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LA BASILICA DI

SAN PIETRO
a cura di
Carlo Pietrangeli
presentazione di
Virgilio N oe

NARDINI EDITORE

PIETRO: IL VICARIO DI CRISTO


DI SALVATORE GAROFALO

ei confronti degli altri undid Apostoli, scelti


personalmente da Cristo, Pietro occupa nei
quattro Vangeli un posto di assoluto privilegio, non
soltanto per la maggiore frequenza del suo nome
nella triplice forma Simone-Pietro-Cefa, ma per
I'attenzione particolare che gli eriservata e la straordinaria caratterizzazione del personaggio. Tra l'altro, in lui non si riscontrano qualita che avrebbero
potuto far presagire un capo. In un certo senso, e
una creazione di Cristo. Prima della sua avventura
evangelica era un uomo qualunque: un pescatore
galileo, che, nato a Betsaida presso la riva orientale
del Iago di Tiberiade, dimorava nella vicina Cafarnao, sull' opposta sponda. Nei giorni in cui, tra gli
anni 27-28, Giovanni Battista, il profeta uscito dal
deserto, metteva in agitazione la Palestina con l' annunzio della imminente manifestazione del Messia,
Simone, con il fratello Andrea, e nella pianura di
Gerico, al seguito del Precursore. Fu Andrea che lo
presento a Gesu, il quale, appena l' ebbe davanti, lo
fisso e disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni;
tu ti chiamerai Kefa, che in aramaico significa
toccia, un appellativo diventato nome proprio,
sconosciuto nella onomastica di quel tempo. Nella
Bibbia il mutamento del nome indica una vocazione
particolare e un nuovo destino. A questo riguardo, il
caso di Simone e unico nei Vangeli.
Simone-Pietro ritorno con Gesu in Galilea,

Miniatura bizantina con San Pietro e San Giovanni (Cadice Vat. Gr. 1208, Biblioteca Apostolica Vaticana).

dove, a Cana, fu testimone del primo miracolo di


Cristo, il quale, stabilitosi a Cafarnao, fu spesso
ospite della casa di Simone e gli guarl la suocera.
Un giorno, dopo aver parlato alla folla dalla barca
di Simone, gli ordino di prendere il largo e gettare
le reti. L' Apostolo gli fece osservare che dopo una
notte infruttuosa era inutile ritentare, ma
l' avrebbe fatto Sulla parola del Maestro. La pesca ebbe un esito prodigioso; Simone ne fu atterrito e scongiuro Cristo di allontanarsi da lui peccatore, ma Gesu lo rassereno: Non temere! D' ora
innanzi sarai pescatore d'uomini. Fu il primo miracolo a misura di Pietro.
Un mese di febhraio giunsero a Cafarnao gli
esattori della tassa annuale che ogni israelita doveva
versare al tempio. Gesu ordino a Pietro di recarsi al
Iago: nella bocca del primo pesce preso all' amo
avrebbe trovato la moneta necessaria per pagare il
tributo per se e per il Maestro. E il miracolo piu
originale per sottolineare un rapporto singolare tra
l'Apostolo e Cristo.
11 lago sara la scena di un altro prodigio, che
implica direttamente Simone. Dopo aver sfamato
con un miracolo la grande folla che lo seguiva, Gesu,
costretto a rifugiarsi su una collina per sottrarsi
all'intemperante entusiasmo dei beneficati, ordino
agli Apostoli di raggiungerlo in barca. All' alba,
mentre l'imbarcazione era in balla del vento contrario, Gesu ando incontro ai suoi camminando sull' acqua. Fu creduto un fantasma, foriero di sventura;
quando si fece riconoscere, Pietro voile assicurarsene, chiedendo di raggiungerlo sul Iago.

Su invito dcl Maestro scese dalla barca, ma la


violenza del vento l'impaurl e comind o ad affondare. Gesu lo afferro per mano, rimproverandogli la
poca fede.
Per due o tre anni e alcuni mesi Simone resto
giorno e notte accanto a Gesu, attento ad ogni sua
parola, gesto e miracolo, chiedendogli spesso spiegazioni e precisazioni. In una memorabile giornata,
il Maestro dichiaro a Cafarnao che la sua came e il
suo sangue sarebbero stati il solo nutrimento per la
vita eterna. La folla inorridl e lo abbandono. Si
ritirarono anche molti discepoli e Gesu domando ai
Dodici se avessero la stessa intenzione; Pietro rispose per tutti con la piu perfetta definizione dell'insegnamento di Cristo: Signore, da chi andremo!
Tu hai parole di vita eterna.
Gli eventi precipitavano e a Gesu premeva di
preparare i suoi allo scandalo della Croce. Un
giorno li condusse lontano dalle folle, nei boschi di
Cesarea di Filippo, presso le sorgenti del Giordano.
Prima voile ascoltare dagli Apostoli 1'opinione che
la gente s' era fatta di lui, poi insiste per conoscere
quella <lei suoi. I1 portavoce fu ancora una volta
Pietro: Tu sei il Messia, i1 Figlio del Dio vivente.
Di rimando, Gesu gli disse che quella confessione di
fede gliel'aveva ispirata i1 Padre celeste, poi aggiunse: Ed io dico a te: tu sei Pietro e su questa
pietra edifichero la mia Chiesa [...]. A te daro le
chiavi del regno <lei deli, e tutto cio che legherai
sulla terra sara legato nei deli, e tutto do che
scioglierai sulla terra sara sciolto nei deli. Subito
dopo, comincio a parlare della sua tragica fine a
Gerusalemme e Pietro reagl con foga, cercando di
distogliere Gesu da quei tristi pensieri, ma i1 Maestro gli rimprovero aspramente di ostacolare i disegni di Dio. Da quel momento ebbe inizio i1 dramma di Pietro. Sei giorni dopo, testimone della gloria
di Cristo sul Tabor, tento goffamente di fermarlo sul
monte, per impedirgli di proseguire i1 cammino
verso Gerusalemme.
Nella Citta Santa, durante l'ultima cena pasquale con Gesu, alla mensa della prima Eucaristia, Pietro e come un arco teso; non vuole che il
Maestro gli lavi i piedi in atteggiamento umilissimo,
ma Gesu lo ammonisce che i1 rifiuto lo escludera
dall' aver parte con lui, ed egli si offre di farsi
lavare dalla testa ai piedi. Quando Gesu denunzia la
presenza di un traditore fra i Dodici, vuol sapere con

l'aiuto di Giovanni chi sia l'infame. E in allarme


perche, con parole oscure, Gesu dice che sta per
incamminarsi su una via dove per il momento i
Dodid non potranno seguirlo, e protesta di voler
stare con i1 Maestro, a costo di morire con lui. Per
tutta risposta Gesu gli annunzia che il gallo non
cantera prima che egli non l' abbia rinnegato tre
volte. Tuttavia, gli promette di pregare per lui,
affinche non venga meno la sua fede e, ravveduto,
possa essere il sostegno della fede dei suoi fratelli.
Dopo la cena pasquale, nell'alta notte, Pietro e
testimone della straziante agonia di Cristo sotto gli
ulivi del Getsemani, ma, sbigottito e oppresso dal
sonno, non riesce a tenergli compagnia; soltanto al
momento in cui Cristo sta per essere arrestato ha un
gesto inconsulto: sfodera la spada, mail Maestro gli
ferma la mano. Lo ritroviamo nel cortile del palazzo
del Sommo Sacerdote, dove Gesu e condotto in
catene; una serva pettegola lo riconosce come seguace di Cristo ed egli, innervosito, giura e spergiura
di non averlo mai conosciuto. Lo squillo improvviso
del canto di un gallo gli ricorda la predizione del
Maestro, il quale, trovandosi a passargli accanto in
catene, lo trafigge con lungo, doloroso sguardo.
Pietro fugge, piangendo lacrime amare.
Ricompare due giorni dopo, la domenica della
Risurrezione di Cristo. Le pie donne che si erano
recate di primo mattino al sepolcro avvettono gli
Apostoli di averlo trovato apetto e di aver saputo da
due misteriosi personaggi in vesti sfolgoranti che il
Maestro era risuscitato. Pietro, con Giovanni, corre
al sepolcro e trovandovi soltanto i lini funebri, resta
perplesso. Il Signore risotto gli riserva la sua prima
apparizione. La stupenda avventura evangelica di
Pietro si conclude in Galilea, dove il Signore ha dato
appuntamento ai Dodici, nel segno di un' altra pesca
miracolosa, segulta da un serrato colloquio, durante
il quale Gesu gli chiede tre volte se lo ama davvero e
piu degli altri. Dopo le reiterate e patetiche risposte
affermative di Pietro, il Risotto gli affida le sue
pecorelle e i suoi agnelli. Gesu che si era detto
Buon Pastore perche aveva dato la vita per salvare il
suo gregge, predice al Pastore suo Vicario un martirio che lascia intravedere una croce.

F. Rusu ti, particolare del mosaico delta facciata di Santa


Maria Mag,g,iore a Roma ra fjigurante San Pietro.

12

..

--

.
A sinistra: Donatello, particolarc con t'imm
Pietro nella Sagrestia Vecchia di San Loren agrn~~ 1 San
A fronte : C. Crivelli, particolare det polittic:o
trenze.
San Pietro (oggi nella National Gallery di L~:d~~~ante

ff'

I primordi della Chiesa fondata da Cristo


Pietro, nel racconto deg)i Atti degli Apostoli ~u
vedono in primo piano. E lui che decide la s~st~
tuzione dell' Ap?st~lo traditore. Cinquanta giorni
dopo la morte d1 Cristo, quando lo Spirito Santo da
lui promesso ai suoi irrompe con fragore di uragano
nel Cenacolo dove sono raccolti gli Apostoli con
Maria madre di Cristo e il nucleo iniziale della
comunita cristiana, e Pietro che proclama per primo il messaggio evangelico a una folla di pellegrini
ebrei d'ogni nazione convenuti a Gerusalemme per
la solennita di Pentecoste. II primo dei miracoli
compiuti in quei giorni dagli Apostoli descritto in
particolare e di Pietro ed e lui che due volte resiste
alla violenza del Sinedrio, il quale, dopo aver condannato a morte Gesu, vuole ridurre al silenzio i
suoi Apostoli. E Pietro che allontana le prime ombre dalla comunita cristiana, smascherando l'ipocrisia e la malizia di Anania e Saffira, che inquinano la
purezza della carita evangelica. Nelle piazze di Gerusalemme vengono portati gli infermi anche dai
dintorni, affinche, quando Pietro passava, anche
solo la sna ombra coprisse qualcuno di loro e lo
guansse.
Dopo la lapidazione del diacono Stefano,
primo marti re cristiano, Pietro si reca con Giovanni
in Samaria, dove il diacono Filippo aveva predicato
il Vangelo con grande successo. Si era fatto battezzare anche un famoso mago, Simone, il quale, vedendo gli Apostoli conferire il dono dello Spirito
Santo con l'imposizione delle mani, offrl del danaro per comprare quel potere, ma incorse nello
sdegno di Pietro. L' Apostolo visito poi le prime
comunita cristiane del sud della Palestina. A Lidda
guarl un paralitico, a Giaffa risuscito una grande
benefattrice dei poveri. E significativo il fatto che,
nel compiere questi miracoli, Pietro ripete parole e
gesti di Gesu.
Sara ancora Pietro a segnare un' ora sol~nne
della prima Chiesa quando battezzera il centur1one
romano Cornelio a Cesarea marittima. L' audace
'
. .
iniziativa, determinata peraltro da un esplic1to mter14

Michelangelo, alfresco eseguito per ordine di Paolo III


nella Cappella Paolina, in Vaticano, ralfigurante La Croci/issione di San Pietro.

vento divino, gli attire le critiche di alcuni giudeocristiani di Gerusalemme, che egli ridusse alla ragione.
Nell'anno 42, il re di Giudea Erode Agrippa I,
dopo aver fatto morire di spada l' Apostolo Giacomo, fratello di Giovanni, per ingraziarsi gli ebrei
getto in carcere Pietro, che, liberato da un angelo,
Si incammino verso un altro luogo. Una tradizione attestata nei secoli T.V-V lo fa venire a Roma,
portando a venticinque anni, ovviamente non continui, la durata dell'apostolato di Pietro nell'Urbe,
cioe fino al suo martirio nell'anno 67.
La storia di Pietro negli Atti si conclude con il
suo intervento, verso l'anno 50, nel cosiddetto
Concilio di Gerusalemme, dove fu decisa 1'esenzione dei pagani convertiti al cristianesimo dall' osservanza della Legge di Mose. Dopo questo tempo, 1'Apostolo Paolo, nella Lettera ai Galati, menzio-

na un suo incontro con Pietro in Antiochia di Siria.


