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UN MITO RIDOTTO:
PAVESE AGLI OCCHI DELLA CRITICA POLACCA
Dario Prola*

1. Storia delle traduzioni


Vigna, colline e la densa rena della strada
che sempre pi dura si scioglie nella nebbia mattutina.
Un uomo con gli occhiali si stende sul pendio
sotto una vite morta e richiama alla memoria
un paesaggio nascosto fra volute dumidit. Leva il capo
soltanto quando i getti di vite che gli vellicano il collo
sono caldi ed il sole ha spazzato della nebbia la strada ed i colli.
Tutto lo stesso, soltanto la luce diversa
ricorda il ragazzo che da questa stessa terra
guardava le bestie e la gente nei campi.
Inspirando il profumo delle foglie fumanti luomo
va alla citt oltre la collina. Quelli a cui passa vicino
non smettono di faticare, non alzano lo sguardo
dalla strada. Neppure le donne badano a lui
e scoprendo al sole le cosce come acini duva
inghiottono il mezzogiorno.
Quando in periferia
sente duro lasfalto sotto i piedi, luomo
pensa a s come a un mare che non nasce nulla,
dove tutto ci ch passato e futuro ormai morto.

Ho voluto aprire questo saggio con la mia traduzione di una poesia polacca intitolata Cesare Pavese, composta nel 1991 dal poeta e critico letterario Jarosaw Mikoajewski, il pi grande divulgatore della lirica italiana del Novecento in Polonia. Ho cercato di riprodurre nella
mia versione il ritmo e la cadenza delloriginale per mettere in evidenza come Mikoajewski in questo omaggio da poeta a poeta, da traduttore a traduttore avesse in mente (e nelle proprie corde poetiche) le liriche di Lavorare stanca che proprio in quegli anni iniziava a
tradurre. Si tratta di una sorta di ritratto lirico di Pavese e del paesaggio con cui sidentificava ma soprattutto duna poesia-racconto alla
Pavese che racchiude un tentativo di sintesi del suo mondo poetico.
Una poesia mimetica si potrebbe dunque definire prendendo a prestito un concetto coniato da James Holmes in un brillante saggio sulla
* Universit di Varsavia.

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traduzione letteraria1 proprio per il tentativo di far passare in forme


simili a quelle originali contenuti e principi di poetica.
Questa sorta di metapoesia apre unepoca di modestissimo interesse per lopera di Pavese. infatti nella fase precedente, conclusasi
allinizio degli anni Ottanta, ad essere relegata, per ora, la fortuna critica e traduttiva di Cesare Pavese.
La storia della sua ricezione inizia nel 1956, lanno del cosiddetto
disgelo gomulkiano2, e dallabbandono dei principi del realismo socialista in arte e in letteratura. Sulla scia duna inedita apertura del
mercato editoriale compare appena tre anni dopo ledizione einaudiana la traduzione polacca dei racconti postumi inclusi nella raccolta Notte di festa 3. Solo due anni pi tardi la volta del capolavoro di Pavese, La luna e i fal, affidato a Maria Stelmachowska, traduttrice esordiente e senza destino (non risultano sue ulteriori traduzioni letterarie)4. Sembra linizio duna grande fortuna, ma per vedere unaltra
opera di Cesare Pavese in libreria bisogner attendere addirittura gli
anni Settanta e precisamente il 1972, anno della pubblicazione del
Mestiere di vivere 5 (esattamente ventanni dopo la pubblicazione italiana) ad opera di Alija Dukanovic, importante traduttrice della letteratura serbo-croata in lingua polacca e una delle pi attive divulgatrici
di Pavese in Polonia. Al celebre diario faranno seguito, nel 1975, I dialoghi con Leuc 6, tradotto da Stanisaw Kasprzysiak, La bella estate 7 e a
chiudere un decennio dirripetuto interessamento La spiaggia 8, entrambi tradotti dalla Dukanovic. Concludono questo breve elenco le
traduzioni di due racconti: La giacchetta di cuoio apparso su unantologia di racconti italiani del 19669 e la recente traduzione di Iettatura, uscita su una rivista di poesia10.
11 James S. Holmes, La versificazione: le forme di traduzione e la traduzione delle forme,
in: Siri Nergaard (a cura di), Teorie contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano,
1995, pp. 239-257.
12 Chiamato anche Disgelo di ottobre per ricordare il discorso con cui il primo
segretario del Partito, Wadysaw Gomuka, il 24 ottobre 1956, d inizio alla destalinizzazione e liberalizzazione del sistema politico-sociale del Paese.
13 Noc swietego Rocha, PIW, Warszawa, 1956 [trad. Zofia Ernestowa e Marcin
Czerwinski].
14 Ksie
zyc i ogniska, PIW, Warszawa, 1958.
15 Rzemioso zycia, PIW, Warszawa, 1972.
16 Dialogi z Leukotea
. Szkice literackie, Czytelnik, Warszawa, 1975.
17 Pie
tne lato, PIW, Warszawa, 1975 e 1978.
18 Plaz
a, PIW, Warszawa, 1979. Un breve frammento del romanzo breve era gi
comparso nel 1961 sulla rivista Itd, 1961, n. 32, ad opera di Andrzej Zielinski.
19 Skrzana kurtka in: 13 wspczesnych opowiadan
woskich, Iskry, Warszawa, 1966
[trad. di Barbara Sieroszewska].
10 Il racconto stato pubblicato con il titolo Urok su Nowa okolica poetw, n. 1,
2006, p. 42.

