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TEMPONAUTICA
Sommario
Ottenebramenti ................................................................................................................................................... 3
Breve esame critico del breve esame critico! ..................................................................................................... 5
VETUS ET NOVUS ORDO (I) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug ................................................................. 8
VETUS ET NOVUS ORDO (II) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug. The Return ....................................... 11
VETUS ET NOVUS ORDO (III): continuando la riflessione con P.Aug. .............................................................. 13
VETUS ET NOVUS ORDO (IV): Continuando la riflessione con P. Aug. ............................................................ 17
VETUS ET NOVUS ORDO (V) Biritualismo: contro-proposta a P. Aug .............................................................. 19
Liturgia Apocalittica ........................................................................................................................................... 23
Introduzione ufficiale delle preghiere anglicane nel rito romano..................................................................... 27
Pellegrinaggio Summorum Pontificum: la Periferia va alla Sede di Papa Francesco ........................................ 30
Ballare nella Messa di Paolo VI: un legittimo bisogno purtroppo frustrato...................................................... 31
Il Cardinale Walter Kasper sulla Sacrosanctum Concilium ................................................................................ 33
In PaceLultima messa ....................................................................................................................................... 34
Messa in latino amata da 66% dei cattolici praticanti....................................................................................... 36
Lermeneutica delle tradizioni credenti come superamento della prospettiva aristotelico-tomista nel
problema dellinerranza biblica: il cammino di uno studioso ........................................................................... 38
La Bibbia e il metodo storico: riflessioni sulla prospettiva per leges ............................................................. 42
Oggi il Compleanno del Summorum Pontificum! .............................................................................................. 47
Ottenebramenti
By Simon de Cyrne on 30 agosto 2013 ( 14 )
Due articoli sono apparsi su Corrispondenza Romana questa settimana: uno del Prof. De Mattei
(http://www.corrispondenzaromana.it/sint-ut-sunt-aut-non-sint/) e laltro della Professoressa Siccardi
(http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/linvito-di-p-volpi-allammutinamento-e-lanostra-supplica-ai-francescani-dellimmacolata/)
Ambo articoli hanno alcuni punti in comune, ma uno salta immediatamente agli occhi di chi li
legge impassibilmente: lassenza di logica e di fattualit nelle dimostrazioni che vorrebbero
compartire con i loro lettori.
Nel primo articolo, il Prof De Mattei comincia con ricordare la storia dei Gesuiti tra il XVIII ed il
XIX secolo sperando di stabilire un parallelo con quello che succede oggigiorno con i Frati
Francescani dellImmacolata (F.F.I.) : purtroppo per lui lanalogia non applicabile in alcun modo,
infatti (1) lordine dei gesuiti fu sciolto e non commissariato come i F.F.I.; (2) la ragione ne era
linfluenza degli stati assolutisti dellepoca sul papato, mentre circa i F.F.I. la causa interna alla
congregazione stessa; (3) i gesuiti erano fedeli al Magistero contro i vari gallicanesimi dellepoca, il
problema attuale dei F.F.I. invece lopposto in quanto sembrano aver mostrato sufficientemente
diminuito sentire cum Ecclesia per provocare la reazione della legittima Autorit; (4) non c
nessun desiderio da parte di Questultima di sopprimere i F.F.I. come perfidamente, falsamente e
minacciosamente suggerito dallautore.
Partendo dallipotesi di questa (mancata) analogia il Prof De Mattei si lancia in seguito, senza
conseguenza logica, in una diatriba vertente a voler convincere gli ignavi della sua propria
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opinione personale e cio che lobiettivo del commissariamento sarebbe di far lasciare labito
religioso ai F.F.I., di farli vivere nella rilassatezza morale e nel relativismo dottrinale oltre che
di far perdere loro la specificit mariana.
E, su questo presupposto inventato di sana pianta, il Professore invita quindi, in un gran finale, i
Frati alla disobbedienza alla legittima Autorit, a spergiurare i loro voti di obbedienza e,
implicitamente, di entrare nello scisma.
Nel secondo articolo la Professoressa Siccardi si accinge alla stessa opera ma non stabilendo la
legittimit della propria argomentazione su presupposte (false) analogie storiche come il Prof De
Mattei, ma nellanalisi del testo pubblicato dallodierno commissario dei F.F.I., P. Volpi ofmcap
(leggibile qui: http://www.immacolata.com/index.php/it/35-apostolato/fi-news/235-messaggioprofessioni-perpetue%20) .
Anche in questo caso lanalisi ottenebrata fin dallinizio da uno sguardo volutamente e
letteralmente bieco su quel documento: (1) si fa credere al lettore che il fatto di citare quel testo
di v. Balthasar sia un incitamento ai F.F.I. di perdere la loro identit, mentre, invece, quel che il
P. Volpi vuole leliminazione di certa autoreferenzialit che ha fatto s che il diminuito sentire
cum Ecclesia apparisse e non certo, come suggerisce la Siccardi, affinch si perdano i carismi
propri alla fondazione; (2) vuol far un processo di intenzioni a P.Volpi perch questo sembra
riferirsi solo a Scritture e Magistero dimenticando la Tradizione, Lei stessa dimentica del fatto
che quando il Magistero si esprime lo fa sempre in coerenza colla Tradizione anche se
implicitamente, come anche quando cita le Scritture, mentre nellarticolo oblitera le referenze al
Beato Egidio di Assisi, al Beato Massimiliano Kolbe, al Beato Giovanni Paolo II; (3) giudizi
temerari ed attacchi ad hominem emergono quando la Professoressa si permette di giudicare il
foro interno di P.Volpi dichiarandolo in malafede ed insinuante, sulla base che questi non metterebbe
sulla piazza pubblica i problemi interni dei F.F.I.; (4) si procede ad un gioco degli specchi volendo
far ingoiare a chi la legge che si obbedisce di pi disobbedendo ai propri legittimi superiori che
obbedendo sic et simpliciter.
Alla fine di questo lungo articolo si ripete la richiesta del Prof. De Mattei questa volta sotto forma di
supplica molto sentita: disobbedite, disobbedite, disobbedite.
Questi due articoli ed i loro autori hanno una cosa in comune: hanno capito che sono proprio le
loro stesse posizioni teologiche che mancano assolutamente del religioso ossequio dellintelligenza
e della volont dovuto al Magistero del S.S. Concilio Vaticano II nelle materie relative alla fede ed ai
costumi, che sono definitamente espulse dalla dottrina della Chiesa in quanto incompatibili
colla Tradizione, le Scritture ed il Magistero e ci attraverso il riassestamento dei F.F.I. nel senso
di un verace sentire cum Ecclesia.
Quel che la Chiesa, Mater et Magistra, sta facendo proprio di purgare questi atteggiamenti tradiprotestanti dal Suo Corpus Magistrale annullando le infiltrazioni ideologiche eretizzanti di cui De
Mattei e Siccardi sono noti esponenti in Italia. Il loro richiamo alla disobbedienza dei F.F.I.
dunque un appello a non esser lasciati soli nella loro lotta contro il Magistero della Chiesa
Cattolica, da dove il loro uso di ogni argomento possibile soprattutto se non ragionevole ma
solamente affettivo, verosimile ma non veridico.
In Pace
Complice un bel post di Padre Matias Aug dedicato al pressapochismo di un utente del suo blog nel
giudicare il Messale di Paolo VI da leggere assolutamente ho chiesto personalmente ad Aug se
esistessero delle pubblicazioni che rispondessero in modo autorevole al celeberrimo (e da fin troppe
parti celebrato) Breve esame critico del Novus ordo Missae dei Cardinali Bacci ed Ottaviani.
Ho messo in link la pagina di Chiesa e Postconcilio per rileggere lesame critico. Ma una su mille.
Tantissime sono le pagine che lo riportano, come altrettante sono quelle che lo commentano, per lo
pi positivamente o addirittura rincarando la dose.
Lultimo in termini di tempo da me scovato questo, scritto da Don Ivo Cisar reperito nel sito In
Quiete di Bertagni, dove a quanto pare si trova tutto e il suo contrario: per intenderci da Cisar che
ripassa lesame dei Cardinali alle pagine dedicate a Ren Gunon! Il sito comunque non male,
anzi! Da lui infatti si possono ad esempio leggere splendide trascrizioni di splendide interviste a
Raimon Panikkar o a Battiato.
Procediamo.
Tempo pochi minuti ed ecco che Aug mi risponde dicendomi che una risposta autorevole alle
critiche di Bacci e Ottaviani, lha scritta C. Vagaggini. Il testo stato ripubblicato recentemente in
Rivista Liturgica anno 2009, pp. 449-459.