Tra le ventuno lettere apostoliche del Nuovo
Testamento se ne trovano due con il nome di Pietro. La prima, la piu importante, einviata da Babilonia, nome simbolico di Roma presso ebrei e cristiani
del secolo I, ed e indirizzata a piccole comunitil
cristiane non fondate da Pietro, disperse in dnque
province dell'Asia Minore e afflitte da tribolazioni e
contrarieta nell'ambiente in cui vivono.
La lettera di Pietro e un modello di lettera
pastorale, con un denso riassunto della fede cr~
stiana e degli imperativi morali che ne derivano. E
anche la piu ricca ed esatta evocazione delle parole
di Cristo, chiamato per l'unica volta nel Nuovo
Testamento Pastore massimo, che e la pietra
viva sulla quale i cristiani si sono costruiti in edificio spirituale. Nella lettera ha particolare rilievo la
Passione di Cristo, della quale Pietro si dichiara testimone.
E la dove, con la morte in croce, eguaglio la
passione di Cristo (Tertulliano), egli rimane nei
secoli, irremovibile roccia sulla quale il Figlio
di Dio ha fondato per sempre la SUa Chiesa.

PHFESJSTJlNZE ARCHEOL GICHE:


LA NECROP Ll VATICANA
E LA TOMBA DELL'APOSTOI O
IL CIRCO DJ CALIG LA. L'OB :LISCO
IJI PAOLO LIVl!RANI

a regione chc ncll'antichita andava sotto i1 nomc di Vaticano avcva originariamente un' cstensionc assai maggiore di qucJla che le si attribuisce
oggi. Si trattava infatti di un vasto tcrritorio, !'ager
Vaticanus, che comprendeva a sud le alture dell' odierno Gianicolo e risaliva lu.ngo la riva dest:ra del
Tevere fino a fronteggiare la cittaclina di Fidene
(Plin., Nat. Hist. 3 ..53), che si trovava sulla riva
opposta n.ell' area purtroppo attualmente coperta
dall'omonima borgata romana. Le fonti antiche cessano di menzionare l'ager Vaticanus abbastanza presto: a partire dalla seconda meta del II secolo d.C. si
parla semplicemente di Vaticanum, usando il term.inc per indicare un'area assai phi ristretta: troviamo attestato tale uso per la prima volta nella
necropoli sotto alla basilica di San Pietro, neU'iscrizionc del sepolcro di Popilius Heracla dove l'eclificio
sepolcrale stcsso viene definito come posto ;., Vatic(ano). E evidente che chi leggeva questo testn n<Jn
pensava al vastissimo ager Vaticanus, pcrche alt. lmenti l'indicazione sarebbe stata priva di semo, ma
a un'area abbastanza ristretta che pub essere'definita
attraverso indicazioni lettcrarie di epoca successiva.
La tomba dell'Apostolo Pietro infatti, a partire dal
200 circa, e concordemente posta in Vaticano da
tutti gli autori. Cosl pure l'obelisco, che fino al 1586
sorgeva in un punto ancora oggi segnalato da una
lapide nella pavimentazione di piazza dei Protomar-

Particolare del mosaico delta volta del Mausoleo M degli


Iulii ra/figurante Cristo in vesti apollinee.

tiri Romani accanto alla sagrestia di San Pietro, e


definito in Vaticano sia dai cataloghi regionari diocfozianei, che da Ammiano Marcellino (17.4), storico della fine de! IV secolo. Una notizia della prima
meta de! V secolo (Ps.-Acro, in Hor., Epod. 9.25)
pone inoltre in Vaticano il cosiddetto sepulcrum
Scipionis, un monumento sepolcrale a piramide
noto nel Medioevo anche come meta Romuli, che
sorgeva fino al tempo di Alessandro VI, in un punto
corrispondente oggi all'angolo tra via della Condliazione e via della Traspontina. I1 Vaticano della
meclia e tarda eta imperiale si estendeva dunque sul
colle che attualmente e compreso entro le mura
vaticane e nell'area attraversata oggi da via della
Conciliazione. Inoltre e solo a partire dalla fine del
III secolo che si parla del Vaticano come di un
monte, qualifica prima limitata solo a Palatino,
Campidoglio, Esquilino, Celio e Aventino.
L'area vaticana era attraversata da due prindpali percorsi viarii: la via Trionfale e la via Cornelia.
In eta imperiale entrambe dovevano uscire dal
ponte Neroniano, subito a valle di ponte Vittorio
Emanuele II; la ricostruzione puntuale de! loro
percorso none chiara in tutti i dettagli, tuttavia la via
Trionfale doveva dirigersi verso la zona occupata
attualmente da piazza San Pietro, saliva le alture
seguendo all'incirca la linea delle odierne via del
Pellegrino e via Leone IV, si dirigeva verso Monte
Mario con il percorso che porta ancora il nome
antico e puntava infine su Veio. La Cornelia invece
andava verso ovest passando forse a sud dell'area
coperta dalla basilica dell'Apostolo.
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ni 'a , ep.idn. ~u mnternn di N t-on ,
~ prmtntro gli bmti ~1-.Qrippi Mf, doe di Agrlpplnu
M~~i re, mudre di ' ili.goln, di dovevun oc 'U
pmt' an h buonu pm-re dell'uren rom1 t-csu ncll'ot
tuale 'nu dcl 'fotiam . Entrumbl i porrhl conOui
ron hen presl'o nclle p.ropri 't~ imperiidi c infotti
propri nell'areo de.i ginrdini mut 'rni 'nligolll costrul il suo cil'C'O. Ad esso ~uc cssi\'unwntt lavoro
anche Neron t'h vi si set itnvo n Un C01'$C1 -:on 1\
qundrign che utilltx circo ' ginr<lini primn p r
ospitare i senz:ntetto scampoti ol gt rndc in<'cndio di
R mtl poi come tel\tro dcllu fero -c p '1-sccuzion in
rui trovo la morte 11nche on Pictm (foe., A nn.
1 .44.4-.5 1.5. 9.2).
Della ~truth.nu dcl circo purtroppo onos inmo
fl~ poco: il resto piu evid nte e l'ob lisco spostnto
du Sisto V nl centro di piazza on Pi tro. condo
Plinio il Vecchio (Nat. Hist. 36.74) sat-ebbe stnto
eretto in Egitto dal faroone Amenemhet II (1929189.5 a.C.), ma la not.izin e irtn di difficolta e vn
considerntu con cautclo. Grnzie a uno studio dl
Filippo Magi sappinmo pero che, nl di sotto dcll'iscrizione latina attualmente leggibile (ClL VI
882), si riconoscono i fori di fissaggio per le lettere di
bronzo di una dedica postn ad Augusto dal prefetto

monnJht su uno n11ve costnilto npposhomcn1 c


(PHn., N111. I list. 16.201) e Jo innnlzo sullo splnu del
Siil' drro. Le fl,ndnzioni ll\1 cul sorgevo, fino ollo
sp1llltomenh"' clnqnC\' nt'esco, sono stote dmesse In
lnce uno 1rcnt lno d'onn! fo In plozio dei .Protommtiri
Romonl. l .'nlrra el 'tnento su cul sl fondo lo ricostm
11ione del clrco cost ltulto dn 1111 duplice muro di
Rmndi dim nsloni ch dlsegnn un'omplo curvo. Tole
t sto sl ttxwo n I sott rmnei del plllozzo chc fron teg~i11 l'esn-emlto de! colonn11to meridlonnle di piazza
11n P.letm fo probobllm nte pone dei carceres de!
clrco, potTemmo doe dlr dcl box di portenzo delle
bl1-the. lnfln una scrl di corotoggi appositamente
SCHnitl lun~o II flonco sinistm della basilica hanno
ldent!Bcoto I\ uno dedno di metl'i di profondita (la
st sso delle fo ndozioni dell'obelisco) unn platea assai
steso, che estoto interpretoto come resto della pista.
In bos o que:iri e.lcmcnti ii Magi hn proposto di
dcostrnlre ii d rco per un'estensione di circa m 500
lungo ii fionco sinlstl'o della bosilica, con un orientamento quosi pomllelo a qucst'ultimn, condizionato
cvidcntementc doll' ol'Ogrn6a c probabilmente dalla
vio ornelio c r.ispettnto fedelmente anche dalla
necropoli vaticnnn. Lo scovo delle fondazioni dell'obcllsco ha pcro fomito anche degli importanti
1 mcntJ per stabilfre il tcrmine dell'utilizzazione
del circo, chc oppare gia fuori uso nella seconda
metn dcl II sccolo d.C. Addossati e in parte sovrnpposri nlle fondazioni dell'obelisco, infatti, sono stati
messi in 1uce i resti di un edificio sepolcrnle risalente
a quest' epoca chc invadeva anche parte della pista.
Sempre accanto all' obelisco, inolue, sono state viste
per Iorgo trntto le fondozioni di un edificio circolare
di una uentina di metri di diametro, coincidente
pressoppoco con l'area del cortiletto trn l'attuale
sogrestia e la bas.ilica. L'lmponente suuttura, ben
datnta in base ai bolli di mattone al principio del III
secolo d.C., sbarrnva completamente la pista del
circo che anzi in questo momenta risulta gia interrnta di ch-ca tre metd.
Dell'edificio circolare, utilizzato successivamente come fondazione per la cosiddetta rotonda di
Snnt'Andrea (distiutta nel 1777), non e chiara la
destinazione, ma la vecchia interpretazione come
21

mnusoleo sembra ancora preferibile alla recentissima proposta di vedervi il Phrygianum. Questo era
un luogo di culto dedicato alla grande madre degli
Dei, la frigia Cibcle, non localizzabile con precisione, ma menzionato nci cataloghi regionari e citato gia in un'iscdzione di Lione del 160 d.C. (CIL
XIII 1751). In questa epigrafe, come d'altronde in
quella piu tarda di Kassel (CJL XIII 7281; 326
d.C.), il termine Vaticanum e impiegato come s.inonimo di Phrygianum, in modo paragonabile a
quanto succedeva per i templi dedicati nelle citta
romane alla triade Giove-Giunone-Minerva, detti
capitolia dal tempio che sorgeva a Roma sul Campidoglio. Dal Phrygianum proviene un buon numero di are iscritte da cui si ricava, tra I'altro, che i1
santuario sopravvisse alcuni anni alla costruzione,
nelle sue immediate vicinanze, della basilica dedicata all'Apostolo Pietro e che conobbe un'effimera
rinascita sotto l'usurpatore pagano Magnenzio.
L'interpretazione dell'edificio circolare come
mausoleo d'altronde non stupisce: che in quest' area
esistessero vaste aree di necropoli e cosa nota da
sempre: gia le fonti letterarie ci parlano per questa
zona di sepokri demoliti da Heliogabalo (SHA,
Heliog. 23.l) o della tomba del cavallo favorito di
Lucio Vero (SHA, Verus 6) ed e noto a tutti nelle
immediate vicinanze il monumentale mausoleo dell'imperatore Adriano, oggi Castel Sant'Angelo. Nuclei minori di sepolcri erano venuti alla Iuce in piu
riprese: edifici sepolcrali e sarcofagi erano stati visti
in occasione di lavori nell'area di piazza San Pietro,
a partire dalla costruzione dei colonnati berniniani.
Un edificio sepolcrale ben conservato fu rinvenuto
anche durante la costruzione dell'aula delle udienze
Paolo VI. All'interno della Citta del Vaticano edifici
dello stesso tipo sono venuti alla luce negli anni
Trenta in occasione della costruzione del Palazzo
dell' Annona e i resti di altri due sono ancora visibili
in viale dello Sport, nei pressi della Fontana della
Galera. Trail 1956 e il 1958, inoltre, fu scavata una
vasta area di necropoli visitabile tuttora al di sotto
dell'Autoparco Vaticano. Qui le tombe si dispongono su1 ripido pendio argilloso del colle con un
allineamento all'incirca parallelo a quello che, poco piu a valle, doveva essere ii percorso della via
Trionfale. Si tratta di colombari, cioe piccoli edifici che ospitavano internamente cinerari alloggiati
in nicchiette nelle pareti, tanto da assomigliare ap-

punto a una colombaia, ma negli stessi edifici sono


spesso presenti anche fosse per inumazioni, il rito
funerario praticato da una minoranza nel I secolo
d.C., ma destinate nel corso del seguente a diventare
assolutamente prevalente, conservandosi fino ai nostri giorni. Frequentissime anche le deposizioni
nella nuda terra: incinerazioni accolte in anfore o
semplici fosse coperte da tegole disposte di taglio a
cappuccina, sepolture povere che con il passare del
tempo occuparono ogni ritaglio di terreno disponibile. Le piu antiche deposizioni risalgono alla meta
circa del I secolo d.C.: si possono ricordare il recinto
a cielo apetto con due file di nicchie per le incinerazioni lungo le pared, rinvenuto nella parte piu bassa
dello scavo e, tra le stele, quella posta da Nunnius,
servo guardaboschi di Nerone, con i ritratti della
moglie Ma e del figlio. L' edificio piu tardo, invece,
risalente al III secolo d.C., equello che si trova nella
parte piu elevata del pendio, nel cui pavimento sono
ricavate numerose fosse che ospitavano inumazioni
su piani sovrapposti, secondo un sistema frequente
nella tarda antichita.
L' area di necropoli piu famosa etuttavia quella
scavata sotto la navata centrale della basilica di San
Pietro. Anche in questo caso le tombe erano disposte su di un pendio oggi completamente cancellato
dalle grandi opere di terrazzamento intraprese da
Costantino per la costruzione della basilica e dai
successivi interri che, nella zona alla sinistra di San
Pietro raggiungono i 10-12 metri di spessore.
Per la parte finora scavata la necropoli si articola
in una doppia fila di edifici sepokrali allineati secondo un orientamento parallelo a quello del Circo
di Caligola e leggermente divergente da quello successivo della chiesa soprastante. I mausolei hanno
tutti l'accesso sul lato meridionale, verso il circo
dunque; i piu antichi, risalenti al II secolo d.C. con
forte presenza di cremazioni, sono quelli della fila
settentrionale, mentre quelli della fila meridionale,
dove prevale il rito inumatorio, scendono al III
secolo e ai primi anni del IV. I vari edifici vengono
convenzionalmente distinti con lettere dell' alfabeto: si segnalano in particolare il Mausoleo A, di
cui e visibile solo la fronte, che aveva incassata al di
sopra della porta l'iscrizione gia citata con le volonta
del defunto Caius Popilius Heracla, che da disposizioni di essere sepolto in Vaticano presso il circo;
ii Mausoleo C, di Lucius Tullius Zethus, decorato di

