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UN MITO RIDOTTO:
PAVESE AGLI OCCHI DELLA CRITICA POLACCA
Dario Prola*
Ho voluto aprire questo saggio con la mia traduzione di una poesia polacca intitolata Cesare Pavese, composta nel 1991 dal poeta e critico letterario Jarosaw Mikoajewski, il pi grande divulgatore della lirica italiana del Novecento in Polonia. Ho cercato di riprodurre nella
mia versione il ritmo e la cadenza delloriginale per mettere in evidenza come Mikoajewski in questo omaggio da poeta a poeta, da traduttore a traduttore avesse in mente (e nelle proprie corde poetiche) le liriche di Lavorare stanca che proprio in quegli anni iniziava a
tradurre. Si tratta di una sorta di ritratto lirico di Pavese e del paesaggio con cui sidentificava ma soprattutto duna poesia-racconto alla
Pavese che racchiude un tentativo di sintesi del suo mondo poetico.
Una poesia mimetica si potrebbe dunque definire prendendo a prestito un concetto coniato da James Holmes in un brillante saggio sulla
* Universit di Varsavia.
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Pavese-poeta appare molto pi tardi in lingua polacca, e precisamente nel 1974 proprio in concomitanza con il rilancio della sua
opera in prosa con la versione polacca della poesia Antenati. La traduttrice era Alija Dukanovic e la rivista su cui apparve Literatura na
swiecie (Letteratura nel mondo), il bimensile che dal 1971 offre ai
lettori polacchi degli assaggi in traduzione di opere di grandi autori
del mondo occidentale. Nello stesso numero, interamente dedicato alla letteratura italiana, ad opera della stessa traduttrice, appare anche
Verr la morte e avr i tuoi occhi, di gran lunga la poesia pi tradotta di
Cesare Pavese in lingua polacca (se ne conoscono cinque versioni11).
Il maggior merito della divulgazione dellopera poetica di Pavese
in Polonia va senza dubbio proprio a Jarosaw Mikoajewski; una sua
scelta di versi con testo originale a fronte apparsa nel 2013 per la casa editrice Austeria e con lappoggio dellIstituto Italiano di Cultura di
Cracovia12. Lantologia riprende ed integra una scelta di poesie gi apparse su unantologia della lirica italiana del Novecento da lui curata
nel 199713. Poche altre poesie di Cesare Pavese sono apparse nel corso
degli anni ad opera di traduttori occasionali, e portano a 27 il numero
complessivo delle liriche del poeta comparse in lingua polacca14.
Sono molte le opere pavesiane ancora in attesa del loro momento
polacco: La casa in collina, Paesi tuoi, Il compagno, Il carcere, nonch la
grande maggioranza dei suoi racconti. Considerando quanto stato
tradotto non stupisce che, agli occhi del pubblico polacco, Pavese sia
soprattutto un narratore. Il carattere occasionale con cui sono comparse le sue liriche principalmente su riviste o su antologie di nicchia mette in ombra il Pavese poeta. Alla luce di quanto dir nel cor11 Tradotta anche da: Iwona Podgrska, Z
ycie literackie, n. 44, 1982; Marek Baterowicz, Odra, n. 9, 1976; Jarosaw Mikoajewski, Swiat Literacki, n. 2, 1991, e Stanisaw Kasprzysiak nella postfazione alla sua traduzione dei Dialoghi con Leuc, citata nel
seguito di questo saggio.
12 Przyjdzie smierc i be
dzie miaa twoje oczy. Wybr wierszy / Verr la morte e avr i tuoi occhi. Poesie scelte, Cracovia-Budapest, 2013. Dalla raccolta Lavorare stanca troviamo: I mari
del Sud, Canzone, Antenati, Pensieri di Deola, Il dio-caprone, Una generazione, Lavorare stanca,
Grappa a settembre, Atavismo, Civilt antica, Ulisse, Paternit, Listinto, La notte, Il paradiso
sui tetti, La casa; da La terra e la morte sono state tradotte: Anche tu sei collina, Tu non sai le
colline, Se la terra e la morte; seguono Due poesie a T.: Le piante del lago, Anche tu sei lamore;
da Verr la morte e avr i tuoi occhi, oltre alla poesia che intitola la raccolta, sono tradotte:
You, wind of March, Passer per piazza di Spagna. Last blues, to be read some day presente solo in inglese.
13 Radosc rozbitkw: antologia poezji woskiej dwudziestego wieku, Jarosaw Mikoajewski
(a cura di), Swiat Literacki, Izabelin, 1997.