Ringrazio e corro come ovvio a reperirla. On line c ed su scribd.com, download a pagamento, ma
lettura gratis.TItolo: Il Nuovo Ordo Missae e lortodossia.
Mi aspettavo una sorta di risposta punto su punto allesame critico. In realt il Vagaggini a mio
avviso in modo mirabile non fa che fornire gli strumenti generali per comprendere come si debba
leggere il Nuovo Ordo. Fa per cos dire una sorta di prima lezione di ermeneutica. Ed proprio da
quellarticolo che traggo questa citazione, banalissima, eppure oggi tanto attuale perch mal praticata
da molti:
C una regola elementare nellinterpretazione dei testi. La conosce ogni alunno di prima teologia al
quale siano stati insegnati i primi principi di interpretazione di ogni testo: quando in un testo non
ovvio il significato di una parola o di una espressione bisogna anzitutto chiedersi se tale significato
non si possa ricavare in primo luogo dal contesto immediato, in secondo luogo dal contesto del
libro, in terzo luogo da quello dellautore e finalmente da quello dellambiente.
Vagaggini, Cipriano osb, Il Nuovo Ordo Missae e lortodossia, in La Rivista del Clero Italiano
50 (1969), pp. 688 699, ripubblicato in Rivista Liturgica anno 2009 n. 3, p. 454
Ovviamente consiglio a tutti di leggere larticolo di Vagaggini perch molte sono le domande oggi
ancora attualissime (o meglio rese attualissime dal blog tradizionalisti che hanno ripreso certe
questioni), alle quali risponde.
Non sono il solo ad averlo letto nel frattempo.
Nei commenti del post di Aug infatti lutente ??? scrive:
Certo che rileggendo larticolo di Vagaggini si resta colpiti da una cosa: la sua difesa dellIGMR
tutta giocata sul fatto che le singole formulazioni risultano orotodosse attraverso un costante
gioco di rimandi ad altre formulazioni.
Al che rispondo:
Bingo. Questo significa a mio avviso leggere in continuit e senza togliere uno scritto dal contesto.
Se io, cattolico, dico che Ges Cristo Dio, sto forse dicendo che la Trinit non esiste? No,
perch chi mi conosce sa cosa penso e se in quel caso parlo di Cristo sa che parlo
ESCLUSIVAMENTE della seconda persona della Trinit senza escluderne cio la portata
veritativa.
Basta smettere di fare sofismi che sfiorano il fondamentalismo ed ecco che i tre punti di domanda
possono mutare in tre puntini di sospensione (perch si sospende un giudizio che non ci compete) o
in tre esclamativi (perch palesemente non si fa che ripetere dottrine tradizionali).
A questo punto ??? dichiara:
il suo esempio su Ges acuto, ma non calzante. Il problema dove Lei una cosa la dice e la scrive.
Se parla della Messa al bar non la stessa cosa che allinizio dellIGMR.
e io chiudo:
Eh no, soprattutto se do per scontato che non voglio discutere di cosa sia la messa per essenza.
E che sia cos (cio scontato, lunica lettura possibile) palese perch non c messa senza
sacrificio pertanto impensabile anche solo PENSARE di INTERPRETARE in modo
ontologico quella frase!
[Aggiungo: l'esempio mio quindi perfettamente calzante poich il fatto che io cattolico parli di
Cristo come Dio NON PUO' significare MAI che parli di lui come UNICA PERSONA divina
altrimenti smetterei di essere cattolico e cadrebbero le premesse per cui io posso parlare di Cristo
come Dio! Chiaro?]
Farlo significa andare OLTRE IL CONTESTO dove stata scritta e quindi sfiorare il
fondamentalismo letteralista.
Cio: la messa soprattutto memoriale del sacrificio di Cristo? Si. E cambiato qualcosa al riguardo?
No, lo sa anche il mio primo figlio e lo so pure io che essendo giovane son nato in pieno post CVII.
Quindi come possibile dire che il NO non celebra il sacrificio?
No, non si pu. Pena la contraddizione e dunque la nullit della propria affermazione.
Sempre il Vagaggini scrive circa il significato di memoriale sottolineando come sotto questo
termine si nasconda ben pi di quello che litaliano intende.
Mi prefiggo a tale proposito di approfondire la questione mediante citazione ad hoc di opera
autorevole. Tempo al tempo.
Certo che fa strano rileggere parole che rispondono a domande oggi tanto sentite, in frasi che narrano
di un clima di ottimismo sul NO che ora mi sembra praticamente assente.
Sul blog di Chiesaepostconcilio, malgrado la pretesa di voler rispondere sia a MIL che a P.Aug, gli
autori si perdono invece in diatribe che non rispondono allinterrogativo posto ma avanzano
considerazioni allucinanti da leggere per un fedele cattolico pretendendo discutere i fondamenti
stessi della forma ordinaria per dimostrarne lintrinseca perversit, il che non corrisponde al
problema posto inizialmente: in quel blog sono passati da tempo nel para-cattolicesimo.
Analizzando la risposta di MIL a P. Aug vediamo per che auspicata una trasformazione
della forma ordinaria per influenza di quella straordinaria, cio non data risposta a come vivere il
bi-ritualismo, ma suggerito, implicitamente, di lasciare vivere le due forme fino a quando la
forma ordinaria diventi pi commestibile. Cio sembrerebbe che la redazione di MIL
convenga con P. Aug che ci sia posto solo per una forma che sarebbe quella ordinaria vissuta
con spirito straordinario.
Personalmente, rispetto alla mia cultura, educazione e sensibilit questa soluzione mi andrebbe a
pennello: non per niente sono un sostenitore dell interpretazione della forma ordinaria celebrata ad
esempio nella Comunit Saint Martin o da Benedetto XVI da un lato, e un amante della forma
straordinaria dallaltra.
Per, e c un per, mi tocca di andare pi lontano che il mio gusto personale per capire davvero
cosa la Sacrosantum Concilium ha voluto e cosa la mens di Paolo VI ha voluto e che soddisfa ben 5
papi da 44 anni.
La forma ordinaria non lespressione di una rottura col messale tridentino, non dispiaccia
a P.Aug e alla redazione di MIL, ma quello di una sua estensione: la dinamica che ha
sottoscritto la sua promulgazione quella di permettere di nuovo lo sviluppo di prassi liturgiche
che nascono e si consolidano in un determinato ambiente geografico ed ecclesiale per riprendere
lespressione usata da P. Aug e la struttura stesso del nuovo messale che sa pi di canovaccio che di
manuale con dettagliate rubriche permetterebbe questo processo di avvenire di nuovo.
La necessit di liberalizzare di nuovo questo processo di appropriazione proviene dal fatto che la
Chiesa ormai totalmente globalizzata, con un episcopato totalmente diversificato per razza, cultura
e nazionalit, con realt cinesi, asiatiche, africane e sud-americane di massa, con culture che si
sviluppano indipendentemente da quella tradizionale europea e che debbono per forza incarnarsi
nella liturgia della Chiesa latina secondo il loro proprio genio.
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Lycopodium propone per qualcosa di positivo che vale la pena, secondo me, di essere messo in
evidenza e cio , lasciando accessibili le due forme dellunico rito romano, di promuoverne
levoluzione endogena fino a che ambo raggiungano una nuova stabilit. Lo cito in extenso:
Il VO pu evolvere solo:
1) seguendo SC,
2) seguendo a modo proprio le regole dello sviluppo omogeneo della liturgia (cfr. lopera di A.
Reid recentemente tradotta in italiano, almeno per la pars construens),
3) procedendo alle doverose integrazioni, al termine delle quali il VO si ritrover ad essere
riconosciuto da ogni cattolico come parte integrante del movimento di re-instaurazione liturgica
sancito dalla SC, cosa che non equivarr a de-tridentinizzare il VO [un ottimo esempio di questo
tipo di integrazione possibile ravvisarlo nella nuova preghiera per il popolo ebraico nella
liturgia del Venerd Santo, come di recente approvata da Benedetto 16].
* Il NO pu evolvere solo:
1) seguendo SC,
2) ricercando retrospettivamente se vi siano state, nelle innovazioni introdotte, delle eccezioni o
delle violazioni delle regole dello sviluppo omogeneo della liturgia
3) procedendo alle doverose rettifiche, al termine delle quali il NO si ritrover ad essere
riconosciuto da ogni cattolico come parte integrante della Tradizione, cosa che non equivarr a
tridentinizzare il NO.
