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A.
IL PERIODO
DEL
PENTKOSTRION CHARMSYNON
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
immacolato al Padre suo (cf. Ebr 9,14). Infatti "dallo Spirito Santo e
dalla Vergine Maria" fu concepito e nacque (Mt 1,18-25; Le 1,26-38).
Dallo Spirito Santo fu battezzato e consacrato per la missione messianica (Mt 3,13-17, e paralleli). Nello Spirito Santo che lo "unse" di consacrazione regale profetica sacerdotale nuziale "pass come Re benefattore" (At 10,38), annunciando l'Evangelo della grazia e attuando le
opere del Regno, e dando culto al Padre.
La Resurrezione e lo Spirito Santo poi danno senso e coerenza alla
stessa manifestazione principale della Chiesa al mondo, l'annuncio
missionario, le "opere del Regno", la santa Liturgia, proseguendo cos
con lo Spirito Santo l'opera del Signore Ges Cristo.
Si deve infatti considerare che la Chiesa ed i suoi figli, che in fondo
sono "la Madre a se stessi", "Madre sempre nel parto" doloroso (i Padri), esistono in questa esclusiva condizione: dopo la Resurrezione, a
causa della Resurrezione , a partire dalla Resurrezione come proprio si trova l'evento della Pentecoste che la Chiesa fond nel Fuoco
dello Spirito Santo.
Ma allora, la santa Liturgia dopo, a causa, a partire dalla Resurrezione non altro che "il Tutto" che nelle sue singole "parti" non pu
celebrare altro se non Cristo Signore Risorto che si fa presente con lo
Spirito Santo in tutto il suo Evento, e solo cos innalza la santa assemblea dei fedeli "qui oggi per loro" all'adorazione unica, con unico amore, del Padre, e nel Padre all'adorazione indivisibile del Figlio e dello
Spirito Santo Triade monadica, Monade Triadica, il Signore Unico
dell'A.T. (Dt 6,4-6) da amare con tutta l'esistenza, il medesimo Signore
Unico che Cristo severamente ripresenta nel N.T. (Mt 22,34-40, e par.).
Ora, la Liturgia della Chiesa consiste e si rappresenta in esclusivit
nei suoi tre contenuti compattamente coerenti: i Misteri (sacramenti),
con i Divini Misteri al centro; l'Anno della grazia detto "liturgico"; le
Ore sante della lode.
I Divini Misteri celebrano Cristo Risorto. Baster qui ricordare la
"monotonia magnifica" (Romano Guardini) della santa Liturgia, per
cui ogni celebrazione dei Misteri proclama nell'Anamnesi storica sacrificale offertoriale: "Memori dunque di questo salvifico precetto, e di
tutti i fatti avvenuti per noi: della Croce, della Tomba, della triduana
Resurrezione, dell'Ascesa ai cieli, dell'Intronizzazione alla Destra, della
seconda e gloriosa Parousia di nuovo, quanto tuo da quanto tuo a Te
offriamo secondo tutto e per tutto" (Anafora di S. Giovanni Cristostomo).
I Misteri altri, di istituzione divina: l'iniziazione nello Spirito Santo,
l'ordinazione sacra, il santo matrimonio, il rito dei confessanti, l'Olio
della preghiera sono in funzione della Resurrezione.
L'Anno liturgico il "ciclo" simbolico ma in linea continua e irresi295
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
logico presuntivo, circa dal 57 al 96 d.C). Il fatto contrastava visibilmente con l'esuberante sistema festale ebraico: il sabato, celebrazione
principale tra tutte; Pasqua, Pentecoste, Capodanno, Espiazione, Capanne, Dedicazione del tempio, Sorti, erano le "feste", tra cui eccelleva
quella delle Capanne, oltre "giorni segnalati" (si veda l'antichissimo
calendario festale di Lev 23). Il fatto che la fede apostolica del N.T.
ormai aveva lo sguardo concentrato sul "Tutto" della salvezza, Cristo
Risorto con l'intero suo evento, come si disse, e dunque sul "suo"
Giorno, "il Primo della settimana", la Domenica in cui Egli era stato
resuscitato dal Padre con l'onnipotenza dello Spirito Santo.
Nel N.T. alla Domenica si leggevano le Scritture durante la celebrazione comunitaria del Signore Risorto, in un certo senso proseguendo
l'uso ebraico sabbatico, con il suo ricco ciclo di letture della Legge e
dei Profeti. Si vedano Le 4,16-21, e 1 Cor 14. Ma si leggevano insieme
anche i nuovi testi, scritti adesso dagli Apostoli o da personaggi che vivevano con essi, ad esempio le epistole paoline, secondo le esplicite
raccomandazione di Paolo. Vedi qui Col 4,16: "E quando sia letta (anaginsk) presso voi l'epistola, fate s che anche nella Chiesa dei Laodicesi sia letta (anaginsk)". Ges stesso nella sinagoga di Nazaret di
sabato si era levato "per leggere (anaginsk)" il Profeta (cf. Le 4,16c,
e i vv. 16-21). Il verbo anagi(g)nsk era infatti il verbo tecnico della
proclamazione delle Sante Scritture, e andgnsma la "lettura" stessa,
verbi che restano ancora nella Liturgia bizantina greca. Cos in Ap 1,1-3,
che forma il denso prologo del libro, formulato lo splendido makarisms, la beatitudine per ho anaginskn, il "lettore" delle Scritture,
che adesso per il libro dell'Apocalisse di Giovanni, e per hoi
akoontes, gli ascoltatori (v. 3): poich quanto "letto" insieme
Apoklypsis, Rivelazione, Martyria Iso Christo, Testimonianza
(propria) di Ges Cristo, e Prophtia, Profezia. In una parola cos
definita l'essenza della Parola divina.
"Le parti" del Mistero indivisibile di Cristo cominciano ad essere
evidenziate dalle Chiese dopo il N.T. Verso il 120 in Egitto si celebra la
Teofania del Battesimo. Verso il 160-170 in Asia Minore comunit "entusiaste" scorporano il Mistero, celebrando al venerd la Passione, ma
adesso una volta l'anno. Verso il sec. 3 si prepara la celebrazione annuale della "Pasqua", linguaggio sconosciuto al N.T, con una "quarantena", la Quaresima, penitenziale e preparatoria. Nel sec. 4, con centro
in Gerusalemme, si delinea un sistema: oltre le date adesso riferite, si
celebra la Pentecoste e l'Ascensione 50 giorni dopo la Pasqua. Vengono
in questione date prestigiose: il 14 settembre la S. Croce; insieme, il 2
febbraio, la Hypapant; il 25 marzo, VEuaggelisms dell'Angelo a
Maria Vergine; da Roma si celebra la data, che ha tutta la certezza, secondo studi recenti ed inoppugnabili, di essere "storica", del 25 dicem297
COMMENTO - IL PENTEKOSTAR1ON
merosissimi battesimi con la confermazione, il che prolungava l'ufficiatura, con la Divina Liturgia, fino a tarda notte.
1.IlPhs hilarn
II Vespro quello normale del sabato che introduce gi alla Domenica.
Al Phs hilarn, inno di risalente antichit, gi citato da S. Basilio
(si attribuisce a S. Atenogene Vescovo e Martire in Atene, sec. 2), va
annotato il simbolismo della luce, questo giorno particolarmente significante. Infatti biblicamente "luce" "vita", come tenebra morte; luce
giovent nuova, come tenebra vecchiaia decrepita. Anche se il vecchio giorno muore, resta alta per noi la Luce increata del Verbo, che
Cristo stesso (cf. Gv 8,12; 1,1-4), manifestatasi definitivamente con la
Resurrezione. "Luce gioiosa" che procede dal Padre immortale che
anche Gloria santa, Celeste, Santo, Beato. Mentre il sole terreno tramonta, i fedeli contemplano la Luce vespertina che insieme la Luce
dell'Oriente che sta alta sulla creazione, dunque Luce che non conosce
declino e tramonto. Perci i fedeli inneggiano al Padre e al Figlio e allo
Spirito Santo, adorazione unica al Dio Unico, il solo che degno di essere inneggiato da voci sante e fedeli, e dal cosmo intero, rivolgendosi
poi al Figlio di Dio che risorgendo dona la Vita eterna, come glorificato in eterno.
L'applicazione della Resurrezione ovvia e letterale, poich noi conosciamo amiamo adoriamo Cristo Signore per tutto quello che "dopo a causa a partire dalla Resurrezione".
2. Il Fuoco nuovo
Anche se non si usa pi (se non localmente), in questo Vespro si
procedeva dopo il Phs hilarn ad accendere il Fuoco nuovo. Ora,
Fuoco anche Luce, il segno della distruzione del vecchio e l'inizio
gioioso della creazione nuova, purificazione e trasformazione. perci anche uno dei simboli maggiori dello Spirito Santo. Per il significato complesso, si rinvia al commento della celebrazione di Pentecoste.
3. "Venite, prendete la luce"
Era uso, fatto il fuoco, accendere da esso il grande cero, da cui tutti i
presenti attingevano la scintilla per le loro candele. Tale rito ha un significato speciale nel prosieguo della Vigilia, ossia con l'Ufficio del
Mattino. Ma in antico il senso era ancora pi chiaro. Il celebrante canta
l'invitatorio: "Venite a prendere luce dall'intramontabile Luce, e glorificate Cristo, il Risorto dai morti". Ora, quando i fedeli hanno acceso le
loro candele, si realizza quanto si canta ogni Domenica e festa nella
"Dossologia grande":
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COMMENTO - IL PENTKOSTARION
sorto nella sua Umanit santa l'Adamo Ultimo. Da Lui trae principio
la creatura nuova, che sono i suoi fedeli e all'ultimo dei tempi anche i
cieli nuovi e la terra nuova. Il primo segno della Resurrezione la Luce. L'operatore divino della Resurrezione lo Spirito di Dio. Con la
Resurrezione ha efficacia la Parola divina, vista sia come il Lgos preeterno incarnato e risorto, sia la Parola del Padre al Figlio, come Paolo
proclama nella sinagoga di Antiochia di Pisidia:
E noi vi evangelizziamo la Promessa
avvenuta in favore dei Padri nostri:
che questa Dio ha adempiuto
per i figli di quelli, noi,
avendo resuscitato Ges,
come anche stato scritto nel Salmo secondo:
"Figlio mio sei tu,
Io oggi ho generato te!",
dove la citazione e l'applicazione del Sai 2,7 (cf. Ebr 1,5).
