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Articoli scelti dal blog


Croce-via
Liturgia e Sacra Scrittura
AA. VV.

TEMPONAUTICA

Dove realismo tomista e Magistero Cattolico disputano con la contemporaneit.

Sommario
Ottenebramenti ................................................................................................................................................... 3
Breve esame critico del breve esame critico! ..................................................................................................... 5
VETUS ET NOVUS ORDO (I) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug ................................................................. 8
VETUS ET NOVUS ORDO (II) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug. The Return ....................................... 11
VETUS ET NOVUS ORDO (III): continuando la riflessione con P.Aug. .............................................................. 13
VETUS ET NOVUS ORDO (IV): Continuando la riflessione con P. Aug. ............................................................ 17
VETUS ET NOVUS ORDO (V) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug .............................................................. 19
Liturgia Apocalittica ........................................................................................................................................... 23
Introduzione ufficiale delle preghiere anglicane nel rito romano..................................................................... 27
Pellegrinaggio Summorum Pontificum: la Periferia va alla Sede di Papa Francesco ........................................ 30
Ballare nella Messa di Paolo VI: un legittimo bisogno purtroppo frustrato...................................................... 31
Il Cardinale Walter Kasper sulla Sacrosanctum Concilium ................................................................................ 33
In PaceLultima messa ....................................................................................................................................... 34
Messa in latino amata da 66% dei cattolici praticanti....................................................................................... 36
Lermeneutica delle tradizioni credenti come superamento della prospettiva aristotelico-tomista nel
problema dellinerranza biblica: il cammino di uno studioso ........................................................................... 38
La Bibbia e il metodo storico: riflessioni sulla prospettiva per leges ............................................................. 42
Oggi il Compleanno del Summorum Pontificum! .............................................................................................. 47

Ottenebramenti
By Simon de Cyrne on 30 agosto 2013 ( 14 )

Sentire cum Ecclesia


Ribadiamo che ci che conta sono e saranno solo ed esclusivamente le conclusioni, espresse in documenti
ufficiali, che la Santa Sede indicher al termine del Commissariamento apostolico e quindi, sin da ora siamo
pronti ad accettarle in pieno. Fino a quando la Chiesa non si pronuncer ufficialmente come lecito che i
discepoli di Manelli ne parlino sempre e solo in termini di esaltazione e di elogio, in questo momento e fino
alla conclusione delle indagini altrettanto lecito, per chi ne ha esperienza o conoscenza, produrre
testimonianze, riflessioni, documentazioni e opinioni personali sui punti negativi dellIstituto e sostenere
con vigore la necessit, la giustezza e la piena legittimit del commissariamento, opponendosi anche ad una
illecita canonizzazione in vita che non rientra nella Tradizione della Chiesa. Inoltre affermiamo che noi
distinguiamo nettamente il De Mattei professore di storia dal De Mattei pubblicista, per cui le nostre
osservazioni riguardano solo la produzione giornalistica del De Mattei pubblicista.

Due articoli sono apparsi su Corrispondenza Romana questa settimana: uno del Prof. De Mattei
(http://www.corrispondenzaromana.it/sint-ut-sunt-aut-non-sint/) e laltro della Professoressa Siccardi
(http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/linvito-di-p-volpi-allammutinamento-e-lanostra-supplica-ai-francescani-dellimmacolata/)
Ambo articoli hanno alcuni punti in comune, ma uno salta immediatamente agli occhi di chi li
legge impassibilmente: lassenza di logica e di fattualit nelle dimostrazioni che vorrebbero
compartire con i loro lettori.
Nel primo articolo, il Prof De Mattei comincia con ricordare la storia dei Gesuiti tra il XVIII ed il
XIX secolo sperando di stabilire un parallelo con quello che succede oggigiorno con i Frati
Francescani dellImmacolata (F.F.I.) : purtroppo per lui lanalogia non applicabile in alcun modo,
infatti (1) lordine dei gesuiti fu sciolto e non commissariato come i F.F.I.; (2) la ragione ne era
linfluenza degli stati assolutisti dellepoca sul papato, mentre circa i F.F.I. la causa interna alla
congregazione stessa; (3) i gesuiti erano fedeli al Magistero contro i vari gallicanesimi dellepoca, il
problema attuale dei F.F.I. invece lopposto in quanto sembrano aver mostrato sufficientemente
diminuito sentire cum Ecclesia per provocare la reazione della legittima Autorit; (4) non c
nessun desiderio da parte di Questultima di sopprimere i F.F.I. come perfidamente, falsamente e
minacciosamente suggerito dallautore.
Partendo dallipotesi di questa (mancata) analogia il Prof De Mattei si lancia in seguito, senza
conseguenza logica, in una diatriba vertente a voler convincere gli ignavi della sua propria
3

opinione personale e cio che lobiettivo del commissariamento sarebbe di far lasciare labito
religioso ai F.F.I., di farli vivere nella rilassatezza morale e nel relativismo dottrinale oltre che
di far perdere loro la specificit mariana.
E, su questo presupposto inventato di sana pianta, il Professore invita quindi, in un gran finale, i
Frati alla disobbedienza alla legittima Autorit, a spergiurare i loro voti di obbedienza e,
implicitamente, di entrare nello scisma.
Nel secondo articolo la Professoressa Siccardi si accinge alla stessa opera ma non stabilendo la
legittimit della propria argomentazione su presupposte (false) analogie storiche come il Prof De
Mattei, ma nellanalisi del testo pubblicato dallodierno commissario dei F.F.I., P. Volpi ofmcap
(leggibile qui: http://www.immacolata.com/index.php/it/35-apostolato/fi-news/235-messaggioprofessioni-perpetue%20) .
Anche in questo caso lanalisi ottenebrata fin dallinizio da uno sguardo volutamente e
letteralmente bieco su quel documento: (1) si fa credere al lettore che il fatto di citare quel testo
di v. Balthasar sia un incitamento ai F.F.I. di perdere la loro identit, mentre, invece, quel che il
P. Volpi vuole leliminazione di certa autoreferenzialit che ha fatto s che il diminuito sentire
cum Ecclesia apparisse e non certo, come suggerisce la Siccardi, affinch si perdano i carismi
propri alla fondazione; (2) vuol far un processo di intenzioni a P.Volpi perch questo sembra
riferirsi solo a Scritture e Magistero dimenticando la Tradizione, Lei stessa dimentica del fatto
che quando il Magistero si esprime lo fa sempre in coerenza colla Tradizione anche se
implicitamente, come anche quando cita le Scritture, mentre nellarticolo oblitera le referenze al
Beato Egidio di Assisi, al Beato Massimiliano Kolbe, al Beato Giovanni Paolo II; (3) giudizi
temerari ed attacchi ad hominem emergono quando la Professoressa si permette di giudicare il
foro interno di P.Volpi dichiarandolo in malafede ed insinuante, sulla base che questi non metterebbe
sulla piazza pubblica i problemi interni dei F.F.I.; (4) si procede ad un gioco degli specchi volendo
far ingoiare a chi la legge che si obbedisce di pi disobbedendo ai propri legittimi superiori che
obbedendo sic et simpliciter.
Alla fine di questo lungo articolo si ripete la richiesta del Prof. De Mattei questa volta sotto forma di
supplica molto sentita: disobbedite, disobbedite, disobbedite.
Questi due articoli ed i loro autori hanno una cosa in comune: hanno capito che sono proprio le
loro stesse posizioni teologiche che mancano assolutamente del religioso ossequio dellintelligenza
e della volont dovuto al Magistero del S.S. Concilio Vaticano II nelle materie relative alla fede ed ai
costumi, che sono definitamente espulse dalla dottrina della Chiesa in quanto incompatibili
colla Tradizione, le Scritture ed il Magistero e ci attraverso il riassestamento dei F.F.I. nel senso
di un verace sentire cum Ecclesia.
Quel che la Chiesa, Mater et Magistra, sta facendo proprio di purgare questi atteggiamenti tradiprotestanti dal Suo Corpus Magistrale annullando le infiltrazioni ideologiche eretizzanti di cui De
Mattei e Siccardi sono noti esponenti in Italia. Il loro richiamo alla disobbedienza dei F.F.I.
dunque un appello a non esser lasciati soli nella loro lotta contro il Magistero della Chiesa
Cattolica, da dove il loro uso di ogni argomento possibile soprattutto se non ragionevole ma
solamente affettivo, verosimile ma non veridico.
In Pace

Breve esame critico del breve esame critico!


By minstrel on 31 agosto 2013 ( 10 )

Complice un bel post di Padre Matias Aug dedicato al pressapochismo di un utente del suo blog nel
giudicare il Messale di Paolo VI da leggere assolutamente ho chiesto personalmente ad Aug se
esistessero delle pubblicazioni che rispondessero in modo autorevole al celeberrimo (e da fin troppe
parti celebrato) Breve esame critico del Novus ordo Missae dei Cardinali Bacci ed Ottaviani.
Ho messo in link la pagina di Chiesa e Postconcilio per rileggere lesame critico. Ma una su mille.
Tantissime sono le pagine che lo riportano, come altrettante sono quelle che lo commentano, per lo
pi positivamente o addirittura rincarando la dose.
Lultimo in termini di tempo da me scovato questo, scritto da Don Ivo Cisar reperito nel sito In
Quiete di Bertagni, dove a quanto pare si trova tutto e il suo contrario: per intenderci da Cisar che
ripassa lesame dei Cardinali alle pagine dedicate a Ren Gunon! Il sito comunque non male,
anzi! Da lui infatti si possono ad esempio leggere splendide trascrizioni di splendide interviste a
Raimon Panikkar o a Battiato.
Procediamo.
Tempo pochi minuti ed ecco che Aug mi risponde dicendomi che una risposta autorevole alle
critiche di Bacci e Ottaviani, lha scritta C. Vagaggini. Il testo stato ripubblicato recentemente in
Rivista Liturgica anno 2009, pp. 449-459.
Ringrazio e corro come ovvio a reperirla. On line c ed su scribd.com, download a pagamento, ma
lettura gratis.TItolo: Il Nuovo Ordo Missae e lortodossia.
Mi aspettavo una sorta di risposta punto su punto allesame critico. In realt il Vagaggini a mio
avviso in modo mirabile non fa che fornire gli strumenti generali per comprendere come si debba
leggere il Nuovo Ordo. Fa per cos dire una sorta di prima lezione di ermeneutica. Ed proprio da
quellarticolo che traggo questa citazione, banalissima, eppure oggi tanto attuale perch mal praticata
da molti:

C una regola elementare nellinterpretazione dei testi. La conosce ogni alunno di prima teologia al
quale siano stati insegnati i primi principi di interpretazione di ogni testo: quando in un testo non
ovvio il significato di una parola o di una espressione bisogna anzitutto chiedersi se tale significato
non si possa ricavare in primo luogo dal contesto immediato, in secondo luogo dal contesto del
libro, in terzo luogo da quello dellautore e finalmente da quello dellambiente.
Vagaggini, Cipriano osb, Il Nuovo Ordo Missae e lortodossia, in La Rivista del Clero Italiano
50 (1969), pp. 688 699, ripubblicato in Rivista Liturgica anno 2009 n. 3, p. 454
Ovviamente consiglio a tutti di leggere larticolo di Vagaggini perch molte sono le domande oggi
ancora attualissime (o meglio rese attualissime dal blog tradizionalisti che hanno ripreso certe
questioni), alle quali risponde.
Non sono il solo ad averlo letto nel frattempo.
Nei commenti del post di Aug infatti lutente ??? scrive:
Certo che rileggendo larticolo di Vagaggini si resta colpiti da una cosa: la sua difesa dellIGMR
tutta giocata sul fatto che le singole formulazioni risultano orotodosse attraverso un costante
gioco di rimandi ad altre formulazioni.
Al che rispondo:
Bingo. Questo significa a mio avviso leggere in continuit e senza togliere uno scritto dal contesto.
Se io, cattolico, dico che Ges Cristo Dio, sto forse dicendo che la Trinit non esiste? No,
perch chi mi conosce sa cosa penso e se in quel caso parlo di Cristo sa che parlo
ESCLUSIVAMENTE della seconda persona della Trinit senza escluderne cio la portata
veritativa.
Basta smettere di fare sofismi che sfiorano il fondamentalismo ed ecco che i tre punti di domanda
possono mutare in tre puntini di sospensione (perch si sospende un giudizio che non ci compete) o
in tre esclamativi (perch palesemente non si fa che ripetere dottrine tradizionali).
A questo punto ??? dichiara:
il suo esempio su Ges acuto, ma non calzante. Il problema dove Lei una cosa la dice e la scrive.
Se parla della Messa al bar non la stessa cosa che allinizio dellIGMR.
e io chiudo:
Eh no, soprattutto se do per scontato che non voglio discutere di cosa sia la messa per essenza.
E che sia cos (cio scontato, lunica lettura possibile) palese perch non c messa senza
sacrificio pertanto impensabile anche solo PENSARE di INTERPRETARE in modo
ontologico quella frase!
[Aggiungo: l'esempio mio quindi perfettamente calzante poich il fatto che io cattolico parli di
Cristo come Dio NON PUO' significare MAI che parli di lui come UNICA PERSONA divina
altrimenti smetterei di essere cattolico e cadrebbero le premesse per cui io posso parlare di Cristo
come Dio! Chiaro?]
Farlo significa andare OLTRE IL CONTESTO dove stata scritta e quindi sfiorare il
fondamentalismo letteralista.
Cio: la messa soprattutto memoriale del sacrificio di Cristo? Si. E cambiato qualcosa al riguardo?

No, lo sa anche il mio primo figlio e lo so pure io che essendo giovane son nato in pieno post CVII.
Quindi come possibile dire che il NO non celebra il sacrificio?
No, non si pu. Pena la contraddizione e dunque la nullit della propria affermazione.
Sempre il Vagaggini scrive circa il significato di memoriale sottolineando come sotto questo
termine si nasconda ben pi di quello che litaliano intende.
Mi prefiggo a tale proposito di approfondire la questione mediante citazione ad hoc di opera
autorevole. Tempo al tempo.
Certo che fa strano rileggere parole che rispondono a domande oggi tanto sentite, in frasi che narrano
di un clima di ottimismo sul NO che ora mi sembra praticamente assente.

