gestione di qualcosa che irriducibile all'essere gestito e questa l'idea fondamentale del
pensiero di Merleau-Ponty.

Noi siamo sempre dall'interno e mai dall'esterno, siamo sempre nel medio gestionale di qualcosa
che sottratto al medio gestionale. Il corpo non mai un corpo anatomico. La stessa cosa vale
per il linguaggio, siamo consegnati alla lingua quindi parlare significa far parlare quella lingua a cui
siamo consegnati, ma parlare difficile perch abbiamo a che fare con qualcosa di impersonale a
cui dobbiamo dare un determinato significato, dobbiamo far parlare la lingua, ma questa non mai
un'operazione in cui il senso alla fonte pienamente posseduta, sempre un operare intorno al
senso. La caratteristica fondamentale che la lingua non solo medio espressivo, ci attraverso
cui noi facciamo valere le cose nel loro significato. Quando parliamo siamo attivi e passivi allo
stesso tempo. Il movimento della comprensione circolare, un percorso che resta sempre
incompiuto e questo essere incompiuto non rimanda al profondo della mia interiorit che si dipana
nel processo delle espressioni senza arrivare mai pienamente a se stesso, ma rimanda a un corpo
che nel suo essere nella sensibilit originariamente nell'opacit e si fa nella trasparenza, ma che
in quanto corporeo allo stesso tempo nella sensualit, nel sentire se medesimo. Il fatto che nel
parlare ci ascoltiamo comporta il fatto che la parola rimanda non solo a ci che diciamo all'altro,
ma anche a ci che noi stiamo dicendo.
C7 Noi la parola la sentiamo, sempre una ricaduta su di noi perch la parola si insedia non a
partire da una dimensione profonda e inesplicabile dell'interiorit, ma dall'esteriore e quindi
altrettanto non esplicabile dell'esteriorit. Il gioco tutto nell'esteriorit, nell'essere carne, non
nell'essere interiorit che va in caccia di se stessa, ma di un'esteriorit che va in caccia di se
stessa.
C7b Noi siamo nella sensibilit e quindi dentro questa dimensione, nel percorso che l'esteriorit
qualcosa che in quanto esteriorit non mai conquistabile.
C7c Siamo nel coinvolgimento e non in un rapporto fra cose obiettive che condividiamo e non
condividiamo. Nella parola c' sempre una dimensione di scarto perch noi innanzitutto siamo
nello scarto con noi stessi. Il toccante-toccato prima di definire una relazione fra due, definisce una
relazione che intercorre fra le nostre due mani. Dentro questa estraneit originaria si consuma il
discorso. Nella parola abbiamo tutto questo retroterra che il corpo prepredicativo della nostra
esperienza che si viene a depositare e non il confronto tra due affermazioni. Le idee sono
impiantate nella vita, non sono il risultato di un'azione di formulazione, ma sono dentro la fatica e le
ambiguit e l'opacit dellesperienza. Il fatto che nella parola gioca tutto il nostro passato con tutto
il nostro retroterra in cui noi siamo invischiati da cui possiamo distaccarci, ma mai liberarci. Il
discorso il medio con cui noi facciamo i conti con noi stessi e non solo con quello che diciamo e
pensiamo, ma con quello che di inesprimibile sta a capo della parola e che nel medio della parola
viene a prendere corpo dell'espressione senza mai risultare nella trasparenza dellespressione.

!29/10/15
!Questione del dubbio relativamente al problema della fondazione della conoscenza. La risposta

che d Merleau-Ponty che il nucleo radicale impianta una condizione per cui alla fine qualcosa di
incondizionato viene affermato. Se noi ci teniamo saldamente al dubbio, alla fine arriviamo
all'affermazione di qualcosa di incondizionato a cui tutto fa capo. Contro questa idea che si pone
sempre dentro un ordine di pensiero e quindi fuori dalle cose, Merleau-Ponty fa valere invece l'idea
che il dubbio non debba portare all'azzeramento perch c' qualcosa che non pu essere
azzerato, che il nostro essere nell'esperienza e questo pu essere riportato alle sue forme
elementari di essere, ma non pu venire messo fuori gioco. Questo essere nell'esperienza se non
vuole essere governato dall'unit del pensiero e quindi non vuole essere ricondotto dentro a una
logica di fondazione, deve venire determinato a partire dalla stessa identit. Due sono le cose che
Merleau-Ponty ha sottolineato: in primo luogo che l'essere non un nulla, ma un qualcosa anche
se non un qualcosa in senso virtuale, cio l'essere sempre in qualche modo in funzione di un
contenuto, che non possiamo estrarre i contenuti dall'essere e quindi questo un essere in
contenuti che sono massimamente indeterminati, presi nella nostra passivit, non
problematicizzati, quindi un essere non sbozzato, barbarico da cui risulteranno le cose, ma che
queste stanno dentro un rapporto di indeterminatezza. Questo essere da cui prendiamo le mosse
nella sensibilit. La sensibilit quel medio per cui le cose non sono in quell'ordine di pensiero,
quel medio per cui noi siamo innanzitutto nella passivit, l'essere nella sensibilit e nella corporeit
e non stare in un pensiero che dall'alto determinativo di contenuti, ma essere nell'abbandono
delle cose che decidano di noi pi di quanto noi decidiamo delle cose. Per quanto siamo nella
nostra sensibilit le cose stanno nel medio della condizione di passivit. Se noi pensiamo la
sensibilit sono come passivit, ne cogliamo solamente una delle due facce perch non c'
passivit senza attivit. Non tanto perch vi sia una corrispondenza, ma la natura stessa della

sensibilit che mentre nella passivit anche nell'attivit. Il sentire non solo una dimensione
recettiva, ma anche un essere nel sentire, un vivere nel sentire e quindi anche passivit e attivit si
danno insieme nella sensibilit e scontano il fatto che originariamente siamo enti corporei. L'essere
nella sensibilit l'essere in funzione di un corpo e ci essere dentro una condizione originaria
che per cos dire data nel suo presentarsi come rozza, nel corpo siamo semplicemente dati e in
quanto siamo nel corpo e siamo enti sensibili, viviamo il corpo e lo facciamo disporre tra le cose.
Questo prendere posizione che il corpo implica, scontando preliminarmente lo stare il corpo nella
sensibilit e quindi l'essere il corpo innanzitutto in funzione di un'anemia. Il corpo non il corpo
mio, ma viene facendosi come corpo mio per quanto la sensibilit allo stesso tempo attivit e per
quanto ci che vissuto contemporaneamente gestito. Questo essere dentro comporta varie
cose: in primo luogo le cose non si danno mai direttamente nel pensiero, non ci si danno mai di
fronte, ma si danno in una sorta di atmosfera vischiosa. Per quanto noi vediamo le cose le
vediamo sempre in un lato. Il rapporto che abbiamo con le cose non in primo luogo un rapporto
di sorvolo, nel senso che le cose non ci stanno sotto in un ordine di pensiero, ma stanno dentro la
nostra esperienza e ci comporta che le cose non ci stanno mai di fronte, ma innanzitutto ci stanno
lateralmente, si danno nella pienezza del loro essere cose, ma come tale vengono fatte risultare,
nel medio del loro essere in un intreccio di cose. Il secondo aspetto quello di una relazione non
rettilinea con le cose stesse. L'aspetto fondamentale che Merleau-Ponty ha gi fatto presente
che la sensibilit ha un carattere di duplicit, ma questa non mai un'identit, bens sempre in
un gioco di rimandi non perch prima siamo passivi e poi attivi come fossimo dentro ad una
successione temporale, ma pi profondamente perch sensibilit e attivit stanno insieme nella
loro diversit in quanto sono non omologabili, sono non la stessa cosa ancorch si diano nella
stessa cosa. Il paradosso dell'esperienza che fatta di termini eterogenei che non si danno
insieme in un ordine di successione, ma gi nel subire sono attivo e nell'attivit sento l'attivit e
quindi sono passivo. L'attualit immanente all'esperienza stessa nel momento in cui la vengo
facendo, non uno scandirsi nell'esperienza tra due termini, ma l'essere nell'esperienza nel fatto
che essa qui. Lesperienza sta in una duplicit di termini i quali per quanto sono collaterali allo
stesso tempo, non essendo in un ordine di pensiero, non sono nell'unit di un terzo che governa il
loro stare in relazione. Qui abbiamo due termini che sono nella loro divergenza, ma allo stesso
tempo sono presi insieme. L'esperienza non mai fatta nella linearit di un movimento, ma ha lo
scarto come sua condizione originaria. Questi sono i concetti del toccante-toccato. Nell'esempio
della mano abbiamo sia attivit che passivit.

