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Studi Bompiani

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Antonio Scurati
LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA
La retorica letteraria
di fronte alla violenza

Bompiani

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ISBN 978-88-452-7104-5
2012 Bompiani / RCS Libri S.p.A.
Via Angelo Rizzoli, 8 Milano
Realizzazione editoriale a cura di NetPhilo Srl
Prima edizione Studi Bompiani aprile 2012

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SOMMARIO

INTRODUZIONE
La dischiusura del campo letterario

11

I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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4.2.2
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Un regno di questo mondo


Balzi, bizze, scarti: lestetica equestre della modernit
La radice nuda: antropologia della continuit con il
fondo animale
Vico bifronte
2.1.1 Civi(li)tas come luogo comune: uno spazio per il
sorgere delluomo
2.1.2 Bellum contra bellum: strappare alla violenza un
lembo di terra abitabile
Dallorigine come mito poetico al mythos degli inizi
Liquidare la retorica
Distillare il poetico
Dalla praxis alla poiesis: liberi di creare, liberati
dallagire
Can you picture what will be / So limitless and free
Una prigione senza confini
Soggetti privati
Unantropologia infeltrita per un animale complesso?
Reazioni metafisiche
Luomo povero
5.2.1 Lontani dal vero
5.2.2 Sopravvivere: al di l di una ragione (in)sufficiente
Fondamenti ragionevoli
5.3.1 Fingendo assieme: porre linterpunzione al reale

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II. R ETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI?

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1.1
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1.3

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2.1
2.2
2.3
2.4

2.5
3.1.1
3.1.2
3.1.3
3.2.1
3.2.2
3.2.3
4.1

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5.3.2 Non/farlo
In medio
Rinvenire i luoghi comuni: un approccio topologico
Modernismo e ipostasi della letteratura
Sotto lo stesso cielo, sulla stessa terra
La mosca senza ali e i venti di guerra
Canone chiuso
Comprehensive scope: nuovi obiettivi, sguardi ancestrali

Una tettonica della restrizione


Il continente perduto
Dal vasto campo del discorso allhortus conclusus del
giardinaggio poetico
Le et delleloquenza
Riabilitazioni?
Parola utensile vs. parola sacre
Res literaria: tutto ci che stato scritto
2.4.1 Predicare il proprio/predicare lessenza
2.4.2 Un abisso antropologico: la fenditura tra logos
come parola e logos come ragione
2.4.3 Luomo ri-saputo: al passivo della conoscenza
Regalit e comunanza della retorica: coincidere con il
proprio topos
La metafora al centro
Abusi tropologici
La cura di un corpo sano: la retorica inavvertita e pervasiva
Unaltra economia del senso
Il topos come sosta nel corpo letterario
Il topos come tradizione autarchica: germinare consenso su scala locale
Evidenze medioevali
4.1.1 Del quinto tipo
4.1.2 La cornice senza lo sfondo
4.1.3 Amplificatio: una dila(ta)zione strategica

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4.3
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90
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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

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4.1.2
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5.2
5.3.1
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6.2

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4.1.4 Senza origine, senza traccia


Apareci completo y orgulloso
Come la letteratura sta al mondo
Una contemporaneit feconda di tradizioni. Rovesciate
da capo a piedi

Corpo senza storia


Pregresso e presente
Un sapere degli effetti
La retorica come tecnologia della parola (I): building
blocks
La retorica come tecnologia della parola (II): la fiamma
immemore
Exemplum primum: il processore e la mnemotecnica
pura
Exemplum secundum: il bottone dellApocalisse
La letteratura aumentata
2.4.1 Una parola basta. Migliaia no
Sintomi: la critica (p)ossessiva
Una perversione epidemica
3.2.1 Salvarsi con la Storia?
3.2.2 Labbaglio (topico) del modello classico
Ogni altrove pur sempre le appartiene
Oltre la retorica: il bagliore di una guerra istantanea
Sterminare lo spazio umano
W(ar) = Violenza + Velocit
Lultima parola: retoriche di guerra
Parzialmente universale
Allentando i nodi della Necessit
La Storia al capezzale della retorica
Lamputazione della tradizione
Ansie di legittimit
Unautorit atavica
La logica del vivente
Il topos, epicentro della tradizione

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9.
9.1

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6.2.1 La tradizione come riserva topica (I): lapprendistato culturale


6.2.2 La tradizione come riserva topica (II): portolano
per un sistema a proliferazione aperta
6.2.3 La tradizione come riserva topica (III): un pragmatismo dei mezzi
Unoscillazione fisiologica: effettivit locale del topos
nelle transizioni schema/tema
Le cellette: metaforica della sede e ambiguit della
techne
Instrumentum: lessenza della tecnica
Carbone
Una trappola per topi metafisica
La chiave del dilemma tecnologico: sul rovescio
dellontologia
Molte sono le cose terribili ma nulla pi terribile
delluomo
La violenza fondamentale
R/esistere sul proprio limite
La creativa impotenza del (non) sapere
Abitare il mondo come luogo comune
Con grazia
Il testo letterario come dispositivo retorico: tra tecnologia e charis
Un bermensch ottuso e placato

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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Sul campo
La guerra renitente
Guerre en forme
In equilibrio (I): il contenuto della forma
In equilibrio (II): il nemico giusto
La violenza in gabbia
Nomos come principio di legittimit e localizzazione
Perdendo la terra
Il ritorno dellabisso

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3.3.1 Aberrazione
3.3.2 The Ghost and the Darkness
4.1
Sacrosanta finzione
4.2 La retorica come domesticazione
5.1
Al di qua e al di l della fine
5.2 Combattere la guerra
5.3
Il posto della morte
5.4
Par ton plemon
6.1 Hemingway e il malinconico accomiatarsi dalla Guerra
6.2.1 In rotta
6.2.2 Quel che resta dellonore
6.2.3 Insiders
6.3 Isole
7.
Topos e nomos

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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Eris e Thanatos
Slittamenti
Istruire o stupire
Uno spettro si aggira tra i proverbi
Il paradigma restio
Tra teleologia e topologia: una faglia incandescente
Larte geniale della metafora
La solitudine della retorica
Terribile come esercito schierato a battaglia
Continua a parlarmi
Metis: occhi senza palpebre. Ovverosia: i pesci non
dormono
Essere fa male
Sopra-vivere
Il Grande Errore Iniziale o la puntura di una zanzara?
Opinio communis
Le parole sono come pietre
Nellintimit con la violenza
Un jour de march

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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INDICE DEI NOMI

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INTRODUZIONE

LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO


Alcuni anni fa, nella conclusione del suo poderoso studio sul tramonto della vocalit e lavvento della literacy nellautunno del medioevo, Paul Zumthor sinterrogava sulla nascita del romanzo come chi, a
partire da una sua traccia, rifletta sulle sorti di una civilt millenaria
altrimenti data improvvisamente per scomparsa. Proprio l, proprio
in quella forma-romanzo che parve decretare la fine di millenni di
oralit, Zumthor rintracciava lorma della loro sopravvivenza.
vero, infatti, per un verso, che linvenzione, nel XII secolo, del
roman segna nellitinerario poetico dellOccidente, un inizio quasi
assoluto,1 dando cos avvio ad una storia che, nellarco di sette secoli, compir la letterarizzazione delloralit vocale e la letteraturizzazione della retorica come suo culmine. altrettanto vero, per, per
altro verso, che questa, se raccontata cos, la storia di unillusione,
storia dellepoca moderna come caratterizzata dalla pretesa modernista alla novit, la quale non pu per essere confusa, anche nellottica
di Zumthor, con la realt effettiva di quella pretesa. E cos, oggi che
la modernit abdica a se stessa in molti campi, compreso il campo
letterario, per noi che veniamo dopo linfrangersi della sua illusoria
pretesa, tutta questa storia di un inizio quasi assoluto e di un mondo totalmente nuovo appare per quello che sempre stata: un programma ideologico mai realizzato.
Una soglia, certamente, in qualche momento fu attraversata tra
antico e moderno. Nella cultura orale, imperniata sui valori della
voce, la forte ma confusa unit dellopera era lunit di una performance (La lettera e la voce, p. 371); la parola proferita ed udita
nella voce era esposizione diretta del mistero del mondo; in quel
discorso il linguaggio era di per se stesso fuori questione. Lavvento
del romanzo ha, dunque, effettivamente coinciso con la percezione

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

di una differenza di statuto ontologico tra la scrittura e la voce. Da


quel momento in avanti, il libro si autopresenter quale luogo di
una finzione e non si liberer pi in ci simile alla modernit tout
court dal problema dellautolegittimazione: il discorso poetico
si ripiega, si isola nel suo stesso piacere e, qualunque sia il pretesto
tematico di cui si orna, cerca in se stesso la sua giustificazione e una
libert (La lettera e la voce, p. 371)2. La cerca inutilmente, disperatamente, si dovrebbe forse aggiungere. Comunque sia, ecco che in
questa interiorizzazione del poetico si profila lorizzonte, insieme
ideale e pragmatico, che il nostro termine letteratura ancora designa.3 O che designava fino a ieri, dovremmo forse dire.
Zumthor per primo ricostruisce, brevemente, la storia di questa idea
moderna come storia particolare, nel senso che laffermarsi della letteratura modernista nella sua autonomia lattestarsi del linguaggio
nella sfera della propria assolutezza, il rinserrarsi di un testo letterario
costituzionalmente chiuso in una chiusura sempre pi radicale. Siamo,
dunque, nel recinto che impareremo a conoscere sotto il nome assai
opportunamente suggerito da Genette di restrizione: una restrizione
sanzionata dalla scienza estetica nei confronti del restante, sconfinato
universo discorsivo della parola scritta non letteraria e di tutta intera
la parola orale quando, tenendo a battesimo lidea moderna di letteratura, prende in considerazione un tipo particolare di discorso a
discapito di tutti gli altri (La lettera e la voce, p. 377).
Da quel momento in avanti il linguaggio si fa. Lo scopo del romanzo non sar, infatti, tanto quello di mettere in gioco il mondo, la
vita, il linguaggio, quanto invece di eluderli per sostituirvi, in ultimo,
un universo alla merc delluomo (La lettera e la voce, p. 374). Zumthor retrodata questa cesura allaltezza del basso medioevo (contro il
parere di Curtius, come accenner) ma lindividuazione esatta della
data dinizio di questo genere di modernit rimarr sempre largamente arbitraria e, tutto sommato, di secondaria importanza. La periodizzazione storica meno importante dellaver accertato che, in qualche
momento della nostra storia, una zona della cultura andata isolandosi, isolamento per effetto del quale, un giorno le diverse parti del
discorso sociale si sarebbero dissociate in virt di competenze oramai
discontinue, politiche, morali, religiose, che avrebbero minacciato di
lasciare una lacuna che, per la societ, sarebbe stato vitale colmare:
quella di un discorso totale e omogeneo, atto ad assumere il destino

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LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO

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collettivo. La letteratura assolver a questo compito (La lettera e la


voce, p. 384). Come dire: la moderna letteratura stata sia lidea che
ha scavato quel vuoto sia la pratica che poi si incaricata di riempirlo.
Unidea che si ricapitola e si esaspera nel credo modernista del
Novecento rivoluzionario e davanguardia il quale punt lintera posta della letterariet sul dogma della sostanza verbale. Il corollario
di questa massima fu, infatti, il precetto con cui si prescriveva allo
scrittore vero loltranza sperimentale nellinnovazione linguistica.
Furono, allora, una cosa sola definire la letteratura in base a una sua
presunta essenza linguistica e destinarla alla ricerca perpetua di quella che Berardinelli ha descritto come una lingua assoluta, di una
forma pura in quanto estranea allimpurit del presente, originaria
e germinale del pensiero e dellarte, a esclusione di ogni uso pi determinato, empirico, comunicativo dei linguaggi.4 Il risultato prosegue Berardinelli fu che in tutta larte moderna importava pi
la modernit, la ricerca della novit, che larte. Lungo questa via,
la religione del Nuovo, divenuto chiesa, unita allidea della forma
estetica come ontologicamente distinta dai linguaggi comunicativi,
produsse, per tramite dellantiletteratura modernistica e avanguardistica, una quintessenza vuota, secondo la quale la poeticit o la letterariet sarebbero la sola cosa che conta in quanto qualit generale
che accomuna tutte le opere scritte e da scrivere. Processo secolare di
feticizzazione estrema che ridurr lattivit artistica a feticcio odiato
e idolatrato.
Ma ci che qui mi preme sottolineare che quel giorno di cui parlava Zumthor il giorno della parcellizzazione dei vari discorsi sociali
e della coeva nascita di una letteratura a statuto speciale in grado di
colmare il deficit di totalit proprio in quanto separata da tutti essi
ovunque lo si voglia collocare nella storia della modernit, di certo
gi venuto e, quasi altrettanto certamente, gi terminato. Il compito
storico della letteratura come fatto storico complesso ma, nella
prospettiva delle lunghe durate, necessariamente transitorio (La lettera e la voce, p. 375) sembra, da vari segni, finito.
E non c troppo da meravigliarsi di questa fine. Essendo categoria
storica, la letteratura in s non esiste; daltro canto, considerata come
categoria sovrastorica, che veicolava lidea di una dimensione universale e perenne, lidea di una sacrale e redentrice separatezza della
parola letteraria rispetto a tutte le altre pratiche sociali di discorso

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

verbale e non verbale, quel suo mito oramai crollato assieme a tanti
altri sorti con lespansione della societ borghese. La letteratura in
quanto mito della letteratura oggi contestata non pi nelle sue variazioni, per linee di critica interna, ma nelle sue costanti, da unorda
barbarica che, irresistibile, preme ai confini del suo discorso totale
ed omogeneo. Ed esercita la propria immane pressione su quelloramai antiquato ideale/ideologema moderno semplicemente ignorandolo. Lo dice bene Berardinelli: Una mutazione in corso. La giovane
letteratura non esce dalla coscienza storica del passato. Invece di scavalcare il Novecento, lo si ignora (Casi critici, p. 11).
La formazione letteraria di un ventenne , oggi, integrata in buona
parte, se non in parte maggioritaria, dalla fruizione di opere che non
sono passate attraverso il medium della parola scritta. E non si comprender la portata di questa semplice constatazione se non si terr
fermo su un punto: stiamo parlando effettivamente e specificamente
della formazione letteraria di quel ventenne.5
Il paesaggio, dunque, , indubbiamente, quello descritto dalle malinconiche meditazioni sulla condizione postuma della letteratura.6
Il paesaggio quello, lorizzonte quello, lorda barbarica gi arrivata. Dobbiamo solo decidere, come si chiedeva Gengis Khan, qual il
nostro posto dentro lorda.
Dobbiamo farlo nella convinzione che tutto ci stia accadendo non
per una semplice deficienza, mancanza, per un errore di prospettiva
o per una svista, ma per una mutazione di portata storica: il campo
letterario si sta aprendo e dischiudendo.
Sar, forse, perci utile riprendere qui la nozione di campo letterario da una delle pi influenti teorie letterarie di impianto sociologico
di fine Novecento, quella di Pierre Bourdieu che stata anche una
delle pi attrezzate ed agguerrite macchine concettuali messe al servizio di una critica della tarda-modernit per provare a fornire una
interpretazione eterodossa.7
Il campo letterario, ci insegna Bourdieu, era in passato come un
campo recintato, chiuso, che nella moderna societ borghese e capitalistica creava uno spazio definito da un contenuto simbolico, omologo
allo spazio definito dalle posizioni del campo della produzione sociale
generale da cui lo separava e a cui, al tempo stesso, lo legava un sistema
di scarto, un pacchetto di regole di trasformazione dellesterno in interno. Il campo della produzione letteraria nella societ borghese capi-

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LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO

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talistica ottocentesca si defin, insomma, nellinsieme di questo sistema


non tanto per la propria effettiva autonomia rispetto al restante sistema
produttivo, ma proprio attraverso la lotta per la propria autonomia.
Ritroviamo qui, cinque secoli pi tardi, lo stesso movimento di
autosegregazione nobilitante della letteratura rispetto a ogni altro
campo discorsivo, e ai suoi commerci mondani, individuato da Zumthor addirittura allaltezza della fine del medioevo con la nascita del
roman. Stando a Bourdieu, infatti, la dichiarazione dindipendenza
fu la caratteristica principale dellautofondazione del campo letterario autonomo alla met dellOttocento nella misura in cui lartista si
caratterizzava proprio per lo scarto e la diversit rispetto ai criteri dominanti in tutti gli altri campi produttivi allinterno del complessivo
campo di potere capitalistico. Gi alla met dellOttocento, infatti,
gli artisti e gli scrittori in particolare in seguito imitati da una lunga
serie di epigoni tardo-modernisti nel corso del Novecento pretendono che il loro operato si caratterizzi per il disinteresse, linutilit,
non essendo sottoposto ai criteri dellutile e dellinteresse economico
che governavano tutti gli altri sistemi produttivi, ed essendosi invece
votati al solo criterio della competenza formale priva di finalit estrinseche e di interessi materiali. larte per larte, insomma. Una volta
e per tutte. Ma anche Flaubert. lambizione a vivere tutte le vite
come rovesciamento dellimpossibilit, o del rifiuto, a vivere qualunque vita realmente accessibile. la vita dartista come vita impossibile. laffermazione dello scrittore come consustanziale al proprio
linguaggio letterario.
C, per, anche un secondo paradossale risvolto di questa posizione. Il campo di produzione letterario si definisce a partire dalla
sua estraneit al sistema complessivo dei rapporti di produzione ma
in realt finisce per rispecchiarlo: assume una posizione di scarto, di
differenziazione, ma come risposta ai criteri che governano il sistema
produttivo generale. Lapparente autonomia dello scrittore nel maneggiare la sostanza verbale della lingua in realt loccasione dellimpegno dello scrittore, non del suo disimpegno: lengagement dello
scrittore strettamente legato alla chiusura del campo letterario non
al suo andare verso la societ (o il popolo).8 Quella tra autonomia e
impegno non affatto unalternativa obbligata. Al contrario, proprio
per il fatto di essere sublimemente disinteressato, votato al disutile
o allinutile ancora, sempre e solo alla manipolazione formale del

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

linguaggio lartista pu criticare la societ. Anzi, non pu non criticarla. Questi, infatti, come proclamava lo stesso Flaubert, trova accettabile la vita sociale soltanto a condizione di non farne parte.
Ad ogni modo, qualunque sia lepoca e lorigine alla quale si voglia
far risalire questidea modernista di letteratura, appare abbastanza
chiaro che stia esaurendo il proprio ciclo di vita storico. Al principio
di questo nuovo secolo, il campo letterario si sta forse dischiudendo
con lo stesso scopo che, alla met dellOttocento, lo aveva spinto a
costituirsi richiudendosi su se stesso: per poter continuare a stare in
societ alla condizione di non farne parte? Il futuro ce lo dir.
Per ora sappiamo che gli steccati sono state abbattuti, sia dallesterno che dallinterno. Alcuni sono pi propensi a ritenere che si sia
consumato un tradimento: chi stava dentro si venduto al nemico e
ha aperto le porte che a loro volta sono cadute. Comunque la si pensi
a riguardo, al momento in cui viviamo il campo letterario non pi
delimitato e i suoi confini sono stati violati. Dobbiamo, perci, tornare a chiederci che ne sar della letteratura una volta riconsegnata
alla vastit di ogni genere e sorta di parola scritta o pronunciata nei
territori selvaggi di una socialit comunicativa senza leggi, diritti di
progenitura, prerogative castali e, soprattutto, senza confini.
In linea con il quadro teorico disegnato da Bourdieu, la dischiusura del campo letterario sta avvenendo, infatti, in relazione a mutamenti epocali che riguardano lintero sistema sociale. Il rapporto tra
la parte e linsieme anche rapporto contrastivo non cessa ma si
ridefinisce. Il mutamento che ha investito lintero campo del potere
simbolico, proprio in relazione a ci che fino a ieri era stato lo specifico del letterario, indubbiamente di portata epocale: limmaginario
ha assunto un nuovo statuto di realt.
Mentre in passato il simbolico veniva amministrato dallarte, dalla
religione e dal mito, oggi non lo pi. La cultura di massa, proprio
nella sua spiccata vocazione immaginifica, non pi filtrata e civilizzata dallarte.9 Da parecchio tempo non sono pi soltanto il pittore, il
prete e il poeta a manipolare il potere simbolico per proprio conto o
per quello del politico agendo a distanza e senza applicare forza coercitiva su miliardi di persone, ma anche e soprattutto un compassato
direttore di giornale, un caricaturale personaggio televisivo o un anonimo influenzatore internettiano. In questo modo, lopera dellimmaginazione diventa realt quotidiana allorch lo spazio specifico che

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LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO

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era stato dellespressione artistica, mitica e rituale si frantumato. Di


conseguenza, il campo del letterario dappertutto e non in nessun
luogo, la sua essenza evaporata e la sua semenza si disseminata.
Oggi quellimmaginazione finzionale, sociale e antisociale, un tempo
peculiare alla prestazione retorica del letterario, un fenomeno attivo
quotidianamente nella societ. il risultato sostiene ad esempio
una tesi controversa ma stimolante di Appadurai della sintesi fra
un pubblico di migranti e i media elettronici di massa che agiscono a
livello globale avviluppando la vita collettiva in una rete di rappresentazioni sociali che proiettano un mediascape planetario.10
Nonostante il rivolgimento sia di portata epocale, stando a queste ultime posizioni, non ci sarebbe motivo di sentirsi minacciati n
di essere allarmati. Daltro canto, nemmeno lannuncio di Zumthor
riguardo allesaurirsi del compito storico della letteratura nata
nel medioevo dalla ceneri delloralit antica era allarmistico. Con
lo sguardo addestrato a cogliere il lungo periodo, lo studioso della
poesia orale e della genesi medioevale della letteratura, si limitava
pragmaticamente a constatare la attuale de-differenziazione (Entdifferenzierung) come morte metaforica di quella letteratura che era
nata come differenziamento. Nella e per la metafora. Tutto qui, nessuna tragedia.
Niente di tragico poich, agli occhi di Zumthor, se il fatto letterario
non ha avvenire, ha per un passato ancestrale: la letteratura della
cultura di massa Trivial-Literatur dice lui avrebbe soltanto raccolto
i tratti di unantica poesia vocale, li avrebbe preservati, ora li prolungherebbe, ne prenderebbe funzionalmente il posto. La riflessione
di Zumthor sullavvenire della letteratura indagine che aveva preso
le mosse dallo statuto ambiguo del romanzo, allincrocio di vocalit
e scrittura si concludeva, dunque, suggerendo che nel suo statuto
costitutivamente trivial-letterario il romanzo non avrebbe in verit
mai smesso di farsi carico delleredit antropologica di quellantica
poesia vocale. Vale a dire che la storia riprenderebbe dopo aver aperto
e chiuso una breve parentesi. Anzi, che una certa storia sotterranea,
sostanziale storia notturna che racconta di lunghe, lunghissime durate, di atavismi incessanti e di funzioni primarie non si sarebbe mai
interrotta davvero a dispetto di ogni mitologia modernista.
Daltro canto, gli studiosi che oggi si collocano ancora nella prospettiva della storia letteraria discreta, concentrata sui pochi grandi

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

scrittori, sugli autori e sui loro capolavori del passato una narrazione
dettata dallautocoscienza storicista della modernit con tutto il suo
armamentario intellettuale di inizi, nuove fondazioni, separazioni,
divorzi ed estinzioni non soltanto rivestono quegli autori di unimportanza che per lo pi era sconosciuta allepoca retorica in cui quelli
vissero, ma tributano un omaggio ad un concetto di eccellenza che
deve molto di pi al XIX secolo che non al secolo in cui loro stessi
vivono.11 questo lo stesso orientamento in cui Zumthor ravvisa il
pericolo per cui oggi, a pensare la letteratura con le connotazioni
moderniste che ne accompagnano lidea, ci si areni in una chiusura
elitaria ed etnocentrica. Insomma, detto in soldoni, c stata unet
che non era ancora let della letteratura ed durata millenni. Motivo per cui, comunque la si pensi, forse il caso di interrogarci sul fatto
che la nostra et possa non esserlo pi.
Stando a questa prospettiva, lunico modo per spezzare il circolo
vizioso di quel peculiare fenomeno di autoaccerchiamento che stato
il modernismo intellettuale nel seno della modernit culturale, di
mirare nello studio e nella pratica della letteratura ad unantropologia (La lettera e la voce, p. 387).
Per quel che mi riguarda, mi sono sforzato proprio di dar seguito
a questo suggerimento. Ho provato, cio, a mostrare come una riflessione che assegni la contemporaneit letteraria romanzesca alle cure
dellantica retorica (atavica), e non della nuova poetica (moderna
nel senso di modernista), andrebbe proprio in questa direzione. A
muovermi stata la convinzione o magari lillusione che talvolta
ci che viene dopo sia pi antico di ci che viene prima. Lungo il
cammino, mi apparso necessario riscoprire lantica alleanza tra letteratura e retorica alla luce dellantropologia filosofica del Novecento,
la cosiddetta antropologia della povert.
Il primo postulato dovrebbe essere questo: non affatto ovvio
che luomo possa esistere (Blumenberg). Muovendo da questa tesi
radicale dellantropologia filosofica novecentesca riguardo alla povert biologica della specie umana, ho dunque cercato di affrontare il nodo che da sempre avvince letteratura e violenza. Attraverso
un serrato confronto con la filosofia, la teoria letteraria e le scienze
sociali, la mia ricerca mi ha portato a individuare lessenziale della parola letteraria nel contributo che la sua componente retorica
e comunicativa fornisce alla lotta interminabile con cui la specie

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LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO

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umana costantemente sottoposta alla minaccia di estinzione e ora


a quella di autoestinzione ha tentato e tenta faticosamente di mantenersi in vita.
Questo percorso conduce a una revisione profonda della storia
culturale degli ultimi due secoli e a unipotesi audace riguardo al
mutamento epocale che stiamo vivendo: il secolo neoretorico appena
inaugurato sarebbe pi antico, e pi atavico, di quello che lo ha preceduto. La letteratura apparentemente minacciata dallegemonia dei
media elettronici non si troverebbe affatto in pericolo,12 secondo
quanto sostenuto da posizioni passatiste, a vario titolo reazionarie o
anche sinceramente progressiste ma immalinconite dallelaborazione
del lutto. La letteratura sarebbe, anzi, quanto mai attuale poich a essere in pericolo, come sempre e pi che mai, sarebbe la specie umana.
Il dischiudersi di un orizzonte storico planetario, simultaneo al globalizzarsi e al radicalizzarsi del rischio, renderebbero, infatti, quanto mai cruciali le prestazioni civilizzatrici della retorica letteraria. Al
giro del nuovo millennio, il caos nichilistico della globalizzazione
porta, cio, con s la scoperta brutale che la sopravvivenza deve essere conquistata poich la specie non al sicuro e che la realt antropologica non ha pi un posto assicurato nel ciclo cosmico, ma deve
appropriarsi storicamente del proprio diritto a esistere. Ed proprio
allora, quando lesistenza stessa della specie non pu pi separarsi
dalla decisione di esistere, che la letteratura chiamata in causa.13
Contro lideologia modernista che cercava di distinguere, e poi di
separare, la letteratura dal campo pi vasto delle altre pratiche di discorso persuasivo, questa linea di riflessione, rivalutando la retorica
quale impresa millenaria di civilizzazione, e ricollocando la prestazione letteraria nella continuit con il fondo animale su cui sorge la
cultura umana, si sforza, dunque, di mostrare che lo specifico dellimpresa discorsiva recentemente definita letteratura consisterebbe
da sempre nellapprossimarsi e nellopporsi alla violenza della forza
bruta e sulla nuda vita. Il dono che giunge allumanit da questa capacit di sottrarsi alle pretese assolutistiche della realt sarebbe perci
non la verit, o la bellezza, ma la sopravvivenza stessa. Ponendosi in
questottica, si scoprir che non diversamente dallautore di unorazione funebre, lo scrittore di ogni tempo e di ogni epoca, pronuncia
la propria parola sempre in un tentativo estremo di allontanare limpersuadibile della morte.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

La retorica, daltronde, sempre stata unantropologia letteraria


sia come discorso che come metadiscorso: la teoria retorica riconsegna cio ci che noi oggi ancora definiamo letteratura a quella
funzionalit antropologica elementare che, comunque la si denominasse e concepisse, non ha mai smesso di esercitarsi nelle prestazioni
retoriche. Fin dalle sue origini nel mondo antico, tra le implicazioni
maggiori dellimpresa retorica tradizionale non vi era, infatti, soltanto una visione antiepistemologica del processo culturale (incentrata sul senso comune: il sesto senso come percezione del fondo
comune, buon senso), ma anche una comprensione antimetafisica
delluomo. Da sempre la res literaria14 si vuole e si sa non trascendibile in una dimensione metafisica del valore (la bellezza), in un al di
l del sapere (la verit), o in qualsiasi ulteriorit rispetto al suo corpo oggettuale (il significato). Proprio perch presuppone lassenza
strutturale di ogni possibilit di trascendenza, nega alla radice lidea
del viatico metafisico.
Da questa impossibilit di fondo discesa, nel corso dei secoli e
fino alle soglie del modernismo separatista ovunque lo si voglia collocare nel corso del tempo la costante intenzione persuasiva della res
literaria in tutta la sua estensione, intenzione che ne decreta perci il
carattere strumentale, nel senso della sua funzionalit alla produzione delle condizioni della vita umana in quanto prestazione retorica e
culturale. In ci, dunque, perfettamente rispondente a quella natura
tecnologica il cui profilo intendo delineare nel capitolo centrale di
questo libro. (E non certo nel senso di una strumentalit intesa come
supporto e comunicazione della verit o epifania della bellezza).
Grande rilievo assumer, perci, in questa prospettiva, la topica
retorica applicata alla letteratura e la logica che la sottende in qualit
di logica del vivente. Siamo qui, dunque, al motivo della sopravvivenza che fin dal titolo si annuncia quale orizzonte primario e non
trascendibile in cui si accampa limpresa letteraria. , infatti, lantropologia della povert a suggerci che luomo, proprio in quanto essere
precario, indeterminato ed indefinibile, gramo di patrimoni istintuali
e di destinazioni finali che ne orientino lo stare al mondo, non pu
che starvi limitandosi ad abitare il luogo nel quale sta-presso-di-s al
modo della ripetizione topologica. Non avendo luomo alcuna essenza, linessenziale effetto retorico gli fu e gli sar sufficiente e necessario. Inseguendo questa ipotesi, ho perci cercato di indicare nel topos

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LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO

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ci che vi di radicale nel fatto letterario, oltre ai tratti culturali


che esso, di volta in volta, mutua dallambiente storico entro il quale
soltanto si concreta. Il proprio delluomo ci che gli uomini hanno
in comune e viceversa. Nessun altro concetto era ammissibile per la
retorica classica. Nessuno, forse, lo sar per la neoretorica letteraria
reviviscente dopo lintervallo modernista.
La considerazione della retorica quale dimensione antropologica
della letteratura si pone, perci, come alternativa ad uno sguardo che,
rapito dallidea postromantica di letteratura, si aggira inconsapevole nei confini angusti di una mera etnografia dellintellettuale moderno. Lantropologia a cui penso ha, invece, un intendimento ben pi
vasto e assieme penetrante: non si occupa della decifrazione di simboli culturali, ma della vita e della sopravvivenza degli esseri umani.15
Per quanto discutibile, sommaria e approssimativa, questa divaricazione tracciata da Wolfgang Sofsky pu servire a chiarire la distinzione che vorrei porre tra cultura antropologicamente intesa e lidea
modernista di letteratura. Il mio personale sforzo mira a individuare il punto di contatto tra quella che, indubitabilmente, unattivit
di elaborazione di simboli culturali, e quella che riconosceremo come
una logica del vivente: discorso tutto rivolto e proteso alle condizioni basali della sopravvivenza degli esseri umani, allinstaurazione di
un regno in cui la parola cantata in un sussurro dalluomo allorecchio
di un altro uomo si erge sempre, a fatica, a stento, di fronte alla violenza; un regno precario, fragile e minacciato finch si vuole, ma pur
sempre un regno di questo mondo.
Non affatto ovvio che luomo possa esistere.
Quello che secondo Blumenberg dovrebbe essere il primo postulato di ogni antropologia, forse lo stato e sempre lo sar anche di
qualsiasi letteratura.
NOTE
Paul Zumthor, La lettre et la voix. De la Littrature mdivale, Paris, Seuil,
1987 (trad. it., La lettera e la voce, Bologna, Il Mulino, 1990, p. 368).
2
Fondamentale sullargomento Hans Blumenberg, Die Legitimitt der Neuzeit,
Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1966 (trad. it., La legittimazione della modernit,
Bologna, Il Mulino, 1993).
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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Qui e in seguito ho cercato di distinguere tipograficamente i casi in cui con


letteratura mi riferissi allunit speculativa in cui una normativit particolare riflette una concezione del letterario su base esclusivamente estetica (concezione
che a propria volta eleva a modello assoluto quella norma). Di preferenza ho
adoperato il virgolettato, come si suole fare con la parola altrui, per sottolineare
come quella concezione non sia assoluta, ma sia radicata nella voce di una determinata ideologia. Laddove questa soluzione fosse graficamente problematica,
ho cercato comunque di mantenere dei marcatori che scongiurassero equivoci.
La peculiarit di quel modello speculativo, che viene intenzionalmente denegata
nella mia opzione tipografica, che esso opera unastrazione sulla res literaria,
per ricavarne un concetto di valore universale. Ed questa operazione che d
luogo allideologia della poetica moderna, poich dissimula il proprio particolarismo storico. Questo concetto, e luso che ne faccio, dovrebbe cominciare a
chiarirsi fin dai prossimi paragrafi di questa introduzione in particolar modo
quando mi riferir alla nozione di campo letterario di Pierre Bourdieu ed
essere poi approfondito a cominciare dal primo capitolo.
4
Cfr. Alfonso Berardinelli, Casi critici. Dal postmoderno alla mutazione, Macerata, Quodlibet, 2007, p. 10. Nelle pagine da cui tratto il brano citato, Berardinelli riprende e commenta Franco Brioschi, Critica della ragion poetica, Torino,
Bollati Boringhieri, 2002, testo chiave per ricostruire la parabola dellideologia
letteraria modernista e della letteratura, da essa informata, che nacque dallautocoscienza, dalla riflessione e dal controllo sui propri procedimenti linguistici,
fino a produrre una spettacolare aridit, uneuforica mania autodistruttiva.
5
Su questa disposizione, tipica della nuova generazione ma non solo, illuminante Pietro Montani, Limmaginazione intermediale, Roma-Bari, Laterza, 2010.
6
Alludo qui a letture del Novecento al tramonto e, pi in generale, delleclissi
di una certa idea modernista di letteratura quali quella di Giulio Ferroni,
letture pervase da una intellettualmente preziosa malinconia. Impossibile, infatti, comprendere lattuale mutamento o la mutazione, se si preferisce senza
il sensorio della malinconia. Si pu certo sopravvivere, probabilmente anche
vivere meglio, prosperare perfino, senza di esso, di sicuro essere compresi ma
non comprendere. a questa malinconia, virata fin quasi al tono elegiaco, di
chi si chini sulla sepoltura di persona amata, che si deve il giustamente celebre
Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura, Torino, Einaudi, 1996
(ristampato poi da Donzelli), testo che fa il paio con Passioni del Novecento,
Roma, Donzelli, 1999, nel quale lautore, dichiarando fin dal titolo il suo amore
per il secolo giunto alla fine, formula a un tempo un implicito giudizio di valore
e ne pavesa il lutto.
3

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LA DISCHIUSURA DEL CAMPO LETTERARIO

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Cfr. Pierre Bourdieu, Les rgles de lart. Gense et structure du champ littraire,
Paris, Seuil, 1992 (trad. it., Le regole dellarte. Genesi e struttura del campo letterario, Milano, Il Saggiatore, 2005).
8
Su questo punto, si veda Romano Luperini, Tradimento dei chierici e lavoratori della conoscenza, Italian Culture, Michigan State University Press, n. 24-25,
2006-2007, pp. 169-181.
9
Per alcune delle nuove teorie sul nuovo statuto dellimmaginario, ci si pu
rivolgere a Marc Aug, La guerra dei sogni, Milano, Eleuthera, 1998, ad Arjun
Appadurai, Modernit in polvere, Roma, Meltemi, 2005 o a Slavoj iek, Lepidemia dellimmaginario, Roma, Meltemi, 2004, per alcune delle vecchie teorie a
Edgar Morin, Il cinema o luomo immaginario, Milano, Feltrinelli, 1982 (1956) e
a Id., Lo spirito del tempo, Roma, Meltemi, 2002 (1962). Una buona panoramica
su esse si trova in F. Carmagnola e V. Matera (a cura di), Genealogie dellimmaginario, Novara, UTET, 2008. Su questi temi, mi permetto anche di rimandare a un
mio breve saggio nel quale sono stati trattati frontalmente: Antonio Scurati, La
letteratura dellinesperienza. Scrivere romanzi al tempo della televisione, Milano,
Bompiani, 2006.
10
Cfr. A. Appadurai, Modernit in polvere, op. cit., p. 67 e segg. Per una posizione a favore in tutti i sensi della confluenza in una comune conca epocale di
letteratura e nuovi media, si veda Arturo Mazzarella, La grande rete della scrittura. La letteratura dopo la rivoluzione digitale, Torino, Bollati Boringhieri, 2008.
Pur partendo da premesse diverse, anche Stefano Calabrese argomenta a favore
dellipotesi di un attraversamento di soglia epocale dellattuale letteratura romanzesca. Il suo punto di vista particolarmente consono a quello qui espresso
perch Calabrese ritiene il nuovo orizzonte dischiuso da un esaurimento storico
del modernismo (di cui il postmodernismo sarebbe un prolungamento in parte
quintessenziale in parte antifrastico) e lo collega sia alla novit della compiuta
globalizzazione sia alla riscoperta di funzioni e prestazioni antropologiche protomoderne del romanzesco. Si veda, dunque, Stefano Calabrese, www.letteratura.global. Il romanzo dopo il postmoderno, Torino, Einaudi, 2005, in particolare
pp. 47 e segg.
11
Si veda in merito Marc Fumaroli, Lge de lloquence. Rhtorique et res literaria de la Renaissance au seuil de lpoque classique, Genve, Droz, 1980, p. 20. A
Zumthor e Fumaroli dedicher ampie sezioni del capitolo secondo.
12
Cfr. Tzvetan Todorov, La littrature en pril, Paris, Flammarion, 2007 (trad. it.,
La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti, 2008).
13
questo il ruolo che viene, per esempio, assegnato alla humanitas letteraria
nella sferologia di Peter Sloterdijk, con la quale il filosofo tedesco offre una
7

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

teoria complessiva della storia e dellidentit umana nellera della compiuta globalizzazione. Si vedano, in proposito, i celebri e controversi saggi nei quali Sloterdijk concepisce il processo di civilizzazione quale risultato di una omotecnica
volta a domesticare la violenza dellessere autoaddomesticando lumano in seno a
esso, omotecnica che fa perno sullumanesimo letterario. Si veda, in particolare,
Regole per il parco umano in Peter Sloterdijk, Nicht gerrettet. Versuche nach
Heidegger, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 2001 (trad. it., Non siamo ancora stati
salvati. Saggi dopo Heidegger, Milano, Bompiani, 2004) e Id., Im Weltinnenraum
des Kapitals, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 2005 (trad. it., Il mondo dentro il
capitale, Roma, Meltemi, 2006).
14
Lespressione viene qui a definire la letteratura dal punto di vista di una teoria
retoricamente orientata che la pensi nella sua cosalit sia al livello di macro
che di microsistema discorsivo e sta letteralmente a significare tutto ci che
stato scritto, in un senso enciclopedico inclusivo. Un testo vasto quanto la
vicenda umana la cui storia non pu che essere fatta sotto forma di inventario
ragionato. Cfr. Marc Fumaroli, Lge de lloquence, op. cit., pp. 17 e segg.
15
Wolfgang Sofsky, Traktat ber die Gewalt, Frankfurt am Main, Fischer, 1996
(trad. it., Saggio sulla violenza, Torino, Einaudi, 1998, p. 56).

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO


La retorica come spazio di mediazione vs. la metafisica delle
poetiche moderniste
Ceteros pudeat, si qui se ita litteris
abdiderunt, ut nihil possint ex eis
neque ad communem adferre fructum
neque in aspectum lucemque proferre
Cicerone

0. Un regno di questo mondo


Non senza un dichiarato piacere che Roland Barthes si trova ad
attestare il radicamento storico della riflessione sul linguaggio nelle
diatribe per la spartizione dei luoghi, per il possesso della terra:
gustoso constatare che larte della parola originariamente legata ad una
rivendicazione di propriet, come se il linguaggio, in quanto oggetto di
una trasformazione, condizione duna pratica, si sia determinato non gi a
partire da una sottile mediazione ideologica (come potuto accadere per
tante forme darte), ma a partire dalla socialit pi nuda, affermata nella
sua brutalit fondamentale, quella del possesso terriero: s cominciato
da noi a riflettere sul linguaggio per difendere il proprio bene. al livello
del conflitto sociale che nato un primo abbozzo teorico della parola finta.1

Larte della parola cui Barthes si riferisce svilupper, nei secoli,


quel primo abbozzo teorico nato a livello del conflitto sociale; sar,
nei termini dello stesso Barthes, il metalinguaggio che ha per proprio linguaggio-oggetto il discorso: sar, insomma, la retorica. Corpo
dottrinario di precetti e regole che governano la tecnica della parola

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

persuasiva; istituzione pedagogico-culturale preposta allistruzione


superiore, e mai aliena al ruolo di propedeutica generale; protoscienza degli effetti del discorso; pratica sociale di conquista e consolidamento del potere tramite il dominio del linguaggio: sotto tutti questi
aspetti il cui assieme configura un sistema la retorica ha regnato
in Occidente per due millenni e mezzo, da Gorgia a Napoleone III
(La retorica antica, p. 10).
Due dunque sono le premesse sulle quali Barthes poggi le proprie lezioni attorno alla retorica antica: lorigine dellarte retorica nella brutalit fondamentale della socialit pi nuda, ed il dominio
millenario sullOccidente da parte del sistema che l nacque.
Erano i presupposti di un percorso che fin dal titolo si voleva consacrato alla cultura antica, ma il cui orizzonte sotteso restava, per
Barthes,2 la teoria della modernit; da quelle premesse segu inevitabilmente una conclusione che travalicasse il perimetro dellantichit,
e che nellintima attinenza con il noi, con tutta la nostra letteratura veniva percepita gi dal proprio autore come sconvolgente:
[la] constatazione, abbastanza sconvolgente nel suo scorcio, che tutta la
nostra letteratura, formata dalla retorica e sublimata dallumanesimo,
uscita da una pratica politico giudiziaria (a meno di mantenere il controsenso che limita la retorica alle figure): l dove i conflitti pi brutali, di
denaro, di propriet, di classe sono assunti, contenuti, ammansiti e mantenuti da un diritto di Stato, l dove listituzione regolamenta la parola
finta e codifica ogni ricorso al significante, l nasce la nostra letteratura.
(op. cit., p. 110)

Collocando il nostro sguardo entro langolo visuale di questo scorcio barthesiano, nel punto in cui il cerchio che collega le premesse
della riflessione di Barthes alla sua conclusione si chiude, vorrei provare a dischiudere una prospettiva teorica che comprenda i rapporti
tra retorica e letteratura entro lorizzonte maggiore dei rapporti tra
retorica e violenza.
Posto che la retorica si origina in un conflitto brutale, e che il suo
regno sullOccidente si estende fin dove arriva il dominio del discorso, ci che noi oggi (con un termine che riflette unidea molto tarda)
definiamo letteratura, deve appartenere al dominio della retorica
e, di conseguenza, conservare un rapporto fondamentale con quella

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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violenza contro cui la retorica si erge nella propria relazione dorigine.


Secondo questa ipotesi, ci che oggi noi definiamo letteratura conserverebbe ancora, in qualit di pratica culturale, i tratti che ne fanno
loggetto privilegiato della retorica, pensata come impresa millenaria
di elaborazione della violenza.
di nuovo Barthes a offrirci un altro scorcio su questa medesima
prospettiva. Ad epigrafe di uno dei suoi ultimi scritti troviamo una
lapidaria citazione da Hobbes: Lunica passione della mia vita stata
la paura.3 Trattandosi di un saggio che immagina unestetica fondata
fino in fondo sul piacere del testo goduto dal consumatore, e che celebra questo piacere identificandolo come il valore promosso al rango
sontuoso di significante (Il piacere del testo, p. 65), si sarebbe portati
a concludere che la letteratura sia proprio il luogo in cui si scateni
leuforia lubrica del significante. Ma lepigrafe hobbesiana che per la
sua perentoriet si direbbe un epitaffio funge da monito e richiama
inequivocabilmente a maggior prudenza.
Nella migliore delle ipotesi, la letteratura pu essere un istante di
sollievo dalleterna paura che attanaglia la vita. Ma se questo rapporto
che avvince paura e letteratura in un legame dorigine andasse pensato
diversamente, e in modo pi radicale? Se la letteratura non fosse quel
distillato di squisitezze poetiche in cui lumanit rompe con la paura elevandosi alle altezze di una eccellenza ma fosse, proprio in virt
della sua natura retorica, continuamente in rapporto con la paura, ed
a contatto con essa su di una superficie vasta quanto linsieme dei prodotti culturali della scrittura? Se la paura eterna da cui Barthes sembra
liberarsi nel piacere del testo fosse una paura atavica dellumanit? Se
le prestazioni retoriche della cultura letteraria, fin da tempi ancestrali,
non fossero un palliativo contro la paura quale generica cifra esistenziale, bens un pharmakon contro loggetto focale della paura, cio la
violenza? Una violenza che, sin dai primordi della storia umana (giacch la preistoria termina proprio con lavvento di questa nuova, tragica
priorit), per luomo innanzitutto violenza delluomo sulluomo.
1.1 Balzi, bizze, scarti: lestetica equestre della modernit
Questo genere di interrogativi mi ha pungolato a ripensare lottica
che ha via via governato le teorie della retorica, e quelle della lettera-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

tura. Si potrebbe forse dire che nellinterstizio tra lepigrafe dellopera


di Barthes e la teoria del piacere del testo che essa presenta, fossero
racchiuse due concezioni opposte di che cosa sia la letteratura: luna
basata sullidea di scarto, laltra su quella di continuit.
La prima vede nella distinzione estetica lessenza della letteratura e
la sua identit: la letteratura si identifica a partire dalla propria separatezza rispetto ad ogni altra forma di discorso in virt dei valori estetici che sono sue prerogative esclusive. Lidea dello scarto comporta
ovviamente unideologia appropriata, entro cui la serie delle discriminazioni non ha mai fine. La prima discriminazione esclude i costrutti linguistici che portano il nome di letteratura dalla giurisdizione
della retorica. Se mai viene concessa uningerenza, ad avere titolo sar
solo una parte della retorica, vale a dire la elocutio, teoria dellornato
e delle figure. E tra le figure verranno privilegiate le opzioni di maggior densit semantica, che comportino uno scarto dagli usi comuni
del linguaggio. Lo scarto tra uso comune ed uso creativo riproduce
quello tra veicolo e tenore nel tropo, il tropo quello tra ambito del
letterale e del figurato, e questo la struttura di scarto che rapporta
il significante al significato. Linsieme di queste articolazioni proietta
lidea di letteratura come generata nello scarto rispetto alluniverso
del discorso generale.
In Aristotele si pu rintracciare una forma di autorizzazione per
lideologia dello scarto da cui derivano le teorie letterarie che riducono tutta la retorica a dottrina delle figure, e lessenziale del processo creativo alla dinamica di smarcamento che sussiste tra la coppia
proprio/figurato. Nella sensazione di straniamento, etimologicamente inteso, Aristotele gi individuava il piacere del testo: allontanarsi
dalle locuzioni comuni []; noi proviamo a questo proposito le stesse
impressioni che si hanno in presenza di stranieri: bisogna dare allo
stile unaria straniera, poich tutto quello che viene da lontano accende lammirazione.4
Lideologia della modernit letteraria si nutrir di un principio estetico radicato in questa matrice. Verit e bellezza vengono congiunte in
un sempre rinnovato amplesso, agendo di conserva con lentusiasmo
per il progresso, lavvenire, il cambiamento, la trasformazione. Larte
si incarica di svelare il fondamento della razionalit nella sfera sensibile, riconducendo luomo alla scaturigine del suo intelletto: entro le
regioni della sensorialit. La genesi della ragione sarebbe dunque nei

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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sensi, e lesperienza sensuosa delle forme dellarte secondo questa


idea pregna di ottimismo guiderebbe per mano luomo fino a ritrovare le fondamenta della ratio nel substrato estetico.5
1.2 La radice nuda: antropologia della continuit con il fondo animale
La concezione della letteratura imperniata sullidea del continuo
fa propria tuttaltra visione dellinedito, dellinaudito, dellineffabile,
opposta a quella che congiunge escatologia della verit ed epifania
della bellezza, ed affine piuttosto alle indicazioni che lantropologia
culturale ci offre a proposito dello straniero e dei diversi barbarismi.
Tutto ci che nelle societ primitive veniva a rivestire il significato
di devianza, di scarto dalla norma, anche nel senso dellelevazione
rispetto alla mediet, chiunque venisse ad occupare il posto dellaltro e lo straniero era figura paradigmatica dellalterit annunciava
la violenza. La dinamica antropologica di piena reversibilit, di cui la
duplice accezione della parola ospite conserva ancora oggi la traccia, faceva dello straniero il portatore della sacralit nella misura in
cui lo designava come sacrificabile. Lelevazione al rango di divinit di cui lo straniero era investito implicava il rovesciamento che lo
esponeva come vittima sacrificale: parimenti vi era totale reciprocit
e reversibilit tra la minaccia che lo straniero comportava e la minaccia cui era sottoposto.6
a questordine del sapere che la concezione della letteratura imperniata sullidea del continuo si rivolge: la letteratura viene appunto
collocata nel continuum antropologico, vale a dire tra le altre forme
vitali di una cultura pensata a partire dalla saldatura con il fondo
animale delluomo. Si osserva luomo come specie animale, e le forme
culturali come incessantemente compromesse con questa base e con
le sue urgenze (cio le condizioni elementari della sopravvivenza).
La contrapposizione frontale rispetto alla concezione dellumano
come essere spirituale, dedito a cogliere nellarte e nella letteratura i
frutti pi maturi, pendenti dai rami pi alti, dellalbero della ragione.
Un essere immaginativo e forse immaginario che si sarebbe emancipato per sempre dalla strettoie della propria condizione naturale
proprio grazie allesercizio delle facolt superiori.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

2.1 Vico bifronte


La figura di Giambattista Vico pu essere considerata il Giano bifronte di questa alternativa. La duplicit in seno alla storia dellermeneutica vichiana forse meglio di ogni altra illustra la divaricazione tra
le concezioni poetica e retorica della letteratura: a seconda di come
viene interpretato, Vico diviene una massima autorit ora per luna
ora per laltra prospettiva.
Se si privilegia lequazione origine/poesia/verit, la Scienza nuova
di Vico viene letta come un trattato sulle origini dellumanit quale
momento fondamentale in cui le sporgenze creatrici del linguaggio,
facendosi strumento della produttivit spirituale nellidentit di verum e factum, elevano una volta per tutte luomo al di sopra dello stato
di natura. Una volta stabilita la relazione fondamentale che la facolt
poetica intrattiene con lorigine e la verit, vi si individua lessenza
delluomo pensato come essere spirituale. Tutto ci che nelluomo non
partecipa di questa essenza viene ridotto al rango di accidente, cos
come tutto ci che nella letteratura non suprema creazione originale
viene scartato in quanto mera esteriorit retorica. questo il punto di
vista di Benedetto Croce, che fa di Vico un precursore dellidealismo
tedesco ed un fautore ante litteram della propria concezione idealistica della poesia (lidentit di intuizione ed espressione), distinta non
soltanto dalla retorica ma perfino dalla letteratura.7 In quella metafisica poetica che Vico attribuisce allinfanzia dellumanit si legge
cos una figura delle eterne verit della philosophia perennis, mentre
nelle superiori facolt intellettuali che consentono al filosofo di produrre un pensiero speculativo si colloca lessenza delluomo come essere razionale.
Non appena si ricollochi il pensiero di Vico nel solco della tradizione retorica cui appartiene, le vichiane origini poetiche dellumanit
assumono un significato completamente diverso. Quelle metafore
originarie, grazie alle quali i primi uomini presero coscienza di s
e del mondo, si rivestono del proprio carattere di metafore native,
popolari, e ci appaiono come le forme embrionali di un sensus communis sociale. Secondo la lezione retorica di Cicerone, il linguaggio
ora pensato come funzione della povert istintuale delluomo, come
un aspetto della sua estrema precariet antropologica, della sua finitudine storica ed animale: certamente non pi come espressione della

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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sua ricchezza speculativa, della sua infinit spirituale. In questottica,


i tropi, le figure retoriche, non sono manifestazioni dellistinto speculativo del linguaggio, sembianti della perfezione del concetto, fenomeni di quella bellezza in cui si riflette leccellenza della razionalit;
essi sono piuttosto accomodamenti, espedienti che cercano una via di
salvezza nella creazione di uno sfondo comune per la comprensione
reciproca: sono semmai necessit della comunicazione che sorgono
dalla penuria della nostra condizione.8
2.1.1 Civi(li)tas come luogo comune: uno spazio per il sorgere delluomo
Le verit riposte che la metafisica filosofica proietta sulle supposte origini poetiche dellumanit ci appaiono ora come un lusso
che quellumanit non poteva assolutamente permettersi. Secondo
una lettura che dunque si distanzi dallidealismo, la scienza nuova
di Vico in quanto erede della tradizione retorica ripudia lidea
stessa di verit come fondamento della cultura umana e fondativa per
levoluzione della sua civilt; lancia anzi la propria sfida alla nozione intellettualistica dellorigine della mente: i principi del discorso
contengono in s, se ci si riflette sopra in modo appropriato, i semi
della coscienza storica, se non di un vero e proprio storicismo, tale che
si potrebbe dubitare che Vico, se fosse stato estraneo alla tradizione
della retorica, avrebbe mai scritto una scienza dellumanit.9 Lidea
vichiana secondo cui la prima sapienza volgare fu poetica coglie
lurgenza di unelementare situazione antropologica, non la libert in
cui si manifesta la superiore essenza spirituale. Vico daltronde ricalca
lantico topos delloratore che con la forza di persuasione del discorso
eloquente fonda la civilt umana:
N di certo con un fine diverso i poeti pi sapienti cantarono nei loro
miti che Orfeo aveva ammansito con la lira le fiere, che Anfione col canto aveva mosso le pietre e che, allarmonia di quel canto disponendosi
luna sullaltra esse da sole, aveva munito Tebe di mure []. Quelle pietre, quelle querce, quelle fiere sono gli uomini stolti, Orfeo ed Anfione
i sapienti che hanno unito la conoscenza delle cose divine e lesperienza
delle cose umane con leloquenza, e che con la forza suasiva dellelo-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

quenza conducono gli uomini dalla solitudine agli umani consorzi, cio
dallegoismo al culto dellumanit, dallignoranza di ogni arte allattivit
operosa, dalla libert sfrenata al rispetto delle leggi, e con luguaglianza
dei diritti civili dettata dalla ragione inducono i violenti che troppo confidano nelle loro forze a vivere insieme con i deboli.10