2) Is 60,1-16, Lettura profetica
Fa parte del "Terzo Isaia" (Is 56-66), che si usa datare dopo il ritorno dall'esilio babilonese (dopo il 538 a.C). il divino appello, che oggi
torna insistente, alla Gerusalemme nuova, rinnovata dal Signore:
"poich venne la Luce tua e la Gloria del Signore folgora su te!", e
dunque il Signore le parla cos: "Sorgi e risplendi, Gerusalemme!" (v.
1). Infatti il Signore stesso sfolgora su lei (v. 2), e Gerusalemme a sua
volta sar la luce delle nazioni pagane (v. 3), che a lei converranno come suoi figli da ogni parte (vv. 4-9). Questi figli ricostruiranno la loro
Madre (v. 10), che sar accogliente per tutti e perennemente (v. 11), e
avr la magnifica condizione paradisiaca (v. 13). Allora il Signore le
porr il titolo "Citt del Signore, Sion del Santo d'Israele" (v. 14), resa
graziosa davanti a tutti dal Signore (v. 15), e qui sar la perfetta manifestazione di Lui (v. 16).
evidente l'applicazione della Gerusalemme nuova formata dai battezzati di questo grande Giorno della Resurrezione.
3) Es 12,1-11, Lettura storica
la pericope dell'agnello pasquale, il cui rito da inizio alla notte pasquale dell'A.T. anche la lettura ideologica che ne fecero gruppi di
cristiani dell'Asia Minore nel venerd che cadeva al 14 di Nisan (data
dell'agnello in Es 12), scorporando cos il Mistero unitario di Cristo.
Ora, Cristo non l'agnello "pasquale", poich questo semplicemente
era "gli agnelli", uno per famiglia, ma soprattutto non era n sacrificato
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COMMENTO - IL PENTKOSTAR1ON
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
rile, ottenuta dall'intercessione del profeta Eliseo, e poi della resurrezione di questo ragazzo, ancora per intercessione del profeta.
L'applicazione alla nascita nuova dell'iniziazione cristiana, della resurrezione da morte che essa procura, trasparente.
13)Is 63,11 - 64,5, Lettura profetica
Is 63,7-19 un altro vero Salmo, ma fuori Salterio. Il testo presenta
il popolo che si converte al suo Signore memorando i suoi fatti vittoriosi
al Mar Rosso, il dono del suo "Spirito Santo" (dopo Sai 50,12-14, sono
pressoch le uniche volte che la Bibbia ebraica chiama cos lo Spirito
di Dio), che mosse gli Israeliti verso la Patria, onde ottenere sotto questa
guida (vv. 11 e 14) il Nome glorioso. Adesso il popolo invoca: "Padre
nostro Tu sei" (v. 16), implorando l'aiuto necessario in tempo di
catastrofe. In 64,1-5 l'invocazione si fa pressante, nel riconoscimento
dei prodigi unici operati dal Signore per il suo popolo.
Il nesso con la Resurrezione chiaro nella tipologia dell'esodo e
nell'esplicitazione dell'opera dello Spirito Santo. Inoltre, dall'iniziazione
cristiana, i fedeli sono abilitati dallo Spirito Santo ad osare di invocare
Dio come "Padre nostro".
14) Ger 38,31-34 (= 31,31-34), Lettura profetica
il testo grandioso, fondamentale, della promessa divina finale:
quella dell'alleanza "nuova", che significa ultima. Agli ultimi giorni,
quelli di Cristo (cf. Gai 4,4-6), il Signore porr la sua alleanza ultima:
la santa Legge, scritta dallo Spirito Santo (cf. Dt 9,10; Es 31,18, "il Dito
di Dio"), nel cuore dei fedeli (cf. Rom 5,5: lo Spirito Santo come
Legge divina dell'amore), dove il medesimo Spirito fa da divino Sigillo
finale; stabilir l'alleanza: essi diranno "Dio nostro", il Signore dir
"popolo mio" ( la formula dell'alleanza); tutti saranno discepoli del
Signore, unico Maestro divino, e non degli uomini, poich il Signore
porr tra i suoi fedeli la sua conoscenza. Infine viene il segno misterioso
e tremendo, segno definitivo: il Signore si dimenticher ossia:
annuller del tutto i peccati del popolo suo, perdonato e riammesso
alla comunione divina trasformante. Il tratto ripreso da Paolo in FU 3,814. Il testo citato da Ebr 9,8-12, per intero.
L'alleanza eterna, finale, "Nuovo Testamento", inaugurata con la
Resurrezione e la Pentecoste, donata nell'iniziazione cristiana, e di
continuo sigillata dallo Spirito nei Divini Maestri.
15) Dan 3,1-56, Lettura profetica
II testo narra la superbia di Nabucodonosor che vuole essere ado rato come un dio da tutti i popoli della terra, minacciando lo stermi nio a chi vi si rifiuta. I tre Giovani ebrei si rifiutano, sono minacciati
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e poi condannati alla fornace ardente, da cui restano illesi. Tra essi,
Azaria innalza al Signore una lunga intercessione, con epiclesi di intervento soccorritore. Infatti l'Angelo del Signore li scampa dalle
fiamme. Allora i tre Giovani indirizzano al Signore il "cantico" della
loro lode (vv. 51-56).
Segue l'"inno dei tre santi Giovani" (vv. 57-90, ma selezionati), un
lungo canto di lode al Signore magnifico, Creatore e prvvidente. Tutte
le opere create sono invitate (imperativo innico) a lodare il Signore con
i Giovani. Vi si aggiunge l'imperativo agli Apostoli, Profeti e Martiri. Il
popolo ad ogni versetto risponde "II Signore inneggiate e sovresaltate
per tutti i secoli". Termina l'invito a benedire il Padre e il Figlio e lo
Spirito Santo.
Anche qui trasparente la derivazione dalla Resurrezione, che salva
dal fuoco della morte e dona la vita, la gioia, e pone l'inno sulla bocca
dei fedeli, poich la Resurrezione rivela l'intera opera magnifica del Signore lungo la storia del mondo creato e degli uomini. Il Mistero battesimale ne deriva: i catecumeni passano dalla morte (la consepoltura
con Cristo), che la loro "fornace del peccato", alla "vita con Cristo e
con lo Spirito Santo" (Rom 8,9), alla gioia, al culto perenne e laudante.
5. La Litania piccola
Segue subito la Synapt mikr, conclusa dalla dossologia del celebrante: HtiHdgios i, ho Thes hmn. Qui si battezzano i catecumeni.
IL - LA DIVINA LITURGIA DI S. BASILIO IL GRANDE
II Vespro e la Liturgia battesimale (quando c'era) sono terminati. I
battezzati rientravano in chiesa con il resto dei fedeli. Senza interruzione si proseguiva la Vigilia con la Liturgia di S. Basilio. probabile che
in antico la divina Liturgia avesse qui il suo inizio con un cantico d'entrata, prima che si elaborassero i "riti di ingresso" attuali.
1. "Quanti in Cristo foste battezzati"
Al posto del Trisgion, oggi si canta 3 volte Gai 3,27: "Quanti in
Cristo foste battezzati, rivestitevi di Cristo", con l'Alleluia.
Questo il segno residuo che qui si procedeva al battesimo e confermazione dei catecumeni, preparati per lungo tempo, in modo pi teso
per durante la santa Quaresima. Dell'iniziazione si allude all'essere
"battezzati", ossia immersi nell'acqua della morte per riemergere alla
vita con Cristo: immersi propriamente nella Morte di Lui. Allora Cristo
Signore pu diventare "abito" da indossare perennemente, da non
smettere mai, da conservare immacolato, dunque come una parte di se
305
COMMENTO - IL PENTKOSTAR1ON
mente ancora oggi, di chiamare semplicemente "battesimo" l'iniziazione cristiana, che il Mistero indivisibile donato da vivere al convcrtito
e credente, in tre momenti successivi che sono "il battesimo", "la confermazione", "il Convito dei Misteri".
I Padri perci chiamano anche essi tutto questo: "battesimo", consa
pevoli della sua importanza esclusiva di iniziazione a Cristo operata
dallo Spirito Santo. Dalla Chiesa dei Padri viene il complesso del cate
cumenato che circonda i riti suggestivi dell'iniziazione, e che comincia
anche diversi anni prima, procede secondo il grado di maturazione, di
affinamento della sensibilit spirituale come "segno" che la Grazia di
vina lavora e produce effetto, e che il recettore la vive; e finalmente
sfocia nei complessi riti battesimali.
A riflettere, come si vedr, la stessa Quaresima dal sec. 3 (almeno,
da quanto si sa) fu organizzata via via dalle Chiese con il duplice scopo: riproporre annualmente la memoria del battesimo dei fedeli, e accelerare ed intensificare l'itinerario dei catecumeni verso l'iniziazione. I
fedeli dunque dovevano accompagnare con digiuni, preghiere e carit il
cammino pieno di difficolt che sostenevano, sorretti dalla Chiesa Madre, i catecumeni, fino al sigillo divino della loro fede.
Forse in seguito si accentuato dell'iniziazione l'aspetto morale, la
sola distruzione dei peccati, a scapito della pi completa considerazione battesimale che deve partire dalla fede biblica, ossia "la risposta d'adesione nell'amore a Cristo che chiama per s e per gli altri fratelli".
