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Ottava conferenza annuale ESPAnet Italia 2015

Welfare in Italia e welfare globale: esperienze e modelli di sviluppo a


confronto
Universit di Salerno, 17-19 settembre 2015

Tema della conferenza


Con la crisi economica globale, le politiche di austerit dellUnione Europea e le persistenti
carenze amministrative, i nuovi rischi sociali si sono acuiti mettendo sotto pressione il
welfare italiano, in particolare nel Mezzogiorno. Lattenzione delle politiche sociali si
concentrata sui disagi pi urgenti emersi negli ultimi anni nella cornice politico-istituzionale
europea, gi sottoposta a un profondo processo di trasformazione. Sono rimaste sullo
sfondo sia la valutazione dei sistemi di protezione sociale emergenti nel resto del mondo,
sia la ricostruzione storica dei periodi di povert e di prosperit che si sono alternati nel
nostro paese nella lunga durata prospettive analitiche che sarebbero utili a formulare
politiche pi mirate e innovative.
Obiettivo dellottava conferenza di ESPAnet Italia 2015 integrare lanalisi diacronica delle
politiche sociali con una pi ampia considerazione dei sistemi di welfare emergenti in altri
contesti nazionali europei ed extra-europei. Lidea che sottende la conferenza consiste
nellesaminare lesperienza italiana nel tempo, rispecchiandola nei sistemi di welfare in
corso di sviluppo, in particolare nei paesi con una pi rapida crescita economica. Studiosi
internazionali, italiani ed europei, operatori del sociale, studenti e ricercatori dibatteranno
sul passato e sul futuro del nostro welfare: presenteranno e confronteranno i casi pi
interessanti del Nord e del Sud del mondo e del nostro paese.
Sessione 3: Tra questione urbana e questione sociale. Citt, politiche e governance
locale dentro e oltre la crisi
Cerrina Feroni Simone, Luigi Taccone

Vite in comune come valore pubblico: i processi partecipativi applicati al learning e


all'orientamento lungo tutto l'arco della vita. I cittadini protagonisti di buone
pratiche di welfare di community.
ABSTRACT
Dalla soddisfazione dei bisogni di salute, sicurezza e welfare sul lavoro stiamo transitando verso
l'insoddisfazione, i malfunzionamenti, il malessere e la precariet di vite assoggettate al lavoro e troppo
occupate dal life-deep learning, o - il loro doppio - dis-occupate e vuote. Come e dove simbolizzare
progetti di vite ben impiegate, di belle vite ?
L'innovazione dei servizi al lavoro e al Long-life Learning ci pare la pi importante leva di sviluppo sociale,
civico ed economico, di preminente interesse pubblico. Allora rivediamone senza paura modelli,
organizzazione e norme: le resistenze di imprese e cittadini a essere regolati, e quelle della P.A. a
disinvestire su funzioni tradizionali e investire su questo settore sono superabili coinvolgendo corpi sociali e
societ civile in un dibattito pubblico di contenuto e non ideologico, populista o normativo. Se questo
passaggio partecipato (passando dal servizio pubblico al servizio pubblicizzato) diventa coping di
comunit, partecipazione alle vite altrui, vite associate come nuovo bene (e valore) comune, citt
vivibili, cio dove si pu vivere bene. Il Work-Life Balance oggi welfare autogestito, alla scandinava,

welfare come risorsa collettiva, di reciprocit e fiducia, mediazione difficile nel puzzle fra socio e economico,
certo con una possibile deriva biopolitica e di ricommodificazione. Carovane di pionieri e vite condivise: in
fondo il Mercato del Lavoro condivisione di opportunit e competenze. Welfare informale, o meglio
processi partecipativi come innesco, driver, con un ruolo pubblico abilitante.

Working Lives in common as a public value. Participatory processes in Active


Employment and LongLifeLearning schemes as a best practice in local community
welfare ?
In the achieving society the market-ability of the prosumer (consumer and productor) lives requires new
instruments for employment services, the most significant driver for social, civic and economic development,
and a truly prominent public interest. In the dramatic Italian unemployment context, we must fearlessly
reassess models and service organization, in order to add solidarity, transparency and equity, because the
issue (renting livese) is clearly critical.
Participatory design and evaluation processes, applied to labour market, may have a tremendous impact in
better sketching policies and practices, and in empowering social actors: they are postmodern Agor in
sharing private, organizational and community challenges. Moreover, there is a clear isomorphism between
process (participation for policy development) and object (capabilities development, empowerment). In other
words, there is an automatic value (if the process is well managed) for all people and organizations
participating and their networks.
We will describe participatory projects in Education and Employment, managed in the Province of Firenze
and Regione Calabria

INTRODUZIONE
Pensiamo a un call center, in cui occorre una elevata capacit di amare il cliente, capire empaticamente
i suoi bisogni, anticipare e solleticare i suoi desideri, e soprattutto di riflettere rapidamente nel corso
dellazione. La personalit diventa sociale e produttiva: vite al lavoro e lavoro nelle vite, memento vivere.
Questo non cera nel fordismo, ed era tutto sommato secondario anche nell'artigianato o nell'agricoltura,
dove emergevano tratti di capacit creative, ma ben distinti dal corso della vita normale.
Cambiano perci politiche e servizi per l'occupabilit e il Long-Life Learning, che il Decreto legislativo
13/2013 definisce apprendimento informale, anche non intenzionale, in attivit di situazioni di vita
quotidiana nell'ambito del lavoro, familiare e del tempo libero. Una rivoluzione concettuale. E
parallelamente, sulla stessa linea evolutiva, riemerge la partecipazione civica, concetto risalente all'antica
Atene, che qui cercheremo di mettere a fuoco con una lettura ampia, ma focalizzata sui temi del lavoro e
della formazione continua. Per i Costituenti era partecipazione dei lavoratori; oggi, avendo il lavoro/attivit
invaso le vite, di nuovo partecipazione dei cittadini e degli attori sociali, quindi attuale. Un gerundio
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(participating) con forte suggestione simbolica . Partecip-azione azione partecipata, a comune, di
soggetti e interessi divergenti e, proprio perch partecipata, con una immediata review in un contesto
microsociale ad hoc (un processo partecipativo, una ricerca-azione, una community temporanea di
innovazione sociale, uno spazio di formazione e orientamento). Partecipazione non solo a una
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deliberazione , ma come processo circolare, life-making, che (come la vita) pratica quotidiana con
rotture riflessive (individuali o collettive) sulle esperienze. Sussidiariet vera, non strumentale, non
concessa dal Sovrano, non che conviene solo ad alcuni. Un processo partecipato quindi una (fra le molte)
strategie di welfare contrattato, coi cittadini in questo caso. Un dispositivo di work processing analogo,
peraltro, a quello di qualsiasi organizzazione che deve ascoltare clienti e dipendenti se opera in mercati
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altamente variabili .
La partecipazione, critica, all'elaborazione di politiche pubbliche attive del lavoro da parte di soggetti
con interessi pi o meno privati, oggi di evidente rilevanza, vista la necessit di governance di mercati del
lavoro incapaci di sostenere da soli matching complessi. Formazione e lavoro sono una sfera di
osservazione privilegiata dal quale inquadrare la partecipazione (e la non partecipazione) e capire le ragioni
delle gravi distorsioni che si registrano sul fronte dei servizi all'impiego e alla formazione e orientamento
1 Luigino Bruni osserva acutamente, in uno dei suoi acuti editoriali su Avvenire, come poche cose diano benessere e gioia di vivere
come partecipare a una azione collettiva libera fra pari, dove il termine chiave, a nostro avviso, proprio questa parificazione.
2 Utilizzeremo il termine processi partecipativi, ma se l'obiettivo l'elaborazione di policy, queste andranno tradotte in deliberazioni,
sia pure di indirizzo. Dunque c' anche un tratto deliberativo, ovvero la discussione con l'avversario e un cambiamento e un
apprendimento da parte di tutti, non necessariamente verso un compromesso mediano.
3 Certo, anche farli partecipare, ma in quel caso entro limiti privatistici di segretezza che invece ovviamente il pubblico non ha. Anzi,
come istituzione ha il problema opposto, la necessit di trasparenza. E' evidente comunque che nessuna organizzazione, pubblica o
privata, ormai resti in vita a lungo o in salute senza processi partecipativi al suo interno o verso l'esterno .

long-life (nel seguito servizi).


Esamineremo i bisogni della domanda e dell'offerta di lavoro, formazione e orientamento, e poi, risalendo, i
servizi che rispondono a questi bisogni, e infine, in modo isomorfo e circolare, i circuiti e le arene
partecipative che li possono sostenere e indirizzare. La tesi che la sostanza nei tre casi simile: ricostruire
una solidariet condivisa (rispettivamente nell'utenza, nei servizi e nell'elaborazione di policy e
programmi), e questo processo circolare si autoalimenta. Operazione partecipata e pubblica: impossibile
governare una sfera di tale complessit con strumenti di pianificazione e controllo tradizionali, come se si
trattasse di normali servizi o utilities. Osservando in particolare i servizi di recruiting e incrocio domandaofferta di lavoro non si possono non evidenziare residui obsoleti (anche se efficaci) di nepotismo: il coraggio
in questo caso evidenziare il concetto di vacancy e la necessaria messa a fuoco della valorizzazione
della persona umana (anche nelle formazioni sociali, come in Costituzione). Ben oltre il merito: il nuovo
paradigma, quasi contabile, fonti-impieghi: una mappa di fonti di impiego e di impiegabili, da
governare in tempo reale (qui sta il passaggio da gestione a governance), con policy, cio priorit politiche,
ad esempio privilegiare il disoccupato di lunga durata o altre categorie di vulnerabili, o alcune aziende in
crisi. Policy da aggiornare rapidamente, misurando lo scostamento fra realizzato e preventivato, il che
implica strumenti agili e fini di controllo di gestione, non burocratico-amministrativo. Oltre ai processi
partecipativi, ci riferiamo qui a meccanismi autoorganizzativi, sussidiariet al Terzo Settore, coordinamento
telematico, tavoli di coordinamento snelli.
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E come non tenere conto del fatto che, nei mercati dei lavori, tempo, competenze e opportunit si
scambiano soprattutto nel territorio locale, o in quelli pi rapidamente raggiungibili. La solidariet si fonda su
luoghi fisici e ambienti dove co-abitare, co-vivere, co-produrre e co-consumare, e le organizzazioni sono
anch'esse luoghi privilegiati di riproduzione sociale. Tempi, competenze e opportunit per troppo
predefinite: manca uno spazio per definire scambi pi liberi. Il territorio istituzionalizzato, recintato e
difeso dagli indesiderati hostis, non offre curiosit, creativit, e la Rete sempre pi ordine e (letteralmente)
prigione. Il lavoro cessione, ma ormai soprattutto creazione e ricostruzione di competenze, questione pi
pubblica che privatistica, pi locale che globale. Se impari (e non c' dubbio che prevalentemente sul
lavoro che si forzati a imparare), questo un fatto pubblico locale, con il problema dell'imitabilit e
dell'iniqua distribuzione del lavoro sui territori. Se si chiama qualcuno che arriva da fuori, una ricchezza
che arriva. Se, al contrario, qualcuno se ne va, pu (forse) tornare con maggiori competenze e relazioni. E'
sana competizione fra organizzazioni e territori per acquisire e trattenere i migliori. I processi partecipativi
sono in questo senso luoghi di learning di sviluppo territoriale dove agire scambi simbolici di elevata qualit
fra gli attori locali e l'ambiente esterno (imprese, enti sovraordinati o di coordinamento).
Il lavoro produzione e sviluppo di s, cio identit e rinoscimento sociale. I servizi dunque intermediano
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stima, riconoscimento e attenzione, sincronizzando lebenswelt (mondi vitali), mondi organizzativi e sfere
istituzionali su un precario treppiede. Sotto questo aspetto i processi partecipati, letti come co-ricostruzione
di modelli, nomi, frame concettuali (che possono essere anche locali), mettono in discussione paradigmi
quali la separazione lavoro dipendente-indipendente, la democrazia rappresentativa e il welfare beveridgiano
universalistico, e questo ci pare utile per aggiornarli al nuovo contesto.
In termini pi psicologici, si notano passione, orgoglio, senso di adultit e autonomia emergenti nell'utenza
dei servizi, ma anche imbarazzo, vergogna infantile di evidenziare pubblicamente le lacune. Autonomia e
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controllo, onnipotenza e esame di realt, stupore e coazione a ripetere, empowerment e disempowerment.
Dualismi peraltro quasi assenti invece nei processi partecipati, riferiti in questo caso alle organizzazioni
partecipanti. Quale nesso fra salute/benessere (di individui, gruppi e territori) e servizi? In Italia
tradizionalmente sfere rigidamente separate e mondi professionali distinti. I servizi sono poveri di
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rappresentazione sociale . Un processo partecipato offre la possibilit di vero dialogo fra pari di servizi
interoccorrelati.
Il paradosso che il servizio si finanzia spesso con fondi comunitari ( precario anch'esso), per il settore
privato poco appetibile e il Terzo Settore , stranamente, disattento al tema. Rimangono le soluzioni
faidate, il clan, il passaparola, le conoscenze personali, il web. Corsi di formazione, tirocini o lavori scelti
senza alcun criterio di sviluppo di competenze chiave. Un processo partecipativo inverte questa pericolosa
deriva (forse alla base del declino italiano), rafforza il ruolo pubblico, mobilita il civismo oltre burocrazia e
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mercato, qui chiaramente inefficaci. Il singolo cittadino , meglio se sotto forma di agenzie o associazioni,
4 Oceani di opportunit che appaiono senza preavviso e si dissolvono rapidamente se non sono colte subito (Bauman, 1997).
5 Senso comune, tacito, irriflesso (come il proiettore al cinema): nessuno ci pensa. E' norma sociale, morale, comune, ordine,
sicurezza. Una vita ordinata, organizzata per routine e procedure automatiche.
6 Qui intesa come desiderio dell'infante di scavalcare limiti fisici e psichici al godimento.
7 Nell'accezione multidimensionale, cio anche collettiva, di Zimmerman (Empowerment Theory: psychological, organizational and
community levels of analysy in Rappaport (2000) potere dentro, capability e efficacy percepite nel soggetto, rivolte sia all'interno
che all'esterno.
8 Non esistono Aziende di Occupazione e Sviluppo Locale analoghe alle ASL. Nel settore sociosabitarioi ci sono poche tracce dei
temi del lavoro e del LongLife Learning, n viceversa nei servizi al lavoro dei temi della salute e del benessere sociale. Come ci sono le
Societ della Salute, perch non le Societ dei Lavori o delle Attivit ?
9 Certo, meglio se ricercatore socioeconomico, formatore, consulente o orientatore, ma pu essere esperto in ogni campo: il processo
partecipativo incentiva l'occuparsi di individui, gruppi e organizzazioni diverse, a prestare il proprio know how gratuitamente al proprio

entra nel circuito decisionale e di controllo, e servizi e progetti verranno sicuramente impostati e controllati
meglio. Le politiche (ad esempio di genere, per gli over50 o specifici settori produttivi) saranno pi efficaci se
condivise con chi nel iuo campo dazione le vive quotidianamente, e magari le legge in modo opposto. Ma
anche il tipo di policy: ad esempio non uguale avere campi di calcio gratis o scaricare dalle tasse le
spese di sport, cultura e ricreazione (una include, l'altra esclude). Imprese e Terzo Settore si sviluppano
inoltre se si confrontano e misurano le aree di reciproco coordinamento e di conflitto.
Non si pu non notare infine come, mentre qualsiasi ricerca mostri con evidenza che la disoccupazione ma anche la mala occupazione che ne l'anticamera - siano antecedenti di malessere, malattia, esclusione
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sociale (e anche viceversa, dunque alla fin fine parliamo della stessa cosa) , invece il disagio crescente e
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l'incapacit, di ricollocarsi fatichino addirittura a esser messi in parole . Non ricevono spazi di ascolto, non si
si aggregano in istanze collettive di aiuto e risposte collettive di solidariet: forse perch se il lavoro vita, il
non lavoro e l'incompetenza sono vissute con vergogna e senso di colpa personale. Non si va al
Centro per l'impiego, non si chiede aiuto, non ci si organizza, ci si lamenta in modo passivo. Un processo
partecipato sblocca questo frame psicologico, invertendo figura e sfondo rimosso.
BIOPOLITICHE DELLE VITE-LAVORI
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Nelle biopolitiche ipermoderne , lavoro (e LongLife Learning ) esondano nel tourbillon de la vie di
individui, gruppi e organizzazioni. Le vite e le case sfumano in luogo di lavoro, imprese e attivit
economiche da esercitare professionalmente, mentre le organizzazioni - all'opposto - si soggettivizzano in
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parodie di clan familiar/amicali . Pi che espropriazione, una mutua embeddedness, una ibridazione fra
lavoro e life skills che si de-differenziano da quelle sociolavorative, cio da sfere antagoniste diventano
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interdipendenti, ribaltandosi l'una nell'altra .
Vite artificiali e lavoro come dovere e non come diritto, valorizzazione pi che rispetto per le persone. E
cos i soggetti devono rifarsi una vita giocando una nuova mano di carte nel lifegame. Un processo
longwide, pervasivo, forzato, non paragonabile al lavoro a domicilio prefordista, quando il contrattista
lavorava in case-laboratorio su ordinativi a lotti, ma con ritmi ben pi lenti e umani, e anzi in questi ancora
pi fordista. Non biopolitico in senso stretto (cio non oggetto di discorso pubblico esplicito), piuttosto una
sollecitazione sottotraccia, in cui l'economia prevale sul discorso socio-politico. Dalla sociologia del lavoro
alla sociologia della vita non quotidiana potenzialmente professionale? Emozioni e ruoli messi al lavoro,
mestiere di vivere (Bresciani, 2006). Anche il learning, che se LongLife piegatura, nemmeno tanto
sottile, dell'education all'economico: dai sistemi qualit e dall'apprendimento organizzativo (Argyris, 1998) si
passa alle vite quotidiane come luogo di apprendimento organizzativo. Una torsione verso la qualit
della vita e l'apprendimento tout court per tutta la vita, con rilevanti impatti sociali: la routine oggi vista come
negativa o difensiva.
Le relazioni sociali si venano di interesse, i social networks servono per trovare lavoro, e in fondo lavoro e
vita sono attivit relazionali. Interessi propri e di altri si confondono nell'agire quotidiano. Dai fattori umani
in azienda (soddisfazione e motivazione) si transita ai fattori economici nei lebenswelt, anche gruppali e
organizzativi (insoddisfazione e demotivazione nella vita?). Corpi, identit, atteggiamenti, abilit cognitive,
ma anche affetti e sentimenti (e quindi il benessere), sono egonomics sempre al lavoro. Ad esempio sul
territorio.
10 E quindi l'intervento sul mercato del lavoro preventivo e non curativo (quindi pi efficiente).
11 Ad esempio mancano iniziative di raccolta fondi, associazioni di utenti, volontariato e solidariet, formule preliminari alla copartecipazione dei servizi (come nel settore socio sanitario: pensiamo alle associazioni dei parenti dei malati). Si ignorano disoccupati e
espatriati, evidenziando invece l'immigrato, evidente capro espiatorio. Ci manca il linguaggio su quanto stiamo vivendo, che quindi
mal-vissuto perch mal-detto. Quello che ci ha raccontato dolori e gioie della fabbrica, delle campagna, dei padri imprenditori-artigiani.
Canti, poesie, romanzi, feste, lutti e elaborazioni ora stereotipate, senza spessore e ambiguit. Non casualmente lavoro termine
analitico (elaborazione sul lutto, working through). La carestia di immaginario sociale ovviamente anche dentro le imprese e nel Terzo
Settore.
12 Modello italo-francese di critica da sinistra (Bazzicalupo, 2006 e Aubert, 2010) nella forma posfordista di induzione gentile di
pratiche di miglioramento, learning e empowering che, un tempo confinate al lavoro salariato, si vanno espandendo agli interi
mondidelle vite. Il termine nudge, originariamente bioniano - vedi Thaler e Sunstein (2009) - segnala che il biopotere ipermoderno
non impositivo, mentre nel taylorfordismo le spinte non erano propriamente gentili ! Vedi i pi estremi critici italiani, come Codeluppi
(2009), Fumagalli (2009) e De Michelis (2008).
13 La Riforma Fornero cosi' dispone: Qualsiasi attivit intrapresa dalla persona in modo formale, non formale e informale, nelle varie
fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacit e le competenze, in una prospettiva di crescita personale, civica, sociale e
occupazionale. Quale gerarchia? Viene prima la crescita personale o occupazionale? Vale lordine indicato dal legislatore?
14 Accornero (1997) segnala l'ambiguit di termini come societ, corporate, compagnia, Casa madre, organismo personale per indicare
i dipendenti, retribuzione a corpo. O si pensi ai clan familiari della mala-vita organizzata, cio messa al lavoro. Pais (2003) ci
ricorda come organizzare eventi pubblici sia anche organizzare eventi privati, l'aperitivo di networking ha un sapore amaro, un social
network book, vetrina per trovare opportunit ma anche espropriazione: chi entra abusivamente nella tua pagina entra nella tua vita.
15 Ad esempio i saperi linguistici o informatici (un blog), una visita ai partner di progetto, organizzare viaggi, cene o ospitare: vita o
lavoro? O l'assertivit del sorriso professionale e l'entusiasmo artificiale del venditore (Sarchielli, 2006) - che gi acutamente Wright
Mills notava nel 1951 - che invade il buon senso o il comportamento comunicativo automatico, situato e culturale. Le battute vengono
rivendute ai comici o rimbalzano sul web, l'empatia sostituisce la solidariet, le buone relazioni la gratuit. Nelle key competence
comunitarie ci sono competenze sociali e civiche, ma generiche.