La provenienza ciceroniana del topos, unitamente al continuo riferimento in esso alla violenza della forza bruta contro cui sorge il
discorso suasivo dei primi sapienti, spoglia di ogni lirismo la poesia
delle origini poetiche dellumanit, cantate in seguito da altri poeti
nei loro miti.
questo della retorica civilizzatrice un topos metaretorico, in cui
risiede il concetto stesso della retorica come logica del luogo comune: largomento principe dal quale si sviluppa il metadiscorso della
retorica sulla retorica quale sedes argomentorum. In un frangente in
cui persuasione e violenza stanno in rapporto di reciproca elisione, la forza coesiva della retorica consiste proprio nella produzione di
topoi, luoghi comuni discorsivi la cui fondamentale efficacia comunicativa, al di l del loro particolare contenuto topico, sta nel rendere
possibile una comunit ponendo il discorso in luogo della violenza.
La versione ciceroniana di questo particolare topos non lascia dubbi
sul fatto che lessenza della retorica vada individuata nella capacit
persuasiva, che a sua volta dipende dalla forza topologica, funzionale
al bando della violenza:
Ci fu un tempo in cui gli uomini vagavano per i campi a mo di bestie e si
sostentavano con cibi ferini e nulla operavano servendosi della ragione,
ma la gran parte delle cose risolvevano con luso della forza fisica. Non
vera ancora alcun culto della divinit e nulla che regolasse i rapporti tra
uomo ed uomo []. In tal modo e per errore e per ignoranza, la cupidigia
cieca ed incontrollata dominatrice dellanimo, abusava della forza bruta
come di dannosissimo satellite, pur di raggiungere il proprio appagamento []. Non mi pare possibile che una sapienza muta e priva di voce
abbia potuto trarre gli uomini dai loro costumi per condurli ai differenti
ideali di vita []. [E anche] dopo che furono edificate le citt, come
avrebbero potuto questi uomini imparare a tener fede e ad osservare la
giustizia [] se non fossero stati resi capaci dalleloquenza di persuadere
i propri compagni delle verit scoperte dalla ragione?11

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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2.1.2 Bellum contra bellum: strappare alla violenza un lembo di terra abitabile
Il mythos delle origini della retorica sarebbe dunque un mito antropologico (sebbene, come ci sar modo di precisare, differente da
un mito nel senso pi stretto): narra dellorigine della retorica narrando lantropogenesi delluomo, racconta della scaturigine del discorso
collocandola nellurgenza fatidica di unumanit posta di fronte alla
violenza. La conoscenza apodittica in chiave teoretica nulla pu contro la ferocia. A riguardo dellidea di piena razionalit, la persuasione
retorica precisamente quella piccola violenza con cui lumanit si
sottrae alla violenza indiscriminata, allhobbesiano bellum omnium
contra omnes. Daltronde, il razionalismo filosofico indovin sempre
nella retorica una violenza contro lideale della ragione:12 in effetti
la retorica estremamente prossima alla violenza, sta sul suo stesso
piano, al livello dove luomo si salda con il proprio fondo animale;
eppure, proprio perch prossima alla violenza, ad essa si oppone. Se
pu avere successo perch parla il medesimo linguaggio: il linguaggio della paura, quale risvolto soggettivo dellaltrimenti irriducibile
oggettivit della violenza, brutalit del fatto bruto.
Ma, come vedremo, limpotenza della conoscenza di fronte alla ferocia implica per la tradizione retorica vichiana lesclusione dellidea
di purezza poetica in senso estetico. Lorigine dellumanit, del discorso umano, e di ci che noi oggi definiamo letteratura in quanto
partecipe di quello, , secondo questa visione, unorigine ferina; tale
origine decide del perdurante carattere retorico della letteratura nonch del prevalente carattere topologico della retorica.
Il mito fondamentale del metadiscorso retorico una narrazione
stereotipica degli inizi e non un racconto archetipico delle origini.
Proprio per questo la continuit della letteratura con la nascita del
discorso umano (e la sua appartenenza alla generalit di esso) concepibile dalla retorica, e soltanto dalla retorica. Ad ogni intuizione
della genesi nella tradizione retorica corrisponde sempre la categoria
dellinizio, non quella dellorigine: a ci corrisponde la forma della
narrazione della genesi, che sempre quella del topos e mai quella del
mito vero e proprio. Se la cultura fu in initio nientaltro che lefficacia
della persuasione retorica come unica forma accessibile di discorsivit, date le ristrettezze di una ragione che doveva affermarsi inter

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

rudes, le modalit caratteristiche di una retorica della cultura potrebbero essere le pi adeguate a seguire le tracce di quel primo impulso
lungo lintera evoluzione della specie e la storia delle civilt.
2.2 Dallorigine come mito poetico al mythos degli inizi
Una visione cos impostata sostituisce alla triade di origine/verit/
poesia, lequazione inizio/persuasione/retorica.13 I caratteri di precariet e necessit che questa visione attribuisce ai primordi della ragione discorsiva definiscono infatti anche il suo concetto: la nozione di
inizio, a differenza di quella di origine, non implica un assoluto. La
storia umana viene ora compresa nellordine retorico della ripetizione, e non pi nellordine logico della razionalit deduttiva. Di contro
alla prospettiva retorica, perde ogni consistenza larmatura teleologicamente orientata che saldava origine e fine, forte di una medesima
ratio superiore e trascendente, destinata a manifestarsi come telos.
Per la retorica non sussiste unorigine mitica della propria ragione,
ma solo inizi storici ripetuti: dacch al mito dorigine corrisponde,
nel caso della retorica, una narrazione dellinizio, e dacch gli inizi
non hanno mai fine, anche il concetto di ragione risponder a questa
assenza di fondamenti certi, si produrr e perdurer in un regime di
carenza archetipica. Se la genesi del discorso priva di unorigine
assoluta, la razionalit di esso non abbisogna di una verit fondamentale, e viceversa.
Sotto lo sguardo sub specie humanitatis della retorica, tra luomo
contemporaneo ed il primitivo vi una comunione di inizi: essi si
incontrano sul piano antropologico in cui la prestazione persuasiva
della retorica culturale continuamente funzionale al bando della
violenza, non alla conoscenza della realt o alla rivelazione della verit. La letteratura pu allora essere pensata a partire dalla propria
retoricit come aspetto del suo atavismo. Il sentore di quellatto con
cui i sensuosi, grossolani bestioni che furono i nostri predecessori ancestrali, imbrattati dei propri escrementi come gli infanti, compresero
se stessi ed il mondo entro forme di contenimento della violenza e
del caos primigenio, dunque ci che vi di vitale nella odierna letteratura. Il radicale retorico il medesimo: la parola e la narrazione
come redenzione, costituita entro gli spazi del luogo comune, di un

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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mondo letale ed informe, la cui indistinzione non pone discrimini


alla violenza.
3.1 Liquidare la retorica
Raccontare la storia recente della retorica equivale a fornire una
versione della Querelle des Anciens et des Modernes. In piena et dei
lumi, alle soglie della modernit, la retorica entra infatti in un margine di esclusione storica. Come istituzione pedagogico-culturale,
dopo aver subito innumerevoli riforme nel corso dei secoli, la retorica
comincia a sgretolarsi: inizia infatti la lenta sparizione del suo insegnamento dai curricula scolastici, un processo che giunger a compimento soltanto nei primi decenni del ventesimo secolo. Ci accade
contemporaneamente alla riduzione e sclerotizzazione del suo corpo
dottrinario; la retorica come ambito di un sapere metalinguistico che
ha per linguaggio-oggetto il discorso, si riduce ad una sola delle sue
parti, la lexis o elocutio, la cui competenza si limitava tradizionalmente agli aspetti figurativi del linguaggio. La trattazione di questo aspetto particolare, ora divenuto interesse esclusivo dei retori, assume la
forma di una classificazione maniacale di tropi e figure e della loro
enumerazione. Grard Genette ha definito questo processo nei termini di una restrizione della retorica.14 Ci che accade che, venendo
meno il sistema retorico, si perde anche la retorica come sapere organizzato nella forma che Roland Barthes descrive usando limmagine
del reticolo,15 una rete tanto estesa da coprire lintera superficie del
discorso umano.
Contemporaneo al tramonto storico del sapere retorico un duplice avvento che contribuisce in misura notevole a segnare la soglia
della modernit: nasce lidea di letteratura e viene fondata lEstetica
filosofica. Laffermarsi dellidea di letteratura, alla vigilia del XIX
secolo, pu essere infatti interpretata come il rovescio della restrizione del sapere retorico ad una delle sue parti. Il concetto di ci che
fino a tutta la prima met del XX secolo verr comunemente inteso
con il nome di letteratura e qui con comunemente ci si riferisce alla ristretta cerchia di una lite intellettuale risulta infatti da
unoperazione di riduzione uguale e simmetrica a quella che invest il
sapere retorico. Entro lo sterminato ambito delle produzioni discor-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

sive delluomo viene ritagliato uno spazio delimitato e privilegiato,


che risponde a certi criteri storici di eccellenza formale, separandolo
dal resto. Questa distinzione si basa su di un paradigma fornito dalla
nuova branca della filosofia denominata Estetica: il risultato di una
siffatta enucleazione verr ritenuto il luogo esclusivo di un nuovo ordine di valori, i valori estetici per lappunto, e ci si riferir ad esso con
la parola letteratura. Il termine in cui ancora oggi si avverte leco
di un principio di discriminazione segna in effetti il discrimine tra i
valori letterari (e pi generalmente artistici) fondati sulla concezione
estetica da un lato, e dallaltro lintero universo del discorso umano
che, essendo escluso da quella sfera, risulta ora essere agli occhi dei
letterati senza valore.
Il linguaggio-oggetto del metalinguaggio retorico, che era lambito
complessivo del discorso, stato ridotto quanto meno sotto il profilo
assiologico ad una sua parte minima, conseguentemente alla riduzione del metalinguaggio corrispondente; ci potuto accadere anche
in virt del fatto che questa porzione venga pensata come essenza,
come sede del valore assoluto, cio di ci che vale per tutto il resto. Il
tesoro della corona stato liquidato in moneta corrente come collezione di tropi, ma questa divisa ha alienato nella propria indistinta unit
di misura leredit pi specifica e intrattabile del lignaggio retorico: si
optato per un capitale spendibile, fungibile, perfino computabile;
fingendo che in esso si consumasse una piena equivalenza rispetto ai
pezzi unici da cui lo si era estratto.
3.2 Distillare il poetico
Lo spazio mitico del valore letterario definir altres lambito del
poetico per esclusione di ogni altra forma di produzione discorsiva,
orale o scritta, che in una circolarit vincolante non sia ritenuta essenziale. I criteri formali di distinzione, che secondo lideologia della
letteratura16 sarebbero manifestazione di tale prerogativa ontologica
di una parte del linguaggio umano, si riducono in ultima analisi a
degli stilemi che, per lo pi, coincidono con i moduli espressivi tipici
della poesia lirica, e ad alcuni topoi intellettuali che costituiscono il
tessuto ideologico del movimento romantico prima e di quello modernista poi.

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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Tuttavia, come si detto, laggettivo poetico, da qualificazione


specifica di un particolare genere di discorso rispondente ad alcune caratteristiche metriche, diventa nel sostantivo poesia indice di
una definizione universale dellessenza metafisica delluomo, e di qui
questa sostantivizzazione si ripercuote sullaggettivo, che ora viene a
significare lunit di verit e bellezza.
La polemica del movimento romantico contro la retorica si spiega
cos alla luce di una tautologia: la cultura romantica, riconoscendo se
stessa sulla base della letteratura quale propria invenzione specifica,
dipende da un meccanismo di distinzione discriminante, che applica
alluniverso del discorso umano dominio della retorica il principio
di esclusione poetica. La poesia per definizione il linguaggio purificatosi dalla propria dimensione retorica, la retorica limpoetico per
definizione.
4.1.1 Dalla praxis alla poiesis: liberi di creare, liberati dallagire
Come anticipato, linvenzione della letteratura poggia sul paradigma teorico fornito da una nuova disciplina: lEstetica filosofica.
Ma un occhio attento vi intravede anche uno slittamento di paradigma antropologico. Lothar Bornscheuer ha ricostruito in maniera assai perspicua la storia di questo mutamento, sebbene con un intento
apologetico che non risulta altrettanto condivisibile. I primi passi del
secolare percorso sarebbero stati intrapresi con il rinnovamento umanistico della retorica ad opera del Rinascimento italiano: Bornscheuer
li descrive nei termini di un processo di poietizzazione.
Contro la rigida gerarchia dellordine socioculturale medioevale,
che si rifletteva nel tradizionale sistema retorico, il rinnovamento della retorica rinascimentale avrebbe spostato il baricentro funzionale
della techne dallambito della praxis a quello della poiesis. Prende avvio cos il processo che sarebbe culminato nel superamento della retorica ad opera della estetica dellautonomia dellidealismo tedesco:
Infatti la funzione socioculturale dellantica retorica occidentale tra le
septem artes liberales era quella di praxis nel senso antico della parola: la
sfera dellattivit politica che, per llite politico-culturale dei liberi aveva
in s il suo fine.17

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Il mutamento da cui sorger la nuova retorica poetica sposta il


baricentro della retorica dalla sfera delle artes liberales a quella degli studia humanitatis e, in particolare alle nuove artes, arti figurative
e della poesia. Il risultato fu che larte del discorso prese congedo
dalla funzionalit socioculturale che la legava alloratoria civile: si
trasform in bella oratoria, rivolgendo il proprio interesse alla versificazione e alla teoria delle figure.
4.1.2 Can you picture what will be / So limitless and free
Il paradigma antropologico su cui si baser lestetica dellautonomia dellidealismo tedesco elegger a oggetto principe lidea di
letteratura poetica, modellandola sul nucleo formale del poema
lirico. Le sue radici dunque suggono linfa dal mito teologico della
creazione in cui lhomo faber inteso come artifex, cio creatore a
propria volta:
La visione dellessenza e del luogo dellumanit [] come creatura priva di qualit determinate e di un preciso luogo cosmico e metafisico a
lei destinato, creatura la cui determinazione consiste piuttosto nel fatto
che essa deve decidere da s non solo il suo luogo nel mondo, ma anche
la sua stessa natura, senza limitazione alcuna, secondo libero arbitrio,
modellandosi e definendosi liberamente, con le proprie forze. (Retorica
e paradigmi antropologici, p. 36)

Questa la transunzione che Bornscheuer propone della concezione di dignit divina spettante alluomo secondo Pico della Mirandola. Lestetica tedesca tradurr poi con Herder il mito umanistico nel
principio antropologico della forza della debolezza; con le Lettere
sulleducazione estetica delluomo di Schiller, giunger a compimento
lidea delluomo come libero e sovrano fautore di s nella propria autodeterminazione ed autoperfezionamento poetico:
La retorica che accomuna la serie degli antenati, Protagora, Pico, Schiller, non consiste nella dimensione stilistica ma in quella antropologica
che, nonostante le diversit storico-culturali verte sulla determinazione
della praxis umana come poiesis, e precisamente una poiesis per cui larti-

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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giano con le sue opere produce la sua stessa natura e la sua specifica ratio
bene vivendi completamente da s. (op. cit., pp. 38-39)

4.2.1 Una prigione senza confini


Secondo Bornscheuer insomma la modernit si sarebbe inaugurata allinsegna di un glorioso movimento antiretorico. Il rifiuto della
tradizionale retorica di scuola coinciderebbe con la nascita di una
nuova retorica, imperniata sul soggettivismo poetico. Lo spirito
apologetico di celebrazione della moderna sensibilit estetica porta
per Bornscheuer a trascurare alcuni aspetti cruciali di questa novit,
come ad esempio il fatto che lidea di unautofondazione poetica su
base estetica resti interamente inscritta nella concezione della ragione elaborata dalla tradizione razionalistica, si muova interamente nel
solco se non nel cerchio, nel circolo della metafisica occidentale.18
Ma ci che pi interessante per i nostri scopi che Bornscheuer interpreti come ampliamento della dimensione antropologica di
grande fecondit quella che di fatto una restrizione:
Linnovazione epocale moderna qui in questione consiste nel fatto che
lantropologia del dualismo psicofisico [la dottrina cartesiana delle due
sostanze] destruttura lantropologia sociale antica e medievale, in quanto
degrada lordo sociale a mondo delluomo esteriore [] in quanto priva
poi il concetto idealmente tipico di uomo di ogni qualit determinabile pubblicamente ossia in senso politico-sociale []. Gi tramite questa
distruzione protomodema dellantropologia sociale antica e medievale, e
non solo attraverso la filosofia dellidealismo tedesco, lantico nesso costitutivo di societas, ratio e oratio viene dissolto. (op. cit., pp. 43-44)

Ma in questa stessa descrizione di ci che Bornscheuer celebra


come innovazione contenuta la diagnosi di unalienazione che
miner luomo moderno: ne causa ed effetto a un tempo lavvento
dellidea di letteratura come sfera separata dal campo complessivo
del discorso umano, sulla base della distinzione estetica. Infatti la
nuova ratio bene vivendi da conquistare attraverso le litterae si riveler ben presto puro mito intellettuale, capace di alimentare unillusione maligna di cui lo straniato e morboso immaginario romantico

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

partecipe. Bornscheuer stesso implicitamente lo riconosce citando le


riflessioni di Luhmann in merito alla antropologia della sensibilit e
dellinquietudine.19
La decadenza della vecchia ars a tecnica di maniera in realt, come si detto e come vedremo, il risultato di una sua restrizione ad un particolare. Laggressione portata al modo di pensare per
classificazioni e per topiche non soltanto unemancipazione dal
convenzionalismo. Anzi, dietro lafflato emancipatorio si annida una
riduzione delle possibilit comunicative che linventio (come teoria
della argomentazione suasiva) garantiva al discorso umano: a esclusivo vantaggio dei valori espressivi della scrittura poetica sostenuti
dalla elocutio (in quanto teoria delle figure esornative).
Nonostante ci Bornscheuer celebra nellestetica idealistica delleffetto il quadro teorico di una nuova arte della persuasione in cui lintenzione persuasiva propria di una retorica delleffetto si rovescer in
arte dellautopersuasione da parte di ogni destinatario-tipo. Al destinatario viene riconosciuto il diritto fondamentale proprio dellestetica della ricezione, quello alla libert dellanimo (op. cit., p. 47).
Il soggetto destinatario delleloquenza dei moderni muta dunque
rispetto a quello degli antichi: esso non pi interpellato come soggetto sociale. Linterlocuzione diretta tra animo ed animo, tra intelletto
ed intelletto, salta lambito pubblico quale ambito della mediazione,
e quindi delle determinazioni storiche e sociali di una data cultura.
Rimane, monocratico, lideale di un cosmopolitismo universalista. Si
finisce cos per tacciare paradossalmente di unidimensionalit
latteggiamento della retorica precedente:
Lideale illuminista di una autentica socievolezza umana [Schiller] []
non consente pi alcuna determinazione sociale limitante, ma [] mira
ad una capacit di comunicazione letteraria degli uomini nella completa
valutazione antropologica per contrasto con ci si pot definire unidimensionale lorientamento socioantropologico sotteso alla retorica antica. (op. cit., p. 51)

Il programma di unestetica autonoma rimane, dal punto di vista della


produzione, incentrato sullidea di effetto; ma per altro verso il progetto
vuole valorizzare lambito della ricezione, attuando un cambiamento che
si presume liberatorio, ma che acquisir i tratti alienanti dellastrazione.

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Pur sempre finalizzata alleffetto, la strategia persuasiva dellestetica si


rivolge al pathos ed ethos delluomo naturale nel suo universale essere
umano e nella sua insostituibile individualit (op. cit., p. 53), non gi
alla cultura dellhomme social, storicamente e socialmente delimitata.
4.2.2 Soggetti privati
Il carattere mediatico del libro pensato a sua volta come un veicolo neutrale che si autotrascende mettendo in contatto due interiorit umane, due intimit emotive, in una comunicazione da cuore a
cuore, senza alcun passaggio tracciato dallesterno; non vi si scorge il
luogo in cui ogni esteriorit socioculturale si ricapitola nella esteriorit
del linguaggio. La materialit del libro come concrezione fisica di una
storia produttiva e di rapporti economici invece che ricordare quanto
di altro sia depositato pure nel linguaggio sublima nella metafora di
una finestra magica. La persistenza pesante della scrittura, della carta,
della legatura, si dissolve in una pretesa trasparenza che sembra preconizzare le grammatiche di media ben successivi.20
Al di l del carattere idealistico di tale prospettiva, ci che
Bornscheuer sembra qui non vedere lo scacco gi insito nella stessa fondazione estetica dellidea di letteratura illuminista come gioco
delle parti antropologico emotivamente condotto nella sfera privata.
Quellidea strutturalmente organica allideologia della interiorit
che contribuisce a creare. In quanto tale, diverr un aspetto del processo destinato a recludere luomo moderno nella sfera del privato: il
cittadino del mondo moderno si definir egli stesso, appunto, come
un privato. Ma laspetto di privazione, cruciale per la moderna tragedia della cultura qui viene completamente ignorato.
La concezione antropologica implicita nella trasformazione della
retorica delleffetto in estetica delleffetto poggia sullipotesi di uno
stato estetico. Si tratterebbe dellambito di libero godimento spirituale delle opere darte e dingegno, distinto da ogni altra umana
esperienza. Qui risiede la fiera pretesa allautoesclusione da ogni effetto che si scopra funzionale alla societ nella concretezza della praxis
quotidiana (op. cit., p. 55).
Lideale estetico di unautentica socievolezza confida nellipotesi
che la disposizione estetica (emancipandoci dai limiti di una so-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

cialit storicamente e culturalmente determinata, proprio in virt


della separatezza dello stato estetico) ci ponga in una disposizione
danimo che comprende in s la totalit dellumanit, precisamente
perch in essa ci sentiamo strappati fuori dal tempo (Schiller, cit.
in op. cit., p. 55).
Ci che il commentatore non menziona che la libert dello spirito garantita dalla libert poetica delloggetto estetico, il quale
ci strappa fuori dal tempo, ha il suo rovescio nello sradicamento
delluomo moderno. Come le filosofie successive allilluminismo e
larte successiva allestetica idealistica non mancheranno di insegnarci, la struttura concettuale della libert spirituale e poetica la medesima dellalienazione sociale, dellangoscia esistenziale e del nichilismo culturale.
4.3 Unantropologia infeltrita per un animale complesso?
Rimanendo allinterno della prospettiva di Bornscheuer non vi
modo di sfuggire allalternativa tra lidea di una modernit sublimemente poetica, ed il suo rovescio incarnatosi in una modernit tragicamente impoetica; tra il compiacimento estetico ed il compianto
nichilista. C per unalternativa alla prospettiva di Bornscheuer. E
lalternativa dipende da un ridimensionamento non della modernit
ma del modernismo. A questo ridimensionamento corrisponde viceversa un ampliamento del significato del termine antropologico,
dalla sua accezione filosofica (metafisica) a quella culturale.
Lantropologia considerata da Bornscheuer, sebbene egli si riferisca
agli effetti di un ampliamento, in realt unantropologia ristretta
perch inscritta interamente nella tradizione del pensiero filosofico,
cio limitata alla problematica della metafisica. Per essa luomo soltanto e sostanzialmente lessere razionale. La tradizione retorica
invece di per s alternativa a quella del pensiero filosofico, cos come
lo anche la sua antropologia: luomo ne integralmente investito in
quanto viene pensato come animale che ha la parola. Limmagine proiettata in questo quadro collima con quella elaborata sistematicamente
dalle scienze antropologiche contemporanee, che nonostante i diversi
approcci contribuiscono tutte alla definizione di unantropologia culturale in senso peculiare (anche al di l della differenza basilare tra

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rigido determinismo biologico e teorie della complessit indeterminata).21 La concezione che cos si delinea cessa di collocare le prestazioni
simboliche e linguistiche delluomo sullo sfondo dellopposizione tra
cultura e natura, cio tra la produttivit dello spirito e linerte fondo
animale delluomo. Quelle prestazioni vengono invece situate nellorbita di una cultura che pensata come differenza specifica del genere
umano in quanto specie animale.
5.1 Reazioni metafisiche
Se si adotta la prospettiva di una storia della retorica come alternativa a quella della filosofia, la poetica estetologica considerata da
Bornscheuer non appare pi come una novit assoluta, bens come
un movimento di reazione interno alla tradizione metafisica e dunque partecipe di esso:22
Il pathos moderno per la produzione autenticamente umana nellarte
e nella tecnica scaturisce dalla reazione contro la tradizione metafisica
dellidentit di essere e natura e la definizione dellopera umana in quanto
imitazione della natura stata la precisa conseguenza di questa identit.

Questo movimento di reazione si spiega col fatto che nella metafisica antica della imitatio non rimaneva alcuno spazio per la concezione della azione autentica delluomo, poich essa rifletteva lidea di un
universo naturale compiuto nella perfetta specularit tra possibilit e
realt. Con il concetto del soggetto spirituale quale sede della libera
creativit umana, il soggettivismo moderno si ribella perci a quella
tradizione. Si rivendica alluomo la dignit di essere ontologicamente
originale. Eppure, nel medesimo momento, si porta a compimento la
metafisica ontologica della tradizione che si voleva avversata: lelevazione del poeta al rango di creatore par excellence una contromossa metafisica che si fonda sulla distruzione dellidea di mimesi della
metafisica classica, e finisce cos per rimanerne invischiata (La realt
in cui viviamo, p. 80).
Quando Bornscheuer vede nel concetto herderiano della forza della debolezza unidea in sintonia con la novecentesca antropologia della
indeterminazione di Gehlen (Retorica e paradigmi antropologici, p. 37,

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

n. 48), sta confondendo la reazione interna alla storia del pensiero metafisico con una linea di pensiero che le sostanzialmente estranea.23
La moderna metafisica del soggetto rovescia di colpo lidea di
unestrema povert in quella di uninfinita ricchezza, ma con questa
impennata teorica non fa che reagire alla visione della metafisica antica. Pur inalberando il vessillo dellinfinit dei mondi possibili, rimane
nel cerchio dellontologia metafisica: slitta dal concetto della realt
ontologica a quello della possibilit ontologica, suo opposto simmetrico e speculare.
5.2 Luomo povero
Lantropologia dellindeterminazione novecentesca concepisce la
posizione delluomo nel mondo in maniera del tutto differente perch esterna al gioco di mosse e contromosse della tradizione metafisica, antica o moderna che sia, cos come estraneo a tale tradizione
il retaggio della retorica. La povert non si riferisce pi a facolt superiori dellumanit, ma semmai al fondo animale delluomo,
alla sua indeterminazione biologica: luomo pensato nel quadro di
unetologia umana, cio di unantropologia allargata in senso culturale. Larte e la letteratura vi figurano come una sovradeterminazione
del sistema complesso ed esteso che si definisce cultura, non certo
per come una perfezione in cui luomo trascenda la propria natura
animale. Nondimeno solo in questottica che alla prestazione retorica del discorso, e dunque al discorso umano, si riconoscer la giusta
valenza antropologica.
5.2.1 Lontani dal vero
Hans Blumenberg ha fornito la teorizzazione del nesso tra antropologia e retorica vedendo in questa ligne del pensiero occidentale
lalternativa radicale a quella cui pertiene la coppia filosofia/poetica.
Le due linee di tradizione si divaricano a partire dallidea di verit,
che la prima rifiuta e su cui la seconda si fonda. Ad esse corrisponde quindi una centralit riconosciuta alla prospettiva antropologica,
o viceversa una marginalizzazione. La tradizione retorica, nascendo

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dal presupposto dellimpossibilit di raggiungere la verit, si sviluppa secondo Blumenberg in una arte dellapparenza, che si fa carico
della povert antropologica delluomo garantendone la sopravvivenza
nonostante il deficit di verit.
Alla tradizione filosofica, che si fonda su una concezione delluomo
come essere ricco in quanto depositario della verit, si sposa lestetica poetica, la quale nellidea di bellezza (il privilegio dellornatus) vuol
risolvere la funzione dellArte. UnArte che non deve fare altro se non
esprimere in forme alte la verit.
Lontologia metafisica caratterizzata, se non ossessionata, dallideale conoscitivo della verit, che ha il suo criterio nellevidenza epidittica, e ama pensare luomo come soggetto di un sapere assoluto.
Finisce cos per concepire anchesso come sciolto, absolutus, dal
suo legame con lanimale. Cos facendo, tuttavia, ne oblitera anche
lunicit, che va definendosi proprio rispetto a quello sfondo di coappartenenza.
Il fatto che la metafisica non abbia nulla da dire sulluomo antropologicamente inteso strettamente correlato alla proscrizione filosofica
della retorica.
Lunicit dellumanit nel genere animale, che anche la sua differenza, consiste infatti, come vuole la retorica, nel possesso della parola, cio della discorsivit linguistica, e questa peculiarit zoologica
rimanda direttamente alla sua povert biologica: Giacch la retorica
parte da ci, e soltanto da ci in cui luomo unico, e non solo perch
il linguaggio gli peculiare, ma perch nella retorica il linguaggio si
rivela una funzione della specifica inibizione delluomo (Approccio
antropologico allattualit della retorica, p. 89). La metafisica invece, individuando nella razionalit lessenza delluomo in quanto capace di
conoscere la verit dellessere, recide il legame tra uomo ed universo
animale. Lesito omologo, sia che luomo venga posto in una relazione di subordinazione conoscitiva con un cosmo naturale chiuso
(la metafisica degli antichi), sia che venga inserito in un rapporto di
eccedenza trascendente con un universo dalle infinite possibilit progressive (il soggetto poetico dei moderni). Ad essere ignorata sempre
la specifica natura delluomo in quanto animale, ossia la sua carenza
immanente su base biologica. Il nesso tra povert, antropologia e
retorica dunque vincolante:

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Anche nel linguaggio della moderna antropologia biologica luomo


un essere regredito rispetto alle ordinarie conquiste della natura e per
il quale le azioni devono sostituire i codici che gli mancano o debbono
correggere lerratica insensatezza che quelli hanno assunto. Agire la
compensazione della indeterminatezza dellessere umano, e la retorica
la faticosa produzione di quelle concordanze che debbono subentrare
al posto del fondo sostanziale dei codici, affinch lagire diventi possibile. Sotto questo aspetto il linguaggio non un intermediario della
comunicazione delle conoscenze o della verit, ma soprattutto un instrumentario della comprensione, del consenso e della tolleranza cui
soggetto chi agisce. (op. cit., p. 89)

Se la tradizione retorica pu, al termine della sua storia millenaria, solidarizzare con i risultati della antropologia scientifica, perch essa, rinunciando sin dalle sue origini alle pretese veritative della
filosofia, si incaricata della specificit delluomo in quanto specie
animale; la sua problematica comincia precisamente laddove termina
il campo dellinterrogazione filosofica, comincia cio nella questione
di che cosa rimanga alluomo ove egli fallisca la presa sullevidenza
pura, sulla autofondazione assoluta (op. cit., p. 90).
5.2.2 Sopravvivere: al di l di una ragione (in)sufficiente
La rinuncia di fondo della retorica alla verit ed allevidenza fa s
che essa possa pensare la cultura nel suo aspetto vitale. Vitale non
qui un aggettivo generico che si riferisca alla fase storica di crescita o
declino di una data cultura, n alla vivacit dei contributi che afferiscono a un sistema culturale. Il termine scava fino al proprio radicale
per denominare le prestazioni retoriche della cultura come condizioni
della sopravvivenza basilare di una specie animale: luomo.
Secondo Blumenberg, persino lidea della cultura come ambito
delle forme simboliche in cui luomo esprime creativamente la propria
essenza sostituendo, con un atto peculiarmente retorico, prestazioni
fisiche con prestazioni segniche sebbene individui una fondamentale dinamica antropologica non ancora sufficientemente solida,
perch manca di una spiegazione funzionale: Larricchimento della
mera esistenza non ha nessuna connessione funzionale con la sua pos-

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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sibilit (op. cit., p. 94). La visione della sfera culturale come continua
crescita delle forme simboliche, della cultura come ininterrotto ispessirsi delle proprie formazioni sostitutive, ancora superficiale nella
misura in cui d per scontata lesistenza biologica, che pure la base
imprescindibile per quella crescita. La teoria dellanimal symbolicum24
ancora limitata dallappartenenza allantropologia delluomo ricco perch trascura la questione, fondamentale, che interroga direttamente lassenza di fondamento biologico delluomo:
Il primo enunciato di unantropologia deve essere dunque: non ovvio
che luomo possa esistere. (op. cit., p. 94)

Luomo, in quanto essere naturale, manca di una propria natura


specifica. La tesi di partenza la medesima che stimol le ambizioni
dellestetica poetica. Tuttavia questultima, in sintonia con la tradizione metafisica, opera una divaricazione che si traduce in un ribaltamento sostanziale: luomo osservato in quanto essere naturale tradisce un
difetto di determinazione ontologica? Sia pure, ma in quanto essere
spirituale esibir la prerogativa di porre liberamente le determinazioni
ontologiche che il piano naturale non assegnava. La retorica invece,
vedendo nella mancanza di consistenza biologica delluomo il correlato di quellindeterminazione, si obbliga a dare una interpretazione
funzionale di ogni carattere che la metafisica vorrebbe invece pensare
come determinazione ontologica:
Non vedo altra via per unantropologia filosofica se non quella di decostruire in modo analogo il presunto naturale, riconducendone lartificialit in un sistema funzionale della prestazione elementare delluomo:
la vita. (op. cit., p. 95)

La vita come prestazione elementare delluomo una prestazione retorica. Lassenza di una solida e sufficiente base biologica della
specie umana fa s che la sua sopravvivenza dipenda dallesito di un
processo che si scopre drammaticamente carente di quel fondamento
di cui le nozioni di verit ed evidenza definivano il concetto:
Lassioma di ogni retorica il principium rationis insufficientis. Esso il
correlato antropologico di un essere cui manca lessenziale. E se al mon-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

do delluomo corrispondesse lottimismo metafisico di Leibniz, il quale


credeva di poter indicare la ragione sufficiente del cur aliquid potius quam
nihil, non ci sarebbe alcuna retorica, perch non sussisterebbe n il bisogno n la necessit di agire per suo mezzo. (op. cit., p. 103)

5.3 Fondamenti ragionevoli


Blumenberg tiene per a precisare che la retorica si distingue tanto
dalla metafisica, che nellidea di verit postula un fondamento per la
conoscenza, quanto dal suo rovescio irrazionalistico che, nellassenza
di fondamento, pensa la distruzione della ragione. Lantropologia retorica si caratterizza soltanto per lindifferenza allimperativo filosofico che comanda di superare lopinione nel sapere. La retorica una
forma della ragionevolezza stessa, un ragionevole accomodamento
con la provvisoriet della ragione (op. cit., p. 108). Il principio di
ragione insufficiente non postula la fondazione teoretica della conoscenza nella verit, ma nemmeno postula la rinunzia al fondamento.
La retorica opera nella sfera di fondazione della prassi vitale [dove]
linsufficiente pu essere pi razionale dellinsistere su di una procedura scientiforme [] in questa zona di confine hanno luogo accadimenti straordinari dal punto di vista della retorica, avvenimenti in
cui razionalit e realismo sembrano divergere (op. cit., pp. 104-105).
Questi avvenimenti rispondono a due tipologie principali: da un
lato vengono negoziati e quindi trasformati in assiomi i presupposti di
volta in volta utilizzabili; dallaltro viene differita la coazione allazione.
5.3.1 Fingendo assieme: porre linterpunzione al reale
Nel primo caso il consenso si stabilisce tra gli uomini come strumento della comprensione del mondo. I processi di persuasione fondano
le aspettative dellumanit su dei postulati morali assiomatizzati dalla
pratica, sebbene non giustificabili scientificamente, non comprovabili
in sede teoretica. Lautomotivazione pragmatico-retorica ed il reciproco accordo sono funzionali alla prassi vitale perch ci significa dare
senso alle possibilit di un miglioramento della vita affrancandola dal
delitto e dal conflitto e fiducia nel reinserimento di storie individuali

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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tardive o sviate. Facciamo come se sapessimo che sforzi e impegno di


questo tipo a favore delluomo non sono vani e non vengono confutati
dalla scienza. La prassi assiomatizza come postulato ci che motiva
a percepire le grandi chances delluomo (op. cit., p. 106). Ladozione
di postulati assiomatizzati, il cui status teoretico si baser sempre su
di una fondazione inadeguata (n deducibile, n verificabile empiricamente o regolabile metodologicamente), quali principi della condotta
umana nei confronti della realt naturale laspetto positivo delle
prestazioni retoriche in rapporto al problema dellazione.
Gi questo primo aspetto qualifica lambito della discorsivit retorica come ambito della finzione. La finzione per non si definisce pi
in antitesi alla verit bens per opposizione alla realt: La retorica
unarte perch la quintessenza delle nostre difficolt con la realt
(op. cit., p. 110). La realt non per una nozione ontologica ma un
mero concetto limite, pensabile soltanto per via di negazione. Anzi,
il concetto stesso della limitazione delluomo, della negativit per
luomo. La realt coincide con lineffabile, con ci che esorbita dal
campo delle prestazioni discorsive della retorica: poich le prestazioni
retoriche sono primariamente funzionali alla sopravvivenza (la vita
la prestazione retorica basilare), nella realt vengono a coincidere i
tratti del nefando e del nefasto, di ci che non potendo essere nominato nome del terrore di fronte allignoto.
La finzione retorica si definisce quindi come ambito della mediazione, in opposizione alla immediatezza del reale. Il reale proprio in
quanto tale implica la cancellazione dellorizzonte discorsivo, cio
dellecosistema vitale per la sopravvivenza della specie umana. Le
assiomatizzazioni pratiche creano in quanto finzioni retoriche lo
spazio di unazione mediata. Questo spazio, intervallo o spaziatura,
il luogo della cultura come dotazione vitale di ci che manca strutturalmente alluomo biologico. Deprivatone, luomo nudo di fronte
ad una natura del reale e ad una realt naturale che gli si oppongono
come negazione assoluta:
La mancanza nelluomo di specifiche disposizioni al comportamento
reattivo di fronte alla realt, la sua povert istintuale dunque, costituisce il punto di partenza per una questione antropologica fondamentale:
come possibile che questo essere riesca a sopravvivere nonostante la sua
inadeguatezza biologica? La risposta si pu ridurre in una formula: non

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

concedendosi senza mediazioni a questa realt. Il rapporto delluomo


con la realt indiretto, circostanziato, differito, selettivo e soprattutto
metaforico. (op. cit., p. 95)

5.3.2 Non/farlo
Ma le finzioni retoriche creano anche una mediazione rispetto
allazione, oltre che compensare luomo con un agire mediato. La mediazione retorica, labbiamo visto, rimedia al deficit basilare delluomo sostituendosi allazione pura, cio a quellincontro diretto con il
mondo, che per lintrinseco stato di carenza umana precipiterebbe
verso lincapacit ad agire. Questa stessa mediazione inoltre si oppone allazione in quanto tale, fornendo un dispositivo discorsivo che
replica puntualmente alla coazione allazione, differendola in quanto
tale. In primo luogo viene colmata la lacuna rispetto al sostegno di
una certezza epidittica, che ineluttabilmente manca, tramite lefficacia
pragmatica di unopinione avente validit limitata epper disponibile.
In seconda battuta lo spazio del discorso retorico ammortizza lurto
del fattivo che trascende nel fatale. Crea gioco entro la catena delle
azioni e reazioni. la retorica come abito della socialit culturale.
Riprendendo lidea di Burckhardt secondo cui la civilt greca
sarebbe stata caratterizzata da una sensibilit per leffetto piuttosto
che per la verit, Blumenberg chiarisce la natura dellantitesi che sta
allorigine dellimpresa retorica:
Ma furono i greci stessi a porre la persuasione in antitesi alla sopraffazione: nei rapporti dei greci con i greci, dice Isocrate, duopo la persuasione,
mentre nelle relazioni con i barbari luso della forza; ma questa differenza
va intesa come differenza della lingua e della cultura, poich la persuasione presuppone la comunanza di orizzonti, di allusioni al prototipico, di
orientamento alla metafora, alla similitudine. Lantitesi di verit ed effetto
superficiale perch leffetto retorico non una possibile alternativa ad
unopinione che si potrebbe anche avere, ma a un evidenza che non si pu
avere, o almeno non ancora, e comunque non qui ed ora. (op. cit., p. 92)

Ancora una volta quindi la finzione retorica come ambito della mediazione culturale si definisce in antitesi alla realt, non alla verit.

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Da questo ulteriore punto di vista, per, la realt non viene pi ad


identificarsi con la brutalit in quanto categoria dei fatti bruti, cio
dei dati naturali irriducibili alla comprensione (se non per tramite di
un processo retorico di denominazione metaforica). Il corpo crudo
della realt in questottica la violenza, laggressivit intraspecifica a
scopo distruttivo su vasta scala che letologia umana ci insegna essere
prerogativa esclusiva della specie umana.25
5.4 In medio
Riassumendo, la mediazione lelemento stesso della vita biologica
della specie umana in quanto questa la sua basilare prestazione antropologico-culturale: la vita delluomo non data immediatamente.
Dal canto suo, la mediatezza retorica fine a se stessa proprio perch funzionale alla vita. La finzione retorica funzionale alla vita in
quanto orizzonte costruttivo della doxa (assiomatizzazione delle credenze nelle forme dellopinione). Ed funzionale alla vita in quanto
opposizione alla violenza, persuasione dissuasiva (differimento della
coazione allazione nelle forme culturali).
In entrambi i casi, lorizzonte retorico coincide con la produzione del campo discorsivo come ambito della mediazione della realt,
campo definito concettualmente dal principio della non esorbitanza.
A trasgredire il limite in sede teoretica la postulazione della verit; in
via pratica, leccesso smisurato che si configura nella violenza.
Il duplice confine del campo discorsivo, che ha nella autolimitazione agli effetti retorici la propria strategia di posizionamento, violato
infatti da un lato dalla pretesa di realt, presupposta nel modello epistemologico della relazione conoscitiva. Un modello che obbedisce ai
crismi della teoresi, al sogno abbacinante di una realt accessibile direttamente ed immediatamente come verit. Parimenti una violazione di quel confine pure la coincidenza tra immediatezza del reale e violenza, intesa questultima come abolizione dello spazio di mediazione.
Limpresa retorica deve perci essere compresa come statutariamente antiepistemologica perch assume linaccessibilit della verit.
Pi di tutto, per, essa sorge in una piega antiontologica: si fa carico
dellimpraticabilit della realt come violenza. Ogni salto nellontologia, ogni effrazione del campo del mero effetto, appare, alla luce

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

della sapienza retorica, come irruzione dellatto violento. Lunica determinazione ontologica che la retorica ammette dunque lidentit
di realt e violenza, lessere della violenza, di contro alla quale si erge
il millenario sforzo a produrre la salvifica finzione del discorso.
Siamo ora nella caverna pensata da Hans Blumenberg come dispositivo primario di antropogenesi, matrice dellumano in quanto luogo
protetto, privilegiato, incruento, che fa letteralmente da culla a una
nuova forma di autoconservazione dando i natali alla forza gentile
della fantasia, inaugurando il regno millenario delle madri allinsegna
delle finzioni capaci di sottrarsi al dispotismo violento della realt:
Sotto la protezione delle caverne, e della legge delle madri, quelli che restavano dentro fecero sorgere la loro risposta al libero vagare allaria aperta:
nasceva la fantasia. Da questa discendenza giunse il primo che riusc a
rappresentare qualcosa di non vissuto, mentre i cacciatori rivangavano le
loro storie di caccia terribilmente noiose. Raccontare storie senza esser stati
presenti divenne il privilegio dei deboli. Il piacere di far succedere qualcosa senza subirla fu il segreto degli antieroi [] Chi escluso dallesercizio
della caccia, diventa sognatore, narratore, buffone, maestro di immagini e
di pagliacciate, per riempire i tempi morti della fame, i tempi oscuri della
malattia e della vecchiaia, della perdita di capacit, che di per s sarebbero
inconsolabili, a partire dal dolore per il consenso perduto dellorda. Ecco
la risorsa: finzione e compensazione provengono dalla stesa sorgente.26

Una caverna letteraria popolata di storie fantastiche che, dando


origine allideale di ottenere effetti da lontano mediante la parola e
limmagine, si pone come antesignana, e al tempo stesso come antitesi, di quella polvere nera, inventata secoli dopo dal monaco Berthold
Schwarz, usando la quale si pu assistere da molto lontano agli effetti
che procura. Ecco, dunque, stringersi in una relazione dorigine il
nodo che poi sempre avvincer e opporr retorica letteraria addomesticatrice e violenza bellica distruttrice.27
5.5 Rinvenire i luoghi comuni: un approccio topologico
Le due direttrici di questo viaggio, che copre la storia stessa della
civilizzazione umana, vedono nel mito, nella religione, nellarte in ge-

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nere e nel linguaggio in quanto tale stazioni di maggiore importanza


e soste di maggior momento. Io per non posso che concentrarmi
su quanto mi tocca pi dappresso: la retorica letteraria come discorso sostanzialmente estraneo alla postulazione di verit metafisica, la
discorsivit retorica come opposizione alla violenza. Entrambi gli
approcci avranno nel ripensamento della nozione di topos il proprio
filo conduttore.
Questa impostazione nasce dalla constatazione di ordine storico
secondo la quale la retorica tradizionale aveva nella inventio la sua
parte principale ed dunque questa priorit ad essere rinnegata
dallavvento della poetica moderna del modernismo letterario. Nella
tradizione retorica linvenzione era in senso stretto intesa come arte
del reperimento degli argomenti persuasivi, e consisteva per lo pi
nello studio della topica quale loro repertorio. Tuttavia in senso pi
ampio linvenzione retorica implicava, a nostro avviso, una topologia,
ossia una logica dei luoghi comuni (koinoi topoi) che era una logica
del vivente. Il discorso umano prima ratio dellessere per il quale
la vita naturale la prestazione fondamentale della cultura. Extrema
ratio dellessere la cui cultura opposizione alla sua stessa violenza.
Il topos non solo la costante che unisce il primitivo allevoluto.
anche lanello mancante nellevoluzione che va dalluomo retorico della tradizione alluomo retorico della nostra contemporaneit:
una catena apparentemente spezzata dallet della modernit. Lenfasi della modernit sulla creativit, la metafisica della soggettivit,
lantropologia del poeta, lestetismo dellidea di letteratura, la restrizione della retorica nella elocutio. Tutto ci pu essere pensato come
le circonvoluzioni di una digressione, uno sviamento sul cammino
retoricamente orientato dellumanit. Anche in ci seguiremo limpostazione di Blumenberg:
Qui non si intende celebrare la retorica quasi fosse un talento creativo
delluomo. La sua illustrazione antropologica non la prova di un contrassegno metafisico. Come caratteristica comportamentale di un essere
che vive nonostante tutto, essa piuttosto un certificato di povert nel
vero senso della parola. (op. cit., p. 108)28

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

6.1 Modernismo e ipostasi della letteratura


Riflettendo sul topos quale dimensione retorica della letteratura e
come nucleo della sua valenza antropologica, sono consapevole che
linvenzione delle forme culturali in esame estranea alla creativit
pura ed allapprezzamento estetico di essa, cos come sono altrettanto
consapevole che questo taglio teorico non affatto neutrale ma implica una precisa posizione riguardo allattualit del dibattito culturale.
La scelta di recuperare nella retorica la funzionalit antropologica
della letteratura e di ripensare nel topos la sua struttura elementare ed il suo dispositivo fondamentale, oltre alla presa di posizione
per unantropologia retorico-letteraria (in linea con lantropologia
elementare contemporanea, e contro lantropologia limitata della
metafisica) implica infatti una particolare versione della Querelle des
Anciens et des Modernes, diversa da quella illuministica e romantica.
Implica cio una presa di posizione riguardo allidea di modernit ed
a quella di letteratura che le cooriginaria.
La mia prospettiva presuppone infatti un giudizio sul modernismo come costrutto ideologico proprio in riferimento allidea di letteratura. La sua spinta ideologica risiede infatti nel pregiudizio per
cui non si dubita mai che la letteratura sia una realt universale: si
oblitera la possibilit che essa abbia una dimensione storico-culturale.
Impossibile a maggior ragione intuire, entro quellorizzonte, che la
letteratura cos come stata costruita sia innanzitutto una idea:
che la storia della letteratura appartenga per lo pi alla storia delle
idee, non a quella della cultura in senso antropologico.
Accettare lideologia antiretorica della letteratura significherebbe infatti aderire allideologia del modernismo, significherebbe cio
dare una versione modernista della celebre querelle. Significherebbe
pensare la modernit letteraria come discontinua rispetto al proprio
passato radicale, e lepoca moderna come separata dalla tradizione anche in virt della novit rappresentata dalla letteratura. La letteratura a sua volta si distingue dalluniverso della discorsivit generale
precisamente in forza della propria modernit.
Questa duplice e reciproca distinzione comporta inoltre che lo
stato estetico, in cui la letteratura produrrebbe e consumerebbe
i propri valori di eccellenza formale, sia un vertice che ha per sempre
tagliato le radici con il fondo animale di cui la retorica della tradi-

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zione si faceva carico. Comporta, in ultima ipotesi, una visione della


contraddizione tra cultura e natura che si riassume nel vizio dellintellettualismo modernista. Non soltanto infatti lidea di letteratura
era del tutto estranea alla tradizione, ma questultima integrava nel
dominio retorico della discorsivit generale ci che al contrario
in seguito si definito letteratura, in virt della dirompente carica
esclusiva di una distinzione.
Il presente studio presuppone perci una differente versione di
quella stessa querelle, cui corrisponde un diverso angolo visuale
sulla storia dei rapporti tra retorica e letteratura. Non questa necessariamente una versione tradizionalista, classicista o, addirittura,
oscurantista. Viceversa la versione che ci viene suggerita da ci che
(con un termine altrettanto convenzionale e discusso) siamo ormai
abituati a chiamare, sulla scorta di Lyotard, la nostra condizione
postmoderna.
Dati i presupposti critici esposti supra, il postmoderno viene ad
essere una nozione che definisce un momento della storia delle idee,
non della storia dellumanit o della cultura antropologica. La condizione postmoderna riguarda allora principalmente lintellettuale,
nella misura in cui questi non viene dopo la modernit, bens dopo
lideologia modernista della modernit. Vale a dire, dopo quella particolare versione della querelle, concretissima e storicamente situata.
6.2.1 Sotto lo stesso cielo, sulla stessa terra
Il postmoderno sar dunque il nome che si d allo sgomento della
cultura intellettuale posta di fronte alla riemersione delle prestazioni antropogeniche della retorica. Il modernismo le aveva obnubilate
nel cielo o nel soffitto dipinto? del proprio immaginario. Eppure,
come stelle fisse, esse non avevano certamente spento la propria fucina, n ripiegato il proprio immenso campo gravitazionale. Perfino nel
secolo romantico che le disdegnava, e perfino per tramite di quella
letteratura il cui ideale era sorto in spregio di esse.
Durante tutto il secolo romantico, secolo di grandi ideali, di grandi
ideologie, di grandi violenze, la retorica sopravvissuta ai sommovimenti storici di veemenza tellurica almeno come pratica discorsiva, se
non come teoria metalinguistica, dottrina, istituzione. sopravvissu-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

ta proprio in virt della rinuncia alla verit ed alla parallela rinuncia


alla brama di trasformazione forzosa della realt. Due pretese senzaltro partecipi della devastazione planetaria delle due guerre mondiali,
in cui il modernismo ha avuto termine.
sopravvissuta per riemergere allattenzione della cultura intellettuale nei fenomeni della comunicazione di massa, della civilt
dellimmagine, della societ dello spettacolo, della cultura popolare,
dei prodotti culturali destinati al consumo gregario, dellindustria
culturale, di tutto ci che definisce la base materiale dellorizzonte
del postmoderno.
6.2.2 La mosca senza ali e i venti di guerra
La mosca aptera un mutante genetico che ha perduto la capacit
di volare. Dunque per definizione una mosca malata. Sopravvive
a dispetto delle specie sane in una determinata nicchia ecologica, le
ventosissime isole Galapagos. La retorica, in modo analogo, sopravvissuta in virt del proprio basso profilo alle tempeste del secolo
romantico, facendosi carico della povert antropologica delluomo ed
offrendosi ad essa come sua specifica, forse unica risorsa.29
Non perci un caso se la rinascita dellinteresse per la retorica
si ha, in due riprese, a seguito delle due guerre mondiali che hanno
funestato il secolo ventesimo.
Si spesso interpretata la svolta nella letteratura dei primi decenni
del Novecento nel quadro di una crisi di fiducia nel linguaggio, collegata al trauma della prima guerra mondiale. La radicale innovazione
comportata dal carattere sperimentale della scrittura delle avanguardie storiche e del movimento modernista, che consistette per lo pi
in unopera di sistematica demolizione delle convenzioni letterarie ed
abbandono dellintero corpus dei topoi letterari, apparirebbe in questa luce come imposta dal collasso di ogni tradizionale comprensione
umana del linguaggio, a causa dellorrore della guerra. Lantiretorica
programmatica della letteratura tra le due guerre appare cos come
un aspetto del suo antimilitarismo ed, al contempo, della necessit di
narrare lorrore della guerra come sola realt.
La mia impressione che questa prospettiva debba essere ancora
una volta ampliata. Si tratta di alzare lo sguardo fino a scorgere nel

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nuovo corso intrapreso dalle opere pi feconde della letteratura novecentesca non tanto il rigetto della retorica tout court, quanto piuttosto
la ricerca di un nuovo terreno retorico comune. Di un diverso sfondo
comune per la comprensione reciproca entro i processi di comunicazione letteraria.
Da questo punto di vista, lantiretorica postbellica andr compresa anche come espressione di un lutto per la perdita di una retorica
comune, crollata assieme alla distruzione della forma tradizionale e
convenzionale della guerra. Ci implica ovviamente la coraggiosa accettazione di un pensiero che concepisca la guerra nella tradizione
culturale dellOccidente come estrema forma retorica dopposizione
alla violenza indiscriminata, e non invece come abbandono ad essa.30
Ad ogni modo, la relazione essenziale che ogni retorica bellica o
marziale intrattiene con la retorica in quanto tale, ed il rapporto che
sussiste tra queste e le sorti della letteratura di quel periodo obbliga
ad un ripensamento.
6.3 Canone chiuso
Nella mia riflessione presuppongo un giudizio sulla risposta modernista alla crisi storico-culturale come crisi del linguaggio che va a
cozzare con quello che presiede al canone della storia della letteratura
del Novecento. Quel canone fu stabilito da una critica e da una storiografia organiche a quellidea di letteratura che il secolo ventesimo
ha s estremizzato, ma di cui ha anche visto la fine sperimentandone
il limite.
Con il canone modernista possiamo intendere quella congerie di
testi che, per quanto concerne la letteratura di lingua inglese, riconosce
i propri vertici nellopera poetica di Pound ed Eliot, nonch nellopera
narrativa di Joyce. Anchesso, a mio modesto avviso, una formazione
reattiva. La sua reazione si indirizza non solo nei confronti della guerra, ma anche e soprattutto nei confronti dellideologia estetica della
letteratura. In questo senso, la corrente modernista apparterrebbe
ancora agli esiti del secolo romantico, alla modernit poetica contro
cui reagisce, poich ogni reazione reca con s il sistema di ci che rigetta. Non sarebbe perci il rifiuto della retorica ad accomunare lestetica idealistica, la poetica romantica e la loro sovversione modernista:

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

pi che effettivamente o efficacemente criticata, la retorica semmai


da esse ignorata. Per meglio dire: ignorata nella sua necessit antropologica. Ci che accomuna le filiazioni di idealismo, romanticismo
e modernismo piuttosto la loro totale inscrizione nel cerchio della
concezione metafisica del linguaggio (o delle sue riforme).
Nel contesto di una rifondazione della retorica su basi filosofiche,
criticando la visione secondo cui luomo artista, poeta, prima di
essere commerciante col mondo, Michel Meyer ha dato una formulazione esemplare di questo nesso di presupposizione, cos come della
impasse in esso racchiusa:
Anche se vero che la letteratura contemporanea si presta molto pi di
ogni altra allidea della perdita del senso e a quella dellapertura su letture molteplici, radicate linguisticamente nella figurativit del discorso,
essa non potrebbe fungere da modello del logos, e servire cos da norma
generale [] lantireferenzialismo d troppo credito al suo opposto; infatti lo suppone vero. Identificando la significazione con la attribuzione
di un riferimento, e parallelamente la non-significazione con la non-referenzialit, lopera di finzione si sottrae per forza di cose alla questione del
senso. Ne risulta che il linguaggio dellopera di finzione non pu pi dire
qualcosa in particolare, e si ha buon gioco, in base a tale ipotesi, a sostenere che la letteratura non si lascia pi comprendere ma fraintendere. Ma
chi ha detto che la significazione era referenziale o non era?31

6.4 Comprehensive scope: nuovi obiettivi, sguardi ancestrali


Contemporaneamente alla battaglia di retroguardia condotta dalle
avanguardie letterarie, si registra un risveglio degli studi teorici sulla
retorica tradizionale (Richards, Burke, Weaver), con cui si cerca di
superare la crisi per mezzo della rinnovata comprensione di un linguaggio riformato. Al di l delle differenze che pure furono molte
un carattere comune allimpianto teorico di tutte queste neoretoriche
fu quello che stato definito il loro comprehensive scope. Non si
osservava pi la retorica come uno speciale uso del linguaggio che
potrebbe, in circostanze speciali, ottenere il plauso su basi estetiche
o sociali []. , piuttosto, lo studio di tutta la comunicazione []. In
breve, per questi uomini la retorica diviene non una disciplina minore

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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da insegnarsi nella crescente instabilit, ma unarte architettonica attorno alla quale la cultura in se stessa pu essere ordinata.32 Dopo la
seconda guerra mondiale saranno gli studi sulle comunicazioni, sulla
societ e la cultura di massa a riportare agli onori della teoria e allattenzione della comprensione intellettuale la techne rhetorik. Ma sul
piano della pratica operativa dei discorsi, lantica regina non aveva
mai abbandonato la scacchiera.
Larteria tra antico e moderno si riscopre pulsante nel collegamento
inaggirabile che rapporta la centralit del topos per le retoriche tradizionali da una parte, e, dallaltra, il dominio dei fenomeni di stereotipia nella cultura di massa. La continuit tra antico e moderno, che
torniamo ad avvertire, ci permette di intravedere lancoraggio di ci
che ancora oggi denominiamo letteratura allimmemoriale fondo
antropologico delluomo: alla crosta profonda dove il vivente si costituisce come tale. La sopraggiunta obsolescenza della letteratura
modernista con il concludersi del secolo breve riscattata, sul diverso piano di una storia di lungo periodo, dallomologia ambigua
con i prodotti culturali di massa.
La letteratura, dunque, non perduta ma non nemmeno salva.
in pericolo, come sempre.33 La sua sorte si decide nel bilico tra civilt
e barbarie. Ma ad essere posta in gioco non solo la sua sopravvivenza
bens quella di unumanit stretta tra le alternative di retorica o violenza, di mediazione comunicativa o trauma del reale.
Roland Barthes ha sintetizzato da par suo questa situazione: Inoltre, questidea che c una sorta daccordo ostinato tra Aristotele (da
cui uscita la retorica) e la cultura detta di massa, come se laristotelismo, morto fin dal Rinascimento come filosofia e come logica, morto
come estetica fin dal romanticismo, sopravvisse allo stato degradato,
diffuso, inarticolato, nella pratica culturale delle societ occidentali pratica fondata, attraverso la democrazia, ossia una ideologia del
maggior numero, della norma maggioritaria, dellopinione corrente:
tutto indica che una sorta di vulgata aristotelica definisce ancora un
tipo dOccidente trans-istorico, una civilt, la nostra, che quella degli ./0123 (La retorica antica, p. 109).

