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28.

capitolo

Strumentazione biomedica

28

INTRODUZIONE

Il notevole sviluppo tecnologico degli ultimi decenni ha avuto come conseguenza nelle scienze medico-biologiche la necessit sia di un continuo aggiornamento da parte del medico e del biologo sulle innovazioni strumentali, sia di introdurre nei corsi di base di Fisica anche un minimo di nozioni concernenti la
strumentazione in uso.
Abbiamo gi visto la descrizione di numerose apparecchiature nei vari capitoli
(un elenco completo riportato alla fine di questo capitolo). Ci occuperemo qui
delle basi fisiche relative al funzionamento di altri importanti dispositivi in uso
nella pratica biomedica, in particolare di quelli suscettibili di ulteriori sviluppi. Di
conseguenza, i paragrafi che seguono sono indipendenti luno dallaltro e contengono numerosi richiami alle nozioni di Fisica svolte nel testo. Alla fine della
trattazione di ciascuna strumentazione sono presentati uno o pi esempi, mentre
alla fine del capitolo sono riportati alcuni problemi.

28.2

LA SICUREZZA NEGLI IMPIANTI ELETTRICI

La stragrande maggioranza delle apparecchiature utilizzate in Medicina e in


Biologia alimentata da corrente elettrica. Dato che il corpo umano un conduttore di corrente elettrica, essendo, come noto, sostanzialmente costituito da soluzioni elettrolitiche, luso di tali apparecchiature pu comportare stimoli elettrici
dalle conseguenze anche letali, se non si osservano opportune precauzioni. Infatti,
secondo le statistiche riportate dallISTAT, in Italia si ha una media annuale di
circa 280 incidenti mortali dovuti a elettrocuzione.
Per questo motivo, prima di trattare della strumentazione, opportuno descrivere i principali aspetti concernenti la sicurezza nelluso di impianti elettrici, facendo riferimento alle nozioni di Elettricit ed Elettromagnetismo svolte nei Capitoli 17 e 20 e alla descrizione dei potenziali bioelettrici sviluppata alla fine del
Capitolo 19.
28.2a Le correnti elettriche nel corpo umano
Abbiamo gi visto che dallencefalo, a livello delle cellule dellarea motoria, si
propagano gli impulsi nervosi diretti ai motoneuroni. In particolare, il potenziale
dazione che si propaga lungo lassone motore fino alla terminazione presinaptica,
determina lapertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti e un aumento della
concentrazione di ioni calcio, favorendo ladesione delle vescicole terminali con705

706

CAPITOLO 28

,V
contrazione
meccanica
stimolo
elettrico V
t
0

50

100

150

(ms)

Figura 28.2.1
Uno stimolo elettrico provoca la
successiva contrazione meccanica
delle cellule muscolari.

Strumentazione biomedica

tenenti acetilcolina (mediatore chimico) alla membrana presinaptica e la liberazione di tale neurotrasmettitore nello spazio sinaptico.
Lacetilcolina si lega a livello postsinaptico ai recettori nicotinici, determinando lingresso di ioni sodio e la depolarizzazione della membrama muscolare.
Si genera un potenziale dazione che si propaga lungo la fibrocellula, favorendo il
rilascio di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmtico e dando inizio allo scorrimento
dei filamenti di actina e miosina e alla contrazione muscolare. La contrazione muscolare pu essere causata anche da uno stimolo elettrico applicato dallesterno.
In entrambi i casi si osservato che la contrazione meccanica avviene con un certo
ritardo ed indipendente dallintensit dello stimolo iniziale (Figura 28.2.1).
Lapplicazione di pi stimoli in rapida successione incrementa la contrazione meccanica di quantit sempre minori, finch gli ultimi stimoli ne mantengono lo stato
di contrazione a un valore pressoch costante (Figura 28.2.2). Questo tipo di risposta muscolare alla stimolazione elettrica chiamata tetano.

28.2b Lo shock elettrico

contrazione
meccanica
stimoli
elettrici
t
0

100 200 300 400 (ms)

Figura 28.2.2

Lapplicazione accidentale, oppure intenzionale (si veda 20.12 e lEsempio


20.4), di una differenza di potenziale elettrico fra due punti del corpo umano, o di
un qualsiasi organismo animale, comporta, in generale, anomale concentrazioni
di ioni o loro improvvise migrazioni, che possono sconvolgere a tal punto il sistema elettrico biologico da provocare gravi danni, anche quando gli effetti fisici
(come la produzione di calore per effetto Joule) sono trascurabili (microshock e
macroshock mostrati in Figura 28.2.3).

Molti stimoli elettrici, ripetuti a


brevi intervalli di tempo, incrementano lo stato di contrazione fino a
mantenerlo costante (tetano).

catetere

probabilit di
percezione (%)

cuore

cuore

rna
ta 6

0H

99,8

tensione
alternata (ac)

tensione
alternata (ac)

alte

90

50

ua

a)

tin

terra

con

10

terra

terra

Figura 28.2.3

0
0

b)
terra

12 mA
corrente

Figura 28.2.4
Probabilit di percezione (in scala
logaritmica) delle intensit di soglia alle mani per uomini. Per le
donne i valori vanno ridotti del
60%. La corrente alternata maggiormente avvertibile, poich ad
essa corrispondono stimolazioni
elettriche successive.

Diverse distribuzioni della corrente nel corpo umano. (a) Macroshock: la corrente si distribuisce
in tutto il corpo. (b) Microshock: la corrente applicata attraverso un catetere intracardiaco fluisce
nel cuore. Nel linguaggio tecnico ac (da alternate current) equivale a una d.d.p. (oppure a una corrente) alternata.

Lentit dello shock elettrico dipende direttamente dalla quantit di carica


elettrica immessa nellorganismo nellunit di tempo, cio dallintensit di corrente
elettrica I in circolazione nel sistema biologico. Lazione di questa, in generale,
caratterizzata da vari parametri, quali la sua frequenza, la durata del contatto e il
percorso.
Come mostrato nelle Figure 28.2.4 e 28.2.5, esiste un valore di soglia dellintensit di corrente, al di sotto del quale i suoi effetti vengono percepiti, e un valore di
rilascio, al di sotto del quale il contatto elettrico accidentale pu essere interrotto

28.2

probabilit di
rilascio (%)

Figura 28.2.5

probabilit di
rilascio (%)

99.8

Carta probabilistica delle correnti


di rilascio: (a) correnti alternate a
60 Hz e (b) correnti continue.
opportuno ricordare che la corrente alternata di rete ha una frequenza di 50 Hz (negli USA la frequenza di 60 Hz).

99.5
90

90
uomini
50

50
10

707

La sicurezza negli impianti elettrici

10
donne

0.2

0.5
0

a)

10

18

14

50

22 mA

corrente efficace

60

70

b)

80

mA

corrente

autonomamente da parte del soggetto. Al di sopra di tale valore, a causa della tetanizzazione, questi viene congelato al circuito e lo shock pu essere molto pericoloso, anche se il contatto stato di breve durata. Si pu avere paralisi respiratoria, a causa del permanere della contrazione muscolare, e/o alterazioni pi o
meno persistenti dellattivit bioelettrica cerebrale, lesioni neurologiche del midollo spinale con conseguente paralisi pi o meno estesa, lesioni di organi di senso
(vertigini, sordit, abbagliamento o indebolimento della vista) e infine ustioni.
Queste ultime sono determinate dalleffetto termico della corrente elettrica o
effetto Joule, per cui dalle (17.67), utilizzando la legge di Ohm (17.48) e (17.51),
si ricava il calore Q prodotto:
Q =

1
1
R I 2 t =
J 2S / t (calorie)
4.18
4.18

(28.2.1)

che, tramite la (10.4) e assumendo la densit dei tessuti pari a quella dellacqua,
comporta un rialzo termico DT di :

T =

J 2 t
R I2
t
=
,
4.18 dH2O / S c v 4.18 dH2Oc v

(28.2.2)

dove cv il calore specifico a volume costante e r la resistivit specifica dei tessuti.


Questa relazione esprime la variazione di temperatura nellintervallo di tempo
Dt e ci consente di rilevare come la gravit delle ustioni sia legata alla densit di
corrente J, pi che allintensit di corrente I. Risulta quindi assai pi pericolosa
una corrente che entra nel corpo umano attraverso un contatto di piccole dimensioni, che la stessa corrente immessa tramite un contatto avente una grande superficie. Inoltre la (28.2.2) rende conto del fatto che la parte pi superficiale della
cute, possedendo unelevata resistivit specifica e un basso calore specifico, sia il
tessuto che viene maggiormente danneggiato. Le ustioni elettriche sono pressoch indolori, a causa della rapida distruzione delle terminazioni sensitive, e sono
progressive nel senso che attorno alle zone necrotizzate vi sono tessuti colpiti che
muoiono molto pi lentamente. Ci provoca, tra laltro, limmissione in circolo, a
distanza di alcuni giorni, di sostanze tossiche e quindi uninsufficienza renale
acuta, che pu provocare la morte inattesa del folgorato, che appariva ormai in via
di guarigione.

Effetti termici

708

CAPITOLO 28

Figura 28.2.6

Strumentazione biomedica

I (mA)

Limiti di pericolosit della corrente alternata in funzione della


frequenza: 1) limite di percezione
del passaggio di corrente; 2) e 3)
valore della corrente per il quale la
probabilit di percezione del
50% e del 99.5% per le persone sottoposte alla prova; 4), 5) e 6) valore
della corrente per il quale il 99.5%,
il 50% e lo 0.5% degli esaminati
riuscito a staccarsi dal contatto.

100
50
6

20

10
4

2
1

0.5
1

10

Danni biologici

50 100

1000

10000

n (Hz)

Linfluenza della frequenza della corrente sulla gravit dello shock elettrico
viene riportata in Figura 28.2.6. Come si vede, le correnti alternate sono pi pericolose, in quanto causano facilmente il fenomeno della tetanizzazione, fatto peraltro evidente anche dalle Figure 28.2.4 e 28.2.5. Tuttavia, allaumentare della frequenza la pericolosit della corrente diminuisce: infatti se lo stimolo alternato ha
un periodo molto breve, non viene raggiunto il potenziale di soglia nelle cellule
eccitabili e i potenziali dazione non si innescano (19.3). In particolare, a circa
1 MHz non si ha pi shock elettrico e la corrente generalmente causa solo ustioni;
esiste un effetto (effetto pelle) per il quale allaumentare della frequenza la corrente tende a interessare strati di tessuto sempre meno profondi. Ci causa un aumento della densit di corrente nelle regioni periferiche del corpo, che pu causare anche gravi ustioni cutanee, ma costituisce nello stesso tempo una decisiva salvaguardia per i pi delicati tessuti interni.
Come evidente, per quanto detto sopra, il percorso della corrente allinterno
del sistema biologico determina la gravit dello shock, in particolare si rivelano pi
pericolosi quei percorsi che interessano organi vitali molto sensibili, per esempio
quelli che hanno per estremi le due mani o una mano e il piede opposto, poich
interessano la regione cardiaca.
La durata del contatto costituisce un importante fattore che concorre a determinare la gravit dello shock. In particolare, una sovrastimolazione delle fibre muscolari cardiache ne altera la contrazione, portando allinstaurarsi di un regime di
funzionamento anomalo, chiamato fibrillazione (Figura 28.2.7), che comporta un
elevato consumo energetico e lincapacit del cuore di pompare sangue ossigenato nelle arterie. La fibrillazione sicuramente leffetto della folgorazione pi te-

Figura 28.2.7

Linstaurarsi della fibrillazione in


un elettrocardiogramma.

tempo

28.2

Figura 28.2.8

tempo (ms)
10 000

mo
ile
bab
pro
lto

100

5 0%

bi l

e al

ba
p ro

assenza di
effetti pericolosi

one

oc o

assenza
di
reazioni

a bi l
rob

ep

1000

Le linee a tratto pieno corrispondono a correnti alternate di 50 Hz,


mentre quella punteggiata separa
la regione priva di effetti pericolosi
da quella pericolosa (zona a destra) per le correnti continue.

zi
illa
fibr

ne p
a zi o

z io n

2000

200

fibrill

a
fibrill

5000

500

generatore
di tensione
V A VB

50
20
10
0.1 0.2

709

La sicurezza negli impianti elettrici

A
0.5 1

10 20

50 100 200

1000

5000

R1

corrente I (mA)

~
Ru

mibile e grave e si innesca di solito durante il breve intervallo in cui i ventricoli si


ripolarizzano (onda T, vedasi 28.5). In Figura 28.2.8 vengono riportati gli effetti
da elettrocuzione in funzione della durata del contatto e dellintensit della corrente.
In caso di shock notevoli si hanno spesso effetti autolimitanti la durata del contatto: la contrattura muscolare estremamente violenta pu scagliare linfortunato
lontano dal contatto, oppure laumento di resistenza, determinato dai tessuti
ustionati, pu arrivare a isolare linfortunato dal conduttore.
La d.d.p. (o tensione) in pratica la sola grandezza normalmente nota per
ogni circuito, da cui si pu risalire, tramite la legge di Ohm, al valore della corrente elettrica, al quale sono legati gli effetti sui sistemi biologici. Dato che la resistenza cutanea difficilmente determinabile, non possibile trasformare in tensione, VA VB, i valori della corrente I, nelle Figure 28.2.4, 28.2.5, 28.2.6 e 28.2.8.
Tuttavia, una stima della tensione di rilascio suggerisce un valore di circa 20 volt
per frequenze di 60 Hz, con contatto manuale ed elettrodi inumiditi in acqua salata. In corrente continua questo valore va moltiplicato per un fattore di circa sei.
Quindi, tensioni alternate di ampiezza relativamente ridotta possono diventare pericolose per luomo.
In Figura 28.2.9 considerato un generico circuito elettrico, relativo ai pi frequenti infortuni da elettrocuzione. La corrente I circolante nel corpo data dalla
relazione:

I =

V A VB
,
R1 + R 2 + R 3

R3
B
R2

Figura 28.2.9
In questo schema VA VB rappresenta la tensione alternata del generatore e Ru la resistenza dellutenza. Le resistenze R1, R2, R3
sono attraversate dalla corrente
che fluisce nel corpo umano.

R3 (ohm)
400

prima durante dopo

300
200

(28.2.3)

ed tanto maggiore quanto minori sono i valori della resistenza di contatto R1,
della resistenza del suolo (comprese le scarpe) R2 e della resistenza del corpo R3, il
cui contributo maggiore fornito dalla resistenza cutanea, estremamente variabile, come evidente dalla Figura 28.2.10. Ad esempio il valore di R3 per un contatto
con entrambe le mani, nel caso di piedi isolati, di circa 1300 , che diminuisce a
220 se il corpo parzialmente immerso in acqua (vedasi lEsempio 28.1).

100
0
0

20

40

60

tempo (minuti)

Figura 28.2.10
Resistenza della cute di un individuo prima, durante e dopo un periodo di profonda meditazione.

710

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

28.2c Sistemi di protezione

Sistemi di sicurezza

Figura 28.2.11
Tipico caso di microshock che ha
indotto la fibrillazione ventricolare
in un paziente in ununit di terapia intensiva. Legenda:
G = conduttore di terra,
P = conduttore di tensione,
N = conduttore neutro,
ECG = elettrocardiografo.

Per individuare i sistemi di protezione dallelettrocuzione dobbiamo comprendere come questa si possa verificare quando si utilizzano apparecchiature alimentate elettricamente.
Facendo riferimento alla Figura 28.2.9, il circuito elettrico, che rappresenta lapparecchiatura, ha come potenziale di riferimento il potenziale di terra (messa a terra
o messa a massa), cui dovrebbe essere collegato anche il soggetto. Questo significa
che tutti i punti esterni dellapparecchiatura (involucro, comandi, cavi) sono normalmente collegati a massa, salvo i terminali non isolati da applicare al paziente
(elettrodi e trasduttori), e quindi non si dovrebbe verificare alcuna elettrocuzione.
Tuttavia, essa pu avvenire sia per ragioni accidentali (un difetto nella messa a terra
e/o nellisolamento di varie parti del sistema, oppure il contatto accidentale con
parti del circuito che si trovano a potenziale elevato rispetto alla terra) sia per motivi
sistematici, che sono provocati dal fatto che qualsiasi apparecchiatura funzionante
alla tensione di rete possiede una certa corrente di dispersione, che dipende principalmente dalle capacit di accoppiamento presenti nel circuito tra conduttori a diversa d.d.p., oppure tra conduttori e terzo filo (terra) nel cavo di alimentazione. La
corrente di dispersione pertanto costituita da un flusso di cariche elettriche verso
parti dellapparecchiatura che dovrebbero essere totalmente isolate dai conduttori
con tensione diversa da quella di terra.
Per ogni determinata apparecchiatura, possono essere misurati i valori della
corrente di dispersione verso terra, sullinvolucro e nel paziente. In Figura 28.2.11
presa di
corrente
P
G
N

1
P
ECG

presa di
corrente

2
N

Idisp. 1 mA
Imed. 500 A
Ipaz. 500 A

Terra

Un medico vuole controllare la corretta inserzione del catetere (2): con la mano destra avvicina una lampada elettrica snodabile e con la sinistra tocca il catetere collegato al cuore
del paziente. Se la lampada di vecchio tipo, senza conduttore di messa a terra (G), la sua
corrente di dispersione Idisp (circa 1 mA) si scarica attraverso la mano destra del medico
verso terra, per met attraverso il medico (che non ne risente essendo il valore di soglia di
circa 1 mA), e per laltra met (500 A) attraverso il cuore del paziente, verso la terra
dellelettrocardiografo (1). Quasi sempre il valore di 500 A dello stimolo, applicato direttamente al miocardio, provoca la fibrillazione ventricolare.

28.2

Figura 28.2.12

corrente alternata
di rete

Circuito elettrico dellalimentazione di uno strumento dove sono


mostrate le capacit di isolamento
C fra i conduttori di alimentazione
e la terra e fra il trasformatore T e il
suo involucro, collegato anchesso
alla terra G. Limpedenza di tali capacit Z = 1/wC, e, in caso di interruzione del contatto con la
terra, attraverso esse fluiscono
verso terra le correnti di dispersione (tramite contatti accidentali
con altri conduttori, in qualche
modo collegati a terra).

circuito
dello strumento

C
G

711

La sicurezza negli impianti elettrici

T
C

cavo di messa a terra

involucro dello strumento

riportato un tipico caso di microshock da correnti di dispersione, da cui si evidenzia che, in presenza di una qualsiasi apparecchiatura elettrica, in particolare in
ambiente medico (sala chirurgica, ad esempio), necessario prendere provvedimenti per evitare che le correnti di dispersione attraversino il soggetto o il paziente. Vi sono diversi metodi per raggiungere questo scopo, ma tutti hanno in comune il collegamento di tutti gli strumenti, del personale medico e del paziente
alla medesima terra. In questo modo le correnti di dispersione fluiscono tutte
verso la terra comune tramite le apparecchiature, come mostrato in Figura
28.2.12. Nel caso di uno strumento non collegato alla terra comune, le correnti
possono fluire verso terra tramite il paziente, con i gravi rischi descritti in precedenza (Figura 28.2.13).
Figura 28.2.13
involucro

cuore

linea
catetere
circuiti
neutro

300

terra
a)

involucro

cuore
catetere

linea
circuiti
neutro

terra interrotta
b)

300

Percorsi della corrente di dispersione : (a) la connessione di terra


intatta e la maggior parte della corrente di dispersione fluisce verso
terra; (b) la terra interrotta e tutta
la corrente di dispersione fluisce
attraverso il cuore. Con T viene rappresentato un trasformatore.

712

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Un altro metodo per evitare le correnti di dispersione attraverso il paziente,


consiste nellisolarlo completamente da tutti gli oggetti messi a terra e da tutte le
sorgenti elettriche. Le protezioni specifiche, progettate caso per caso, in realt,
utilizzano una combinazione dei due metodi al fine di fornire una maggiore sicurezza. Ci viene fatto sia progettando un riferimento di terra comune, sia mediante luso di trasformatori di isolamento da terra, che in caso di corto circuito
trasformano il sistema isolato in un normale apparecchio con alimentazione riferita a terra (senza che nella connessione fluisca una corrente elevata), sia introducendo interruttori automatici differenziali, che disconnettono lalimentazione
quando si manifesta una corrente di dispersione verso terra superiore a un valore
prefissato, e sia utilizzando un doppio isolamento delle apparecchiature, con involucri e comandi costituiti da materiale isolante.
Per finire, si tenga presente che esistono, per legge, enti o istituzioni, preposti
alla prevenzione degli infortuni da elettrocuzione, che controllano, in ottemperanza alle richieste di legge, gli impianti di messa a terra e la fabbricazione di tutte
le apparecchiature elettriche, in particolare di quelle biomedicali.

Esempio

28.2.1

Effetti da elettrocuzione

Se una persona, con una resistenza interna di 120 ohm,


prende con le mani bagnate 2 conduttori a diverso potenziale
elettrico, calcolare: (1) la d.d.p. necessaria per produrre una
corrente di 10 mA, tale da irrigidirgli le mani sui conduttori, e
(2) quella necessaria per produrre una corrente da 100 mA,
tale da causare, dopo circa un secondo, la fibrillazione ventricolare.

28.3

Soluzione

(1) Applichiamo la legge di Ohm:


DV = R i = 120 ohm 10 103 A = 1.2 volt.

(2) Anche in questo caso:


DV = R i = 120 ohm 101 A = 12 volt.

I TRASDUTTORI

Qualsiasi dispositivo che converte una grandezza fisica in unaltra, anche dello
stesso tipo, chiamato trasduttore. Generalmente i trasduttori pi importanti e pi
adoperati sono quelli che trasformano una qualsiasi grandezza fisica in una grandezza di natura elettrica. Ci perch lenergia elettrica, non solo pu venire facilmente trasmessa a distanza, ma consente di eseguire misure pi rapide e accurate,
economicamente e funzionalmente pi conveniente e, infine, i segnali elettrici
possono essere facilmente manipolati.
I trasduttori vengono classificati in base ai fenomeni fisici sfruttati per ottenere
la conversione tra le diverse quantit fisiche. Ad esempio nei trasduttori resistivi,
luscita rappresentata da una resistenza elettrica, come mostrato in Figura
28.3.1a. Questi trasduttori sono in grado di misurare, oltre la pressione, anche
temperature e intensit luminose (cellule fotoelettriche). I trasduttori capacitivi
sono costruiti con condensatori la cui capacit varia, muovendone o deformandone unarmatura, e sono generalmente impiegati nella misura della pressione
(Figura 28.3.1b). I trasduttori elettromagnetici misurano uninduttanza o una f.e.m.
indotta, di cui in Figura 28.3.2 riportato un esempio e sono utilizzati in misure di
spostamenti, velocit, accelerazioni, forze e pressioni. I trasduttori piezoelettrici

28.3

(14.8) sono costituiti da una lamina o una sbarretta di cristallo piezoelettrico, che
ha la propriet di fornire una d.d.p. alle estremit quando sollecitata meccanicamente e misurano forze, accelerazioni, pressioni o deformazioni (compressioni o
flessioni). Nei trasduttori elettrodinamici, unazione esterna provoca il moto di una
bobina in un campo magnetico costante, generato da un magnete permanente o
da un elettromagnete. Il moto della bobina origina una f.e.m. indotta, la cui entit
dipende dallazione esterna.
Oltre a quelli citati, che sono i pi diffusi, esistono vari altri tipi di trasduttori,
adatti per esigenze e rilevamenti speciali.
Le principali propriet dei trasduttori possono essere riassunte in:
a) la natura della grandezza di ingresso;
b) lintervallo di operativit del trasduttore, il cui limite inferiore di solito dato
dal rapporto segnale/rumore di fondo e quello superiore dalla distorsione del
segnale duscita;
c) gli eventuali effetti del trasduttore sul sistema sottoposto a misura;
d) la funzione di trasferimento caratteristica, cio la relazione fra la quantit in ingresso Q i e quella in uscita Q o:
Q o = f(Q i) .

Q o
=S
Q i

(28.3.2)

rappresenta la sensibilit del trasduttore;


e) lerrore introdotto nella misura: vi sono tre tipi di errori, quello di scala, lerrore dinamico (causato dagli effetti di variazioni temporali nella grandezza in
ingresso) e lerrore dovuto al rumore di fondo;
f) la risposta del trasduttore alle condizioni ambientali di funzionamento;
g) la natura della grandezza in uscita, cio, di solito, il tipo di segnale elettrico che
trasporta linformazione;
h) lintervallo utile del segnale duscita, anche questo determinato al limite inferiore dal rumore di fondo e a quello superiore dalla distorsione.
28.3a Elettrodi e microelettrodi
I trasduttori di segnale pi semplici sono gli elettrodi. Una coppia di elettrodi,
normalmente costituiti da una giunzione elettrodo metallico-elettrolita, necessaria

avvolgimento

Figura 28.3.2

VLA

nucleo

VLB

pressione
contatto mobile
potenziometro
resistore
Vo
V
a)

molla
armature fisse
del condensatore

(28.3.1)

Se, per una variazione DQ i della quantit in ingresso, si ha una variazione DQ o


nella grandezza in uscita, il rapporto:

azione meccanica
esterna sulla sbarra

713

I trasduttori

Esempio di trasduttore elettromagnetico in cui lentit dello spostamento della sbarra di ferro allinterno del solenoide proporzionale alla differenza di potenziale
elettrico VLA VLB: la f.e.m. dinduzione cambia i valori dei potenziali
VLA e VLB a seconda del movimento
della sbarra.

po

px

diaframma
metallico
pressione di
pressione da
riferimento
misurare
b)

Figura 28.3.1
(a) Trasduttore resistivo per la misura della pressione. Il voltmetro V
misura una d.d.p. proporzionale
alla pressione che fa variare, attraverso il contatto mobile, la resistenza R. Questo tipo di dispositivo
ha una portata dal decimo alle migliaia di atmosfere con errori inferiori allo 0.25%. (b) Trasduttore capacitivo per la misura della pressione. Questultima deforma il diaframma metallico tra le due armature di un condensatore variandone la capacit, che viene misurata con un opportuno circuito
elettrico.

714

CAPITOLO 28

metallo

Rp

Cp

R1

Ro

elettrolita

Figura 28.3.3
Circuito elettrico equivalente della
giunzione elettrodo metallico-elettrolita, in cui sono compresi gli effetti di polarizzazione (Rp e Cp) determinati dallaccumulo di ioni
sulla superficie dellelettrodo.

Strumentazione biomedica

per misurare la differenza di potenziale fra due punti di un sistema biologico.


Ogni elettrodo forma uninterfaccia fra un sistema (quello biologico), in cui la
conduzione elettrica fornita da ioni in movimento, e un altro sistema dove il
moto degli elettroni origina la conduzione (lo strumento). La conversione da una
modalit allaltra di conduzione pu essere considerata come un processo di trasformazione di energia e caratterizza appunto questo tipo di trasduttore. Essa avviene tramite processi chimici che devono essere tali da non ostacolare la misura.
In particolare la risposta dellelettrodo alla grandezza dingresso deve essere il pi
possibile lineare (cio proporzionale), in modo da garantire la fedelt della misura. Ci non sempre possibile perch taluni processi chimici, allinterfaccia tra
un dato metallo e un elettrolita, possono provocare la formazione di complesse distribuzioni di carica elettrica, con accumuli di carica presso lelettrodo tali da
schermarlo e renderlo inefficiente per la misura corretta del potenziale elettrico
(fenomeni di polarizzazione).
La giunzione elettrodo-metallico-elettrolita, essendo costituita da materiali
conduttori, presenta quindi in generale unimpedenza complessiva Z, costituita da
fattori resistivi, capacitivi e induttivi (20.10). Mentre i fattori induttivi di solito
sono trascurabili, gli altri due dipendono dalle caratteristiche dei materiali che costituiscono la giunzione, dando luogo ad unimpedenza che, come noto, funzione della frequenza del segnale elettrico in ingresso. In Figura 28.3.3 riportato
il circuito elettrico equivalente che descrive il generico comportamento elettrico della
giunzione elettrodo metallico-elettrolita. Inoltre si trova sperimentalmente che le
capacit C e le resistenze R non sono costanti, ma dipendono dalla frequenza, per
cui la risposta degli elettrodi, a un segnale dingresso, non sempre lineare e, in
generale, pu dipendere sia dallampiezza che dalla frequenza.

Figura 28.3.4
conduttore isolato

Elettrodo di Ag-AgCl utilizzato per


il monitoraggio cardiaco.

Ag-AgCl
doppio strato
elettrico

pasta
plastica

adesivo

+++
pelle
tessuto

Lelettrodo del tipo Ag-AgCl non comporta effetti di polarizzazione, poich il rivestimento
di AgCl partecipa alle reazioni chimiche allinterfaccia pelle-elettrodo, senza alterare
lequilibrio elettrochimico (sulla superficie cutanea avvengono contemporaneamente i due
processi Cl + Ag  AgCl + e , per cui non si ha accumulo di ioni sullelettrodo). Ci
non avviene per gli elettrodi metallici (ad esempio platino), per i quali si hanno i processi
4 OH 2 H2 O + O2(gas) + 4 e e 4 H + + 4e 2 H2(gas), con formazione di bolle
di gas che generano unalta resistenza e una polarizzazione allinterfaccia. Lelettrodo di
Ag-AgCl staccato dalla cute per evitare che il suo movimento alteri il doppio strato elettrico che si forma allinterfaccia elettrolita-metallo.

28.3

715

I trasduttori

Figura 28.3.5

resina
metallo

platino
nero

Esempi di microelettrodi metallici,


con diversi tipi di isolante e di conduttore.

a)
vetro
metallo (indio)

sfera di
indio

b)
film di 0.2 m

resina

vetro

c)

film di platino

Nel caso di macroelettrodi (come quelli usati nellECG, nellEEG e nella pletismografia a impedenza (28.3c)), limpedenza dingresso dellelettrodo deve essere tale da non provocare attenuazioni o deformazioni dei segnali originari. Essa
determinata sia dal metallo che costituisce lelettrodo, sia dalla pasta (o gel) che
ne garantisce il contatto (Figura 28.3.4). In questo caso, come detto in precedenza, i processi elettrochimici, che si verificano tra lelettrodo e la superficie cutanea, devono essere tali da evitare laccumulo di cariche sullelettrodo (polarizzazione), altrimenti si producono dei rumori di fondo e delle alterazioni di potenziale che possono essere maggiori del segnale stesso.
Analogamente si pu dire per i microelettrodi (Figura 28.3.5), i quali oltre a risolvere i problemi di miniaturizzazione della particolare applicazione, non devono
modificare lambiente cellulare interferendo con i processi biochimici. I microelettrodi di vetro arrivano a dimensioni di 1 m e sono riempiti con soluzioni molto
conduttrici (ad esempio 3 moli/cm3 di KCl in acqua). Questi elettrodi sono particolarmente adatti alla misura di potenziali costanti nel tempo, mentre quelli metallici sono impiegati soprattutto per misurare i potenziali dazione e per altri fenomeni dinamici. In Figura 28.3.6 mostrato il tipico circuito equivalente di un
microelettrodo metallico.
Figura 28.3.6

amplificatore
A

microelettrodo
metallico

Impiego di un microelettrodo metallico e suo circuito elettrico equivalente. Con V viene rappresentato
il potenziale di membrana o il potenziale dazione della cellula.

C1

~
soluzione

elettrodo di
riferimento
(a grande
superficie)

cellula

C2

716

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

28.3b Trasduttori di grandezze meccaniche


Abbiamo gi citato in precedenza i vari tipi di trasduttori che consentono di trasformare grandezze meccaniche (spostamenti, velocit, accelerazioni, forze, pressioni) in grandezze elettriche. Ci limitiamo in questa sede ad aggiungere alcuni dispositivi, usati in Medicina e in Biologia, per la misura della pressione e della portata.
La maggior parte dei trasduttori di pressione ad azione indiretta: la pressione
causa lo spostamento di un elemento meccanico deformabile (come una membrana), che viene convertito in segnale elettrico da una resistenza a contatto strisciante, da un trasduttore capacitivo o induttivo, oppure da un elemento piezoelettrico (13.5). In questultimo caso si tratta di dispositivi dalle dimensioni assai
contenute che possono essere posti alla punta di un catetere del diametro di 1
mm. Questo tipo di catetere pu esporre il paziente al rischio di shock elettrico.
Ci non accade per un trasduttore di pressione di tipo ottico, schematizzato in Figura 28.3.7, in cui la pressione, deformando una membrana riflettente, causa una
modifica dellintensit di luce trasmessa dalle fibre ottiche, che vanno al rivelatore
fotoelettrico esterno.
Figura 28.3.7
Un trasduttore di pressione di tipo
ottico, costituito da fibre ottiche
per lilluminazione e la rivelazione
della luce riflessa da una membrana metallica, la cui deformazione, conseguente alle forze di
pressione, provoca variazioni di intensit nella trasmissione della luce
riflessa. Il trasduttore vero e proprio (R) costituito da elementi fotosensibili (cellula fotoelettrica)
posti allesterno del catetere (si
veda il 28.3e).

sorgente di luce

membrana sottile
(speculare all'interno)
fibre di vetro
pressione

R
rivelatore
fotosensibile

parte terminale
delle fibre ottiche

I trasduttori di pressione ad azione diretta sfruttano i fenomeni, conseguenti


alla pressione, della piezoelettricit, della variazione di resistivit elettrica nei metalli (piezoresistivit) e della variazione nella risposta di diodi a effetto tunnel. Esistono in commercio numerose varianti di trasduttori di pressione di questo tipo,
utilizzati per il monitoraggio continuo dei pazienti oppure per limpianto a lungo
termine in animali. Questi trasduttori presentano in generale una linearit dellordine di 0.5 1.0 %.
La misura del flusso (o della portata Q) di un liquido pu essere effettuata con
diversi tipi di trasduttori. Nel 14.8b stata descritta la flussimetria Doppler, metodica di tipo non invasivo. Il metodo invasivo pi usuale per misurare la portata
di sangue in un vaso di tipo elettromagnetico. Come evidente dalla Figura 28.3.8,
il moto con velocit media v del fluido conduttore nel vaso, in un campo magnetico B costante, provoca una d.d.p. DV tra i punti A ed A, dovuta alla forza di Lorentz che agisce sulle cariche in moto. Poich le direzioni dei vettori B, v e n sono
ortogonali fra loro, possiamo utilizzare la (20.8), e ricordando che E q = F e che
DV = 2r E, si ottiene la d.d.p. fra i punti A ed A:
DV = 2 r v B .
Poich la portata data da Q = S v =  r2 v, abbiamo infine:

(28.3.3)

28.3

Figura 28.3.8

Disegno schematico di un flussimetro elettromagnetico. Le linee di


forza del campo magnetico B sono
ottenute tramite un solenoide percorso da corrente elettrica (bobina), avvolto su unarmatura di
materiale ferromagnetico (traferro).

B
v

bobina percorsa
da corrente

B
n
V1

717

I trasduttori

V2
n

2r
v

traferro

parete del vaso

V =

2 QB
.
r

(28.3.4)

bobine

cavo di
collegamento

Ad esempio nel caso di una portata massima nellaorta di un cane pari a


200 cm3/s, assumendo un campo magnetico B = 300 gauss e con r = 0.8 cm, si ottiene DV 50 V, valore facilmente misurabile.
Il principale vantaggio di questo metodo consiste nel fatto che esso indipendente dal profilo della velocit: dato il diametro del vaso e dato B, esso dipende
solo dalla portata istantanea. In Figura 28.3.9 mostrata la sezione e una veduta
dassieme di una sonda elettromagnetica per la misura della portata.
Mediante la diluizione e con trasduttori fotosensibili (28.3e) si pu misurare la
portata media in un ciclo cardiaco. Infatti limmissione rapida di una massa m di soluto colorante nel punto A di un condotto, in cui fluisce un liquido a portata costante Q (Figura 28.3.10a), provoca nel punto B, in cui si misura la concentrazione
C del soluto, un andamento di questa portata costante nel tempo (Figura
28.3.10b). Infatti, per definizione, si ha Q = V/Dt e C = m/V per cui:
C=

m
Q t

cio Q =

m
,
C t

 C dt
q

elettrodo

scala (mm)

Figura 28.3.9

(28.3.5)

essendo Dt lintervallo di tempo durante il quale la concentrazione non nulla.


Nota la massa m e misurando C con un trasduttore fotosensibile, si ottiene facilmente la portata. Landamento della concentrazione nel tempo si ottiene infatti
mediante un trasduttore fotosensibile che misura le variazioni di assorbimento di
luce da parte del colorante, proporzionali alle variazioni della sua concentrazione.
Nel caso di portata variabile, landamento della concentrazione mostrato in
Figura 28.3.10c e, analogamente alla (28.3.5), avremo:
Q =

elettrodo

(28.3.6)

Nellipotesi di un singolo ciclo cardiaco, la curva di concentrazione di Figura


28.3.10c scenderebbe a zero, ma, a causa del ricircolo del sangue, si misura la
curva a tratto pieno. Per valutare la portata, la curva, misurata in alcuni punti, subisce unelaborazione di tipo elettronico che calcola lintegrale della (28.3.6),
estrapolandolo secondo la curva tratteggiata.

Sezione trasversale di un tipo di


sonda elettromagnetica per la misura del flusso. Il vaso passa nellapertura circolare della sonda.
Sono evidenti le bobine del campo
magnetico B e gli elettrodi tra cui si
misura una d.d.p. DV proporzionale alla portata.