lavoro si pu essere apatici, ma con gli amici frizzanti. Oggi si cercano lavori dove esprimere la propria
personalit: bene per le organizzazioni, ma male per le vite, che si inaridiscono. Prime le organizzazioni
impedivano la vita vera, ora al contrario la sfruttano, ma cos non vita libera: intuitivit e creativit si
ibridano nelle agende di vita e di lavoro, l'aziendalese diventa linguaggio quotidiano e della politica, le
Comunit Amish richiamano turisti. Capitale sociale, milieu, comunicare, organizzare o risolvere problemi:
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tutto anche fattore produttivo e prodotto/servizio spendibile . Sii te stesso!, Realizza te stesso!,
Think!. Parafrasando l'assioma non puoi non comunicare di Watzlawitz, potremmo dire non puoi non
migliorare. In termini di governamentalit pastorale (Foucault, 1998), di cura materna-paternalistica dei
greggi, che addomestica i conflitti per renderli produttivi in formule di welfare social-liberiste.
Tecnologie e marketing del s (coach, fitness): life enlargment e life enrichment, moltiplicare le vite, vivere
pi veloci e pi a lungo. Sensation seeking, zapping di esperienze, indotte dai media/adverstising e dalla
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cultura spettacolistica (De Michelis, 2010). Attention economy , cio riflessivit, riuso delle esperienze
passate e quindi infinita permanenza nell'adolescenza, se non addirittura tempo e attenzione intensificati
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come nell'infanzia (Pievani, 2012). Una sorta di religione del miglioramento continuo ,in cui tutto
potenziale valore: amicizia, amore, sport, fruire di opere d'arte, la curiosit, la conversazione, il flaneur. Dalla
forza-lavoro alla forza-valore: la vita crea (e sottrae) valore. Un bios isomorfo al ciclo di vita di un progetto, di
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una impresa o di un prodotto, quindi un umano capitale organizzativo, un capitale-vita .
Se, con cordiale collaborazione, Taylor diceva agli scaricatori di ghisa voi non dovete pensare, il motto
della fabbrica integrata alle vite : Da noi le persone vengono prima di tutto. Come capitale umano, si
intende.
PROSUMER: LE VITE COME MEZZO E LUOGO DI CONSUMO, PERFORMANCE E PRODUZIONE
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Prosumer inteso come consumatore-produttore, che co-progetta e co-valuta prodotti e servizi. Siamo,
come detto, in una era di diffusa riflessivit finalizzata all'automiglioramento continuo, in cui siamo anche
progettisti, politici, registi, pubblico e attori (sociali e collettivi, certo, ma qui l'accento sul recitare o
impressionare con la gamma delle performance), di spettacoli a valenza socioeconomica. Il ciclo, grosso
modo, il seguente:
Desiderio di nuove forme di vita -> Euforia artificiale -> Reificazione in beni e servizi -> Assedio di
opportunit e obbligo di scelta di consumo -> Incorporazione di questi servizi nel s -> Depressione
e innesco di nuovi desideri.
Il lavoro oggettivato e purificato delle vere emozioni, snaturato e impersonalizzato, presto ripersonalizzato.
Soggetti riassoggettati e alienati, cio oggettivati, e poi prima possibile risoggettivati. Un'altalena che
anche oscillazione fra trovare lavoro/clienti e la disoccupazione.
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Una pervasiva pratica economica che pu essere sintetizzata col furbo motto del reverse engineering:
pensare da valle a monte, risalente alla comakerhip della qualit (l'integrazione coi fornitori) degli anni '90
(Merli,1997), ai distretti industriali e al postmoderno di Fabris (2008).
Prosumerismo anche cittadinanza attiva, amministrazione condivisa (Arena 2011), bandi di
coprogettazione locale, piani di zona, sanit condivisa. Posfordista perch trasforma fasi in processi,
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liquefacendo i legami: il cliente co-decide . Ma questo genera fornitori rancorosi verso clienti iperesigenti, ad

16 Perfino le motivazioni di base, come il capitale psicologico (Luthans, Youssef e Avolio, 2007 e Pryce-Jones, 2010) cio la
disponibilit a essere coinvolti, a partecipare, a farsi carico di problemi altrui o comuni, anche la disponibilit a farsi controllare, quindi
una cessione di autonomia, passione, orgoglio di fare da s, mentre il controllo sociale pu essere imbarazzo e vergogna per chi
sbaglia.
17 Oltre ovviamente a Bauman, che va letto in inglese per lelaborato vocabolario, su questi due concetti chiave vedi Davenport e Beck
(2001), Beller (2006) e Lanham (2006) e la Fase III di Lipowetsky (2010).
18 In termini weberiani si passa dal beruf alla vita intera di communities operose, in cui desideri e libert sono interiorizzati per un
pubblico interesse superiore, non pi la Gloria di Dio, ma certo quasi religioso. Rispetto a comunit, community ha un significato pi
ristretto, originato dalle comunit protestanti, cio dalla condivisione di una appartenza molto forte: del fratello della tua community ti fidi,
ad esempio negli affari. Community come neighbourhood, chi vicino fisicamente. La comunit di tipo cattolico al contrario
tendenzialmente universale: in questo senso l'opposta organizzazione delle chiese protestanti e cattoliche si riflette sul significato pi
bottomup e democratico quello di community, pi top down e gerarchico quello di comunit. I modelli sociali e religiosi asiatici
presentano varianti interessanti a questo processo di augmented life, dove interessi propri e comuni si confondono.
19 Gruppi e organizzazioni si possono sciogliere, ma l'individuo imprenditore-manager- investitore di s stesso a vita, deve pianificare,
gestire progetti, fare marketing, gestire le risorse. Vedi Holmqvist e Maravelias (2010) e Bonomi (2005)
20 Il termine risale a Toffler (1980) - anno in cui potremmo datare il cambiamento di passo competitivo- un futurologo che ci ha
azzeccato spesso (invent l'adhocrazia, con Bennis negli anni 60), anticipato per in questo caso da Drucker (1954), che scopr
l'orientamento al cliente, e quindi la qualit. La produzione di un bene o servizio avviene nella filiera estesa ai fornitori e ai clienti,
combinando i flussi comunicativi dei consumatori, e oggi anche dei cittadini/pazienti, degli amministrati e della societ civile.
21 Alla fin fine un bel recupero di produttivit, perch il cittadino o l'utente si affianca agli esperti di marketing o ai funzionari, con onori
ma anche rischi e oneri semigratuiti: il do-it-yourself smart, efficiente, riduce automaticamente le zone di indifferenza fra vita
professionale e vita privata, incassa plusvalenze gratuite.
22 Con una inevitabile con-fusione di ruoli servo-padrone (vedi Capranico, 1992) . Il falso s (produzione) si confonde col vero s
(consumo): uno sdoppiamento di personalit ?

esempio nelle relazioni di aiuto o di sportello: si pensi al paziente poco paziente in sanit. In termini
organizzativi le organizzazioni delegano verso i lati e verso il basso, integrando l'imprenditorialit diffusa
sopracennata (La Rosa, 1995). Capitale organizzativo: la capacit richiesta saper vivere nelle
organizzazioni e nelle communities, dunque una nuova declinazione del concetto di cittadinanza. La vita
diventa un rituale contro l'insicurezza: non pi il soggetto che aderisce all'organizzazione, ma
l'organizzazione, anche pubblica, che si plasma sui soggetti.
Certamente un consumo riflessivo e attentivo trasforma i reclami in miglioramenti, ma questi flussi sono
coimplicati coi mondi vitali (ad esempio un social network), quindi il prosumerismo diventa facilmente
biopolitico.
Inoltre oggi c maggiore urgenza competitiva e prevalenza del consumatore sul produttore, con un
allargamento dei ruoli: nel mondo globale occorre relazionarsi con frame culturali e organizzativi inusuali o
finanziatori lontani. Spesso addirittura instantaneit da critical mass, cio flussi co-evolutivi autoorganizzati,
se non veri e propri sciami che agiscono cio un coordinamento naturale, quasi automatico di soggetti
semplici, senza vere relazioni ma con mera amplificazione di vibrazioni guidate dalla direzione del
movimento (Bauman, 1992 e l'eccellente fiction di Crichton, 2010). La wikinomics o i blog gestiti dai
dipendenti di una azienda, in cui si discute del miglioramento del prodotto, operano col modello software
degli agenti autoorganizzati: reti con nodi intelligenti autonomo, non soggetti ma oggetti. E' ipertoyotismo:
zero difetti, zero conflitti. L'autorealizzazione, il bisogno maslowianamente elevato, diventa spesso gioco e
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spettacolo : mancano barriere all'ingresso, lo scroccone tollerato, ci sono scarne regole, controllo e
incentivi. Si tratta di doni che, validati dalla community, creano valore per tutti. Funziona, annullando le
interfacce di Spaltro, organizzazione scientifica (antitayloristica) del prosumerismo. Prosumer dunque
sono: sono nel cloud, sono connesso ai flussi. Un mix di sconnessione e iperconnessione.
Il cambio di velocit, dovuto alla concorrenza in mercati on demand, richiede, al singolo
lavoratore/imprenditore - ma la differenza sfuma - e al territorio, di inventare, progettare, produrre, vendere e
erogare nuove commodity, ma anche saperle consumare rapidamente, creando il ciclo del bisogno di nuove.
Occorre essere molto rapidi nell'aggiornare capacit e competenze necessarie: per un lavoratore, soprattutto
autonomo/precario, la fast life inquinata dall'esaltazione trafelata e compulsiva del nuovo, dalla
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riflessivit intraprendente turbocompetitiva , dall'urgenza di vivere. Se la vita lavoro, una roba seria,
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non si pu perder tempo : nulla di male, ma lo schiacciamento del tempo dei prosumer alla spina,
uberizzati, trafelati, sottrae inevitabilmente tempo all'hic et nunc (Catania 2008), e non pu che richiamare
26
il Work Life Imbalance ,
I MERCATI DEI LAVORI: MARKETING DELLE PERSONALITA'
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Quando parliamo di mercato del lavoro ci mancano le parole giuste . Hiring segnala la temporaneit, ma
forse marketing il termine che pi si avvicina a questi strani mercati, dove si offrono tempo e competenze
di prestatori d'opera (opus appunto), in cambio di un corrispettivo, pi o meno monetizzato. Marketing di
opportunit, idee e competenze, in cui affiora necessariamente la soggettivazione, sopra accennata, da
impresa, il sapersi vendere, il saper recitare. Il ruolo, la persona come maschera che prevale sul s. Ma
28
marketing, come gerundio , processo e risultato, comprare e vendere con criterio, andare al mercato con
le idee chiare su cosa si vende e cosa si cerca. Occorre fiducia: quasi sempre compri o vendi al buio,
29
vendi te stesso o noleggi uno sconosciuto: occorrono relazioni fiduciarie a monte . Si tratta di reti di flussi di
relazioni di scelta commodificate, continui, rapidi e complessi, con informazioni scarse (e scarto di infinite
30
altre possibilit), una rete di flussi di community, sociali . Mercati adatti agli audaci e agli impulsivi, e i fragili?
23 La gerarchia dei bisogni di Torvald, il creatore di Linux: 1. Sopravvivenza 2. Relazioni sociali 3. Divertimento.
24 Il prefisso indica una curvatura innaturalmente iperbolica, eccessiva per i ritmi naturali. Come obiettivo: al massimo sar poi
lineare, o logaritmica come la vita. Una velocit che richiede decisioni rapide, tagliando via le alternative, e quindi in fondo
antidemocratica perch democrazia paziente tessitura, compromessi, lotta per egemonia, processi partecipativi appunto, tutte cose
che in impresa non ci sono, decide uno solo o il teamtheinking, perch non c' tempo.
25 La Regina Rossa di Alice nel Paese delle Meraviglie che deve correre, o i Papalagi che non hanno tempo (Scheuerman 92).
26 Davvero crinale cruciale, tema che richiama le Pari Opportunit, le differenze di genere nella salute, il carico dei lavori di cura e
dell'oikos mal distribuiti, un turnover troppo rapido di competenze e flessibilit di orario/sede di lavoro che riduce gli investimenti affettivi
stabili. Si pone un problema politico centrale, non colto, di compatibilit vita-lavoro, perch poca formazione rischio di esclusione
sociale.
27 Domanda qui chi compra, e offerta chi vende. Stranamente i due termini sono invertiti, e infatti facilmente si confondono. E' il
produttore (il lavoratore) il soggetto debole e non il consumatore: occorre la protezione dei diritti dei produttori.
28 Organizing organizzare e essere organizzati. Learning, well-being, empowering, participating sono processi fondati su capacit di
autodiagnosi e automiglioramento, individuali e collettivi: sono, nel pragmatico inglese, gerundi, cio fini che coincidono con le attivit
stesse.
29 Pensiamo ad esempio alle societ di selezione: l'impresa si fida del fornitore, del selezionatore interno, della preselezione del Centro
per l'Impiego o della segnalazione. Analogamente per la formazione o la consulenza: ci si fida della reputazione dell'Agenzia o del
professionista. In un concorso ci si fida della trasparenza. In realt il processo di matching, basato sulla fiducia, tutt'altro che ottimale e
scientifico.
30 Non molto dissimile da Linkedin, che fa da servizio di intermediazione lavorativa basato essenzialmente sulla fiducia, visto che
virtuale.

Ignorati, anzi la paura di essere eliminati - si dice- motiva il darsi da fare.


La risorsa scarsa intermediata il tempo di vita esperto, professionale, competente: la personalit
economica appunto. Si cambia allora vita, impiego, mestiere, senza (o con) drammi, nell'era della
multiattivit, di vite industriose in cui tutto potenziale lavoro e potenziale apprendimento, anche una
vacanza o il gioco. Potenziale da sfruttare, giacimento da scoprire (o riscoprire riattualizzandolo). Capacit di
intercettare i flussi e di lanciarli, cio segnalare la disponbilit. La forza dei legami deboli (Granovetter, 1974)
reinterpretata come saper muoversi anche in reti corte: certo, un vantaggio competitivo per l'Italia.
Un servizio al lavoro e al long life learning quindi una doppia consulenza di marketing che riduce il
mismatch competenze-impieghi e quello fra flessibilit lato offerta e lato domanda, incanalando gli attori
nel loro costituzionale ruolo sociale. In particolare per il lavoro autonomo-precario con debole capitale sociorelazionale, il commerciante senza clienti, vetrina senza merci: il commercio vive di relazioni. Ecco il LongLife Learning, anche ritornando sui propri passi: non solo aggiungere, ma anche recuperare vecchie
amicizie, vecchi lavori, vecchie esperienza e riadattarle.
I mercati del lavoro vanno resi comunque in primo luogo trasparenti, perch non si trattano pi
transazioni capitale-lavoro: si noleggiano tempi di vita, giorni-uomo, quindi occorre regolare il commercio,
riequilibrare a favore dei pi deboli, dare informazioni, articolare i flussi per favorire lincontro diretto fra i
prosumer. Uguaglianza e solidariet, come detto, sfumano perch si cercano proprio le differenze, ma qui si
comprende facilmente come la condivisione sia anche, oltre che un principio di uguaglianza, una soluzione
smart.
DAL LAVORO AI LAVORI/ATTIVITA'/COMPETENZE
Come contraltare al disagio della precariet (Kilborn, 2009) assistiamo ad un'altra transizione, faticosa ma
31
certamente epocale : lo slittamento fra lavoro e non lavoro e dal Lavoro ai lavori, alle multiattivit lifefriendly (sport, cultura, sociale, relazioni, salute, hobby, arte, ricerca, ricreazione, ma l'elenco in realt
immenso), un tempo considerate extralavorative (la leisure class di Veblen).
32
Alla domanda che fai nella vita, la risposta spesso multipla : un salario (spesso misero) e altre attivit
laterali di tipo amatoriale, associativo e sociale. Permane invece, soprattutto nei decisori pubblici, la
vecchia idea della monospecializzazione, della professione: l'idea che al lavoratore sia associata per sempre
33
una sola attivit lavorativa . Invece il tema delle multiattivit corre da tempo sotto traccia, e assume forme
creative, alternative e sociali come la sharing economy, il basic income di cittadinanza societaria, le monete
locali, le Banche del Tempo, l'invecchiamento attivo mediante il volontariato civico, il welfare di community, i
congedi per attivit sociali, il volontariato esteso e riconosciuto come credito formativo o validazione di
competenze, il sospeso, il dono non immediatamente da restituire. Forme di autoorganizzazione,
autoproduzione/autoconsumo, condivise o cooperative, finalizzate a vite ben impiegate, socialmente utili,
buone. Favorite dalle tecnologie che certamente in questo caso sono davvero abilitanti.
34

Certo, tema ambiguo (ad esempio riduce le entrate tributarie), come abbiamo visto ambiguo da sempre
35
il tema del Lavoro. Tempi e lavori ripartiti riconfigurano le societ con forme di clan sui bordi del mercato .
Se pensiamo del resto alle attivit di aiuto o di relazione, o al terziario creativo amatoriale, non abbiamo solo
opus libero, per s: c' un mercato potenziale di protoattivit indipendenti, di competenze imprenditoriali
atomizzate fino a scomparire nelle vite, e poi ricomposte. Attivit liminali ma che, sommate, contribuiscono
sempre pi all'affermazione di soggetti, anche collettivi, indipendenti o come prove di reddito o professione.
Il lavoro, compresso perch turboprosumerizzato, tracima quindi dal mercato del Lavoro (maiuscolo) e
diventa vitale, crea nuove organizzazioni, nuovi lavori, e anche un de-investimento dal Lavoro in senso
stretto, in chiave di recupero psicofisico da lavoro stressante. Nuovi lavori come occupazione e formazione
continua on-the-job, quindi, ma il nodo pratico l'organizzazione, il pooling di risorse (informative, di aiuto,
Banche del Tempo, cohousing, coworking, co-vita), e anche una nuova rivendicazione di spazi e tempi
collettivi. Nella societ delle multiattivit, alcune hanno maggiore utilit pubblica, ad esempio proprio
orientamento e formazione: occorre un riconoscimento pubblico, politico, delle competenze e attivit
emancipanti e socializzanti, ripartendo tempi e attivit, certo senza far concorrenza su mercati (Laville,
31 Vedi (Gorz, 1997), ma prima di lui diversi teorici della liberazione dal lavoro alienato. Il comunitarismo di Gorz in fondo sostenibile
perch modulabile in estensione sociale. O per dirla alla Sen, una choice, multipla, in cui scegliere pi strade, con capabilities e
functioning multipli.
32 Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio cose, come Ecce Bombo
33 Si badi: tale idea, nobile perch risalente all'etica professionale, presente in vari settori, dove non raro trovare persone che per
tutta la vita hanno svolto la stessa attivit. Ma la cosa curiosa che tale schema presente anche nel privato competitivo, e permane
molto pi a lungo di quanto si pensi anche come modello mentale nello stesso lavoratore e nella societ. L'apprendimento Long Life
Learning fa fatica a emergere perch fa saltare questa impostazione rigida, ma questo salto appare, denso di rischi, paure, ansie, viene
esorcizzato e tenuto nascosto.
34 Dalla certezza all'ambiguit: una lenta conquista? (Quick, 1993)
35 Le innovazioni nascono spesso da saperi, spazi e tempi considerati inutili, o dall'assorbimento di comunit di pratiche hobbystiche
alternative, ad esempio la microelettronica nella controcultura californiana degli anni 70 (Revelli, 2001) o ai giorni nostri il dark side
della creativit nel caso dei derivati e delle assicurazioni creative.