!Paragrafo L'intreccio-il chiasma


!C8 La filosofia non deve partire dalla riflessione e dall'intuizione. Occorre che si prendano le

mosse da questa sorta di miscela originaria in cui soggetto e oggetto non sono ancora risultati.
Non che soggetto e oggetto non ci sono, ma saranno il prodotto del districarsi di questa matassa.
Vedere, parlare e pensare sono dentro questo sfondo a partire da cui soggetto e oggetto si danno.
C8b Prima di operare tutta la discussone sul parlare e sul pensare, cerchiamo di risalire nel luogo
massiccio dentro cui il parlare e il pensare prendono corpo: la gola, la lingua, l'ascolto. Tutte
queste le troviamo non come si vengono presentando nel corpo di un processo semplicemente di
pensiero, ma come si vengono presentando a partire dalla dimensione carnale del corpo, come
esse per cos dire siano nel radicamento della natura corporea dell'esperienza. Il parlare, il
pensare sempre un fatto corporeo. Il pensiero stesso e la parola stessa sono articolazioni,
qualcosa di corporeo e non qualcosa di semplicemente intellettuale, la progressiva operazione di
gestione di strutture massicce, corporee che prendono progressivamente definendo e
manifestando, ma che hanno per cos dire la loro origine in sforzi corporali. Questa dimensione
carnale dell'esperienza per cui essa, prima che nella sua attivit, nell'essere sentita, questa la
radice dell'esperienza.
C8c Prendiamo l'azione del vedere. Il visibile l'essere nella visibilit delle cose, quindi il visibile
non ce l'ho, ma ce l'ho in quanto mi circonda e l'operazione del vedere il far risaltare qualcosa a
partire da un orizzonte che nella visibilit per cos dire un estrapolare qualcosa. Questa
operazione del far risaltare non dipende soltanto un attivo protagonista di un'azione di
determinazione, ma diviene anche dentro quell'universo visibile in cui faccio risaltare qualcosa. In
altre parole se pensiamo il visibile dentro un universo delle cose visibili e le cose visibili le
pensiamo cose visibili solo nel momento i cui le facciamo risaltare nel loro essere nella visibilit.
Noi non abbiamo di fronte un panorama bello e definito, abbiamo un determinato orizzonte e
partire da questo determinato orizzonte veniamo facendo spiccare progressivamente le cose e i
colori. Questo movimento del far spiccare per non esaurisce tutta la dinamica del movimento

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perch noi non siamo solo di fronte a questo determinato orizzonte, ma ci siamo dentro. Il fatto che
siamo dentro a questo orizzonte non vuol dire che ci poniamo sopra le cose visibili facendole
risaltare, ma siamo noi stessi enti nella visibilit e siamo implicati nella relazione del visibile in
quanto essi stessi visibili. Quindi il rapporto con il visibile, con ci che vediamo, non solo un
rapporto attivo, per cui stante un orizzonte facciamo risaltare ogni volta questo o quell'altro, ma
un rapporto insieme attivo e passivo perch non solo l'orizzonte ci sta di fronte, ma stando noi
nellorizzonte subiamo l'azione dell'universo dentro cui stiamo e ci rideterminiamo in rapporto
all'universo dentro cui stiamo. Il rapporto che abbiamo con le cose un rapporto non di
determinazione, di riorganizzazione dall'alto, ma un rapporto di vita delle cose stesse. Questo
rapporto non fatto di linee verticali, ma fatto di varie sollecitazioni, dentro una dinamica di
adombramenti e di rimandi a cose che non ci danno direttamente nella loro pienezza, ma ci
toccano, ci sfiorano ed dentro questo essere toccati, dentro questo universo di relazioni, il
risultato di un faticoso processo relazionale per cui le cose che si danno alla periferia del mio
orizzonte, vengono progressivamente definendosi. Il rapporto originario quindi non mai in linea
diretta, ma un rapporto trasversale. Noi non siamo le cose, ma siamo in rapporto ad esse e
viceversa ed questa relazione che bisogna definire e nessun termine si d all'altro come
privilegiato. Non che solo le cose si danno in rapporto a noi, ma anche noi siamo in rapporto con
le cose. Questa relazione di biunivocit che mantiene ferma l'irriducibilit delle cose. Noi non
siamo una cosa come tutte le altre cose, ma siamo una cosa senziente.
Non esistono mai cose nude date nella loro purezza e pienezza, n le cose ci stanno di fronte cos
e cos come ad esempio ce le raffigura la pittura classica, nella quale non c' un rapporto di attivit
nostra e di passivit dell'opera nel quadro. La pittura contemporanea introduce una dimensione di
visibilit per cui l'immagine non un dato, ma un molteplice che viene prendendo corpo nel
medio del fatto che veniamo vivendo e ci veniamo di volta in volta disponendo in esso e nel suo
rapporto. In altre parole un quadro non fatto di termini definiti con un suo centro e con un insieme
di articolazioni, ma di termini in movimento ed sempre un'opera aperta che ci costringe nella
visione a farci coinvolgere in questo movimento. In altre parole viene a parlare nel medio
dell'essere fatto da noi parlare e non ci data una verit semplicemente a interpretare. Tutto
questo questo concetto che Merleau-Ponty chiama carne" che questa unit di noi e le cose
data sempre in questo rapporto di irriducibilit dei termini, ma una compresenza dei due termini
che si costruisce a partire dalla sensibilit e che definisce non solo il nostro corpo, il nostro modo
di disporci nei confronti delle cose, ma gli insiemi di relazioni non solo che noi abbiamo di volta in
volta con questo qualcosa o l'insieme di relazioni che abbiamo con il complesso di cose che ci
stanno davanti, ma l'insieme delle relazioni tutti i pregressi, gli sfondi che non sono attuali alla
nostra coscienza, che non sono presenti alla coscienza, ma con un retroterra sono presenti nel
quadro di questa relazione. In altre parole se noi pensiamo alla relazione tra noi e le cose in
termini di sensibilit, se noi pensiamo che le cose non sono per noi, ma sono per noi nella stessa
misura in cui noi siamo per le cose, non abbiamo a che fare pi con noi che ci rapportiamo alle
cose, ma abbiamo a che fare con una relazione complessiva fra noi e le cose stesse e
specialmente neppure con la relazione complessiva fra noi e le cose stesse, ma con l'universo nel
suo complesso dentro cui prende corpo lo specifico di questa relazione complessiva fra noi e le
cose. In altre parole la dimensione della corporeit che Merleau-Ponty ha fatto valere non viene
negata, ma viene a tal punto completata da perdere la portata di centralit. Il centrare l'insieme
del mondo in cui il nostro corpo e le cose prendono consistenza, si fanno nella visibilit, vengono
ad apparire. La caratteristica dello stare tutta l'esperienza sulla superficie, una profondit di
superficie, l'opposto della profondit dell'interiorit. vero che si va in una dinamica di
approfondimento, ma questa dinamica sconta il mantenersi dentro ad una logica di sensibilit, non
il lasciarci alle spalle la dimensione della sensibilit in rimando a qualcosa che sta dietro. In questa
relazione l'essere stesso che si fa consistenza. Se noi mettiamo al centro della riflessione non
pi noi stessi, ma la relazione fra noi stessi e le cose e pensiamo questa relazione dentro a un
mondo, allora il termine di riferimento non siamo pi noi come lo eravamo ancora nel '43, ma
diventa l'essere.
C8d Questo concetto cardine sconta il fatto che come premessa non abbiamo a che fare con "il
quale" che il significato di una cosa nella sua purezza, abbiamo piuttosto a che fare con il venire
fuori del rosso. La pittura contemporanea non vuole prendere il rosso nella sua purezza e
mostrarcelo magari in rapporto ad un altro colore, ma vuole mostrare la genesi dell'opera d'arte
nella convinzione che l'opera d'arte nel suo essere nella genesi non faccia altro che darci la genesi
delle cose. L'opera d'arte non una dimensione particolare dell'esperienza, ma il luogo
dell'insorgere delle cose e come tale non ha a che fare con cose, ma con cose che vengono
venendo alla luce. La pittura vuole definire il percorso per cui la cosa risulta nella visibilit e il