718

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Una simile misura pu essere eseguita anche per termodiluizione mediante un


trasduttore di temperatura: al soluto colorante si sostituisce una data quantit di
calore e, invece di effettuare una misura di concentrazione, si misura la temperatura in tempi successivi.
Entrambe queste tecniche di misura della portata sono di tipo invasivo.

Figura 28.3.10
Metodo di diluizione per la misura
della portata. (a) Nel punto A, al
tempo t = 0, viene rapidamente immessa una certa quantit di colorante. (b), (c) Andamento della
concentrazione nel punto B, a portata costante (b) e variabile (c). In
(c) i punti corrispondono a misure
sperimentali.

C
A

Q
O

t1

t2

28.3.1

tempo

t1

Q = Q (t)

tempo

iniezione

iniezione
a)

Esempio

soluzione
ricircolata

Q = costante

c)

b)

Flussimetria

Un flussimetro magnetico del sangue viene posizionato intorno ad un vaso del diametro di 5 103 m. Con un campo magnetico di 2.5 102 T (250 gauss) viene misurata una tensione
indotta di 15 106 V. Calcolare la velocit media del sangue
nel vaso e la relativa portata.

v=

V
15 10 6 V
=
=
2 B r 2 2.5 10 2 T 2.5 10 3 m

= 1.2 10 1m s 1 = 12 cm s 1 .
La portata risulta essere:
Q = r 2v = (2.5 10 3 m) 1.2 10 1 m s 1 =
2

Soluzione

La velocit media data dalla relazione (28.3.3):

= 2.28 10 6 m3 s 1 = 2.28 cm3 s 1 .

28.3c Pletismografia a impedenza: bioimpedenza elettrica toracica


Le tecniche per misurare la portata sopra descritte (elettromagnetica, per diluizione e per termodiluizione) sono di tipo invasivo, come invasiva la flussimetria descritta nel 7.2c, mentre non lo quella Doppler (14.8b).
Tutti questi metodi sono impiegati per misurare la portata in singoli vasi (arterie carotidi, femorali, brachiali e cos via). Mediante la pletismografia a impedenza
(termine pletismografia deriva dal greco plethysmos, incremento, e graphein,
scrivere), talvolta chiamata anche reografia, possibile determinare, in modo non
invasivo, la portata in interi distretti circolatori, sia limitati che estesi. Il pletismografo
viene quindi definito come lo strumneto che registra e misura le variazioni di volume di una parte del corpo.
Ci limitiamo qui a descrivere un particolare tipo di pletismografia, basato
sullimpedenza elettrica (20.10) del torace, particolarmente indicata per ricavare
la portata cardiaca in modo non invasivo e in tempo reale, un dato molto importante in particolari situazioni di controllo medico (anche la tecnica per diluizione
o per termodiluizione viene talvolta impiegata, ma invasiva). Infatti misurando la
bioimpedenza elettrica al torace, possibile ottenere una valutazione in tempo

28.3

719

I trasduttori

Figura 28.3.11
elettrodi
V
L

r
elettrodi
a)

b)

reale, continua e non invasiva della portata aortica, in particolare del volume di sangue espulso dal ventricolo sinistro in ogni pulsazione (gittata pulsatoria).
A questo scopo, il torace pu essere considerato (Figura 28.3.11a) come un conduttore elettrico di forma cilindrica (o meglio, come vedremo, a tronco di cono), la
cui circonferenza corrisponde a quella del torace, poco sotto lo sterno. Laltezza del
cilindro L corrisponde alla distanza tra due coppie di elettrodi per la misura del potenziale elettrico, disposti ai lati del torace a livello del giunto sterno-xifoideo e alla
base del collo. Un campo elettrico alternato, applicato mediante altre due coppie di
elettrodi posti esternamente ai precedenti, alla cervice e intorno al basso torace (Figura 28.3.11b), provoca una corrente elettrica alternata, di bassa ampiezza Io (circa
4 mA) ed elevata frequenza (100 250 kHz), che viene introdotta nel torace conduttore.
Il torace presenta le seguenti caratteristiche:
a) perfuso (supponiamo in modo omogeneo) da sangue, che, contenendo ioni,
si comporta come una soluzione elettrolitica, cio un conduttore di elettricit,
e presenta quindi una resistivit specifica rs pari a circa 135 150 ohm cm, praticamente indipendente dal valore di ematocrito;
b) possiede unimpedenza elettrica media del valore di circa 24 32 ohm (per un
soggetto normale maschile), data dalla (20.42): Zo = Vo/Io, dove Vo lampiezza
della d.d.p. misurata dagli elettrodi di potenziale;
c) presenta una resistivit circa uguale a quella del sangue, per cui, essendo limpedenza prevalentemente resistiva, si pu scrivere, per la legge di Ohm
(17.48):
Zo Ro = r L/So ,
dove So la sezione del cilindro toracico.
Durante il ciclo cardiaco, limmissione di sangue nellaorta provoca una diminuzione dellimpedenza elettrica DZ = Zo Z(t), rispetto al valore medio Zo, dellordine di 0.1 ohm. Infatti, le variazioni pulsatili nel flusso aortico corrispondono a
variazioni di volume della soluzione elettrolitica e se, per semplicit, supponiamo
che queste variazioni di volume si verifichino come se si modificasse la sezione del
torace, avremo una resistenza (come detto sopra limpedenza praticamente resistiva) Ro = rs L/So, che dopo un intervallo di tempo Dt diventa R1 = rs L/S1. Definendo allora i volumi toracici Vo = L So e V1 = L S1, la variazione di resistenza DR
nellintervallo di tempo Dt risulta, moltiplicando e dividendo per L:
L
1
1
1
1
L L

R = s s = s L2
= s L2
=

S
S
L
L
S
L
S
V
V

1
1
1
o
o
o
= s L2

Vo V1
V
s L2 2 ,
V1Vo
Vo

(28.3.7)

(a) Forma geometrica del conduttore che rappresenta il torace. Per


come sono disposti gli elettrodi in
(b), la forma si avvicina a un tronco
di cono pi che a un cilindro. (b)
Disposizione degli elettrodi sulla
superficie corporea. Sono indicati
sia gli elettrodi che applicano la
corrente alternata di alta frequenza
e bassa ampiezza (I), sia gli elettrodi che misurano il potenziale
elettrico (V). Il rapporto fra lampiezza di potenziale Vo e quella di
corrente Io fornisce limpedenza Zo
del conduttore toracico.

720

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

dove nel passaggio finale abbiamo trascurato il segno meno e considerato la variazione di volume DV = V1 Vo molto piccola rispetto al volume Vo, per cui
V1 Vo. Dalla (28.3.7) si ricava allora:

V =

Vo2
DR.
s L2

(28.3.8)

Dalla seconda legge di Ohm si ottiene facilmente:


L L2
L4
Ro2 = s 2 = s2 2 ,
Vo
So L
2

(28.3.9)

da cui, ricavando Vo2 e sostituendo nella (28.3.8), si ottiene dopo le opportune


semplificazioni:

DV = s

L2
R .
Ro2

(28.3.10)

Dividendo per lintervallo di tempo Dt abbiamo in pratica una portata Q e, passando al limite per intervalli Dt infinitesimi, si ottiene infine la relazione cercata tra
la portata aortica Q e la variazione di impedenza che essa provoca:
Relazione impedenza-portata

DV
L2 DZ
= s 2
Dt
Z o Dt

e quindi

Q = s

L2 dZ
,
Z o2 dt

(28.3.11)

dove abbiamo sostituito alla resistenza R il termine pi corretto di impedenza Z,


dato che i fenomeni elettrici che si verificano nel torace non sono stazionari.
Discutiamo ora il significato di questa relazione, cui spesso si fa riferimento
nelle misure pletismografiche generiche.
Allapertura della valvola aortica, in effetti, si origina nel conduttore toracico,
durante un breve intervallo di tempo Dt, una corrente DI determinata dal moto degli ioni contenuti nel plasma immesso nellaorta, che si aggiunge alla corrente applicata dagli elettrodi. Laggiunta di corrente DI, proporzionale alla variazione di
volume (di sangue in uscita) nellunit di tempo, cio alla portata, comporta una
diminuzione dimpedenza e la (28.3.11) stabilisce appunto il legame tra questa e
la portata.
In Figura 28.3.12 sono riportate in funzione del tempo le registrazioni simultanee dellECG (a), di DZ (b) e di dZ/dt (c).
Si presti attenzione al fatto che gli andamenti di DZ e di dZ/dt riportati nella figura sono
invertiti rispetto a quanto avviene nella realt: limpedenza diminuisce durante leiezione e quindi la sua variazione nel tempo negativa; tuttavia, come vedremo, ci
non influisce sulla valutazione della gittata pulsatoria.
Se landamento della portata nellaorta, nel periodo tra lapertura e la chiusura
della valvola aortica (tempo di eiezione dal ventricolo sinistro tevs), fosse conosciuto direttamente, il calcolo esatto della gittata pulsatoria Vs si ricaverebbe eseguendo lintegrale della portata nel tempo tevs e corrisponderebbe allarea sottesa
dalla curva di portata (Figura 8.20e) durante questo intervallo di tempo.
Tuttavia la relazione (28.3.11) attendibile solo durante il passaggio iniziale del
sangue nellaorta ascendente: infatti, quando il sangue inizia a percorrere laorta

28.3

Figura 28.3.12

ECG (mV)

Registrazioni simultanee dellECG


(a), della variazione di impedenza
DZ (b) e della derivata temporale
dZ/dt (c). Allo scopo di mettere in
evidenza la somiglianza con landamento della portata aortica (Figura
8.20e), la variazione di impedenza
elettrica, durante leiezione dal
ventricolo sinistro, mostrata invertita: essa in realt diminuisce con
leiezione. In (c) sono evidenziati
(dZ/dt)max e tevs. Il punto A indica
lapertura della valvola aortica,
mentre il punto B quello della sua
chiusura: lintervallo di tempo tra
questi due punti il tempo di eiezione tevs.

a)

tempo

O
DZ (ohm)

b)

tempo
1

dZ/dt ( s )

(dZ/dt)max

c)

B
A
O

721

I trasduttori

tevs

tempo

discendente, la corrispondente corrente elettrica aggiuntiva cambia direzione, alterando sia DZ che dZ/dt. Inoltre anche il sangue immesso dal ventricolo destro
nellarteria polmonare contribuisce a variare limpedenza e quindi anche dZ/dt.
Questo tuttavia si verifica con un certo ritardo a causa della minore velocit del
sangue nellarteria polmonare (la pressione nel ventricolo destro circa 1/4 di
quella nel ventricolo sinistro e la sezione dellarteria polmonare maggiore di
quella aortica) e, se non influenza limpedenza DZ subito dopo lapertura della valvola aortica, certamente produce effetti negli istanti successivi. Ne segue che la
curva di Figura 28.3.12c riproduce in modo attendibile la portata aortica solo nella
fase di salita del segnale dZ/dt (a partire dallistante indicato con A) e in pratica
permette solo una misura dellampiezza massima della portata, o portata di picco,
che dalla (28.3.11) risulta:
Q max = s

( )

L2 dZ
Z o2 dt

(28.3.12)

max

dove (dZ/dt)max indica lampiezza massima raggiunta da dZ/dt dopo lapertura


della valvola aortica, come indicato in Figura 28.3.12c (per quanto detto sopra, sarebbe pi corretto scrivere (dZ/dt)min, dato che la variazione di impedenza negativa).
Per ottenere la gittata pulsatoria, avendo a disposizione solo Qmax, possiamo con
buona approssimazione moltiplicare questo valore per il tempo di eiezione dal
ventricolo sinistro tevs (Figura 28.3.12c). Si ottiene cos la gittata pulsatoria Vs:
Vs = s

( )

L2 dZ
Z o2 dt

max

t evs .

(28.3.13)

Introducendo nella (28.3.13) la seconda legge di Ohm:


Z o s L /S o = s L / r 2 ,

(28.3.14)

722

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

dove r il raggio del cilindro toracico, si ottiene, dopo le semplificazioni del caso:
Vs = r 2

( )

L dZ
Z o dt

max

t evs =

( )

Vo dZ
Z o dt

max

t evs ,

(28.3.15)

dove Vo =  r2 L il volume del cilindro. In questo modo non necessario conoscere la resistivit del sangue del soggetto, parametro non facilmente misurabile
con metodiche non invasive.
Inoltre la relazione (28.3.15) pu essere ulteriormente generalizzata nel caso
di un soggetto normale, dato che:
a) la circonferenza toracica anatomicamente correlata ad L dalla relazione (per
soggetti normali) 2  r 3 L;
b) in realt il volume del conduttore non cilindrico, ma quello di un tronco di
cono (Figura 28.3.11a), corrispondente ad 1/3 del volume del cilindro;
c) normalmente la lunghezza L pari al 17% della statura corporea H.
Si ottiene allora:
Vs =

( )

3 L3 dZ
4 Z o dt

max

t evs =

3 (0.17 H )
4
Zo

(dZdt )

max

t evs ,

(28.3.16)

espressione che permette di risalire a Vs mediante la misura di Zo, (dZ/dt) max e tevs,
conoscendo solamente la statura del soggetto. Infine con un opportuno parametro correttivo (compreso fra 0.9 e 1.3) si pu tener conto anche della massa corporea dellindividuo, qualora fosse fuori dalla norma.
Le varie approssimazioni introdotte per ottenere questa relazione, considerando anche la variabilit dei sistemi biologici, comportano un errore complessivo
sulla gittata pulsatoria dellordine del 15 20%, come riportato nellEsempio
28.3.2.
Lo strumento elettronico, cui sono collegati gli elettrodi, calcola, tramite un
microprocessore, il valore istantaneo di DZ e quello della sua derivata temporale
dZ/dt. Le variazioni di impedenza elettrica vengono calcolate eseguendo il rapporto istantaneo (20.42), tra lampiezza della corrente applicata e lampiezza del
potenziale misurato. Dai tracciati di queste grandezze e da quello ECG, lo strumento valuta in tempo reale Zo, (dZ/dt)max e tevs, ricavando il valore di Vs, tramite la
relazione (28.3.16), per ogni battito cardiaco. Nota la frequenza cardiaca possibile calcolare con continuit (Esempio 28.3.2) il volume di sangue introdotto nel
sistema circolatorio nellunit di tempo (litri/minuto).
opportuno osservare che questa metodica (come daltra parte anche quella
di diluizione), a causa delle approssimazioni introdotte e della variabilit fra i sistemi biologici, non in grado di fornire misure assolute attendibili di gittata sistolica e di portata cardiaca, mentre risulta affidabile nelleseguire misure relative
(cio in pratica sullo stesso soggetto). Inoltre per le caratteristiche della metodica,
essa non pu essere applicata a soggetti con disfunzioni cardiache o aortiche.
La misura della portata cardiaca, eseguita sia con il metodo della diluizione o
termodiluizione (invasiva), sia tramite la bioimpedenza toracica (non invasiva),
particolarmente utile per il controllo di soggetti in cui viene alterato in modo notevole lequilibrio dei liquidi, ad esempio durante le terapie emodialitiche (si veda
28.8) oppure nel corso di interventi chirurgici, soprattutto se prolungati.

28.3

723

I trasduttori

Con queste metodiche infatti possibile ricavare praticamente in tempo reale


unindicazione delle variazioni del volume di liquido presente nel soggetto e
quindi intervenire di conseguenza (negli interventi chirurgici ci di competenza
dellanestesiologia). interessante ricordare che le misure di portata cardiaca mediante la bioimpedenza toracica sono state avviate e sviluppate, nella seconda met
degli anni 60 del secolo scorso, dalla necessit di monitorare in modo non invasivo, con continuit e in tempo reale, lo stato del sistema cardiovascolare degli
astronauti durante le missioni in orbita terrestre e sulla Luna.
Esempio

Impedenza toracica e gittata sistolica

28.3.2

Un pletismografo a impedenza toracica, eseguendo una media su 16 pulsazioni, misura una impedenza Zo = 29.6
0.01 ohm, un tempo di eiezione ventricolare sinistra tevs =
= 0.24 0,01 secondi, un valore di (dZ/dt)max = 1.32
0.02 ohm s1. La frequenza cardiaca di 70.23 0.18 battiti
al minuto, mentre la statura del soggetto di 171.5 0.3 cm.
Calcolare la gittata sistolica e la portata cardiaca (in litri/min)
con i relativi errori.
Soluzione Applichiamo la relazione (28.3.16) che fornisce la
gettata sistolica:

( )

3 (0.17H ) dZ
4
Zo
dt
3

Vs =

max

t evs =

3 (0.17 171.5) cm3


1.32 s 1 0.24 s =
29.6
4
3

= 63.32 cm3 .
Per calcolare lerrore strumentale sulla gittata sistolica, applichiamo la formula di propagazione degli errori casuali riportata in Appendice A e nel relativo Esempio, che nel nostro caso
diventa:
V
V1 2 V1 2 V1 2
sV2 = 1 s H2 +
s +
s +
s =
H
dZ dZ Z o Z t evs t

dt
2
2
3
2
3 0.17 3H dZ
2 3 ( 0.17 H )3 2
t s +
t evs s dZ +
=
dt m evs H 4
Zo
Zo
4

( )
3 ( 0.17 H ) dZ
+
( dt ) t
Z
4
3

2
o

( 0.17 H )3 dZ
s Z2 + 3
evs
Zo
dt
4

( )

= (1.108) 0.32 + ( 47.97) 0.02 2 + (2.139) 0.012 +


2

+ (263.84 ) 0.012 (cm3 ) = 7.99 (cm3 ) ,


2

st2 =
m
2

cio:
sV = 2.83 cm3
e quindi Vs = 63.32 2.83 cm3 (pari a un errore del 4.47%).
La portata Q nellaorta risulta essere:
Q = Vs n = 63.32 cm3 70.23 pulsazioni/min = 4447 cm3/min =
= 4.447 litri/min,
con un errore, calcolato come sopra, di:
Q 2 Q 2
s = v 2sV2 + V12sn2 =
s +
sQ =
V V n n
= 0.199 litri/min.
2

Dunque gli errori strumentali di misura riportati in questo


esempio, portano a un errore sulla gittata sistolica e sulla portata aortica di circa il 5%. Combinando con lerrore di tipo
biologico (dovuto in larga misura alla variabilit dei sistemi
biologici), stimato del 10 15%, si ottiene lerrore complessivo reale di circa 15 20% sulla gittata sistolica assoluta e
sulla portata aortica assoluta (si vedano le considerazioni svolte
alla fine del 28.3c).

724

V1

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

28.3d Trasduttori di temperatura

I trasduttori di temperatura pi comunemente usati sono di due tipi: il termometro a resistenza e la termocoppia. Dei due, il primo ha il vantaggio di non richiedere un riferimento di temperatura e di essere pi adatto a misurare variazioni di
temperatura molto piccole, rispetto alla termocoppia, la quale daltra parte non
necessita di una consistente elaborazione elettronica della misura e di unalimentazione autonoma.
Nei trasduttori termoresistivi, la resistivit r di un opportuno conduttore cambia
con la temperatura t (espressa in C) secondo la relazione:

t1

t2
V2

r (t) = ro (1 + At ),

Figura 28.3.13
Rappresentazione schematica di
una termocoppia per la misura
della variazione di temperatura
t2 t1.

Vo

dove ro la resistivit alla temperatura di riferimento (solitamente 0C) e A un


coefficiente che per molti metalli positivo e dellordine di 0.004 ohm C1. Il passaggio di corrente attraverso un simile conduttore, per la legge di Ohm, provoca
una variazione di d.d.p. ai suoi capi, lineare con la temperatura. Se gli estremi del
conduttore sono assai vicini, il riscaldamento per effetto Joule pu essere trascurato. In questo modo lerrore, a temperatura ambiente, di un simile trasduttore
dellordine di 104 C.
Nel caso delle termocoppie non necessaria alcuna alimentazione. Se due conduttori A e B diversi sono collegati alle giunzioni poste a due diverse temperature
(Figura 28.3.13) t1 e t2, si ottiene ai due estremi una d.d.p. che in generale proporzionale alla variazione di temperatura Dt = t2 t1. Ad esempio, per
Dt = 100C si ha una d.d.p. dellordine di vari milliVolt. In realt la d.d.p. DV in
generale data da una funzione non lineare della variazione di temperatura Dt:

Vs

1
1
V = a t + b t 2 + c t 3 ,
2
2

luce

anodo

fotocatodo

Figura 28.3.14
Circuito elettrico di una fotocellula. Una batteria stabilisce una
d.d.p. Vs fra anodo e fotocatodo. La
luce incidente provoca lemissione
di elettroni dal fotocatodo che vengono raccolti dallanodo. La corrente elettrica che ne risulta provoca la d.d.p. Vo.

(28.3.17)

(28.3.18)

dove a, b e c sono coefficienti numerici. Per piccoli intervalli di temperatura, gli ultimi due termini possono essere trascurati.
Se una giunzione posta alla temperatura da misurare, laltra deve essere posta a un dato riferimento di temperatura (0C), che pu essere costituito da ghiaccio fondente (1 atmosfera), oppure ricostruito elettronicamente nel circuito
dellapparecchio.
La velocit di risposta di questi strumenti li rende particolarmente adatti
nelleseguire misure e controlli di temperatura per la diagnosi di anomalie locali
nel sistema circolatorio o nei tessuti.
28.3e Trasduttori ottici
I trasduttori ottici (fotoelettrici) sono, in generale, basati sulleffetto fotoelettrico,
che consiste nellemissione di elettroni, da parte di determinati materiali, quando
sulla loro superficie (fotocatodo) incide un fascio di luce o di raggi X (25.9a e Figura 25.21).
A seconda del materiale, lemissione elettronica dipende dalla lunghezza
donda della radiazione incidente ed proporzionale alla sua intensit. Il circuito
elettrico di funzionamento di una cellula fotoelettrica mostrato in Figura
28.3.14.

28.3

725

I trasduttori

Sulleffetto fotoelettrico si basa anche il fotomoltiplicatore, un dispositivo in


grado di rivelare intensit luminose molto basse, gi descritto nel 26.3 e in Figura
26.12, utilizzato soprattutto in Medicina nucleare (si veda anche 28.9).
Di impiego pi vasto sono i trasduttori ottici chiamati CCD (acronimo di Charge
Coupled Device, dispositivi a scorrimento di carica), il cui sviluppo ebbe inizio nel
1970 e che oggi vengono ampiamente utilizzati per ottenere immagini, in particolare in condizioni di bassa luminosit, come gi citato nel caso della microscopia
digitale (22.5d), dellendoscopia (22.6) e della radiografia digitale (25.9c).
Anche per i CCD sempre leffetto fotoelettrico che ne determina il funzionamento, tuttavia in questo caso la costruzione del dispositivo tale da consentire
limmediata digitalizzazione dellinformazione, cio del numero di fotoni incidenti nellunit di tempo e della loro localizzazione.
Registrare unimmagine luminosa con un CCD come misurare la distribuzione della pioggia su un campo disponendo di una serie di secchi prima che
piova, per poi trasferirli con nastri trasportatori fino a una stazione di misura, dove
viene annotata la quantit dacqua contenuta in ogni secchio. Nei CCD i fotoni incidono su un elemento di silicio, allinterno del quale sono state create delle regioni ad alto e basso potenziale elettrico, mediante opportuni microelettrodi, in
modo da creare buche equidistanziate di potenziale elettrico, in cui si raccolgono
gli elettroni originati dalleffetto fotoelettrico nel silicio. Spostando le buche di potenziale attraverso il silicio, mediante opportune modifiche del potenziale dei microelettrodi, possibile trasferire la carica elettrica raccolta da ciascuna buca fino
a un circuito amplificatore, nel quale viene misurata la carica in forma digitale. La
misura digitalizzata viene quindi inviata a una memoria. In questo modo viene misurata lintensit dei fotoni incidenti sul CCD.
Limpiego di un materiale semiconduttore, quale il silicio, permette di avvalersi delle tecniche microelettroniche (grazie alle quali sono stati sviluppati i microprocessori), per cui un singolo elemento di CCD (cio una sola buca di potenFigura 28.3.15

efficienza di conversione
(sensibilit)
100

Confronto fra i rivelatori di luce


oggi disponibili in funzione della
loro efficienza di conversione (misura di sensibilit) e del loro intervallo spettrale. I dispositivi CCD risultano pi efficienti a tutte le lunghezze donda, tranne che nella regione ultravioletta estrema dello
spettro elettromagnetico.

CCD (dispositivo a scorrimento di carica)

(%)

10
fotomoltiplicatore

fotografia
1

occhio
umano

0.1
0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.1

lunghezza d'onda (m)

726

CAPITOLO 28

capillare di vetro
2 m
antimonio
isolante
a)
DV (millivolt)
450
400
b)

350
300

pH
250
5.0

6.0

7.0

8.0

9.0

Figura 28.3.16
Lelettrodo di antimonio (a), ricoperto normalmente di un sottile
strato di ossido, Sb2O3, introdotto
in una soluzione contenente ioni
H+, provoca il processo di ossido-riduzione:
Sb2O3 + 6 H+ + 6 e 2 Sb + 3 H2O.
(b) Allequilibrio il potenziale
dellelettrodo dipende linearmente dal pH della soluzione
(28.3.19).

Strumentazione biomedica

ziale) possiede normalmente forma quadrata con alcuni micrometri di lato


(3 10 m), e quindi tale dimensione individua lunit di area digitalizzata (chiamata pixel, si veda lAppendice B). Le versioni dei CCD in commercio presentano
aree fino a oltre 5 103 pixel per lato, corrispondenti a una matrice di 25 Mpixel
per rappresentare unimmagine digitalizzata (altissima definizione). Le dimensioni complessive di un blocco CCD (chip) sono di alcuni cm2 e con opportuni filtri si possono ottenere immagini digitali a colori.
I dispositivi CCD presentano numerosi vantaggi rispetto agli altri trasduttori ottici. Oltre alla possibilit di elaborare direttamente, tramite calcolatore, le immagini, essi possiedono una sensibilit molto elevata, come mostrato in Figura
28.3.15: i materiali fotoelettrici emettono un elettrone ogni 5 10 fotoni incidenti
e perci hanno unefficienza di conversione (sensibilit) compresa fra il 10 e il
20%; nel caso dellocchio sono necessari circa 70 fotoni incidenti per originare
una risposta visiva (23.4c), con unefficienza poco superiore all1%, nel caso dei
CCD si arriva a unefficienza del 70%, con un intervallo di operativit di gran
lunga maggiore (sopra e sotto lintervallo del visibile). Anche lintervallo dinamico, definito come il rapporto tra la massima e la minima intensit di luce rilevabile, molto elevato, dellordine di 5000: in confronto quello di una pellicola fotografica inferiore a 100. Infine i CCD, come i fotomoltiplicatori, sono dispositivi
lineari (le pellicole fotografiche ad esempio non lo sono) e presentano un basso
rumore di fondo (che a basse temperature si pu portare a livelli insignificanti).
28.3f Trasduttori chimici
Un esempio di trasduttore chimico costituito da elettrodi con cui misurare il
pH di una soluzione (pHmetri). Ci viene fatto misurando la d.d.p. tra la massa e
un elettrodo di materiale opportuno, ad esempio antimonio (Sb), che viene a dipendere linearmente dal pH della soluzione secondo la relazione seguente (Figura 28.3.16), essendo T la temperatura assoluta, R la costante dei gas perfetti e F
la costante di Faraday:
2.303 RT
(28.3.19)
V = Vo
(pH),
F
dove DVo la d.d.p. fissa fra Sb e lossido di antimonio, Sb2O3, normalmente presente sulla superficie di un simile elettrodo. Esistono in commercio vari tipi di elettrodi e microelettrodi per la misura del pH delle soluzioni.

Figura 28.3.17
Sensore combinato per la misura
transcutanea di pO2 e pCO2 arteriose.
Il sensore viene applicato sulla cute
con la parte inferiore, dove c la
membrana, attraverso cui diffondono i gas provenienti dai tessuti.

amplificatore
termistore
anodo
Ag/AgCl

sistema di
riscaldamento
catodo
platino 25 m

elettrodo per pH
membrana

28.4

727

Il microscopio elettronico

Sempre mediante elettrodi di costruzione particolare possibile misurare la


concentrazione di vari tipi di ioni. La concentrazione di ossigeno nel sangue pu
essere misurata (ossimetria) mediante il differente assorbimento della luce da
parte della molecola di emoglobina e di ossiemoglobina (22.3 e Figura 22.9).
La misura del pH di una opportuna soluzione elettrolitica eseguita con 2 elettrodi (catodo e anodo) permette di misurare sia la pressione parziale di CO2 (pCO2),
sia la pressione parziale di ossigeno (pO2) nel sangue. Entrambe queste misure possono essere eseguite contemporaneamente in modo non invasivo, senza prelevare
campioni di sangue. La misura transcutanea di pCO2 e di pO2 si ottiene sfruttando la
diffusione di questi gas attraverso i tessuti cutanei e attraverso la membrana del
sensore, fino ad unopportuna soluzione elettrolitica di cui viene misurato il pH
(Figura 28.3.17). I due gas danno luogo nella soluzione elettrolitica ai seguenti
processi:
a)

CO2 + H2 O H2 CO3 H + + HCO3

b)

O2 + 2 H2 O + 2e H2 O2 + 2 OH
H2 O + 2e 2OH .

Le correnti che si producono al catodo e allanodo (o le rispettive misure di


pH) sono proporzionali alle pCO2 e pO2 della soluzione elettrolitica. La misura risulta precisa riscaldando la superficie cutanea a circa 45C e sigillando la membrana del sensore (appoggiata alla cute) in modo che non vi siano fughe o ingressi
dei gas. In questo modo i valori delle pressioni parziali nellarteria e nella soluzione elettrolitica sono praticamente uguali. Lo strumento viene solitamente tarato con miscele gassose note (come laria atmosferica per lossigeno).

28.4

IL MICROSCOPIO ELETTRONICO

Il microscopio elettronico utilizza gli elettroni come sonde per ottenere immagini ingrandite (invece dei fotoni visibili impiegati nella microscopia ottica). Per
comprendere il funzionamento del microscopio elettronico quindi necessario
fare un accenno al comportamento degli elettroni in campi elettrici.

y
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+

d
x

28.4a Le lenti elettrostatiche

Una carica elettrica q subisce lazione di una forza F = q E quando si trova in


moto in un campo elettrico, per esempio tra le armature di un condensatore a
facce piane e parallele (placche), cui stata applicata una differenza di potenziale
elettrico DV, come mostrato in Figura 28.4.1. Il campo elettrico uniforme E
deforma la traiettoria della carica elettrica, in particolare, quando la sua velocit v
perpendicolare alle linee di forza del campo elettrico, si produce unaccelerazione costante ax , lungo la direzione di E, data da:
ax =

Fx q E x q E
=
=
,
m
m
m

(28.4.1)

dove m la massa della carica q. Le altre componenti dellaccelerazione sono nulle


e pertanto il moto in direzione y rettilineo uniforme:

+q

Figura 28.4.1
La traiettoria di una carica elettrica
positiva q, in moto con velocit v, attraversa una regione ove presente
il campo elettrico E, uniforme e ortogonale alla direzione della carica, il quale agisce solo sulla componente vx della velocit, lasciando
inalterata la componente vy. La particella carica viene deflessa e percorre una traiettoria parabolica,
per cui, alluscita dal condensatore, la carica prosegue di moto rettilineo uniforme in direzione laterale.

728

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

y(t) = v t ,

(28.4.2)

essendo v la velocit iniziale lungo lasse y. Poich laccelerazione costante lungo


x, ne risulta, come visto nel 2.2c, un moto uniformemente accelerato:

x(t ) = vx dt =

ax 2 q E 2 q DV 2
t ,
t =
t =
2
2m
2m d

(28.4.3)

dove abbiamo posto E = DV/d. Come noto, eliminando la variabile tempo tra la
(28.4.2) e la (28.4.3), si ottiene una traiettoria parabolica allinterno del condensatore. Alluscita dal condensatore, essendo E = 0, la carica q non subisce pi azioni
di forza e prosegue di moto rettilineo uniforme in direzione obliqua (Figura
28.4.1).
Pi in generale si pu schematizzare un elettrone (q = e ) che attraversi due
regioni a diverso potenziale elettrico, V1 e V2 (Figura 28.4.2). Lenergia cinetica di
un elettrone che si muove con velocit v proporzionale in ogni punto al potenziale V : 1/2 mv2 = eV. Nelle due regioni abbiamo dunque:
v12 =

2e
2e
V , v 22 = V 2 .
m 1
m

(28.4.4)

Poich la forza che agisce sullelettrone, quando passa dalla regione 1 alla regione 2, normale alle linee equipotenziali, V1 e V2, solo le componenti lungo x
delle velocit saranno modificate e non quelle lungo y, per cui v1y = v2y , ed essendo
v1y = v1 sen q1 e v2y = v2 sen q2 , si ottiene:
v1 sen q1 = v2 sen q2

(28.4.5)

che, mediante le (28.4.4) diventa:


V1 sen 1 = V 2 sen 2 .

(28.4.6)

Questa relazione analoga alla legge della rifrazione in ottica (12.25), per cui
si pu pensare che il comportamento di un elettrone in un campo elettrostatico
possa essere descritto in termini ottici, assumendo in ogni regione del campo un
indice di rifrazione assoluto n = V . Le condizioni dellottica ordinaria sono tuttavia diverse da quelle dellottica elettronica. Nellottica geometrica, lindice di riFigura 28.4.2
Nellattraversare due regioni a potenziale elettrico V1 e V2, un elettrone viene deflesso e il suo moto
caratterizzato da una legge analoga
a quella della rifrazione ottica. Le
linee V1 e V2 sono linee equipotenziali, ortogonali al vettore campo
elettrico che agisce sullelettrone.

V1

V2
v2y

v2x

v1y = v2y
q2

q1
v1y

v1
v1x

v2

V1

V2

28.4

729

Il microscopio elettronico

frazione varia bruscamente passando da un valore allaltro alla superficie delle


lenti. Nel caso dellottica elettronica, non esistendo tali confini definiti, lindice di
rifrazione varia con continuit in una data regione. Per questo motivo la determinazione del percorso di un elettrone attraverso una lente elettrostatica (Figura
28.4.3a,b) pi complessa del corrispondente caso del raggio luminoso. Un esempio di lente elettrostatica convergente mostrato in Figura 28.4.3c.
Analoghi effetti focalizzanti sono ottenuti anche con campi magnetici generati
da opportuni solenoidi. Si tratta in questo caso di ottica magnetica, che viene applicata in alternativa a quella elettronica nei microscopi elettronici (Figura 28.4.4) e
negli acceleratori di particelle (24.12).
28.4b La microscopia elettronica
Come si accenna nel Capitolo 24, la Meccanica classica non pi applicabile
quando le dimensioni dei sistemi sono molto piccole, dellordine di atomi e molecole. necessario allora riformulare la Meccanica su basi probabilistiche (Meccanica quantistica). Ci implica, tra laltro, il fatto di trattare il moto dei corpi microscopici (particelle) in termini ondulatori (la Meccanica quantistica anche chiamata ondulatoria) e pertanto applicare una duplice descrizione di una particella:
sia come corpuscolo dotato di massa, sia come onda che si propaga (dualismo particella-onda). In particolare, la frequenza di unonda di materia, come per la luce,
proporzionale alla sua energia cinetica EK:
E = EK = h n ,

(28.4.7)

dove h la costante di Planck, h = 6.6 1034 joule secondo, mentre la lunghezza


donda della particella legata alla sua quantit di moto q = mv dalla relazione:
q = h/l .

(28.4.8)

Figura 28.4.3
F
+

R2

a)
V

R1

b)

c)

(a) e (b) Aperture circolari cariche


che si comportano come lenti elettrostatiche (viste in sezione trasversale). Il tratteggio indica le linee
equipotenziali, mentre le linee
rosse sono le traiettorie degli elettroni: (a) apertura divergente e (b)
apertura convergente. (c) Esempio
di lente elettrostatica convergente,
costituita da due elettrodi cilindrici
coassiali di raggio diverso, fra i
quali stabilita una differenza di
potenziale DV. Le linee continue
rappresentano le linee di forza del
campo elettrico, mentre quelle
tratteggiate sono linee equipotenziali. Leffetto di convergenza
proporzionale a DV e al rapporto
tra i raggi R1/R2. Il punto S rappresenta la sorgente di elettroni ed F
il fuoco della lente elettrostatica.

730

CAPITOLO 28

Figura 28.4.4
In una lente magnetica, il campo
magnetico non uniforme, generato da due solenoidi, devia lelettrone, secondo la forza di Lorentz
(14.7), come mostrato nei due inserti. In A la forza di Lorentz produce una componente della velocit diretta verso lesterno del
piano della figura, mentre in B questa componente comporta una
forza di Lorentz che tende a far
convergere lelettrone sullasse
della lente. Il fuoco della lente pu
essere variato cambiando la corrente che circola nei solenoidi.