2000). Riconoscere al datore di lavoro il tempo del dipendente per attivit sociali e incentivare la
responsabit sociale delle imprese. Le cooperative di consumo come prosumer collettivi? Basic income
come diritto al benessere minimo di cittadinanza, a non essere cacciati unter, a poter vivere una vita
decente, diritto alla salute minima di cittadinanza societaria. Basic welfare (formazione e lavoro, mobilit,
casa, nutrimento, socialit) di risorse minime garantite a tutti, un vero livello essenziale di prestazione,
capacitante, perch condizione di vita, investimento sociale.
In questo senso se perdi il lavoro c un know how, e un know who, rivendibile. I lavori sono un gioco a
somma variabile dove tutti guadagnano: reti di imprese, reti di vite, tempi e lavori ripartiti. Una societ che
valorizza i prosumer che produce, messi al lavoro per la societ - societ appunto, soci alla pari - perch il
36
prosumer produce social innovation, solo che il sociale dominato dall'economico, ridotto . Siamo nell'era
economico-sociale pi che socioeconomica, del Lavoro a socialit limitata. Il paradosso del
precario/autonomo, e del disoccupato, che il tempo liberato pu essere usato per formazione, volontariato
pubblico, socialit, salute, famiglia, altri lavori, mentre dissipato. E questo vale anche per il pensionato.
37
Il lavoro mortificato in schemi economicistici , ma ci sono attivit non monetizzate, redistribuibili a tutti,
vite al lavoro pubbliche. Si pu trovare il modo di occupare le persone in attivit che piacciono e
guadagnarci tutti: basta organizzarsi. Anzich formazione finanziata, lavori finanziati, diritto a una vita
multiattiva, alla multiprestazione, congedi per attivit pubbliche, bandi mirati, possibilit di variare lavoro, pi
multichoice del tempo extralavoro. Nei Centri per l'Impiego si possono utilizzare dei volontari, il tempo libero
ha immense praterie di utilit sociale, e di cittadini lavoratori insaturi. Il volontariato civico va organizzato (si
pensi alle migliaia di opportunit di volontariato allestero rispetto alle poche da noi), un moltiplicatore di
lavori e servizi pubblici, attivit artistiche, culturali, sportive che non sottraggono nulla al mercato, e anzi
possono essere preincubatori di imprese. In citt ma non solo: certo occorrono spazi e e tempi, iniziativa,
strumenti e locali a disposizione, nuovi modelli di vita e sistemi locali di sharing.
LA POLARIZZAZIONE DELLA FLESSIBILITA': CHI INVESTE E CHI E' INVESTITO
La disoccupazione/inattivit convive con la sovraoccupazione/sovraattivit, ma la divaricazione cresce.
Vite dense, energizzate al limite, autonome. Ma anche, si detto, molte vite inutili, rarefatte, eteronome. Il
multiattivo senza tempo, assediato dalla fiera delle opportunit, confina con la paralisi regressiva, l'inattivo
con vita vuota e tempo sprecato in allontanamento dalla cittadinanza, ostile allo straniero e allo Stato, che
non chiede aiuto. Up and Out: la polarizzazione evidenza la mancanza di solidariet per gli esclusi, ad
esempio interi territori o le generazioni anziane. Pensiamo alla assenza di solidariet fra territori. Quale
equit e soprattutto quale reciprocit, se c' chi non lavora e chi lavora per dieci ? Ecco quindi il counselor
per capire se si all'altezza, la ricerca di chi decida per te, il ritorno a forme premoderne rassicuranti,
comunit simboliche, emotive, rituali, spettacolari, con scarsa relazione vera
Diseguaglianze (pare crescenti) non solo di reddito, ma di redistribuzione della risorsa chiave: il
tempo di vita competente, fino a delineare una societ a due velocit: il multilavoratore globale con poco
tempo e molte competenze (cronofagico), e l'inattivo locale, con molto tempo e poche competenze. Abbiamo
peraltro anche molti sovraqualificati sottooccupati, e pure sottoqualificati iperoccupati.
38
39
Per i soggetti che della flessibilit sanno cogliere , in modo benestante , opportunit per lo sviluppo, le
vite-lavori, oltre che merce, sono vite attive (Arendt, 1964), vettori di functioning (achievement) di
40
qualit, vite impoterate, e valore aggiunto selfpropelling circolante , dono pi o meno ampio per l'intorno
sociale. Identit anche collettive e bene comune che aumenta le capabilities territoriali, cio le capacit di
functioning collettive, la qualit delle vite. Vite belle, non tutte mercificate. Ad esempio una startup perno di
identit collettive locali, vite che consumano e ricostruiscono risorse, anche se con una certa resistenza di
spazi per s e per i propri gruppi primari, a non condividerli. O ad autogestirli nei tempi, come evidenziato
nelle multiattivit. Vite-lavori che sviluppano identit e autostima, che realizzano desideri di gratitudine,
36 Lean, la produzione snella, ridotta al minimo, parente di strain (rottura), cio lorganizzazione si pu rompere.
37 Ad esempio illogicamente occupato chi ha lavorato un ora nella settimana di rilevazione ISTAT, mentre disoccupato chi fa il
volontario a tempo pieno.
38 Choice alla Sen (1986).
39 Benessere (Spaltro, 1984) come sentimento di stupore che incontra la vita nel traversare le interfacce psicosociali. Spaltro distingue
tre livelli di funzionamento sociale (coppia, piccolo gruppo, organizzazione) e tre interfacce (A fra individuo e piccolo gruppo, B fra
piccolo gruppo e organizzazione, e C fra organizzazioni). Si veda Cerrina Feroni (2013). Il modello si basa sulle resistenze, nel
passaggio delle interfacce, che presentano aspetti di regressione e progressione, di difesa (in-dipendenza) e socializzazione, di
chiusura e apertura. Le interfacce sono manopole di navigazione sociale, un va e vieni, un sali e scendi, una boccata d'aria e una
difesa dall'inghiottire l'acqua, una corrente alternata simile all'oscillazione delle maree, fra minore a maggiore densit sociale, fra
identit a appartenenza. Duali perch, lewinianamente, zone di passaggio: il loro attraversamento (il trattino dell'interfaccia), freno e
avvicinamento, autonomia e integrazione. E' benestante se accade senza impazienza, capace di digerire frustrazione e dissenso, di
abitare le dualit senza urgenza di unificare o scindere, sapendo so-stare nei conflitti. Un concetto parente dell'empowerment, ma
che evidenzia le belle relazioni e il bellessere: potremmo dire pi di nucleo strategico, per il soggetto. La riflessione di Spaltro
pluralizzante, parte dagli anni '70 e si fonda col decennio di modernizzazione (1957-67), la scoperta del soggetto e dello stile
partecipativo-democratico. Vedi anche i lavori seminali (Bennis, 1969) su salute organizzativa e sviluppo organizzativo.
40 Capitale circolante - visto che la metafora economica- cogliendo con questo termine anche .la rischiosit dell'operazione.

legittimazione, reputazione e dignit di ruolo pubblico. Benessere accettare e giocare la sfida collettiva,
nucleo culturale, processi e pratiche (anche i processi partecipativi) che animano la dinamica della
convivenza promuovendo, mantenendo o migliorando salute e qualit della vita. In Avallone (2005) troviamo
gli indicatori del malessere (scarsa fiducia, scarsa choice, conflittualit negativa, comportamenti indesiderati,
diminuzione del senso di appartenza e della creativit).
Circuiti virtuosi (buonessere, vita buona, di chi d una mano ed solidale con linattivo,vita degna, vitale,
41
socialmente responsabile) generati anche a partire da quelli viziosi (mala-vita, malessere, vita indegna e
irresponsabile), e viceversa.
Alcuni esempi di contaminazioni malestanti:

Diffidenza: quello che imparo lo impara l'altro (potenziale concorrente), che mi osserva
La socializzazione munus da restituire, da cui disfacimento dei legami sociali e schiacciamento
eccessivo sull'Altro
Lo spillover dei modelli mentali, ad esempio il volontariato che serve a migliorare la propria
occupabilit
Il sentimento del potere che stinge verso l'egopatia e la volont di potenza
Ansia, ad esempio dei genitori che non possono offrire benessere (potenziale) ai figli o ansia di
inserirsi con un post nei flussi Last In First Out
Attacchi di panico, uso di farmaci per indurre attenzione o provocare/attenuare emozioni (doping da
benessere)
Esaurimento e collasso psicosociale, dall'organizzazione dell'Io fino alla lacerazione di convivenza e
cittadinanza di interi territori
Surmenage: vivere una vita da detective, ad esempio le idee che sorgono fuori dal lavoro e
l'eccesso di rischio

Il malessere rischio di sostituibilit, paralisi, regressione, terrore di essere messi da parte, resistenza a
essere misurati. Sconfitte vissute come vergognose, supereroi performanti che celano il loro doppio: l'utente
risentito, ipercritico, gli scatti di collera, l'aggressivit, gli attacchi alle routine, l'odio-invidia per l'impiegato
pubblico. Si subisce l'irritazione dei familiari, si evitati socialmente, si considerati pigri e incapaci. Non
essere presi in considerazione nei colloqui di lavoro emotivamente pesante, perch si misura la distanza
da performance o corpi inadatti. Non c' lavoro, cio che vivo a fare? Sono solo un peso, sono escluso dalla
bella vita.
Il malessere sorge da una cronica oscillazione fra iperattenzione sovraeccitata, intossicata e sregolata da
42
choice obbligata (non libera di non choice), e lutto depressivo perenne . S grandioso e s disintegrato:
43
vacilla il ragionamento ponderato, in una schizofrenica caccia all'inconsueto . La turbovita mal si concilia
(per molti) con la stabilit psichica, da cui derivano difese nevrotiche (regressive) e paranoidi (identificazioni
44
proiettive, e odio per la vita come mancanza a benessere .
Lo smarrimento identitario, il ruolo troppo srotolato si disfa, e rende difficile ricomporre un nuovo ordine,
cio ordinare i frammenti identitari in uno stile di vita personale stabile. In altre parole la difficile formazione, o
erosione delle personalit (Sennett, 2000), che mina le basi per la sua riproducibilit.
45
Il rischio rottura dovuto a strain breveperiodisti di obbligo performante di Long Life Learning, all'infinito
self-enhancement, al dover stare al passo. I soggetti vengono energizzati, benesserizzati, empowerizzati
46
(forzatamente lievitati, per usare una metafora culinaria) oltre i limiti naturali e possono strapparsi .
Usando il modello di Antonowsky (1978) - che vede forze stressanti che impoveriscono e forze di coping che
resistono- il coping, sociale e individuale, pu non reggere e l'eustress viene sopraffatto dal distress.
Fronteggiare risorsa consumabile: troppi stimoli generano sovrabbondanza a essere. Cresce il benessere
per pochi resilienti, che ispessiscono le loro vite, suscitano e saturano desideri, ma in spirali oscillatorie che
esondano dalle capacit bio-psicosociali
47
Questo disagio della precariet - unsafety pi che unsecurity - declina il lavoro (per fasce crescenti pi
escluse o isolate), come malessere psico-sociale: disoccupazione/malaoccupazione, fallimenti personali o di
48
impresa, incompetenza e burnout generano malattia e esclusione sociale (e viceversa) .
Il benessere , al contrario, saper girare intorno al raggiungimento possibile del desiderio, senza fretta, fra
41 Cio gramscianamente rovesciare (allora il nascente fordismo, oggi il postfordismo)
42 Cambiare (i formatori degli adulti lo sanno bene) uccidere il vecchio
43 Lo schizofrenico perde appunto la vita quotidiana: il senso cmune diventa non comune.
44 In Lacan la mancanza a essere odio per il simbolico che non rende liberi, odio per la vita, per il debito, munus con la comunit,
la negazione della dipendenza dall'altro come ordine e limite (Recalcati, 2010).
45 Dal superuomo all'uomo sovraeuforico?
46 La fatica di essere se stessi (Ehrenberg 1999)
47 Cio non si sa se il prossimo lavoro sar meglio o peggio, non si sa quale sar, non si sa quanto ci vorr a cercarlo,
48 Oggi una parola chiave dei nostri pazienti lavoro. I pazienti parlano in modo angosciato del fatto che non c' pi lavoro [..] lavoro
diventa la parola chiave per rifondare la parola desiderio. Si capisce allora che c' stato uno spostamento radicale rispetto agli anni
Settanta dove il desiderio era un'alternativa al lavoro, mentre oggi il lavoro la possibilit di dare un senso al desiderio in Recalcati
(2013).

passato e futuro. E' stupore, senso di imminenza estetico per la trasformazione di capabilities in functioning
49
che si sta per compiere. E' conflitto accettato , desiderio di investire e paura di farlo, all'interno di un
sentimento di futurit e padronanza del s e del contesto, cio sentimento del potere, di mastery, di agency.
Per Spaltro anche belle relazioni (gruppare, organizzare) e bellessere, cio plus-essere, desiderio che
si colora, Sabato del Villaggio, sorpresa nel sentire di passare dall'impasse allo spiraglio, di scollinare sui
crinali soggetto-oggetto, separazione-unione, incertezza-sicurezza, assenza-presenza, amore-odio, vitamorte. Benessere come salute, welfare, come capacit di essere organizzati- nel senso dell'antica Roma- e
di occuparsi della debolezza con la cultura della forza. Riflessioni, come si vede, centrate sulle tematiche
prima accennate. Per Spaltro l'attraversamento delle interfacce psicosociali cross-fertilization di energia:
nel benessere l'energia fluisce, si moltiplica, mentre nel malessere defluisce, rifluisce e si scarsifica. Il
benessere, nella af-fluent society ri-fluente, in-fluente, con-fluente e de-fluente, si autoalimenta ed
potenzialmente illimitato. Ma pi le interfacce sono abitate e fluidificate - oggi si cambia spesso gruppo,
organizzazione e territorio - pi sono facilmente traversabili, ci si abitua e si innesca quindi una corsa al
rialzo?
Il malessere del benessere, il benesserismo (Cerrina Feroni 2014) il turbobenessere che,
biopoliticamente, vira troppo verso la sfera produttiva. Una lettura neoapocalittica che evidenzia il malessere
di una spirale perversa di scarsificazione del benessere che, spinto all'eccesso, scolora nel suo opposto.
Passato l'incanto del trentennio postmoderno (del benessere come well-being?), siamo ora nell'era del
50
disincanto? L'attenzione oggi sulla qualit della vita-lavoro, sul benessere socio-lavorativo, ma tali
elementi sono incorporati in prodotti e servizi (il wellness ad esempio un prodotto), di cui siamo a nostra
volta i turboprosumer che alimentano il ciclo. Beni che finiranno, anche se pubblici come i beni relazionali,
mercificati. Da cui un baumaniano retrogusto amaro di vita a caccia di benessere che non tutta vita
51
buona, perch si consuma . Dal diritto a perseguire la felicit alla spinta gentile verso l'ultrabenessere.
La velocit eccessiva del ciclo desiderare-essere-avere (di per s positivo, ovviamente) finisce per invertire
normalit e eccezionalit, alzando l'asticella verso una efficienza forzata. Il rapido godimento del benessere
ne fa desiderare sempre di pi, ma l'andamento, necessariamente sismografico (come quello dei mercati
52
finanziari), produce forti sbalzi di malessere . Un limite di velocit: oggi si occulta il benessere per paura
dell'iperbenessere? Se interi territori competono sugli indicatori di benessere e qualit della vita, i soggetti
sono forse pi assoggettati (sub-jectum) che autonomi (pro-jectum).
La frustrazione di una avventura agonistica senza fine produce, alla lunga, effetti patologici (Recalcati,
2010), che si notano, sotto traccia, negli interventi di formazione e orientamento:

Vite spolpate, smarrimento, ritiro nelle passioni pallide, paralisi da in-capacit magico-fatalista
Vivere alla giornata aspettando il biglietto vincente alla lotteria della vita
Mostrare emozioni finte e nascondere quelle vere (rabbia e aggressivit)
Risentimento e ipercriticit invidiosa per le qualit meno raggiungibili, come quelle cognitive, e
rancore per l'altro flessibile che sostituisce il prosumer difettoso (lo straniero) o l'altro
iperbenesserizzante (l'intrusione burocratica nelle vite, il sindacato, ma anche in parte il Terzo
Settore di vecchia generazione)
Il riaffiorare di paure primarie (far brutta figura, non farcela, essere traditi, abbandonati, maltrattati e
malconsiderati) e di S passati da riattualizzare (Caligor, Kernberg e Clarkin, 2012)
Anaffettivit: vita vuota se esci dal Reality, come in Reality di Matteo Garrone.

La cum-fusione fra ruoli pubblici (paterni) e privati (materni) determina un sovraadattamento longlife
all'altro e al s precoce: lo smarrimento identitario rende difficile fissare i frammenti identitari dei s multipli
derivati dalla miriade di esperienze. Essere, vedere e sentire in luoghi diversi, fare tante cose insieme:
intra-viduo (Conley, 2008) e multividuo, con adolescentizzazione forzata e consumo di self-efficacy. Da
cui seguono (La Barbera, Guarnieri e Ferrario, 2009) :

Frammentazione del senso di s e dell'altro


53
Rimozione, burnout, perdita della gioia di vivere, distacco e fuga dal reale che non corrisponde alle
aspettative

49 Conflitto che lavora per noi (Metcalf 1942), capacit negative (Lanzara, 1993), o ancora prima con Keats e F. Scott Fitzgerald,
con uno sguardo binoculare (e-e pi o-o), con gli occhiali dell'uno e del molteplice. Conflitto che invece terrorizza l'infante, che
infatti attiva le difese primitive kleiniane schizoparanoidi e depressive.
50 Prima era la voglia di sfuggire all'ordine, il disincanto dell'ordine. Oggi l'inverso, voglia di sfuggire al disordine, disincanto del
disordine?
51 Sentimento che colpisce anche gli operatori dei servizi di formazione, orientamento e consulenza. Chi deve motivare spesso a sua
volta precario.
52 Lo stesso paradosso di Easterlin (1974), cio la curva del benessere che tende a decrescere con l'aumentare del reddito, segnala
una contraddizione: potremmo parlare di limiti del benessere, parafrasando i limiti dello sviluppo di marca ecologica. Una versione
umana della tragedia dei commons (Hardin, 1968), una estensione delle colonizzazioni moderne (il Nuovo Mondo o il taylorismo)
alla recintazione del comportamento (alla Goffman, cio recitante).
53 L'hikikomori giapponese: giovani che si ritirano per anni in solitudine estrema.

54

Ipernarcisismo euforico, avido e juissance dissipativa, onnipotente e mortifera


Malessere organizzativo: distorsione, proiezione e rimozione del conflitto vita-lavoro (Fraccaroli,
2011)
Gravi disturbi alimentari e uso di sostanze per attenuare l'ansia o essere artificialmente euforici e al
top
Esasperata coscienza di s e dell'altro, ipertrofia cognitiva e disfunzione del senso comune di tipo
55
schizoide o melanconico

La domanda a questo punto : come rendere l'ipervita del Long Life Learning compatibile col bios ? Quale
welfare? Quale ruolo per le community locali ?
NUOVE VULNERABILITA': I SOPRANNUMERARI
POTENZIAMENTO/AIUTO DA 0 a 80 ANNI.

DI

SISTEMA

LE

PRATICHE

DI

I nuovi profili di rischio sociali riguardano sfere un tempo considerate private e segmenti sociali.
56
tradizionalmente garantiti. Numerosi studiosi segnalano una tragedia tranquilla di disaffiliazione e
sfilacciamento sociale che colpisce pi i ceti mediamente benestanti che le tradizionali fasce di malessere e
povert, pi abituate alla lotta per la sopravvivenza. Un precario deve aggiornarsi, ma anche cercare lavoro,
produrre e rendicontare: non c' tempo mentale per giocare, leggere, camminare, partecipare alla vita
pubblica. Nei nuovi Sisifo che non reggono l'imperativo di McClelland della achieving society, emerge allora
un sentimento di rischio di irrilevanza/sostituibilit, non ci si sente riconosciuti, amati (l'autorealizzazione
attenzione da parte dell'altro). Ci si sente cattivi investimenti in capitale sociale e uman, che non
57
restituiscono valore: aziende in crisi, aree a sviluppo ritardato, aree interne , gli helplessness. Risorse
58
umane scarsificate nelle capacit di riconoscere e fronteggiare problemi e opportunit, con rapida
elaborazione riflessiva di azioni e nuovi desideri, perch queste capacit non sono state ricostituite dopo il
consumo. Gli intrappolati nella rete (come contesto sociale), che non hanno pi voglia di combattere, i
reduci. I molti over45 in difficolt a ricollocarsi sul lavoro, ma anche, in forme diverse, vaste fasce giovanili.
Il soggetto perde spessore (Bologna, 2011), paralizzato dalla sensazione di scalare una montagna troppo
alta: subentra una personalit artificiale come se di Helen Deutsch (un misto di aggressivit e passivit, di
amabilit e cinismo), nella volont di desiderare di appropriarsi e mobilitare le risorse, perch il gioco un
campo minato che alimenta il divario aspirazioni-opportunit reali. Mazzoli (2012) parla di sfibrante
soggettivazione della povert: essere presi in carico dai servizi vergognoso e umiliant, perch implica un
senso di inadeguatezza. Chi resta indietro dunque anche fuori dalla formazione, solo, non raggiunto,
non partecipa alla vita civile.
Poveri da disallineamento col turbosviluppo, con idee di sviluppo distorte e frustrate dal veloce adattamento
alle competenze necessarie: molti rimangono indietro, non sono pi adatti alla turbocompetizione,
diventano soprannumerari. Si tratta, inizialmente, di un disagio, di una paura, di un sentimento di
vulnerabilit, di non saper fronteggiare lo spiazzamento, che poi sfocia gradatamente nella povert e
nell'esclusione vera e propria. Una non autosufficienza nelle vite-lavoro. Fasce sociali con buona
scolarit ma basse competenze riflessive, e bassa riconvertibilit di competenze. Soggetti isolati socialmente
(anche imprese e territori, magari coesi all'interno) o che per tradizione familiare o locale sono rimasti a un
modello moderno, cio a un impiego ben distinto dal non lavoro o dalla vita personale. Soggetti e
organizzazioni con velocit minore di cambiamento, non distribuiti ugualmente sul territorio, dispersi e difficili
da intercettare, perch non hanno elaborato i lutti per la scomparsa del mondo in cui abitavano, cio non
mostrano una domanda, non si rivolgono ai servizi. In esodo silente dalla cittadinanza, con i tratti talvolta
del risentimento, e coi quali difficile condividere i servizi da offrire. Si tratta di trovarli, coinvolgerli, ragionare
con tempi lunghi caso per caso, territorio per territorio, e intervenire, in modo coordinato e partecipato, senza
sbagliare, proprio nel punto pi delicato del sistema sociale.
L'errore fondamentale considerare questa utenza solo come individui: sono gruppi sociali, micro imprese,
piccole organizzazioni, anche nel Terzo Settore, sono interi territori locali: i livelli di funzionamento sociale e
di empowerment individuale, organizzativo e sociale sono intrecciati, e l'intervento di aiuto qui davvero
richiede un analogo intreccio di competenze.
I RECALCITRANTI A ESSERE MEZZI DI AZIONE: INVULNERABILI O PARASSITI ?
Analizziamo anche, per completezza, le minoranze contrarie al benesserismo. Che, abbiamo gi visto con

54 Il Sal di Pasolini.
55 Qui rovesciato, amore-odio per la routine, palude dell'essere-lo-stesso, figura molto presente nei Centri per l'Impiego.
56
Ranci (2002), Borghi (2002), Castel (2001), La Rosa (2005), La Rosa (2003), Zamparini (2011), Goodin (1985)
57 3/5 del territorio italiano
58 Da ressortir, in francese riuscire a cavarsela.