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risultare nella visibilit passa nel risultare alla vista, ma il risultare nella vista solo un momento
della visibilit e di un mondo corporeo e corposo, di carne.
Il colore non un atomo, ma dentro una trama del simultaneo e del successivo, cio del
simultaneo insieme al rapporto con gli altri colori e del successivo come viene risultando nel
movimento per cui viene percorso nello sguardo e la tela stessa un non essere in movimento
degli elementi che la compongono, ci costringe continuamente a spostare lo sguardo, non c' mai
un punto fermo. Questa dimensione dell'essere nella visibilit che si fa nel prendere corpo
dell'elemento visivo.
C8e Questo rosso che ho davanti a me non sta mai nella purezza del suo essere questo rosso con
queste sfumature. Il suo essere rosso ha dentro di s tutta la dinamica temporale a partire da cui
tutto si fatto cos. In altre parole se il rosso sta nel venire a risaltare, il fatto che esso viene a
risaltare e il fatto che esso mi risalta e mi sta di fronte, non azzera il fatto che esso sia nel venire a
risaltare, ma nel suo presentarsi cos e cos ha in s non soltanto la dinamica per cui mi si
presenta come questo quadro. In altre parole le cose stesse non sono mai nella pienezza della
loro presenza, sono sempre in un elemento di inquietudine, in un linguaggio, sono nel percorso del
loro essere risultato, nella materia in cui vengono districando. Questo processo del districarsi
dentro le cose stesse, non solo ci a cui le cose fanno capo.

!Lo sguardo ha quindi un carattere sensuale ed essendo tutte le cose nella sensibilit, lo sguardo

tasta, manipola, nel medio del far risultare le cose nel loro essere corporeo. Il corpo viene a
prendere corpo. Merleau-Ponty sta sempre nella superficie e non pretende di andare nel profondo.
C9 Lo sguardo in questo rapporto corporeo con la cosa visibile. Lo sguardo non sta fuori dalle
cose visibili, ma sta come in un'armonia prestabilita, sta dentro le cose visibili. Innanzitutto ci sta
un intreccio e dentro questo intreccio viene a prendere corpo il mondo, non a partire da un caos,
da un assolutamente indeterminato, ma viene a prendere corpo da un essere appena bozzato che
grezzo, di essere o nella visibilit. Noi ci troviamo sempre in mezzo al mondo, non ci diamo mai
in un luogo in cui il mondo a partire da qualcosa che non il mondo. Non cerchiamo mai sopra il
mondo, ma siamo dentro al medio del farsi del mondo.
C9b Fra io che tocco con la mano o con lo sguardo la cosa che viene toccata, vi una relazione
originaria. Come possibile questa relazione? Per il fatto che non solo le cose sono corpose, ma
io stesso sono cosa corposa. Non solo le cose sono nella visibilit, ma io stesso sono nell'essere
visto. Il mio essere visto non irrilevante, ma decide il mio pormi nella sensibilit e nella visione.
Qui emerge un discorso di Husserl sull'accoppiamento che lo stare in relazione degli uomini per
cui il problema non tanto che io ho la percezione di qualcosa, ma come io entro in relazione con
un altro che non sono io. Quando non ho pi a che fare con la percezione della cosa, ma con il
rapporto con altri uomini, non assumo gli altri uomini nel corpo della mia esperienza, ma li assumo
come altri che sono del tutto indipendenti da me. Che rapporto ho con gli altri? Ho un rapporto di
accoppiamento, nel fatto che io ho degli altri quanto gli altri hanno di me. O scopro gli altri per
quanto gli altri si dispongono nei miei confronti e il mio dispormi sempre una risposta del disporsi
degli altri nei miei confronti. A decidere non l'unica prospettiva da me, ma il fatto che io rispondo
al disporsi dell'altro con il mio dispormi dentro una dinamica circolare. Questo cosa sconta come
presupposto? Sconta il fatto (gi in Husserl prima di Merleau-Ponty), che noi siamo enti corporei,
questa relazione della reciprocit del disporsi e della dinamica del disporsi in un gioco di rimandi,
sconta il fatto che il rapporto tra me e l'altro non in termini di pensiero, mentre la natura dinamica
della condizione dell'altro in un termine di relazioni fra enti corporei. Io posso entrare in relazione
con l'altro per il fatto che siamo enti corporei. Se non fossimo enti corporei, se fossimo solo entit
trasparenti del pensiero ciascuno sarebbe solipsisticamente chiuso nel suo universo di pensiero,
quindi il corpo un medio relazionale innanzitutto ed dentro questo medio relazionale che ci
collochiamo. L'essere l'insieme di queste relazioni. Strutturalmente l'essere si determina in
funzione di questa relazione, non solo il fatto della relazione effettiva che ho con gli altri. Il fatto
che sono fatto della stessa stoffa delle cose non implica soltanto la natura di una relazione fra me
e le cose, ma implica anche un essere delle cose e quindi un essere mio. La mano essa stessa
tangibile. Dentro questa relazione viene a costituirsi la dinamica del mondo.
C9c Il tatto del tatto il tatto che sentito e il tatto che un'azione del toccare allo stesso tempo
il sentimento dell'essere toccato.
Abbiamo le cose nel loro essere carnale, se noi riaffermiamo il primato dellessere la sensibilit il
medio dentro cui prende corpo il mondo, il mondo esso stesso carne e farsi avanti della
sensibilit. L'essere tattile l'a che fare con qualcosa di corposo e l'essere corposo un essere
che viene parlando in quanto corposo e non in quanto trasposto nei suoi significati concettuali.
Toccante e toccato restano sempre nella distinzione, non si sovrappongono. Quando io vengo