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

NOTE
Roland Barthes, La retorica antica, Milano, Bompiani, 1972, p. 14.
Ivi, p. 5.
3
Roland Barthes, Il piacere del testo, Torino, Einaudi, 1975.
4
La presente citazione dalla Poetica di Aristotele riportata dalledizione italiana di R. Barthes, La retorica antica, cit., p. 104.
5
Per approfondire il tema assai fruttuoso un confronto con Maurizio Ferraris,
Estetica razionale, Raffaello Cortina, Milano, 1997.
6
Per una interpretazione antropologica della figura dello straniero che la pone
al centro degli stessi sistemi di parentela, le strutture fondamentali delle societ
arcaiche, proprio in relazione al problema della violenza, si veda Ren Girard,
Lvi-Strauss, lo strutturalismo e le regole del matrimonio, in La violenza e il sacro,
Milano, Adelphi, 1980, pp. 306-347. Girard vede nella estraneit del parente
acquisito rispetto ai membri del clan, legati tra di loro da vincoli di sangue, il
presupposto che lo rende indispensabile allequilibrio sociale primitivo. Proprio
lorigine straniera lo designa come capro espiatorio, vittima sacrificale perch sacrificabile, non soggetta alla vendetta da parte dei consanguinei, ed al contempo come sacro in quanto, accogliendo su di s la violenza che si diffonderebbe
altrimenti in tutta la comunit in maniera indiscriminata, la salva dallo sterminio. La tragedia greca daltra parte quasi interamente incentrata sul sacrilegio
della uccisione tra consanguinei mentre lepica non fa che celebrare luccidibilit
dello straniero, il barbaro appunto. Girard mostra anche come lunit di tutti
i riti antropologici sia rinvenibile nel meccanismo vittimario di cui un aspetto
importante la dinamica di estraneazione di un membro della comunit perch
possa assumere il ruolo di capro espiatorio.
7
Si veda Benedetto Croce, La filosofia di Giambattista Vico, Bari, Laterza.
8
Si veda a questo proposito, tra gli altri luoghi, il De oratore III 38, 155, dove
Cicerone attribuisce lorigine della metafora alla inopiae causa (tertius ille modus
transferendi verbi late patet, quem necessitas genuit inopia coacta et angustiis), e
pone tra le prerogative dei rustici la facolt di metaforizzare come risposta ad un
bisogno vitale (nam, ut vestis frigoris depellendi causa reperta primo, post adhiberi
coepta est ad ornatum etiam corporis et dignitatem, sic verbi translatio instituita est
inopiae causa, frequentata delectationis).
9
Michael Mooney, Vico e la tradizione della retorica, Bologna, Il Mulino, 1991,
p. 120.
10
Giambattista Vico, Le orazioni inaugurali, a cura di Gian Galeazzo Visconti,
Bologna, Il Mulino, 1982, p. 197.
1
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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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De inventione, I, 2, 2-3, (testo italiano in Linvenzione retorica, ed. it. di A.


Pacitti in Centro di Studi Ciceroniani, Tutte le opere di Cicerone, vol. 14, Milano
1967, p. 20).
12
Esemplare a questo proposito fu la condanna kantiana: Debbo confessare
che una bella poesia mi ha dato sempre un diletto puro, laddove la lettura del
miglior discorso di un oratore del popolo romano o di un oratore moderno, del
parlamento o della cattedra, per me stata sempre accompagnata dallo spiacevole sentimento di disapprovazione per unarte insidiosa, che, in cose importanti,
vuol muovere gli uomini, come fossero macchine, ad un giudizio cui una riflessione calma deve togliere presso di essi tutto il suo peso. Leloquenza e larte
del dire (insieme, retorica) appartengono alle arti belle; ma larte oratoria (ars
oratoria), in quanto arte di servirsi della debolezza umana ai propri fini (siano
supposti o siano realmente buoni quanto si voglia), non merita alcuna stima, I.
Kant, Critica del giudizio, I. II, 53 (nota); edizione italiana a cura di Valerio Verra,
Bari, Laterza, 1991, p. 151. Il giudizio di Kant cruciale perch, non solo nella
sua eco platonica richiama il carattere archetipico della contrapposizione tra retorica e filosofia, ma anche dacch, rigettando la retorica nellopera che fonder
il soggettivismo estetico della modernit, e facendo ci proprio in virt della
distinzione tra corpo sociale delloratoria e corpo privato della poesia, apre la
strada allavvento dellidea di letteratura come discorso separato dalla discorsivit generale in quanto appartenente allo stato estetico (come si vedr a breve).
Il razionalismo filosofico ha sempre e comunque condannato la retorica anche
nella sua tradizione empirista, con Bacone prima, Locke e Hume poi.
13
Seguiamo qui Edward W. Said che ha elaborato una teoria testuale del romanzo proprio riflettendo sul concetto di inizio come distinto ed opposto a
quello di origine, e inquadrando questa meditazione sullinizio nella cornice
di uninterpretazione di Vico. Cfr. E.W. Said, Beginnings: intention and method,
New York, Columbia University Press, 1975.
14
Cfr. Grard Genette, La retorica ristretta, in Figure III, Torino, Einaudi, 1976,
pp. 17-40.
15
Cfr. R. Barthes, La retorica antica, cit., p. 53.
16
Per un chiarimento e una spiegazione riguardo alluso del virgolettato che racchiude qui e altrove il termine letteratura, si veda la nota 2 dellIntroduzione.
17
Lothar Bornscheuer, Retorica e paradigmi antropologici, Modena, Mucchi,
1991.
18
Seguiamo qui Michel Meyer, studioso di retorica nel solco della tradizione di
Cham Perelman, e la sua impostazione secondo la quale unautentica antropologia retorica pensabile solo in seguito alla critica dei presupposti metafisici del
11

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

soggettivismo moderno. Cos Meyer spiega loperazione con cui Cartesio pone
nel concetto di soggetto il fondamento metafisico della ragione: Come potr
il Cogito, risposta indubitabile, fondare la nuova Ragione nella sua unit? Per
riflessivit, per transfert delle propriet, la sostanza che io sono sar il fondamento di ogni altra sostantivizzazione, di ogni soggetto di giudizio, e, infine,
della stessa causalit [] [I]l proprium del filosofico: io sono soggetto, sostanza,
dunque vi sono dei soggetti, delle sostanze, che sono leffetto di ci che io posso
concepire (chiaramente e distintamente). Se io sono il modello del rispondere,
perch lo io sono ci che condiziona ogni altra risposta. E cos via. Ogni
volta, si deduce la nozione della sua messa in opera riflessiva, che si autonomizza
poi applicandola ad altra cosa. Questo il significato della fondazione cartesiana
nel principio di riflessivit. Questo primato conferito alla sostanza antropologica
ridar forza allinferenza trasformandola nel modo pi radicale, M. Meyer, Pour
une Anthropologie Rhetorique, p. 123, in Id. (a cura di), De la mtaphisique a la
rhtorique, Bruxelles, Editions de lUniversit de Bruxelles, 1986, pp. 119-143
(traduzione mia).
19
Cfr. Niklas Luhmann, Struttura della societ e semantica, Bari, Laterza, 1983.
In particolare cap. III, paragrafi 6-7 (citato in Bornscheuer, Retorica e paradigmi
antropologici, p. 45, nota 61).
20
Secondo Bornscheuer infatti il nascente mercato librario, pensato come esteriore spazio pubblico che privati cittadini anonimi attraversano per giungere a
contatto interiore con altri individui tramite loggetto-libro, il quale a sua volta
cos riscattato nella lettura solitaria dal carattere di merce, fu lo strumento
tecnico e socioeconomico pi importante per realizzare la concezione umanistica di una nuova ratio bene vivendi da conquistare attraverso le litterae. Retorica e paradigmi antropologici, cit., p. 44. Bornscheuer vede le contraddizioni che
questa situazione presenta rispetto allideale umanistico, ma ritiene che la natura socioculturale di quelle contraddizioni possa essere risolta sul piano ad esse
estraneo della speculazione intellettuale e filosofica: A misura della perdita di
effettiva immediatezza sociale, si svilupp quella fittizia retorica libresca, artificiosamente sentimentale, dellidea di immediatezza universal-antropologica tra
uomo ed uomo, tra anima ed anima. Solo Schiller consent di sviluppare in
senso antropologico e di integrare nel complesso della sua antropologia estetica
anche tale retorica da mercato librario (64).
21
Allinterno della vasta costellazione dellantropologia scientifica contemporanea unitariamente caratterizzata dal rifiuto della distinzione tra uomo ed animale, dellopposizione natura/cultura e dalla ricerca del giunto in cui la logica
del vivente uomo si articola sulla dimensione biologica comune ad ogni forma di

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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vita animale si possono ravvisare due configurazioni antagoniste. Luna ben


esemplificata dalla scuola della etologia umana che discende dalla impostazione biologista di Conrad Lorenz, ed ha il suo rappresentate pi importante
in Irenus Eibl-Eibesfeldt, tra le cui opere legate al tema della violenza ricordiamo The Biology of Peace and War, London, Thames & Hudson, 1979, (trad.
it., Etologia della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 1983) e Luomo a rischio,
Torino, Bollati Boringhieri, 1992. Laltra, che propone una teoria aperta della
natura umana, incentrata sullidea di autoorganizzazione e su una logica della complessit, pu essere esemplificata invece dalla sintesi teorica del filosofo
francese Edgar Morin, Le paradigme perdue: la nature humaine, Paris, Seuil, 1973
(trad. it., Il paradigma perduto, Milano, Feltrinelli, 1994). Sono questi soltanto
due esempi del dibattito interno alla contemporanea antropologia scientifica,
a cui andrebbero aggiunti i contributi delle linee di ricerca che appartengono
allantropologia culturale intesa come disciplina specifica che ha la propria base
empirica negli studi etnografici.
22
Hans Blumenberg, La realt in cui viviamo, Milano, Feltrinelli, 1987, p. 57.
23
senzaltro vero che lopera di Arnold Gehlen, forse il maggior esponente
dellantropologia filosofica di questo secolo, salda la tradizione filosofica con la
contemporanea antropologia scientifica, ma altrettanto vero che questa connessione possibile nella misura in cui Gehlen prescinde dalle ipostasi metafisiche di quella tradizione, riservando alla speculazione filosofica il ruolo di
elaborazione secondaria dei reperti empirici. Il pensiero di Gehlen, al di l degli accenti prometeici pur presenti in esso, parte infatti dallidea nietzscheana
delluomo come animale non definito, per poi sviluppare il concetto della non
specializzazione delluomo in una teoria dellazione come integrazione ad uno
spazio vitale tecnologicamente istituito. Lazione per sempre pensata come
specifica costituzione biologica della vita animale delluomo, non certo come
autodeterminazione ontologica della libert quale sua essenza metafisica. Questa differenza fondamentale si potrebbe riassumere col dire che Gehlen tiene
fede allidea della povert umana, non la trasvaluta in quella della ricchezza.
Le principali opere di Gehlen apparse in traduzione italiana sono Luomo. La
sua natura ed il suo posto nel mondo, Milano, Feltrinelli, 1990 (il paragrafo 9,
Herder come precursore, cui fa riferimento Bornscheuer, alle pp. 100-114); Luomo nellera della tecnica, Milano, SugarCo, 1967; Antropologia filosofica e teoria
dellazione, Napoli, Guida, 1990.
24
Blumenberg si riferisce qui in particolare al pensiero di Ernst Cassirer che
concep linguaggio, mito, arte e scienza come forme simboliche che proseguono a livello complesso il processo primario di traduzione dallimpressione

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

allespressione, con cui luomo sostituisce qualcosa di estraneo ed inaccessibile a


qualcosa di conosciuto e tangibile. Cfr. E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, Firenze, Nuova Italia, 1973.
25
Cfr. I. Eibl-Eibesfeldt, Etologia della guerra, cit., pp. 84 e segg.
26
Cfr. Hans Blumenberg, Hlenausgnge, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1989
(trad. it., Uscite dalla caverna, Milano, Edizioni Medusa, 2009, pp. 20 e segg.).
27
Fondamentali per gli sviluppi recenti di questa ligne principe dellantropologia filosofica del Novecento, i celebri e controversi saggi nei quali Peter Sloterdijk concepisce il processo di civilizzazione quale risultato di una omotecnica volta
a domesticare la violenza dellessere autoaddomesticando lumano in seno a esso.
Si vedano in particolare La domesticazione dellessere e Regole per il parco umano
entrambi in Id., Nicht gerrettet. Versuche nacht Heidegger, Frankfurt am Main,
Suhrkamp, 2001 (trad. it., Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger,
Milano, Bompiani, 2004).
28
Questa priorit da noi conferita al topos sembra a prima vista stridere con
limpostazione di Blumenberg, il quale, in tutta la sua opera, vede nella metaforica lelemento pi significativo della retorica. Analizzeremo in effetti la riduzione dellinteresse teorico ai soli tropi, ed alla metafora in particolare, come
movimento conseguente alla riduzione della retorica ad una sola delle sue parti
(elocutio). Entrambi sono sintomi dellideologia modernista ed indici della antropologia limitata che la sottende. Blumenberg invece definisce metafore assolute lambito di quelle mediazioni con cui luomo compensa la propria indeterminatezza biologica con prestazioni retoriche. A questo proposito, non essendo
questa la sede per uno studio sistematico del pensiero di Blumenberg, dobbiamo
limitarci a dire che, dati i presupposti contenuti nel saggio qui preso in esame,
la metafora di Blumenberg concettualmente pi affine al topos della tradizione retorica che non alla metafora della tropologia elaborata dalle poetiche
moderne. Per la metodologia metaforica in Blumenberg, si veda il suo Paradigmi
per una metaforologia, Bologna, Il Mulino, 1960. Per una interpretazione del suo
pensiero che lo riconduce alla nozione di topologia, seppure su basi diverse,
si veda Vincenzo Vitiello, La favola di Cadmo. La storia tra scienza e mito da
Blumenberg a Vico, Bari, Laterza, 1998; di Vitiello si veda anche Topologia del
moderno, Genova, Marietti, 1992.
29
Prendo questa metafora della mosca aptera a prestito da Ioan P. Couliano
che, nel contesto di uno studio sulla cultura magica del Rinascimento, la utilizza
per spiegare la sopravvivenza degli embrioni dello spirito scientifico moderno
alla censura del fantastico operata dalla Riforma e Controriforma. Cfr. I.P. Couliano, Eros e magia nel Rinascimento, Milano, Il Saggiatore, 1987, pp. 265-271.

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I. LANIMALE CHE HA LA PAROLA: UT VIVAM FINGO

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Quando scrivo violenza indiscriminata mi riferisco in specifico a quellesercizio della forza bruta e devastatrice che si pone al di sotto o al di sopra del livello
militare, come nelle fattispecie criminale o terroristica. Il riferimento qui al
magistero teorico giuridico-filosofico di Carl Schmitt, che individu nel concetto
classico di guerra come guerre en forme il fondamento stesso del diritto internazionale europeo, andato in frantumi con la prima guerra mondiale assieme
alla distruzione del concetto di guerra che questa comport. Cfr. Carl Schmitt,
Der Nomos der Erde im Vlkerrecht des Jus Publicum Europaeum, Duncker &
Humblot, Berlin, 1974 (trad. it., Il nomos della terra, Adelphi, Milano, 1991) e Id.,
Theorie des Partisanen, Duncker & Humboldt, Berlin, 1963 (trad. it., Teoria del
partigiano, Il Saggiatore, Milano, 1981). Svilupper con dettaglio ben maggiore
il confronto con lopera di Schmitt nel capitolo IV[*], dove essa si costituir a
premessa necessaria per unanalisi della produzione hemingwaiana.
31
Michel Meyer, Problematologia, Parma, Pratiche, 1991, p. 320.
32
Thomas M. Conley, Rhetoric in the European Tradition, Chicago & London,
The University of Chicago Press, 1990, pp. 282-283 (traduzione mia).
33
Alludo qui a Tzvetan Todorov, La littrature en pril, Paris, Flammarion, 2007
(trad. it., La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti, 2008), breve e drastico
pamphlet nel quale il celebre studioso, dopo aver contribuito per buona parte
della sua carriera ad alimentarle, vede adesso in una teoria e critica letteraria
iperspecialistiche, accademicistiche, autorefenziali e di stampo modernista le
fonti di una minaccia storica che metterebbe a repentaglio le autentiche valenze
umanistiche della comunicazione letteraria.
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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI?


I ridimensionamenti storico-critici della retorica e la sua
persistente capillarit nella res literaria

Crer un poncif, cest le gnie


Charles Baudelaire

1.1 Una tettonica della restrizione


In un articolo che risale alla met degli anni settanta, Gerard Genette pose le basi di una matura storiografia della retorica. Nella misura di un breve saggio, stabil il nucleo concettuale di una filosofia
della storia della retorica: elabor cio lunit speculativa allinterno
della quale qualsiasi comprensione storica della retorica (e dunque
ogni trattazione storiografica di essa) si scoprir compresa. Torner
nel prossimo capitolo a esplorare lidiosincrasia tra retorica e storia:
e dico qui idiosincrasia nel suo senso pi stretto. Lincomprensione si
materializza allistante in allergia e soffocamento.
Ora per vorrei intraprendere un cammino differente, partendo
da quellarticolo genettiano che ha per titolo La retorica ristretta e
che forn il modello del divenire storico della retorica come processo,
appunto, di restrizione:
A mio parere, il profondo desiderio di tutta una moderna poetica proprio quello di sopprimere le suddivisioni e, al tempo stesso, di stabilire
il regno assoluto senza suddivisione della metafora. [] Il secolare
movimento di riduzione della retorica pare quindi sfociare in unassoluta
valorizzazione della metafora, collegata allidea di unessenziale metaforicit del linguaggio poetico e del linguaggio in genere.1

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Il saggio di Genette esordisce come uno scritto doccasione: menziona infatti tre pubblicazioni apparse negli anni precedenti che sarebbero a motivo della sua presente riflessione. Subito per assume un
tono epocale, librandosi in una prospettiva a volo duccello sullintera
storia millenaria della retorica, la quale da Corace ad oggi coinciderebbe con una restrizione generalizzata (La retorica ristretta, p. 18).
Genette inscrive dunque consapevolmente il proprio punto di vista
tra gli esiti storici di quella restrizione la quale per, a ben guardare,
si autopresenta piuttosto come una sussunzione, come un superamento dialettico della disciplina retorica in qualcosa che altro da s.
Colpisce infatti nel brano succitato di Genette la disinvoltura con cui
lautore sembra identificare retorica e poetica. Il termine poetica va a
rimpiazzare ci che resta della retorica nella modernit, in seguito al
secolare movimento tettonico di restrizione.
A Genette, che presenta come innocente ed ovvia quella sostituzione, interessa principalmente lultima tappa del movimento storico
di restrizione: il passaggio dalla retorica classica alla neoretorica moderna. La neoretorica giunge per cos dire sul far della sera, quando il movimento storico di restrizione della retorica compiuto. La
sostituzione ormai completa. Allo sguardo retrospettivo appaiono
nettamente distinte in momenti discreti le due fasi del processo: mutato loggetto della disciplina retorica, il corpus letterario si sostituisce
alloratoria. Collateralmente, si trasforma anche il soggetto della conoscenza retorica: la retorica tende a diventare, essenzialmente, uno
studio della lexis poetica (op. cit., p. 18).
1.2 Il continente perduto
Bisogna subito constatare che questo schema, apparentemente limpido, nasconde un enigma: nessun dubbio sollevato sul fatto che
il corpus letterario sia coestensivo al tradizionale oggetto totale del
sapere retorico. Anzi. Si d per scontata lidentificazione di ci che,
mediante un neologismo, si denomina letteratura, con lintero campo
del discorso. Perch questo era il linguaggio-oggetto del metalinguaggio retorico tradizionale.
Genette avverte questa stranezza, ma la sminuisce a questione
terminologica facendo notare che al progressivo slittamento dellog-

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

69

getto retorico dalleloquenza alla poesia fa seguito una carenza lessicale: quella che oramai soltanto una teoria delle figure (che anzi
soltanto in apparenza una teoria di tutte le figure, poich in realt
retta da un criterio sotterraneo puramente tropologico) continua ad
essere denominata retorica (op. cit., p. 20).
Genette trova anche unappropriata diagnosi figurale del fenomeno: sineddoche generalizzante. La sostituzione, operata da Genette
stesso, del nome di poetica a quello di retorica, sarebbe il rovescio
speculare di questa seconda sineddoche: se nel Settecento si cominci
a denominare la parte (tropologia) con il nome del tutto (retorica),
Genette finisce col denominare il tutto (retorica) con il nome della
parte (poetica). Ci che pi impressiona nella stranezza rilevata da
Genette non la carenza lessicale per cui si stenti a reperire un
nome appropriato alla nascente tropologia (ecco il nome che non si
trovava). Piuttosto, la carenza sostanziale per cui, dun tratto, sparisce
una vastissima regione del territorio che sino ad allora era stato governato dalla retorica.
La scomparsa dalla scena storica degli oggetti di competenza della
inventio, della dispositio, della memoria, della actio, le parti della retorica neglette a seguito della restrizione tropologica, pare segni dunque
una cesura epistemologica, cui si accompagna un complesso ideologico denso di conseguenze a pi livelli. Possiamo senzaltro annoverarvi
la stessa limitazione ottica dello sguardo retrospettivo di Genette sul
corpus storico della retorica.
1.3 Dal vasto campo del discorso allhortus conclusus del giardinaggio poetico
La prospettiva di Genette si delinea al termine del processo (niente
affatto neutrale) di progressivo slittamento delloggetto letterario dalla retorica alla poetica. Vale a dire che questo punto di vista opera una
restrizione sul corpus retorico che, parafrasando Genette, lo riduce
seguendo un principio puramente poetico come criterio sotterraneo
di ammissione e di esclusione. Questa restrizione sostanziale investe
anche la cosa letteraria, che fino a quel momento era coestensiva al
campo della discorsivit retorica, e che ora, ridotta al principio poetico, viene ribattezzata letteratura. La restrizione della disciplina

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

retorica cio testimone del riduzionismo che porta alla nascita, in


et moderna, della nozione di letteratura quale formazione ideologica. Come abbiamo avuto modo di osservare gi nel primo capitolo, letichetta linguistica di letteratura viene a denotare un ambito
particolare del linguaggio. Un ambito che sorge proprio con latto
di arbitraria separazione dal campo generale del discorso, in forza
dellattribuzione di predicati che vengono ora convenzionalmente
posti come essenziali ed esclusivi.
Ci impone di riconoscere che, quando oggi denominiamo poetica la disciplina di conoscenza del corpus letterario, configuriamo
una catacresi. Adoperiamo cio un tropo talmente consunto dalluso
da nascondere la sua natura originariamente sostitutiva e, trattandosi di una sineddoche, riduttrice. Tutte le ulteriori restrizioni imposte dalla dieta sineddochica conservano il carattere ideologico della
prima e maggiore sostituzione. Dopo aver sostituito il criterio poetico parziale a quello retorico totale, si sostituisce quello metaforico a
quello figurale allinterno del paradigma poetico. Lambizione di questa parzialit giunge quindi a porre il linguaggio poetico a modello
del linguaggio in generale.
Laspetto problematico di una siffatta catacresi che in esso cessi
di risuonare la polisemia che la sostituzione sineddochica aveva unificata. In quanto riflesso della nozione di letteratura, la poetica ne
determina il concetto sfrondando la discorsivit generale con le specifiche cesoie del principio poetico. Tuttavia a propria volta risulta
deprivata: i fenomeni discorsivi che eccedono quel criterio esuleranno
dal campo visivo di una scienza puntata in maniera cos telescopica (o
microscopica?).
In definitiva, se il taglio epistemologico grazie al quale la poetica
si afferma come conoscenza della letteratura presuppone il riduzionismo ideologico mediante cui lidea stessa di letteratura nasce isolandosi dal campo generale del discorso umano, la restrizione disciplinare della retorica sar soltanto una ripercussione superficiale ma
indicativa di questo sommovimento profondo. dunque nellottica
dellemergere della letteratura che andr interpretata anche la restrizione della retorica.2

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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2.1 Le et delleloquenza
Nellesordio dellintroduzione al suo monumentale e magistrale studio del XVII secolo come et delleloquenza,3 Marc Fumaroli, dichiarando di praticare nella storia della retorica una disciplina poco garantita quanto alla sua legittimit, aggiunge che essa non
manca per di nobilt poich la sua nascita coeva alla nascita della
stessa storia letteraria. Certo, una volta letto con attenzione Fumaroli,
non si pu non rileggere questo suo incipit come espressione di una
certa ironia.
Fumaroli dapprima documenta la modalit con cui la problematica
retorica sopravvisse di epoca in epoca, sino allepoca di nascita della
storia letteraria: ampi panorami critici e storici degli autori retorici,
che comparivano con frequenza nei trattati di biblioteca; oppure anche in quelle bibliografie critiche cos in voga nel Seicento, e che Fumaroli definisce forme nuove della mnemotecnica oratoria (Lge de
lloquance, p. 1).
Dopodich per si passa a mostrare come quella stessa problematica strutturi anche le pi tarde opere di poetica che convenzionalmente, ed universalmente, riconosciamo quali capolavori della
critica letteraria. In esse il trattato di retorica, passato attraverso
una profonda metamorfosi, si mutato in opera letteraria: insomma,
le norme da essi dettate non si applicano pi indistintamente alleloquenza ed allopera letteraria, avendo la letteratura preso coscienza
della propria autonomia e del proprio libero magistero. Nondimeno
ciascuna di esse continua a propugnare dei modelli ed un programma di discorso, una morale ed una norma di stile (op. cit., p. 4). la
normativit di queste opere a farne delle appendici retoriche. Come
pure appendici della retorica.
La critica romantica non ha affatto segnato la fine della retorica.
Si limitata a sancire il ritardo della retorica accademica rispetto alle
nuove retoriche, consone a nuove istituzioni sociali e a un nuovo pubblico. Fumaroli mette esplicitamente in guardia dal credere che assieme allerudizione del XVIII secolo sia scomparsa anche la tradizione
che fa della storia della letteratura una scienza ausiliaria della retorica, e della retorica la causa finale della storia della letteratura (3).
Tuttavia proprio questa relazione originaria tra normativit retorica ed ancillarit della letteratura che va perduta nel momento in cui

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

la storia della prima viene narrata a partire dalla seconda. La norma


retorica viene fraintesa come valore estetico autonomo. La gerarchia
appare rovesciata.
Lintero studio di Fumaroli dimostra, infatti, sebbene limitatamente al periodo storico da esso prescelto, che la norma retorica norma sociale, politica, religiosa, proprio in quanto retorica. Lanalisi del
ruolo fondamentale giocato dalla retorica nella crescita della potenza
dello stato francese sotto il regno di Luigi XIII, frammezzo allaristocrazia della sua corte, rid spessore di senso perduto allidentificazione, abituale per la cultura classica, tra sorti della civilt e sorti
dellarte del discorso.
Quando i retori antichi proclamavano questa identit, quando gli
umanisti rinascimentali ponevano la retorica come chiave di volta
della propria cultura, essi non si riferivano alla cultura intellettuale
come vertice della civilt: il loro riferimento mitico4 era lopera di
civilizzazione compiuta dalla parola che condusse gli uomini fuori
dalla caverne, fuori dalla loro vita brada, per associarsi nella fondazione dellumana societ. Lopera civilizzatrice della retorica stata
sin da principio pensata come prolungamento di ci che oggi definiremmo antropogenesi culturale. La sua norma sempre nei termini
odierni si costruisce come ordinamento di autoregolamentazione
antropologica. Proprio dallantropologia contemporanea raccoglier,
nel capitolo che segue, qualche suggerimento sul modo in cui un
sistema complesso quale la cultura si autoorganizzi e generi entro di
s lumano.
2.2 Riabilitazioni?
Fumaroli non lo teorizza apertamente, ma lampiezza del suo studio
incoraggia e sollecita unampia visione dinquadramento teorico. Per
ribaltare la situazione creata dalla devoluzione alla storia della letteratura dei compiti prima assegnati allinsegnamento normativo della
retorica richiesto ancor di pi che lanalisi dei fenomeni positivi
di produzione e consumo delle opere propugnata da Paul Valry in
occasione del suo insediamento al College de France (1937), o della
riabilitazione della vecchia arte dei retori voluta da Jean Paulhan nel
suo Les Fleurs de Tarbes (1941).5 Entrambe queste prospettive riman-

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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gono allinterno dellottica ristretta degli studi letterari, circoscritti


dallidea romantica di letteratura come esperienza estetica. Dopo un
secolo di romanticismo, ci che andato perduto nel relativismo della
stilistica storica (lideologia della storia letteraria, e in primis di quella
di Gustav Lanson, archetipica per le lettere francesi), la relazione
funzionale della letteratura in quanto prestazione retorica al campo
generale del discorso.
Rispetto al ripensamento di Valry, la positivit del fenomeno
letterario non pu essere limitata al carattere sistematico dunque
non istintivo, non istantaneo dei suoi procedimenti. Deve invece essere rapportata alla collocazione del sistema letterario entro orizzonti
pi ampi: nel sistema antropologico come organizzazione complessa.
Rispetto alla riabilitazione di Paulhan, non sono i vecchi retori
che andranno riscattati ma ci che vi di atavico in quella che oggi
noi definiamo letteratura. Il pensiero critico sulla critica moderna
non pu limitarsi ad intendere la norma retorica come guida dello
scrittore nella sua impresa digiene ed invenzione: la metaretorica
moderna dovr essere una teoria del discorso retorico che riduca il
modernismo a un capitolo nella propria parabola.
Secondo Fumaroli, lopera di confutazione del pregiudizio antiretorico6 rimane per acefala se non si riafferma su nuove basi lunit di
paideia e litterae humaniores come unit antropologica.
2.3 Parola utensile vs. parole sacre
Nel dilemma tra letteratura e retorica in gioco direi io, sulla
base delle proposte che sto provando ad avanzare lipotesi di una
funzionalit antropologica, tecnologica, del discorso letterario (rimando per un approfondimento teorico al prossimo capitolo). Negata sul
suo versante estetico dallidea modernista di letteratura, viceversa
ammessa su quello tradizionale della retorica letteraria:
Anche e, diremo noi, soprattutto se si vuole vedere nella storia della retorica lombra della letteratura e della sua storia, un inventario dei
macchinari utensili che non potrebbero aspirare alla dignit dello studio
dei capolavori, si dovr ci non di meno ammettere la necessita di quella
storia e di questo inventario senza gloria ma rivelatori della funzione e

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

dellevoluzione della cosa letteraria nelle societ contemporanee. (Lge


de lloquance, p. 16)

A questa altezza gi si pu apprezzare lironia dellincipit. leclissi storica della retorica a coincidere non soltanto con lavvento della
modernit e con la propria letteraturizzazione, ma con linizio della
storia letteraria, intesa nellaccezione di disciplina di studio: Dunque, la storia della retorica stata [] sin qui, un punto cieco della
storia letteraria (op. cit., p. 17). Ci che la storia letteraria non vede,
essa che tutto storicizza, la storicit del concetto di letteratura da
cui deduce la propria legittimit. Vale a dire: oblia la relativit di quel
concetto rispetto al sistema di riferimento della retorica quale dimensione antropologica del discorso.
I tratti peculiari di questo obnubilamento sono caratteri della
esclusione intensiva: la letteratura diviene un settore a parte dellinsieme della cultura, il suo studio si confonde con quello dello spirito
nazionale nella Geistesgeschichte romantico-tedesca, in opposizione a
quella delle altre nazioni. Lo spirito si manifesta esclusivamente sotto forma di capolavori, discriminati sia dalle produzioni discorsive di
altro genere che dalla letteratura giudicata minore, sebbene enormemente maggiore quanto ad estensione. La nozione generica di letteratura nostra contemporanea interamente inscritta nel particolare
concetto romantico di letteratura.7
la tesi di Paul Bnichou, il quale ha mostrato come laccezione moderna di letteratura, affacciatasi per la prima volta alla storia
nellepoca moderna come separata da essa, cio reclamandosi avulsa
dal proprio terreno nativo, ha condotto necessariamente allidea dello
scrittore sacre, cio separato e nominato nel senso di rinomato.8
La sacralit, apoteosi dello stile separativo della letteratura, ha per
piega interna laporia della modernit.
2.4 Res literaria: tutto ci che stato scritto
Due sono i significati positivi dellespressione res literaria, che
mutuata dal titolo dellopera di Fumaroli funge da contraltare al
concetto estetizzante di letteratura. Entrambi questi significati vengono a definire la letteratura dal punto di vista di una teoria retorica-

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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mente orientata, ed entrambi sono caratteri della inclusione estensiva.


Il primo ha una portata macrologica, il secondo micrologica: vale a
dire che la letteratura va pensata nella sua cosalit (res) tanto al livello del suo macrosistema discorsivo quanto a quello del microsistema.
Rispetto a questo secondo aspetto mi focalizzer sul ruolo cruciale
del topos: tra pochi paragrafi grazie al contributo di Zumthor, nel capitolo che segue ripensandone la natura di dispositivo, anche entro
una cornice heideggeriana.
Fumaroli naturalmente si concentra sul primo aspetto nella sua
veste di storico degli esiti del tardo Rinascimento francese. La storia
literaria, nella misura in cui aderisce allimpresa retorica degli studia
humaniora, ha un senso enciclopedico: ben differente tuttavia da
quello della romantica enciclopedia delle scienze dello spirito. La literatura dellumanesimo nozione massimamente inclusiva perch il
suo concetto comprende tutto ci che stato scritto. Il suo testo si
compone letteralmente di tutti i testi. La sua storia non pu che essere fatta sotto forma di inventario. Viceversa la nozione romantica
esclusiva, nel concepire soltanto le sporgenze creative dello spirito. Si
lascia narrare da una storiografia speculativa, interamente strutturata
da una filosofia della storia di matrice teleologica.
2.4.1 Predicare il proprio/predicare lessenza
Questa opposizione strutturale tra nozione romantico modernista
di letteratura e nozione retorica di res literaria pu essere ricondotta
a due differenti modi del discorso sulla letteratura piuttosto che non
a due oggetti diversi. Mentre lidea romantica di letteratura risulta
da una definizione essenzialista, per la quale il riferimento sempre
la supposta qualit poetica, nella nozione di res literaria la letteratura
pensata idiomaticamente in quanto coestensiva al corpo oggettivo
della parola umana testualmente prodotta.
Questa distinzione va compresa nel quadro della teoria aristotelica
del discorso esposta nei Topici. La logica della predicazione di Aristotele individua quattro modi in cui la proposizione pu attribuire
il predicato, cui corrispondono i quattro predicabili: proprio, definizione, genere, accidente. Il discorso definitorio concepisce loggetto
secondo lessenza, la quiddit, mentre il discorso secondo il proprio

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

(idion) si limita a dire loggetto nei termini dei predicati che gli sono
coestensivi, ma non necessariamente essenziali. La logica della predicazione risulta cos organizzata da una doppia polarit: essenziale
e non essenziale, coestensivo e non coestensivo. Il criterio della coestensivit, pur non designando lessenziale dellessenza, stabilisce la
piena commutabilit tra soggetto e predicato: Proprio poi ci che,
pur non rivelando lessenza individuale oggettiva, tuttavia appartiene
a quellunico oggetto, e sta rispetto ad esso in un rapporto convertibile di predicazione (Topici, I-IV, 102a 18-19).
Cos il discorso sulla letteratura che scaturisce dalla nozione di
res literaria ragiona secondo lidion perch la testualit e la scrittura
sono propri in rapporto allessere della letteratura, le sono coestensivi. Nondimeno la circoscrivono soltanto se si ritiene la coestensivit
criterio sufficiente, mentre pensarla in rapporto alla qualit poetica che la distinguerebbe dalla sua cosalit implica il volerla
definire secondo lessenza.
Sul piano della logica argomentativa la definizione dellessenza non
esclude il criterio della coestensione, anzi lo implica (la definizione
essenziale e coestensiva), ma in riferimento allidea di letteratura la strategia discorsiva che ricerca lessenza si rivela alternativa ed opposta al
metodo del proprio poich sottende una ideologia addirittura contraria.
La retorica, in quanto metalinguaggio che ha nel discorso il proprio linguaggio-oggetto, attenendosi nella concezione della letteratura alla predicazione del proprio, rifiuta la possibilit stessa di una
definizione secondo lessenza. Il motivo che da questo tipo di predicazione deriver un concetto addirittura contrario a quello di res
literaria.9 Il concetto retorico tradizionale di literatura orizzontale
perch definito secondo lidion e non secondo lessenza. coestensivo alla propria base materiale nella scrittura, collimante con lorizzonte stesso di ci che andato attestandosi per tradizione:
Repubblica di filologi (la Rpublique des Lettres) ma anche di savants, di
savants in quanto filologi: tutta la scienza, dalla medicina alla geografia,
dalle matematiche alla storia, era allora fondata sullo studio dei testi antichi che le servivano da punto di partenza []. Limitazione in lingua volgare, per il piacere degli ignoranti, della poesia e del romanzo antico
non che una derivazione secondaria, a partire da questo fondo comune.
(Lge de lloquance, p. 18)

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La literatura ingloba. E inglobando comprende se stessa a partire


dal proprio fondo comune. Ci che noi oggi definiamo letteratura,
la sfera essenzialmente letteraria illuminata dagli astri delle poetiche
belle lettere, non in realt che unappendice storico-ideologica rispetto al fondo comune. Come tale andr ripensata nel suo carattere
strutturalmente parergonale, nonch oggi anche marginale rispetto al sistema culturale complessivo.
2.4.2 Un abisso antropologico: la fenditura tra logos come parola e
logos come ragione
Questo ripensamento tanto pi significativo quanto pi la res literaria come oggetto degli studia humaniora si differenzia dalla Geistesgeschichte romantica, nelle sue implicazioni gnoseologiche ma anche
antropologiche. Due diversi paradigmi antropologici sono sottesi ai
due modi della predicazione: la nozione di res literaria consente di
vedere nella letteratura il proprium antropologico delluomo inteso
come animale che ha la parola. Al contrario la definizione essenzialista della letteratura in base alla sua sostanza poetica implica di
necessit una definizione metafisica delluomo come depositario della
verit e della conoscenza. Al modo della definizione della letteratura
corrisponde il modo della definizione delluomo.
La concezione idiomatica della letteratura riposa infatti sul paradigma retorico del concetto di uomo, paradigma che risulta a sua volta dal fatto che il discorso a proposito delluomo si autolimiti al metodo del proprio: che luomo sia lanimale che ha la parola (zoon logon
echon), secondo la concezione retorica indica il proprio in rapporto
allessere delluomo. Soltanto luomo tra tutti gli animali la possiede e tutti gli uomini lhanno (rapporto convertibile di predicazione).
La metafisica ritiene per insufficiente questa attribuzione in base al
mero criterio della coestensivit, ed interpreta la stessa predicazione
nei termini di una definizione essenzialista: il logos non sar pertanto
solo la parola, bens la verit della parola. La ragione. Luomo pensato quindi come animal rationale.
La strategia metafisica si mostra qui anche riguardo al concetto
dellumano in conflitto con quella retorica. La definizione delluomo
in base allessenziale della sua essenza riduce lestensione del di-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

scorso su di esso ad un solo aspetto, che si pretende valga per tutti


perch essenziale. Ma questo valere per tutto il resto, come abbiamo
accennato in precedenza, ambivalente, supplisce e rimpiazza nel momento in cui rappresenta: non tutto nelluomo razionale secondo gli
standard metafisici dellidea di ragione/logos. Contemporaneamente,
luomo viene staccato nettamente dal suo genere (animale) proprio in
virt di una essenza individuale incommensurabile.
La concezione retorica invece copre lintera estensione della provincia delluomo, non solo tutti gli uomini (questa dimensione coperta anche dalla metafisica, nella misura in cui si suppone che in tutti gli uomini, per essere riconosciuti tali, ci sia qualcosa di razionale)
ma pure tutto luomo (anche ci che nelluomo non corrisponde agli
standard della razionalit, ma rimane nella sfera della discorsivit).
Soprattutto questa prospettiva mantiene limmagine delluomo sullo sfondo della sua genericit animale: il discorso umano, labbiamo
visto, pensato nella sua funzionalit rispetto alle condizioni elementari della sopravvivenza della specie, garantite dalle prestazioni culturali cui equivalgono, nel regno animale, le condotte istintuali.
2.4.3 Luomo ri-saputo: al passivo della conoscenza
Per concludere questa singolar tenzone, la letteratura, concepita
idiomaticamente come res litteraria, pu essere pensata come propria
allessere delluomo nella sua accezione ampia di comunicazione discorsiva; invece la letteratura, definita nei termini della sua essenza
poetica, non pu essere pensata in riferimento allessere delluomo se
non definendosi come epifania poetica della realt e rivelazione della
verit per tramite del valore estetico.
In quanto espressione di una teoria del discorso che si mantiene per
statuto e principio al di qua dellontologia e della ricerca dellessenza,
la concezione retorica della letteratura come res literaria si scopre non
soltanto alternativa ed antagonista al concetto metafisico di letteratura, tipico della poetica moderna, ma alternativa alla metafisica tout
court. Ancora una volta, pur da un cammino differente, incontriamo
nella res literaria la rinuncia a supporre verit riposte nel proprio discorso: non prestandosi a fare del proprio corpo verbale un transito
verso la conoscenza delluomo essenziale,10 si attesta in se stessa come

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luogo di quella conoscenza in quanto luogo di luoghi. Luomo si ritrova nel prodotto di un dispositivo culturale antropologicamente inteso
come insieme delle condizioni elementari della sua sopravvivenza.
Luomo sorge al passivo della conoscenza, ri-saputo in ci che le forme
della sua cultura hanno fatto della vita della sua specie.
2.5 Regalit e comunanza della retorica: coincidere con il proprio
topos
Tornando a Fumaroli, il radicamento delleloquenza francese nella
corte di Francia sotto Luigi XIII come forma comune ad un lite di
sapere e di potere, anchesso misura del radicamento di quella eloquenza nella cultura umanistica. E di questa, in ultima analisi, nel
fondo antropologico comune che, a sua volta, comunemente fondato
in ragione del suo radicamento nel fondo animale.
Unintera civilt storica concepita e formata retoricamente in base
a ci che comune, condiviso da tutti i suoi membri, secondo la pura
logica del rapporto convertibile di predicazione: la logica del proprio.
La condivisione e la comunanza sono di per s fondamenta della civilt: la si definisce come coincidente con linsieme delle regole che i
suoi membri ritengono appropriate, e i suoi membri sono riconosciuti
in base allappropriatezza della loro condotta rispetto a quelle regole.
Limitatio strumento e processo di effettuazione del decorum regale, che coincide con la maest stessa attuazione del principio di
convenienza, non ha niente a che fare con il mimetismo di rappresentazione. mimesi proprio in forza della corresponsione al proprio
substrato retorico.
Come la res della res literaria non mai il referente dei verba bens
la letteratura stessa in quanto base materiale di s medesima, cos la
parola rex indica un radicamento retorico, non un fondamento ontologico. La regalit non si fonda in nientaltro che nel proprio topos. Si
costituisce e si mantiene in grazia della non esorbitanza dal luogo delimitato dalle sue flessibili e storicamente finite regole convenzionali.
Lideologia trasgressiva del capolavoro romantico mostra a pieno
il senso peculiare della sua hybris quando rapportata al caso storico
di una societ convenzionale, per la quale persino i convenevoli sono
vitali. Sotto lo sguardo tagliente di quella ideologia, la destituzione

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

della mera norma sociale che fa da fondo comune in nome di una


pi universale, presuntiva, legge di natura, non soltanto comporta una
diminuzione di potere del corpo sociale ma porta verso la distruzione
stessa di quel corpo, anche in senso letterale. Nella Francia di Luigi
XIII il salto fuori dalla retorica eloquente che regola i rapporti di potere implica, infatti, il realismo referenziale come realt della violenza
tout court nel conflitto civile, oltre che il depotenziamento dello Stato
francese rispetto ai rivali.
3.1.1 La metafora al centro
Non ci si stupir a questo punto di constatare che i tratti salienti
della storia della retorica nellepoca della sua decadenza sono anche
i tratti qualificanti di quellimpresa di conoscenza della letteratura
nota con il nome di poetica moderna, nonch i tratti caratterizzanti della formazione ideologica che porta il nome di letteratura.
Genette, da parte sua, individua con grande precisione quei tratti
distintivi. Interessato per, come gi detto, soltanto alle ultime tappe del movimento di restrizione della retorica (che interpreta come
processo lineare, univoco ed incontrovertibile), Genette si concentra
sulla fase che segna il passaggio dalla retorica classica alla neoretorica moderna, e comincia perci la sua anamnesi dalla prima di queste
pi avanzate tappe: la pubblicazione, nel 1730, del trattato Des tropes
di Dumarsais.11
Il punto di vista di Dumarsais, grammatico dellEncyclopedie, non
quello di un retorico ma quello di un linguista, di chi oggi definiremmo un semantico. Con Dumarsais i sedicenti studi retorici situano il proprio nucleo nella teoria delle figure di senso, facendo dellopposizione tra senso proprio e figurato il centro e la preoccupazione
esclusiva del pensiero pseudoretorico. Ci che ora porta il nome di
retorica perci un pensiero della figurazione incentrato sul principio
metaforico. Un secolo pi tardi, con Fontanier ed il suo Trait general
des figures du discours (1821-27), la restrizione tropologica operata da
Dumarsais sembra riallagarsi abbiamo in fin dei conti un trattato
di tutte le figure ma, ad un esame pi accurato, lesclusione della
catacresi dal novero dei tropi perch non sostitutivo rivela che quella
restrizione viene ripresa con un rigore accresciuto.

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Il principio tropologico ed il criterio sostitutivo governano il campo di tutte le figure. La moderna idea di retorica si basa inoltre sulla
classificazione delle figure che Genette ci dice ridursi di fatto ad una
divisione dei tropi. Dumarsais aveva assimilato metonimia e sineddoche, Fontanier ha eliminato lironia in quanto figura despressione, quindi non-tropo, Genette somma le due sottrazioni ed presto
ricostruita la genesi della coppia esemplare della retorica moderna:
Metafora e Metonimia.
Genette seguita a ricostruire nei dettagli questa storia di progressive riduzioni, sottrazioni, evacuazioni, attraverso i suoi protagonisti, i
formalisti russi, Jakobson, Mallarm, le avanguardie storiche, il gruppo . In seguito alla riduzione alle sole figure di senso, si procede a
ridurre il campo di studio e di interesse alle figure di maggior tenore
semantico, ed ancora, a quelle che presentano un semantismo sensibile. Si privilegiano prima le relazioni di contiguit e similarit, poi
la sola associazione per similitudine, quindi il gioco delle figure viene
ridotto al loro semplice aspetto fisico o sensibile. Lepoca moderna
ama le forme pi materiali della figurazione.
Ma con Mallarm il cerchio si era gi chiuso. Lintera estensione
della sua circonferenza era venuta a coincidere con la superficie non
estesa del suo centro puntiforme. La concentrazione semantica del
tropo gli assicura una superiorit estetica. E la superiorit estetica
tutto. Le figure si sussumono nella poetica. Poco importa che il campo poetico non sia linsieme del discorso letterario e, ancor meno,
della lingua parlata: con Mallarm tutto si riduce al polo metaforico.
3.1.2 Abusi tropologici
Genette analizza nel dettaglio questa ulteriore riduzione ma lamenta la sua parzialit soltanto rispetto alla ricchezza e variet del
campo figurale, mortificato nella sua restante estensione. A suo avviso, infatti, la metafora non che una forma fra numerose altre, e la
sua promozione al rango di figura danalogia per eccellenza procede
da una specie di violenza.
La violenza tropologica si fa strumento di una sovversione che
solo apparentemente progressista: ci che Genette rimprovera alla
metaforica che a un progresso sul piano formale corrisponde una

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

regressione ideologica. Il progetto formale della metaforologia il


progresso stesso. In essa marcia il culto tipicamente moderno della
novit, della trasgressione, dello scarto dalluso, ma si elabora al contempo unidea elitaria degli usi, riducendo la connaturata pluralit di
essi al feticcio ideologico della banalit, delluso come mono-uso.
Allo stesso tempo, lideologia della metaforologia esibisce tratti
apertamente reazionari: essa centralista, agogna la figura centrale
(la metafora); gerarchica, investe la metafora di una superiorit indiscutibile; essenzialista, ritrova lessenza del metaforico in ogni altra figura e nel linguaggio tutto; totalitaria, ricorre persino ai mezzi
tipici del totalitarismo quali la propaganda quando, per dimostrare
che la metafora il tropo dei tropi, si serve della prova etimologica,
di un sofisma (tutti i tropi sono spostamenti di senso, il significato
etimologico della parola metafora spostare, ergo tutti i tropi sono
metafore). Dunque, ecco svelarsi il profondo desiderio di tutta una
moderna poetica (La retorica ristretta, p. 35), lambizione a stabilire il
regno assoluto della metafora.
Con quanto detto fin qui, si pu ben intuire come a mio parere il
monito di Genette vada corretto abolendo larticolo indeterminativo
davanti a moderna poetica. Ne intravediamo il perch nella sinergia
tra metafisica, nelle sue implicazioni letterarie che abbiamo rintracciato, e metaforologia: vi serpeggia lambizione a stabilire il regno dellassoluto tout court. Genette non si avventura in questa impresa:
Sarebbe facile (in tutte le accezioni della parola) interpretare in termini
di ideologia, perfino di teologia, queste annessioni: sappiamo, per esempio, quanto sia debitore ad una tradizione contemporaneamente platonica e giudeo cristiana il tema baudelairiano della corrispondenza fra Terra
e Cielo. Nella coppia metafora/metonimia allettante ritrovare lopposizione fra lo spirito di trascendenza religiosa e lo spirito tutto terreno,
votato allimmanenza di quaggi. (op. cit., p. 37)

3.1.3 La cura di un corpo sano: la retorica inavvertita e pervasiva


Il rimedio agli abusi della metaforologia, nonch a quella che Genette chiama illusione simbolista (quasi un difetto ottico, di natura
meramente piscologica), si avrebbe con la restaurazione nei loro diritti

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naturali di tutte le figure detronizzate dallusurpazione metaforica.