59

l'economia del dono, si possono trasformare in forze positive . Soggetti con stili di vita obsoleti: vite
compassate, disinteressate, dolenti o nolenti, ben oltre la normale resistenza dell'adulto al cambiamento e
all'apprendimento. Chi mostra rigidit, cocooning / social loafing (apatia) al disordine ipermoderno, chi si
chiude ai flussi e rifiuta una vita da prosumer e di invecchiare attivamente. Chi mostra prudenza di fronte
all'innovazione letta come ex-novazione, atteggiamenti di stagnazione psicosociale (non-essere-gettatidel-tutto) o chiusure identitarie a s stabili, familiar-comunitari, rassicuranti. Certamente qualit che danno
sicurezza, ma minano l'autonomia e sterilizzano le capacit. L'esercito di riserva al contrario: i non
60
competitivi che si limitano alla performance minima vitale o praticano il soldiering . L'aurea mediocritas delle
organizzazioni (in-competenza, dis-organizzazione, disturbi di apprendimento organizzativo, in61
azione, organizzazioni inospitali ).
Anche soluzioni di exit, come non espropriabilit del proprio, resilienza come resistenza alla rottura, o
forme devianti di riproposizione di schemi non produttivi (Centri Sociali), fino all'aperta rivolta regressiva allo
stadio primitivo o al sabotaggio, certamente qui autolesivo.
O all'opposto - tratti conservatori/premoderni nostalgici (umilt, rispetto, onore, la ricerca di guru, le sette)
o populisti. Ma dissenso e critica aperta al turbobiopotere hanno poco spazio e molte forze antagonistiche62
libertarie vengono presto riassorbite . Raffinando l'analisi potremmo chiederci: se la vita biopolitica, cosa
residua? Qual' la frontiera di resistenza? Quale vita minima, vita buona? Chi oggi l'Uomo senza
qualit? Quali sono le incomprimibili competenze proprie? Quali relazioni sociali minime? Il familismo
63
davvero amorale? L'ora di vita inoperosa, la noia, l'ozio , l'ignavia (Oblomov). Chi consuma prodotti
.
antiquati: l'ecologista autarchico, il raccoglitore. L'entropia, per l'appunto biologica.
Certo, tratti oggi socialmente negativi. Ma anche - entrando nella pars costruens - il pudore, la modestia, il
dubbio, la pietas, l'etica del lavoro, forme societarie gratuite, vere reti sociali e veri amici (non quelli di
Facebook), l'autentico mi piace. Il soggetto in-s e non solo per-s. Certamente l'in-dipendenza e l'individualismo democratico.
NUOVI DIRITTI/DOVERI E NUOVO WELFARE
Incontrare la vita da prosumer riconfigura il privato (la ricerca di lavoro, l'autoformazione e le relazioni nei
gruppi primari) in forma di nuovo argomento pubblico, e viceversa fa evolvere gli interessi pubblici in nuovi
diritti (al learning e all'orientamento long-life) anche per i soggetti collettivi. Si aggiungono sfere pubbliche,
altre si privatizzano: il welfare evolve perci in modo analogo verso forme di cambiamento solidale, che non
lascia indietro i vulnerabili, con dimensioni ibride, amicali.
Nuovi rischi, nuove vulnerabilit e nuovi servizi implicano anche nuovi diritti/doveri (Paci, 2007) e una
riperimetrazione o ridefinizione del welfare (che nella dizione anglosassone benessere). Certamente oggi
con un contributo maggiore della societ civile e del no profit, e una regolazione maggiore dei privati e del
Terzo Settore. Mentre per il welfare tradizionale fu conquistato dopo aspre rivendicazioni operaie, i nuovi
servizi sembrano rientrare piuttosto nelle politiche di sviluppo.
Il Long-LifeLearning (in una prospettiva di crescita personale, civica, sociale e occupazionale), il
LongWide Learning e l'Orientamento Long-Life, contraltare alla sempre pi rapida innovazione, poggiano
ovviamente sul solido terreno dei diritti all'istruzione, al lavoro, alla salute, e in generale della realizzazione
della persona umana, anche nelle formazioni sociali, e ne sono la naturale evoluzione. Ma quale sharing,
fra gli attori sociali locali, di questo nuovi doveri (inderogabili) di solidariet sociale?
E come reinterpretare sicurezza e salute (e benessere) in transito dai posti di lavoro alle vite intere?
Rileggere il personalismo (rispetto per la dignit della persona umana) e il concetto di integrit
psicofisica? Quale welfare e quali standard minimi di certificazione, di competenze, e di qualit dei servizi?
. E' per evidente la sottovalutazione del nesso causale, nei due sensi, fra salute/sicurezza sociale e
LongLife Learning/Occupazione. Ma. come detto, il welfare attualmente non prende in considerazione i
giacimenti di competenze inutilizzate. Welfare senza lavoro, welfare dei lavori: il primo passo il mutuo
soccorso, riconoscere cio che il problema collettivo.
64
Nuovo Welfare : cosa vuol dire welfare di cittadinanza marshalliano-beveridgiano oggi? Come mediare
59 Come nei film dei Fratelli Coen (Grande Lebowsky, e, ancor pi L'uomo che non c'era) o pensiamo al rovesciamento biopolitico
dell'autonomia radicale del '77 (radio libere, rifiuto del lavoro salariato, creativit, socializzazione).
60 Il frenaggio della produzione anticottimista studiato da Roy negli anni 50 (Bonazzi, 2002), il ca' canny, lo shirking, l'inosservanza
funzionale delle norme per evitare l'abbassamento dei tempi.
61 Non dobbiamo mai tralasciare il lato della domanda: le organizzazioni, in cui si notano opacit, fazioni, doppi giochi, finte,
accomodazione half-hearted, far finta di impegnarsi o in-efficacia disfunzionale. Organizzazioni formali, fredde, sospettose, grigie e
collusive. Il mero adempimento, la routine, la, propensione a sfilarsi, il lavativo. L'obliquo calcolo delle convenienze e la sterile
conservazione mirabilmente descritte in Celli (1993)
62 Andy Capp stato cooptato, diventato un prodotto.
63 Anders (1956) o Gaber in Libert obbligatoria, ma risalendo al romanticismo, alla critica al positivismo, alla Scuola di Francoforte,
non manca una lunga tradizione, ambivalente, di critica allo sviluppo, che qui riattualizziamo.
64 Si veda Ferrera (2013) su come coniugare libert (flourishing, choice e diritti) e uguaglianza (functionings e capabilities, comunit,
inclusione attiva ), competizione e cooperazione, individuo e societ, merito e bisogno, nelle varianti socialliberali (libert e choice) ,
liberal-egualitaria (uguaglianza e choice), liberalcomunitaria (uguaglianza e comunit) e conservatorprogressista (libert e comunit).
Una composizione, a un livello pi alto, che richiama quella gi descritta per il benessere alla Spaltro.

autoorganizzazione dei corpi sociali e indirizzamento degli attori e dei servizi sussidiarizzati verso l'interesse
pubblico? Come evitare forme nuove di residui tutorial assistenzialisti, che permangono, ad esempio nei
progetti comunitari? E chi l'advocacy dei soggetti deboli?
Il welfare mix, modello comunitario, basato su programmazione negoziata e bandi/gare certamente
sussidiariet controllata, ma anche in parte consociativo, e a monte della programmazione cosa c'? Se ci
sono intermediari non universalistico: i diritti di cittadinanza si differenziano sui territori. Ma un buon
modello perch privilegia l'innovazione sulla cittadinanza, ed pragmatico, cio cerca di superare la routine
dei servizi. Anche se utilizzato male, come sostituto dei servizi, e quindi routinizzato. I servizi sono
finanziati con fondi comunitari (ecco perch mancano i processi partecipativi), cio la valutazione ex ante,
in itinere e ex post, ma il cittadino giustamente assente: la neutralit importante, siamo in un regime di
gare, non di servizi. Al centro c' la concorrenza, non l'utente. Apparentemente peggio, ma in realt pi
universalistico e efficace. Forse non molto efficiente.
Dal welfare allievatore di bisogni e di vincere paure primarie (morte, solitudine, ignoranza, fame, arbitrio)
e sollecitatore di desideri di onniscienza, onnipotenza, immortalit e ubiquit, siamo passati a un modello di
workfare-learnfare pi allenatore, allevatore, di capabilities, che sollecita, indirizza e con-forma
65
conoscenze e competenze ai desideri di rischio, crescita, benessere e qualit della vita. Welfare non pi
come protezione contraltare ai rischi dovuti alla libert economica (pensiamo ai corsi di riconversione per i
disoccupati), ma come manutenzione, straodinaria, della capacit di produzione: la sicurezza si inverte di
significato e il welfare tende cos a diventare economico, e quindi privato. Il welfare fordista ordinava,
appiattiva e limitava, mentre la scarsificazione e la disuguaglianza oggi aiutano: occorre invece un life
66
coaching che mantenga in salute i riservisti. E' la versione biopolitica.
Il welfare societario, di community care, di imprenditoralit sociale, ha come protagonista il Terzo Settore e
le famiglie. Anche qui cittadinanza localizzata e differenziata, ma il servizio partecipato, sia pure con
formazioni sociali intermediarie e tavoli consultivi. Nella variante locale di welfare di community, in cui la
societ civile si affianca al pubblico, si attivano forme vere e proprie di fai-da-te, di cittadinanza virtuosa.
Tutti in fondo abbiamo, se non le skill tecniche, certo una sensibilit sociale. E' il nostro esempio, il processo
partecipato.
Il welfare generativo va un passo ancora pi in l: c' il dovere di contribuire, ricevi il basic income o il
sussidio se accetti un lavoro socialmente utile o precario. Abbiamo gi accennato, ad esempio nel passaggio
dal Lavoro ai lavori, ad alcune direttrici di cambiamento interessanti in questo senso.
Welfare residuale, se il privato invade gli spazi pubblici. E' il caso, rischioso, della Formazione e Lavoro.
Il tema in Italia presenta altri nodi specifici:

mancanza di una normativa nazionale


mercati del lavoro opachi e privatistici
troppo stato dove non serve, poco dove servirebbe
scarsa occupazione giovanile e societ bloccata (giovani in famiglia)
rigidit dei mercati del lavoro (una zona grigia del 5% soffre il mismatch con la domanda, poco
vivace)
manca la solidariet per il prosumer vicino, l'interesse a fatti pubblici come lavoro o learning, c'
scarsa trasparenza, poco mettere in piazza (qui in senso buono, partecipativo)
la fatica di trovare/cambiare lavoro non trova forme autorganizzate: la P.A. avrebbe un nuovo ruolo
chiave nell'aggregare operatori e utenti
rilevantissime differenze territoriali
rilevanti differenze di genere, ma qui si aprirebbe un capitolo a s stante sia sulle material girls in a
material world, che sulle over 50, e anche su come le donne affrontino coraggiosamente eventi della
vita commodificata.

FORMAZIONE E LAVORO: POLITICHE E SERVIZI


Se le ipotesi descritte in precedenza sono vere, ad esse non pu che corrispondere un analogo, ma direi
soprattutto rapido, processo di ampliamento/riorganizzazione dei servizi. E' come se emergesse una nuova
67
epidemia e il servizio di prevenzione socio-sanitaria dovesse rispondere con informazione, cure e servizi
adeguati. Nuovi servizi dunque di aiuto, formazione, orientamento e assistenza ai disoccupati/precari e alle
aziende in crisi: il loro restare ai margini del sistema vite al lavoro si autoalimenta in modo pericoloso.
Occorre allora rivedere senza paura policy, organizzazione e regole delle politiche del lavoro e della
formazione, favorendo una maggiore riflessione collettiva sull'azione (per esempio lavoro di gruppo e non
65 Vedi i pilastri delle politiche di coesione comunitarie; da Adattabilit, Imprenditorialit e Occupabilit (1997), si passa alla recente
inclusione di Sostenibilit e Qualit della vita locale. Comunque mantenere i territori in buona salute per la crescita produttiva?
66 Coach era la carrozza con supporti speciali alle ruote per viaggiare su strade dissestate.
67 In realt il disagio davvero diffuso: basta osservare il consumo di farmaci ansiolitici o i nuovi disturbi che ci segnala la clinica.

solo individuale), rimodulando le risorse attorno a servizi di elaborazione, simbolizzazione e possibilit68


azione di vite occupate e ben impiegate, impoterate, ben spese, in salute, rivitalizzate (se spente) .
Work in progress e capacit-azione soprattutto sul lato della domanda: competenze fondamentalmente
tecnico-organizzative in questo caso. Suscitare motivazione e pratiche di miglioramento continuo soprattutto
69
nelle imprese no profit e nei gruppi sociali , come contraltare alla messa al lavoro di emozioni, cognizioni
e relazioni individuali. Queste competenze, come detto, non sono solo professionali ma di capacit generale
di fronteggiamento problemi e opportunit, attivando le risorse a disposizione dei soggetti, trasformando
eventualmente le debolezze in forze. Saperi che si accumulano (e disperdono) socialmente nei territori e
nelle pratiche di vita e sociolavorative, e dipendono, sempre pi, da servizi avanzati locali di orientamento,
formazione e consulenza. In altre parole ci che prima era spontaneo, ad esempio l'accumulo di capacit
microimprenditoriali, di civicness o di capitale sociale, ora va sostenuto con policy e servizi di welfare di
nuova generazione (per le nuove generazioni appunto) e di nuovo raggio (socio-lavorativo). Perch questo
capitale sociale si consuma rapidamente e va reintegrato.
E' un campo in cui il settore pubblico pi di tanto non pu entrare, in quanto si regolano mercati privati, in
70
cui si deve essere liberi (fino a un certo punto) di scegliere . Avere servizi efficaci, o quanto meno adeguati,
-al limite privati- sembrerebbe il primo posto dell'agenda politica, e infatti in molti paesi questo avviene.
Efficaci nell'attrarre competenze (e non farsele scappare), quindi servizi in fondo analoghi a quelli di
qualsiasi organizzazione che deve attirare talenti e non farseli sfuggire. Anche la necessit, frequente, di
ridurre il costo del lavoro (evidentemente il territorio ha la necessit opposta), ma anche di riconvertire, a tale
scopo, le competenze. Valore pubblico che quindi riaffiora. L'analogia col Servizio del Personale di una
azienda per cade se pensiamo che una organizzazione in genere (salvo alcune cooperative) non ha lo
scopo di occupare risorse, scopo che invece proprio quello dell'Ente Locale, che deve occupare, bene,
tutti i propri abitanti, nessuno escluso. Non tanto perch cos avranno un reddito, ma perch cos
saranno cittadini, persone umane. Il Centro per l'Impiego e il Long-Life Leerning una speciale funzione
71
del Personale del territorio, che ha come scopo occupare tutti, e attirare persone. Proseguendo la
metafora, le domande da fare come Centro per l'Impiego a chi arriva da fuori sono: Perch cerchi lavoro
qui? Cosa ti attira ?. Il paesaggio (cio il territorio fisico come identit sociale, il bene paesaggistico di cui
assicurare fruizione pubblica di conservazione, riqualificazione e valorizzazione), la qualit della vita,
quell'impresa, quel lavoro, le relazioni sociali, i servizi, le persone ? E a chi se ne andato Perch ve ne siete
andati?
Si possono anche utilizzare gli utenti del Centro per l'Impiego o dei corsi di formazione per approfondite
interviste ai colleghi ed ex colleghi. Ottimo modo di procedere anche in un processo partecipativo che
potrebbe organizzarsi per effettuare e analizzare queste interviste, e rappresentare cos un ambiente
generativo di soluzioni, un habitat alla Giddens di accomunamento (messa a comune) di preziose
72
informazioni e esperienze .
La governance ideale di questi servizi fare in modo che competenze, funzioni, servizi, funzionari e privato
convenzionato, oltre alla societ civile di riferimento, quantomeno si parlino (ma soprattutto si ascoltino)
fra loro, si coordinino, si riconoscano, usino lo stesso linguaggio, condividano luoghi e saperi, pratiche e
problemi. Pensiamo quindi all'utilizzo di progetti sperimentali nei progetti comunitari (come fu utilizzato il
programma EQUAL per sperimentare le partnership geografiche e tematiche). Nei bandi e nelle gare
comunitarie arduo distinguere le singole materie, tanto sono intrecciati gli obiettivi di sviluppo locale
inclusivo, sostenibilit sociale e ambientale, sviluppo, Long-Life Learning e Capacity Building dei territori.
Tutto sostiene tutto in una spirale virtuosa. Alla fin fine l'organizzazione strumento, organon, quello che
conta il fine, l'effettivit, l'efficacia, l'outcome. Questo ci insegna l'Unione Europea, come messaggio laico
73
di fondo che non possiamo non condividere .
C' la possibilit (lo prevede il Decreto 276) di servizi al lavoro forniti o partecipati da Comuni, Universit,
68 In citt c vita: l'obiettivo una citt vivibile, connettendosi ovviamente con le aree interne confinanti. Facendo leva sui gruppi
secondari / terziari vis a vis, chiaramente di pi nelle metropoli, tematici o amicali.
69 Il confine servizio al cittadino - servizio alle imprese non molto netto: basti pensare alla selezione, alla formazione in ingresso al
lavoro o alla certificazione di competenze.
70 Solo nel secondo dopoguerra c' stato un intervento statale forte, evidentemente in un periodo particolare. E non possiamo
dimenticare l'intermediazione del lavoro pi o meno mafiosa (i sindacati americani) in cui un lavoro, peraltro giornaliero, veniva
scambiato per doppia obbedienza, cio il valore pubblico pu addirittura essere negativo, se si ignora il problema.
71 D'altronde se pensiamo che intere nazioni hanno rischiato il default, e che l'Italia non propriamente in sicurezza da questo punto di
vista, il parallelo stato-impresa non poi cos strano.
72 L'effettuazione e l'analisi delle interviste crea comprensione, ma modifica anche gli intervistati, e quindi l'esercizio perfetto.
73 Formazione/Lavoro, Istruzione, Welfare, Sviluppo economico, Sociale e Cultura si intrecciano in una logica per progetti e obiettivi,
tanto che potremmo parlare di un'unica macromateria e macrofunzione, semplicemente Sviluppo Territoriale Locale, il cui miglioramento
il macroobiettivo principale dell'Amministrazione locale. O ancor meglio Benessere, Welfare o Salute Locale perch sviluppo non
automaticamente benessere, mentre certamente benessere, salute e welfare comprendono uno sviluppo del potenziale, un sentimento
di potercela fare. I servizi al lavoro sono quindi una leva di sviluppo locale. Occorre integrare in particolare i servizi culturali, di sviluppo
economico e i progetti comunitari. Si pensi solo - per quanto riguarda la cultura - alla creazione di opportunit lavorative di
autoimpiego/microimpresa in campo educativo, formativo e culturale, al ruolo di biblioteche a associazioni culturali nello sviluppare
competenze, servizi e impiego. Gli eventi e le iniziative culturali, in senso lato, hanno, se ben gestiti, una ricaduta molto pi generale. In
un certo senso un pezzo di Long-LifeLearning.

Camere di Commercio: perch sono cos scarsi o poco efficaci? Partecipazione non solo finanziaria, ma di
risorse, di sedi e di competenze chiave.
Come abbiamo detto, i lavori sviluppano identit, stima e riconoscimento sociale, e quindi gratitudine,
legittimazione, reputazione, dignit di ruolo pubblico. Occorre riconoscere, nei soggetti vulnerabili, le loro
competenze, emanciparle e socializzarle, mentre il non riconoscimento (le politiche passive, il sussidio)
umiliante, non rispettoso, negazione di ruolo. Le persone chiedono in fondo cose semplici: rispetto,aiuto,
dignit e ascolto. Ecco quindi l'importanza della validazione delle competenze, identitarie e sociali,
sincronizzando quindi mondi socio-economici, mondi vitali e mondi istituzionali. In Italia, i servizi
spesso sono paternalistico-assistenziali, a bando o con sportelli burocratici, incapaci di attivare, motivare o
attrarre risorse, come dovrebbe fare una funzione pubblica risorse umane del territorio.
74
E poi, perch uno sportello ? Perch un sussidio o un bando, e per chi e cosa? Policy e servizi che si
trascinano con copia e incolla: occorre deviare maggiormente dall'abitudine (come fanno i prosumer!). La
P.A. fordista (manca la competizione): deve assumere la logica dell'innovazione, altrimenti la soluzione pi
semplice (e la peggiore) diventa privatizzare o avere una logica aziendale, perdendo di vista l'interesse
pubblico.
Nella achieving society la spendi-abilit implica nuovi diritti di trasparenza e partecipazione, di policy in
qualche modo cogestite e contrattate. I livelli di functioning sociale e di empowerment individuale,
gruppale/organizzativo e socio-territoriale si intrecciano e gli interventi richiedono un analogo intreccio di
75
competenze . Occorre ricostruire competenze pluriprofessionali attorno a servizi di aiuto integrati nei
flussi, spazitempi e modi di vita degli utenti, centrati su fiducia, riconoscimento e attenzione reciproca.
Occorre integrare gli attori locali nelle aree informativa, formativa, culturale e socioassistenziale, e con le
politiche di sviluppo economico locale. Spacchettare e rimpacchettare per processi (di vita). Coinvolgere
cittadini, corpi sociali e societ civile almeno in un dibattito pubblico, meglio se partecipato. Scuole,
Universit (attore chiave perch ha il know how, le risorse ed sul territorio) e imprese, ma anche formatori,
orientatori, assistenti sociali, psicologi, parti sociali, esperti di sviluppo locale, Comuni, Asl, Terzo Settore,
Camere di Commercio e Agenzie per l'innovazione, istituzioni e associazioni, affinch si confrontino, si
riconoscano, condividendo linguaggi, luoghi, pratiche e problemi.
Il lavori e le competenze sono i nuovi beni pubblici, e allora ben si potrebbero riconvertire risorse
pubbliche, umane e non umane, poco adeguate, come molte funzioni burocratico-amministrative per creare
snelle Agenzie per le Competenze, per la Cultura, per il Benessere. Sfuma il dilemma pubblico-privato e
quello profit-noprofit e la societ sviluppa soluzioni nuove. Riducendo il perimetro pubblico nei servizi
economici, che il privato gestisce meglio (se controllato), si apre lo spazio nei nuovi servizi, dove il privato,
76
anche sociale, non interviene .
FORMAZIONE E LAVORO: PRATICHE DI CURA, FORMAZIONE E AIUTO
La cura dei giardinieri ingloba i saperi degli utenti, delle famiglie, del privato sociale. Pi che conferire
direttamente capacitazioni, suggerisce gli strumenti per convertire asset, anche nascosti, in capabilities.
Dalla formazione distributiva, anche in questo caso, al prosumerismo: si coinvolge l'utenza, individuale o
collettiva, nell'automiglioramento, orientandone motivazione e autosviluppo di competenze di apprendere ad
77
apprendere e di autoaiuto . Ma anche chi forma formato, anche chi orienta orientato, e applica a s
stesso (e rivende!) le tecniche di potenziamento. Il discente o l'utente sono stimolati a esplorare e
partecipare coi professionisti della formazione. I quali, a un livello diverso, fanno in realt lo stesso. Ma il
retropensiero di fondo di entrambi i poli della relazione d'orientamento (cio di aiuto), o di insegnamento :
plasmare abitudini, assetti relazionali, scelte di vita sempre vantaggioso o pu essere, nella
turboeconomia, paradossalmente un danno esistenziale? Per usare un linguaggio sanitario, ci sono effetti
iatrogeni, cio non voluti? Nel mondo della formazione (Ferrari, 2006), della consulenza e dell'assistenza e
78
orientamento, si nota un disagio simile fra gli operatori . In entrambi i casi mancano spesso il mutuo
riconoscimento dell'altro irriducibile, accoglienza e compassione autentica, gesti oblativi non contaminati,
condivisione, vera attenzione e sorpresa dell'incontro, accedere al cuore del problema, nel senso emotivo,
perch i professionisti dei servizi sono a loro volta vulnerabili e a rischio burnout. Considerazioni non troppo
74 Il modello dell'aula e dello sportello sono rassicuranti, anche e soprattutto per l'operatore: si sa cosa succeder.
75 Si veda sulla salute Cerrina Feroni (2015).
76 Il servizio socio-sanitario era inizialmente affidato alla Chiesa, e ora di welfare mix. Il servizio al lavoro in sostanza rimasto privato
(e la Chiesa un attore non trascurabile), cio opaco, ma sconta una visione pubblica rimasta al collocamento obbligatorio. Un mix
la soluzione migliore: lasciato al mercato e all'improvvisazione/creativit/contatti personali funziona male, lascia per strada troppe
persone. E' altrettanto impensabile un intervento solo pubblico in un settore a cos elevata variabilit e invadenza delle vite.
77 Nelle Key competence UE (Raccomandazione Consiglio Europeo 18/12/06) manca la competenza organizzativa (data per scontata),
e sappiamo come questa sia correlata al benessere. Ci sono invece competenze chiave che in Italia non sono del tutto esaurite
(capacit sociali e civiche) o sono addirittura ben presenti (spirito di iniziativa e imprenditorialit). Altre (imparare a imparare e
consapevolezza/espressione culturale) rimandano a sistemi di istruzione e formazione da rivedere.
78 Long-Life Learning: si sono addirittura fatti passi indietro, cio la formazione si deflessibilizzata, depersonalizzata, rimodernizzata,
cio si torna ai corsifici. Orientamento, formazione e lavoro sono sistemi intrecciati: la paralisi di un pezzo del sistema (orientamento e
servizi per il lavoro) costringe i sistemi che si stavano rinnovando (la formazione) a ripiegare su formule difensive.

