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La responsabilit nellambito lavorativo

(mobbing)

MARCO CATALANO, giudice contabile gi giudice ordinario


Il presente lavoro costituisce una sintesi e modifica di un contributo dottrinario elaborato dal
sottoscritto e di recente pubblicato sul volume La Responsabilit a cura della casa editrice Giuffr

MOBBING
DEFINIZIONE
Diverso dal demansionamento, ed assurto, anzi, di recente, agli onori della cronaca, sia
giornalistica che giudiziaria, il danno da mobbing.
Si tratta del fenomeno per cui un dipendente, o un gruppo di dipendenti, viene dal titolare
dellufficio a da altri soggetti rivestenti una qualifica superiore, progressivamente esautorato,
allontanato dallambiente di lavoro, attraverso una ripetuta attivit diretta in tal senso. 1 2
Dal punto di vista sistematico, quindi, si deve innanzitutto evidenziare come il mobbing non
consiste un una isolata attivit di allontanamento o esautoramento di un dipendente, ma occorre una
certa diuturnitas, una reiterazione della condotta ghettizzante; di tal che il dipendente mobbizzato
si trova, alla fine della attivit, isolato dal resto della compagine lavorativa. 3
In questo modo, quindi possono essere considerate come esulanti dal mobbing innanzitutto le
attivit di conflittualit interaziendale fisiologiche nella attivit di impresa (o di ufficio), sia gli
episodi isolati come le molestie in danno di inferiori, o ipotesi di bullismo o di straining, ovvero lo
stress forzato sul luogo di lavoro che pu derivare anche da una singola azione, cui si ricollega un
effetto permanente sul lavoratore, e che tuttavia non costituisce mobbing.
La dottrina moderna ha enucleato due distinte ipotesi di mobbing; quello ora esaminato, detto
orizzontale, perch diretto da un o da un gruppo di lavoratori contro una altro dipendente
pariordinato, mentre quando la vessazione proviene da parte di un superiore gerarchico del
lavoratore vittima, scientificamente definito bossing o mobbing verticale perch esercitato da chi
in posizione di supremazia rispetto alla vittima.
Il modello di mobbing italiano (che si differenzia da quello del professor Leymann che prevede
quattro fasi ) prevede uno stadio iniziale e sei fasi successive nelle quali si evolve il mobbing. Dopo
la c.d. condizione zero, di conflitto fisiologico normale ed accettato, si passa alla:
1

La prima elaborazione fu effettuata dal Leymann che applic alle scienze sociali quel fenomeno noto alla etologia in
base al quale il gruppo esautorava ed allontanava uno dei membri.
2
Tra le prime definizioni di mobbing vi quella citata nella sentenza del 23.2.2001 del tribunale di Forl, estensore
Sorgi, il quale, avvalendosi degli studi scientifici effettuati dallEge, ebbe a definire il mobbing come quel
comportamento, reiterato nel tempo, da parte di una o pi persone, colleghi o superiori della vittima, teso a respingere
dal contesto lavorativo il soggetto mobbizzato che a causa di tale comportamento in un certo arco di tempo subisce
delle conseguenze negative anche di ordine fisico da tale situazione. Si richiama il concetto che in etologia
conosciuto come il rifiuto del branco nei confronti di un animale della stessa specie che ne viene scacciato.
Nella sentenza n. 4774/2006 dello stesso 6 marzo 2006 la Cassazione ha, invece, convenuto con la Corte dappello di
Venezia, disconoscendo nelle vicissitudini di un bancario il riscontro della fattispecie patologica del mobbing, ed
affermando in motivazione il seguente convincimento: Si qualifica come mobbing una condotta sistematica e
protratta nel tempo, che concreta, per le sue caratteristiche vessatorie, una lesione dell'integrit fisica e la personalit
morale del prestatore di lavoro, garantite dall'art. 2087 Cod. Civ.; tale illecito, che rappresenta una violazione
dell'obbligo di sicurezza posto da questa norma generale a carico del datore di lavoro, si pu realizzare con
comportamenti materiali o provvedimenti del datore di lavoro indipendentemente dall'inadempimento di specifici
obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
La sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze dannose deve essere verificata considerando
l'idoneit offensiva della condotta del datore di lavoro, che pu essere dimostrata, per la sistematicit e durata
dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specialmente da
una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza di una violazione di specifiche norme di tutela del
lavoratore subordinato
3
Circa il quanto per poter avere mobbing, si deve sempre al Leymann ed alla opera di Ege la individuazione di almeno
un episodio a settimana per sei mesi