Un mito ridotto: Pavese agli occhi della critica polacca

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Pavese-poeta appare molto pi tardi in lingua polacca, e precisamente nel 1974 proprio in concomitanza con il rilancio della sua
opera in prosa con la versione polacca della poesia Antenati. La traduttrice era Alija Dukanovic e la rivista su cui apparve Literatura na
swiecie (Letteratura nel mondo), il bimensile che dal 1971 offre ai
lettori polacchi degli assaggi in traduzione di opere di grandi autori
del mondo occidentale. Nello stesso numero, interamente dedicato alla letteratura italiana, ad opera della stessa traduttrice, appare anche
Verr la morte e avr i tuoi occhi, di gran lunga la poesia pi tradotta di
Cesare Pavese in lingua polacca (se ne conoscono cinque versioni11).
Il maggior merito della divulgazione dellopera poetica di Pavese
in Polonia va senza dubbio proprio a Jarosaw Mikoajewski; una sua
scelta di versi con testo originale a fronte apparsa nel 2013 per la casa editrice Austeria e con lappoggio dellIstituto Italiano di Cultura di
Cracovia12. Lantologia riprende ed integra una scelta di poesie gi apparse su unantologia della lirica italiana del Novecento da lui curata
nel 199713. Poche altre poesie di Cesare Pavese sono apparse nel corso
degli anni ad opera di traduttori occasionali, e portano a 27 il numero
complessivo delle liriche del poeta comparse in lingua polacca14.
Sono molte le opere pavesiane ancora in attesa del loro momento
polacco: La casa in collina, Paesi tuoi, Il compagno, Il carcere, nonch la
grande maggioranza dei suoi racconti. Considerando quanto stato
tradotto non stupisce che, agli occhi del pubblico polacco, Pavese sia
soprattutto un narratore. Il carattere occasionale con cui sono comparse le sue liriche principalmente su riviste o su antologie di nicchia mette in ombra il Pavese poeta. Alla luce di quanto dir nel cor11 Tradotta anche da: Iwona Podgrska, Z
ycie literackie, n. 44, 1982; Marek Baterowicz, Odra, n. 9, 1976; Jarosaw Mikoajewski, Swiat Literacki, n. 2, 1991, e Stanisaw Kasprzysiak nella postfazione alla sua traduzione dei Dialoghi con Leuc, citata nel
seguito di questo saggio.
12 Przyjdzie smierc i be
dzie miaa twoje oczy. Wybr wierszy / Verr la morte e avr i tuoi occhi. Poesie scelte, Cracovia-Budapest, 2013. Dalla raccolta Lavorare stanca troviamo: I mari
del Sud, Canzone, Antenati, Pensieri di Deola, Il dio-caprone, Una generazione, Lavorare stanca,
Grappa a settembre, Atavismo, Civilt antica, Ulisse, Paternit, Listinto, La notte, Il paradiso
sui tetti, La casa; da La terra e la morte sono state tradotte: Anche tu sei collina, Tu non sai le
colline, Se la terra e la morte; seguono Due poesie a T.: Le piante del lago, Anche tu sei lamore;
da Verr la morte e avr i tuoi occhi, oltre alla poesia che intitola la raccolta, sono tradotte:
You, wind of March, Passer per piazza di Spagna. Last blues, to be read some day presente solo in inglese.
13 Radosc rozbitkw: antologia poezji woskiej dwudziestego wieku, Jarosaw Mikoajewski
(a cura di), Swiat Literacki, Izabelin, 1997.
14 Va aggiunta Estate, tradotta da Marek Baterowicz su Odra, n. 9, 1976, unaltra
versione di Ulisse per la traduzione di Wojciech Bonkowski apparsa nella suddetta antologia curata da Mikoajewski e una traduzione dei Mattini passano chiari ad opera di
Iwona Podgrska apparsa su Zycie literackie, n. 44, 1982.

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so di questo studio assume un peso particolare il fatto che in Polonia


sia del tutto sconosciuta la sua produzione saggistica e quindi non si
abbia una chiara idea della dimensione intellettuale di uno dei maggiori interpreti della cultura del suo tempo.
2. Pavese e la critica polacca
A partire dal 1958, con la traduzione del romanzo La luna e i fal,
ogni nuova opera di Pavese pubblicata in Polonia era accompagnata
dalle fanfare duna critica entusiasta e osannante: Pavese sapeva pi
dei suoi colleghi scrittori a lui contemporanei15, scriveva senza mezzi
termini Anna Kowalska su Przeglad kulturalny; fu una delle pi brillanti intelligenze di questo secolo proclamava Zbigniew Bienkowski su
Twrczosc una figura centrale della letteratura europea16. Anche lo
scrittore Kazimierz Brandys, solitamente molto lucido ed equilibrato
in una recensione sulla Luna e i fal apparsa sul settimanale Nowa
kultura parla di Pavese in termini leggendari: ha lasciato dietro di
s una meravigliosa leggenda di dolore e onest, divenendo qualcosa
di pi di uno scrittore: rappresenta un patrimonio morale per le diverse generazioni per le quali scrisse17. Brandys mette poi in rilievo la
sua tragica infelicit (larticolo si apre con il dato del suicidio) e il suo
essere stato sempre messo in ombra dalla fama di Moravia, scrittore
dotato di maggiore brillantezza perch capace di puntare alleffetto
sicuro, pi abile nel far colpo sul lettore. La bellezza della prosa di Pavese scrive Brandys non salta subito agli occhi, ma si nasconde
nellesperienza, risulta come sotterranea. Dalla celebrazione al
fraintendimento il passo breve e anche Brandys non pu fare a meno di relegare la prosa dello scrittore piemontese in quel realismo
amaro ed eroico, pieno di compassione per gli sfruttati. Si tratta del
solito equivoco neorealista, diffuso vizio interpretativo della critica
pavesiana di quegli anni. Fin dalla sua apparizione in Polonia, alla
met degli anni Cinquanta, la critica mette in rilievo la vicinanza o la
corrispondenza delle opere di Pavese con il cinema italiano di quei
tempi, fermandosi alla mera constatazione del dato di aderenza al reale o come scrive Strumiowski18 alla comune suggestione della letteratura realista. Troppo popolare rispetto al concetto della cultura
occidentale da noi vigente scrive Brandys cresciuto dalle stesse
radici che hanno portato al cinema italiano degli scorsi anni. [] La
15
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18

Anna Kowalska in Przeglad kulturalny, n. 11, 1958, p. 5.