14 Va aggiunta Estate, tradotta da Marek Baterowicz su Odra, n. 9, 1976, unaltra
versione di Ulisse per la traduzione di Wojciech Bonkowski apparsa nella suddetta antologia curata da Mikoajewski e una traduzione dei Mattini passano chiari ad opera di
Iwona Podgrska apparsa su Zycie literackie, n. 44, 1982.
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Si ricava limpressione che Brandys e cos molti altri suoi colleghi fossero pi intenti a celebrare che non a conoscere lo scrittore
piemontese. La critica non specialistica, non sufficientemente orientata sul terreno, ricorre spesso ai paragoni nel tentativo di mettere a
fuoco un fenomeno che le sfugge. Il gi citato Strumiowski cerca di
spiegare la singolarit di Pavese individuando corrispondenze con il
poeta polacco Jaroslaw Iwaszkiewicz e in particolare con un libro, Novelle italiane, scritto negli stessi anni della stesura dei racconti di Notte
di festa. Ma non nellestetismo che impronta le novelle di Iwaszkiewicz
alla ricerca del bello sullo sfondo di monumenti e rovine italiane
andrebbe ricercato il denominatore comune tra i due autori. Scrive
Strumiowski:
Kazimierz Brandys, op. cit., p. 2.
Aleksander Abamowicz, Mity i rzeczywistosc, Miesiecznik literacki, n. 7, 1976,
pp. 127-129.
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Il critico non vuole dire che Pavese vada oltre quanto gli sia stato in
grado di conoscere, quanto piuttosto che Pavese sia meno consapevole di quello che scrive, come se fosse ingenuamente privo duna
chiara idea della propria poetica, e quindi come spesso accade in
molti validi artisti meno intelligente dei propri libri. Evidentemente Strumiowski incapace di definire in termini precisi la scrittura pavesiana non aveva letto i saggi di Pavese e neppure le pagine del Mestiere di vivere, tradotto in polacco solo molti anni dopo. Limpressione
che a Strumiowski e alla critica polacca di quegli anni sfugga clamorosamente il retroterra di letture e di studi che precedono ed accompagnano la stesura delle opere di Pavese.
La stessa critica appare invece molto favorevole riportando informazioni autobiografiche sullo scrittore a mettere in rilievo la sua attivit antifascista o la sua appartenenza al Partito comunista italiano
dopo la guerra, tacendo invece la sua incapacit o mancanza di volont a partecipare attivamente alla Resistenza. Linettitudine di Pavese verr confessata dagli addetti ai lavori solo molti anni dopo.
Scrive Jzef Heinstein alla voce dedicata al nostro autore in un Piccolo
dizionario degli autori italiani pubblicato da Wiedza Powszechna nel
1969: Nellopera di Pavese si palesano le tipiche esitazioni di parte
degli intellettuali occidentali riguardo la loro missione morale e storica, le difficolt di decidersi allimpegno attivo nella lotta politico-sociale e alla realizzazione di questo proposito22.
Dati autobiografici oggettivi fuori di agiografia e privi degli
abbellimenti che la correttezza politica del tempo richiedeva si trovano negli scritti di Alija Dukanovic. Nella postfazione a La bella estate
la traduttrice parla di arresto e confino in seguito a presunta attivit
politica, ma poi omette di citare la sua iscrizione postbellica al Partito
comunista. Si dilunga invece sulle ragioni del suicidio di Pavese di
cui conosce ogni particolare (mentre alcune recensioni degli anni
Cinquanta informano che Pavese si tolto la vita con un colpo di pistola) e conclude affermando che ad uccidere lo scrittore come semArtur Strumiowski, op. cit., p. 7.
May sownik pisarzy woskich, Mieczysaw Brahmer, Wiedza Powszechna, Warszawa, 1969, p. 154.
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vese (si riferisce al DAnnunzio degli Inni, non solo per la magniloquenza stilistico-espressiva, ma anche per la classicit, per il confondersi ancora romantico dellio poetico nella natura) e il suo successivo
superamento. Lingombrante rilevanza di DAnnunzio per i giovani
poeti italiani di quellepoca sarebbe uninformazione oziosa se non
fosse indirizzata a un pubblico polacco per lo pi ignaro delle questioni della nostra storia letteraria.
Anche la Dukanovic, nella sua prefazione alla Bella estate, si dilunga sui modelli della scrittura pavesiana e sul valore ibrido e sincretico duna prosa nella quale confluiscono le pi disparate ispirazioni
filosofiche, da Vico a Croce, alle scoperte del mondo della psicanalisi,
allesistenzialismo28. La traduttrice tra i primi studiosi in Polonia a
mettere in evidenza gli interessi di Pavese per lantropologia e la sua
concezione del mito inteso come racconto sacrale e come polemica
laica contro i sistemi religiosi che hanno creato miti storici proponendo nuovi modelli di cultura e di moralit29.