prima fase del conflitto mirato, in cui si individua la vittima e verso di essa si dirige la
conflittualit generale.
La seconda fase il vero e proprio inizio del mobbing, nel quale la vittima prova un senso di
disagio e di fastidio.
La terza fase quella nella quale il mobbizzato comincia a manifestare i primi sintomi psicosomatici, i primi problemi per la sua salute.
La quarta fase del mobbing quella caratterizzata da errori ed abusi dellamministrazione del
personale che, insospettita dalle assenze del soggetto mobbizzato, erra nella valutazione negativa
del caso non riuscendo, per carenza di informazione sullorigine della situazione, a capire le ragioni
del disagio del dipendente.
La quinta fase del mobbing quella dellaggravamento delle condizioni di salute psico-fisica del
mobbizzato che cade in piena depressione ed entra in una situazione di vera e propria prostrazione.
La sesta fase, per altro indicata solo e fortunatamente eventuale, nella quale la storia del mobbing
ha un epilogo: nei caso pi gravi nel suicidio del lavoratore, negli altri nelle dimissioni, o
anticipazione di pensionamenti, o in licenziamenti.
Anzi, la pi moderna teoria evidenzia che spesso, accanto al mobbing singolo, si verifica il cd
doppio mobbing; in pratica accede che il disagio sul lavoro provoca effetti anche sulla famiglia
(inizialmente conforto per il lavoratore ma, nel tempo, devastata dallo stesso) in termini di
conseguenze negative sia per i rapporti complessivi che per la qualit della vita dei singoli
componenti.
Altra derivazione del mobbing il mobbing familiare, inteso come sistematica prevaricazione di
un membro della famiglia nei confronti di altri appartenenti al nucleo.
Anche in questo caso si pu avere mobbing orizzontale quando la vessazione proviene da una
soggetto pariordinato (classico esempio la sistematica denigrazione di un coniuge nei confronti di
un altro) e il mobbing verticale, quando la attivit persecutoria effettuata da un soggetto
sovraordinato (come tra il genitore ed il figlio).
Nonostante le esigenze di una disciplina legislativa del mobbing, che comprenda una definizione e
gli strumenti giuridici per la cessazione delle condotte vessatorie, il legislatore, come si accennato,
ancora non ha dato una regolamentazione alla materia.
In proposito non mancato di osservare come una soluzione, seppur parziale, possa essere data
dalla lettura del d. lg. 216 del 2003, di attuazione della direttiva 2000/87/CE sulla parit di
trattamento e sul divieto di discriminazione in tema di lavoro.
La normativa de qua, oltre a dare una definizione esauriente di discriminazione allinterno del
rapporto di lavoro, prevede strumenti processuali rapidi ed efficaci per la cessazione della condotta
discriminatoria.
Si tratta per di un rimedio incompleto, quante volte la vessazione in ambito lavorativo non venga
effettuata per motivi relativi alla religione, alle convinzioni personali, allhandicap, allet o
allorientamento sessuale.
pur vero che il comma 3 dellart. 2 prevede che sono considerate discriminazioni anche le
molestie aventi lo scopo o leffetto di violare la dignit di una persona e di creare un clima
intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo, ma detti comportamenti devono essere
posti in essere per uno dei motivi indicati nellarticolo 1, e quindi a scopo discriminatorio.
Un altro aspetto disciplinato dal legislatore nazionale che pu avere rilevanza indiretta ai fini
del mobbing dato dalla disciplina sulla sicurezza sul lavoro, dettata da ultimo dal decreto
legislativo 9. 4. 2008, n. 81.
Si tratta di un ordito normativo che non riguarda il mobbing direttamente ma contiene varie norme
comunque utili: basti pensare alla stessa definizione di salute del lavoratore (quale stato di completo
benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermit, art.
2 comma 1 lett. o)) ovvero al contenuto ampio e generale della valutazione dei rischi cui
obbligatoriamente, e con compito e responsabilit non delegabile (art. 16), chiamato il datore di
lavoro (che deve effettuare una valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e
sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria
2