::,, .

a e di un pavimento in mosaico binnco e nero;


\ h usoleo E, della famiglia degli Aelii, con un
uttn.-sco raffigurante due pavoni affrontati ai lati di
un cesto di fiori e di frutta; il Mausoleo F dei Caetennii e dei Tullii, arricchito di stucchi e pitture
parietali, tra le quali spicca la scena della nascita di
Venere, che emerge dal mare, nella nicchia di fondo.
Notevolissimo e il Mausoleo H , della famiglia dei
Valerii, le cui pareti sono decorate a stucco con erme
e rilievi: nelle nicchie appare una serie di divinita
in cui aspetti orientali sono assimilati a quelli della tradizione classica: si riconoscono infatti ApolloArpocrate, Minerva, !side-Selene, ma sono presenti
anche Satiri e Menadi e personificazioni come Tellus
e Oceanus, inoltre alla sinistra della figura di Apollo-Arpocrate era un'iscrizione di grande interesse
menzionante I' Apostolo Pietro accompagnata dallo
schizzo di due teste in cui si sono voluti riconoscere
Cristo e di nuovo Pietro. Purtroppo l'esposizione
all'aria e alla luce ha ormai fatto svanire ogni traccia.
ll Mausoleo I e pavimentato con un bel mosaico
bianco e nero raffigurante la scena di Plutone che
rapisce Proserpina su una quadriga preceduta da
Mercurio; particolarmente interessante e il Mausoleo M degli lulii, intravisto gia durante lavori di
fondazione nel 1574 e riscoperto nei moderni scavi.
Nato verosimilmente come edificio destinato alla
sepoltura di pagani, fu in seguito decorato nella
parte superiore delle pareti e sulla volta con un
mosaico a soggetto cristiano, pur risentendo di iconografie classiche: una vite lussureggiante estende
per ogni dove i suoi tralci avvolgendo i riquadri
figurati, sulla parete di fondo si riconosce un pescatore, su quella orientale Giona gettato in mare,
sull'occidentale rimane parte di un Buon Pastore e
sulla volta campeggia, in un ottagono in pa1te danneggiato, un Cristo in vesti apollinee coronato di
raggi su una quadriga solare. Va ricordato anche il
piccolo Mausoleo T, detto di Trebellena Flaccilla, in
quanto nell'edificio fu rinvenuta l'urnetta con le sue
ceneri (caso pressoche isolato in quest'epoca) contenente anche una moneta costantiniana databile tra ii
317 e il 318 d.C. Si tratta dunque p~obabilmente
dell'ultima persona deposta nella necropoli.
n punto focale pero di tutta l'area e senza dubbio il cosiddetto Campo P, in corrispondenza
dell'altare papale, al di sotto del baldacchino bronzeo del Bernini. Si tratta di un' area scoperta di circa

i:

m 4 per , occuputo solo du quolche tombo a fossn


del I secolo d.C., chiusa sul fondo da un muro, detto nmro i-osso > dnl colore del suo intonnco, al
cui centro e nddossnto una sorta di monumento a
edicola costitu.ito da due nkchie sovrapposte e divise do unn lastra di travertino sorretta da due
colonne. Tale stnittu.ra ha sulla destra un breve
tratto di muro di modesta altezza (il cosiddetto
muro g), perpendicolare al muro rosso.
Questo piccolo e modesto complesso riveste
un'importanza eccezionale e ha dato origine a
un'accesissima discussione ea una enorme mole di
contributi scientifici, di cui le righe che seguono
non possono che essere solo una sintesi estrema
molto semplificata.
II complesso del muro rosso e dell'edicola antistante e databile, grazie ad alcuni mattoni bollati,
verso ii 150-160: tale datazione, unita alla sun posizione al di sotto dell'altar maggiore, permette di
identificarlo con il cosiddetto trofeo di Gaio.
Questa identificazione si basa su un passo dello
storico Eusebio (Hist. Eccl. 2.25.7), che cita un
<lotto cristiano di nome Gaio, vissuto attorno al
200. Quest'ultimo contrappone polemicamente alla
tomba dell'Apostolo (o del diacono) Filippo a Ierapoli in Frigia, vantata da un suo antagonista esponente della setta eretica dei Montanisti, i trofei (in
greco tr6paia) degli Apostoli Pietro e Paolo posti
rispettivamente in Vaticano e sulla via Ostiense.
Il monumento in questione, secondo Gaio, era
dunque posto sul luogo della sepoltura di Pietro a
ricordare il u-ionfo da lui riportato col suo martirio.
n problema piu grave e pero di valutare se la tradizione di Gaio sia corretta, se cioe realmente sotto al
trofeo esistessero le ossa dell'Apostolo. In effetti
sotto al trofeo, al di sotto di una lastra marmorea
messa come protezione del luogo, si rinvenne una
situazione archeologica molto complessa, ma la difficolta principale e costituita dal fatto che mancano
sia resti umani, sia una struttura facilmente riconoscibile come tomba a fossa, se si eccettua una sorta di
cavita a nicchia nella fondazione del muro rosso, che
e stata interpretata come originata da un qualcosa
che era stato messo a proteggere appunto una tomba
a fossa durante l'erezione del muro rosso. Ossa
umane invece, con tracce di un panno purpureo
intessuto d'oro, furono rinvenute in un loculo ricavato nel piu tardo muro g. A questi elementi si
23

ng1~1nngc

molt re una scrJc <.11 g1ot11t.t 1nc1,;1 auJ rnuro

rosso, uno dei quali, in grcco, secondo ht pt'OJX1ffta


ddla Gumducci, ondrcbbc intc~rato P<itr/o I I t!ni
d oe Pietro c qui .
A part'irc do questi clernenti la nota studioaa bu
proposto un'intcrpictazione delle strutture c una
ricostruzionc dclla storia del scpolcro tnolto at
traentc e che ha indubbiamcntc numetosl clcmcnti
a suo fovore, anchc sc attorno ad essa non si l:
raggiunta l'unanimita dcgU studjosi, Jn quanto csistono akune difficolta non complctamentc risolte,
non ultima t>intcrprctazione stcssa del famoso graffito. In sintcsi la dcostruzione c la scgucntc: 1'Apostolo Pietro, crocifisso durantc la pcrsecuzionc di
Nerone ncl vkino circo, fu cffottivamentc sepolto in
una fossa, monumentaliizata circa un secolo dopo
con la cosuuzione de! trofeo. Le sue ossa sarcbbero
state ricsumate all'cpoca di Costantino (sconvol
gendo dunque la fossa originaria) e dcposte nel
loculo del muro g, inglobato quindi nel monumento che Costantino stesso costrul attorno al trofeo prima di edificare la basilica. Pur conservando
una certa prudenza, in quanto non sembra possibile,
almeno all' attuale stato della ricerca, artivare alla
certezza assoluta di aver riconosduto le ossa di
Pietro, talc ricostruzione sc1nbra in effetti verosimile e probabile, ed e quella che meglio giustifka la
tradizione cristiana che coerentementc, a pattire da
Gaio, pone la sepoltura dell' Apostolo nel pun to
corrispondente oggi al baldacchino bcrniniano.

IL COMPLESSO CULTUALE VATICANO

DALLA FONDAZIONE

'

COSTAl\ml\lJANA AI LAVORI ESEGUffi


FINO AL PONTWICATO
DI GREGORIO MAGNO (ANNO 604)
m M ARGHERIT.Ji. CEcCHELU

l tempo del pontificato di Silvestro (314-335) e


per desiderio dell'imperatore Costantino fu
promossa la costruzione dell'imponente complesso
martiriale, con il quale si voleva degnamente onorare e celebrare l'umilissima sepoltura dell'Apostolo
Pietro. L' avvenimento ha testimonianze inconfutabili in ispecie nel Liber Pontificalis romano (I, pagg.
176 seg.) e nel testo, che ci e stato tramandato, delle
epigrafi musive dell'abside e dell 'arco trionfale dell' antico San Pietro. La data di inizio dei !avori e
controversa, ma si pone generalmente tra i1 .319 e il
324. Si discute altresl sul lasso di tempo che occorse
per completare la costruzione della basilica, che
pen'>, nelle sue parti essenziali, doveva, gia prima
della morte dell'imperatore (3 3 7), essere stata edificata. Comunque, si voglia o no mettere in relazione
l'interruzione dei sacrifici nel tempio &igio di Cibele
della collina vaticana, negli anni compresi tra il 319
e il 350, con i disagi causati d all'espletamento del
progetto relative all' edificazione della Fabbrica petrina, al tempo del pontefice Liberio (352-366),
come e sempre attestato nel Liber Pontificalis (I,
pag. 208), l'operazione puo considerarsi compiuta.
Non prima del 324 per<'> Costantino dot<'> la nuova
fondazione di un cospicuo numero di rendite, tra
le quali territori per Orientem, che egli non
poteva aver acquisito altro che posteriormente alla

Mosaico con testa di San Pietro: proviene, molto probabilmente, da uno dei contesti pittorici del tempo di Leone I
(440-460; San Pietro).

definitiva sconfitta di Llcinio del settembre 324.


Cosl pure, prima della morte della madre Elena
(fine del 329), egli dovette commissiooare la gran
croce d' oro di centocinquanta hbbre, simile a
quella che fu donata aoche alla basilica di San
Paolo, che recava inciso il suo oome unitamente a
quello dell'imperatrice e che fece pane del sontuoso arredo liturgico della basilica vaticana.
Un'impresa edilizia come quella del Vaticano
non avrebbe potuto pero essere assolutamente disgiunta dall'intervento imperiale. Per ottemperarvi
si trattava di obliterare una pane notevole del sepolcreto della collina che ospitava la tomba dell' Apostolo, nella quale erano compresi numerosi e sontuosi mausolei, unitamente alla rete stradale al servizio della zona cemeteriale ed anche, forse, sopprimere, o far deviare, un tratto della via Cornelia.
Infatti, dope la costruzione dells basilica, nel segnalare l'ubicazione del Martyrium petrino, le fonti
fanno riferimento alla sua afferenza all' Aurelia
Nova e non alla Cornelia.
11 progetto costantiniano non fu, per altro, di
facile attuazione. Per arrivare a comprendere il sito
della tomba dell' Apostolo nell' ambito del presbiterio dell'edificio di culto occorreva, innanzi tutto,
ovviare ai notevoli dislivelli della collina vaticana
lungo gli assi est-ovest e sud-nord, piuttosto rilevanti
nell' area obbligata per la costruzione, ed operare
considerevoli tagli di terreno in ispecie nella zona
nord. Fu quindi creata una vastissima piattaforma
lunga circa m 240 per oltre m 90 di larghezza e su
questa fu elevata, lungo l'asse est-ovest, una chiesa a

39

Cassetta eburnea proveniente dal villaggio di Samagher,


presso Pola. It contesto iconografico semb.r~ totalmente
ispirato all'antica decorazione delta ~aszlzca Vattcana
(secoli IV-\!; Venezia, Museo A.,cheologzco) .