Lo interessava il mito come risposta intellettuale al caos, alternativa
instabile allentropia della civilt contemporanea. [] Giunse alla conclusione che dopo luscita dalla preistoria e lentrata nella storia luomo
abbia smesso di realizzarsi come essere pieno e integrale, tradendo in
qualche senso la sua natura30.
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Ivi, p. 212.
Ivi, p. 217.
Alija Dukanovic, Posowie, in: op. cit., p. 338.
Ivi, p. 340.
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ma personale, nel voler ricondurre tutto a una tara, a un vizio di fondo celato nelle pieghe del suo spirito.
Per lui il mito era una necessit, era condannato al mito. Nel mito vedeva la possibilit di avere la meglio sul se stesso primitivo, imperfetto,
sulla sua mutilazione psichica, sulla sua eterna adolescenza. [] Ma Pavese, nel complesso, ha commesso un errore: pensava di poter vincere il
dramma della sua vita, di poter rinnovare, ricostruire se stesso attraverso
la partecipazione al mito, e quindi attraverso la fuga dalla storia. Ma se
come uomo ha subito una disfatta il mito gli ha assicurato una grande
vittoria sul piano artistico36.
La Dukanovic afferma senza mezze misure che linfelicit e il destino di Pavese fossero in larga misura determinati dal suo essere cresciuto in una cultura sessuale dove sintrecciavano miti e favole di
due filoni: quello greco-romano che concepiva il sesso come pudor
sexualis e quello giudeo-cristiano che aveva del sesso un vero e
proprio orrore. Da questo retaggio culturale del quale la Dukanovic
con grande sfoggio di cultura offre esempi ed implicazioni dallantichit al romanticismo deriverebbero le antinomie pavesiane, e in
particolare lidea dellinscindibilit di amore e morte che attraversa
tutta la sua opera e che si esplicita nelle impietose confessioni del Mestiere di vivere. Il diario di Pavese non viene dunque presentato dalla
Dukanovic come unopera fondamentale per meglio comprendere la
poetica e la vita di Pavese, quanto piuttosto come la testimonianza delle turbe e delle ossessioni sessuali di uno scrittore europeo patologicamente infantile formatosi in una cultura, anche letteraria, che concepisce la donna o come angelo oppure come diavolo.
Pavese: un europeo sotto ogni aspetto, in ogni particolare. Alle met
del XX secolo stato proprio come Baudelaire alla met del XIX secolo
un monaco medievale incappucciato: un dissoluto pieno di inibizioni e
un santo mancato. Sia chiaro, essere un intellettuale-monaco una vera
volutt. Ma come ogni volutt ha il suo prezzo. [] E il prezzo quello
di restare un bambino, un adolescente per tutta la vita, un uomo che non
ha esperito alcuna iniziazione, un Endimione addormentato, imprigionato nella solitudine di uneterna adolescenza. E pi precisamente nella solitudine erotico-sessuale delleuropeo, solitudine resa ancora pi insopportabile e profonda dal vuoto esistenziale che ha spinto luomo verso labisso, il silenzio, la morte37.
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e sterili penne che si fanno belle delle penne insanguinate dal coraggio
di chi ha cercato disperatamente, alla fine, di liberarsi dalla stretta del laccio. [] Si conservata una lettera agli amici, spedita una settimana prima del suo suicidio: Io sono come Laocoonte: mi inghirlando artisticamente coi serpenti, e mi faccio ammirare, poi ogni tanto mi accorgo dello stato in cui sono e allora scrollo i serpenti, gli tiro la coda, e loro strizzano e mordono. un gioco che dura da ventanni. Comincio ad averne
abbastanza38.
Gustaw Herling-Grudzinski riconosce nella lettera di Pavese a Tullio e Maria Cristina Pinelli39 una sorta di ribellione della vita nella
stretta da una letteratura avida e imbaldanzita e giunge alla conclusione che la morte di Pavese nellhotel di Torino sopravvivr ai suoi libri, diario incluso.
Non ho riportato questo lungo frammento solo per riferire lopinione personale e i gusti di un importante scrittore polacco. evidente che Herling-Grudzinski, fine conoscitore dellItalia e appassionato
lettore degli scrittori italiani, non apprezzasse particolarmente lopera
poetica di Pavese (al quale non dedica altre attenzioni nel suo diario).