attivit, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare


il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e
sicurezza), o infine allambito di applicazione della disciplina sulla sicurezza (che riguarda tutte le
tipologie di rischio, in ogni attivit).
Merita menzione, infine, la circolare nr 71 del 17.12.2003 dellINAIL con la quale, in tema di
definizione e ricognizione delle malattie cd. tabellate, si era data una definizione di mobbing. Ma
latto amministrativo in questione, proprio perch esorbitante da una ricognizione dellesistente, e
perch tendente a definire un nuovo concetto giuridico, stato annullato con la sentenza nr 5454 del
TAR Lazio.
Oltre che fonte di responsabilit civile, la vessazione da parte del datore di lavoro e/o di
dipendenti sovraordinati pu avere, sussistendone i requisiti, risvolti penali.
Si pensi alle continue vessazioni che comportano la configurazione di vere e proprie lesioni
psichiche, come disturbi della personalit, perdita del sonno, disaffezione nei confronti
dellambiente familiare, tendenze depressive, specie in relazione alla situazione del soggetto
mobbizzato prima dellinizio delle vessazioni.
INQUADRAMENTO
DELLA
FATTISPECIE
ALLINTERNO
DELLA
RESPONSABILITA
Circa la sfera del danno risarcibile, occorre effettuare innanzitutto una premessa di ordine
generale in relazione alla tipologia di illecito commesso nei confronti del subordinato, e quindi se si
tratta di illecito contrattuale o extracontrattuale, con evidenti differenze in ordine, soprattutto, al
periodo di prescrizione.
Si deve sottolineare che la distinzione tra responsabilit contrattuale ed extracontrattuale sempre
meno agevole.
Negli ultimi decenni si assistito ad un progressivo dilatamento dellarea dellillecito
extracontrattuale e beni giuridici che storicamente ne erano esclusi.
Da un lato vi sono ipotesi in cui il soggetto danneggiante non in relazione con il danneggiato,
ma comunque vi legato da un rapporto che la dottrina ha qualificato come contatto sociale.
Dallaltro non agevole circoscrivere il contenuto e la estensione soggettiva dellobbligazione.
dato ipotizzare che nel corso di un rapporto obbligatorio sia cagionato un danno (nella sfera
giuridica di controparte o di un terzo) che tuttavia non consegua ad una violazione di specifici
obblighi contrattuali e che pertanto estraneo al rapporto tra creditore e debitore.
Si ritiene che in ipotesi siffatte, in ragione dei rischi specifici e della aumentata possibilit di
danno cui possono essere esposte le parti, nonch i soggetti che stabilmente gravitano nellorbita
delle stesse, a tali soggetti debba essere riconosciuta la possibilit di far valere in via contrattuale la
responsabilit del debitore danneggiante per violazione dei cd. obblighi di protezione.
Nel corso della esecuzione del contratto pu accadere che il debitore arrechi danno a controparte
violando obblighi diversi da quelli ad oggetto della stipulazione contrattuale.
Si pensi, per fare un esempio scolastico, ai danni cagionati a controparte dalla caduta accidentale
del bene che si doveva consegnare.
In prima battuta, posto che il debitore non ha violato alcuna statuizione contrattuale, gli dovrebbe
rispondere in via contrattuale.
Il realt la dottrina favorevole agli obblighi di protezione (o doveri di conservazione) ha
evidenziato che il rapporto obbligatorio ha un contenuto complesso: accanto allobbligo principale
di prestazione, ciascuna delle parti deve attendere anche ad una serie di obblighi di protezione, i
quali costituiscono obblighi accessori rispetto alla prestazione principale, non specificatamente
contemplati, e volti alla tutela del patrimonio e della integrit personale di controparte.
Conseguentemente, anche se la prestazione principale stata adempiuta, residuerebbe un obbligo
di protezione da cui scaturirebbe una responsabilit contrattuale accessoria.
Assodato che la categoria dellobbligo di protezione trova ambito allinterno della responsabilit
contrattuale, occorre individuarne la fonte.
Secondo alcuni tale fonte insita nel dovere di diligenza che incombe sul debitore ex art. 1176; si
3

obietta che la diligenza misura di comportamento, di modalit concrete di svolgimento della


prestazione, e non fonte di responsabilit.
Per tali ragioni dottrina maggioritaria preferisce rinvenire la fonte degli obblighi di protezione
allinterno della categoria della buona fede, sotto la specie della cd buona fede protettiva; essa
implica obblighi comportamentali non finalizzati alla realizzazione dellinteresse dedotto in
contratto, ma finalizzati alla protezione di interessi diversi ed ulteriori che non presentano alcun
nesso funzionale con la prestazione.
La situazione appena esposta (mobbizzazione) ben pu essere inquadrata innanzitutto nella
violazione di un obbligo di protezione da parte del datore di lavoro potendo il ricorrente lamentare
non linadempimento del datore di lavoro rispetto allobbligo contrattuale di retribuzione, ma quello
di violazione della integrit psico fisica dato che il datore di lavoro, oltre a retribuire il prestatore
dopera (obbligazione principale e dedotta in contratto) deve anche salvaguardare la integrit
biologica del subordinato.
Viceversa, lappiglio per la tesi della responsabilit contrattuale trova il suo fondamento
normativo nella disposizione di cui allart. 2087 del c.c. secondo cui il datore di lavoro obbligato a
adottare le misure idonee a tutelare la integrit fisica e la personalit morale del datore di lavoro. 4
Si tratta, quindi, di una questione di prospettazione del ricorso introduttivo, potendosi azionare sia
la tutela contrattuale sia quella extracontrattuale, ma innanzi al giudice ordinario e non a quello del
lavoro.
Va per rimarcato che, se innanzi al giudice ordinario rimane indifferente la prospettazione
dellillecito come contrattuale o extracontrattuale, dovendosi verificare, in concreto, il contenuto del
ricorso con i mezzi di prova offerti in comunicazione, il discorso muta nellambito delle (residue)
ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel rapporto di lavoro pubblico.
Secondo il Tar Lazio, sezione prima quater, sentenza n. 3315 del 17 aprile 2007, le controversie in
tema di mobbing spettano al giudice ordinario se alcuni soggetti danneggiano in modo sistematico
un dipendente nel suo ambiente di lavoro e sia fatta valere una responsabilit aquiliana, mentre la
competenza del giudice amministrativo qualora le vessazioni si traducano in demansionamento o
nellemanazione di provvedimenti illegittimi (quali nel caso dei provvedimenti disciplinari) e si
faccia valere una responsabilit contrattuale. Di conseguenza, se il pubblico dipendente non
privatizzato deduce un inadempimento extracontrattuale si deve rivolgere al giudice ordinario e
secondo le norme processuali ordinarie, se fa valere un inadempimento contrattuale si deve
rivolgere ad un giudice appartenete ad una altro ordine, secondo altre norme di procedura, e il
ricorso per cassazione gli sar consentito solo per motivi inerenti la giurisdizione.
In realt la esistenza della giurisdizione del giudice ordinario sul pubblico impiego non ha mancato
di far nascere dibattiti dottrinari e divergenti interpretazioni giurisprudenziali sulla non felice
formula dellart. 68 del d.lg. 30 marzo 2001, n. 165.
Dibattiti che si sono anche concentrati sulla determinazione del momento di causazione del
demansionamento ai fini della giurisdizione (del giudice amministrativo fino al 31.7.1998).
In relazione alla questione del rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione
ai fini del riparto di giurisdizione, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno distinto l'ipotesi in
cui la lesione del diritto sia prodotta da un unico atto, provvedimentale o negoziale (nel qual caso la
giurisdizione determinata unicamente dal momento della sua adozione), dall'ipotesi in cui il diritto
soggettivo del lavoratore nasca direttamente dallo svolgimento del rapporto (nel qual caso si
opererebbe un frazionamento del diritto ed una sua sottoposizione a giurisdizioni diverse),
dall'ulteriore ipotesi in cui la causa petendi dell'azione giudiziaria si fondi su di un comportamento
illecito permanente del datore di lavoro: in tale ultimo caso, in cui ben pu ricondursi la fattispecie
oggetto del presente giudizio, l'applicazione del criterio del "dato storico" comporta che "si debba
4