VETUS ET NOVUS ORDO (I) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug


By Simon de Cyrne on 31 agosto 2013 ( 39 )

Messa Paolo VI a Heiligenkreutz


Il 19 agosto scorso P. M. Aug ha pubblicato sul suo blog Liturgia Opus Trinitatis una riflessione
di ordine generale intitolata Due forme del Rito Romano possono convivere che ha suscitato molte
reazioni ed stato loggetto di un commento interessante da parte della redazione di MIL che lo ha
riproposto oggi e di un doppio contro-fuoco arroventato nel blog Chiesaepostoconcilio.
La problematica posta dal P. Aug in questa sua presa di posizione non dellordine delle
dottrine liturgiche ma a livello puramente pratico e pastorale: come si pu praticamente e
concretamente vivere nella Chiesa latina le due forme rituali che sono lordinaria e la straordinaria.
Egli analizza quattro punti: (1) considerato che la Sacrosantum Concilium aveva preso di mira
proprio la liturgia tridentina allora in vigore, cio quella del messale 1962, inappropriato continuare
a voler celebrare secondo questo messale; (2) la presenza di due messali, con santorale e temporale
diversi, in una stessa parrocchia conduce solo a confusione e crea difficile una pastorale unitaria; (3)
la creazione di parrocchie personali potrebbe risolvere parte del problema nel punto 2 senonch
questa specializzazione creerebbe ghetti e porterebbe ad un diminuito sentire cum Ecclesia; (4)
attuare una riforma della riforma con una forma rituale nuova in continuit con la forma
straordinaria, che non voluta n dai tradizionalisti i pi integralisti n da dai progressisti i pi
rivoluzionari.
In altre parole ed in realt, P. Aug non sembra proporre nessuna soluzione accettabile al
problema posto da lui stesso, messo a parte che, implicitamente, considera de facto il Summorum
Pontificum impraticabile.
Il commento portato su dalla redazione di MIL per inquadrare e presentare lanalisi di P. Aug, dopo
i soliti mantra sul fatto (indimostrato, anzi, proprio contro la verit) che la forma ordinaria pu
condurre solo al peggio a medio e lungo termine, verte, in modo contraddittorio con questa stessa
assunzione, intorno ai punti seguenti: (1) la richiesta di ritorno ad un po di buon senso nella
celebrazione della forma ordinaria incontrando qui lo stesso auspicio di P. Aug; (2) il reintrodurre
nella forma ordinaria pi segni e simboli concreti e mistagogici; (3) il propinare una proliferazione di
messe secondo la forma straordinaria al fine di generare per osmosi una migliore celebrazione di
quella ordinaria.

Sul blog di Chiesaepostconcilio, malgrado la pretesa di voler rispondere sia a MIL che a P.Aug, gli
autori si perdono invece in diatribe che non rispondono allinterrogativo posto ma avanzano
considerazioni allucinanti da leggere per un fedele cattolico pretendendo discutere i fondamenti
stessi della forma ordinaria per dimostrarne lintrinseca perversit, il che non corrisponde al
problema posto inizialmente: in quel blog sono passati da tempo nel para-cattolicesimo.
Analizzando la risposta di MIL a P. Aug vediamo per che auspicata una trasformazione
della forma ordinaria per influenza di quella straordinaria, cio non data risposta a come vivere il
bi-ritualismo, ma suggerito, implicitamente, di lasciare vivere le due forme fino a quando la
forma ordinaria diventi pi commestibile. Cio sembrerebbe che la redazione di MIL
convenga con P. Aug che ci sia posto solo per una forma che sarebbe quella ordinaria vissuta
con spirito straordinario.
Personalmente, rispetto alla mia cultura, educazione e sensibilit questa soluzione mi andrebbe a
pennello: non per niente sono un sostenitore dell interpretazione della forma ordinaria celebrata ad
esempio nella Comunit Saint Martin o da Benedetto XVI da un lato, e un amante della forma
straordinaria dallaltra.
Per, e c un per, mi tocca di andare pi lontano che il mio gusto personale per capire davvero
cosa la Sacrosantum Concilium ha voluto e cosa la mens di Paolo VI ha voluto e che soddisfa ben 5
papi da 44 anni.
La forma ordinaria non lespressione di una rottura col messale tridentino, non dispiaccia
a P.Aug e alla redazione di MIL, ma quello di una sua estensione: la dinamica che ha
sottoscritto la sua promulgazione quella di permettere di nuovo lo sviluppo di prassi liturgiche
che nascono e si consolidano in un determinato ambiente geografico ed ecclesiale per riprendere
lespressione usata da P. Aug e la struttura stesso del nuovo messale che sa pi di canovaccio che di
manuale con dettagliate rubriche permetterebbe questo processo di avvenire di nuovo.
La necessit di liberalizzare di nuovo questo processo di appropriazione proviene dal fatto che la
Chiesa ormai totalmente globalizzata, con un episcopato totalmente diversificato per razza, cultura
e nazionalit, con realt cinesi, asiatiche, africane e sud-americane di massa, con culture che si
sviluppano indipendentemente da quella tradizionale europea e che debbono per forza incarnarsi
nella liturgia della Chiesa latina secondo il loro proprio genio.

Messa PaoloVI a Heiligenkreutz: consecrazione

Ed in effetti, la messa paolina pu essere celebrata in un modo estremamente dignitoso e


spirituale secondo i canoni storici europei, al punto addirittura che pu rassomigliare in tutto alla
forma straordinaria di estrazione tridentina al fedele medio, come pu anche adattarsi a culture
specifiche: questa plasticit del rito lo rende al tempo stesso perfetto veicolo rituale incarnato nella
realt umana concreta dipendente da geografie e dai tempi, ma daltro canto anche in pericolo di
interpretazione soggettive che non garantiscono che vi si faccia davvero quel che la Chiesa vuole che
sia fatto, come spesso capitato cogli abusi da tutti noi condannati.
La forma ordinaria dunque da vedere come una generalizzazione di quella straordinaria, la
quale ne un caso particolare: considerando questo punto di vista che, a mio parere, si pu
proporre una proposta concreta circa il bi-formalismo attuale.
Un soluzione concreta al problema posto da P. Aug , secondo me, semplicemente di fare
evolvere la forma straordinaria nella direzione che la Sacrosantum Concilium ha desiderato, ma
che non pi ledizione 1965 o 1967 che non hanno mai attecchito: vuol dire, oggi come oggi, solo
modificare temporale e santorale del messale del 1962 allineandolo su quello della forma
ordinaria, cosicch il problema principale dello iato tra i praticanti delle due forme sia superato
e si permetta un sentire cum Ecclesia facilitato.
Semplicemente questo risponderebbe alle obiezioni 1 e 2 e non renderebbe plausibile la
problematica sollevata dal punto 3 e eviterebbe il punto 4 di P. Aug.
Per di pi (relativamente) facile imporlo: chi, tra i fedeli tradizionali, sarebbe un vero obiettore a
celebrare santi come Massimiliano Kolbe o il Beato Pio IX e daltro canto davvero sconsolato di
lasciare un po da parte santi fondatori sconosciuti di congregazioni che gi non esistono pi?
In Pace

10

VETUS ET NOVUS ORDO (II) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug.


The Return
By Simon de Cyrne on 3 settembre 2013 ( 5 )

Messa secondo messale Paolo VI presso la Communaut Saint Martin


Larticolo di P.Aug apparso sul suo blog Liturgia Opus Trinitatis ha provocato varie reazioni
come la nostra o quella ascrivibile allottimo Don Morselli leggibile su MIL.
Alcuni autori, pochissimi, restano dalla loro parte della barricata avendo difficolt ad affermare altro
oltre che la forma ordinaria perversa e che va da essere abolita oppure, allopposto, che la forma
straordinaria sia una vetust impraticabile e che il S.P. sia esso da abolire.
Il blog Croce-via vuole essere, appunto, un crocevia, cio un posto dove chi osa andare aldil delle
proprie barricate preconcette possa incontrare il diverso, lo straniero e, debbo dire, che provo
una certa soddisfazione leggendo i nostri commentatori, tutti certamente di orizzonti e sensibilit
differenti, ma tutti che cercano portare nel dibattito qualche argomento positivo per evitare una
situazione di stallo come quella denunciata da P. Aug nel suo articolo originario.
Utenti come Andrea Carradori, nota firma della blogosfera tradizionale, chiede un ritorno ai
documenti del Concilio per attuarne lermeneutica della continuit (punto interessante perch qui non
si chiede di dimostrarla ma di attuarla!, ndr) . Marcellonaccio, che si definisce come spirito moderno
e che venera Paolo VI, si pone contro labrogazione del S.P. evitando ogni contaminazione del rito
tridentino, promuovendo uninterpretazione del rito paolino senza abusi, luso del latino, luso
preferenziale del canone I.
Vorrei metter in particolare evidenza lintervento di Lycopodium in risposta al mio post precedente.
Egli dissente colla mia proposta di modificare il Lezionario della forma straordinaria per allinearlo su
quello ordinario essenzialmente per la difficolt che tale modifica avrebbe di essere accettata nell
ambito tradizionalistico.

11

Lycopodium propone per qualcosa di positivo che vale la pena, secondo me, di essere messo in
evidenza e cio , lasciando accessibili le due forme dellunico rito romano, di promuoverne
levoluzione endogena fino a che ambo raggiungano una nuova stabilit. Lo cito in extenso:
Il VO pu evolvere solo:
1) seguendo SC,
2) seguendo a modo proprio le regole dello sviluppo omogeneo della liturgia (cfr. lopera di A.
Reid recentemente tradotta in italiano, almeno per la pars construens),
3) procedendo alle doverose integrazioni, al termine delle quali il VO si ritrover ad essere
riconosciuto da ogni cattolico come parte integrante del movimento di re-instaurazione liturgica
sancito dalla SC, cosa che non equivarr a de-tridentinizzare il VO [un ottimo esempio di questo
tipo di integrazione possibile ravvisarlo nella nuova preghiera per il popolo ebraico nella
liturgia del Venerd Santo, come di recente approvata da Benedetto 16].
* Il NO pu evolvere solo:
1) seguendo SC,
2) ricercando retrospettivamente se vi siano state, nelle innovazioni introdotte, delle eccezioni o
delle violazioni delle regole dello sviluppo omogeneo della liturgia
3) procedendo alle doverose rettifiche, al termine delle quali il NO si ritrover ad essere
riconosciuto da ogni cattolico come parte integrante della Tradizione, cosa che non equivarr a
tridentinizzare il NO.
Vorrei, a questo punto fare due commenti circa la mia proposta, che nel mio spirito volevasi solo una
risposta puntuale, pastorale, urgente e ad hoc (oggi come oggi) al problema posto da P.Aug: (a)
modifiche come quella che proponevo dovrebbe essere pilotata dalla E.D., ma la concezione
praticata e sviluppata assieme con gli istituti E.D. tenendo conto delle specificit della forma
tridentina e non imposta dallalto; (b) lungi da me di voler de-tridentinizzare il rito; (c) la mia
proposta si voleva, nella mia intenzione, integrata in uno sviluppo omogeneo a pi lungo termine
rispettoso del genio stesso della messa tridentina.
Quel che particolarmente attraente nel programma di Lycopodium che non pretende
tridentinizzare il rito Paolo VI ovunque perdendone cos lintuizione che lo caratterizza e, daltro
canto, non ricerca una de-tridentinizzazione del rito Pio V che condurrebbe ad un controsenso.
Se il programma di Lycopodium fosse accettabile/accettato, allora la riflessione dovrebbe
vertere su quali sviluppi omogenei ci dovremmo concentrare nelle due forme affinch
rispettino la SC: cio, in realt, sul come applicare il principio di ermeneutica della riforma
nella continuit, che struttura la vita stessa della Chiesa dagli Apostoli fino a noi, al campo
liturgico, al fine di garantire che i problemi oggettivi posti da P.Aug siano risolti.
In Pace

12

VETUS ET NOVUS ORDO (III): continuando la riflessione con P.Aug.


By Simon de Cyrne on 5 settembre 2013 ( 28 )

S.d.D. Paolo VI estensore della riforma di S. Pio V


Sui siti oltranzisti del tradi-protestantesimo viene sempre ricordata la Quo Primum Tempore di San
Pio V che condanna ogni modificazione al rito tridentino stesso, cercando di trarre da
questargomentazione giuridica limpossibilit da parte di un Papa di abrogare tale rito. Questo
conduce spesso la discussione al sapere, a mio parere ozioso, se fosse stato lecito o no introdurre un
nuovo rito creato a tavolino, quello di Paolo VI, per giunta considerato in rottura con il primo.
Ho deciso di portare al discorso e al dialogo una nuova angolazione che ho gi accennato brevemente
nei miei posts precedenti oppure in certe risposte, ma che vorrei precisare al fin di avere, almeno, un
linguaggio comune quando trattiamo di certi concetti.
Per fare ci preferisco, per chiarezza e per distacco emozionale, utilizzare unimmagine tratta dalla
teoria degli insiemi per poi applicarla, mutatis mutandis, al caso della relazione tra le due forme
liturgiche del rito latino.
Supponiamo avere il concetto di triangolo isoscele equilaterale in legno di cedro dorato: esso
definito dalla categoria geometrica di essere un triangolo, ed individualizzato dal fatto di essere
equilaterale, dotato degli accidenti di essere fatto in cedro ricoperto di foglio doro.
Consideriamo adesso linsieme delle categorie geometriche dei triangoli: questo contiene i triangoli
isosceli, rettangoli, scaleni, equilaterali eccetera

13

Rito Romano e le sue varie Forme


Vi poi linsieme degli accidenti materiali come il legno di cedro, di mogano eppoi linsieme delle
materie di superficie come loro, largento, il rame, eccetera.
Il nostro concetto di triangolo isoscele equilaterale in legno di cedro dorato dunque allintersezione
dei tre insiemi su citati.