Il suo giudizio sul Mestiere di vivere comunque interessante e indicativo dun certo modo di concepire la scrittura diaristica, nonch il mestiere dello scrittore, in Polonia. Nellambito della cultura polacca fino allapertura del Paese nel 1989 e sotto certi aspetti ancora oggi (si
pu parlare duna funzione e di aspettative sempre latenti) gli scrittori avevano uno statuto sociale ben definito: parlavano in nome della
comunit e a una comunit di lettori e che fossero politicamente o
ideologicamente schierati oppure no era normale aspettarsi nella loro opera diaristica non solo considerazioni di mestiere, ma anche giudizi chiari e netti su fatti riguardanti la storia, il costume, la societ. In
questo senso il giudizio di Gustaw Herling mette in rilievo per contrasto quanto questo ruolo pedagogico dello scrittore sia ormai andato
perduto in Italia, testimoniando altres unidea e una pratica di scrittura diaristica affatto diversa. Il modello di diario intimo realizzato da
Cesare Pavese non trova riscontro nella storia della letteratura polacca, nella quale soltanto nellultimo quarto di secolo lo scrittore si
sbrigliato dagli obblighi e dalle aspettative di maturit e responsabilit
che la collettivit poneva sulle sue spalle. chiaro che di fronte a tali
aspettative poste dalla comunit di lettori, unopera come il Mestiere di
vivere cos vicino al modello di intima confessione agostiniana pu
38 Gustaw Herling-Grudzin
ski, Dziennik pisany noca, Instytut Literacki, Paryzy, 1980,
pp. 77-79.
39 Cesare Pavese, Lettere (1945-1950), a cura di Italo Calvino, Einaudi, Torino, 1966,
vol. II, p. 565.
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Appare evidente che i mezzi poco complessi a cui si riferisce il critico siano i mezzi linguistico-espressivi. A tutta prima si potrebbe pensare che la sfida traduttiva della Luna e i fal superasse le possibilit
tecniche della giovane e inesperta traduttrice. Come spiegare altrimenti limpressione di non complessit (quindi di povert) che Tarlecki ricava dalla lettura? Eppure un raffronto della traduzione polacca con loriginale rende giustizia al lavoro di Maria Stelmachowska: la
sua traduzione accurata, i calchi e i fraintendimenti sono sotto la soglia massima consentita dellerrore (anche tenendo conto dei mezzi a
quei tempi a disposizione) e il suo tentativo di rendere il ritmo e la cadenza regolare e cullante di Pavese davvero ammirevole. Allora perch mai, appurata la bont della traduzione in lingua polacca, Pavese
appare tuttavia cos poco efficace linguisticamente, cos piatto e banale? Se ne potrebbero cercare le ragioni nella specificit della storia e
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conto dellinstancabile e febbrile lavorio di ricerca e autocritica affrontato giorno dopo giorno da Cesare Pavese per farsi uno stile grande e
originale nel senso profondo di origine destinato a una clamorosa sconfitta. Ma le diverse storie delle due lingue letterarie in questione meglio spiegano perch la lingua polacca si presti cos malvolentieri alla rivelazione del mistero di questo scrittore.
La lettura riduttiva di Cesare Pavese come poeta amoroso della linea petrarchesco-romantica espressa a chiare lettere da Alija Dukanovic e riecheggiata in numerose altre recensioni , il suo essere stato
per molti anni associato da parte della critica storicista marxista al filone realista-verista e la tardiva comprensione delle implicazioni simboliche del suo realismo complice il vuoto traduttivo delle sue opere
negli anni Sessanta , hanno evidentemente obnubilato lastro di Pavese in Polonia. Colpisce quel giudizio di troppo popolare speso da
Brandys al suo indirizzo. Considerando la sovrabbondanza di letteratura di tematica rurale prodotta in Polonia, probabile che lo scrittore piemontese disattendesse le aspettative dei lettori polacchi, meno
attratti da quanto accadeva nelle campagne e pi interessati alla feroce critica antiborghese di altri autori italiani (si pensi alla fortuna mai
esaurita di Moravia in Polonia). Non sarebbe dunque un caso che La
bella estate, un trittico dove la dialettica citt-campagna chiaramente
sbilanciata a favore della prima, sia lunica opera del nostro autore ad
essere stata onorata di una riedizione. Se a questo saggiunge leccessivo accento posto dalla critica polacca sulla personalit e sulla psiche
dellautore, nonch sulle sue disavventure sentimentali, si pu comprende perch, ad oggi, quello che resta di Pavese in Polonia sia soltanto un mito ridotto.