Sul punto si veda Corte di Cassazione Sentenza n. 18262 del 29 agosto 2007 secondo cui In tema di mobbing, vi
la responsabilit del datore di lavoro, ancorch non direttamente agente (mobber) a danno del dipendente, per non
essersi attivato per la cessazione dei comportamenti scorretti posti in essere dai suoi collaboratori, ritenendo ci
sufficiente per radicare lobbligo al risarcimento del danno.

aver riguardo al momento di realizzazione del fatto dannoso e pi precisamente al momento di


cessazione della permanenza". 5
IL DANNO RISARCIBILE
a) il danno biologico e il danno differenziale
Circa larea di risarcibilit del danno biologico, riconosciuto come espressione del valore uomo
dalla corte costituzionale e dal diritto vivente della Suprema Corte, a seguito della entrata in vigore
della modifica del testo unico INAIL operata con il d. lg. 38 del 2000, numerosi sono le questioni
interpretative sul banco dei giudice sia per la determinazione del soggetto legittimato alla
erogazione del cd danno differenziale ovvero del danno ulteriore rispetto a quello indennizzato
dallINAIL, sia per le modalit processuali relative al modo di esercizio della azione.
Va premesso che per quanto riguarda il danno biologico, fin dal 1991 la Corte Costituzionale con
una serie di pronunce non aveva limitato la sfera del danno risarcibile per infortunio sul lavoro solo
allindennizzo riconosciuto dallINAIL, per evidente disparit di trattamento tra il lavoratore
dipendente e qualsiasi altro soggetto, ma aveva altres riconosciuto a carico del datore di lavoro
lobbligo di corrispondere anche il danno biologico 6 .
Con la entrata in vigore del d. lg. 38 del 23 febbraio 2000 le questioni al vaglio dei giudici mutano
prospettiva.
Si sono formati sul punto due contrapposti orientamenti, rispettivamente a favore (prevalente) e
contrario allammissione del danno differenziale quantitativo, oltre ad una serie di problematiche
relative a questioni processuali.
Il prevalente orientamento ammissivo dellattuale cittadinanza del danno biologico ulteriore, o
differenziale quantitativo poggia il riconoscimento innanzitutto riconoscimento sulla differenza
ontologica tra indennizzo e risarcimento.
In tale ottica, si osserva il risarcimento e lindennizzo assolvano due funzioni diverse, essendo il
primo teso a ristorare il danno provocato da una condotta colposa o dolosa; esso presuppone la
prova della condotta, dellelemento soggettivo (oltre che ovviamente del danno e del nesso causale)
e deve garantire il ristoro integrale, trovando limite nella sola parte di danno che addebitabile
alla colpa del danneggiato il secondo, invece corrisposto solo che il danno sia conseguenza di
evento avente origine in causa violenta e accaduto in occasione di lavoro, senza che sul suo
riconoscimento incidano n la colpa del datore di lavoro n la colpa del lavoratore (con il solo
limite del rischio elettivo); il sistema garantisce dunque il pagamento allinfortunato anche per
caso fortuito, purch levento si sia prodotto in occasione di lavoro, con applicazione di principi
5