In proposito, nella chiusa, Genette fa apertamente proprio un motto
reazionario: Torniamo allantico, sar un progresso (op. cit., p. 40).
Ma il rimedio proposto da Genette, come si vede bene, il medesimo del malanno. La sua analisi della retorica ristretta si risolve in
una diagnosi compresa entro uneconomia a sua volta ristretta delle
strategie prognostiche.
Non basta una semplice farmacopea, la somministrazione di qualche figura aggiuntiva, alla riabilitazione della retorica, c bisogno di
unidea della clinica molto pi ampia. Detto fuor di metafora, non
si riabilita la retorica operando sintomaticamente su quella parte di
(meta)retorica che porta il nome di elocutio.
Non possibile tornare allantico perch lantico presso di noi.
Abita la nostra contemporaneit sotto forma di un atavismo della letterariet retorica sempre attuale. Lintreccio tra cesura epistemologica
della scienza poetica e formazione ideologica della letteratura ha s
generato un paradigma teorico che ha posto la tradizionale materia
della retorica classica in un margine di esclusione storica, ma soltanto rispetto allautoriflessione della cultura intellettuale. Le funzioni
discorsive perdute allattenzione della scienza poetica, ossia le prestazioni direttive, formative, comunicative della parola che la retorica
classica comprendeva nella triplice finalit assegnata allorazione (docere, movere, delectare) non hanno smesso di esercitarsi nel periodo
di dominio intellettuale dellideologema letteratura. Salvo che la
prassi cui esse davano luogo non aveva pi un metalinguaggio corrispondente. Non cera scienza che se ne occupasse.
Il recente revival della disciplina retorica12 impone laccettazione
di unidea di letteratura molto pi ampia di quanto non sia quella che
identifica il campo letterario con il campo poetico, ossia con la funzione estetica del linguaggio. Bisogner anzi confrontarsi con unidea la
cui ampiezza sar almeno proporzionale alla restrizione attuata dalla
crisi del moderno.
Non c bisogno di una prognosi quando sufficiente una diversa
diagnosi. Il che equivale a dire, ad esempio, che una differente declinazione di categorie periodizzanti quali moderno e postmoderno
comporta opzioni teoriche completamente diverse.
In questi ultimi decenni lindagine retorica non ha fatto altro che
ricongiungersi alla propria prassi la quale, nel frattempo, non aveva

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

mai smesso di esercitarsi. Lo ha fatto dando vita a nuove forme di


sapere, i metalinguaggi che hanno per linguaggio-oggetto la discorsivit della societ di massa, che la neoretorica limitata al perimetro
dellideologema letteratura si rifiuta troppo spesso di riconoscere
come pertinenti.
3.2.1 Unaltra economia del senso
peraltro necessario insistere su un punto. La requisitoria di Genette contro la restrizione della retorica va a rivendicare la reintegrazione della figuralit in tutta la sua estensione. Questo obiettivo, a
sua volta ristretto ed inscritto negli esiti di quella prima restrizione,
pregiudica la semiotica razionale di cui Genette eminente fautore: la
consegna ad un punto di vista sul corpus letterario la cui parzialit
funzione della preventiva restrizione di questultimo.
Se Genette lamenta il fatto che, slittando loggetto retorico in quello poetico, il maggior tenore semantico divenga criterio esclusivo della
letterariet, lo fa al fine di ripristinare un concetto di letterariet che
includa tra le sue determinazioni anche il minor tenore semantico, in
specie dei tropi non metaforici e delle figure non tropologiche. La sua
una critica tutta interna al campo della lexis poetica, il che significa
che ammette la sussunzione della retorica alla poetica, la riduzione di
questa alla elocutio e, cosa ben pi gravida di conseguenze, la restrizione del corpus letterario alla lexis poetica.
La via di una critica radicale alla restrizione della retorica dovrebbe invece condurre verso quegli aspetti della letterariet nei quali la
debolezza semantica non una gradazione interna alleconomia del
principio semantico bens lelemento stesso in cui si genera una diversa economia, improntata a principi alternativi. la via che orienta la
riflessione in direzione inversa rispetto al cammino compiuto finora
dalla storiografia della retorica, verso una definizione delloggetto letterario come essenzialmente retorico e retorico in senso ampio.
Si tratta perci di riabilitare le parti della disciplina retorica che
sono state obliterate con la restrizione allelocutio competente riguardo alla lexis poetica e non tanto di limitarsi a smuovere le acque
in quel medesimo bacino, come dopo tutto fa lo stesso saggio di Genette. Penso in modo particolare a quel dipartimento della retorica

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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che fu principale nel suo periodo classico, linventio, e specificamente


a quella linea di ricerca interna allinventio che concerneva la topica.
Le motivazioni del mio interesse credo ben risalteranno dal ruolo che
andr delineando per il topos entro la prospettiva antropologica. Ora
per credo possa essere opportuno ripercorrere quella via secondo
un orientamento pi attento ad alcune concrete declinazioni testuali.
3.2.2 Il topos come sosta nel corpo letterario
Nella sua affinit al sistema retorico incentrato sul topos, limporsi
dellorientamento testualista nella critica letteraria degli ultimi decenni ha fatto registrare sul versante del dibattito interno alla teoria
letteraria un autentico ritorno allantico.
Contro la compartimentazione modernista espressa nellidea di letteratura, la coestensivit di discorsivit retorica e res literaria professata dalla retorica classica comporta a livello del macrosistema, per dirla
con Ricoeur, uno stile di tradizionalit. Ci significa che la tradizione vi
funziona come dispositivo topologico di prestazioni persuasive e decisive (in grado di configurare e indirizzare i processi di decisione).
La res literaria dunque la tradizione come luogo dei saperi testualmente trasmessi, ma lo fintanto che ve li accoglie disponendoli
e dispiegandoli topologicamente in un luogo di luoghi. Uno spazio in
cui ogni luogo (topos) sta in luogo di un altro luogo comune, ed , sotto
il profilo ontologico, il luogotenente di s medesimo. Ci significa che
il sapere non trasmesso per tramite della tradizione, ma che entro la
tradizione il sapere la dinamica di trasmissione stessa.
Ne consegue che gli studia humaniora della retorica non transitassero attraverso il corpo cosale della literatura verso la verit riposta
nelle sue profondit o verso la bellezza dei suoi vertici. Lo sguardo
sulla letteratura, per cos dire, vi sostava: ne copriva lintera estensione
soffermandosi sui luoghi comuni che sono, paradossalmente, ci che
quel corpo ha di proprio (idion).
In questo senso il passaggio da una concezione della letteratura
come insieme privilegiato di opere significative a un modello di testualit generalizzata alieno a rimandi verso una dimensione metafisica del valore e del significato impedisce che il testo possa essere
significato da altro che non sia il testo stesso. Vietando che il testo

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

possa essere ridotto ad altro che a se stesso, il testualismo si qualifica


pienamente come retorico in senso tradizionale.
3.2.3 Il topos come tradizione autarchica: germinare consenso su
scala locale
Dalla teoria testualista di ispirazione retorica proviene lindicazione
indiretta per un ulteriore approfondimento del concetto di topos. Al livello del microsistema la cosalit letteraria significa che lunit elementare della retorica letteraria, ossia del discorso letterario in qualit di
prestazione retorica, appunto il topos testuale. Una microstruttura
a carattere marcatamente locale pu generare una dinamica di consolidamento topologico: ciascun dato corpus testuale (i cui confini sono retoricamente convenzionati) potrebbe funzionare come tradizione autarchica, non diversamente dal funzionamento della Tradizione maiuscola.
Il concetto di tradizione autarchica in ci opposto al modello
di pensiero archetipico che suppone un tipo dorigine concepisce
tanto leffettualit della Tradizione maiuscola (linsieme dei testi consolidati dallappartenenza al canone) quanto quella del testo tradizionale (fautore di tradizionalit) come prestazioni persuasive. Puro
esercizio di un potere retorico che non rimanda ad alcuna origine,
verit o realt. E che non necessita neppure di una tradizione storica
comune, nel senso forte di conosciuta e condivisa, come ambito referenziale stabile per instaurare i propri contenuti.
La topica testuale avrebbe perci in s il proprio principio come mero
inizio in analogia con la retorica tutta secondo il modello dellottenimento del consenso. Il potere che risulta dalla consensualit infatti
in-fondato dacch non si origina in chi ne investito ma nellopinione a
lui esterna, eppure, proprio per questo carattere indeducibile, pu avere
inizio in ogni momento in chi non lo detiene grazie allopera di persuasione. Questultima consister nella produzione di effetti discorsivi che
introiettano gli effetti che il discorso avr in fase di ricezione, e a cui si
conformano con una prolessi: una dinamica circolare di anticipazione e
retroazione che irriducibile a una vera e propria sequenza causale. Da
questo punto di vista la consensualit, non avendo un luogo dorigine
n un fondamento su cui riposa (invero non abbisognandone), si localizza ovunque si dia una dinamica di instaurazione del luogo comune.

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

87

4.1 Evidenze medioevali


Non deve stupire che sia uno studioso del medioevo (incontreremo
poi anche Curtius e la sua scuola) a confortare una tale ipotesi. Non
soltanto gli studiosi che, per vocazione disciplinare, si sono dedicati
alla storia e alla filologia del medioevo, o del Rinascimento, hanno
tratto la propria idea di letteratura di riflesso da unepoca premoderna (laddove per modernit si intenda qui la contemporaneit ottonovecentesca): oltre a ci essi si sono perlopi sottratti allinfluenza
dellideologia poetica veicolata col modernismo letterario.
Il percorso di Paul Zumthor, da studioso dellincrocio basso medioevale tra vocalit e scrittura, a teorico del topos, in questo senso
esemplare. La sua riflessione esibisce infatti la tendenza ad estendere il
modello topologico da un contesto culturale coeso, caratterizzato da un
alto tasso di unit selettiva, ad un contesto che invece si qualifica proprio per la mancanza di una tradizione come testo comune ed obiettivo.
Il topos funzionava indubbiamente nel contesto del medioevo, epoca
storica e sistema socioculturale in cui un rapporto di partecipazione
attiva appuntava ogni enunciato ad un vasto testo virtuale ed obbiettivo della tradizione, universo di referenza, al contempo immaginario
e verbale, che costituiva il luogo comune dellautore e delluditore.13
Epper continua a dimostrare la propria funzionalit anche in un ambiente quasi integralmente privo di riferimenti storico-semantici ed in
forza di quella stessa inanit semantica che dovrebbe invalidarlo.
Zumthor non propone esplicitamente lattualit della topologia rispetto alla condizione socioculturale che si suole definire postmoderna, ma, come vedremo, la lenta e fatale progressione della sua definizione di topos dal piano diacronico e temporalizzato della tradizione a
quello sincronico ed estemporaneo del testo, lo suggerisce.
4.1.1 Del quinto tipo
Nel corso della redazione di una tipologia dei tipi,14 dunque entro
unanalisi doppiamente sincronica, Zumthor si imbatte in un tipo che,
estremizzandolo, sembra finire con lannullare il dinamismo caratteristico di amplificazione e specificazione caratteristico di ogni tipologia. Esaminando dei brani testuali che rispondono, in qualche modo,

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

alla tipologia tematica della morte delleroe tradito, o della sofferenza


del cristiano o, ancora, della terra devastata e cos via, Zumthor, non
rinvenendo in essi un legame materiale riconoscibile con ci che si
suppone tipizzato da essi rispetto al quale dovrebbero essere loggetto di un amplificazione conclude per lestrema generalit del tipo
originario e per lipotesi che la ricorrenza, che dovrebbe esserne un
ampliamento, ne sia invece una specificazione.
Questo il quinto tipo nella classificazione proposta, e per esso
Zumthor suggerisce una prossimit al tema, non ha esistenza se
non figurativa, e qui il senso di figurativo esattamente opposto a
quello di tropologico (Topique et tradition, p. 360). Infatti nel tipo la
variazione pi abitualmente si articola sul nucleo fisso, costituendosi
tanto a livello semico che lessicale (si attesta cio come frammento
enunciativo che opera un prelievo di alcune opzioni tra tutte quelle
offerte dal paradigma). Ma nel caso analizzato da Zumthor si riscontra unirriconoscibilit sul piano epistemico, poich la ricorrenza si
trova spogliata di ogni rivestimento lessicale o sintattico, di ogni indice della precedente occorrenza. In questo tipo non c alcun appiglio
per la dinamica di transfert che d luogo alla densit semantica ed al
rimando simbolico caratteristiche di ogni metaforica.
Lipotesi di un ur-text paradigmatico non confortata dai singoli
testi esaminati. Io direi dunque che lefficacia di questo tipo meramente persuasiva, ed tanto pi forte quanto meno circostanziata.
Riguardo a questo genere di tipicit Zumthor ipotizza invece una qualche allusivit ad una situazione atavica reale, di cui non vi per pi
traccia al livello testuale (op. cit., p. 361). Paradossalmente, la possente
allusivit semantica di cui questo tipo si mostra capace sul versante degli effetti di lettura, dipende da una allusivit pura ed assoluta perch
del tutto inconsistente sul versante dei nessi causali storico-semantici.
Si sente lallusione ma mancano del tutto gli elementi enciclopedici
necessari a decodificarla.
4.1.2 La cornice senza lo sfondo
La nudit semica, lessicale e sintattica di questo tipo porta Zumthor
a parlare di tipo assiologico, nel senso che soltanto un sistema di valori
soggiacente e inapparente ne pu spiegare lefficacia: La maggior par-

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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te di questi tipi potrebbero essere definiti tipi-cornice. Lamplificazione


di cui sono infatti loggetto nel testo consiste meno in una espansione
digressiva che in una specificazione: il tipo non possiede delle marche
verbali del tutto stabili, non esiste se non come forma di contenuto,
astratto e di un alto livello di generalit (ibidem).
Loccorrenza testuale del tipo-cornice rimanda per il suo funzionamento ad uno sfondo comune genetico, di cui dovrebbe fornire una
particolarizzazione. Tale sfondo per sempre eliso: risulta irreperibile se non, per intuizione, successivamente alla propria manifestazione
particolare. A mio avviso questo enigmatico sottoinsieme di tipi lo
specifico del topos, rispetto a cui diviene lecita la concezione di una
tradizione autarchica. A patto di respingere la tentazione metafisica,
affamata di originariet, che ripiega sullidea di un substrato logiconarrativo profondo, che corrisponda allalto livello di generalit (sostanziale quanto non appariscente!), o che si appella a una referenzialit
traslata nellimmemorabile.
4.1.3 Amplificatio: una dila(ta)zione strategica
A risultare enigmatico in questo tipo precisamente ci che per
la tradizionale retorica costituiva la normalit. Il concetto stesso di
amplificatio per tutta una tradizione retorica indicava il procedimento
basilare della produzione di discorsivit. Con questo dispositivo si
moltiplicavano quanto pi possibile istanze discorsive spurie ed eterogenee, per rispondere allassenza strutturale di un fondamento paradigmatico per largomentazione. Tutte le figure per addizione, della
ripetizione, per accumulazione, della chiarificazione e dilatazione semantica, nonch la similitudine e lesempio: sono tutte funzioni della
amplificatio. Lamplificatio emerge cos non come un procedimento
tra gli altri, ma come la processualit stessa del discorso. Discorsivit come processione senza fini e senza fine: incessante trapassare da
singolarit a singolarit di altro ordine, per mancanza di un punto di
arresto archetipico nelluniversale.
Non dobbiamo per dimenticare che per la retorica il procedimento di natura opposta allesito. Nella persuasione il discorso retorico
persegue e ottiene ci che difettava ai suoi mezzi: il punto di arresto.
Solo in ci consiste il paradosso retorico: che vi sia una disomogenei-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

t tra i suoi mezzi ed il suo effetto. Questo per non comporta una
aporia tra mezzi persuasivi e risorse tropologiche: la strategia unica
sebbene la tattica possa essere diversiva.
4.1.4 Senza origine, senza traccia
A sorprendere Zumthor nel quinto tipo proprio la radicale emancipazione da una filiazione archetipica, in cui la riconoscibilit garantita
dalla variazione o scarto rispetto ad un caso dorigine, e che indicata
da determinazioni materiali (elementi lessicali, semici, sintattici, ritmici). Con sconcerto si individua un tipo che gode di unesistenza squisitamente figurativa. La nozione di figurativo indica qui un concetto di
tipicit la quale si rafforza in proporzione diretta allalleggerimento
delle sue componenti materiali: un tipo che sopravvive e prospera nel
suo stesso svuotamento semantico-storico. Che configura la propria efficacia tradizionale come continuum cosale, non pi materiale.
Non volendo rinunciare al modello archetipale, Zumthor deve addentrarsi nel paradosso di una generalit enigmatica ed irrintracciabile (letteralmente: priva di tracce) e di una particolarit specifica che
non procede dal genere, presupponendolo, ma che viceversa lo produce. Ma quello che, in questi termini, un paradosso, cessa di esserlo
se solo si rinuncia allipotesi del tipo dorigine: assistiamo allora ad un
processo in cui non pi un particolare autosussistente, ma inferiore,
a discendere da una generalit soltanto ideale, bens ad un processo in
cui da una singolarit di ordine inferiore cresce una seconda, o terza,
singolarit di ordine superiore.
4.2 Apareci completo y orgulloso
Ecco delinearsi il topos, come tipo testuale di s medesimo. In esso
la massima inconsistenza materiale (lottusit semantica, la solitudine
semica, lalienazione lessicale, la disconnessione sintattica) si accompagna alla massima concretezza cosale. Ogni aspetto della manifestazione del topos sar perci tipico, il suo stesso manifestarsi lo sar, la
sua stessa evenienza, in tutta la sua estensione, lo sar: a partire dalle
successive occorrenze, eventi pragmatici di lettura e rilettura di un te-

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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sto come ripetizione di s medesimo, anche in un testo altro. Due unit


testuali topologiche intratterrebbero allora tra di loro una relazione
intertestuale di mera denotazione, si esemplificherebbero a vicenda in
quanto topoi, anche a partire da un dettaglio minimo ed insignificante.
Una classe siffatta di tipi lascerebbe in apparenza supporre che la
loro ricorrenza preveda una identit letterale di interi brani. Al contrario, essi possono ricorrere senza che venga mimetizzato anche un
solo lessema. Possono sopportare/supportare persino una differenza tematica: essi saranno tipici in quanto topici, in quanto attestatisi
come luoghi del corpus, situati entro la dimensione di superficialit
del testo. Fattori di organizzazione del testo stesso come luogo di luoghi, sono caratterizzati dal solo fatto della loro evenienza, della loro
pregressione, dal loro inqualificabile essere-gi-noto in quanto esseregi-l. Pronti ad essere conosciuti perch risaputi, perch riconosciuti
metaletticamente a partire dalla ripetizione amorfa di s medesimi.
Il topos realizza un effetto di amplificatio in se stesso, senza passaggio da una singolarit ad unaltra, in una successione simultanea,
persuade non per ci che alloggia allinterno, ma perch esteriore a
se stesso. Singolarit assoluta, il topos lepitome della retorica.
Ci che risulta difficile da pensare lorizzonte della ripetizione in
quanto orizzonte formale che si profila come di per s anamorfo. Qui
lidea della rappresentazione come mimesi, di adeguazione morfologica, completamente tramontata in un modello morfogenetico la cui
efficacia consiste e dipende dalla mera prestazione formativa. In questo
senso, la chiusura autoreferenziale del dispositivo testuale, ben lungi
dallimplicare una a-referenzialit autodecostruttiva, presenta una perfetta equivalenza funzionale con i processi di comunicazione ordinaria.
4.3 Come la letteratura sta al mondo
Il topos si ripete, ma ci lo rende uno strumento dellorientamento
esistenziale del lettore. La dimensione retorica anche il modo dellessere nel mondo della letteratura. Lintertestualit topologica infatti
del medesimo ordine delloggettivit mondana, che si costituisce interamente nella doxa, perch lesser-gi-l del topos testuale funziona come il si dice dellopinione che persuade. Funge per, proprio
per questo, anche da segno di orientamento nel testo come orizzonte

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

mondano, oltre che come fattore di proiezione della letteratura nella


dimensione pubblica delle negoziazioni comunicative.
Il lettore si situa allinterno del testo, ed il testo nel mondo del lettore. Comparabili a magazzini di stoccaggio (una similitudine che non
intendo lasciar cadere), i topoi testuali funzionano non diversamente
da come la topica classica immagazzinava argomenti per la retorica
oratoria. Lefficacia non dipendeva, come spesso si crede, dalla forza di
argomentativit apodittico-epistemologica del singolo argomento, ma
dalla sua collocazione allinterno di un corpus. Il singolo argomento
si faceva veicolo della globale persuasivit sistemica di quelluniverso
discorsivo, mentre proiettava il corpus nel quadro dei valori politici,
sociali, religiosi, culturali.
5.1 Una contemporaneit feconda di tradizioni. Rovesciate da capo
a piedi
Questo percorso teorico non pu esimersi dal condurre ad uno
sguardo sullattualit. Abbiamo visto che per un verso effettivamente
la capacit autoistruttiva di autoorganizzazione del testo quale dispositivo di persuasione topologica lo emancipa dalla necessit di una
Tradizione come contesto topico (il medioevo di Curtius e Zumthor,
la corte di Francia sotto Luigi XIII in Fumaroli). Per altro verso per
questa stessa capacit marca una netta soluzione di continuit con
lideale dellautopoiesi romantica e modernista come atto fondativo o
ri-fondativo, cio creativo.
Come anticipato in principio, molti tratti delle retoriche medioevali
paiono oggi pi consentanei alla nostra attualit di quanto non lo siano
quelli delle poetiche della recente modernit. Pare che nel nostro tempo alcuni testi acquisiscano una straordinaria facolt tradizionale, nel
senso di erede della tradizione cos come di fautrice della tradizione.
La facolt in questione quella per cui un corpus letterario si costituisce come tradizione in grazia delle proprie evenienze testuali.
Anche lopera di un singolo autore senza nemmeno arrivare a un
genere diviene tradizione, si fa tradizione di se stessa e per se stessa
(una volta consumatasi la rottura dellunit intellettuale della civilt
occidentale, che tanto costerner Curtius, e infrantasi la corrispondente tradizione collettiva).

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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Il macrotesto, coincidente con il corpus autoriale (ma si possono


ipotizzare anche insiemi meno estesi o diversi), si costituisce nei termini di Zumthor come luogo comune allautore e al lettore poich,
nellunit di lettura di un testo A, la relazione di una sua parte A1 alle
altre (A2, A3, An) di natura mediata. Passa attraverso il riferimento
al luogo comune della tradizione autarchica, cio attraverso una mediazione retorica. Pensando alla caratterizzazione fatta, ad esempio,
da Lotman, si pu sostenere che tra microtesto e macrotesto topologico odierno, tra oggetto culturale retorico e suo cultore postmoderno sussista, sorprendentemente, un rapporto di ordine classico, non
romantico-modernista.15
Una valutazione simile potr sembrare avventata, ma sono le stesse conclusioni di Fumaroli e Zumthor ad annunciarlo. Se Fumaroli
conclude che la situazione e lo statuto della Letteratura, dal XVII
secolo ai giorni nostri, si sono rovesciate da capo a piedi (Lge de
lloquence, p. 28), indica una dinamica di trasformazione, il rovesciamento, caratterizzata dalla reversibilit: un rovesciamento possibile
in forza della condizione che lo rende sempre nuovamente rovesciabile. del resto inequivocabile il fatto che nellet delleloquenza Fumaroli rivenga molti dei tratti che sembrano caratterizzare la nostra contemporanea rhetorical age16 e viceversa (op. cit., pp. 28-33). In regime di
piena reciprocit, il vettore di direzione storica non , infatti, pi discriminante, non si tratta pi oramai che di circolare topologicamente
in un testo tradizionale. La retorica generalizzata di Fumaroli fa segno
verso la perdurante integrit di unepoca, la nostra, anche la nostra,
che ha smesso lambizione alluniversalit, la cattiva coscienza della
modernit. E che invece pi modestamente? ambisce ad utilizzare
la parola letteraria solo per sottrarsi allannientamento reciproco, al
dilagare della violenza. Ancor pi semplicemente, per limitarsi a vivere.
Ma questo gi il tema del prossimo capitolo.
NOTE
Cfr. Gerard Genette, Figures III, Paris, Seuil, 1972 (trad. it., Figure III, Torino,
Einaudi, 1976, p. 35).
2
Pierre Bourdieu ha ricostruito dal punto di vista sociologico culturale la storia dellemergere del campo letterario nel diciannovesimo secolo, mostrando
1

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

come la genesi storica della estetica pura sia complementare alla conquista
dellautonomia da parte dellarte, e come il concorso di questi due fattori sia
funzionale alla nascita delluniverso letterario per come lo si conosciuto dal
romanticismo ai giorni nostri. Cfr. P. Bourdieu, Les rgles de lart. Gense et structure du champ littraire, Paris, Seuil, 1992. Pur essendo la mia impostazione del
tutto convergente con il lavoro di Bourdieu, far riferimento ad altri autori che
abbiano trattato la questione della nascita della letteratura riportandola direttamente allo sviluppo della storia della retorica.
3
Marc Fumaroli, Lge de lloquence. Rhtorique et res literaria de la Renaissance au seuil de lpoque classique, Genve, Droz, 1980.
4
Rimando al capitolo primo per una distinzione tra questo mito degli inizi e
unaspirazione ben differente allorigine mitica.
5
Cfr. Jean Paulhan, Les fleurs de Tarbes ou la terreur dans les lettres, Paris, Gallimard, 1941 (trad. it., I fiori di Tarbes, Genova, Marietti, 1989).
6
Per questo genere di operazione il riferimento a Basil Munteano, Constantes
dialectiques en litrature et en histoire. Problmes, recherches, perspectives, Paris,
Didier, 1967.
7
Le determinazioni contenutistiche di questo concetto, che sono le stesse ogni
volta che ci riferiamo alla poetica moderna, sono state a questo modo descritte da
Michel Beaujour, proprio analizzando lideologia della cesura che segna lavvento storico della littrature: Cercando di esorcizzare la retorica e limitazione, le
poetiche postromantiche sono condotte a farne la parodia od a rigettarle a vantaggio di nuove facolt il cui tratto dominante la promozione della singolarit
individuale: singolarit della fonte soggettiva []. O altrimenti, con manovra pi
ardita (ma semicosciente), si tratta di far subire alla retorica delle metamorfosi
il cui effetto principale di proiettare in primo piano (iperbole della esibizione
dei procedimenti cara ai formalisti russi) il funzionamento di un disjectum membrum invenzione, disposizione, stile, memoria, quindi elocuzione dellarte,
la quale, in regime retorico, stabiliva le procedure da seguire nellelaborazione
del testo, senza con ci mai apparire in quanto tale nellopera compiuta. Questa
promozione dello avant-texte (Jean Bellemin-Nol) ci che altrove ho denominato neotenia, fenomeno regressivo, che conferisce una fisionomia incompiuta,
bruta, prematura, ad alcune opere caratteristiche della modernit (M. Beaujour,
Rhtorique et litrature, p. 162, in Michel Meyer, a cura di, De la mtaphisique a la
rhtorique, Bruxelles, Editions de lUniversit de Bruxelles, pp. 158-171).
8
Cfr. Paul Bnichou, Le sacre de lcrivain, Paris, Gallimard, 1978.
9
Bisogna tenere presente che i libri dei Topici non appartengono allontologia
aristotelica, la scienza dellessere, poich il logos appropriato a dire lessenziale

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II. RETORICA RISTRETTA O IMPERO DEI TOPOI

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dellessenza non pu che essere dellordine dellepisteme, cio della dimostrazione


epidittica che discende da premesse vere. I topici sono invece, proprio in quanto
teoria della pluralit del discorso umano che individua la corrispondenza tra i
diversi ordini di luoghi (topoi) ed i tipi di argomentazione, dellordine dellopinabile: Lidea fondamentale dei Topici di far corrispondere a ciascuna di queste
condizioni un metodo appropriato, che permetta di controllare se sono o meno
soddisfatte; a questo oggetto, rispondono rispettivamente la topica dellaccidente,
quella del genere, quella del proprio e della definizione, Jacques Brunschwig,
Introduction alla traduzione francese dei Topici, libri I-IV, Paris, Belles Lettres,
1967, p. XLIX (traduzione mia). Il metodo stesso dei luoghi riflette la collocazione
del discorso dialettico in un ordine non fondamentale, non costitutivo, nellordine del discorso sul discorso: Si deve infatti sottolineare che i predicabili non
designano le relazioni reali che possono stabilirsi tra un soggetto e le propriet
che possiede, ma le relazioni intenzionali che possono stabilirsi tra un soggetto e
le propriet che una proposizione gli attribuisce; la dialettica ha per oggetto formale i discorsi sulle cose e non le cose in se stesse. A questo riguardo, si potrebbe
paragonare la dialettica a quei giochi fondati su di un contratto (ivi, p. L). Da
questo punto di vista, la topica del proprio propria allordine del discorso retorico, il quale, anche solo sul piano del metadiscorso, non si spinge mai fino alla
topica dellessenza. Le concezioni alternative dellidea di letteratura divengono
cos emblematiche del dissidio che sussiste tra ordine del discorso retorico, che
si attiene per principio al criterio del proprio, data limpossibilit di raggiungere
la verit, e ordine del discorso metafisico che, mirando allessenza a partire dalla
pretesa di verit, ritiene deficitario se non ingannevole il discorso della retorica.
10
Cortocircuito tra genitivo soggettivo ed oggettivo: conoscere lessenza delluomo come animal rationale significa riconoscere nelluomo la capacit di conoscere lEssenza, e ri-conoscere luomo stesso in quella medesima capacit.
11
Su questo stesso snodo vitale per la circolazione teorica dei termini di retorica,
tropologia, figura, si veda anche dello stesso Genette lintroduzione alla recente edizione francese del trattato ottocentesco sulle figure del discorso di Pierre Fontanier: G. Genette, Introduzione, in P. Fontanier, Les figures du discours,
Flammarion, Paris, 1977, pp. 5-17.
12
Lespressione di Wayne C. Booth, The Revival of Rhetoric, in PMLA,
LXXX, n. 2, 1965, pp. 8-12. Per una panoramica sulla rinascita dinteresse per
la retorica nellambito degli studi letterari, oltre ai riferimenti bibliografici che
fornir in bibliografia, si veda Ezio Raimondi, Retorica e linguaggio letterario,
in Andrea Battistini (a cura di), I sentieri del lettore. Il Novecento: storia e teoria
della letteratura, vol. III, Bologna, Il Mulino, 1983, pp. 441-459.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Cfr. Paul Zumthor, Topique et Tradition, in Potique, (1971), 7.


Questa la definizione di tipo data da Zumthor: La nozione di tipo include
i topi. Il tipo una microstruttura costituita da un insieme di tratti organizzati,
che comporta un nucleo fisso (sia semico, sia formale) ed un piccolo numero di
variabili. Lo si pu considerare, nellordine del sistema, come una forma poetica
minima, il cui contenuto si attualizza nellimpiego sintagmatico. In quanto strumento di analisi, svolge il ruolo di una matrice di possibilit espressive, astrattamente ricostruite dalloperatore, e delimitanti dei fatti di discorso caratterizzati
da una doppia ricorrenza (da testo a testo ed allinterno di ciascun testo) e, spesso, da unalta frequenza in questi due ordini (Topique et tradition, 356).
15
Lotman individua un fondamento ideologico-culturale comune al metaforismo
dellepoca barocca, al simbolismo romantico ed alla apparente rottura apportata
dalle svariate correnti dellavanguardia. In tutte queste, infatti: Lorientamento
verso il tropo come fondamento della formazione di stile si manifesta con tutta
evidenza. Lidea [romantica] della sintesi organica, dellunione dei vari aspetti distinti ed inunificabili della vita, da una parte, e lidea dellinesprimibilit dellessenza della vita con i mezzi di una lingua [], dallaltra, generano la ricodificazione metaforica e metonimica dei segni dei diversi sistemi semiotici (Juri Lotman,
Retorica, p. 1054, in Enciclopedia, vol. XI, Torino, Einaudi, 1980, pp. 1047-1066).
Se ci porta il romanticismo ad identificare la lingua dei simboli, degli emblemi e
delle metafore con larte come tale, non diversamente, il principio di giustapposizione, alla base della poetica delle avanguardie impone una lettura metaforica
e metonimica delle figure formate in osservanza di quel principio. Romanticismo
ed avanguardia mettono entrambi al centro della propria poetica il tropo, quale
figura isostrutturale al meccanismo della coscienza creativa in quanto tale. Ma
laspetto fondamentale del tropo con riguardo alla struttura semiotica della cultura consiste nellessere un meccanismo di generazione di non-univocit semantica, caratteristico dei sistemi orientati verso la complessit, la non-univocit o
linesprimibilit della verit (op. cit., p. 1055). Allopposto, lorientamento della
retorica classica, ben lungi dallaumentare il grado di indeterminatezza semantica
della struttura culturale, tende, assegnando centralit al topos, a ridurlo, per compensare lindeterminatezza biologica delluomo. La coscienza creativa rivolta al
simbolismo estetico dei tropi, imperniata sulla dialettica sensibile/sovrasensibile,
invece parte di una sindrome metafisica che, mentre afferma linesprimibilit
della verit, le d credito e pretende ad essa.
16
Cfr. W.C. Booth, The Revival of Rhetoric, op. cit., p. 12.
13
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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA


PAROLA
Tradizione come logica del vivente: una riserva abitabile entro la
violenza dellessere
Thesauros oportet esse, non libros
Plinio

1.1 Corpo senza storia


La retorica letteraria non pu avere una storia. Si pu scrivere una
storia della retorica, certamente: e una storiografia della disciplina ha
in effetti emesso qualche vagito, nella fenditura tra modernit e contemporaneit, durante il secolo ormai trascorso. Ma quasi imbarazzante la sproporzione tra la puerizia di questa impresa e latavismo del
corpo immenso che tenta di percorrere: anzi, che tenta di dissecare
per poterlo dispiegare, o piegare, a un ordine sequenziale. Un paleontologo bambino, che presuppone la morte fossile nelloggetto della
propria curiosit.
La retorica letteraria , appunto, un corpo. unestensione, non
una successione: una rete di spazi, una logica dei luoghi. E oltrech corpo, corpo vivo; la cui vita dipende dalla compresenza, dalla
connessione, dallinterazione reciproca e inesausta tra i propri organi.
La vitalit di questi ultimi, a propria volta, deriva dal loro radicarsi
nellassieme.
Il momento in cui si cominciato a considerare la retorica sotto il
profilo storico (il momento in cui ha preso avvio la storiografia della
retorica) ha coinciso con il diffondersi della convinzione riguardo alla
sua antichit, vetust, decrepitezza, morte.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

1.2 Pregresso e presente


Dunque storia e retorica letteraria non si appartengono. La peculiarit della retorica consisteva proprio nellessere unarte della memoria che azzerava la distanza storica, il tempo come abisso. La temporalit pensata come processo, lidea stessa di storia, era non soltanto
estranea ma antitetica allimpresa retorica. Perch vi potesse essere
conoscenza retorica, cio persuasione, doveva infatti verificarsi la condizione secondo cui il pregresso immediatamente attuale. Il passato
deve essere presente nellesercizio di questa prassi, affinch la prestazione sia interamente possibile: sicut erat in principio et nunc et semper.
La retorica ignora lidea di progresso, con le sue connotazioni migliorative di evoluzione e sviluppo, non perch sia testimone di eterni
valori classicisti ma perch riceve il passato entro inflessioni pragmatiche e lo concepisce esclusivamente come pregresso. Tutta la tecnica
retorica come arte della memoria consisteva in questa prassi, tutta
la conoscenza retorica in questa prestazione.1 Labisso temporale della distanza storica diveniva per la retorica un contenitore, un museo
eclettico, una risorsa presente. Quando della retorica si dice che una
techne quando si sottolinea il suo carattere eminentemente fattivo
oltre che unapprofondita riflessione sul concetto filosofico aristotelico di techne, occorre tener presente questa sua condizione pragmatica:
per parte della retorica, la prestazione concretamente storica (vale a
dire situata, estrinsecata, realizzata) consiste nel trasformare in possibilit i limiti imposti dalla Storia.
1.3 Un sapere degli effetti
Vi un secondo senso per cui si pu dire della retorica che fosse una antiStoria. Ci che essa rendeva immediatamente disponibile
non era pi una sterminata processualit nellordine del tempo, bens
nellordine del sapere. La filosofia platonica pretendeva una lunghissima serie di conoscenze per accampare una scienza sistematica che
indagasse metodicamente come si correlino strutture linguistiche e
reazioni psicologiche. Ma la serie viene azzerata di colpo in un sapere degli effetti: il retore, luomo eloquente, sa soltanto che quel dato
blocco di linguaggio produrr quel dato effetto, che a quel dato reper-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

99

to linguistico corrisponder quel dato effetto e, di rimbalzo, classifica


il blocco linguistico come effetto delleffetto.
Ci nonostante, il retore non un teorico delladaequatio poich
egli non ha teorie se intese come scienze dei fondamenti:2 ha un repertorio. Egli non sa perch, in base a quali leggi, si verifica quelleffetto,
il suo esercizio non si fonda nemmeno in una legge generale della corrispondenza: egli un anomalista, ma un anomalista deliberatamente
istintivo. Tutto ci che egli sa dei suoi reperti quanto resta una volta
negata, per ciascuno di essi, la sterminata rete di conoscenze che un
sapere fondazionalista vi ripone. La retorica al contempo leffettualit e lobliterazione di ogni sapere riposto.
2.1 La retorica come tecnologia della parola (I): building blocks
A questo punto diventa necessario definire la retorica come tecnologia della parola. Abbiamo infatti visto che la retorica fungeva
come unarte il cui carattere pratico sfidava i secoli, i millenni, gli
abissi del tempo storico e del tempo epistemico. Ma abbiamo anche
visto che la pratica retorica ha sempre conservato un carattere pratico
maggiormente specifico di quanto non presentino genericamente le
tecniche rette da unarte. Essa fornisce parole prima ancora che regole. Parole che si addensano depositate nella copia come in tuberi o
rizomi. Parole immagazzinate come mattoni che sordi si offrono alla
propria funzione:
Non si ancora compresa la funzione della copia come categoria epistemologica che presiede ad un genere di conoscenze retoriche per noi inusuale. Ci con cui abbiamo a che fare un primitivismo retorico situato
ad un livello disciplinare, non stilistico []. Le rinascimentali retoriche
della copia predispongono la scrittura fungendo da fornitori di parole
piuttosto che di regole. Il loro paradigma il Thesaurus di Roget, oggi
incluso nei nostri word-processors, non la regola del decorum o del sistema degli stili []. Non c pi un manuale di scuola da studiarsi sotto
la supervisione di un istitutore, ma una collezione di mattoni linguistici
(linguistic building blocks) da utilizzare per scrivere meglio, e non per
imparare come scrivere meglio.3

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100

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Rendita e provento della retorica sono i linguistic building


blocks, piuttosto che unorganizzazione sistematica di norme generative. Questo carattere ultrapratico ci che la distingue tanto dalla
tecnica quanto dallarte.
2.2 La retorica come tecnologia della parola (II): la fiamma immemore
La retorica era concepita e praticata come ci che oggi definiremmo una scienza applicata: stata per millenni una tecnologia ante
litteram, non solamente e semplicemente una tecnica. Le tecniche si
evolvono e si superano, sono attraversate dalla storia e dallepisteme,
ma non lo la logica della tecnica. Il discorso sul sapere tecnico, il
discorso del sapere tecnico: la disciplina delle prestazioni indifferenti alla propria fondazione ontologica e storica.
La retorica stata, insomma, tecnologia e la tecnologia non invecchia. Semmai invecchiano le tecnologie, talvolta assai rapidamente, ma non la tecnologia. Allo stesso modo, la tecnologia non
progredisce mai veramente. Essa sempre contemporanea a se stessa poich non fa che aumentare. La tecnologia del fuoco ancora
attuale, la sua attualit si mantenuta non soltanto rispetto allindividuo, alla generazione, al popolo, ma persino a dispetto della specie che la ha inizialmente attuata, nel frattempo evolutasi sul piano
biologico. Ci non toglie che, nel frattempo, in un lasso di decine
di migliaia di anni, la tecnologia sia aumentata. Ma, nel momento
dellimpiego tecnologico del fuoco, luomo medio del principio del
terzo millennio dellera cristiana non ha rispetto allo specifico
di ci che avviene conoscenze maggiori di quante ne avessero i
cosiddetti uomini preistorici. Nellattimo in cui luomo di questo
ventesimo secolo, sfrega la capocchia di uno zolfanello contro una
striscia di carta vetrata, contemporaneo delluomo preistorico che
sfrega tra loro due pietre focaie. Sono entrambi luomo tecnologico
senza tempo.4

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

101

2.3.1 Exemplum primum: il processore e la mnemotecnica pura


Abbiamo anche detto che la retorica opera un azzeramento della
distanza temporale nellordine del sapere. Alcune esemplificazioni
intuitive ci possono suggerire come e perch questa prestazione qualifichi la retorica quale tecnologia. La tecnologia informatica ci fornisce il primo esempio, che gi traspariva nel paragone supra citato tra
il Thesaurus di Roget e i nostri word-processors.
Basta pensare ai sistemi operativi che hanno reso disponibili le
risorse dellinformatica a qualsiasi utente, a prescindere dalla sua conoscenza dellinformatica come scienza, su scala planetaria: laddove
prima erano necessarie competenze specifiche di programmazione
informatica per far eseguire alla macchina le operazioni volute, oggi
sufficiente posizionare una freccia su di una porzione di schermo
per mezzo di un cursore e fare click. Se prima si doveva conoscere
una complessa formula algebrica corrispondente alloperazione attesa, adesso sufficiente riconoscere licona che la raffigura. La natura
degli input e degli output in cui si struttura il processo non cambiata, salvo che i sistemi operativi rendono gli output disponibili a
partire dalla completa ignoranza degli input, dalloblio del processo
stesso. Una delle due parti essenziali del computer come macchina e
come idea infatti il processore.
Questo livello dellaccrescimento tecnologico dellinformatica noto
con il nome di era del personal computer non fa che ripetere lessenza
stessa della tecnologia informatica in quanto tale. Non rappresenta
una sua evoluzione, ma un approfondimento del medesimo solco originario. La scienza dellinformazione presenta infatti la peculiarit
per cui essa ha il suo fine principale nel proprio superamento tecnologico, vale a dire che essa totalmente governata da uneterogenesi dei
fini. Sin dalle sue origini, le conoscenze informatiche specialistiche
mirano a rendersi inutili, a fare di se stesse qualcosa di dispensabile.
Ogni sforzo della scienza informatica converge nella produzione di
un software che dispensi lutente dallonere di quella scienza. Ci significa che la scienza dellinformazione costitutivamente rivolta al
proprio autotrascendimento in una tecnologia.
Del resto, il campo stesso di questa scienza nasce da e come applicazione tecnologica. Il primo calcolatore elettronico era unicamente
ed integralmente hardware. Vale a dire che a ciascuna operazione da

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102

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

esso eseguita corrispondeva una parte fisica della macchina capace di


eseguire soltanto loperazione con cui si identificava, vi era una relazione biunivoca tra prestazione e supporto materiale.
Linformatica nasce nel momento in cui si riesce, passando al codice binario, a dotare la macchina di una memoria. Cio di un luogo
immateriale, scorporato dal supporto fisico, capace di accogliere dei
programmi, sostituibili ed interscambiabili. La scienza informatica
nasce nel momento stesso in cui si rende possibile il passaggio al software, ossia alla propria applicazione tecnologica.
Linformatica , sotto questo punto di vista, una mnemotecnica;
potenzialmente cos perfetta da offrire la realizzazione del sogno della memoria artificiale. La memoria a tal punto pura da divenire memoria dellimmemoriale. Altrimenti detto, una memoria che ignora
il problema della genesi, che non si pone la questione dellorigine,
assolutamente compresa dai propri effetti. Il secondo elemento essenziale del computer come idea e come macchina dunque la memoria.
2.3.2 Exemplum secundum: il bottone dellApocalisse
Un secondo esempio ci fornito dalla tecnologia bellica la quale
esemplare ai nostri fini sin nelle sue pi elementari applicazioni e
nei suoi ritrovati primitivi, ma la considerazione di questi richiederebbe un discorso troppo complesso: daltro canto questa esemplarit tuttaltro che accidentale. La retorica e la tecnologia bellica si
oppongono nel loro nucleo pi essenziale: la prima si affanna nello
scavare intercapedini rispetto allatto bruto, e vi si infiltra per cercare
di impedire o limitare fino allultimo magari con il proprio stesso
turgore lurto distruttivo. La seconda incentra tutta la propria evoluzione nella riduzione dei tempi tra azione e reazione (o tra azioni reiterate), perseguendo lobiettivo ultimo di un annichilimento che non
conceda repliche. Paradossalmente questa contraddizione sostanziale
d adito ad un cortocircuito, nel momento in cui la natura tecnologica
di entrambi i poli finisce per connetterli. Un cortocircuito facilitato peraltro dalla prossimit, se non perfino dallintimit, a cui sono
costretti nella condivisione di un medesimo oggetto: dilazione della
violenza di contro a perfezionamento (in senso etimologico) della violenza stessa. A breve riprender il tema, per cercare di discernere e

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

103

distinguere: bench il groviglio in cui si avvincono reciprocamente


guerra e retorica sia incandescente, a costante rischio di fusione.
A questo punto, per, pi immediato limitarsi a considerare
lultima acquisizione della tecnologia della guerra: larma atomica di
distruzione di massa a distanza. Il carico di conoscenze scientifiche
necessarie a produrla, a penetrarne il processo, talmente pesante che
il solo elenco delle scienze che lo compongono troppo lungo per poter essere riportato. Eppure luomo tecnologico ne viene interamente
sgravato nel momento in cui comanda allindice della propria mano
destra di conculcare un bottone nel suo alloggio. La sua levit non toglie che egli sia completamente padrone della situazione se compresa
esclusivamente entro il cerchio degli effetti, ossia sotto il profilo tecnologico. Di nuovo, rammemorare limmemoriale. Denegare la progressivit della Storia nelleffettualit sempre e comunque presente a
se stessa che accende una fiamma, conserva, sopprime.
2.4 La letteratura aumentata
Dunque, nella propria fattispecie tecnologica, anche la retorica ha
prosperato per millenni nella pi assoluta contemporaneit a se stessa.
Ha attraversato i secoli nella piena attualit. Non deve perci fuorviare la constatazione, giustissima, in base alla quale il sapere retorico
non progredisce quasi per nulla nel suo corpo dottrinario nellarco
di svariati secoli. Questa forma di stasi epistemologica infatti peculiare alla natura tecnologica del sapere retorico. Ma perch questa
argomentazione non crolli si dovrebbe indicare in quale direzione la
retorica sarebbe aumentata in una misura anche soltanto paragonabile a quella delle tecnologie strictu sensu. Sarebbe ovviamente ridicolo
fare segno verso laccumulo bibliografico di libri di retorica del tipo
dei centoni, dei florilegi, delle cornucopie, fra laltro oramai desueti.
Diremo allora che per misurare tutta lentit di quella crescita si dovr
guardare in direzione della letteratura.
diffusa presso alcuni la tendenza a sostenere che la letteratura
non soltanto non sia progredita, ma sia regredita; a sostenere, quindi,
che la letteratura ben lungi dallevolversi involve. Costoro di norma, e
non per mera coincidenza, sono gli stessi che condannano la retorica.
Nessuno per potr negare che la letteratura sia aumentata. Questa

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104

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

crescita copiosa il portato della prestazione retorica come azzeramento delle distanze sul piano del tempo storico, ovvero della retorica
come tecnologia della parola.5
Nellazzardare questa falcata teorica, unavvertenza assolutamente necessaria: se si stesse giocando sulla sinonimia tra i termini di
parola e linguaggio, ci che si dice della tecnologia della parola perderebbe con ci il suo interesse specifico poich non si tratterebbe
di altro che del linguaggio umano come sistema di simboli, nei confronti del quale si senzaltro pi propensi a concedere che abbia un
profilo tecnologico. Ma qui non si intende equivocare: quando si dice
tecnologia della parola ci si riferisce a qualcosa di specifico rispetto
alla tecnologia del linguaggio umano. In questa accezione, parola e
linguaggio sono termini quasi identici che per denotano due cose
diverse: la parola a cui ci si riferisce infatti la peculiare parola della
letteratura. La retorica sar quindi intesa come tecnologia della parola letteraria. Non riguarder la parola considerata nel suo radicale
linguistico, come strumento comunicativo-informazionale: le perterr
invece quella parola che proprio nella misura in cui viene spogliata
della sua profondit storica ed epistemologica parola decontestualizzata ed indecodificabile risulta accresciuta nella capacit di produrre significativit. La parola nellatto in cui la significativit diventa
la sua prestazione specifica.
2.4.1 Una parola basta. Migliaia no
la parola dello scrittore che fa dello scrittore, se cos mi posso
esprimere, linvidia del teoreta ed il rompicapo per lo storico. Mi
riferisco alla potenza della parola letteraria che fa la fortuna dello
scrittore consegnandolo e confinandolo nel dominio delleffettualit della parola stessa. Quando diciamo del Mais o sont les neiges
dantan? di Villon che una domanda retorica, o del Carpe diem di
Orazio che unapostrofe retorica, non tanto la maggiore artificiosit o convenzionalit di quellapostrofe rispetto alla comunicazione
quotidiana, o lindecidibilit di quella domanda rispetto allunivocit del discorso scientifico, che cerchiamo di definire tramite laggettivo retorico. Quel che tratteggiamo la loro significativit, la loro
potenza di persuasione, che le investe in grazia della loro assoluta

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

105

indifferenza alla storia e alla conoscenza se concepite secondo standard teoretici.


la prerogativa dello scrittore, che gli conferisce il privilegio di
fare uso della parola in quanto mera prestazione. Una parola compresa nel cerchio della propria effettualit. Bisogna compiere altrettanti
atti di legittimit quante sono le parole che si scrivono, esercitando un
potere costituente. Questa la linea di discriminazione che costringe
linterprete, lesegeta, lintellettuale, il teoreta, il filosofo, a dover inseguire la parola dello scrittore lungo uninarrivabile approssimazione
nozionale; che costringe lo storico a ricostruire una rete di determinazioni causa/effetto, nel tentativo di dimostrare la liceit di ciascuna
parola dello scrittore, la sua conformit ad un complesso sistema di
leggi, ai codici della lingua, della societ, della storia, della cultura.6
Ma di quella legalit, di quella conformit, la parola dello scrittore
non ha mai avuto bisogno. Volendo insistere nella metaforica giuridica, essa creatrice di diritto precisamente in virt della propria indifferenza alla giustificazione, non certo della sua trasgressione o meno
rispetto allordine della legge. Spiegazione e ricostruzione spendono
migliaia di altre parole per ciascuna dello scrittore, impiegano raffinati strumenti concettuali per concepire ci che lo scrittore non ha
mai dovuto concepire, ma solamente dire. Viene disegnato tutto un
labirinto di cause per gli effetti che lo scrittore ha ottenuto nellignoranza di ogni causalit. E tutto ci per dare alla parola dello scrittore
un fondamento: in effetti, essa lunica che possa farne a meno.
3.1 Sintomi: la critica (p)ossessiva
Emblematico per unintera serie delle questioni che ho provato a
porre un breve saggio di Jonathan Benison, Rhetoric as Symptom.7
Non tanto lo spessore teorico delle proposte di Benison a reclamare
un confronto diretto: semmai limpronta che egli applica al tema
interamente riconducibile nellambito del Cultural Studies Workshop
a rivelarsi essa stessa, quasi per contrappasso, sintomatica.
Sintomatica, anzitutto, dellattrito che la sconfinata superficie della retorica, adesiva e abrasiva come una pelle di squalo, esercita rispetto a quegli sguardi critici o esegetici a cui facevo cenno pocanzi.
I cultural studies sembrano talora declinare il proprio criticism nel

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106

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

senso di una prassi intellettuale che, nellesercizio della facolt di


giudizio, presuppone la possibilit se non lobbligo che la conoscenza
critica del fenomeno retorico debba fungere da negazione del suo
dato effettuale. Cos la critica della cultura non si integra al campo
retorico ma pretende di comprenderlo, cio di includerlo in un sapere dei suoi limiti.
3.2 Una perversione epidemica
esattamente quanto emerge, senza possibilit di equivoco, dalla
concezione di Benison della retorica come sintomo. Questa concezione avanza ancora listanza di una ragione emancipatrice rispetto al
carattere patologico del sintomo. Continua a basarsi sullideale strettamente cognitivo di ragione riflessiva, erede del progetto illuminista. La
relazione tra retorica e cultura finisce cos per essere pensata nei termini di un processo patologico, degenerativo, perch la corrispondenza
biunivoca tra forme della retorica e forme della cultura negata. La
ragione critica si rifiuta di collimare con la reciprocit tra norme retoriche e contesti culturali, poich aspira sempre a sopravanzare tale corrispondenza, eccedendola. Soltanto ipotizzando la superiore legittimit
di una razionalit puramente cognitiva, il carattere normativo delle
forme retoriche della cultura pu essere denunciato come illegale.
Il sintomo per Benison infatti un problema. Non qualcosa di
cui lindagine e la riflessione partecipano, qualcosa che deve essere
abitato, bens qualcosa che vada risolto. Il riconoscimento del fatto
che lambiente che ci circonda divenuto retoricizzato secondo un
tasso senza precedenti e forse secondo modalit originali (474) lascia
Benison ben lungi dal pensare la retorica come una terza natura (nella
misura in cui la cultura antropologica che sovrascrive lumanamente
insostenibile mero ordine biologico si manifesta come retorica della
cultura). Tuttaltro. La societ retorizzata invece fuori di s. E in ci
si esprime una concezione del sintomo che oblia tutto il percorso con
cui la psicoanalisi lo ha, fin dalle proprie origini, rielaborato: si torna
a un terrore epidemico, al sintomo come annuncio di una dissenatezza dilagante. La patologia retorica una cupa marea che monta, che
porta a galla scorie innominabili, che sommerge o sposta le vestigia
quelle s autenticamente umane della ragione diurna.