Cos l'iniziazione non era vista come un ripiegarsi su se stesso di ciascun battezzato, bens invece come l'espansione del Dono divino e rigenerante della fede. Qui i Padri scrivono le pagine tra le pi intense
del loro pensiero e della loro ansia pastorale.
II giorno della Teofania trinitaria al Giordano dell'anno 380, a Costantinopoli uno dei pi prestigiosi Vescovi della Chiesa cattolica di
quei tempi, come "ho Theolgos, il Teologo" per eccellenza restato tale
per sempre, durante la celebrazione dei santi Misteri, nella sua omelia
al popolo suo, circondato da ogni parte dalle insidie degli ariani, poteva
rivolgersi cos ai fedeli, rimemorando la loro fede divina:
Io ti (al battezzando) voglio donare come compagna e patrona di
tutta l'esistenza l'Unica Divinit e Potenza che si trova unita nei
Tre, e che comprende Uno per Uno i Tre, e n diseguale per essenze e nature, n accresciuta o diminuita per eccedenze e diminuzioni
ma Essa eguale dovunque, la medesima dovunque, come
unica la bellezza e la grandezza del cielo. Di Tre Infiniti Essa la
Infinita Congiunzione. Ciascuno Dio se contemplato in se stesso,
come il Padre il Figlio, come il Figlio lo Spirito Santo, essendo
preservata a Ciascuno la sua propriet. I Tre sono Dio se sono pen307
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
sati nella loro reciprocit, e qui per la Consustanzialit, l per l'unico Principio. Io non arrivo a pensare l'Uno, che sono circumfolgorato dai Tre. Io non arrivo a distinguere i Tre, che sono ricondotto
all'Uno. Quando io immagino l'Uno dei Tre, io credo che Egli sia
il Tutto, e la mia vista riempita, ed il pi (di essa) mi sfugge. Io
non posso comprendere la grandezza di Questo, perch Egli conferisca il pi (del mio vedere) a quanto sopravanza. Quando con la
contemplazione io contraggo i Tre, io scorgo una unica Fiaccola
poich io non sono in grado di distinguere e di misurare la Luce
Unita (S. GREGORIO IL TEOLOGO, Oratio 40, In s. baptisma 41, in
PG 36,417 A-C).
Poich la Grazia dello Spirito nella Chiesa Una Santa, la Chiesa
Sposa ed Orante, la Cattolica, ancora nel suo stato di esodo verso la Patria, dona in continuit di conoscere la dottrina divina trasformante della
Santa Scrittura, secondo la fede inalterabile degli Apostoli, nell'approfondimento dei Padri, nella celebrazione ininterrotta, nella contemplazione dei grandi spirituali; ed insieme dona nella speranza e nell'amore di riportare tutto senza alterazione all'adorazione indivisa del Dio
Monadico e Triadico, in questa adesione ferma ed ultima:
Noi conosciamo l'unico Principio, l'unica Divinit, l'unico Regno,
l'unico Potere, l'unica Operazione, l'unico Consiglio, l'unica Volont, l'unica Sovranit, l'unico Movimento: Unit sia creatrice di
tutti gli esseri che esistono dopo di Essa, sia Provvidente, sia Donante stabilit e conservazione, l'unica Sovranit, l'unica Eternit
e tutte queste Realt unitarie, e non soggette, dell'unica Essenza
e Natura sussistono nelle Tre Ipostasi personali, n Ipostasi che si
confondano tra esse, n che conducano verso una unica Ipostasi, n
che dividano l'unica Essenza o la spartiscano in tre Essenze cos separando la Divinit. Ma l'Unico Dio, Unica Divinit folgorante in
Tre Ipostasi, e Tre Ipostasi e Persone conosciute nell'Unica Divinit.
Perci perfetto Dio il Padre, perfetto Dio il Figlio, perfetto Dio
lo Spirito Santo: poich ciascuna Persona possiede l'Unica non
spartibile e non diminuita e perfetta Divinit (S. SOFRONIO DI GERUSALEMME, Epistola synodica, in PG 87,3156 D - 3157 B).
Cos per divina Rivelazione, Grazia sovrabbondante e gratuita, conosciamo il Mistero triadico quale unica Fonte di tutta la Vita, Origine infinita senza principio e senza fine, Tesoro inesauribile di esistenza beata, Pienezza incommensurabile di Luce e Fuoco della divina
Carit sussistente, Comunione e Comunicazione e Comunanza e Comunit totale dell'unica Felicit indivisa tra le tre divine Ipostasi uni308
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
2. VApstolos
Va notato qui che la Lettura del N.T. chiamata da tempo antichissimo Apstolos, non cominciava la Liturgia della Parola. Infatti norma
indiscussa, dal principio, che la Parola di Dio sia accolta gioiosamente,
e tale gioia sia significata sempre dal canto dei Salmi. Ora, una semplice occhiata ad uno schema delle Letture mostra questo:
a)Salmo
Apstolos
b)Salmo
Evangelo,
dove evidente che il Salmo "risponde" ad una Lettura. Ora, i primi
versetti che precedono VApstolos, suppongono che l in antico stesse
una Lettura dell'A.T. Di fatto, ancora S. Massimo il Confessore (+ 662)
nella sua Mystaggia parla dell'A.T. esattamente al posto qui indicato.
Purtroppo, l'A.T. nella Divina Liturgia si perduto per varie cause (per
10 pi incultura teologica, decadenza culturale, abbreviazioni, disistima
per l'A.T. stesso, ritenuto superfluo). In Occidente addirittura nel sec.
6, in Oriente verso il sec. 8. Leggono ancora, da sempre, l'A.T. solo i
Nestoriani e Caldei, come fatto normale della celebrazione eucaristica.
11 Rito romano ha recuperato l'A.T. nel Lezionario con la riforma litur
gica del Concilio Vaticano II, nel 1969.
a) Prokimenon: Sai 65,4.1, "Azione di grazie comunitaria"
I versetti del Prokimenon sono tratti dal Sai 65, che per genere letterario un'"Azione di grazie comunitaria". L'intera assemblea del popolo santo esprime al Signore i suoi sentimenti che impegnano la sua
esistenza. Infatti il Signore oper per questo popolo gesta mirabili, i
fatti potenti della salvezza. Il popolo sa che per accettare questi benefici come fatto della sua storia, deve significarlo al Benefattore divino in
modo esplicito: celebrando Lui, esaltando i titoli della sua grandezza,
facendo conoscere al mondo degli uomini tutte queste gesta. Ora, biblicamente e liturgicamente, nonch spiritualmente non esiste il vocabolario per dire "grazie", poich a ben vedere dire grazie un rito di
congedo e di saluto, che indica separazione. Al contrario, celebrare il
Signore in s e per i benefici donati, rito di comunione, finalmente
comprendere che questi benefici sempre ripetuti sono un mezzo con cui
il Signore attrae alla comunione con Lui. Perci 1'"azione di grazie"
anche la richiesta che questi benefici siano perpetuati ancora ed ancora.
Il "segno" poi dell'azione di grazie pu essere il sacrificio d'offerta,
momento che concentra visibilmente la comunione con il Signore, essendo anche il rito di partecipazione comunitaria. Il senso espresso
che "dai doni e donazioni" del Signore il suo popolo in segno di accet311
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
tazione gli offre i Doni consacrati, sui quali esprime la sua adorazione e
la sua richiesta epicletica di altri doni.
Oggi la Chiesa riconosce che davanti al Signore, che con lo Spirito
Santo fece risorgere il Figlio, l'intera terra cade in adorazione, e inneggia a Lui (v. 4). Perci rivolto anche 1'"imperativo innico" alla terra
degli uomini affinch si unisca al popolo santo, che gli presta la voce,
al fine di acclamare gioiosamente l'Unico Dio (v. 1, Stichos).
I 2 versetti sono antifonali, il che indica che qui dai cori in cui si divide l'assemblea si doveva cantare tutto il Salmo.
b) Apstolos: Rom 6,3-11
Paolo traccia magistralmente la condizione nuova dei fedeli, provocata dalla Resurrezione e dal battesimo che ne deriva, anzi che applica
ai battezzati gli effetti straordinari dell'Evento principale della salvezza.
Ora, il primo gesto "essere battezzati in Cristo", fatto che i fedeli
non possono "ignorare" (agn, v. 3a, fuori della lettura di oggi). Il
senso di baptiz (o bdpt) indica "immergere" qualche oggetto in qualche liquido. Qui, l'"immersione" "in Cristo", luogo per cos dire dove
si entra a far parte. Tale "immersione" per "nella morte di Lui". La
figura biblica della morte in cui si travolti richiama due situazioni.
Anzitutto le "grandi acque" della morte. Cf. Sai 17,17: "(II Signore) tese dall'alto la mano sua e mi salv, mi ritrasse dalle grandi acque". Sono le acque abissali e tumultuose del peccato degli uomini, verso cui
inevitabilmente si avvia tutta l'umanit senza il soccorso divino. Cristo
stesso "fu battezzato" nelle grandi acque, come Egli stesso ricorda: Me
10,38, e par. Il suo Battesimo infatti si inizia al Giordano ma si conclude
realmente sulla Croce, e si configura anche come "la Coppa" amara del
peccato che provoca l'ira divina, che Egli bevve per noi fino all'ultima
goccia (ancora Me 10,38, e par.).