cfr. Cass. SS. UU. 24 febbraio 2000 n. 41; nello stesso senso Cass. SS. UU. 9 agosto 2000 n. 553; Cass. SS. UU. 19
luglio 2000 n. 505; Cass. SS. UU. 20 novembre 1999 n. 808).
6
L'art. 11, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, secondo la ormai consolidata interpretazione
giurisprudenziale - nell'attribuire all'INAIL, nei casi previsti dall'art. 10, il diritto di regresso, contro le persone
civilmente responsabili del reato che ha provocato l'infortunio, per il recupero delle somme pagate a titolo di indennit e
delle spese accessorie, nei limiti del risarcimento spettante all'infortunato - consente all'istituto di avvalersi, per la
determinazione di tale limite, anche delle somme che l'infortunato ha diritto di pretendere a titolo di risarcimento del
danno biologico; e ci bench la prestazione assicurativa erogata corrisponda soltanto alla perdita o riduzione della
capacit lavorativa generica. Conseguentemente, il sesto ed il settimo comma dell'art. 10 stabiliscono che, sempre in
caso di infortunio sul lavoro dipendente da reato, il lavoratore assicurato ha diritto al risarcimento del danno biologico
non compreso nella garanzia dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali solo se e solo
nella misura in cui il danno risarcibile, calcolato secondo i criteri civilistici e complessivamente considerato, superi
l'ammontare delle indennit corrisposte dall'INAIL. Queste disposizioni (delle quali quella dell'art. 11 ha effetti del tutto
equivalenti, sotto gli aspetti in questione, a quelli per cui l'art. 1916 cod. civ. stato, con sent. n. 356 del 1991,
riconosciuto illegittimo) sono entrambe in contrasto con il principio costituzionale dell'integrale e non limitabile tutela
risarcitoria del danno biologico, che, in s considerato, prescinde dalla eventuale perdita o riduzione di reddito e va
riferito alla integralit dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attivit, le situazioni e i rapporti in cui la
persona esplica se stessa nella propria vita. Pertanto sia l'art. 10, sesto e settimo comma, sia l'art. 11, primo e secondo
comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, debbono essere dichiarati illegittimi, per violazione dell'art. 32 della
Costituzione, nella parte in cui non salvaguardano il diritto del lavoratore all'integrale risarcimento del danno biologico
non collegato alla perdita o riduzione della capacit lavorativa. - Sul principio della integrale tutela risarcitoria del
danno biologico, e, in particolare, riguardo al "diritto di surroga" di cui all'art. 1916 cod. civ.

sotto questo profilo pi vantaggiosi per linfortunato di quelli applicati nellambito della
responsabilit civile, sia in punto onere della prova che in punto concorso di colpa del lavoratore;
per contro lindennizzo non finalizzato necessariamente ad un integrale ristoro del danno,
rispondendo ad un principio di bilanciamento di interessi che, a fronte della maggior facilit e
sicurezza di riscossione del dovuto, pu comportare il sacrificio dellintegrale ristoro7.
Si osserva inoltre come la funzione meramente indennitaria della prestazione erogata
dallINAIL, lungi dallessere smentita o superata riaffermata dalla legge delega; argomenti
vengono ravvisati nel raffronto con lazione di regresso che non esperibile dallIstituto allorch
non sussistano i presupposti per la responsabilit civile, il che chiarisce la natura non risarcitoria
della prestazione erogata8.
Altro argomento riguarda le disparit di trattamento che verrebbero a crearsi in conseguenza
dellaccoglimento della tesi della non risarcibilit del danno biologico differenziale. Ragionando in
questo modo il danno biologico determinato da infortunio sul lavoro o da malattia professionale non
sarebbe interamente risarcibile a differenza degli altri tipi di danno; ed inoltre il lavoratore che
prima dellemanazione del D. lgs. 38 del 23 febbraio 2000 poteva ottenere il risarcimento integrale
del danno biologico dal datore di lavoro si verrebbe a trovare in una situazione deteriore perch
non potrebbe pi ottenere il risarcimento integrale del danno biologico, ma dovrebbe accontentarsi
dellindennizzo INAIL.
Ancora, si traggono argomenti in favore dellammissione dalla lettera della legge: quod voluit
dixit, quod non dixit noluit, se il legislatore avesse voluto prevedere ununica disciplina sia ai fini
indennitari che risarcitori, lavrebbe affermato esplicitamente.
Sempre sul piano dellinterpretazione letterale si traggono (in quasi tutte le sentenze esaminate)
argomenti dalla esplicita ammissione legislativa del carattere sperimentale e provvisorio della
definizione del danno biologico in sede INAIL.
Altro argomento letterale che i giudici sottolineano dato dal rinvio esplicito dellart. 10 T.U.
1164/1965 alle prestazioni disciplinate e previste dallart. 66, cui a sua volta rinvia, per modificarne
il comma secondo n. 2.
lart. 13 d. lg. 38 del 23 febbraio 2000, pervenendo, cos alla
riaffermazione dello schema originario, del danno differenziale.
Non si pu non notare come sia lo stesso TU INAIL allart. 10 comma 6 a prevedere la
possibilit di un risarcimento che si cumula con lindennizzo. La norma ora richiamata dispone che
Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma
maggiore dell'indennit che, per effetto del presente decreto, liquidata all'infortunato o ai suoi
aventi diritto implicitamente riconoscendo, quindi, la possibilit di cumulo di indennizzo e danno
differenziale.
Ancora anche la genesi del d. lg. 38 del 2000 depone per la permanenza, nel sistema
delineato, dellindennizzo che si aggiunge al danno. Deve rilevarsi, invero, che il D. Lvo 23
febbraio 2000, n. 38 stato emanato in attuazione dellart. 55 lett. a) legge 17 maggio 1999, n. 144,
che ha delegato il Governo ad emanare, entro nove mesi dalla data della sua entrata un vigore, uno
o pi decreti legislativi al fine di ridefinire taluni aspetti dellassetto normativo in materia INAIL,
con previsione in particolare nelloggetto dellassicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali e nellambito di un sistema di indennizzo e di sostegno sociale, di unidonea
copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della
tariffa dei premi.
evidente che la legge delega non prevede alcuna riforma o alcun coinvolgimento dellordinario
sistema risarcitorio civilistico, ma soltanto lestensione dellambito dellassicurazione INAIL al
danno biologico, con lintroduzione di un idoneo indennizzo (e non risarcimento).
Infine deve rilevarsi che per postumi inferiori al 5% (e dunque non indennizzati dallINAIL)
nessuno dubita della possibilit del lavoratore danneggiato di agire nei confronti del datore di lavoro
per ottenere il risarcimento pieno del danno, certamente quantificato secondo gli usuali criteri
civilistici.
LA TESI CONTRARIA ALLA CONFIGURABILITA DEL DANNO DIFFERENZIALE
7
8