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

107

Leggiamo infatti in maniera quanto mai trasparente che


nellassenza di resistenza alla pervasione degli (autoannunciantisi)
effetti retorici [] dovrebbe ravvisarsi un potenziale pericolo (474).
Gli effetti retorici sono sintomo di altro, perversi perch segnano il
prevalere del regime notturno dellimmaginazione su quello diurno. Il pervertimento per non dipende da altro che dal loro carattere
di formazioni sostitutive: la patologia consiste nello scollamento tra
ci che si autopresenta nella fenomenalit della retorica, e la sostanza
verso cui fa segno. Che, al tempo stesso, dissimula. Il fatto stesso che
lautoannunciarsi degli effetti retorici, il loro attenersi esclusivamente
al piano della manifestazione, possa essere pensato come un pericolo,
dipende dal presupposto metafisico secondo il quale lapparire rappresenta sempre una degradazione dellessere, secondo il quale il ciclo
tenebra/luce il ritmo del conflitto menzogna/verit. Luomo retorico
un pervertito in quanto prodotto di un artificio.
La retorica dunque unarte perversa. Ma ci che ci si rifiuta di
concepire la retorica come effettiva arte del pervertire inteso come
ridisporre in altro modo. La retorica come estrema strategia entro cui
luomo del nostro tempo crea le condizioni del proprio patimento,
sopporta il proprio destino. Non si capisce, non si vuole o non si pu
capire, il carattere sostitutivo delle sue formazioni come primario, la
secondariet dei suoi processi di mera regolazione come costitutiva.
Il pensiero critico (questo pensiero critico) non vuole fissare la propria pupilla sulla perversione in se stessa, per riguardare invece verso
la perversit come dinamica del rimando sintomale. Resta bandita la
perversione come luogo proprio (e luogo comune del nostro tempo);
fuori dallorizzonte rimangono cos la retorica come logica del vivente, il sintomo come suo idioma, come lingua nativa perch non originaria. La mediazione del discorso come abito delluomo cade in un
punto cieco.
3.2.1 Salvarsi con la Storia?
Epper, tornando a guardare attraverso il cannocchiale di Benison,
quale sarebbe la cura contro i rischi di questa malsana saturazione
retorica? Con una coincidenza assai significativa rispetto al discorso che ho cercato di portare avanti, lantidoto per il virus retorico

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

nullaltro che la Storia, meglio il concetto di Storia. Secondo Benison,


si tratta dellunico correttivo possibile a questa deriva. La Storia deve
essere dissepolta dalloblio in cui la retorica lha occultata: la reale questione della storia viene dimenticata (Rhetoric as Symptom, p.
475). Va recuperata pertanto la storia come coinvolgimento, impegno
e produzione del futuro. La vana attesa che il pensiero si traduca in
essere, direbbe Hegel (e mi permetto di sottoscrivere).
Alla luce dellideale della Storia, la storia della retorica moderna
infatti cominciata come processo degenerativo ab origine. Nella storia
della retorica, lideale della Storia va in metastasi, perch la realt
delluomo vi si compone come una capillarit priva di centro. Benison si ostina ad auspicare la purificazione di un organismo che si
rigenera invece solo ed esclusivamente finch rimane estraneo ad ogni
univoca norma digiene. Agli occhi di Benison, la degenerazione della
materia storico-psichica si manifesta in due dati storici, cio in due
fenomeni particolari, interpretati come accidenti di un corso che deve
poter essere deviato, se non invertito, raddrizzandone la perversione.
I due accidenti in questione sono da un lato la crescita dimportanza
sociale della lezione della vita quotidiana, cio il prevalere dei saperi a bassa soglia di formalizzazione su quelli ben formati; dallaltro
lacquiescenza da parte della alta cultura intellettuale nei confronti di
questa onda montante dellopinione.
Allorigine della pericolosa rivalutazione postmoderna della tradizione retorica vi sarebbe la dismissione della ricerca della certezza,
o di un assoluto che funga da fondamento per basare la commisurazione di ogni altra cosa. In seguito lindifendibilit teoretica del
concetto di assoluto avrebbe innescato la spirale della colonizzazione
del sapere da parte dei mondi quotidiani, agendo di conserva con il
decostruzionismo intellettuale, pago delle aporie dellelemento figurativo nel linguaggio. Omogeneizzazione e frammentazione le temibili conseguenze.
Lintero quadro, che ormai si fatica a dire se sia critico o clinico, si
completa con la dichiarazione che la riemergenza retorica funzionale al dominio dei poteri dominanti: Ogni nuovo ritorno alla retorica
comporta una qualche effettivit su scala sociale (op. cit., p. 480).
Lultimo revival della retorica nostro contemporaneo rifletterebbe, e
costruirebbe, una societ attraversata da processi di frammentazione, perdita di identit, ed abbandono libidinale.

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

109

3.2.2 Labbaglio (topico) del modello classico


Questo capitolo ha esordito precisamente con unenucleazione
delle frizioni irriducibili che alienano retorica e Storia. Non difficile allora cogliere la fatale battuta a vuoto nella sonata di Benison:
basta osservarlo proprio nellatto di interpellare la Storia per riceverne lumi sui destini della retorica. la fragile idea di epoca, come
soglia assoluta della novit, il criterio per datare la normativit dei
modelli:
Ora, potrebbe darsi che ci che autenticamente nuovo nella attuale
situazione affrontata dai cultural studies, ci che, come io sostengo, ci ha
spinto a rivolgerci alla retorica, non possa di fatto essere trattato ricorrendo alla maggior parte del bagaglio che la retorica porta con s, se presa a
modello. Credo sia evidente che la retorica dellambiente retoricamente
saturo (rhetorically-loaded environment) sia disancorata da un identificabile soggetto produttivo ed abbia ben poco in comune con il modello
classico dellarte retorica. (op. cit., p. 475)

La situazione archetipica delloratore posto di fronte ad un uditorio


sarebbe, secondo Benison, ci cui il revival degli studi retorici dovrebbe preludere: quantomeno se questa reviviscenza non fosse un sintomo
di una perversione del nostro tempo, unepoca perversa proprio perch retorica, perch incentrata sulla finzione di modelli e valori che di
fatto le sono estranei. Ma la situazione del libero oratore posto dinanzi
ad un uditorio che ne riceve il verbo in piena coscienza (il modello
classico dellarte retorica secondo Benison), non affatto archetipica
per la retorica. un suo topos. Un luogo comune, al pari di quelli cui
loratore ricorre in ogni tempo per persuadere quelluditorio.
3.3 Ogni altrove pur sempre le appartiene
Proprio perch il discorso umano disancorato, perch deve innalzarsi sulla sua mancanza di fondamento, si rende necessario il perenne contestualismo della prestazione retorica. I modelli che vi vigono
possono e devono istituirsi come normativi proprio perch privi di
una legge (anche legge storica) su cui riposare.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Detto altrimenti, ogni pronunciamento retorico sempre un atto di


legittimit che istituisce il proprio diritto facendo una piccola violenza
allideale del pieno raziocinio facendo cio opera di persuasione
proprio perch la parola umana manca di una sua intrinseca legalit.
La retorica non un sintomo, se non di se stessa, perch ogni suo
altrove ancora pur sempre un ennesimo suo luogo comune.
Ogni sua nuova rinascita tale soltanto sotto lo sguardo della cultura
intellettuale, perch sul piano della cultura antropologica essa non
mai morta. La retorica come retorica della cultura non ha storia,
se per storia si intende la Storia produttrice, la creazione storica che
Benison ha in animo.
Tuttavia, se mi si concede il calembour, la Storia creatrice una
creatura storiografica: una creazione ad opera del modernismo. Della
retorica si pu ben dire che sia preistorica e postistorica, nel senso per
cui anche premoderna e postmoderna: ma questultimo senso
tale per cui il moderno deve essere inteso, limitatamente al significato
di modernit culturale o intellettuale, come modernismo. La pratica
intellettuale che stato il modernismo, unitamente alla critica della
modernit da cui ha tratto alimento (e che ha alimentato a propria
volta, in perfetta simbiosi), perde ogni significato peculiare se si cessa
di comprenderlo come esito paradossale della dimensione antropologico culturale.
4.1.1 Oltre la retorica: il bagliore di una guerra istantanea
Sar indispensabile rivolgerci nuovamente al nodo gordiano che
lega retorica e concezione storica dellepoca. Un nodo (ma mi riprometto di affrontarlo in maggiore dettaglio) risolto dal lato della retorica con lautoorganizzazione della propria legittimit nella morfogenesi dei luoghi comuni; risolto dal lato della modernit con lamputare
alla retorica il deposito della Tradizione, tramite unoperazione meno
curativa che letale. Ora per il caso di concedere unultima parola
a Benison, per unintuizione decisamente feconda che ci permetter
di approfondire alcuni punti nevralgici che gi avevamo inevitabilmente toccato nel delineare la natura tecnologica della retorica.
Nonostante la visione patologica della retorica che stata test
compendiata, Benison approda a una consapevolezza quasi dramma-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

111

tica, proprio mentre cerca affannosamente un oltre verso il quale uscire dalluniverso retoricamente saturo:
Vale la pena di chiedersi che cosa, in questa congiuntura storica, potrebbe essere concepito come oltre la retorica: evidentemente nessuno pu
pi proporre seriamente una qualche nozione di uso trasparente, non
figurativo del linguaggio n affidarsi, acriticamente, ad aspettative positive. Ci che mi viene in mente sono, piuttosto, gli emblemi del modern
warfare cos come sono stati presentati da Paul Virilio: non riesco ad
immaginare di poter andare oltre la retorica se non mettendoci sul quel
cammino che lascerebbe ogni dialogo alle nostre spalle, per condurci a
quel tipo di istantaneit ed inequivocabilit epitomizzata nelle pi recenti macchine da guerra. (op. cit., p. 478)

Porre concettualmente la retorica in una relazione instrinseca con


il modern warfare, come si trova costretto a fare Benison, cio concepirli come correlati non metaforicamente, conduce (come abbiamo
visto) a una prospettiva entro la quale la retorica appare come istanza
antropologico culturale e riconduce direttamente alla cifra atavica
della societ umana. Perfino ci che vi di autenticamente nuovo
nella odierna rhetorical age non marca alcuna discontinuit con la
retorica a partire dalla sua tradizione di istituzione pedagogico-culturale. Quel bagaglio pesa ancora, la modernit non ha rotto con il
suo passato radicale. Inoltriamoci allora lungo questo percorso, per
trarre le conseguenze pi rigorose dalla prossimit che Benison
riuscito a intravedere.
4.1.2 Sterminare lo spazio umano
Le macchine da guerra antiretoriche che Virilio considera prefigurano lo sterminio dello spazio come terreno per la libert dellazione politica,8 ma prefigurano anche lo sterminio della specie umana,
estirpandone la radice retorica. Esse sono armi di distruzione specifica
nella misura in cui sono armi di distruzione di massa. Ed a questo
punto il numero, principio cardine del discorso retorico, si mostra
nella sua valenza propriamente retorica, la valenza per cui il quantitativo diviene principio.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

La specificit di queste macchine da guerra in quanto macchine di


distruzione di massa non risiede banalmente nelleventualit, da esse
prospettata, di un annientamento matematico, di un azzeramento degli esemplari della specie umana in un dato momento di tempo. No,
esse si distinguono perch ogniqualvolta vengano adoperate, lumanit attaccata in massa ed in quanto massa, soggetta ad una morte en
masse. Massacrata. Tali macchine sono la contropartita esatta e puntuale della retorica quale ordine di principio del numero, della copia.
Da questo punto di vista la retorica dellumanit ma non la critica umanistica , a sua volta, la sola contropartita alla distruzione
di massa: in essa si focalizza lo specifico dellumanit pensata come
specie, e dunque anche come massa, numero. Ci che la filantropia
dellumanesimo intellettuale, del moderno illuminismo, sembra non
comprendere, che lumanit non si difende dalla violenza affermando i valori dellindividuo. Le distinzioni sofisticate o le argomentazioni razionalistiche non costituiscono una difesa. Bisogna porsi nellordine del principio numerico, cio ci si difende efficacemente soltanto
con una retorica petizione di principio rivolta alla specie, allumanit
in genere. Eventualmente proprio in virt di quei tratti convenzionali
e formali del discorso pro humanitati che vengono bollati come retorici nel senso pi spregiativo.
4.1.3 W(ar) = Violenza + Velocit
Nello spazio dromosferico, lo spazio-velocit, in cui si combatte la
moderna guerra pura delle tecnologie elettroniche e delle armi atomiche, la velocit della violenza diviene violenza della velocit. La guerra non sussiste pi in un ambiente comunque umano. Viene trasferita
in uno spazio completamente incommensurabile al radicale uomo:
Tutto posto in prima linea sulla ribalta di una distruzione istantanea,
sovraesposto nellinterfaccia di una interattivit che derealizza i luoghi,
le cose, gli avversari che si fronteggiano, ma anche le concezioni militari,
le nozioni politiche e geopolitiche che risultano essenzialmente da una
unit di tempo e di luogo che oggi va scomparendo sotto i nostri occhi.
(Lo spazio critico, p. 138)

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

113

Se nel corso del secolo XX, a seguito della perdita di campo della
guerra, abbiamo dovuto rinunciare a descrivere gli avvenimenti atomici come avvenimenti che accadono nello spazio e nel tempo, questo stato dovuto al fatto che il non senso della strategia nucleare, il
gioco di una guerra elettronica oltre che atomica, ha disumanizzato
il mondo, a partire dalla trasformazione del teatro di guerra in una
sorta di topologia del non-luogo (op. cit., p. 143).
Da questo punto di vista, il moderno warfare veramente, come
ammette sconcertato Benison, il solo passo oltre la retorica che lumanit possa compiere. Per converso la topologia retorica tradizionale si
mostra, con grande precisione, nel pieno dispiegamento della propria
strategia discorsiva. Essa derealizza s i luoghi fisici dellesperienza, ma
per ricollocarli in un dispositivo topico. Cos facendo riesce, tramite la
costituzione di un campo di luoghi comuni, nellimpresa di costruire un mondo umano, opponendosi con ci alla violenza distruttrice
delluomo che la topologia del non-luogo porta con s. Di fronte
alla identit di istantaneit e violenza, il differimento procurato dalla
dislocazione topologica si conferma nella propria funzione sostanziale di mediazione salvifica. Ancorch rimanga un pulsante da premere ad opera di una mano umana, la retorica cercher di amplificare
lintervallo tra la deliberazione bellica e quella pressione fisica, per
insinuarsi nellistante decisivo e prorogarlo fino a che sia possibile.
4.2 Lultima parola: retoriche di guerra
Laccostamento di retorica e guerra in posizione di antitesi illuminante anche entro unorizzonte pi generale. Vi si svela la natura
stessa della parola retorica in quanto determinata dal suo sorgere nella massima prossimit a un evento puro che nega ogni discorsivit, ma
daltro canto obbliga a ripensare la relazione dantitesi come semplice
opposizione esclusiva.9
Proprio il caso limite della retorica bellica la retorica per antonomasia secondo la concezione spregiativa di essa serve a comprendere una regola fondamentale del discorso retorico in generale:
la retorica lordine del discorso, luso del linguaggio, la concezione della parola umana, quando li si collochi entro lorizzonte
della necessit.

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114

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Lattestarsi del discorso retorico come ambito della mediazione


verbale, di per s positiva proprio in virt della sua costitutiva equivocit, dipende dalla condizione della sua genesi. Nasce gi situato
allestremo limite dellesperienza umana, oltre il quale non vi pi
spazio vitale poich limmediatezza e linequivocabilit significano
violenza e morte. Le parole ultime delluomo sono sempre di necessit estremamente retoriche, non diversamente da come la retorica bellica e lintero genere epidittico con le sue commemorazioni,
i compianti, le eulogie e gli epitaffi, esprimono lessenza stessa del
dire retorico, perch sono dettati dal confronto con lindicibile, la
violenza, la morte. Sono sottoposti alla pressione di un contrasto
dilaniante: la necessit, in simili circostanze, di dovere comunque
produrre un discorso.
Nelle parole ultime, la retorica svela la sua natura di discorso delle
parole prime: si esprime come ambito della parola in quanto prestazione basilare per soddisfare le condizioni elementari della sopravvivenza umana. La sua la logica del vivente, in cui il fatto fondamentale
della comunicazione significa stare istituendo una comunit umana
contro la violenza e la morte. Che stanno un passo oltre la mancata
comunione. Nelle parole ultime si dichiara la priorit antropologica
della parola retorica.
4.3 Parzialmente universale
Unanalisi della retorica bellica rivelerebbe senza eccezione che
ogni sua espressione si incentra sempre su quelleterno appello alla
nostra Umanit che Aristotele indicava come lequivalente delleffetto tragico (Poetica 1451B 1-5); sebbene esso, nel caso del war speech
e delle sue circostanze, sia paradossalmente unistanza universalistica di parte.
Tuttavia il genere di universale implicato dal pathos di un discorso
che parla della necessit della propria morte e della morte altrui
lorazione di guerra il medesimo del discorso che la scongiura: il
poema tragico. La poesia tragica dei greci in questo senso unarte
retorica della parola poich anchessa nasce dalla prossimit alla violenza ed alla morte. Anchessa, se seguiamo Aristotele, dispiega una
paradossale universalit parziale (e impiego laggettivo con tutta lam-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

115

biguit di cui si possa caricarlo). In entrambi i casi ci troviamo di fronte a un universale sui generis, contrapponibile alluniversale cognitivo
della filosofia (come nella paradigmatica proscrizione platonica della
parola patetica, che non a caso accomuna retorica e poesia). Come
osserva Thomas Farrell:
Sola tra tutte le arti, e del tutto imperdonabile, [la retorica] mente sul
piano cognitivo applicando un linguaggio delle forme universali (in particolare, Giustizia, Onore, il Bene, e cos via) ad un mondo di perituri,
mutevoli particolari, opinioni divergenti, ed apparenze ingannevoli.10

Ma questa che appare una menzogna allideale cognitivo, la sola


possibilit della parola nellorizzonte della necessit:
Essendo sempre preferibile dover sopportare una dolorosa ingiustizia
che perpetrarla, il retore si trova preso nel peggior tipo di doppio legame, destinato ad essere o la vittima della sua arte o lo strumento di una
terribile vittimizzazione.11

La superiorit che Aristotele riconosce alla poesia sulla storia dipende da una universalit congetturale, dallipotesi di ci che un
certo tipo di persona, un carattere, probabilmente farebbe di necessit in una data situazione. Essa si vale dello stesso tipo di forme
universali sui generis, illegittime da un punto di vista cognitivo, che
abbiamo visto pertinente al retaggio della retorica. Sottoponendosi
al patimento degli effetti di un finto universale, larte retorica della
tragedia trova nella katharsis la forma estrema di opposizione alla
propria morte, ad opera della violenza altrui, da parte di un uomo
che parimenti rinuncia alla vittimizzazione altrui ad opera della
propria violenza. La retorica bellica invece si instaura sul margine di
una modalit di vittimizzazione altrui, che espone contemporanemante al pericolo della propria: per nel momento in cui il discorso
della retorica pronunciato fintantoch esso si protrae la parola
non cessa comunque di opporsi sostitutivamente (in quanto tale) al
sopraggiungere degli eventi di morte e violenza. Per farlo, non pu
che sopportare gli effetti del finto universale retorico, spingendo il
suo confine fino al punto in cui, nellattimo fatidico, attraversata la
soglia, esso incontrer nel suo oltre la propria negazione pi radi-

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116

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

cale. La guerra, la violenza, la fine della sussistenza biologica dellessere umano.


4.4 Allentando i nodi della Necessit
In definitiva la retorica culturale, anche nelle sue forme storiche
complesse, va compresa a partire dalla necessit elementare che permea la parola retorica facendone la parola ultimativa. Una necessit
che non ha nulla della necessit cognitiva ma che, proprio per questo,
espressione della necessit vitale delluomo, compreso nellorizzonte
della Necessit.
Concludendo lanalisi di unorazione tenuta da Edward Kennedy
per commemorare il presidente assassinato, ancora Farrell, nellopera
succitata, scrive:
Non sto suggerendo che luomo Kennedy sia qui in qualche modo di secondaria importanza [] chiunque nella Trinity Church avrebbe scambiato con gioia tutta leloquenza che circondava levento con il ritorno
del suo soggetto nella vita-reale. Lincoln avrebbe dato il suo discorso in
cambio dei soldati caduti a Gettysburg; Zola il suo appello, per Dreyfus
in persona. E qui, potrebbe esserci una lezione centrale: che anche nelle
pi poetica delle forme retoriche, c una trionfante intrattabilit della
realt esistenziale ancorata al discorso, la quale ne informa inesorabilmente il significato. (Norms of a Rhetorical Culture, p. 130)

Poich la speranza comica nella rinascita dei morti e nella rimarginazione delle ferite della violenza non nemmeno pensabile, se non
in uno straniante happy end hollywoodiano, la parola retorica sceglie
di opporsi alla trionfante intrattabilit della realt esistenziale cui
ancorata. Fa del proprio discorso il luogo stesso della mediazione assoluta: lintero campo retorico rimane saldamente ancorato alla realt esistenziale come alla propria motivazione originaria; ma proprio
per espletare il proprio compito la retorica, come un generale esperto,
sposta il discorso su un terreno propizio. Dove la parola si nega assolutamente ad ogni immediatezza, votandosi allinfaticabile differimento strategico della realt.

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

117

5.1 La Storia al capezzale della retorica


Vorrei a questo punto tornare, come promesso, ad approfondire il
modo in cui il precipitato della retorica in Storia si presenti come di
per s contraddittorio, o quantomeno problematico, rispetto al carattere tecnologico della retorica che cresce nella parola letteraria.
Abbiamo visto, con il caso particolarmente dimostrativo di Benison, che cosa accada quando una prospettiva critica improntata a un
modello di ragione come visione pura si trovi a denunciare, nella contemporaneit, unoverdose retorica: lunica speranza di salvezza viene
affidata a uniniezione intrinsecamente regressiva di Storia, direttamente nel cuore della cultura.
Ma gi fin dai primi sommovimenti che portarono il termine di
retorica a perdere il proprio senso innocentemente positivo per acquistarne uno peggiorativo (quando cio il termine retorica smise di
identificare una tecnologia della parola), immediatamente si avvert
che la connotazione peggiorativa della retorica avrebbe dovuto coincidere con la sua storicizzazione. E la sua storicizzazione, con la proiezione metalettica di essa come cosa morta.
Si sviluppa una vera e propria retorica (mi concedo di giovarmi io
pure del senso deteriore) della morte della Retorica. Un metalinguaggio critico che costituisce un proprio oggetto peculiare e attorno ad
esso sviluppa le proprie concrezioni: questo oggetto, per adottare una
metafora pittorica, la natura morta della retorica. Per converso, quel
metalinguaggio lincarnazione di una particolare strategia discorsiva che consiste nellobliare la retorica attuandone la storicizzazione,
ovvero obliterando, della retorica, la forza applicativa, leffettualit
tecnologica.
La storiografia della retorica dunque postuma per essenza. La
comprensione storica della retorica, la sua comprensione mortuaria,
sorge contemporaneamente al concetto stesso di epoca, concetto che
a sua volta indisgiungibile dalla nozione di modernit. Come noto,
il concetto di epoca consustanziale e cooriginario del concetto di
modernit poich questo include in s lidea di novit come proprio
fondamentale.12

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118

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

5.2 Lamputazione della tradizione


Let che pensa a se stessa come moderna a partire dalla propria
novit si autocomprende anche nella chiusura ed autonomia del concetto di epoca, allorch lidea di novit perde il suo senso meramente
cronologico per acquistarne uno idiomatico. Let moderna tale nella misura in cui parla la lingua della novit come propria, nella misura
in cui quella lingua il suo proprium, il suo idion.
Laspetto che a noi interessa di questo processo dalle implicazioni
sterminate quello per cui lavvento dellepoca moderna comporta
lipotesi di una cesura con la tradizione. Questa cesura, che configura
la crisi della modernit, non consiste in una negazione determinata
di alcuni aspetti della tradizione, e neppure della tradizione recepita
come oggetto globale. Si manifesta semplicemente al modo di un avvento. Inizia a partire da una discontinuit, sia pure una discontinuit
non dimostrata, soltanto ipotetica, ma di cui non si pu comunque dimostrare il contrario. In qualche punto insondabile il continuum della
tradizione, la tradizione come continuum, pu essersi risolto e non vi
il modo, n la volont di saldarlo. Nemmeno di individuare la rottura.
Non ha qui alcuna rilevanza se la tradizione avesse effettivamente
la forma di una continuit lineare o se si sia realmente interrotta. Ci
che conta che la modernit si caratterizza come percezione soggettiva
di una tale rottura. questo il midollo stesso della colonna che regge
il concetto di Storia; il che spiega perch cos spesso le narrazioni storiche narrino di soglie, di rotture, di mutamenti radicali, di rivoluzioni.
Secondo la visione tradizionale della Tradizione, questultima non
poteva affatto interrompersi, per il semplice fatto che non era concepita secondo un modello di sviluppo lineare bens secondo il modello
funzionale di un sistema autoorganizzato ed autoistruttivo. Leredit
della tradizione coincideva con una crescita che si organizzava da s
in direzione di una maggiore complessit, priva per di finalit aprioristiche. Non potr esimermi dal tornare sul dispositivo cruciale di
questo sistema, il topos, oltrech sulle acquisizioni concettuali recenti
dellantropologia che descrivono un impianto del genere.
In maniera assolutamente contraria, la modernit sorge sul presupposto della necessit di un fondamento sul quale ergere la propria
crescita verticale dopo la rottura.13 Cos, fatalmente, incontra il problema dellassenza di fondamento. Di questo immane rivolgimento a

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

119

noi interessa il fatto che la modernit non pu ne vuole pi mutare i


propri criteri dorientamento da modelli di unaltra epoca; essa deve
attingere la sua propria normativit da se stessa (Habermas, Il discorso filosofico della modernit, p. 7).
Ai miei occhi questa semplice constatazione di Habermas implica
una conseguenza fondamentale: lidea di letteratura come tecnologia
della parola viene meno, poich essa consisteva nel principio della disponibilit assoluta della tradizione tutta. Ora la modernit si affermata proprio allinsegna dellindisponibilit della tradizione. La retorica non pu pi riposare sulla propria antistorica tecnologia della
prestazione, che annulla la storicit nellordine del tempo e del sapere:
lavvento della modernit allinsegna dellidea di Storia non pu che
configurarne una crisi. La retorica entra in crisi il giorno stesso dellavvento dellepoca moderna, la quale a propria volta si concepisce come
scaturita da una crisi, come successione di crisi, come crisi permanente.
5.3.1 Ansie di legittimit
Questo profilo inquadra razionalmente il problema della storicizzazione della retorica allinterno degli esiti della modernit: la crisi
della retorica si mostra come un epifenomeno della crisi di legittimit
dellepoca moderna. Hans Blumenberg ha individuato nel problema
di dover porre il proprio diritto il contrassegno dellepoca moderna:
Non affatto naturale che unepoca si ponga il problema della propria
legittimit storica, esattamente come non naturale che essa si concepisca in genere come epoca. Per let moderna questo problema latente
nella pretesa di compiere e di poter compiere una rottura radicale con
la tradizione, e nel fraintendere tale pretesa come realt della storia, che
non pu mai cominciare di nuovo fin dal fondamento.14

Lavvento della modernit non pu dunque che significare la crisi


della retorica. La retorica infatti aveva da sempre prosperato in forza
dellignoranza del problema della legittimazione in quanto tale, della
legittimazione come compito, come problema.
Lesercizio della retorica come tecnologia della parola dipendeva
dalla perenne conservazione di un potere costituente che si esplicava

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120

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

in irriflessi ed incondizionati atti di legittimit assoluta. Essa praticava


se stessa nella letteratura come assoluta disponibilit della tradizione.
Prosperava nel seno di una tradizione radicalmente antistorica. Per la
retorica, la posizione stessa del problema della legittimazione doveva
quindi significare eo ipso la propria crisi.
Porre il problema della propria legittimazione significa infatti sussumere la certezza del proprio diritto (in questo caso diritto ad esistere) ad una giurisprudenza di tipo nomotetico. Significa sottoporsi al
criterio della conformit ad un sistema di norme astratte, cio di leggi
aprioristiche che consentano la deduzione applicativa ai casi singolari. la normativit che secondo Habermas la modernit deve poter
attingere da se stessa.
Ma la retorica praticava e prosperava entro un differente concetto
del diritto. In quel mondo il diritto sorgeva esclusivamente dal potere
di porre il diritto. Il concretarsi di quella forza erano atti s storici epper irriflessi, nel senso di continuativi rispetto alla pragmatica della
tradizione.
Voler dimostrare la legalit del consenso e della verosimiglianza
retorica deducendole da una legge, ed in particolare da una legge
autopoietica, significa delegittimarle. La retorica pu soltanto legittimarsi nellesercizio delle proprie prestazioni. La sua legittimit
poteva perci essere soltanto compresa nel novero dei propri effetti.
Effettuarsi nellatto di porre la propria effettivit. Porre la retorica di
fronte alla legittimit come dover-ancora-essere, come compito della
propria fondazione astratta, significa delegittimarla. In questottica, la
retorica pu nuovamente definirsi unimpresa premodema.
5.3.2 Unautorit atavica
Tuttavia nel modello che voglio proporre la ricollocazione della
letteratura entro una prospettiva di cultura antropologica (cio come
appartenente alla retorica quale antropologia naturale dello zoon logon echon) riattribuisce alla retorica lautorit come sapere su di essa
competente. Si restaura cos lusurpazione compiuta dalla poetica, e si
cancella ipso facto lideologia della cesura. Con essa, decade la storiografia delle soglie epocali.15 In questottica il fatto che la retorica abbia un carattere premoderno non significa che essa non abiti quellet

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

121

storica che si definita concependo se stessa quale epoca della modernit. Premoderna significa infatti precedente allavvento del concetto di modernit e, certamente, difforme da esso; non per superata
dialetticamente come vorrebbe quella particolare filosofia della storia
che organica a quel concetto. Il corpo oggettivo della letteratura ha
continuato a crescere anche nellepoca della modernit ed il sistema
topologico della tradizione a funzionare.
La sfida a ricollocare lidea postromantica di letteratura entro latavismo antropologico del discorso umano appare decisiva, se si considera che viceversa quella che stata lidea di letteratura proman da
una corrente tutto sommato minore, il modernismo intellettuale, che
oggi pare per di pi aver esaurito il proprio corso. Come vedremo, non
oggi pi possibile narrare una storia della retorica conformandosi a
ci che la modernit ha definito Storia, o letteratura. A meno di
non rinunciare completamente a comprendere il nostro tempo.
6.1 La logica del vivente
A questo punto, se si ben seguito il filo del mio argomento, al
pettine non sar sfuggito un nodo alquanto indocile. La concezione
retorica della letteratura come peculiare tecnologia della parola deve
farsi carico di un problema: ci troviamo ad osservare un dispositivo di
simbolizzazione che, per essere efficace, si svincola dalle mediazioni
nellordine della storia e della conoscenza; eppure il suo potenziale si
deve alle successive determinazioni di una tecnica che chiaramente
tributaria di un processo di accumulazione nel tempo.
Si tratta di comprendere gli effetti virtuosi di una complessit crescente, ma incapace per vocazione e non per accidente di circoscrivere le proprie modalit entro una ratio storica o epistemologica.
Il modello della morfogenesi multidimensionale (messo a punto dalla
antropologia biologica per spiegare il ruolo della cultura nellantropogenesi) pu servire, a mio avviso, anche a comprendere la complessit
morfologica del discorso retorico.
Definendo lessenziale della ominidizzazione, Edgard Morin la concepisce come un processo di crescita della complessit a molte dimensioni, in funzione di un processo di autoorganizzazione o autoproduzione.16 La teoria della complessit pu sciogliere il groviglio aporetico

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

dellantropogenesi perch inverte la priorit tra la razionalit e tutto ci


che invece lottica razionalistica riduceva al rango di nudo effetto:
Laddove si vedeva un fossato, una lacuna largamente scoperta tra il primate e luomo, appare la fertile vallata dellominidizzazione. Laddove si
vedeva lhomo sapiens liberarsi con un balzo maestoso dalla natura e produrre, con la sua bella intelligenza, la tecnica, il linguaggio, la societ, la
cultura, si vede al contrario la natura, la societ, lintelligenza, la tecnica,
il linguaggio, e la cultura co-produrre lhomo sapiens nel corso di un processo di alcuni milioni di anni. (Il paradigma perduto, p. 57)

Questa visione che le scienze delluomo sono giunte a proiettare


sulle origini del proprio oggetto principe, si ricollega quasi spontaneamente a quanto ho pocanzi proposto: essa corrisponde difatti al paradigma antropologico con cui la tradizione retorica definiva lessere
umano come zoon logon echon, di contro alla definizione filosofica di
animal rationale.
Inoltre la teoria che vede nella cultura lelemento di una logica
della complessit, facendola coincidere con una logica del vivente,
corrisponde alla teoria implicita nella tradizione della retorica. E non
per niente lenunciazione del funzionamento della cultura come sistema complesso si presta ad illustrare con notevole congruit anche la
prassi che caratterizza il discorso della retorica:
La cultura costituisce un sistema generatore di alta complessit senza
il quale questa alta complessit si distruggerebbe per dare luogo a un
livello organizzativo inferiore. In questo senso, la cultura deve essere trasmessa, insegnata, appresa, cio riprodotta in ogni nuovo individuo nel
suo periodo di apprendistato (learning) per essere in grado di autoperpetuarsi e perpetuare lalta complessit sociale. (op. cit., p. 78)

6.2 Il topos, epicentro della tradizione


Ma, se vogliamo essere pi specifici, in che modo la retorica classica
manifestava e ed applicava la logica della complessit (una complessit autoorganizzata ed autoperpetuantesi)? Essenzialmente nellidea di
tradizione come riserva topica.

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

123

Ernst Robert Curtius riscopr nella capacit modellizzante della topica il valore basilare che la retorica aveva per il sistema formativo classico. Nellautoistituirsi come sistema della tradizione letteraria occidentale, si delineava un incremento di complessit interamente funzionale al
processo della propria autoorganizzazione oltrech autoriproduzione.
Detto in termini pi semplici, la ripetitivit e ripetibilit del topos, assicurando continuit e memoria, resero questa microstruttura lepicentro
della tradizione. Questultima, a propria volta, veniva a coincidere con
il processo di trasmissione e apprendimento in quanto tale:
La letteratura parte integrante della cultura (Bildung). Perch, e da
quando? Perch i Greci trovavano nella poesia lo specchio ideale del loro
passato, del loro essere, dei loro dei. I Greci non possedevano n libri sacri
n caste sacerdotali; era Omero la loro tradizione. Gi nel VI secolo a.C.
le opere di Omero erano usate come testi scolastici; sin da allora la letteratura legata alla scuola. Listruzione divenuta latrice della tradizione
letteraria: questo un dato di fatto caratteristico dellEuropa, non per
condizione necessaria []. In via teorica, sarebbe anche stato possibile un
andamento del tutto diverso.17

6.2.1 La tradizione come riserva topica (I): lapprendistato culturale


Come si esprime lidentit di letteratura ed istruzione nella Bildung
culturale delloccidente? In una forma di reciprocit: quella tra la
funzione pedagogica della poesia, da una parte, e, dallaltra, la subordinazione della tradizione (nel suo stesso costituirsi) allistruzione
istituzionalizzata. Presso questo valico dal duplice transito si coglie
sia laspetto della complessit multidimensionale, sia quello dellautoregolamentazione o autoriproduzione.
Primo: listruzione letteraria si sottraeva alla selezione e sanzione iniziatica, esoterica, teocratica, propria delle civilt che facevano del sapere una prerogativa di casta vel una materia di dogma. Si tracciava cos
la via verso un sistema formativo aperto sulla ipercomplessit. Secondo:
listruzione letteraria, non fondandosi n sullautoevidenza dei principi,
n sulluniversalit delle verit logiche, n sulla certezza deduttiva della
razionalit scientifica, e nemmeno sulla indiscutibilit del dogma religioso, comporta che la cultura sia sussunta nellapprendistato culturale.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Il topos, unit di base di questa processualit, riassume in s entrambi questi aspetti:


Qui insieme la forza e la debolezza della topica storica nei confronti di
altri metodi che hanno proposto modelli del tutto formalizzati e aprioristici rispetto alloggetto letterario ed alla sua dimensione storica. La
presenza di un senso determinabile sincronicamente e diacronicamente
rende i topoi storicamente determinati ma formalizzabili ed aperti alla
dialettica testo-sistema (oltre che pi rappresentativi dello spessore polisemico del testo letterario); la loro storicit, daltra parte, e quindi la loro
specificit, ne diminuiscono le possibilit di impiego didattico e quella
versatilit assoluta propria dei metodi formalizzati (desemantizzati).18

6.2.2 La tradizione come riserva topica (II): portolano per un sistema a proliferazione aperta
Nella tradizione retorica, insomma, il processo temporale era ben
lungi dallesser pensato come progredire storico di mutevoli condizioni che limitano le possibilit di ogni dato segmento discreto di tempo. Men che meno esso appariva come selezione di istanze sottoposte
alla verifica dellesame razionale. Il concrescere temporale era invece
concepito ed elaborato come accumulo di risorse, rese costantemente
disponibili dal loro mero depositarsi in forme risapute ed organizzate.
Lordinamento che le dominava era linterrelazione spaziale, una localizzazione che le rendeva fungibili perch trasmesse. E trasmissibili
perch praticabili.
Il corpo oggettuale della letteratura si produce cos, sempre seguendo Antonelli, come thesaurus di forme della continuit. Una
continuit che lo stesso Antonelli, pur tra opportune virgolette, definisce ovvia (e come non pensare a Barthes?). Al contempo si innesca
la crescita della letteratura come meccanismo di proliferazione, svincolata da direttive aprioristiche o linee di esclusione:
La formazione dei loci della massima importanza, perch lo stesso sistema dei loci pu essere usato ripetutamente per ricordare materiale diverso. Le immagini che abbiamo collocate in essi per ricordare un sistema di
cose svaniscono e si cancellano quando non ce ne serviamo pi. Ma i loci

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

125

restano nella memoria e possono essere utilizzati di nuovo, col collocarvi


un altro complesso di immagini per un altro complesso di cose. I loci
sono, insomma, come le tavolette cerate, che restano quando ci che
scritto su di esse si cancella e sono pronte ad essere riscritte.19

6.2.3 La tradizione come riserva topica (III): un pragmatismo dei


mezzi
Nella tradizione, intesa come metasistema topologico di ogni occorrenza sistemica del discorso, veniva cos rimandata tanto la problematica storica della progressione lineare (nellordine del tempo), quanto
quella epistemologica del progresso verticale (nellordine del sapere).
Il rigido principio di autorit che lo storicismo e lo scientismo rimproverano al tradizionalismo retorico in realt soltanto il riflesso ideologico di una impresa culturale dominata da una struttura formale, il
topos, che risponde a una strategia eminentemente pragmatica di
continuit tra mezzi e fini. Lo stretto legame che la retorica intrattiene
da sempre con la sfera della vita civica e della politica, il suo corrispondere ai bisogni di socialit e di comunicazione, ne sono testimonianza.
La peculiare significativit della parola letteraria, che pu e deve
prescindere dai requisiti imposti al discorso dalla storia e dalla conoscenza, partecipa in questo senso ad un programma di verit retorico. Le risorse alternative che questo programma offre gemmano
dallopinione (doxa) e dalla tradizione. Non un caso che esse si oppongano frontalmente alle due forme di paralisi per differimento che
piagano di lunga siccit il campo della modernit: il regresso infinito
della verit nellinterrogazione fondazionalista dellepisteme; il progresso indefinito della verit nella successione lineare della storia.
7.1 Unoscillazione fisiologica: effettivit locale del topos nelle transizioni schema/tema
in un ammonimento di Quintiliano riguardo alla vera definizione di topos che si profila laspetto forse pi importante per una teoria
della retorica come topologia:

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Intendo per luoghi comuni non quelli, come generalmente oggi si crede,
che hanno per tema la dissolutezza e ladulterio e simili vizi, ma le sedi
in cui stanno come in deposito e da cui si traggono le dimostrazioni.20

Qui traspare ma non il nocciolo della questione il particolare


storicizzarsi di una struttura formale quasi logica, dello slittamento
che conduce dal topos come schema, strumento di produttivit argomentativa ma privo di sostanza propria, al topos come tema in un
dato momento storico. Questo processo di condensazione contenutistica del topos in atto da sempre ed connaturato alla discorsivit
topica, proprio in virt della reciprocit tra schema e tema.
Cos Barthes e Bouttes descrivono la struttura di inconsistenza semantica del topos che lo fa trapassare continuamente da uno stato di
sospensione instabile al precipitato di una cristallizzazione:
Da un lato le correlazioni che si possono stabilire fra la topica delle imagines e la macchina del discorso aristotelico sono delle correlazioni verosimili fondate su indici di straripamento di una logica verso un magazzino
di forme piene: la parte della Poetica consacrata ai caratteri fornisce gi
degli archetipi (i giovani, i vecchi). Dallaltro lato possibile dimostrare
che la combinatoria sviluppata dai 41516 nella latinit e nel medioevo occidentale, malgrado le apparenze di una pi vasta libert fantasmatica,
strettamente regolata dal dispositivo messo appunto nella Grecia del IV
secolo. Ma non si possono notare altro che tendenze oscillatorie nellinsieme delle topiche, rilevare le concordanze e le discordanze, rapportarle
alla nostra attuale problematica del linguaggio.21

Il divenire storico del topos secondo il modo della ripetizione per


varianti corrisponde quindi perfettamente alla struttura ripetizionale
che appartiene al topos quando lo consideriamo sotto il profilo sincronico. Nella ripetizione topologica, diacronia e sincronia sono perfettamente complementari.
Questa condizione definisce la natura di un fenomeno testuale
che si altera nei suoi effetti insistendo nella propria medesimezza.
Un fenomeno di pura effettivit, al di qua ed al di fuori di ogni nesso causale di trans-formazione o trans-ferimento. cio la nozione
stessa di topos a richiamare il concetto di una realt statutariamente
locale, sempre valida sul piano della propria manifestazione fenome-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

127

nica, senza bisogno n possibilit di convalida da parte di una istanza


sovracontestuale. Quintiliano soltanto un retore sufficientemente
tardo per constatare gli effetti particolari di questo formalismo saturo. Un tassonomista sufficientemente attento per avvedersi della loro
renitenza alla classificazione.
7.2 Le cellette: metaforica della sede e ambiguit della techne
Quale sarebbe dunque il nocciolo della questione? Ci che qui
emerge in realt lambiguit insita nella metaforica della sede (i
topoi sono sedes argomentorum secondo la dottrina classica), una metaforica pressoch perenne: Tutte le metafore che lantichit, ed in
seguito il medioevo ha applicato ai luoghi ed alle topiche, contengono
la duplice idea di una riserva e di una estrazione, di una virtualit e
di una realizzazione, di una falda e di uno sgorgare (regione, vena di
minerale grezzo, cerchio, sfera, sorgente, pozzo, tesoro e cos via)
(Luogo comune, 572).
Lambiguit non consiste tanto nella duplicit segnalata da Barthes
e Bouttes: questa infatti non fa che esprimere il carattere intrinsecamente bivalente, laspetto bifronte della medesima struttura di inconsistenza semantica del topos. A dover essere chiarita invece proprio
lossessiva univocit con cui la tradizione sceglie la metaforica appropriata al topos: il risultato sar associare, come vedremo tra breve, la riflessione sul topos a quella sul destino delluomo nellera della tecnica.
Su questa metaforica cos impegnativa, Barthes ha insistito altrove:
I luoghi non sono dunque gli argomenti in s ma gli scomparti nei quali
vengono depositati. Di qui tutte le immagini che congiungono lidea di
uno spazio a quella duna riserva, duna localizzazione e duna estrazione
[] i luoghi, dice Dumarsais, sono le cellette in cui tutti possono andare a prendere, per cos dire, la materia di un discorso e gli argomenti su
ogni tipo di soggetto. Un logico scolastico, sfruttando la natura domestica del luogo, lo compara ad una etichetta che indica il contenuto dun
recipiente (pyxidum indices).22

A rendere particolarmente interessante il ricorso a questa metaforica il fatto che sia la stessa adottata per la tecnica in alcuni luoghi

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

topici della riflessione filosofica. Lambiguit che vi insita analoga


allambiguit della tecnica.
Martin Heidegger impiega infatti la stessa metaforica per connotare la tecnica mentre prepara la riflessione sullambiguit di
questultima: daltronde alla retorica si sempre storicamente attribuito il carattere di tecnica, intendendo con ci imputarglielo. In
una carrellata di sintesi vagamente cinematografica, si comincia con
un primo piano su Platone e la sua polemica antisofistica. Partiti
dunque dal cominciamento del pensiero filosofico (che in quanto
tale si sempre contrapposto alla retorica), passiamo alla scena culminante del razionalismo occidentale, con la condanna kantiana
della retorica come arte della persuasione. Giungiamo poi al rifiuto
della rigida precettistica retorica da parte del movimento romantico
e, di qui, alla liquidazione della retorica come teoria e pratica ornamentale del linguaggio poetico da parte del modernismo. Sempre,
in tutte queste stazioni della tradizione, nel ripudiare il carattere
strumentale della retorica, la si biasimava come riduttrice della parola a mero prodotto della techne.
8. Instrumentum: lessenza della tecnica
Ad una prima lettura, il concetto heideggeriano dellessenza della
tecnica moderna, attualit delluomo occidentale nellepoca del compimento della metafisica, sembra confermare a pieno limputazione
di strumentalit nei confronti della retorica, collocandola dunque
nellorizzonte planetario del dispiegarsi della techne come maturazione del nichilismo: Allessenza della tecnica appartiene lapprestare e
usare mezzi, apparecchi e macchine, e vi appartengono anche questi
apparati e strumenti stessi come pure i bisogni ed i fini a cui servono.
La totalit di questi dispositivi la tecnica. Essa stessa un dispositivo o, in latino, un instrumentum.23 In base a questa semplice rappresentazione comune della tecnica, da cui dipende la sua definizione
strumentale ed antropologica, la retorica andrebbe gi a causa della
propria strumentalit collocata nel seno della tecnica, in quanto sua
fattispecie per ci che concerne luso della parola.

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

129

8.1 Carbone
Il luogo comune come sedes argomentorum, secondo quanto specificato dalla retorica classica, corrisponde perfettamente alla richiesta
del Gestell, cio allessenza della tecnica nel senso della provocazione
disvelante di Heidegger:
La terra si disvela ora come bacino carbonifero, il suolo come riserva di
minerali. In modo diverso appare il terreno che un tempo il contadino coltivava, quando coltivare voleva ancora dire accudire e curare [] Il carbone estratto (gefrdert) nel bacino carbonifero non richiesto (gestellt) solo
affinch sia in generale e da qualche parte disponibile. Esso immagazzinato, cio messo a posto in vista dellimpiego (Bestellung) del calore solare in esso accumulato. (La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, p. 11)

Anche nella costituzione di una topica, la parola non semplicemente impiegata, ma messa a posto in vista di un impiego. La parola non
soltanto resa disponibile, immediatamente, ma assume una dimensione di disponibilit allutilizzazione ancora pi radicale: il rendimento
della parola topologicamente sedimentata non si esaurisce nel suo valore puntuale, ma si implementa in una rendibilit ulteriore. Si definisce
come orizzonte della strutturale ulteriorit dei propri valori duso.
La disponibilit di ci che posto mediante lo Stellen ha il carattere di profilare sempre un impiego ulteriore. Heidegger denomina
ci Bestand, fondo:
La parola fondo prende qui il significato di un termine chiave. Essa
caratterizza niente meno che il modo in cui presente (anwest) tutto ci
che ha rapporto al disvelamento provocante. Ci che sta (steht) nel senso
del fondo (Bestand), non ci sta pi di fronte come oggetto (Gegestand)
[] dal punto di vista del fondo [esso] il puro e semplice contrario
dellindipendenza [] ha infatti la sua posizione (Stand) soltanto in base
allimpiego dellimpiegabile. (op. cit., pp. 12-13)

La discorsivit topologica della parola retorica corrisponde perfettamente alla dimensione del Bestand heideggeriano: la collocazione
topica della parola vive una dimensione di ulteriorit dellimpiego
proprio perch essa presente sin da principio in un rapporto con

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

il disvelamento provocante. La parola sta infatti nel fondo del


deposito topico come parola retorizzata, non come oggetto indipendente. Essa gi stata processata dalla discorsivit topologica che lha
disvelata in quanto parola fungibile. Mettendola in forma di topos,
localizzandola nel proprio dispositivo.24
La peculiare concezione di una retorica topologica consiste infatti
proprio nel negare che si dia un substrato di unit linguistiche elementari i cui rapporti si trasferirebbero poi nel fondo retorico del
discorso (secondo la visione tipica della fonematica linguistica, che
la semantica della retorica tropologica ricalca). La topologia lavora
invece con le grandi unit del linguaggio, ossia con il linguaggio che
si offre gi da sempre nelle forme di aggregati testuali, di per s inesistenti al di fuori e prima del dispositivo discorsivo che li impiega (in
vista del loro ulteriore impiego).
Anche secondo la logica del topos, il linguaggio non ha alcuna autonomia oggettiva, non sta mai di fronte al soggetto del discorso, a
monte della locuzione. gi sempre presente soltanto in quanto provocato nel discorso, cio dislocato in un luogo di luoghi. Lidentit di
dimensione testuale e retorica rigetta il mito della lingua.
Nella terminologia di Heidegger, il carattere idiomatico dello essere-gi-l del topos misura del suo essere disvelato. Come la natura
viene di-svelata nella serie delle trasformazioni imposte dalla provocazione tecnica, cos la parola non si da in un presunto substrato
linguistico ma solamente in quanto pro-vocata entro il discorso.
Lattribuzione della retorica topologica allo Stellen pone per il
problema del senso peggiorativo che la tecnica assume entro una sua
definizione puramente strumentale. Certo, lessenza della tecnica non
tecnica: anchessa modo del disvelamento. Tuttavia non si pu
ignorare che nella imposizione planetaria della tecnica giunga a
compimento lintimo nichilismo del soggettivismo occidentale.
8.2 Una trappola per topi metafisica
Laccezione peggiorativa assunta nel nostro tempo dalla parola
retorica e limputazione di strumentalit che le si muove sono da
questo punto di vista entrambe riflesso del sentimento tragico della
modernit, per cui luomo moderno diffida e patisce della propria po-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

131

tenza tecnica.25 Stando cos le cose, la parola retorica, dispiegata nella topica come fattispecie della tecnica, sembra irrecuperabile ad un
pensiero che si propone di andare oltre la mera tecnicit della tecnica.
Il destino della topologia retorica appare schiacciato tra il nichilistico principio di prestazione (Leistungsprinzip) da un lato,26 ed il
disvelamento come essenza non tecnica della tecnica dallaltro.
Ma in che senso il disvelamento si pone come ganascia di questa
morsa, perch esso dovrebbe opprimere, o comprimere, la topologia
retorica? Ci dipende dalla qualit di categoria ontologica inerente
allaletheuein, che aspira a diventare balsamo contro loblio dellessere: un oblio consumatosi come destino metafisico del nichilismo
occidentale, nella dislocazione dellessere allente. Ma la retorica
un ambito di sapere costitutivamente ontico. Cos concepita, limplicazione ontologica dellessenza della tecnica abbandona la retorica
nellirredento, pur riscattando il carattere strumentale del fenomeno
tecnico a livello ontico. Infatti il piano dellontico , per statuto, il
campo di applicazione non solo della tecnica retorica, ma anche del
sapere retorico, dal momento che la retorica unimpresa culturalepedagogica a vocazione antropologica.
Ci fa chiarezza, pur non sciogliendolo, sul nodo concettuale che
determinava la costante storica della condanna della retorica da parte
della metafisica occidentale: il discredito della retorica un aspetto
della comprensione (o, come ho accennato, compressione) dei rapporti
tra ontico ed ontologico nellunica figura della antitesi.
Lontologia appare allora come una liberatoria/rivelatoria fuoriuscita dallontico. Il momento disvelante che sarebbe potuto appartenere alla prestazione retorica, in virt della natura tecnologica di
questultima, le viene sottratto. La retorica sapere ontico: come tale
abdica a ogni diritto sullessere, e dunque sullaletheuein. La titolarit
spetter alla sola filosofia, orizzonte della conoscenza ontologica. A
partire da questi presupposti, soltanto se sar possibile individuare
sul versante ontico della tecnica retorica una struttura paradossale in
cui un aspetto di essa si opponga, dallinterno, al suo aspetto strumentale, soltanto allora lorizzonte della parola retorica si mostrer
come uno spazio abitabile. E non come un luogo di transito verso
laccesso allontologia.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

8.3.1 La chiave del dilemma tecnologico: sul rovescio dellontologia


La chiave che dischiude le porte verso unabitabilit della retorica
anche una chiave nel senso crittografico del termine. Applicandola a uno schema consueto magari ormai inavvertito se ne pu ricavare una lettura sorprendente: un ribaltamento della visione, quali
se ne vedono in alcune opere di Escher. Questa chiave il rapporto
con la violenza. Il potenziale liberatorio o rivelatorio dellontologia
cui ho appena accennato possiede, nella stessa critica heideggeriana,
un rovescio o un risvolto (vale a dire una faccia, o una piega) che si
compenetra con la violenza. Una violenza che superficialmente diremmo astratta, perch metafisica, anzi: la violenza della metafisica.
Ma anche una violenza concretissima, cos intrinseca alluomo da
poterlo definire.
Vediamo dunque come si formula in Heidegger, la questione della
violenza. In special modo, dato il taglio che ho applicato al problema,
nel suo afferire alla questione della tecnica.27 La volont di potenza, cio il culmine della tendenza nichilistica insita nella metafisica,
percorsa dalla hybris (caratteristica, non casualmente, anche della
veemenza poietica del romanticismo come del modernismo). pervasa da quello che stato assai perspicuamente chiamato un titanismo
tetico, che si estrinseca nella produzione incondizionata dellessente
per mezzo dellapparato tecnico.
Nel paragrafo terzo (Essere e pensare) del capitolo quarto (La limitazione dellessere) della Introduzione alla metafisica,28 ben possibile
intravedere, nella distinzione tra essere e pensare, come si articoli la
primaria qualit di polemos che caratterizza la verit dellessere nel
suo istituirsi, che anche imporsi, entro lessente. Gi lesperienza
greca della physis come logos si autocomprende in quanto dinamica di
contrapposizione, lotta, polemos. Il raccoglimento dellessere nellessente attuato dal logos si realizza nel fulcro di uno sforzo agonistico,
esso non un semplice mettere insieme, ammucchiare. Esso mantiene in una coappartenenza reciproca ci che tenderebbe a separarsi ed
a contrapporsi []. Lessenza dellessere dunque polemos (Introduzione alla metafisica, pp. 142-143).