Zbigniew Bienkowski, Rzemioso zycia, Twrczosc, n. 2, 1973, p. 154.
Kazimierz Brandys, Bo wszystkie ciaa sa dobre in Nowa kultura, n. 19, 1958, p. 2.
Artur Strumiowski, Ksiazki woskie, Zycie literackie, n. 23, 1956, p. 7.

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sua non fantasia ottimistica, ma la condizione priva di illusioni di chi


ama la vita, il tetro stupore per la forza dellesistenza umana, per quel
ci nonostante che pu anche essere umanistico orgoglio19.
La scrittura di Pavese scrive Brandys appare difficile da classificare: spontanea e indipendente, molto radicata nella cultura per via
del suo essere cos affine alla vita e non per le problematiche formali.
Brandys non coglie il lungo travaglio stilistico e formale della pagina
pavesiana si dir pi oltre di come le traduzioni polacche non rendano onore alla scrittura di Pavese , in ogni caso dice bene riconoscendo nello scrittore della Luna e i fal un senso tragico dellesistenza e la cifra della sua scrittura in quella sensazione di comunanza
con il dolore dellesperienza umana, quel suo io dolorosamente e teneramente aperto al destino avverso, alla disperazione e alla miseria
quotidiana. Lascia invece perplessi lidea dun Pavese cos compassionevole per il dolore altrui, cos come quel patrimonio morale da lui
generosamente lasciato in eredit alle generazioni a venire. La sua
scrive il narratore polacco vera letteratura della compassione e dellorgoglio, pronta a dare dignit ad ogni esperienza umana. Anche il
critico Aleksander Abamowicz, male interpretando il mito in Pavese,
fa di lui lapostolo o il missionario dun ecumenismo culturale mai
professato dallo scrittore piemontese:
Cesare Pavese [] si schier decisamente a favore di un maggiore
contatto con la grande arte di tutti i popoli del mondo partendo dal presupposto che la cultura italiana come entit unitaria di fatto non esista e
non possa esistere poich si pu parlare di cultura contemporanea sono
nei termini duna cultura europea o mondiale, libera da singoli particolarismi20.

Si ricava limpressione che Brandys e cos molti altri suoi colleghi fossero pi intenti a celebrare che non a conoscere lo scrittore
piemontese. La critica non specialistica, non sufficientemente orientata sul terreno, ricorre spesso ai paragoni nel tentativo di mettere a
fuoco un fenomeno che le sfugge. Il gi citato Strumiowski cerca di
spiegare la singolarit di Pavese individuando corrispondenze con il
poeta polacco Jaroslaw Iwaszkiewicz e in particolare con un libro, Novelle italiane, scritto negli stessi anni della stesura dei racconti di Notte
di festa. Ma non nellestetismo che impronta le novelle di Iwaszkiewicz
alla ricerca del bello sullo sfondo di monumenti e rovine italiane
andrebbe ricercato il denominatore comune tra i due autori. Scrive
Strumiowski:
Kazimierz Brandys, op. cit., p. 2.
Aleksander Abamowicz, Mity i rzeczywistosc, Miesiecznik literacki, n. 7, 1976,
pp. 127-129.
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Li accomuna quello che non viene detto, ma solo suggerito, oltre al


quale si nasconde qualche indicazione fondamentale sul destino delluomo, una determinante psicologica o sociale. Iwaszkiewicz ha del resto una
propria opinione su questo tema anche se non la impone direttamente.
Sospetto invece che Pavese avverta pi di quanto sappia. In ogni caso i
suoi libri irraggiano una tristezza e uninquietudine indefiniti ma invero
molto umani21.

Il critico non vuole dire che Pavese vada oltre quanto gli sia stato in
grado di conoscere, quanto piuttosto che Pavese sia meno consapevole di quello che scrive, come se fosse ingenuamente privo duna
chiara idea della propria poetica, e quindi come spesso accade in
molti validi artisti meno intelligente dei propri libri. Evidentemente Strumiowski incapace di definire in termini precisi la scrittura pavesiana non aveva letto i saggi di Pavese e neppure le pagine del Mestiere di vivere, tradotto in polacco solo molti anni dopo. Limpressione
che a Strumiowski e alla critica polacca di quegli anni sfugga clamorosamente il retroterra di letture e di studi che precedono ed accompagnano la stesura delle opere di Pavese.
La stessa critica appare invece molto favorevole riportando informazioni autobiografiche sullo scrittore a mettere in rilievo la sua attivit antifascista o la sua appartenenza al Partito comunista italiano
dopo la guerra, tacendo invece la sua incapacit o mancanza di volont a partecipare attivamente alla Resistenza. Linettitudine di Pavese verr confessata dagli addetti ai lavori solo molti anni dopo.
Scrive Jzef Heinstein alla voce dedicata al nostro autore in un Piccolo
dizionario degli autori italiani pubblicato da Wiedza Powszechna nel
1969: Nellopera di Pavese si palesano le tipiche esitazioni di parte
degli intellettuali occidentali riguardo la loro missione morale e storica, le difficolt di decidersi allimpegno attivo nella lotta politico-sociale e alla realizzazione di questo proposito22.
Dati autobiografici oggettivi fuori di agiografia e privi degli
abbellimenti che la correttezza politica del tempo richiedeva si trovano negli scritti di Alija Dukanovic. Nella postfazione a La bella estate
la traduttrice parla di arresto e confino in seguito a presunta attivit
politica, ma poi omette di citare la sua iscrizione postbellica al Partito
comunista. Si dilunga invece sulle ragioni del suicidio di Pavese di
cui conosce ogni particolare (mentre alcune recensioni degli anni
Cinquanta informano che Pavese si tolto la vita con un colpo di pistola) e conclude affermando che ad uccidere lo scrittore come semArtur Strumiowski, op. cit., p. 7.
May sownik pisarzy woskich, Mieczysaw Brahmer, Wiedza Powszechna, Warszawa, 1969, p. 154.
21