Cos Trib. Torino, sez.lav., 14 aprile 2006.


Cass., Sez. Lav., 5 giugno 2000 n. 7479; Cass., Sez. lav., 7 agosto 1998 n. 7772.

Al contrario contro lammissione del danno differenziale si pongono una giurisprudenza


minoritaria e una parte della dottrina, ispirandosi ai seguenti principali argomenti.
Viene valorizzato, nellottica de qua, il significato e la portata della c.d. Transazione sociale9, che
costituisce il principio ispiratore della tutela previdenziale, automatica, sicura, tempestiva in cambio
della quale si giustifica la rinuncia allesaustivit e ampiezza di un risarcimento del danno
biologico. Anche i fautori della tesi negativa si avvalgono di argomenti letterali, singolarmente
simili a quelli sopra esaminati: si osserva, in questottica, che quando il legislatore ha voluto
prevedere un danno ulteriore, ha esplicitato questa intenzione, come, ad. es., nellart. 5 co. 4 legge
57 del 5 marzo 2001 come modificato dallart. 23 della Legge 12 dicembre 2002, n. 273, che
prevede, per i danni di lieve entit derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore, la possibilit di
ottenere un risarcimento ulteriore sotto il profilo della personalizzazione del danno (mentre nulla
prevede sul punto lart. 13 del D. lgs. 38 del 23 febbraio 2000).
In senso contrario altra giurisprudenza osserva che N pu valere in senso contrario il richiamo
da parte del giudice di 1 grado della norma di cui allart. 5 della legge 57/01 (come modificata
dallart. 23 della legge 273/02) perch tale norma non ha nulla a che vedere con il problema della
risarcibilit del danno biologico differenziale, dal momento che si limita a prevedere un
risarcimento del danno biologico in misura pi elevata in considerazione delle condizioni
soggettive del danneggiato.
Ancora, in senso negativo, si osserva lillogicit di una interpretazione che, in rapporto ad un unico
evento e ad un unico danno biologico, tenda a frazionare la risarcibilit e i responsabili.
Altre pronunce puntano lattenzione su un profilo che costituisce il vero punto debole della teoria
affermatrice, la mancanza di parametri certi di riferimento da cui desumere la concreta sussistenza
di un danno differenziale quantitativo. Si osserva sul punto che, attesa tale mancanza sarebbe
impossibile procedere a scorporare la somma risarcita per la menomazione della capacit
lavorativa generica da quanto risarcito complessivamente a titolo di danno alla salute.
Del resto, si osserva che le tabelle contenute nel d.m. 12 luglio 2000 a cui il d.lg. 23 febbraio 2000
n. 38 ha demandato la determinazione della liquidazione del danno biologico ai fini delle
prestazioni INAIL, debbono considerarsi per la loro valenza generale e per la loro applicabilit
sull'intero territorio nazionale, il parametro attualmente pi attendibile per la valutazione
equitativa del danno biologico derivato da infortunio sul lavoro.
Ancora, si tende a porre in rilevo, in relazione alle osservazioni sulla disparit di trattamento di
cui sopra si detto, che la stessa astratta, presunta e indimostrata10.
A fronte di un cos variegato panorama della giurisprudenza di merito del tutto incidentale e
indiretto, allo stato, appare lapporto della giurisprudenza di legittimit e costituzionale.
Cos con la sentenza n. 1114 del 29 gennaio 2002, la Suprema Corte (e seguita da Cass. 23 aprile
2008, n. 10597) puntualizza la distinzione tra il regime previgente, in cui il danno biologico non
rientra nella tutela assicurativa e si ancora solo allart. 32 Cost. da quello successivo al d. lg. 38 del
23 febbraio 2000, in cui in riferimento allart. 38 Cost. viene ricondotto alla copertura assicurativa
e rientra nella regola dellesonero. La Corte, tuttavia, non si diffonde sulle modalit e limiti
dellesonero.
Daltra parte, uno degli argomenti privilegiati dalla tesi negatrice, proprio la compatibilit
costituzionale dellindennizzo, traendo argomenti dalla giurisprudenza costituzionale relativa ad
altre prestazioni assistenziali.
Ci si riferisce, in particolare, ai principi espressi dalla Corte Costituzionale 18.4.96 n. 118 che ha
enucleato le differenze tra risarcimento, indennizzo e misure assistenziali, distinguendo le varie
conseguenze cui pu condurre la menomazione della salute , tra un risarcimento "pieno" ex art.
2043 cc, un equo indennizzo (es. L. 25 febbraio 1002 n 210) direttamente collegato all'art. 32 Cost.
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Il principio della c.d.transazione sociale enucleato con chiarezza dalla Corte Costituzionale con la sentenza 9
marzo 1967 n. 22.
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In realt, in alcune sentenze che si segnalano per accuratezza e diffusione della motivazione, il giudice si da carico di
comparare le diversit di liquidazione del danno biologico in rapporto ai diversi parametri ricorrenti; cos Trib Genova
18 luglio 2007, osserva come un danno biologico pari all8% patito da un soggetto di anni 50 viene indennizzato
dallINAIL con un importo capitale di 10.920.000, pari a 5.693,71. Lo stesso danno sarebbe stato risarcito in base
alle tabelle della L. 57/01 in 8.742,59, oltre allinabilit temporanea.. Tuttavia non si tratta certo di una regola, si
veda App. Torino n. 1639/2004, ove il danno differenziale, pure ammesso in linea di principio, non viene concretamente
erogato per essere concretamente inferiore a quello liquidato dallIstituto.