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

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8.3.2 Molte sono le cose terribili ma nulla pi terribile delluomo


Per comprendere appieno lapparente incongruenza della separazione nella coappartenenza che vige nella distinzione tra essere e
pensare (ibidem), bisogna per comprendere come lessenza stessa
delluomo partecipi del polemos, che gi essenza dellessere. Leggendo il primo coro dellAntigone di Sofocle, Heidegger trova la definizione delluomo alla luce della violenza.
Luomo 41!0.6/14341/, ci che vi di pi inquietante (das Unheimlicheste) (op. cit., pp. 156-157). Cos Heidegger definisce to deinon:
il terribile nel senso dellimporsi predominante (berwaltigendes Walten) che provoca ugualmente il timor panico, la vera angoscia, cos come
il timore discreto, meditato, raccolto; la violenza, la prepotenza rappresentano il carattere costitutivo dellimporsi (Walten) stesso; nel suo irrompere
questo pu ritenere in s la sua forza prepotente con ci esso non diventa inoffensivo, tuttaltro, ma ancora pi terribile e remoto [] [Ma 0.6/1/
significa anche] il violento nel senso di colui che esercita la violenza, che
non solo ne dispone, ma che violento (gewalt-ttig) inquantoch luso
della violenza il carattere fondamentale non solo del suo agire, ma del
suo stesso essere [] Ora, luomo in un primo senso 0.6/1/ in quanto,
appartenendo per essenza allessere, risulta esposto a questo predominante. Ma luomo in pari tempo 0.6/1/ perch colui che esercita la violenza, il violento nel senso suddetto. (op. cit., pp. 157-158)

Come Heidegger stesso avverte (in un primo senso in pari tempo) qui lidea della violenza esula certamente dal mero senso di
una forza esorbitante che va a infrangere unintegrit costituita; ma
inoltre la violenza va effettivamente pensata anche secondo il significato usuale di brutalit.
La determinazione ontologica della violenza deve corrispondere a
quella di cui si fa esperienza sul piano ontico, usuale: una siffatta determinazione verrebbe allora a connotare non il carattere irriflessivo
di questo uso ma il suo carattere ancestrale.
A questo punto, il confronto della metafisica heideggeriana con una
riflessione che si svolge entro una cornice propriamente antropologica,
e peculiarmente come antropologia della violenza, dovrebbe gettare
luce su entrambe. Se to deinotaton esprime non un carattere tra gli altri

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

dellessenza delluomo, ma appunto il carattere fondamentale, cui


tutti gli altri vanno riportati, la violenza antropologica non pu essere
ridotta alla mera arbitrariet che sopraggiunge a rompere un ordine
costituito, ma deve essere a sua volta compresa come fondamentale.
8.4.1 La violenza fondamentale
Con la teoria del meccanismo vittimario,29 dispositivo di fondazione della civilt in forza di una discriminazione violenta che libera
la comunit dalla violenza indiscriminata, Ren Girard, mostrando
il carattere fondamentale della violenza originaria delluomo contro
luomo, ha fornito a mio avviso lequivalente antropologico della metafisica heideggeriana della violenza, fornendole anche, indirettamente, un contenuto ontico.
La prospettiva antropologica svela infatti il versante ontico della
violenza metafisica, giacch entro di essa la particolarit dellessere
umano come il pi violento in quanto esercita la violenza in seno
al predominante (Heidegger, Introduzione alla metafisica, p. 158) ce
lo mostra come ente che fa violenza in seno al predominate, cio
per entro lessente nella sua totalit, come insieme dei suoi simili, gli
umani, tenuti per enti. Questo collegamento tra i due pensatori che
i riscontri testuali non giustificano30 mi pare dia anche sostanza storica al ritrovamento heideggeriano della definizione di uomo nel luogo
principe dellarte tragica dei greci. Si aggiunge infatti ulteriore spessore a questo ritrovamento se solo si colloca la sapienza sofoclea commentando la quale Heidegger conclude che una sola cosa pone immediatamente in iscacco ogni far-violenza: la morte (op. cit., p.165) nel
contesto storico della tragedia greca come rituale religioso, prossimo e
memore nei confronti del suo recente passato sacrificale:
Qui [nella morte tragica] non c pi irruzione, n dirompimento, cultura
o assoggettamento. Ma questo fatto in-quietante, che espelle cio definitivamente, luomo da ogni quiete consueta, non un avvenimento che si
debba menzionare fra gli altri, per il fatto che alla fine esso sopraggiunge.
Luomo senza scampo di fronte alla morte non soltanto quando viene a
morire, ma costantemente ed essenzialmente. In quanto luomo , egli sta
nel senza scampo della morte. (op. cit., pp. 165-166)

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

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Ponendo questo brano accanto al testo di Girard, e leggendoli contemporaneamente come in una sorta di sinossi ontico-ontologica, essi
si illuminano a vicenda. La morte comminata alla vittima sacrificale
nellatto violento della collettivit, resa comunit unanime proprio
dal meccanismo vittimario, viene, da un lato, a significare labolizione
della cultura anche come caso limite dellassoggettamento; dallaltro
lato, ve la fonda. Se, per un verso, la crisi sacrificale espelle dun
tratto luomo da ogni quiete consueta, per altro verso predispone la
sua quiete: nella risoluzione sacrificale la violenza indiscriminata ed
inarrestabile si dirige contro il capro espiatorio proprio nella forma
della espulsione fondatrice, ma quivi placata.
8.4.2 R/esistere sul proprio limite
La morte viene cos a corrispondere in quanto concetto antropologico alla morte pensata da Heidegger come categoria esistenziale.
solo il carattere definitivo dellespulsione a togliersi tramite lespulsione regolata dal rituale, sebbene si tolga solo al livello della specie,
non certo a quello del singolo uomo sacrificato.
Continuando a seguire il raccordo concettuale heideggeriano contro lo sfondo dellantropologia girardiana, si impara quindi che non
soltanto luomo come Da-sein ma anche la sua cultura senza scampo di fronte alla morte, poich essa si fonda e si salvaguarda da s
nel senza scampo della morte.
La morte si mostra qui non solo come suggello della finitudine ontologica delluomo ma anche come suggello della sua finitudine culturale. Per quanto a prima impressione possa apparire assurdo, si deve
qui rilevare che nella ricaduta economica della assoluta antieconomia
del sacrificio, si scorge gi laspetto fondamentale di quella creativa
impotenza del sapere che ben si attaglia anche alla prestazione retorica della cultura. Presto al testo sacrificale subentrer il testo tragico.
Lossimorica potenza che si effettua nellimpotenza di s. La cultura come persuasione che dissuade. Qui risiede la risorsa di una discorsivit che tale in quanto sa mantenersi entro il cerchio degli effetti dei propri effetti patetici, in quanto si esenta dal salto ontologico
nel regime della consequenzialit causale. Capacit questa che, a ben
guardare, era gi del testo sacrificale, allorquando salvava la comunit

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

dallo sterminio totale persuadendola ad attenersi al sanguinario luogo comune dello scempio della vittima.
Lanalisi comparata di Heidegger e Girard dischiude dunque una
visione inaudita: nella corrispondenza di antropologia e metafisica
della violenza, il concetto di violenza determina lincontrarsi di ontologia ed onticit. Dal punto di vista della retorica ci risulta evidente,
e si pu verificare nellosservarne la peculiare condizione: negatasi
in quanto sapere statutariamente ontico ad ogni accesso ontologico,
limpresa retorica come impresa discorsiva nasce e si mantiene proprio nellopposizione alla violenza.
Nella violenza infatti il discorso incontra il proprio limite, tanto
come ci che le d forma (morph) quanto come ci che la delimita.
Di fronte e contro il nucleo ontologico della violenza, come ci che
semplicemente essente non pu essere retorizzato, il discorso retorico fa infatti esperienza dellessere nellannientamento di s. La violenza per il campo retorico lunica nozione ontologica attingibile ed
in essa lessere conosciuto come identico al potere annichilente del
ni-ente. Dal punto di vista retorico ci ben si esprime con la definizione aristotelica della morte come impersuadibile . Sul piano del dato
antropologico culturale, la retorica mostra di corrispondere nel nisus della violenza allontologia metafisica, come suo versante ontico.
8.5 La creativa impotenza del (non) sapere
Ma gi nel suo sorgere storico dai processi di propriet (cui ho voluto
rendere omaggio con la citazione da Barthes in incipit), il metalinguaggio retorico , allopposto di quanto superficialmente si dice da parte
di chi vorrebbe vedere in essa un mero strumento di assoggettamento,
un primo fondamentale momento dellinfrangersi della violenza.
Cooriginario al genere misto che noi oggi definiremmo giudiziario/
deliberativo, linsegnamento retorico segna, nel bando della violenza,
una primitiva assunzione della propria finitudine da parte delluomo.
La retorica , per lesattezza, il modo in cui luomo storico, nellatto
di sorgere nella propria storicit dalla preistoria del fondo animale,
precomprende linferiorit del proprio sapere alla potenza della necessit. Il sorgere della retorica come sforzo impossibile di dirimere
il dissidio interumano, di placare il conflitto intraspecifico che la

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

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differenza specifica della specie umana, coevo al sorgere della storia


delluomo come essere storico.
Per lassunzione da parte del sapere retorico della piena consapevolezza di essere sottoposto alla necessit, ben oltre questo schema
generale, mostra unarticolazione particolare. Nel suo darsi originario, la retorica spinge, per cos dire, la creativa impotenza del proprio
sapere31 sino alla rinuncia alla definizione epistemologica del sapere.
Ovviamente qui mi esprimo secondo una analessi valida soltanto a
fini esplicativi: il carattere persuasivo, anepistemico, del sapere retorico originario. Pertanto pu essere valutato come antiepistemologico
soltanto retrospettivamente, retrodatando dei criteri successivi.
Nondimeno la rinuncia originaria dellimpresa retorica agli standard teoretici della conoscenza ne accompagna il divenire storico di
disciplina. Essa si manifesta sul piano generale nella negazione
dellidea stessa di un sapere riposto. Nellattenersi alla superficie della
veste eloquente, al circuito immaginario che si instaura tra i suoi effetti patetici, e le strategie che li perseguono come effetti di quegli effetti.
Risolvendosi integralmente nella persuasione, la produzione retorica si configura come effetto del proprio effetto: la parola retorica si
produce sin da principio come rinculo della propria prolessi negli effetti che essa persegue, in una dinamica di autoaffezione supplementare (Derrida) sostanzialmente estranea allordine della causazione
ontologica.
8.6 Abitare il mondo come luogo comune
Al livello dottrinario, questa rinuncia dorigine si manifesta nellarticolazione interna del campo del sapere retorico come prioritariamente topologico. Tra le cinque parti della retorica primeggia linventio. Allinterno della inventio, spicca la topica: la risoluzione del
conflitto foriero di violenza, una volta condottolo ad ammansirsi nel
foro della umana giustizia, viene affidata al reticolo del luogo comune
come dispositivo di persuasione. A dimostrazione che lopzione retorica , come Nietzsche amava dire di s, superficiale per profondit.
Laffidarsi alla tecnica dei loci communes, nel tentativo di una remissione dalla violenza da parte della prima umanit storica, rivela lessenza
non tecnica della retorica, nella totale improduttivit della persuasione.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

N psicagogia, n demagogia (secondo quanto suggerisce il fraintendimento dei suoi detrattori, fraintendimento giustificato poich essa
confina e, spesso, sconfina in esse), la retorica si mostra, allopposto,
come lunica guida per la condotta che consenta lesimersi dallazione
violenta, proprio quando la minaccia della violenza incombe.
Letica retorica dissoda il terreno per labitare il mondo. E il mondo
reso un luogo abitabile in quanto mero luogo, generando una preliminare socialit nelluniverso retorico come luogo di luoghi (topoi)
che, proprio perch tale, accoglie chiunque, sulla base di un accordo
veramente minimo: che non si fuoriesca da quel luogo per inoltrarsi
nella violenza. la priorit assoluta della salvaguardia vitale a far s
che, in quanto topologia, la retorica sia sin da principio una proposta
esclusivamente ontica, tanto che per essa il problema di non scivolare
in una disincarnata sapienza nemmeno si pone. Essa, in un certo
senso, ha addirittura preventivamente rinunziato alla sapienza, a vantaggio di una salvifica opinabilit.
8.7 Con grazia
Penso alla Frmmigkeit che Heidegger invocava per il pensiero meditativo,32 da cui doveva discendere la specifica efficacia di un pensiero senza effetti: un pensiero della tecnica, ma opposto dallinterno di essa al suo furore produttivo. Ecco, quella stessa Frmmigkeit si
esercita da sempre nella retorica a rovescio, come specifica efficacia di
un pensiero di soli effetti.
Il tenere la retorica per pericolosa demagogia o perniciosa psicagogia, sopraffazione o seduzione, dipende dallintenderla a partire
da uno solo dei suo tre imperativi contraddittori, il movere. Ma la
retorica sorge nel nesso di presupposizione di tutti e tre i suoi intenti,
movere, docere, delectare, nesso nel quale essi si elidono a vicenda:
coappartenendosi non fanno che cancellare le prerogative esclusive
luno dellaltro, lasciando dinanzi al retore un uomo che non n
edotto, n divertito, n mosso. Bens salvo. Salvo come membro di
una comunit che non poteva e non pu essere fondata su altra base
che la superficialit del topos.
La sapienza tragica dei greci fornisce la parola per questa commozione, dacch la forma di quella sapienza, il dramma tragico, fu la

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

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prima grande prestazione della retorica comunitaria. La parola greca


charis. Heidegger la commenta nella traduzione che ne diede Hlderlin come grazia (Huld): la grazia, infatti, che sempre richiama
la grazia (Heidegger, Saggi e discorsi, p. 137). La charis il dono che
giunge alluomo quando si elevi allaltezza del destino comminatogli
dalla tecnica, non negandosi in essa n negandola (poich anche cos
non farebbe che esercitare il potere negativo della tecnica). Impedendo semmai alla brama disvelante della techne di esorbitare, nella disperata ricerca di sicurezze comunque inattingibili.
Essendo luomo, in qualit di esser-ci, necessit costante della disfatta e della sempre nuova insorgenza dellatto di violenza contro lessere (Heidegger, Introduzione alla metafisica, p. 184), non gli restano
che due possibilit. Da un lato, quella di infrangere il predominio
dellessere esercitando la suprema violenza contro se stesso (op. cit.,
p. 183), dallaltro la pi alta vittoria sullessere [che] rappresentata
dal non esserci (op. cit., p. 184).
9. Il testo letterario come dispositivo retorico: tra tecnologia e charis
Se dunque luomo assume la propria essenza come quella creativa impotenza del sapere che gi era venuta a posarsi sulla retorica
originaria come attributo elettivo, la medesima definizione viene ad
attagliarsi non pi solo alla retorica antropologica ed a quella politico-civile, ma anche alla retorica letteraria (la poesia tragica dei greci
fu una sintesi di tutte). sempre la creativa impotenza del sapere a
venare un percorso che conduce dal sacrificio e dal rituale alla tragedia; quindi su un piano civile e politico alla retorica giudiziaria
e deliberativa, nella forma rovesciata dellattestarsi al non-sapere (si
menziona qui inevitabilmente il mito della serenit cieca di Edipo). Il
medesimo esercizio prosegue, non in forma rovesciata bens questa
volta al diritto, come discorso della letteratura, quando sia concepita nella sua ratio retorica.
Secondo quanto si gi visto, la parola retorica da prodotto della tecnica diviene tecnologia proprio nel risvolto per cui alla topica
come insieme di strumenti tecnici subentra la topologia come logica
del topos. Diviene cos possibile pensare il testo letterario quale principe di questi dispositivi ultratecnici negli ultimi secoli della storia

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

delloccidente: proprio oggi che, forse, si avvia a non esserlo pi. La


discorsivit retorica vi si esprimeva in primo luogo nel comporre il
testo come campo topologico, come luogo di luoghi. In secondo luogo nella domesticazione a non eccedere lambito delleffetto di effetto:
delimitandosi sul versante interno con la dinamica intertestuale, su
quello esterno con il reciproco scambio comunicativo/comunitario
intercorrente tra locutore e pubblico.
Questo esercizio di localizzazione fa della topologia una logica del
vivente, cio un esempio di discorso che salvaguarda la vita umana
messa in pericolo dalla difficolt a padroneggiare le condizioni della
propria sopravvivenza. Una sfida che Hans Blumenberg defin, analizzando il lavoro del mito, come confronto con lassolutismo della realt:
Il modo in cui [il mito] perseguiva labbattimento dellassolutismo della
realt consisteva nel distribuire il blocco di opaca potenza, che sovrastava o fronteggiava luomo, tra una pluralit di forze in conflitto luna con
laltra fino ad annullarsi reciprocamente []. Dal punto di vista della
storia delle religioni, si tratta del confinamento di una quantit diffusa
di estraneit spaesante e incontrollabilit in enclaves dai confini rigorosamente sanzionati.33

La letteratura dunque charis nel suo ostinarsi a fronteggiare la


violenza e la hybris, tanto presso la propria origine quanto presso
il proprio termine (nel duplice senso di limite e destinazione): primariamente essa crea uno spazio comune per il con-vivere in luogo
del con-fliggere; ma, oltre a ci, mantiene questa effettualit la cui
presa pragmatica decisiva, anzi vitale nel campo dellineffettivit,
del puro effetto di effetto. Rinunciando cos alla violenza tetica della
metafisica, e armonizzando il senso del proprio sorgere alla modalit
del proprio esercizio. Nello spazio della letteratura, finch lo si abita,
la violenza delluomo sulluomo sospesa: senza per questo sostituirle la violenza sullessere da parte di un pensiero o meglio di un
discorso che ritenga di dover dettare le condizioni del mondo.
In questa prospettiva possiamo davvero riconoscere nella letteratura una tecnologia, in quanto discorsivit della techne che si oppone,
dal suo interno, al proprio orientamento meramente strumentale. Ma
perch una siffatta comprensione retorica del testo letterario non divenga a sua volta (in contraddizione con la propria ispirazione origi-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

141

naria) unennesima fuga ermeneutico estetica, lorizzonte letterario


moderno va compreso, forse proprio nel giorno della sua estinzione,
come prodotto culturale. Si deve comprenderlo come parte integrante, e forse oggi marginale, di quel pi vasto non esorbitare in cui la
tecnica della parola supera se stessa in quanto retorica della cultura.
9.1 Un bermensch ottuso e placato
Rivolgendomi ora alla pi stretta attualit, mi solletica unipotesi
ironica riguardo a quella crisi della cultura che data oramai pi di un
secolo ma che non smette di tormentarci.
Mi chiedo: se lbermensch fosse luomo ultratecnico, luomo tecnologico, che sorge sul proprio essere naturale mediante ed entro una
vita come prestazione retorica, che si salvaguarda abitando la propria
effettuale (non) effettivit retorica? Se ci fossimo accomiatati da due
secoli di nichilismo con una epideixis retorica sia essa il panegirico
postmodemista o lepicedio modernista ed avessimo gi percorso,
inavvertitamente, buona parte della traiettoria che separa i primati
dalloltreuomo? Se il mercato non fosse poi questo orrore ottuso,
dove, cadendo, il funambolo nietzscheano smarrisce il senso della sua
caduta perch sopraffatto dal suo stesso quotidiano traffico? Siamo
sicuri che qui orrore, dopo tutto quanto si detto, non sia una parola
del tutto fuori posto, proprio perch posta accanto allidea di ottusit?
Non forse lorrore sempre acuto, come la lama che squarcia, e, dunque, lespressione orrore ottuso un ossimoro? Non pu darsi che il
sereno abitare delluomo cominci proprio oggi nel suo acquietarsi
alla dimensione retorica della propria cultura, nonch nella dimensione trivial-letteraria della propria letteratura? Forse due secoli di
crisi della cultura ci hanno preparato ad ogni sorta di orrore, ma non
allipotesi che la remissione della serena disponibilit alla contrada potesse significare e comportare lottusit. Luomo della crisi era
durato in essa grazie allacutezza della sua intelligenza, per ci aveva
immaginato il superamento della crisi come trionfo di quella. E se
quella acutezza dellintelligenza lo avesse anche perdurato nella crisi?
Se la nostra nuova ottusit planetaria non fosse un sintomo dellacuirsi della crisi ma un segno della sua remissione, del suo rimettersi da se
stessa rimettendosi serenamente a s?

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142

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

NOTE
Si veda a questo proposito il fondamentale studio di Frances A. Yates, The Art
of Memory, London, Routledge & Kegan, 1966 (trad. it., Larte della memoria,
Torino, Einaudi, 1993). Yates, dopo aver esordito puntualizzando che la storia
dellarte mnemonica del mondo classico [] apparteneva alla retorica, come la
tecnica mediante la quale loratore poteva migliorare la sua memoria, mettendolo in grado di recitare lunghi discorsi a memoria con ineffabile accuratezza
(op. cit. p. 4), amplia il discorso fino a vedere nellopposizione alla correlazione
tra persuasione, memoria ed invenzione, che fa della retorica una pragmatica,
il nocciolo antisofistico della dottrina platonica delle idee: Il Fedro un trattato di retorica in cui la retorica considerata non gi unarte di persuasione
da usare per vantaggi personali o politici, ma unarte di dire la verit e di
persuadere a verit gli ascoltatori. Il potere di farlo dipende dalla conoscenza
dellanima e vera conoscenza dellanima consiste nella reminiscenza delle idee.
La memoria non una sezione di questo trattato in quanto parte dellarte
retorica: memoria, in senso platonico, lattivit fondamentale del tutto (op.
cit. p. 36).
2
Lestraneit alla teoria non un difetto accidentale della retorica ma un suo
tratto essenziale che le deriva dalla stessa definizione di techne. Quando Aristotele definisce alternativamente la retorica come larte di estrarre da ogni soggetto il grado di composizione che esso comporta, o come la facolt di scoprire
speculativamente ci che in ciascun caso pu essere atto a persuadere, lo fa coerentemente alla preliminare fissazione dello statuto tecnico di essa come mezzo
per produrre una delle cose che possono indifferentemente essere o non essere.
Il carattere tecnico dellarte del discorso la esenta dal problema della verit
perch, non essendovi techne delle cose naturali o necessarie, larte del discorso
non fa parte n delle une n delle altre. Tutte le caratteristiche della argomentazione retorica discendono conseguentemente da questo statuto tecnico stabilito
da Aristotele per larte del discorso: cfr. R. Barthes, La retorica antica, op. cit., pp.
20 e segg. Da ci discende anche lestraneit deliberata della retorica al problema
della causalit, che ne fa un sapere che si autocomprende nel campo delleffetto
delleffetto. La competenza sulla catena causale rimonta alla scienza della verit
poich quella si estende di necessit fino ai principi dellessere, implica cio un
impegno ontologico degli enunciati cui la retorica intenzionalmente aliena perch serve, secondo la mia prospettiva, una finalit antropologica che pu essere
esaudita soltanto con lautolimitazione allambito della verosimiglianza consensuale e della mediazione finzionale.
1

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

143

Cfr. M. Cahn, The Eloquent Names of Rhetoric: The Gardens of Eloquence, in


Giuseppe G. Castorina e Vittoriana Villa (a cura di), La fortuna della retorica,
Chieti, Metis, 1993, p. 221.
4
Se facciamo lesempio dello zolfanello, che potr sembrare inadeguato ad
esemplificare i sofisticati ed ipercomplessi ritrovati tecnologici della nostra
epoca, perch ha un predecessore illustre. Riflettendo sui contraddittori caratteri di disciplina e sfrenatezza, compresenti nellepoca moderna afflitta
dalla sindrome civilt tecnica, Walter Benjamin scriveva: Il comfort isola.
Mentre assimila, daltra parte, i suoi utenti al meccanismo. Con linvenzione
dei fiammiferi verso la fine del secolo [XIX], comincia una serie di innovazioni tecniche che hanno in comune il fatto di sostituire una serie complessa di
operazioni con un gesto brusco (Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino,
Einaudi, 1962, p. 110).
5
La concezione della retorica come tecnologia della parola verr ripresa pi
avanti: il mio intento non infatti quello di usare la tecnologia come una metafora per far meglio figurare la retorica, per darle quella vernice di modernit
che sembra altrimenti e come abbiamo visto, non casualmente scrostata in
maniera irrimediabile. La definizione di retorica come tecnologia della parola
comporta infatti una riflessione approfondita sulla questione della tecnica cos
come emersa nel discorso filosofico del nostro secolo, e una presa di posizione
a riguardo: un posizionamento della retorica letteraria entro il campo del logos
della tecnica, entro il luogo della tecnologia. Come detto, ci torneremo.
6
Sin dal medioevo, la dottrina letteraria occidentale formula lopposizione che
stiamo suggerendo nei termini della distinzione tra auctor e lector. Lattualit di
tale distinzione comprovata, ad esempio, dalla riflessione di Pierre Bourdieu
quando, concependo la lettura come pratica culturale socialmente determinata
e decisiva per la genesi storica del campo letterario, scrive: Vorrei richiamare
lopposizione medioevale [] tra lauctor e il lector. Lauctor chi produce le
proprie opere e la cui produzione autorizzata dallauctoritas [] Il lector
qualcuno di molto diverso, qualcuno la cui produzione consiste nel parlare di
opere altrui. Questa divisione, corrispondente a quella tra scrittore e critico,
fondamentale per la divisione del lavoro intellettuale (Pierre Bourdieu e Roger
Chartier, La lecture: un pratique culturelle, p. 219, in R. Chartier, a cura di, Pratiques de la lecture, Marseille-Paris, Rivages, 1985, pp. 217-239. Traduzione mia).
7
Jonathan Benison, Rhetoric as Symptom, in Giuseppe G. Castorina, Vittoriana
Villa (a cura di), La fortuna della retorica, Chieti, Mtis, 1993, pp. 474-483.
8
Paul Virilio, Vitesse et politique, Paris, Edition Galile, 1977, p. 139. Virilio
teorizzer in seguito lavvento di una guerra pura come risultato di una evolu3

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144

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

zione tecnologica cui corrisponde una involuzione politica e sociale, una guerra
totalmente estranea alla misura delluomo, guerra alla cui base sta un principio
di non separabilit degli accadimenti bellici che fa risaltare, per contrasto, il
tradizionale legame tra discorsivit retorica ed operazioni militari. Cfr. P. Virilio,
Lespace critique, Paris, Christian Burgois Editeur, 1984 (trad. it., Lo spazio critico,
Bari, Dedalo, 1988; si vedano in particolare le pp. 123-146).
9
Questo spunto richiederebbe un approfondimento alla luce del quale non soltanto la retorica bellica ma anche la Guerra stessa possa essere compresa nella sua natura retorica di opposizione alla violenza bruta ed indiscrirninata. A
questo punto costituirebbe una digressione troppo ampia, ma con il supporto
di Carl Schmitt ricostruir nel prossimo capitolo una teoria della guerra che
individui una formazione discorsiva antiviolenta nella complementariet tra concetto giuridico e prassi della guerra in forma. La riflessione di Schmitt induce, infatti, a ridefinire le tecnologie belliche esaminate da Virilio nei termini di
macchine da violenza. La violenza, e non la guerra, appare come la loro propriet
nella misura in cui esse sono armi di distruzione di massa, cio proprio in virt
di una loro distinzione rispetto alla strategie dispiegate convenzionalmente e
tradizionalmente dalle forme della guerra.
10
Thomas B. Farrell, Norms of a Rhetorical Culture, New Haven & London, Yale
University Press, 1993, p. 107.
11
Ibidem.
12
Per quel che segue, cfr. Jrgen Habermas, Il discorso filosofico della modernit:
dodici lezioni, traduzione italiana a cura di Emilio ed Elena Agazzi, Bari, Laterza, 1988. Habermas segue a propria volta R. Koselleck, Vergangene Zukunft,
Frankfurt a. M., 1979 (trad. it., Futuro Passato, Genova, Marietti, 1986).
13
Sugli slanci verticali della modernit, entro e fuor di metafora e per una
loro critica si veda Peter Sloterdijk, Du must dein Leben ndern. ber Anthropotechnik, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 2009 (trad. it., Devi cambiare la tua
vita, Milano, Cortina, 2010, in particolare pp. 137 e segg.)
14
Hans Blumenberg, La legittimazione della modernit, edizione italiana a cura
di Bruno Argenton, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 82.
15
Sono infatti i teorici della parola retorica come tecnologia della parola, cio
come specifica prestazione antropologica della specie umana, a fornire una
narrazione storica della storia della retorica diversa rispetto a quella ispirata
dallestetismo modernista. Ed una narrazione continuistica proprio perch antropologicamente orientata. Esponente di spicco di questo orientamento Walter J. Ong che, per tramite della mediazione di Eric A. Havelock, discende dalla
scuola di Milman Parry. Di Ong si vedano, W.J. Ong, Ramus, Method and the De-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

145

cay of the Dialogue, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1958; Rhetoric,
Romance and Technology, Ithaca-London, Cornell University Press, 1971; Orality
and Literacy. The Technologizing of the Word, London-New York, Methuen, 1982
(trad. it., Oralit e scrittura, Bologna, Il Mulino, 1986).
16
Edgar Morin, Le paradigme perdu: la nature humaine, Paris, Seuil, 1973 (trad.
it., Il paradigma perduto, Milano, Feltrinelli, 1994, p. 60).
17
Ernst Robert Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, ed. it. a cura di
Roberto Antonelli, Firenze, La Nuova Italia, 1992, p. 45.
18
Roberto Antonelli, Filologia e modernit, p. XXXI, in E. R. Curtius, Letteratura
europea e Medio Evo latino, op. cit.; si veda pi in generale lIntroduzione, pp. VIIXXXIV. Antonelli avalla del resto indirettamente il nostro ricorso ad un modello
bio-antropologico per illustrare il funzionamento topologico della tradizione
retorica quando stabilisce un paragone tra le forme biologiche e lindagine sulla
morfologia letteraria praticata da Curtius: In sede (storiografico-) letteraria, sostiene Curtius, in modo finalmente esplicito ed organico (riprendendo intuizioni
gi del Troeltsch), lunica risposta possibile allabbandono dello storicismo unilineare, catena ininterrotta e progressiva di eventi privi di significato, a favore di
eventi che interpretino la storia e ne ricavino le forme biologiche: la morfologia
e le strutture (ivi, p. XXIII).
19
Frances A. Yates, Larte della memoria, op. cit., p. 8.
20
Quintiliano, Inst. orat. V 10, 20. Versione italiana a cura di R. Faranda e P.
Pecchiura, Torino, UTET, 1979.
21
R. Barthes e J.-L. Bouttes, Luogo comune, p. 577, in Enciclopedia, Torino, Einaudi. Per un approfondimento su come la contemporanea scienza letteraria di
stampo semiotico abbia recepito la nozione di topos della tradizione retorica, si
vedano anche Paul Zumthor, Topique et tradition, in Potique, 7 (1971); Anne
Herschberg-Pierrot, Problematique du clich, in Potique, 43 (1980); Georges
Leroux, Du topos au thme, in Potique, 64 (1985); Christian Plantin (a cura
di), Lieux communs. Topoi, strotypes, clichs, Paris, Kim, 1993.
22
Roland Barthes, La retorica antica, op. cit., p. 75.
23
Martin Heidegger, La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, ed. it. a cura di
G. Vattimo, Milano, 1991, p. 5.
24
Gianni Vattimo, in una nota alla sua traduzione dei Vrtrage und Aufstze
per leditore Mursia, a proposito del Ge-stell scrive: Questo termine significa
letteralmente scaffale, scansia e intelaiatura. Heidegger lo usa in un senso
peculiare, che lo ricollega al significato del prefisso Ge- inteso come costituente
un nome collettivo, e al verbo stellen (porre) con tutti i suoi derivati, cfr. Martin Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 14, nota 1. Il senso peculiare in questio-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

ne rimanda al porre da parte delluomo la natura come oggetto a cui si chiede


ragione. Vattimo suggerisce per di tenere presente anche il senso comune del
termine. Accogliamo il suggerimento riconducendolo al suo significato letterale
di scaffale, scansia, nellaccostarlo al significato classico di topos come ci in
cui si ripone largomento.
25
Ecco come lo stesso Heidegger (riprendendo la risposta negativa che Nietzsche
si era dato allinterrogativo se luomo attuale fosse preparato, nella sua essenza
metafisica, ad assumere il controllo della terra) esprime a sua volta questa Stimmung tragica: La potenza di questo strano intelletto (la ragione finalistica ed
antropologica che si esercita nel pensiero rappresentativo) si estende fino alla
nostra epoca ma ora non basta pi. Le organizzazioni nella vita sociale, la riedificazione in quella morale, la truffa delle attivit culturali, tutto questo non riesce
pi ad arrivare fino a ci che . I tentativi di questo genere restano, nonostante la
buona volont e lo sforzo costante, soltanto rimedi ed espedienti casuali. Perch?
Perch la rappresentazione di fini, di mete, di mezzi, di effetti e di cause, rappresentazione da cui tutti questi tentativi discendono, sin dallinizio incapace di
aprirsi a ci che . C il pericolo che il pensiero delluomo attuale intorno alle
decisioni future, della cui particolare forma storica non possiamo sapere nulla,
sia troppo limitato, che quindi esso cerchi tali decisioni l dove esse non potranno mai farsi trovare, cfr. M. Heidegger, Che cosa significa pensare, a cura di U.
Ugazio e G. Vattimo, Milano, SugarCo, 1978, pp. 124-125. A questa altezza della
nostra indagine, la parola retorica sembra fornire un perfetto termine-ombrello
per tutti i tentativi del genere, di cui Heidegger ravvisa qui il limite costitutivo.
26
Il principio di prestazione domina lassenza di differenze del mondo moderno, in quanto regolato esclusivamente da un processo di organizzazione verso
luniformit. Questultima si genera nel passaggio dellintero essente attraverso
il filtro nichilistico della volont di volont. Il principio di prestazione anzi il
dominio stesso della tecnica che, nelle parole dello stesso Heidegger, in quanto
legata senza saperlo al vuoto dessere, lorganizzazione della penuria (Mangels) []. Luniformit non la conseguenza ma la base della contrapposizione
violenta in cui si misurano le singole aspirazioni alla direzione allinterno della
consumazione dellessente in vista dellassicurazione dellordine. Luniformit
dellessente derivato dal vuoto dellabbandono dellessere nella quale ci
che importa solo la sicurezza calcolabile del suo ordinamento che la assoggetta
alla volont di volont, condiziona anche dappertutto, al di l di ogni differenza
nazionale, luniformit dei tipi di comando, per cui tutti i tipi di stato sono solo
pi uno strumento di direzione fra altri. Poich la realt consiste nelluniformit
del calcolo pianificabile, anche luomo deve necessariamente rientrare nelluni-

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

147

formit, per mantenersi al livello del reale, cfr. M. Heidegger, Saggi e discorsi,
cit., pp. 62-63. Si tenga presente che, molto concretamente, tra le conseguenze
ontiche dellabbandono dellessere Heidegger inscrive anche le guerre mondiali ed il loro carattere di totalit (ivi, p. 60).
27
In questo percorso mi sono state preziose le annotazioni di Eugenio Mazzarella, raccolte in particolare presso E. Mazzarella, Tecnica e metafisica, Napoli,
Guida, 1981 e Id., Ermeneutica delleffettivit, Napoli, Guida, 1993.
28
Si veda Martin Heidegger, Introduzione alla metafisica, ed. it. a cura di G. Masi,
Milano 1968.
29
Il meccanismo vittimario per il pensiero di Girard la situazione antropologica fondamentale. Ecco come Girard lo descrive osservandolo allopera nel sacrificio rituale, contesto primitivo ma niente affatto esclusivo del suo manifestarsi: Lintero uditorio tenuto, in numerosi riti, a prender parte allimmolazione
che somiglia al linciaggio in modo tale che si pu scambiare luna per laltro.
Anche laddove limmolazione riservata ad un unico sacrificatore, costui di norma agisce in nome di tutti i partecipanti. Nellatto sacrificale si afferma lunit
di una comunit e questa sorge nel parossismo di una divisione, nel momento in
cui la comunit si ritiene lacerata dalla discordia mimetica, volta alla circolarit
interminabile delle rappresaglie vendicatrici. Allopposizione di ciascuno contro
ciascuno subentra bruscamente lopposizione di tutti contro uno. Alla molteplicit caotica dei conflitti particolari subentra dun tratto la semplicit di un antagonismo unico: tutta la comunit da una parte e la vittima dallaltra. Si capisce
facilmente in cosa consista questa risoluzione sacrificale: la comunit si trova
completamente solidale, a spese di una vittima non solo incapace di difendersi,
ma del tutto impotente a suscitare la vendetta; la sua persecuzione non potrebbe
provocare nuovi disordini e ravvivare la crisi poich unisce tutti contro di essa. Il
sacrificio solo una violenza in pi, una violenza che si aggiunge ad altre violenze, ma la violenza ultima, lultima parola della violenza (cfr. Ren Girard, Des
choses caches depuis la fondation du monde, Paris, Grasset & Fasquelle, 1978,
trad. it. a cura di R. Damiani, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Milano, Adelphi, 1983, pp. 40-41). A partire dalla sconcertante ipotesi del
meccanismo vittimario, la quale d prova di uno straordinario potenziale di
spiegazione ed unificazione di una vastissima massa di dati etnologici eterogenei,
Girard elabora una teoria del religioso come origine della cultura: Per capire la
cultura umana bisogna ammettere che larginamento delle forze mimetiche da
parte dei divieti, il loro incanalamento nelle direzioni rituali, pu solo estendere
e perpetuare leffetto riconciliatore della vittima espiatoria. Il religioso non altro che questo immenso sforzo per mantenere la pace. Il sacro la violenza (ivi,

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

p. 50). Non deve poi stupire che la struttura fondamentale della cultura rimanga,
secondo lespressione biblica adottata da Girard, nascosta sin dalla fondazione
del mondo, poich: La capacit del meccanismo vittimario di produrre del sacro interamente fondata [] sul misconoscimento di cui questo meccanismo
diviene oggetto (p. 52).
30
La critica che Girard rivolge ad Heidegger, molto di sfuggita per la verit,
lesatto rovescio di quella che la linea ontologizzante dellesegesi heideggeriana muove a Girard. Ne un esempio il saggio di Philippe Lacoue-Labarthe,
Typographie, in Mimsis des articulations, Aubier-Flammarion, Paris, 1975, pp.
167-270, in particolare pp. 231-250. Nella sua replica a Lacoue-Labarthe, Girard individua il motivo del dissidio nel fatto che il filosofo francese concepisca platonicamente il mimetismo in termini di rappresentazione, manchi cio
lessenziale non vedendo lorigine della rivalit mimetica nella mimesi dappropriazione, quel punto di partenza nelloggetto su cui non insisteremo mai
abbastanza, cfr. R. Girard, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo,
cit., p. 32. Il dibattito, per esplicita dichiarazione di Girard, viene a configurarsi
come una contrapposizione tra la disciplina di pensiero filosofico e lordine del
sapere antropologico. In sintesi, ad Heidegger, Girard rimprovera la filosofia,
prima che la sua singolare filosofia, cos come, in perfetta specularit, lheideggerismo francese ha rimproverato a Girard lantropologismo del suo pensiero: Se
Platone unico nella filosofia per la fobia che gli ispira la mimesi, a tale titolo
pi vicino allessenziale di chiunque altro, tanto vicino quanto il religioso primitivo, ma pur sempre molto mistificato perch non riesce a giustificare questa
fobia, non ci rivela mai la sua ragione dessere empirica. Non riconduce mai gli
effetti conflittuali alla mimesi dappropriazione, vale a dire alloggetto che i due
rivali mimetici cercano di strapparsi lun laltro designandolo reciprocamente
come desiderabile [] si tratta di un fatto davvero notevole [il tema dei gemelli
in Platone], ma nessuno ha cercato di leggere Platone alla luce delletnologia.
Eppure quello che si deve fare per decostruire veramente ogni metafisica.
Al di qua dei Presocratici verso i quali risalgono Heidegger e lo heideggerismo
contemporaneo, non c che il religioso, e bisogna capire il religioso per capire la
filosofia. Non essendo riusciti a capire il religioso partendo dalla filosofia, bisogna rovesciare il metodo e leggere il filosofico alla luce del religioso (ivi, p. 31).
Siamo qui evidentemente in un circolo vizioso: lidea stessa di rovesciamento
foriera di una cattiva infinit poich alla serie dei rovesciamenti non c mai fine.
Ma siamo anche nel cuore di un nodo teorico fondamentale su cui non mi soffermo oltre, dacch il mio scopo qui vorrebbe essere un embrionale tentativo di
sciogliere il nodo dellantitesi tra orientamento ontologico e orientamento ontico

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III. LA RETORICA LETTERARIA, TECNOLOGIA DELLA PAROLA

149

alla comprensione dellumano proprio individuando nellantropologia girardiana una prospettiva ontica in cui si sostanzia la ontologia filosofica heideggeriana.
31
Recupero lefficace locuzione di Mazzarella in Tecnica e metafisica, cit., p. 295.
32
Frmmigkeit lasciar-essere-lessere: un corrispondere allepifania dellessere originario, inteso come ci che concede la presenza; ci, dunque, che disvela
quegli stessi enti, ai quali il pensatore rimette la colpa della loro finitudine,
sperando che cos lessere rimetta a lui la sua.
33
Cfr. Hans Blumenberg, Arbeit am Mythos, Frankfurt am Main, Suhrkamp,
1979 (ed. it. a cura di Bruno Argenton, Elaborazione del mito, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 37).

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA


INDISCRIMINATA
Dire addio alle armi: il commiato di Hemingway di fronte alla
crisi del nomos della terra
Wars are Spinach. Life in general is the tough part.
In war all you have to do is not worry and
know how to read a map and co-ordinates.
Ernest Hemingway, a Marlene Dietrich

0. Sul campo
Dedicher gli ultimi due capitoli di questo libro ad analisi pi serrate, per mettere alla prova larmamentario teorico che ho provato a
dispiegare fin qui. In particolare nel prossimo e conclusivo capitolo mi
impegner in una sfida alle linee pi ambiziose del paradigma metaforologico, quelle schierate da Ricoeur nel suo colossale e (se ci si attiene
a quella direttrice) ancora insuperato La metafora viva. Nelle prossime
pagine invece torner su Schmitt, a cui ho potuto dedicare negli scorsi
capitoli solo pochi cenni, per quanto cruciali: con questa scorta rilegger Hemingway come il narratore di guerra nel momento in cui la
Guerra, nella sua forma classica, scompariva tra le brume e i pantani
della nuova violenza: disseminata, massiva, metastatica.
1. La guerra renitente
Larte e la letteratura del Novecento ci restituiscono in maniera per molti aspetti inedita unimmagine della guerra che colloca
questultima interamente al di fuori della sfera del senso. La guerra

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

viene ad essere addirittura lorizzonte privilegiato di manifestazione


del non senso.
A prima vista lenormit della guerra sembra non avere alcun
potere persuasivo: il disastro provocato dallininterrotta litania dei
conflitti armati non pregiudica lo scoppio dei successivi. Lambiguo
abbraccio o morsa di lotta che stringe luna allaltra retorica e guerra
sembra non potersi risolvere mai in una definitiva sottomissione: nessuna delle due parti si arrende mai completamente allaltra.1
Ma di fronte alla guerra pure il pensiero teoretico incontra e con
implacabile nettezza il proprio limite.2 La guerra doppiamente
brutale: sia come azione violenta in cui si annienta ogni ragionevolezza dellagire pratico, sia come dato opaco che si sottrae alla presa della
razionalit teorica. La polemologia come scienza normale dellarte
della guerra mostra, proprio in virt della sua autonomia, la difficolt
a produrre senso in cui incorre un sapere altamente specializzato:
pi lanalitica della guerra procede, pi la sintesi conoscitiva cui dovrebbe dare adito si identifica con linsensato.
La trasformazione radicale che la guerra come pratica subisce nel
nostro secolo3 finisce per dare sostanza allideale di una modernit
che si concepisce come epoca di discontinuit rispetto alla linea della
tradizione.4 Oltre a ci, tuttavia, linconcepibilit teorica e linsensatezza culturale della violenza bellica appaiono come il corrispettivo di
quella medesima mutazione.5
Eppure proprio in concomitanza con lavvento della guerra mondiale, cio con la possibilit di una guerra di annientamento totale e
con lesperienza della morte di massa, il moderno mito dellEsperienza della Guerra raggiunge il suo culmine,6 e parallelamente ad esso
cresce una visione nostalgica della forma tradizionale della guerra.
2.1 Guerre en forme
Carl Schmitt ha fornito al nostro secolo, con la sua filosofia del
diritto e della politica, un profilo speculativo della guerra che , al
contempo, un monito ed un compianto per la scomparsa della sua
forma tradizionale. Non soltanto la nozione tradizionale di guerra
in Schmitt oggetto teorico appropriato alla riflessione filosofica, ma
gi quella concreta pratica bellica veniva ad assumere in se stessa un

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

153

carattere concettuale, grazie alla propria carica definitoria e alle


proprie strutture formali.
Linteresse di Schmitt giurista e filosofo si concentra prevalentemente su una specifica concrezione storica del concetto di guerra, la
guerre en forme. Teorizzata e praticata dagli Stati sovrani europei delle
Grandi Potenze entro il sistema politico e territoriale del continente,
nellottica di Schmitt essa avrebbe consentito (a partire della fine del
XVII secolo e per i duecento anni successivi) di bandire dal mondo occidentale la guerra di annientamento, che era stata conosciuta
in Europa fino a tutto il Seicento in specie di guerra civile religiosa.
La possibilit che il nuovo concetto di guerra realizza sarebbe proprio, per quanto possa sembrare paradossale, la razionalizzazione e
lumanizzazione della guerra, ovvero la possibilit della sua limitazione giuridico-internazionale.7 Il concetto di guerra diverrebbe cos il
fondamento stesso del diritto internazionale.
Sotto il profilo tecnico-giuridico, ci che consente che il concetto
di guerra possa essere addirittura il fondamento del diritto il fatto
che il problema della guerra giusta viene separato dal problema della
justa causa e posto sotto categorie giuridico formali (ibidem). Viceversa, la guerra cos come era stata teorizzata dal diritto internazionale del medioevo cristiano, e conseguentemente praticata dagli eserciti
della respublica christiana europea, era stata fatalmente una guerra di
annientamento reciproco. In essa si stabiliva la duplice connessione
tra guerra giusta (cio mossa dal valore assoluto della giustizia della
causa per cui si combatteva, la quale si rivestiva del crisma della santit) e guerra totale. Il passaggio successivo conduceva la guerra giusta
e totale sul piano interno, come guerra civile.
Il superamento della guerra civile religiosa avviene in forza dallaffermarsi della entit e del concetto di Stato, del quale la guerra diviene prerogativa esclusiva. La guerra come concetto definitorio ovvero,
etimologicamente, come dispositivo delimitante perci speculare
al concetto di Stato. La reciprocit tra guerra in forma e Stato si
manifesta in un contenimento della brutalit:
In confronto alla brutalit delle guerre di religione e di fazione, le quali
sono secondo la propria natura guerre di annientamento in cui i nemici si
discriminano lun laltro come criminali e pirati, e in confronto alle guerre coloniali, che vengono condotte contro popoli selvaggi, ci comporta

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

una razionalizzazione ed una umanizzazione di grandissima efficacia.


Ad entrambe le parti in guerra compete con pari diritto un medesimo
carattere statale. Entrambe le parti si riconoscono come Stati. Questo
consente di distinguere il nemico dal criminale. Il concetto di nemico
diviene capace di assumere una forma giuridica. Il nemico cessa di costituire qualcosa che deve essere annientato. Aliud est hostis, aliud rebellis.
Diventa cos possibile stipulare un trattato di pace con il vinto. In questo
modo il diritto internazionale europeo riesce nellimpresa di limitare la
guerra con lausilio del concetto di Stato. (Il nomos della terra, p. 166)

La medesima reciprocit si manifesta nellattribuzione della guerra


come prerogativa esclusiva alla nuova entit giuridico-politica, lo Stato come soggetto principe. Il nuovo tipo di guerra dunque al tempo
stesso il risultato e il catalizzatore di un processo che costituir il nuovo ordinamento spaziale eurocentrico, conosciuto con il nome di jus
publicum Europaeum:
Ora lo Stato viene concepito giuridicamente come entit di un nuovo ordinamento spaziale e come soggetto di un nuovo diritto internazionale, imponendosi come concetto giuridico. Questo Stato tuttavia essenzialmente uno spazio unitario, territorialmente chiuso, di suolo europeo, che viene
contemporaneamente rappresentato come un magnus homo. Solo ora esso
in forma, quale soggetto di diritto e quale persona sovrana. Solo attraverso una chiara delimitazione territoriale diviene possibile un ordinamento spaziale equilibrato eguaglianza che deriva dallessere ognuno [gli
Stati sovrani europei], anche il pi piccolo di essi, un elemento nel sistema
dellequilibrio territoriale. Infatti questo ordinamento pubblico, publici
juris, non soltanto per il carattere pubblico di quelle persone sovrane, ma
soprattutto in quanto autentico ordinamento spaziale. (op. cit., p. 170)

2.2.1 In equilibrio (I): il contenuto della forma


Ci che pu risultare di non immediata comprensione in questo
mutamento epocale il fatto che, sul piano concettuale, ad un passaggio dal contenutismo al formalismo, corrisponda, se cos posso
esprimermi, un passaggio dallastrazione alla concretezza. Le guerre
medioevali erano mosse da una astratta norma di giustizia: il contenu-

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

155

to teologico dottrinario della justa causa. Invece la nuova guerra moderna statuale, separando il contenuto motivazionale e giustificatorio
della guerra dalla sua forma giuridica, la radica nella struttura spaziale propria ad uno Stato territoriale chiuso, dotato di confini stabili, col
risultato di trasformare la guerra, da mera attivit di annientamento
reciproco, in misurazione regolata delle forze che termina con la realizzazione di un nuovo equilibrio (op. cit., p. 201).
2.2.2 In equilibrio (II): il nemico giusto
Una seconda difficolt concettuale, peculiare del nuovo concetto di
guerra interstatale, sta nella connessione tra la visione non discriminatoria del nemico e la guerra come discrimine che contiene e inquadra la
violenza. Ho accennato a come nelle guerre medioevali la discriminazione del nemico comportasse la deriva della guerra nella violenza indiscriminata. Ora, essendo il carattere giuridico di una guerra trasferito
da considerazioni contenutistiche di giustizia nel senso della justa causa
alle qualit formali di una guerra interstatale di diritto pubblico [] il
concetto di guerra giusta formalizzato in quello di nemico giusto (op.
cit., p. 182). Lo justus hostis non perci il nemico giusto, colui che si ha
ragione di voler annientare: allopposto, il nemico giusto, vale a dire
colui nei confronti del quale si ha titolo giuridico per muovere guerra.
Un titolo che ci conferito dal fatto che egli sia parimenti titolato.
Nei confronti dello justus hostis vige cio una comunanza giuridica,
allinterno della quale soltanto possibile la comitas gentium, la cortesia come concetto fondamentale del diritto delle genti (jus gentium),
che si genera proprio bandendo la violenza indiscriminata dalla guerra come luogo del conflitto.
lo jus, la giuridicit della guerra, il solo elemento in cui la concretezza di un equilibrio incardinato in un ordinamento spaziale rende al contempo garantita e necessaria la amicitia, pur entro lostilit.
La salvaguardia dei prigionieri di guerra e delle popolazioni civili, la
neutralit di uno stato terzo, unoccupazione militare straniera che
conservi lordine e la sicurezza nel territorio occupato, la sanzione
della fine di un conflitto grazie a un armistizio e trattato di pace che
prevedano risarcimenti, ripristino del principio di propriet, nuova
regolamentazione del possesso, mettendo cos fine a ogni dissidio, e,

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

inoltre, il contenimento della violenza, sono tutte garanzie rese possibili e necessarie dalla giuridicit del concetto di guerra.
2.3 La violenza in gabbia
La definizione di guerre en forme coglie dunque lessenziale di
questo concetto di guerra che si caratterizza proprio per essere una
forma. Siamo di fronte ad un dispositivo la cui prestazione principale consiste nellautodefinizione di s per esclusione di ci che eccede il proprio limite cos formalmente stabilito. Il formalismo della
guerra sette-ottocentesca ci appare qui come tuttaltro che vuoto.
Esso addirittura salvifico. La definizione formale mette fuori gioco
proprio la violenza indiscriminata che aveva caratterizzato le guerre
civili religiose cos come altri tipi di conflitto. Non che la guerre en
forme non contenesse in s la violenza. Tuttavia essa, per lappunto,
la conteneva: accogliendola entro il proprio dispositivo formale, la
escludeva da s. La violenza era bandita dalla guerra in forma proprio nellatto con il quale veniva inglobata: limitata allinterno, nelle
forme della violenza; allesterno, con lesclusione della violenza come
informit indiscriminata.
La distinzione concettuale che pone nella guerra non lidentico
della morte e della violenza bens la forma della morte e della violenza, viene cos ad essere impresa di civilt. La messa in discorso della
violenza nella formalizzazione bellica lextrema ratio delluomo. Istituendo nella propria forma il differenziale rispetto allinforme della
violenza indiscriminata, la guerra si pone infatti, sorprendentemente,
a salvaguardia di unumanit antropologicamente intesa, dispiegando
una razionalit strategica tanto efficace quanto antiumanistica:
Anche se si ammette che nella lotta che ha luogo nello stato di natura luomo lupo per laltro uomo, ci non ha alcun significato discriminante,
poich anche nello stato di natura nessuna delle due parti che si trovano in
conflitto ha il diritto di sopprimere leguaglianza attribuendo a se stessa la
qualit di uomo, allavversario invece quella di lupo. (op. cit., p. 173)

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

157

3.1 Nomos come principio di legittimit e localizzazione


Alla guerre en forme dello jus publicum Europaeum non segu la
pace ma una guerra pi atroce. La distruzione del concetto di guerra
comport altra e maggiore distruzione. Per rintracciare un significato
nella spirale di violenza in cui il nostro secolo si avvita col passare da
una guerra mondiale allaltra, indispensabile evidenziare il legame
che intercorre tra questa deriva della guerra nella violenza, e il nomos
quale concetto fondamentale della filosofia del diritto schmittiana.
Se la guerra da sempre il problema centrale di ogni ordinamento
giuridico con riguardo non alla sua abolizione ma alla sua delimitazione (op. cit., p. 65), ci si deve secondo Schmitt al fatto che fondamento di esso sia il nomos, non la legge. Il nomos principio del potere
costituente in quanto distinto dal potere costituito, il quale si esprime
nellesercizio della legge: Il nomos invece nel suo significato originario,
indica proprio la piena immediatezza di una forza giuridica non mediata da leggi; un evento storico costitutivo, un atto della legittimit
che solo conferisce senso alla legalit della mera legge (op. cit., p. 63).
Quale misura interna di un atto originario e costitutivo, il nomos realizza un ordo ordinans in forza del nesso di presupposizione reciproca
che istituisce tra ordinamento e localizzazione. Il senso spaziale la
dimensionalit stessa del nomos, nella misura in cui in esso si tratta
del processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che essenziale a ogni epoca storica; si tratta della combinazione strutturante di
ordinamento e localizzazione, nel quadro della convivenza tra i popoli
sul pianeta nel frattempo scientificamente misurato (op. cit., p. 71).
Bench mi stia adesso attenendo fedelmente al dettato di Schmitt,
emergono con nettezza le coincidenze con quanto ho elaborato nei capitoli precedenti a proposito del rapporto tra retorica e (auto)legittimazione, o pi nello specifico sulla natura topologica del luogo comune.
Proprio in questo senso Schmitt parla di nomos della terra, una
terra che non il luogo del radicamento originario come termine della coppia mitica terra/sangue, ma luogo giuridico e politico in cui la
superficie terrestre si dispone retoricamente come sistema di luoghi
comuni: il riconoscimento consensuale e reciproco dellappartenenza di un territorio conferisce a una neutrale spazialit fisico-geografica
il carattere di forma significativa, e su questa poggia la convivenza
comunitaria dei popoli.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

La guerra come forma della propria delimitazione, , al tempo stesso, leffetto e la causa di questo potere costituente e ordinatore: in essa
la capacit di posizionamento del nesso ordinamento/localizzazione si manifesta nella sua forma pura nella fattispecie di un uso della
violenza che per creatore di diritto (op. cit., p. 63). Allo stesso modo
e al converso, la distruzione del concetto di guerra , simultaneamente, causa ed effetto dellinfrangersi del nomos della terra.
3.2 Perdendo la terra
Perdendosi al senso spaziale, nella modernit la guerra cade fuori
dalla sfera del diritto. La guerra come luogo concettuale di discriminazione della e dalla violenza perch basata sulla non discriminazione
del nemico, si ribalta in una categoria penalistica: assume un senso
incriminante per il nemico, perdendo per la propria facolt di discrimine della violenza.
Con la prima guerra mondiale, ritorna la distinzione tra guerra giusta ed ingiusta. Il trattato di Versailles del 1919 pone la guerra fuori
legge, poich la guerra viene a essere tenuta per crimine in se stessa.8
Il crimine di guerra non pi inteso come una fattispecie giuridica allinterno di una sfera delimitata dal diritto internazionale, ma
queste parole vengono ad assumere il significato di criminalizzazione della guerra in quanto tale. Essendo il concetto di guerra sempre
strettamente correlato alla nozione di nemico e di arma, ci significa,
molto concretamente, la criminalizzazione del nemico. La sua riduzione da soggetto di diritto quale era a criminale. Potenzialmente
da reprimere con unarma annientatrice.9
Lo sforzo a fondare un nuovo ordinamento giuridico internazionale, conforme ai tentativi di abolizione e outlawry della guerra, venne
intrapreso negli anni compresi tra le due guerre mondiali, e si concluse dunque nel tragico fallimento della seconda guerra mondiale.
Epper la tragedia non consiste soltanto nel fatto bruto che una nuova
guerra si sia prodotta, ma anche nelleccezionale brutalit della nuova
tipologia di guerra.
Il dato quantitativo di una ennesima guerra che si va ad aggiungere
alla ininterrotta sequenza dei conflitti armati tra uomo e uomo, si accompagna al mutamento qualitativo per cui la violenza viene nuova-