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pre accade quando a togliersi la vita una artista eccezionale abbia


contribuito tutta la sua epoca e il suo mondo, con le sue distruttive
contraddizioni e antinomie23.
Ledificazione del mito di Pavese attorno al suo gesto suicida
una tentazione cui vanno soggetti molti critici polacchi, ed una delle
ragioni della riduzione cui accenna il titolo di questo intervento.
Scrive Bienkowski in una recensione al Mestiere di vivere del 1972:
Con il suo suicidio Pavese non ha scelto la pace ma la definitiva inquietudine. Questo suicidio compiuto in un periodo in cui il pensiero esistenzialista era al suo apogeo, ha assunto un senso simbolico, era come
una sfida lanciata alla propria epoca. La morte di Pavese non aveva nulla
del romantico gesto wertheriano: Pavese non si ucciso per amore ma
per mancanza damore. Questa morte non stata lesaltazione di Ariel,
ma la rivolta di Sisifo. Per questo diventata un fatto cos importante per
la cultura della met di questo secolo. Sembrerebbe che Pavese abbia tratto le proprie personali conseguenze da tutto il pensiero europeo di
quellepoca. Era luomo in rivolta di Camus e visse il suo gesto alla lettera,
fino in fondo24.

Con quella che appare unevidente strumentalizzazione la critica


si sforza quindi di trovare delle corrispondenze sociali per un gesto
privato, di innalzarlo a una forma di protesta contro il mondo.
Alija Dukanovic, nella prefazione di quaranta pagine che apre la
traduzione del Mestiere di vivere 25, d modo di conoscere aspetti della
vita di Cesare Pavese fino ad allora ignoti al pubblico polacco. Informa
sullimportante ruolo educativo ricoperto da Augusto Monti, accenna
allamicizia giovanile con Mario Sturani. La traduttrice mette in rilievo
il ruolo di traduttore e il suo americanismo, sottolineando che per
Pavese non si trattava come per Vittorini di un sistema alternativo
di valori da contrapporre a quelli fascisti: era qualcosa di pi: alla
scuola degli americani Pavese non tanto ha imparato lAmerica quanto ha disimparato lEuropa [] per poi convincersi che lAmerica
lEuropa mascherata, che dallEuropa non si pu scappare26.
Stanisaw Kasprzysiak, in un lungo saggio che accompagna la sua
traduzione dei Dialoghi con Leuc, mette in evidenza linfluenza che
sulla scrittura di Pavese ebbero Platone, Dante, Shakespeare, Dostoevskij27. Rileva limportanza della lezione di DAnnunzio per il primo PaAlija Dukanovic, Posowie in: Pietne lato, PIW, Warszawa, 1978, p. 343.
Zbigniew Bienkowski, op. cit., p. 155.
25 Alija Dukanovic, Z
ycie, dzieo i smierc Cesarego Pavese in: Rzemioso zycia, PIW, Warszawa, 1972.
26 Ivi, p. 25.
27 Stanisaw Kasprzysiak, Krtnie, szczesliwe, odwieczne rozmowy in: Dialogi z Leukotea
,
op. cit.
23

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vese (si riferisce al DAnnunzio degli Inni, non solo per la magniloquenza stilistico-espressiva, ma anche per la classicit, per il confondersi ancora romantico dellio poetico nella natura) e il suo successivo
superamento. Lingombrante rilevanza di DAnnunzio per i giovani
poeti italiani di quellepoca sarebbe uninformazione oziosa se non
fosse indirizzata a un pubblico polacco per lo pi ignaro delle questioni della nostra storia letteraria.
Anche la Dukanovic, nella sua prefazione alla Bella estate, si dilunga sui modelli della scrittura pavesiana e sul valore ibrido e sincretico duna prosa nella quale confluiscono le pi disparate ispirazioni
filosofiche, da Vico a Croce, alle scoperte del mondo della psicanalisi,
allesistenzialismo28. La traduttrice tra i primi studiosi in Polonia a
mettere in evidenza gli interessi di Pavese per lantropologia e la sua
concezione del mito inteso come racconto sacrale e come polemica
laica contro i sistemi religiosi che hanno creato miti storici proponendo nuovi modelli di cultura e di moralit29.
Lo interessava il mito come risposta intellettuale al caos, alternativa
instabile allentropia della civilt contemporanea. [] Giunse alla conclusione che dopo luscita dalla preistoria e lentrata nella storia luomo
abbia smesso di realizzarsi come essere pieno e integrale, tradendo in
qualche senso la sua natura30.

Unapprofondita riflessione sul mito in Pavese racchiusa nelle


venti pagine di postfazione di Stanisaw Kasprzysiak alla sua traduzione
dei Dialoghi con Leuc. Lo studioso mette in rilievo il valore antropologico e universale del mito per lo scrittore piemontese, nonch la natura dei suoi Dialoghi, solo in apparenza convergenti con i dialoghi platonici o le Operette morali di Leopardi:
Eppure I dialoghi con Leuc, non sono n un tentativo di ricerca filosofica e neppure ammaestramenti morali. [] Non sono neppure poesia,
bench grazie a nessi, traslati e simboli tratti dalla natura siano vicini alla
poesia. Analogamente sono vicini al saggio, poich rimandano a un problema e poi lo approfondiscono, ma non sono saggi veri e propri. Pavese
non vi espone concetti filosofici, pur sapendo quanto siano vicine filosofia e mitologia31.