o a misure di sostegno assistenziale ex art. 2 e 38 Cost. "disposte dal legislatore nell'ambito


dell'esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali".
Mentre l'art. 2043 c. c. rimette al giudizio di equit del giudice la valutazione del danno,
l'indennizzo e le misure assistenziali si collegano ad esigenze che discendono direttamente dagli
artt. 32 e 38 Cost., e sono conformi ai predetti principi costituzionali (C. Cost. cit)11.
Questioni processuali
Data per scontata dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritaria la piena risarcibilit del
danno biologico differenziale, occorre verificare come si innesta questa voce di danno nel rapporto
datore di lavoro lavoratore e i quello datore istituto assicuratore, e soprattutto ci si chiede se
sussista un rapporto di priorit logico temporale e quindi di condizionamento della proponibilit
delliniziativa verso il datore alla preventiva liquidazione.
Volendo sintetizzare la questione, si ha che per i giudizi risarcitori instaurati dopo la entrata in
vigore del d.m. attuativo del d. lg. 38 si sono sviluppati tre criteri interpretativi.
a) secondo il primo poich il legislatore ha espressamente previsto che il danno biologico
allinterno dellambiente di lavoro (sia da demansionamento che da mobbing) una malattia
tabellata e riconosciuta, lunico legittimato passivo risulta essere lINAIL, con la conseguenza che il
ricorso indirizzato solo nei confronti del datore di lavoro deve essere rigettato; ne deriva che
labbracciare questa teoria significa implicitamente non riconoscere il danno biologico differenziale.
b) secondo un altro orientamento, in caso di chiamata in giudizio del solo datore di lavoro il
giudice deve ordinare la integrazione del contraddittorio nei confronti dellINAIL; la mancata
ottemperanza comporterebbe, quindi, la estinzione del processo.
c) secondo un altro e maggioritario orientamento, invece, il lavoratore pu convenire sia lINAIL
per il risarcimento del solo danno riconosciuto dal legislatore, sia il datore per il danno
differenziale, ovvero quello eccedente il massimale riconosciuto dallINAIL.
Nel caso in cui convenga il solo datore di lavoro, il giudice deve verificare, anche servendosi di
CTU, la percentuale di danno biologico in concreto, e dalla stessa deve detrarre quella astrattamente
a carico dellINAIL, con condanna del datore di lavoro alla differenza.
La percorribilit e la opportunit della scelta di realizzare un simultaneus processus con
listituto assicuratore
Lulteriore profilo processuale, su cui pure la giurisprudenza si interroga criticamente, attiene
alla possibilit e allopportunit di ravvisare la sussistenza di un rapporto unico processuale
(litisconsorzio necessario) tra il datore e lINAIL. Sul punto le opinioni sono concordi nel ritenere
che non risulta previsto, in materia un litisconsorzio necessario, (ch, altrimenti non sarebbe
possibile adottare decisioni sul danno differenziale senza la partecipazione dellIstituto al giudizio12.
MOBBING E PREVENZIONE
Tanto affermato in sede di definizione di mobbing, occorre ora verificare se, oltre alla espressione
del fenomeno anche tramite il risarcimento del danno e la cessazione delle condotte illecite, esista la
possibilit per il datore di lavoro di evitare linsorgere di fenomeni di mobbing, o addirittura il
dovere di evitare che accada tanto.
Lart. 28 comma 1 del d. lg. 81 del 2008 prevede che il datore di lavoro nel documento relativo alla
valutazione dei rischi debba includere anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i
contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004
Si tratta di una precisazione importante poich, pur in mancanza di valutazioni di carattere
scientifico relative alla insorgenza del fenomeno mobbing, purtuttavia vi sono delle regole di
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In tal senso Trib Vicenza 3 giugno 2004..