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toccato e tocco non ho una strana miscela di sensazioni che mezza attiva e mezza passiva, ma
ho sia il sentimento del toccare che il sentimento dell'essere toccato, quindi ho a che fare con
sentimenti irriducibili.
C10 Il fatto che le cose siano nella carne, nella sensibilit, non un limite, non un fatto che alla
fine non ho una padronanza effettiva, ma ee la condizione stessa dell'esperienza per quanto io
penso nn in funzione di me che mi rapporto alle cose, ma in funzione di un'unit in cui nn sto
dentro e che viene prendendo corpo. Non ho a che fare solo con il fatto che mi rappresento le cose
e le cose mi rispondono, ma ho a che fare con il fatto che a decidere non sono n le cose nella
loro separatezza, n io nella mia separatezza e quindi io sono fatto di cose e quindi sono in
relazione con le cose e mi vengo determinando in funzione delle cose e queste sono determinate
in funzione di me e tutto questo ridefinisce una logica di determinazione al di l della logica della
mia esperienza. Esco fuori dalla logica dellesperienza per dispormi dentro il processo di un mondo
che si viene formando e non pi della costruzione dellesperienza che si viene scandendo nel
rapporto con le cose. Cio se parto dal momento mediale della relazione non ho pi a che fare con
il primato di una soggettivit che si vene costruendo il suo rapporto con il mondo, ma ho a che fare
con un mondo che si viene costruendo e dentro cui in qualche misura sto. In questa opera di
Merleau-Ponty, i concetti che aveva gi formulato nella Fenomenologia della percezione che
afferma il primato del corpo per cui le cose sono nella corporeit per cui il linguaggio prima di
essere un linguaggio verbale, per quanto ho a che fare con questa dimensione, se non l'assumo
pi a partire dalle cose, ma in funzione del fatto che il mio corpo stesso visibile e quindi il primato
non sta pi nel mio io corporeo, ma sta alla relazione fra il corporeo delle cose, allora ho un
completo spostamento di prospettive. Quindi da un piano ontologico di riflessione sulla corporeit,
scivolo su una riflessione sulla carne, quindi sulla natura dell'essere in quanto essere nella
sensibilit. I termini del discorso sono gli stessi, ma a partire da un cambiamento di asse, il
discorso stesso si viene completamente riconnotando. Le cose sono eminentemente nel loro
risorgere dentro questa dinamica della corporeit.
Nel colore c' qualcosa di indefinibile, il colore ha qualcosa dentro di s ed carico di tutta questa
dinamica. Tutta la dinamica che porta il risultare quel colore, sta in questo colore e gli fa perdere
lucidit, lo destituisce dall'essere nella sua trasparenza per dargli quell'elemento di ambiguit,
corposit che in senso proprio lo caratterizza e lo fa essere dentro un corpo di relazioni.
C10b L'esperienza dentro un processo di costituzione che si d prima per contatti e poi nelle
prime fasi del bambino. I due abbozzi di cui fatto, quello del sentire e dell'essere sentito.
Abbiamo queso essere che si viene spogliando, che si fa continuamente nel gioco dei rimandi. Le
cose non sono solo per me che vengo vedendo. Allo stesso tempo un essere nella latenza
perch essendo un essere carnale, proprio perch nel positivo della determinazione, ha in s il
connotato dell'essere nella alternanza, nel venirsi a presentare e non essere mai presente.
Per quanto abbiamo a che fare con un essere a due fogli, abbiamo comunque a che fare con il
nostro corpo che toccante e che toccato e che continuamente si ridetermina in questa
situazione in cui insediato.
C10c Il rapporto che noi abbiamo con le cose corporee a partire dal nostro essere corporeo. Il
nostro corpo una cosa visibile e in quanto visibile vede e si d in mezzo alle cose e fa essere le
cose in quanto le cose si fanno essere e ne viene fuori il grande spettacolo del mondo nel quale
siamo insediati. Dentro questa prospettiva si ha lo spostamento del discorso fra il nostro corpo e il
mondo che in funzione di questa relazione e in quanto noi siamo solo un termine di questa
relazione, prende corpo. Il mondo prende corpo in quanto in rapporto delle cose e il mondo
l'insieme di questa relazione.
Il nostro corpo non ci in funzione di cui si danno le cose dentro una certa dinamica, ma il nostro
corpo il medio tramite cui le cose prendono corpo. Merleau-Ponty arriver ad approdare a una
sorta di metafisica della natura vicina a quella di Schelling, nel senso che la natura vivente, non
un complesso di molti oggetti governato da relazioni determinate da pensiero, da leggi, ma la
natura una natura vivente in quanto non si pu togliere alla natura il fatto che noi siamo dentro,
che la natura viene a prendere corpo in rapporto a noi che siamo nel corpo e che sta dentro questa
relazione. Noi siamo il termine medio in forza di cui la natura prende corpo. Parlare di fogli e strati
stare ancora dentro uno sguardo riflessivo. Non si puo parlare di un rapporto di noi con le cose,
ma si pu parlare di un mondo che prende corpo e dentro cui si viene a connotare l'esperienza.
Quello con cui abbiamo a che fare l'insieme del costituirsi delle cose dentro un movimento in
funzione del nostro essere corporei e in funzione che le cose, per quanto noi siamo esseri
corporei, vengono ad esistere. Merleau-Ponty sempre dentro questa relazione di reciprocit.
C10d Questa idea implica una natura che essa stessa nella sensibilit. Il narcisismo non sta
tanto nel ripiegamento su se stessi e nel provare piacere in rapporto a se stessi, quanto