Vorrei, a questo punto fare due commenti circa la mia proposta, che nel mio spirito volevasi solo una
risposta puntuale, pastorale, urgente e ad hoc (oggi come oggi) al problema posto da P.Aug: (a)
modifiche come quella che proponevo dovrebbe essere pilotata dalla E.D., ma la concezione
praticata e sviluppata assieme con gli istituti E.D. tenendo conto delle specificit della forma
tridentina e non imposta dallalto; (b) lungi da me di voler de-tridentinizzare il rito; (c) la mia
proposta si voleva, nella mia intenzione, integrata in uno sviluppo omogeneo a pi lungo termine
rispettoso del genio stesso della messa tridentina.
Quel che particolarmente attraente nel programma di Lycopodium che non pretende
tridentinizzare il rito Paolo VI ovunque perdendone cos lintuizione che lo caratterizza e, daltro
canto, non ricerca una de-tridentinizzazione del rito Pio V che condurrebbe ad un controsenso.
Se il programma di Lycopodium fosse accettabile/accettato, allora la riflessione dovrebbe
vertere su quali sviluppi omogenei ci dovremmo concentrare nelle due forme affinch
rispettino la SC: cio, in realt, sul come applicare il principio di ermeneutica della riforma
nella continuit, che struttura la vita stessa della Chiesa dagli Apostoli fino a noi, al campo
liturgico, al fine di garantire che i problemi oggettivi posti da P.Aug siano risolti.
In Pace
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Vetus Ordo
Consideriamo adesso un triangolo scaleno di mogano ricoperto di un foglio di argento: diversi
atteggiamenti sono possibili (1) possiamo dire che in virt dellapparenza generale esso non ha
niente a che vedere con il primo triangolo considerato e non son riconducibili lun allaltro, (2)
possiamo dire che pur sempre di un triangolo si tratta, (3) possiamo dire che una deformazione del
primo triangolo, (4) possiamo dire che pi brutto o pi bello o pi funzionale o meno utile che il
primo triangolo.
Se guardiamo un triangolo retto di legno di cedro dorato con uno isoscele con legno di cedro dorato
potremo (1) notare che hanno gli stessi accidenti materiali, (2) che hanno la stessa natura triangolare,
(3) che sono differenti nel loro aspetto formale in quanto uno retto e laltro isoscele: ovviamente
il primo non sar mai il secondo.
Mutatis mutandis, possiamo, analogicamente considerare la messa tridentina come un triangolo
isoscele, di cedro ricoperto doro concettualmente parlando, mentre la messa paolina, che pi un
canovaccio, come un triangolo scaleno, la cui materialit precisa ( cedro, mogano, querce stando per
lezionari e santorali) ben definita ma la cui superficie ( oro , argento, platino per le rubriche) non
sono state (tutte) definite. Linsieme di triangoli, cio quello definito dallessenza stessa di essere un
triangolo , corrisponde al Rito della Chiesa Latina definito e protetto da chi ne in carica, cio il
Romano Pontefice.
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Parlare della coabitazione delle due forme del rito necessita quindi rendersi conto di questa
asimmetria e trovare soluzioni pastoralmente e liturgicamente sensate. Prima di tutto rendersi
conto da parte tradizionale che la forma paolina non una deformazione della messa
tridentina, ma pienamente una sua estensione che parte integrante del rito romano.
Secondo,e la parte paolina deve ricordarsi che se la forma tridentina un caso particolare, lo
stesso esprime la triangolarit della sua essenza, in quanto in nuce ogni triangolo equilaterale
scaleno anche se il contrario non vero.
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Al che rispondo:
S intendo proprio questo: la SC si riferisce direttamente al V.O.
Secondo me, Paolo VI, decidendo di allargare la nozione di Rito romano della Chiesa latina,
introducendo altri canoni, era tenuto a seguire le indicazioni generali della SC ma non quelle
particolari specifiche proprio al V.O.
Questa giusto unopinione mia, ovviamente.
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corale e ci dovuto al fatto che la maggioranza dei fedeli proviene da decenni di forma ordinaria: vi
quindi contaminazione positiva (nel senso di quella accresciuta partecipazione del popolo voluta
dal S.S. Concilio Vaticano II) della forma ordinaria su quella straordinaria senza nulla togliere della
specificit della prima. Come secondo esempio, possiamo avere quello dei sacerdoti che bi-ritualisti
introducono, li dove permesso e senza snaturare la forma ordinaria, gesti liturgici e atteggiamenti
spirituali di origine tridentina: in questo caso abbiamo uninfluenza della forma straordinaria su
quella ordinaria che tende a renderla meno scomposta.
Come non essere daccordo con questa affermazione di P. Aug : Altri aspetti pi secondari della
forma straordinaria possono essere assunti come punto di riferimento per celebrare la forma
ordinaria con maggiore fedelt, per, secondo i libri liturgici che la esprimono. La sola critica che
avrei, se ne dovessi avere una, la timidit di questa frase: infatti, andrei anche pi lontano
affermando che ci sono aspetti della forma paolina che potrebbero essere usati anche nella forma
straordinaria.
Vengono poi ricordati da P. Aug tre punti che costituiscono secondo lui difficolt maggiori :
Anzitutto, credo che si tratta di una operazione molto difficile perch in alcuni punti lanno liturgico
ha subito notevoli cambiamenti, come ad esempio la soppressione del Tempo di Settuagesima. In
secondo luogo, non credo che tutti nel variegato mondo tradizionalista accetterebbero una simile
soluzione. In terzo luogo, questa proposta un modo diverso di proporre la riforma della riforma:
accanto alla riforma di Paolo VI, ci sarebbe unaltra riforma della liturgia romana ispirata sempre al
Vaticano II, ma con criteri diversi!. Per, visto che discettiamo di comune accordo a livello di
principi, queste difficolt non dovrebbe essere enormi nel senso in cui (a) non proponiamo
di trasformare il VO in NO o viceversa, ma bens di lasciare le proprie specificit l dove formalmente
irriducibili e non in opposizione con il CVII; (b) il fatto che i cattolici tradizionali accettino o no esula
dal contesto di questa discussione, ma supporrei che se levoluzione fatta in modo omogeneo e
organico colla partecipazione dei principali interessati, allora questo problema dovrebbe essere
umanamente gestibile; (c) se ci fossero due riforme liturgiche della liturgia romana, corrispondenti
alle due forme, con criteri diversi ma ambo autentiche espressioni del Magistero, resterebbe tutto
da dimostrare che questo sarebbe un problema maggiore rispetto alla storia della Chiesa e del
Magistero del Concilio.
Ecco una frase della risposta di P. Aug sulla quale non sarei pronto a concordare a livello dei
principi anche se purtroppo latteggiamento concreto di certuni potrebbe sembrare avallare: Ci
potrebbe creare una rivalit tra le due forme rituali diversamente ispirate al Vaticano II : a livello
dei principi, non c ragione che ci debba essere rivalit, perch siamo solo di fronte a due modi di
vivere lo stesso cattolicesimo al pi vicino ai bisogni pastorali che, ovviamente, sono differenziati. In
fin dei conti si pu benissimo essere ottimi cattolici senza essere super stra- mariani, o
estremamente devoti a San Antonio da Padova, o dediti alle penitenze rigorose, o pentecostali , o
etc. Non lasciamoci influenzare dagli atteggiamenti estremisti di chi cattolico non pi!
Sono ampiamente daccordo con P.Aug quando conclude Secondo me, come dicevo sopra, quello
che si pu e si deve fare discutere a livello di principi che illuminano le soluzione pratiche. Ma qui
non c nessun tifoso che da consigli allallenatore, anche perch mi considero perfettamente a mio
agio con ambo le forme del rito romano e capace di coglierne senza conflitti interni gli ottimi
aspetti di ognuna: a comprova di quanto affermo, si noter che in tutti i miei interventi evito con
coscienza di entrare in discussioni di dettaglio o se do dettagli lo faccio giusto a titolo di esempio e
non di suggestione su come si dovrebbe fare, suggestioni che lascio volentieri a chi allenatore.
P. Aug termina il suo intervento positivamente lasciando,in finis una porta aperta, nella quale non
esiter a slanciarmi al fin di cercare di continuare questo dialogo da lui stesso iniziato e che tenter
nella seconda parte di questo post evitando per tentazioni fissiste: Un certo pluralismo liturgico,
lo vedo possibile, anzi augurabile, partendo per dai principi sulladattamento (o inculturazione)
della liturgia stabiliti da Sacrosanctum Concilium nei nn. 37-39, partendo quindi dalla riforma di
Paolo VI.:
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Parte II
Lex orandi Lex credendi: ecco unapoftegma che spesso si legge sui blogs che discutono di queste
materie. Ed in effetti, la Sacra Liturgia partecipa esplicitamente e mistagogicamente alla formazione
della coscienza e alla trasmissione del credo del fedele di generazione in generazione: fa quindi
anche parte di quel Magistero autentico, anzi addirittura ermeneutica del Magistero, in quanto,
celebrandola, essa informa non solo la nostra mente ma tutto il nostro essere e non limitandosi solo
ad un piano sopranaturale.