La seconda figura la tomba (v. 4). Come Cristo fu sepolto (thpt),
cos i suoi fedeli debbono accettare di essere "consepolti" con Lui, nella
sua morte, dunque debbono accettare di "con-morire" per sempre con
Lui al peccato, alla vecchiaia antica. L'uso paolino della particella syn,
"con", largo; l'Apostolo ha anche coniato verbi composti che il greco
classico non conosceva, e di cui stanno qui alcuni esempi. Ma il
"battesimo-immersione" nella morte del Signore solo il dovuto
preambolo all'azione principale: certo Cristo mor "sotto Ponzio Pilato", tuttavia altrettanto certo che "fu risvegliato" (egir) dal Padre
"mediante la Gloria", che lo Spirito Santo (gi nell'A.T.). posta qui
una stretta correlazione: "come Cristo, cos noi". Infatti anche noi siamo, a partire dal battesimo, inseriti nella vita nuova, che descritta
simbolicamente come un "procedere" (peripat) ormai per sempre
nella "novit di vita". una "teologia della storia": infatti "prima" era312
vamo immersi nella morte del peccato, "adesso", immersi nella morte
di Cristo, siamo resuscitati con Lui, e cos da adesso "procediamo", ossia ci comportiamo come creature nuove, che non tornano pi indietro,
al vecchio, ma si dirigono verso la resurrezione finale (cf. FU 3,8-15),
intanto vivendo la vita degna della Gloria divina.
Paolo prosegue con altre immagini (v. 5). La prima viene dall'agricoltura, ed ha il parallelo nella parabola della vera Vite (cf. Gv 15, 1-8).
Il Padre mediante il Figlio e operando con lo Spirito ci ha "trapiantati"
(symphy) nel terreno nuovo e altro, dalla morte del peccato alla morte
del Signore, ma cos ci ha anche "trapiantati" nella sua Resurrezione,
dalla quale dobbiamo portare frutti, anzi della quale noi siamo i veri
frutti abbondanti. probabile tuttavia che con symphy, secondo l'etimologia del verbo, l'Apostolo qui abbia voluto dire anche, se non soprattutto, che "siamo nati insieme" con Cristo, "siamo uniti" a Lui,
"siamo cresciuti" con Lui, "siamo congiunti" con Lui, e finalmente
"siamo (quasi) confusi" con Lui. Il senso del verbo perci foltissimo.
Altra immagine la "novit" (v. 6). Occorre conoscere (ginsk), e
mantenere tale consapevolezza sempre, che avvenuto un fatto fondante e irreversibile: il "vecchio uomo", quello del peccato, il figlio di
Adamo, carico del peso insopportabile e inevitabile delle colpe antiche
ed attuali, "fu concrocifisso" (synstaur)" con Cristo. L'Epistola agli
Ebrei spiegher cos: Cristo offertosi immacolato al Padre nello Spirito
eterno (Ebr 9,14), una volta per sempre e con una sola offerta riport
con s al Padre tutti i "santificati" dalla sua morte (Ebr 10,5-14). Sicch il battesimo e la confermazione sono l'immersione in questa offerta
sacrificale di Cristo, come i Divini Misteri ne sono la celebrazione
permanente. A noi allora resta solo di "accettare di essere gi stati accettati" dal Padre in Cristo ad opera dello Spirito Santo consacratore. In
questo modo, prosegue qui Paolo, il "corpo del peccato", ossia la persona umana la cui stessa esistenza "prima" era peccato, adesso non esiste pi, distrutto (katarg), liberato dalla schiavit mortale del peccato. Qui come altrove Paolo personalizza "il Peccato", ne fa una specie di terrificante ipostasi di tirannia e di morte.
La conseguenza lampante (v. 7): chi morto, ma in queste condizioni precise, "giustificato" (dikai) ossia reso libero davanti a Dio
dal peccato. Per essere "resi giusti", capaci di amicizia con Dio, occorre dunque morire. Ma mentre Cristo ha dovuto morire per distruggere il
"corpo del peccato" (cf. Rom 8,3), la nostra sorte misterica, da noi
Dio chiede di accettare di "conmorire" con il Figlio nel battesimo.
Le conseguenze sono solo positive (v. 8). Se abbiamo accettato pienamente di conmorire con Cristo, abbiamo la "certezza" (verbo
pistu, qui nella sfumatura del "ritenere vero") che con Lui anche
"convivremo" per sempre (syz). Certezza, poich fondata sul Fatto
313
COMMENTO - IL PENTKOSTAR1ON
COMMENTO - IL PENTKOSTARION
za". Ma questo al fine che si realizzasse la profezia di Is 7,14: "la Vergine concepisce e partorisce il Figlio, e sar chiamato con il nome Immanuer.Per altri dati, vedi la Domenica dei Padri, o della Genealogia,
prima del Natale.
Questo serve per comprendere la pericope della Resurrezione.
Infatti l'Evangelo di Matteo mostra come il Figlio di Dio, battezzato
dallo Spirito Santo, passa per il mondo annunciando l'Evangelo del Regno, operando le "opere del Regno", dando culto al Padre, riportando
tutto al Regno del Padre con l'opera principale: la Croce e la Resurrezione per il Dono inconsumabile dello Spirito Santo.
Morto e sepolto per i peccati degli uomini un venerd della Parasceve, Cristo al terzo giorno "fu risvegliato secondo le Scritture" (1 Cor
15,3-8) e adesso vive.
La pericope divisa in 3 momenti: l'evento al sepolcro vuoto (vv. 110), la reazione delle guardie e delle autorit davanti al fatto del sepolcro vuoto (vv. 11-15), la manifestazione del Risorto ai discepoli e l'invio di questi alla missione al mondo.
l'alba del "primo giorno del sabato", ossia della settimana, il luned ebraico e la Domenica cristiana. una legge biblica che al "primo
giorno" il Signore operi, dia inizio alle sue opere: la creazione (Gen
1,1 ss), la rivelazione (Ez 1,1 ss), e cos via, mentre al sabato Egli usa
custodire il santo riposo (Gen 2,1-3). Dunque questa Domenica giorno dell'inizio principale di ogni opera e di ogni rivelazione del Signore,
come lo la Resurrezione del Figlio. Comincia il Grande Riposo di
Dio (Epistola agli Ebrei). Un gruppo di Donne fedeli vengono al sepolcro. Esse avevano seguito Ges nel suo itinerario messianico e missionario, lo avevano assistito (Le 8,1-3), soprattutto non lo avevano abbandonato alla Croce, insieme alla Madre. Erano restate anche alla sepoltura (Mt 27,61). Dopo il riposo sabatico prescritto, si muovono. La
loro fedelt amante premiata, poich in un certo senso le Donne fedeli
hanno il diritto di vedere per prime il Risorto, di avere da Lui la Parola
definitiva, da riportare ai discepoli. la permanente missione delle
donne fedeli nella Chiesa: essere testimoni della Resurrezione nella
Comunit, come gli Apostoli lo sono al mondo. Forse questo fu dimenticato gi nelle prime generazioni cristiane, ma non da Matteo (v. 1).
Le Donne perci vengono al "sepolcro", il tphos, che in genere pu
indicare il sepolcro regale. Esso era di un uomo nobile, era nuovo,
adesso circondato di cura e di onore regali.
Avviene allora la Teofania, nei segni noti all'A.T. del terremoto e
dell'intervento dell'Angelo del Signore disceso dal "cielo", che indica
qui la Divinit. Nella Teofania al sepolcro, descritta dai quattro Evangelisti, ci sono variazioni quanto alla figura dell'Angelo: possono essere due Angeli, oppure un Giovane splendente, o due Giovani. La Chie316
sa Madre, quella dei giudeo-cristiani, nei suoi pi antichi documenti restati fino a noi, parla qui un linguaggio simbolico: l'Angelo o il Giovane sono Cristo stesso, mentre l'altro Angelo o l'altro Giovane lo Spirito Santo. La descrizione di Matteo precisa (v. 2). Infatti l'Angelo
della teofania ha un aspetto visibile come folgore, e la sua veste come
neve. La folgore la luce, elemento costante nelle teofanie. Il colore
bianco splendente della veste, che si ritrova alla Trasfigurazione (cf. Mt
17,2, e par.), indica la vittoria. Per Marco (16,5), il Giovane splendente
sta seduto nel sepolcro "alla destra", indizio significativo della glorificazione alla Destra del Padre, quando ormai il Risorto possiede il dominio sulla morte-sepolcro. Inoltre la "seduta alla Destra" propria del
Re messianico (Sai 109,1; Me 16,19) e del Figlio dell'uomo (v. 3).
La reazione delle guardie alla teofania classica, se ne ritrovano gli
elementi gi nell'A.T.: il terrore incontrollabile davanti al Divino, che
provoca scuotimento e perdita del dominio di se stessi, cos da diventare "quasi morti" (v. 4).
L'Angelo per si rivolge solo alle Donne, "rispondendo", curioso
verbo, proprio dove le Donne non avevano parlato, e con motivo. l'esortazione classica, che risuona in tutta la Scrittura, fino all'Annunciazione alla Vergine Maria: "Non temete!". Da parte di Dio gli amici di
Dio non debbono avere paura n sensi di colpa. L'Angelo prosegue rivelando che sa del motivo della venuta al sepolcro, "cercare Ges il
Crocifisso" (v. 5). il titolo dell'Umanit del Figlio di Dio, insieme il
titolo del suo pi profondo abbassamento alla condizione umana, la
crocifissione accettata e subita, ed insieme il titolo perenne della sua
gloria. L'Apocalisse descrive infatti l'Agnello, che il Servo sofferente
di Is 53,7-8, con i segni perenni, eterni, le stigmate della crocifissione
(Ap 5,6), ma sulla sua Umanit di Risorto.