cinque navate, monoabsidata, corredata di transetto


sporgente e preceduta da avancorpi monumentali,
in accordo con la grandiosita dell' edificio di culto. A
questo si accedeva da una piazza (campus) mediante un' ampia gradinata.
Di tale imponente testimonianza di culto martiriale non rimangono oggi che scarsissime vestigia;
alcune di esse sono ancora ispezionabili, altre, non
piu visibili, ci sono state testimoniate, non molti
40

anni or sono, in occasione dei primi scavi nell'area


della Confessione petrina effettuati trail 1939 e il
1950, poi proseguiti trail 1953 e il 1957. Delle
poche strutture murarie residue dell' originario edificio costantiniano delle quali si e a conoscenza, la
maggior parte interessa I'area delle fondamenta
della basilica lungo i suoi assi longitudinali, ma
anche la zona del transetto e dell' abside. I muri di
fondazione delle navate non sono purtroppo piu
ispezionabili nel settore nord. Sappiamo comunque
che essi furono costruiti quasi tutti in opera laterizia
e listata di fattura abbastanza accurata. Gli strati di
malta, piuttosto alti, sono allisciati in forma concava
con la cazzuola, secondo la tecnica delle murature
paleocristiane. Gli spessori sono notevoli: da circa

m 2 nd oltre i m 2,50, riscontrnbili in ispecie nel


settore sud. E chiaro che queste sUutture flll'ono
opportunamente formulate in relazione a soluzioni
diverse, imposte soprattutto dal notevole dislivello
del terreno tra il settore sud e quello nord, piu sopra
segnalato, e per cio occorse anche creare dei tenapieni di controspinta, laddove l'altezza notevole
della fondazione lo richiedeva. Comunque esistono
al riguardo problemi aperti, allo stato attuale delle
conoscenze, non risolvibili.
Altri muri poi vennero costruiti in fondazione
soprattutto per rafforzare la zona del riempimento
sotto la grande piattaforma, senza una specifica
funzione portante. A questo proposito merita interesse la larga suuttura, in opera incerta, che collega
le fondamenta, sotto I' arco ufonfale della basilica,
molto simile a quelle che si riscontrano invece, in
numero preponderante, al Laterano, dove pero la
situazione di partenza per l'erezione della basilica si
presentava notevolmente diversa. Era meno ardua
di quella del Vaticano e favoriva la scelta di soluzioni di questo tipo. Si trattava pero di fondazioni
facili e svelte da realizzarsi, ma sostanzialmente,
anche se imponenti, non aluettanto valide e portanti come quelle adottate in San Pietro.
I muri di sostmzione dell' abside e della zona del
transetto risultano an ch' essi di rilevanti proporzioni: dagli oltre m 2 ai circa m 2,50 di larghezza,
compresi quelli delle esedre delle ali del transetto
stesso, e sono rivestiti quasi tutti in mattoni. Non
larghi tratti di essi sono ispezionabili ed una certa
debolezza nello spessore delle stmtturc <lel settore
sud del transetto, che dovrebbero essere srate esposte a maggiori sollecitazioni per lo scoscendimento
del terreno, risulta inspiegabile.
Modestissimi sono i resti delle murature in alzato. Essi riguardano il muro nord della nave centrale e la zona dell'abside e del transetto. Hanno il
rivestimento in mattoni e presentano, a volte, tracce
di intonacatura. Nel braccio ovest del transetto si
riscontra anche la presenza di un rivestimento in
signinum, da porsi probabilmente in relazione al
problema delle acque dilavanti la collina vaticana,
oppure connesso all'ubicazione del battistero che,
come vedremo, potrebbe essere stato allestito proprio in questa zona. La parete interna dell'abside,
nonostante il rivestimento gregoriano relativo all'inserimento della nuova Confessione della fine del

secolo VI, fu controllatn, in occasionc dcgli scavi


degli anni Quaranta. Ha circa m 3 di altezza, uno
spessore di circa m 1,70 ed una cortina in mat:toni
dal modulo, per cinque filari di rnattoni e cinquc
letti di malta intermedi, di circa cm 30, coercnte con
quanto si riscontra negli analoghi esemplari tardoantichi. In particolnre, nelle ali nord e sud del
transetto e nell'esedra nord si trovano chiare tracce
di aperture; a sud la situazione originaria deve pcro
essere stata alterata dall'inserimento delle stmttm e
di comunicazione con la rotonda onoriana di cui
tratteremo in seguito.
Fino alla ricostluzione rinascimentale il complesso costantiniano si era conservato si puo dil'e
quasi integralmente, nonostante gli arricchimenti e
le nuove articolazioni dello spazio che in esso erano
stati creati. Per questo la documentazione letteraria
che concerne il monumento e oltremodo importante, plll' se non pochi dubbi sorgono spesso per
distinguere la situazione odginaria dalle evoluzioni
successive. Il Liber Pontificalis, le epigrafi, perdute
ma tramandateci, costituiscono in pratica per noi la
serie piu antica di notizie al riguardo. Tra le descrizioni della basilica una indiretta e sommaria, ma
interessantissima e molto antica, ci e stata tramandata in una epistola di Paolino di Nola (397),
dove viene ricordato l'oceanico banchetto funebre
che il senatore Pammachio offrl nel 396 per onorare
la moglie Paolina. Esso si svolse proprio nell'area
dell' edificio vaticano,.invadendone tutte le parti che
sono opportunamente menzionate, compresa la
zona dell'atrio. Abbiamo poi le scarne notizie di
Gregorio di Tours (secolo VI). Ma la testimonianza
al riguardo di Pietro Mallio del secolo XII e sicuramente la piu antica. Purtroppo, come l'altra del
secolo XV di Maffeo Vegio, e opera precipuamente
celebrativa dell'antichita, dell'importanza del complesso petrino e delle reliquie e memorie che esso
conserva e non accoglie, con scopo programmatico,
descrizioni di questo nei suoi particolari di pianta o
di alzati. Fino alla meta circa del Cinquecento,
ovvero fino alla documentazione offertaci dal Panvinio e dall 'Ugonio e poi in ispecie dell' Alfarano e dal
Grimaldi, non abbiamo altro che notizie sparse, pur
se di qualche innegabile utilita. Soprattutto la descrizione dell'Alfarano interessa per la sua precisione anche se, in parte, dato 1'avanzato stato di demolizione della basilica, essa risulta opera di archi41

VII/

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d ll11 111rw 1 ( 11lt11t1ltJI, 111 ~~i iii cvi,Jc t1%latN l rap
p;,1t l d I v u liio Satf J1i t r1 v m la NUf:1Vzt uJ&thJ..
Yii1ni d1wiu l111 11talc; l fof1i ddla <l moli%ionc dcJ..
l'>111rf a h:.tlliH a, d1 'ltVVClll.1 ' f' r waJi ~ inter~
J" i 111a di tfJW.; la 111 :Ht J1<'1P.l.t.;:tforc Jdl'c<lifid o, t/'J ntr qtwlfo i IH rior , 1.u 11 i tJuoi avari<:orpi, c<mch.wet

mJ ov !it da trn 1n11m ncl 1'38, progettato <la /\nw


11lo da Sanp,allo ii ;1uvanc, corn inu ad c8JsU:rc ca
(uwl.loHar (!no al J608, og11la fino agli intcrvcnti
dt l Mad rno. Comuntjuc, nonw tantc uggct.tivi,
prcdui 1: 1111111 ro i dati al ri14mmlo, ctipr~i anche
i11 miHu ra;1,ioni, chc ad un rnodcrno ritA:ontro sono
ri 11lrn ahna tan%a ac'-urate, aJcuni aspct.ti ddla
b ilica amica non cmc:ruono prccimtmentc e W tlO
fruuo <lJ congc:uurc, pur sc, ncl i;uo insicmc, la
<l rmim1~ionc <lcWcdi{icio originario riJJulta com1

J J ta

c w ddi11faccntc.
ftipt'Ofmrrcmo ora la deiK:ri:donc particolareg
giata ddla basilica costandniana soprattutto in base
allc ri11ultan;r,c degli ultimi st.udL
Com abbiamo gi~ dctto i1 Martyrium origjnarfo ebb con tutta pr<Jbabilita, fin dall'inh:io,
Jmponc:nti avancorpi prospidenti la pia;1,;1,a (<,-campu '" o cortina), a que ta raccordati mcdfante una
wadinata, La forma quadriporticata dcffatrio non
f!embra clfflCrc t!tata qucfla primitiva, come vcdrcmo
in scguito. E11ro dovett.e comportare all'inizlo soltan to iJ portico occident.alt:, contiguo aUa facdata.
Probabilment.e quena area era lastricata di marmo,
con aJcune parti, piu basse, in mosaico bianco, forse
pcrtin nti isoltanto allo gpia;1,w ccntralc su.b divo.
La frontc ddJ'atrio invecc pot~, anche originariamcnt.e, CBsere provvista di un.a scrie di corpi d'lngrcsso prospidcnti la gradinata verso la piazza,
come ris ulta gill dallc notizie desunte da Paolino di
Nola. uanto alla gradinata, sappiamo che fu sku
ramentc mcno elcvata dei trentadnque scalini segnalati da1J'A1arano. Quindi la gran piazza innanzi
al complesro petri no aveva almeno w bito un abbasitamento di quota. H fatt.o comport6 una variazione
nci rapporti tra gli clcmenti che contrassegnavano la
primitiva sistcmazionc dd santuario e ne alteto il

42

~~w ~-w~afiw.1,,

che era tkurnmente


ttatf1 f''ed~pmto ror1 8<1mma cura (~i legga a questo
Jn'<jf)<~iw l'lt14:'iw ri~rda:nte la ~:isu..~ione deJ.la
lmilka pavJina ndl'cditto dd tre imperatori~ che ne
ln<ll5"-"fO la ~tnr.ti.oo.c aJJa fine dd secolo IV). IJ
na~~. atrorigine, era profom.lo ohre i m 12 e
lungo quanw tutta la faaiata (circa m 64). Al centro
dcUo piazw dell'atrio, m di una piattafonna, era un
<<"Cantharu~:1.1, cui poi fu ronne:ssalacelebrepinea,
cvJX.-rt.o da on baldacchino bronzeo wtretto cf.a otto
roktnne. Lt facciata dclla basilica rivelava la magglore altta:a deJla navata centrale rispetto alle navatelk, oopc.'l'te da un tctro ad unico spiovente su ambo
i Jati. Aveva d nque porte di ingresso, delle quali tre
immettcvano nella navata centrale e, quasi siruramcnte, almt."110 sci finestre, in due ordini di tre
(!1 oculo net timpano e aggiunta post.eriore basso
medk.-vale), Anche la decorazione relariva all'ornaggio dci ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse;,, riprodotta altresi nel codice farfense del secolo XI, conservato ad Eton College in Inghilterra,
non i.: furse 1'originaria, ma, come d.iremo, sara il
portato del secoJo V.
Cinque navate articolavano il corpo longitudinale dell'ed.ificio, lungo oltre i m 90 e largo olrre i
m 63, concluso cl.a un transetto, definito ai due lari
cl.a esedre e largo anch'esso piu di m 90. La nave
mcdiana, alta circa m 32,50 e larga circa m 23,50,
;ra 11eparata d.alle navatelle inteme cl.a venridue
ro.onne lla posizione di alcune delle quali e stata
.,,,,_he recentemente ricontrollata), sorreggenti
un alta trabeazione di materiali di spoglio, che corrcva anche sul muro intemo di facciata. Undici
finestre per parte, non corrispondenti dunque al
numero degli intercolumni, forse per non indebolire
troppo I'alto muro sopra le colonne, illum.inavano la
zona. Le doppie navatelle laterali (alte circa m 18 Je
internee circa m 14,80 le esterne), erano tra di loro
separate cl.a intercolumni ad archi e quelle estreme
dovcvano anch'esse ricevere luce cl.a undici finestre.
11 transetto, sporgente d.ai muri estremi longitudinali dell' edificio e assai piu basso della navata centrale, era separato cl.al corpo centrale della basilica
da un alto arco trionfale, in corrispondenza della
nave mecliana, e da due colonne, sorreggenti una
trabeazione, d.alle navate laterali. Altre due colonne
segnavano, a nord e a sud, 1'accesso alle esedre. n
numero di sedici, per il finestrato del transetto,
MUJ

Ricostruzionc dcllu ::01111 de/ Prcshit<'riu :rt'gori 1110 <on lo


spacnlo dcl/11 cripta mul~rc c /11 sis1t11111zio11c dc'llc co
lonne tort iii cost 111ti11i,111c sollo /11 tr,i/w,1ziu111 (/im de/
secolo \11-inizio dcl \Ill).

dichiarato dall' Alfarano, sembrn t roppo ell vato. mn


il problema non e risolvibile, anche perch<.! 111'11 si
conosce se l'interferenza sul lato sud-ovcs1 di una
torre di servizio possa essere stala compr~sa n I
piano dell'edificio originario e aver disart icolato h.:
concordanze nel piano dcll'illuminazione ddla nave
transversa. L' abside della basilica prcndeva luce,
forse gia in base al progetto costantiniano, <la cinque
finestre, anche se meno ampie di quelle de! rcsto
dell'edificio, analogamente a quanto si puo dedune
per quella de! Laterano e poi per l'altra di Santa
Maria Maggiore. Essa era larga ed alta come la
navata centrale e 1'arco trionfale. Tracee di pavimentazione in lastre di marmo bianco potrebbero aver
accomunato il lastricato dell'interno dell'edificio a

qu llo dcll'atrioj ii soffiuo era quasi sicuramcnte


come lo vidc Prudcnzio: a lacunar.i dorati.
11 fulcrn, come si c gia detto, di tutta la costruzionc imperialc era costituito dalla sistcmazionc
dclla romba vcncrata ncll'arca dcl prcsbitcrio. E
n 10 chc un'immagine di talc assctto ci sia stata
conscrvata amavcrso la figurazione deUa celebre
cassctta eburnca di Pola (seconda meta dcl sccolo
IV-prima meta dcl V) e che tutte le l'icostl'Uzioni
della situazione ol'iginaria nc abbiano tenuto gran
conto, unitamcntc poi ai dati monumentali emersi negli scavi dcgli anni Quaranta (pur sc l'immagine pote anchc esscre viziata dagli esiti di una
visione prolcptica conncssa alla resa prospettica
tardoantica).
L' edicola, cbe contrassegnava la sistemazione
prccostantiniana del sepolcro di San Pietro, (cfr.
capitolo precedente) venne percio a coincidcre con
la corda dell'abside; il tropaion risulto interrato
di circa cm 40 ed emergente dal pavimento del
presbitedo per circa 2,70 con parte delle due nicehie
43