Vetus Ordo
Consideriamo adesso un triangolo scaleno di mogano ricoperto di un foglio di argento: diversi
atteggiamenti sono possibili (1) possiamo dire che in virt dellapparenza generale esso non ha
niente a che vedere con il primo triangolo considerato e non son riconducibili lun allaltro, (2)
possiamo dire che pur sempre di un triangolo si tratta, (3) possiamo dire che una deformazione del
primo triangolo, (4) possiamo dire che pi brutto o pi bello o pi funzionale o meno utile che il
primo triangolo.

Deformato, detratto, cambiato: condannato da Quo Primum Tempore


Procediamo con un po di astrazione: in fin dei conti nei due casi sempre di triangoli si tratta anche
se non solo dei triangoli isosceli equilateri: se io voglio quindi generalizzare il mio concetto di
triangolo equilaterale, fermo restando che debbano rimanere triangoli, posso introdurre nuovi
concetti di triangoli che non sono equilateri.
Possiamo dire che vi rottura tra un triangolo scaleno ed uno equilaterale? S, nel mio modo di
costruzione del concetto, se guardiamo gli accidenti specifici; no se guardiamo al fatto che
hanno in comune la stessa natura triangolare.
14

Se guardiamo un triangolo retto di legno di cedro dorato con uno isoscele con legno di cedro dorato
potremo (1) notare che hanno gli stessi accidenti materiali, (2) che hanno la stessa natura triangolare,
(3) che sono differenti nel loro aspetto formale in quanto uno retto e laltro isoscele: ovviamente
il primo non sar mai il secondo.
Mutatis mutandis, possiamo, analogicamente considerare la messa tridentina come un triangolo
isoscele, di cedro ricoperto doro concettualmente parlando, mentre la messa paolina, che pi un
canovaccio, come un triangolo scaleno, la cui materialit precisa ( cedro, mogano, querce stando per
lezionari e santorali) ben definita ma la cui superficie ( oro , argento, platino per le rubriche) non
sono state (tutte) definite. Linsieme di triangoli, cio quello definito dallessenza stessa di essere un
triangolo , corrisponde al Rito della Chiesa Latina definito e protetto da chi ne in carica, cio il
Romano Pontefice.

Questo non Vetus Ordo


A questo punto, se guardiamo la Bolla Quo Primum Tempore di Pio V, essa codanna che a questo
Nostro Messale, recentemente pubblicato, nulla mai possa venir aggiunto, detratto, cambiato, ma
di certo non dice niente quanto al fatto che ci possano essere altre forme del rito romano .
Quel che Paolo VI ha fatto chiaramente quello di aver messo a posto una definizione pi
larga di Rito romano, non limitato a quello tridentino e di averne posto alla luce le forme, mai
abrogando il rito tridentino e, perci, de facto, mantenendolo in quanto manifestazione genuina
del Rito romano come poi ha formalemente fatto Benedetto XVI.
Vi quindi continuit nella natura tra la forma ordinaria e quella straordinaria, in quanto
ambo partecipanti alla natura di essere Rito Romano della Chiesa latina ma vi anche rottura
e asimmetria per differenza di forma per due ragioni: (1) non solo perch luna essendo triangolo
isoscele e laltra triangolo scaleno hanno unessenza diversa malgrado la stessa natura
triangolare, ma (2) anche perch l ordo tridentino include la descrizione delle materie
accidentali, quali il cedro ed i foglio doro, mentre l ordo paolino si accontenta di descriverne
lessenza generale ricordandone la natura e la materia (il mogano) ma, parzialmente, senza la
superficie (rubriche molto pi libere).
Da qui la difficolt concettuale che impedisce gli amanti della forma tridentina nel poter dialogare
con calma con quelli della riforma paolina (1) con elementi portati dai primi sulluso della foglia
doro o no o del mogano o no mentre (2) ai secondi il problema verte sullessenziale triangolarit
della loro riforma che meglio realizza il concetto che la Chiesa ha del triangolo, non pi solo
equilaterale ma anche scaleno.

15

Parlare della coabitazione delle due forme del rito necessita quindi rendersi conto di questa
asimmetria e trovare soluzioni pastoralmente e liturgicamente sensate. Prima di tutto rendersi
conto da parte tradizionale che la forma paolina non una deformazione della messa
tridentina, ma pienamente una sua estensione che parte integrante del rito romano.
Secondo,e la parte paolina deve ricordarsi che se la forma tridentina un caso particolare, lo
stesso esprime la triangolarit della sua essenza, in quanto in nuce ogni triangolo equilaterale
scaleno anche se il contrario non vero.

Forma ordinaria e forma straordinaria dellunico Rito Romano


Da un punto di vista pratico, coabitazione vuol dire lavorare a pi livelli: (1) riscoprire quale sia
lessenza del rito romano alla luce del Concilio (non solo nella S.C. ma anche sullecclesiologia da
Esso sviluppato) e cercare di trovarne gli elementi non nel cedro n nelloro ma nellessenza stessa
del rito tridentino e stabilire lunit di natura col rito paolino e, solo poi, chiarificando le differenze
accidentali tra rito isoscele e rito scaleno; (2) pastoralmente parlando, assicurarsi che nel VO ci sia
legno di mogano come nel NO, al fin di garantire pratico comune sentire cum Ecclesia (3)
sempre pastoralmente parlando, e l dove questo faccia pastoralmente senso, assicurasi che i
materiali di superficie che sono le rubriche siano insegnate ed applicate a chi pratica il NO, in quale
duttile a questo riguardo,(4) il tutto ovviamente lungo unevoluzione omogenea ed organica non
volendo trasformare un triangolo isoscele in uno retto e ridurre quello scaleno ad uno isoscele.
In Pace

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VETUS ET NOVUS ORDO (IV): Continuando la riflessione con P. Aug.


By Simon de Cyrne on 8 settembre 2013 ( 1 )

S.d.D. Paolo VI estensore della riforma di S. Pio V


Vorrei riportare qui una conversazione che sto avendo con lutente Giovanni Pierluigi sul blog di
Aug in quanto mi aiuta ad illustrare il mio approccio, sempre nel senso di una pacificazioni tra i
tenenti dei due riti, dapprima a livello teoretico in seguito pastorale, alfin di vivere un biformalismo adulto nelle parrocchie e rispondere alla domanda posta da P. Aug anche discussa qui
e qui.
In una prima domanda Gionanni Pierluigi mi chiede:
Symone di Cirene, io non ho mai messo in dubbio la legittimit del messale NO, che peraltro
quello che viene utilizzato nella messe che frequento. Tuttavia credo di poter dire senza chiedere
permesso che, a seguito di una lettura personale della Sacrosanctum concilium, mi sono reso
conto con crescente disappunto che ci che vi sta scritto non corrisponde a molto di ci che stato
fatto...
Al che ho portato la seguente risposta:
Capisco che Lei desidera avere un punto di riferimento con il quale paragonare quel che succede
nelle parrocchie e quel che il Magistero possa aver detto: ma linsegnamento della SC per quanto
sempre valida si riferisce in primis alla messa detta V.O. quale si celebrava allora ed difficile
voler applicare tale e quale quelle raccomandazioni alla forma paolina che ancora non esisteva.
N credo che si abbia il diritto di voler limitare la potest del Vescovo di Roma sulla base di
direttive conciliari precedenti se non in quelle richiedenti un grado di assenso al Santo Padre
superiore a quello della Sua stessa podest in materia liturgica il che non mi sembra sia stato il
caso.

Giovanni Pierluigi chiede quindi:


Gentile Simone, non mi tanto chiaro ci che intende dire: vuole dire che siccome quando fu
scritta la costituzione sulla liturgia non esisteva ancora il Novus ordo, allora il concilio superato e
non si applica alla nuova liturgia riformata? Non sono daccordo. Io ritengo che la nuova litugia
dovrebbe essere lapplicazione del concilio. Se ci sono parti incongruenti (e ce ne sono parecchie,
ad esempio tutto il capitolo VI) va cambiata la nuova liturgia.

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Al che rispondo:
S intendo proprio questo: la SC si riferisce direttamente al V.O.
Secondo me, Paolo VI, decidendo di allargare la nozione di Rito romano della Chiesa latina,
introducendo altri canoni, era tenuto a seguire le indicazioni generali della SC ma non quelle
particolari specifiche proprio al V.O.
Questa giusto unopinione mia, ovviamente.

Infine, chiudendo, Giovanni Pierluigi chiede una precisione finale:


E unopinione interessante, ma vorrebbe dire che la Riforma liturgica non lapplicazione del
Concilio, ma qualcosa daltro. Tuttavia n Paolo VI n quelli venuti dopo hanno mai dichiarato una
cosa del genere, anzi a parole si sono sempre detti grandi ammiratori del concilio e desiderosi di
metterlo in pratica. Salvo poi fare, come tu osservi, diversamente da ci che dice il concilio. E
questo che non capisco

E finalmente do il mio ultimo parere:


E un fatto che il messale Paolo VI introduce altri canoni, quindi non si pu davvero dire che sia
la continuazione del rito tridentino, per stessa definizione.
Non vedo una necessit particolare per Paolo VI di applicare la SC se non come causa lontana e
non prossima: quindi s, pu essere visto come applicazione del Concilio nellinterpretazione che il
Magistero di Paolo VI ne ha fatto dopo il Concilio stesso: quindi legittimo.
Aggiungerei a questo il fatto che la SC sia stato il primo documento accettato e votato e
probabilmente senza ancor tener conto di tutti chi sviluppi ecclesiologi che il Santo Sinodo fece in
seguito: lopinione di P. Aug sarebbe interessante a questo punto.
Potrebbe essere che il Santo Padre abbia considerato che non fosse possibile tener conto
dellecclesiologia sviluppata durante il Concilio nel quadro della definizione di rito romano
limitato a quello tridentino, da dove la necessit di estenderne la definizione.
Come conseguenza avremmo il rito paolino perfettamente in linea con il Concilio anche se non
applicante lintegralit della SC che non si riferisce a esso ma al rito tridentino strictu sensu.
Spero che questo scambio apra persperttive per ulteriori discussioni e non per ulteriori conflitti
A presto
In Pace

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VETUS ET NOVUS ORDO (V) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug


By Simon de Cyrne on 10 settembre 2013 ( 7 )

Messa secondo messale Paolo VI


presso la Communaut Saint Martin
Vorrei cominciare questo post ringraziando calorosamente P. Aug per essersi dato la pena di
confrontarsi alla nostra proposta in risposta al problema da lui sollevato sulla possibilit della
convivenza a lungo termine di due forme nel rito romano della Chiesa latina: la mia posizione,
contrariamente alla stragrande maggioranza dei cattolici affezionati alla forma straordinaria e di
quelli affezionati alla forma ordinaria , che il bi-formalismo una cosa buona in s nella Chiesa del
XXI secolo e deve essere coltivato senza paura, a certe precise condizioni, la principale essendo di
esprimere un reale sentire cum Ecclesia il che vuol dire, per cominciare, esprimere mistagogicamente
l ecclesiologia espressa esplicitamente dal Magistero.
La mia reazione, che si vuole anche segno di riconoscenza inverso P. Aug suddivisa in due
parti: la prima una rapida recensione dei vari punti di accordi e di dissenso, la seconda, un breve
ritorno sulla discussione di alcuni principi, al fin di mandare avanti un dialogo che si apri ad altre
possibilit che il S.S. Concilio Vaticano II ci ha lasciato in eredit e che, secondo il mio umile parere,
permette e addirittura auspica, anche se solo implicitamente, la possibilit di varie forme allinterno
dello stesso rito.
Parte I
1. Concordo totalmente con P. Aug quando afferma : Secondo me, la forma straordinaria ha un
impianto ecclesiologico diverso di quello che anima la forma ordinaria. Per discordo quando,
pessimisticamente e chiudendo una porta afferma: Quindi da questo punto di vista, non
opportuno augurare un arricchimento che sarebbe di fatto un impoverimento. Discordanza basata
su queste due considerazioni di principio: in effetti (a) non perch uno diverso che per forza
pi povero dellaltro, rimanendo in questottica diamo adito a tutti i razzismi, come lo provano
tutte le discussioni spesso incivili sui blogs tra i pro e i con delle due forme liturgiche (b) se le
differenze sono basate su messe in evidenze e in valori di aspetti differenti dellecclesiologia
cattolica, allora un arricchimento sar sempre possibile nel rispetto delle specificit di ogni forma. A
questo proposito, e a titolo di esempio, interessante notare, almeno in Isvizzera, che la forma
straordinaria vissuta in modo molto partecipativo, con il popolo spesso cantando allunisono della
19

2.

3.

4.

5.