Va qui considerata ancora una volta la croce nel suo realismo. Supplizio di ferocia insaziabile, di devastazione dell'uomo, la croce era stata
inventata dagli Assiri e Babilonesi, era passata ai Persiani, altro popolo
noto per la sua efferata crudelt, poi ai Cartaginesi, da cui i Romani, che
per durezza non erano secondi a nessuno, l'avevano assunta per farne un
supplizio deterrente. Esso infatti era applicato agli schiavi, ai ribelli
politici, ai ladroni di strada, ossia a persone che in qualche modo non
erano cittadini romani, o erano stati privati di cittadinanza. L'applicazione del supplizio era pubblica. Il condannato perdeva anche ogni
diritto, era dunque spogliato di ogni avere e considerato "cosa" da torturare, da schernire, da far soffrire all'estremo limite; gli si propinava
l'aceto per rianimarlo e cos prolungare le sue sofferenze fisiche e psicologiche; al contrario, per piet si davano ai condannati misture di
mirra, un alcaloide con effetti di droga, ossia perdita della conoscenza e
della sensibilit. Ges conobbe l'aceto; la mirra, per, non volle berla
317
COMMENTO - IL PENTKOSTARION
Mira,
Mezzojuso;
TAVOLA
sono la base certa e incrollabile della fede che salva. Poich nella Resurrezione e nella testimonianza dei discepoli del Risorto opera lo
Spirito Santo.
Tutto questo va tenuto presente per comprendere meglio il testo di
Mt 28,11-20, che adesso prosegue con la sua spiegazione.
I vv. 11-15 descrive in sintesi il resoconto delle guardie del sepolcro
sui fatti (v. 11), e la reazione delle autorit rispetto al solo sepolcro
vuoto; verso cui si erano premunite sigillando la sepoltura (Mt 27,6266) con l'autorizzazione di Pilato. Per queste persone, il sepolcro vuoto
era una "prova" di un fatto inaudito bench quasi previsto. Per cui le
autorit adesso si mettono al sicuro verso Pilato, confidando nella (falsa) testimonianza delle guardie: i discepoli trafugarono "quello" (Ges)
(vv. 12-14). L'annotazione finale dell'Evangelista rispecchia le voci
correnti al suo tempo: Ges morto per sempre, era stato per nascosto
dai discepoli per far credere alla sua resurezione (v. 15). Infatti, mentre
nessuno dubit della morte (salvo le correnti docetiste, riprese apposta
compiaciutamente dal Corano), e in pratica ancora oggi nessuno ne dubita, la Resurrezione fu l'invalicabile ostacolo alla fede di allora, come
di oggi. Ma per credere occorre un atto d'amore verso Cristo, e tale atto
grazia dello Spirito Santo donata dal Padre: "Nessuno pu venire a
Me se non donato a lui dal Padre" (Gv 6, 65) e "Nessuno pu venire
a Me se il Padre che invi Me non lo trarr" (Gv 6,44).
La pericope della Resurrezione si conclude adesso con un epilogo
grandioso: Mt 28,16-20. Sar qui da tenere presente il parallelo di Me
16,15-20.
I discepoli, morto Giuda, sono restati in undici. Essi dunque dietro
la parola del Risorto riportata dalle Donne fedeli, si recano "alla Galilea, sul Monte", come Ges aveva ordinato (28,16, che richiama i vv. 7
e 10). La precisione del luogo non dovrebbe lasciare dubbi: la localit
di Gerusalemme, "la Galilea", con l'aggiunta "sul Monte". Si notino
qui gli articoli determinativi, che indicano luoghi ben conosciuti da chi
riceve l'avviso di recarvisi. Ora, la Galilea da dove era partita la mis
sione del Signore, non ha vere "montagne". Gerusalemme invece sta su
due monti, conosce il Monte degli Olivi, e qui conosce il "Monte della
Galilea", come si direbbe "il colle del Campidoglio", oppure: "il Cam
pidoglio, sul colle", localit conosciuta da tutti. Il Risorto si vuole ma
nifestare dunque solo a Gerusalemme, da dove deve dare il saluto su
premo ai suoi discepoli.
II v. 17 tipico. I discepoli finalmente "Lo videro", e Lo adorano.
Esiste qui per un piccolo inciso, che si pu leggere in due modi, se
condo la sfumatura che si da al pronome greco hoi. Il testo dice sobria
mente: Hoi de edistasan, da tradurre "essi che per dubitarono", il che
revoca in dubbio la fede di tutti i discepoli, oppure: "alcuni per dubi321
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
Messia, il Servo, il Figlio dell'uomo sono finalmente Uno, Cristo Risorto. Ma come riconoscerlo? Cristo Signore dona metodo e contenuto:
occorre scrutare le Sante Scritture (l'A.T., ossia "Mos e tutti i Profeti",
Le 24,27), l'Evangelo come le chiama Paolo, che il Padre aveva gi fatto predicare del Figlio suo come "promessa mediante i Profeti nelle
Sante Scritture" (Rom 1,1-2), senza cui ogni predicazione vuota.
Si concentra perci sul Signore Risorto "tutto il potere", tutta la Promessa, tutta la Benedizione per gli uomini. Luca mostra come Egli trasmetta tutto questo, con l'imposizione consacratoria delle mani sui discepoli da cui si congeda (Le 24,50). Matteo qui esplicita piuttosto i
contenuti trasmessi, riassunti con un "on, dunque".
Il mandato finale perci comincia con l'invio: "poreuthntes on,
partiti, dunque" (v. 19a). Questo verbo, come poco rilevato, ha una
decisiva importanza. La missione di Cristo era cominciata, dopo il Battesimo dello Spirito Santo, dalla Galilea e si era diretta verso il centro
geografico e religioso, Gerusalemme, la Citt del Grande Re (Mt 5,35,
che rinvia a Sai 46,3, "Salmo della regalit divina"). Qui Ges era entrato come il Re mansueto, ma anche come lo Sposo preparato a recuperare con il suo sangue prezioso la sua Sposa diletta, la Sion promessa. La prima Comunit degli Apostoli questa piccola Sion. Ma "noi
non abbiamo qui una citt statica" (Ebr 13,14), la Sion terrena deve
portare alla Sion celeste (Ebr 12,22-25), la Citt del Dio Vivente, alla
"festosa assemblea, alla Chiesa dei primogeniti" (ivi). Allora, gli Apostoli debbono percorrere il mondo, abbandonando il centro da cui ebbero la vita nuova. questo un evento di straordinaria portata "politica",
poich comincia da qui ma nel mondo intero la formazione della plis,
la Citt di Dio, il politeama (FU 3,20), la Cittadinanza terrena e celeste
a cui tutti i battezzati sono inscritti. Senza questa partenza, che sappiamo che fu molto dolorosa per i discepoli che erano Ebrei fedeli, le nazioni sarebbero rimaste nella tenebra. Adesso si apre per esse la Luce
promessa (Mt4,14-16, che citaI s 8,23 - 9,1).
Il mandato prosegue con l'imperativo mathtusate, "fate discepole"
tutte le nazioni, che ancora sono pagane. La prima cura del Signore appena battezzato dallo Spirito Santo annunciare l'Evangelo del Regno
(cf. Me 1,9-13 e 14-15), e poi "fare i discepoli"; vedi qui le narrazioni
di vocazione, come Me 1,16-20; 2,13-14, con i 3 verbi tipici: "pass
-guard - chiam". Anche gli Apostoli adesso debbono passare, guardare e chiamare predicando la Resurrezione, e cos annettendo le nazioni
nel gruppo dei veri "discepoli", quelli che seguono il Signore dovunque
Egli vada. Nel parallelo a questo testo, Marco riporta cos: "Partiti (poreuthntes) verso l'intero mondo, predicate l'Evangelo all'intera creazione" (Me 16,15). Nessuna realt creata deve restare senza il risuonare
dell'Evangelo della Resurrezione e della Grazia.
323
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
"Va Scrittura. s\ legge, a\V7\x\.Uocotv\a.Sen\X\\ta.iE\e\\a. Tia.d\zione", cos Matteo si deve leggere anzitutto con gli altri 3 Evangeli,
poi con il N.T., poi con l'A.T. Ora, l'invio del Signore Risorto si rivolge
ai suoi discepoli, ed insieme ha come oggetto il "fare discepole le
nazioni" pagane, "battezzandoli", gli uomini di quelle nazioni, uno per
uno. Il discepolato del Signore Risorto a sua volta suppone anzitutto la
fede di quanti non videro (cf. la parola a S. Tommaso: Gv 20,29). L'Apostolo delle nazioni, Paolo, che pu esibire la pi vasta esperienza
missionaria della Chiesa apostolica, in una pagina schematica mostra i
dinamismi faticosi dell'annuncio del Risorto che porta al discepolato
ed al battesimo:
Ma che dice (la Santa Scrittura)?
"Vicino a te sta la Parola della fede (t rhma tspistes),
nella bocca tua e nel cuore tuo" (Dt 30,14),
e questa la Parola della fede (t rhma tspistes),
che noi (Paolo) predichiamo (kryss).
Che se confesserai (homolog) con la tua bocca:
"Signore Ges!",
e crederai con il tuo cuore che Dio Lo risvegli (egir) dai morti,
sarai salvato (Rom 10,8-9),
dove la "confessione di fede" si configura come l'antichissima formula
battesimale aramaica: "Signore (= Dio), Ges (= l'Uomo resuscitato)".
Paolo prosegue:
Come dunque invocheranno (epikalomai) verso Colui
nel quale non credettero?
Come per crederanno se non ascoltarono (ako)!
Come dunque ascolteranno senza il predicatore (kryss)!
E come predicheranno (kryss) se non saranno inviati (apostell)!
Come stato scritto (da Dio):
"Quanto belli i passi degli evangelizzatori il Bene!" (Is 52,7)...
E perci, la fede dall'ascolto (pistis ex akos),
ma l'ascolto mediante la Parola di Cristo (Rom 10,14-15.17).
Ecco la sequela della Grazia: l'invio dell'Evangelo mediante gli
Apostoli, la loro predicazione, krygma, la provocazione dell'ascolto,
ako, la produzione della fede, pistis, la confessione battesimale, homologia, nella formula invocatoria, epikalomai (cf. l'epiclesi): "Signore
Ges!" Pietro con gli altri Apostoli attesteranno che esiste l'Unico Nome da invocare, sotto il cielo, l'unico che doni la salvezza (At 4,12), e
questo il Nome di Ges il Nazareno, Nome divino (At 4,10).