Strumentazione biomedica

forza di Lorentz
(verso l'esterno del foglio)
F = ev B
A

solenoide racchiuso in
un contenitore di ferro
(in sezione)
avvolgimenti

va ,velocit azimutale
(verso l'esterno del
foglio)
B

F = eva B

R2
asse della lente
magnetica
traiettoria
degli elettroni

linee di forza del


campo magnetico
involucro
di ferro

avvolgimenti

solenoide racchiuso in
un contenitore di ferro
(in sezione)

Osservando che, trascurando gli effetti relativistici:


1
q = m v = 2m m v 2 = 2m E K ,
2

(28.4.9)

si ricava dalle (28.4.7) e (28.4.8) la seguente relazione fra lunghezza donda ed


energia cinetica EK della particella:

l=
C

(28.4.10)

Questa relazione, adottando lelettronvolt (eV) come unit di misura dellenergia, diventa:
1.5
l=
nanometri,
EK
(28.4.11)

O
LO

Figura 28.4.5

I1
M
Lp

I2
schermo fluorescente

h
.
2 m EK

Schema di un microscopio elettronico a trasmissione. Un filamento S, portato allincandescenza,


emette elettroni per effetto termoionico. Su di essi agisce un campo elettrico acceleratore stabilito
tra il filamento stesso e una lastra metallica che funge anche da collimatore. Le lenti sono costituite
da campi elettrici e magnetici. Una prima lente, detta condensatore (C), concentra il fascio sul
campione O sotto osservazione. Una seconda lente Lo funziona come obiettivo e fornisce una
prima immagine ingrandita del campione, che si forma davanti ad una terza lente Lp, chiamata
proiettore, che, della prima immagine, fornisce unulteriore immagine ingrandita su uno schermo
fluorescente I2, osservabile direttamente da una finestra laterale di osservazione M e che, alloccorrenza, pu essere fotografata. Linsieme del dispositivo sotto vuoto per evitare la diffusione
degli elettroni lungo il loro cammino, cos da mantenere il fascio, per quanto possibile, monoenergetico e quindi monocromatico.

28.4

dove abbiamo considerato come particella di massa m un elettrone. La (28.4.11)


permette di calcolare la lunghezza donda, espressa in nm, associata a un elettrone
in moto, esprimendo lenergia cinetica EK in eV.
Le relazioni (28.4.10) e (28.4.11) non tengono conto degli effetti relativistici
che si manifestano quando la velocit della particella molto prossima alla velocit
della luce. Ci avviene a energie cinetiche molto elevate, ad esempio un elettrone,
dotato di unenergia cinetica pari a 100 keV, possiede una velocit pari a 0.62c, che
comporta una correzione di circa +20% nella (28.4.9), non molto importante
nella valutazione della l, poich, come vedremo fra poco, la (28.4.10) verr utilizzata solo per stimare lordine di grandezza della lunghezza donda della particella.
Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, che un fascio di elettroni pu essere
trattato come un fascio ottico mediante lenti elettrostatiche (Figura 28.4.3) oppure magnetiche, come illustrato in Figura 28.4.4. Si ha cos la possibilit di costruire un microscopio elettronico, mostrato schematicamente in Figura 28.4.5, in cui
si seleziona la lunghezza donda della particella variando lenergia cinetica degli
elettroni mediante lazione acceleratrice di campi elettrici.
Come nel caso del microscopio ottico (22.21), il potere separatore (dm)1 del
microscopio elettronico dipende dallapertura numerica e dalla lunghezza
donda:
1.22
(28.4.12)
dm =
.
2 n sen
Dalla relazione (28.4.10), si pu diminuire la lunghezza donda aumentando
lenergia cinetica dellelettrone e ottenere, in linea teorica, un potere separatore
fino a 105 volte superiore a quello del microscopio ottico. Purtroppo in pratica ci
non possibile, poich le lenti per gli elettroni non sono cos perfette come quelle
ottiche e quindi necessario operare con aperture a molto piccole e il potere separatore pu essere incrementato fino a un fattore 1000, rispetto a quello ottico.
Il microscopio elettronico pu dunque raggiungere ingrandimenti utili 1000 volte
maggiori di quello ottico, cio fino a 106 ingrandimenti.
Come detto sopra, per aumentare lenergia cinetica del fascio di elettroni sufficiente accelerarli in un campo elettrostatico. Ad esempio, in un campo elettrostatico, corrispondente ad una d.d.p. di 100 kV, ogni elettrone acquista unenergia
cinetica data dalla (3.23):
1
m v 2 = e V = 1.6 10 19 105 joule =
2
= 1.6 10 14 joule = 100 keV ,

731

Il microscopio elettronico

(28.4.13)

essendo e la carica elettrica dellelettrone e m la sua massa. Ricavando il valore


della velocit, si ottiene v = 1.9 1010 cm/s, che tramite la (28.4.8) e la (28.4.9) fornisce l = 0.04 . Assumendo unapertura numerica dellordine di 103, dalla
(28.4.12) si ottiene una distanza minima di risoluzione dei dettagli del preparato
dm 26 , circa 0.2 m/26 100 volte inferiore a quella del microscopio ottico.
Pertanto, un microscopio elettronico, con questi parametri, pu ingrandire efficacemente fino a circa 100mila volte.
Lottica elettronica possibile solo nel vuoto. Ci rappresenta un impedimento allosservazione di oggetti vivi oppure contenenti acqua. Luso del microscopio elettronico assai pi complicato rispetto al microscopio ottico e la stessa
preparazione dei campioni da osservare molto pi delicata e complessa. Inoltre,
per quanto concerne il contrasto nellimmagine, grazie al quale essa acquista si-

Potere separatore

732

Figura 28.4.6
Immagine di una cellula condrocitaria ottenuta mediante microscopio eletronico a trasmissione (circa
12 000 ingrandimenti): si osserva il
nucleo con il nucleolo ben evidente e nel citoplasma sono visibili
alcuni mitocondri e alcune vescicole del reticolo endoplasmatico
ruvido. (Dipartimento di Medicina
Sperimentale, Sezione di Istologia,
dellUniversit di Pavia).

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

gnificato, esso ottenuto dalla diversa densit delle varie componenti del campione. Per osservare contrasti accettabili necessario depositare, per vaporizzazione, un sottile strato metallico sul campione opportunamente trattato.
Questo impiego del microscopio elettronico a trasmissione (Figure 28.4.5,
28.4.6 e 19.15), non si deve confondere con quello del microscopio elettronico a
scansione (Figura 28.2.7), nel quale un sottile pennello di elettroni, governato
come nel tubo catodico del televisore, esplora a intervalli loggetto in esame. Tutti
i punti della superficie colpiti dal fascio emettono successivamente elettroni secondari diffusi che producono una corrente elettrica amplificabile, capace di produrre unimmagine sullo schermo di un monitor. Le immagini cos ottenute forniscono unimpressione pseudotridimensionale della superficie osservata, come
evidente dalla Figura 28.4.8 (si veda anche la Figura 23.32).
Con una tecnica simile alla microscopia elettronica possibile effettuare analisi
in traccia di campioni, cio individuare la distribuzione di quantit microscopiche
di determinati elementi presenti in un campione biologico (per elementi con
Z > 15 la risoluzione raggiungibile di 1020 grammi). In pratica si tratta di utilizzare un microscopio elettronico a scansione abbinato a un rilevatore della radiazione X che si origina, tramite il meccanismo illustrato in Figura 25.14, quando il
fascio di elettroni incide sul campione: i fotoni X generati per transizione tra gli
orbitali atomici pi interni dellatomo sono caratteristici degli elementi componenti il campione. Si possono cos ottenere le mappe di determinati elementi presenti in traccia.

alimentazione del
cannone elettrico

cannone
elettronico
lente 1

bobine
per la
scansione

lente 2

alimentazione delle
lenti elettriche e
magnetiche
comandi di
ingrandimento e di
scansione

Figura 28.4.7
Schema di un microscopio elettronico a scansione, simile a quello a
trasmissione, in cui il campione
viene esplorato sequenzialmente
dal pennello elettronico. Gli elettroni diffusi vengono raccolti e la
corrente elettrica cos prodotta
viene amplificata e inviata sullo
schermo di un tubo a raggi catodici, dove forma unimmagine ad
alta definizione costituita tipicamente da 1000 linee. Il potere separatore del microscopio a scansione
viene a dipendere soprattutto dal
diametro del fascio incidente di
elettroni.

lente 3

schermo per la
visualizzazione (tubo
a raggi catodici)

fascio
primario
collettore
campione

sistema per il
vuoto

amplificatore del
segnale

elaborazione del
segnale

28.5

733

Lelettrocardiografia

Figura 28.4.8
(a) Microfotografia del nodo di
Ranvier (NR) di un assone (appartenente al nervo sciatico di ratto)
ottenuta mediante un microscopio
elettronico a scansione (ingrandimento 8 000). Una delicata rete di
fibre reticolari (*) forma una sottile guaina esterna di tessuto connettivo. (b) Microfotografia di una
coppia di coni circondati da bastoncelli della retina di salamandra
ottenuta mediante un microscopio
elettronico a scansione (ingrandimento 12 000 ).
Esempio

28.4.1

Microscopio elettronico: risoluzione

Quale differenza di potenziale viene richiesta in un microscopio elettronico affinch gli elettroni forniscano una lunghezza
donda di 0.5 ngstrom (me = 9.07 1031 kg)?

Assumendo n sen a 0.5, il potere separatore (28.4.12) risulta


essere:
dm =

Soluzione Dalla relazione (28.4.4), introducendo la (28.4.9)


al posto dellenergia cinetica EK e ricavando DV si ottiene:

V =

1.22
= 1.22 0.5 = 0.61 ,
(2 n sen )

quindi di dimensioni su scala atomica.

(6.6 10 34 J s)2
h2
=
=
2 e 2 m e (0.5 10 10 m)2 1.6 10 19 C 9.07 10 31 kg
= 600.33 volt.

28.5

LELETTROCARDIOGRAFIA

Lelettrocardiografo permette di registrare, mediante appositi elettrodi posti


sulla superficie corporea, le differenze di potenziale elettrico (d.d.p.) che si generano tra diversi punti del corpo umano, in concomitanza con il propagarsi del potenziale dazione nelle fibre muscolari cardiache (che sono di tipo amielinico).
Nel 19.8 abbiamo visto che tali potenziali elettrici sono determinati dagli strati dipolari associati allangolo solido, sotto cui osservato il fronte avanzante del potenziale dazione lungo le fibre muscolari. Come evidente nella Figura 19.20, landamento nel tempo del potenziale V(P) dipende dalla posizione del punto P rispetto al fronte di depolarizzazione della cellula (e poi al successivo fronte di ripolarizzazione).
28.5a Il modello dipolare
Per comprendere pi a fondo il significato dei tracciati elettrocardiografici
(ECG) opportuno definire le approssimazioni con cui si opera. Nel seguito trascuriamo i fenomeni di f.e.m. indotta (assumiamo quindi nulla linduttanza L del
corpo umano) e consideriamo il corpo umano come un mezzo omogeneo indefi-

734

Figura 28.5.1
Man mano che ci si allontana dalla
cellula, essa appare sempre pi
come un doppio strato dipolare (r
W D). A grande distanza dalla cellula, attraversata da un potenziale
dazione (depolarizzazione progressiva e ripolarizzazione successiva), gli strati dipolari equivalgono
a un momento di dipolo elettrico
complessivo p che varia nel tempo.
Da (a) ad (e) esso causato dalla depolarizzazione, mentre in (f) e (g)
dalla ripolarizzazione della cellula.
Nelle fasi successive a (f), non mostrate in figura, il momento di dipolo elettrico complessivo ha verso
opposto a quello relativo alla depolarizzazione. Quando la cellula di
nuovo polarizzata si ritorna alla situazione illustrata in (a).

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

tempo

a grande distanza
+

+
+

c)

+
+

+
+
+
+

+
+

+ +

e)

+
+

+
f)

+
+
+
+

p>0

+
+

p>0

p=0

+
+

+
+

p>0

p=0

d)

b)

a)

+
+

+
+
+
+

p<0

28.5

735

Lelettrocardiografia

nito non conduttivo. Il modello, definito da queste approssimazioni, chiamato


elettrostatico e comporta due possibili interpretazioni dei segnali ECG, a seconda
che sia r W D oppure che r D, dove r la distanza tra il punto P, in cui si misura
il potenziale elettrico, e lo strato dipolare, mentre D la dimensione del cuore.
Nel primo caso, che riguarda in particolare una parte della registrazione ECG,
il modello elettrostatico chiamato modello dipolare. Infatti, come dimostrato nella
Figura 28.5.1, il fronte avanzante del potenziale dazione, per r W D (il punto P in
cui si trova lelettrodo lontano dal cuore), origina un momento di dipolo elettrico p variabile nel tempo. In questo modello opportuno utilizzare lespressione
del potenziale di dipolo elettrico (17.30), che riscriviamo sotto forma di prodotto
scalare (17.28), avendo sostituito al prodotto pSS il momento di dipolo elettrico totale p degli strati dipolari concordi (Figura 28.5.1) e avendo posto eoer = e:
V (P) =

pS S cos
pr
1
1
=
.
(4  e)
(4  e) r 3
r2

(28.5.1)

Dunque, ciascuna fibra muscolare cardiaca, in ogni istante, quando interessata


dal potenziale dazione, contribuisce a un momento di dipolo totale, da cui origina il potenziale complessivo istantaneo in un dato punto P.
28.5b Il momento di dipolo elettrico cardiaco
La contrazione delle fibre muscolari cardiache viene determinata dal propagarsi di un potenziale dazione che si sviluppa a partire da un gruppo di cellule
nervose chiamato nodo seno-atriale. Come mostrato in Figura 28.5.2a, il potenziale dazione coinvolge in tempi successivi gli atrii e i ventricoli: in ogni istante si
ha un momento di dipolo elettrico totale determinato dal fronte avanzante di depolarizzazione, ottenuto eseguendo la somma vettoriale dei singoli momenti di dipolo delle fibre. Dalla Figura 28.5.2a si nota facilmente che il vettore momento di
dipolo totale p cambia in modulo, direzione e verso in funzione del tempo: esso
appare ruotare nel tempo, aumentando e poi diminuendo il proprio modulo (Figura 28.5.2b) in fasi (onde) successive.
Avremo quindi, allinizio del ciclo cardiaco, un momento di dipolo totale ruotante a causa della depolarizzazione degli atrii (onda P), successivamente una seconda rotazione, pi rilevante, per la depolarizzazione dei ventricoli (onda QRS)
e, infine, una terza per il propagarsi del fronte di ripolarizzazione negli atrii e nei
ventricoli (onda T). Queste ricostruzioni grafiche sono riportate in Figura 28.5.3a
e costituiscono un vettorcardiogramma. Le proiezioni di p sui tre assi x, y, z sono mostrate in funzione del tempo in Figura 28.5.3b.
28.5c Le derivazioni elettrocardiografiche
Come detto sopra, lelettrocardiografo registra delle differenze di potenziale
elettrico tra due punti, ad esempio tra i punti generici A e B della Figura 28.5.4.
Per la (28.5.1) applicata al punto A e al punto B, essendo rA rB = r, avremo:
V (A) - V (B) V A V B =
=

1 p rA p rB
3 =
4 e rA3
rB

1 p ( rA - rB )
1 pR
=
,
4e
4e r3
r3

(28.5.2)

Vettorcardiogramma

736

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.5.2
(a) Londa di depolarizzazione si
propaga nella massa muscolare dagli atrii (A), (B) e (C)(onda P) ai
ventricoli (D), (E), (F) e (G) (complesso QRS). Sono disegnati i vettori momento di dipolo totale corrispondenti alle differenti configurazioni istantanee del fronte di depolarizzazione. (b) I vettori momento di dipolo totale del complesso QRS (da 1 a 7) sono rappresentati in relazione alla struttura
cardiaca e riportati nella costruzione del relativo vettorcardiogramma.

(A)

(B)

(D)

(C)

a)

(G)

(E)

(F)

(G)

(D)

(F)

1
(E)

b)

5
2
3

tempo

dove la differenza vettoriale rA rB data dal vettore R.


Osserviamo ora che il prodotto scalare p R significa eseguire la proiezione del
vettore p sul vettore R e quindi, dalla (28.5.2), VA VB risulta proporzionale alla
componente di p lungo la retta congiungente i punti A e B. Dunque, con tre misure di differenze di potenziale elettrico, corrispondenti alle proiezioni di p su tre
assi ortogonali, potremmo ricostruire nello spazio il vettore momento di dipolo
elettrico cardiaco totale e studiarne la sua variazione in modulo, direzione e verso
nel tempo. I tracciati della Figura 28.5.3b sono quindi proporzionali alle d.d.p. tra
due punti appartenenti a ciascuno dei tre assi x, y e z.
In pratica, a causa delle approssimazioni del modello dipolare, sono necessarie
12 misure di d.d.p.(cio 12 tracciati ECG) per poter disporre (per scopo diagnostico) delle informazioni sufficienti a determinare levolversi spazio-temporale del
momento di dipolo elettrico totale p, generato durante il ciclo cardiaco.

28.5

Figura 28.5.3

px

R
T

P
x

Q S
py

737

Lelettrocardiografia

t
QRS
pz

(a) Vettorcardiogramma: luoghi


dei punti estremi del vettore momento di dipolo elettrico totale p
del cuore al variare del tempo, corrispondenti allonda P, al complesso QRS e allonda T durante il
ciclo cardiaco. Il sistema di riferimento x. y, z ha lorigine nel centro
elettrico del cuore. (b) Le tre componenti in x, y e z del momento di
dipolo elettrico totale p in funzione del tempo: esse corrispondono alle proiezioni dei vettorcardiogrammi di (a) sui 3 assi, eseguite
in tempi successivi.
B

a)

b)

Queste d.d.p. sono ottenute tramite 10 elettrodi, 4 collegati alle estremit degli
arti (polsi e caviglie) e 6 posizionati sul torace. I potenziali misurati da questi elettrodi vengono combinati tra loro in modo da ottenere 6 derivazioni frontali e 6 derivazioni precordiali.
Per quelle frontali si utilizzano gli elettrodi collegati alle estremit. Lelettrodo
collegato alla caviglia destra costituisce il potenziale di riferimento per gli altri (potenziale di messa a terra o di massa). Poich gli arti (essenzialmente costituiti da
una soluzione elettrolitica) possono essere considerati come delle estensioni degli
elettrodi, i tre elettrodi rimanenti (ai due polsi e alla caviglia sinistra) registrano i
potenziali nei punti A, B e C indicati in Figura 28.5.5. Le d.d.p. tra questi punti definiscono le tre derivazioni chiamate I (VB VA), II (VC VA) e III (VC VB), le quali

60

60 cm

40 cm
RI

RII

80

RIII

53 cm

40
C

Figura 28.5.5
Schema dei tre vettori che connettono i tre elettrodi. Gli arti sono in
pratica una estensione degli elettrodi
collegati allelettrocardiografo.

rB

rA

p
O

Figura 28.5.4
Geometria per calcolare la d.d.p.
fra i punti A e B, determinata dal
momento di dipolo elettrico p.

738

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.5.6
(a) Sono mostrate le 6 direzioni nel
piano frontale definite dalle d.d.p.
fra gli elettrodi e dalle d.d.p. ottenute dalle combinazioni lineari
(28.5.3), chiamate anche derivazioni aumentate. (b) Il triangolo di
Einthoven (allincirca equilatero).
Sulle sei direzioni R, L, F e I, II, III si
proietta il momento di dipolo elettrico totale del cuore.

R
RR

RL

120
R1

120
O

30

III

I
30

II

b)

RIII

RF

RII

a)

individuano le proiezioni di p sui tre assi RI, RII e RIII di Figura 28.5.5. I tre potenziali VA, VB e VC possono essere combinati in modo da ottenere le tre ulteriori derivazioni frontali, chiamate aVR, aVL e aVF :
aVR = 2 VA (VB + VC) = (I + II)
aVL = 2 VB (VA + VC) = + (I III)
aVF = 2 VC (VA + VB) = + (II + III) ,
Triangolo di Einthoven

Figura 28.5.7

(28.5.3)

le quali individuano i tre assi RL, RR e RF mostrati in Figura 28.5.6a. Questi definiscono il triangolo di Figura 28.5.6b, chiamato triangolo di Einthoven. Le sei direzioni cos ottenute sono abbastanza regolarmente spaziate tra loro (di circa 30).
In Figura 28.5.7 sono mostrati i tracciati, relativi al complesso QRS, delle sei derivazioni frontali: essi corrispondono alle proiezioni di p sui 6 assi sopra definiti durante la sistole.
aVR

Tracciati elettrocardiografici relativi al complesso QRS nelle sei derivazioni frontali. Essi rappresentano
la proiezione del vettore p sui sei
assi frontali. Come si vede, tale
proiezione cambia a seconda dellasse considerato.

aVL

RR

RL

r'
t

RI

QR

RQRS
I

RF

RIII

RII

t
qRs

aVF

III

t
Rs

II

28.5

739

Lelettrocardiografia

opportuno osservare che le derivazioni frontali comportano uninterpretazione dellECG solo nel piano frontale. In realt il vettorcardiogramma si svolge
nelle tre dimensioni. Questo inconveniente in parte ovviato dalle derivazioni
precordiali. Inoltre si pu dimostrare che lasse orizzontale RI non si trova esattamente nel piano frontale, ma diretto posteriormente di circa 8: necessario tenere conto di ci nello studio dettagliato dellECG (Esempio 28.5.1).
Per le derivazioni precordiali, i 6 elettrodi vengono posizionati nei punti mostrati in Figura 28.5.8, in ciascuno dei quali si misura il potenziale VDi (dove lindice
i = 1, 2, ..., 6). La d.d.p. fra VDi e il valor medio di VA, VB e VC individua le derivazioni
frontali V1, V2, ..., V6:
V i = V Di

V A - VB + VC
3

(i = 1, 2 , 6).

(28.5.4)

Tali derivazioni misurano la proiezione di p sui sei vettori mostrati che si originano dal centro del triangolo ABC di Figura 28.5.5 (si veda Figura 28.5.8). Cirisulta valido se si trascurano le differenze tra i quadrati delle distanze dei tre punti
A, B e C dal centro O del triangolo. Infatti la (28.5.4) pu essere riscritta utilizzando la (28.5.2), con i = 1,2, ..., 6 :
Vi =

1 p rDi 1 p rA p rB p rC
3 + 3 + 3 ,

4 e rDi3
3 rA
rB
rC

dorso
V6
destra
V5
V4
V1

(28.5.5)

V3

V2

Figura 28.5.8

e poich possibile riferire tutti i potenziali a un unico potenziale VO senza che la


(28.5.4) si modifichi, se il punto O tale per cui sia rA + rB + rC = 0 e rA rB rC,
cio si trova al centro del triangolo ABC, allora la (28.5.5) diventa:
Vi =

1 p rDi
4 e rD3i

(i = 1, 2 6),

(28.5.6)

e Vi proporzionale alla proiezione di p lungo la direzione di rDi , come affermato


sopra.
Dunque, con laggiunta dellapprossimazione citata sopra, mediante le derivazioni precordiali, si misurano le proiezioni di p sulle sei direzioni di Figura 28.5.8.
Lampiezza di questi segnali sar maggiore, rispetto a quella delle derivazioni frontali, essendo le distanze rDi < rA.
Tuttavia, poich le posizioni precordiali sono molto prossime al cuore, lapprossimazione del modello dipolare (r W D) non pi soddisfatta. Linterpretazione di tali derivazioni quindi molto approssimativa: infatti le regioni del miocardio vicine alle posizioni precordiali contribuiscono al potenziale Vi in misura
maggiore rispetto a quelle lontane (le differenze in r 2 non sono pi trascurabili)
e i tracciati andrebbero quindi reinterpretati.
Dato che in questo caso r D, per interpretare meglio le derivazioni precordiali, sarebbe necessario ricorrere al modello a strato dipolare, per il quale si applica
la relazione (17.33) che qui riscriviamo:
V Di =

1
4e

pS ( )d (i = 1, 2 6),
i

Posizione degli elettrodi precordiali e direzioni delle componenti


di p che essi misurano.

(28.5.7)

dove il momento di dipolo elettrico viene a dipendere dallangolo solido W sotteso

rA
D

O r
B

rDi

rC
C

Figura 28.5.9
Schema dei vettori utilizzati per individuare la direzione precordiale
rDi su cui proiettare il momento di
dipolo cardiaco.

740

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

dalle varie superfici che costituiscono il fronte avanzante del potenziale dazione,
come mostrato in Figura 28.5.10. Questo modello tuttavia poco pratico, data la
complicazione di calcolo dellintegrale (28.5.7), in cui si deve tener conto della
notevole complessit (evidente nella Figura 28.5.10) delle superfici tridimensionali coinvolte dal potenziale dazione avanzante.
NellEsempio 28.5.1 vengono valutate le modifiche alle direzioni degli assi del
triangolo di Einthoven determinate dalla posizione asimmetrica del cuore.
28.5d Aspetti tecnici

Figura 28.5.10

In Figura 28.5.11a mostrato schematicamente un elettrocardiografo, costituito da un circuito dingresso con bilanciamento capacitivo, che elimina le componenti continue dagli elettrodi (come il potenziale elettrico costante prodotto
dalla sudorazione o dalla pasta che garantisce il perfetto contatto elettrico elettrodo-pelle) e da un amplificatore che invia il segnale a un galvanometro, collegato con un pennino che scrive su una striscia di carta, per tracciati, posta su un cilindro ruotante alla velocit costante di 25 oppure 50 mm/s.
I valori delle capacit e delle resistenze di ingresso sono stabiliti in modo che il
circuito abbia una costante di tempo di circa 3 secondi, tempo sufficientemente
lungo perch rapide variazioni, nel potenziale in ingresso, siano certamente registrate. Cerchiamo di comprendere questo fatto. Applichiamo il processo di carica
di un condensatore (17.12) al circuito dingresso dellelettrocardiografo esemplificato nella Figura 28.5.11b. Il registratore sensibile alla d.d.p. VR che si ottiene
ai capi della resistenza dingresso R. Per la legge di Ohm VR = R i, dove i = i(t) la
corrente che attraversa il circuito (cio la resistenza R) con andamento dato dalla
(17.74), per cui VR risulta diminuire esponenzialmente nel tempo, con costante di
tempo t = 3 s, in modo simile a quello mostrato in Figura 17.35. Una brusca salita
(oppure discesa) del potenziale V applicato allingresso viene quindi registrata
come in Figura 28.5.11c. Pertanto, per variazioni di potenziali che avvengono in
tempi molto piccoli, come il complesso QRS, per cui Dt = 60 ms, la costante di

Segnali registrati dai punti precordiali V1 e V5 nel corso della depolarizzazione ventricolare (complesso
QRS). Sono mostrati in modo schematico gli angoli solidi delle regioni depolarizzate in tempi successivi e il corrispondente segnale
ECG.

+
+

+ +
V5 + ++
+ + +
+ + + ++
+
V1
+ ++

+
+

V5
V1

V1
a)

+
+

+
+ + +
+ + + +
+ ++ +
+
+
V1
+ ++
d)

b)

++
V5
+ + +
+ + + +
+ ++ +
V1 + + + +
+ + + +

e)

V5

c)

+
+

+ +
+ + + + V5
V5
+ + + + +
+ + + ++ +
+

V1
+
+ ++

+ ++

f)

28.5

galvanometro
trasformatore

741

Lelettrocardiografia

Figura 28.5.11

amplificatore
ingressi
agli elettrodi dei polsi

pennino

alla gamba destra (terra)


all'elettrodo della
gamba sinistra
carta di registrazione

a)
VC

(a) Schema di un elettrocardiografo. (b) Circuito dingresso dellelettrocardiografo: il potenziale V


rilevato dagli elettrodi, uno dei
quali posto come riferimento a
massa, mentre il potenziale VR
viene amplificato e causa la deviazione del pennino sulla carta (tracciato ECG). (c) Onda quadra applicata in ingresso e segnale registrato
dallelettrocardiografo corrispondente. Il segnale registrato corrisponde alla derivata del segnale
dingresso (per piccoli valori della
costante di tempo) .

C
VR

b)

potenziale di
ingresso V

tempo
O

uscita del
registratore
(VR)
amplificata

t = 3s

tempo
c)

O
= 3s

tempo t del circuito dingresso talmente lunga che la carica del condensatore
non la deforma.
interessante osservare che il circuito dingresso di Figura 28.5.11b, chiamato
filtro passa alto (dallazione opposta al filtro passa basso citato nel 8.5c), dato
che lascia filtrare praticamente inalterati segnali molto brevi nel tempo, cio di
piccolo periodo e quindi di alta frequenza, effettua anche loperazione di derivata
sul segnale dingresso, come evidente dalla Figura 28.5.11c.
Come detto sopra, la presenza dei condensatori in ingresso necessaria per eliminare le componenti continue nel segnale rilevato dagli elettrodi, mentre il filtro
passa alto smorza le componenti a bassa frequenza eventualmente presenti, per
esempio determinate dagli effetti dei movimenti respiratori. Per convenzione, il
potenziale di 1 mV in ingresso produce una deflessione di 1 cm del pennino sulla
carta di registrazione (nella Figura 28.5.12 i segnali ECG sono stati per amplificati di un fattore due).

Filtro passa alto

742

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.5.12
Un ECG normale, costituito dalle
12 derivazioni descritte nel testo.

In Figura 28.5.12 sono riportati, come esempio, i tracciati ECG relativi ad un


cuore normale. Le modifiche rispetto alla normalit indicano la presenza di anomalie nella funzionalit cardiaca.
Particolare cura deve essere posta nel rendere il contatto elettrico elettrodo-superficie cutanea il migliore possibile, solitamente utilizzando opportune paste conduttrici, per evitare che disturbi della rete di alimentazione possano filtrare attraverso il circuito dingresso e apparire sul tracciato ECG. In tale caso il tracciato non
appare continuo, ma seghettato in modo pi o meno rilevante a seconda dellimperfezione del contatto: la parziale assenza di contatto introduce in pratica nel circuito una capacit aggiuntiva e la seghettatura dovuta alla d.d.p. alternata di rete
(a 50 Hz) che, seppur di gran lunga smorzata, viene rilevata dallo strumento.
Esempio

28.5.1

Asimmetria nella posizione del cuore

Lasse RI (asse orizzontale), definito nellambito del modello


dipolare nel 28.5c, in realt non orizzontale a causa della
posizione asimmetrica del cuore e il triangolo di Einthoven
non simmetrico. Data la posizione geometrica del cuore, le
distanze rA e rB (Figura 28.5.4) non sono uguali, ma hanno
circa i valori rA = 0.24 m e rB = 0.21 m, riportati in Figura
28.5.13. Valutare linclinazione dellasse RI* su cui viene proiettato il valore del dipolo cardiaco con il trascorrere del tempo.

RI*
A

b
RI
rA

A'
K

a
rB

rA'
O

Soluzione Riferendoci alla Figura 28.5.13 riprendiamo


lespressione (28.5.2) aggiungendo e togliendo la quantit
p rB
:
rA3
VB - V A =
=

AB = 40 cm
OA = 24 cm
OB = 21 cm

rC

1 p rB p rA
3 =
4 e rA3
rA
1 p rB p rA 1 p rB p rB
3 +
3 =

4 e rB3
rA 4 e rA3
rA

1 1
1 p ( rB rA )
=
+ p rB 3 3 =

4e
rA3
rB rA

r 3
1
1
=
p R I + A3 1 p rB =
p R I ,
3
3
4 erA
rB

4 erA

Figura 28.5.13 Se rB fosse uguale a rA, lasse RI sarebbe


orizzontale, ma, essendo rA rB, la d.d.p. VA VB corrisponde
alla proiezione del momento di dipolo elettrico p su un asse
RI* che si ottiene sommando al vettore orizzontale RI, il vettore [(rA/rB)3] rB (numericamente circa 0.5 rB). Il vettore risultante forma un angolo b = 8 con lasse orizzontale.

28.6

Esempio

28.5.1

Ecografia ed ecocardiografia

Asimmetria nella posizione del cuore - continua

dove:

= arctg

r 3
0.243
R I = R I + A3 1 rB = R I +
1 r = R I + 0.5 rB .
0.213 B
rB

Dalla costruzione geometrica di Figura 28.5.13, langolo a, utilizzando il teorema di Carnot per il triangolo AOB:
(RI2 + rB2 2 RI rB cos a = rA2),
risulta essere:

R2 +r 2 r 2
a = arcos 1 B A = 26.13,
2 R I rB

ed essendo le distanze:
AK = AB + BK = AB+ BH cos = AB + 0.5 rB cos e

0.5 rB sen
KH
= arctg
=
AB + 0,5 rB cos
AK

0.5 0.21 sen


=
0.40 + 0.5 0.21 cos
= arctg(0.092) = 8.
= arctg

Quindi lasse RI* in realt inclinato verso lalto di 8 (Figura


28.5.13). Inoltre lasse RI* risulta diretto posteriormente e il
triangolo di Einthoven non giace nel piano frontale. In ogni
caso il punto O rappresenta sempre, per definizione il centro
isoelettrico del cuore, caratterizzato dal fatto che:
rA + rB + rC = 0 (somma vettoriale).
Analoghe relazioni si ricavano per gli assi RII* e RIII*, essendo
rC = 0.40 m:

KH = 0.5 rB sen = AK tg ,
si ottiene:

28.6

743

r 3
R II* = R II + A3 1 rC
rC
3
r 3 r 3
r
R III* = A3 R III + A3 A3 rB .
rC
rC rB

ECOGRAFIA ED ECOCARDIOGRAFIA

In questo paragrafo sono riprese e approfondite le nozioni svolte nel Capitolo


14, soprattutto quelle relative agli ultrasuoni, per applicarle alle indagini ecografiche e in particolare ecocardiografiche. Lo sviluppo di queste tecniche diagnostiche non invasive ha permesso di accrescere notevolmente le possibilit di prevenzione di svariate patologie (si pensi, ad esempio, alle diagnosi precoci di tumori e
alle indagini sul feto): da ci deriva la ragione di una trattazione dettagliata dellargomento (si veda anche il 28.9f).
28.6a Caratteristiche ed effetti delle vibrazioni ultrasonore
Ricordiamo qui alcune nozioni svolte nel Capitolo 14, preliminari alla comprensione del funzionamento di un ecografo.
I suoni, la cui frequenza supera i 2 104 Hz, sono detti ultrasuoni e non possono
essere percepiti dallorecchio umano. Un metodo per generare londa ultrasonora
consiste nel ricorrere a particolari cristalli, chiamati cristalli piezoelettrici (citati nel
28.3), come il titanato di bario oppure il zirconato di piombo: quando a questi
cristalli viene applicata una differenza di potenziale elettrico alternata, e quindi un
campo elettrico alternato, essi vibrano con una frequenza uguale a quella del
campo elettrico che li ha generati.

744

CAPITOLO 28

TABELLA 28.6.1 Coefficienti di


assorbimento di ultrasuoni da 1 MHz
per diversi materiali biologici
SOSTANZE
acqua
plasma
sangue intero
muscolo scheletrico
fegato
rene
tessuto adiposo

a(cm1)
0.0006
0.014
0.04
0.4 0.5
0.34
0.44
0.26

Strumentazione biomedica

Analogamente avviene per la rilevazione di ultrasuoni: questi stessi cristalli, sottoposti a vibrazioni meccaniche ultrasonore, generano un campo elettrico alternato e, quindi, una d.d.p. della stessa frequenza; opportuni dispositivi elettronici
elaborano e registrano le informazioni generate dagli ultrasuoni.
In questo modo si possono ottenere e rivelare ultrasuoni con frequenza fino al
miliardo di cicli al secondo (1 GHz), cui corrisponde una lunghezza donda
dellordine dei m. Infatti, essendo ln = v, si ottiene una lunghezza donda in aria
(velocit del suono v @ 340 m/s) di 0.3 m e in acqua (v @ 1450 m/s) di 1.5 m.
La lunghezza donda cos piccola di questi ultrasuoni, circa dellordine di quella
della luce, fa s che essi si propaghino rettilineamente (attraversando strutture macroscopiche, i fenomeni di diffrazione e interferenza sono trascurabili o molto attenuati), formando dei veri e propri raggi sonori: un fascio di simili ultrasuoni
dunque altamente direzionale.
I generatori di ultrasuoni impiegati in Medicina o nellIndustria hanno intensit che variano, a seconda dellutilizzo, fra 104 W/cm2 e 10 W/cm2. Nel caso
dellestremo superiore delle intensit, utilizzando la (13.5) con ultrasuoni alla frequenza di 106 Hz (1 MHz) si provocano ampiezze di pressione di circa 5.5 atmosfere: ci significa che due punti situati a mezza lunghezza donda di distanza (cio
0.725 mm nellacqua) possono essere sottoposti alla considerevole differenza di
pressione istantanea subita dalle particelle del mezzo, sottoposte a un simile gradiente di pressione, di circa 2.43 105 volte laccelerazione di gravit g (vedasi il calcolo riportato nellEsempio 13.6). Si comprende allora che, quando sono emessi
con elevata intensit, gli ultrasuoni possono dare luogo ad azioni meccaniche e
alla produzione di calore nei materiali: nelle applicazioni diagnostiche quindi indispensabile mantenere lintensit ultrasonica a livelli non dannosi.
Lenergia trasportata da un fascio di ultrasuoni viene assorbita nello spessore x
in mezzi materiali secondo una legge di tipo esponenziale:
I(x) = Io e a x,

(28.6.1)

dove Io = I(x = 0) lintensit incidente, I(x) quella trasmessa dopo lattraversamento di uno spessore x e a un coefficiente di assorbimento che assume valori diversi a seconda del materiale attraversato, come mostrato in Tabella 28.6.1 per diversi mezzi biologici. In particolare, per i materiali biologici e nellintervallo di frequenza compreso fra 0.5 e 15 MHz, il coefficiente  risulta proporzionale alla frequenza della vibrazione ultrasonora:
arn.