Maarten van Heemskerck, disegno raffigurante ii Transetto


costantiniano, ii tegurium del Bramante e la crocicra
del nuovo edificio di culto, ripresi dall'esedra nord
(1532-1536 ca.; Stoccolma, Museo Nazionale).

sovrapposte che lo componevano (cfr. capitolo precedente). II muro in cui quest'ultimo era stato ricavato venne eliminato a nord e a sud, ma non i
muretti di secolo III ad esso normali e paralleli
all'impianto della lastra di travertino, sostenuta da
colonnette e posta a conclusione della nicchia inferiore. Ricordo, ma si legga il capitolo precedente,
che tre nicchie sovrapposte contraddistinguevano
I'assetto del monumento sepolcrale di Pietro: la
prima coincideva con la sua tomba terragna, e Costantino la fece ricoprire con una lastra marmorea, la
seconda e la terza erano quelle emergenti dal piano
44

di campagna, alle quali ci stiamo riferendo. Cosl


definita, !'area della tomba dell' Apostolo fu inclusa
in un rivestimento marmoreo, munito di doppia
porta, e inserita in una piattaforma circondata da
transenne e coperta da un' edicola, illuminata da un
prezioso lampadario rotondo e sostenuta da quattro
colonnette vitinee. Queste erano raccordate, nella
parte posteriore, mediante un architrave da cui pendevano cortine, a due altri elementi analoghi, posti
agli attacchi dell' abside. Le tracce delle impronte di
queste colonnette sono state rinvenute durante gli
scavi degli anni Quaranta. Del resto gli stessi fusti
originali ancora esistono reimpiegati nelle edicole di
Sant'Andrea, della Veronica e di Sant'Elena, che
sono inserite nei pilastri della crociera della odiema
basilica. Cosl pure parte dell' edicola (corrispondente alla seconda nicchia), econservata entro l'ambito della nicchia dei Palli sotto la Confessione e

Anonimo del secolo X I, facciata delta Basilica Costantiniana da un Codice proveniente da Fa r/ a. L a decorazione
dovrebbe corrispondere al tema delta rommittenza costantiniana (Windsor, Eton College).

si possono ancora osservare frammenti della originaria piattaforma di recinzione del monumento. Sulla
collocazione dell' altare, almeno fino agli interventi
gregoriani, non si hanno certezze; pote essere sistemato anche davanti alla zona della memoria. Certo e
che Gregorio Magno (590-604), proseguendo forse
l'opera del suo predecessore Pelagio, modifico l'assetto costantiniano perche il sacerdote potesse celebrare proprio sulla tomba dell' Apostolo. Per questo
la zona presbiteriale venne rialzata di circa m 1,45,
avanzata di piu di circa m 1 oltre la corda absidale e
di m 4 ai lati di questa, a partire dalle contigue

terminazioni del transetto. Su tale clevata ed articolata piattaforma, adorna sulfa fronte dalle colonnette vitinee, collegate da plutei e da un epistilio,
reimpiego della precedente sistemazione, pote essere collocato l'altare, che incluse e sostitul la parte
alta dell'assetto costantiniano. Una fenestella confessionis, posta al centro, sulla fronte del presbiterio sopraelevato, permetteva il riferimento diretto
alla tomba venerata, sulla cui lastra di rivestimento
venne praticato, forse in tale occasione, un pozzetto,
da porsi in relazione col cerimoniale inerente le
reliquie ex contactu. Sotto tutta l' area confessionale fu pero ricavata una cripta, con accesso dalle ali
del transetto, alta poco piu di m 2 e larga circa
m 1,60, che, con la sua pianta semianulare, avvolgeva dall'interno, come un'ampia intercapedine,
tutto il perimetro absidale ed era raccordata, con
un corridoio lungo il raggio mediano dell' abside, al
luogo della tomba dell' Apostolo, permettendone
cosl una piu prossima venerazione da parte dei
fedeli. Pochissime tracce rimangono di questa sistemazione che ci e maggiormente nota dalle fonti
letterarie. Per altro le cripte di pianta semianulare,
sull' esempio di quella di San Pietro, vennero riproposte in numerose basiliche romane, prima fra tutte
e forse tipologicamente la piu vicina alla nostra
quella del Martyrium di San Pancrazio sull' Aurelia Vetus opera del pontefice Onorio
(625-638), oggi ancora integralmente conservata.
Della primitiva decorazione della basilica vaticana si conosce ben poco. Dato il profluvio e la
ricchezza di materiali che vi vennero impiegati, a
cominciare dall' architrave e dalle splendide colonne
che, pur costituendo materiali di spoglio, furono
accuratamente selezionati (tanto che i due fusti di
raro africano all'ingresso della navata centrale erano
considerati una vera meraviglia) e le ricche suppellettili di dotazione cui abbiamo accennato, l' ornamentazione dell' edificio dovette essere adeguata.
Per altro sappiamo solo sicuramente che la decorazione dell' abside della basilica era costituita da un
rivestimento a foglia d' oro, senza figurazione alcuna
(ex auro trimita), a quanto si legge nel Liber
Pontificalis. Probabilmente c'erano anche pareti ricoperte da opus sectile, almeno nelle navatelle,
come sappiamo da fonti rinascimentali, ed anche la
fronte della basilica doveva aver avuto una qualche
ornamentazione, per quanto risulterebbe da un in-

45

~is\ d i l 1olinl' di Nllb rnnniuto ndl' pisto ln pt c 'lkm ' Ill 'nt ' rkordtltn. n d omzi n ' d llu fn citlltl de! v 'cchi
'nn I i tt . con l' moggio d i
v~nti 1uottro ,cgliu1 Ii dell ' . porn liss' oll'i\gnello,
ch :-- onsen no nel ~..,ill ricord11to di c fo rf nsn di
Et n ~oll 'g H s~ l Xl. ~ im cc do porsi in
relllzion on anal ghi pmgmmmi de orutivi esc~ui1i s tto il pontifi aro di L on I (440-460) che
p tt "bbe w r fntt onch es guirc un iclo di offr 'hi ndlo nm ata centrnle (si ri contd lo stesso sogg tto sull'at o trionfole dello basilica di nn Pnolo
fuori le mum). L'nttribuzione si desumerebbe inoltxe an he dolla genericn notizia di lavori in San
Pietro dallo biogra6a di questo papa nel Liber
Ponti/icllis, ed altre l da un'epigrnfe che fu letta in
fronte fons in e clesia s.rti petri[.. .]. Cio non toglie
che la testimonianza del codice farfense eposteriore
agli interventi, sulla decorazione della facdata, di
Gregorio IV (827-844).
L'abside della chiesa fu in seguito probabilmente ornata con una scena di Traditio Legis, che
anch'essa sarebbe piu opportuno assegnare agli anni
del pontificato leoniano che ad un intervento di
papa Liberia, tematicamente relato alla reazione
antiariana seguita alla morte dell'imperatore Costanzo II. TI mosaico successivo di Innocenzo III,
pur essendo in qualche modo legato alla precedente
rappresentazione, non sembra affatto potem e essere
considerato un restauro, come akuno ha sostenuto.
Agli interventi leoniani pouebbe piuttosto essere
assegnata la splendida testa di Pietro, ma non quella
di Paolo, che risulta montaggio moderno, gia conservata nelle Grotte Vaticane. Peril resto si puo solo
aggiungere che, in seguito a riflessioni espresse in un
moderno studio della summenzionata cassettina
eburnea di Pola, si tende a considerare tutta la
decorazione del cofanetto legata esclusivamente alle
tematiche presenti nel programma omamentale
della basilica vaticana e non anche a quelle della
chiesa episcopale lateranense, come era stato precedentemente sostenuto, opinione questa non piu
universalmente accolta nei recenti contributi.
Tra gli annessi del complesso petrino del Vaticano merita una menzione particolare quello battisteriale. Secondo l'Alfarano la sede deputata all' amministrazione del Battesimo era ubicata nell' esedra
dell' ala nord del transetto, non possiamo sapere
pero se essa corrispose alla primitiva collocazione e i

46

por ri oJ l'iguordo 11 n sono con ord i. P r altro si


disc:ut on h s ii battist 10 faccssc part c <lei prog tlo originnri J Ila basilica costan tiniana. Ccrt o
ch l'otnbi ntc sist va al tempo dcl pontificate di
popn Da moso (366-384) c chc ii pontcfic vi focc
impottanti lavori, do umcn tati in ispccic da prove
pigrafic:h at tcndibili. Dobbiamo pcro scgnalarc
chc, a simiglianza deJ ball istero gcrosolimitano
presso il Martyrium di Cristo c pregno di un
analogo valorc simbolico, ii progctto costantiniano
potrcbbc ave r comprcso anche, prcsso iJ maggiore
santuario dclla citta di Roma, una fondazione similare. Quasi tutti i pontefici, prima clegli importanti
lavori di Gregorio Magno neJl'area della Confessione vaticana, si adoperarono ad accrescere la magnificenza dell'edificio di culto petrino. Tra questi
in particolare papa Simplicio (468-483) promosse,
se dobbiamo prestar fede al contenuto di akune
iscrizioni, il completamento del porticato dell'atrio,
dove successivamente fecero inte1venti, tra gli altri,
anche papa Dono (secolo VII) e papa Adriano I
(secolo VIII) . Molte opere sono attribuite al pontificato di Simmaco (498-514). Egli riassetta nuovamente l'atrio, lo adorna di mosaici e lo abbellisce
con marmi, cosl come la basilica. Inoltre si occupa
pure di costmire 11 presso ospizi per i poveri e due
episcopi al la to destro e sinistro sempre dell' atria. La
piazza antistante il complesso vaticano e anch'essa
ornata da una fontana. A simiglianza poi degli oratori presso il battistero lateranense, Simmaco allestisce trc sacelli nelle vicinanze dell' ambiente battesimale di San Pietro, dedicati a San Giovanni Battista,
a San G iovanni Evangelista ed alla Santa Croce.
Questi importanti lavori potrebbero anche porsi in
relazione all'esilio cui questo pontefice fu sottoposto in seguito agli esiti dello scisma laurenziano ed al
fatto che egli stabill di sistemarsi con il suo seguito al
Vaticano, essendogli preclusa la sede lateranense. Di
quest'ultima infatti furono riproposte, per sua iniziativa, la residenza episcopale (da considerarsi il
primo nucleo <lei palazzi pontifici presso San Pietro)
e gli annessi battisteriali.
Simmaco si preoccupo altresl di dedicare il mausoleo rotondo posto sul lato sinistro della basilica
vaticana, all'Apostolo Andrea, rendendolo piu agevolmente accessibile per mezzo di una gradinata ed
arricchendolo con un cantaro o fontana.
Esistevano infatti al suo tempo tre importanti

T Alfarano, pianta del complesso de!!a Basilica Costantiniana (1550-1570).