324
Non facile, non semplice, come sempre quando agli uomini, irrompendo nella loro esistenza, si presenta la Parola divina. La quale,
come si dovr insistere, opera per la Potenza dello Spirito Santo. E se
bene considerata nelle sue manifestazioni polimorfe, e nel suo provocare
l'assenso di fede nella conversione del cuore, oppure il rigetto radicale
che esclude da ogni forma d'ascolto salvifico, appare sempre in modo
sconcertante, come Fuoco divoratore e purificatore, in centinaia di
passi della Scrittura. Essa infatti in s "il violento Parlare di fuoco"
che Dio usa (Sai 118,140). Fuoco folgorante, che illumina l'occhio della
mente (Sai 18,9). lo Scudo di fuoco per noi (Prov 30,5). Parola
passata al fuoco (Sai 17,31; 11,7). Il Fuoco ardente nel cuore, che consuma le ossa, incontenibile (Ger 20,9). Fuoco e Martello che sgretolano
le roccie (Ger 23,29). Parola dunque che distrugge il vecchio, genera il
nuovo, lo trasforma e lo perfeziona.
una Parola che "perseguita il popolo di Dio e non gli da tregua"
poich, come intuisce uno dei grandi della patristica,
...Prima della predicazione della Parola di Dio, tutto stava in riposo.
Finch non squill il suono della tromba dell'Apostolo, non esisteva
lotta. Ma dopo, il Regno di Dio patisce violenza (Mt 11,12) (ORIGENE, In Exodum Homilia 3,3).
Anche per questo Paolo prega di continuo per la Parola, ed esorta le
sue Comunit: "...pregando voi sempre...anche per me, affinch mi sia
donata la Parola (lgos) nell'apertura della mia bocca, con franchezza
(parrhsia) per notificare il Mistero dell'Evangelo..." (Efes 6,18.19),
come aveva gi chiesto: "Nella preghiera perseverate...insieme anche
per noi, affich Dio apra a noi la porta della Parola (lgos), per parlare
io il Mistero di Cristo, a causa del quale sto anche in catene, affinch io
lo manifesti come si deve (di, secondo il Disegno divino) che io parli"
(Col 4,2-3). La preghiera del celebrante sul diacono che annuncia l'Evangelo alla santa assemblea sta in questa visuale, su questa spinta.
Il discepolato per costituito da battezzati. Il precetto di battezzare
dato da un participio presente con valore di imperativo, il medesimo
valore che riporta il poreuthntes gi visto. un precetto ineludibile. Il
parallelo di Marco lo mostra con una formula dura: "Chi avr creduto e
sar stato battezzato, sar salvato, ma chi non avr creduto sar condannato" (Me 16,16). Dimenticandosi di questo, oggi diversi che si
professano "cristiani" revocano in dubbio la necessit di "credere ed
essere battezzati", considerando tutte le religioni della terra, pur con il
carico di tenebra e di peccato che esse di necessit portano, "vie autonome alla salvezza". E frustrata cos l'intera Economia della salvezza.
325
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
La redenzione della Croce, lo Spirito Santo che viene dalla Resurrezione sono ritenuti solo episodi per pochi. "L'intero mondo, l'intera creazione" quale oggetto della Redenzione divina, possono fare a meno, e
seguire le antiche vie della perdizione antica.
Il battesimo "nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (v. 19b). Qui si rilevano una serie di fatti.
Anzitutto "il Nome" che unico. "Nome" biblicamente indica sostanza effettiva, e la potenza che emana da questa sostanza, che in pratica personale. L'esplicitazione della Chiesa dei Padri parler qui precisamente di ousia, essenza, sostanza unica della divinit, la santa
Monds, e di hypstasis, la sussistenza personale individuata della santa
Tris, la Triade delle Persone divine. E parla di perfetta Unit nell'Eguaglianza delle Ipostasi (Persone), come di perfetta e non confondibile diversit delle Ipostasi stesse tra loro, cos che il Padre sia solo Padre
e il Figlio solo Figlio e lo Spirito Santo solo Spirito Santo.
La formula di Mt 28,19 manifesta dunque l'unit sostanziale e la diversit ipostatica. Ossia insieme, le Ipostasi divine sono poste sul medesimo livello, che la Divinit, ma a ciascuna sono lasciati il nome
individuante e le funzioni distinguenti. Il battesimo recupera al fedele
l'"immagine e somiglianz" del Dio Unico. Esso "immerge" il fedele
per cos dire nel Dio Unico, nella sua Vita, lasciando per intatte le diverse funzioni che ne derivano. Infatti il fedele figlio di Dio, fratello e
coerede con il Figlio Monogenito, tempio dello Spirito Santo. Propriamente porta in s l'icona del Figlio, a cui lo Spirito Santo lo
"conforma", e contempla nel Figlio, Icona perfetta, il Padre celeste.
La formula triadica del battesimo cristiano non l'unica del N.T.
Una formula arcaica, di stampo aramaico, quella "nel Nome di Ges", che risuona tante volte negli Atti e nelle epistole paoline (cf. ad
esempio At 4,12 e 10; 10,48, ecc). Essa risuonava circa cos, in una
semplicit assai difficile per noi da comprendere: "Marana',Is'", ossia "Signore nostro, () Ges!", in greco Kyrios, lsos (1 Cor 12,3).
Ora, Mrn in aramaico, Kyrios in greco traducono l'ebraico IHVH, il
Nome divino impronunciabile, in sostanza, il Signore Dio Unico dell'A.T. (Es 3,14; Dt 6,4-5). La formula battesimale dei fedeli di lingua
aramaica nel loro accettare la fede proclamava cos: "Signore Dio Unico, (questo Uomo) Ges!"
Insomma, la perfetta Divinit dell'Uomo perfetto che il Ges conosciuto dalla storia tra gli uomini. Ma non semplicemente conosciuto,
bens conosciuto solo a partire dalla Resurrezione, poich dopo ed a
causa di essa il Padre lo ha rivelato come Figlio Monogenito, come Signore Dio preesistente: Rom 1,3-4. Da adesso in poi tutti gli uomini
esclusi i discepoli che lo conobbero anche prima della Resurrezione ,
compreso Paolo, debbono stare alla legge ferrea del "dopo - a causa - a
326
partire dalla Resurrezione", dove avviene la perfetta conoscenza salvifica e beatifica del Risorto, a partire dalla Parola del suo Mistero, e dall'immersione nella fede dentro il suo Mistero di morte e resurrezione, il
santo battesimo. E qui contestualmente con il Figlio Icona conosciuto
il Padre e con Lui lo Spirito Santo qui avviene l'unico amore, l'unica indivisa adorazione dei fedeli verso la Triade santa consustanziale indivisibile del Signore Unico, il Dio Vivente Unico, il Vivificante.
Il v. 20 si compone della consegna finale dei precetti ai discepoli, e
della promessa della Presenza divina indefettibile.
Il v. 20a massimamente importante per la vita della Chiesa. I discepoli del Signore, in pratica gli Apostoli, i Dodici e gli altri, debbono
insegnare permanentemente; il verbo didskontes, participio presente
durativo ed intensivo di didsk. qui delineata la didaskalia, o didach della Chiesa, l'insegnamento, la dottrina salvifica e immacolata,
contenuto permanente che riempie la vita dei fedeli di gioia e di speranza. I discepoli debbono portare e guidare la dottrina. Essa deve essere "custodita" {trir) nelle generazioni, dunque qui supposta la
"Successione" apostolica lungo le generazioni, quante ne far sussistere
il Disegno divino, come sar precisato tra poco. La "Successione" che
sar chiamata con altri nomi "la diadoch", apostolica, e proceder
attraverso la catena ininterrotta dell'Episcopato.
Il contenuto da custodire indicato in genere: "tutte le realt che Io
(Cristo) comandai a voi". Il "comando", o precetto, espresso dal verbo
entllomai, da cui entol, il comandamento. Ossia: la dottrina tramandata dal Signore e custodita dai recettori, gli Apostoli, non suggerimento o consiglio. Essa un unico immenso "precetto" salvifico,
obbligatoria da tenere in ogni suo aspetto, obbedire al Signore "praticare" i precetti divini. Questo "fare la Volont del Padre", che fa diventare "fratello e sorella e madre" di Ges (cf. Mt 12,49-50), ossia
crea vincoli di stretta parentela con Ges, anzi, di pi, come, bench
analogicamente, per Maria Semprevergine, la Theotkos, fa concepire e
partorire il Verbo. Il tratto anche paolino, in Gai 4,19, e forma uno
degli argomenti pi approfonditi e predicati dai Padri della Chiesa.
La dottrina "custodita" perci la santa Tradizione divina apostolica, che dalla scolastica decadente del medio evo, malata a morte dal
nominalismo, si teso fino ad oggi, come in una china rovinosa, non
solo a criticare e a distruggere, ma perfino ad ignorare del tutto.
Il v. 20b chiude in modo grandioso TEvangelo di Matteo.
L'inizio "Mi ido, ed ecco". Questa formula gi nell'A.T. indica
solennemente un prodigio divino, come "Ecco la Vergine concepisce"
diIs 7,14, e "Ecco, tu concepirai nel seno e partorirai il Figlio che chiamerai Ges" di Le 1,31. Qui il prodigio divino, mirabile nell'intero suo
aspetto, l'assicurazione della Presenza del Risorto ai suoi.
327
rato la sua Presenza: nel santuario, con Mos, con i Profeti, con il Servo sofferente, con tutto il popolo se era fedele. Adesso l'assicurazione
solenne ultima della divina Presenza riassume tutte le forme che la Presenza stessa aveva assunte. Si detto che Mt 1 mostra la divina Presenza agli uomini lungo le generazioni regali che avrebbero portato al
"Nato dalla sola Maria" (Mt 1,16). A Giuseppe l'Annunciazione dell'Angelo del Signore aveva anche rivelato il nome del Nato: Ges,
Ylmmanuel (Mt 1,21 e 23). Questo Ges era stato con i suoi discepoli
nella sua vita pubblica, anzi il discepolato stesso si connota come lo
"stare con Ges", reciproca presenza (in specie in Marco).