Quindi certamente, la forma paolina unermeneutica autentica della SC.
Il punto 3 della SC enuncia : Il sacro Concilio ritiene perci opportuno richiamare i seguenti
principi riguardanti la promozione e la riforma della liturgia e stabilire delle norme per attuarli.
Fra queste norme e questi principi parecchi possono e devono essere applicati sia al rito romano
sia agli altri riti, bench le norme pratiche che seguono debbano intendersi come riguardanti il
solo rito romano, a meno che si tratti di cose che per la loro stessa natura si riferiscono anche ad
altri riti.: questa precisione della SC quella che guida la mia personale riflessione a livello di
principi.
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(2) Ma, le sue norme pratiche sono da intendersi solo per il rito romano, cio nellintenzione
del Santo Sinodo, a quello che era allepoca il rito romano, cio il messale del 1962 dellordo
tridentino
(3) Se queste norme pratiche per loro natura possono applicarsi ad altri riti allora devono essere
applicate loro
Il punto 4 della SC ricorda: 4. Infine il sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione,
dichiara che la santa madre Chiesa considera come uguali in diritto e in dignit tutti i riti
legittimamente riconosciuti; vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo
incrementati; desidera infine che, ove sia necessario, siano riveduti integralmente con prudenza
nello spirito della sana tradizione e venga loro dato nuovo vigore, come richiedono le circostanze e
le necessit del nostro tempo.
Questo un punto importante dal quale non bisogna scostarsi: non perch la forma paolina del
rito romano sia unermeneutica autentica della SC che bisogna considerare gli altri riti aventi
meno diritti e dignit.
Quel che chiamato genericamente il V.O. un rito legittimamente riconosciuto, ad ultima
comprova il recente M.P.S.P.: latteggiamento giusto secondo lo spirito e la lettera del S.S.
Concilio Vaticano II dunque (1) di conservarlo, (2) di incrementarlo, (3) dargli un nuovo
vigore.
La mia tesi principale che la forma ordinaria non levoluzione del rito romano del 1962 ma una
sua estensione, cio formalmente altro, anche se funzionalmente e
legittimamente anchesso rito romano della Chiesa latina: non possiamo e non dobbiamo,
quindi, chiedere unevoluzione della forma straordinaria in quella ordinaria, o la riduzione di
questa a quella straordinaria.
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Alla forma paolina del rito romano si devono applicare i principi e le norme della riforma
liturgica, ma non si debbono per forza applicare le norme pratiche ch vanno solo alla forma
tridentina, quella alla quale i Padri conciliari si riferivano. E questo per la buona pace dei cattolici
di sensibilit tradizionale: non cerchino di dire che la forma ordinaria non applica la SC su certi
aspetti pratici, in quanto questo la SC non lo ha mai chiesto, anzi, casomai ha proprio sottolineato il
contrario.
Ma non si cerchi neppure di eliminare la forma straordinaria per buona pace di chi non ha
sensibilit tradizionale: infatti, se si vuole essere veramente nello spirito del Concilio bisogna
accettare, ma non solo, dare nuovo vigore alla forma tridentina rivedendola nello spirito della
tradizione e secondo le direttive specifiche della SC.
Profeticamente questo punto stato ricordato del primo capitolo della SC ai punti 37 e 38:
37. La Chiesa, quando non in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre,
neppure nella liturgia, una rigida uniformit; rispetta anzi e favorisce le qualit e le doti di animo
delle varie razze e dei vari popoli. Tutto ci poi che nel costume dei popoli non indissolubilmente
legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se possibile, lo conserva
inalterato, e a volte lo ammette perfino nella liturgia, purch possa armonizzarsi con il vero e
autentico spirito liturgico.
38. Salva la sostanziale unit del rito romano, anche nella revisione dei libri liturgici si lasci posto
alle legittime diversit e ai legittimi adattamenti ai vari gruppi etnici, regioni, popoli, soprattutto
nelle missioni; e sar bene tener opportunamente presente questo principio nella struttura dei riti e
nellordinamento delle rubriche.
Il forma tridentina del rito romano fa parte delle qualit e delle doti di animo del popolo
cattolico radicato nellantica romanit e nei millenni dellesperienza europea: in quanto tale la
riforma paolina dovrebbe essere applicata senza nessuna rigida uniformit e, soprattutto,
perch ormai anche lEuropa diventata terra di missione ed legittimo che la Gerarchia si
adatti alla presenza della forma straordinaria e ne permetta il suo omogeneo sviluppo.
Certo, ma P. Aug controbatter che lecclesiologia della forma straordinaria non riflette cos
completamente, quanto la forma paolina, quella sviluppata nei successivi documenti del S.S.
Concilio, ma questo non dovrebbe essere un problema di principio in quanto la forma
straordinaria non contiene niente di formalmente opposto allecclesiologia del
S.S. Concilio Vaticano II e, in quanto tale, pu, anzi deve, evolvere secondo le direttive conciliari
in modo omogeneo e organico se gli si d la possibilit di farlo in linea con la tradizione come
voluto dai Padri Conciliari.
In Pace
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Liturgia Apocalittica
By Simon de Cyrne on 24 settembre 2013 ( 55 )
Proprio in questi giorni ci annunziato il ritorno ufficiale del rito anglicano nella Chiesa latina e
vediamo che questi visto dai nostro Vescovi come un arricchimento per la Chiesa latina: questo ci
conferma nel nostro atteggiamento in direzione di un bi-formalismo totalmente assunto e senza
complessi che sposi con allegrezza i bisogni pastorali e spirituali delle varie culture e delle varie
chiese che compongono la realt cattolica.
In questo lungo post, vorremmo proporre e vedere questo massimo comune moltiplicatore di
TUTTE le liturgie al di l delle ideologie va da cercarsi nella Liturgia celeste descritta con
potenza nellApocalisse di Giovanni e per tentare di dimostrarlo ci
appoggeremo sulleccellente libretto di facilissima lettura di Scott Hahn, THE LAMBS SUPPER
THE MASS AS HEAVEN ON EARTH (Darton,Longman & Todd Ltd, 01 feb 2003, ASIN:
B0092JFE6U). Armatevi dellApocalisse
Gi i Padri della Chiesa avevano visto nellApocalisse la chiave della liturgia e nella liturgia la
chiave dellApocalisse, ma dopo quasi 14 secoli ecco la SacroSanctum Concilium ricordarci:
8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene
celebrata nella santa citt di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo
siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le
schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore linno di gloria; ricordando con venerazione i
santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Ges Cristo,
fino a quando egli comparir, egli che la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella
gloria.
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delle genti! [15, 4]Chi non temer, o Signore, e non glorificher il tuo nome? Poich tu solo sei
santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perch i tuoi giusti giudizi si sono
manifestati.
Lettura delle scritture : capitoli 2, 3 ,5 e 8
Lalleluja cantato: [19,1]Dopo ci, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che
diceva: Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; [3]E per la seconda volta dissero:
Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!. [4]Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri
viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: Amen, alleluia. [6]Udii poi
come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti,
che gridavano: Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore,
il nostro Dio, lOnnipotente.
C lincenso: [8, 3]Poi venne un altro angelo e si ferm allaltare, reggendo un incensiere doro.
Gli furono dati molti profumi perch li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli
sullaltare doro, posto davanti al trono. [4]E dalla mano dellangelo il fumo degli aromi sal
davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi. [5]Poi langelo prese lincensiere, lo riemp del
fuoco preso dallaltare e lo gett sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse
di terremoto.
Il Libro aperto: [ 5,1]E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma
di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli.
LOstia: [2, 17]Chi ha orecchi, ascolti ci che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore dar la
manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce
allinfuori di chi la riceve
Calici: Tutto il capitolo 16: [1]Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli:
Andate e versate sulla terra le sette coppe dellira di Dio.. [19]La grande citt si squarci in tre
parti e crollarono le citt delle nazioni. Dio si ricord di Babilonia la grande, per darle da bere la
coppa di vino della sua ira ardente.
Incenso di nuovo: Incenso: [5, 8]E quando lebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro
vegliardi si prostrarono davanti allAgnello, avendo ciascuno unarpa e coppe doro colme di
profumi, che sono le preghiere dei santi.