(28.6.2)

Vediamo ora in che modo possono essere utilizzati gli ultrasuoni per ottenere
immagini e misure di tipo diagnostico.
28.6b Caratteristiche tecniche dellecografia
Lecografia una tecnica di ricostruzione dellimmagine di una struttura anatomica basata sulla riflessione di un fascio ultrasonoro attraverso le diverse interfacce del mezzo acustico (Figura 28.6.1). In generale lo stesso cristallo piezoelettrico viene utilizzato sia come sorgente che come rivelatore; esso riceve essenzialmente gli echi prodotti dalle superfici poste perpendicolarmente alla traiettoria
del fascio.
Durante luso il trasduttore (sonda) viene posto a contatto con la pelle tramite
un gel, che agisce come sostanza conduttrice del suono (13.4), e gli impulsi elet-

28.6

trici vengono forniti al cristallo di trasduzione mediante un generatore di d.d.p. alternata ad alta frequenza. Le frequenze utilizzate sono dellordine di 1 15 MHz a
seconda dei casi e solitamente vengono emessi brevi impulsi di onde ultrasonore
della durata variabile da 1 a 5 microsecondi circa 200 volte al secondo. Una volta
emesso limpulso, il cristallo piezoelettrico automaticamente predisposto alleffetto opposto dellemissione, trasformando qualsiasi eco che riceve in vibrazione
elettrica. Date le elevate velocit del suono nei tessuti, riportate in Tabella 28.6.2,
la ricezione pu essere fatta senza interferenza con la successiva emissione da
parte del cristallo.
In pratica il tempo che intercorre tra lemissione degli impulsi e la ricezione
dellonda riflessa da uninterfaccia, nota la velocit di propagazione nel mezzo,
consente di ottenere le distanze tra il trasduttore e le interfacce e, quindi, la distanza d tra le interfacce stesse, come indicato in Figura 28.6.1 da cui abbiamo:

= / 2 /1 =

v t 2 v t1 1

= v (t 2 t1 ).
2
2
2

(28.6.3)

La distanza pu essere registrata in vari modi su opportuni monitor.


I parametri tecnici che in generale caratterizzano lemissione dal trasduttore
ultrasonoro, oltre lintensit e la frequenza della vibrazione, sono la divergenza del
fascio di ultrasuoni e la risoluzione lineare dello strumento. Come vedremo, questi parametri sono fra di loro interdipendenti.
Cominciamo a considerare la risoluzione: maggiore la risoluzione del sistema,
pi vicini possono essere due oggetti per venire riconosciuti come due punti nettamente separati e pi sar dettagliata linformazione che pu essere estratta
dallimmagine. La risoluzione assiale (o longitudinale) la capacit di distinguere
due punti lungo la linea di propagazione dellonda sonora. La lunghezza donda
dellultrasuono determina il limite teorico di risoluzione assiale, che, per frequenze comprese tra 1 e 15 MHz, varia da 1.5 a 0.1 mm. Anche la lunghezza
dellimpulso emesso limita la risoluzione assiale: impulsi di lunga durata impediscono di rivelare due interfacce molto vicine, come mostrato in Figura 28.6.2.
La risoluzione laterale la capacit di distinguere due punti giacenti su una linea
ortogonale allasse di propagazione dellonda ultrasonora. Essa dipende dalle dimensioni del fascio di ultrasuoni e sar tanto maggiore quanto pi sottile il fascio
stesso, per cui risulta dipendere anche dalle caratteristiche di propagazione del fascio. In generale, un fascio collimato e stretto possiede una risoluzione laterale superiore a un fascio largo, oppure divergente. Lampiezza del fascio dipende sia
dalla frequenza (13.3c) che dal diametro del cristallo: quanto maggiore la frequenza del trasduttore, quanto migliore la sua messa a fuoco acustica e quanto
pi stretto il diametro del cristallo, tanto minore risulta la divergenza, e quindi
maggiore la sua collimazione, e tanto migliore sar la risoluzione laterale.
TABELLA 28.6.2
TESSUTI
sanguigno
adiposo
muscolare
osseo (cranio)

Densit d e velocit v di propagazione del suono in diversi tessuti


d(g cm3)
1.0
0.928
1.058
1.85

745

Ecografia ed ecocardiografia

v(m s1)
1560
1470
1568
3360

interfaccia
1

sorgente
1

2
rivelatore

interfaccia
2
a)

t1

O
segnale
emesso

t2

asse dei
tempi

seconda
riflessione

prima
riflessione

b)

Figura 28.6.1
Misura della distanza tra le interfacce tramite i diversi tempi di rivelazione delle vibrazioni riflesse
(echi). Al tempo zero mostrato
limpulso emesso di ampiezza A.
In (b) si osserva la prima riflessione
dallinterfaccia 1 e poi la seconda
riflessione dallinterfaccia 2. Le
ampiezze delle due riflessioni diminuiscono a causa degli assorbimenti dovuti agli spessori dei materiale attraversati.

746

CAPITOLO 28

Figura 28.6.2

Strumentazione biomedica

AB

Effetto della lunghezza L dellimpulso ultrasonoro sulla risoluzione


assiale: in (a) le due strutture sono
rivelate separatamente; in (b) le
due strutture A e B non vengono separate. Dallalto verso il basso mostrata la sequenza in tempi successivi relativa allemissione e alla ricezione degli impulsi ultrasonori riflessi dalle superfici A e B.

t1

t2

t3

t4

a)

campo
campo
lontano
vicino
"far field"
"near field"

raggio non
focalizzato

trasduttore

xmax
lente

trasduttore

zona
focale
raggio focalizzato
(focalizzazione debole)

b)

La focalizzazione acustica, simile a quella ottica (Capitolo 21), prevede uno o pi


punti focali, lungo il percorso del fascio ultrasonico, per garantire una migliore risoluzione laterale (Figura 28.6.3) e pu essere ottenuta con diversi metodi sia meccanici che elettronici (28.6c).
Lintensit di un raggio sonoro decresce costantemente attraverso i tessuti a
causa di quattro fattori: la divergenza del fascio, il suo assorbimento, la riflessione
e la rifrazione.
In generale lattenuazione di un fascio di ultrasuoni nei tessuti molli umani risulta essere di un decibel per ogni centimetro percorso, moltiplicato per la frequenza espressa in MegaHertz: 1 (dB/cm) MHz. Ad esempio, per una struttura
di 10 cm di spessore, lattenuazione dellordine di 20 dB MHz, poich il raggio
percorre due volte la distanza tra la superficie del trasduttore e il punto di riflessione. Per un trasduttore che emette a 2 MHz, essa di 40 dB, cio lampiezza della
vibrazione ultrasonora viene ridotta di un fattore 100, che diventa un fattore 1000
a 3 MHz, come risulta dalla Tabella 28.6.3. Ci significa che lattenuazione aumenta molto rapidamente allaumentare della frequenza, limitando la profondit
di esplorazione nel corpo umano.

Figura 28.6.3
TABELLA 28.6.3 Confronto fra unit decibel e rapporti di intensit
e dampiezza della vibrazione sonora, secondo la (14.5)
(si assumono unitarie lintensit e lampiezza corrispondenti a zero decibel)

Effetto della focalizzazione sulla


forma del fascio di ultrasuoni
lungo la loro direzione di propagazione.

Db
60
50
40
30
20
10
0
10
20

RAPPORTO DINTENSIT
106
105
104
103
100
10
1
0.1
0.01

RAPPORTO DAMPIEZZA
103
320
100
32
10
3.2
1
0.32
0.1

28.6

La divergenza del fascio di ultrasuoni si verifica oltre una certa distanza xmax dal
punto di emissione, fino alla quale essa trascurabile e il fascio pu essere considerato cilindrico. Se non vi sono altre cause di attenuazione, la divergenza comporta una progressiva diminuzione dellintensit del fascio, come mostrato in Figura 28.6.4, dato che la potenza che attraversa la sezione 1 deve essere uguale a
quella incidente sulla sezione 2, avente superficie maggiore. Come accennato sopra, allaumentare della frequenza diminuisce la divergenza del fascio e quindi anche la sua attenuazione.
Il fascio di ultrasuoni viene assorbito dai tessuti attraversati, poich esso pone
in vibrazione le molecole di cui sono costituiti, vibrazione che viene limitata dalle
forze di attrito, con trasformazione in calore di parte dellenergia del fascio. Lassorbimento, come evidente dalle (28.6.1) e (28.6.2), aumenta progressivamente al
crescere della frequenza e allaumentare della rigidit del tessuto: il tessuto osseo
assorbe 10 volte di pi dei tessuti molli e questi a loro volta presentano un assorbimento 10 volte superiore a quello dei fluidi corporei come il sangue, il liquido amniotico e lurina. Perci la vescica piena rappresenta una sorta di finestra acustica
per lesame delle strutture vicine.
Poich divergenza e assorbimento dipendono in modo opposto dalla frequenza, per ottimizzare lo strumento necessario trovare una soluzione di compromesso.
A titolo di esempio, se assumiamo una dimensione di 0.6 cm per il cristallo
emettitore, abbiamo, dalla Tabella 28.6.4, diversi valori di xmax e di divergenza b
(Figura 28.6.4) a seconda della frequenza. In particolare per n = 2.5 MHz abbiamo
xmax = 6 cm e b = 3.5, che comporta un raddoppio della dimensione del fascio di
ultrasuoni alla distanza di circa 11 cm dalla sorgente: a questa distanza la risoluzione diventa quindi di 2 0.6 cm = 1.2 cm. Questo raddoppio della dimensione
lineare del fascio alla distanza di 11 cm ha due effetti deleteri: riduce la risoluzione
lineare di un fattore due e, per la (13.18), lintensit di un fattore quattro.
La Tabella 28.6.4 indica una situazione teoricamente migliore a 5 MHz, tuttavia ci in pratica non avviene a causa dellassorbimento, il cui coefficiente a aumenta di un fattore 2, per la (28.6.2). Ci comporta, per la (28.6.1), un incremento nellenergia assorbita dai tessuti nellunit di tempo, di circa e 2 @ 8 volte rispetto alla frequenza di 2.5 MHz e di circa 150 volte rispetto alla frequenza di
1 MHz, cui si riferiscono i coefficienti della Tabella 28.6.1.
Laumento di frequenza significa dunque una maggiore energia assorbita dai
tessuti e quindi anche una minore energia trasmessa, come appare evidente dallo
spessore di dimezzamento x1/2 dellintensit trasmessa, nel caso del muscolo cardiaco riportato in Tabella 28.6.4.

TABELLA 28.6.4 Valori di xmax e di b a diverse frequenze (v = 1500 m/s).


Nellultima colonna riportato lo spessore di dimezzamento dellintensit
nel caso del tessuto muscolare cardiaco
n(MHz)
1.0
2.5
5.0

l(cm)
0.15
0.06
0.03

x max(cm)
2.4
6.0
12.0

b
8.8
3.5
1.75

747

Ecografia ed ecocardiografia

x 1/2(cm)
2.2
0.8
0.3

2
1

xmax

Figura 28.6.4
Rappresentazione schematica della divergenza b del fascio. Lenergia che attraversa la sezione 1 deve
essere uguale a quella che attraversa la sezione 2. Essendo questa
maggiore, ne risulta una corrispondente diminuzione dellintensit
del fascio (energia per unit di superficie e per unit di tempo).

748

CAPITOLO 28

Figura 28.6.5
La riflessione su una superficie piccola rispetto alle dimensioni del fascio (tratteggiato) causa una sua
diffusione e una conseguente perdita di intensit nel fascio.

16
elementi

60

Figura 28.6.6
Sonda ultrasonora il cui trasduttore costituito da 16 elementi allineati che esplorano un angolo di
60.

fronte
d'onda
focalizzato

catena
lineare di
trasduttori
ritardati

Figura 28.6.7
Rappresentazione schematica della focalizzazione del fascio trasmesso. Sono mostrati solo 5 elementi piezoelettrici. Utilizzando il
principio di Huygens, la vibrazione
complessiva viene focalizzata ad
una distanza che dipende dai ritardi di emissione sonora applicati
a ciascun trasduttore della matrice.

Strumentazione biomedica

Pertanto, a causa dei danni che gli ultrasuoni possono comportare per i tessuti,
lassorbimento il fattore limitante dellintensit ultrasonora emessa. Infatti, mentre da un lato unintensit di 20 W/cm2 a 1 MHz pu gi comportare danni ai tessuti, daltro canto necessario impiegare intensit sufficienti a garantire un buon
segnale riflesso rispetto al livello dei disturbi: ci rende necessarie intensit di
circa 80 W/cm2, sempre a 1 MHz.
Per risolvere il problema si impiega, come riferito allinizio, una tecnica pulsata: 200 pulsazioni per secondo della durata di 5 s ciascuna comportano un
tempo totale di trasmissione di 200 5 106 = 103 s e quindi una potenza dissipata
nellorganismo di 80 103 = 0.08 W/cm2, ben al di sotto del limite di pericolosit.
Anche la riflessione e la rifrazione attenuano lintensit del fascio di ultrasuoni.
In particolare la riflessione avviene allinterfaccia tra mezzi diversi e il contenuto
informativo viene ottenuto dallonda riflessa, che deve pervenire al trasduttore
piezoelettrico. Se la riflessione non avviene nella stessa direzione di incidenza
sullinterfaccia, il raggio riflesso non pu raggiungere il rivelatore e viene attenuato. Ci avviene quando le dimensioni dellinterfaccia sono piccole rispetto a
quelle del fascio, come mostrato in Figura 28.6.5. Poich gli echi di ritorno per
questo motivo, soprattutto se provenienti da interfacce in profondit, sono molto
deboli, occorre un sistema di amplificazione per ottenere segnali sufficientemente
chiari da essere rappresentati distintamente sullo schermo (28.6c).
Infine, la risoluzione laterale, in generale, dato che dipende dalle dimensioni del
cristallo piezoelettrico, pu essere notevolmente migliorata utilizzando una sonda
dotata di una matrice costituita da molti piccoli cristalli (Figura 28.6.6) la quale,
tramite il principio di Huygens e opportuni ritardi di emissione fra i vari elementi
della matrice, calcolati e introdotti mediante luso di un microprocessore, in
grado di focalizzare il fascio trasmesso (Figura 28.6.7). Si possono cos ottenere risoluzioni laterali dellordine o inferiori al millimetro.
In questo caso, come si vede dalla Figura 28.6.8, dopo la riflessione sul bersaglio, gli echi arrivano in tempi diversi al trasduttore, il quale deve essere messo in
fase con il segnale ricevuto, in modo che limmagine corrisponda allorientamento del segnale trasmesso. Ci realizzato mediante linee di ritardo inserite nel
circuito ricevente. Immediatamente dopo che i trasduttori hanno trasmesso il segnale, i ricevitori vengono cos focalizzati in modo da ricevere i segnali da una piccola distanza, dopodich la distanza focale viene incrementata in sincronia con
lintervallo di ritorno degli eco-bersagli. Questa ricezione a focale variabile pu essere sovrapposta a una trasmissione e ricezione con movimento angolare (Figura
28.6.9), che fornisce una scansione tale da esplorare una sezione (tomografia) del
corpo. Questa tecnica chiamata ecografia a scansione. Alcuni tipi di dispositivi ecografici a scansione sono mostrati in Figura 28.6.10.
Assegnando opportune tonalit di grigio alle ampiezze dei segnali riflessi possibile ottenere sullo schermo di un monitor unimmagine tomografica come indicato in Figura 28.6.11.
opportuno osservare che la presenza di zone daria, come accade per la cassa
toracica e per gli organi viscerali, poste sul cammino del fascio ultrasonoro, provoca considerevoli disturbi (Figura 28.6.11), poich la velocit del suono nellaria
minore rispetto a quella nei mezzi biologici. Perci necessario utilizzare un gel
come sostanza conduttrice di suono, interposto tra sonda e superficie cutanea ed
evitare di far passare il fascio attraverso zone o bolle daria. Pertanto le ecografie
di polmoni e apparato digerente non sono eseguibili dallesterno. Per ovviare a
questa limitazione, recentemente sono state utilizzate sonde ultrasonore montate

28.6

eco del
bersaglio

q
fronte
d'onda
trasmesso

trasduttori

catena
lineare di
trasduttori

catena
lineare di
trasduttori

r2

749

Ecografia ed ecocardiografia

r4

r1

r3

linea di
r5 ritardo

amplificatore
trasmissione degli impulsi
con differenti ritardi

Figura 28.6.9
immagine

Rappresentazione schematica dellemissione angolata del fascio, in


grado di fornire una scansione angolare alla sonda. Sono mostrati solo 5
elementi piezoelettrici. Utilizzando il principio di Huygens, la vibrazione complessiva, che si ottiene applicando opportuni ritardi di emissione agli elementi della matrice, ha una superficie donda piana che
forma un angolo q con la normale alla catena di trasduttori.

Figura 28.6.8
Rappresentazione schematica della focalizzazione
del fascio riflesso mediante linee di ritardo. Sono
mostrati solo 5 elementi piezoelettrici.

cavo

elemento
attivo

direzione di rotazione

spazzola

catena lineare
di trasduttori

commutatore
elemento
attivo

cuore

a)

b)

c)

Figura 28.6.10
Sono mostrati alcuni metodi di scansione in tempo reale. (a) Scansione meccanica veloce: tre trasduttori in rotazione, costituiti da un singolo
elemento piezoelettrico, formano immagini a forma di settore. (b) Scansione eseguita da trasduttori lineari: i trasduttori sono indirizzati sequenzialmente originando una scansione rettangolare, mediante la focalizzazione elettronica mostrata nelle Figure 28.6.7 e 28.6.8. (c) Scansione angolare elettronica eseguita da trasduttori lineari (si veda la Figura 28.6.9): opportuni ritardi nei segnali provocano langolazione del
fascio di ultrasuoni e la formazione di immagini a settore circolare.

750

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.6.11
Ecografia a scansione del fegato e
del pancreas. Si osservi lartefatto
dovuto alla presenza di aria. Lultrasuono si propaga nellaria con
velocit minore, causando una riflessione molto ritardata dalla
parte posteriore della bolla e
quindi la comparsa di artefatti da
riverbero (freccia).

sonda

mezzo di propagazione:
interfacce

a)
ampiezza
curva di
attenuazione

tempo
b)

amplificazione

28.6c Elaborazione elettronica dei segnali

curva TGC
O

tempo
c)

ampiezza

su strumentazione endoscopica (22.6) e introdotte nellapparato digerente o nei


bronchi. Inoltre, vanno evitate anche le strutture ossee, dato che il notevole assorbimento nei tessuti ossei causa zone dombra e riflessioni anomale nellimmagine.

tempo
d)

Figura 28.6.12
Il TGC compensa con unamplificazione differenziata la diminuzione dampiezza dei segnali causata dallattenuazione della vibrazione ultrasonora. (a) Schema di
interfacce regolari e identiche in
un mezzo omogeneo su cui il fascio
incide sempre nella stessa direzione. (b) Rappresentazione sullo
schermo di un monitor degli ecosegnali provenienti dallo schema mostrato in (a), senza TGC. (c) Curva
di amplificazione per TGC applicata ai segnali in (b). (d) Rappresentazione dello schema di (a) su
monitor corretto con il TGC.

I segnali ecografici ricevuti dalla sonda vengono elaborati elettronicamente introducendo opportune compensazioni e amplificazioni, prima di venire rappresentati sullo schermo di un monitor o su carta.
La compensazione nel guadagno temporale o TGC (da Time Gain Compensation)
permette di studiare le interfacce dellimmagine a prescindere dallattenuazione
sonora. Consideriamo un mezzo omogeneo di propagazione e supponiamo che in
esso siano presenti N interfacce parallele con lo stesso coefficiente di riflessione
(Figura 28.6.12). Esaminando sul monitor i segnali elettrici generati dai cristalli in
ricezione (a causa delle onde meccaniche riflesse da queste interfacce), si vedono
i segnali diminuire in ampiezza allaumentare della distanza trasduttore-interfacce
(Figura 28.6.12b). Il fenomeno dellattenuazione, definito e quantificato sopra,
dovr essere compensato per questa perdita di energia in modo che le ampiezze di
tutte le interfacce sul monitor siano uguali.
Per ottenere questo risultato vengono utilizzati, in accoppiamento con i cristalli ricevitori, opportuni circuiti di amplificazione a guadagno variabile in funzione del tempo di ritorno dei segnali, e quindi della distanza delle interfacce.
Questi circuiti permettono, tramite opportune regolazioni, di determinare un incremento di guadagno tale da compensare lattenuazione del segnale (Figura
28.6.12c), Linsieme delle regolazioni preposte a questo scopo chiamato TGC e
con esse si ottiene sullo schermo ununiformit di rappresentazione delle interfacce supposte identiche (Figura 28.6.12d). Tutto ci ovviamente presuppone:
una velocit costante dellultrasuono nel mezzo biologico, interfacce prive di irregolarit entro la sezione del fascio incidente e un identico angolo di incidenza del

28.6

751

Ecografia ed ecocardiografia

fascio ultrasonoro dotato di identica sezione e con distribuzione uniforme di energia al suo interno. In condizioni reali quindi gli effetti della regolazione TGC
vanno valutati caso per caso dalloperatore.
Volendo invece variare lentit globale dei segnali riflessi, cio ridurre o aumentare lampiezza di tutti i segnali ricevuti, si applica unamplificazione complessiva (system gain oppure overall gain) completamente indipendente dal TGC e
priva di interferenze con esso.
Il potenziale elettrico generato dal trasduttore sollecitato dalle onde meccaniche riflesse possiede unampiezza molto variabile e relativamente piccola (da qualche mV al volt, in relazione al tipo di interfaccia e alla sua distanza dalla sonda). La
necessit di impiegare dei circuiti di amplificazione globale per rendere aprezzabili questi segnali richiede unattenta valutazione del contenuto diagnostico dei segnali stessi. Se da un lato unamplificazione elevata permette di individuare segnali molto piccoli (interfacce poste in profondit o scarsamente riflettenti), valori elevati di amplificazione portano alla saturazione del segnale (con presenza di
distorsioni), causando false comparazioni tra segnali di diversa ampiezza.
Il rapporto, espresso in decibel, che intercorre fra il segnale pi elevato amplificabile, senza arrivare al livello di saturazione, e quello pi piccolo distinguibile
dal rumore di fondo, definisce lintervallo o range dinamico del circuito amplificatore. Un range dinamico troppo basso potrebbe impedire la discriminazione fra
segnali riflessi e rumore di fondo, oppure confondere in saturazione segnali di differente contenuto informativo; un range dinamico troppo elevato potrebbe invece
confondere loperatore a causa delleccessivo numero di segnali da valutare.
A seconda dello strumento, lamplificazione pu essere lineare, logaritmica o
con andamento a S (Figura 28.6.13) e il range dinamico pu essere fisso o variabile. Negli amplificatori lineari il range dinamico molto basso, compreso fra 10 e
13 dB, ed consigliabile solo per indagini su interfacce con caratteristiche di riflessione poco dissimili. In quelli logaritmici il range dinamico elevato (tra 35 e
70 dB) e poich i segnali di ampiezza minore sono amplificati maggiormente rispetto a quelli di maggiore ampiezza, essi permettono di presentare segnali da interfacce anche molto diverse e, quindi, di acquisire un maggior numero di informazioni. Lamplificazione a S impiegata in indagini ecooftalmologiche e fornisce un
range dinamico di 33 3 dB. Alcuni strumenti permettono alloperatore di scegliere il tipo di amplificazione.
Per elevate amplificazioni si possono osservare segnali non riferibili alla rivelazione di vibrazioni meccaniche del rivelatore, ma determinati da rumore elettronico o, pi in generale, da disturbi elettrici e da interferenze elettromagnetiche.
Unopportuna regolazione, chiamata discriminazione o reject, permette la soppressione di questi disturbi e anche dei segnali pi deboli, discriminando i livelli dei seFigura 28.6.13
OUT

OUT

IN
O
a)

OUT

IN
O
b)

IN
O
c)

(a) Amplificazione lineare. (b) Amplificazione logaritmica. (c) Amplificazione a S. Al segnale di ingresso
(IN) sullasse orizzontale, corrisponde sullasse verticale quello
duscita (OUT). In tratteggio riportato leffetto di saturazione del
segnale: oltre certe ampiezze in ingresso il segnale viene amplificato
quasi sempre nello stesso modo.

752

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

gnali pi significativi (Figura 28.6.14). Questa regolazione deve essere impiegata


con precisa consapevolezza della sua funzione, in quanto pu alterare linformazione diagnostica dellecografia.

a)

28.6d Modi di analisi ecografiche ed ecocardiografia dinamica


b)

c)

Figura 28.6.14
Effetto della regolazione reject con
soppressione del rumore: (a) segnali senza reject; (b) livello di discriminazione della regolazione
reject (i segnali sotto la linea tratteggiata sono soppressi); (c) segnali finali con reject operativo: come si
vede, i disturbi sono stati eliminati.

Ecocardiografia Doppler

Gli impulsi riflessi dalle pareti di interfaccia, come detto sopra, possono essere
visualizzati in un monitor sullasse orizzontale dei tempi, mentre sullasse verticale
vengono mostrate le ampiezze degli impulsi riflessi (Figure 28.6.15 e 28.6.16). Un
simile metodo di visualizzazione viene chiamato modo di analisi A. Tuttavia, invece
di rendere lampiezza dellimpulso riflesso proporzionale a quella della scala verticale, si pu facilmente renderla proporzionale alla luminosit del punto luminoso sul monitor; questo metodo viene detto modo di analisi B. Dunque il modo A
produce unimmagine modulata in ampiezza, mentre il modo B produce unimmagine modulata in intensit luminosa. Il modo A, come schematizzato in Figura
28.6.15a, utile per strutture statiche. Il modo B viene usato per la tomografia ultrasonora allo scopo di visualizzare il profilo delle variazioni nel tempo di strutture
riflettenti in movimento. Quando le immagini del modo B vengono fatte passare
in istanti successivi sullo schermo del monitor, si ottiene il modo di analisi M. Questa tecnica consente losservazione successiva di organi in movimento ed particolarmente utile nel caso del cuore.
Il muscolo cardiaco infatti costantemente in moto, ma, rispetto alla velocit
degli impulsi e alla risposta del sistema elettrico di trasduzione, questo movimento
molto lento. Se riferito al cuore, il modo di analisi M viene chiamato ecocardiografia. da notare che gli spostamenti delle pareti riflettenti cardiache sono
troppo veloci per poter essere seguiti a occhio sullo schermo, per cui con un microprocessore a memoria viene presentata alloperatore, e registrata su carta, una
visione rallentata nel tempo dei movimenti cardiaci. In Figura 28.6.15c sono mostrati i dati ecocardiografici ottenuti nei modi A, B ed M, con la loro rappresentazione schematica.
Il modo M molto utile per lesame delle valvole cardiache, consentendo anche misure di velocit dei lembi, ad esempio della valvola mitralica, per individuarne il grado di stenosi o la presenza di calcificazioni.
Impiegando sonde ad alta risoluzione e dispositivi a memoria dotati di microprocessori veloci, si possono ottenere immagini tomografiche cardiache, in cui il
colore del punto luminoso, generato da monitor a colori, viene a dipendere dallo
spostamento in frequenza della vibrazione riflessa dovuto alleffetto Doppler.
Lecocardiografia Doppler consente dunque di visualizzare, in scansioni tomografiche, anche il moto delle pareti cardiache.
Si tratta di misurare, oltre ai ritardi degli echi, anche la variazione, per effetto
Doppler, della frequenza emessa da una sorgente in moto rispetto a un osservatore
(la sonda) fermo. Applichiamo la relazione (14.17), che qui riscriviamo adattata al
caso:

Dn = nriflessa nemessa = nemessa

2u
2u
nemessa
,
v u
v

(28.6.4)

dove v la velocit del suono nel mezzo e u la velocit della parete riflettente rispetto alla sonda (in avvicinamento o in allontanamento).

753

Ecografia ed ecocardiografia

po
siz
ec ion
hi e d
da el
lla tr
ca as d
ss ut
a t to
ec
or re
hi
ac
da
ica
ls
ett
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o
hi
IV
da
ec lla v
hi
alv
da
lla ola
m
pa
it
re
te ralic
po
a
ste
rio
re

28.6

ampiezza
(echi)

setto IV
trasduttore

sterno
scala di profondit
del tessuto

VD
polmone

VS

AD
AS

polmone
O

tempo

modo A

b)

tempo

modo B

tempo
(assoluto)
modo A

modo B

modo M
O

tempo

modo M
(modo B fatto scorrere verso l'alto nello schermo)

c)

a)

Figura 28.6.15

a)

(a) Confronto fra le ecografie cardiache effettuate in modo A, B ed


M nella stessa particolare direzione
attraverso il cuore come mostrato
in (b). Un elettrocardiogramma e
un fonocardiogramma vengono di
solito eseguiti contemporaneamente a questi tracciati. In (c) sono
schematizzati i modi A, B ed M. Legenda: AD = atrio destro, VD = ventricolo destro, AS = atrio sinistro,
VS = ventricolo sinistro.

b)

M
m

S
T

L
M

T
M

Figura 28.6.16
Ecografia cerebrale effettuata in modo A. Con D indicata lecografia da destra e con S quella da
sinistra. Gli echi riportati sullasse dei tempi di un monitor forniscono una configurazione simmetrica nel caso (a) e asimmetrica nel caso di ematoma endocranico (b). M rappresenta leco da strutture interemisferiche, T il segnale trasmesso, L e leco sulla parete cranica controlaterale e m un
artefatto della linea mediana.

754

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.6.17
Ecografia Doppler cerebrale senza
mezzo di contrasto in (a) e con
mezzo di contrasto in (b), dove
evidente lazione di rinforzo del
mezzo di contrasto, che mette in risalto distretti circolatori cerebrali.

Nellultimo passaggio si assume v W u, cio la velocit di propagazione dellultrasuono maggiore della velocit con cui si muove linterfaccia da cui viene riflesso, come accade in effetti per le strutture cardiache. Il moto delle pareti cardiache e del sangue viene mostrato in successioni di immagini a falsi colori, ricostruite mediante un microprocessore, che gestisce lo strumento, su un monitor a
colori. Le pareti in avvicinamento sono rappresentate da diverse tonalit rosse e
quelle in allontanamento da tonalit blu.
Anche per le immagini ecografiche possibile incrementare il segnale ecografico mediante mezzi di contrasto costituiti da microbolle di aria (diametro dellordine di pochi micrometri) introdotte nel sistema circolatorio. In Figura 28.6.17
mostrata unecografia Doppler senza (a) e con (b) mezzo di contrasto.
Concludiamo questo argomento osservando levidente rilevanza, per questo
tipo di strumentazione, del mezzo di calcolo (microprocessore), le cui caratteristiche permettono elaborazioni sempre pi sofisticate. Ad esempio nel 28.9f sono
mostrate alcune immagini ecotomografiche tridimensionali.
In effetti, nelle diagnosi fondate su immagini e dati ecografici, o pi in generale ultrasonografici, assume grande importanza il trattamento digitale dellimmagine, la quale pu essere elaborata in svariati modi (ingrandita, aumentata o diminuita nel contrasto sulla scala dei grigi o dei colori, trattata con algoritmi mateEsempio

28.6.1

Ecografia cerebrale

Leco della linea mediana del cervello di un soggetto normale


viene rilevato 1.1 104 secondi dopo lemissione dellimpulso
dalla sorgente. Valutare: (1) la distanza della linea mediana
dalla sorgente assumendo una velocit del suono nel tessuto
cerebrale di 1540 m s1 e trascurando le correzioni dovute alle
ossa craniche (nel caso di un soggetto malato gli echi dal lato
destro del cranio, dalla linea mediana e dal lato sinistro sono
osservati rispettivamente dopo 0.1 104 s, 1.32 104 s e
2.40 104 s); (2) lo spostamento della linea mediana del cervello e (3) quale emisfero cerebrale risulta allargato.

Soluzione (1) Facendo riferimento alla Figura 28.6.16a e alla


(28.6.3), abbiamo:
1
dM = 1.1 10 4 s 1540 m s 1 = 0.0847 m = 8.47 cm.
2

(2) Calcoliamo nello stesso modo le distanze delle tre strutture


(vedasi Figura 28.6.16b):
1
d D = 0.1 10 4 s 1540 m s 1 = 0.0077 m = 0.77 cm.
2
1
dM = 1.32 10 4 s 1540 m s 1 = 0.10164 m = 10.164 cm.
2
1
dS = 2.4 10 4 s 1540 m s 1 = 0.1848 m = 18.48 cm.
2
Lo spessore dellemisfero destro di 10.64 cm 0.77 cm =
= 9.394 cm e di quello sinistro di 18.48 cm 10.164 cm =
= 8.316 cm, mentre la linea mediana avrebbe dovuto trovarsi
alla distanza di (18.48 cm 0.77 cm)/2 = 8.855 cm; essa risulta
spostata di 8.855 cm 8.316 cm = 0.539 cm verso il lato sinistro.
(3) Da quanto calcolato sopra, lemisfero destro risulta allargato.

28.7

755

La frantumazione meccanica di calcoli

matici per ottenere opportune proiezioni geometriche e cos via). Con questi sviluppi, si pu ben affermare che lultrasonografia ha ormai abbandonato lera della
dipendenza dei risultati dalla tecnica, per entrare in unera di utilizzo che la rende
equivalente alla radiografia, con il vantaggio di provocare danni biologici trascurabili ai tessuti interessati.

28.7

LA FRANTUMAZIONE MECCANICA DI CALCOLI

Fino a circa 20 anni fa lintervento chirurgico ha spesso rappresentato lunico


sussidio terapeutico per leliminazione dei calcoli renali (ed anche di calcoli biliari
e concrezioni calcaree articolari). La litotripsia si andata poi sostituendo in parte
allintervento chirurgico in urologia, in gastroenterologia e in ortopedia (Figura
28.7.1a, b e c). Nel seguito ci occupiamo in particolare dei calcoli renali.
Figura 28.7.1
La litotripsia si affermata come
standard terapeutico in (a) urologia (calcolosi renale), (b) gastroenterologia (litiasi biliare), (c) ortopedia (concrezioni calcaree articolari).

a)

b)

c)

28.7a Il litotritore: principi fisici e aspetti tecnici


Da molti anni importanti progressi tecnologici hanno permesso di adottare
con successo metodiche, parzialmente o completamente non invasive, per distruggere concrezioni solide mediante una frantumazione per contatto con il calcolo
(ad esempio raggiungendo il calcolo per via endoscopica). Tuttavia, poich questi
metodi presentano diversi inconvenienti e per attuare una terapia incruenta della
calcolosi renale, stato sviluppato un metodo di frantumazione delle concrezioni
(litotripsia) dallesterno, e quindi totalmente non invasivo, mediante luso di onde
durto meccaniche (ESWL da Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy, litotripsia extracorporea ad onde durto). Un litotritore in generale costituito da una sorgente
di onde meccaniche di elevata intensit; attraverso un mezzo di propagazione di
queste onde durto e opportuni metodi di focalizzazione delle stesse possibile
frantumare i calcoli: il fascio ultrasonoro collimato sul calcolo da eliminare.
Quando unonda meccanica giunge su un materiale, essa provoca compressioni e trazioni interne (Capitolo 4), che possono essere sufficienti a disgregarlo.
Questo processo di frantumazione riportato in forma schematica nella Figura
28.7.2, dove il passaggio dai tessuti al calcolo dellonda durto, a causa della sua
parziale riflessione, determina linstaurarsi di unaltissima pressione interna locale
che frantuma la concrezione nella zona A. Le onde di pressione che proseguono
attraverso il calcolo, quando arrivano alla superficie opposta vengono parzialmente riflesse allinterfaccia calcolo-tessuti, per cui si ha la distruzione della zona
B. Successive onde durto sono necessarie per frantumare la zona C.
Vediamo ora i vari tipi di generatori donda di urto (Figura 28.7.3).

Figura 28.7.2
Rappresentazione schematica del
processo di distruzione di un calcolo renale. Londa meccanica incidente si somma allonda riflessa
dalla superficie di interfaccia posteriore, generando una compressione locale che frantuma le zone A
e B.

756

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.7.3
Rappresentazione schematica di
un generatore a scintilla elettrica
(a), piezoelettrico (b) ed elettromagnetico (c).