dissimili si potrebbero fare per il mondo della consulenza. Docenti, formatori e orientatori segnalano servizi
troppo standardizzati: evidente che vadano differenziati, perlomeno fra chi deve essere ri-ordinato e
reindirizzato (soprattutto giovani) e chi, al contrario, deve essere riattivato (soprattutto anziani). La forbice
chiara, son due servizi diamtralmente opposti.
Mancano database pubblici di imprese, e anche associazioni, che indichino recapito, settore e tipo di figure
professionali impiegabili, utili a chi cerca lavoro o una consulenza. Perch non sono gratuiti e forniti
liberamente dalle Camere di Commercio o dai Comuni? E perch, viceversa, non fornire database di
79
soggetti impiegabili alle imprese, prevedendo una tariffa di preselezione o di vera e propria selezione ?
In sostanza, alla fin fine, c' scarsa attenzione alla qualit del servizio, qualit peraltro imposta dalla
normativa per ogni servizio pubblico locale fin dagli anni 90. Semplici miglioramenti di qualit come creare
leve civiche di cittadini, esperti sui temi di lavoro o sviluppo, con bandi specifici. Ma anche un precario o un
disoccupato, anche non esperto, potrebbe operare nei servizi e, in questo caso con un piccolo
riconoscimento economico, arricchirebbe le sue competenze e fornire un servizio alla collettivit. O ancora: il
governo dei mercati del lavoro implica adeguare domanda e offerta, aree di crisi e fasce di debole
occupabilit, ma perch allora non prevedere un colloquio obbligatorio di orientamento per gli occupati,
pagato dalle aziende, che comunque ne ricavano un evidente vantaggio? Mancano i servizi di certificazione
80
delle competenze , e, amonte, un repertorio nazionale. E perch il Sistema Informativo per il Lavoro
nazionale inesistente, e spesso pure quelli regionali? Riteniamo che quest'ultimo elemento sia davvero di
incomprensibile criticit.
Ragioniamo per analogia: chi sta male e ha bisogno di aiuto psicologico o socio-sanitario sa (pi o meno)
dove andare, cosa lo aspetta, quanto paga e cosa potr ottenere in cambio. Viceversa chi si deve ricollocare
o una azienda in crisi (malessere spesso ancora pi profondo e bisogno di aiuto socio-psicologico di fatto
simile al caso precedente) se la deve cavare in sostanza da s. Chi isolato, con poche risorse informative,
poco mobile per motivi familiari e ha una et avanzata, perso. Appare singolare che in Italia, nonostante
una crisi internazionale comparabile con quella degli anni '30, e nonostante gli inequivocabili dettati
costituzionali e delle convenzioni internazionali, pochi riflettano in modo articolato e innovativo sulle riforme e
sulla evoluzione dei servizi per l'impiego. L'argomento rimosso: c' scarsa attenzione e cura anche da
parte di attori istituzionali e sociali chiave per la messa a punto e l'erogazione di questo primario servizio
pubblico, quali ad esempio Scuole, Universit, Comuni, Camere di Commercio, le decine di migliaia di
associazioni e il mondo del volontariato. Molte domande attendono una risposta. La privatizzazione dei
servizi per l'impiego: quale bilancio a dieci anni di distanza? Le Agenzie per il Lavoro servono? Il sistema
delle conferenze tripartite o la delega agli Enti Bilaterali di Categoria funziona? Quali raccordi fra i sistemi,
locali e nazionali, di educazione, formazione e lavoro? I servizi al lavoro, dimao meglio i sussidi, erogati
durante la gestione della crisi sono stati soddisfacenti? A fronte di un raddoppio della disoccupazione, non si
verificata una rivolta sociale, ma un risentimento populistico, in particolare proprio contro le Province, ente
chiave in molte regioni per questo servizio: c' un nesso fra la sfiducia nella politica e la scarsa attenzione al
tema del sostegno all'impiego?
Welfare debole, frastagliato, datato, a fronte di una domanda ineludibile e assolutamente nuova di
servizi. I servizi al lavoro orientano meno della met dei disoccupati e intermediano, a essere ottimisti, un
10% della popolazione target, comprendendo i servizi privati strutturati. L'inadeguatezza evidente di
copertura, e di risorse, non minimamente comparabile con paesi similari quali Francia e Germania, nei
quali peraltro la disoccupazione maggiormente coperta da sistemi di workfare. I Centri per l'Impiego
appaiono drammaticamente fermi, e le Agenzie per il lavoro sono in crisi. Ci si preoccupa dello status di
disoccupato, legato a sussidi, e del rifiuto di accettare offerte di lavoro distanti, quando il punto oggi fare
incontrare domanda e offerta, il che nell'era di Uber non dovrebbe essere tecnicamente impossibile.
81
Occorre prevedere e favorire emigrazione/immigrazione fra stati e fra regioni . I laureati non vengono
assorbiti, disincentivando la formazione, con aumento massiccio dell'emigrazione, anche all'estero, segno di
declino economico e sociale. C' un divario crescente fra aree metropolitane o comunque urbane e le aree
interne periferiche. I numeri dellutenza sono significativi (al netto delle nuove vulnerabilit invisibili) e
l'intervento dovrebbe essere immediato, si tratta di un pronto soccorso. Al momento, la stragrande
maggoranza f da s, si rivolge al bar, al clan familiare/amicale, alla parrocchia, punta sulla ricerca casuale
personale, l'invio massivo di CV, si affida al passaparola e ai social network. Strumenti evidentemente
79 Mancano indicazioni nazionali su come, eventualmente, rendere il servizio in parte a pagamento per le imprese. Tecnicamente il
Decreto Biagi lo prevede: i Centri per l'Impiego potrebbero offrire ulteriori servizi a titolo oneroso alle imprese. Previsione davvero
interessante, che ricorda l'extra moenia sanitaria, ma rimasta totalmente inattuata.
80 Prendiano i lavoratori autonomi/precari (le due aree in realt spesso si sovrappongono). A questi soggetti, serve un servizio di
riflessione sulle proprie esperienze per rimodulare meglio, in chiave di occupabilit, le proprie competenze. A tal fine ben si potrebbe
prevedere un colloquio obbligatorio di validazione delle competenze, di certificazione del curriculum, e una lista di imprese a cui ci si
pu rivolgere. Di questo il precario/autonomo ha pi bisogno. Questo lavoratore peraltro non iscritto al Centro per l'Impiego ed fra i
meno facilmente individuabili, se non proponendo azioni che servano, servizi appunto.
81Detto cosi', pare provocatorio: ovviamente teniamo conto dell'esigenza dei territori e dei soggetti di non essere (ulteriormente)
sradicati e impoveriti. E questo forse alla base della rimozione del tema sopra accennata e dell'atteggiamento in generale difensivo.
D'altronde alla fine le persone,e le famiglie, coraggiosamente si spostano, si buttano in nuove avventure, quasi per disperazione, e
allora perch non fornire servizi di aiuto?

efficaci, ma inadeguati, inefficienti e iniqui in una societ che pone il Life-Long Learning come diritto
universale: come se il bisogno di cure mediche fosse soddisfatto - come peraltro avviene nelle comunit di
immigrati cinesi - da un amico o parente medico, o cercando informazioni sul web.
Il tema del lavoro intacca la carne e la vita di comunit, imprese e famiglie, riguarda il singolo impiego, ma
anche la tenuta sociale, la coesione dei gruppi sociali e dei territori, welfare locale. Da questo punto di
vista la difficolt di intermediare domanda e offerta di lavoro con servizi pubblici avanzati una spia rossa
del cruscotto, che ci segnala un grave disfunzionamento politico.
L'ORIENTAMENTO LONGLIFE
Tema, e servizio, parecchio sottovalutato. L'orientamento viene confuso con uno sbrigativo (e unico)
colloquio individuale di sportello (che invece dovrebbe dare informazioni), mentre un processo chiave,
rivolto a tutti, di materializzazione delle azioni. E pensabilit, desideri nuovi, mobilitazione delle risorse,
indirizzamento e chiusura del learning in chiave di azionabilit. L'orientamento favorisce l'autonoma
definizione di progetti e obiettivi, progetti e obiettivi che sostengono capacit di functioning e benessere.
Questo in linea con le teorie sull'empowerment, la capacit-azione e le capabilities, cio capacit di attivare
(i vulnerabili), combinare (assemblare o condividere) e agire (azioni comuni) risorse di community o
personali. Da questo punto di vista centrale la garanzia di accesso a risorse comuni, fra le quali
certamente servizi di orientamento permanente, e, tramite canali indiretti, risorse generatrici di capacit
riflessive di autoorientamento. Attivazione (e mobilitazione) difficile per chi, per motivi individuali, geografici o
socio-culturali, svantaggiato perch ha minore accesso ai canali e alle risorse pubbliche, e ha meno risorse
personali.
L'orientamento servizio trasversale, in grado di migliorare l'efficacia dei sistemi di istruzione, formazione e
lavoro, e in generale le vite, ed servizio preventivo, da integrare nei sistemi locali di welfare e in quello di
sostegno allo sviluppo economico. Per analogia coi sistemi sociosanitari, il servizio di prevenzione, e
quindi di ottimizzazione e migliore programmazione dei servizi, in genere successivi, di aiuto e cura, ma
anche quelli, sottostanti, di natura sociosanitaria e socioeconomica.
Orientamento basato anche su interventi, ben condotti metodologicamente, a piccoli gruppi. Un intervento
psicochirurgico di una tale delicatezza che non pu che essere gestito da operatori esperti, anche di
sviluppo locale. Se collettivo (riconversioni produttive) in sostanza una sorta di ricerca-azione. Ne
consegue che occorrano team interprofessionali che comprendano formatori, assistenti sociali, psicologi,
esperti di sviluppo locale e orientatori, e non meri servizi burocratico-amministrativi o sportelli informativoconsulenziali. E l'intervento di sostegno economico segue, e non precede l'intervento sociale. Non bastano
quindi gli attuali servizi di orientamento e assistenza alla creazione d'impresa o all'autoimpiego, n molti dei
progetti classici, che spesso rimangono alla semplice (ma un tempo giustificata) logica
dell'autoimprenditorialit degli anni '90. Ma non nemmeno pensabile ogni volta - per evidenti ragioni
economiche - azionare progetti ad hoc per situazioni che in fondo sono nella sostanza simili, come approccio
di intervento. Ma soprattutto un servizio personalizzato, e a maggior ragione un progetto ad hoc di
riconversione, di rimotivazione, un intervento con volumi colossali, che richiede un supporto di attrezzature
e il coinvolgimento (e il coordinamento) di enti locali, parti sociali, scuole, volontari, associazioni, societ
civile, enti correlati. E una straordinaria sussidiariet orizzontale e mobilitazione locale per stare in piedi,
sia economicamente che tecnicamente. E anche solidariet. Come avviene (con sempre maggior fatica,
per) nel settore socio-sanitario. E come avviene in altri paesi.
Mancano una consapevolezza e una strumentazione professionale diffusa e adeguata alla sfida dei nuovi
Servizi all'Impiego, e manca la mobilitazione dei corpi sociali intermedi locali. I servizi al lavoro sono
stati aggiornati negli anni 90 (non molto tempo fa per i tempi della politica), ma ormai non sono pi calibrati
sul mercato del lavoro e sulla societ attuale e stentano nell'interpretare il nuovo tipo di lavoro e di imprese, i
nuovi bacini di impiego, le nuove competenze, la nuova offerta. Domande (ma soprattutto desideri,
individuali e collettivi, e ambiguit di fondo), da riconoscere e condividere, sono gli assi su cui fondare un
intervento professionale, ma la loro fluidit e fluttuabilit strutturale, rende impossibile un tradizionale
percorso di analisi e progettazione. Oltre alla differenziazione fra aree industriali dismesse, aree agricole,
aree di emigrazione/immigrazione, aree turistiche, metropolitane, interne ecc, la differenziazione e
individualizzazione degli interventi evidentemente strutturale. Per chi programma un puzzle inestricabile,
per l'operatore la necessit ormai di riflettere collettivamente.
Al legislatore e ai policy makers non pare chiaro quello che a noi pare il punto chiave: formazione,
orientamento e consulenza, nei servizi, sono attivit non solo integrate e necessariamente molto
professionali e complesse (che richiedono quindi robuste competenze psico-sociali), ma anche pratiche che
non si esauriscono (come prima) in attivit tradizionali, ma che proseguono nelle vite degli utenti e degli
operatori, in forma di automiglioramento. Sono servizi davvero life-wide, molto innovativi e molto
costosi, come del resto costosi e innovativi sono macchinari e competenze in sanit, o negli interventi
sociali di empowerment di comunit. Ma per realizzare quel minimo di economia di scala che la compatibilit
finanziaria oggi richiede occorre programmare servizi ripetibili e integrati. E' lo stesso tema che si pone in
sanit o nel sociale, solo che le cifre dei budget a disposizione hanno ordini di grandezza diversi. Occorre

definire perci con molta chiarezza le competenze degli operatori nei servizi per l'impiego, e il ruolo di
supporto degli attori sociali locali e suscitare motivazione e autoapprendimento conferendo un ruolo
strategico a questi servizi. Per analogia: oggi serve una laurea per fare l'insegnante, il medico, l'infermiere e
l'assistente sociale: ruoli riconosciuti socialmente, e la societ si mobilita in sussidiariet. Ma chiunque al
momento pu fare il progettista, il formatore, il consulente, il tutor o l'orientatore nei servizi per l'impiego,
salvo specifiche ad hoc, e il professionista stesso ha difficolt a spiegare il suo mestiere al cittadino. Questo
ci pare chiaramente inadeguato alle sfide attuali, non motivante, riduce il servizio a uno dei tanti servizi
pubblici, non ne coglie la strategicit e la criticit.
Occorrono anche nuovi luoghi per i servizi, sempre aperti, conviviali, con un bar e un calendario di eventi
quotidiani formativi, culturali e ricreativi, gratuiti. E orientamento ibridato in questi eventi, nei flussi di vita,
centrato su apertura, libert. Urban center, biblioteche, cooperative, banche dei lavori e dei saperi. Gestiti da
associazioni, ma aperti alle collaborazioni per iniziative e seminari/attivit formative e culturali. Dove si passa
per incontrare gli amici: postmoderne Case del Popolo, attente al tema della formazione e lavoro. Al confine
fra noprofit, pubblico, welfare mix e progetti finanziati, con formule di socializzazione, pooling e sharing.
Dove ridefinire parole come sicurezza sociale, disugualianze, la citt, le amicizie, i colleghi di vita, l'equit,
la performance. Luoghi belli, accoglienti di esclusi e dei risentiti., trasparenti, veloci, flessibili. Con occasioni
sociali d'incontro (convegni, cene, feste, musica). Con strumenti di monitoraggio, verifica e controllo sulle
azioni e sui servizi attuati e raccolta di idee da parte dei cittadini e tutoraggio su base volontaria. Centri
diversi anche nel nome, attenti alle idee, ai progetti, al lavoro autonomo, al web. Utilizzare case private, sedi
RAI, imprese, associazioni, teatri, musei, librerie, universit, biblioteche. Il cinema ad esempio
orientamento. Il Comune o i pubblici esercizi possono fornire spazi, locali. Serve solo l'informazione su dove
e quando andare, e meglio se si tratta di un evento e non di un ufficio: siamo nella societ dello spettacolo,
l'ufficio raramente spettacolare!.
Pensiamo a Circoli di studio o del lavoro, Learners Week, community learning, scuole aperte la sera per
iniziative autogestite in cui generare maggiore senso di controllo sul tempo di ricerca lavoro e socializzarlo.
Rafforzare in positivo, e condividere, la consapevolezza del cambiamento necessario (con attenzione a chi
mostra resistenza a questo processo). Maggiore sinergia con i privati in area cultura, sviluppo economico,
sociale e istruzione, con utilizzo di tecnologie come le comunit di pratiche, tecniche video, baratto di servizi.
O meglio, tutto questo c', ma non lo chiamiamo orientamento long-life. L'utenza amplissima, ma isolata,
poco raggiungibile con strumenti tradizionali, poco motivata ad andare in un Centro per l'Impiego
tradizionale.
Ma davvero infinite sarebbero le azioni orientative che un servizio pubblico rinnovato potrebbe innestare
(non necessariamente gestire) nei sistemi sociali, e vitali, in grado di sostenere le transizioni lavorative e
sviluppare capacit progettuali di lavoro e vita. Nuove Societ di Mutuo Soccorso dove riprodurre
prosumer consumati, circuiti riproduttivi di co-abitazione, dove co-vivere e co-produrre, luoghi cio di
riproduzione sociale. Dove ricreare solidariet al disoccupato, al relearner, dove riscoprire l'homo civicus.
Autostrade possibili di iniziative per comprendere le forze in campo, aumentare la consavolezza socioterritoriale delle proprie azioni e del proprio lavoro, dare un senso sociale e interprenditoriale alla formazione,
e anche al contempo ricostituire giacimenti prosociali inariditi o sfruttati (fiducia nell'altro generalizzato,
amicalit e lealt). Solidariet interesse vero, fraternit col diverso, interazione e non omologazione,
coabitazione e non empatia. Dove rielaborare, collettivamente o interindividualmente, le sconfitte, senza
confondere pubblico e privato, o meglio confondendoli ma poi ricostruendoli. Il problema piuttosto
raggiungere fasce di popolazione che non hanno servizi, non hanno clan, non hanno web, sono in sostanza
sole. C' il problema rilevante dell'utenza non pi giovane ma che ovviamente ha un diritto uguale agli altri.
I PROCESSI PARTECIPATIVI
La premessa stata lunga, ma ci siamo avvicinati al punto, e comunque rimaniamo nello stesso contesto:
siamo sempre nell'interfaccia interorganizzativa e di community e abbiamo gli stessi attori sociali, utenti e
operatori, perlopi locali, ma non solo. Cambia lo strumento (non un servizio routinario n un progetto o un
bando tradizionale, ma strumento eccezionale), forma evoluta di negoziazione interorganizzativa e
soprattutto chiamata in sussidiariet del singolo cittadino. Evoluto (anche se c' da sempre), perch
partecipato dai cittadini. Finalizzato alla messa a fuoco delle politiche relative ai servizi o ai lavori pubblici:
l'obiettivo quello prima delineato, cambia solo la strumentazione. All'estero, soprattutto in Nord Europa e
mondo anglosassone, la partecipazione la norma, tanto che ormai non ha pi un nome, ovvia, la
tradizione partecipativa secolare, paradigma blasonato. Forse in calo di interesse per troppo uso,
consumata con luso. Da noi, dopo il boom degli anni scorsi, siamo in una una fase di consolidamento delle
innumerevoli esperienze di processi partecipativi sui temi pi diversi, animati da funzionari o esperti, in una
logica di amministrazione catalitica, che hanno coinvolto con tempi ristretti ma condensati rappresentanti
dellutenza, esperti, ricercatori e organizzazioni nell'elaborazione di policy e valutazione di servizi.
I processi partecipativi coinvolgono semplici cittadini (che arrivano senza essere invitati esplicitamente) e
li rispettano, ascoltano, accolgono, li fanno crescere. Ricostruendo al contempo una legittimit
dell'istituzione, che cos supplisce alla crisi dei partiti. Cittadino co-istruttore, che affianca