6.

corale e ci dovuto al fatto che la maggioranza dei fedeli proviene da decenni di forma ordinaria: vi
quindi contaminazione positiva (nel senso di quella accresciuta partecipazione del popolo voluta
dal S.S. Concilio Vaticano II) della forma ordinaria su quella straordinaria senza nulla togliere della
specificit della prima. Come secondo esempio, possiamo avere quello dei sacerdoti che bi-ritualisti
introducono, li dove permesso e senza snaturare la forma ordinaria, gesti liturgici e atteggiamenti
spirituali di origine tridentina: in questo caso abbiamo uninfluenza della forma straordinaria su
quella ordinaria che tende a renderla meno scomposta.
Come non essere daccordo con questa affermazione di P. Aug : Altri aspetti pi secondari della
forma straordinaria possono essere assunti come punto di riferimento per celebrare la forma
ordinaria con maggiore fedelt, per, secondo i libri liturgici che la esprimono. La sola critica che
avrei, se ne dovessi avere una, la timidit di questa frase: infatti, andrei anche pi lontano
affermando che ci sono aspetti della forma paolina che potrebbero essere usati anche nella forma
straordinaria.
Vengono poi ricordati da P. Aug tre punti che costituiscono secondo lui difficolt maggiori :
Anzitutto, credo che si tratta di una operazione molto difficile perch in alcuni punti lanno liturgico
ha subito notevoli cambiamenti, come ad esempio la soppressione del Tempo di Settuagesima. In
secondo luogo, non credo che tutti nel variegato mondo tradizionalista accetterebbero una simile
soluzione. In terzo luogo, questa proposta un modo diverso di proporre la riforma della riforma:
accanto alla riforma di Paolo VI, ci sarebbe unaltra riforma della liturgia romana ispirata sempre al
Vaticano II, ma con criteri diversi!. Per, visto che discettiamo di comune accordo a livello di
principi, queste difficolt non dovrebbe essere enormi nel senso in cui (a) non proponiamo
di trasformare il VO in NO o viceversa, ma bens di lasciare le proprie specificit l dove formalmente
irriducibili e non in opposizione con il CVII; (b) il fatto che i cattolici tradizionali accettino o no esula
dal contesto di questa discussione, ma supporrei che se levoluzione fatta in modo omogeneo e
organico colla partecipazione dei principali interessati, allora questo problema dovrebbe essere
umanamente gestibile; (c) se ci fossero due riforme liturgiche della liturgia romana, corrispondenti
alle due forme, con criteri diversi ma ambo autentiche espressioni del Magistero, resterebbe tutto
da dimostrare che questo sarebbe un problema maggiore rispetto alla storia della Chiesa e del
Magistero del Concilio.
Ecco una frase della risposta di P. Aug sulla quale non sarei pronto a concordare a livello dei
principi anche se purtroppo latteggiamento concreto di certuni potrebbe sembrare avallare: Ci
potrebbe creare una rivalit tra le due forme rituali diversamente ispirate al Vaticano II : a livello
dei principi, non c ragione che ci debba essere rivalit, perch siamo solo di fronte a due modi di
vivere lo stesso cattolicesimo al pi vicino ai bisogni pastorali che, ovviamente, sono differenziati. In
fin dei conti si pu benissimo essere ottimi cattolici senza essere super stra- mariani, o
estremamente devoti a San Antonio da Padova, o dediti alle penitenze rigorose, o pentecostali , o
etc. Non lasciamoci influenzare dagli atteggiamenti estremisti di chi cattolico non pi!
Sono ampiamente daccordo con P.Aug quando conclude Secondo me, come dicevo sopra, quello
che si pu e si deve fare discutere a livello di principi che illuminano le soluzione pratiche. Ma qui
non c nessun tifoso che da consigli allallenatore, anche perch mi considero perfettamente a mio
agio con ambo le forme del rito romano e capace di coglierne senza conflitti interni gli ottimi
aspetti di ognuna: a comprova di quanto affermo, si noter che in tutti i miei interventi evito con
coscienza di entrare in discussioni di dettaglio o se do dettagli lo faccio giusto a titolo di esempio e
non di suggestione su come si dovrebbe fare, suggestioni che lascio volentieri a chi allenatore.
P. Aug termina il suo intervento positivamente lasciando,in finis una porta aperta, nella quale non
esiter a slanciarmi al fin di cercare di continuare questo dialogo da lui stesso iniziato e che tenter
nella seconda parte di questo post evitando per tentazioni fissiste: Un certo pluralismo liturgico,
lo vedo possibile, anzi augurabile, partendo per dai principi sulladattamento (o inculturazione)
della liturgia stabiliti da Sacrosanctum Concilium nei nn. 37-39, partendo quindi dalla riforma di
Paolo VI.:

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Parte II
Lex orandi Lex credendi: ecco unapoftegma che spesso si legge sui blogs che discutono di queste
materie. Ed in effetti, la Sacra Liturgia partecipa esplicitamente e mistagogicamente alla formazione
della coscienza e alla trasmissione del credo del fedele di generazione in generazione: fa quindi
anche parte di quel Magistero autentico, anzi addirittura ermeneutica del Magistero, in quanto,
celebrandola, essa informa non solo la nostra mente ma tutto il nostro essere e non limitandosi solo
ad un piano sopranaturale.
Quindi certamente, la forma paolina unermeneutica autentica della SC.
Il punto 3 della SC enuncia : Il sacro Concilio ritiene perci opportuno richiamare i seguenti
principi riguardanti la promozione e la riforma della liturgia e stabilire delle norme per attuarli.
Fra queste norme e questi principi parecchi possono e devono essere applicati sia al rito romano
sia agli altri riti, bench le norme pratiche che seguono debbano intendersi come riguardanti il
solo rito romano, a meno che si tratti di cose che per la loro stessa natura si riferiscono anche ad
altri riti.: questa precisione della SC quella che guida la mia personale riflessione a livello di
principi.
(1)

La SC pu e deve essere applicata ad altri riti, ma

(2) Ma, le sue norme pratiche sono da intendersi solo per il rito romano, cio nellintenzione
del Santo Sinodo, a quello che era allepoca il rito romano, cio il messale del 1962 dellordo
tridentino
(3) Se queste norme pratiche per loro natura possono applicarsi ad altri riti allora devono essere
applicate loro
Il punto 4 della SC ricorda: 4. Infine il sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione,
dichiara che la santa madre Chiesa considera come uguali in diritto e in dignit tutti i riti
legittimamente riconosciuti; vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo
incrementati; desidera infine che, ove sia necessario, siano riveduti integralmente con prudenza
nello spirito della sana tradizione e venga loro dato nuovo vigore, come richiedono le circostanze e
le necessit del nostro tempo.
Questo un punto importante dal quale non bisogna scostarsi: non perch la forma paolina del
rito romano sia unermeneutica autentica della SC che bisogna considerare gli altri riti aventi
meno diritti e dignit.
Quel che chiamato genericamente il V.O. un rito legittimamente riconosciuto, ad ultima
comprova il recente M.P.S.P.: latteggiamento giusto secondo lo spirito e la lettera del S.S.
Concilio Vaticano II dunque (1) di conservarlo, (2) di incrementarlo, (3) dargli un nuovo
vigore.
La mia tesi principale che la forma ordinaria non levoluzione del rito romano del 1962 ma una
sua estensione, cio formalmente altro, anche se funzionalmente e
legittimamente anchesso rito romano della Chiesa latina: non possiamo e non dobbiamo,
quindi, chiedere unevoluzione della forma straordinaria in quella ordinaria, o la riduzione di
questa a quella straordinaria.

21

Alla forma paolina del rito romano si devono applicare i principi e le norme della riforma
liturgica, ma non si debbono per forza applicare le norme pratiche ch vanno solo alla forma
tridentina, quella alla quale i Padri conciliari si riferivano. E questo per la buona pace dei cattolici
di sensibilit tradizionale: non cerchino di dire che la forma ordinaria non applica la SC su certi
aspetti pratici, in quanto questo la SC non lo ha mai chiesto, anzi, casomai ha proprio sottolineato il
contrario.
Ma non si cerchi neppure di eliminare la forma straordinaria per buona pace di chi non ha
sensibilit tradizionale: infatti, se si vuole essere veramente nello spirito del Concilio bisogna
accettare, ma non solo, dare nuovo vigore alla forma tridentina rivedendola nello spirito della
tradizione e secondo le direttive specifiche della SC.
Profeticamente questo punto stato ricordato del primo capitolo della SC ai punti 37 e 38:
37. La Chiesa, quando non in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre,
neppure nella liturgia, una rigida uniformit; rispetta anzi e favorisce le qualit e le doti di animo
delle varie razze e dei vari popoli. Tutto ci poi che nel costume dei popoli non indissolubilmente
legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se possibile, lo conserva
inalterato, e a volte lo ammette perfino nella liturgia, purch possa armonizzarsi con il vero e
autentico spirito liturgico.
38. Salva la sostanziale unit del rito romano, anche nella revisione dei libri liturgici si lasci posto
alle legittime diversit e ai legittimi adattamenti ai vari gruppi etnici, regioni, popoli, soprattutto
nelle missioni; e sar bene tener opportunamente presente questo principio nella struttura dei riti e
nellordinamento delle rubriche.
Il forma tridentina del rito romano fa parte delle qualit e delle doti di animo del popolo
cattolico radicato nellantica romanit e nei millenni dellesperienza europea: in quanto tale la
riforma paolina dovrebbe essere applicata senza nessuna rigida uniformit e, soprattutto,
perch ormai anche lEuropa diventata terra di missione ed legittimo che la Gerarchia si
adatti alla presenza della forma straordinaria e ne permetta il suo omogeneo sviluppo.
Certo, ma P. Aug controbatter che lecclesiologia della forma straordinaria non riflette cos
completamente, quanto la forma paolina, quella sviluppata nei successivi documenti del S.S.
Concilio, ma questo non dovrebbe essere un problema di principio in quanto la forma
straordinaria non contiene niente di formalmente opposto allecclesiologia del
S.S. Concilio Vaticano II e, in quanto tale, pu, anzi deve, evolvere secondo le direttive conciliari
in modo omogeneo e organico se gli si d la possibilit di farlo in linea con la tradizione come
voluto dai Padri Conciliari.
In Pace

22

Liturgia Apocalittica
By Simon de Cyrne on 24 settembre 2013 ( 55 )

Il Festino delle Nozze dellAgnello dellApocalisse di Giovanni


In alcuni post precedenti, provando di andare oltre alla stringata e, in questo caso, un po ottusa
visione di P.Aug, peraltro rinomato e acuto liturgista e confratello bloggista, che vede nella
presenza di varie forme del rito romano una competizione nefasta per la Chiesa abbiamo proposto la
ricerca di un massimo comune moltiplicatore per vivere la forma ordinaria e quella
straordinaria con spirito di eccellenza per ciascuna chiedendo ai Pastori di conservarle, di
incrementarle e di dar loro un nuovo vigore.

Proprio in questi giorni ci annunziato il ritorno ufficiale del rito anglicano nella Chiesa latina e
vediamo che questi visto dai nostro Vescovi come un arricchimento per la Chiesa latina: questo ci
conferma nel nostro atteggiamento in direzione di un bi-formalismo totalmente assunto e senza
complessi che sposi con allegrezza i bisogni pastorali e spirituali delle varie culture e delle varie
chiese che compongono la realt cattolica.
In questo lungo post, vorremmo proporre e vedere questo massimo comune moltiplicatore di
TUTTE le liturgie al di l delle ideologie va da cercarsi nella Liturgia celeste descritta con
potenza nellApocalisse di Giovanni e per tentare di dimostrarlo ci
appoggeremo sulleccellente libretto di facilissima lettura di Scott Hahn, THE LAMBS SUPPER
THE MASS AS HEAVEN ON EARTH (Darton,Longman & Todd Ltd, 01 feb 2003, ASIN:
B0092JFE6U). Armatevi dellApocalisse
Gi i Padri della Chiesa avevano visto nellApocalisse la chiave della liturgia e nella liturgia la
chiave dellApocalisse, ma dopo quasi 14 secoli ecco la SacroSanctum Concilium ricordarci:
8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene
celebrata nella santa citt di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo
siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le
schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore linno di gloria; ricordando con venerazione i
santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Ges Cristo,
fino a quando egli comparir, egli che la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella
gloria.
23

E questo ancora precisa il Catechismo della Chiesa Cattolica:


2642 La rivelazione delle cose che devono presto accadere , lApocalisse, poggia sui cantici
della liturgia celeste, 131 ma anche sullintercessione dei testimoni (martiri). 132 I profeti e i santi,
tutti coloro che furono uccisi sulla terra per la testimonianza da loro data a Ges, 133 limmensa
folla di coloro che, venuti dalla grande tribolazione, ci hanno preceduto nel Regno, cantano la lode
di gloria di colui che siede sul trono e dellAgnello. 134 In comunione con loro, anche la Chiesa
terrestre canta questi cantici, nella fede e nella prova. La fede, nella domanda e nellintercessione,
spera contro ogni speranza e rende grazie al Padre della luce, dal quale discende ogni dono
perfetto. 135La fede cos una pura lode.
2643 LEucaristia contiene ed esprime tutte le forme di preghiera: loblazione pura di tutto il
corpo di Cristo a gloria del suo nome. 136 Secondo le tradizioni dOriente e dOccidente, essa il
sacrificio di lode .
NellApocalisse, come nella messa, nella sua unit ci sono due parti ben distinte: i primi undici
capitoli si concentrano sulla lettura alle sette chiese e nei primi tre capitoli c ben otto volte un
richiamo di Cristo alla penitenza delle Chiese , per poi convergere sullapertura del Libro . Dal
dodicesimo capitolo in poi, si apre il Tempio di Dio nei cieli e la celebrazione del festino delle nozze
dellAgnello vi culmina.
Vi un Tempio: [11, 1]Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: Alzati e misura
il santuario di Dio e laltare e il numero di quelli che vi stanno adorando
Vi un altare: [8, 3] Poi venne un altro angelo e si ferm allaltare, reggendo un incensiere doro.
Gli furono dati molti profumi perch li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli
sullaltare doro, posto davanti al trono.
Vi un gran sacerdote: [1,13]e in mezzo ai candelabri cera uno simile a figlio di uomo, con un
abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia doro
Ci sono sacerdoti: [4, 4]Attorno al trono, poi, cerano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti
ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone doro sul capo.
Il celibato consacrato vi celebrato: [14, 4]Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti
vergini e seguono lAgnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per
Dio e per lAgnello.
Il Sacerdozio dei fedeli vi descritto : [1, 5] A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri
peccati con il suo sangue,[1, 6]che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui
la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
V il Segno della Croce: [14, 1]Poi guardai ed ecco lAgnello ritto sul monte Sion e insieme
centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre
suo.
Il rito pentenziale occupa i capitoli 2 e 3
Si canta il Gloria: [15, 3]cantavano il cantico di Mos, servo di Dio, e il cantico dellAgnello:
Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio Onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re
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delle genti! [15, 4]Chi non temer, o Signore, e non glorificher il tuo nome? Poich tu solo sei
santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perch i tuoi giusti giudizi si sono
manifestati.
Lettura delle scritture : capitoli 2, 3 ,5 e 8
Lalleluja cantato: [19,1]Dopo ci, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che
diceva: Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; [3]E per la seconda volta dissero:
Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!. [4]Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri
viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: Amen, alleluia. [6]Udii poi
come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti,
che gridavano: Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore,
il nostro Dio, lOnnipotente.
C lincenso: [8, 3]Poi venne un altro angelo e si ferm allaltare, reggendo un incensiere doro.
Gli furono dati molti profumi perch li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli
sullaltare doro, posto davanti al trono. [4]E dalla mano dellangelo il fumo degli aromi sal
davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi. [5]Poi langelo prese lincensiere, lo riemp del
fuoco preso dallaltare e lo gett sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse
di terremoto.
Il Libro aperto: [ 5,1]E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma
di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli.
LOstia: [2, 17]Chi ha orecchi, ascolti ci che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore dar la
manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce
allinfuori di chi la riceve
Calici: Tutto il capitolo 16: [1]Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli:
Andate e versate sulla terra le sette coppe dellira di Dio.. [19]La grande citt si squarci in tre
parti e crollarono le citt delle nazioni. Dio si ricord di Babilonia la grande, per darle da bere la
coppa di vino della sua ira ardente.
Incenso di nuovo: Incenso: [5, 8]E quando lebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro
vegliardi si prostrarono davanti allAgnello, avendo ciascuno unarpa e coppe doro colme di
profumi, che sono le preghiere dei santi.
Sursum corda: [11, 12]Allora udirono un grido possente dal cielo: Salite quass e salirono al
cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici.
Sanctus: [4, 8]I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di
occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, lOnnipotente,
Colui che era, che e che viene!
Sacerdoti: [14, 3]Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri
viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i
centoquarantaquattromila, i redenti della terra.
[19, 4]Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio,
seduto sul trono, dicendo: Amen, alleluia.
25