mausolei in relazione al Martyrium petrino. Si


trattava, almeno per due di questi, di fondazioni
imperiali o di personaggi strettamente legati alla
famiglia dei sovrani.
Sepolcro imperiale infatti era da considerarsi
la rotonda, posta in collegamento con 1'ala sinistra
del transetto della basilica, pokhe era stata costruita, intorno agli anni 400, per accogliere le
spoglie di Maria e Termanzia, rispettivamente
prima e seconda moglie di Onorio e poi anche
quelle di Onorio medesimo.
Piu tardi 1'edificio diventera la chiesa di Santa
Petronilla e sara affidata ai re franchi. L'altro mauso-

leo, dalla pianta longitudinale di un piccolo edificio


di culto a tre navate e monoabsidato, era stato
costruito per la celebre famiglia degli Anici, probabilmente sullo scorcio del 400, anch'essa strettamente
imparentata con la gens imperiale. Era situato
proprio dietro 1'abside delia basilica vaticana, nella
poslZ!one in cui e anche riprodotto nella pianta
dell'Alfarano. Entrambi questi mausolei rivelarono,
durante le ricognizioni rinascimentali, ampie attestazioni inerenti i personaggi cui erano appartenuti.
Famosa ela descrizione del ricco corredo sepolcrale dell'imperatrice Maria, cosl come 1'altra relativa al sontuoso allestimento del mausoleo degli
Anici, del quale residua ancora uno splendido sarcofago ed il cui materiale epigrafico ne dichiarava la
precisa afferenza.
Il mausoleo rotondo, dedicato da Simmaco a
Sant'Andrea, era invece stato fino ad oggi considerato un edificio tardoantico, precedente alla costruzione della basilica petrina. Esso, che fu poi trasformato in sagrestia e, con tale funzione, rimase in piedi
fino al secolo xvnr, si trovava poco oltre il luogo
ove primitivamente sorgeva 1'obelisco vaticano, sul
lato sinistro dell'edificio di culto e non molto discosto dalla rotonda imperiale di Onorio, con la quale
venne anche, in un secondo momento, posto in
relazione. Recentissimi studi hanno distinto nella
storia di questo edificio due fasi costruttive, una
precedente, connessa col Frigiano, il tempio dedicato a Cibele sul Vaticano, l'altra relativa all'impianto de! mausoleo predisposto per accogliere le
spoglie dell'imperatore Teodosio, padre di Onorio.
Le prove riguardanti questa doppia interpretazione
del pur enigmatico monumento non risultano pero
convincenti, anche se simili ipotesi potrebbero risolvere, con la definitiva collocazione topografica de!
santuario di Cibele, almeno uno fra i punti oscuri
relativi alla ubicazione di alcune costruzioni dell'area vaticana.
Solo un secolo dopo la sua costruzione il complesso vaticano fu corredato da un primo servizio
monastico. Esso si deve ad un intervento de! gia
ricordato papa Leone I che si occupo di istituirlo,
come e attestato nel Liber Pontificalis. La nuova
fondazione fu, probabilmente fin dall'inizio, intitolata ai Santi Giovanni e Paolo, martiri la cui tomba
era venerata, entro le mura di Roma, nell' area della
loro presunta dimora celimontana. Si tratto altresl
47

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ai Ia, ri per il nuo\ tin icttx). ultri pe11st1110 utl
una fine piu precoce, 1m1 nllo stnto dell co~n lz1011 I
non si posson fumi.r pr "cisttzioni ul dguurdo. Un
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,/d1'1tll1111 ill I I. /111 rlll 11111 /,, 111tl11t11 i/1//',111111 1 1lrl/,1
/1m i,1t,1de! 1111/110 S1111 11/t'fw (!ti 11 111.: /Jf/J/111111111 ~'rill
1\ / /ii, rl1 lilt lu ,/I S 1111 /'lr'fl'u) ,

:1 '

Patricia . La suu istituzione potr bbe nn he dsull t


al tempo di Gregorio M~1gn ed ess 1 , coll ~ ntu ullu
storia delln pntrizia nlla, umi u del p nt "Ac he
prescelse, dopo essere rimasta ' do l un tlpo di
vita monastica da condursi appunto nei pt ~ssi d llo
basilica acicnna. Simili risoluzioni non eruno tut
estranee a molte nobili donne dell:1 so ietu romunn.
Celebri al riguardo furono le stnci nes monostiche di alcune matrone segunci di an erolumo
all'Aventino, sullo scorcio del se olo IV: e osl
l'analoga postazione (nell'aren dell'odierno ghetto)
di Marcellina, sorella di Sant'Ambrogi , e di ilviu,
madre dello stesso pontefice Gregorio Mng110. Alla
residenza vaticana di Galla fece poi seguito l'ist:ituzione di un monastero femminile che finl poi, 11 l
prosieguo del tempo, con l'ospitare w1a comunitfi
maschile. Dell'edificio che vi corrispose rimane
oggi, alle spalle dell'odierna abside di San Pieuo, la
chiesa di Santo Stefano detto degli Abissini, che
conserva alcune parti antiche dieuo l'abside settecentesca. Un terzo monastero, di cui si conosce
l'esistenza fin dal tempo di papa Agatone, nel 680,

48

I\ l11111t l' . 111 111! 01, I / ~111tl 1 111111 , 11111 ,111111 (111( 11t1 1/11
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mcnti onth l' lLHlvl oil Id s d II S l111lo
~ mini 'l' ' prcsso 11 Vo1l 011u. L' dlfl iu fu Jii11ru11 0
p r la ostrnt.lon d l 11uov<1 Su11 Pl 1ro, dot o on 11
h lo sun colloco:don , glu1ilu lo I' alimorifo11zu d l
l'Alfuronu, dsulto p1oprlu p1 11110 11 pilnst10 on
l' dicolu cl lln V r nl u.
Solro nt'O un alt ro d i in1.1u monoslt l'i vnticun i

nioJtoonti a,oltt oi
tr gio dcorduti. Si trottn I Jl'Jsl'iLuzlon, d nt>mi.
nutu Hhusal 1n. Essu uv vo Rt:cl in un edifl io

potr'bb'llV ' tnvutoun'ol'igin

posto sul htto d 'StTo cl I v c hio Sun Pi tro. J,n sua


origin , ;-. sc nosdurn., mo potr bb , data I' lbicn
zion " sscr nnch ' m ssa in r la;don on kt foncfo
:don -;1mmui.:hi 1n cl ll'orntol'io d "lla Santa roe .
1 ptcd;.i rifcrimcnti a questo monastcro si c1:1tinguono !opn hi 111 tu cit:! s ~colo lX, anchc s nc l!
stall\ supposl la onlinunzion n lla chlesn cUSan
Vin cnzo cd srnto 1.1111"" lid ntificato con un'aJtra
istituzi n ~ monasl'ico dedicata a anta Teda.

LI~ TAT E 1 SAN PIETRO


IN VAT! AN
0 1 ANG IOLA MARIA R O MANINI

verum non satis inter Scriptores convenit de


primo eiusdem Simulacri auctore: scritte dal
Cancellieri nel 1786, queste parole bene dipingono
tuttora la storia critica della statua bronzea di' San
Pietro sussistente nella basilica vaticana all'inizio
della navata centrale. Non solo il nome ma anche la
cronologia del suo primus auctor costituiscono di
fatto una vexata quaestio le cui piu antiche battute
risalgono certamente assai piu indietro del XVII
secolo (quando il Torrigio ne da atto, confutando
una tesi che la voleva quattrocentesca) e che tuttora
non sembra giunta a soluzione, malgrado i non
pochi dati di fatto, di natura archivistica, stilistica,
tecnica e piu ampiamente storica, chiadti e definiti
da generazioni di ricerche specifiche.
Va peraltro detto che essi dati abbisognano anzitutto di essere correttamente conosciuti e tenuti
presenti nel loro complesso, il che non sempre
avviene, in un quadro disciplinare tnttora inficiato,
anche nei casi di piu rigoroso effettivo rigore scientifico - di cui solo si vuole qui tenere conto - da
eccessi di esasperazione specialistica. E inoltre non
hanno comunque ancora chiarito in modo soddisfacente la questione chiave gia esattamente individuata dal Cancellieri: la cronologia e il nome del
pdmus auctor della statua. Su di essa possediamo
tuttavia oggi nozioni e dati precisi che non e lecito
ignorare, pena il ritorno a posizioni critiche vecchie

La statua bronzea di San Pietro collocata all' ultimo pi/astro


di destra delta navata centrale delta basilica.

di secoli se non addirittura la fuga senza ritorno in


traiettorie di pura fantasia.
11 primo punto fermo - accertato di recente
dalla Refice - e fornito dagli Inventari del Capitolo
di San Pietro che non cominciano a registrare la
presenza della statua se non a partire dall'anno 1454
(A. Cap. S. P.; Refice).
II secondo - da sempre noto - riguarda la
ragione per cui la statua arrivo solo allora in basilica.
Solo allora venne infatti raso al suolo il luogo - sino
a quel momento fatto segno della massima devozione - in cui essa in precedenza si trovava, nelle
immediate vicinanze di San Pietro in Vaticano:
l' oratorio di San Martino cosiddetto ad Sanctum
Petrum, post Petrum o ad errata perche
subito retrostante 1'abside della basilica costantiniana e addirittura prospiciente la Confessio Sancti
Petri (a quanto pare mediante apposite fenestellae praticate nella doppia grata ferrea che recingeva quest'ultima: donde il suddetto epiteto di ad
errata) (Cancellieri).
La data della distruzione dell'oratorio di San
Martino e documentata senza possibilita alcuna di
dubbio dalla stessa fonte che accerta la presenza in
esso della statua bronzea di San Pietro e la vita
religiosa che, per questa e molte altre ragioni, ferveva sino a quel momenta attorno all' edificio. Si
tratta del Libel/us de Antiqua S. Petri Basilica in
Vaticano scritto nel 1457 a Maphaeo Vegio eiusdem Basilicae canonico. A pagina 80 il Vegio
afferma: [ ... ] ad sinistram pattern ingressus Basilicae (Vaticanae) [. .. ] invenimus locum quo nullus

57

Pl\.'pinqui r ,1lrnri majori (Basilicne) ubi situm erat


m nost rfom (, . M 1rtini) in quo habitabat tertia
'n..~regnti s rYi ntium bas.ilicnm [ ... ] cuius oratorium [. .. ] mt me summae apud omnes devotionis
pos.itu erat in eo imago aenea
~ m.:-ti
tri .
A quest punt non dobbiamo lasciarci sfuggire
la fnis essenz.iale del rncconto del Vegio: [ ... ]
pnul ant hnec temp rn egli precisa vidimus
mt rium cum aliquibus adjunctis domunculis,
nun 'omnia ( u d non sine dolore magno scribimus
[. .. ]) funditus disiecta sunt [. .. ] (et) imago S. Petri
postm dum trnnsportata ad alium oratorium sant rum Process.i et Martiniani: un altare quest'ultimo situato nella basilica vaticana che da quel
m memo assunse il doppio titolo di Altare S. Petri
de bronzo sive S.S. Processi et Martiniani (Torrigi ) conservandolo in seguito anche dopo che la
statun muto luogo, all'interno della basilica, mediante due successivi spostamenti.
In denitiva nel 1457 il Vegio dichiara di aver
dsto di persona sia l' oratorio di San Martino funzionante e contenente la statua di San Pietro sia subito dopo <1 paulo post haec tempora - il tutto
raso al suolo inopinatamente da un giorno all' altro,
come attesta - con la freschezza di una cronaca
vissuta personalmente in diretta - l'inciso: quod
non sine dolore magno scribimus.
La testimonianza del Vegio e stata esattamente
\ alutata in tutta la sua qualita di inconfutabile documento storico de visu e correttamente riferita da
tutta la piu seria successiva letteratura sulla basilica
(a partire dal Panvinio che nel 1562 afferma: Huius monasterii (Sancti Martini) oratorium cum aliquibus adjunctis domunculis Maffeus Vegius se vidisse scribit, paulo post funditus disiectum) ed e in
ogni caso convalidata e confermata - oltre che dalla
perfetta coincidenza con gli Inventari vaticani (Refice) - anche da almeno altri due dati documentari
altrettanto precisi: 1) la demolizione di San Martino
fu decisa e messa in atto da Nicolo V e dunque tra il
1447 e il 1455 (Kehr, I , pag. 145); 2) lo stato di
conservazione e manutenzione dell' edificio - certamente gia esistente nell'VIII secolo (De Rossi; L. P.,
II, pag. 422, n. 13 7) e successivamente restaurato
almeno due se non tre volte, nel IX secolo sotto
Leone IV (L. P., CV, c. 108), nel 1276 sotto Giov~ nni

XXT ( 1 ?7f..-1 ?77)

infinp

nrnh~hilm Pn tP ~n-

che nel 1280 ad opera di Nicolo III (Baronio, XXII)