Interessante da un punto di vista traduttologico la valutazione di


Kasprzysiak riguardo la scelta di Pavese di sostituire il nome Leucotea
con il vezzeggiativo Leuc, proprio a sottolineare il rapporto di amo28
29
30
31

Alija Dukanovic, Posowie, in: op. cit., p. 333.


Ivi, p. 334.
Ivi, p. 335.
Stanisaw Kasprzysiak, op. cit., p. 210.

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re, e poi di affettuosa cortesia, che legava Pavese al personaggio divino


e a Bianca Garufi, la donna in carne ed ossa che lispir. In polacco
non esisteva tale possibilit e questa valenza affettiva si perde: Leucotea resta Leucotea, il modello mitico che le donne incontrate da Pavese non volevano replicare32.
Stanisaw Kasprzysiak mette in rilievo come la ricchezza e la novit
del libro risiedano proprio nel fatto che i miti greci sono rielaborati
da Pavese attraverso il proprio vissuto non voleva imparare i miti da
nessuno, se non da se stesso33 , quasi estratti dalla sua stessa carne.
Anche la Dukanovic dedica molto spazio al mito nella succitata
prefazione, rilevando la centralit del rito delliniziazione sessuale di
Gina nella Bella estate e sottolineando la corrispondenza e la complementarit di mito e simbolo nel Diavolo sulle colline. Convince la sua riflessione sulla natura simbolica delle quattro colline rappresentate nel
racconto: Collina di Torino atrio del mondo retto da miti storici;
collina del paese di Oreste mondo patriarcale, interspazio tra il
mondo dei miti moderni e quello dei miti arcaici; collina di Mombello
luogo pre-storico dei miti arcaici; collina del Greppo luogo di
perdizione e del disordine morale34). La traduttrice mette il rilievo la
centralit del sesso ridotto a pura fisicit nel racconto Tra donne sole,
descrizione di un mondo dove lamore, ogni tipo di amore, subisce un
processo di degrado.
Pavese vuole dirci che il nostro mondo il mondo dei miti storici e
dei grandi sistemi religiosi, filosofici ed etici, degli straordinari raggiungimenti della civilt spaventato dalla sessualit della natura umana,
dellanimale celato nelluomo cercando di addomesticarlo ha commesso a un certo punto un errore fondamentale. Invece di assumere che
il sesso un bisogno che emerge dalla nostra natura biologica e che deve
essere soddisfatto, ha stabilito che peccato, causa di colpa, sporcizia e
per questo ha stabilito diversi, certamente probi, modi di imbrigliarlo e
sublimarlo35.

In unepoca in cui il mito si prestava al fascismo come il materiale


per gettare le fondamenta di una nuova religione etnica, in anni in
cui altri grandi ingegni si lasciavano irretire dalle seduzioni della mitologia nazionale (si pensi a Jung), Alija Dukanovic riconosce a Cesare
Pavese sulla scorta della grande lezione di Vico il merito di avere
attributo al mito un valore umanistico. Lerrore di fondo della studiosa per quello di voler spiegare Pavese secondo la chiave del proble32
33
34
35

Ivi, p. 212.
Ivi, p. 217.
Alija Dukanovic, Posowie, in: op. cit., p. 338.
Ivi, p. 340.

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ma personale, nel voler ricondurre tutto a una tara, a un vizio di fondo celato nelle pieghe del suo spirito.
Per lui il mito era una necessit, era condannato al mito. Nel mito vedeva la possibilit di avere la meglio sul se stesso primitivo, imperfetto,
sulla sua mutilazione psichica, sulla sua eterna adolescenza. [] Ma Pavese, nel complesso, ha commesso un errore: pensava di poter vincere il
dramma della sua vita, di poter rinnovare, ricostruire se stesso attraverso
la partecipazione al mito, e quindi attraverso la fuga dalla storia. Ma se
come uomo ha subito una disfatta il mito gli ha assicurato una grande
vittoria sul piano artistico36.

La Dukanovic afferma senza mezze misure che linfelicit e il destino di Pavese fossero in larga misura determinati dal suo essere cresciuto in una cultura sessuale dove sintrecciavano miti e favole di
due filoni: quello greco-romano che concepiva il sesso come pudor
sexualis e quello giudeo-cristiano che aveva del sesso un vero e
proprio orrore. Da questo retaggio culturale del quale la Dukanovic
con grande sfoggio di cultura offre esempi ed implicazioni dallantichit al romanticismo deriverebbero le antinomie pavesiane, e in
particolare lidea dellinscindibilit di amore e morte che attraversa
tutta la sua opera e che si esplicita nelle impietose confessioni del Mestiere di vivere. Il diario di Pavese non viene dunque presentato dalla
Dukanovic come unopera fondamentale per meglio comprendere la
poetica e la vita di Pavese, quanto piuttosto come la testimonianza delle turbe e delle ossessioni sessuali di uno scrittore europeo patologicamente infantile formatosi in una cultura, anche letteraria, che concepisce la donna o come angelo oppure come diavolo.
Pavese: un europeo sotto ogni aspetto, in ogni particolare. Alle met
del XX secolo stato proprio come Baudelaire alla met del XIX secolo
un monaco medievale incappucciato: un dissoluto pieno di inibizioni e
un santo mancato. Sia chiaro, essere un intellettuale-monaco una vera
volutt. Ma come ogni volutt ha il suo prezzo. [] E il prezzo quello
di restare un bambino, un adolescente per tutta la vita, un uomo che non
ha esperito alcuna iniziazione, un Endimione addormentato, imprigionato nella solitudine di uneterna adolescenza. E pi precisamente nella solitudine erotico-sessuale delleuropeo, solitudine resa ancora pi insopportabile e profonda dal vuoto esistenziale che ha spinto luomo verso labisso, il silenzio, la morte37.