Agnus Dei: [5, 6]Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi
un Agnello, come immolato. [12]e dicevano a gran voce: LAgnello che fu immolato degno di
ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione. [13]Tutte le creature
del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: A
Colui che siede sul trono e allAgnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli.
Preeminenza della Vergine: [12, 1]Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di
sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.
Intercessione dei Santi e degli angeli: [6, 9]Quando lAgnello apr il quinto sigillo, vidi sotto
laltare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che
gli avevano resa. [10]E gridarono a gran voce: Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace,
non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?.
[8, 3]Poi venne un altro angelo e si ferm allaltare, reggendo un incensiere doro. Gli furono dati
molti profumi perch li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sullaltare doro,
posto davanti al trono. [4]E dalla mano dellangelo il fumo degli aromi sal davanti a Dio, insieme
con le preghiere dei santi.
(N.B.: quel che interessante a proposito delle anime sotto laltare che il rito si compie
solitamente sulle reliquie di santi e che sono 24 i santi e grandi vegliardi che sono ricordati nel
canone romano : beatrum Apostolrum ac Mrtyrum turum: Petri et Pauli, Andr, Iacbi,
Ionnis, Thom, Iacbi, Philppi, Bartholomi, Matthi, Simnis et Thaddi: Lini, Cleti,
Clemntis, Xysti, Cornlii, Cyprini, Laurntii, Chrysgoni, Ionnis et Pauli, Cosm et Damini)
Contemplazione silenziosa: [8,1]Quando lAgnello apr il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo
per circa mezzora.
Di nuovo il sacerdozio dei fedeli: [20, 6]Beati e santi coloro che prendono parte alla prima
risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e
regneranno con lui per mille anni.
Festino delle Nozze dellAgnello: [19, 9]Allora langelo mi disse: Scrivi: Beati gli invitati al
banchetto delle nozze dellAgnello!. Poi aggiunse: Queste sono parole veraci di Dio.
[19, 17]Vidi poi un angelo, ritto sul sole, che gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano in
mezzo al cielo: [18]Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le
carni dei capitani, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini,
liberi e schiavi, piccoli e grandi.
San Michele arcangelo: [12, 7]Scoppi quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli
combattevano contro il drago.
Un suggestione fraterna: prima di bisticciarci su quale rito migliore dellaltro, meditiamo
lApocalisse e vediamone leccellenza nella sua attuazione
In Pace

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Introduzione ufficiale delle preghiere anglicane nel rito romano


By Simon de Cyrne on 12 ottobre 2013 ( 2 )
La nostra posizione liturgica conforme alla SC del Concilio Vaticano II e per la pi grande apertura
possibile volendo vivere la forma ordinaria e quella straordinaria con spirito di eccellenza per
ciascuna chiedendo ai Pastori di conservarle, di incrementarle e di dar loro un nuovo vigore.
Nello spirito della ricerca di quel che abbiamo definito il massimo comune moltiplicatore , siamo
felici di rendervi attenti allintroduzione ufficiale del rito specifico dellordinariato personale di
Nostra Signora di Walsingham .
Riportiamo qualche fotografie:

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In Pace

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Pellegrinaggio Summorum Pontificum: la Periferia va alla Sede di


Papa Francesco
By Simon de Cyrne on 22 ottobre 2013 ( 2 )

La posizione liturgica di Croce-Via stata espressa gi molte volte e si riassume da un lato


nellaffermazione che il bi-formalismo una cosa buona in s nella Chiesa del XXI secolo e,
daltro lato, nel fatto che chiediamo, allunisono del S.S. Concilio Vaticano II, ai Pastori di
conservare, di incrementare e di dar un nuovo vigore alla liturgia.
Con la stessa gioia con la quale abbiamo annunciato la reintroduzione delle preghiere anglicane nel
rito degli ordinariati anglo-cattolici cos oggi non possiamo che rallegrarci ed insistere affinch
tutti coloro che lo possono e che amano la forma straordinaria con quel sensus Ecclesiae e vera
affezione alla Santa Sede e al Vicario di Cristo, Papa Francesco possano parteciparvi e
ottenerne grazie immense per la Chiesa Tutta, questo mondo lacerato, le loro comunit locali, le loro
famiglie e loro stessi.
E importante che la partecipazione sia veramente allimmagine di chi devoto alla forma
straordinaria in numero e, ancor pi in qualit: con uno sguardo ed un atteggiamento di Fede e di
Speranza nella Chiesa, Sposa di Cristo, Animata dallo Spirito Santo Stesso, perfettamente Incarnata
nella realt odierna con questo Papa , questi Vescovi e questi fedeli eppure sempre la Stessa che ci
dirige senza errare presso il Suo Sposo.
BUON PELLEGRINAGGIO!
Pi informazioni sul sito UNA CUM PAPA NOSTRO
In Pace

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Ballare nella Messa di Paolo VI: un legittimo bisogno purtroppo frustrato


By Simon de Cyrne on 24 ottobre 2013 ( 5 )

Danze Rituali
Questi ultimi giorni un avvenimento curioso successo a Torino dove alliniziativa di P. Eugenio
Costa s.j. collaiuto della danzatrice professionale la S.ra Alberta Arinci si cercato di realizzare
quel che in arte culinaria chiamata fusion: sposare larte coreutica indiana colla celebrazione del
messale romano.
Una spiegazione di questa originale esperienza leggibile su Settimana del 20 ottobre 2013 firmata
da L.Pr. e riportata nel sito di P. Aug qui.
La danza ben definita da P. Costa come Ars Bene Movendi e molto volentieri lo seguiamo,
intellettualmente, nellanalisi che ne fa : Infatti, non si pu fare danza liturgica senza un senso
profondo della sacralit del corpo, della ritualit dellarte e della crucialit della liturgia nella
vita.
Non lo si pu pi seguire quando afferma che nella cultura europea il corpo sospetto: no! Questo
vero solo nella cultura protestante, soprattutto calvinista, che ha influenzato in particolare il mondo
anglo-sassone attraverso lo scisma anglicano che lo recep, e una certa forma, condannata, di
cattolicesimo chiamato giansenismo: certo che in questi due casi abbiamo una suspicione di base
rispetto al corpo, dovuto, nei fatti, alla vicinanza del calvinismo con il giudaismo che ha una
relazione al corpo alquanto ambigua.
Ma non vero nella cultura europea di stampo puramente cattolico: vivo in un paese che fu
calvinista per secoli, dove carnevale era condannato e vietato, lapparenza esteriore sempre sotto
stretto controllo, nulla pi severo che un vero culto protestante calvinista, dove nessun gesto
esterno o emozione sono mai espressi. Tale, invece, non mai stato lambiente cattolico, che si
esprime attraverso feste gioiose, processioni, pellegrinaggi, una liturgia , quella tridentina, molto
espressiva, grafica, visuale, dove le azioni del sacerdote e dei fedeli , spesso nel silenzio,
esprimevano lazione liturgica intrecciata in una coreografia levigata e precisa, con unattenzione al
dettaglio da far impallidire tutte le danzatrici rituali indiane.
Purtroppo il messale di Paolo VI, bench ottimo, un messale che risente di unaria calvinista:
laspetto visuale vi povero, la gestualit imprecisa, lastrattezza del rito surrogata solo
parzialmente da un oralit a volte eccessiva, c poca coreografia, lunit di tempo e di azione
limitata essenzialmente allaspetto di scambi verbali o allunisono, ancora una volta alquanto astratti,
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non c pi quel balletto tridentinodi atti e di intrecci tra celebranti, accoliti e fedeli che
marcavano una actuosa partecipatio negli. atti concreti anche se, forse, non abbastanza nelle
parole.
Allora s, la richiesta di P. Costa comprensibile: egli ci dice, senza saperlo, ma questo messale
troppo disincarnato, dateci dei gesti, ri-dateci una coreutica cattolica, fosse anche indiana!
Lo so che lerba del vicino pare sempre pi bella, ma perch non dare unocchiata a quel che gi
abbiamo e che si integrerebbe cos naturalmente nel nostro rito, almeno in Occidente?
In Pace

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Il Cardinale Walter Kasper sulla Sacrosanctum Concilium


By Simon de Cyrne on 25 ottobre 2013 ( 5 )

Card. Walter Kasper


Commentiamo brevemente unarticolo della Kipa/Apic ripreso dal Sismografo una settimana fa il 17
ottobre 2013 circa unintervento dato dal Card. Kasper in un congresso a Friburgo, in Isvizzera,
alloccasione del 50mo anniversario della Sacrosanctum Concilium.
Bench centrato sulla situazione Svizzera molti punti sono di interesse generale per chi si interessa di
Liturgia da vicino a o da lontano: il venerabile Prelato ha ricordato che lobiettivo del Concilio era di
rendere il mistero di Cristo nella sua Chiesa in una comprensione nuova e sottolinea che la
richiesta da parte dei Padri Conciliari della partecipazione dei fedeli in quanto soggetti significava
partecipazione di questi in un dialogo con il sacerdote che che agisce in nome di Cristo.
Il rischio, che poi si verificato, era che senza una solida catechesi dei sacramenti, si cadesse sia nel
ritualismo che nella banalit. A titolo di esempio mostra quanto si sia nei fatti sviati e rimasti sia su
nozioni di solo sacrificio o di sola cena senza integrare il senso pi profondo che celebrazione
della Pasqua, della Passione e della Resurrezione di Cristo.
Teniamo a metter in evidenza questo discorso in quanto il Cardinale riallaccia cos colla necessit di
collegare latto liturgico e cultuale con il fondamento della nostra Fede che la posizione
Croce-Via e ci conferma quel che abbiamo illustrato nel nostro post su La Liturgia Apocalittica
La ricerca di eccellenza e del famoso massimo comune moltiplicatore discusso nei nostri posts sul
bi-ritualismo trova qui una sua formalizzazione che ci convince: leccellenza del rito passa
attraverso una reintegrazione esplicita della nozione che durante la Santa Messa vi
attualizzazione della Pasqua nella Sua interezza, compresa la dimensione comunitaria del
gioved santo, e comprendente tutta la Passione e la Resurrezione. La connessione tra fede e
culto pienamente ristabilita e la missione catechistica ha il suo oggetto perfettamente delineato e,
per quanto ci riguarda, sono anche indicate cos le linee di evoluzione future della forma ordinaria
come anche di quella straordinaria, ognuna secondo il proprio genio, sotto il soffio dello Spirito
Santo ed in piena obbedienza ai Pastori nel fare quel che la Chiesa vuole che sia fatto.