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nell'abbandonarsi a tal punto alle cose tanto da avere piacere nel perdersi nelle cose. Il narcisista
non chiuso in s, ma in s in quanto si perde, naufraga nelle cose, viene a sfaldare
completamente la sua esperienza. La sensibilit del narcisista all'opposto dell'autocontrollo di s,
la perdita di s e nell'abbandono della perdita di s, il sentimento della pienezza di s nella
sensualit dell'abbandono. Quindi il narcisista non ha tanto la caratteristica della chiusura in s,
ma il naufragare completamente nelle cose stesse. Se lo pensiamo in questa prospettiva la natura
stessa si viene mediante la nostra sensibilit caricando una dimensione di sensibilit e come il
narcisista si abbandona alle cose, cos noi siamo tanto pi capaci della fruizione quanto pi ci
perdiamo nel prodotto stesso (come accade nel rapporto con l'opera d'arte). L'essere nella
sensibilit al tempo stesso essere in un mondo che non ci vede al centro, ma ci vede nella
periferia. Quando siamo nella periferia la parola spetta al mondo stesso e non pi a noi. L'opera si
viene a costruendo nella visione che veniamo facendo perch partecipe della dinamica di quella
visione. Il mondo un essere nella sensibilit e questo tema il tema della carne. Io sono carne in
quanto innanzitutto sono nella passivit e nella sensibilit e sono attivo in quanto sono sensibile.
Se penso questa dimensione non solo rivolta a me stesso, ma a me stesso in quanto sono dentro
alle cose, posso pensare che il mondo nel suo insieme come carne e nella sensibilit. Quindi la
carne C10e. La carne questo prendere corpo del mondo nella sensibilit. Tutta questa
dimensione del venire a risultare le cose ci che riconnette la discordanza tra l'essere toccante e
l'essere toccato, tra l'essere attivo e l'essere passivo e il medio dentro cui questo essere prende
corpo. Quindi il decisivo il prendere corpo del mondo. La discordanza la chiave di una
relazione e la relazione il termine in forza di cui il mondo si fa avanti ed il farsi avanti dell'unit
del mondo che alla fine rappresenta la parola.
C11 Il primum il mondo che prende corpo. Se sto dentro questa relazione o questo paesaggio,
comprendo anche che questo paesaggio non esaustivo, ma dentro questa dinamica
dell'universo dentro cui esso prende corpo. Non si ha un rapporto diretto tra chi tocca e chi
toccato.
Se questa dimensione del toccante-toccato la facciamo risultare come la chiave dell'essere, allora
l'essere che dentro questa dimensione ed l'essere che cade.
Nelle due mani non che l'una tocca l'altra, ma sono nell'unico movimento del toccarsi
reciprocamente. Se noi portiamo la stessa idea al rapporto che il nostro corpo ha con il mondo,
non che noi scopriamo il mondo o che siamo in esso, ma che noi e il mondo siamo nell'unica
dinamica del costituirsi del mondo. Finch non pensiamo che siamo coscienza di, finch ci
mettiamo al centro e assumiamo le cose per noi, non cogliamo la natura della relazione. Finch noi
siamo dentro una tradizione per cui le cose sono in funzione all'operazione di coscienza dentro cui
esse risultano, prendiamo sempre le cose dentro la struttura della nostra coscienza e quello che
conta il risultare delle cose dentro la nostra coscienza. Finch noi abbiamo la coscienza di e un
oggetto, non cogliamo la portata costitutiva delle relazioni. Cogliamo la relazione solo in quanto
essa fa risultare l'oggetto, ma non cogliamo il fatto che noi e l'oggetto siamo dentro una dinamica
per cui n noi n l'oggetto siamo pienamente dati. Se io mi penso come coscienza di, ho a che
fare con le mie operazioni di coscienza e con l'oggetto che a partire da queste operazioni si viene
costruendo dentro. Finch noi siamo dentro l'idea che siamo una coscienza di, abbiamo a che fare
da una parte con le strutture della coscienza e dall'altra parte con la cosa di cui abbiamo
coscienza. Quindi ci sfugge il fatto che tutta questa relazione prende corpo dentro una dinamica di
un essere che viene prendendo corpo. Solo per quanto noi assumiamo le cose non pi in funzione
della mia coscienza, ma in funzione del nostro essere corporeo, allora siamo sempre fuori di noi,
non siamo ma insediati in noi stessi. La vera differenza che intercorre tra la coscienza e il corpo
che mentre la coscienza insediata in se stessa, nelle sue operazioni, il corpo sempre insediato
fuori da s, sempre nell'azione che altri corpi esercitano su di lui, non esso il nucleo centrale di
tutto l'orizzonte, ma uno dei termini tramite cui viene a costruirsi il rapporto con le altre cose. Ci
vuol dire in Merleau-Ponty che se usciamo dal nostro essere nel primato della coscienza e ci
assumiamo dentro una dimensione corporea, spostiamo l'asse di riferimento da noi al rapporto che
le cose hanno con noi e apriamo un discorso che non riguarda pi solo noi, ma il processo
costitutivo dentro la relazione che abbiamo con le cose. In altre parole passiamo da una riflessione
sulla coscienza ad una sull'essere delle cose (da fenomenologia a ontologia) solo per quanto
spostiamo il discorso da coscienza a cose perch la natura dell'essere corporeo l'essere fuori di
s. Il corpo fuori di s per sua propria natura, lo gi nel suo essere corpo. L'essere nel corpo
nell'essere in rapporto agli altri che decidono di noi, ma in primo luogo l'essere nel corpo
nell'anonimia del nostro corpo. Il nostro corpo ci che noi impariamo a vivere, ma che non ci
dato nella presenza di noi stessi. Il nostro corpo diviene in qualche misura il noi stessi viventi
proprio a partire dal presupposto che il nostro corpo ci estraneo, noi continuamente con

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l'estraneit del nostro corpo perch il nostro corpo non una coscienza. Assumere il corpo invece
che la coscienza non significa solo cambiare il punto di partenza, ma cambiare l'orizzonte
complessivo del discorso. Significa passare dall'idea che le cose sono nell'incentramento del
pensiero, all'idea che sono nel decentramento. Noi siamo sempre in qualche misura al di fuori di
noi perch non siamo nella padronanza di noi stessi. Noi siamo abbandonati all'essere e questo
abbandono sconta per presupposto il fatto che siamo nel nostro corpo.

!30/10/15
!Concetto di carne e invisibile
!A-B possiamo renderlo nel modo pi semplice per cui B consegue da A e abbiamo un rapporto di

identit tra A e B. Questo rapporto, per, possiamo pensarlo in altri termini. Il rapporto A-B sta a
definire lo scarto che intercorre tra A e B quindi non pensiamo pi B nell'identit con A, ma lo
pensiamo nella sua irriducibilit ad A, come se B fosse qualcosa d originario rispetto ad A. Questo
solo met del discorso della carne. Noi abbiamo a che fare nel rapporto toccante-toccato con
due termini che sono irriducibili. L'altra met del discorso che non che da A risulta l'irriducibile
di A che B, ma dal trattino risultano sia A che B nella loro irriducibilit e nella loro relazione.
Questo trattino uno scarto, un luogo a partire da cui, ma non veramente un luogo.
Esistono una molteplicit di esperienze che sono nel comporre la nostra esperienza, sono non
dentro la pienezza dellassunzione: tutte queste esperienze a partire da cosa le prendiamo?
L'unit delle esperienze in cui siamo non nella coscienza, perch se queste esperienze fossero
un mirare alla coscienza (mirare a), esse sarebbero oggettivate e quindi sarebbero perse nella loro
specificit di atto. Che rapporto si d tra l'unit e il molteplice delle operazioni che svolgiamo nel
corpo dell'esperienza? L'esperienza difficile da pensare perch un occhio e una mano sono
capaci di visione e di tatto, ci che si deve comprendere come queste piccole coscienze di si
possano unire quando ognuna di esse essendo per s e se nella loro unione il prezzo da pagare
che nell'unione vengono rese oggettuali a partire da una che riassume tutte quante. Viene perduto
il loro carattere attuale.

!C11 La coscienza un complesso di operazioni intenzionali, di atti del mirare a in funzione di un