Sursum corda: [11, 12]Allora udirono un grido possente dal cielo: Salite quass e salirono al
cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici.
Sanctus: [4, 8]I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di
occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, lOnnipotente,
Colui che era, che e che viene!
Sacerdoti: [14, 3]Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri
viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i
centoquarantaquattromila, i redenti della terra.
[19, 4]Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio,
seduto sul trono, dicendo: Amen, alleluia.
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Agnus Dei: [5, 6]Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi
un Agnello, come immolato. [12]e dicevano a gran voce: LAgnello che fu immolato degno di
ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione. [13]Tutte le creature
del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: A
Colui che siede sul trono e allAgnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli.
Preeminenza della Vergine: [12, 1]Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di
sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.
Intercessione dei Santi e degli angeli: [6, 9]Quando lAgnello apr il quinto sigillo, vidi sotto
laltare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che
gli avevano resa. [10]E gridarono a gran voce: Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace,
non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?.
[8, 3]Poi venne un altro angelo e si ferm allaltare, reggendo un incensiere doro. Gli furono dati
molti profumi perch li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sullaltare doro,
posto davanti al trono. [4]E dalla mano dellangelo il fumo degli aromi sal davanti a Dio, insieme
con le preghiere dei santi.
(N.B.: quel che interessante a proposito delle anime sotto laltare che il rito si compie
solitamente sulle reliquie di santi e che sono 24 i santi e grandi vegliardi che sono ricordati nel
canone romano : beatrum Apostolrum ac Mrtyrum turum: Petri et Pauli, Andr, Iacbi,
Ionnis, Thom, Iacbi, Philppi, Bartholomi, Matthi, Simnis et Thaddi: Lini, Cleti,
Clemntis, Xysti, Cornlii, Cyprini, Laurntii, Chrysgoni, Ionnis et Pauli, Cosm et Damini)
Contemplazione silenziosa: [8,1]Quando lAgnello apr il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo
per circa mezzora.
Di nuovo il sacerdozio dei fedeli: [20, 6]Beati e santi coloro che prendono parte alla prima
risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e
regneranno con lui per mille anni.
Festino delle Nozze dellAgnello: [19, 9]Allora langelo mi disse: Scrivi: Beati gli invitati al
banchetto delle nozze dellAgnello!. Poi aggiunse: Queste sono parole veraci di Dio.
[19, 17]Vidi poi un angelo, ritto sul sole, che gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano in
mezzo al cielo: [18]Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le
carni dei capitani, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini,
liberi e schiavi, piccoli e grandi.
San Michele arcangelo: [12, 7]Scoppi quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli
combattevano contro il drago.
Un suggestione fraterna: prima di bisticciarci su quale rito migliore dellaltro, meditiamo
lApocalisse e vediamone leccellenza nella sua attuazione
In Pace
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In Pace
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Danze Rituali
Questi ultimi giorni un avvenimento curioso successo a Torino dove alliniziativa di P. Eugenio
Costa s.j. collaiuto della danzatrice professionale la S.ra Alberta Arinci si cercato di realizzare
quel che in arte culinaria chiamata fusion: sposare larte coreutica indiana colla celebrazione del
messale romano.
Una spiegazione di questa originale esperienza leggibile su Settimana del 20 ottobre 2013 firmata
da L.Pr. e riportata nel sito di P. Aug qui.
La danza ben definita da P. Costa come Ars Bene Movendi e molto volentieri lo seguiamo,
intellettualmente, nellanalisi che ne fa : Infatti, non si pu fare danza liturgica senza un senso
profondo della sacralit del corpo, della ritualit dellarte e della crucialit della liturgia nella
vita.
Non lo si pu pi seguire quando afferma che nella cultura europea il corpo sospetto: no! Questo
vero solo nella cultura protestante, soprattutto calvinista, che ha influenzato in particolare il mondo
anglo-sassone attraverso lo scisma anglicano che lo recep, e una certa forma, condannata, di
cattolicesimo chiamato giansenismo: certo che in questi due casi abbiamo una suspicione di base
rispetto al corpo, dovuto, nei fatti, alla vicinanza del calvinismo con il giudaismo che ha una
relazione al corpo alquanto ambigua.
Ma non vero nella cultura europea di stampo puramente cattolico: vivo in un paese che fu
calvinista per secoli, dove carnevale era condannato e vietato, lapparenza esteriore sempre sotto
stretto controllo, nulla pi severo che un vero culto protestante calvinista, dove nessun gesto
esterno o emozione sono mai espressi. Tale, invece, non mai stato lambiente cattolico, che si
esprime attraverso feste gioiose, processioni, pellegrinaggi, una liturgia , quella tridentina, molto
espressiva, grafica, visuale, dove le azioni del sacerdote e dei fedeli , spesso nel silenzio,
esprimevano lazione liturgica intrecciata in una coreografia levigata e precisa, con unattenzione al
dettaglio da far impallidire tutte le danzatrici rituali indiane.
Purtroppo il messale di Paolo VI, bench ottimo, un messale che risente di unaria calvinista:
laspetto visuale vi povero, la gestualit imprecisa, lastrattezza del rito surrogata solo
parzialmente da un oralit a volte eccessiva, c poca coreografia, lunit di tempo e di azione
limitata essenzialmente allaspetto di scambi verbali o allunisono, ancora una volta alquanto astratti,
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non c pi quel balletto tridentinodi atti e di intrecci tra celebranti, accoliti e fedeli che
marcavano una actuosa partecipatio negli. atti concreti anche se, forse, non abbastanza nelle
parole.
Allora s, la richiesta di P. Costa comprensibile: egli ci dice, senza saperlo, ma questo messale
troppo disincarnato, dateci dei gesti, ri-dateci una coreutica cattolica, fosse anche indiana!
Lo so che lerba del vicino pare sempre pi bella, ma perch non dare unocchiata a quel che gi
abbiamo e che si integrerebbe cos naturalmente nel nostro rito, almeno in Occidente?
In Pace
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In PaceLultima messa
By Simon de Cyrne on 17 febbraio 2014 ( 27 )
Infatti non sar mai la scelta di una forma liturgica a salvarci ma il perch profondo partecipiamo alla
Santa Messa da lui stesso cos ben definita, che per noi perfettamente rappresentata nellApocalisse
di Giovanni
Mi sono chiesto ultimamente come vorrei che fosse la mia ultima messa o la messa dei miei funerali,
in quanto amo davvero moltissimo la forma straordinaria per ragioni espresse pi volte su questo
blog e che potete veder descritte nella categoria liturgia : miglior uso del corpo umano e della
scenografia nella partecipazione liturgica , verticalit liturgica che corrisponde molto pi
intimamente alla mia spiritualit eucaristica, silenzio abitato, pi grande significato di un popolo in
marcia tutti nella stessa direzione verso lOriente, da dove Cristo torna, etc. etc.
Per, se fosse lultima delle ultime che forma scegliere? Quella dove mi sentirei meglio o quella
dove parteciperebbe meglio la mia unit colla Chiesa universale, Quella di sempre, cio Quella di
oggi , che la Sola che sia, con a Capo questo Vicario di Cristo, e questi Vescovi in unione con lui, e
tutto il Popolo di Dio in unione con loro. LEucaristia segno di unione, di un solo Corpo unito al
Suo Capo, di un solo Cristo che si d alla Sua Chiesa: come esprimerei al meglio questa unione?.
La mia risposta, dopo molta riflessione, che la forma che sceglier sar quella ordinaria, senza
abusi, senza sciattezze e, Dio volendo, celebrata con il canone romano e, gli uomini volendo, con
canti gregoriani.
In Pace
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pratiquants, y compris les plus jeunes. De faon gnrale, une messe classique semble tre le
modle qui recueille le plus large agrment.
Certo risultati come questi a livello di una citt intera, seggio episcopale importante, dovrebbero dare
a pensare che non stiamo a parlare di mode ma di una reazione alla sciattezza delle liturgie troppo
spesso offerte: vi anche ed ancora sempre una disparit tra lofferta e quel che i fedeli davvero
vogliono.
Vorrei aggiungere un paio di osservazioni: le messe in latino secondo la forma ordinaria non sono
praticamente mai celebrate, a volte solo il Credo, il Sanctus e lAgnus sono in latino; la forma
straordinaria celebrata grazie alla Fraternit Sacerdotale San Pietro ( FSSP) che ha una parrocchia
per s, quindi quando parliamo di 66% di persone che amano molto, o alquanto, la messa in latino,
non parliamo di 66% di persone che hanno la fortuna di poterla vivere ogni domenica, ma di 66% di
persone che, semplicemente, la amano. Una conseguenza di questo che il Motu Proprio Summorum
Pontificum, abbinato ovviamente al suo decreto di applicazione Universae Ecclesiae alfin di evitare
che gente con losche motivazioni tradi-protestanti cerchino di manipolarla, ha da essere offerto dal
presbiterium in modo ancora pi largo in ogni parrocchia.