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

159

mente ad occupare il luogo che fu della guerra: la forma della guerra


si dissolve nuovamente nella violenza. Dalla concezione penalistica
della guerra discende il carattere punitivo delle sue espressioni pratiche. Paradossalmente la nuova concezione della guerra come crimine
contro lumanit si rovescia nellaffermarsi di una tipologia di guerra
disumana. Ancora una volta, unastratta petizione di principio generava una cattiva generalit.10
3.3 Il ritorno dellabisso
Venuta meno la struttura vincolante della connessione tra nomos
della terra, legittimit statale, e guerra statuale, lo Stato stesso diviene
fautore di una guerra di annientamento, quello Stato il cui avvento
aveva coinciso nella storia dellOccidente con il superamento della
guerra civile religiosa. Nellesercizio del nuovo tipo di guerra arcaicizzante, lo Stato deroga rispetto a se stesso. Per altro verso, dal disgregarsi della medesima struttura segue lespropriazione del diritto
esclusivo alla guerra dello Stato da parte di nuovi soggetti belligeranti, che si appropriano della prerogativa al conflitto armato.
La guerra aerea contro le popolazioni civili esemplifica la deroga
dello Stato rispetto a se stesso. Il diffondersi della guerra partigiana
di fazione incarna lespropriazione della sovranit statuale. Ne segue
in entrambi i casi che la violenza informe viene a rioccupare il luogo che era stato della guerra come forma della violenza. Il secolare
sforzo alla costruzione del concetto di guerra come ritualizzazione
del conflitto armato, che coincide con una limitazione della violenza
contemporanea alla sua messa in forma, viene risucchiato nuovamente
in una messa in abisso della guerra, senza principio ne fine, abissalit che porta il nome stesso della violenza.
3.3.1 Aberrazione
In tutta la teoria schmittiana, il contrasto tra terra e mare illumina il
contrasto tra due tipi di guerra e le rispettive differenti concezioni del
nemico, delle armi, della preda e della guerra stessa.11 Gli istituti del
diritto internazionale che sanciscono la giuridicit della guerra, ga-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

rantendone il principio giuridico e morale duguaglianza tra le parti,


configurano infatti una contrapposizione spaziale situata sullo stesso
piano nel teatro bellico (op. cit., p. 414). Linnovazione tecnologica
che consente limpiego dellelemento aereo quale mezzo bellico, comporta invece una ibridazione del teatro di guerra che coincide con una
sua aberrazione. Laria non un vero e proprio teatro bellico poich in
essa non si ha una contrapposizione spaziale situata sullo stesso piano
giacch dal cielo, al di l del duello aereo che, non a caso, accende
limmaginario cavalleresco, si colpisce la terra.
Ogni tipologia di guerra a distanza (missilistica, terroristica, tattica) infrange la sovranit del nomos prima ancora che quella del
nomos della terra.12 Le conseguenze concrete che limpiego dellaeronautica militare come forza bellica autonoma comporta in termini
di avvento di una nuova tipologia della guerra sono di due ordini:
la guerra aerea si sottrae a ogni giurisdizione, la guerra aerea scivola
nella violenza indiscriminata. Nel carattere di puro annientamento
della guerra aerea si esprime lassoluto disorientamento spaziale
della guerra moderna (op. cit., p. 423).
3.3.2 The Ghost and the Darkness
A questo processo di aberrazione del concetto di guerra come dissoluzione del diritto di guerra classico, definibile in termini di deterritorializzazione, si accompagna il processo, altrettanto nefasto,
di disseminazione della guerra. Questo si annuncia nellavvento
dellambigua e inquietante figura del partigiano. Se entro il diritto
classico la guerra rimaneva limitata sotto vari punti di vista poich
essa stessa era un dispositivo di delimitazione, e tra gli esclusi dalla
autocomprensione di s da parte della guerre en forme cera la figura
del partigiano, estromesso ed emarginato, la nuova centralit assunta
da questa figura segna la fine della guerra come incenerimento dei
suoi confini formali: Il partigiano moderno non si aspetta dal nemico n diritto n piet. Egli si messo al di fuori dellinimicizia
convenzionale della guerra controllata e circoscritta, trasferendosi in
unaltra dimensione: quella della inimicizia reale la quale, mediante il
terrore e le misure antiterroristiche, cresce continuamente fino allannientamento reciproco.13

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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Il partigiano si afferma come combattente dellera della guerra generalizzata, nel triplice senso per cui essa comporta la mobilitazione generalizzata14 (la guerra pu essere mossa da ogni punto verso
ogni altro punto senza pi rispondere ad un senso dello spazio come
spazio strutturato in localit, ora soltanto pi spazio matematizzato,
astrattamente algebrico); guerra di sterminio perch loggetto della
inimicizia reale si configura come nemico assoluto da abbattere ed a
questo scopo vengono usate armi di annientamento, che non soltanto
non evitano il terrore ma lo ricercano; la sua motivazione, essendo politica, contenutistica e ci fa della guerra stessa una guerra assoluta
in quanto guerra di parte (il partito in guerra non ha alcun riferimento
in un sistema di equilibrio tra stati parimenti sovrani che ne delimiti
la conflittualit, la quale si spegne soltanto con laffermazione irrelata
di s nellannichilimento dellaltro).
Lirregolarit del partigiano in qualit di combattente, se riferita
esclusivamente a una linea militare, cos come era stata conosciuta
pur entro le guerre governate dal diritto di guerra classico, diviene ora
laspetto tattico di una nuova strategia planetaria, successiva allinfrangersi del nomos della terra, in cui La lotta viene ammessa come
un caso di legittima difesa che rende giusti tutti i mezzi[] anche lo
scatenamento del caos totale (Teoria del partigiano, 33).
Cos il sopravvento della violenza sulla guerra si manifesta con il
ricorso di principio alla necessit di rispondere allefferatezza con
lefferatezza, alla violenza con la violenza (op. cit., p. 35). Il ricorso
allidea pura di violenza nella leva del terrore esplicitamente teorizzato e praticato dai capi partigiani come sigillo di una guerra dellinimicizia assoluta che non conosce alcuna limitazione (op. cit., p. 40).
La Guerra come inseparabile dal discorso della guerra,15 sensato nella
sua enunciazione se non nei suoi enunciati, cede la parola al linguaggio dun generico orrore (op. cit., p. 42). La deterritorializzazione
della guerra ha cos inaugurato let delle armi di distruzione di massa
mentre la sua disseminazione preparava let del terrorismo di massa.
Se nellet della Guerra16 il dominatore della terra era stato il Signore della Guerra, il che lo sottometteva a suo volta alla chiara misura
di un vincolo tellurico, la nuova epoca della storia mondiale, su cui
troneggia la figura del partigiano, si annuncia avvolta in una tenebra
di fronte alla quale il terrore delluomo moderno si scopre identico
al terrore che il primitivo provava nei confronti dellarchetipo della

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

dimensione ctonia, langosciosa esistenza sotterranea. La superficie


terrestre, sgombra dai terribili eserciti schierati in battaglia, si mostra
quale paesaggio di tradimento ove si pu scomparire nel buio e
si pu trasformarlo in campo di battaglia, muovendo dal quale si distrugge il tradizionale teatro di operazioni del potere (op. cit., p. 65).
4.1 Sacrosanta finzione
Che cosa significa dunque narrare la guerra nellepoca della sua
dissoluzione e della sua deterritorializzazione, nel tempo della distruzione del suo concetto? Per rispondere a questo interrogativo, dobbiamo riqualificare la distruzione del concetto di guerra nei termini di
una perdita da parte della guerra della propria retorica.
Il disprezzo e la denuncia che si sono a pi riprese appuntati
sullapparato formale della guerra tradizionale hanno accomunato le
strutture giuridiche della guerra a quelle estetiche, in una condanna
senza appello che bolla entrambe con il nome di finzione. Proprio nel
suo carattere sommario ed irriflesso questo giudizio coglie nel segno.
Il fatto che la violenza e la morte non siano annullate dal formalismo
della guerra ma soltanto limitate quanto ai loro effetti, e mai per ci
che concerne le loro cause, non fa che dimostrare che la guerra, proprio in quanto ultimo luogo della finzione (giuridica ed estetica), indica nella retorica lunica risorsa cui lumanit pu attingere di fronte
alla morte ed alla violenza. Di fronte non indica qui una negazione ma
quellopposizione nella massima prossimit che abbiamo imparato a
riconoscere nel corso degli scorsi capitoli.
La guerra si scopre dunque come estrema forma retorica. Un dispositivo formale che limita il proprio campo dintervento allambito esclusivo degli effetti e dellapparire, precludendosi lorbita della causa e della
sostanza.17 Pi la guerra si spoglia dei suoi orpelli retorici, pi luomo
esposto alla sempre crescente potenza degli strumenti doffesa.
4.2 La retorica come domesticazione
La vastit della narrativa di guerra un dato enorme almeno quanto
abnorme il dato della guerra. Se la guerra forse il tema principale

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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del racconto umano, ci lo si deve alla condizione per cui la narrazione


intrattiene una relazione originaria e fondamentale con il conflitto armato. Per comprendere di che natura sia e in che cosa consista questa
relazione, bisogna per abbandonare il preconcetto secondo il quale la
narrativa di guerra implicherebbe per sua natura una denuncia antimilitarista e dunque un rifiuto della guerra tout court. Questa idea in
realt molto tarda. Si infatti diffusa nel nostro secolo a seguito della distruzione del concetto di guerra di cui, allopposto, la narrativa di guerra era il consono corrispondente sul piano della discorsivit letteraria,
cio del discorso integralmente retorico. Come si visto, gi la guerra in
forma di per se stessa si caratterizzava per una propria discorsivit intrinseca. Dobbiamo ora pensare la narrativa di guerra come forma pura
del formalismo gi dispiegato dal concetto di guerra e a questo organica.
Per ci che concerne il versante della teoria letteraria, diviene cos
possibile comprendere, alla luce di quella grande trasformazione storica che fu la dissoluzione del concetto di guerra, linsistenza della
poetica novecentesca nella polemica antiretorica.
Lipotesi che vorrei avanzare suggerisce che la contestazione della
dimensione retorica nella letteratura sarebbe contemporanea al crollo del mondo ordinato dal concetto di guerra perch verrebbe meno
la loro millenaria concorrenza funzionale. Secondo questa ipotesi, il
corrispettivo di ci che noi oggi definiamo letteratura sarebbe stato,
in virt dei suoi caratteri di ritualit, topologia e persuasivit, il coadiuvante dellopera di delimitazione paradossale della violenza che
era svolta dal concetto tradizionale di Guerra.
La prestazione retorica, comune ad entrambe, sarebbe stata il punto di intersezione di due campi di discorso estranei solo in apparenza.
La crisi di questo sistema si manifesterebbe perci anche come crisi della narrativa, costretta a fronteggiare lo smarrimento della propria funzionalit retorico-antropologica. Nellambito della Guerra in
quanto tale, questa crisi innanzitutto avvertita come insofferenza
per la retorica bellica di stampo patriottico, che sempre aveva accompagnato il conflitto armato convenzionale lungo il corso della storia
dei nazionalismi. Ci che gli esiti di quella crisi impediscono di vedere che gi la stessa retorica era una pratica di guerra, destinata a un
impiego diverso dalla fruizione estetica. Non certo un discorso con
pretese artistiche scaduto a propaganda, ma un aspetto integrante
di una discorsivit retorica, di cui partecipavano tanto lumano nar-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

rare la guerra quanto lumano combatterla. Concorrenti a ununica


impresa di domesticazione culturale della violenza bruta.
5.1 Al di qua e al di l della fine
Lopera di Ernest Hemingway deve a mio avviso essere collocata nel
contesto della crisi che rinnega la tradizionale funzione retorica della
letteratura, e che matura contemporaneamente alla disintegrazione di
una determinata dimensione socioculturale della Guerra. La divaricazione tra discorso letterario sulla guerra e discorsivit intrinseca della
guerra comporta la dissoluzione dellunit di quella che, per quanto
detto fin qui, possiamo qualificare come unimpresa retorico-antropologica. Il corpus hemingwaiano perci da comprendersi a partire da
questa doppia situazione: su un piano pi generale, lessere situato
delluomo in guerra, nella prossimit estrema alla violenza. A un livello pi singolare, lessere situato delluomo Hemingway nel contesto
storico che vede dissolversi una forma consolidata di contenimento
della violenza: il concetto di Guerra classico.
Al tempo di una nuova guerra americana del XX secolo, Leslie
Fiedler inquadr, quasi cinquantanni or sono, la problematica legata
alla narrativa di guerra della prima guerra mondiale ma anche, pi
in generale, alla narrativa americana tra le due guerre.18 Il pacifismo
espresso dalla narrativa americana degli anni venti sarebbe, secondo
Fiedler, il solo prodotto della prima guerra mondiale che sia arrivato
sino a noi (Aspettando la fine, p. 30). La duratura attualit di quella
stagione letteraria andrebbe ricercata nella condizione per cui quel
pacifismo si rivel essere unillusione, tragicamente smentita dalla
seconda eruzione di violenza. Questo tipo di inquadramento critico
della letteratura tra le due guerre consentaneo alla teoria di Schmitt,
ma Fiedler non vede che limpossibilit di sancire una pace duratura
una conseguenza della perdita di giuridicit della guerra, equivocando cos anche sul senso della narrativa di guerra: Pare dunque lecito
riconoscere, molto modestamente, che il risultato pi importante e
duraturo della prima guerra mondiale, consista nellinvenzione del
romanzo antibellicista (op. cit., p. 31).
A mio parere, per comprendere a fondo la relazione particolare
tra narrativa americana degli anni venti e primo conflitto mondiale,

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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nonch quella generale tra letteratura di ogni tempo e guerra, si deve


evitare di vedere nel romanzo di guerra unantitesi critica rispetto
alloggetto della propria narrazione, e accettare invece lidea di una
complicit magari parziale della scrittura nei confronti dellesperienza di cui racconta.
Se, alla luce della teoria di Schmitt, Fiedler ha ragione ad affermare
che gli scrittori tra le due guerre possono dire di aver vissuto in un periodo di tempo che si colloca tra due diversi modi di concepire la guerra (op. cit., p. 32), non per lecito disconoscere la loro ambivalenza
nei confronti del concetto perduto di guerra. Attribuendo alla generazione a cavallo tra le due guerre lintenzione univoca di affossare
il vecchio concetto di guerra, come fa Fiedler, non soltanto si finisce
col disconoscere la natura e il ruolo di quello, ma si rischia di ignorare
la peculiare relazione di concomitanza che la narrativa di guerra ha
sempre intrattenuto con la guerra, abdicando a unidea insostenibile
(almeno storicamente) di letteratura come pura critica. Ci nondimeno, Fiedler caratterizza giustamente la narrativa tra le due guerre come
determinata da una frattura prodottasi nel concetto di guerra:
Per circa un migliaio di anni, presso a poco dal tempo di Carlo Magno
fino al 1914, le guerre della cristianit, sia che fossero combattute contro nemici esterni, sia che si trattasse di discordie intestine, erano state
sentite e celebrate come tappe di ununica e persistente tradizione. Chi
viveva allinterno della tradizione non aveva il minimo dubbio che almeno alcune di queste battaglie non fossero solo giustificate, ma addirittura
sacre, cos come era convinto che morire combattendo per una simile
causa fosse non pure un tollerabile destino, ma addirittura una gloriosa
conclusione. (op. cit., p. 32)

5.2 Combattere la guerra


Tuttavia avere confuso la natura giuridica e politica del concetto
di guerra classico con la sua supposta realt ideologico-religiosa (due
elementi che sono addirittura in contrasto, come Schmitt illustra)
porta Fiedler a sbagliare la periodizzazione della storia della guerra in
Occidente, ma soprattutto a non vedere lambivalenza di un narratore
quale Hemingway nei confronti della guerra perduta. Infine viene

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

completamente ignorata la coappartenenza sussistente tra le prestazioni retoriche della narrativa di guerra e il conflitto armato tradizionale, che era gi di per s un dispositivo discorsivo in quanto soggetto
a regole, concertazioni e convenzioni.
Identificando il personaggio protagonista dellintreccio romanzesco con leroe cristiano della guerra teologizzata, Fiedler attribuisce
al romanziere che testimonia del tramonto del concetto classico di
guerra unideale che gli estraneo, se non del tutto, almeno in parte:
Ma oggigiorno chi combatte contro la guerra, al pari di chi combatte
regolarmente la guerra, sa bene che tanto le vittorie quanto le sconfitte totali non sono pi possibili. Si arriva sempre ad un punto dove
entrambi i contendenti non possono pi proseguire (op. cit., p. 33).
Limpossibilit di attingere a una vittoria assoluta, ben lungi dallessere il motivo della disillusione dei romanzieri della lost generation nei
confronti della guerra, era invece proprio quella garanzia che la guerra aveva offerto ai loro predecessori e che, venuta meno con lavvento
della guerra totale del primo conflitto mondiale, rende ai loro occhi
la guerra inammissibile e impraticabile. in questa impraticabilit
della guerra che va dunque letta la tragedia della lost generation: una
generazione che ha perduto definitivamente la possibilit di pensare
alla guerra come forma di vita, oltre che una generazione decimata
dalla guerra.
Il gagliardo spirito di libert con cui lautore di A Farewell to
Arms avrebbe sfidato millenarie ortodossie un enorme equivoco
proiettivo di Fiedler e della critica novecentesca. Le millenarie ortodossie non si sfidano a cuor leggero ma se ne sconta il dissolversi
entro il nesso drammatico di una tragica necessit.
Il fraintendimento della critica novecentesca assume un doppio
aspetto ben rappresentato da Fiedler. Riconoscendo nellavvento del
romanzo contro la guerra la fine di due radicali della cultura occidentale (il romanzo di guerra e la Guerra stessa), Fiedler interpreta
il congedo dal concetto di guerra come morte dellonore e quello dal
romanzo di guerra come rifiuto della retorica letteraria (per tramite
del rigetto di quella patriottica, guerresca e nazionalistica).
Ma lonore, per come noi oggi lo intendiamo retrospettivamente,
una nozione eminentemente morale, laddove, come ampiamente
dimostrato da Schmitt, il formalismo di guerra stato un concetto
peculiarmente giuridico e politico, cio enormemente pi pratico e

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

167

concreto di quanto possa sembrare a noi che lo abbiamo perduto. Allo


stesso modo la retorica bellica che sempre accompagnava il conflitto
era un aspetto inscindibile dallo scontro armato perch funzionale
alla strategia di contenimento che esso dispiegava. Ma c di pi. Il
rifiuto della retorica bellica diviene qui la cifra del supposto rifiuto
da parte della narrativa novecentesca della retorica letteraria in quanto tale. Rinnegando la retorica esplicita, il romanzo di guerra abiura
alla sua precedente funzione storica di costruzione di unimmagine
culturale della guerra. La letteratura nega cos il proprio contributo
allimpresa antropologica di contenimento formale della violenza.
5.3 Il posto della morte
Di fronte alla ovviet della morte il pensiero di Fiedler risucchiato dalla banalit stessa della morte:
I concetti di gloria, onore, coraggio perdono ogni significato quando
luomo occidentale, nominalmente ancora cristiano, giunge alla conclusione che la cosa peggiore che possa capitargli morire per la prima
volta dopo mille anni, ammetter che non c niente al mondo per cui
valga la pena di morire. (op. cit., p. 34)

Ci detto con riferimento al rifiuto del concetto retorico di onore


da parte della lost generation, di cui il locus classicus si troverebbe
in A Farewell to Arms di Hemingway.19 Ma in questione nel concetto
di guerra classico non erano le considerazioni individuali del singolo
sul valore del sacrificio della propria esistenza, bens la salvaguardia
dellumanit da qualcosa di decisamente peggiore della morte come
categoria esistenziale astratta: la morte disseminata senza delimitazione territoriale alcuna dallinformit della violenza indiscriminata.
Non lecito perci confondere qui il piano esistenziale e metafisico,
su cui la morte individuale si presenta come indistinzione, dissoluzione dellindividuo nel nulla indistinto, con il concetto di guerra, poich questo proprio il risultato dellimmenso sforzo umano a portare
la distinzione sin dentro la morte.20
Lintuizione di Fiedler ci non di meno in un certo senso giusta
poich ci che avvenne con la prima guerra mondiale fu che i due

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168

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

piani esistenziale e culturale della morte si divaricarono laddove il


primo si trov orfano del secondo. Ma confondere in sede critica i
due piani significa non vedere ci che Hemingway sent e narr, cio
che la guerra come distinzione culturale, pur entro lindistinto della
morte e lindiscriminato della violenza, era una formidabile risorsa
per lesistenza umana, la perdita della quale fu un evento luttuoso ed
enormemente pericoloso, una sciagura.
Il senso di assurdit che lindividuo viene a provare soggettivamente nei confronti di una guerra oramai decaduta dal proprio concetto,
degenerata rispetto alla propria forma, non il frutto di una sua scoperta, di unilluminazione che lo disillude sulla impostura della guerra e gliene mostra la verit nei millenni nascosta. Esso , allopposto,
il sentimento angoscioso, misto di orrore e terrore, che luomo prova
a seguito della perdita delle forme della violenza e della morte. Il sentimento tragico dello scoprirsi singolo individuo non un superiore
guadagno intellettuale ma lesito della perdita di un senso culturale di
cui il concetto di guerra era parte fondamentale:
Viviamo per la prima volta in un mondo in cui gli uomini cominciano
le guerre sapendo che non raggiungeranno mai gli scopi per cui le intraprendono, un mondo in cui sempre pi difficile credere che i conflitti
che non riuscivamo ad evitare siano in qualche modo giustificati. E in un
mondo siffatto i disertori, i calunniatori, i fannulloni, i giocatori perdenti, tutti quelli che stipulano una pace separata, come dice Hemingway,
tutti quelli che in un modo o nellaltro scampano ai bombardamenti e
alle orazioni ufficiali, diventano i nuovi eroi antieroici. (op. cit., p. 35)

5.4 Par ton plemon


Se quanto argomenta Fiedler vero (poich vero che la guerra
oramai senza scopo), vero non perch la guerra stessa sia infine priva
di una giustificazione contenutistico-ideologica. Al contrario: perch
la cerca, avendo perduto il proprio valore di legittimit formale.
Sul piano pi propriamente letterario ci significa che la nozione
stessa di un romanzo contro la guerra contraddittoria. Il romanzo
bellico sempre romanzo di guerra, si potrebbe dire para-bellico, nel
senso per cui il prefisso para esprime sempre al contempo prossimit

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

169

e opposizione. La narrativa di guerra, compartecipe del concetto di


questa, non si oppone alla Guerra ma alla violenza in essa.
Sul piano delle poetiche ci implica che il dichiarato e sbandierato
rifiuto della retorica non pu mai essere totalmente veritiero: alla retorica marziale e patriottica fa seguito una retorica narrativa di altro
tipo, ma pur sempre retorica.21 Ed precisamente in relazione alla
guerra che si afferma la necessit della retorica letteraria poich in
accordo con quanto ho provato a dimostrare contro/entro la violenza che la letteratura assume la propria valenza antropologico-culturale. Nella prestazione retorica.
6.1 Hemingway e il malinconico accomiatarsi dalla Guerra
Laddio alle armi dellomonimo romanzo hemingwaiano risalta
come punto saliente del quadro sin qui dipinto:
Nello scompartimento cera qualche aviatore che non si preoccupava
molto di me. Evitavano di guardarmi e mostravano molto disprezzo per
un borghese della mia et. Non mi sentii insultato. In passato li avrei
insultati e incominciato una lite. Scesero a Gallarate e fui lieto di restar
solo. Avevo il giornale ma non leggevo perch non volevo leggere cose
sulla guerra. Avevo fatto una pace separata. Mi sentivo maledettamente
solo e fui lieto quando il treno arriv a Stresa. (Addio alle armi, p. 253)

Questo celebre brano deve dunque essere interpretato non come la


dichiarazione euforica di una libert conquistata o il resoconto di una
emancipazione dalla cecit dellimpostura guadagnata al prezzo di un
caso di coscienza, ma come un compianto per un lutto subito e patito.
Congedatosi dal mondo dellonore (I did not feel insulted), leroe
hemingwaiano non conosce il disonore o il disincanto, conosce la solitudine, salutata con lietezza per un solo istante e poi maledetta, la tremenda solitudine come isolamento da una forma culturale. Laddio
alle armi non n rifiuto sprezzante, n giocondo sollievo, n condanna n libert, ma un malinconico accomiatarsi. Malinconia che
accompagner il personaggio hemingwaiano, blas, dulled, blunted, in
tutti i bar del mondo in cui andr a bere. Molto presto sfocer in una
poetica della nostalgia.

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170

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Laddio alle armi di Hemingway un commiato malinconico ma


anche terrifico perch consapevolmente a differenza di quanto
ledizione italiana vorrebbe farci credere un addio alle armi: il congedo di un singolo uomo e allo stesso tempo, proprio per questo, un
congedo tra i tanti, personale e perci provvisorio. Un congedo illimitato, ma non perch esenti definitivamente lindividuo dallobbligo
militare. Semmai perch rende dora in avanti impossibile la pratica
sociale della guerra entro i suoi limiti formali tradizionali.
il fatto stesso che un singolo individuo possa firmare una separate
peace a essere tragico perch ci implica che un singolo uomo possa
condurre una guerra separata. Si pensi allazione isolata del terrorista,
come caso limite di un esercito ridotto ad un unico combattente partigiano. Ma la pace separata implica anche che la vita del singolo
possa non contare pi niente nella futura guerra collettiva di massa
(condotta con armi di annientamento di massa deterritorializzate).
Il dramma di Nick Adams e del lieutenant Henry, il dramma di
un uomo che vive e combatte nel momento del venir meno del concetto di guerra in generale e la trasformazione dellazione bellica in
semplice azione di giustizia o di polizia di tipo moderno (Schmitt, Il
nomos della terra, 137). Il caso di coscienza delleroe hemingwaiano e
della generazione che vi si riconobbe in realt un dilemma culturale
che non pu essere ridotto alle inquietudini esistenziali e ai tormenti
dello scrutinio interiore, esso : Il dilemma tra il trattamento giuridico formale del divieto della guerra [] e una soluzione oggettiva,
politica e morale del grande problema delle cause della guerra []
Questa la grande esperienza che tutti i popoli europei, revisionisti
ed antirevisionisti, fecero nel periodo tra il 1919 ed il 1939 (op. cit.,
p. 364). La critica letteraria antibellicista dimentica il primo corno del
dilemma, ne trascura la realt di opzione in uso per secoli, senza la
quale non vi dilemma n tragedia ma soltanto moralismo. Quel che
peggio, applicato alla letteratura.
Senza la considerazione di questo tragico dilemma, tragico nei presupposti e nelle conseguenze, non si comprende nemmeno lappartenenza della narrativa di Hemingway alla tradizione del romanzo di
guerra, la sua tematica guerresca, il fascino del personaggio hemingwaiano (che i moralisti spesso giudicano deteriore) e nemmeno la
retorica della sua opera complessiva (che i moralisti liquidano come
antiletteraria).

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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Leroe hemingwaiano si arruola come combattente di una guerra


europea tradizionale e si trova a essere il soldato della prima guerra
mondiale, cio della prima guerra dopo la distruzione del concetto di
guerra come guerra in forma. Quella guerra che, iniziata nellagosto
del 1914, si conclude in una conferenza di pace che dichiara la guerra
in se stessa un crimine contro lumanit. Che la pone hors la loi.
Una dichiarazione, questa, che nella sua natura di petitio principiis
il cot ideologico non di una risoluzione pacifica dellancestrale problema della guerra ma di una dissoluzione del suo concetto redentivo,
contenuto nella dottrina dello justus hostis come idea fondamentale del diritto internazionale europeo interstatale. Una dichiarazione
che esprime la visione della guerra come inutile annientamento di
vite umane e di propriet, orientandola apparentemente sulle guerre
del passato ma volgendola in realt alle guerre a venire. Una dichiarazione che testimonia del sentimento di disumanit provato in apparenza dalluomo moderno nei confronti delle guerre passate, cio
della guerra come cosa del passato, ma che in realt presagisce la
disumanit delle guerre future che saranno combattute in nome di
quellidea di giustizia astratta, indisponibile ad ogni soluzione concreta proprio perch ideologico-contenutistica, guerra di partito e non di
stato, combattuta sin da principio in regime di separatezza (una parte
contro laltra fino allo sterminio di una delle due o reciproco), oppure
guerra senza senso perch guerra combattuta in regime di indistinzione, da uomini che si annientano nella confusione di una massa come
tale colpita e come tale armata.22
6.2.1 In rotta
Vi un punto preciso in cui la teoria schmittiana illumina lopera
di Hemingway, e questa di riflesso fa luce sulla nuova situazione del
mondo in guerra che la teoria aveva schematizzato. Come gi detto,
in Schmitt il concetto di nemico definisce il concetto di guerra (tipologia differenziale tra hostis e inimicus). Cos la dissoluzione del
primo concetto apre allorrore della violenza, senza il limite della
Guerra: Ogni guerra su due fronti solleva sempre la questione su
chi mai si debba considerare il nemico reale. Se la propria figura
fissata senza incertezze come avviene questa duplicit del nemico? Il

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

nemico non qualcosa che si possa mettere da parte per una qualsiasi ragione o che si debba annientare per la sua assoluta mancanza
di valore. Il nemico si situa sul mio stesso piano. Per questa ragione
devo contendere con lui nel corso di uno scontro, per conquistare la
misura di me stesso, il mio proprio limite, la mia figura (Teoria del
partigiano, p. 68).
In Hemingway, la scena madre che genera la firma della pace separata, il celebre brano che chiude il XXX capitolo di A Farewell to
Arms in cui si narra della rotta dellesercito regolare italiano dopo
Caporetto, al contempo il racconto del tragico passaggio dal nemico
giuridico a quello reale, dal nemico formale a quello indistinto e da
quello relativo a quello assoluto.
Gli alti ufficiali italiani che attendono al varco di un ponte il passaggio di una truppa battuta, disperata, pezzente e mortificata, per
prelevarne i sottufficiali e gli ufficiali di basso rango e fucilarli sul
posto dopo aver loro strappato le spalline e le insegne del comando,
limmagine della fine del concetto di guerra come conflitto armato legittimo tra eserciti statuali regolari in chiave di autolimitazione
della violenza reciproca. Quelli che erano combattenti di un unico
esercito si combatteranno dora innanzi tra di loro in uno scontro di
parti, in battaglie senza quartiere, in guerra senza limite. Lesecuzione sommaria (So far they had shot every one they had questioned)
alla testa di quel ponte segna, in termini schmittiani, la deriva del
concetto non discriminante di guerra interstatale nella guerra civile
intrastatale.
La struttura concettuale della separatezza della pace firmata dal
personaggio hemingwaiano organica al proprio contenuto storico
concreto, che qui consiste negli esiti della distruzione del concetto di
guerra quale forma coesiva imposta alla violenza informe. Lessere
separato rende infatti impossibile la distinzione, il che significa che
la fine della limitazione guerresca apre allillimitato della violenza.
6.2.2 Quel che resta dellonore
Ci che si detto a proposito del fraintendimento moralistico
e antiretorico riguardo al concetto classico di guerra e alla sua
fine, va ora ripetuto e riportato al romanzo di guerra hemingwaiano.

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

173

Questo richiede la revisione di alcune delle pi autorevoli tesi interpretative della critica hemingwaiana. Tra queste, quella risalente
al celebre saggio in cui Edmund Wilson sostenne che al centro di
ogni storia narrata da Hemingway sta un eroe che nel principle of
sportmanship conserva coraggiosamente, in un codice di condotta individuale, ci che resta del concetto di onore come valore collettivo.
Concetto della cui dissoluzione si fatta esperienza nel corso della
prima guerra mondiale.23
infatti la guerra a dare il tono allinsieme di ci che accade al
tempo di Hemingway e viene narrato in our time (Wilson, La ferita e
larco, p. 241). Tuttavia, sin da principio, lunico personaggio hemingwaiano che nel dramma della vita senta la necessit di attenersi a delle
regole di comportamento, non trova altro che un codice morale personale. A Jake Barnes, evirato dalla guerra, non resta che un qualche
principio di coraggio, onore, piet (cio, qualche principio di etica
sportiva nel suo ampio senso umano) (op. cit., p. 247). Ma solo Jake
Barnes, assieme a pochi altri aficionados delle corride, vi si attiene. La
morale dellindividualismo hemingwaiano, sarebbe dunque, secondo
Wilson, la misura dellindividualismo della morale.24
Nella ossessiva ricerca delle leggi di competizione che regolano gli incontri sportivi e i rapporti tra i sessi, Hemingway avrebbe
espresso con genio i terrori delluomo moderno dinanzi al pericolo
di perdere il controllo del suo mondo, e ha fornito anche, nei limiti
delle sue capacit, il proprio tipo di antidoto. Paradossalmente, questo antidoto del tutto morale. Malgrado la passione di Hemingway
per le competizioni fisiche, i suoi eroi finiscono quasi sempre sconfitti
fisicamente, psichicamente, praticamente: le loro vittorie sono vittorie morali (op. cit., p. 270).
A mio avviso per Wilson non vede che gi in Hemingway lindividualismo non la soluzione al problema ma il problema stesso, non
la fuoriuscita dallorizzonte tragico ma lelemento stesso del tragico.
Anche la risposta politica di parte (la partigianeria della militanza
socialista) non la soluzione del problema ma parte di esso, parte di
un mondo separato in tante parti quanti sono gli uomini e le fazioni.
Che abbiano o meno firmato una pace separata.
Lantidoto hemingwaiano non niente affatto personale, ma
lantidoto alla violenza impiegato da una intera civilt. Il concetto
di Guerra corrisponde perfettamente alla nozione di antidoto per la

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

quale il male e il rimedio sono il medesimo somministrato in quantit


differenti: la Guerra la violenza limitata. Non un antidoto morale,
bens lafflato che deriva da una grande forma culturale. Per quanto in
via di dissoluzione. La tragedia che una grande forma culturale non
possa che sopravvivere nel proprio ultimo, declinante riverbero
entro i termini di una etica singolare.25
La perdita degli attributi fisici della virilit da parte delleroe hemingwaiano diviene simbolo della perdita della tradizionale rappresentazione didentit maschile: la sua impotenza quella delluomo
che non pu pi esprimere la propria potenza dazione entro una forma marziale, prima ancora che sessuale.
Leroe hemingwaiano il reduce di tutte le guerre poich fa ritorno
non a un mondo di pace (non torna dalla Guerra), ma a un mondo
che non conosce pi la Guerra e ne violentemente sconvolto. La tragedia hemingwaiana comincia con la fine della Guerra. La Guerra era
il grande codice essa stessa. Lonore per come appare a noi, suppellettile ideologica in un mondo incapace di concepire la Guerra, ha poco
a che vedere con tutto questo, e irrilevante doveva apparire gi ad
Hemingway se in A Farewell to Arms fa dire al suo eroe: Mi sarebbe
piaciuto togliermi luniforme per quanto non mi importasse gran che
delle forme esteriori. Mi ero tolto le stellette ma soltanto per comodit. Non era un punto donore. Non ero contro di esse. Una sottile ma
decisiva linea separa la suppellettile ideologica dallorpello retorico, la
sovrastruttura dallassenza strutturale: se questa demarcazione viene
ignorata, si genera lequivoco sul tema dellonore.
6.2.3 Insiders
Una seconda imago hemingwaiana chiarisce il senso di una forma
che, pur nella sua esteriorit, non cessa di essere fatidica. La figura
del reduce si completa e trascolora in quello dellespatriato, a essa
connessa essenzialmente. Gli espatriati di Hemingway, oramai fuori dalla grande forma retorica della Patria, con tutto ci che questa
comportava ma anche consentiva, hanno sempre una piccola patria
retorica, e il numero di queste si moltiplica per quanti sono gli espatriati. Chiunque essi siano, ma soprattutto qualunque cosa essi siano.
Aficionados della corrida, guerrieri (in quanto distinti dai soldati, ci-

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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vili a cui hanno soltanto messo ununiforme), habitus, intenditori di


ogni sorta, bon vivants, big-time hunters, prize fighters.
Si tratta sempre di insiders, uomini dentro una qualche ritualit
culturale di tipo retorico, dentro una forma apparente e appariscente.
Tutto il sapere che portano, la conoscenza che possiedono, tutta la
loro verit (quel true gen che Hemingway spesso si vanta di possedere
e che condivide con gli amici pi intimi26) non affatto il contenuto
di una qualche illuminazione, ma il semplice essere addentro di chi,
una volta per tutte, ha passato la linea tra lindiscriminato e una forma
qualsiasi, pur minima, cui attenersi. Per quanto limitatamente ai suoi
effetti formali. I reduci-espatriati di Hemingway non fanno altro che
tenere la posizione.
6.3 Isole
Pertanto non solo la retorica dello sportmanship code, o le tematiche
dellespatriato e del reduce, vanno comprese entro questa temperie
malinconica, ma anche lo sviluppo della rappresentazione della guerra nella narrativa hemingwaiana e, come vedremo, la parabola complessiva della sua produzione letteraria.
Se dico sviluppo e non evoluzione, perch alla successione
cronologica delle opere corrisponde una progressiva regressione del
concetto di guerra, fino alla sua completa sparizione. Di pari passo
al passaggio storico dal concetto di justus hostis a quello del nemico
come criminale di guerra, le storie di guerra hemingwaiane si caricano di un senso di disperata aberrazione, accordandosi con ci alla
teoria schmittiana.
Se il protagonista di A Farewell to Arms (1929) era ancora, in origine, un entusiasta della Guerra (ma lo schema euforia/disforia era
per altro gi abbozzato negli sketch di in our time, nel 1924) il protagonista di For Whom the Bell Tolls (1940) gi un freddo idealista,
ma, cosa ben pi significativa, egli si presenta in un certo senso come
guerriero professionale (dinamitardo specializzato nel far saltare i
ponti), laddove il tenente Henry era un semplice combattente. Eppure
la guerra che lIngls combatte, la combatte oramai da irregolare, da
partigiano. In contraddizione con lideale umanistico universale della
propria epigrafe e del proprio titolo,27 For Whom the Bell Tolls non

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

pu evitare di narrare una guerra le cui modalit sono dettate dai


caratteri di guerra civile e guerra partigiana. Nel carattere politico
di questa lotta, per quanto Hemingway si sforzi di tenere il proprio
eroe al di fuori di ogni impegno ideologico, va perduta la neutralit
formale del concetto classico di guerra e ci implica laspetto totalizzante della guerra di parte, combattuta a partire da una inimicizia
reale, e perci assoluta, che si ripercuote sulla tipologia della guerra,
rendendola illimitata e interminabile.
Paradossalmente, proprio lavversario nella guerra civile spagnola
a non essere pi una parte della Terra, non uno justus hostis ma un
nemico da abbattere, da sterminare senza mercede, su tutti e due i
fronti: anche la lotta partigiana combattuta dalle brigate internazionali, per altro divise ferocemente al loro interno in fazioni politiche,
contribuisce gi di per s a distruggere il concetto di Guerra legato
alla norma territoriale. proprio quando si combatte in nome della
umanit che il nemico, essendo di necessit posto fuori dal consorzio umano, deve essere sterminato.
Hemingway aveva daltronde gi indagato, con esiti letterari disastrosi, il vero e proprio scadimento del soldato nella figura della
spia, dellagente segreto, in The Fifth Column (1938). Il tecnico del
combattimento clandestino va anche compreso come radicalizzazione
deteriore della figura del partigiano.
Si giunge infine allultimo grandioso e sottovalutato romanzo di
guerra in cui la tragedia della dissoluzione del concetto di Guerra
illustrata dal paradosso di una guerra in mare che viene combattuta
secondo tutte le sue modalit (guerra corsara, costitutivamente a-territoriale e quindi informale, extragiuridica) ma in compagnia degli ideali
della guerra di terra. Ed cos soltanto in Islands in the Stream28 che alle
Zolle portate dallonda del Mare la guerra, non essendo oramai pi
che una categoria esistenziale, perduta a ogni concetto e a ogni forma
culturale, si presenta come il luogo stesso dellassurdo e dellabbietto.
Luomo senza pi Guerra , per lappunto, isola nella corrente,
proprio ci che lideale umanistico di Donne e dellHemingway che
lo citava si sforzava di scongiurare. Quello che un tempo era stato un
soldato, o che aveva sognato di esserlo, in questo romanzo postumo ridotto al cacciatore duomini ridotti ad animali perch non pi
garantiti nella loro umanit dal rango paritario di soldati, pur combattenti nello schieramento avverso. Nel corso di una vera e propria

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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odissea marinaresca, librido cacciatore Thomas Hudson bracca il


proprio nemico non per combatterlo in forma di Guerra, ma per ripulirne i mari in unoperazione di polizia. Con ci non solo il concetto
di guerra a essere tradito, ma anche il suo antenato, ed erede al tempo
della fine: il concetto di caccia. In un sol colpo leroe di Hemingway
deve infine rinunciare alla Guerra e alla caccia, che come terra dasilo
aveva accolto le forme della Guerra esiliate dalla modernit.
7. Topos e nomos
Non a caso infatti parallelamente allo sviluppo regressivo della
narrativa di guerra la narrazione hemingwaiana registra lispessirsi
del racconto di rituali agonistici, succedanei della Guerra. Death in
the Afternoon (1932), The Green Hills of Africa (1935), The Old Man
and The Sea (1952), e infine The Dangerous Summer (1960), unitamente
ad alcuni tra i migliori racconti, continuano tutti, lungo la linea cadetta, lelaborazione del lutto per la perdita della Guerra.
Lendiadi di queste due linee della narrativa hemingwaiana era gi
prefigurata nel dittico costituito da The Sun Also Rises (1926) e A Farewell to Arms (1929), da cui luna e laltra scaturiscono. La reciproca
relazione dei due filoni assume un diverso significato se si revisiona
il rapporto tra i due capolavori giovanili. Infatti entro la prospettiva
teorica che sono andato delineando il vero romanzo di guerra non va
ricercato in A Farewell to Arms ma in The Sun Also Rises. Soltanto
questo secondo primo nellordine cronologico di apparizione un
libro sulla Guerra. Qui si narra la guerra in forma (tauromachia), ossia
ci che della Guerra resta dopo la sua distruzione, mentre A Farewell
to Arms narra di un mondo integralmente disertato da quella.
In The Sun Also Rises si voluto vedere il racconto della morte
dellamore.29 Paradossalmente A Farewell to Arms a narrare della
morte dellamore, poich lunico amore che Hemingway abbia conosciuto la amicitia cos come era pensata dalla cultura guerresca
della tradizione occidentale. La comitia: estrema forma di solidariet
tra gli uomini in armi di fronte allorrore della violenza, forma che
si preserva in tensione crescente, fino al paradosso sanguinario di
una Guerra pensata e combattuta non come identica alla violenza ma
come opposta ad essa.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Il ring, la plaza de toros, la savana africana, ma anche il mare aperto


e persino il bar liqueurs, sono luoghi etici. Non per in quanto in essi
lindividuo trovi la misura della propria morale individuale, nellesercizio del proprio coraggio e forza personale, ma perch in essi il singolo ritrova tragicamente la chance offerta da una grande forma
culturale. Sono luoghi etici perch sono teatri di guerra. Spazi condivisi, sebbene declinati nella versione di tante piccole sottoculture,
con la piccola salvezza che la loro retorica offre. La salvezza del male
minore: nella visione hemingwaiana, la sola salvezza.
La metaforica della guerra, di certo la pi abusata da che mondo
mondo, svela qui il suo peculiare segreto: qualunque sia il campo
semantico di destinazione del suo traslato, essa ci dice qualcosa sulla
sua provenienza, in essa la Guerra a essere espressa. La metafora
bellica finisce sempre con lessere una figura bizzarra in cui il tenore a rimandare al veicolo. Se un interdetto etico ci proibisce di impiegare qualsiasi discorso sulla guerra soltanto come metafora daltro,
ma, viceversa, ogni cosa significativa pu essere espressa attraverso la
metaforica bellica, ci non da ascriversi a un delirio che vedrebbe
nella guerra tutta la realt ma a unoculata saggezza, pessimistica se
si vuole, che conosce nella Guerra la sola possibilit di forzare la
radice della violenza in un abbozzo di senso, in una forma che soltanto la teoria retorica del luogo comune riconosce come propria
e legittima.
Il ring, larena e tutti gli altri luoghi etici hemingwaiani sono letteralmente luoghi (topoi) della Guerra, ambiti strutturati secondo
il senso spaziale in modo tale che in essi si abbia un confronto orizzontale, in cui le due parti si affrontino luna con laltra sullo stesso
piano (Il Nomos della terra, p. 427). Questi luoghi sono governati
dagli stessi principi del diritto bellico, per i quali, la Guerra limite a
se stessa, spazio proprio. Orizzonte del conflitto in quanto il conflitto
viene compreso reso comprensibile entro un orizzonte:
Lessenza del diritto internazionale europeo era la limitazione della guerra. Lessenza di tali guerre era un ordinato misurarsi delle forze, che si
svolgeva di fronte a testimoni in uno spazio delimitato. Tali guerre sono
il contrario del disordine. In esse sta la forma pi alta di ordine di cui
le forze umane siano capaci. Sono lunica difesa contro la spirale delle
rappresaglie, ovvero dellodio nichilistico e delle azioni di vendetta, il

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

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cui fine insensato sta nellannientamento reciproco. Eliminare o evitare


la guerra dannientamento possibile solo se si trova una forma per il
misurarsi delle forze. (op. cit., p. 228)

A proposito di tali guerre, Schmitt si spinge sino a parlare di guerra sensata. Il senso della delimitazione di una zona di lotta regolata
si sintetizza per Schmitt nel motto che recita: Ogni diritto tale solo
nel retto luogo. Ivi si manifesta il nesso tra ordinamento e localizzazione e il radicamento nello spazio che proprio di ogni diritto (op.
cit., p. 99), il diritto come misurazione reciproca di forze nel nomos
della terra.
Senzaltro, nelle ricerca narrativa delle situazioni etiche, Hemingway fa echeggiare ancora il nomos della terra, in specie di una nostalgica retorica della Guerra. Ma la struttura topica di quelle situazioni,
il loro essere collocate e delimitate secondo un senso spaziale, testimonia landamento che lesclusione di principio della violenza assume
nella piega interna della letteratura. I luoghi etici sono con ogni evidenza luoghi letterari: e in ci si riflette ancora, e questa volta senza
alcuna inflessione nostalgica di retroguardia, il concetto originario di
nomos come termine di recinzione, segnando la delimitazione del
campo letterario come orizzonte redentivo della violenza.
In conclusione, lintera opera di Hemingway va considerata narrativa di guerra, nel senso di narrazione di un mondo in cui la Guerra
andava perdendo la propria forma. Ci resta vero anche quando la
guerra non vi sia tematizzata esplicitamente: Hemingway non soltanto
narra incessantemente il rito guerresco, ricercandone (ad esempio nello spazio ludico del rito sportivo) la funzione antropologica perduta
con la dissoluzione del concetto di Guerra, ma lo provvede anche,
facendo del corpus letterario cui d luogo uno spazio di ludus rituale
e un oggetto di esperienza cultuale. La retorica letteraria come unico
retto luogo della violenza.
Il personaggio come insider, lambientazione localistica, il tematicismo insistente, letica situazionale, le strategie della ripetizione.
Sono tutti elementi di unopera governata da ci che noi, a questaltezza, siamo in grado di definire come una retorica topologica, nel senso
di un corpus di scritti costituentesi a luogo di luoghi (comuni, koinoi topoi). In unepoca che per lo sradicamento del vecchio nomos
della terra si vede costretta a ricercare un nuovo nomos, la finziona-

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180

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

lit retorica si offre malinconicamente come sola, residuale possibilit


di un ordinamento non violento della realt.30
NOTE
Su questo punto mi preme richiamare i paragrafi da 4.1.1 a 4.4 nel capitolo III
di questo libro.
2
Sul nesso tra pensiero e guerra come oggetto teorico, si vedano Raymond Aron,
Penser la guerre. Clausewitz, 2 voll., Paris, Gallimard, 1976 e Umberto Curi, Pensare la guerra, Bari, Dedalo, 1985.
3
Per la trasformazione cui sottoposta la dimensione pratico-operativa della
guerra nel nostro secolo, si vedano John Keegan, A History of Warfare, London:
Knopf, 1993 (trad. it., La grande storia della guerra: dalla preistoria ai nostri giorni,
Milano, Mondadori, 1994) e Martin van Creveld (a cura di), The Transformation
of War, New York, Free Press, 1991.
4
Per una ricostruzione storica del legame tra lavvento della modernit, la guerra e la cultura occidentale, si veda Geoffrey Parker, The Military Revolution:
Military Innovation and the rise of the West 1500-1600, Cambridge, Cambridge
University Press, 1988 (trad. it., La rivoluzione militare: le innovazioni militari e il
sorgere delloccidente, Bologna, Il Mulino, 1990).
5
Per una rassegna su come il pensiero filosofico moderno ha concepito la guerra prima del 900, si vedano W.B. Gallie, Philosophers of Peace and War. Kant,
Clausewitz, Marx, Engels and Tolstoy, Cambridge, Cambridge University Press,
1978 (trad. it., Filosofie di pace e guerra. Kant, Clausewitz, Marx, Engels, Tolstoi,
Bologna: Il Mulino, 1993) e Massimo Mori, La ragione delle armi, Milano, Il
Saggiatore, 1984.
6
Cfr. George L. Mosse, Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti,
Roma-Bari, Laterza, 1990.
7
Carl Schmitt, Il Nomos della terra, Adelphi, Milano, 1991, p. 164 (ed. or. Der
Nomos der Erde cit.).
8
I fatti storici che scandiscono le tappe di questo processo che realizza la outlawry della guerra, sui quali Schmitt costruisce la sua teoria, sono, nellordine:
il trattato di Versailles (1919) che dichiara Guglielmo II criminale di guerra,
il protocollo di Ginevra (1924) con la ridefinizione restrittiva della nozione di
aggressione, il patto Kellog (1928) con cui si ottiene una condemnation ufficiale
della guerra come mezzo della politica nazionale, il trattato Briand-Kellog (1932)
che pone la guerra fuorilegge (cfr. ivi, pp. 388-409).
1

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

181

Con la definizione di Guglielmo II come criminale di guerra, non perch


imputabile di una peculiare fattispecie giuridica ma proprio in quanto Capo di
Stato che aveva esercitato la propria sovranit con la facolt di muovere guerra,
si rinuncia allidea fondamentale del diritto internazionale europeo interstatale, cio alla dottrina dello justus hostis (ivi, p. 345). Il passaggio dal concetto
politico di guerra del diritto internazionale interstatale europeo a una guerra
discriminante, ossia giusta da una parte e ingiusta dallaltra, cos consumato. La criminalizzazione comporta infatti che chiunque si macchi del crimine
della guerra, divenga di diritto, a ragione, e automaticamente, un inimicus, cio
un nemico da abbattere con i mezzi di una guerra illimitata di annientamento.
10
In maniera graduale e senza che ve ne fosse consapevolezza, il diritto internazionale specificamente europeo fino ad allora vigente si stava dissolvendo. Il
declino dello jus publicum Europaeum in un indifferenziato diritto mondiale non
poteva pi essere fermato. La dissoluzione nel generale-universale era contemporaneamente la distruzione dellordinamento globale della terra fino al quel
momento esistente. Al suo posto subentr per parecchi decenni un vuoto normativismo costituito da regole che si presumevano generalmente riconosciute, il
quale occultava alla consapevolezza del tempo il fatto che lordinamento concreto delle potenze sino ad allora riconosciute era crollato e che non se ne era ancora
trovato uno nuovo (ivi, pp. 287-288).
11
Cfr. C. Schmitt, Land und Meer, Leipzig, 1942 (trad. it., Terra e mare, Milano,
Il Saggiatore, 1986).
12
Possiamo ora apprezzare come la pi recente riflessione di Virilio, che abbiamo gi incontrato ai paragrafi 4.1.2 e 4.1.3 del capitolo III, prolunghi quella
di Schmitt sulleclissi della localizzazione nel moderno warfare, concependo
lo sviluppo delle tecnologie belliche elettroniche e atomiche come espressioni
della concatenazione tra superamento della dimensione spaziale e accelerazione
temporale dei processi. Oltre alle opere gi citate, si veda anche Paul Virilio,
Lhorizon negatif: essai de dromoscopie, Paris, Galile, 1984 (trad. it., Lorizzonte
negativo: saggio di dromoscopia, Milano, Costa & Nolan, 1986) e Id., Ville Panique, Paris, Galile, 2003 (trad. it., Citt panico, Milano, Cortina, 2004).
13
C. Schmitt, Teoria del partigiano, Milano, Il Saggiatore, 1981 (ed. or. Theorie
des Partisanen cit.). Di recente, Ren Girard ha ripreso questo concetto, esplicitandone le implicite drammaturgie apocalittiche, retrodatandone la genesi a
von Clausewitz ed aggiornandolo alla nostre cronache di terrorismi fondamentalisti. Cfr. Ren Girard, Achever Clausewitz, Paris, Carnets Nord, 2007 (trad.
it., Portando Clausewitz allestremo, Milano, Adelphi, 2008). Per una rilettura
del Ventesimo secolo che lo veda fondamentalmente dominato dallidea del
9

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182

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

terrore in quanto esito obbligato della logica bellica moderna dispiegata fino
alle sue estreme e deliranti conseguenze, si veda Peter Sloterdijk, Luftbeben. An
den Quellen des Terrors, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 2002 (trad. it., Terrore
nellaria, Roma, Meltemi, 2006).
14
Il concetto di Ernst Jnger il quale, come annota lo stesso Schmitt, nella
costruzione del personaggio del waldgnger, luomo che si dato alla macchia,
il singolo che, passato al bosco, continua la lotta al di fuori del sistema e contro di esso, fornisce un modello per la figura del partigiano. Cfr. E. Jnger, Der
Waldgang, Frankfurt am Main, 1952 (trad. it. a cura di F. Bovoli, Trattato del
ribelle, Milano: Adelphi, 1990).
15
Cfr. Andr Glucksmann, Les discours de la guerre, Paris, Seuil, 1979.
16
Dora in avanti, ogni volta che scriver Guerra con liniziale maiuscola intender eplicitamente riferirmi al concetto classico di guerra, alla guerra come
forma concettuale, vale a dire a come lattivit bellica fu concettualizzata nella
tradizione occidentale fino allet contemporanea durante la quale quel concetto
andato dissolvendosi, e non allattivit in se stessa per come effettivamente si
svolse. Per una disamina storico-teorica approfondita sulle concordanze e discrepanze (non solo numerose ma addirittura strutturalmente presenti) tra piano
della rappresentazione della guerra e piano della sua realizzazione, mi permetto
di rimandare ad Antonio Scurati, Guerra. Narrazioni e culture nella tradizione
occidentale, Roma, Donzelli, 2007 e Id., Un sanguinoso desiderio di luce. La forma
della guerra come invenzione letteraria, in Stefano Rosso (a cura di), Un fascino
osceno. Guerra e violenza nella letteratura e nel cinema, Verona, Ombre Corte,
2006, pp. 17-29.
17
Lintera storia dellideale cavalleresco occidentale testimonia di una convergenza tra antropologia e retorica, dimostrando che anche sul versante che oggi
preferiamo definire estetico, il formalismo condivide la stessa capacit redentrice delle forme antropologiche. Il concetto classico di guerra non fa, in un
certo senso, che salvare le apparenze, ma nel casus belli ci significa salvare vite
umane. Con ci il fondamentale significato antropologico della osservanza delle
buone maniere evidenziato. Il fatto bruto che un morto in guerra sia sostanzialmente un morto e che la causa di morte in guerra sia spesso morte violenta (ma
non sempre e non di norma), ben lungi dallo smascherare la retorica, dimostra
che i limiti esterni della condizione umana sono gli stessi che impongono al suo
interno la necessit della prestazione retorica. Di fronte alla intrascendibilit di
morte e violenza, a questo zoccolo duro di impossibilit, non c che la finzione/
funzione retorica. Per lideale cavalleresco si veda Denis de Rougemont, Lamore
e lOccidente, Milano, Rizzoli, 1993.