F2
riflettore
F1
elettrodo

a)

Figura 28.7.4
Modello di elettrodo dellunit
ESWL. La distanza fra gli elettrodi
al massimo 55 mm ed essa determina lintensit dellonda durto.

b)

c)

calcolo

cristallo
piezoelettrico

elettromagnete

lente acustica

lamina metallica

acqua

Un modo per provocare londa durto consiste nellinnescare una scarica elettrica tra due elettrodi immersi in acqua (generatore a scintilla elettrica), tra i quali,
scaricando un condensatore, viene originata una differenza di potenziale molto
elevata (tra 14 kV e 30 kV). Lenergia immagazzinata nel condensatore viene rilasciata in un intervallo di tempo molto breve (circa un decimo di microsecondo),
generando un arco voltaico (scarica elettrica) fra gli elettrodi (Figura 28.7.4), isolati dal resto dellapparecchiatura da materiale sintetico. Larco elettrico vaporizza
il fluido lungo il suo percorso, causando unevaporazione esplosiva dellacqua. Per
tale fenomeno nel fluido circostante si crea unonda durto che si diffonde per superfici donda sferiche.
Questo tipo di litotritore viene utilizzato sottoponendo il paziente ad anestesia
peridurale e monitorandone lECG durante il trattamento, in modo da evitare interazioni fra le onde durto e il sistema di conduzione cardiaca, che potrebbero essere causa di aritmie. In particolare londa durto viene emessa tra londa QRS e
londa T di ripolarizzazione dellECG, cio quando il tessuto cardiaco refrattario
alla stimolazione. Il paziente viene posizionato con il calcolo nel secondo fuoco
dello strumento tramite immagini ecografiche in tempo reale. Ciascuna applicazione richiede alcune centinaia di onde durto a seconda delle dimensioni del calcolo. La durata media del trattamento di 20 60 minuti, con controlli continui
dello stato e della posizione del calcolo (Figura 28.7.5a). I calcoli frantumati vengono espulsi spontaneamente con le urine.
Attualmente sono entrati in uso litotritori di generazione successiva con differenti metodi di formazione dellonda durto. Di particolare interesse quello in
cui si sfrutta lemissione acustica da parte di elementi piezoelettrici (generatore piezoelettrico, Figura 28.7.3b) (EA-PFN, da Electro Acoustic Pulse Forming Network). In
questi dispositivi un segnale ad alta tensione sollecita una matrice di elementi piezoelettrici, disposti su una superficie in modo da focalizzare londa durto in un
punto (Figura 28.7.6a). La formazione dellonda durto avviene sempre in acqua e
lo strumento viene collegato al paziente semplicemente tramite una opportuna
membrana. Il posizionamento del paziente, e quindi del calcolo, nel fuoco
dellonda durto eseguito mediante ecografia, la cui sonda di rilevamento solidale con il litotritore stesso (Figura 28.7.6b).
In questo modo, il paziente non deve essere immerso in una vasca dacqua,
come per lESWL precedentemente descritto, ed essendo londa durto localizzata
solo alla zona renale, non sono necessari lanestesia e il controllo ECG.

28.7

La frantumazione meccanica di calcoli

collimatore e amplificatore
di brillanza
(telecamere a raggi X)

calcolo
bagno d'acqua

rene

tubo raggi X
a)

b)
riflettore
ellisoidale

generatore di
scariche elettriche
sott'acqua

Figura 28.7.5
(a) Veduta dinsieme della disposizione geometrica calcolo-litotritore e dei monitor a raggi X. Il
paziente immerso in una vasca piena dacqua e posizionato in modo che il calcolo venga a trovarsi
nel secondo fuoco dellellissoide. Il posizionamento e il controllo della terapia vengono effettuati
mediante radioscopia oppure ecografia. (b) In un successivo modello di litotritore londa durto si
propaga nellacqua contenuta in un cuscino, la cui membrana superiore a contatto con il paziente. In questo modo le onde durto sono concentrate nella zona ove presente la concrezione
e non sono necessari lanestesia e il controllo ECG.

Un terzo metodo di formazione dellonda durto sono i generatori elettromagnetici (Figura 28.7.3c), in cui una corrente elettrica pulsata viene trasmessa tramite
una bobina (un solenoide) posta sotto una lamina metallica. Il campo magnetico
prodotto dalla bobina mette in vibrazione la lamina che produce unonda durto
che viene focalizzata sul bersaglio tramite una lente acustica.
In Figura 28.7.5a e b sono mostrati gli schemi di litotritori a onde durto elettromeccaniche, mentre in Figura 28.7.6a mostrato un litotritore piezoelettrico,
schematizzato in Figura 28.7.6b. Come si vede dalle figure, al fine di focalizzare le
onde durto si usano opportuni riflettori e lenti acustiche.
Nel caso di generatori elettromeccanici, attraverso un foro lelettrodo viene posizionato in uno dei due fuochi del riflettore elissoidale, che si trova immerso in acqua. La superficie di riflessione elettricamente isolata da un sottile strato di poliuretano. Londa durto, generata nel primo fuoco, si riflette sulla superficie ellittica e, per le leggi della riflessione e le caratteristiche geometriche dellellissoide,
viene convogliata verso il secondo fuoco ove stato posizionato il calcolo.
opportuno osservare che onde durto di cos breve durata (circa 0.1 s, vedi
la Figura 28.7.7) possono essere trattate nellapprossimazione dellottica geometrica. Esse, infatti, corrispondono alla met di una singola vibrazione ultrasonora

757

758

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.7.6

calcolo

Litotritore a cristalli piezoelettrici:


(a) schema di funzionamento, in
cui la matrice parabolica di elementi piezoelettrici e la sonda a ultrasuoni di controllo sono contenute in un cuscino pieno dacqua,
come in Figura 28.7.5b, a contatto
con il paziente, il cui calcolo deve
essere posizionato nel fuoco F; (b)
veduta dinsieme del dispositivo,
con i monitor radioscopici ed ecografici tramite una sonda solidale
con gli emettitori piezoelettrici,
mostrata in (a).

sorgenti
piezoelettriche

emettitori

b)

Figura 28.7.7
Andamento temporale dellonda
durto meccanica. Tr = tempo di salita; W = semilarghezza temporale
dellonda.

sonda di
controllo

a)

28.7

759

La frantumazione meccanica di calcoli

di (0.2 s)1 Hz = 5 106 Hz, la cui lunghezza donda di circa 0.3 mm (essendo
circa 1500 m/s la velocit della vibrazione in acqua), sufficientemente piccola rispetto alle strutture attraversate, come richiesto dallOttica geometrica: si possono
quindi applicare le leggi della riflessione viste nei 12.8 e 21.10.
La pressione dellonda durto deve essere maggiore del limite di resistenza del
calcolo, ma al tempo stesso inferiore al limite di tolleranza dei tessuti biologici. Il
valore della pressione sul calcolo dellordine di 50 100 MPa (circa 500 1000
atm) a seconda della d.d.p. applicata agli elettrodi. La durata dellimpulso deve essere pi breve del tempo di transito attraverso il calcolo (da uno ad alcuni microsecondi), per evitare sovrapposizioni tra onda incidente e onda riflessa dalla seconda parete del calcolo (Figura 28.7.2). Infine, per evitare riflessioni dannose sui
tessuti corporei superficiali, il mezzo deve possedere caratteristiche simili a quelle
dei tessuti biologici riguardo alla propagazione di onde acustiche. Si impiega pertanto acqua in cui il paziente viene immerso a circa 32C, priva di carbonati e di
calcio per evitare effetti di cavitazione.
Il torace del paziente viene schermato con una membrana di materiale sintetico per evitare lesioni del parenchima polmonare.
I litotritori sono ormai divenuti uno strumento insostitubile nella cura di gran
parte delle calcolosi renale, nel caso della litiasi biliare (calcoli nella colecisti) e
nella frantumazione di concrezioni calcaree nelle articolazioni, con diminuzione, tra
laltro, dei tempi di degenza e del numero di soggetti dializzati, con una migliore
prognosi e lassenza di invalidit prematura (da esiti chirurgici). In Figura 28.7.8
mostrato lo strumento utilizzato in ortopedia, che, oltre a disgregare concrezioni
calcaree, determina la neovascolarizzazione della giunzione tendine-osseo, un migliore afflusso di sangue e la rigenerazione di tessuti (cura di tendinopatie).
In Figura 28.7.9 sono mostrate le ecografie effettuate prima e dopo lintervento
terapeutico. Lazione meccanica del litotritore viene stimata nellEsempio 28.7.1.

Figura 28.7.8
Dispositivo per ESWT (Extracorporeal Shock Wave Therapy) impiegato in ortopedia (articolazione
della spalla).

Figura 28.7.9
Rilievi ecografici effettuati prima
(a) e dopo (b) la terapia, in cui si
pu vedere la distruzione del calcolo.

760

CAPITOLO 28

Esempio

28.7.1

Strumentazione biomedica

Forza agente su calcolo renale

Si paragoni la forza esercitata su un calcolo renale del diametro di 6 mm da una pressione di 50 Mpascal, ottenuta mediante un litotritore, con la forza esercitata, su un corpo simile
al calcolo, da un martello avente una massa di 3 kg che cade
dallaltezza di un metro.

Soluzione Valutiamo la forza Fm esercitata dal martello lasciato cadere da un metro daltezza. Il martello, accelerando
sotto lazione della forza peso, arriva con velocit v sul corpo
posto su una superficie rigida e fissa, lo urta e si ferma in seguito alla reazione vincolare istantanea applicata dalla superficie rigida, uguale in modulo, ma opposta alla forza Fm. Dal secondo principio della Dinamica abbiamo che, in modulo, Fm =
ma = m Dv/Dt, dove a la decelerazione subta dal martello di
massa m, Dt il tempo impiegato dal martello a decelerare sul
corpo, che possiamo stimare in 0.01 secondi, e Dv la variazione di velocit in seguito allurto. La velocit finale dopo
lurto sar nulla, mentre quella iniziale si pu ottenere applicando il principio di conservazione dellenergia meccanica:
DEK + DU = 0, da cui:

28.8

1
m v2 = m g h ,
2
che ci permette di ricavare:
v = 2 g h = 4.43 m s 1 .
La forza del martello Fm risulta dunque pari a (vedi la (2.25)):
Fm = m Dv /Dt = 3 kg

4.43 m s 1
= 1329 newton.
0.01 s

La forza corrispondente a una pressione di 50 MPa su una superficie di r2 = (0.3 cm) 2 = 0.28 cm2 risulta essere:
Fp = p S = 50 106 Pa 0.28 104 m2 = 1400 newton.
Dunque, un singolo impulso acustico del litotritore causa effetti simili a quelli di un martello da 3 kg lasciato cadere da un
metro daltezza su una concrezione di 6 mm di diametro.

IL RENE ARTIFICIALE

Nelle patologie renali il rene artificiale un importante sostituto della funzione


naturale: lemodialisi ormai divenuta una pratica che si esegue a domicilio con
opportuni controlli medici e con la formazione del personale che svolge lassistenza domiciliare. La base fisica del rene artificiale costituita dalla II legge di
Fick, che esprime, nel fenomeno della diffusione, landamento temporale della
concentrazione di soluto tra due compartimenti, che di seguito viene richiamata e
applicata.
compartimento
compartimento
1
2
M
C1(t)

V1

Js

C2(t)

V2

Figura 28.8.1
Attraverso la membrana M, il soluto, accumulato nel compartimento 1, diffonde nel compartimento 2, dove la sua concentrazione minore (praticamente costante al valore zero nel rene artificiale).

28.8a Evoluzione temporale della diffusione


La diffusione di sostanze attraverso membrane artificiali alla base del funzionamento dei dispositivi di emodialisi o reni artificiali. In questo paragrafo vengono
pertanto riprese, sviluppate e applicate le nozioni svolte nel Capitolo 15. In particolare dovremmo considerare la diffusione come fenomeno che si svolge nel
tempo, e quindi considerare la seconda legge di Fick (15.20)(vedi Nota 15.1). Tuttavia, per i nostri scopi, sufficiente individuare la semplice variazione nel tempo
della concentrazione media presente in due compartimenti separati da una membrana artificiale.
Con questa approssimazione si suppone, in pratica, che la diffusione del soluto
sia molto pi rapida nel mezzo libero, costituito dai due compartimenti, rispetto
alla diffusione attraverso la membrana (Figura 28.8.1). sufficiente allora considerare le variazioni nel tempo del numero di moli nei due compartimenti e ugua-

28.8

Il rene artificiale

gliarle al flusso di soluto in uscita dal compartimento 1 e in ingresso nel compartimento 2, con lo scopo di ottenere una relazione che ci permetta di ricavare come
si modifica nel tempo la concentrazione media nei due compartimenti.
Supponiamo che C1 > C2, cosicch il soluto fluisce dal compartimento 1 al 2, e
siano N1 = N1(t) e N2 = N2(t) il numero di moli di soluto al tempo t nei due compartimenti. Nel processo di diffusione, N1 diminuisce nel tempo mentre N2 aumenta, e la loro somma si conserva:
N = N1(t) + N2(t) = costante.

(28.8.1)

Il flusso di soluto JsM fornito dalla prima legge di Fick (15.28):


JsM = P (C1 C2) ,

(28.8.2)

da cui il numero totale di moli di soluto che attraversa la membrana di superficie


A nellunit di tempo JsM A e questo corrisponde alla variazione negativa del numero di moli nel primo compartimento e a quella positiva nel secondo compartimento, cio:

DN 2
= + J sM A ,
Dt

(28.8.3)

dN 2
dN 1
= J sM A e
= + J sM A.
dt
dt

(28.8.4)

DN 1
= J sM A e
Dt
che in termini differenziali si scrivono:

Dalla definizione di concentrazione, essendo V1 e V2 i volumi dei due compartimenti, abbiamo:


N1(t) = C1(t) V1

N2(t) = C2(t) V2 ,

(28.8.5)

per cui, inserendo le (28.8.2) e (28.8.5) nelle (28.8.4), essendo i volumi costanti,
si ottiene per i due compartimenti:
dC 1(t )
= A P (C 1(t ) - C 2(t ))
dt
dC (t )
V 2 2 = +A P (C 1(t ) - C 2(t )) .
dt
V1

(28.8.6)

Dividendo la prima per V1 e la seconda per V2 e sottraendo membro a membro,


abbiamo:
1 1
dC 1(t ) dC 2(t )

= A P + (C 1(t ) - C 2(t )) ,
dt
dt
V1 V 2

(28.8.7)

che possiamo scrivere anche come:


V + V
d (C 1(t ) - C 2(t ))
= A P 1 2 (C 1(t ) - C 2(t )) .
dt
V1V 2

(28.8.8)

Il fattore A P (V1 + V 2 ) /V1V 2 ha le dimensioni inverse a quelle di un tempo e

761

762

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

possiamo quindi definire la costante di tempo t come:


1

V +V
V1V 2
t = A P 1 2 =
,
V
V
A
P
(V1 + V2 )

1 2

(28.8.9)

e la (28.8.8) diventa infine, avendo posto DC = C1 C2:


d DC
= t DC .
dt

(28.8.10)

Questa equazione differenziale stata risolta in altre occasioni (ad esempio


nella carica o scarica di un condensatore) e la soluzione costituita dalla funzione
esponenziale:
t
(28.8.11)
DC = DC (0)e t .
Al tempo generico t abbiamo che C1(t) C2(t), mentre al limite infinito
(t q) ci aspettiamo che le concentrazioni nei due compartimenti siano uguali:
C1(q) = C2(q) = Cq. Quindi, introducendo la (28.8.5) nella (28.8.1), abbiamo:
N = V1C1(t) + V2C2(t) = V1C1(q) + V2C2(q) = (V1 + V2) Cq ,

(28.8.12)

da cui la concentrazione finale risulta essere:


Cq =

V2
V1
C (t ) +
C (t ).
V1 + V 2 1
V1 + V 2 2

(28.8.13)

Utilizzando questa relazione, valida per qualsiasi valore del tempo t, nella soluzione (28.8.11), si ottengono le soluzioni delle (28.8.6), i cui andamenti sono mostrati in Figura 28.8.2:
C 1(t ) = C q + [C 1(0) - C q ] e

t
t

C 2(t ) = C q + [C 2(0) - C q ] e

t
t

(28.8.14)

Figura 28.8.2
Andamenti delle concentrazioni
C1(t) e C2(t) in funzione del tempo,
secondo le relazioni (28.8.14). Per
tempi molto lunghi, le concentrazioni tendono esponenzialmente
al valore Cq. Nel funzionamento
del rene artificiale interessa soprattutto landamento di C1(t), poich,
per il continuo ricambio del liquido dializzante, C2(t) resta praticamente costante a un valore quasi
nullo.

C(t)
C1(t) C2(t)
C1(0)

C1(t)
Cq

Cq

C2(t)
C2(0)
tempo
0

2t

28.8

763

Il rene artificiale

Osserviamo che la costante di tempo t (28.8.9) aumenta al diminuire dellarea


e della permeabilit P della membrana, mentre aumenta al crescere del volume
dei due compartimenti. In particolare, se V2 W V1, la costante t diventa:

V1
,
AP

(28.8.15)

e la concentrazione finale Cq sar praticamente uguale a C2(0), come si pu ricavare dalla (28.8.13) ponendo t = 0 e V2 W V1.

sangue
soluzione
dializzante

membrana
artificiale

28.8b Descrizione del rene artificiale


Diversamente da quello biologico, il rene artificiale esercita sulla composizione
del plasma un ruolo puramente passivo. Leliminazione delle sostanze di scarto
(urea, creatinina e altre) viene eseguita semplicemente ponendo a contatto, tramite una membrana artificiale, il sangue da filtrare con una soluzione dializzante
di composizione uguale a quella fisiologica del plasma.
La superficie di contatto tra i due liquidi costituita da una membrana semipermeabile artificiale (molto simile al cellophane) che trattiene i globuli rossi e le
proteine del plasma e permette la diffusione delle molecole di scarto, a basso peso
molecolare, dal plasma al liquido dializzante, per cui la concentrazione dei soluti
di scarto nel plasma, elevata allinizio della dialisi, diminuisce, nel corso della dialisi, come previsto dalla prima delle (28.8.14). Il dispositivo schematizzato in Figura 28.8.3. Le molecole necessarie allorganismo non vengono eliminate, poich
sono presenti, in concentrazione fisiologica, nella soluzione dializzante. Uno
schema dellemodialisi riportato in Figura 28.8.4.
Inoltre un soggetto uremico non ha la possibilit di eliminare, per vie naturali,
anche i liquidi, i quali tendono ad accumularsi nellorganismo nella quantit di
circa 1 litro al giorno, con il rischio di provocare un edema polmonare dopo alcuni giorni. Perci nellemodialisi necessario mantenere una modesta differenza
di pressione idraulica tra i due compartimenti, in modo che parte del solvente (acqua) proveniente dal sangue attraversi la membrana e venga eliminata. Si aggiunge allora al processo di diffusione anche quello di filtrazione (15.5). La
quantit di acqua cos eliminata (circa 0.5 litri/ora) deve essere controllata, nel
corso della dialisi, insieme alle condizioni generali del paziente, poich una brusca e notevole disidratazione pu portare al collasso con successive gravi conseguenze.

C2

C1
C2

Js
Js

soluzione
dializzante
sangue

Figura 28.8.3
Una membrana artificiale (linea
punteggiata) separa i compartimenti di un rene artificiale. In
realt, per massimizzare la superficie di scambio della membrana artificiale, questa costituita da un
tubo cilindrico molto lungo, appiattito e avvolto su se stesso che
viene immerso in un serbatoio in
cui circola una soluzione dializzante.

Figura 28.8.4
pompa
eparina
filtro

pompa
sangue

Disegno schematico di un dispositivo per emodialisi. La membrana


artificiale, che separa il sangue
dalla soluzione di dialisi, avvolta
circolarmente per compattare lapparecchiatura e avere unarea di
scambio di alcuni m2.

764

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Un rene artificiale, inoltre, deve contemplare un dispositivo per leliminazione


di eventuali bolle daria, un termostato a 38C (prima del rientro del sangue nel
circolo del paziente), vari dispositivi di allarme nel caso di malfunzionamenti e un
dispositivo per lintroduzione di un anticoagulante quando il sangue entra nellapparecchio.
Per paragonare le prestazioni con quelle del rene naturale, sufficiente osservare che il flusso di sangue attraverso un rene artificiale dellordine di
300 cc/min 18 litri/ora, contro i circa 70 litri/ora del rene umano.
Da quanto visto sopra e da quanto illustrato nel Capitolo 15, evidente che le
propriet di trasporto delle membrane giocano un ruolo fondamentale nel rene
artificiale, come ovviamente nel rene naturale. Tuttavia quelle renali esplicano anche unazione attiva, selezionando le molecole da trattenere. In particolare la
membrana glomerulare (Figura 16.11) trattiene le molecole di albumina presenti
nel plasma (peso molecolare di circa 69 000 uma, raggio equivalente di 32 ; si
veda lEsempio 28.8.1), nonostante questa membrana funzioni come se avesse
pori di raggio di 3.8 nm = 38 e uno spessore efficace di 500 .
Per diverso tempo, un filtro artificiale equivalente stato costituito da cellophane (Tabella 28.8.1), dello spessore di circa 50 m. Negli ultimi anni tuttavia
sono stati studiati nuovi tipi di membrane artificiali. Vediamone il motivo.
Inizialmente lo scopo dellemodialisi consisteva nel rimuovere le molecole di
scarto, come lurea, lacido urico e altre, di peso molecolare inferiore a 300 uma
Lanalisi delle propriet di flusso di tali reni artificiali era in buon accordo con le
loro prestazioni: circa 100 mg/min di creatinina (peso molecolare 113 uma) potevano venire eliminati attraverso 1 m2 di superficie della membrana, con una portata di sangue, nel rene artificiale, di 200 ml/min. Lo sviluppo di nuovi modelli di
rene artificiale mirava soprattutto a ridurre tale portata, cio a renderne pi facile
lutilizzo sul paziente. Le terapie comportavano circa 30 ore ogni settimana per paziente impiegando 0.7 m2 di membrana.
Tuttavia, in tempi successivi, si realizzato che simili dispositivi fornivano
unazione depurativa solo parziale e che il rene naturale era evidentemente assai
pi efficiente. Ad esempio, il rene naturale normale rimuove linulina, con peso
molecolare di 5200 uma, con lo stesso flusso della creatinina, di peso molecolare
di 113 uma. Allo stato attuale quindi evidente che pazienti con deficienza renale
totale continueranno a subire danni, in particolare di tipo neurologico, a meno
che i reni artificiali non riescano a eliminare soluti aventi peso molecolare di almeno 2000 uma. A questo scopo sono in sviluppo continuo nuove membrane artificiali: finora sono state messe a punto membrane capaci di rimuovere molecole di
peso molecolare fino a 1500 uma.

TABELLA 28.8.1
SOLUTO
urea
creatinina
acido urico

Permeabilit P per una membrana di cellophane spessa 48 m


P 104 (cm/s)
5.631
3.030
2.790

SOLUTO
saccarosio
vitamina B
albumina

P 104 (cm/s)
0.953
0.380
0.00022

28.8

765

Il rene artificiale

Questi nuovi tipi di membrane sono costituiti da polimeri sintetici, come il poliacrilonitrile, oppure da materiali che riescono a simulare le membrane renali,
come i polipeptidi sintetici. In generale queste membrane sono schematizzabili
come strutture impermeabili attraversate da pori di dimensioni variabili, distribuiti anche in modo disomogeneo. I pori hanno dimensioni dellordine di grandezza molecolare e la permeabilit di membrana sempre fornita dalla (15.34). In
alcuni casi i soluti sono solubili in certe membrane: la descrizione del loro flusso
attraverso di esse diventa pi complicata e molecole con un peso molecolare simile
potrebbero avere una permeabilit molto differente. Restano ancora da risolvere
molti problemi prima di ottenere una membrana che sia un completo sostituto del
rene naturale e le ricerche in tal senso sono ancora in fase di intenso sviluppo.
28.8c Tempi di emodialisi
Grazie alla differente concentrazione dei soluti di scarto, tra il sangue e il liquido dializzante, la cui concentrazione resta fissa al valore zero a causa del suo
continuo ricambio, trascurando la piccola differenza di pressione idraulica, al
rene artificiale si applicano le relazioni (28.8.14), in particolare quella relativa al
primo compartimento, cio il plasma.
Nel caso del rene artificiale la costante di tempo t non deve essere superiore
allora, in modo che in poche ore i soluti in eccesso possano essere quasi totalmente eliminati. Si possono allora definire i parametri essenziali per la progettazione del rene artificiale. Il volume V1 non corrisponde al semplice volume del sangue (circa 5.4 litri), ma al volume totale dei fluidi nellorganismo e quindi
V1 40 litri: le sostanze di rifiuto, infatti, vengono prodotte dai processi metabolici
che si svolgono nei tessuti e poi trasportate nel fluido interstiziale e da qui nel sangue. Come visto alla fine del 28.8a, affinch la concentrazione finale dei soluti di
scarto nel plasma sia quasi uguale a quella nel liquido dializzante, dovr essere V2
W V1. In questo caso la costante t data dalla (28.8.15). Nota la permeabilit della
membrana per i vari soluti, si pu valutare larea utile A di scambio tra i due compartimenti. Riferendoci alla Tabella 28.8.1, nel caso dellurea, per ottenere t 1
ora, essendo V1= 40 litri e P = 5.63 104 cm/s, deve essere A 2 m2.
Dalla Tabella 28.8.1, la costante di tempo per lacido urico, con questi dati, risulta essere di circa 2 ore. In Figura 28.8.5 sono riportate le curve relative a un
rene artificiale progettato sulla base dei parametri ricavati sopra. Come si vede, in

Figura 28.8.5

percentuale della concentrazione iniziale

Andamendo nel tempo della concentrazione di urea e di acido urico


per un rene artificiale, progettato
sulla base dei parametri stimati nel
testo.

100%
80%

acido urico t = 2.02 ore

60%
40%
20%

urea t = 1 ora
0

0.5

tempo
1.5

2.5

3.5

(ore)

766

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

una seduta emodialitica di 4 ore, in questo caso, vengono eliminati circa il 98.2%
dellurea e l86.5% dellacido urico. In genere si fa in modo di contenere il tempo
di dialisi entro le 3 o 4 ore, con una frequenza media di 2 o 3 volte alla settimana.
Non possibile ridurre i tempi dellemodialisi. Infatti, lurea presente in tutti
i fluidi dellorganismo, in particolare in quelli cerebrospinale e interstiziale delle
cellule cerebrali. La membrana, che separa questi fluidi dal plasma, possiede una
bassa permeabilit per lurea. Una dialisi rapida comporterebbe quindi una diminuzione notevole di urea nel plasma, ma non nel compartimento cerebrospinale,
da dove lurea passa al plasma pi lentamente. Insorgerebbe allora una pressione
osmotica di richiamo di liquido verso il compartimento cerebrospinale, con conseguente formazione di un edema cerebrale, che causa forti mal di testa al paziente.
Per impostare una soluzione rigorosa della diffusione nellemodialisi, dovrebbero essere considerati anche i meccanismi di filtrazione e di osmosi e il flusso di
soluto introdotto nella (28.8.4) andrebbe sostituito con lespressione generale
(16.8).
Le terapie emodialitiche devono essere effettuate sotto controllo medico o di
personale specializzato. Esistono in commercio reni artificiali di dimensioni relativamente contenute che possono essere utilizzati a domicilio: in tale caso si rende
necessaria lassistenza di personale anche non specializzato, ma comunque istruito
sullesecuzione della terapia, collegato telefonicamente con un centro di emodialisi, per far fronte a eventuali situazioni di emergenza.
Esempio

28.8.1

Concentrazioni in seguito a emodialisi

In quanto tempo una emodialisi porta il valore della concentrazione di urea al 10% del valore iniziale (si faccia riferimento
ai dati riportati in Figura 28.8.5)? A quanto arriva la concentrazione dellacido urico?

Soluzione Sempre facendo riferimento alla Figura 28.8.5, essendo turea = 1 ora, applicando la (28.8.11), la concentrazione
di urea il 10% di quella iniziale dopo:

28.9

t = turea ln 0.1 = 1 ora 2.30 = 2.30 ore = 2 ore 20 minuti.


Dopo 2.30 ore lacido urico, per il quale ta.u. = 2.02 ore, stato
abbattuto al:
X% = 100 exp (t/t a.u.) = 100 0.320 = 32%.

IMMAGINI TOMOGRAFICHE: TC, SPECT, PET, RM, ECO E OCT

Negli ultimi decenni il continuo sviluppo dei sistemi di calcolo, sia per quanto
concerne la quantit del calcolo (numero di operazioni eseguite nellunit di
tempo), che per la flessibilit delle connessioni periferiche (interfacce con qualsiasi tipo di strumentazione, reti di calcolatori e grande disponibilit di memoria),
ha permesso di trattare dati e immagini mediche anche molto complessi, ricavandone nuovi strumenti diagnostici che hanno dimostrato una vasta gamma di impieghi. Ne sono esempi le tecniche ecografiche (28.6), la microscopia digitale
(22.5d), la digitalizzazione delle immagini radiografiche (25.9c), che possono
essere studiate mettendo in risalto leventuale presenza di patologie non facilmente osservabili dalla semplice analisi visiva. A queste si aggiungono le immagini
di sezioni del corpo umano (tomografiche) per la cui ricostruzione limpiego di

28.9

767

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Figura 28.9.1

z
piani x, y

tonalit di grigio: f (x,y)


funzione in 2 dimensioni

y
x

O
a)

b)

Nelle tomografie si ottengono immagini superficiali corrispondenti


ai piani mostrati in (a), avendo considerato una terna di assi cartesiani
x,y,z con lasse z perpendicolare ai
piani. (b) Una particolare sezione
comporta unimmagine in cui ogni
punto di coordinate x,y corrisponde a una tonalit di grigio: lintera immagine sar una funzione
f(x,y) (funzione in due dimensioni). Per ottenere limmagine tomografica si deve ricostruire la
f(x,y), che in realt una grandezza
fisica (ad esempio lassorbimento
di raggi X).

mezzi di calcolo veloci stato determinante per via della sua complessit matematica di cui diamo qui un breve accenno, prima di trattare i vari dispositivi tomografici.
28.9a La ricostruzione di immagini tomografiche
Come mostrato in Figura 28.9.1, lo scopo della ricostruzione tomografica consiste nellindividuare la funzione f(x,y) che descrive le differenti tonalit di grigio
presenti in un particolare piano del soggetto. I piani geometrici standard impiegati in tomografia sono riportati in Figura 28.9.2; a questi si aggiungono, quando
necessario, i piani obliqui definiti caso per caso.
Per determinare la funzione f(x,y), cio limmagine tomografica, si ricorre a
procedure matematiche analoghe a quelle impiegate per ricostruire fenomeni onFigura 28.9.2

piano sagittale
mediano
piano
frontale
(coronale)
piano
trasversale
(assiale)

posteriore

piano
sagittale

anteriore

Piani tomografici.

768

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

dulatori complessi. Si tratta dellanalisi armonica o analisi di Fourier, descritta nel


12.7, dove la funzione f(t) una funzione periodica a una variabile, il tempo, e
viene espressa con uno sviluppo in serie di seni e coseni il cui argomento un multiplo intero della frequenza (di natura temporale, essendo definita nel 12.3 come
linverso del periodo T: n = 1/T) o meglio della pulsazione w = 2n. Lo sviluppo in
serie sostituito dalla relazione (12.16) che qui riscriviamo:
f (t ) =

(S sen it
i

+ C i cos it )

(28.9.1)

dove i coefficienti Si e Ci sono dati dalle espressioni (12.17), (12.18) e (12.19).


Questo sviluppo pu essere esteso, con complessi passaggi matematici che non il
caso di approfondire, a una funzione non periodica tramite le trasformate di Fourier, di cui scriviamo le formule integrali che permettono di ricostruire la funzione
f(t):
1
2

f (t ) =

C () =
S () =

+q

[C () cos(t ) + S ()sen(t )] d

+q

f (t )cos(t )dt

(28.9.2)

+q

f (t )sen(t )dt
q

in cui i coefficienti S(w) e C(w) sono gli analoghi dei coefficienti Si e Ci delle
espressioni (28.9.1), (12.17), (12.18) e (12.19).
Per le immagini tomografiche abbiamo una funzione non periodica f(x,y) di
coordinate spaziali x e y, ma la procedura matematica di cui sopra generalizzabile
anche a questo caso, per cui si ottengono le seguenti relazioni analoghe alle
(28.9.2):
+q

f (x, y) =

 
dk

1
C (k ,/) =
2

1
S (k ,/) =
2

+q

d / [C (k ,/) cos(kx + / y) + S (k ,/)sen(kx + / y)]

+q

 

+q

dy f (x, y) cos(kx + / y)

dx

+q

+q

 

dy f (x, y) sen(kx + / y)

dx

(28.9.3)

dove k e / rappresentano ora delle frequenze spaziali.


Se consideriamo le frequenze spaziali per cui / = 0 (asse k nello spazio k, /; Figura 28.9.3), le ampiezze S(k, /) e C(k, /) diventano:
1
C (k ,0) =
2

1
=
2

1
S (k ,0) =
2

+q

+q

dx cos(kx )
q

+q

dy f (x, y)=
q

dx cos(kx )F(x )
q

+q

dx sen(kx )F(x )
q

(28.9.4)

28.9

Figura 28.9.3

integrazione

769

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

f(x,y)

Ponendo / = 0 nelle (28.9.3) si ha


una proiezione (chiamata scan)
dellimmagine rossa sullasse x,
cio lintegrazione della funzione
f(x,y) viene fatta sulla variabile ortogonale a x, cio la coordinata y.

y
o
x
=0

F(x)
x

scan (analisi)
coefficienti C (k,0) e S (k,0) lungo la linea  = 0
perpendicolare alla direzione di integrazione

dove abbiamo posto:

F(x ) =

+q

dy f (x, y) ,

(28.9.5)

che rappresenta la proiezione della funzione f(x,y) sulla coordinata x, cio lungo
la direzione x (orizzontale), come illustrato in Figura 28.9.3.
Diverse combinazioni dei valori di frequenze spaziali k e / corrisponderanno a
diverse direzioni lungo cui proiettare la funzione f(x,y) da ricostruire. Allora, per
conoscere le ampiezze S(k, /) e C(k, /) dobbiamo misurare la proiezione della funzione f(x,y) su varie direzioni (o angoli) come indicato in Figura 28.9.4, non solo
sulla direzione data dallasse x (come nel caso delle (28.9.5) e di Figura 28.9.3), e
poi eseguire il calcolo delle (28.9.3) per ottenere limmagine f(x,y) ricostruita.
In Figura 28.9.5 vengono mostrate le proiezioni Fi(xi) su alcuni assi xi che sono
loggetto della misura necessaria alla ricostruzione tomografica.
La natura delle varie ricostruzioni tomografiche dipende dalla grandezza fisica
che viene misurata nelle proiezioni.

Figura 28.9.4

integrazione

x'

Per / e k che assumono valori diversi da zero si ha in generale una


retta obliqua nel piano /, k corrispondente alla proiezione su un
asse nel piano x,y inclinato dello
stesso angolo a. Alle rette nel piano
/, k corrispondono le proiezioni
che permettono la ricostruzione
della f(x,y) tramite la (28.9.3).

y'
x'

o
F'(x')

scan

x' = x cos + y sen


y' = x sen + y cos

 = k tg

770

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.5

proiezioni di f(x,y) a diversi angoli "i"


(diverse direzioni xi )

La funzione f(x,y), costituita dalla


distribuzione di pallini in figura,
proiettata a diversi angoli genera le
funzioni Fi(xi), proiezioni sui vari
assi xi, grazie alle quali possibile ricostruire la f(x,y) originaria.

Fi (xi )

xi

Fi (xi )

y
o
Esempio

28.9.1

f(x,y)
x

Proiezioni tomografiche

Valutare il numero delle proiezioni necessarie alla ricostruzione dellimmagine in un piano tomografico.

Soluzione Consideriamo il caso di una TC del cranio. Assumiamo una forma sferica e quindi una sezione assiale circolare
del diametro L = 20 cm (Figura 28.9.45). Dividiamo la sezione
in fette di larghezza w, corrispondente al minimo valore determinato dalle fluttuazioni statistiche della grandezza misurata
(assorbimento di raggi X nel caso di una TC), e ciascuna fetta
in celle di dimensioni w. La sezione viene cos suddivisa in
celle quadrate di area w2: la dimensione w rappresenta la risoluzione dellimmagine. La suddivisione in fette della sezione
corrisponde alla suddivisione della grandezza misurata per ciascuna proiezione (in inglese scan).
Il numero di fette per scan sar quindi n = L/w, mentre il numero N di celle nella sezione :
N =

L2 n 2
,
=
4
4 w2

w
y
o

Figura 28.9.6 Sezione circolare del cranio nel piano assiale


suddiviso in fette e in celle.

Vediamo ora una valutazione numerica. Assumiamo una risoluzione di 1 mm = 0.1 cm (relativamente standard per le immagini TC, in genere riprodotte in piccole dimensioni). Ne risulta un numero di fette pari a:
n>

Il numero di celle N equivalente al numero di valori indipendenti da determinare, numero che deve essere inferiore
alle misure indipendenti da effettuare (proiezioni o scan): per
n misure fatte in ogni proiezione sono necessarie almeno m
proiezioni (scan) in modo che:
nm >

n 2
,
4

cio deve essere:


m>

n
.
4

L 20 cm
=
= 200
w 0.1 cm

per cui risulta:


m>

200
= 157 proiezioni.
4

Approssimando questo numero di scan o proiezioni a 180,


avremmo una proiezione per ogni grado angolare: Da = 1.
Si osservi che sono sufficienti le proiezioni su 180 (met
dellangolo giro) perch tutte le proiezioni tra 181 e 360
sono identiche alle prime (vedasi le Figure 28.9.10, 28.9.19 e
28.9.41).