l'amministrazione nel co-costruire soluzioni, co-amministratore volontario, diremmo prosumer politico. Una
manutenzione civica immateriale. Certo, il cittadino ha interessi privati, ma talmente deboli (se solo
personali), da essere in fondo neutrale e rappresentare l'interesse medio generale. Questi miniaudit civici
creano una elevata coesione oltre i gruppi primari e garantiscono, pi di quanto si possa pensare, anche i
soggetti deboli e le opposizioni.
Spazi di parola e di pensiero, molto attenti alla parola dell'altro: quindi sviluppano la critica, delle altrui e
proprie idee. Il clima di vero ascolto, con tecniche ad hoc. Sono palestre civiche in cui si passa dalla
sudditanza alla cittadinanza. Si impara a argomentare e convincere, finalmente non per vendere, ma per il
bene comune, un livello ben pi alto di dibattito, di disputa democratica, e con un sano dissenso e votazioni
e delibere proprio come in un parlamento. Il cittadino si f P.A. e impara a bilanciare interessi, a ponderare.
Nei processi partecipativi le organizzazioni coinvolte assumono necessariamente una logica pubblica, non
partecipano come privato (tavoli) ma come pubblico (chiunque pu andare, parlare o solo ascoltare). Tranne
i casi di sorteggio ovviamente. Nei progetti e nei servizi invece - bene sottolinearlo - non c' il cittadino, n
l'opinione pubblica: un processo partecipativo ben pi aperto, pre-progettuale, pre-programmatorio.
82
La lotta per potere qui ha poco senso : non c' un bando da vincere, a meno di manovre sempre possibili. Il
significato generalmente pi giocoso, gioioso. Il piacere produrre beni e risultati pubblici, la convivenza
col diverso, un senso anche di comune fragilit nel trattare temi complessi, l'esperienza di essere in mano
d'altri, nell'elaborare policy e valutazioni complesse. E' pubblicizzazione, certamente non ripartendo da capo
ogni volta, ma utilizzando risultati gi acquisiti. Cio la partecipazione si inserisce come momento molto
alto nel processo normale di elaborazione e valutazione, un megafocus group, ma ben pi
significativo come numeri, metodologia, importanza degli argomenti trattati, e in pi occasione offerta a tutti.
Processo simile a microricerche partecipate lewiniane: capire una situazione in gruppo, provare a
cambiarla, e l'azione crea esperienza per l'azione successiva, senza distinguere fra esperti e no. Non c' alto
e basso nel processo partecipato, dentro e fuori, trasparente, una unconference. E' solo limitata nel
tempo, in genere un giorno, proprio perch aperta a tutti, ma si possono prevedere tempi pi lunghi (certo,
rispettosi del cittadino che ha altri impegni, e questa solo una delle sue molte multiattivit!). La comunit
(qui territoriale), o meglio alcuni cittadini e alcune organizzazioni, riflettono su un problema e su s stessi,
perch il tema li riguarda. Energie fresche e protagonisti inattesi: come in una ricerca si scoprono cose
nuove. Anzich un deludente compromesso si ha spesso una sana polarizzazione. Ponderare non sempre
mediare: esaminare le opinioni, poi decidere non necessariamente con un compromesso, mantenendo
vive le insurgencies. Un processo partecipativo organo sociale (Donolo, 2007), e quindi segue una scelta
politica chiara: i cittadini non sono solo consumatori o utenti, ma concorrono a definire l'interesse
pubblico, anche chi opposizione e assente nei cosnigli o parlamenti. Riconoscere il cittadino esperto, o
rispettarlo se inesperto o non allineato, democrazia inclusiva. Per un Assessorato alla partecipazione civica
strumento di stimolo di attivit extramercato, quote di tempo per la comunit.
L'uso di tecniche destrutturate (es Open Space) e di dinamiche ben organizzate di gruppo aiutano a
riconoscersi nel processo che si vive, e a vivere (appunto) le carenze e i conflitti con estrema serenit. Nel
limite incontriamo davvero ci che siamo, e qui il limite la comunit, in senso pieno, delle cui mancanze
si diventa per un momento confidenti. Esperienze dunque molto benestanti, con elevata sicurezza, controllo,
sovranit e libert. Il clima avvincente, la sensazione di avventura (ma con un garante), il disaccordo
civile, si fra uguali (davvero non capita spesso), si valorizza e non punisce la creativit. Serve soprattutto
alle organizzazioni burocratiche, alla P.A. stessa. Spazi analoghi ai T-group: l si impara a stare in gruppo,
qui si impara a stare in una comunit e a abitare in un territorio, a essere cittadini, competenza non
cos ovvia, perch si cambia spesso comunit o non la si tramanda. Come non era ovvio il gruppo negli anni
50, il gruppo secondario o terziario, che prima non era rilevante.
Il processo partecipativo serve a schizzare soluzioni, a definire, controllare (se attuate) e valutare le
policy passate, e quindi a tradurle in servizi, governare mercati, redistribuire risorse alla fine produrre beni
comuni pregiati. I temi sono per lo pi urbanistici, ma anche sociali, sono molto generali o molto focalizzati, e
riguardano temi concreti di vita, scelte da compiere per il territorio, politiche chiave. Hanno un taglio
pragmatico e diverso dagli strumenti tradizionali (tavoli di concertazione, assemblee o ricerche).
Assomigliano pi a un Consiglio Comunale aperto, in cui chiunque possa intervenire. Qui sosteniamo la
superiorit dei processi partecipativi nel campo della formazione e lavoro, perch molto strutturati e
metodologicamente specializzati, rispetto alla formazione, alla concertazione, alle partnership.
Il processo partecipato recupera, in fondo, il costo psicosociale della precariet di cui abbiamo parlato (cio
la ricerca di sicurezza) ed un diffusore di fiducia collettiva, una forma di sicurezza sociale, vera, solo
certamente si tratta di esperienze limitate nel tempo. Un abitare (Marocci 1996) mentale, declinando un
noi non di parte, un noi che vada oltre il collettivo, il gruppale o l'individuale con interessi particulari. E
ovviamente tutto questo particolarmente rilevante se lo applichiamo, esplicitamente, ai temi del lavoro,
anche settoriali.

82 In questo trae forza dalla sua debolezza, come il tgroup, potentissimo strumento, ma se ci si pensa a potere zero, gruppo fittizio e
temporaneo, che dura due-tre giorni.

I PROCESSI PARTECIPATIVI NELLA FORMAZIONE E LAVORO


Venendo ad rem, un processo partecipativo sul tema delle politiche del lavoro fa rientrare formazione e
lavoro nella sfera pubblica e rende pubblico il tema. E una chiara scelta politica, che pone
esplicitamente il problema attrazione/perdita di risorse umane. E' uno strumento associativo di
governance sociale, nel campo del Life Long Learning, il diritto pi strategico e meno affermato nello
spazio europeo di cittadinanza.
Il cittadino ha in questo caso interessi privati che diventano pubblici, mentre gli interessi collettivi domo
poco pubblicizzati: il processo partecipato contribuire a ricostruire una solidariet condivisa e un quadro
comune, pu rattoppare gli anelli deboli delle reti sociali su questo snodo, che teorico, ma anche molto
83
pratico. Il tema costruire (o non distruggere) valore aggiunto pubblico nei servizi, partendo logicamente
dallinizio, dai processi partecipativi associati alle politicher di questi servizi, come viene fatto in sanit, nei
trasporti, nell'urbanistica, settori certamente ugualmente strategici, ma trasversali all'occupazione e al
Longlife learning. Traffico, politiche abitative, qualit della vita, servizi scolastici, politiche giovanili, utilizzo di
un immobile pubblico, qualit del lavoro, welfare aziendale, politiche familiari impattano su salute, Longlife
Learning e e occupazione. Ma qui ci riferiamo a un processo partecipato specifico sul tema formazione e
84
lavoro, focalizzato
La partecipazione civica comporta una riorganizzazione dei vari ruoli politici e tecnici, in termini di cultura,
professionalit e, quindi, di capacit di impiego degli strumenti di ccntrollo in modo innovativo e interattivo.Ruoli che non
85
sono pi orientati esclusivamente all'interno della struttura oprganizzativa, ma indirizzati verso traiettorie pi ampie..

Daniela Pillitu distingue qui due punti chiave: la creazione del valore e la partecipazione alla creazione di
questo valore. Un processo partecipativo pu assumere la forma di valutazione partecipata (delle policy e dei
servizi, meglio insieme agli utenti), e costituire l'innesco di una successiva ripianificazione: la catena del
valore del ciclo pianificazione e controllo-azione. Ma quale valore genera un processo partecipato in
Formazione e Lavoro?

Informazioni

Competenze

Soluzioni inedite (es volontariato civico )

Uno stile di governance delle reti pi raffinato, che pu essere sia pi decentrato che pi accentrato

Nuovi servizi

Condivisione di culture

Sottoreti tematiche fra organizzazioni, ad esempio su segmentazioni dell'utenza, su luoghi e tempi


per intercettare i vulnerabili, sui NEET (uno su tre fra i 20 e i 24 anni), sugli over45, sui disabili

Il valore pubblico, il bene comune, anche la coprogettazione, l'inclusione nei processi decisionali,
perch una miglioramento pubblico e trasparente. Universit, scuole, imprese, ASL, Terzo Settore,
Comuni, Camere di Commercio, operatori, formatori, consulenti: ognuno vede un pezzo del problema e
86
contribuisce. Il tema invece sliced, a fette: va ricostruito, in questo caso la salami taktik
o la visione
parrocchiale funzionano male.
Se ad esempio del processo si d ampia pubblicit (sia prima che dopo), si ha una rilevante ricaduta sul
territorio: si mostra fisicamente che si comunit. Inoltre oggi le organizzazioni crescono non solo per
competizione, ma soprattutto per imitazione, differenziazione, gemmazione o integrazione. Cooperare
spesso una buona strategia, come freno alla disintegrazione e garanzia di non retrocessione, per non
rischiare di diventare inidonei. Condividere informazioni e opportunit in-attese e in-audite funziona.
83 Sul public valute il frame di riferimento il public value management (O'Flynn, 2007) di derivazione australiana, fondato su fiducia,
chiarezza, equit, e soprattutto dove si sottolinea la gestione efficiente (e democratica) nel creare outcome.
84 I servizi alla formazione e lavoro sono una finestra sulla bont delle politiche territoriali di sviluppo, un indicatore di qualit delle
politiche (che a sua volta influenza il contesto ovviamente), un buon punto di osservazione per capire se il sistema funziona, un
indicatore di contesto, al netto della sua qualit diversa da territorio a territorio. Da questo punto di vista politiche nazionali di
monitoraggio dei servizi sono un fattore chiave, e i processi partecipativi locali servono per mettere a punto un sistema di indicatori
nazionali.
85 Pillitu, 2009, pg 30
86 Espressione nata negli anni 40 in campo politico e oggi adottata in pieno dal marketing: dividere l'avversario

Soprattutto per le organizzazioni periferiche. Ad esempio un GAL, Gruppo di Azione Locale rurale, opera (o
dovrebbe operare cos). Opportunit unica inoltre per il privato sociale. O pensiamo ad una evoluzione dei
Piani di zona sociosanitari, in cui si vada oltre la cooperazione dei soggetti locali e si entri sulle politiche,
discutendole davvero, cio partecipando alla loro elaborazione.
Il valore pubblico del processo partecipato (outcome, learning, innovazione, aumento di capitale
relazionale) va creato, identificato e monitorato, non solo in termini di risultati tangibili (in questo caso il tasso
di occupazione o formazione), ma anche di ispessimento della rete sociale, specifica per ogni tema. Il
valore in questo caso poi anche strategico, perch riutilizzabile lateralmente (le reti vengono attivate su
altri temi collaterali). Detto in altri termini, formazione e lavoro sono temi trasversali e centrali. Un processo
partecipato migliora:

L'elaborazione delle policy, o la loro valutazione.

La programmazione, cio l'elaborazione e valutazione di programmi (il grande escluso dei processi
di pianificazione e sviluppo), ovvero insiemi di progetti con macrobiettivi comuni, ad es un
programma di diminuzione delle disuguaglianze di salute. Un programma si costruisce in genere
bottom up, condivendo regole comuni a pi soggetti o funzioni, pubblici e privati, e nella messa in
comune diviene critica una buona elaborazione in piccoli gruppi. Una facile applicazione dei processi
partecipati alla fase, delicata, di programmazione.

La generazione e gestione di valore pubblico. Che viene creato, ma spesso in forme scarsificate,
private, opache. Il processo partecipato serve alle organizzazioni (e ai cittadini) per collocare il loro
contributo, alla politica per essere pi strategica e alla p.a. per essere pi politica.

Uno spillover di inclusivit e democrazia avanzata verso gruppi e organizzazioni private, mentre nei
servizi pubblici l'inclusivit pu assumere forme partecipative degli utenti. I disoccupati non hanno
sindacato: perch non pensare a un gruppo di lavoro, un panel di utenti che elabori proposte, esteso
magari ai precari: anche l'utente dei servizi diventa quindi un tecnico-politico.

I processi partecipativi in campo formazione e lavoro, sono quindi:

inclusivi di civicness, imprese e formazioni sociali, come tutti i processi partecipativi


rilevanti community informali e temporanee di social innovation, dove costruire nuova solidariet di
cittadinanza mediante il confronto (e il conflitto) gestito: questo un punto specifico
soprattutto inediti spazi di ricerca-azione di scioglimento delle culture e di socializzazione e coricostruzione di vocabolari e modelli condivisi, che integrano saperi, pratiche e servizi di
community welfare

In sostanza non abbiamo qui solo una mera specializzazione tematica: accade qualcosa in pi, dovuto al
particolare tema, che difficilmente si pu affrontare in modo tradizionale. Il processo partecipato
accende la sussidiariet orizzontale e la mobilitazione locale. Il confronto dei saperi vivi dei cittadini,
(perch il tema vitale), con quelli tiepidi degli esperti e neutri dei funzionari integra soluzioni formative,
informative, orientative, consulenziali, di assistenza e sviluppo prima separate rigidamente, in particolare fra
sviluppo economico e sociale. In particolare consente agli operatori in prima linea di conoscersi (pratica poco
diffusa e limitata a scarni corsi di aggiornamento) aumentando padronanza ambientale, crescita personale,
scopo, relazioni positive con gli altri, in una parola self-efficacy. In termini di servizi reengineering dei
processi vitali, in chiave di intervento pubblico sugli utenti, ad esempio se si interviene su spazi e tempi. Per
il cittadino, nella vita quotidiana, il Work Life Balance affanno continuo, e in questo competente, capisce
la mediazione di interessi fra il cliente (o il capo) e la vita personale. Il cittadino naturale terzo
differenziatore fra interessi pubblici e privati. Nell'era della de-differenziazione, ecco il nuovo
differenziatore, che ricompone il problema, presenta un punto di vista diverso da tutti gli altri, li smonta e
rimonta su base nuova e fa sorgere i punti in ombra, ad esempio oggi si studia e si lavora
contemporaneamente, dal lavoro si passa ai lavori/competenze, ci si sposta per lavoro e studio, si trova
lavoro e ci si forma con nuove tecnologie e formule comunicative
Il processo partecipatico senza dubbio empowermernt di comunit, perch si accede al potere, cio si
pu (dire la propria e controbattere laltro). I cittadini, esperti di Long-Life Learning (certo solo di un pezzo, di
un job), esperti di lavoro e sociale (certo solo di una finestrina) vengono abilitati, e abituati, al dovere
inderogabile dell'Art 2, a prender parte alle decisioni, ai saperi civili. Ad esempio come organizzare un corso,
o il Centro per l'Impiego. Questo, certo, migliorare il servizio, ma soprattutto vero sviluppo locale. La
comunit valorizza i prosumer che produce (e quelli consumati, usurati) e li mette al lavoro per la societ,
societ come soci alla pari. Il prosumer per definzione produttore di social innovation, solo che non ha
spazi dove dirlo, il Lavoro a socialit limitata. Un processo partecipativo in fondo lavoro, per il bene

comune, non solo per s. Per le organizzazioni occasione particolare per tessere beni relazionali, cena per
farli conoscere, scambio di doni di apprendimento laterale e riflessivo, e anche prove tecniche di sottoreti
tematiche su segmenti settoriali o della Qualit della Vita. Gli interessi, nella Formazione e Lavoro, non sono
associati, c' un pulviscolo di microimprese, associazioni e freelance (no profit o poco profit), ma la
precariet e la non prodfittabilit invita i microinteressi, al limite, a coalizzarsi, mai a cooperare. Per le
organizzazioni un processo partecipativo una esperienza chiave (pensiamo al Terzo Settore, anche per
capire come democratizzarsi anche all'interno, come allargare lo spettro visuale, costringe a incivilirsi, a
riflettere sulla partecipazione di utenti e dipendenti, o partner. Il modello democratico-partecipativo si
trascina, c' un effetto Kulisov, un trascinamento dei frames, come nel cinema.
Siamo gi, in fondo, in formule qualit della vita di comunit, a partire dai sondaggi preliminari sui temi
per la partecipazione. Si stimola la fantasia, il pensiero e l'intelligenza collettivi, c sharing di base di
conoscenze e esperienze, appello alla responsabilit sociale, mutua riconoscibilit. Poi un momento di
valutazione serena e autocritica su temi critici. Percezione e consapevolezza della dimensione
territoriale di comunit, sia pure temporanea. Occasione di comunit, sperimentale, una rete lasca che
offre opportunit e non intrappola perch reversibile. Promozione e crescita di leader di community,
perch agisce sui contesti e ha un effetto moltiplicatore. Incentiva le partnership di progetto (come detto, ci
si conosce) e servizi integrati. L'azione chiave ovviamente arruolare, nel senso di attirare, persone e
organizzazioni interessanti.
E anche servizio di community welfare (sui temi sociolavorativi), certamente postburocratico, cura non
invasiva delle vite, che sa affrontare resistenze e prudenze dei renitenti alla leva civica, cio i non
competitivi, i precari-autonomi disillusi. Che interviene sui gruppi social, che sollecita l'accettazione sociale
dei nuovi vulnerabili, agor in cui il dia-logo fra pubblico (ekklesia) e privato (oikos) non confuso, ma
viene esplicitato.
E' di impulso al Terzo Settore (sia che fornisca servizi ai soci che a tutti comunque attore chiave), a
entrare maggiormente in questo ambito, che sociale quanto l'assistenza (si pensi solo al nesso disabilit
lavoro o disabilit-sviluppo di altre abilit). Dal treppiede (societ civile-imprese-p.a.) si passa cos a un pi
stabile tavolino a quattro gambe. Occorre del resto una poderosa sussidiariet orizzontale e mobilitazione
locale per far stare in piedi economicamente e tecnicamente i servizi, come avviene nel settore sociosanitario.
E' un primo disegno di rete prodromica ai progetti, inizialmente sperimentali, e poi servizi a regime. Questa
rete da intendere non tanto come organizzazione o come network, ma davvero in senso letterale, rete per
catturare, sia i nuovi vunerabili che attori non dedicati, cio organizzazioni che fanno anche altro, come
87
associazioni non profit e di volontariato, enti culturali e ricreativi, sportelli sociali ecc . Ha, come si suol dire,
effetti collaterali.
Problemi? soprattutto per la politica: il cittadino capisce che pu far da s, risorge il populismo in vesti
88
inedite, e la crisi dei partiti tradizionali aumenta .
Perch si fa poco (in formazione e lavoro)? Ci sono poche esperienze, anche allestero, vero. Il discorso
su questo punto complesso, e a nostro avviso davvero sintomatico. Certamente i territori che partono per
primi acquisiscono un vantaggio. C' una scollatura fra servizi burocratici e progetti finanziati (ancor pi
evidente perch coi fondi comunitari si finanziano, come detto, i servizi stessi). Nei progetti finanziati il
processo partecipativo c', ma opaco, escludente e molte organizzazioni invisibili non sono rappresentate.
Si potrebbe inserirlo nei progetti, all'inziio.
Il processo partecipato , come detto, bridging e linking, certo non bonding di capitale sociale: un pezzo,
importante, ma da solo non serve. Cio ha un effetto limitato se spot.
Un altro rischio avvantaggiare chi ha pi voice, escludendo ulteriormente vulnerabili e invulnerabili: il
paradosso che chi ne ha pi bisogno non partecipa (es i migranti e le loro associazioni, se non invitate) e
quindi pu essere molto abilitante per gli habitu. Anche accomodante con gli oppositori, se punta a
assorbire conflittualit. A volte si neutralizza il conflitto, tecnicizzandolo, coresponsabilizzando. Una buona
tecnica di negoziazione. Se il conflitto reso opaco, si ha aderenza formale e decisioni inattuate o aperte a
87 Una iniziativa culturale o associativa innovativa, ben progettata e gestita, come ad esempio un ciclo di film/dibattiti, un social
trekking, un convegno con modalit partecipative inclusive, un concorso per documentari, una fiera hanno ricadute significative sul
riorientamento di competenze di cui si parlava sopra, a volte molto maggiore di una azione di orientamento o di formazione pianificata
classicamente. Detto altrimenti, molti, anche in ambito commerciale, si occupano, senza saperlo, di Lavoro e LongLifeLearning.
Avere un ruolo pubblico e gestire una iniziativa pubblica innovativa, e in senso lato artistica e culturale - ma anche in fondo il solo
pubblicizzarla come f un esercizio commerciale esponendo la locandina - hanno a che fare con Formazione e Lavoro Pensiamo ad
esempio ai Circoli di Studio: esperienze autogestite in piccolo gruppo di autoformazione, in cui basta una sede, un tutor a tempo
parziale e chiamare un docente quando serve. Qui il problema principale la sollecitazione: trovare le persone e sollecitarle a partire.
La rete intesa come passaparola, locandine, web ecc. alla fin fine l'unico elemento critico. Ovviamente ci vuole un tutor-sollecitatore
molto bravo Sono idee e energie che circolano e ne generano di nuove e contribuiscono allo sviluppo locale. Sono incontri che si fanno
o relazioni che si mantengono. Lo sviluppo di sportelli, siti web, cooperative, imprese e enti non profit, agenzie locali, associazioni,
interventi strutturati di enti religiosi o volontari, e il consolidamento di efficaci reti locali di servizi risponde anche a esigenze di
impiegabilit e di sviluppo di competenze locali sulla tematica lavoro, cio a sua volta un bacino di impiego e di sviluppo di
competenze chiave assolutamente non trascurabile.
88 Ecco la strategicit dei processi partecipati per la politica che vuole restare protagonista, e dall'altro la necessit di rivedere i ruoli,
con riferimento alla separazione netta fra politici e amministratori, che deve sfumare, ma in senso contrario a quanto si pensi.