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

183

Cfr. Leslie A. Fiedler, Waiting for the End, New York, Stein & Day, 1964 (trad.
it. a cura di L. Ballerini, Aspettando la fine, Milano, Rizzoli, 1966). In questo suo
saggio, guardando retrospettivamente agli anni 20, Fiedler distinse acutamente
tra gli esuli americani che ritornarono dallesilio e quelli che rimasero in Europa. Soltanto i primi, a cavallo tra due mondi, e, diremo noi, tra due diverse et
della guerra, vengono riconosciuti come scrittori effettivamente americani, il cui
idioma sta nel rifiuto opposto alle tentazioni dellavanguardismo. La nozione
di avanguardia assume cos un nuovo e preciso significato in relazione alla crisi
dellunit retorico-antropologica tra discorso della guerra e discorso sulla guerra. La concezione modernista dellautonomia dellarte, della separatezza estetica,
la lettura strutturale del testo letterario come universo linguistico autosussistente, e il conseguente rifiuto della dimensione retorica del fatto letterario, assumono il significato diminutivo di disimpegno rispetto alla valenza antropologica
del narrare. Nel passaggio storico tra due epoche dellumanit contraddistinte
da due concetti della guerra, patrocinando la nascita della letteratura come
entit estetica, distinta e separata dalla generale prestazione retorica del discorso
umano, lavanguardia diserta con ci il campo in cui il narrare engag con il
proprio fondo antropologico nel misurarsi con la guerra.
19
Ero sempre imbarazzato dalle parole sacro, glorioso e sacrificio e dallespressione in vano [] Cerano molte parole che non si riuscivano ad ascoltare e finiva
che soltanto i nomi di luoghi avevano dignit. Anche certi numeri e certe date, e
coi nomi dei luoghi erano lunica cosa che si potesse dire che avesse un significato.
Parole astratte come gloria, onore, coraggio o dedizione erano oscene accanto ai
nomi concreti dei villaggi, ai numeri delle strade, ai nomi dei fiumi, ai numeri dei
reggimenti e della date (Ernest Hemingway, A Farewell to Arms [1929], New
York, Charles Scribners Sons, 1957, pp. 184-185; tr. it. a cura di F. Pivano, Addio
alle armi, Milano, Mondadori, 1997, p. 193). Le successive citazioni dalledizione
italiana di questopera si riferiranno a questa traduzione e verranno indicate direttamente tra parentesi nel testo.
20
Non si comprende la cultura occidentale, al pari di ogni altra, senza vedere il suo
tragico sforzo a distinguere entro la morte: gran parte delle sue forme infatti non
sono altro che questo e la guerra ne la principale. La letteratura la accompagna. Si
veda a questo proposito, Zygmunt Bauman, Mortality, Immortality and Other Life
Strategies, Cambridge, Cambridge University Press, 1992 (trad. it., Il teatro dellimmortalit: mortalit, immortalit ed altre strategie di vita, Bologna, Il Mulino, 1995).
21
La nuova retorica letteraria novecentesca prefigurata dallo stesso Hemingway,
che sar poi uno dei suoi principali inventori, proprio nel locus classicus del rifiuto
della retorica bellica di stampo patriottico, cfr. supra nota 18. Sar una retorica del
18

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

luogo comune come dispositivo del contro-sublime e, proprio in riferimento al


battesimo hemingwaiano, si potrebbe definirla retorica toponomastica.
22
Sulleffetto di non-separabilit degli avvenimenti militari come principio
della disumanizzazione della guerra contemporanea, si veda P. Virilio, Lo spazio
critico cit., pp. 138 e segg.
23
Cfr. Edmund Wilson, Hemingway: Gauge of Moral, in The Wound and the Bow
(1939) (trad. it. a cura di N. DAgostino, Hemingway: misura della morale in La ferita e larco, Milano, Garzanti, 1991, pp. 241-272). Gli altri due capisaldi della critica hemingwaiana che la nostra prospettiva richiederebbe di revisionare, sono
la priorit assegnata agli aspetti stilistici nella valutazione dellopera letteraria e
la tesi, correlata alla prima, che il realismo sia lopzione stilistica connaturata
al racconto di guerra in generale. Dalla somma di queste discende che il peculiare realismo stilistico della narrativa di guerra hemingwaiana ne costituirebbe
il pregio maggiore. Entrambi questi punti di vista sono presenti nellautorevole
saggio di Robert Penn Warren, Ernest Hemingway, raccolto originariamente
nei Selected Essays del 1966, ora in Harold Bloom (a cura di), Ernest Hemingway,
New York, Chelsea House, 1985, pp. 35-62, in cui il realistic rendering of the
world of war valutato secondo lideale di uneccellenza formale pensata come
virt stilistica di trasfigurazione poetica della guerra. Per quanto riguarda invece
A Farewell to Arms in particolare, si vedano Michael S. Reynolds, Hemingways
First War: The Making of A Farewell to Arms, Princeton, Princeton University
Press, 1976; Bernard Oldsey, Hemingways Hidden Craft: the Writing of A Farewell to Arms, University Park, Pennsylvania State University Press, 1979; Robert
W. Lewis, The War of the Words, New York, Twayne Pub., 1992.
24
Tutto ci che si riesce a fare nel mondo, nel mondo della politica come in
quello dellatletica, si fonda sul coraggio e sulla forza personale (Wilson, La
ferita e larco, p. 269).
25
Ad esempio, Brett Ashley, leroina di The Sun Also Rises, indubitabilmente
unimmorale ma non cessa con ci di essere un individuo etico perch appartiene alla ristretta cerchia di chi paga i propri debiti, cio risolve il proprio
conflitto esistenziale, lo porta a soluzione firmando una pace separata, pur al
prezzo della propria disastrosa sconfitta. Ci le conferisce il crisma di personaggio hemingwaiano, il che coincide con lo status di individuo etico, laddove
lappartenenza allordine della costruzione letteraria e a quello di una morale comunitaria sono la medesima cosa. Allo stesso modo, sufficiente che il Marlowe
di Conrad, alter ego e narratore fittizio dellautore, dica di un tale personaggio
uno di noi, per sanzionare grazie al solo criterio dellappartenenza, la sua integrazione alluniverso romanzesco e, contemporaneamente, la sua integrit etica.

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IV. TRA LA GUERRA IN FORMA E LA VIOLENZA INDISCRIMINATA

185

Si veda, a questo proposito, quanto Rose Mary Burwell scrive dellimportanza


che lamicizia con personaggi quali il generale Buck Lanham avesse per Hemingway, nella misura in cui gli consentiva di riconoscersi come depositario di quella
competenza sulla guerra che era retaggio esclusivo di una cerchia ristretta di
uomini. Cfr. R.M. Burwell, Hemingway. The Postwar Years and the Posthumous
Novel, Cambridge, Cambridge Univesity Press, 1996, pp. 52-57.
27
Cos recita la celebre epigrafe a For Whom the Bells Tolls, tratta da John Donne:
Nessun uomo unIsola, intero in se stesso. Ogni uomo un pezzo del Continente,
una parte della Terra. Se una Zolla viene portata dallonda del Mare, lEuropa
ne diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto, o una Magione
amica, o la sua stessa Casa. Ogni morte duomo mi diminuisce, perch io partecipo
dellumanit. E cos non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa
suona per te.
28
Islands in the Stream fu pubblicato postumo nel 1970 ma lopera che i suoi eredi
hanno dato alle stampe pare abbia avuto la sua genesi in una sorta di ur-text che
Hemingway cominci a scrivere gi nellautunno del 1945 e da cui provengono
anche The Garden of Eden (1986), Across the River and into the Trees (1950) e The
Old Man and the Sea (1952). Si veda a questo proposito R.M. Burwell, Hemingway. The Postwar Years and the Posthumous Novel, 51.
29
Cfr. Mark Spilka, The Death of Love in The Sun also Rises, ora in Harold
Bloom (a cura di), Ernest Hemingway, 107-118.
30
Il discorso fin qui condotto reclama un proprio sviluppo che giunga a considerare lesito ultimo della dissoluzione della Guerra quale forma concettuale
nella tarda modernit dominata, sul piano delle rappresentazioni e delle finzioni,
dai media elettronici di massa. questo largomento di alcune mie precedenti
pubblicazioni, solo contigue allinteresse tematico per la retorica letteraria, nelle
quali ho rispettivamente esaminato le rappresentazioni mediatiche dei conflitti
bellici nella seconda met del ventesimo secolo e le loro propaggine nelle cosiddette guerre al terrorismo: cfr. Antonio Scurati, Televisioni di guerra. Il conflitto del Golfo come evento mediatico e il paradosso dello spettatore totale, Verona,
Ombre Corte, 2003 e Id., La Guerra come rappresentazione rassicurante, in Vittorio Mathieu (a cura di), Conflitto e narrazione. Omero, i mass media e il racconto
della guerra, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 11-54.
26

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V. LA METAFORA IMPOTENTE
Fragilit della ragione e metis retorica di fronte alla vulnerabilit
umana

Situata tra due limiti che le sono esterni la logica


e la violenza la retorica oscilla tra i due poli
che la costituiscono: prova e persuasione.
Paul Ricoeur

1. Eris e Thanatos
Concluder questa riflessione con una sorta di omaggio alleristica,
estremo approdo della dialettica dei sofisti, assai spesso inquadrata
come degenerazione: naturalmente il sospetto che la sua pi imperdonabile mancanza non sia altro che una sola lettera, quella u che
abissalmente la divide dalleuristica. Se pure retorica degenerata, la
sua prossimit perfino lessicale alla contesa ne fa un ambito di trasparenza: la pelle del discorso tirata allo stremo lascia intravedere ci
rispetto a cui intercapedine. Il tutto lecito di una dialettica bellicosa e veemente non cessa di escludere, dal proprio tutto, la brutalit fisica. Anzi: quando gli animi e le parole si surriscaldano questa
esclusione diventa ancora pi cogente. La pi sregolata delle retoriche
non si limita a dilazionare la violenza, ma la colloca addirittura in un
punto cieco, impedisce implicitamente (dunque ancor pi seccamente)
che venga presa in considerazione.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

1.1 Slittamenti
Lomaggio che voglio condurre non per di natura encomiastica, bens strettamente fattuale: impegnandomi appunto in un corpo
a corpo con Paul Ricoeur, campione dellermeneutica filosofica intesa
come vertice del semanticismo, la tendenza riduzionista a concepire i
processi di significazione nel solo significato. Questultimo si sublima
nellinterpretazione, operazione sostitutiva che rimpiazza il testo con
i significati. Un movimento siffatto configura una traslazione per cui
dalla retorica si passi alla poetica (che a propria volta trascolorer in
ermeneutica).
Questa mossa teoretica a mio parere il riflesso di una metateoria
del metaphorein: slittamento che descrive uno slittamento, proiezione
dellinesausta serie di superamenti lineari tramite cui il pensiero ambisce alla verit ontologica. Della principale opera di Ricoeur dedicata esplicitamente al tema, La metafora viva,1 andr a pizzicare alcune
corde particolarmente sensibili: quelle in cui si avverte una tensione
tra opposte istanze che permette di far riecheggiare alcuni specifici
accordi sui quali abbiamo gi avuto modo di concentrarci. Ci sar cos
la possibilit di approfondire la natura sedimentata del topos analizzando il problema della proverbialit, nonch di tornare sul tema del
rapporto con la violenza nelle sue diverse sfaccettature, in particolare
chiarendo il tipo di intelligenza pratica che sottesa allazione retorica dispiegata dalla persuasione letteraria.
2.1 Istruire o stupire
Una prima verifica offerta dalla tensione presente nel discorso di
Ricoeur tra valori istruttivi e valori innovativi nella metafora. Spinte
opposte di una tensione irrisolta, cui corrispondono, rispettivamente,
una considerazione paritaria delle varie modalit di prestazione cognitiva, o viceversa il privilegio esclusivo accordato al criterio epistemologico in vista dellapprendimento (Verit maiuscola intesa come
certezza, evidenza, novit, para-dossalit). Per questo verso, la metaforologia tende ad affermarsi quale antilogia del logos propriamente
retorico elevando la metafora paradossale regina degli accostamenti
inauditi, dellintuizione poetica per le rassomiglianze inattese a me-

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

189

tafora antonomastica. E questo inequivocabilmente il versante che


tende allontologia metafisica. Per laltro lato, per, la metaforologia
irresistibilmente attratta dai valori che noi abbiamo definito topologici, valori che appaiono come naturali garanti di una capacit formativa in senso lato ed ampio. Questi valori per in genere soccombono, e vengono da Ricoeur emarginati in nota: il richiamo dellEssere
prevale nellidentificazione tra forma estetica e forma della Verit.
2.2.1 Uno spettro si aggira tra i proverbi
Purtuttavia, se il pensiero metaforologico non pu non valorizzare
linedito, esso tormentato da un diniego, una Verneinung in cui il
rimosso ritorna sebbene soltanto parzialmente. Nella nota (e non
casuale lindugio presso i margini del testo) precedente a quella in cui
Ricoeur esalta la metafora paradossale come metafora per antonomasia, egli stesso intravede una filiazione di tuttaltro tipo rispetto alla
linea che vincola e veicola metafora generica, metafora paradossale,
metafora antonomastica: ora si accostano metafore e proverbi per mitigare il carattere enigmatico, inaudito, inedito della metafora, di cui,
ora si dice che non interamente fondata sulla appellazione insolita
(La metafora viva, p. 37), ma che al contrario! la metafora preserva
attraverso la formulazione abbreviata il questo () quello, cio la
forma di appellazione sviluppata dalla similitudine.
Per tutelare i valori istruttivi, Ricoeur si appella al proverbio (paroimia), di cui Aristotele dice che pu essere inteso come metafora da
genere a genere, la qual cosa subito interpretata da Ricoeur nellottica della similitudine tra due ordini di cose. E qui accade una cosa
ben strana: si menzionano i due proverbi presentati da Aristotele a
titolo di esempio (loste sfruttato dalluomo che egli ha accolto in casa
sua, e la lepre che divora il raccolto del contadino che lha introdotta
nelle proprie terre) e si individua lessenziale della proverbialit nel
fantomatico se non fantasmatico come che farebbe da trait dunion
tra i due proverbi. E che sarebbe caduto, vittima di unellissi.
Il proverbio sarebbe dunque due proverbi, la proverbialit starebbe
non nei proverbi ma tra i proverbi. Ricoeur subito si affretta a ricadere nel luogo dellinedito metaforico: laccostamento tra i proverbi
ovviamente tanto pi brillante quanto pi inatteso, cio paradossale

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190

LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

e fuorviante. Questa caratteristica del proverbio lo renderebbe simile


alla metafora, e la metafora simile al paradosso, e il paradosso alliperbole e cos via (op. cit., nota 37).
2.2.2 Il paradigma restio
Ormai per la breccia aperta. E la breccia conduce a unennesima
nota a margine. Il proverbio, per quanto Ricoeur si sforzi di farne
uniperbole metaforica, lesatto opposto dellinedito, dellinaudito.
Esso riposa sul proprio essere-gi-l. Essendo la quintessenza del familiare, anche nella sua accezione di famigliare, e sino a quella peggiorativa dello stantio, il proverbiale ci-che-sta, il proverbio inequivocabilmente restio.
Detto in termini aristotelici, il proverbio paradigmatico. Ma attenzione: ci, nei termini aristotelici, non implica un accostamento tra
il proverbio e la metafora (Jakobson) bens tra il proverbio e lentimema. Ed lo stesso Ricoeur ad indicare rigorosamente in nota a margine tale liaison, per lui decisamente dangereuse. In questa nota (op.
cit., p. 33, n. 33), il paradigma viene accuratamente accostato allentimema: entrambi sono designati come forme di persuasione o di prova.
La nota presenta inoltre un significativo rimando ad altra nota, la
prima dello studio ricoeuriano in discussione, ove era chiosata la tesi
di Genette riguardo alla retorica ristretta, indicando nella riduzione
della retorica ad una sola delle sue parti, e nella conseguente perdita
di connessione con la dialettica, la causa della sua agonia.
Dunque il paradeigma al di fuori dellambito che dipende dalla metafora. Esso appartiene alla similitudine, nella misura in cui
questultima appartiene alla teoria della prova, parte a propria volta
della retorica, che si connette alla dialettica (non alla poetica), il tutto
sotto il segno della persuasione. Eppure, dopo questa nota, in Ricoeur
non si far alcuna ulteriore menzione del primo membro della similitudine, del paradeigma come elemento di congiunzione alla teoria
della prova, della pertinenza alla dialettica, e via dicendo. Ricoeur si
tuffa nellambito che dipende dalla metafora, riflette esclusivamente
sulleikon, inscrive il proprio studio negli esiti della restrizione della
retorica. Salvo poi voler fare anche del proverbio perfino del proverbio! una metafora.

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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2.3 Tra teleologia e topologia: una faglia incandescente


Ritorniamo con ci alla proverbialit che tra i proverbi, ai proverbi che debbono essere per forza due. La forza di attrazione esercitata dalla polarit topologica della retorica non sufficiente perch
Ricoeur abbandoni la metaforologia e sia un po pi generoso con i
proverbi. La tentazione del discorsivo forte, ma lappello dellEssere pi forte.
Qui si evidenzia, ma sempre nel margine di esclusione, il desiderio
proibito della metaforologia: sganciandosi dal telos metafisico, tende
fatalmente verso ci che noi cerchiamo di concepire come topologia.
Invero gi in precedenza, appunto nella definizione della metafora
come para-dossale, Ricoeur si era portato in prossimit al punto di
massima frizione, incandescenza e fusione tra le due istanze; nelle annotazioni sui proverbi ci accade nuovamente, ma lesito univoco (gli
scarti restano a margine) perch Ricoeur un pensatore dellEssere.
La tendenza discorsiva in Ricoeur spinge in direzione della concezione topologica della significazione come verso un asindeto, o un
limite ideale, poich il logos retorico della topica la discorsivit pura,
la discorsivit dispiegata nellesteriorit dellespresso.
2.4 Larte geniale della metafora
Vediamo dunque la conclusione di questo paragrafo breve e fatidico, la lezione, assai chiara, che il teoreta ricava:
In conclusione, laccostamento con la similitudine consente di riprendere
il problema dellepifora. Il transfert, cos come la similitudine, si fa tra
due termini; un fatto di discorso prima dessere un fatto di denominazione; anche dellepifora si pu dire che enuncia a partire da due termini.
Inoltre il transfert si fonda su di una somiglianza avvertita e che la similitudine rende esplicita mediante il termine di paragone che la caratterizza. Che larte geniale della metafora consista sempre in una percezione
delle somiglianze confermato dallaccostamento con la similitudine la
quale esprime la relazione che, nella metafora, operante senza essere
denunciata. (op. cit., p. 38)

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Ricoeur , da un lato, attratto da ci che noi definiamo topologia


(lo spazio propriamente retorico), dallaltro calamitato dallontologia (il logos dellEssere), tendenza questultima complicata da una
forza ulteriore che la fa oscillare tra i poli del decorativismo e della
metafisica. Lidea di trans-fert e di relazione a due spingono nella seconda direzione, lenfasi sulla discorsivit nella prima. Ma un
transfert in una relazione a due che fosse anche un fatto di discorso
implicherebbe che entrambi siano noti, o che il trans-ferimento avvenga comunque entro la dimensione del risaputo. Come modo della
ripetizione del medesimo. Implicherebbe cio il discorso come scorrimento attraverso ci che risiede in se stesso, lapparente immobilit
della stasi. E questo significherebbe lingresso nel campo del topologico ove domina la techne rhetorik. A meno che si voglia continuare
a definirlo metaforico dopo aver spogliato la metafora di tutti i suoi
tratti caratteristici: di ogni attributo di novit, di sorpresa, di poiesi, di
creazione, di sensibilit, di percettivit, di conoscenza veritiera.
Lenfasi sulla relazione binaria del metaforico implica, in definitiva,
il rigetto dellarte retorica e con questa della dimensione stessa delle
technai, in vista del superamento della sfera del molteplice opinabile
verso la scienza del Principio. Il movimento di riduzione al postulato
dualistico con cui si instaura il dominio della metafora, presuppone
e prepara infatti la riconduzione del Due allUno, asseconda cio la
connaturata tensione di ogni theoria verso il logos unitario.2
Linsistenza di Ricoeur sulla metafora come fatto di discorso lo
conduce alla massima prossimit con lidea di topologia. Con ci tuttavia condanna il suo discorso alla perversione, poich Ricoeur rifiuta
di riconoscervi il suo rimosso. E il rimosso ritorna, per quanto parzialmente, e perverte il discorso. Ricoeur rincorrer affannosamente
lidea di Metafora perch trattenuto, come da una remora, dal riemergere occasionale della topologia, che in qualche modo la ragione
segreta e denegata della sua teoria, della sua forza argomentativa. Lintenzione manifesta di Ricoeur, per, va in altra direzione. indicata
dalla parola con cui si chiude il paragrafo: Cogliere, contemplare,
vedere la somiglianza, ecco, nel poeta ma anche nel filosofo il colpo di
genio della metafora che permetter di connettere la poetica allontologia (op. cit., p. 38).

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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2.5 La solitudine della retorica


Ci non impedisce che il rimosso ritorni con prepotenza, e Ricoeur ne avverte lafflato. Se la retorica consiste proprio nelloscillazione tra prova e persuasione, come Ricoeur riconosce anche nel
passo che ho posto a esergo,3 la possibilit che essa si liberi dalla
preoccupazione di dover argomentare inscritta fin dal principio nel
progetto retorico. Ne segue la possibilit dello scadimento della figura a mero ornamento: il desiderio di sedurre e di piacere prevale e
lo stile, a questo punto, non pi figura, come laspetto di un corpo
ma ornamento, nellaccezione cosmetica del termine (op. cit., p. 45).
questa possibilit che tormenta linconscio di Ricoeur: l serpeggia
lipotesi dellessenziale accidentalit della metafora. Liberandosi dalla preoccupazione dellargomentazione, il pendolo retorico si libera
anche dalla preoccupazione dello stile: loscillazione muove verso il
polo della persuasivit.
palese dalle sue stesse parole che Ricoeur veda bene anche quali
siano le forze che tumultuano oltre le mura della retorica, il regno
della logica e quello caotico della violenza. Ci che Ricoeur non vede
altrettanto bene che non soltanto questa evenienza non pu essere
scongiurata ma oltretutto di fronte ad essa la persuasione retorica
assolutamente sola. Tra i limiti della logica e della violenza non vi
posto per la poetica.
3.1 Terribile come esercito schierato a battaglia
Siamo tornati pi volte, come nella piazza centrale di una citt, sul
nesso tra retorica e guerra. La retorica un abito da tempo di guerra.
Ora spero si cominci a chiarire che cosa intendo se dico che la concezione della letteratura sottostante allastro della poetica pertiene
ad un tempo di pace. una concezione che confina lidea della morte
nellambito delle cose morte: cose inerti perch morte, e morte perch inerti. Una concezione che espia da s lidea della guerra in una
confusa esecrazione della guerra.
La retorica, stretta tra logica e violenza, sovrintende invece ad una
letteratura che si fonda su nientaltro che su di unantropologia della
violenza, che sotto di s non ha nientaltro se non la violenza, lalte-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

rit brutalmente indicibile, e non lEssere, lAltro. La retorica letteraria ha a che fare con lineffabile quando questultimo coincide con
il nefando ed il nefasto, non quando inteso come irrapresentabile,
come assoluto mistico, o magari come un qualche essere perenne e
supremo.
Lurbanit (asteion) che caratterizza leleganza retorica non potr
mai essere confusa con il decorativo, con lornamentale, poich il suo
decoro, meglio le sue convenienze (prepon), danno la misura di una
condotta formale che si confronta con il terrore dellalternativa. Con il
terrore come alternativa. Con levenienza di un immediato annientamento della forma. La labile opzione tra limite formale tra povert
topologica, se si vuole e annichilimento.
Linterdizione ad Essere che della retorica, fa della persuasivit il
luogo delezione dellimpuro. La non identit a s del sapere retorico
e della techne che gli appartiene, il suo eclettismo per partito preso,
inizia a mostrarsi come risoluzione strategica: unitamente alla facolt
di ibridazione contestuale (il prendere a prestito ci che serve dalla
situazione del discorso) e al ricorso allopacit semantica del topos,
mira a scongiurare i pericoli legati allidentit, quando questa posta
a principio del discorso. Lintransigente rigore della logica, lunivocit
della definizione concettuale, lastrattezza della dimostrazione epidittica, lassolutezza della verit.
La persuasivit retorica inoltre liminare, trasversale, perch necessit di ubiquit dovendo abitare il margine estremo del discorso,
la zona di massimo pericolo, oltre la quale stanno o lastrazione logica
o la realt della violenza. Logica e violenza, estremi opposti e simmetrici, sono assimilabili dal punto di vista della necessit retorica. La
prima incapace di imbrigliare la seconda. La seconda fatalmente
indifferente alla prima.
Lirriducibilit della retorica va dunque compresa come laltra faccia della sua costitutiva ambiguit, che si esprime in una politica del
non-identico. Questo perch, di fronte alla retorica, lEssere letteralmente la violenza letterale. Ragion per cui la retorica, larte del discorso, larte del dire tutto ci che pu essere detto finch pu essere detto,
si proibir di dire lEssere.

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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3.2 Continua a parlarmi


La retorica letteraria certamente parla, la sua parola anzi sempre
copiosa, sia nel senso che non pu tacersi, sia nel senso di un discorrere ripetitivo ed ininterrotto del pi e del meno, perch di fronte
ad essa la misura dellassoluto ma anche del superlativo contro il
mediocre, dellimmediato contro la mediet significano morte e
distruzione. La persuasione retorica , in questo senso, una strategia profondamente antiescatologica.4 La retorica letteraria si rivolge
alluomo come linvito che si rivolge al ferito, linvito a parlare, a dire
qualcosa, qualunque cosa, perch un solo fiato pi in l della parola
la ferita diventa morte. Ci che la retorica letteraria ha da offrire il
cauterio, la ferita cicatrizzata, il contenimento formale della ferita, il
limite della violenza. La retorica letteraria modestamente remedium,
schierata sul versante della cura, non il pharmakon filosofico in cui
male e rimedio sono il medesimo.5 Il discorso retorico della letteratura non cessa di opporsi alla violenza, forse in ci dozzinale rispetto
alla superiore sintesi speculativa della filosofia, che rispetto alla violenza si sa irrimediabilmente (con)fusa. Epper solo lopposizione
della retorica letteraria che si sa spingere fino ad elaborare anche nel
concetto di guerra un estremo limite della violenza.6
4. Metis: occhi senza palpebre. Ovverosia: i pesci non dormono
Ma Ricoeur non prende sul serio la necessit retorica, la cogenza
impostale da ci entro e contro cui sorge il discorso della retorica.
Secondo Ricoeur, la metafora colore in senso alto, la sua funzione
principale di mettere sotto gli occhi, di far apparire il discorso,
ed a questo fine lavorano il momento logico della proporzionalit ed il
momento sensibile della capacit figurativa. Ma vi un diverso modo
di vedere, che dipende da un altro sguardo, un occhio schiacciato
dalle funzioni di sicurezza, inteso a garantirsi:
In questo mondo marino in cui, come dice Plutarco, tutti gli esseri sono
pervasi da un presentimento che diventa presto sospetto, la dissimulazione sarebbe vana se non si unisse anzitutto allarte di tendere lesca e
preparare la trappola []. Essere silenzioso e sempre con lorecchio teso,

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

restare invisibile senza che nulla scappi alla vista, tenersi sempre sul chi
vive: tutto ci espresso da un termine tecnico della caccia e della pesca
[] dokuein, spiare, osservare. La terza qualit di questo stesso tipo
duomo deve essere la vigilanza [] la caccia e la pesca esigono occhio
sicuro. Gli occhi aperti, tutti i sensi allerta, cacciatori e pescatori non devono cedere mai al sonno. Gli animali che essi spiano non interrompono
mai la vigilanza. I pesci dormono?7

I pesci non dormono. Luniverso ricostruito da Detienne e Vernant


governato da Metis, la grande divinit primordiale dellOlimpo greco che racchiude in s la categoria mentale antesignana ed opposta a
quella di episteme, la metis appunto, ovvero il concetto di conoscenza
come intelligenza strategica. In quelluniverso i pesci non dormono.
un universo in cui la vista dominata dallo sguardo retorico, cio
dipendente dalla retorica, poich la retorica informa di s tutti e cinque i sensi, fino a istruire il sesto senso, o senso comune, buon senso.
La retorica letteraria un altro aspetto della metis proteiforme, per
essa vedere e stare sul chi vive sono una cosa sola. La vista del vivente sempre una minaccia nelluniverso dominato dallo sguardo che
vigila da s e su di s. La metis deve essere ovunque, deve scrutare in
ogni dove perch in ogni dove pu spuntare la metis altrui. Ed in essa
lapparire stesso minaccia, giacch la metis anche larma assoluta
(Astuzie dellintelligenza, 5). Non inganni il fatto che il cacciatore ed il
pescatore, uomini dotati di metis, tacciano, osservino la consegna del
silenzio: unaltra figura cardinale delluniverso della metis il sofista,
colui che invece vigila osservando la consegna della parola.8
Sono gli stessi Detienne e Vernant ad indicare il motivo di questa
visione ossessionata, di questo vedere meticoloso fino alla paranoia:
nella metis la Grecia antica elabor la potenza di affrontamento della
forza bruta (op. cit., p. 33).
5. Essere fa male
Confrontiamo gli sguardi, assimiliamoli, sembra suggerirci Ricoeur quando in conclusione si chiede: Non potremmo, allora, parlare della metafora come di un procedimento poetico esteso alla prosa?. Si pu, forse, ma si perde lessenziale di entrambe. Lo sguardo

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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metaforico si compiace della visione, si bea del fenomeno in cui riluce


lEssere. Lo sguardo retorico spia, guata, scruta il pericolo incombente in ci che . Se vede, perch, vedendo, prevede la violenza che lo
annienter.
Uno sguardo angosciato, in senso freudiano. Uno sguardo che sviluppando la predisposizione allangoscia cerca di stabilire un controllo preventivo sullevento traumatico.
La metaforica solidale con la topologia fintanto che le sussumibile, finch la si concepisce sotto il riguardo della sua urbanit: ma il
divorzio brusco quanto alla sua iconicit, alla sua sublimit, al suo
fenomenalismo, al suo sensazionalismo, al suo simbolismo antiretorico, ove la met mancante della tessera linguistica la totalit assente,
la visione dEssere. Luniverso retorico al contrario un universo che
si costituisce, quotidianamente, in perpetuo antagonismo a ci che
semplicemente . A ci di cui si fa piena esperienza, a ci che si vive
nel vissuto, a ci che si sente. Poich per luomo retorico sentire,
sentire il male. Il pathos retorico si misura corpo a corpo con la sofferenza. Quando ha successo i successi fugaci di una guerra interminabile la previene, mimandola.
6.1 Sopra-vivere
Ricoeur insiste nelladditare la dittatura della parola nella teoria
della significazione come lerrore iniziale (La metafora viva, p. 65).
La riduzione del campo retorico non rappresenterebbe il fattore decisivo, si tratta soltanto di un fenomeno culturale. Comunque sia,
ribadisce, il problema non quello di restaurare lo spazio retorico
primitivo, impresa che giudicata al di l delle nostre possibilit
per ineluttabili ragioni culturali, bisogna piuttosto scoprire una
radice pi profonda ed a questo i neoretori non sono preparati. La
radice pi profonda la rinnovata comprensione del funzionamento dei tropi.
Locuzione quanto mai rivelatrice. Il bisogno di radici profonde
allorigine stessa del sapere filosofico. Il retore si contenta della superficie terrestre. Ci che si vede stando in piedi sulla crosta del pianeta
che lo spazio retorico primitivo non ha affatto bisogno di essere restaurato poich ha la solidit dellatavico. Anche la sua stolidit, se si vuole.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

Esso lo spazio ancestrale della letteratura (non solo della letteratura,


certo), di una letteratura che forse Ricoeur non preparato a riconoscere perch questa letteratura, per conservare il proprio atavismo, il
proprio ascendente nelle antichit dei tempi immemoriali, non ha bisogno di radici ma soltanto di galleggiare in superficie, di sopra-vivere.9
Vi sono certo imprese al di l delle nostre possibilit, vi certo
dellineluttabile nelle ragioni culturali, ma limparit della lotta, la
sproporzione tra le forze dellindividuo e quelle dellambiente, della
societ, della storia, della tradizione, non si manifesta principalmente
nellinterdizione a fare alcunch. Il problema non consiste nellimpossibilit di restaurare lo spazio retorico primitivo, ma nella impossibilit di fare senza di esso, nella sua necessit vitale.
6.2 Il Grande Errore Iniziale o la puntura di una zanzara?
Ci che si vede stando sulla superficie della crosta terrestre, nel
campo aperto, dove luomo esposto alla minaccia ed alla pressione
di forze preponderanti esattamente lo spazio retorico primitivo.
Non c stato alcun errore iniziale. Quella di un errore iniziale
la tipica critica della metafisica. Ma lintera storia non un essere
equivoco da chiarire illuminandolo con la luce dellEssere univoco.
Non vi un errore iniziale che invalida la storia. Un difetto di principio non invalida una narrazione, la diminuisce soltanto di un dettaglio, uno tra i tanti di cui si compone: il corpo antropologico della
retorica non affatto annientato dalla deriva tropologica ma istoriato,
sovradeterminato da una divagazione a carattere teoretico. Una digressione che come tale ancora gli appartiene, in qualit di sua
contingente manifestazione storica.
Il corpo antropologico della retorica la res literaria, quella letteratura che Ricoeur non preparato a riconoscere, in cui trova posto
anche la divagazione corrispondente alla deriva tropologica. Quella
letteratura antropogenica che sopporta anche il parassita della metaforica poetologica, della neotenia letteraria che, per qualche tempo,
ha succhiato qualche stilla di sangue in un angolino del suo immenso,
pachidermico corpo.
La res literaria oggi ci che potremo approssimativamente indicare nel pachidermico corpo in costante espansione della produzione

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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culturale di massa come prestazione socio-antropologica fondamentale. Un corpo di scritture polimediali, multimediali, transmediali e,
dunque, sostanzialmente postmediali (nel senso che il medium scelto,
di volta in volta, come proprio linguaggio delezione non n lEssenza n lessenziale).
La retorica, quella retorica dellinvenzione che Ricoeur si ostinava a voler costringere entro il pi piccolo corpo della tropologia,
, viceversa, ci che, in qualit di techne della discorsivit generale,
precede, succede e sopporta, per un certo tempo, anche quel suo
epifenomeno che si suole definire, da poco pi di un secolo a questa
parte, letteratura.
6.3 Opinio communis
Con lo stesso spirito agrodolce (quasi da orfano epper erede universale), allinizio della sua riflessione Ricoeur riandando alle origini storiche della retorica ne decretava la scomparsa e considerava,
per un attimo, il sentimento di perdita irrimediabile lasciato a noi
dallevaporazione del vasto programma aristotelico per la retorica.
Cera retorica perch cera eloquenza pubblica (op. cit., p. 10), non
c pi eloquenza pubblica nella sua veste antica, ergo non c pi
retorica. Ma questo non altro che un bellepicherema, a mio modo
di vedere.
Cera eloquenza pubblica perch cera retorica. Questa la corretta premessa maggiore. Premessa minore: nella sua veste moderna, la
letteratura eloquenza pubblica. C, dunque, eloquenza pubblica.
Conclusione: c retorica. Il passaggio difficile da digerire il termine
medio, come di consueto. Non intuitivo, non di immediata comprensione. Almeno sembrava non esserlo pi.
Una volta riaccolto il termine medio, la retorica letteraria ridiventa
ai nostri occhi ci che era sempre stata: il potere di disporre delle
parole come di cose. Disporre delle parole, disporre le parole, e disporre degli uomini con le parole. Disporre gli uomini. il potere
del discorso quando la reificazione , al contempo, norma e necessit
della vasta e lenta vita ordinaria. Definita dallunica teleonomia della
sopravvivenza.

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

7. Le parole sono come pietre


A Gorgia da Lentini, uno dei padri fondatori, si suole attribuire il
motto che recita: Le parole sono come pietre. Allorigine del mio
percorso sta la suggestione secondo la quale con questo paradosso
Gorgia intendesse che, rispetto allideale filosofico del logos quale
pura eloquenza dellidea, le parole umane sono mute come le pietre.
Rispetto allideale del senso dellessere, le parole hanno per luomo il
solo senso pragmatico che anche delle pietre. Pietre, e certamente
come pietre le parole possono anche essere scagliate. Ma, soprattutto, nella similitudine introdotta da quel come, Gorgia doveva avere
inteso che le parole non sono ancora pietre o non lo sono pi. Che
il senso dellarte del discorso sta tutto nel minimo scollamento che
separa il suo fiorire dallet in cui si ricorreva alla pietra. Quellarte
si carica delleredit atavica implicata dalla prossimit tra uso della
parola e lancio di una pietra.
Il pensiero filosofico non ha mai smesso di inquietarsi per questa
prossimit e Ricoeur non fa eccezione: Prima ancora di divenire futile, la retorica stata pericolosa (op. cit., p. 11). Ma in che consisterebbe leffettivo alone di pericolo che aleggia intorno alla retorica?
La mia impressione che il nostro senso di allarme non sorga perch
luomo sia altrettanto vulnerabile alla ferita inferta dalla lingua quanto a quella inferta dalla spada. Semmai perch la prima si presenta
come alternativa alla seconda, dunque le estremamente prossima.
Non la retorica in se stessa ad essere pericolosa, ma la situazione
di pericolo che la rende necessaria e che la evoca. Come poi qualcosa
che stato pericoloso possa divenire futile, davvero non si comprende.
Lipotesi di poter disporre delle parole senza le cose, delle parole
in luogo delle cose, dunque di parole eredi della muta ottusit ma anche della efficacia che della pietra, unipotesi salvifica. Culinaria,
cosmesi, retorica: arti della persuasione e dellinganno se raffrontate
alla medicina, alla ginnastica, alla filosofia. Quando la Realt coincide
con la violenza, illusione ed inganno sono una psicopatologia benigna, la sofisticazione di odori, sapori e colori unoziosit feconda, la
suggestione, la circonvenzione ed il plagio una contumelia preferibile.
Nella retorica letteraria per evanescenza, mediazione senza approdo, finzione assoluta e opacit della materialit, gravit della de-

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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cisione, densit della risoluzione fatidica, responsabilit coincidono


senza resto.
La filosofia, in quanto luogo della verit, esclusa, dice Ricoeur,
dalla sfera del potere. Ma ci non rende affatto pacifica e incruenta la
filosofia. Eventualmente imbelle contro la violenza bruta, fisica, corporale: questo s, e a strettissimo giro ci torner; di per s aliena alla
violenza, innocua o innocente, questo no. la retorica letteraria invece ad essere pacifica ed incruenta in quanto potere di persuasione.
Insediata per sua natura nel luogo del potere, niente affatto esclusa
dalla sua sfera, essa lo sollecita come facolt di non doversi esercitare,
di rimanere nella sospensione di s. La retorica letteraria esercizio
di potere nella misura in cui il potere la prerogativa esclusiva di chi
non ha necessit di ricorrere alla forza bruta.
8. Nellintimit con la violenza
Secondo Ricoeur paradossalmente questo intimo conflitto tra
la ragione e la violenza che la storia della retorica ha consegnato
alloblio (op. cit., p. 14). Sublime abbaglio: la ragione filosofica non
mai stata in conflitto con la violenza, non si mai battuta con essa
sul suo stesso terreno, ha sempre dovuto attendere che la retorica le
guadagnasse un po di campo. La retorica s che si batte contro la
violenza ad armi (im)pari. La retorica arte topologica della localizzazione, della disposizione nello spazio perch sa di non avere terreno
dietro di s. Quando qualcuno minaccia la nostra incolumit fisica,
il massimo che gli si possa opporre, prima di combattere, linvito a
parlare, non certo a ragionare. soltanto lamico che pu essere
invitato a ragionare, quando gi lo si fatto amico. Col nemico si
parla, non si ragiona, si parla o ci si batte. La storia che la storia della
retorica ha consegnato alloblio non quella della lotta tra ragione e
violenza, bens quella della violenza stessa, della violenza pura e nuda.
Ci che andato obliato nella storia della retorica come disciplina,
nel momento in cui la retorica letteraria cessa di essere un processo
per divenire un oggetto di narrazione storiografica, la prassi retorica
come antilogia della violenza.
questa prossimit tra retorica letteraria e violenza, questa esclusione reciproca, che ha condotto al consueto e risaputo errore di iden-

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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

tificarle, di vedere nella persuasione un sopruso. Un assoggettamento.


Da questo errore deriva anche, oggigiorno, quello di vedere nella persuasivit autoriale, nel potere suasorio dello scrittore, nellautorevolezza, una forma di autoritarismo. Ci significa pretendere che chi
legge debba poter accedere e compartecipare a una presuntiva libert,
che chi scrive peraltro non ha mai avuto: la libert creatrice dellautopoiesi spirituale.
9. Un jour de march
Alla fine, Ricoeur chiude su di un vecchio adagio, tanto abusato che
non si sa pi se attribuirlo a Boileau o a Dumarsais: si producono pi
tropi in un sol giorno di mercato di quanti non ne racchiuda lEneide o
di quanti non se ne costruiscano allaccademia nel corso di numerose
sedute (op. cit., p. 86). Tanto adusi siamo a questo adagio che la virgolettatura fuori luogo, non si sta citando riscrivendolo, si incorre in
un topos. Si producono pi topoi in un sol giorno di mercato
Dal mio punto di vista, al mercato non si fa poesia, si fa le spesa. Ed
proprio per ci che la letteratura, come io la intendo, si reca molto
pi spesso al mercato che non allaccademia.
Quando il fruttivendolo imbonisce, non conia, non palpitano sulle
sue labbra metafore sgorgate dalla creativit del folkgeist. Ricorre invece ad espressioni comuni, si avvale della sorda vischiosit del topos.
Se solo ci si intrattiene per qualche minuto, e non si passa subito ad
altro, si udir il fruttivendolo ripetersi, si udir la arguta apostrofe del
fruttivendolo ripetersi in una nenia, farsi litania, ed anche treno, epicedio in memoria del padre scomparso che urlava la medesima solfa,
ed il padre si udir salmodiare la solfa del nonno e cos via.
Si sentiranno esalare dalla sua bocca i sapori di rigetto, il gusto
agrodolce del reciticcio, di parole cotte e mangiate, cotte, mangiate,
digerite, rigettate e mangiate ancora.
I tropi autentici sono soltanto i tropi di invenzione (op. cit., p. 85).
Ricoeur, e la fallacia poeticista con lui, per un linguaggio come ricchezza. Un linguaggio come oggetto e soggetto puro di scienza.
Strumento ideale, discorso di unumanit ricca. Per questo motivo si
ricerca nellautentico la garanzia del carattere fondamentale della figurativit linguistica, le libere sporgenze creatrici del linguaggio.

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V. LA METAFORA IMPOTENTE

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Per la prospettiva in cui mi colloco, la retorica ad essere fondamentale in letteratura proprio perch in essa si cerca la precaria
garanzia offerta dallinautentico. E necessario.
Al mercato, come in letteratura, la totale disponibilit della parola
il frutto dellessere co-stretti nella parola. La parola del fruttivendolo
che magnifica le proprie merci, che inventa parole in abbondanza,
frutto della penuria. Il fruttivendolo che bandisce dietro il suo banco
non siede a una tavola imbandita, la voce del fruttivendolo caccia fuori un urlo, a perdifiato, perch il fiato non costa nulla. A squarciagola.
Perch lurlo costa dolore. I suoi interlocutori sono unumanit minuta. Per loro un giorno di mercato soltanto una chance di placare la
fame atavica, per un giorno ancora.
NOTE
Paul Ricoeur, La mtaphore vive, Paris, Seuil, 1975. Il testo a cui ci riferiremo
quello delledizione italiana: P. Ricoeur, La metafora viva, Jaca Book, Milano,
1976, traduzione di Giuseppe Grampa.
2
Seguo su questo punto Massimo Cacciari, il quale cos spiega la volont di superamento della dimensione tecnica del sapere che lideale conoscitivo dellepisteme filosofica sempre esprime nellaspirazione verso il logos unitario: Nellistante
stesso in cui emerge il Due (e la radice di dyo la stessa del verbo che dice il
timore, deido, e del termine che indica il tremendo, lo spaesante, deinos), e la
meraviglia per esso inquieta e spaventa, emerge anche la ricerca intorno alla sua
origine, alle sue interne relazioni, al suo stesso fine; e cio linterrogazione intorno a quella potenza che fa dei due un Due. Interrogarsi sul differire comporta
interrogarsi sullidentit: meravigliarsi del molteplice (che lente sia molteplice)
inizia al ricordo dellUno. Non baster conoscere i distinti, analizzarli, necessario chiedersi come la scissione sia avvenuta, quale logos labbia prodotta (M.
Cacciari, Geo-Filosofia dellEuropa, Milano, Adelphi, 1994, p. 12).
3
Reperibile a p. 45 de La metafora viva, cit.
4
il discorso retorico in quanto categoria del politico, prima che la fattispecie
giuridica, a stabilire una relazione di bando con la violenza. In esso la violenza
bandita. Allo stesso tempo messa al bando ed apparecchiata, cio bandita
proprio con latto di fingerla, laddove il discorso retorico fa eccezione rispetto alla
violenza mentre la accoglie nel dispositivo dei suoi luoghi. Si potrebbe dire che la
bandisce rappresentandola se il concetto di rappresentazione (Vorstellung) non
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LETTERATURA E SOPRAVVIVENZA

fosse inevitabilmente compromesso con lidea di un mimetismo di emulazione,


con lidea della imitazione ontologica, mentre ci che caratterizza il discorso
retorico proprio in relazione alla violenza la sua mimeticit ripetizionale, cio
antimimetica (almeno secondo il concetto filosofico di mimesi). Per una riflessione sulle nozioni di eccezione e di relazione di bando che, pur svolgendosi
nellambito della filosofia politica, pu utilmente essere trapiantata nel campo
della teoria letteraria quando si collochi la letteratura su di uno sfondo antropologico, si veda Giorgio Agamben, Homo sacer, Einaudi, Torino, 1997, in particolare pp. 116-124.
5
Cfr. Jacques Derrida, La pharmacie de Platon, in Tel Quel, 1968, 32/33 (trad.
it., La farmacia di Platone, in La disseminazione, Milano, Jaca Book, 1989, pp.
101-198).
6
Si vedano, a questo proposito le conclusioni del capitolo precedente.
7
Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant, Les ruses de lintelligence. Les mtis des
Grecs, Paris, Flammarion, 1974 (trad. it., Le astuzie dellintelligenza nellantica
Grecia, Milano, Mondadori, 1992 [2], pp. 20-21).
8
Non a caso, la tradizione vuole che sia propria un sofista Gorgia a portare
nelloratoria lornamento (elocutio), prima riservato esclusivamente alla dizione
poetica, conferendole uno statuto artistico. Il suo leggendario viaggio ad Atene,
nel 427 a.C., coinciderebbe cos con la nascita di una prosa poetica ante litteram (perch a quella data ancora confinata nelloralit), una lontana origine della
res literaria prosastica e forse addirittura protoromanzesca (se si pensa allElogio
di Elena).
9
Alludo qui a Jacques Derrida, Sopra-vivere, Milano, Feltrinelli, 1982, dove il
filosofo francese problematizza lassunto basilare e comune a tutte le scienze
delluomo secondo il quale la razionalit teleonomica delluomo, al pari di ogni
altra specie animale, consiste nel porsi la sopravvivenza come fine e nel perseguirla tramite la discendenza diretta. Si confronti I. Eibl-Eibesfeldt, Luomo a
rischio, op. cit., pp. 21-22.

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INDICE DEI NOMI

Agamben, Giorgio 204


Agazzi, Elena 144
Agazzi, Emilio 144
Anfione 31
Antonelli, Roberto 124, 145
Appadurai, Arjun 17, 23
Argenton, Bruno 144, 149
Aristotele 28, 59-60, 75, 114-115,
142, 189
Aron, Raymond 180
Aug, Marc 23
Bacone, Francesco 61
Ballerini, L. 183
Barthes, Roland 25-28, 35, 59-61,
124, 126-127, 136, 142, 145
Battistini, Andrea 95
Baudelaire, Charles 67
Bauman, Zygmunt 183
Beaujour, Michel 94
Bellemin-Nol, Jean 94
Bnichou, Paul 74, 94
Benison, Jonathan 105-111, 113, 117,
143
Benjamin, Walter 143
Berardinelli, Alfonso 13-14, 22
Bloom, Harold 184-185

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Blumenberg, Hans 18, 21, 43-46,


48, 50, 52-53, 63-64, 119, 140,
144, 149
Boileau, Nicolas 202
Booth, Wayne C. 95, 96
Bornscheuer, Lothar 37-43, 61-63
Bourdieu, Pierre 14-16, 22-23, 94,
143
Bouttes, Jean-Louis 126-127, 145
Bovoli, F. 182
Brioschi, Franco 22
Brunschwig, Jacques 95
Burckhardt, Jacob 50
Burke, Edmund 58
Burwell, Rose Mary 185
Cacciari, Massimo 203
Cahn, Michael 143
Calabrese, Stefano 23
Carmagnola, Fulvio 23
Cartesio 62
Cassirer, Ernst 63-64
Castorina, Giuseppe G. 143
Chartier, Roger 143
Cicerone 25, 30, 60-61
Conley, Thomas M. 65
Couliano, Ioan P. 64
Creveld, Martin van 180
Croce, Benedetto 30, 60

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236
Curtius, Ernst Robert 12, 87, 92,
123, 145
DAgostino, N. 184
Damiani, R. 147
Derrida, Jacques 137, 204
Detienne, Marcel 196, 204
Dietrich, Marlene 151
Donne, John 185
Dreyfus, Alfred 116
Dumarsais, Csar Chesneau 80-81,
127, 202
Eibl-Eibesfeldt, Irenus 64, 204,
Eliot, Thomas Stearns 57
Escher, Maurits Cornelis 132
Faranda, R. 145
Farrell, Thomas 115-116, 144
Ferraris, Maurizio 60
Ferroni, Giulio 22
Fiedler, Leslie 164-168, 183
Flaubert, Gustave 15-16
Fontanier, Pierre 80-81, 95
Fumaroli, Marc 23-24, 71-75, 79,
92-94
Gallie, Walter Bryce 180
Gehlen, Arnold 43, 63
Genette, Grard 12, 35, 61, 67-69,
80-84, 93, 95, 190
Gengis Khan 14
Girard, Ren 60, 134-135, 147-148,
181
Glucksmann, Andr 182
Gorgia 200, 204
Grampa, Giuseppe 203
Guglielmo II 180-181

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INDICE DEI NOMI

Habermas, Jrgen 119-120, 144


Havelock, Eric A. 144
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich
108
Heidegger, Martin 24, 64, 128-130,
132-135, 138-139, 145-148
Hemingway, Ernest 151, 164-165,
167-177, 179, 183-185
Herder, Johann Gottfried 38, 63
Herschberg-Pierrot, Anne 145
Hobbes, Thomas 27
Hume, David 61
Isocrate 50
Jakobson, Roman 81, 190
Joyce, James 57
Jnger, Ernst 182
Kant, Immanuel 61, 180
Keegan, John 180
Kennedy, Edward 116
Kennedy, John Fitzgerald 116
Lacoue-Labarthe, Philippe 148
Lanson, Gustav 73
Leroux, Georges 145
Lewis, Robert W. 184
Lincoln, Abraham 116
Locke, John 61
Lorenz, Conrad 63
Lotman, Juri 93, 96
Luhmann, Niklas 40, 62
Luigi XIII 72, 79-80, 92
Luperini, Romano 23
Mallarm, Stphane 81
Masi, G. 147

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237

INDICE DEI NOMI

Matera, Vincenzo 23
Mathieu, Vittorio 185
Mazzarella, Arturo 23, 147
Mazzarella, Eugenio 147, 149
Meyer, Michel 58, 61-62, 65, 94
Montani, Pietro 22
Mooney, Michael 60
Mori, Massimo 180
Morin, Edgar 23, 63, 121, 145
Mosse, George L. 180
Munteano, Basil 94
Napoleone III 26
Nietzsche, Friedrich 137, 146
Oldsey, Bernard 184
Omero 123, 185
Ong, Walter J. 144
Orazio 104
Orfeo 31

Raimondi, Ezio 95
Reynolds, Michael S. 184
Richards, Ivor Armstrong 58
Ricoeur, Paul 151, 187-193, 195-203
Roget, Peter Mark 99, 101
Rosso, Stefano 182
Rougemont, Denis de 182
Said, Edward W. 61
Schiller, Johann Christoph Friedrich
von 38, 40, 42, 62
Schmitt, Carl 65, 144, 151-153, 157,
164-166, 170-171, 179-182
Schwarz, Berthold 52
Scurati, Antonio 23, 182, 185
Sloterdijk, Peter 23-24, 64, 144, 182
Sofocle 132
Sofsky, Wolfgang 21, 24
Spilka, Mark 185
Todorov, Tzvetan 23, 65

Pacitti, A. 61
Parker, Geoffrey 180
Parry, Milman 144
Paulhan, Jean 72-73, 94
Pecchiura, P. 145
Perelman, Cham 61
Pico della Mirandola 38
Pivano, F. 183
Plantin, Christian 145
Platone 128, 148, 204
Plinio 97
Plutarco 195
Pound, Ezra 57
Protagora 38
Quintiliano 125, 127, 145

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Ugazio, Ugo 146


Valry, Paul 72-73
Vattimo, Gianni 145-146
Vernant, Jean-Pierre 196, 204
Verra, Valerio 61
Vico, Giambattista 30-31, 60-61, 64
Villa, Vittoriana 143
Villon, Franois 104
Virilio, Paul 111, 143-144, 181, 184
Visconti, Gian Galeazzo 60
Vitiello, Vincenzo 64
Warren, Robert Penn 184
Weaver, Richard M. 58
Wilson, Edmund 173, 184

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238
Yates, Frances A. 142, 145
iek, Slavoj 23

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INDICE DEI NOMI

Zola, mile 116


Zumthor, Paul 11-13, 15, 17-18, 21,
23, 75, 87-88, 90, 92-93, 96, 145

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Bompiani ha raccolto linvito della campagna


Scrittori per le foreste promossa da Greenpeace.
Questo libro stampato su carta certificata FSC,
che unisce fibre riciclate post-consumo a fibre vergini
provenienti da buona gestione forestale e da fonti controllate.
Per maggiori informazioni: http://www.greenpeace.it/scrittori/

Finito di stampare
nel mese di aprile 2012 presso
il Nuovo Istituto Italiano dArti Grafiche - Bergamo

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