Il secondo commento che dopo 50 anni di pastorale modernista universale, con troppe messe
menefreghiste, le quali hanno avuto come conseguenza diretta o indiretta di far calare la
partecipazione domenicale da 40% a 10% , chi va ancora a messa una maggioranza di persone che
ama le messe in latino, e questo compresi i pi giovani!
Questo studio mostra che presso i cattolici di Friburgo la messa in latino non va contro la loro fede
cattolica, n contro linsegnamento del Concilio e dei Papi del post-Concilio, visto che sono tutti
praticanti di normali parrocchie, e che essa esprime perfettamente, anche per loro, quel che la Chiesa
insegna al giorno doggi, alla faccia di chi pretenderebbe che frequentare la forma straordinaria
implicherebbe un rifiuto del Concilio.
Chiss, forse anche questo segno di dove una pastorale davvero impegnata, seria e non
ideologizzata dovrebbe andare a parare: certo, coloro che usano della Messa in Latino come
bandiera contro il Concilio ed i Papi attuali, rendono questa messa ostica a tutti, ma forse lo spirito
maligno che li consiglia e che loro seguono, proprio questo vuole
In Pace
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ecc La mera preoccupazione di rispondere alla domanda: ma successo cos? si pone come una
forma di approccio ingenuo alla realt. E peggio ancora nel far corrispondere la teoria della Verit
alla risposta: successo davvero cos? Quasi che la verit si dia nella relazione meramente
continuativa ed imitativa tra storia e testo che racconta una storia. Lermeneutica biblica da subito ha
avuto chiaro che la verit, intesa come contenuto caro allatto comunicativo del testo sovente prende
le distanze da puntuali accadimenti storici, valori culturali o altro. Il testo biblico quando nasce e
viene accolto come testo di riferimento normativo e quindi autorevole foriero di un nuovo mondo
di senso. LEsodo dallEgitto cos come raccontato alquanto assurdo dal punto di vista di una
verosimiglianza storica fattuale ma non lo entro la storia ri-creata dalla testualit fondatrice di una
tradizione. Esso accaduto cos come narrato, solo entro tale ermeneutica credente. Idem vale
anche per lermeneutica cristiana con tutte le dovute precisazioni, ma la logica del comporre un testo
fondativo, sacro e autorevole ben diversa dalla preoccupazione aristotelico-tomista del teorema
veritativo. Purtroppo per con esse che si sono misurati i conflitti tra scienza e fede o tra storia e
fede.
3) Questo modo di leggere il testo permette di ricalibrare il teorema veritativo entro unistanza
sistemica. La verit viene cos a corrispondere al messaggio finale del testo, operazione tra le pi
delicate dellesegesi e dellermeneutica biblica. Ma essenziale da farsi. Se la verit viene a
corrispondere al messaggio a sua volta occorre sapere a quale livello di testo vogliamo ricercare il
messaggio. Una cosa se analizzo una pericope, altro se analizzo un libro biblico, altro ancora se
colloco il libro allinterno di una sezione biblica oppure ancora se devo ricercare il messaggio di un
testo entro le dinamiche di una tradizione canonica precisa, cattolica, protestante, ortodossa, ebraica,
etiopica La forma e i contenuti del messaggio mutano significativamente e quindi anche la risposta
alla problematica veritativa ne risente. Infatti ipotizzando di posizionarmi entro unermeneutica
globale del messaggio biblico delle norme rituali o alimentari (ad es.) contenute nel Levitico, se la
prospettiva quella dellermeneutica ebraica comprendo come esse abbiano un valore cogente e
veritativo altissimo, se quella di unermeneutica cristiana trovo come quegli stessi comandi non
abbiano valore vincolante ed etico, anzi nessuno si pone il problema che sta trasgredendo a comandi
di Dio di cui si dice nella liturgica ecclesiale: Parola di Dio!!! Circa l80%, credo, dellAT non ha
alcun valore normativo sul fronte dei comandamenti e delle invettive profetiche e dei detti sapienziali
nei confronti dei lettori cristiani, mentre ne hanno tantissimo su quelli ebrei, perch la testualit
nata entro la loro cultura. E dunque che cosa vero? Non basta dire che Ges ha abolito la legge
perch anche questo non vero, e dunque? Dobbiamo disfarci dell80% almeno dellAT! Gi
Marcione nel II sec. ci aveva provato ma fu la grande chiesa che glielo imped! Ma anche diverse
normative contenute nel NT sono tranquillamente bypassate dal criterio veritativo cristiano: non si
avvertono per nulla cogenti! E dunque? Perch? Che cos verit in quello? Se non si punta ad
apprezzare per ogni testo la volont di presentare un messaggio e un messaggio finale, si va verso la
deriva di far corrispondere il concetto stesso di Verit delle Scritture a ci che ci serve (tradizione
cristiana compresa)! Ci sono evidenti errori anche nella Scrittura, ma sono tali se li si rapporta con un
altro sistema che contraddice laffermazione ivi contenuta. Come nel racconto di Ges, se accostate
le tradizioni sinottiche, sovente pare di trovarci di fronte a contraddizioni e quindi ad errori. A volte
gli apparenti errori sono variazioni volute per innovare il senso e noi figli del positivismo storico o di
altre forme di verit assolute non vediamo il bello delloperazione e non sappiamo apprezzare
linnovazione semantica del fenomeno.
4) Tutto questo porta allora a ribaltare il sistema logico della relazione veritativa. Nellimpostazione
classica la verit per sua natura unica e assoluta e laddove ci sono contraddizioni c diminuzione
di verit. Quasi che lunicit e luniformit sia la forma di presentazione migliore della verit. Il fatto
che la forma biblica e la nascita dellesperienza di fede, ebraica prima e poi cristiana, che hanno
posto mano alla redazione dei testi sacri hanno sempre assunto la matrice del particolare e del
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relativo e da questo si sono imposte con aperture universalistiche. Prima il giudaismo e poi
soprattutto il cristianesimo. Il credere che da un piccolo particolare, come il racconto di Ges, nato
in un villaggio di Giuda, da genitori comuni, cresciuto e vissuto in un territorio non certo tra i pi
importanti dellimpero romano, ecc questo Ges Cristo con i suoi, cresciuti entro unesperienza
particolare, hanno visto allargarsi ed ampliare la stessa esperienza fino a raggiungere dimensioni
tendenti alluniversale. Quindi il desiderio di assolutezza nei cromosomi della relativit della
verit. E la verit cristiana per sua natura relativa, in relazione con, e nasce con questa sua
caratteristica e cos pure la Scrittura va letta e percepita nella sua relativit per far esplodere da essa
la sua forza di tensione verso lassoluto. Quindi questa dinamica ermeneutica apre ad una ricerca
sempre viva che tesa tra il relativo e particolare e lattesa delluniversale e definitivo.
Entro questo quadro va ricollocata la riflessione sulla verit delle e nelle Scritture. Almeno nel mio
operare come esegeta vedo che funziona bene e fa sempre emergere la grandezza delle stesse.
Diversamente, mi troverei di fronte ad una sorta di schema veritativo gi preconfezionato da
applicare alle Scritture e questo sovente trasforma il commento alle Scritture in forme di
banalizzazione e di schemi triti e ritriti. Una sorta di minestra scaldata il cui gusto sempre quello,
pur dicendo di cambiare testo, gira e rigira la storia sempre quella. E questo accade sovente nella
predicazione di sacerdoti che avendo ben in mente una certa dogmatica, qualsiasi testo biblico
debbano commentare, riciclano sempre le stesse verit assolute e le fanno quadrare comunque sul
testo. chiaro che il messaggio di quel testo, il vero assetto veritativo di quella testualit, non
emerger mai in questa prospettiva.
Una precisazione: lapproccio che utilizzo non definibile come narratologico, ma si colloca in
una prospettiva ben pi ampia. Esso appartiene ad unermeneutica delle tradizioni credenti,
unermeneutica storica e letteraria entro la quale anche la narratologia si colloca come una delle tante
metodologie esegetiche che possono interagire fruttuosamente a rendere eloquente lapproccio di
unermeneutica delle tradizioni credenti. In questo senso lapproccio sia diacronico quanto
sincronico o, per dirla con Paul Ricouer pan-cronico.