28.9

771

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Nel caso della Tomografia Computerizzata o TC 1 le proiezioni sono curve di assorbimento di raggi X e limmagine f(x,y) da ricostruire corrisponde ai coefficienti
di assorbimento = (x,y) della radiazione X (riportata sempre in tonalit di grigio, come nelle radiografie) (28.9b).
Nelle Single Photon Emission Computed Tomography o SPECT limmagine tomografica unimmagine della densit f(x,y) d(x,y) di distribuzione di radionuclidi
emittenti fotoni gamma (28.9c).
La Positron Emission Tomography o PET analoga alla SPECT, cio si tratta di
unimmagine della densit f(x,y) d(x,y) di distribuzione di radionuclidi, ma emittenti positroni (radiazione b+) (28.9d).
Infine la Risonanza Magnetica (Nucleare) o RM fornisce immagini di densit
f(x,y) d(x,y) di protoni (nuclei dellatomo di idrogeno) (28.9e).
Immagini tomografiche vengono ricostruite con procedure matematiche diverse, impiegando la riflessione acustica (ecotomografie) e la riflessione ottica (Optical Coherence Tomography, OCT), tecniche descritte nei 28.9f e 28.9g.
28.9b Tomografia computerizzata (TC)
La Tomografia Computerizzata una tecnica radiografica in cui le immagini a raggi
X di sezioni del corpo (mappe di attenuazione dei raggi X) sono ricostruite tramite programmi di calcolo basati sulle espressioni riportate nel paragrafo precedente.
Gli elementi tecnologici determinanti di un dispositivo TC sono: un tubo a raggi
X monocromatici, ad alta intensit; dei rivelatori di raggi X compatti e di grande stabilit
nel funzionamento; un calcolatore digitale di elevate prestazioni e dotato di una sufficiente memoria; e infine, un sistema di visualizzazione delle immagini orientato in senso
clinico (in scala di grigi). Allinizio degli anni 70 del secolo scorso si resero disponibili tutti questi elementi ed ebbe inizio lo sviluppo di generazioni successive di apparati TC.
Questi, in generale, sono costituiti dal tubo a raggi X che si muove lungo una
traiettoria circolare, puntato verso il centro di rotazione, con il paziente disposto
lungo lasse di rotazione e i rivelatori che ruotano simultaneamente intorno allo
stesso asse oppure in posizioni fisse intorno al centro di rotazione, come mostrato
nella Figura 28.9.7.
1 Le prime tomografie con raggi X erano solo assiali, per cui in Italia invalso luso di chiamare queste
tomografie TAC (Tomografia Assiale Computerizzata). Oggi i piani tomografici possono essere qualsiasi e quindi pi corretto lacronimo TC (allestero CT).

matrice di
rivelatori rotanti

sorgente di raggi X rotante


paziente
paziente

tubo a raggi X
rotante

a)
fascio a ventaglio

b)

corona circolare
di rivelatori fissi

Figura 28.9.7
Sistemi di misure tomografiche impiegati in recenti generazioni di dispositivi TC. In (a) la sorgente di
raggi X ruota solidalmente con linsieme dei rivelatori, mentre in (b)
la corona circolare di rivelatori resta ferma. In entrambi i casi i raggi
X escono a ventaglio dalla sorgente. In precedenti generazioni di
tomografi, rivelatore e sorgenti si
spostavano sia circolarmente che
lateralmente, spazzando la superficie da riprodurre.

772

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.8
Schema di una TC elicoidale: mentre il tubo a raggi X ruota, il lettino
con il paziente si sposta linearmente.

tubo a
raggi X

TC elicoidale

lettino

rivelatori

MSCT

Figura 28.9.9
Il sistema di rivelazione acquisisce
contemporaneamente i dati da
fette multiple.

I primi dispositivi TC (che fornivano solo immagini di tipo TAC, vedi nota a pi
pagina precedente) impiegavano invece una traslazione lineare e rotazioni di 180,
con un passo di 1 e tempi dellordine di 3 minuti per acquisire le misure (proiezioni) per ogni immagine. Con le generazioni successive sono entrati in funzione rivelatori multipli in moto circolare assieme al tubo a raggi X (Figura 28.9.7a) oppure
rivelatori fissi con il solo tubo a raggi X in movimento (Figura 28.9.7b). Le successive
soluzioni hanno ottimizzato alcuni parametri, come la stabilit di funzionamento dei
rivelatori, il tempo di acquisizione delle misure e il costo del dispositivo. Attualmente
i dispositivi del tipo mostrato in Figura 28.9.6 hanno tempi di acquisizione dellordine di alcuni secondi per proiezione. Le attuali generazioni di TC hanno il lettino
del paziente in movimento lineare rettilineo durante lacquisizione delle misure (TC
a spirale o elicoidale) rendendo possibile un raccordo tra i vari piani tomografici e
permettendo quindi una ricostruzione tridimensionale delle strutture indagate (Figura 28.9.8). Anche il tubo a raggi X viene sostituito, nei modelli pi recenti, da una
corona circolare di tubi ad accensione sequenziale: la tendenza di diminuire al
massimo le parti in movimento, sia perch pi costose (rispetto a parti fisse) sia perch necessitano di maggiore manutenzione, e al tempo stesso vengono diminuiti i
tempi di acquisizione delle proiezioni.
Per rendere pi veloce lesame tomografico, sullo stesso principio della TC spirale, stato sviluppato il dispositivo TC MultiSlice (MSCT) in cui, come si vede
nella Figura 28.9.9 ad ogni rotazione del sistema di rivelatori vengono acquisite
pi fette contemporaneamente. I tempi di scansione sono minori di 0.5 secondi
con 4 o 16 fette per scansione. Oltre alla velocit, simili dispositivi comportano un
aumento della risoluzione assiale e una qualit della ricostruzione pi elevata.
Limmagine della sezione di un oggetto viene ricostruita eseguendo un insieme di misure di attenuazione del fascio monocromatico di raggi X a diverse angolature, per 180 attorno alloggetto. NellEsempio 28.9.1 calcolato il numero
di angolazioni necessarie alla ricostruzione dellimmagine (Figura 28.9.10). Limmagine viene ricostruita dalle misure di assorbimento in tutte le direzioni programmate.
Nelle immagini possono apparire artefatti, spesso causati dai movimenti del paziente, che determinano sfasamenti nella proiezione delle attenuazioni di raggi X,
per cui strisce o zone ombrate appaiono nellimmagine ricostruita. La stabilit di
funzionamento del tubo a raggi X e dei rivelatori indispensabile sia per ottimizzare la ricostruzione, sia per evitare artefatti originati dal dispositivo stesso.
I raggi X, impiegati nei moderni dispositivi TC, hanno unenergia media di
70 keV, con un flusso di circa 3 1012 fotoni al secondo per kW consumato e per

28.9

773

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Fi (xi) = Nox (1 exp (m (xi) D)

Figura 28.9.10
Le varie proiezioni Fi(xi) nel caso
delle TC corrispondono alla proiezione del coefficiente di assorbimento m di raggi X. Le proiezioni
permettono la ricostruzione della
funzione m = m (x,y). Si supponga
ad esempio limmagine mostrata in
figura costituita da sferette di
piombo. Le curve proiettate sono
curve di assorbimento dei raggi X
attraverso le sferette.

grado di annerimento della pellicola


xi

Fi (xi )

y
D = spessore attraversato
o

steradiante (si veda il 1.6a). Questo flusso costituisce un limite nella velocit di
esecuzione di unimmagine da TC: infatti la qualit dellimmagine a esso direttamente proporzionale.
Lenergia necessaria per ottenere unimmagine clinicamente valida di circa
10 100 kJ e poich la capacit termica dellanodo del tubo a raggi X dellordine
di 300 1000 kJ, ci significa che solo un numero limitato di immagini ad alta qualit pu essere ottenuto prima che si raggiunga una temperatura critica, con la necessit di un periodo di raffreddamento relativamente lungo. Questo inconveniente viene in gran parte superato mediante una corona di tubi a raggi X con accensione sequenziale.
I rivelatori di raggi X impiegati nei dispositivi TC sono costituiti da rivelatori a
stato solido (26.3): essi devono essere di piccole dimensioni, economici e funzionare in modo molto stabile con un basso rumore di fondo.
In Figura 28.9.11 mostrato uno schema a blocchi delle parti principali costituenti un dispositivo TC. Il sistema di calcolo mostra le immagini su monitor tele-

Aspetti tecnici

Figura 28.9.11
amplificatori
del rivelatore

tubo a
raggi X
rivelatori

involucro e
tavolo del
paziente

alimentazione
tubo a raggi X

periferiche per
la registrazione digitale

sistema di
calcolo
con
processore
matriciale

immagine
televisiva

tastiera di
controllo

macchina
fotografica

Schema a blocchi del dispositivo


TC.

774

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

tomografo
vetro
al piombo
monitor

consolle di
comando

a)

b)

Figura 28.9.12

(a) Fotografia di una TC dalla sala controllo del dispositivo. Una finestra di vetro al piombo permette di
osservare il paziente dalla sala di controllo. (b)Dispositivo TC a spirale, vedi Figura 28.9.8 (S.C. Radiologia
IRCCS San Matteo, Pavia). (c) La complessa elettromeccanica dellinterno di un dispositivo TC (2006)
dove il tubo a raggi X (T) e i rivelatori (D) sono montati su una struttura ruotante (TC di terza generazione, vedi Figura 28.9.7a, con ventaglio di rivelatori
e sorgente di raggi X (X) montati solidalmente su
una struttura ruotante (gantry) (R)).

T
X

c)

visivi (Figura 28.9.12a), ne permette la manipolazione e le immagazzina su supporti magnetici (dischi magnetici).
La manipolazione dellimmagine sullo schermo molto importante per il radiologo per poterne ricavare il massimo contenuto informativo. I tessuti pi densi
sono mostrati in bianco e quelli meno densi in nero (come avviene nelle pellicole
radiografiche), in modo da evitare confusioni nel medico che esegue la diagnosi.
Possono anche essere eseguite misure quantitative di attenuazione mediante
una selezione dellarea di interesse, impiegando un cursore elettronico, e lo stesso
pu dirsi per la misura delle dimensioni lineari di parti dellimmagine.
Nelle Figure 28.9.13, 28.9.14 sono riportati alcuni esempi di tomografie (assiali) computerizzate.

28.9

775

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Figura 28.9.13
TC di sezione toraco-assiale. Si osservi come i polmoni (aria) rivelino
un basso coefficiente di assorbimento, il cuore e i tessuti molli un
assorbimento intermedio e il tessuto osseo delle costole un assorbimento pi elevato.

Figura 28.9.14
(a) Immagine del cranio in sezione
assiale. (b) La stessa immagine da
risonanza magnetica (RM). Si osservi come in questultima possibile differenziare i tessuti molli,
che appaiono uniformi nella TC.

Con procedure software i piani delle diverse sezioni possono essere raccordati
producendo immagini in 3 dimensioni (tecnica chiamata surface rendering) con effetti spettacolari, come mostrato nelle Figure 28.9.15, 28.9.16 e 28.9.17. Queste ricostruzioni sono effettuate off-line (dopo la tomografia) e in generale necessitano
di tempi di calcolo piuttosto lunghi.
Figura 28.9.15
Con la tecnica di surface rendering a
sinistra ricostruito il torace e a destra il cuore e i vasi polmonari.

776

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.17
Grazie alla ricostruzione volumetrica di TC elicoidale sono possibili
ricostruzioni 3D con evidenza di
tessuti differenti, basandosi anche
sulle superfici di contrasto in assorbimento.

Figura 28.9.16
Con la tecnica di surface rendering
sono ricostruite le regioni superficiali cardiache mettendo in evidenza le arterie coronarie: una loro
eventuale stenosi verrebbe chiaramente evidenziata.

Un ulteriore sviluppo tecnologico delle TC riguarda la formazione di immagini


particolarmente veloci. Si tratta di un tomografo senza parti meccaniche in movimento
(quinta generazione di TC). Come si vede dalla Figura 28.9.18 una sorgente di elettroni invia un fascio attraverso un sistema magnetico che devia gli elettroni (fascio
di elettroni ruotante) in modo da colpire anelli circolari (anodi) da ciascuno dei
quali si genera un fascio di raggi X ruotante nel piano corrispondente a una sezione
del paziente. Queste TC ultraveloci permettono di ottenere 32 sezioni al secondo
con alta risoluzione (da 1 a 4 mm) e forniscono quindi immagini ad alta risoluzione
al cuore pulsante. Queste tomografie sono infatti chiamate TC cardiovascolari: allo
stato attuale ne sono state installate un centinaio nel mondo.

Figura 28.9.18
(a) Schema di TC cardiovascolare:
un fascio di elettroni prodotto da
un cannone elettronico incide su
anodi circolari producendo un fascio di raggi X ruotante nel piano
dellanello anodico, come mostrato nello schema in (b) dove il fascio di raggi X ruota nel piano verticale alla figura.

sistema di
acquisizione dati
sorgente
fascio di
di elettroni elettroni
(catodo)

anodi
bersaglio
lettino

a)

b)

Prima di concludere opportuno confrontare la dose media di radiazioni assorbite durante una TC con quella di altri esami radiologici. Le immagini ricostruite
nella TC corrispondono a pi sezioni della regione interessata e la loro risoluzione
nella coordinata trasversale (asse z) sar migliore quanto minore lo spessore Dx
delle sezioni. Per questa ragione la dose di radiazioni D (26.2a) risulta essere un importante fattore limitante nella risoluzione delle immagini TC (anche delle immagini SPECT e PET), poich essa inversamente proporzionale allo spessore elevato
al cubo: D r Dx3. Per diminuire di un fattore 2 lo spessore, e aumentare quindi la ri-

28.9

777

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

soluzione, necessario aumentare la dose di un fattore 8. Nel caso di una TC della


testa, il compromesso si ottiene per dosi di circa 2 mGy (in pratica 2 mSv) cui corrispondono circa 100 radiografie toraciche equivalenti (si vedano i dati in Tabella
27.1).
Gli effetti dannosi delle TC, per quanto difficili da accertare, possono essere stimati nella morte per tumore da una singola tomografia, per adolescenti sotto i 15
anni, in 1 caso su 500 e per adulti di 45 anni in 1 caso su 1250. Come si vede si tratta
di un effetto non trascurabile.
28.9c Tomografie a emissione di fotone singolo (SPECT)
Le tomografie a emissione di fotone singolo o di positroni sono tecniche diagnostiche non invasive utilizzate nella clinica e in indagini di Fisiologia, Biochimica dei tessuti biologici e Farmacologia. Esse si basano sulla rivelazione in vivo, e
sulla formazione delle relative immagini, di radiazioni (costituite da positroni o fotoni g) emesse da particolari radioisotopi, introdotti come elementi traccianti nel
sistema fisiologico sotto indagine. Queste tecniche sono simili alla TC nel metodo
di ricostruzione dellimmagine e per entrambe, SPECT e PET, si applica la Figura
28.9.19.
Consideriamo la Tomografia a emissione di fotone singolo, o SPECT (Single Photon
Emission Computed Tomography). In questo caso si tratta di produrre una mappa di
distribuzione di radioisotopi, i quali, a differenza della PET trattata nel paragrafo seguente, emettono singoli fotoni g. Esiste una grande variet di radioisotopi di questo tipo, correntemente utilizzati nella Medicina nucleare (27.2b): questo attualmente il solo vantaggio pratico che la SPECT possiede nei confronti dei dispositivi PET, per i quali esistono pochi radionuclidi b+ emittenti utilizzabili.
Vi sono essenzialmente due tipi di SPECT, a seconda dellorientamento del
bersaglio rispetto al rivelatore che produce le immagini tomografiche: longitudinale e assiale. In entrambi il rivelatore dei fotoni g un dispositivo, chiamato
gammacamera, formato da uno scintillatore allo stato solido, cui sono anteposti

d(x,y) mappa di concentrazione (densit) di radionuclidi


N densit radionuclidi
xi

y
o

Figura 28.9.19
Le varie proiezioni Fi(xi) nel caso
delle SPECT e PET corrispondono
alla proiezione dellemissione di
radiazione (fotoni gamma) da radionuclidi. Le proiezioni permettono la ricostruzione della funzione densit d di radionuclide
d = d (x,y). Si supponga, ad esempio, che limmagine mostrata in figura sia costituita da sferette di radionuclide. Le curve proiettate
sono curve di intensit di radiazione emessa (proporzionale alla
densit di radionuclidi) in varie direzioni (la direzione viene selezionata da opportuni collimatori, Figura 28.9.20).

778

CAPITOLO 28

Figura 28.9.20

gamma-camera

Schema dei componenti di una


gamma-camera (chiamata anche
camera Anger). I fotoni g, emessi
dai radionuclidi, attraversano un
collimatore e vengono rivelati da
uno scintillatore solido (solitamente NaI). La luce emessa dallo
scintillatore, attraverso guide di
luce, incide sui fotomoltiplicatori
(PhotoMultiplier - PM) che la convertono in segnali elettrici. Mediante un calcolatore i segnali, provenienti dai vari PM, vengono elaborati per ricostruire unimmagine
sul monitor, che rappresenta la
mappa della distribuzione dei radionuclidi g emittenti.

immagini nelle regioni: a, b, c


a
b
c
3 1
2

1 3
2

scintillatore
b
c

Strumentazione biomedica

a)

fotomoltiplicatori
(PM)

cristallo NaI

collimatori
monitor

opportuni collimatori di piombo (Figura 28.9.20).


La SPECT longitudinale stata la prima tecnica utilizzata per produrre tomografie in Medicina nucleare. Essa consiste in una gamma-camera con un collimatore puntiforme (pin hole), come mostrato in Figura 28.9.21, e si basa sul fatto che
solo un piano, quello a distanza focale, produce unimmagine netta sul rivelatore,
mentre tutti gli altri piani fuori fuoco producono solo immagini confuse.
Nel caso della SPECT trasversale, il rivelatore costituito da una gamma-camera
ruotante (Figure 28.9.22 e 28.9.23), fornita di un collimatore di piombo a fori paralleli, montata su una testa mobile, che ruota intorno al paziente, producendo
una serie di distribuzioni dellintensit dei fotoni g emessi in piani trasversali. La
produzione di almeno 64 o 128 distribuzioni a diversi angoli, consente di ottenere
x

N
1

strumentazione
per l'elaborazione
elettronica

N
o

2
3
o
b)

collimatore
pin hole
gamma camera

Figura 28.9.21
Principio di funzionamento della
SPECT longitudinale: il collimatore convergente a pin hole (foro
di spillo) accoppiato a uno scintillatore solido di grande area a sua
volta accoppiato a dei fotomoltiplicatori (descritti nel 26.3). Le immagini delle tre sorgenti vengono
viste come mostrato nella figura (a)
e la loro posizione reciproca ricostruita dal calcolatore. Regioni
esterne alla linea chiusa in (b) forniscono immagini confuse.

y
collimatore
gamma camera
sezione trasversale
(assiale)

collimatore

Figura 28.9.22
Principio di funzionamento della SPECT trasversale. La distribuzione dei radionuclidi nella sezione trasversale del corpo (piano della figura) viene ricavata dalle proiezioni digitalizzate della
gamma-camera riprese a molti angoli intorno al soggetto. Le ordinate delle proiezioni rappresentano il numero di fotoni g al cm2 rivelato dalla gamma-camera ed emessi dai radionuclidi diffusi
nei tessuti.

28.9

limmagine tomografica della distribuzione di radionuclidi g-emittenti e quindi


della sezione anatomica dellorgano sotto indagine.
Per questo tipo di dispositivo, al vantaggio di utilizzare gamma-camere convenzionali e radioisotopi usualmente impiegati nella Medicina nucleare (99Tc, 123I, 133Xe,
201Tl e cos via; si veda la Tabella 27.2) si contrappongono i seguenti svantaggi:
a) i collimatori di piombo, necessari per definire la linea di volo del fotone,
hanno una bassa efficienza e limitano la risoluzione spaziale dellimmagine a
7 10 mm;
b) lattenuazione dei fotoni dipende dalla posizione del radioisotopo nellorgano
sotto indagine e non pu essere valutata a priori (come avviene invece per le
immagini PET, trattate nel paragrafo che segue): vi possono essere differenze
dal 30% al 50%. Questo produce notevoli artefatti nellimmagine, la cui rimozione (parziale) richiede limpiego di complicati algoritmi di ricostruzione;
c) i fotoni g emessi dai radionuclidi possono dare luogo a processi con le particelle (nuclei ed elettroni), costituenti il tessuto attraversato, aventi nello stato
finale fotoni g di energia differente e diversa direzione di propagazione (diffusione per effetto Compton, 25.9a). Il contributo della diffusione notevole
per lintervallo di energia coperto dai radionuclidi utilizzati in Medicina nucleare (100 150 keV), per cui devono essere adottate opportune tecniche di
correzione.
Inoltre per la SPECT valgono le limitazioni nella risoluzione dellimmagine determinate dal limite della quantit di radionuclidi che si possono introdurre nel sistema biologico senza provocare danni da radiazioni.
Anche per i dispositivi SPECT in corso un intenso sviluppo tecnologico e si
sono ottenute risoluzioni delle immagini di circa 6 8 mm.
Alcuni esempi di immagini ottenute con la SPECT sono mostrati nelle Figure
28.9.24 e 28.9.25; questultima sovrapposta a immagini di risonanza magnetica
(RM) di maggiore risoluzione per stabilire la localizzazione della lesione.

Figura 28.9.25
SPECT del cranio a colori nel piano assiale
(a) e nel piano sagittale (b). Limmagine
SPECT stata fusa con unimmagine da risonanza magnetica (RM) a falsi colori, che
mette in evidenza la struttura dei tessuti molli
cerebrali in modo da dare una localizzazione
precisa della lesione. In (b) le immagini RM e
SPECT sono separate e fuse.

779

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Figura 28.9.23
Foto di una SPECT trasversale con
gamma-camera ruotante.

Figura 28.9.24
SPECT cerebrale in cui si evidenzia
uno stato di ischemia cerebrale: il
radionuclide -emittente stato inserito in una molecola che tramite
la circolazione cerebrale si doveva
diffondere in modo simmetrico.

780

CAPITOLO 28

28.9d Tomografie a emissione di positroni (PET)

e+

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.26
Lannichilazione del positrone
(emesso dal decadimento b+ di un
radionuclide) con un elettrone
atomico origina due fotoni g che sarebbero esattamente collineari se
la quantit di moto totale delle due
particelle fosse nulla. In realt,
nella maggior parte dei casi, lannichilazione origina due fotoni quasi
collineari, ciascuno di energia di
0.511 MeV corrispondente alla
massa dellelettrone convertita in
energia secondo la relazione
E = mc2.

FDG

La Tomografia a emissione di positroni, o PET (Positron Emission Tomography), utilizza radioisotopi che emettono positroni (radiazione b+) e fornisce immagini
della distribuzione della densit di questi radioisotopi in una sezione del corpo
umano.
Un positrone non altro che un elettrone di carica positiva e +, chiamato anche
particella beta positiva (b+), che percorre nel tessuto non pi di 1 2 millimetri
prima di essere catturato per attrazione coulombiana da un elettrone atomico (negativo) e annichilirsi con questo emettendo due fotoni g, ciascuno dellenergia di
511 keV (energia corrispondente alla massa dellelettrone dalla (24.11)), in direzioni opposte, come mostrato in Figura 28.9.26. In Figura 28.9.27 sono paragonate
SPECT e PET per quanto concerne la rivelazione dei fotoni emessi dai radionuclidi. Per individuare la distribuzione dei radionuclidi, il dispositivo PET rivela entrambi i fotoni emessi dallannichilazione del positrone.
I radionuclidi sono prodotti nei ciclotroni (24.12a), bombardando opportuni
isotopi stabili con protoni o deutoni, che vengono poi sintetizzati, in un laboratorio di radiochimica, in unampia gamma di composti fisiologici marcati. I radioisotopi emittenti e +, pi adatti allo scopo, sono isotopi di elementi biologici quali
lossigeno, lazoto e il carbonio (Tabella 27.2): 15O (t1/2 = 2.1 minuti),
13N (t
11C (t
1/2 = 10 minuti) e
1/2 = 20.1 minuti). Non esistono isotopi dellidrogeno
+
emittenti e , ma il radioisotopo del fluoro 18F (t1/2 = 110 minuti) pu esserne un sostituto in determinate circostanze.
Una delle molecole marcate pi utilizzata nelle immagini PET il glucosio che
diventa fluoro-desossi-glucosio (FDG) marcato con 18F. Poich il glucosio rappresenta la principale fonte di energia per le cellule, ne consegue che unelevata concentrazione di fluorodesossiglucosio (FDG) si ha in presenza di un maggior consumo energetico, tipico delle cellule neoplastiche (ma non solo).
I rivelatori di fotoni g utilizzati nei dispositivi PET sono attualmente costituiti da
rivelatori a scintillazione oppure da rivelatori a stato solido (26.3)
I due fotoni g, emessi dallannichilazione del positrone, possono essere rivelati
singolarmente oppure in coincidenza temporale, in un intervallo di tempo 10 20 ns
(1 nanosecondo = 109 s). La rivelazione in coincidenza temporale possiede alcuni
vantaggi, tra cui, soprattutto, quello di fornire una migliore risoluzione spaziale.
La coincidenza dei due fotoni lungo la stessa direzione (collinearit) viene assicu-

Figura 28.9.27
Principio di rivelazione della radiazione emessa dai radionuclidi nel
caso della PET (a) e della SPECT
(b). Nella PET la collimazione elettronica effettuata imponendo la
coincidenza dei segnali nei due rivelatori. Nella SPECT si impiega un
collimatore costituito da uno
schermo di piombo che permette
di rivelare i fotoni provenienti da
una sola direzione.

rivelatore

rivelatore

rivelatore
a)
PET

b)
SPECT

28.9

781

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Figura 28.9.28

B
C

A
a)

fotomoltiplicatori

collimatore
scintillatore

b)

Vista frontale (a) e dallalto (b) di


un dispositivo PET total body,
dove i gruppi di rivelatori in coincidenza sono disposti nel piano in
una struttura esagonale intorno al
corpo. Ciascun rivelatore pu osservare un evento coincidente con
ciascuno degli undici rivelatori del
lato opposto (sono possibili
3 11 11 = 363 coppie di linee
coincidenti). Per garantire un
campionamento angolare e spaziale completo, la disposizione esagonale viene ruotata di 60 con un
passo di 5 e a ogni angolo ciascun
gruppo di rivelatori viene mosso
lateralmente con passi discreti per
una distanza complessiva pari
allinterasse tra i due rivelatori. Tomografi PET a multipiani di rivelatori consentono di incrementare
lapertura angolare del sistema diminuendo la quantit di radionuclide (e quindi la dose di radiazioni) al paziente. In (a) i fotoni
originati in B e C non sono collineari e quindi non conteggiati dal
dispositivo, quelli provenienti da A
sono collineari e originano un segnale nel dispositivo.

rata da opportuni collimatori: per schermare i rivelatori dai fotoni non collineari
sono necessari spessori notevoli (alcuni cm di Pb). Nella Figura 28.9.28 schematizzato un dispositivo PET, mentre in Figura 28.9.29 mostrato un tomografo PET.
Per ottenere le proiezioni tomografiche della distribuzione dei radionuclidi il dispositivo di rivelazione viene fatto ruotare intorno al paziente. Con i dati raccolti a
diversi angoli (Figura 28.9.19), tramite opportuni algoritmi di ricostruzione e di filtraggio descritti nel 28.9a, si ottiene una mappa della distribuzione dei radionuclidi
che evidenzia la struttura anatomica in cui essi sono localizzati (Figura 28.9.30).
Figura 28.9.29
Fotografia di un dispositivo PET.
Allinterno della fessura scura sono
alloggiati i rivelatori.

Figura 28.9.30
Immagine PET di una sezione assiale del cranio dove si osserva la
differenza nellassimilazione di
FDG tra un soggetto normale e uno
schizofrenico: in questultimo lattivit cerebrale della parte frontale
diminuita, mentre aumentata
quella della parte posteriore.

782

CAPITOLO 28

Correzione dellattenuazione

Strumentazione biomedica

Luso di contatori a scintillazione a stato solido comporta attualmente una risoluzione dellordine di circa 3 - 4 mm, a seconda del tipo di materiale scintillante
utilizzato. Una risoluzione spaziale di circa 2 - 3 mm considerata il limite pratico
per i dispositivi PET, a causa della non perfetta collinearit dei due fotoni e della
distanza media (range, 26.2c), che i positroni percorrono prima di annichilire,
pari a circa 1.3 mm.
Un particolare vantaggio della PET consiste nel fatto che, diversamente dalla
tomografia a emissione di un singolo fotone (SPECT), possibile eseguire una
precisa correzione dellattenuazione dei fotoni g nei tessuti, la quale dipende solo
dallo spessore totale del corpo attraversato: infatti i due fotoni in coincidenza attraversano complessivamente lintero spessore corporeo, come evidente in Figura
28.9.31. Essendo Pg1 la probabilit di trasmissione del primo fotone e Pg2 quella del
secondo fotone, per la (25.12), si ha:
Pg1 r e-m x

O
2

Pg2 r e-m (Lx) ,

(28.9.6)

da cui la probabilit di trasmissione della coppia di fotoni g1, g2 in coincidenza, risulta essere:
1

Pg1g2 = Pg1 Pg2 r e-m x e-m(Lx) = e-mL,

(28.9.7)

Lx
L

Figura 28.9.31
Attenuazione del fascio di fotoni
collineari emessi da radionuclidi
posti in O. Per semplicit, in figura
mostrata una singola direzione:
in realt la distribuzione della direzione isotropa intorno alla sorgente O.

che dipende solo dal coefficiente di attenuazione lineare m e dal diametro L del
bersaglio (Figura 28.9.31).
Allora il numero di particelle emesse dal radionuclide, distribuito nei tessuti
(con decadimento e annichilazione isotropi), pu essere facilmente calcolato da
quello rivelato, noto il coefficiente m e lo spessore L del corpo in ogni direzione.
Per conoscere questi parametri il paziente sottoposto in precedenza ad una TC
rapida che fornisce al calcolatore della PET solo i dati necessari alle correzioni. Ad
esempio, se avvengono 10 annichilazioni con 10 + 10 fotoni emessi nella stessa direzione ma con versi opposti, supponiamo che un rivelatore da una parte ne individui 8 (gli altri 2 sono assorbiti o deviati) e che il rivelatore dalla parte opposta ne
registri 7. Ne segue che il dispositivo, imponendo la coincidenza temporale, rivela
solo 7 coincidenze in quella direzione. Conoscendo il valore di m e di L dalla TC,
tramite la (28.9.7) si pu correggere la misura da 7 a 10 annichilazioni, ricavando
quindi il vero numero di radionuclidi che hanno emesso b+.
La risoluzione spaziale dei dispositivi PET dipende in modo determinante dal
numero di fotoni collineari rivelati: tanto maggiore questo numero, tanto migliore sar limmagine ricostruita. Tuttavia, per ragioni di sicurezza (27.2b e Tabella 27.3), vi un limite massimo nella quantit di radionuclide che pu essere
somministrata al paziente e questa, a sua volta, limita il flusso di fotoni rivelati e
quindi anche la risoluzione spaziale dellimmagine ricostruita. Infatti, i fotoni rivelati sono una frazione piccola del numero di radionuclidi somministrati, a causa
dei seguenti fattori:
a) i radionuclidi tendono a diffondere in tutto lorganismo, per cui solo una parte
modesta si concentra nella regione sotto indagine;
b) lapertura angolare dei rivelatori consente la rivelazione solo di una piccola frazione dei fotoni collineari provenienti dallannichilazione del positrone, i quali
sono emessi con una distribuzione angolare isotropa;
c) lattenuazione dei fotoni nellattraversare il materiale biologico;
d) lefficienza di rivelazione del rivelatore.

28.9

783

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Le valutazioni quantitative di questi fattori dipendono dagli organi sotto indagine e dal particolare sistema di rivelazione adottato dal dispositivo PET. Ad esempio, per il complesso dei tre fattori (b),(c) e (d), normalmente viene rivelato solo
l1 2% dei decadimenti dei radionuclidi concentrati nellorgano oggetto di indagine. Per analogia si paragoni limmagine data dalla PET al caso di una fotografia scattata di notte: in condizione di un basso flusso di fotoni si deve impostare la
macchina fotografica sullapertura massima dellobiettivo e permettere lunghi
tempi di esposizione della pellicola fotografica per ottenere un numero accettabile di fotoni che diano luogo ad unimmagine, comunque offuscata e confusa.
Come visto sopra, il fattore (c) di attenuazione pu essere corretto, anche se
esso comunque fonte di amplificazione degli errori nella ricostruzione, e pertanto diventa molto importante cercare di incrementare lefficienza del rivelatore
e lapertura del collimatore.
Con questo scopo sono in corso di sviluppo sistemi PET di vario tipo. Ad esempio mediante il TOFPET (TOF = Time Of Flight, tempo di volo) si esegue anche una
misura dellintervallo di tempo che intercorre tra la rivelazione del primo e del secondo fotone g : in questo modo, essendo nota la velocit c dei fotoni, si viene a
conoscere direttamente la posizione del punto di annichilazione rispetto ai due rivelatori, con un miglioramento della risoluzione.
Mediante rivelatori, chiamati camere proporzionali a multifilo (MWPC), si incrementa lapertura angolare del rivelatore, con una risoluzione spaziale, dellimmagine ricostruita, simile a quella degli scintillatori o migliore. Come si comprende, questo tipo di tecniche sono tuttora in evoluzione e lavanzamento tecnologico fa prevedere ulteriori progressi in futuro.
Attualmente le immagini PET sono di grande aiuto nella chirurgia dei tumori,
poich permettono di conoscere lo stato di avanzamento del tumore, i linfonodi
sentinella e la presenza di metastasi difficilmente visibili con altri tipi di immagine,
come mostrato in Figura 28.9.32.

Figura 28.9.32
Immagine PET del piano frontale
di un soggetto cui era stato individuato un tumore (primario) con
una TC toracica. Limmagine PET
evidenzia un tumore secondario e i
linfonodi mediastinici in metastasi.
Lesame stato svolto utilizzando
FDG.

784

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Per finire opportuno osservare che, sia per la PET, che per la SPECT, le immagini, tramite le loro differenti tonalit di grigio, forniscono anche informazioni
quantitative sulla concentrazione del particolare tracciante nellorganismo, rendendo possibili studi in vivo di farmacocinetica e delle funzioni metaboliche degli
organi sotto indagine (in particolare del cuore e dellencefalo). A questo proposito, come gi visto nel 27.2b, interessante notare che nelle immagini radiodiagnostiche la risoluzione spaziale equivale allassorbimento di circa un grammo di
materiale biologico, corrispondente a circa 109 cellule, mentre nelle immagini in
Medicina nucleare (SPECT, PET, scintigrafie) per fornire unevidenza della presenza di radionuclidi, sufficiente siano rivelati 100 nuclei corrispondenti a 100
cellule: la radiodiagnostica mediante radionuclidi possiede una risoluzione metabolica eccezionale.
28.9e Immagini da risonanza magnetica nucleare (RM)

Radiofrequenza

Con la spettroscopia a Risonanza Magnetica (Nucleare)2 o RM (MR da Magnetic


Resonance) si possono sia ottenere immagini bi- e tridimensionali di sezioni del
corpo umano, sia studiare, in situ, la struttura chimica e fisica dei tessuti, nonch
le reazioni metaboliche.
Il primo tipo di applicazione della RM, noto come tomografia a risonanza magnetica, fornisce immagini con indicazioni diagnostiche in gran parte complementari a quelle fornite da TC, SPECT e PET.
Il secondo tipo di applicazione, invece, esegue studi di carattere microscopico
su organi o parti selezionate di organismi viventi e di cellule in situ e in vivo.
In entrambi i casi importante laspetto non invasivo e la totale assenza di
danni da radiazioni di questa tecnica.
La RM un importante tipo di spettroscopia, in cui le onde elettromagnetiche
che interagiscono con la materia sono onde radio di bassa frequenza (10 100 MHz)
e quindi di energia ridotta. Alla base della RM c, come in ogni altro tipo di spettroscopia, un processo microscopico di assorbimento e di emissione di fotoni di
energia hn da parte di livelli energetici quantizzati presenti nella materia. Vediamo
quindi quali sono i livelli energetici che danno luogo allassorbimento dei fotoni
di radiofrequenza.
La maggior parte dei nuclei atomici possiede un momento della quantit di moto
/ (definito nel 4.5) e un momento magnetico m (definito nel 20.4), proporzionale
a/:
m=gh /,

(28.9.8)

dove h la costante di Planck e g una propriet del nucleo, noto come rapporto
giromagnetico. In assenza di campi magnetici esterni, lenergia dello stato fondamentale del nucleo indipendente dallorientazione nello spazio del vettore m.
Viceversa, quando i nuclei appartenenti agli atomi o alle molecole di un certo
materiale si trovano in un campo magnetico esterno B, si crea una piccola differenza di energia tra i nuclei che hanno orientazione diversa rispetto al campo B
(Figura 28.9.33). Quando lenergia del fotone uguale alla differenza di energia
tra i livelli energetici magnetici nucleari, si pu avere un assorbimento in risonanza alla frequenza:

L =
2

Il termine nucleare caduto in disuso.