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In PaceLultima messa
By Simon de Cyrne on 17 febbraio 2014 ( 27 )

Messa secondo messale Paolo VI


presso la Communaut Saint Martin
Il Santo Padre nelle sue ultime catechesi ci ha parlato con semplicit e precisione della Santa
Eucarestia, ricordandoci che il problema non quello di sentirla ma di parteciparvi.
La Messa, ci ricorda il Santo Padre una commemorazione reale, cio una teofania: Dio si
avvicina ed con noi, e noi partecipiamo al mistero della Redenzione
Si ricorda poi della messa alla quale partecipava da bambino, quella oggi celebrata nella forma
straordinaria dellunico rito romano: celebrare la liturgia avere questa disponibilit ad entrare
nel mistero di Dio, nel suo spazio, nel suo tempo, e affidarsi a questo mistero
E ci ricorda la dottrina di duemila anni su cosa sia lessenza sostanzifica della Messa, essenza
messa da parte da troppi modernisti, ignoranti e poco mistici operatori pastorali, sacerdoti e, grande
maledizione, vescovi duranti gli ultimi decenni:
Quando noi celebriamo la Messa, noi non facciamo una rappresentazione dellUltima Cena: no,
non una rappresentazione. E unaltra cosa: proprio lUltima Cena. E proprio vivere unaltra
volta la Passione e la morte redentrice del Signore. E una teofania: il Signore si fa
presente sullaltare per essere offerto al Padre per la salvezza del mondo.
Questa la dottrina della Santa Chiesa ribadita e riconfermata da Papa Francesco, il Papa del buon
senso.
Ma al contempo la sezione ceca della Radio Vaticana, ritradotta da Rorate e riportata da MIL ci fa
sapere unopinione personale del Santo Padre su chi frequenta la forma straordinaria: un giudizio
dato con grande affetto , lattenzione e la sensibilit di tutti , ma durante il quale il Santo Padre
ha detto non capire bene perch i giovani si rivolgano verso questo tipo di celebrazione mettendo
questo sulla possibilit che sia un fenomeno di moda e conclude che se senza approfondire tali
tematiche liturgiche nessuna forma liturgica , questa o quella che sia, ci pu salvare .
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Infatti non sar mai la scelta di una forma liturgica a salvarci ma il perch profondo partecipiamo alla
Santa Messa da lui stesso cos ben definita, che per noi perfettamente rappresentata nellApocalisse
di Giovanni
Mi sono chiesto ultimamente come vorrei che fosse la mia ultima messa o la messa dei miei funerali,
in quanto amo davvero moltissimo la forma straordinaria per ragioni espresse pi volte su questo
blog e che potete veder descritte nella categoria liturgia : miglior uso del corpo umano e della
scenografia nella partecipazione liturgica , verticalit liturgica che corrisponde molto pi
intimamente alla mia spiritualit eucaristica, silenzio abitato, pi grande significato di un popolo in
marcia tutti nella stessa direzione verso lOriente, da dove Cristo torna, etc. etc.
Per, se fosse lultima delle ultime che forma scegliere? Quella dove mi sentirei meglio o quella
dove parteciperebbe meglio la mia unit colla Chiesa universale, Quella di sempre, cio Quella di
oggi , che la Sola che sia, con a Capo questo Vicario di Cristo, e questi Vescovi in unione con lui, e
tutto il Popolo di Dio in unione con loro. LEucaristia segno di unione, di un solo Corpo unito al
Suo Capo, di un solo Cristo che si d alla Sua Chiesa: come esprimerei al meglio questa unione?.
La mia risposta, dopo molta riflessione, che la forma che sceglier sar quella ordinaria, senza
abusi, senza sciattezze e, Dio volendo, celebrata con il canone romano e, gli uomini volendo, con
canti gregoriani.
In Pace

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Messa in latino amata da 66% dei cattolici praticanti


By Simon de Cyrne on 28 febbraio 2014 ( 22 )

Il Card. J. Ratzinger, Mons. J. Bergoglio, il Beato Giovanni Paolo II


O.T.: In regalo ai nostri utenti questa foto, pi unica che rara, che vede i tre ultimi papi
assieme,
Ecco, finalmente, un vero sondaggio dalla Svizzera ed interessante perch fatto a grandezza reale.
Religioscope ha fatto uno studio a dimensione reale su tutta la citt di Friburgo, in Isvizzera, in tutti i
decanati della citt il 15 e 16 giugno 2013 ed i risultati sono stati analizzati in modo neutro dal
professore Christophe Monnot, sociologo all Universit de Lausanne, e dall abb Franois-Xavier
Amherdt, professore di teologia pastorale dell Universit de Fribourg.
Hanno partecipato le persone di 54 delle 69 messe celebrate a Friburgo quel sabato sera e domenica
tutta ( Friburgo conta circa 40000 abitanti) e 3430 risposte sono state ricevute.
Quel che interessante per il nostro blog il seguente risultato che viene da una realt cattolica
tartassata da cinque e pi decenni di becero progressismo colla conseguenza di non avere
praticamente quasi pi nessuna vocazione sacerdotale (una sola ordinazione allanno quando
muoiono 15 sacerdoti durante lo stesso periodo), dove tutte le teorie moderniste sono passate e le
peggiori liturgie vi sono state sperimentante: ebbene 45% apprezzano molto le messe in latino (
forma straordinaria inclusa) e 21% alquanto, per un totale di 66%. (Notate che questo non vuol
dire che 66% delle messe siano in latino, anzi, proprio il contrario e solo in una parrocchia concessa
alla FSSP).
En ce qui concerne le troisime point, le questionnaire indiquait Messe en latin (forme
extraordinaire), cest--dire les messes clbres dans le rite tridentin (pr-Vatican II). 1561
rpondants (45,2 %) dclaraient les apprcier beaucoup et 745 (21,6 %) assez, avec seulement
une petite minorit davis ngatifs, puisque 20,3 % ne donnaient pas de rponse cette question.
Quoi quil en soit du rite, lusage liturgique du latin est apprci par un important pourcentage des

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pratiquants, y compris les plus jeunes. De faon gnrale, une messe classique semble tre le
modle qui recueille le plus large agrment.
Certo risultati come questi a livello di una citt intera, seggio episcopale importante, dovrebbero dare
a pensare che non stiamo a parlare di mode ma di una reazione alla sciattezza delle liturgie troppo
spesso offerte: vi anche ed ancora sempre una disparit tra lofferta e quel che i fedeli davvero
vogliono.
Vorrei aggiungere un paio di osservazioni: le messe in latino secondo la forma ordinaria non sono
praticamente mai celebrate, a volte solo il Credo, il Sanctus e lAgnus sono in latino; la forma
straordinaria celebrata grazie alla Fraternit Sacerdotale San Pietro ( FSSP) che ha una parrocchia
per s, quindi quando parliamo di 66% di persone che amano molto, o alquanto, la messa in latino,
non parliamo di 66% di persone che hanno la fortuna di poterla vivere ogni domenica, ma di 66% di
persone che, semplicemente, la amano. Una conseguenza di questo che il Motu Proprio Summorum
Pontificum, abbinato ovviamente al suo decreto di applicazione Universae Ecclesiae alfin di evitare
che gente con losche motivazioni tradi-protestanti cerchino di manipolarla, ha da essere offerto dal
presbiterium in modo ancora pi largo in ogni parrocchia.
Il secondo commento che dopo 50 anni di pastorale modernista universale, con troppe messe
menefreghiste, le quali hanno avuto come conseguenza diretta o indiretta di far calare la
partecipazione domenicale da 40% a 10% , chi va ancora a messa una maggioranza di persone che
ama le messe in latino, e questo compresi i pi giovani!
Questo studio mostra che presso i cattolici di Friburgo la messa in latino non va contro la loro fede
cattolica, n contro linsegnamento del Concilio e dei Papi del post-Concilio, visto che sono tutti
praticanti di normali parrocchie, e che essa esprime perfettamente, anche per loro, quel che la Chiesa
insegna al giorno doggi, alla faccia di chi pretenderebbe che frequentare la forma straordinaria
implicherebbe un rifiuto del Concilio.
Chiss, forse anche questo segno di dove una pastorale davvero impegnata, seria e non
ideologizzata dovrebbe andare a parare: certo, coloro che usano della Messa in Latino come
bandiera contro il Concilio ed i Papi attuali, rendono questa messa ostica a tutti, ma forse lo spirito
maligno che li consiglia e che loro seguono, proprio questo vuole
In Pace

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Lermeneutica delle tradizioni credenti come superamento della


prospettiva aristotelico-tomista nel problema dellinerranza biblica: il
cammino di uno studioso
By minstrel on 20 maggio 2014 ( 103 )

Luce e buio dellesegesi


Oggi Croce-via ha il piacere di ospitare uno scritto dellinsigne biblista Don Silvio Barbaglia
redatto per le pagine del blog dietro mia personale sollecitazione, nata in seguito ai commenti in
calce a questo articolo.
Speriamo e crediamo che questo sia solo uno dei possibili contributi che lamico Don Silvio potr
donarci per riflettere insieme ed approfondire alcuni temi scottanti delle Sacre Scritture.
Ci fa piacere inoltre pubblicare uno studio che cerca di andare OLTRE la prospettiva tomista in
sede di ermeneutica biblica, nonostante quello che poteva sembrare essere una difesa senza se e
senza ma a tale prospettiva, operata in queste settimane da questo stesso blog. Questo dovrebbe
dimostrare che non siamo chiusi in ununica visione, ma siamo aperti alle dispute che nascano da
posizioni precise che sappiano mettere in campo argomentazioni di spessore, proprio come il
presente articolo compie.
Personalmente non posso che ringraziare lamico Don Silvio per questo regalo e a me si uniscono i
collaboratori di Croce-via.
_______________________________
Ecco la domanda dalla quale scaturito larticolo.
D: Carissimo Silvio, sul blog recentemente stato fatto notare che uno dei problemi della Chiesa
odierna la perdita di credibilit del Magistero in fatto di esegesi biblica. Un nostro utente infatti
lamentava il fatto che oggi giorno linerranza biblica non riguarda, come si diceva in passato, la
scienza o la storiografia ma gli asserti religiosi. Citando il Ravasi egli scriveva che La Chiesa
cattolica sempre nella Dei Verbum- afferma: i libri della Scrittura insegnano con certezza,
fedelmente e senza errore la verit che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle
Sacre Lettere. Il Magistero della Chiesa ci d gli orientamenti chi ci aiutano ad interpretare
correttamente i differenti sensi della Bibbia. Ma allutente questo sembra una soluzione
ermeneutica in discontinuit rispetto a quel che il Magistero passato discorreva che fosse
linerranza biblica cui dichiarava limpossibilit di limitazione. E naturalmente citava i
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documenti Providentissimus Deus, Spiritus Paraclitus e Humani generis.


Partiamo dunque da questo: il problema esiste ed interessa ovviamente in primis i biblisti cattolici.
Uno studioso del tuo calibro, che insegna esegesi biblica e che comunque sacerdote quindi
vincolato al rispetto del Magistero Autentico, come si pone oggi giorno nei confronti di questo
spinoso argomento?
Don Silvio: il mio pensiero come ben sai ben distante dallimpostazione tradizionale del problema
di parte cattolica e non solo. Procederei con la risposta a punti, in questo modo.
1) Forma mentis sottesa alla teoria: limpostazione relativa al tema della Verit delle e nelle
Scritture e dellinerranza si rif sostanzialmente ad una forma di pensiero che risale allimpostazione
filosofica classica, di matrice sostanzialmente aristotelico-tomista che ha chiara coscienza del tema
della Verit, e pensa Dio stesso come Verit. E la forma essenziale in tema di dibattito teoretico
quella di una verit che tesa tra ragione e fede. Ben sapendo che laddove la ragione denuncia il suo
limite la fede pu offrire elementi di verit oltre quelli che la stessa ragione riesce a recepire e a
comprendere. Due ali della Verit come dice Giovanni Paolo II nellenciclica Fides et ratio ma la
tradizione ci assicura che ci sono verit che la ragione non pu comprendere nella loro profondit,
quelle verit di fede che la ragione pu comunque accogliere.
In questo quadro non si d che Dio possa ingannare luomo circa la Verit ed essendo la Sacra
Scrittura la forma prima della Parola di Dio, questa non pu sbagliare! Pena che Dio stesso sia in
errore! Ma questo, per principio, escluso. E da questo asserto sono dipese tutte le difese circa il
tema dellinerranza biblica, circa il ruolo del Magistero con la Pontificia Commissione Biblica che
ha voluto impedire con i pronunciamenti dinizio secolo scorso alcune derive storicistiche e
moderniste che volevano vedere nei testi di origine del libro della Genesi in particolare, una sorta di
forma mitica del pensiero, distante dalla res della storia, ma solo simbolicamente evocante contenuti
antropologici fondamentali. E da l, la difesa della storicit della coppia originaria, Adamo ed Eva, al
fine di salvare la teologia del peccato originale che si regge solo se lumanit la si pu ricondurre per
via di genealogia ad una coppia originaria, responsabile del peccato. E quindi con la Lettera
Enciclica Humani generis (1950) di Papa pio XII si giunge ad accogliere anche una sorta di teoria
evoluzionistica ma non certo listanza sostenuta dal poligenismo. Questi sono i casi pi eclatanti, ma
anche per il NT non mancano esempi, circa i racconti dellinfanzia di Ges a rischio per via delluso
dei generi letterari accolti dalla stessa Enciclica Humani generis. Lo scontro tra visione del
Magistero cattolico e la pretesa dellesegesi modernista di fine ottocento approdava a conclusioni che
ancora oggi creano imbarazzo quando le si conosce, come sopra ho richiamato anche solo
parzialmente
2) Dove sta il problema che produce uno scontro tra visione storica e visione credente, diciamo cos?
Secondo me risiede nella posizione comune di entrambi le ermeneutiche che vedono la testualit
entro una modalit ingenua che poi foriera di molteplici aporie logiche. E mi spiego. Sia gli
come gli altri quando parlano di testo sacro o testo biblico pensano a un prodotto scritto o da uno o
pi autori sacri e in ultima istanza ispirato da Dio oppure, nel caso dellesegesi storico-critica scritto
da uno o pi autori in modo analogo a tutti gli altri testi dellantichit. Sia gli uni come gli altri hanno
una sola idea di autore (sia esso singolo o collettivo, sia redattore, compilatore o altro), quella
extra-testuale, storica, in carne ed ossa (Dio compreso!). Invece quello che entrambi le ermeneutiche
non vedono che il vero autore da interpellare nellatto di lettura lautore implicito al testo,
la voce enunciativa del discorso. quello il vero autore da ascoltare e da decodificare nella sue trame
argomentative. Scoperto questo (in ci ci ha aiutato la linguistica, la narratologia e le discipline
legate alla retorica letteraria del sec. XX) si comprende come ogni testualit metta in campo un
proprio mondo di significati che sono prodotti con procedimenti a noi, per lo pi estranei, di pratiche
scribali antiche, di ipertesti sottesi che vanno scovati per far emergere significati non perspicui,
39