Quindi la testualit biblica va compresa in primis nelle coordinate ermeneutiche della tradizione
credente che lha prodotta. E ogni tradizione credente, in misura diversa, ha una certa pretesa di
assolutezza, cio che il proprio prodotto sia quello superiore o il pi autentico rispetto agli altri. E
quando il problema lo si osserva nel punto di arrivo della propria operazione, dove ciascuno ritiene
di essere nel vero, nel giusto e cosi via, allora nascono inevitabilmente i conflitti. E il motivo dato
dallo smarrimento della dinamica genetica della tradizione credente. Per questo, il dogma per essere
apprezzato necessita di far emergere lafflato originario, a volte molto distante dal punto darrivo. E
nellitinerario in tensione, dalla Scrittura al Dogma c la vita di fede di una Chiesa che ha creduto e
per questo ha anche dato la vita! Fossilizzarsi sulla formula finale veritativa e oggettiva significa
oggi rendere sterile ci che la vita ecclesiale ci ha consegnato nella fatica della fede!
Lautore
Don Barbaglia, baccalaureato in teologia presso lo Studio Teologico San Gaudenzio in Novara e
licenza in Sacra Scrittura conseguita presso il Pontificio Istituto Biblico in Roma, insegna
Introduzione allAntico e al Nuovo Testamento, Esegesi di Antico e di Nuovo Testamento presso lo
Studentato teologico San Gaudenzio di Novara affiliato alla Facolt Teologica dellItalia
Settentrionale di Milano e presso lIstituto Superiore di Scienze religiose di Novara. Fondatore
dellassociazione culturale La Nuova Regaldi con la quale opera per una pastorale della cultura
vissuta nel costante confronto con le molteplici sfide che la cultura contemporanea rivolge alla fede.
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Inizio dallanalisi storica che ritengo carente, non fossanche perch oggi giorno molti studiosi non si
definiscono Popperiani, eppure non cedono di un millimetro dalla posizione che Marco dichiara
essere lontana
anni luce dal concetto di scienza di un San Tommaso dAquino e del tutto incompatibile con la retta
ragione e quindi anche la dottrina.
Non credo fosse lintenzione dello stesso Marco dare tutte le colpe al povero Karl, ma il suo scritto
risente comunque implicitamente di una tipologia di forma mentis scientifica completamente
contemporanea di cui forse nemmeno lui ha sentore.
Quando infatti scrive che il concetto di induzione, negato da Popper,
consente di dedurre una legge universale e di attingere alla verit
mi pare che egli dimostri implicitamente, sulla scorta di Maritain (Distinguere per unire. I gradi del
sapere, Morcelliana, Brescia 1974, pag. 44-45), di accettare la concezione moderna di scienza
come cognitio certa per leges, contro la concezione classica (questa si di San Tommaso) come
cognitio certa per causas. Per lexplicatio terminorum cito Gianfranco Basti:
le causae sono intese come quelle relazioni fra entit attive e passive che determinano (cio rendono
necessaria, necessitano) lesistenza naturale o extra-mentale di enti e/o eventi [implicitamente
richiamano le nozioni di atto-potenza e quindi di finalit causale. ndr].
le leges sono intese come quelle relazioni che determinano lesistenza logica (appartenenza di classe
e dunque la deducibilit e/o la predicibilit) di rappresentazioni, nel caso delle scienze formali, e la
predicibilit di fenomeni, di rappresentazioni quantitative (relative ad operazioni di misura) di eventi
extra-mentali, nel caso delle scienze naturali.
Basti, Gianfranco. Ontologia formale per una metafisica post-moderna. In: ALBERTO STRUMIA
ED., Il problema dei fondamenti. Da Aristotele a Tommaso dAquino allOntologia Formale,
Cantagalli, Siena, 2007, pp. 193-194
Potrei anche sbagliarmi riguardo allo scritto di Marco e alle intenzioni implicite: se fosse me ne
scuso. Questa distinzione chiarita credo mi permetta di continuare la riflessione sulla scienza storica
biblica intrapresa in quel post e tentare una analogia che sottopongo al giudizio dei lettori. Ma prima
concludo lexcursus storico.
Secondo il citato Maritain, ripreso da Basti, la metodologia moderna deriva da approcci sistematici
alla realt distorti da secoli prima di Popper, addirittura gi da Galileo, il quale fu il primo ad aver
preteso
neo-platonicamente il carattere apodittico di verit per la sua scienza (dalla verit delle premesse
segue la verit delle deduzioni), intesa come ontologia adeguata dellente fisico, ma Bellarmino gli
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contestava di non aver dimostrato la verit delle sue premesse, in quanto una simile dimostrazione
avrebbe richiesto quella che noi oggi chiameremmo una teoria dei fondamenti, e che allora
avrebbe dovuto essere la metafisica [e che il nostro lonergardiano Tom credo chiamerebbe Teoria
della conoscenza. ndr.]
Basti, Gianfranco. id, pag. 199
Tutti i passi successivi furono quindi un passaggio di rinuncia al carattere apodittico della fisicamatematica nei confronti dellessenza delle cose, ma (attenzione) non delle leggi che regolano le
cose medesime.
Infatti, ci ricorda Strumia,
la matematica considera la realt cogliendola non sotto laspetto dellindividualit (materia
sensibile), ma sotto laspetto delle leggi naturali, che sono relazioni universali e questo rende molto
potente nel fare previsioni la scienza moderna di tipo fisico-matematico. Inoltre la realt fisica viene
colta non tanto come un ente (sostanza), ma sotto laspetto della quantit che la propriet
emergente della materia.
Strumia, Alberto. Scienza e teologia a confronto. Fede & Cultura. 2014. Pag. 67
Via via con gli anni ecco nascere le geometrie non euclidee il quale:
far saltare il criterio cartesiano dellevidenza, aprendo la strada alla moderna concezione che vede
nella matematica una teoria di forme (sintassi) logicamente strutturata e del tutto svincolata dai
modelli, dalle interpretazioni, dalle applicazioni alla realt, forme il cui carattere, tuttavia, non pi
assoluto neppure nel soggetto, come voleva Kant, ma del tutto ipotetico e convenzionale.[...]
Assistiamo, cos nellambito della scienza moderna alla fine del principio di evidenza come
criterio fondativo di verit apodittiche: le teorie matematiche e, con esse, le teorie della scienze
fisiche hanno solo un carattere ipotetico. Alla matematica non si chiede pi di essere vera, ma
solo di essere coerente (sistema formale).
Basti, Gianfranco. id, pag. 200
Da qui nascono le antinomie logiche moderne che si scontrarono con lovviet ben risaputa da
Aristotele e Tommaso, cio che certi oggetti infiniti (per cos dire troppo generali), che compaiono
quando si cerca di elaborare delle teorie onnicomprensive, sono incompatibili con i metodi
costruttivi (Basti). Esattamente come il concetto di ente NON DEFINIBILE, ma solo descrivibile
(parola di San Tommaso, lo vedremo alla prossima lezione di Metafisica), nemmeno il concetto
generale di insieme matematico (a la Cantor) lo !
Il discorso lunghissimo e tocca solo trasversalmente quanto vorrei trattare qui, ma funge da
introduzione per correggere il tiro di quanto proposto da Marco e successivamente impostare la
possibile lettura del metodo storico critico moderno allinterno di questa situazione epistemologica
basata sulla possibilit di conoscenza per leges, cio di una conoscenza che si basa sul leggi intese
come relazioni universali fra loro stabili, predicibili e meramente quantitative estranee alla dicotomia
potenza-atto e che permettono delle rappresentazioni accettabili.
In poche parole: il concetto di razionalit si ridotto drasticamente e il criterio di scientificit ha
seguito il medesimo andamento, necessariamente. Bene lo spiega il fisico Strumia nella sua opera qui
citata (consigliatissima!):
Conseguentemente lidentificazione del canone di scientificit con il modello delle scienze fisicomatematiche o matematiche pure ha comportato la riduzione del concetto di razionalit al solo
ambito delle conoscenze scientifiche cos intese. Ci che non scientifico (nel senso predetto) non
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Detto questo permettetemi il parallelo citato nel prologo del presente articolo con la moderna scienza
storica. Prima di tutto rileggiamo insieme i cosidetti criteri del metodo storico biblico contemporaneo
(anche solo i titoli).
Fatto? Bene.
Quale quellavvenimento che perfettamente potrebbe aderire a tale metodo scientifico storico e che
al contempo ne mette in crisi lintero impianto? Esattamente: la resurrezione di Ges. fatto storico,
MA la storia, come scienza moderna, considerata razionale poich appunto risponde al paradigma
dominate (per leges) non pu permettersi di considerare fatto un simile avvenimento poich
questo estraneo alla relazione stabile e deducibile/predicibile che ne fonda laspetto scientifico
stesso!