oggetto. Il problema delle cose per Husserl si incentra in questo discorso riguardo al mirare a
partire da una coscienza di, quindi il tentativo di Husserl sar quello di definire le modalit di
essere di questa coscienza di e del suo rapporto con gli oggetti. Se noi siamo in termini di
coscienza di e relativi oggetti, finiamo con il ridurre i molteplici atti a oggetti. Se invece noi, anzich
dalla coscienza di partiamo dal corpo e vediamo che i molteplici atti, nell'unit della vita del corpo,
se li pensiamo nell'unit della vita del corpo, allora non abbiamo un'unica coscienza in funzione
della quale siano le molteplici modalit di articolarsi della coscienza stessa, nel senso che Husserl
cerca di risalire alla struttura pura della coscienza per mostrare come l'esperienza sia in via
essenziale innervata e non sia quindi relativa nella riflessione sulle modalit di essere della
coscienza. Non si tratta di porsi su un terreno di pensiero e di definire le strutture di pensiero della
coscienza, ma si tratta di rimandare l'insieme delle operazioni che vengono svolte all'unit del
proprio corpo. In questo modo innanzitutto non siamo pi nell'unit e nella trasparenza del
pensiero e in secondo luogo abbiamo sempre a che fare non con un soggetto che coscienza e
con un oggetto che in funzione dell'operazione di coscienza come per Husserl, ma abbiamo a
che fare con un molteplice di attivit della coscienza nel rimando dall'uno all'altro. In altre parole se
noi prendiamo il mio corpo e non la coscienza facciamo saltare la relazione soggetto-oggetto,
perch io non ho pi un oggetto di fronte, ma ho la relazione vivente tra i molteplici atti della
coscienza e il sentire della coscienza. Che io sia nella sensibilit o in rapporto ad essa, sono un
ente vivente, non sono mai oggetto a me stesso. Il rimandare al corpo per rifondare l'esperienza,
significa in primo luogo fare saltare la relazione soggetto-oggetto, ma implica avere di fronte,
standovi dentro, la dinamica dell'esperienza che si sta costituendo. Questa la prima
conseguenza dell'impostazione del discorso, cio io sono tutto dentro la vita e non sono un vivente
che si rapporta alle cose. La seconda conseguenza il rapporto che ho con le cose parte
dall'irriducibilit del corpo, dal fatto che il corpo non mai nel padroneggiamento. Se io dico che
sono coscienza di, ho la coscienza nella sua trasparenza, la ho cos e cos funzionante secondo
determinate modalit. Se io invece parto dall'idea che il primato non spetta alla coscienza, ma
spetta al corpo, non ho mai una pienezza della coscienza nel suo essere nella trasparenza, ho in
tutte le esperienze che vengo facendo il riproiettarsi dell'opacit del corpo. In altre parole

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l'esperienza si impianta nell'opacit e non esce mai da essa, ma il suo essere nell'opacit la
condizione del suo districarsi.
C11b In questa frase Merleau-Ponty d prima la linea del suo discorso, nel senso che non
abbiamo un soggetto che con le sue modalit costruisce un mondo a partire dalle interazioni che
viene svolgendo, ma abbiamo una molteplicit delle relazioni, di esperienze, non solo nel presente,
ma anche quelle del passato dentro un'infinita ricchezza di variazioni di termini. Se noi siamo nel
corpo della vita dell'esperienza non siamo mai solo in ci che stiamo facendo adesso, ma siamo in
tutta la nostra storia. Se con un'ulteriore passo assumo questo non pi in funzione del mio corpo,
ma in funzione del mondo che si viene cos a costituire nel senso che il mondo stesso nell'essere
nella sensibilit, nel senso che io non sono mai da solo, ma sono sempre con altri corpi e questa
relazione che ho con altri corpi non mi mette mai al centro delle cose, ma mi mette sempre fuori di
me e in questo essere fuori di me non ho pi a che fare con il mio corpo solo, ma con il mondo che
viene passando per molteplici corpi e che si viene rifrangendo in maniera pi o meno riflessa nella
mia esperienza. Qui Merleau-Ponty parla di un Senziente in generale e gli d la S maiuscola.
Questo Senziente il mondo nel suo essere nella sensibilit, nel suo essere nel toccante-toccato,
nel suo costituirsi nel medio delle relazioni fra termini che ancorch irriducibili, sono l'uno per l'altro
come nel toccante-toccato. Quindi il toccante-toccato diventa la chiave di un'ontologia e non pi
soltanto di una riflessione sulla natura dell'esperienza dell'uomo.
C11c Abbiamo la stessa logica, ma il termine di riferimento non pi il corpo, ma il mondo.

!Merleau-Ponty

prende le distanze da Husserl, il quale dice che l'oggetto percepito viene


formandosi attraverso azioni di coscienza:
1) si d dentro una dinamica della costituzione;
2) questa dinamica della costituzione segue una logica;
3) questa dinamica della costituzione innervata di termini di pensiero.
Ad esempio se io voglio avere la percezione di una cosa, la assumo in molteplici scorci in quanto
non ce l'ho direttamente. La prima condizione che questi scorci siano collegati tra loro. Occorre
una logica per dare l'oggetto. Devo pensare a quello che percepir nel momento successivo. Se
ho una conferma mi si viene presentando davanti un oggetto, ma questo mi si viene presentando
perch penso gi originariamente nell'identit con l'oggetto stesso. Tutta questa operazione di
relazione con l'oggetto innervata di termini di pensiero. Un altro problema di Husserl il fatto che
le cose nella percezione le ho per quanto scopro la dinamica del pensiero dentro cui risultano. Per
quanto riguarda l'altro individuo, egli non sta fra i miei pensieri, ma un altro io che si rapporta a
me, che io non seguo perch esso stesso dotato di vita sua. Chiuso come sono nella mia
interiorit non ho alcuna via di accesso all'interiorit dell'altro. Cos starebbero le cose se l'altro
individuo, per Husserl, non solo mi stesse di fronte nella sua interiorit, ma se non si disponesse. Il
punto essenziale che il rapporto di conoscenza che io vengo a potere avere con l'altro non mi
data da una penetrazione profonda della sua interiorit, ma mi dato dalla relazione che si viene
costituendo fra me e l'altro. Per cui io mi dispongono in una determinazione fra me e l'altro e l'altro
a sua volta risponde disponendosi nei miei confronti. Si instaura cos un gioco di relazioni e dentro
a questo gioco vengo a definirmi io e si viene a definire l'altro. Questo gioco di relazioni implica che
nessuno dei due nella propria interiorit, ma che entrambi sono corpi che nella loro motilit si
dispongono reciprocamente. Merleau-Ponty assume come suo questo pensiero tornando alla
percezione. Egli dice che se utilizziamo questa logica e la facciamo centrale, la percezione non sta
pi dentro una relazione di pensiero, ma sta dentro quel corpo che Husserl ha scoperto come il
medio dell'intersoggettivit. La percezione stessa, a differenza di Husserl che la fa semplicemente
di un fatto, un dialogo con una cosa e la cosa non sta l per essere semplicemente percepita, ma
risponde, essa stessa attiva nei miei confronti ed qui la differenza tra Merleau-Ponty e Husserl.
In altre parole la logica che riguarda l'intersoggettivit in Husserl diventa la logica che riguarda
l'esperienza in Merleau-Ponty. Il corpo va preso come luogo dell'esistenza.
C11d Dentro questo orizzonte Merleau-Ponty conclude che l'alter ego io che sono nella mia
interiorit e anche l'altro nella sua interiorit, quindi come ci entro dentro? Noi mettiamo dentro
questa relazione che a due: A-B. Il problema non pi come io conosco l'altro come in Husserl,
ma di che natura la relazione che ho con l'altro. Se noi spostiamo questo asse di riflessione,
abbiamo non pi un A che conosce B e viceversa, ma un medio a partire da cui si d l'insieme di
relazioni fra A e B. Che cos' questo medio a partire da cui si danno queste relazioni? Questo
medio il trattino che sta fra A e B, quello che Merleau-Ponty chiama la carne di cui non
possiamo dire nulla, ma possiamo dire che l'origine non determinabile, il non fondamento a
partire da cui si danno le varie cose. Le varie cose come il mio essere attivo, il percepire la cosa e
la pressione che la cosa ha su di me, si danno a partire da qualcosa e questo qualcosa non a