Ma da adesso Ges Risorto si manifesta come "la Presenza" divina
totale con i discepoli, che dovranno vivere dunque "la vita in Cristo
-vita nello Spirito Santo" (cf. ancora Rom 8,9). In pratica, come rivela
Ges in Giovanni, tale Presenza divina sar mediata dallo Spirito Santo
(cf. qui le 5 promesse della Cena, in Gv 14,15-17; 14,26; 15,26-27;
15,7-12; 16,13-15), che anche Presenza del Padre. I discepoli cos vivranno ed opereranno "nella Presenza", riempiti da questa Pienezza, il
Plrma della Divinit, che inabita nella Chiesa (cf. Col 1,19), ma ormai "in modo corporale, smatiks" (Col 2,9).
La Presenza indefettibile avviene gi qui, e porta alla Presenza eterna, beata e divinizzante. Essa per causata dalla fede nella Parola della Resurrezione, dal battesimo nel Nome Unico della Triade, dall'essere
perfetti discepoli del Signore, dal custodire fedelmente i suoi precetti.
Allora sar Presenza "per tutti i giorni", ossia le epoche della storia
degli uomini che seguiranno, fino a che "il secolo", ossia il tempo e
spazio creati, sar "consumato", dove syntel indica non la consumazione per esaurimento naturale, previsto anche dall'astrofisica, bens
l'adempimento (syn-tel, co-adempiere) inteso dal Disegno divino.
Tale, in rapida sintesi, il contenuto della pericope della Resurrezione. Qui vanno fatte alcune annotazioni.
a) L'evangelo della Resurrezione "il Tutto" della divina Rivelazione,
essendone anche l'inizio come il centro e come la fine. Inizio, perch la Rivelazione divina qui si comincia a comprendere in totalit;
centro, perch tutto porta ad essa; fine perch anche "il fine" dell'intera storia passata presente e futura dell'umanit, destinata alla
resurrezione, contro ogni malinconica ipotesi contraria, e contro
ogni terrificante azione contraria.
328
COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
COMMENTO -ILPENTKOSTAR1ON
grande comincia il periodo del Pentkostrion, ma solo perch conseguenza diretta della Vigilia della Resurrezione e dell'intera sua carica
dinamica di cui sopra sono stati presentati alcuni elementi.
In sostanza, va ripetuto che celebrare la Resurrezione del Signore
con la pericope evangelica della Resurrezione, segna l'intera celebrazione dell'Anno liturgico, di cui il vero inizio teologico (non calendariale). Questo si vede nello sviluppo della Domenica santa e grande.
I. - L'UFFICIO DELL'RTHROS
Per s, la solenne Vigilia si prolungava fino all'alba con ininterrotta
celebrazione dell'rthros, il Mattutino, raccordato alla Vigilia dall'Ufficio notturno, o di mezzanotte.
1. L'Ufficio notturno
Si susseguono YEulogts, il Dxa si ho Thos, il Baslu ourdnie, il
Trisgion, Panagia Tris, 12 Kyrie elson, il Dxa, il "Padre nostro", 3
Duteproskynsomen, poi il Sai 50, e il oa
(omesso fi Kathisma), ^ ? a ga n* ga
DOMENICA DI PASQUA
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
DOMENICA DI PASQUA
rimprovera di cercare Colui che sussiste nella Luce eterna come fosse
un semplice uomo. Cos le invita a scrutare le bende sepolcrali, ed a
correre ad annunciare che il Signore fu resuscitato, avendo ucciso la
morte e manifestandosi come il Figlio di Dio Salvatore del genere
umano.
3) Kontkion (dell'Ode 6a): Ei hai en tdph katlthes. Si canta la vitt-ria del
Signore bench disceso agli inferi, annullandone la potenza, Egli che
rivolse alle Donne fedeli, le Mirofore, il Chirete!, come in Mt 28,9, e
don ai discepoli la sua pace, come in Gv 22,19-22, procurando la
resurrezione ai peccatori.
4. "Hsoieis Christn ebaptisthte "
Al posto del Trisgion si canta di nuovo (cf. la Vigilia) Gai 3,27,
"Quanti in Cristo foste battezzati".
5. V Apstolos
tradizione di tutte le Chiese di cominciare oggi la lettura degli Atti
degli Apostoli.
a) Prokimenon: Sai 117,24.1, "Azione di grazie comunitaria".
Il v. 24 stato ripetuto. Il Salmista di fronte ai mirabili prodigi operati dal Signore, proprio al "giorno del Signore", proclama ed esorta a
gioire. La risposta lo Stichos, l'inizio del Salmo, dove il Salmista invita con imperativo innico a celebrare (exomologomai) il Signore
perch Buono, e la sua misericordia per l'eternit. Misericordia,
leos, indica la Bont che non tiene conto dei demeriti degli uomini, e
si mostra sempre favorevole, al di l di qualunque impossibile merito.
b)At 1,1-8
Come gi avevano compreso i Padri, Luca scrisse un dittico mirabile, ossia YEuagglion della Vita del Signore, dall'Annunciazione alla
sua Assunzione-Ascensione al cielo, e un fedele "resoconto" della vita
della prima Chiesa, da Gerusalemme a Roma. Ora, 1'"Evangelo" il
genere letterario che porta la "Notizia regale", che propria solo al Signore. Gli "Atti", in grecoprdxeis, sono le gesta degli Apostoli inviati
in missione dal Signore stesso. Per i due scritti si corrispondono nell'intenzione dell'Autore.
Infatti, il Signore fu annunciato e concepito, nacque e fu battezzato, pass annunciando l'vangelo del Regno e compiendo le "opere
del Regno", testimoni davanti al mondo, fu crocifisso e sepolto, ma
fu resuscitato dal Padre con lo Spirito Santo, e si avvi alla sua gloria
celeste.
335
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
DOMENICA DI PASQUA
COMMENTO - IL PENTKOSTARION
b)Gv 1,1-17
Con felice intuito e conseguente scelta, la Liturgia bizantina quasi
come conclusione della lunga Vigilia della Resurrezione, cominciata
con il Vespro, i battesimi (quando esistevano catecumeni), proseguita
con l'Ufficio di mezzanotte, il Mattutino e le Lodi, proclama una delle
pericope pi importanti dell'intera Santa Scrittura, il Prologo di Giovanni, bench amputato del v. 18 che ne la necessaria spiegazione
ultima, e che qui comunque deve far parte dell'esposizione.
Infatti, proprio partendo dal v. 18:
Dio, nessuno vide mai,
il Monogenito Dio,
che sussiste verso il Seno del Padre,
Egli (ne) fece esegesi,
si ha la chiave d'interpretazione. Il Dio Eterno, l'Invisibile per definizione, stato per sempre e meravigliosamente "esegetizzato", ossia rivelato e descritto e spiegato (exgomai) solo dal Figlio Unico, Dio da
Dio, il quale "il Signore", "Colui-che-sussiste", ho On, che traduce a
sua volta IHVH, il Signore Unico rivelatosi a Mos dal roveto (Es
3,14), e sussiste "rivolto" nel Seno beato del Padre, ossia nel rapporto
di contenenza paterna e filiale.
Il secondo passo analizzare il v. 14. Questo Figlio Monogenito ha
potuto "fare esegesi" del Padre perch il Lgos, il Verbo sussistente
e preeterno, il quale mirabilmente "si fece la sua stessa carne", come
spiegano i Padri (S. Cirillo Alessandrino), e quale divina Sapienza
"pose le sue tende tra noi" (Eccli 24,12-16), anche come Uomo vero
che vive tra uomini veri, cos da rendersi duplicemente visibile: come
Uomo, e nella sua Gloria divina, che per Giovanni anticipata gi dalla Croce vivificante. Tale Gloria propria del Monogenito e proviene
dal Padre, ed lo Spirito Santo (cf. Gv 17,1-3; 19,30 e 34), che rende
il Monogenito Pienezza di Grazia e di Verit divine.
Adesso si pu procedere dall'inizio. Quale Principio, Arche (cf.
Prov 8,22) in Dio, il Verbo sussisteva dall'eternit, sussisteva in relazione a Dio, e come Dio sussisteva il Verbo (v. 1). Era il Principio in
relazione a Dio (v. 2). Egli era anche il Creatore universale con il
Padre e con lo Spirito Santo, precisa la Scrittura dei Due Testamenti
, e nulla senza Lui pot esistere. Ma quanto fu creato, era "vita in
Lui" (v. 3), e per gli uomini la Vita divina venne come Luce divina (v.
4), la quale si manifesta e dilegua ogni tenebra vecchia del peccato,
bench questa tenebra non volle accettarla n comprenderla (v. 5).
Il Verbo fu anzitutto testimoniato da Giovanni, inviato da Dio come
Precursore. La testimonianza di questi era sulla Luce divina, quindi
338
DOMENICA DI PASQUA
non su se stesso, al fine che gli uomini mediante il Verbo Luce avessero
la fede (vv. 6-8).
La Luce dunque sussisteva come vera, veridica, autenticamente divina,
che brilla su tutti gli uomini quando fa ingresso nel mondo (v. 9). H Verbo
Luce Dio Creatore Vita volle stare nel mondo creato da Lui, bench questo non volle "conoscerlo", ossia avere comunione con Lui (v. 10), e cos
perfino "i suoi proprii", verso i quali dall'inizio si diresse (v. 11). Tuttavia
quanti Lo accettarono e compresero, ricevettero da Lui la potest, l'abilitazione a diventare "figli di Dio" con il battesimo, principio della divinizzazione. H suo Nome solo, produce questo effetto, nessuna capacit umana. E tale effetto "nascere da Dio" alla Vita divina (vv. 12-13).