- doveva essere in ogni caso ottimale nella prima
meta del XV secolo, quando venne restaurato e
ornato dal cardinale Giovanni de Broniaco Vivariense (m. 1426), vescovo di Ostia e vicecancellario
della basilica vaticana sotto Benedetto XIII e Martino V (Ughelli; Cancellieri).
Non ha pertanto valore - in questo senso - la
non presenza dell' oratorio di San Martino nel Catalogo trecentesco delle Chiese di Roma cosiddetto
di Torino (Papencourt; Armellini; Falco), addotta nel 1914 dal Cerra ti a presunta prova dell' essere San Martino, all'epoca del Vegio, gia rovinato
e anzi distrutto da molto tempo (ed. Alfarano, pag.
3 7, n. 3 ). A parte infatti l'intrinseca labilita di simile
argomento e silentio - a fronte della su citata copiosa
evidenza documentaria in contrario - e inoltre ben
possibile che nel Catalogo trecentesco di Torino San
Martino ad ferrata non figuri anche in quanto
collegiata adibita all'abitazione dei Canonici
servientium Basilicam (Vegio; Cancellieri) come
tale connessa in modo affatto particolare e per cosl
dire privato alla basilica vaticana, citata di fatto in
esso Catalogo con la specificazione habet canonicos XX:X: benefitiatos XXXIII et clericos chori XX
(cfr. ed. Armellini, pag. 56).
E certo inoltre che San Martino - che tutte le
fond in nostro possesso concordemente affermano
sede d'origine della statua bronzea di San Pietro 3V<::va tutti i titoli per esserlo. Alie gia viste prove
:"n:n:tc. ir.. questo senso, dalle quanta mai significa1:, :. ' \nUocazione, caratteristiche e denominazioni
deli' edificio, si aggiunga - se non altro - il suo essere
luogo delegate alla celebrazione non solo delle
Ordinazioni dei presbiteri ma anche delle Consacrazioni dei cardinali, una cerimonia durante la quale i
nuovi porporati osculantur pedem Pontificis (qui
sedet in sella sua) et suscipiantur pacem et sic consummatur Consecratio illorum (Cancellieri): e non
e chi non veda come cio sembri suggestivamente
coincidere con l'essere oggi i piedi della nostra
statua lisi al di la di quanto comporti l'uso tradizionale del tocco dei pellegrini e visitatori della basilica
(Refice). Si aggiunga inoltre che San Martino ad
Petrum - celebrate, lungo il corso praticamente di
tutto il Medioevo, quale insigne monasterium
(Panvinio), oratorium quod magnum erat ad caput

ceps et caput ceterorum quae Basilicam circumdabant (Cancellieri), nonche sede secolare di una
scuola ove i <<nobiles adulescentes romani venivano formati veluti ex insigni quadam pietatis
atque eruditionis palestra uscendone illustres viri
[tra cui si conta Leone IV] qui Ecclesiae Romani
alumni vocabantur (Cancellieri) - era tradizionalmente denominata a vulgo (Vegio) confessio B.
Petri ac viventis ejus habitaculum o anche Habitatio Petri (Hercalaro). Non puo dunque darsi, in
definitiva, sede - oltre che documentata - anche piu
atta e per cosl dire legittima in cui ritrovare allogata
la statua bronzea di San Pietro sino aborigine: in una
data, peraltro, che resta tuttora sub judice.
Di fatto, il quadro storico su indicato vale bensl
ad automaticamente eliminare l' antica ipotesi rinasdmentale cosl come l'evidenza stilistica elimina di
per se quella altomedievale (talora sostenuta in
rapporto, per lo piu, alla figura di Leone IV)
(Huelsen). Restano peraltro possibili sia l'ipotesi di
un'origine tardoantica (non estendibile piu in su del
IV secolo, malgrado talora si sia pensato anche al II)
(Wittig) sia quella di un' esecuzione in eta gotica,
non oltre comunque gli inizi del XV secolo, data la
testimonianza del Vegio.
Veniamo alla prima. Data per certa dalle fonti
nonche - su basi essenzialmente storiche, stilistiche
e iconografiche - da tutta la letteratura critica piu
antica, sino al Didron (1863 ), essa continua anche in
seguito a trovare convinti assertori (Grisar; Leclercq; Cecchelli; Guarducci, 1988) rinvigoriti, a
partire dagli anni Quaranta del nostro secolo, dal
ritrovamento di due foto di una statuetta - scomparsa e non altrimenti nota ma a quanto pare trovata
verso il 1910/1911 a Charsadda (Pakistanj tRowland) - raffigurante San Pietro seduto e benedicente secondo una iconografia in linea di massima
analoga a quella del bronzo vaticano: con tunica e
pallio da antico filosofo, testa nuda con capigliatura ricciuta come la corta barba, viso largo e squadrato, calzati di sandali i piedi nudi di cui il destro
sporto in avanti, la mano destra alzata e la sinistra
stretta al petto e munita di doppia chiave. Chi
ritenne l' originale di Charsadda databile tra il V e il
VII secolo (Rowland; Cecchelli; Bussagli) ne dedusse la necessita di una datazione ancora piu alta
della statua bronzea vaticana, ritenuta il prototipo
da cui l' esemplare ritrovato a Charsadda derive-

rebbe come esempio di tutta una massicda riproduzione in serie e diffusione di carattere devo zionale.
Restando in ogni caso la data della statuetta di
Charsadda necessariamente sub judice - sino all'auspicabile ritrovamento dell'originale - non manco
chi suppose l' esistenza di un prototipo perduto da
cui deriverebbero sia la statua vaticana sia quella di
Charsadda (Salmi). Ed e questa una ipotesi degna
del massimo interesse dato che una copiosa documentazione attesta l'esistenza ab antiquo, presso la
basilica vaticana, di diverse statue di San Pietro, di
diverse dimensioni e materiale. Basti qui ricordare la
statua d' oro raffigurante San Pietro che si vuole
donata nel 771 da Adriano I (772-795) nonche
l'altra, pure aurea, che il Piazza afferma donata
nell'869 ad Adriano II dal re d'Inghilterra, della
misura e grandezza dell'istesso Pontefice, che rappresentava S. Pietro, come scrive nella sua Epistola
(Effemeride Vaticana, pag. 63 7) o ancora le tres
ymagines S.cti Petri de argento et una ymago S.cti
Petri deaurata parva registrate nel pill antico Inventario del Capitolo di San Pietro (fol. I ) nonche le
tre deauratae registrate nel secondo Inventario,
risalente agli anni 1454-14 55 (fol. 27 v) e ancora nel
terzo, del 1489 (fol. 51) (Refice); e inoltre in
particolare le duae pares statuae aereae [sic] divi
Petri che il Fauno (ed. 1549, pag. 125) ricorda
presenti entrambe nella basilica, quarum alteram
nonnulli volunt Jovis capitulini fuisse: tradizione
quest'ultima antichissima, rapportata di preferenza,
ma non unicamente, a Leone Magno (Leclercq).
Dopo la su indicata ipotesi del Didron - che
penso al XIII secolo - la prima autorevole attestazione in favore del basso Medioevo risale al
Wickhoff che propose una data alla fine del XIII
secolo e un ambito arnolfiano in seguito variamente
ribaditi e puntualizzati - o viceversa respinti - su
base cosl stilistica (Venturi, 1907; Munoz; Toesca;
Keller; Francovich, Salmi; Romanini, 1969; Poeschke; Wundram; Dixon) come tecnica, in questo
caso fondandosi sull'analisi del bronzo eseguita nel
1960 dal Bearzi (Salmi; Bearzi), i cui risultati, favorevoli appunto a una datazione tardoduecentesca,
sono stati di recente ribaditi a sostegno di un' attribuzione al Rosso padellaio, autore documentato di
bronzi umbri del tardo Duecento (Gramaccini).
Va detto che l'ipotesi tardoduecentesca e in
particolare arnolfiana, anziche contraddetta, e raf59

forzata dalla presenza nel bronzo vaticano di elernenti c moduli iconograici e stilistici tardoantichi,
dato ii ben noto e ampiamente documentato uso di
rnodelli dall'antico, non solo in genere consueto
nella scultura europea pertinente al cosiddetto
classicisrno duecentesco, (Hamann Mc Lean; Sauerlaender; Seidel, 1975) ma anche in particolare
nell'opera di Arnolfo (Gnudi; Salmi; Romanini,
1987; Di Fronzo). In quest'ultima sono anzi rintracciabili puntualmente le stesse formule di desunzione
genericamente antica presenti nel bronzo vaticano: a partire dai riccioli cosiddetti a lumaca
della capigliatura e della barba che ritornano pressoche identici in celebri autografi arnolfiani, daila
Madonna De Braye di Orvieto, al Giovanni dolente
di Berlino, gia sulla facciata di Santa Maria del Fiore
(Salmi; Seidel, 1973; Romanini, 1983), al cosiddetto Paralitico della Fontana di Perugia (Romanini, 1983; 1987; Di Fronzo).
Va detto cio nonostante che 1'attribuzione arnolfiana richiede oggi, alla luce <lei piu recenti punti di
arrivo degli studi specifici, nuove analisi dirette a
riscontrare 1'esistenza nel bronzo della lavorazione
secondo criterio di visibilita che sappiamo oggi
propria e caratteristica di tutta 1' opera autografa di
Arnolfo (Romanini, 1983; 1987; 1989; Pomarid,
1987). Inoltre - sino al ritrovamento di una piu
precisa prova in contrario - la quanto mai folta serie
di fonti attestanti 1'esistenza di una statua bronzea di
San Pietro presente e venerata ab antiquo in San
Martino ad errata, militando a favore dell'ipotesi
tardoantica, continua a impedire - anche quando si
sia favorevoli all'attribuzione arnolfiana - di annoverare comunque il bronzo vaticano tra le opere
certe di Arnolfo (Romanini, 1969; 1983).
In definitiva, uno <lei piu validi argomenti a
sostegno di una ipotesi - in genere - tardoduecentesca resta oggi la gia accennata presenza documentata ab antiquo, presso la basilica, di numerose
ymagines dell'Apostolo, in bronzo, in oro, in argento e argento deaurato: e inoltre in marmo.
Di quest'ultimo materiale, appunto, el'unica - oltre
la statua bronzea - che & tali ymagines appare
oggi superstite, conservata nelle Grotte Vaticane.
Sino almeno dal XVII secolo - a partire se non
altro dal Dionigi - essa e stata esattamente riconosciuta per quello che e, una statua romana acefala
raffigurante un filosofo, trasformata in immagine

60

di San Pietro mediante l'aggiunta di una testa - che,


oltre ad e~sere ad evidenza un inserto a posteriori,
ripete una tipica iconografia dell' Apostolo diffusa
ab antiquo in occidente (Leclercq; Bussagli) - e
inoltre sia della mano sinistra, che stringe al petto le
due chiavi tradizionali, sia del braccio destro con la
mano atteggiata in gesto di benedizione.
In quanto a questi ultimi - dopo le notizie
relative a tardi restauri ritrovate nel 1925 dal Cascioli - la Carloni pubblico nel 1980 documenti che
li comprovano eseguiti nel 1752/1753 da Giovan Paolo Pasta scultore deila R.(everend)a Fabbrica a restauro della statua a sedere l'antica di
marmo rappresentante S. Pietro in atto di dare la
benedizione collocata nelle sacre Grotte vaticane
(A.F.S.P.; cfr. Carloni, 1980, pag. 57).
In quanto invece alla testa, I' epoca e l'autore in
cui essa venne di fatto eseguita costituiscono un ben
diverso problema. Giudicata piu volte genericamente tardoduecentesca (Grisar; Salmi, 1960), le
indiscutibili analogie iconografiche e stilistiche con
opere autografe di Arnolfo (in particolare il San
Pietro del dborio di San Paolo e il Giuseppe di
Santa Maria Maggiore) (Romanini, 1969) la fecero
insistentemente ritenere opera piu propriamente
arnolfiana, piu o meno di bottega (Venturi; Toesca;
Francovich; Romanini; Poeschke; Dixon): ipotesi
confortata anche dal gia visto uso, da parte di Ar
nolfo, di modelli antichi.
Tra essi il nostro filosofo romano trasformato
in San Pietro bene si allinea specie per il caratteristico paludamento, ad evidenza uno dei possibili
prototipi da cui Arnolfo dedusse il suo proprio
panneggio classicheggiante, stringendone peraltro la molle ampiezza nelle sue proprie ben diverse, secche strutture tese allo scatto del gesto
(Romanini, 1969, pag. 189, n. 260).
Perun certo periodo il problema sembro risolto
dal ritrovamento di documenti, pubblicati dalla
Carloni, comprovanti che tra il 25 marzo e il 15
luglio 1565 lo scultore e antiquario Niccolo de
Longhi lavoro per la Fabbrica di San Pietro a
raconciare la statua di sanpietro che stava in borgo
vecchio riportato in sanpietro (A.F.S.P.; Carloni).
Parve infatti a tutta prima ovvio che il sanpietro
rimaneggiato nel 1565 dovesse identificarsi con la
statua conservata nelle Grotte (Carloni; Romanini,
1980; 1983; Guarducci, 1987).

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scrit LO dn l '[orrlMio o quando Jo rcsrnuro G kwan
[ nolo Posw, nel 17'21 o ~1 ~wndo, ncl 177.3, UDlo
nigi nc rlproclusH ' l'imm uul11c - puntualm ntc coin
cidcn1 c con Jc dcscrhdonl c inc.: h1lonl d I Df'ci, dd

I!

Pasta e dcl 1ol'l'igio - sino ol1o fotogroua Anclcn1on


dcl primo Novcccnto c di fotro sino ol. 19' 0 quondo,
staccato doll' cdico la, la srntua ve nnc co llocata nclla
navata di mc:1.zo dcllc Creme, ncl cul .l ngrcsso trovo
quincli porno ncl 1979.
Resto pertanto acccrtato chc 1 tolta clalla foe
data, cssa vcnnc collocata ncllc G rottc c vi rimase

sino ad oggi.
Riproduzione dal Dionigi (J 77J) dctla statut1 111armom1 di
San Pietro oggi nctle C rollc Vaticane.