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sua volta una cosa, ma il medio a partire da cui si danno tutti i medi. La carne non nulla di
positivo. Se c' un elemento in comune fra Schelling, Heidegger e Merleau-Ponty che tutti e tre
non sono tanto filosofi della dinamica della rivelazione, quanto dell'assunzione della rivelazione
dentro un orizzonte in cui la rivelazione rimanda a ci che irriducibile alla rivelazione stessa. La
rivelazione possibile perch la partire da cui essa sta sottratta dalla relazione, qualcosa di
irriducibile, qualcosa di cui non si pu parlare e che sta a capo di tutto. Questo il significato in
Schelling di non fondamento, noi possiamo parlare di fondamento, di natura di dio ecc a partire dal
non fondamento e quindi da qualcosa che non abbiamo e che non rientra nella rivelazione.
Dell'amore di dio non possiamo dire nulla, possiamo capirlo in negativo solo in quanto ci viene
sottratto come ci che non si traduce nel mondo, ma come ci a partire da cui tutto quanto si d. Il
non fondamento quindi un origine di cui le cose si danno, ma che non si risolve nelle cose. Vi
un elemento di estraneit alla radice delle cose stesse in grazie a cui si vengo dando le cose.
Stessa cosa per Heidegger quando parla dell'essere. L'essere nella rivelazione perch l'essere
chiuso in se stesso, irriducibile alla dinamica della rivelazione, nell'oscurit dell'essere.
L'essere non mai nel medio della rivelazione. La carne di Merleau-Ponty lo stesso concetto
riportato nel campo dell'esperienza. La carne il medio della sensibilit, l'oscuro della sensibilit,
lo scarto che si d delle cose a partire da cui si danno tutte le cose.
C12 Abbiamo a che fare con il visibile, ma ci determiniamo mai incentrati in noi stessi, ma sempre
in grazie ad un di fuori da noi che l'altro. Il profondo in Merleau-Ponty sta nella superficie.
C12b Idea di accoppiamento di una cosa per l'altra. Se io vengo dentro questa prospettiva il punto
decisivo non il medio della mia motilit, ma l'essere la mia motilit dentro un sistema enorme di
relazioni, quando non sono solo io come coscienza, ma neppure io come ente corporeo il termine
di riferimento dell'esperienza. Il termine di riferimento dell'esperienza l'insieme infinitamente vario
di un mondo della vita a cui partecipo e sono inscritto. Quindi ho a che fare non con me, l'idea
fondamentale far saltare il soggetto. Se io prendo tutte le relazioni e le metto insieme non sono
pi io come soggetto, ma il mio essere nella nudit dentro un insieme di azioni, di passati che mi
colpiscono. Il corpo non si accoppia con l'altro corpo, ma con il mondo.
C12c Queste operazioni si applicano all'altro e a noi stessi, queste operazioni ci definiscono.
Siamo dentro un sistema di azioni e contrazioni dentro cui stiamo.
Innanzitutto sta il senziente, il desiderio, l'essere nella sensualit, la sensibilit la quale non
qualcosa che riguarda me in senso proprio, che riguarda la mia sensibilit. Il momento
fondamentale il momento carnale, il momento corporeo, il pensare il parlare sono dimensioni
prima che concettuali, sono corporee. Per parlare evidente che occorre un'attivit fisica, ma non
solo questo il punto. C' anche il fatto che il pensiero viene scaturendo nel medio di questo
sforzo. Non possiamo togliere al pensiero la totalizzazione, lo stare nella totalizzazione. Il pensiero
viene a prendere corpo a partire da un'attivit del corpo. Vi una fatica nella costruzione del
discorso e il discorso sempre nel medio del venirsi a costruire. L'investimento dell'attivit di un
corpo richiede questo tipo di bisogno. Merleau-Ponty dice che non vogliamo risalire ai fatti
elementari del pensiero stesso, ma alla sua logica per far capire come il pensiero sia sempre nel
raccordo fra due cose che sono fra di loro estranee e vengono a risultare fra lo sforzo della
focalizzazione da una parte e il focalizzare dall'altra. L'azione che io vengo facendo nello sforzo del
focalizzare ci in cui si traduce questa azione, l'espressione nel vivo del suo presentarsi, fra
questi due termini l'attivit del pensiero nelle sue radici e il manifestarsi dellattivit del pensiero nel
medio dell'espressine, fra questi due luoghi vi un terzo luogo del non dicibile. Vi un punto zero
da cui si passa dal medio dello sforzo corporeo al medio dell'espressione. Queste sono due cose
irriducibili l'una all'altra. C' solo un punto zero per cui le due cose sono l'una per l'altra a partire da
un terzo di cui non possiamo dire, ma questo terzo la carne ed ci che in quanto nel suo
essere nella sensibilit anche nell'attivit. In quanto nello sforzo della focalizzazione e
nell'espressione e fra focalizzazione ed espressione vi congruenza, ma questa congruenza
mai nel rimando di due termini a partire dal fatto che essa sempre si consuma dentro una carne,
un vivente corporeo che viene cos articolandosi nell'esistenza. Quindi non abbiamo a che fare con
un'origine empirica, ma con una metafisica delle cose e con un'ontologia della corporeit.
C13 La carne questo continuo evento per cui si passa dallo sforzo della focalizzazione
all'espressione, dallo sforzo dell'espressione alla focalizzazione, sempre questo stare in mezzo
alle cose, in questo non fondamento da cui tutto risulta. Di questo essere abissale non si pu dire
nulla tranne che un essere nella sensibilit in funzione di cui viene fluttuando l'esperienza.
C13b La carne non il caos perch se cos fosse noi saremmo dentro un orizzonte strettamente
rivelativo per cui dal caos prendono corpo nel medio della rivelazione le cose e noi, il caos una
sorta di originario che nel medio della rivelazione viene trasponendoci. Se noi avessimo soltanto a
che fare con un originario caos e con un costituirsi del mondo a partire dal caos avremmo