ecc La mera preoccupazione di rispondere alla domanda: ma successo cos? si pone come una
forma di approccio ingenuo alla realt. E peggio ancora nel far corrispondere la teoria della Verit
alla risposta: successo davvero cos? Quasi che la verit si dia nella relazione meramente
continuativa ed imitativa tra storia e testo che racconta una storia. Lermeneutica biblica da subito ha
avuto chiaro che la verit, intesa come contenuto caro allatto comunicativo del testo sovente prende
le distanze da puntuali accadimenti storici, valori culturali o altro. Il testo biblico quando nasce e
viene accolto come testo di riferimento normativo e quindi autorevole foriero di un nuovo mondo
di senso. LEsodo dallEgitto cos come raccontato alquanto assurdo dal punto di vista di una
verosimiglianza storica fattuale ma non lo entro la storia ri-creata dalla testualit fondatrice di una
tradizione. Esso accaduto cos come narrato, solo entro tale ermeneutica credente. Idem vale
anche per lermeneutica cristiana con tutte le dovute precisazioni, ma la logica del comporre un testo
fondativo, sacro e autorevole ben diversa dalla preoccupazione aristotelico-tomista del teorema
veritativo. Purtroppo per con esse che si sono misurati i conflitti tra scienza e fede o tra storia e
fede.
3) Questo modo di leggere il testo permette di ricalibrare il teorema veritativo entro unistanza
sistemica. La verit viene cos a corrispondere al messaggio finale del testo, operazione tra le pi
delicate dellesegesi e dellermeneutica biblica. Ma essenziale da farsi. Se la verit viene a
corrispondere al messaggio a sua volta occorre sapere a quale livello di testo vogliamo ricercare il
messaggio. Una cosa se analizzo una pericope, altro se analizzo un libro biblico, altro ancora se
colloco il libro allinterno di una sezione biblica oppure ancora se devo ricercare il messaggio di un
testo entro le dinamiche di una tradizione canonica precisa, cattolica, protestante, ortodossa, ebraica,
etiopica La forma e i contenuti del messaggio mutano significativamente e quindi anche la risposta
alla problematica veritativa ne risente. Infatti ipotizzando di posizionarmi entro unermeneutica
globale del messaggio biblico delle norme rituali o alimentari (ad es.) contenute nel Levitico, se la
prospettiva quella dellermeneutica ebraica comprendo come esse abbiano un valore cogente e
veritativo altissimo, se quella di unermeneutica cristiana trovo come quegli stessi comandi non
abbiano valore vincolante ed etico, anzi nessuno si pone il problema che sta trasgredendo a comandi
di Dio di cui si dice nella liturgica ecclesiale: Parola di Dio!!! Circa l80%, credo, dellAT non ha
alcun valore normativo sul fronte dei comandamenti e delle invettive profetiche e dei detti sapienziali
nei confronti dei lettori cristiani, mentre ne hanno tantissimo su quelli ebrei, perch la testualit
nata entro la loro cultura. E dunque che cosa vero? Non basta dire che Ges ha abolito la legge
perch anche questo non vero, e dunque? Dobbiamo disfarci dell80% almeno dellAT! Gi
Marcione nel II sec. ci aveva provato ma fu la grande chiesa che glielo imped! Ma anche diverse
normative contenute nel NT sono tranquillamente bypassate dal criterio veritativo cristiano: non si
avvertono per nulla cogenti! E dunque? Perch? Che cos verit in quello? Se non si punta ad
apprezzare per ogni testo la volont di presentare un messaggio e un messaggio finale, si va verso la
deriva di far corrispondere il concetto stesso di Verit delle Scritture a ci che ci serve (tradizione
cristiana compresa)! Ci sono evidenti errori anche nella Scrittura, ma sono tali se li si rapporta con un
altro sistema che contraddice laffermazione ivi contenuta. Come nel racconto di Ges, se accostate
le tradizioni sinottiche, sovente pare di trovarci di fronte a contraddizioni e quindi ad errori. A volte
gli apparenti errori sono variazioni volute per innovare il senso e noi figli del positivismo storico o di
altre forme di verit assolute non vediamo il bello delloperazione e non sappiamo apprezzare
linnovazione semantica del fenomeno.
4) Tutto questo porta allora a ribaltare il sistema logico della relazione veritativa. Nellimpostazione
classica la verit per sua natura unica e assoluta e laddove ci sono contraddizioni c diminuzione
di verit. Quasi che lunicit e luniformit sia la forma di presentazione migliore della verit. Il fatto
che la forma biblica e la nascita dellesperienza di fede, ebraica prima e poi cristiana, che hanno
posto mano alla redazione dei testi sacri hanno sempre assunto la matrice del particolare e del
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relativo e da questo si sono imposte con aperture universalistiche. Prima il giudaismo e poi
soprattutto il cristianesimo. Il credere che da un piccolo particolare, come il racconto di Ges, nato
in un villaggio di Giuda, da genitori comuni, cresciuto e vissuto in un territorio non certo tra i pi
importanti dellimpero romano, ecc questo Ges Cristo con i suoi, cresciuti entro unesperienza
particolare, hanno visto allargarsi ed ampliare la stessa esperienza fino a raggiungere dimensioni
tendenti alluniversale. Quindi il desiderio di assolutezza nei cromosomi della relativit della
verit. E la verit cristiana per sua natura relativa, in relazione con, e nasce con questa sua
caratteristica e cos pure la Scrittura va letta e percepita nella sua relativit per far esplodere da essa
la sua forza di tensione verso lassoluto. Quindi questa dinamica ermeneutica apre ad una ricerca
sempre viva che tesa tra il relativo e particolare e lattesa delluniversale e definitivo.
Entro questo quadro va ricollocata la riflessione sulla verit delle e nelle Scritture. Almeno nel mio
operare come esegeta vedo che funziona bene e fa sempre emergere la grandezza delle stesse.
Diversamente, mi troverei di fronte ad una sorta di schema veritativo gi preconfezionato da
applicare alle Scritture e questo sovente trasforma il commento alle Scritture in forme di
banalizzazione e di schemi triti e ritriti. Una sorta di minestra scaldata il cui gusto sempre quello,
pur dicendo di cambiare testo, gira e rigira la storia sempre quella. E questo accade sovente nella
predicazione di sacerdoti che avendo ben in mente una certa dogmatica, qualsiasi testo biblico
debbano commentare, riciclano sempre le stesse verit assolute e le fanno quadrare comunque sul
testo. chiaro che il messaggio di quel testo, il vero assetto veritativo di quella testualit, non
emerger mai in questa prospettiva.
Una precisazione: lapproccio che utilizzo non definibile come narratologico, ma si colloca in
una prospettiva ben pi ampia. Esso appartiene ad unermeneutica delle tradizioni credenti,
unermeneutica storica e letteraria entro la quale anche la narratologia si colloca come una delle tante
metodologie esegetiche che possono interagire fruttuosamente a rendere eloquente lapproccio di
unermeneutica delle tradizioni credenti. In questo senso lapproccio sia diacronico quanto
sincronico o, per dirla con Paul Ricouer pan-cronico.
Quindi la testualit biblica va compresa in primis nelle coordinate ermeneutiche della tradizione
credente che lha prodotta. E ogni tradizione credente, in misura diversa, ha una certa pretesa di
assolutezza, cio che il proprio prodotto sia quello superiore o il pi autentico rispetto agli altri. E
quando il problema lo si osserva nel punto di arrivo della propria operazione, dove ciascuno ritiene
di essere nel vero, nel giusto e cosi via, allora nascono inevitabilmente i conflitti. E il motivo dato
dallo smarrimento della dinamica genetica della tradizione credente. Per questo, il dogma per essere
apprezzato necessita di far emergere lafflato originario, a volte molto distante dal punto darrivo. E
nellitinerario in tensione, dalla Scrittura al Dogma c la vita di fede di una Chiesa che ha creduto e
per questo ha anche dato la vita! Fossilizzarsi sulla formula finale veritativa e oggettiva significa
oggi rendere sterile ci che la vita ecclesiale ci ha consegnato nella fatica della fede!
Lautore
Don Barbaglia, baccalaureato in teologia presso lo Studio Teologico San Gaudenzio in Novara e
licenza in Sacra Scrittura conseguita presso il Pontificio Istituto Biblico in Roma, insegna
Introduzione allAntico e al Nuovo Testamento, Esegesi di Antico e di Nuovo Testamento presso lo
Studentato teologico San Gaudenzio di Novara affiliato alla Facolt Teologica dellItalia
Settentrionale di Milano e presso lIstituto Superiore di Scienze religiose di Novara. Fondatore
dellassociazione culturale La Nuova Regaldi con la quale opera per una pastorale della cultura
vissuta nel costante confronto con le molteplici sfide che la cultura contemporanea rivolge alla fede.

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La Bibbia e il metodo storico: riflessioni sulla prospettiva per leges


By minstrel on 12 settembre 2014 ( 58 )

Una prospettiva di indagine


Rispondo con questo articolo al caro utente Marco Marchesini che in questo suo intervento, in calce
a questo articolo, ha sollevato opinioni in ordine alla scienza storica di fronte allevento Ges.
Nellintervento citato, che qui ripropongo integralmente per praticit, a parte lesposizione della
prospettiva epistemologica Popperiana (naturalmente semplificandola, per ovvi motivi), egli scrivfe
molte cose sulle quali concordo e altre su cui intendo fare rilievi. Spero con questo mio articolo di
chiarire la mia posizione personale -attenzione totalmente in fieri! - e al contempo, forse, far
comprendere come e perch lesegesi biblica cattolica oggi si imponga il dialogo con la scienza
storica contemporanea chiudendosi e studiando le Sacre Scritture secondo i suoi criteri.
La parola a Marco:
E [Popper] il padre del pensiero debole secondo cui luomo non riuscir mai ad attingere alla verit
oggettiva ed assoluta, ma al massimo pu formulare teorie falsificabili da esperienze successive. Per
lui linduzione non in grado di provare la verit di una affermazione perch per assurdo sono
infinite le possibilit che lo sperimentatore dovrebbe provare in ogni singolo caso. Per Popper non
esiste il concetto di induzione sufficiente per cui un numero sufficientemente grande di esempi
consente di dedurre una legge universale e di attingere alla verit.
Per assurdo non potrei neanche dire che tutti gli uomini sono mortali perch dovrei sperimentare che
ogni singolo uomo vivente nel presente ed anche tutti gli uomini che nasceranno nel futuro alla fine
moriranno dopo un po di anni. Dato che una verifica di questo genere assurda. Al massimo potrei
dire la teoria secondo cui gli uomini sono mortali per ora non stata falsificata da nessun caso, ma in
futuro forse lo potrebbe essere.
Quindi per il pensiero debole fallibilista qualunque affermazione storica non potr essere considerata
vera, neanche lesistenza storica di Napoleone. Al massimo sar una teoria che per ora non stata
falsificata. E tipico di questi pensatori considerare false molte affermazioni storiche ritenute per vere
senza portare uno straccio di prova. Per loro laffermazione dellesistenza storica di NSGC,
affermazione tradizionalmente considerata vera, da tenere falsa fino a prova contraria, prova che
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luomo non riuscir mai a raggiungere.


Un pensiero agnostico di tal genere lontano anni luce dal concetto di scienza di un San Tommaso
dAquino e del tutto incompatibile con la retta ragione e quindi anche la dottrina.
Questo non vuol dire che gli storici del pensiero debole facciano necessariamente affermazioni false,
ma bisogna essere molto attenti e sapere discernere quanto affermano. Purtroppo invece nel periodo
del pre-concilio i cattolici prendono per oro colato tutto quanto affermano i non cattolici per
demolire la Fede cattolica. Questo rispetto umano, subalternit culturale della peggiore specie.
1.