Tuttavia una piu attenta disamina dei documenti


relativi alla statua raconciata dal de Longhi e di
altri documenti dell'A1chivio della Fabbdca di San
Pietro - questi ultimi per loro conto espJicitamente
e dunque indiscutibilmente reJativi alla statua oggi
nelle Grotte - nonche delle copiose fonti letterarie,
grafiche e fotografiche che di essa illustrano la storia
porta a escludere che quella chc Niccolo de Longhi
raconcio nel 1565 possa essere la statua delle
Grotte. Quest'ultima infatti - a partfrc almeno dal1'Alfarano e quindi dal Grimaldi e dal Torrigio viene dichiarata proveniente dalla facciata esrema
della basilica ove una tradizione costante la afferma
allogata ab antiquo: basti qui ricordarc la tcstimonianza (Dionigi) relativa a Pio II (1458-1464), il
quale vide sulla facdata di San Pietro una statua
dell'Apostolo che - in accordo con le piu antiche
fonti su citate - espressamente il Dionigi identifica
con quella delle Grotte.
In ogni caso in esse Grotte il nostro filosofo
romano trasformato in San Pietro si trova sino dallo
smantellamento della facciata, nel 1605/ 1606, rice-

Al contmrio la :.Latua "taconciata dal de Lon


ghi, non solo vcnnc da costui trovata in borgo
vechio (rapprcsenrnnclo, si noti, gla prima dcl non
megHo prccisato raconciamento un Sanpietto )
(doc. 23 ma1zo 1565; Carloni, 1980, pag. 54) ma
inoltre a raconciamento avvenuto venne posta
in opern non gia in facciata ma all'in tcrno della
basilica c precisamentc ncl N icchio a mano mancha nella cappclla chc si nomina del Re (doc.
A F.S.P.; Carloni, 1980, pag. 5.5).
In seguito la sappiamo inoltre spostata, nel Seicento - non gia nelle Grotte - ma in un pl'imo tempo
a' piedi della Sea.la rcgia vccchia c quindi dentro
il Cordle tra la Chiesa di S.P(ietr)o e Palazzo Vaticano che e pieno di tutti i legnami piu cattivi delle
Case demolite, cortile dove La statua di marmo di
S. Pietto che stava a' picdi della Scala regia vecchia
e registrnta 1'11 e il 15 gennaio 1667 (A.F.S.P.;
Carloni, 1980, pag. 56).
In definitiva, tutto concorre a dimostrare che la
statua raconciata dal de Longhi l! da annovcrare
tra le numerose ymagines dell' Apostolo gia esisrenti in San Pietro in Vaticano e oggi andate perdute, non essendo in ogni caso lecito - per quanto
sin qui ne sappiamo - identificarla con la statua
marmorea oggi conservata nelle G rotte,
61

el corso d el secolo V, con tutta probabilita al


tempo di papa Leone I (440-461), le pared
della navata centrale della basilica di San Pietro
furono decorate da un vasto ciclo affrescato raffigurante Storie dell'Antico e del Nuovo Testamento;
esso sopravvisse fino al 1608, quando fu distrutto
nel corso dei lavori di ampliamento previsti dal
progetto di Carlo Maderno.
II ciclo, di cui non ci e giunto alcun frammento,
e parzialmente noto, nei suoi aspetti iconografici e
compositivi generali, grazie agli acquarelli eseguiti,
poco prima della sua completa dist1uzione, da Domenico Tasselli da Lugo (Album, Biblioteca Apostolica Vaticana, Archivio San Pietro A. 64 ter) e alla
descrizione che ne da Jacopo Grim aldi nel famoso
codice conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Barb. lat. 27 3 3). Si tratta"..,ra di u n ciclo assai
vasto che si svolgeva su due registri sovrapposti, in
modo compositivamente analogo a quello della basilica di San Paolo fuori le mura, eseguito nella
stessa epoca e visibile fino al 1823, anno in cui ando
distrutto nel corso dell'incendio che d evasto la basilica ostiense.
Nella basilica vaticana le scene documentate
dell'Antico Testamento illustravano la Genesi e
.'Esodo ed erano dipinte sulla parete destra, men:re sulla parete sinistra si svolgeva un ampio ciclo

1mrrnmr la Vita e

la Passione di Cristo.

Gia ai tempi del Grimaldi poche scene era1


conservate: tra queste, il Battesimo di Cristo,
Risurrezione di Lazzaro, la Discesa al Limbo, l'A_
parizione agli Apostoli, Maria e l'Evangelista Gi.
vanni; alla Crocifissione era assegnato un pos1
preminente, essendo infatti raffigurata, unica tra
altre scene, su due registri, al centro della navat
Nella fascia piu alta delle pareti, tra le finestre, eran
affrescate figure di Profeti.
II ciclo vaticano - come del resto quello del
basilica ostiense - costitul il prototipo fondamenta:
per le successive decorazioni con scene vetero
neotestamentarie che da Roma si diffusero in tut1
Italia e in gran parte d'Europa; i deli successi,
mantennero, infatti, per secoli, molti dei temi ice
nografici caratteristici dei loro precedenti romat
del secolo V.
Questi, infatti, avevano costituito la prima e pi
completa esposizione per immagini dei principa
episodi biblici e evangelici a livello di pittura mont
mentale; utilizzando sia tradizioni iconografi.che c
origine orientale, elaborate soprattutto nella prodt
zione di manoscritti miniati, in particolare gli Ott~
teuchi bizantini, sia temi conosciuti localmente,
pittori dei cicli di San Pietro in Vaticano e di Sa
Paolo fuori le mura diedero vita a una vera e propri
auctoritas iconografica originale, destinata a cost
tuire un punto di riferimento obbligato per la pi
tura, monumentale e non, come per la miniatura el
.. .

_ __ __ 1~

-- - -

/ ___ _ ..~

- - - - 1 ~~

- - --~---~-

___ ,

colo IX, come attestato dal Chronicon del monaco


Benedetto del Monte Soratte, compilato nel secolo
succcssivo; nel Duecento, infine, papa Nicolo III
Orsini (1277-1280) fece eseguire al di sopra della
trabeazione del colonnato una lunga serie di medaglioni con i ritratti dei papi.
A papa Leone Magno si doveva anche la decorazione musiva della facciata, nota nelle sue linee
generali attraverso una miniatura raffigurante i Funerali di Gregorio Magno davanti alla basilica vaticana, del secolo XI (Eton College, manoscritto
Farfense n. 124); questo mosaico fu in seguito piu
volte restaurato, in particolare al tempo di Sergio I
(687-701) e, infine, ampiamente rielaborato, se non
del tutto ridisegnato, sotto papa Gregorio IX
(1237-1241).

n mosaico leoniano doveva presentare al centro

il busto del Cristo, con ai lati i simboli degli Evangelisti; piu in basso, tra le finestre, i Ventiquattro
Seniori dell' Apocalisse.
Per i secoli V e VI il Liber Pontificalis riporta
numerose notizie di interventi dei papi soprattutto
per cio che riguarda la decorazione dell' atrio, con la
costruzione dei portid ad opera di papa Simplicio I
(468-483 ), con la recinzione e la decorazione con
marmi e mosaici da parte di Simmaco (498-514), il
quale fece anche costruire fontane, edifici per i
pellegrini, sale con varie destinazioni, consacrando
inoltre diversi oratori.
Lo stesso pontefice fece trasportare nell' oratorio di Sant' Andrea - gia mausoleo imperiale situato
sul fianco meridionale della basilica - la venerata
immagine della Madonna della Febbre, da cui I'oratorio prese appunto la denominazione di Santa Maria della Febbre.
L'impegno dei pontefici a favore della basilica
vaticana in questi secoli - e nei due successivi - si
concentro soprattutto sull'arredo e la dotazione
liturgica, con frequenti e cospicue donazioni di
calid e altre oreficerie per gli altari, di tessuti e
param~nti preziosi, di lampade e altri oggetti destinati allo svolgimento del culto.
Di particolare rilevanza fu l' attivita di Gregorio Magno (590-604), che fece costruire l'Altare
della Confessione sulla tomba di Pietro e quella di
Onorio I (625-638) che fece restaurare il tetto,
ricoprendolo con tegole di bronzo dorato provenienti dal tempio di Romolo nel Foro Romano.

68

L'oRATORIO

01

G1ovANNI VII

All'inizio del secolo VIII papa Giovanni VII


(705-707) fece costruire e decorate uno degli

annessi della basilica piu importanti per la storia


dell' arte medievale, un oratorio dedicato alla Vergine, accanto alla facciata della navatella piu settentrionale.
Demolito anch'esso agli inizi del Seicento nel
corso dei lavori diretti dal Maderno, vi si custodiva,
secondo le antiche fonti (Benedetto del Monte Soratte, Pietro Mallio), la piu importante delle reliquie
della cristianita, la Veronica.
L' oratorio era riccamente ornato da mosaid e
lastre marmoree elegantemente lavorate, di cui una
parte - sia pur piccola - e per fortuna sfuggita alla
distruzione. I frammenti superstiti delle lastre marmoree sono oggi conservati nelle Grotte Vaticane,
come del resto parte dei mosaid; altri importanti
brani musivi si trovano invece a Roma, a Santa Maria in Cosmedin, a Firenze, nella chiesa di San Marco, a Orte, nel museo, e persino a Mosca, nel Museo
Puskin di Arti Figurative.
Ancora una volta sono il Tasselli e il Grimaldi a
fornire la testimonianza piu completa di quello che
dovette senz' altro essere uno dei complessi musivi
piu importanti e tecnicamente cospicui dell'Alto
Medioevo romano.
I mosaici dell' oratorio svolgevano, sulla parete
della cosiddetta Porta Santa, un ampio ciclo cristologico che, secondo le didascalie del Grimaldi, comprendeva le seguenti scene: Annundazione, Visitaziolle, Nativita con la Lavanda del Bambino (parzialmente conservata), Annundo ai pastori, Adorazione dei Magi (conservata), Presentazione al
tempio, Battesimo, Miracolo del deco nato, Donna
che tocca il lembo della veste di Cristo, Zaccheo
presso il sicomoro, Risurrezione di Lazzaro, Entrata
in Gerusalemme, Ultima cena, Crocifissione, Risurrezione e Discesa al Limbo; al centro della parete era
l'immagine della Vergine, alla destra della quale era
la figura del donatore con il nimbo quadrato e in
mano il modellino dell' oratorio. La figura stante
della Vergine e oggi collocata nella Cappella Ricci
della chiesa di San Marco a Firenze, dove vi fu
trasportata dal cardinale titolare nel 1609, come
attestato da un'iscrizione del tempo; il ritratto di
Giovanni VII si trova invece in San Pietro.

I , d ~ot .tzion ~ cm c mpl ttnu dn un icl o n le


"on Pa l
ht: sis olgevn sullo
. .
d~t: ~ompt nd vn l
segm.nti scene: Prcd1 uz.t \'\"' ch Pietro u
rusnJemme, J\ntio(:hiu c Romo (un frnmmcnto di quest'ullimn :;cenu si trovu in un Pi tt ) Disputn n
Simon Mago oduta di imon Mago, r cifissionc
di Pietro Dec llnzione di Pool
ll piu importante pezzo supcrstite dci mosoici
dell'orntorio di GiO\ anni VII e senza dubbio Ia
scenu con l' Adorazione dei Magi he si trova nella
basilica rnmana di Santo Maria in Cosmedin; esso
permette di rendersi canto dells tecnica usata dai
mosaicisti di Giovanni VII che prevedeva una stesura diradata delle tessere che componevano le
figure; tali tessere sono infatti separate da larghe
striature di intonaco e appaiono di dimensioni inferiori rispetto a quelle che formano gli sfondi delle
scene. Le indicazioni di profondita sono in queste
scene ridotte all'essenziale e i personaggi sono disposti quasi sempre su un unico piano di rappresentazione; come giustamente ha osservato i1 Matthiae:
Nelle figure ogni valore formale viene risolto in
puro colore, sempre circoscritto da una linea nera,
piuttosto sottile, che la isola dal fondo d'oro (Matthiae, 1967, pag. 218).
Anche il &ammento di mosaico conservato a
Mosca sin dal 1938 e solo da poco piu di un decennio riconosciuto come gia facente parte della decorazione dell'oratorio di Giovanni Vil (Lazarev, citato in Andalora, 1987), si prescnta in un discreto
stato di conservazione, nonostante vi si possano
riconoscere interventi di risarcimento del tessuto
musivo; esso mostra la figma di Giuseppe dalla
scena della Nativita, caratterizzata da un'intonazione intimistica che si esprime attraverso delicati
passaggi cromatici.
I &ammenti di San Pietro, in particolare quello
con la Lavanda del Bambino e i1 busto del Cristo
dall'Entrata in Gerusalemme, mostrano an ch' essi lo
stesso tono privo di enfasi, volto piu a cogliere forse
una dimensione narrativa, quasi aneddotica, che a
narrare con linguaggio aulico e sacrale i fatti del
Nuovo Testamento.

c m di ~.in Pict 1
piif'Cll' lkm11 d ,11'

Mosaico dall'Oratorio di Giovanni VII raffigurante la


Madonna orante (Firenze, San Marco, Cappetta Ricci) .

69

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