interpretazioni successive. Ci pu essere anche una mediazione politica dietro le quinte, una negoziazione
spartitoria, un doppio gioco.
Piuttosto significative sono le resistenze, nelle P.A. e nel Terzo Settore, a riorganizzare funzioni pubbliche,
destrutturando e ristrutturando anche i ruoli, e quindi il potere. La messa in trasparenza di queste resistenze
un passaggio chiave. Il processo partecipativo andrebbe fatto gestire ai funzionari PA stessi, come compito
normale loro, d'ufficio.
Un processo partecipativo pu essere certamente illumistico: perfetto ma inutile.
LO STRUMENTO E' GIA' POLICY
Non si pu non notare infine un isomorfismo evidente fra i processi partecipati (in particolare in
Formazione e Lavoro) e i servizi. In entrambi i contesti selfassembly (unlearning e relearning), selfconstitution senza fine, iniziativa, sviluppo, anche prestazione e successo: d'altronde le due sfere riguardano
le vite dei soggetti. Le capacit ristrutturate nel processo partecipato sono simili cio alle capacit obiettivo,
capacit di cambiamento, in sostanza). Del resto i processi partecipati sui temi della salute, o che su tali temi
si sono incrociati, si sono dimostrati community empowering, hanno sedimentato mutuo rispetto, riflessione
critica, cura e partecipazione di gruppo. Chi aveva a disposizione minori risorse ha guadagnato maggiore
sense of control, cio benessere, accesso e controllo sulle risorse, anche se scarse. Voler vedere, voler
cambiare, voler organizzare, desiderio del cambiamento sono tratti individuali ma anche dei soggetti sociali.
Nei processi partecipativi le risorse diventano capacit di choice collettive. Libert collettive (uguaglianza
declinata in modo collettivo) e sicurezza socializzata (solidariet e nuovo welfare) Libert non come
autonomia individuale, ma autonomia nel relazionarsi al contesto, essere o no veloci, relazionarsi di pi o di
meno, cogliere o meno le opportunit. Soggetti pi il loro ambiente, come in un gruppo e libert come potere
desiderante.
In altri termini, il processo partecipato ha valore in s, anche laddove non producesse un immediato
miglioramento dei servizi, o il risultato fosse scarno o poco significativo, o un compromesso al ribasso a
causa di conflitti fra i partecipanti. Leggiamolo per differenza: un processo partecipato in campo urbanistico
(che sottende sempre comunque lavoro e formazione) pu condurre a uno stallo se gli interessi in campo si
annullassero a vicenda. Ci sar per, sicuramente, uno spillover di condivisione del problema, coping di
community e valore sociale che, quando il processo partecipato riguardi servizi al lavoro e al long life
learning, per lappunto il problema da risolvere. Cio participating gi un pezzo della soluzione, come
in un t-group, o in esperienze hic et nunc avanzate, impari per il solo fatto di partecipare, e partecipi anche
se stai zitto (anzi ancora di pi), e addirittura ancora di pi se il gruppo va male, cio non si coagula.
Classico esempio di learning dal conflitto, capacit negativa: processo che, anche se non funziona, produce
risultati. Questo significativo, perch non cos nei tavoli o nelle riunioni che si bloccano su negoziati
infiniti, e ottengono invece l'effetto contrario, paralizzare il cambiamento.
I processi partecipati sui temi del lavoro e dell'education sono, in un certo senso, una postura della vita
aperta all'avventura umana, senso del debito per chi ci ha preceduti e lascito per chi verr dopo di noi,
quindi continuit, generativit di vite comuni, partecipazione alle storie d'altri. Il processo partecipato
sviluppa competenze organizzative ad ambito territoriale, e questo un aspetto simbolico evidente.
Il processo, apparentemente centrato sui cittadini, in realt agisce, come detto, pesantemente sulle
organizzazioni partecipanti, anche quelle autoorganizzate e spontanee, comitati ecc. (che spesso
promuovono il processo partecipato, sono comunit di pratica politica, certo molto localistiche). Driver di
questo empowerment e committment reciproco, molto avanzato, certamente la partecipazione dei cittadini,
figura nuova per l'assetto istituzionale del settore, che pu anche essere esperto docente, orientatore,
assistente o consulente. E anche gli enti partecipanti, grazie al processo, sviluppano una maggiore
influenzabilit sugli eventi, speranzosit, ascolto di altre organizzaioni e del cittadino, del potenziale
territoriale inutilizzato. Sviluppano sentimento di community e sfumano l'interesse privato, cio integrazione
al livello superiore, dunque benestante, includente. Che stimola agency, il condurre a termine (perch
processo temporaneo), aiuta a imparare a tenere traccia, strutturare, esplorare, ascoltare, non escludere
alcuna ipotesi, non eludere. Che chiarisce, ordina, organizza, chiede/d aiuto, spendi-abilit. Legittima,
empowerizza e politicizza. E' strumentazione di sviluppo socio-organizzativo, che prova competenze e virt
civiche, quali saper soppesare e esplorare sentendo le ragioni altrui, trovando soluzioni inedite e creative.
Siccome non si perde nulla, solo guadagno, consente appartenza e estraneit proprio perch non
decisiva per decidere.
Capacity building di soggetti e, per estensione, di interi territori, capacit istituzionalmente affidata,
temporaneamente, alla rete di attori sociali e politici territoriali partecipanti.
LA METODOLOGIA ATM Agor per il Terzo Millennio
Oggi, ed in modo abbastanza evidente anche in Italia, si assiste ad una marcata crisi della politica
(astensionismo crescente, disaffezione dei cittadini nei confronti dei partiti politici e delle organizzazioni di

rappresentanza, sempre convivendo con i risaputi limiti della democrazia indiretta come modello sociale in
grado di esprimere naturalmente libert, trasparenza ed uguaglianza, per tutti il disincanto democratico di
Pierre Rosanvallon che teorizza la nuova controdemocrazia (Rosanvallon, 2009): un cambiamento di
paradigma sembra essere proprio alle porte per la nostra attuale democrazia rappresentativa. E la crisi va
anche oltre le differenziazioni di partito: la strategia securitaria di un governo forte spesso inefficace di
fronte ai tanti problemi sociali, nelle proposte del Partito Democratico la tag chiave indubbiamente :
partecipazione, anche se ancora pochi sanno davvero come declinarla concretamente, vedi i problemi di
integrazione tra partecipazione e rappresentanza evidenziati anche dalle esperienze pi recenti di
mobilitazione locale.
Sembra allora sempre pi delinearsi una nuova frontiera per la ricerca politica e associativa, finalizzata al
governo delle problematiche di rilevanza sociale: rappresentata dallo studio delle dinamiche e delle logiche
di partecipazione, si riscoprono antichi metodi (come i Town Meeting utilizzati dai coloni del New England nel
600) e molti altri metodi partecipativi che derivano anche da contesti diversi (come la giuria dei cittadini di
Ned Crosby che si ispira al processo giudiziario) vengono sperimentati in varie parti del mondo intorno ad un
nuovo concetto di democrazia pi deliberativa (Lewansky, 2007), in grado di superare i limiti della
rappresentativit in quanto implicano, anche se solo parzialmente, un trasferimento reale del potere
decisionale ai cittadini.
In Toscana c molto pi che un fermento intorno al concetto di partecipazione: la Regione ha approvato nel
2007, dopo un lungo ed attento percorso di costruzione anchesso sufficientemente partecipato (in cui
stato peraltro sperimentato il town meeting in occasione della manifestazione Dire&Fare organizzata da Anci
Toscana e Regione Toscana a Marina di Carrara nel novembre 2006), la legge 69/2007 che si propone di
sostenere la diffusione e la sperimentazione di nuovi modelli ed istituti partecipativi (Floridia, 2008). Uno
strumento legislativo molto importante, di esempio per tante realt anche europee e non solo italiane per lo
sviluppo di una nuova cultura democratica, gi utilizzato in molti contesti locali per sviluppare processi
partecipativi di interesse per la comunit. Eppure, se ripensiamo allantica democrazia greca delle poleis,
anche se la libert non era certo allora tra i diritti pienamente affermati (donne, schiavi e stranieri erano
esclusi dalla vita politica ad Atene), leguaglianza, o meglio lisonomia - ovvero la parit di tutti i cittadini di
fronte alla legge - trov piena espressione con laffermazione di una vera presenza politica da parte di tutti
i cittadini (Vernant, 2005). Si svilupparono logiche partecipative di tipo diretto che, pur disperse
successivamente nel tempo anche per le crescenti complicazioni connesse alla tendenza allurbanizzazione,
sembravano in quellepoca quasi un esito obbligato per una qualunque forma sociale: prevedevano
circolarit delle funzioni per tutti i cittadini, meccanismi di sorteggio e rotazione per le varie cariche
pubbliche, il pieno diritto per ogni cittadino di esprimere liberamente le proprie idee e proposte o di avanzare
critiche dalla tribuna dellAgor.
Oggi siamo appena agli inizi di questo percorso di ricerca metodologico che, pur muovendo dallanalisi del
passato, non pu escludere dalla sperimentazione le nuove forme della comunicazione interattiva ora
disponibili, che possono rivelarsi una grande opportunit di partecipazione alla nuova res pubblica espressa
dalla Rete. Qui sembra di rivivere quanto gi successo per tante tecnologie degli ultimi 20-30 anni: a
cominciare dal portatile, al foglio elettronico, al cellulare, al world wide web, neanche linventore era davvero
consapevole dellutilizzo futuro !
Ed anche se, per un certo verso, linnovazione tecnologica continua ad alimentare evidenti fratture sociali
(si pensi solo al problema del digital divide), oggi ci offre nuovi possibili luoghi di confronto sociale:
lesplosione di social networking pervasivi come Facebook, indubbiamente ci pu portare in una nuova
dimensione dove sviluppare nuove forme di democrazia partecipata.

Premesse per la sperimentazione


Il coinvolgimento e la partecipazione devono ovviamente iniziare dal territorio, dal basso, dallindividuo per
arrivare a poter dire con Tucidide il demo tutto (Corcella, 1988), o per seguire la teoria che Nicia formula
per responsabilizzare i suoi marinai: Gli uomini sono le citt, non le mura n le navi vuote di uomini.
Questa concezione personale dello Stato, magari in dosi pi facilmente metabolizzabili dai nostri attuali
contesti associativi, politici o sociali, pu essere la vera chiave di volta per ridefinire le nuove logiche
partecipative. Oltretutto presenta tantissime assonanze con quanto viene spesso formulato allinterno delle
tecniche manageriali pi recenti (superata certo la fase tayloristica dello sviluppo organizzativo, un po
dappertutto nelle imprese moderne riecheggiano concetti di questo tipo: il cliente re, organizzazione per
processi, limpresa fatta soprattutto di persone e sono le persone a fare unimpresa, job-rotation e
partecipazione, coinvolgimento e gioco di squadra, team building, la piramide rovesciata,
lapprendimento organizzativo). In effetti, si potrebbe ben dire che molte organizzazioni odierne, sia
pubbliche che private, siano molto pi democratiche di tante nostre associazioni territoriali, sociali o politiche.

89

E questo il contesto in cui nasce ATM - Agor del Terzo Millennio , una nuova metodologia ideata per
governare la partecipazione sociale, in grado di favorire e sviluppare un confronto democratico e costruttivo
nello stesso tempo su problematiche di rilevanza sociale e di interesse per la collettivit. La sua logica di
azione si ispira ai principi classici della democrazia e prevede lutilizzo di strumenti, metodi, tecniche e criteri,
soprattutto di derivazione organizzativa, per orientare efficacemente il coinvolgimento del territorio.
Essa si basa fondamentalmente sulle esperienze condotte in circa 30 anni di attivit di consulenza,
formazione e sviluppo organizzativo per molte associazioni ed organizzazioni pubbliche e private (di
particolare interesse le esperienze relative ai sistemi di pianificazione, circoli per la qualit, project
management, gruppi di miglioramento, problem solving aziendali, metodiche sicuramente tipiche per le
aziende multinazionali anche se ancora non sempre molto diffuse in Italia).
Il primo campo di applicazione in cui questa metodologia stata sperimentata riguarda la problematica del
Life Long Learning, un principio molto conosciuto in Toscana grazie anche alla legge regionale 32/2002, il
testo unico della normativa in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e
lavoro. Con questa legge gi stato quindi formalmente istituito in Toscana il Diritto all'Apprendimento nei
vari contesti - formal, no-formal ed informal - e, su questo solco, diventano sempre pi presenti le iniziative in
tal senso: come la sperimentazione del libretto formativo del cittadino, o dellILA (Individual Learning
Account) o, soprattutto, la definizione, oramai praticamente completata ed in fase di prossima attuazione, del
Sistema Regionale delle Competenze (dalla delibera regionale n.120/06 Progetto regionale competenze,
alle linee guida di febbraio 2008 fino alle necessarie modifiche del regolamento di esecuzione della 32/02 in
corso di deliberazione).
Lobiettivo di fondo la piena valorizzazione delle competenze del cittadino, derivante dalla necessit di
affermare un valore socialmente riconoscibile e spendibile nei contesti non solo formativi ma anche
professionali. Quindi non solo il consolidamento dei processi nei contesti di apprendimento formal (portfolio
di competenze), ma anche lesigenza di stabilire le basi per la definizione concertata in ambito informal e noformal (dove lapprendimento non rappresenta la finalit principale ma comunque deve essere osservato con
un processo oggettivante che non necessariamente implica la certificazione). E proprio in Toscana, un
territorio gi molto caratterizzato da una notevole concertazione sociale, necessario attivare un maggiore
coinvolgimento anche del tessuto sociale ed imprenditoriale, non solo della grande comunit di operatori
(della formazione, dellorientamento, dellistruzione scolastica ed universitaria) che chiamata ad operare
per un cambiamento che si annuncia a dir poco rivoluzionario per il settore con notevoli ricadute su tutto il
contesto socio-economico (daltronde al centro del dibattito c proprio il cittadino nelle sue varie
sfaccettature: studente, lavoratore, straniero, pensionato ecc.).
La sperimentazione metodologica stata quindi avviata nella seconda met del 2008 allinterno del gruppo
Formazione Professionale che si costituito nellambito di AIF Toscana (Associazione Italiana Formatori).
Attualmente lAgor sul LLL (Life-Long Learning), la comunit di operatori del settore della formazione e
dellorientamento coinvolta in questo grande dibattito, composta da diverse centinaia di persone
interessate in vario modo a contribuire allo sviluppo di nuove idee e soluzioni per il mondo della formazione
e delorientamento. E' attiva anche su Trio, la piattaforma e-learning di prima generazione della Regione
Toscana ed arrivata nelle biblioteche, nei centri di orientamento o per limpiego, dentro le facolt
universitarie, in ogni spazio aperto che sa di cultura e libert di espressione.
I risultati che il gruppo ha ottenuto nel campo del Life-Long Learning sono molto promettenti (dopo un
battesimo di fuoco con un brainstorming di gruppo tra una quarantina di persone, effettuato a Firenze dentro
la facolt di Scienze della Formazione occupata, ed una bellissima cornice formata dagli studenti universitari
del collettivo molto attenti ed interessati).
Nel seguito sono succintamente delineati alcuni dettagli della sperimentazione della metodologia ATM per il
LLL: i principali criteri applicativi, come si impostato il lavoro soprattutto sul piano organizzativo, le relazioni
interne alla comunit (con i facilitatori, il ruolo della cabina di regia, per il coordinamento del problem solving
e del problem setting, per la valutazione della qualit), le dinamiche comunicative di interazione.
Architettura metodologica dellAgor
Vediamo innanzitutto quali sono i criteri minimi, gli invarianti adottati per realizzare un processo
democratico e partecipativo che vuole originarsi, essendo fondamentalmente modellato dallarchetipo
dellantica Agor, a partire dal basso. Da un punto di vista architetturale la metodologia dellAgor si basa
essenzialmente su pochi principi di fondo, oramai anche abbastanza acquisiti per un qualunque contesto
organizzativo di una certa complessit, almeno da un punto di vista teorico.
In primo luogo occorre fare riferimento alle logiche dei sistemi di pianificazione e controllo ed agli assetti
organizzativi conseguenti ormai ampiamente utilizzati e consolidati (ad esempio, sistemi di pianificazione e
controllo in organizzazioni di grandi dimensioni o modelli di project management per unarchitettura multi
progettuale (Taccone, 1987).

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ATM Agor del Terzo Millennio di Luigi Taccone, marchio depositato nel 2008

La prima caratterizzazione, il primo invariante per la definizione dellarchitettura di una dinamica


partecipativa che si ispira allAgor quindi quello che distingue due grandi livelli di azione: il livello
progettuale da quello multi progettuale, per dirla con un linguaggio meno teorico e pi legato alle
metodologie ed agli approcci pi attuali, la necessaria differenziazione che deve essere fatta tra il problem
solving ed il problem setting, laddove il punto critico ed essenziale dellattenzione deve rivolgersi
sullintegrazione tra i due livelli.
Secondo pilastro dellarchitettura metodologica, la piramide rovesciata, anche questo un principio forse
abbastanza inusuale per le nostre organizzazioni ma essenziale: qualunque forma organizzativa si deve
mettere al servizio della e per la comunit, tanto pi vero in un caso come questo in cui si cerca di modellare
e di creare una forma organizzativa funzionale allo sviluppo ed alla crescita culturale del network sociale.
Terzo principio organizzativo, lestrema flessibilit e leggerezza che deve avere la struttura di
coordinamento, spesso anche detta cabina di regia.
Quindi solo tre criteri base che sono comunque sufficienti per delineare una forma architetturale come
quella schematicamente riportata in figura 1, dove appaiono evidenti:

Figura 1 - Architettura metodologica dell'Agor

il simbolo della piramide rovesciata (la tipica forma organizzativa con cui il management si mette
generalmente al servizio del settore operation);
la linea di coordinamento che delimita lambito in cui opera la cabina di regia o il gruppo di
coordinamento, qui anche detto Theme Team (TT, termine gi utilizzato in alcuni metodi come il town
meeting), rispetto al quale si svolge primariamente lazione del problem setting (da notare: un unico
processo unitario che si svolge su un piano orizzontale);
le linee di sviluppo del problem solving vero e proprio che sono portate avanti in modo verticale - quindi
su piani di azione trasversali al precedente e per una serie di direttrici scelte e valutate dal TT, che
costituisce pertanto il livello di coordinamento necessario e sufficiente per gestire tutto quello che viene
complessivamente prodotto nellAgor.

Entrambi i piani di azione o, per meglio dire, le due tipologie di piani di azione - sono completamente
immersi nellAgor, non configurano delle strutture ulteriori o sovraimposte, ma vengono formati, curati ed
anche composti con le persone che appartengono alla comunit per la quale esse stesse operano.
Questo il vero principio chiave di questo approccio metodologico, un nuovo modo per vedere le
organizzazioni nascere dallinterno secondo una logica di antropizzazione sociale auto-organizzata: non si
tratta quindi di forme organizzative che si vanno a sovrapporre rispetto alla struttura sociale esistente, ma di
comunit sociali che vanno ad assumere, secondo una dinamica abbastanza naturale che non deve essere
mai forzata o imposta dallesterno, una forma pi funzionale per il benessere della collettivit.
Organizzazione e funzionamento dellAgor
Per capire concretamente come si costituisce unAgor e come essa si pu organizzare per operare al
servizio della comunit, conviene seguire il suo sviluppo fin dalla sua fase iniziale, dove necessario
formare il primo piano di azione e bisogna quindi ben comprendere quali sono le priorit tra le varie attivit
possibili.
Qui occorre operare soprattutto attraverso il livello di gestione multi progettuale (ad esempio, in molte
organizzazioni e peraltro anche da moltissimo tempo - duso procedere prima di tutto ad una raccolta

delle idee, degli spunti e delle problematiche di maggior interesse, ma anche la tecnica dei sondaggi molto
utilizzata in contesti sociali pi allargati) che vuol dire, su un piano pratico, individuazione da parte del TT di
un insieme di tematiche prioritarie che appaiono, almeno in fase iniziale, come le pi significative.Ed in
questa fase fondamentale il contributo fornito dagli stakeholder dellAgor per scegliere le tematiche
principali, ovvero le prospettive rispetto alle quali conviene affrontare, almeno inizialmente, il problema.
Nel nostro caso, il Life Long Learning, una problematica gi aperta fin dalla strategia europea di Lisbona
2000, trova una sua prima delineazione puntuale con la dichiarazione di Maastricht del 2004 (.. quadro delle
qualifiche europeo aperto e flessibile ... basato principalmente sulle competenze e sui risultati
dellapprendimento. Esso rafforzer lo stretto legame fra i sistemi di educazione e di formazione, costituir il
riferimento per la validazione delle competenze acquisite attraverso percorsi non formali e sosterr il
regolare ed efficace funzionamento dei mercati del lavoro europeo, nazionali, settoriali ..), una premessa di
valore a tutte iniziative di cambiamento attualmente in atto nei vari contesti nazionali ed europei.
Un forte problema quindi di integrazione tra mondo del lavoro ed education o, per usare il linguaggio pi
tipico del sistema regionale toscano (ricordiamoci che questa Agor nata ed attualmente operante
soprattutto allinterno del contesto toscano), integrazione tra istruzione, formazione e lavoro, intendendo
chiaramente tutte le altre varie sfaccettature esistenti, come la formazione professionale o continua,
listruzione scolastica, tecnica, superiore o universitaria.
Nel nostro caso, e se si vuole si potrebbe anche abbastanza generalizzare per altri problemi di integrazione,
sono state individuate quattro diverse prospettive, le prime due, essendo pregiudiziali rispetto alle altre, con
una priorit superiore dal punto di vista temporale. Esse riguardano aspetti chiave per ogni problema di
integrazione, a maggior ragione per un problema di integrazione del mondo del lavoro e della formazione.
La prima tematica legata al Contesto in cui immersa lAgor, nel nostro caso un contesto fatto
soprattutto dallEuropa, dalle normative comunitarie e nazionali, da quanto fatto nelle altre regioni: quello
che sinteticamente stato denominato Lo Spazio Europeo dellApprendimento.
Seconda prospettiva prioritaria il Linguaggio specifico che viene utilizzato nel settore, che deve essere
una base comune di riferimento per tutti i sistemi e gli operatori componenti.