Cos anche la Dukanovic d il suo contributo allozioso dibattito


alimentato da chi, con largo dispendio dinchiostro invece di parlare
36
37

Alija Dukanovic, Zycie, dzieo i smierc, op. cit., p. 35.


Ivi, pp. 21-22.

Un mito ridotto: Pavese agli occhi della critica polacca

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dello scrittore , preferisce diffondersi in succinte analisi sul ruolo che


le donne svolsero nella sua vita, sul modello di donna fatale da lui
sempre masochisticamente vagheggiato, sulla particolare misoginia e
sulle ragioni dellinfelicit. Ovviamente questo considerazioni sono
messe in qualche modo in relazione con la sua poetica lidea della
madre terra, il mito della collina simbolo del femminino ecc. , ma
non si pu non ricavare limpressione dun Pavese ridotto, proprio come se la messa in primo piano delluomo vada a tutto svantaggio dello
scrittore. In questo modo si assiste anche in Polonia allinsorgere
e allimprigionamento di Pavese in un mito personale, la sua riduzione a personaggio: lennesimo caso di scrittore novecentesco intimamente scisso, sessualmente turbato, contradditorio. La copertina
delledizione polacca della Bella estate, con quella raffigurazione stilizzata di donna discinta, testimonia di come la critica polacca riconosca
nellerotismo una delle componenti dominanti della sua scrittura, trovando corrispondenza in quellidea preconcetta di lascivia e turbata
sensualit che costituiva uno dei fondamenti del mito italico nella Polonia socialista.
Dopo aver accennato ai fraintendimenti indotti dalla critica per
ragioni ascrivibili allepoca e al clima ideologico dominante vorrei
soffermarmi ancora su come fattori pi strettamente culturali e linguistici abbiano ostacolato una pi profonda comprensione di Cesare Pavese. Mi ha colpito in particolare una severa critica al Mestiere di vivere
espressa dal grande scrittore ed esule polacco in Italia Gustaw HerlingGrudzinski. Nel suo Diario scritto di notte dove annotava e commentava con grande acume gli avvenimenti sociali e culturali del Belpaese
in data 11 agosto 1974 scrive a proposito del diario di Pavese:
In generale non mi piacciono i diari troppo intimi. Quasi sempre impongono allautore le regole del gioco ed esse finiscono, gradualmente,
passo dopo passo, per venire dominate dal futuro lettore. [] In ogni uomo esiste e dovrebbe esistere uno spazio dove nessuno, a parte Dio, pu
e ha il diritto di entrare. Paradossalmente un buon diario, in ogni caso
meritevole di essere letto, quello in cui uno scrittore lascia uscire solo di
tanto in tanto le antenne dal guscio, per tornare subito a nasconderle.
Quando esce tutto dal guscio totalmente indifeso, esternato da tutti.
[] Il suo diario letterario nel significato pi pericoloso di questa parola: per il legame che lautore instaura con il personaggio che dentro di lui, esposto pubblicamente allo sguardo di tutti, per il dominio della letteratura sulla vita. Pavese fu vittima di questo dominio e lo pag con
la vita. Il titolo di questo diario inganna, induce in errore, non parla della
realt ma esprime piuttosto unaspirazione: non tanto Mestiere di vivere
quanto Mestiere di scrivere. [] Mi irrita il mito di Pavese in Italia, Paese di
letterati impenitenti e del culto della bella pagina. Vi avverto unambiguit, un pruriginoso interesse per la tragedia altrui, gli svolazzi di pavide

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Dario Prola

e sterili penne che si fanno belle delle penne insanguinate dal coraggio
di chi ha cercato disperatamente, alla fine, di liberarsi dalla stretta del laccio. [] Si conservata una lettera agli amici, spedita una settimana prima del suo suicidio: Io sono come Laocoonte: mi inghirlando artisticamente coi serpenti, e mi faccio ammirare, poi ogni tanto mi accorgo dello stato in cui sono e allora scrollo i serpenti, gli tiro la coda, e loro strizzano e mordono. un gioco che dura da ventanni. Comincio ad averne
abbastanza38.

Gustaw Herling-Grudzinski riconosce nella lettera di Pavese a Tullio e Maria Cristina Pinelli39 una sorta di ribellione della vita nella
stretta da una letteratura avida e imbaldanzita e giunge alla conclusione che la morte di Pavese nellhotel di Torino sopravvivr ai suoi libri, diario incluso.
Non ho riportato questo lungo frammento solo per riferire lopinione personale e i gusti di un importante scrittore polacco. evidente che Herling-Grudzinski, fine conoscitore dellItalia e appassionato
lettore degli scrittori italiani, non apprezzasse particolarmente lopera
poetica di Pavese (al quale non dedica altre attenzioni nel suo diario).
Il suo giudizio sul Mestiere di vivere comunque interessante e indicativo dun certo modo di concepire la scrittura diaristica, nonch il mestiere dello scrittore, in Polonia. Nellambito della cultura polacca fino allapertura del Paese nel 1989 e sotto certi aspetti ancora oggi (si
pu parlare duna funzione e di aspettative sempre latenti) gli scrittori avevano uno statuto sociale ben definito: parlavano in nome della
comunit e a una comunit di lettori e che fossero politicamente o
ideologicamente schierati oppure no era normale aspettarsi nella loro opera diaristica non solo considerazioni di mestiere, ma anche giudizi chiari e netti su fatti riguardanti la storia, il costume, la societ. In
questo senso il giudizio di Gustaw Herling mette in rilievo per contrasto quanto questo ruolo pedagogico dello scrittore sia ormai andato
perduto in Italia, testimoniando altres unidea e una pratica di scrittura diaristica affatto diversa. Il modello di diario intimo realizzato da
Cesare Pavese non trova riscontro nella storia della letteratura polacca, nella quale soltanto nellultimo quarto di secolo lo scrittore si
sbrigliato dagli obblighi e dalle aspettative di maturit e responsabilit
che la collettivit poneva sulle sue spalle. chiaro che di fronte a tali
aspettative poste dalla comunit di lettori, unopera come il Mestiere di
vivere cos vicino al modello di intima confessione agostiniana pu
38 Gustaw Herling-Grudzin
ski, Dziennik pisany noca, Instytut Literacki, Paryzy, 1980,
pp. 77-79.
39 Cesare Pavese, Lettere (1945-1950), a cura di Italo Calvino, Einaudi, Torino, 1966,
vol. II, p. 565.