Trib Genova 18 luglio 2007, che rileva come, citando la giurisprudenza di legittimit qualora il convenuto, nel
contestare di essere titolare dal lato passivo del rapporto dedotto in giudizio, indichi come tale il terzo, quest'ultimo
non assume la qualit di litisconsorte necessario, ma il giudice ne pu disporre l'intervento con provvedimento
eminentemente discrezionale, sicch, ove il processo prosegua nonostante la mancata esecuzione di tale
provvedimento, la sentenza non pu considerarsi inutiliter data (Cass. 22 settembre 2004, n. 19003). In questi casi
lunica conseguenza sar che la sentenza, facendo stato solo tra le parti del giudizio, non sar opponibile al terzo
indicato dal convenuto come effettivo legittimato passivo, essendo detto terzo rimasto estraneo al giudizio.
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esperienza comune che inquadrano il fenomeno come conseguenza di comportamento (anche)


omissivo da parte del datore di lavoro. Si tratta ad esempio di tolleranze a fenomeni di
prevaricazione nella convinzione che alla fine tutto si sistemer da solo, nella diffusa
insoddisfazione dei sottoposti nei confronti dei dirigenti, nel mancato raggiungimento degli obiettivi
per incapacit dei superiori, nella esistenza di atteggiamenti maschilisti o di sufficienza. Insomma,
tutta una serie di fattori che, seppur non eziologicamente collegati con quelli che in futuro si
potrebbero caratterizzare in casi di mobbing, purtuttavia costituiscono la spia di un malessere che
da latente pu divenire diffuso e tramutarsi in umiliazione o vessazione.
Ecco quindi che, come specificazione dellart. 2087 c.c., si pone lart. 28 del TU sulla sicurezza sui
luoghi di lavoro, imponendo al datore la necessit di valutare anche lo stress lavoro correlato ai fini
della stesura della valutazione dei rischi. La omissione della redazione,allora, si potrebbe porre
come elemento qualificante della colpa in capo al datore di lavoro, per non aver approntato non solo
gli strumento che fonti di carattere primario gli imponevano per evitare lesioni al lavoratore, ma
anche quanto necessario in base alla esperienza e al progresso raggiunto nel singolo settore
lavorativo.
PROFILI DI RESPONSABILITA ERARIALE
Innanzitutto la condotta del mobber pu essere intenzionalmente diretta ad escludere il collega o il
sottoposto ed in questo caso vi responsabilit in re ipsa.
In questo caso, anzi, il procedimento contabile si dovr concludere con una condanna in solido,
qualora la condotta intenzionalmente diretta alle umiliazioni sia stata posta in essere da una pluralit
di soggetti, con trasmissione della obbligazione risarcitoria agli eredi.
Nel caso di condotta non dolosamente preordinata a colpire un dipendente pubblico, la
reiterazione dei comportamento, la loro frequenza, lincalzare del fenomeno nei confronti del
dipendente, difficilmente potranno escludere la colpa grave dellautore delle violazioni.
Si deve altres precisare che, in tema di danno erariale e nella fattispecie mobbing, ben vi pu
essere alla base del giudizio di responsabilit contabile un giudicato civile. Allora, ferma restando la
autonomia delle due giurisdizioni, sia la sentenza civile di condanna, sia ulteriori elementi offerti
dal procuratore contabile, possono condurre alla concretizzazione del requisito (colpa grave) per
aver danno erariale, come affermato da Corte dei conti, Sezione III con la sentenza nr 623 del 2005.
Quanto al risarcimento del danno esso va parametrato, innanzitutto alla somma cui la p.a. stata
condannata a favore del dipendente demansionato, fermo restando lulteriore danno risarcibile,
come ad esempio quello allimmagine.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La presente elaborazione, lungi dallessere esaustiva, ha effettuato una breve ricognizione delle
principali caratteristiche della dequalificazione nellambiente lavorativo.
Come si vede, stata lopera della giurisprudenza, che ha recepito le recenti innovazioni
giurisprudenziali, a farsi carico del problema reinterpretando gli istituti del codice civile (primo fra
tutti lart. 2087) in una nuova e costituzionalmente orientata prospettiva.
Successivamente, seppur in maniera incompleta intervenuto il legislatore, anche per indirizzare
in maniera uniforme i numerosi spunti e le opzioni interpretative della giurisprudenza.
Si rimane allora in attesa di un nuovo intervento parlamentare che recepisca le innovazioni che
lesperienza quotidiana rappresenta nelle aule dei tribunali per permettere una sistemazione se non
definitiva quanto meno organica della materia, tenuto conto che una normazione in materia di
mobbing altro nono sarebbe che la proiezione, nel campo del diritto interno, dellart. 137 del trattato
CE secondo cui Per il conseguimento degli obiettivi previsti dallart. 136, la Comunit sostiene e
completa lazione degli stati membri nei seguenti settori:
a) miglioramento, in particolare, dellambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la
salute dei lavoratori;
b)

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