Inizio dallanalisi storica che ritengo carente, non fossanche perch oggi giorno molti studiosi non si
definiscono Popperiani, eppure non cedono di un millimetro dalla posizione che Marco dichiara
essere lontana
anni luce dal concetto di scienza di un San Tommaso dAquino e del tutto incompatibile con la retta
ragione e quindi anche la dottrina.
Non credo fosse lintenzione dello stesso Marco dare tutte le colpe al povero Karl, ma il suo scritto
risente comunque implicitamente di una tipologia di forma mentis scientifica completamente
contemporanea di cui forse nemmeno lui ha sentore.
Quando infatti scrive che il concetto di induzione, negato da Popper,
consente di dedurre una legge universale e di attingere alla verit
mi pare che egli dimostri implicitamente, sulla scorta di Maritain (Distinguere per unire. I gradi del
sapere, Morcelliana, Brescia 1974, pag. 44-45), di accettare la concezione moderna di scienza
come cognitio certa per leges, contro la concezione classica (questa si di San Tommaso) come
cognitio certa per causas. Per lexplicatio terminorum cito Gianfranco Basti:
le causae sono intese come quelle relazioni fra entit attive e passive che determinano (cio rendono
necessaria, necessitano) lesistenza naturale o extra-mentale di enti e/o eventi [implicitamente
richiamano le nozioni di atto-potenza e quindi di finalit causale. ndr].
le leges sono intese come quelle relazioni che determinano lesistenza logica (appartenenza di classe
e dunque la deducibilit e/o la predicibilit) di rappresentazioni, nel caso delle scienze formali, e la
predicibilit di fenomeni, di rappresentazioni quantitative (relative ad operazioni di misura) di eventi
extra-mentali, nel caso delle scienze naturali.
Basti, Gianfranco. Ontologia formale per una metafisica post-moderna. In: ALBERTO STRUMIA
ED., Il problema dei fondamenti. Da Aristotele a Tommaso dAquino allOntologia Formale,
Cantagalli, Siena, 2007, pp. 193-194
Potrei anche sbagliarmi riguardo allo scritto di Marco e alle intenzioni implicite: se fosse me ne
scuso. Questa distinzione chiarita credo mi permetta di continuare la riflessione sulla scienza storica
biblica intrapresa in quel post e tentare una analogia che sottopongo al giudizio dei lettori. Ma prima
concludo lexcursus storico.
Secondo il citato Maritain, ripreso da Basti, la metodologia moderna deriva da approcci sistematici
alla realt distorti da secoli prima di Popper, addirittura gi da Galileo, il quale fu il primo ad aver
preteso
neo-platonicamente il carattere apodittico di verit per la sua scienza (dalla verit delle premesse
segue la verit delle deduzioni), intesa come ontologia adeguata dellente fisico, ma Bellarmino gli
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contestava di non aver dimostrato la verit delle sue premesse, in quanto una simile dimostrazione
avrebbe richiesto quella che noi oggi chiameremmo una teoria dei fondamenti, e che allora
avrebbe dovuto essere la metafisica [e che il nostro lonergardiano Tom credo chiamerebbe Teoria
della conoscenza. ndr.]
Basti, Gianfranco. id, pag. 199
Tutti i passi successivi furono quindi un passaggio di rinuncia al carattere apodittico della fisicamatematica nei confronti dellessenza delle cose, ma (attenzione) non delle leggi che regolano le
cose medesime.
Infatti, ci ricorda Strumia,
la matematica considera la realt cogliendola non sotto laspetto dellindividualit (materia
sensibile), ma sotto laspetto delle leggi naturali, che sono relazioni universali e questo rende molto
potente nel fare previsioni la scienza moderna di tipo fisico-matematico. Inoltre la realt fisica viene
colta non tanto come un ente (sostanza), ma sotto laspetto della quantit che la propriet
emergente della materia.
Strumia, Alberto. Scienza e teologia a confronto. Fede & Cultura. 2014. Pag. 67
Via via con gli anni ecco nascere le geometrie non euclidee il quale:
far saltare il criterio cartesiano dellevidenza, aprendo la strada alla moderna concezione che vede
nella matematica una teoria di forme (sintassi) logicamente strutturata e del tutto svincolata dai
modelli, dalle interpretazioni, dalle applicazioni alla realt, forme il cui carattere, tuttavia, non pi
assoluto neppure nel soggetto, come voleva Kant, ma del tutto ipotetico e convenzionale.[...]
Assistiamo, cos nellambito della scienza moderna alla fine del principio di evidenza come
criterio fondativo di verit apodittiche: le teorie matematiche e, con esse, le teorie della scienze
fisiche hanno solo un carattere ipotetico. Alla matematica non si chiede pi di essere vera, ma
solo di essere coerente (sistema formale).
Basti, Gianfranco. id, pag. 200
Da qui nascono le antinomie logiche moderne che si scontrarono con lovviet ben risaputa da
Aristotele e Tommaso, cio che certi oggetti infiniti (per cos dire troppo generali), che compaiono
quando si cerca di elaborare delle teorie onnicomprensive, sono incompatibili con i metodi
costruttivi (Basti). Esattamente come il concetto di ente NON DEFINIBILE, ma solo descrivibile
(parola di San Tommaso, lo vedremo alla prossima lezione di Metafisica), nemmeno il concetto
generale di insieme matematico (a la Cantor) lo !
Il discorso lunghissimo e tocca solo trasversalmente quanto vorrei trattare qui, ma funge da
introduzione per correggere il tiro di quanto proposto da Marco e successivamente impostare la
possibile lettura del metodo storico critico moderno allinterno di questa situazione epistemologica
basata sulla possibilit di conoscenza per leges, cio di una conoscenza che si basa sul leggi intese
come relazioni universali fra loro stabili, predicibili e meramente quantitative estranee alla dicotomia
potenza-atto e che permettono delle rappresentazioni accettabili.
In poche parole: il concetto di razionalit si ridotto drasticamente e il criterio di scientificit ha
seguito il medesimo andamento, necessariamente. Bene lo spiega il fisico Strumia nella sua opera qui
citata (consigliatissima!):
Conseguentemente lidentificazione del canone di scientificit con il modello delle scienze fisicomatematiche o matematiche pure ha comportato la riduzione del concetto di razionalit al solo
ambito delle conoscenze scientifiche cos intese. Ci che non scientifico (nel senso predetto) non
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neppure razionale. Rispetto al modello medioevale della conoscenza scientifica organicamente


strutturata in discipline caratterizzate da oggetti formali (punti di vista) differenziati e da diversi
gradi di universalit, la sfera della razionalit viene drasticamente limitata, ridotta al solo ambito che
ha come oggetto di indagine gli aspetti quantitativo e relazionale della realt. una riduzione
allinterno della quale non possibile, di fatto, ricondurre tutte le propriet dellessere e tantomeno
delluomo. Con la riduzione del concetto di razionalit si viene di conseguenza a relegare nella sfera
della irrazionalit tutta larea della conoscenza e dellesperienza umana che non riducibile in
maniera esauriente in termini quantitativi e relazionali. Nasce cos una contrapposizione (non una
distinzione, ma una vera e propria conflittualit) tra scientifico e umanistico, razionale ed
emozionale, scienza e arte, scienza e fede, ove si intende che il secondo termine di ogni coppia
perdente rispetto al primo, e in ogni caso, ha diritto di cittadinanza o in tanto in quanto si lascia
ridurre e quindi integrare nel primo oppure accetta di essere a esso subordinato come fenomeno
culturale di secondo rango.
Strumia, Alberto. id. Pag. 73
2.

Detto questo permettetemi il parallelo citato nel prologo del presente articolo con la moderna scienza
storica. Prima di tutto rileggiamo insieme i cosidetti criteri del metodo storico biblico contemporaneo
(anche solo i titoli).
Fatto? Bene.
Quale quellavvenimento che perfettamente potrebbe aderire a tale metodo scientifico storico e che
al contempo ne mette in crisi lintero impianto? Esattamente: la resurrezione di Ges. fatto storico,
MA la storia, come scienza moderna, considerata razionale poich appunto risponde al paradigma
dominate (per leges) non pu permettersi di considerare fatto un simile avvenimento poich
questo estraneo alla relazione stabile e deducibile/predicibile che ne fonda laspetto scientifico
stesso!
Il miracolo oggi letto solo e soltanto in questa prospettiva. Esso tale solo e soltanto perch
estraneo alle relazioni finora appurate/deducibili e predicibili in ambito storico, uno strappo alle
leggi del contingente. Ma questa ovviamente una mera prospettiva, vera allinterno delle sue
premesse, certamente non completamente veritiera del fatto in s, visto che lo stesso miracolo
potrebbe essere letto in prospettiva per causae.
Va comunque da s che qualunque prospettiva possieda in s PARTE di Verit, come altrettanto
ovvio che la stessa non corrisponda alla Verit (storica in questo caso) in tutto e per tutto (per altro
scientificamente impossibile da raggiungere). E la scienza stessa che, con lutilizzo di questo
preciso metodo e in questa precisa prospettiva relazionale, SI chiude la possibilit di parlarne. E la
stessa scienza storica pertanto che, aderendo alla prospettiva inviolabile per leges, si vieta di dire se
questo fatto sia o meno avvenuto davvero.
Come si diceva: il fatto storico che forza lintero sistema, poich si apre ad una possibilit
estranea a tutti i criteri a priori del metodo che lo chiarifica come storico.
Si, a priori, poich come si diceva seguendo i meri criteri del metodo storico critico, la resurrezione
e i miracoli di Ges sono presentati come fatti avvenuti di cui tener conto, punto.
MA non possibile per la prospettiva per leges di cui sopra, punto.
Quindi?
Quindi o non si tratta il problema oppure, come sono obbligati a fare gli storici dei cosidetti profeti
(o di Dio come nel nostro caso siamo i soliti esagerati!), se la si vuole trattare si deve ricondurre
per forza il narrato sotto lunica prospettiva ad oggi considerata scientifica.
Quindi necessario negare, fine.
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Per Marco da quel che ho capito atroce, a me invece (da uno che questo momento storico che
gli dato vivere lo vuole comprendere e gustare) va benissimo! Si, mi va benissimo leggere un
Meier che segue perfettamente questa linea agnostica (cit.) nonostante sia presbitero cattolico, che
rilegge tutto in questa prospettiva oggi accettata dalla comunit con la quale DEVE fare i conti e,
nonostante questo, non perde la fede.
Come fa? Semplicemente sa CHE questo solo il risultato di UNA PROSPETTIVA! In un certo
modo scorpora la fede dalla scienza perch consapevole che oggi giorno la diminuitio di ratio sopra
citata impone studi con questo taglio prospettico.
Ovviamente stiamo comunque semplificando. In questo contesto ogni studioso segue un suo metodo
personale (che comunque richiama i criteri sopra citati) e molta parte del dibattito recente biblico
proprio SOLO sul metodo seguito dai vari studiosi.
Generalizzando comunque ecco la mia conclusione (in fieri): il problema non la scienza storica tout
court e quello sguardo con il quale i biblisti lavorano in modo tanto splendido che un cattolico deve
obbligatoriamente criticare . Il problema sta credo nel pensiero implicito a molti che tale sguardo
sia necessariamente tutta la realt e non un suo aspetto. Sia negli studiosi, ma soprattutto nei
cattolici critici.
Lerrore dunque non nel paradigma in s il quale in realt sta anche apportando straordinarie
scoperte in seno alla storia antica in quel di Israele e quindi in seno alla biblistica in generale,
negarlo non solo togliersi dalla comunit scientifica, ma mettersi le fette di salame sugli occhi!
ma nel considerare tale paradigma prospettico come UNICO e RAPPRESENTATIVO DI TUTTA
la realt in osservazione.
Realt che necessariamente E sia per leges CHE per causas , non fossaltro perch queste non sono
che prospettive diverse per osservare e studiare una medesima realt, la quale obbligatoriamente
PIU GRANDE della somma delle prospettive stesse con le quali si studia il subiecto, esattamente
come provato nelle due lezioni dedicate allattivit scientifica.

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Oggi il Compleanno del Summorum Pontificum!


By Simon de Cyrne on 7 luglio 2014 ( 21 )

La Divina Liturgia
Oggi un giorno di gioia con fortissima simbolica: 7 anni sono passati dal 07/07/07 quando lallora
Sommo Pontefice, S.S. Benedetto XVI, regal alla Chiesa il Motu Proprio Summorum Pontificum.
Un passo importante per una Chiesa che aveva, e ancora ha, bisogno di fare la pace con se stessa.
La forma straordinaria risponde al bisogno spirituale di centinaia di migliaia di cattolici nel mondo
intero che si riconoscono pienamente nella Chiesa di oggi e sono lontani anni luce alle erranze
eretiche e scismatiche lefebvriste e sedevacantiste. Ne abbiamo parlato pi volte sul Croce-Via: basta
andare a dare unocchiata in Liturgia e Sacra Scrittura.
In Francia circa il 15% delle ordinazioni sacerdotali degli ultimi 10 anni stata conferita a dei
sacerdoti che celebreranno la forma straordinaria, mentre, forse, il numero di cattolici di sensibilit
tradizionale probabilmente molto inferiore all1%. Questo meno del1% produce il 15% !
Quando sappiamo che anche nella tremenda Svizzera ( tremenda a livello episcopale e sacerdotale)
ben 66% dei praticanti, che rappresentano il 4 % del totale dei cattolici, vorrebbero avere la
possibilit di partecipare regolarmente alla forma straordinaria, ben capiam cosa potrebbe succedere
se la forma straordinaria fosse offerta sistematicamente in ogni parrocchia. Immaginiamo solamente
un istante se ci avvenisse: nulla ci impedirebbe di immaginare che i sacerdoti in questione
sarebbero il 60% delle consecrazioni negli anni seguenti.
Bisogna dire che un guardare un sacerdote che celebra secondo la forma straordinaria fa venir la
voglia ad un giovane di dedicarsi peinamente al Signore molto di pi che la vista di un assistente
sociale che manco ha il diritto di sposarsi e che se ne sta seduto con uno sguardo bovino a guardare
il pubblico cantare : ma siamo umani incarnati e non spiriti angelici disincarnati: queste cose contano
anche.
Alcuni vedono nella forma straordinaria come una concorrenza colla forma ordinaria: posso
testimoniare che quando dei sacerdoti come, ad esempio, quelli della Communaut Saint
Martin celebrano la forma ordinaria come la Chiesa comanda, nessuno, ma proprio nessuno, ha il
desiderio di altre forme ed, in pi, hanno vocazioni sacerdotali in grande numero.

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Personalmente ho sempre pensato che la concorrenza sia cosa buona non solo in campo economico
ma anche in quello spirituale: dove per concorrenza, ovviamente, non intendo una lotta darwiniana a
morte ma una ricerca intensa dell aret dei filosofi greci, leccellenza. Il fatto di lasciare libera
lofferta di due forme riconosciute da chi il Custode del Rito Romano nella Chiesa Latina una
cosa buona in s: la moltiplicazione dellofferta implica sempre laumento della domanda.
Questo si vede anche in economia dove, quando si riesce a far evolvere contratti di esclusivit a
contratti aperti, non solo il principale vede le proprie vendite aumentare in generale in una data
geografia, ma anche colui che aveva liniziale sola esclusivit. Non devono aver paura i vescovi di
applicare il Summorum Pontificum liberalmente: questo spinger il loro Presbiterium a celebrare
sante messe di migliore qualit ( qualit umana sintende, quella sacrificale di N.S. Ges Cristo
sempre la stessa, ovviamente) che attireranno ed educheranno sempre pi fedeli, rilanciando anche
lappello vocazionale.
Certo, molti cripto-lefebvriani si nascondono sotto le mentite spoglie di un fedele amante della forma
straordinaria e fanno molto rumore che crea una giusta irritazione nelle curie: il vero cattolico di
sensibilit tradizionale ama la sua Chiesa, soddisfa in modo naturale allarticolo 19 della Universae
Ecclesiae e non si fa mai sentire per calunniare e pettegolezzare Sua Madre la Chiesa ed il Sommo
Pontefice. Anzi, un accesso davvero allargato nei fatti allontaner costoro, in quanto, appunto, chi
davvero cattolico non sa che farsene degli scontenti sempiterni, degli scismatici nel cuore e degli
eretici nel pensiero.
Ecco, cerchiamo di ricordarci del 07/07/07 come il giorno del gran ritorno della ricerca dell
aret, delleccellenza, nella celebrazione del rito romano della Chiesa latina, eccellenza che va
da essere ricercata da ed in ogni comunit ispirata dal soffio dello Spirito Santo che lanima.
Buon Compleanno!
In Pace

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