B.
2

(28.9.9)

28.9

Figura 28.9.33

E2 = + 1 h B
2
2

= 1
2

B0

785

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

hv

B=0

E1 = 1 h B
2
2

La frequenza di risonanza (28.9.9) chiamata anche frequenza di precessione di


Larmor (Figura 28.9.34). I nuclei di maggior interesse nella tomografia RM sono i
protoni contenuti negli atomi di idrogeno, presenti in tutti i composti chimici costituenti i tessuti molli e i liquidi del corpo umano. Per i protoni la frequenza di risonanza 42.6 MHz per ogni tesla di campo magnetico applicato B (1 tesla =
= 104 gauss).
Il principio fondamentale su cui si basa la possibilit di ottenere immagini da
spettri di RM e di eseguire misure spettroscopiche in situ il seguente: se il materiale da esaminare viene posto in una regione dello spazio in cui il campo magnetico varia, in modo noto, da punto a punto, si ha cio un gradiente non nullo di B,
la frequenza di risonanza diversa da punto a punto. In questo modo, quindi,
nello spettro RM codificata linformazione della distribuzione nello spazio dei nuclei risonanti. Un semplicissimo esempio, ad illustrazione di questo principio,
mostrato nella Figura 28.9.35.
Il principio semplice, mentre la realizzazione pratica estremamente sofisticata. Essa si basa essenzialmente su unanalisi, eseguita con calcolatori dotati di
elevata velocit e con una grande capacit di memoria, della risposta, del mate-

Schema dei livelli di energia relativi


allo stato fondamentale di un nucleo con / = 1/2, in assenza e in presenza di un campo magnetico
esterno. La condizione di assorbimento di risonanza si realizza
quando lenergia del fotone di radiofrequenza uguale alla differenza di energia dei livelli.

z
o= 2 o
B

o
x
a)
insieme di
nuclei:

B
B = Bo = costante

intensit
del segnale

x
frequenza
x

a)

Figura 28.9.34

intensit
del segnale

B = B(x)

frequenza
Bo

B4 B6 B8 B10 B12

o
b)

b)

12 10 8 6 4

Figura 28.9.35
La figura mostra schematicamente il segnale di RM che si origina da una particolare distribuzione
di sfere contenenti nuclei di idrogeno. Nel caso (a) il campo magnetico B uniforme su tutta la distribuzione, originando un segnale a una singola frequenza. Nel caso (b) al campo magnetico
stato aggiunto un gradiente di campo G nella stessa direzione di B. In questo caso il campo magnetico sulle sferette diminuisce andando da sinistra a destra e a ci corrisponde (dalla 28.9.9) una
diminuzione della frequenza di risonanza, originando segnali di ampiezza diversa a seconda del
numero di sferette. Le sferette di idrogeno in posizione 4 sono soggette al campo magnetico B4 cui
corrisponde la frequenza n4 e un segnale pi intenso (vedasi anche la Figura 28.9.36).

Descrizione classica della RM. (a)


Un momento magnetico m in un
campo magnetico B precede intorno alla direzione di B con la frequenza di Larmor wL = 2 nL= g B.
Se il campo magnetico dellonda a
radiofrequenza ha la stessa frequenza nL, esso esercita coerentemente una coppia meccanica che
pu far variare langolo tra m e B.
(b) In presenza di B il numero medio di nuclei nella direzione di B
poco maggiore di quello diretto
nel verso opposto. Questo fatto origina la magnetizzazione macroscopica longitudinale M. Si osservi
che, viceversa, la magnetizzazione
trasversale nulla poich i diversi
momenti magnetici procedono in
modo casuale.

786

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.36

bus dati

calcolatore

Schema a blocchi di un dispositivo


di RM.
alimentatore
gradienti

generatore di
forme d'onda

sorgente RF
principale

amplificatore
RF

deviatore
T/R
bobina RF

media
segnali

video
controllo

formatore
immagini

generatore
di impulsi

ricevente
RF

rivelatore
di fase RF

alimentatore
magnete
schermo antiradiazione RF esterna

Aspetti tecnici

riale in oggetto, alla sollecitazione ottenuta con impulsi di radiofrequenza di durata, forma e sequenze predeterminate. Le parti principali di un tomografo RM
sono descritte di seguito e in Figura 28.9.36 mostrato uno schema a blocchi di
tale dispositivo:
a) un magnete (Figura 28.9.37) che deve essere in grado di fornire un campo magnetico di circa 0.1 0.5 tesla. Questo campo deve essere il pi possibile
uniforme e stabile; il magnete deve avere una cavit di accesso abbastanza
grande da accomodare tutto il corpo del paziente, o perlomeno alcune parti di
esso. Si usano a questo scopo i magneti superconduttori, costituiti da grandi solenoidi di materiali conduttori che, purch mantenuti a temperatura inferiore a
una data temperatura critica, hanno la propriet di non dissipare energia per
effetto Joule e quindi di essere eccezionalmente stabili (corrente elettrica nelle
bobine costante) come riportato nel 17.7;

Figura 28.9.37
Magnete principale, bobine di gradiente e sistema di trasporto motorizzato del paziente.

bobine magnete
principale
bobine di gradiente

28.9

787

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Figura 28.9.38
y

bobine dei
gradienti in z
z

magnete
principale

Disposizione delle bobine del magnete principale, delle bobine dei


gradienti in z e y (il campo magnetico ortogonale alle bobine). Per
non creare confusione nel disegno
sono state omesse le bobine dei gradienti in x.

o
bobine dei
gradienti in y

bobine dei gradienti in x :


non mostrate per chiarezza

b) solenoidi addizionali che servono per generare gradienti di campo magnetico


lungo 3 direzioni perpendicolari (x, y e z) (Figura 28.9.38), di configurazione
variabile e nota per differenziare il campo magnetico in ogni punto del volume
sotto indagine (come richiesto dalla Figura 28.9.35, solo per una coordinata);
c) bobine in cui viene inviata la radiofrequenza e che servono anche per raccogliere i segnali spettroscopici, sempre a radiofrequenza, di risposta del materiale (in pratica si tratta di speciali antenne radio). A queste bobine sono collegati dei generatori di onde radio e dei ricevitori con tutta la relativa strumentazione elettronica;
d) il calcolatore, che serve a: (1) pilotare lindagine, permettendo di variare le
condizioni di irraggiamento; (2) elaborare i segnali relativi alle varie proiezioni
(si veda lo schema di Figura 28.9.36); e (3) presentare sullo schermo le immagini (Figura 28.9.39). Nella fotografia di Figura 28.9.40 sono mostrati i dispositivi RM.
Figura 28.9.39

finestra schermata RF

monitor per immagine

monitor per comandi

tastiera di comando
comunicatore

Consolle di controllo del dispositivo RM. Una maglia metallica


(gabbia di Faraday) scherma il locale ove si esegue la RM dalle radiofrequenze esterne. La maglia metallica installata anche nel vetro di
osservazione della consolle di controllo.

788

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.40
(a) Un dispositivo RM total body di
prima generazione. Il paziente introdotto nel dispositivo attraverso
unapertura di limitate dimensioni. (b) Dispositivo RM di recente
generazione e (c) RM con solenoide aperto: il dispositivo pu
ruotare in posizione verticale. (S.C.
Radiologia IRCCS San Matteo,
Pavia).

criogenia
(locale dietro
la parete)
involucro del magnete
principale (superconduttore)
e delle bobine

sensori di ossigeno
comandi del lettino
lettino con paziente

a)

b)

Bobine multicanale

c)

Il risultato di questa tecnica strumentale consiste nellacquisire dei segnali che


permettano di ricostruire una mappa della densit dei protoni presenti nelle varie
regioni di un tessuto o di un organo. Poich la RM vede soltanto i protoni, le immagini rappresentano la densit dellidrogeno, che, come sappiamo, presente
negli esseri viventi soprattutto nelle molecole dacqua.
Facendo riferimento alla Figura 28.9.41 per la ricostruzione tomografica, nel
caso della RM le distribuzioni sono curve di emissione di radiazione elettromagnetica a radiofrequenza, riprese a numerosi angoli, in cui sia linformazione di
posizione, che langolo di ripresa, vengono determinati da un gradiente di B (una
variazione di B lungo le coordinate x, y, z), chiamato anche gradiente di lettura. Queste distribuzioni permettono, con algoritmi simili a quelli impiegati nella TC (ad
esempio quelli del 28.9a), di ricostruire in alcune decine di secondi la mappa dei
protoni nella sezione corporea indagata. I pi recenti dispositivi RM ricostruiscono le immagini tramite metodi assai pi rapidi, tanto che esse vengono mostrate praticamente in tempo reale.
In particolare mediante bobine trasmittenti e riceventi multicanale (phased array
coils) possibile ottenere immagini 4, 8, 16, 32 volte pi rapidamente acquisendole contemporaneamente da differenti sezioni: un esame RM che dura normalmente 40 minuti pu essere eseguito in 10 minuti o meno. Esami pi brevi per-

28.9

789

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

segnale densit protonica


Fi(xi) Vi NHi

B = Bo + G

xi
G
G
Vi

G
G
y
o

Figura 28.9.41
I gradienti di campo magnetico G permettono di ottenere le emissioni della radiofrequenza su diverse direzioni. Lampiezza dei segnali proporzionale al numero di nuclei di idrogeno NH osservati ortogonalmente a una data direzione. Si considerino le sfere della figura composte di idrogeno.

mettono un maggiore comfort per il paziente, soprattutto se nel corso dellesame gli
viene richiesto di trattenere il fiato. Inoltre la tecnologia multicanale incrementa
sia il rapporto segnale-fondo, migliorando la risoluzione spaziale e temporale
delle immagini, e sia il volume anatomico indagato, particolarmente utile nelle indagini sulla colonna vertebrale e sulla vascolarizzazione delle gambe.
Le immagini si riferiscono normalmente a sezioni bidimensionali del corpo
umano. La posizione della sezione pu essere scelta a piacere e variata in modo da
avere informazioni su tutto un volume. Un esempio di immagini RM mostrato
nella Figura 28.9.42.
Uno dei grandi vantaggi delle immagini di RM consiste nel fatto che possibile
non solo rappresentare la distribuzione di densit di protoni nei tessuti, ma anche
discriminare tra i protoni presenti in atomi e molecole aventi diverso grado di mobilit. Questo pu essere fatto sfruttando il fatto che un particolare parametro del
fenomeno RM, chiamato tempo di rilassamento nucleare o longitudinale, dipende in larga misura dal moto della molecola in cui il nucleo contenuto. Il
tempo di rilassamento nucleare o longitudinale la costante di tempo T1 relativa al ritorno del momento magnetico del nucleo allequilibrio termico, dopo essere stato
irraggiato con un campo a radiofrequenza nelle condizioni di risonanza. Il ritorno
allequilibrio, che avviene esponenzialmente nel tempo, favorito dagli scambi di
energia tra il sistema magnetico nucleare e il reticolo, cio il complesso di atomi e
molecole che costituiscono il materiale. A parit di altri fattori, il rilassamento nucleare in un sistema fluido tanto pi breve quanto pi lenti sono i moti molecolari.
Il tempo di rilassamento longitudinale T1 dei protoni nei tessuti biologici pu
variare da 0.1 a 3 secondi. Pertanto, se laltezza del segnale RM viene misurata
dopo un tempo dellordine di T1 dallimpulso risonante di saturazione, lintensit
del segnale risulta funzione di T1 e quindi diverso per nuclei aventi diverso

Figura 28.9.42
Immagini frontali di RM. In (a) nel
riquadro rosso sono chiaramente
osservabili i polmoni, che, contenendo aria, sono privi di idrogeno
e non danno segnale di risonanza
(tonalit nera). In (b) e (c) sono
mostrate una sezione viscerale e
una sezione degli arti inferiori
(centrata sulle ginocchia).

790

Figura 28.9.43
Tomografia RM dellencefalo in
cui evidenziato il sistema circolatorio cerebrale. La RM permette di
ottenere angiografie non invasive.

Figura 28.9.44
Immagini RM dellencefalo nel
piano assiale e nel piano sagittale.
La prima pesata in T2, la seconda
pesata in T1. Si osservi come un tessuto identico viene evidenziato in
modo diverso.

Figura 28.9.45
Alcune immagini del cranio in
piano trasversale (assiale) con differenti modalit di acquisizione
dellimmagine, la (c) pesata in T1
con contrasto di gadolinio per mettere in evidenza la lesione neoplastica.

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

tempo di rilassamento. Per esempio, stato trovato che il T1 dei protoni presenti
nellacqua dei tessuti cancerogeni in generale pi lungo del T1 dellacqua nel
corrispondente tessuto sano. Sulla base di questa osservazione si possono ottenere
delle rappresentazioni della densit in cui si evidenzia la presenza del tessuto malato. Sempre in base al T1 possibile distinguere i protoni dellacqua in movimento rispetto a quelli fermi e quindi ottenere unimmagine anche tridimensionale dellalbero circolatorio arterioso dellorgano indagato: ne un esempio limmagine tomografica di Figura 28.9.43.
Unulteriore possibilit di contrastare tessuti diversi offerta da un secondo parametro di rilassamento, noto come T2 o tempo di rilassamento spin-spin o trasversale, che caratterizza lallargamento intrinseco della riga di risonanza. Anche questo fenomeno avviene esponenzialmente nel tempo e T2 ne rappresenta la costante di tempo. Nei liquidi come lacqua il rapporto T1/T2 vicino allunit. Invece per i protoni appartenenti a strutture pi ordinate o meno mobili (tessuti,
proteine, cellulosa e cos via) il rapporto T1/T2 pu assumere valori maggiori di
uno. Un esempio di immagini con contrasto di T1 e T2 mostrato in Figura
28.9.44, dove si pu notare come gli stessi tessuti presentino differenze in tonalit
di grigio.
Anche con la RM possibile introdurre nel soggetto sostanze che permettono
un aumento di contrasto (particolari nuclei), come mostrato in Figura 28.9.45. Infine opportuno accennare che oltre al protone, nucleo dellatomo di idrogeno,

28.9

791

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

He nucleo:
p
p

spin 1/2

Figura 28.9.46

Figura 28.9.47
Immagini dei polmoni eseguite con risonanza con 3He. Il gas respirato diffonde nei polmoni. In
(a) i polmoni di un soggetto sano, in (b) i polmoni di un fumatore: le frecce evidenziano le regioni
non pi funzionanti (le zone nere rappresentano lassenza di 3He, cio regioni del polmone dove
il gas non riesce a penetrare).

si possono impiegare altri nuclei dotati di momento angolare proprio. In particolare l3He (Figura 28.9.46), gas inodore e privo di attivit biologica, respirato e diffuso nei polmoni mette in evidenza le regioni inattive (Figura 28.9.47).
Consideriamo ora alcuni aspetti tecnici soprattutto relativi alla sicurezza del paziente. Il dispositivo RM agisce utilizzando onde elettromagnetiche a radiofrequenza che possono interagire con dispositivi elettronici causandone quanto
meno un funzionamento anomalo. Per questo motivo i portatori di pace-maker non
possono essere sottoposti a RM.
I portatori di protesi metalliche devono informare il personale medico affinch
prenda provvedimenti sia per evitare fastidi ai pazienti sia per poter eliminare artefatti nelle immagini.
E cos anche i portatori di clip metalliche (utilizzate in chirurgia per lemostasi
fino alla fine degli anni 70 del secolo scorso) per evitare che, a causa dei campi
magnetici e della radiofrequenza, possano non fare pi tenuta, causando emorragie.
I pazienti non devono indossare oggetti metallici o dispositivi elettronici: per
esempio lorologio digitale, emettendo radiofrequenza, interferisce con il dispositivo, mentre per quanto riguarda gli orologi metallici il meccanismo risulter bloccato dalla magnetizzazione.
Il paziente, come nelle tomografie precedenti, deve restare fermo: coloro che
soffrono di claustrofobia (per lo spazio ridotto; vedi Figura 28.9.40) e i bambini
devono essere sedati (un anestesista deve far parte dello staff medico della RM).
Un effetto sgradevole lelevato rumore avvertito dal paziente durante la RM, causato dalle vibrazioni meccaniche delle bobine a radiofrequenza.
Infine, la presenza di un magnete superconduttore e quindi di un sistema di
criogenia (Figura 28.9.48) che impiega gas criogenici, quali azoto ed elio (gas inodori e privi di effetti biologici), obbliga un continuo controllo della funzionalit
dei sensori di ossigeno posizionati nel locale RM, per evitare il pericolo di asfissia
del paziente nel caso di perdite di gas criogenici.
Per concludere largomento di questo paragrafo, opportuno osservare che la
tecnica RM applicabile anche ad altri nuclei dotati di momento magnetico in-

Il nucleo dellatomo di elio-3 formato da due protoni e un neutrone. I momenti angolari propri
(spin) dei due protoni sono opposti e il singolo neutrone fornisce
uno spin non nullo al nucleo di 3He
(nel caso dell4He, 2 protoni e 2
neutroni, il nucleo possiede spin
totale nullo e non ha luogo il fenomeno della RM).

792

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.48

locale di servizio
(criogenia)

Locale criogenia di un dispositivo


RM: viene mostrata lunit frigorifera che raffredda lelio liquido a
4 K = 269C.

al magnete
principale

sistema criogenico:
He liquido (4 K) e
azoto liquido
(rifornimento da
serbatoi esterni)

trinseco , potendosi cos ottenere la mappa per diversi elementi quali ad esempio
il cesio (129Cs e 127Cs), lo iodio (127I e 125I), il cloro (35Cl e 37Cl), il potassio (39K e
41K), lo stagno (119Sn, 117Sn e 115Sn) e vari altri. Chiaramente il valore della frequenza di risonanza diverso per ciascun tipo di nucleo e in generale esso risulta
minore della radiofrequenza per il protone: questo fatto e la densit di questi nuclei, notevolmente minore nei tessuti biologici rispetto a quella dei nuclei di idrogeno, rendono pi difficoltosa lacquisizione di un segnale sufficiente a costituire
unimmagine, per cui lestensione della tecnica RM ad altri nuclei limitata a campioni e tuttora in fase di sperimentazione.
28.9f Immagini ecotomografiche
Le immagini ecografiche descritte nel 28.6 in realt sono tomografie (ecotomografie), in generale limitate a piani assiali e sagittali. Con particolari dispositivi
possibile, sfruttando gli echi e il contrasto alle varie interfacce, ricostruire tridimensionalmente strutture biologiche e osservarne il movimento. Si tratta della
modalit chiamata 4D (3 dimensioni spaziali e 1 dimensione temporale) ottenuta
impiegando una speciale sonda ecografica e raccordando tramite complessi algoritmi di calcolo i piani di una sequenza di immagini. La tecnica viene utilizzata in
ostetricia per controllare lo stato di salute degli organi interni del feto e permette
di osservare anche immagini frontali o di piani obliqui a seconda delle circostanze.
Due istantanee della ricostruzione tridimensionale di feti in gestazione sono mostrate in Figura 28.9.49a,b).

28.9

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

a)

b)

Figura 28.9.49
Immagini 4D (3 dimensioni spaziali e 1 dimensione temporale) di feti in et diversa, ricostruite
con ecotomografie sfruttando sia gli echi sia il contrasto tra mezzi diversi.

28.9g

Tomografia ottica coerente (Optical Coherence Tomography, OCT)

Grazie agli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni, in particolare quelli riguardanti lincremento della velocit di calcolo dei calcolatori, si resa possibile
una tomografia della retina con risoluzione dellordine delle dimensioni cellulari.
La tomografia a coerenza ottica (Optical Coherence Tomography, OCT), sviluppatasi
nellultimo decennio del secolo scorso, una tecnica di imaging non invasiva relativa a sezioni retiniche in vivo che permette la diagnosi, la stadiazione e il followup di numerose affezioni retiniche.
Il principio di ricostruzione delle immagini diverso da quello trattato in questo paragrafo (in cui si sfrutta lassorbimento di varie radiazioni nelle strutture biologiche), essendo simile a quello impiegato nelle immagini ecografiche trattate
nel 28.6. In questo caso infatti si tratta di rilevare la radiazione elettromagnetica
infrarossa (in prossimit del visibile), riflessa dalle diverse strutture attraversate ottenendo, come nellecografia, linformazione di profondit di tali strutture.
Tuttavia la frequenza della radiazione ottica vari ordini di grandezza maggiore
della frequenza degli ultrasuoni: 1015 Hz della radiazione ottica (vedi Figura 25.1) rispetto ai megahertz (106 Hz) degli ultrasuoni (28.6). Ne segue che otticamente
possibile rilevare distanze fra le strutture inferiori a 10 m (!), con echi distanziati in
tempi troppo brevi per essere misurati da semplici ritardi elettronici del segnale,
come avviene in ecografia: infatti, a causa dellelevata velocit della luce, la differenza temporale fra gli echi t = 10 m/ 3 108 m s1 = 3 1014 s, non misurabile
elettronicamente.
La difficolt viene superata utilizzando il fenomeno dellinterferenza (12.9 e
21.3): il fascio riflesso (e non deviato) viene fatto interferire con un fascio ottico
di riferimento, con un dispositivo mostrato in Figura 28.9.50 chiamato interferometro. Le caratteristiche delle varie figure di interferenza (simili a quelle della diffrazione descritta nel 21.3), ottenute dalle riflessioni provenienti dai vari piani del
campione combinate con il fascio di riferimento, permettono di ottenere una misura precisa delle distanze tra i piani.
Condizione necessaria per ottenere linterferenza la coerenza della radiazione, per questo motivo si impiegano fasci laser (25.6). La risoluzione laterale
viene determinata dalle dimensioni del fascio laser e risulta anchessa dellordine
di 10 m. La profondit raggiunta dal fascio laser da 1 a 2 m (si tenga presente

793

794

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.9.50
Schema di un dispositivo tomografico a coerenza ottica (OCT) basato
sullinterferometro di Michelson. La
luce emessa da un fotodiodo superluminescente nel vicino infrarosso
(DSL) tramite una fibra ottica e una
lente convessa (L) incide su uno
specchio semiriflettente (SS-R) (la
radiazione riflessa al 50% e trasmessa al 50%) e prosegue lungo
due percorsi, il primo diretto verso il
campione (C) da cui viene riflessa, il
secondo verso uno specchio di riferimento (REF) da cui viene riflessa. I
due raggi riflessi giungono sullo
specchio semiriflettente e si sommano dando luogo allinterferenza
la cui figura (pattern) va al sistema
ottico (SO) di una telecamera digitale (TCD) che fornisce i dati al sistema di calcolo (CAL) per la formazione dellimmagine.

fibra
ottica
DSL
L

SS-R
REF

CAL
SO

TCD

che le cellule retiniche sono quasi trasparenti), a profondit maggiore gran parte
della radiazione viene rifratta.
LOCT dunque proietta sulla retina un fascio di radiazione con lunghezza
donda nel vicino infrarosso (820 nm) generato da un diodo superluminescente e
confronta i tempi di propagazione delleco della luce riflessa dalla retina con
quelli relativi allo stesso fascio di luce riflesso da uno specchio di riferimento posto
a distanza nota. Un fotorivelatore fornisce le figure dinterferenza al calcolatore
che ricostruisce la profondit dei vari piani riflettenti della retina (Figura 28.9.51).
In pratica la sezione della retina viene ottenuta effettuando una successione di
riflessioni assiali (asse z o A-scan) che combinate forniscono una sezione tomografica (piano x, z o B-scan) in completa analogia con lecografia (modo di analisi A e
B, si veda il 28.6d). Assemblando diverse sezioni tomografiche successive (B-scan)
si ottiene un insieme di dati tridimensionali corrispondenti ad unimmagine volumetrica (volume x, y, z) chiamata anche OCT volumetrica (full-field OCT). da notare che queste immagini si ottengono in modo completamente non invasivo,
senza alcun contatto meccanico con il paziente.
Dal punto di vista qualitativo ogni scansione tomografica della retina permette
unanalisi della morfologia e del grado di riflettivit degli strati retinici, mentre dal
punto di vista quantitativo lo strumento permette di misurare lo spessore della retina rappresentato con mappe di spessore (Figura 28.9.51). Come si vede chiaramente dalla Figura 28.9.51a, le sezioni tomografiche della regione maculare permettono di visualizzare la forma della depressione foveale e la struttura delle cellule nervose retiniche (Capitolo 23). La superficie di separazione vitreo-retinica risulta ben definita grazie al contrasto tra la mancanza di riflettivit del vitreo e lelevata riflettivit dello strato delle fibre nervose pi superficiali. Gli strati retinici intermedi hanno un modesto grado di riflettivit, mentre i fotorecettori, disposti
longitudinalmente, sono otticamente scarsamente riflettenti e appaiono come
una banda scura che separa i neuroni retinici dallepitelio pigmentato coroido-capillare che appare come una spessa banda molto riflettente (in rosso nella Figura
28.9.51). Dagli strati pi profondi della coroide e della sclera provengono deboli
segnali di riflettivit, in particolare nel caso di assottigliamento o atrofia del tessuto
retinico.
Fra le molte affezioni rilevabili con la OCT vi sono laccertamento dellintegrit
degli assoni nella sclerosi multipla, la degenerazione maculare, il controllo della
progressione del glaucoma, le fibrosi pre-retiniche. In Figura 28.9.52 mostrato

28.9

795

Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT

Figura 28.9.51
Sezione tomografica di una retina: a)
retina normale; b) distacco del neuroepitelio maculare.

a)

b)

un dispositivo OCT con il monitor di controllo e di osservazione delle immagini.


Questo tipo di tomografia trova applicazione anche nellindustria per misurare
sottili spessori superficiali di materiali con modalit non distruttiva, in particolare
per la misura degli strati superficiali di silicio nei semiconduttori (controllo dei
processi di lavorazione). La tecnica, con lausilio di fibre ottiche, permette di effettuare misure del deterioramento superficiale dei materiali in ambienti ostili (radioattivi, a temperature elevate o criogeniche).

Figura 28.9.52
Dispositivo OCT. Il paziente posiziona il viso nella struttura a sinistra.
Sui monitor compare limmagine tomografica ricostruita nella sezione richiesta dal medico oculista.

796

CAPITOLO 28

Esempio

Strumentazione biomedica

Energia assorbita nella RM

28.9.2

Stimare lenergia assorbita dal paziente durante lesposizione


per ottenere limmagine RM riportata in Figura 28.9.44.

da cui:

Soluzione Ricordando che nella RM n = 42.6 MHz (per un


campo magnetico medio pari a 1 tesla), si ottiene per ogni nucleo didrogeno lassorbimento di:
E = h n = 6.6 1034 joule s 42.6 106 Hz = 2.8 1026 joule.
Si tratta ora di valutare il numero di nuclei didrogeno presenti nella sezione sagittale di Figura 28.9.44. Assumiamo che
tale sezione abbia uno spessore di 1 mm e quindi corrisponda
circa alla 200esima parte della testa, pesante circa 10 kg, che
supponiamo per semplicit costituita di acqua al 60%. Ogni
molecola dacqua (peso molecolare 18), possiede 2 atomi di
idrogeno. Il numero NH di nuclei di idrogeno (protoni) risulta:
NH =

104 g 1
0.6 2 6.02 1023 = 2 1024 ,
18 g 200

e quindi lenergia complessiva assorbita :


ETOTALE = 2.8 1026 joule 2 1024 = 5.6 102 joule.
Confrontiamo questa energia con altre riferite allesperienza
comune, ad esempio vediamo quale massa mX deve cadere da
unaltezza di 10 cm di quota per ottenere lenergia ETOTALE
(3.3b):

mX =

5.6 10-2
= 5.6 10 4 kg,
9.8 10 1 m 2 s -2

cio appena 0.56 g, oppure verifichiamo quale innalzamento


termico (10.4) viene provocato in 1 litro dacqua, cio in 1000
grammi di acqua, quando essa assorbe lenergia ETOTALE :
E TOTALE = m c T = 1000 g 1 cal g 1 C 1 T ,
da cui:

T =

5.6 10 2 joule
= 1.2 10-5 C,
4.18 J cal -110+3 g 1 cal g -1 C -1

appena 12 milionesimi di grado! Come si vede si tratta in entrambi i casi di effetti completamente trascurabili. Infine in
termini dosimetrici lenergia di 5.6 102 joule corrisponderebbe a una dose di radiazione (se ionizzante) assorbita dalla
testa di 5.6 mGy, minore delle dosi medie assorbite in esami radiografici (Tabella 27.1). Tuttavia importante osservare che i
fotoni da RM non sono radiazione ionizzante poich possiedono
unenergia del tutto insufficiente a provocare la ionizzazione o
ad alterare la struttura atomica o molecolare di cui costituito
il campione: al pi possono solo provocare linsignificante
rialzo termico sopra stimato.

ETOTALE = mX g h = mX 9.8 m s2 0.1 m

28.10 CHIRURGIA ROBOTICA


Gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni relativi alla meccanica miniaturizzata di alta precisione hanno permesso di mettere a punto e impiegare in modo
standardizzato dispositivi robotici che eseguono interventi chirurgici. Sia ben
chiaro, non si tratta dellesecuzione autonoma di interventi chirurgici da parte di un
robot, ma di impiegare un sistema costituito da potenti mezzi di calcolo, sistemi di
immagine con zoom ad alta definizione e telemanipolatori dalle prestazioni micrometriche ad alta precisione, tutti gestiti da un operatore-chirurgo.
Laggettivo robotico dunque, pur molto diffuso, improprio nel caso della chirurgia, lasciando intuire unautonomia operazionale e decisionale almeno per ora
inesistente: sempre un medico chirurgo che, anche se a distanza, attraverso un
telemanipolatore, controlla tutti i movimenti degli strumenti che eseguono lintervento.
La crescente consapevolezza che molte delle conseguenze negative di un intervento chirurgico sono legate al trauma tissutale, ha portato allo sviluppo della chi-

28.10

797

Chirurgia robotica

rurgia laparoscopica e toracoscopia mini invasiva. Questa si sviluppata clinicamnete a partire dal 1980 e da allora si estesa a molti interventi addominali e toracici.
Gli aspetti positivi sono molteplici, in particolare: a) ridotta perdita ematica, b)
minor dolore post-operatorio, c) precoce ripresa delle funzioni organiche, d) diminuzione delle infezioni chirurgiche, e) riduzione della degenza ospedaliera e
della convalescenza e precoce recupero lavorativo, f) diminuzione delle sindromi
aderenziali post-laparotomiche. La metodica (tuttora in uso) consiste nelleseguire lintervento nel paziente a distanza, introducendo nellorganismo una telecamera e particolari strumenti endoscopici (si veda 22.6) attraverso piccoli fori
o incisioni, seguendo su un monitor lazione del manipolatore gestito dalloperatore, e viene quindi condizionata da alcune limitazioni terapeutiche quali: immagini bidimensionali (mancanza di profondit), movimenti paradossi degli strumenti azionati manualmente attraverso cannule di accesso, posizioni spesso innaturali delloperatore, dissociazione tra il controllo degli strumenti e quello dellimmagine (la telecamera azionata da un assistente) e impossibilit di eseguire microsuture di alta precisione. Questi aspetti hanno ridotto la diffusione della chirurgia mini invasiva; inoltre, le difficolt di insegnamento della metodica e un ciclo di apprendimento molto lungo hanno contribuito a rallentarne ladozione.
La chirurgia robotica unevoluzione di quanto sopra, con laggiunta di un calcolatore di interfaccia e con la trasmissione, via fibre ottiche o radiofrequenza,
delle azioni del manipolatore sul dispositivo operante (robot). Nel 2001 stato effettuato per la prima volta un intervento di colecistectomia in telechirurgia transatlantica, fissando linizio dellera della chirurgia robotica.
Il pi rinomato dispositivo robotico per chirurgia il sistema da Vinci: nel 2010
ne sono stati registrati in attivit ben 1500 nel mondo. Prima di descrivere il sistema prendiamo in considerazione la Fisica coinvolta nei sistemi robotici.
28.10a La Fisica alla base dei sistemi robotici
z

Come detto sopra nei sistemi robotici un manipolatore gestito da un chirurgo


collegato con le estensioni o i bracci del dispositivo operante sul paziente. I movimenti delle braccia, del polso, del palmo della mano e delle singole dita del chirurgo hanno un riscontro con i movimenti micro- e macroscopici dei bracci del robot. Vi sono 3 gradi di libert per traslazione (lungo gli assi coordinati x,y e z) e tre
gradi di libert per rotazione (3 angoli di Eulero , e , riportati in Figura
28.10.1), in totale 6 tipi di movimenti. I movimenti nei 6 gradi di libert delloperatore, che indossa opportuni sensori articolati o manipolatori, sono registrati ed
elaborati dal calcolatore e trasmessi ai bracci operativi del robot. Sistemi di ripresa
televisiva digitale esterna in 3D, di ricostruzione tridimensionale delle immagini di
organi interni, ottenute preventivamente da TC e RM (28.9b e 28.9e) e/o di telecamere digitali 3D introdotte nel paziente, forniscono immagini che, osservate
dalloperatore, sono correlate ai suoi movimenti: loperatore ha limpressione di
agire direttamente sulle strutture interne del paziente.
Naturalmente vengono applicate le leggi della Meccanica traslatoria (Capitoli 2
e 3) e della Meccanica rotatoria (Capitolo 4) nelle 3 dimensioni spaziali, per cui micromotori di precisione agiscono di conseguenza applicando microforze e micromomenti allo strumento operatorio in base allazione del chirurgo operatore.

Y
Z
b

x
N

Figura 28.10.1
Sono mostrate le coordinate di traslazione x, y, z e gli angoli di rotazione , , . Viene mostrato il sistema cartesiano ruotato X, Y, Z e la
linea nodale N.

798

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Per ottenere la correlazione spazio-temporale, i movimenti delloperatore sono


stati studiati preventivamente con grande dettaglio mediante pi telecamere digitali (le cui immagini possono essere trattate direttamente dal calcolatore) sensibili
allinfrarosso che osservano marker riflettenti (illuminati da radiazione infrarossa)
disposti sulle parti in movimento delloperatore (articolazioni di dita, mani e braccia). Le immagini sono riprese con frequenza superiori ai 100 Hz, permettendo
tempi di reazione inferiori al centesimo di secondo. Questo sistema stato sviluppato negli anni 80 del secolo scorso per studiare i movimenti degli astronauti in
assenza di peso nelle stazioni orbitali sovietiche e viene impiegato anche nel posizionamento del paziente nelladroterapia (27.3c e didascalia della Figura 27.11).
Lo studio dei movimenti roto-traslatori delloperatore permette di ottenere
una precisa correlazione tra i sensori meccanici in miniatura (28.3b), inseriti nei
manipolatori articolati del chirurgo, e lazione degli strumenti chirurgici sul e nel
corpo del paziente. Il chirurgo segue il risultato delle proprie azioni osservando
una visione tridimensionale del campo operatorio ottenuta da telecamere digitali
inserite per via laparoscopica nel paziente.
In pratica si tratta dello stesso sistema utilizzato nei giochi virtuali, nei quali
possibile svolgere attivit sportive come tennis e golf indossando appositi guanti
muniti di sensori e seguendo i movimenti su un monitor.
28.10b Il sistema robotico
Il sistema robotico da Vinci si basa principalmente su tre componenti di base
(Figura 28.10.2):
a) una console di controllo/comando, dove siede il chirurgo, dotata di monitor
digitale ad alta risoluzione (Figura 28.10.3);
b) un carrello robotico (il robot vero e proprio) che si posiziona a fianco del tavolo operatorio e monta 4 bracci articolati, uno per lottica con due telecamere
e tre con gli strumenti operatori;
c) un carrello complementare dotato di monitor per la squadra chirurgica presente in sala operatoria, fonti di luce e insufflazione di CO2.
In versioni pi recenti presente una seconda console posta in parallelo alla
prima che pu ospitare un secondo chirurgo operatore, di solito in training (con
un ruolo simile a quello del secondo pilota sugli aerei di linea). Le mani del chirurgo azionano dei sensori articolati (manopole) che riproducono, perfezionandoli, i movimenti delle mani stesse. I movimenti sono trasferiti in tempo reale agli
strumenti chirurgici presenti nel corpo del paziente. Il computer permette di migliorare la prestazione umana eliminando i tremori, ampliando il raggio dazione
dei movimenti e permettendo una regolazione del rapporto di scala fra il movimento della mano e quello dello strumento (1:1, 3:1, 5:1).
Gli strumenti operatori collegati ai bracci del carrello robotico sono: forbici, bisturi, pinze, applicatore di clip, dissettore a ultrasuoni e possono essere cambiati
durante lintervento a seconda delle particolari esigenze. interessante osservare
che lazione di resezione del bisturi gestita, tramite manopole, dal computer permette di linearizzare il taglio con precisione micrometrica, eliminando le seppur piccole oscillazioni dovute al leggerissimo tremore della mano del chirurgo: ne risulta che, rispetto alla chirurgia tradizionale, quella robotica permette una minore
perdita di sangue e un recupero pi rapido dei tessuti; inoltre, quasi indolore.

28.10

799

Chirurgia robotica

Figura 28.10.2
Il sistema da Vinci: a sinistra la console di comando, al centro il robot
con i bracci sul tavolo operatorio e
a destra il carrello complementare.

Figura 28.10.3
La console di comando a sinistra, al centro il complesso manipolatore del sistema da Vinci e sopra
le estremit dei bracci del robot, mostrato nel suo complesso a destra.