Un mito ridotto: Pavese agli occhi della critica polacca

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incontrare incomprensione e anche qualche sorriso di compatimento.


Uno scrittore deve ammaestrare, leggere la realt attraverso gli strumenti dellintelletto e del linguaggio, e non denudarsi di fronte ai
suoi lettori: questa in sintesi la ragione della contrariet di GustawHerling.
A dimostrazione del fatto che siamo di fronte a una tipologia di
diario estranea alla cultura polacca, anche la prefazione di Alija
Dukanovic, incapace di trovare una definizione del Mestiere di vivere se
non attraverso la negazione di quello che :
Questo diario non un terreno di esercitazioni e neppure uno spazio
di espressione alternativa. Difficile pure riconoscere in esso un deposito
di pensieri, idee, concetti, il contenitore duna materia prima che verr
rielaborata in altre opere e neppure una sacco di materiale di scarto40.

Anche Zbigniew Bienkowski che pur considera Il mestiere di vivere


il libro pi bello e pi ricco pubblicato in Polonia nel 1972 per definire unopera dove la razionalit dellintelligenza cozza con lirrazionalit della vita ricorre ad analogie con Aut-aut di Kierkegaard e
con il diario intitolato Zapiski bez daty del poeta polacco Julian Przybos41. Il critico non esplicita il suo giudizio e se Kierkegaard fu evidentemente molto vicino al nostro scrittore si vedano le pagine del diario in cui Pavese fa esplicito riferimento alla sua filosofia sul piano
formale le due opere non hanno significativi tratti in comune. Su quello pi strettamente filosofico la loro concezione del dolore affatto diversa: per il filosofo danese il dolore redime, mentre Pavese nel suo
diario giunge alla conclusione che soffrire non serva a niente, approdando, con il suo suicidio, alla negazione dello stoicismo da lui a lungo professato. Il diario di Przybos, invece, pur essendo formalmente
improntato a un frammentarismo lirico, non ha nulla dellintima confessione del Mestiere di vivere: il poeta polacco si rivolge (attraverso la seconda persona) a un ipotetico lettore esponendo didatticamente e perentoriamente le proprie idee sullarte e sulla scrittura. Sono questi gli
unici momenti che possono ricordare il diario di Pavese (ma il Mestiere
di vivere non ha obiettivi pedagogici, piuttosto auto pedagogici).
Sia Alija Dukanovic che Stanisaw Kasprzysiak hanno ben messo in
rilievo limportanza della componente stilistico-espressiva nella scrittura pavesiana, quel ritmo interiore della fantasia al quale il poeta
approd in Lavorare stanca e che si trasfuse nellordito linguistico delle
sue migliori opere di prosa. Non era obiettivo di questo studio unanalisi delle traduzioni polacche, ma non guaster ai fini del discorso ac40
41

Alija Dukanovic, Zycie, dzieo i smierc, op. cit., p. 29.


Zbigniew Bienkowski, op. cit., p. 154.

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Dario Prola

cennare una risposta a questa domanda: come suona Pavese in lingua


polacca? Quanto resta in polacco della sua scrittura? Jarosaw Mikoajewski con tutti i limiti duna sfida difficile e in gran parte perduta in
partenza , nelle sue brillanti versioni liriche, ha sicuramente contribuito ad avvicinare il lettore polacco alla bellezza della poesia di Pavese. Possiamo affermare lo stesso delle traduzioni dei romanzi e dei racconti? Non ha incontrato il favore di alcuni critici la traduzione della
Bella estate di Alija Dukanovic. Il suo polacco scricchiola, scrive il critico Aleksander Abamowicz nella sua recensione, e considerando il vistoso errore di traduzione del titolo Tra donne sole reso in polacco come Wsrod kobiet samych (per via dellerrata interpretazione di solo in
senso avverbiale il titolo suona come Tra sole donne/Tra donne solamente) , lo porta ironicamente a concludere che la fedelt alloriginale non sia lunico attributo duna buona traduzione42.
Il critico Tarlecki, alla comparsa della traduzione polacca del romanzo La luna e i fal, dopo aver valutato la parte relativa alle reminiscenze dellemigrazione di Anguilla come quella dove meglio si esplicita la perizia tecnica di Pavese, si espresse in questi termini:
Ma una buona tecnica narrativa non tutto. [] Sarebbe un errore
vedere in questo libro soltanto una forma di nostalgia per linfanzia. In
esso si realizza ed esprime un patetico desiderio di toccare la terra, di
rafforzarsi attraverso questo tocco, di trovare un luogo dove sentirsi a casa. Ma questo desiderio commuove poco il lettore, bench esso venga
espresso con mezzi non troppo complessi. E cos il lettore che nulla sa del
suo autore rimane deluso43.