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unicamente a che fare con una logica che tutta quanta rivelativa. Il punto di partenza e quindi
con ancora un fondamento, un qualcosa a partire da cui si viene desumendo, non il caos, ma la
relazione fra le congruenti, il punto zero su cui non si pu dire nulla. Questo essere nella sensibilit
che si traduce nel fatto carnale dell'esperienza e cio che l'esperienza nella sensualit, nella
sensibilit e nello stesso tempo nel suo trasporsi e nel suo manifestarsi, questo punto zero a
partire da cui si d la relazione da cui scaturisce il movimento. Ci non ha nulla a che vedere con il
caos perch irriducibile alla rivelazione, fuori dal movimento. nel movimento, ma non si
risolve mai in esso, in qualche modo come il non fondamento di Schelling o l'essere di Heidegger
che si annullano senza mai darsi veramente nemmeno in ci in cui si annullano. Abbiamo a che
fare con l'inoggettivabile dell'esperienza a partire da un punto zero che sta fuori dall'esperienza,
ma che si fa sempre presente nel suo inoggettivabile.
C13c Siamo coinvolti nel mondo che veniamo decifrando e siamo parte della decifrazione che
compiamo sul mondo.
C13d Il rapporto che ho con la mia voce non un rapporto per cui ho la mia voce di fronte e la
vengo ascoltando. Il suono della mia voce mi si d nello sfondo del risuonato, non ho mai la
padronanza della mia voce. Il risuonare di una parola il costruirsi di una cosa nel medio della sua
costituzione carnale ed questa la carne, cio questo farsi dentro un orizzonte in cui le cose sono
eminentemente nell'adombramento e non sono cose. Il movimento nella fatica di un'attivit
corporea che si viene trasponendo in un pensiero, in una presa di posizione. Questo sfondo a
partire da cui tutto quanto ci viene dato che non mi del tutto estraneo e nemmeno tutto famigliare
la carne, questo essere nella sensibilit. La caratteristica dell'essere nella sensibilit l'essere
mai nella padronanza perch non abbiamo mai a che fare con cose eterogenee. Queste due cose
eterogenee stanno insieme a partire da un testo che non c'.
Questo scarto il termine a partire da cui si d la dinamica della relazione e noi non lo troviamo,
non lo scopriamo fuori dalla relazione, ma dentro a essa, scopriamo ci a cui fa capo il mondo nel
dispiegarsi del mondo stesso. Non abbiamo a che fare con un mondo che nel suo presentarsi e
nel suo venire alla luce, ma questo non esaurisce la dinamica del discorso, perch la dinamica del
discorso fa riferimento a quel punto zero che ci a partire da cui si d il mondo nel suo
presentarsi. La carne lo sfondo a partire da cui le cose si danno. Ad esempio il linguaggio reso
denso di significati perch reso anonimo, c' questo retroterra non lucido, opaco, dentro cui
vengono risultando le cose. Quindi non c' una visione senza schermo per Merleau-Ponty, le cose
non sono solo nella dinamica della visione, ma c' anche uno schermo che l'inanimato a partire
dal quale si d quel totalmente inanimato che la visione.
C13e Le idee sono proprio perch noi le veniamo conquistando. Se esse fossero solo idee sul
piano ideale, se non fossimo invischiati nell'opacit del corpo, non penseremmo nemmeno
secondo Merleau-Ponty.
Relazione amorosa di Swann che si costruita intorno a una frase musicale che acquista un
significato che va enormemente al di l di essa. Questo fatto apparentemente estraneo, musicale,
si trasforma e acquista una significativit e diventa un condensato di relazione di amore e sguardo
verso la donna amata.
C13f Siamo sempre dentro una dinamica del travestimento, c' sempre il muro del medio del suo
presentarsi.
Trova un'analogia con il non fondamento di Schelling o con l'essere di Heidegger. Heidegger dice
che l'opera d'arte un mondo e prende l'esempio delle scarpe della contadina. Questo essere
inoggettivabile delle scarpe della contadina, non esaurisce l'opera d'arte, mi d solo un aspetto
dell'opera d'arte. L'altro aspetto con cui si costruisce l'opera d'arte l'essere come mero fatto che,
come mero essere ritratto in se stesso che nel fatto che semplicemente c'. L'opera d'arte non
d solo il mondo della vita, ma mi d qualcosa che sottratto al mondo e che nel suo
semplicemente essere, ci a partire da cui il mondo si d e che in via essenziale non si potr mai
tradurre nel mondo. La carne nella dinamica della relazione, ma il sottratto dalla relazione che
fa essere la relazione. L'invisibile questa carne in quanto assenza, punto zero a partire da cui si
d la dinamica della visibilit nel medio del toccante-toccato.
C14 L'invisibile due cose:
1) ci a cui la relazione di visibilit fa capo perch ci da cui scaturisce il toccante-toccato;
2) ma neppure soltanto ci a cui fa capo questa relazione, ma anche ci che ritorna in ogni
relazione, in tutti i luoghi e momenti dell'esperienza. L'invisibile non sta solo dentro come
condizione dellesperienza in quanto l'esperienza si d in un medio intersoggettivo, ma
l'invisibile dentro il costruirsi dell'esperienza, il prodursi dell'esperienza nel senso che
l'esperienza non mai nella pienezza, nella consistenza e per questo l'invisibile si viene a
colorare di ambiguit. Si ha sempre questo concetto di un mondo che si viene facendo.

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Il nostro essere nel mondo alla dipendenza del mondo. Il punto non di creare, pensare un
mondo come dato, ma sta nello scoprire il processo genetico attraverso cui il mondo si viene
facendo. L'opera d'arte deve portare alla luce la dinamica della cosa per cui essa non ci data, ma
si fa visibile.
C14b Dentro il corpo di questa relazione l'invisibile per un verso ci a cui il visibile fa a capo in
quanto noi lo ritroviamo nel visibile, la dinamica stessa della visibilit. La visibilit si costituisce in
funzione a dei medi che vengono a prodursi nell'essere carne del mondo.
C14c Le idee sono nella carne, anche le idee che noi non pensiamo, perch non che abbiamo a
che fare con il loro essere a partire da un corpo semplicemente, ma che esse sono la carnalit
del mondo. come se la carne stessa si facesse sublimata, ma non per questo cessasse di
essere carne. Le idee sono dentro un processo di trasfigurazione della carne, non dentro un
azzeramento.
C15 La carne l'apertura a partire da cui si danno tutte le cose. La mia stessa esperienza si
consuma dentro questa dinamica. Io stesso mi rapporto continuamente a me stesso.
C15b La parola insorge dal silenzio, allora dobbiamo rendere conto d questa frattura ed dentro
questa frattura che si dispiega la riflessione sul superamento del fondamento, cio nel fatto che vi
un a partire che non rientra nelle cose in cui esso si viene traducendo, ma questo a partire si fa
presente nelle cose in cui esso si viene traducendo. Il silenzio e la parola sono termini alternativi, o
c' silenzio o c' parola, ma la parola deriva dal silenzio e il silenzio solo silenzio e allo stesso
tempo il silenzio non sta solo dietro la parola o la possibilit della parola, ma esso sta anche dentro
la parola che non mai esaustiva. La parola sempre una ricerca dell'espressione, il suo
significato non mai un c' o non c', ma sempre nel movimento della conquista.
C15c La logica quella del visibile-invisibile anche nel silenzio-parola. Questa logica che sostiene
la relazione del toccante-toccato o le relazioni che intercorrono fra noi e gli altri esseri umani
perch si d una carnalit del mondo che si danno le effettive relazioni carnali fra gli esseri umani.
C15d Quello che stiamo cercando un senso selvaggio. Stiamo cercando un senso che
sprofondato in un non-senso, un visibile che sprofondato nell'invisibile e questo sprofondamento
del visibile nell'invisibile attesta una condizione per cui una sorta di problematicit costante, di
enigmaticit percorre tutte le cose come essere e esperienza, per cui non possiamo dire che
l'essere nel venire ad essere dell'espressione, ma l'essere nel venire ad essere
dell'espressione in quanto mantiene al suo interno l'inespresso: la parola mantiene al suo interno il
silenzio, il visibile mantiene al suo interno l'invisibile. Allora se le cose stanno cos, l'essere non
mai nella sua pienezza e Merleau-Ponty lo definisce un essere selvaggio, non acculturato, non
civilizzato, un essere percorso dall'oscuro della tensione. La filosofia deve restituire un senso
selvaggio. L'originario un essere selvaggio che ha in s la non esplicabilit, un essere che
trapiantato nell'oscurit e che fa presente questa oscurit in tutto il suo presentarsi e che il suo
presentarsi sempre dentro un gioco di luci e di ombre. Il linguaggio non avere le cose nella
lingua, ma un conquistare le cose nella lingua a partire dal fatto che non padroneggiamo la
lingua, lo strappare significato alla lingua. Il linguaggio l'essere anonimo del linguaggio che si
fa di senso e che mantiene al suo interno sempre la fatica del farsi di senso e che non si stacca
mai del tutto dalla sua originaria anonimia.

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