Tra gli strumenti inseriti nel braccio robotico ha particolare interesse quello
mostrato in Figura 28.10.4 che permette di sigillare vasi mediante radiofrequenza (vedi 25.3) e di eseguire tagli con una lama senza causare emorragie.
Altrettanto interessante lo strumento di imaging mostrato in Figura 28.10.5 che
permette di individuare con grande precisione i vasi, lalbero biliare, i linfonodi, la
perfusione in tessuti molli e in organi solidi (parenchima renale ed epatico) utilizzando due telecamere sensibili al visibile e allinfrarosso e sistemi di illuminazione
con fibre ottiche nel visibile e nellinfrarosso. Lindividuazione delle strutture citate
avviene tramite liniezione endovenosa di un colorante fluorescente (verde di indocianina o ICG da Indo Cianine Green avente peso molecolare di 775). Questo colorante si lega con le proteine del plasma, quindi resta confinato nel sistema vascolare
e nel sistema linfatico. La sua rimozione dalla circolazione avviene solo tramite il fegato e il liquido biliare. Lilluminazione con luce infrarossa (25.5) a 780 nm di lunghezza donda causa la fluorescenza dellICG (emissione alla lunghezza donda di
830 nm nellinfrarosso). Mediante una telecamera sensibile sia nel visibile e sia
nellinfrarosso si ottengono immagini in grado di evidenziare le strutture biologiche

Figura 28.10.4
Strumento
per vasi.

sigillante-emostatico

800

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.10.5
Il sistema da Vinci Firefly per la chirurgia guidata tramite fluorescenza. Viene illustrato il dispositivo di imaging in tempo reale per
visualizzare strutture perfuse da colorante fluorescente endovenoso
(verde di indocianina, Indo Cianine
Green o ICG).

che hanno assorbito lICG. Il chirurgo pu commutare rapidamente dalla modalit


normale (luce visibile o VIS) alla modalit a fluorescenza (vicino infrarosso o NIR),
come evidente dalle immagini di Figura 28.10.6.
La console di comando (Figura 28.10.3) collegata al carrello robotico da un
cavo a fibre ottiche per la trasmissione di dati e immagini ed situata nella sala
operatoria o in un locale adiacente. Questo collegamento pu essere effettuato anche da lunghe distanze (un altro ospedale, unaltra citt, un altro Paese) e pu utilizzare la tecnologia wireless. Volendo mantenere tempi di reazione tra chirurgo e
carrello robotico inferiori ai 200 millisecondi, le distanze devono venire limitate
ad alcune migliaia di chilometri (la limitazione causata dalla velocit della luce
dato che la tecnologia wireless impiega onde elettromagnetiche a radiofrequenza).
Le comunicazioni tra chirurgo-operatore e squadra chirurgica presso il tavolo
operatorio avviene direttamente se si trovano nella sala operatoria, o tramite microfoni/amplificatori nel caso in cui si trovino in posti differenti. Per lunghe distanze si impiega un canale radio a doppio senso.
In caso di necessit o inconvenienti, la squadra chirurgica presso il tavolo operatorio in pochi secondi pu staccare il carrello robotico e continuare lintervento
in modo autonomo. Questa possibilit comporta la presenza di particolari controlli di sicurezza in tutto il sistema.
Dal 2000 al 2012 sono stati eseguiti nel mondo oltre un milione di interventi di
chirurgia robotica.
Figura 28.10.6
Dissezione di un linfonodo preaortico durante la resezione del sigmoide per tumore: (a) immagine
endoscopica nel visibile, (b) la
stessa immagine ottenuta da fluorescenza nel vicino infrarosso dove si
osserva levidente colorazione del
linfonodo per acquisizione di ICG.

a)

b)

28.10c Le applicazioni cliniche


La chirurgia robotica presenta numerosi aspetti positivi, alcuni gi citati a proposito della tecnica laparoscopica allinizio del paragrafo e ulteriormente migliorati, grazie alla precisione operatoria sub-millimetrica, che riportiamo di nuovo di
seguito:
a) ridotta perdita ematica;
b) minor dolore post-operatorio;

28.10

c)
d)
e)
f)

801

Chirurgia robotica

precoce ripresa delle funzioni organiche;


diminuzione delle infezioni chirurgiche;
riduzione della degenza ospedaliera e della convalescenza;
diminuzione delle sindromi aderenziali.

Nellultimo decennio le applicazioni della chirurgia robotica (Figura 28.10.7)


si sono estese e diversificate, ampliando le indicazioni della chirurgia mini invasiva. Ladozione di questa tecnica nei vari ambiti medici si tuttavia verificata in
modo disomogeneo a seconda del rapporto costo-beneficio, del valore intrinseco
della procedura per il paziente e della facilit della curva di apprendimento per il
chirurgo.
Nellurologia e nel trattamento del tumore prostatico, ladozione della tecnica
stata molto rapida, tanto che negli Stati Uniti nel solo 2009 sono stati eseguiti circa
80 000 interventi robotici di prostatectomia radicale con risultati oncologici eccellenti, con una migliore ripresa fisiologica rispetto allintervento tradizionale a
cielo aperto, con alte percentuali di preservazione della funzione sessuale e della
continenza urinaria.
La tecnica molto diffusa anche in ginecologia per la cura di patologie ovaricouterine: ad esempio una isterectomia radicale con dissezione linfonodale pu essere eseguita agendo per via trans-vaginale, senza incidere laddome.
In chirugia generale ladozione della tecnica stata pi difficoltosa sia per la maggior complessit degli interventi, sia per leconomicit di altre tecniche, come gli
interventi in laparoscopia, sia per la fase di apprendimento del chirurgo pi lunga
e ardua. Le resezioni gastriche del tumore presentano incoraggianti risultati oncologici e funzionali. Nelle pancreasectomie distali la tecnica robotica aumenta la
possibilit di preservare la milza. Nelle resezioni del fegato la dissezione anatomica
dellilo epatico viene notevolmente migliorata grazie alla visione ingrandita 3D e
alle capacit microchirurgiche degli strumenti robotici. La chirurgia colorettale si sta
affermando negli ultimi anni, in particolare lintervento di asportazione del tumore del colon-retto con la tecnica robotica permette di preservare meglio i nervi
e la funzione genito-urinaria. In chirurgia vascolare, nel caso di aneurismi delle arterie viscerali (renali, spleniche, epatiche), la riparazione mini invasiva con resezione dellaneurisma e limmediata ricostruzione microvascolare resa possibile
grazie allassistenza robotica. Altre applicazioni della tecnica si hanno nella chirurgia endocrina, toracica, otorinolaringoiatrica e anche in alcuni casi nella chirurgia pediatrica.

Figura 28.10.7
Intervento di chirurgia robotica: a
sinistra il chirurgo operatore alla
console di comando, a destra il robot in azione e la squadra chirurgica. I bracci del robot sono rivestiti
da plastica onde evitare la contaminazione biologica della strumentazione introdotta nel paziente.

802

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

La cardiochirurgia stata una specialit di esordio della tecnica robotica, ma la


sua applicazione stenta a diffondersi per la competizione con altre metodiche, per
le notevoli difficolt di alcuni interventi e per la difficolt a raggiungere la parte
posteriore del cuore.
28.10d Limiti e possibili sviluppi del sistema
Un importante limite alla diffusione della chirurgia robotica lelevato costo,
a cui si associa un ulteriore consistente costo di esercizio, solo in parte compensato
dalla diminuzione della morbilit peri-operatoria, dalla riduzione delle degenze
ospedaliere e dal suo impiego multisciplinare. Unaltra importante limitazione riguarda la carenza di centri e di programmi di training specifici.
Contrapposto a questi limiti si deve sottolineare laspetto rivoluzionario della
chirurgia robotica, rappresentato non solo dal sofisticato miglioramento della micromeccanica degli strumenti, ma anche dal mutamento del classico rapporto diretto chirurgo-paziente, limitato dalla natura umana, che viene sostituito dallintroduzione del concetto di virtualit o realt virtuale. Questo concetto introduce
tra laltro la visione a infrarossi e a livello microscopico, la dilatazione temporale
del movimento, il suo controllo con precisione submillimetrica, la possibilit di
mantenere una posizione stabile per un tempo indefinito. Infatti nella chirurgia
robotica non c pi il contatto diretto fra paziente e chirurgo; tra essi si frappone
uninterfaccia (definita appunto realt virtuale) controllata dal computer, attraverso cui si crea un mondo senza pi limiti.
Lo sviluppo di software e della tecnologia in generale comporter lintroduzione di nuovi sensori e di nuove capacit tra cui ulteriori possibilit di elaborazione, memorizzazione e trasmissione dati. Tutto ci fornisce notevoli prospettive
di espansione e crescita per la chirurgia robotica.

Esempio

28.10.1

Emissione da fluorescenza

Si valuti lintensit della radiazione infrarossa emessa da


1 cm3 di soluzione avente una concentrazione di 20 mM/litro
di ICG, nellipotesi che il 50% degli atomi emettano NIR per
fluorescenza.
Come riportato nel 28.10b, la lunghezza donda di emissione
per fosforescenza di 830 nm, corrispondente ad una frequenza data da:

= c / =

3 108 m s 1
= 3.61 1014 Hz,
830 10 9 m

da cui otteniamo lenergia del singolo fotone:


E = h = 6.6 1034 J s 3.61 1014 Hz = 2.38 1019.
Dobbiamo ora valutare quante molecole di ICG sono presenti
in un cm3 della soluzione:
n moli cm3 = 20 mM litri1 103 litri cm3 =
= 20 106 103 M cm3 = 2 108 M cm3,
da cui, ricordando che una mole di ICG contiene il numero di
Avogadro No = 6.02 1023 di molecole, otteniamo il numero di
atomi di ICG:

nICG = 2 108 6.02 1023 molecole = 1.2 1016 molecole


e considerandone il 50% emittenti abbiamo lenergia totale
emessa su tutto langolo solido.
Assumendo che lemissione avvenga con continuit (la stimolazione continua), con tempi dellordine di 104 secondi e
che il rivelatore, distante 3 cm dalla struttura biologica emittente, abbia una superficie di 8 mm2 , abbiamo lintensit incidente I sul rivelatore:
I = 2.38 1019 J 0.5 104 1.2 1016 molecole 8 106/4 (0.09)2 =
= 1.01 102 watt/m2.
Questo lordine di grandezza dellintensit NIR che incide
sulla telecamera, la cui sensibilit per tali infrarossi deve essere
adeguata.

28.11

28.11

MACCHINA CUORE-POLMONE (circolazione extracorporea)

MACCHINA CUORE-POLMONE
(CIRCOLAZIONE EXTRACORPOREA)

28.11a Cenni storici, generalit e scopo della macchina cuore-polmone


Nel secolo scorso vari autori hanno ideato dispositivi meccanici che sostituivano la funzione cardiaca: tra questi S.S. Brukhonenko (1926), A. Carrel e C.A.
Lindbergh, (1935), J. Gibbon (1937), A.M. Dogliotti (1951), J.W. Kirklin (1952),
J.H. Gibbon Jr (1953), C. W. Lillehei (1954), i quali hanno svolto la sperimentazione su animali e interventi di cardiochirurgia sulluomo impiegando successivi
sviluppi tecnologici e modelli parziali primitivi di macchine cuore-polmone. J.H.
Gibbon Jr ritenuto lideatore della prima macchina cuore-polmone completa.
Allo stato attuale la macchina cuore-polmone (Heart Lung Machine) un complesso dispositivo elettromedicale che garantisce la sopravvivenza dei pazienti chirurgici sostituendo temporaneamente le funzioni cardiopolmonari. Lo scopo del
dispositivo quello di ottenere un campo operatorio cardiaco esangue e immobile
e mantenere in vita il paziente.
Il circuito per la circolazione extracorporea (CEC) viene mostrato in forma
schematica nella Figura 28.11.1 e deve garantire: il mantenimento della portata di
sangue, lapporto di O2 e la rimozione di CO2 nelle corrette quantit, il controllo
della temperatura, il controllo delle pressioni, la gestione dellequilibrio acidobase, e al tempo stesso deve soprattutto evitare la presenza di bolle daria, prevenire la formazione di emboli e ridurre lemolisi. Il dispositivo costituito da cannule per il drenaggio di sangue venoso e per limmissione arteriosa, un recipiente
per la raccolta di sangue (reservoir), un sistema di pompe, un ossigenatore, uno
scambiatore di calore e sistemi accessori quali filtri e aspiratori; tutti gli elementi
sono descritti nei paragrafi che seguono.
Nella Figura 28.11.2 mostrata una veduta complessiva della macchina cuorepolmone, gestita dal tecnico perfusionista.

28.11b Cannule per drenaggio venoso e per immissione arteriosa


Le cannule impiegate nella circolazione extracorporea sono tubi in materiale
polimerico biocompatibile progettate in modo tale da far circolare il sangue sempre in moto laminare, con il minimo grado di turbolenza. Esse devono essere sufficientemente robuste per evitarne piegature o collasso e al tempo stesso possedere un elevato grado di flessibilit per poter essere maneggiate facilmente (Figura 28.11.3).
La macchina cuore-polmone collegata al paziente mediante due tipi di cannule: uno per il prelievo venoso e uno per limmissione di sangue ossigenato
nellarteria. Per quanto concerne il primo tipo, il collegamento con il paziente si
esegue con due tecniche a seconda del tipo di intervento cardiaco richiesto: la tecnica delle doppie cannule (una nella vena cava superiore e una in quella inferiore)
impiegata quando necessario aprire le cavit cardiache di destra, e la tecnica
monocannula atriale (una sola cannula nellatrio destro) invece utilizzata nella
maggior parte degli interventi nei quali non necessario aprire le cavit a destra.
Nel caso dellimmissione in arteria attualmente si preferisce (salvo alcune eccezioni) porre ununica cannula nellaorta ascendente, che prima del tratto bra-

803

804

Figura 28.11.1
Schema a blocchi della macchina cuore-polmone.

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

cannula

cannula

paziente

riserva
venosa

filtro
arterioso
ossigenatore
pompa
roller

scambiatore
di calore

chiocefalico ha un decorso in gran parte intrapericardico. Larteria femorale


viene evitata per non praticare una seconda incisione.
28.11c Sistema di pompe
Nella macchina cuore-polmone presente un sistema di 4 pompe (Figura
28.11.2 e 28.11.4) costituito da una pompa principale e da tre pompe supplementari: una pompa per cardioplegia e due pompe che svolgono la funzione di aspiratori, ossia laspiratore da campo e laspiratore vent. Solitamente presente una
quinta pompa di emergenza.

Figura 28.11.2
La macchina cuore polmone per
la circolazione extracorporea
impiegata in interventi di cardiochirurgia e di chirurgia toracica.

Figura 28.11.3
Tubi in materiale biocompatibile.

La pompa principale sostituisce la funzione cardiaca, assicura una portata di 4-8


litri/min (corrispondenti a circa 70-130 cm3/s, cio da una a due volte della normale portata a riposo nellaorta, vedi 7.2) , non deve danneggiare il sangue che
scorre nel circuito e deve funzionare nel modo pi prossimo alla funzione fisiologica del cuore. Tale pompa pu essere di tipo roller o centrifuga. Entrambe le
pompe forniscono una portata continua (flusso non pulsatile come il cuore).
La pompa roller (Figura 28.11.5) costituita da un tubo deformabile posto in un
vano semicircolare dove due o pi rulli, collegati ad altrettanti bracci, ruotando, lo
comprimono spingendo avanti il volume di sangue antecedente al rullo. Questa
pompa di tipo volumetrico, cio mantiene costante la portata, qualsiasi sia la resistenza (carico) del circuito a valle (vedi 6.5, formula (6.28) e 7.4b). Essa dipende solo dal volume di sangue spinto nel vano semicircolare e dal numero di
giri dei rulli.

28.11

805

MACCHINA CUORE-POLMONE (circolazione extracorporea)

Nella pompa centrifuga (Figura 28.11.6) il liquido, introdotto nel centro di rotazione, messo in rotazione da pale ruotanti e si porta verso la parete esterna da cui
fuoriesce il liquido con velocit vt, risultante della velocit periferica di rotazione
vp e velocit fornita dalla forza centrifuga al volume ruotante (vedi 2.8). Al contrario della pompa roller, la pompa centrifuga fornisce una portata che dipende
dalla resistenza a valle (a parit del numero di giri) ma, per il suo principio di funzionamento, riduce lemolisi rispetto alla pompa roller e non forma in circolo
bolle gassose.
Due delle quattro pompe presenti nel circuito di circolazione extracorporea,
come detto, sono impiegate come aspiratori (Figura 28.11.7). Laspiratore da
campo permette di recuperare il sangue versato nella cavit toracica, mentre laspiratore vent recupera dallatrio sinistro il sangue proveniente dal circolo bronchiale. Infatti nonostante il prelievo dalla vena cava, altre fonti possono portare
sangue alle cavit cardiache (il seno coronario, il sangue dal circuito bronchiale, il
sangue sfuggito allaspirazione cavale): per avere un campo totalmente esangue
necessario espirare il sangue dal ventricolo sinistro tramite laspiratore vent. A
causa della loro modalit di funzionamento gli aspiratori sono molto emolitici
dato che sottopongono i globuli rossi a forti depressioni e a notevoli moti turbolenti.
Il sangue recuperato viene poi filtrato, ossigenato e re-immesso nel circuito.

Figura 28.11.4
Pannello di controllo della macchina cuore-polmone. visibile
il blocco delle pompe della macchina (4 pompe + 1 pompa di riserva).

La pompa per cardioplegia (o protezione cardiaca), che precede il dispositivo


per cardioplegia di Figura 28.11.8, permette la perfusione coronarica ad aorta
clampata. Poich larresto della portata di sangue nellaorta interrompe il flusso
coronarico, si rende necessaria unazione di protezione delle cellule miocardiche
tramite ipotermia (per diminuire il consumo di ossigeno), vedi il successivo
28.11e, eseguita con perfusione di soluzione ematica diluita fredda. Convenzionalmente lipotermia pu essere moderata (25-32C): associata di solito alluso
della circolazione extracorporea, oppure profonda (18-25C) quando necessario
anche larresto cardiaco. Minore la temperatura, maggiori sono le possibilit di
recupero del paziente nel post-operatorio.
Figura 28.11.5
Pompa roller.
ve
vc

a)

vp

b)

Figura 28.11.6
(a) Schema di funzionamento della pompa centrifuga. (b) Pompa centrifuga: ingresso centrale, uscita laterale.

806

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Figura 28.11.7
Pompe aspiranti: (a) aspiratore
da campo, (b) aspiratore vent.

a)

b)

28.11d Riserva venosa (reservoir) e ossigenatore


In un opportuno contenitore viene accumulata una certa quantit di sangue,
svuotando il sistema circolatorio, se ritenuto necessario dal chirurgo, ed evitando
la vasocostrizione delle vene cave a causa di un incremento dei giri della pompa
principale (che richiama sangue da tali vene) o al contrario una vasodilatazione
con accumulo di sangue nella circolazione del paziente. Il sangue accumulato
nella riserva venosa (reservoir) viene diluito con soluzione fisiologica arricchita oppure con autotrasfusioni oppure con soluzione glucosata (valore di ematocrito 2025%) con conseguente minore necessit di sangue, diminuzione della viscosit
del sangue (vedi 7.3b), diminuzione di danni dorgano e minori costi economici.
Per saturare di ossigeno il sangue venoso vengono impiegati 4 tipi di ossigenatori, ciascuno con vantaggi e svantaggi.
Lossigenatore a bolle permette il contatto diretto tra sangue venoso e ossigeno.
In una colonna dellossigenatore sono introdotti simultaneamente sangue venoso
e ossigeno, che viene fatto gorgogliare. Il gorgogliamento del gas determina la formazione di schiuma, che potrebbe causare embolia gassosa, per cui si esegue un
trattamento di deschiumaggio . Nei modelli pi recenti viene incorporato lo scambiatore di calore (28.11e).
Figura 28.11.8
Dispositivo per cardioplegia.

28.11 MACCHINA CUORE-POLMONE (circolazione extracorporea)

807

Lossigenatore a fibre cave costituito da fasci di sottili fibre in PVC o PTFE cave
e semipermeabili ai gas, al cui interno fluisce ossigeno, mentre il sangue venoso
passa allesterno.
Lossigenatore a dischi rotanti consiste in una serie di dischi coassiali che ruotano
in modo tale che il sangue venoso viene distribuito sulla loro superficie formando
una pellicola per aumentare la superficie di contatto con laria. I dischi sono immersi in un contenitore di ossigeno e il gas a contatto diretto con il sangue.
Lossigenatore a membrana (Figura 28.11.9) permette scambi ossigeno-anidride
carbonica per diffusione attraverso una membrana (gomma siliconata o polipropilene) semipermeabile al sangue e permeabile allossigeno (in modo analogo a
quanto descritto nel rene artificiale, 28.8). Tale metodica evita la formazione di
bolle, diminuisce il rischio di embolia gassosa (si veda 8.2b) e i danni da esposizione diretta al gas (emolisi, consumo di piastrine e dei fattori di coagulazione) e
pu essere utilizzata per periodi prolungati di CEC in alcuni casi particolari.
La diffusione dellossigeno attraverso la membrana (superficie di circa 2 m2 e
raggio dei pori 15 mm) viene determinata dalla legge 1a di Fick (15.24), qui ripetuta:
D pO2 ,
J si = i
(28.11.1)
RT x
dove pO2 la differenza di pressione parziale di ossigeno tra il gas e il sangue.
Lassenza di CO2 nellossigenatore comporta un analogo flusso diffusivo di CO2 in
senso contrario, dal sangue venoso al flusso gassoso di O2.
Gli ossigenatori moderni tendono ad avvicinarsi maggiormente alla fisiologia
polmonare, evitando il contatto diretto con il gas grazie alla presenza di una membrana o della parete della fibra cava, in modo simile a quanto accade nella membrana alveolare. La scelta dellossigenatore determina le differenze nel circuito del
sangue, ad esempio quello a membrana influenza in modo notevole la quantit di
sangue che torna al paziente a causa dellelevata resistenza (carico) meccanica che
esso presenta. Perci la pompa principale deve essere applicata prima dellossigenatore. Nel caso dellossigenatore a bolle, questo deve essere posto prima della
pompa principale, essendo strutturato in modo da avere una riserva di sangue arterioso derivante dal deschiumaggio (necessario dopo il gorgogliamento per evitare embolie gassose).

Figura 28.11.9
(a) Ossigenatore a membrana.
(b) Parte della macchina che raccoglie il sangue venoso proveniente dallaspiratore da campo
operatorio, lo ossigena e toglie
eventuali bolle daria.

808

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

28.11e Scambiatore di calore


Questo dispositivo ha la funzione di regolare la temperatura del sangue e
quindi quella del paziente. Lo scambiatore di calore (con gruppo caldo-freddo) mostrato in Figura 28.11.10, posto a monte dellossigenatore il quale aumenta notevolmente la pressione parziale dellossigeno (vedi 15.6 e 15.7) nel sangue: il
gas legato allemoglobina o disciolto nel plasma (vedi 15.7 ed Esempio 15.4).
Allaumentare della temperatura, la pressione parziale dellossigeno aumenta e
lossigeno disciolto tenderebbe a formare bolle. Il dispositivo inoltre salvaguardia
lasetticit del sangue mantenendo la pressione nei condotti del liquido termostatico (acqua) minore di quella del sangue in modo che, in caso di danneggiamento,
sia il sangue a trasferirsi nel circuito esterno e non viceversa.
28.11f Filtri e dispositivi accessori
Il filtro arterioso (Figura 28.11.11) lultimo elemento dello schema a blocchi
di Figura 28.11.1. Il dispositivo ha il compito di filtrare i microemboli gassosi e/o
solidi che si formano nel circuito precedente. costituito da membrane successive
con diametro dei pori di 20 m, 40 m e 120 m e permette una portata massima
di 7 litri al minuto.
Altri numerosi dispositivi accessori completano la macchina: un flussimetro
meccanico per la misura della portata; un clamp della linea venosa; un sistema di
gestione dati con relativa presentazione basato su un computer e relativo software
con console di comando; sistemi di controllo della pressione; un timer; un monitor delle temperature (esofagea, rettale, sangue venoso, sangue arterioso, fonte di
calore); un sistema di controllo di livello/rilevatore di bolle; un sistema di controllo del dispositivo per cardioplegia; un sistema di misura e gestione dellequilibrio acido-base; sistemi di controllo della funzione respiratoria (emogasanalisi,
mantenendo pCO2 35-45 mmHg e pO2 100-250 mmHg), della funzione renale
(diuresi 2ml/kg ogni ora) e della coagulazione del sangue.
28.11g Aspetti medico-clinici
Prima di collegare il circuito CEC al paziente, il sangue viene reso incoagulabile mediante somministrazione di eparina, per evitare la formazione di trombi.
Inoltre, prima dellavvio della CEC, il circuito riempito con una soluzione elettrolitica: una volta che si instaurata la CEC, tale soluzione si mescola con il sangue del paziente, creando emodiluizione, che determina la riduzione della viscosit
del sangue e della pressione colloido-osmotica. Il moto del liquido inoltre viene
mantenuto a portata costante (stazionario, non pulsatile) con eventuali variazioni
Figura 28.11.10
Gruppo caldo-freddo: il dispositivo riscalda o raffredda lacqua
che viene fornita allo scambiatore di calore (posto a monte
dellossigenatore, vedi schema di
Figura 28.11.1).

28.12

Considerazioni conclusive

809

Figura 28.11.10
Schema di un filtro arterioso.

accuratamente controllate.
La circolazione extracorporea causa alcune disfunzioni:
- endocrine, con alterazione della secrezione e degradazione ormonale;
- cerebrali con incremento della necrosi delle cellule cerebrali;
- ematologiche con incremento dellemolisi e della citolisi leucocitaria, diminuzione del numero e dellattivit delle piastrine e alterazioni a carico di tutti gli
elementi figurati del sangue.
Luso della CEC comporta dei risvolti negativi quali: alterazioni dovute al contatto sangue-superfici estranee (risposta infiammatoria sistemica) e al flusso continuo (incremento delle resistenze periferiche e dellacidosi tissutale); alterazioni
della distribuzione dei flussi regionali, per cui riduzioni di portata aumentano i
flussi cerebrale e coronarico e riducono i flussi renale e splancnico con possibile
insorgenza di insufficienza renale o epatica; alterazioni dellequilibrio idro-salino.
Lequipe chirurgica con il tecnico della perfusione applicano le opportune procedure per prevenire le disfunzioni e intervengono in caso di alterazioni.
A proposito dellemolisi opportuno osservare che una rapida riduzione di velocit (elevata decelerazione) provoca la rottura della membrana degli eritrociti:
ne consegue la necessit di tenere sotto controllo il flusso (portata) del sangue al
fine di minimizzare il danno ematico.
I continui progressi tecnologici comporteranno miglioramenti tali da avvicinare sempre pi il funzionamento della macchina cuore-polmone a quello del
cuore e dei polmoni.

28.12

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La strumentazione descritta in questo capitolo costituisce un insieme di dispositivi che rispecchiano lo stato attuale della tecnologia. Lavanzamento tecnologico continuo e levoluzione della strumentazione comporter un miglioramento nellimpiego sia diagnostico sia terapeutico, soprattutto grazie al continuo
incremento della potenzialit dei sistemi di calcolo. Tuttavia, i fondamenti fisici
dei dispositivi qui descritti manterranno in generale la loro validit, al pi si aggiungeranno ulteriori fenomeni (con la relativa descrizione fisica) oggi non ancora sfruttati nel settore sanitario.

810

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

Elenco della strumentazione e delle tecniche e metodologie fisiche descritte o citate nel testo
TECNICHE STRUMENTALI

SCOPO

PAGINE

Acceleratore lineare
Adroterapia
Amplificatore di brillanza
Analisi di elementi in traccia
Analisi di Fourier o armonica
Polarimetro
Aspirazione di Bunsen
Betatrone
Bilancia e metodo doppia pesata
Bisturi criogenico
Bisturi elettrico
Bisturi laser
BNTC (Boron Neutron Capture Therapy)
Bomba calorimetrica
Brachiterapia
Calcolatore e conversione AD
Calorimetro delle mescolanze
Camera di ionizzazione (Geiger-Mller)
Carrucola
CCD (Charge Coupled Device)
Cellule fotoelettriche
Centrifuga analitica
Centrifuga preparativa
Ciclotrone
Circuiti oscillanti
Cobaltoterapia
Contagoccie
Cuore-polmone (macchina)
Datazione (con radionuclidi)
Densitometria ossea
Defibrillatore
Diatermia
Dosimetria
Ecografia ed ecocardiografia
Ecotomografia
Elettrocardiografia
Elettrodi e microelettrodi
Elettroencefalografia
Elettroforesi
Emodialisi (rene artificiale)
Endoscopia
Flottazione
Flussimetria (tubo di Pitot)
Flussimetria (tubo di Venturi)
Flussimetria Doppler
Flussimetria elettromagnetica
Flussimetria mediante diluizione
Flussimetria mediante termodiluizione
Fotomoltiplicatori

: radioterapia con elettroni e gamma


: radioterapia con protoni, neutroni e ioni
: immagini RX intensificate
: misura di micro concentrazioni
: metodo analisi segnali
: misura concentrazione soluzioni
: aspirazione gas da depressione
: acceleratore di elettroni (radioterapia)
: misura della massa di un corpo
: resezione tessuti
: resezione tessuti
: resezione tessuti
: radioterapia con neutroni e attivazione
: misura di calore di combustione
: terapia mediante inserimento radioisotopi
: calcolo e conversione analogica-digitale
: misura del calore
: misura di radiazioni
: trazione in ortopedia
: immagini digitali
: rivelazione luce
: misura peso molecolare
: separazione componenti soluzione
: acceleratore protoni
: generazione di onde elettromagnetiche
: radioterapia gamma
: dosare medicinali liquidi
: circolazione extracorporea
: misura et reperti
: misura densit calcio nelle ossa
: reset ciclo elettrocardiografico
: terapia con generazione calore
: misure dose radiazioni ionizzanti
: misure e immagini con ultrasuoni
: immagini tomografiche con ultrasuoni
: segnali elettrici cardiaci
: misura di potenziali elettrici
: segnali elettrici cerebrali
: misura proteine liquidi biologici
: filtrazione artificiale del sangue
: immagini da cavit interne
: galleggiamento da tensione superficiale
: misura di portata e di velocit fluido
: misura di portata e di velocit fluido
: misura della velocit del sangue
: misura di portata
: misura di portata
: misura di portata
: rivelatori di radiazione e particelle

620
687
654
732
309
542
162
619
80
281
501
632
689
280
685
B-10
280
666, 667
80, 103
725
724
229
228
617
506
685
154
802
613, 614
679
499
628
669
742
766, 792
474, 731
713
313, 474
223
760
561
148
162
162
355
716
717
718
668

28.12

811

Considerazioni conclusive

Elenco della strumentazione e delle tecniche e metodologie fisiche descritte o citate nel testo
TECNICHE STRUMENTALI
Gamma knife
Generatori di potenziale elettrico
HIFU (High Intensity Focused Ultrasound)
IMRT (Intensity Modulated Radiation
Therapy)
Intensificatore dimmagine
IORT (IntraOperative Radiation Therapy)
Laser e applicazioni
Litotripsia renale
Litotripsia calcolosi biliare
Litotripsia (onde durto) in ortopedia
Macchina cuore-polmone
Mammografia
Manometro a liquido
Metabolismo basale
Microscopia a fluorescenza
Microscopia digitale
Microscopia a raggi X
Microscopio semplice
Microscopio composto
Microscopio a contrasto di fase
Microscopio elettronico
Microscopio polarizzatore
MOC (Mineralogia Ossea Computerizzata)
Onda sfigmica
Optical Coherence Tomography (OCT)
Osmometri
Ossimetria
Pendolo
PET (Positron Emission Tomography)
pHmetri
Pletismografia a impedenza
Polarimetro
Polarizzazione (polaroid, Nicol, riflessione)
Radiografia
Radioscopia
Radioterapia conformazionale
RM (Risonanza Magnetica)
Robot chirurgici
Scambiatore di calore in controflusso
Scintigrafia
Sfigmomanometro
Scintillazione (rivelatori)
Sedimentazione
Shock elettrico (protezione)
Sincrotrone
SPECT (Single Photon Emission CT)
Spettrofotometria
Spettrometria di massa
Spettroscopia ottica

SCOPO

PAGINE

: radioterapia gamma concentrata


: creazione di potenziali e correnti elettriche
: ablazione con ultrasuoni focalizzati

685
425
354

: radioterapia con elettroni e raggi X


: immagini alto contrasto raggi X
: acceleratore per radioterapia intraoperatoria
: interventi chirurgici
: distruzione calcoli renali
: distruzione calcoli biliari
: distruzione concrezioni articolari
: circolazione extracorporea
: immagini mammografiche con RX
: misura della pressione
: misura consumo energetico
: immagini microscopiche da fluorescenza
: immagini microscopiche digitalizzate
: studio reticoli cristallini
: lente ingrandimento
: immagini microscopiche nel visibile
: immagini da interferenze
: immagini a grande ingrandimento
: immagini in luce polarizzata
: misura calcio osseo
: misura della velocit dellonda sfigmica
: immagini tomografiche della retina
: misura della pressione osmotica
: misura concentrazione ossigeno nel sangue
: misura di frequenza
: immagini da radioisotopi + emittenti
: misura di pH (acidit)
: misure di portata (flusso)
: misure di concentrazione
: formazione di luce polarizzata
: immagini da raggi X
: immagini da raggi X
: radioterapia sulla forma del tumore
: immagini tomografiche da radiofrequenza
: esecuzione di interventi chirurgici
: scambio calore
: immagini da emissione di radiazione
: misura della pressione arteriosa
: rivelatori di radiazione ionizzante
: misura di velocit di sedimentazione
: evitare lo shock elettrico
: accelerazione di particelle cariche
: immagini da radioisotopi gamma emittenti
: individuazione di composti chimici
: individuazione di nuclei (isotopi)
: individuazione di atomi

687
653
687
630
755
755
755
803
652
179
285, 287
558
559
564
546
548
556
727
558
679
198, 200
793
384
546
70, 87
766, 780
726
718
542
520
649
650
685
766, 784
796
294
680, 681
179
668
220
706
619
766, 777
544
615
519

812

CAPITOLO 28

Strumentazione biomedica

TABELLA 28.12.1 Elenco della strumentazione e delle tecniche e metodologie fisiche descritte o citate nel testo
TECNICHE STRUMENTALI

SCOPO

Spirometria
: misura di volumi polmonari
Sterilizzazione con radiazione gamma
: sterilizzazione materiali
Stetoscopio
: valutazione suoni cardiaci e polmonari
Stimolatore cardiaco (pacemaker)
: stimolazione periodica cardiaca
TBI (Total Body Irradiation)
: radioterapia su tutto il corpo
TC (Tomografia Computerizzata)
: immagini tomografiche con raggi X
Tensione superficiale (dispositivo di misura): misura di tensione superficiale nei liquidi
Terapia conformazionale 3D
: radioterapia sulla forma 3D del tumore
Terapia a radiofrequenza (RF)
: distruzione di tessuti
Termografia
: immagini termiche (a infrarossi)
Termoluminescenza
: misura di dosi di radiazione ionizzante
Termometria
: misura di temperatura
Torchio idraulico
: applicazione di elevate pressioni
Termocoppia e termoresistori
: misura di temperatura
Trasduttori chimici
: misura di pressione parziale di O2 e CO2
Trasduttori di portata
: misure di portata
Trasduttori di pressione
: misure di pressione
Trasduttori ottici
: trasformazione luce-corrente elettrica
Trasformatore di d.d.p.
: passaggio alti-bassi voltaggi e viceversa
Tubo a raggi X
: produzione di raggi X
Ultrasuoni in terapia
: impiego degli ultrasuoni in terapia
Vasi Dewar
: contenitori isolanti
VES
: misura di Velocit di Eritro-Sedimentazione
Viscosimetria
: misura della viscosit di liquidi
I termini in blu fanno riferimento al Capitolo 28 presente on line.

PAGINE
182, 287
676
349
434
685
766, 771
150
685
625
630
669
237
132
724
726
716, 717, 718
716
716, 724
495, 497
637
354
280
221
143

813

Problemi

PROBLEMI
28.1 Consideriamo una sezione anatomica in cui il tessuto muscolare e il tessuto osseo sono disposti come mostrato in
Figura 28.12.1. La densit del muscolo si assume
dm = 1.0 g cm3 e quella dellosso do = 1.8 g cm3, mentre i
coefficienti di attenuazione di raggi X e g sono quelli
della seguente tabella:
raggi X a 60 keV:
tessuto muscolare mm/dm = 0.200 cm2 g1
tessuto osseo
mo/do = 0.274 cm2 g1
raggi g a 1 MeV:
tessuto muscolare mm/dm = 0.078 cm2 g1
tessuto osseo
mo/do = 0.068 cm2 g1.
Paragonare le intensit dei fasci che attraversano entrambi i tessuti e quelle che attraversano solo il tessuto
muscolare alle due energie (si trascuri leffetto di buildup).
28.2 Quale energia corrisponde alla frequenza di risonanza di
34.08 MHz nellimaging RM? Calcolare in gauss il valore
del campo magnetico.
28.3 Un volatile posato con una zampa su una linea di alta
tensione. (1) Cosa accade quando posa laltra zampa
sulla linea? (2) Cosa succederebbe se il volatile toccasse il
suolo con unala?

10 cm
muscolo
X, g

osso

2 cm

Figura 28.12.1 La radiazione X e g, che attraversa la sezione anatomica da sinistra a destra, comporta due attenuazioni differenti a
seconda se attraversato solo tessuto muscolare oppure entrambi i
tessuti, osseo e muscolare.

28.4 Un particolare laser emette il proprio raggio in un cono


avente un angolo al vertice di 105 rad. (1) Qual il diametro della macchia che si forma su una superficie a 1
metro di distanza? (2) Calcolare la dimensione della macchia nel caso in cui la superficie sia quella della Luna, distante 3.8 105 km dalla Terra, ove posto il laser.

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