Figura 2 - Le prospettive di analisi del problema


Ne segue una terza anche questa molto generale, costituita dalle Regole di funzionamento del sistema che
di volta in volta potranno essere analizzate secondo varie dinamiche e finalit, perseguendo le priorit
emergenti nel settore in termini di esigenze di definizione delle procedure o delle regole presenti nel sistema
oggetto di osservazione.
Quarta ed ultima dimensione collegata ai Valori specifici del sistema; almeno per questa Agor LLL, la
scelta ricaduta su una tematica cardine per lo sviluppo efficace di tutto il sistema integrato, non solo
estremamente urgente nel settore della formazione e dellorientamento ma anche particolarmente richiesta
dalla stessa comunit di operatori.
Stiamo parlando della definizione delle Competenze professionali del settore, una linea di ricerca e di
sperimentazione aperta un po dappertutto in Italia, solo in qualche regione si comincia ad entrare in una
fase di standardizzazione e normalizzazione che sta conducendo allindividuazione delle professionalit
tipiche per gli operatori secondo un approccio per competenze abbastanza universale per qualunque
sistema di professionalit (dallanalisi dei processi organizzativi fino al meta quadro europeo EQF).
Allinterno di ciascuna di queste 4 aree problema, il TT ovvero un gruppo ristretto di persone a contatto
anche con gli stakeholder del sistema in esame - ha il compito di individuare problemi molto specifici e
concreti, stabilendo tempi e modalit di azione, evitando sovrapposizioni, cercando di curare le
sincronizzazioni e le integrazioni tra i vari piani progettuali, lanciando di volta in volta e coinvolgendo su
questi piani (chiaramente pi di problem solving che di problem setting) tutti i contributi, le idee, le

disponibilit che possibile raccogliere allinterno dellAgor.

Direttamente dalla 1 riunione operativa del gruppo di lavoro, sono avviati 4 temi di
approfondimento:
- IL LINGUAGGIO DELLA FORMAZIONE
- LE REGOLE DEL SISTEMA
- LO SPAZIO EUROPEO DELL'APPRENDIMENTO
- LE COMPETENZE DEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO
Il METODO che seguiremo per affrontare queste problematiche il seguente:
- affrontare un problema specifico alla volta
- con obiettivi di progetto concreti e risultati in tempi rapidi (non pi di 3-4 mesi in genere)
- gruppo sempre aperto al contributo di tutti
- metodologia consigliata: brainstorming
- fasi di lavoro secondo il classico ciclo di problem solving (analizzare, progettare, valutare,
implementare)
- occhio anche al problem setting (decisivo per raggiungere obiettivi realistici)
Seguendo queste regole minime, avete piena libert per organizzarvi come meglio credete,
di ogni gruppo io sono solo il vostro portavoce !
Buon caso
lavoro
ed a presto
Nel nostro
specifico
sono stati inizialmente individuati quattro diversi problemi, uno per ogni specifica
tematica, con tempistiche di azione differenti anche se sono stati avviati tutti insieme ai primi di novembre
Luigi
Taccone
2008 (nel
riquadro
riportato il primo messaggio pubblicato dalla community sulla piattaforma Trio).
Coordinatore
Se questo descrivegdl
siaFP
pur succintamente la fase di avvio, il resto soprattutto governo dellAgor o
management di pi gruppi di lavoro operanti in parallelo o in senso trasversale, ma sempre in modo unitario
ed integrato. In effetti, lorganizzazione interna si articola in un TT molto leggero a struttura dinamica e
geometria variabile, prevede giusto una figura lamministratore dellAgor che faccia da pivot, come
coordinatore del gruppo, per tener conto di tutte le relazioni esistenti con gli stakeholder e soprattutto con le
figure necessarie per guidare i singoli problem solving, i cosiddetti Facilitatori di Problema (FP).
Questi soggetti, il cui profilo professionale per certi versi innovativo anche se possono confondersi con
altre forme di facilitazione oggi molto di moda, devono soprattutto possedere una marcata competenza
relazionale per supportare e promuovere le attivit del gruppo di lavoro mentre, anche in base allesperienza
avuta, non molto importante se non hanno grandi conoscenze specifiche in materia.
Una conoscenza non approfondita sulle varie tematiche affrontate potrebbe addirittura aiutarli a favorire il
dialogo e lo sviluppo delle idee da parte dei componenti dellAgor, in quanto consentirebbe loro di
posizionarsi in modo pi empatico e di essere meglio accettati nel loro ruolo specifico. Il loro compito
principale comunque quello di promuovere il dibattito seguendo un metodo abbastanza classico di analisi
del problema /ricerca delle soluzioni (sono molti i riferimenti teorici di metodo ai quali possiamo ispirarci, per
semplicit qui ci riferiamo al metodo di brainstorming o anche al ciclo PDC-A di Deming per la Qualit).
Pu anche essere interessante ricordare varie esperienze condotte negli anni 90 in associazioni territoriali
(come Api Toscana) o presso diverse imprese toscane (ad esempio, The Bridge di Firenze o System di
Livorno) in cui furono definite precise regole aziendali interne allorganizzazione proprio per moderare,
definire e svolgere in modo efficace e costruttivo un dibattito ordinato in grado di portare soluzioni concrete
verso il vertice aziendale.

Figura 3 - Il ciclo di brainstorming


Sempre sul ciclo del brainstorming, occorre qui sottolineare come la sua azione operativa si sviluppa e si
integra tra tutti e due i livelli di azione gi precedentemente menzionati, cio tra il livello relativo alle azioni
strategiche e quello relativo alle azioni pi progettuali.
Pertanto, nelle varie fasi del ciclo, lautonomia ferma restando la tempistica e gli obiettivi preassegnati dei gruppi progettuali si avverte maggiormente nelle fasi di condivisione/descrizione del problema e di
ricerca/elaborazione delle soluzioni mentre, per quanto riguarda le fasi di scelta e di implementazione, il
ruolo del TT ritorna ad essere preminente, essendo chiamato a valutare le soluzioni pi efficaci ed a definire,
anche se sempre in modo congiunto, le modalit implementative pi opportune.
Indubbiamente, quali che siano le varie differenze di approccio che il singolo caso problematico potrebbe
suggerire, il riferimento teorico principale va comunque ad H. A. Simon, premio Nobel per leconomia nel 78
per le sue ricerche pioneristiche sul processo decisionale nelle organizzazioni economiche.
Sulle modalit con cui si sta svolgendo questo confronto, nellambito dellAgor LLL sono state
sperimentate forme diverse per il TT, ad esempio inizialmente operava un gruppo pi stabile e ristretto
sostituito poi con una configurazione pi dinamica, mentre gli stessi FP si stanno alternando nella
conduzione dei gruppi di lavoro denunciando comunque una buona flessibilit del ruolo.
Livelli di interazione
Se vero che sul piano organizzativo il funzionamento dellAgor sembra sufficientemente governato,
potendosi daltronde rifare a criteri oramai ampiamente sperimentati (dalle modalit di lavoro dellantica polis
greca, passando per lo scientific management fino ad arrivare alle teorie organizzative pi attuali come il
toyotismo o la learning organization, sono molte le tecniche consolidate anche in altri ambiti ed in grado
comunque di sviluppare un alto livello di partecipazione), sul piano invece delle modalit di comunicazione e
di azione, o per essere pi precisi di interazione, ci vuole una certa attenzione applicativa anche per valutare
appieno le potenzialit offerte dallattuale livello tecnologico.
Ma prima di esaminare gli aspetti tecnologici della comunicazione, occorre focalizzare quali sono i processi
o le funzioni fondamentali svolte in unAgor.
Ad un livello molto essenziale di rappresentazione, possiamo ridurre a solo tre tipologie le funzioni
fondamentali svolte allinterno dellAgor.
La prima legata alla diffusione dellinformazione di base per tutti i componenti dellAgor, in modo da
creare ed alimentare un sufficiente livello di consapevolezza, premessa necessaria per il dibattito e per la
generazione delle idee: linformazione chiaramente una componente essenziale, pregiudiziale per tutte gli
altre, per non la sola a svolgere un ruolo determinante. A questa si associano, infatti, almeno altre due
funzioni che devono essere ben esplicitate e strutturate allinterno di unAgor proprio per garantire il
massimo della funzionalit anche in termini di trasparenza, produttivit, efficacia e visibilit (anche verso
lesterno).
Si tratta della funzione cosiddetta di memoria, che serve per creare un minimo di ordine e di
consequenzialit nel processo partecipativo mantenendo una traccia chiara e sintetica di tutto lo sviluppo del
processo decisionale almeno in relazione alle sue componenti principali (risultati intermedi e finali, momenti
chiave, tempistica ecc.); e della funzione di sviluppo, comprendente tutte le fasi di elaborazione, design e
ricerca che ricorrono nei vari momenti di sviluppo della creativit individuale, di gruppo e di progettazione
congiunta.

Figura 4 - Funzioni fondamentali nell'Agor

Questo schema, pur nella sua semplicit, pu anche servire a rendere conto di molte esperienze
partecipative che, pur avviate con molto entusiasmo e superata anche una fase di diffusione tipica quasi da
contagio, lentamente rallentano e si vanno ad arenare nel disinteresse generale: le chiamiamo di solito
carenze di organizzazione, per essere pi precisi, mancanza in qualche funzione fondamentale (quella di
memoria, ad esempio, molto spesso sottovalutata, abbastanza comune per i gruppi che nascono nella
rete, ma in realt una funzione fondamentale per superare la gobba evolutiva di unipotetica curva ad
esse).
Ma se queste Sviluppo, Informazione e Memoria (SIM) sono le tre funzioni fondamentali che occorre
strutturare allinterno di unAgor, dobbiamo anche chiederci come le possiamo supportare con le tecnologie
odierne.
Intanto un cenno doveroso per le tante tecnologie che, ad un livello anche pi progettuale, facilitano la
cooperazione e la partecipazione (e non solo, ma anche la condivisione, lapprendimento, la coprogettazione) allinterno di un gruppo di lavoro, ad esempio il leggio elettronico o la lavagna interattiva molto
diffusa soprattutto allestero (e qui si potrebbe ricordare la sperimentazione condotta presso la CCIAA nel
2006 da Firenze Tecnologia con il Gruppo Websemantico, dove furono confrontate tra loro varie tecniche,
svolte in parallelo, di gestione di gruppi e di brainstorming).
Ma aldil di queste tecnologie specifiche, c da chiedersi, in termini pi generali ed allargati, quali coerenze
tra media e finalit si debbano definire rispetto alle tre funzioni fondamentali, visto che le modalit di
comunicazione oggi possono essere attuate in vari modi, vi sono molte pi possibilit rispetto ai tempi degli
antichi greci (che non per nulla imponevano dei precisi limiti demografici alle loro citt stato) potendo contare
sullevidente vantaggio dato dal collegamento a distanza.
Ad esempio, nella nostra Agor LLL, per diffondere linformazione di base in modo sufficientemente
diffusivo, viene per ora utilizzato soprattutto un sito web (che ha centinaia di contatti quotidiani e delle news
periodiche - ogni quindici giorni circa per informare sui fatti salienti e preparare agli eventi successivi). Si
cerca soprattutto di informare su cosa sta effettivamente succedendo nel settore, ci si limita sulle
interpretazioni di parte, lobiettivo innalzare il livello di attenzione ed accrescere la consapevolezza nella
comunit: per tutte queste cose, che rappresentano nientaltro che la Comunicazione di base per la
comunit, possono benissimo essere attuate in altri modi (immaginiamo ad esempio possibili Agor gestite
da un ente locale con la propria pubblicazione istituzionale o da unassociazione o unorganizzazione privata
di medie dimensioni attraverso il loro giornale interno).
Per quanto riguarda poi la funzione di sviluppo, esiste una dimensione di confronto che indissolubilmente
legata allinterazione diretta, alla Piazza, la piazza certo non virtuale, ma quella reale che si deve animare
attraverso i dibattiti o le discussioni di gruppo, irrinunciabile per lo sviluppo del momento dialogico ed
indipendentemente dalla dimensione complessiva di tutta la comunit (anche in una grande multinazionale in
un certo momento della giornata possono essere attivi anche 100 gruppi di miglioramento, ma ciascuno di
essi sempre costituito da un numero limitato di persone, generalmente da 4-5, al massimo 10 persone:
solo cos possibile avere un confronto reale ed inclusivo, senza contrapposizioni di parte, permeato da
valori come lascolto degli altri ed orientato alla formazione delle proprie opinioni, dal quale successivamente
possono scaturire idee e soluzioni condivise).
Quindi la piazza intesa come il tavolino del caff, la piazza aperta, la biblioteca, uno spazio qualunque a
disposizione ma che va scelto in modo opportuno: anche la logistica una dimensione molto importante
della metodologia.
Per restare alla nostra Agor LLL, molto significativa stata ad esempio la prima riunione svolta allinterno
della facolt di Scienze della Formazione occupata, cos le riunioni organizzate presso il Centro per lImpiego

(molto stimolante Novolab, un centro innovativo creato allinterno del polo universitario fiorentino) o
allinterno delle biblioteche: se aumenta la coerenza della dimensione logistica, si possono creare nuovi
stimoli e sinergie ulteriori per lo sviluppo e la generazione di nuove idee.
Se la generazione delle idee avviene nella piazza reale, indubbiamente pu esistere anche un livello di
generazione collettiva (la creativit connettiva, come la chiama Carlo Infante). Personalmente credo vi siano
ancora dei limiti a tutto questo, la generazione della creativit condotta esclusivamente attraverso il mezzo
tecnologico sembra far parte pi del futuro del web (fino alla realt virtuale pi avanzata ed immersiva)
anche se sembra una linea di ricerca tra le pi promettenti.
Ma se il livello tecnologico attualmente disponibile presenta dei limiti sul piano della concreta applicazione
metodologica, sicuramente oggi ampiamente in grado di assolvere la funzione di memoria, di tenere
traccia del processo decisionale e partecipativo e farne una sintesi strutturata: basta il Web 1.0 ! NellAgor
LLL questo stato ottenuto grazie alla piattaforma web learning Trio della Regione Toscana che ha dedicato
alle attivit del gruppo un intero forum dove sono memorizzati gli elementi essenziali di tutti i vari problemi
lanciati e discussi nella comunit, i risultati conseguiti, gli appuntamenti principali.
Questo un tipo di comunicazione che si differenzia rispetto al primo relativo alla diffusione
dellinformazione: qui vanno considerati soprattutto i risultati del lavoro sul campo ed il calendario temporale
necessario per seguire la successione dei vari impegni, sostanzialmente per tenere traccia della vita
dellAgor.
Eppure, anche se abbiamo coperto in questo modo le tre funzioni principali con tre livelli di interazione e di
comunicazione in modo abbastanza schematico e coerente, manca ancora una componente comunicativa
fondamentale, che tutti noi utilizziamo in tante dinamiche sociali e partecipative ma che spesso ci
dimentichiamo di progettare e strutturare alla stessa guisa delle altre. la componente informale che, come
rappresentato in figura, determina la definizione di altre due modalit comunicative di interazione.

Figura 5 - livelli di interazione comunicativa nellAgor


Una quella del Pettegolezzo, la dimensione naturale della relazione diretta ed informale che pu essere
ottenuta in molti modi, attraverso un momento di convivialit, una cena, una simpatica spettegolata, un
momento di socializzazione, tutti necessariamente al di fuori di quelli che precedentemente abbiamo
riportato nel concetto della piazza.
Ed unaltra componente informale pi relazionale, da vedere sempre in modo poco strutturato ma
comunque ben definita sul piano metodologico, quella che si pu realizzare in ambiti tecnologici Web 2.0
attraverso reti associative (professional network come linkedin o social network come Facebook); entrambe
servono ad irrobustire e potenziare lo scambio integrato ed i rapporti di relazione tra le funzioni fondamentali
del SIM.
Si viene cos a configurare un quadro complessivo composto da ben 5 diversi canali di comunicazione
possibili: lAgor di per s non li richiede tutti e cinque insieme (daltronde le agor funzionavano bene anche
in tempi antichi pur con certe limitazioni; da notate inoltre, in una specie di confronto epocale, che la vera
differenza con il passato non sul piano delle funzioni ma su quello delle modalit di interazione, essendo
chiaramente assenti a quei tempi le modalit connesse al web, ovvero quelle posizionate in figura sulla
destra), ma chiaro che lutilizzo combinato ed integrato dei vari canali comunicativi permette di creare delle
Agor molto pi potenti, funzionali, produttive ed efficaci.
In definitiva, con lattuale livello tecnologico, sono gi disponibili e possono essere opportunamente
progettate ben 5 diverse modalit di interazione:

1. la comunicazione di base per soddisfare le esigenze informative della comunit, da attuare attraverso le
funzioni base della rete (siti, pagine html, e-mail, blog) o con mezzi pi tradizionali, come i prodotti
cartacei;
2. il gruppo di confronto reale in piazza, il lavoro coordinato da un FP specifico che si svolge in contesti
definiti in modo coerente rispetto alle tematiche di discussione (il luogo pu deprimere o stimolare ed
esaltare la creativit);
3. una piattaforma web strutturata in grado di tenere traccia in modo ordinato della vita dellAgor e dello
sviluppo del processo decisionale svolto allinterno;
4. linterazione sociale pi informale come unoccasione conviviale, una simpatica cenetta, una
spettegolata (la democrazia chiacchierona), quindi va alimentata anche o forse soprattutto con
chiacchiere);
5. il web 2.0, ovvero lutilizzo di reti social network come fb o linkedin che possono facilitare relazioni e
espressioni meno formali da parte di chiunque, esplorando e ricercando le informazioni anche in altre
comunit.
Cinque canali diversi, cinque protocolli di comunicazione interconnessi tra loro che si rafforzano
reciprocamente rispetto alle funzioni che sono chiamati a svolgere, e che non sono mai alternativi tra loro: in
realt ognuno di loro pu andare a coprire solo alcune parti del modello funzionale (utilizzarne solo uno di
questi forzandolo ad assolvere tutte e tre le funzioni SIM previste, porta sicuramente ad un insoddisfacente
funzionamento dellAgor).
Questo non vuol dire che unAgor deve usare tutti i canali di comunicazione possibili, ma quanto pi riesce
a combinare le potenzialit dei vari canali, tanto pi diventa efficace. In questo senso facile capire perch
alcuni gruppi di discussione, magari lanciati solamente su facebook, finiscono presto per isterilirsi, oppure
perch certe iniziative di processi partecipativi, pur gestite con un sito web apposito, pecchino di trasparenza
o di condivisione per tutta la comunit potenzialmente interessata.
C infine unultima questione propriamente metodologica, connessa alla Valutazione della qualit del
funzionamento dellAgor.
Lefficacia complessiva dellAgor si misura da una sola prospettiva ed in vari modi: dal punto di vista delle
soluzioni che produce, della loro efficacia e validit, dalla loro valenza, dallattenzione che riserva loro il
tavolo politico o amministrativo, in ultima analisi da quanto si riesce ad incidere sulla formazione delle
politiche e delle decisioni su aspetti di interesse dellAgor stessa.
Questa descritta corrisponde principalmente alla valutazione effettuata da un osservatore esterno, spesso
con logiche ex-post e marginalmente anche in itinere: certamente deve essere accompagnata anche da
criteri gestionali di regolazione e controllo in grado di monitorare in modo continuativo landamento ed il
funzionamento dellAgor. Va pertanto definita anche una dimensione specifica in grado di rappresentare
lefficienza interna di funzionamento: i criteri che abbiamo attuato, almeno nella sperimentazione dellAgor
LLL, si rifanno al grado di astensione, alla capacit di allargare il consenso e la partecipazione, ai feedback
ricevuti dagli stessi stakeholder ed allaffidabilit stessa del processo sia nel saper rispettare i tempi
assegnati, sia nel saper conseguire i risultati previsti.
Osservazioni finali
E' possibile tracciare un primo bilancio di questa sperimentazione metodologica, anche in termini dei
risultati finora ottenuti rispetto ai criteri di assicurazione qualit precedentemente delineati.
Inizialmente siamo partiti con un gruppo di una decina di persone in ambito Aif Toscana, ed oggi le news
raggiungono diverse centinaia di operatori con una diffusione indiretta che va ben oltre il numero degli utenti
diretti. Le attese e le aspettative sono cresciute notevolmente, sono sempre di pi gli operatori del settore ad
informarsi e ad attendere con curiosit ed interesse risultati anche parziali.
Da un punto di vista dei livelli di funzionamento in termini di rispetto della tempestivit e della affidabilit del
processo, per ora i risultati sono molto soddisfacenti (certamente la sperimentazione stata abbastanza
facilitata per il fatto che il gruppo iniziale del TT era molto competente in materia: questo pu essere un limite
per la funzione del FP, ma una grande garanzia sia per la corretta impostazione del lavoro in fase iniziale
sia per definire il giusto network relazionale con tutti gli stakeholder).
Da un punto di vista metodologico, appare evidente anche la necessit di ulteriori sperimentazioni in altri
campi di applicazione o su comunit che non siano solo comunit ristrette o limitate a certe categorie di
operatori (anche se in questo caso lAgor LLL richiama potenzialmente diverse decine di migliaia di
operatori solo in Toscana) ma siano pi larghe ed aperte ad una variet maggiore di componenti.
@L un esempio importante di come i processi di cambiamento possono e devono partire
necessariamente dal basso per intercettare la voglia diffusa di fare qualcosa di concreto per lo sviluppo del
proprio territorio (qui da segnalare anche il percorso partecipato condotto dallassessore Cristina Bevilacqua
per definire il regolamento per la partecipazione nel Comune di Firenze).
Insomma, un nuovo demos sembra farsi strada, forse casualmente o forse causalmente, quasi fosse la
vera risposta allattuale crisi di valori, ma anche a quelle finanziarie, climatiche, ambientali e sociali.

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