Appare evidente che i mezzi poco complessi a cui si riferisce il critico siano i mezzi linguistico-espressivi. A tutta prima si potrebbe pensare che la sfida traduttiva della Luna e i fal superasse le possibilit
tecniche della giovane e inesperta traduttrice. Come spiegare altrimenti limpressione di non complessit (quindi di povert) che Tarlecki ricava dalla lettura? Eppure un raffronto della traduzione polacca con loriginale rende giustizia al lavoro di Maria Stelmachowska: la
sua traduzione accurata, i calchi e i fraintendimenti sono sotto la soglia massima consentita dellerrore (anche tenendo conto dei mezzi a
quei tempi a disposizione) e il suo tentativo di rendere il ritmo e la cadenza regolare e cullante di Pavese davvero ammirevole. Allora perch mai, appurata la bont della traduzione in lingua polacca, Pavese
appare tuttavia cos poco efficace linguisticamente, cos piatto e banale? Se ne potrebbero cercare le ragioni nella specificit della storia e
42
43

Aleksander Abamowicz, op. cit., p. 129.


Olgierd Terlecki, Dobry warsztat in: Zycie literackie, n. 21, p. 10.

Un mito ridotto: Pavese agli occhi della critica polacca

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dellevoluzione dellitaliano letterario rispetto al polacco letterario.


Questultimo non ha conosciuto un analogo processo di semplificazione e alleggerimento delle forme espressive in direzione del prosastico
e del quotidiano, come quello attraversato dallitaliano letterario a
partire dallesperienza crepuscolare e poi proseguito nelle prove degli
scrittori del periodo interbellico. Pavese, in particolare cos come Fenoglio battendo le strade del dialetto e dellinglese , ha portato nuova linfa nellitaliano letterario attraverso un semplificazione apparente
delle forme, disfacendo un tessuto forbito e ormai incapace di aderire
alla realt e ritessendolo secondo una sua originale idea di classicit,
immettendovi il ritmo monotono del parlato, la naturalezza del dialettalismo e un lirismo mai compiaciuto, sempre idealmente calibrato tra
prosodia e prosaicit. Lo ha fatto per poter dar voce e portare alla luce quel mistero, lintima verit del mito e delluomo Pavese, che sarebbe semplicemente rimasta schiacciata e oppressa nelle trame dellitaliano imbastito e ampolloso della tradizione. Da qui la sensazione di
un linguaggio autenticamente primordiale e sorgivo che si ricava dalla
lettura delle sue pagine e delle sue liriche. Il polacco non ha conosciuto un simile processo di alleggerimento: nel polacco letterario risulta elegante e ricercato ci che in italiano suona come altisonante,
inautentico, libresco ed su un registro squisitamente e tradizionalmente elevato e aulico che gli scrittori mettono a punto la propria cifra stilistico-espressiva. A meno che non vogliano aderire al linguaggio
particolare di un ambiente o contesto sociale o non vogliano trasgredire alle norme linguistiche per diverse finalit (provocatorie, mimetico-espressive ecc), ma non certo di questo che si tratta. Per questa ragione, scrittori come Leonardo Sciascia o Primo Levi, che operarono nei limiti dun linguaggio squisitamente letterario ed elegante e
non furono ossessionati come Pavese dal demone dello stile, sono
quelli che meglio si leggono in polacco (e immagino anche in altre
lingue). Non sbagliato dunque affermare che Pavese, pi di altri italiani, un autore che va letto in originale.
nota lidea tellurica che Cesare Pavese aveva dello stile, lidea
ovvero duno stile preesistente nello scrittore che ne informa un altro
attuale e che pu essere conosciuto soltanto una volta che sia stato superato. Che noi conosciamo uno stile, vuol dire che ci siamo resa nota una parte del nostro mistero scrisse nel suo diario l8 novembre
1938 . E che ci siamo vietato di scrivere dor dinnanzi in questo stile.
Verr il giorno in cui avremo portato alla luce tutto il nostro mistero
e allora non sapremo pi scrivere, cio inventare uno stile44. Appare
evidente che un traduttore, di qualsiasi area linguistica, che non tenga

44

Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino, 2000, p. 135.

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conto dellinstancabile e febbrile lavorio di ricerca e autocritica affrontato giorno dopo giorno da Cesare Pavese per farsi uno stile grande e
originale nel senso profondo di origine destinato a una clamorosa sconfitta. Ma le diverse storie delle due lingue letterarie in questione meglio spiegano perch la lingua polacca si presti cos malvolentieri alla rivelazione del mistero di questo scrittore.
La lettura riduttiva di Cesare Pavese come poeta amoroso della linea petrarchesco-romantica espressa a chiare lettere da Alija Dukanovic e riecheggiata in numerose altre recensioni , il suo essere stato
per molti anni associato da parte della critica storicista marxista al filone realista-verista e la tardiva comprensione delle implicazioni simboliche del suo realismo complice il vuoto traduttivo delle sue opere
negli anni Sessanta , hanno evidentemente obnubilato lastro di Pavese in Polonia. Colpisce quel giudizio di troppo popolare speso da
Brandys al suo indirizzo. Considerando la sovrabbondanza di letteratura di tematica rurale prodotta in Polonia, probabile che lo scrittore piemontese disattendesse le aspettative dei lettori polacchi, meno
attratti da quanto accadeva nelle campagne e pi interessati alla feroce critica antiborghese di altri autori italiani (si pensi alla fortuna mai
esaurita di Moravia in Polonia). Non sarebbe dunque un caso che La
bella estate, un trittico dove la dialettica citt-campagna chiaramente
sbilanciata a favore della prima, sia lunica opera del nostro autore ad
essere stata onorata di una riedizione. Se a questo saggiunge leccessivo accento posto dalla critica polacca sulla personalit e sulla psiche
dellautore, nonch sulle sue disavventure sentimentali, si pu comprende perch, ad oggi, quello che resta di Pavese in Polonia sia soltanto un mito ridotto.

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