Il miracolo oggi letto solo e soltanto in questa prospettiva. Esso tale solo e soltanto perch
estraneo alle relazioni finora appurate/deducibili e predicibili in ambito storico, uno strappo alle
leggi del contingente. Ma questa ovviamente una mera prospettiva, vera allinterno delle sue
premesse, certamente non completamente veritiera del fatto in s, visto che lo stesso miracolo
potrebbe essere letto in prospettiva per causae.
Va comunque da s che qualunque prospettiva possieda in s PARTE di Verit, come altrettanto
ovvio che la stessa non corrisponda alla Verit (storica in questo caso) in tutto e per tutto (per altro
scientificamente impossibile da raggiungere). E la scienza stessa che, con lutilizzo di questo
preciso metodo e in questa precisa prospettiva relazionale, SI chiude la possibilit di parlarne. E la
stessa scienza storica pertanto che, aderendo alla prospettiva inviolabile per leges, si vieta di dire se
questo fatto sia o meno avvenuto davvero.
Come si diceva: il fatto storico che forza lintero sistema, poich si apre ad una possibilit
estranea a tutti i criteri a priori del metodo che lo chiarifica come storico.
Si, a priori, poich come si diceva seguendo i meri criteri del metodo storico critico, la resurrezione
e i miracoli di Ges sono presentati come fatti avvenuti di cui tener conto, punto.
MA non possibile per la prospettiva per leges di cui sopra, punto.
Quindi?
Quindi o non si tratta il problema oppure, come sono obbligati a fare gli storici dei cosidetti profeti
(o di Dio come nel nostro caso siamo i soliti esagerati!), se la si vuole trattare si deve ricondurre
per forza il narrato sotto lunica prospettiva ad oggi considerata scientifica.
Quindi necessario negare, fine.
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Per Marco da quel che ho capito atroce, a me invece (da uno che questo momento storico che
gli dato vivere lo vuole comprendere e gustare) va benissimo! Si, mi va benissimo leggere un
Meier che segue perfettamente questa linea agnostica (cit.) nonostante sia presbitero cattolico, che
rilegge tutto in questa prospettiva oggi accettata dalla comunit con la quale DEVE fare i conti e,
nonostante questo, non perde la fede.
Come fa? Semplicemente sa CHE questo solo il risultato di UNA PROSPETTIVA! In un certo
modo scorpora la fede dalla scienza perch consapevole che oggi giorno la diminuitio di ratio sopra
citata impone studi con questo taglio prospettico.
Ovviamente stiamo comunque semplificando. In questo contesto ogni studioso segue un suo metodo
personale (che comunque richiama i criteri sopra citati) e molta parte del dibattito recente biblico
proprio SOLO sul metodo seguito dai vari studiosi.
Generalizzando comunque ecco la mia conclusione (in fieri): il problema non la scienza storica tout
court e quello sguardo con il quale i biblisti lavorano in modo tanto splendido che un cattolico deve
obbligatoriamente criticare . Il problema sta credo nel pensiero implicito a molti che tale sguardo
sia necessariamente tutta la realt e non un suo aspetto. Sia negli studiosi, ma soprattutto nei
cattolici critici.
Lerrore dunque non nel paradigma in s il quale in realt sta anche apportando straordinarie
scoperte in seno alla storia antica in quel di Israele e quindi in seno alla biblistica in generale,
negarlo non solo togliersi dalla comunit scientifica, ma mettersi le fette di salame sugli occhi!
ma nel considerare tale paradigma prospettico come UNICO e RAPPRESENTATIVO DI TUTTA
la realt in osservazione.
Realt che necessariamente E sia per leges CHE per causas , non fossaltro perch queste non sono
che prospettive diverse per osservare e studiare una medesima realt, la quale obbligatoriamente
PIU GRANDE della somma delle prospettive stesse con le quali si studia il subiecto, esattamente
come provato nelle due lezioni dedicate allattivit scientifica.
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La Divina Liturgia
Oggi un giorno di gioia con fortissima simbolica: 7 anni sono passati dal 07/07/07 quando lallora
Sommo Pontefice, S.S. Benedetto XVI, regal alla Chiesa il Motu Proprio Summorum Pontificum.
Un passo importante per una Chiesa che aveva, e ancora ha, bisogno di fare la pace con se stessa.
La forma straordinaria risponde al bisogno spirituale di centinaia di migliaia di cattolici nel mondo
intero che si riconoscono pienamente nella Chiesa di oggi e sono lontani anni luce alle erranze
eretiche e scismatiche lefebvriste e sedevacantiste. Ne abbiamo parlato pi volte sul Croce-Via: basta
andare a dare unocchiata in Liturgia e Sacra Scrittura.
In Francia circa il 15% delle ordinazioni sacerdotali degli ultimi 10 anni stata conferita a dei
sacerdoti che celebreranno la forma straordinaria, mentre, forse, il numero di cattolici di sensibilit
tradizionale probabilmente molto inferiore all1%. Questo meno del1% produce il 15% !
Quando sappiamo che anche nella tremenda Svizzera ( tremenda a livello episcopale e sacerdotale)
ben 66% dei praticanti, che rappresentano il 4 % del totale dei cattolici, vorrebbero avere la
possibilit di partecipare regolarmente alla forma straordinaria, ben capiam cosa potrebbe succedere
se la forma straordinaria fosse offerta sistematicamente in ogni parrocchia. Immaginiamo solamente
un istante se ci avvenisse: nulla ci impedirebbe di immaginare che i sacerdoti in questione
sarebbero il 60% delle consecrazioni negli anni seguenti.
Bisogna dire che un guardare un sacerdote che celebra secondo la forma straordinaria fa venir la
voglia ad un giovane di dedicarsi peinamente al Signore molto di pi che la vista di un assistente
sociale che manco ha il diritto di sposarsi e che se ne sta seduto con uno sguardo bovino a guardare
il pubblico cantare : ma siamo umani incarnati e non spiriti angelici disincarnati: queste cose contano
anche.
Alcuni vedono nella forma straordinaria come una concorrenza colla forma ordinaria: posso
testimoniare che quando dei sacerdoti come, ad esempio, quelli della Communaut Saint
Martin celebrano la forma ordinaria come la Chiesa comanda, nessuno, ma proprio nessuno, ha il
desiderio di altre forme ed, in pi, hanno vocazioni sacerdotali in grande numero.
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Personalmente ho sempre pensato che la concorrenza sia cosa buona non solo in campo economico
ma anche in quello spirituale: dove per concorrenza, ovviamente, non intendo una lotta darwiniana a
morte ma una ricerca intensa dell aret dei filosofi greci, leccellenza. Il fatto di lasciare libera
lofferta di due forme riconosciute da chi il Custode del Rito Romano nella Chiesa Latina una
cosa buona in s: la moltiplicazione dellofferta implica sempre laumento della domanda.
Questo si vede anche in economia dove, quando si riesce a far evolvere contratti di esclusivit a
contratti aperti, non solo il principale vede le proprie vendite aumentare in generale in una data
geografia, ma anche colui che aveva liniziale sola esclusivit. Non devono aver paura i vescovi di
applicare il Summorum Pontificum liberalmente: questo spinger il loro Presbiterium a celebrare
sante messe di migliore qualit ( qualit umana sintende, quella sacrificale di N.S. Ges Cristo
sempre la stessa, ovviamente) che attireranno ed educheranno sempre pi fedeli, rilanciando anche
lappello vocazionale.
Certo, molti cripto-lefebvriani si nascondono sotto le mentite spoglie di un fedele amante della forma
straordinaria e fanno molto rumore che crea una giusta irritazione nelle curie: il vero cattolico di
sensibilit tradizionale ama la sua Chiesa, soddisfa in modo naturale allarticolo 19 della Universae
Ecclesiae e non si fa mai sentire per calunniare e pettegolezzare Sua Madre la Chiesa ed il Sommo
Pontefice. Anzi, un accesso davvero allargato nei fatti allontaner costoro, in quanto, appunto, chi
davvero cattolico non sa che farsene degli scontenti sempiterni, degli scismatici nel cuore e degli
eretici nel pensiero.
Ecco, cerchiamo di ricordarci del 07/07/07 come il giorno del gran ritorno della ricerca dell
aret, delleccellenza, nella celebrazione del rito romano della Chiesa latina, eccellenza che va
da essere ricercata da ed in ogni comunit ispirata dal soffio dello Spirito Santo che lanima.
Buon Compleanno!
In Pace
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