La manifestazione del Verbo nella sua carne (v. 14) perci pienezza
di Grazia e di Verit divine, portate dallo Spirito Santo. Del Verbo,
Giovanni testimoni che era il Signore preesistente (v. 15), venuto al
fine che tutti i fedeli del Verbo Dio ricevessero, come avvenne, il
Plrma, a Pienezza dello Spirito Santo (cf. Col 1,19; 2,9). Questa si
svolge ordinatamente come "grazia dopo grazia" dall'A.T., che grazia incipiente, al N.T., che grazia finale e completiva (v. 16). Infatti
la prima grazia fu la Legge santa donata divinamente per la mediazione
di Mos, l'ultima fu la Grazia e la Verit, lo Spirito Santo, donati da
Ges Cristo (v. 17).
Tale 1'"esegesi" del Padre con il suo Disegno, svolta dal Dio Monogenito in cui il Padre stesso si rende finalmente visibile (cf. Gv
14,9) per tutti i fedeli del Figlio (v. 18).
La Resurrezione la fonte unica inesauribile di tanta Grazia Luce Vita.
7. Il Megalinario
II Megalinario preso dalla 9a Ode del Canone, chiusa dalla Kata-basia.
presentata la scena dell'Annunciazione. L'Angelo grida l'anticipo della Resurrezione: "Chiref, Gioisci!", alla Vergine pura. Con un
tratto paolino (cf. infatti FU 4,4), introdotto l'Angelo mentre ripete
il saluto, con la motivazione: "II Figlio tuo resuscit dopo tre giorni
dal sepolcro". figurato qui l'evento dell'incontro del Risorto con la
Madre sua.
Segue un testo che riprende con aggiunte e varianti Is 60,1-2. La
Theotkos adesso interpellata dall'Angelo, ossia qui dalla santa assemblea, come la Gerusalemme nuova che deve illuminarsi di gioia e di
speranza, poich la Gloria divina ormai sfolgora su Lei. Che invitata
"adesso", per la Resurrezione, come santa Sion a gioire e ad esultare, e
come Theotkos purissima ad allietarsi per la Resurrezione del Figlio.
339
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
8. Il Konnikn
Durante la comunione dei celebranti e del popolo si canta il gioioso
e splendido Trapano Soma Christo, un semplice, denso fraseggio che
dice: "Del corpo di Cristo partecipate, della Fonte immortale gustate.
Alleluia". Il canto ricorda anche i neofiti che questa Notte per la prima
volta comunicavano. il massimo invitatorio della Chiesa, che dovrebbe di rigore risuonare in ogni omelia mistagogica.
Il canto ripetuto fino all'Ascensione esclusa.
9. VAplysis
Come riti di congedo, invece dell'idomen t Phs, dell'Eie t
noma Kyriou, del Di 'euchn tn hagin Patrn hmn, si canta
invariabilmente il Tropario Christs anst ek nekrn. Poi il celebrante proclama solennemente il "Katchtiks Logos di Giovanni
Crisostomo".
La sera di questo Giorno dei Giorni, al Lychnikn, il Lucernale, si
celebra il "Vespro dell'agape", come si soliti chiamarlo, in forma solenne. L"inizio la dossologia Dxa te hagia ki homoousi, seguita
dal triplice Tropario Christs anst ek nekrn,congli Stichoi del Sai
67,,2.3.4 e 117,24, che sono l'Antifona 3a della Divina Liturgia del giorno, con
la dossologia Dxa Patri e il Tropario Christs anst ek nekrn, il
Ki nyn ed il Christs anst ek nekrn, cantato poi a met dal
celebrante e dal coro.
Dopo la Synapt megl e la sua dossologia, si canta il Kyrie ekkraxa e i4 "Salmi lucernali" per intero: 140; 141; 129; 116. Negli ultimi 4 vv. del Sai 129, e nei 2 del Sai 116 si intervallano, gli Stichr
anastsima (3) e Anatolik (3) con il Doxastikn, ed il Theotokion do-
hilarn.
Viene il Prokimenon mga, Sai 76,14.15.11.12, "Supplica comunitaria", dove l'Orante riafferma la sua fede unica nel Dio Grande, il
Dio dell'alleanza ("nostro", di noi "popolo suo"), l'Unico che compia
opere prodigiose e mirabili (v. 14), l'Incomparabile dunque, Colui che
fece conoscere tra i popoli la sua irresistibile Potenza (v. 15).
Perci l'Orante professa di essere stato trafitto, davanti al mutarsi,
ossia all'apparire della Destra dell'Altissimo, ancora non avendo Egli
manifestato tutto il suo potere (v. 11). Di qui la memoria delle opere
del Signore resta imperitura (v. 12): la Resurrezione il tema che
esplicita il canto del Salmista.
Segue la proclamazione di Gv 20,19-25 da parte del celebrante; ve340
DOMENICA DI PASQUA
COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
dei Dodici (cf. Gai 1,15 - 2,10), usa abitualmente il titolo divino ho
Kyrios-IHVH, ossia "il Signore" dell'A.T. per il Padre e per il Figlio.
Ma per il Figlio sempre alludendo che tale stato rivelato a partire dalla
Resurrezione. In testi posti in successione cronologica si ha:
Ed anche se vi fossero i chiamati "di" ithe)
sia nel cielo, sia sulla terra,
come vi fossero "di" molti e "signori" (kyrioi) molti,
bens per noi (esiste) l'Unico Dio, il Padre,
dal quale tutto, ed anche noi verso Lui,
e l'Unico Kyrios Ges Cristo,
mediante il quale tutto, ed anche noi mediante Lui (1 Cor 8,5-6);
Unico il corpo ed Unico lo Spirito,
come anche foste chiamati all'unica speranza della vocazione vostra,
Unico il Kyrios (Cristo), unica la fede, unico il battesimo,
Unico il Dio e Padre di tutti,
che sta sopra tutti e mediante tutti,
ed in tutti voi (Efes 4,4-6);
Sia infatti che viviamo, per il Kyrios viviamo,
se poi moriamo, per il Kyrios moriamo.
Se dunque viviamo, anche se moriamo,
del Kyrios noi siamo !
Per questo infatti Cristo mor e rivisse:
affinch e sui morti e sui viventi domini {kyriu)\ (Rom 14,8-9).
Anche altri testi del N.T., ovviamente, riferiscono questa Sovranit
universale. In specie per VApocalisse, dall'inizio alla fine, con il
"segno" simbolico dell'associazione del Figlio di Dio al "Trono" divino del Padre, cf. in specie Ap 4-5, e 22,1, testo esemplare, plastico,
riassuntivo.
b) II Primato divino universale eterno
Baster qui rinviare a testi, tutti interessati dalla Resurrezione, che
enunciano o descrivono in tratti incisivi Cristo Signore quale Primate
divino invariabilmente, come Dio Verbo incarnato e risorto universale ed eterno, tale presentato dal Padre.
In Col 1,15-20, testo anch'esso prepaolino, l'Icona del Dio Invisibile contemplata nella primazia anzitutto dell'ordine dell'amore del Padre, quale "Figlio dell'agape di Lui" (1,13). Poi nell'ordine della creazione, che da Lui per Lui verso Lui in Lui, che a tutto da consistenza
e sussistenza. Poi nell'ordine della Redenzione con il Sangue della
346
Croce. Poi nell'ordine della Chiesa come comunit dei salvati, nella
quale fa inabitare il Plrma divino che lo Spirito Santo, ottenuto dal
Sangue della Croce, e dunque dalla Resurrezione.
In FU 2,6-11 il primato di Cristo Signore viene dall'Esaltazione dopo la Croce, e si riversa nell'ordine dell'adorazione: "Kyrios Ges
Cristo!, per la gloria del Padre" (v. 11).
In Ebr 1,1-4, prologo-sommario dell'intera Epistola, tale primato
viene dal Padre: il Figlio ne lo Splendore della Gloria ed Impronta fedele della Sussistenza Icona consustanziale della Bont del Padre:
Sap 7,26, qui citato , il Portatore di tutto per la Potenza della sua
Parola, e come Uomo, morto risorto e glorificato alla Destra, il Primate sacerdotale anche nell'ordine della redenzione con il sangue.
In Gv 1,18 il Dio Monogenito appare come rivolto eternamente verso il Seno del Padre, nel primato nell'amore paterno. Egli il Verbo
Principio Dio Creatore Luce Vita di tutto e di tutti (1,1-4) ma incarnato, crocifisso, risorto e contemplato nella sua Gloria (v. 14). Il suo
primato nell'ordine della Grazia, il Plrma dello Spirito Santo che
ha donato (vv. 15-17).
e) II Ricapitolatore universale
II grande testo paolino di Efes 1,10 mostra come Cristo Risorto operi
la "ricapitolazione", anakephalai, dell'universalit dell'esistente.
Egli quale Kephal, Testa e Capo, dona esistenza e ordine e vita a tutta
la realt creata, che prima a causa del peccato era diminuita, dispersa,
destinata alla morte. Il Primate e Sovrano perci direttamente e personalmente e volontariamente la Testa divina di un "corpo" prima dismembrato ed anarchico e moribondo, adesso compatto e vivente. La
prospettiva, con altri termini, si trova gi nel gioco delle particelle di
Col 1,15-20: tutto ek, da; eis, verso; con il dativo, "per"; en, in, il cui
unico Termine l'Icona divina.
d) II Predestinato dall'eternit
II Risorto conosciuto e predicato dalla Chiesa primitiva con la nota
misteriosa, ma fondamentale, per cui dal Padre con lo Spirito Santo
contemplato e posto dall 'eternit in tutte le sue funzioni.
amato dal Padre da prima della fondazione del mondo (Gv 17, 24;
Col 1,13).
La redenzione degli uomini causata solo
dal prezioso Sangue dell'Agnello
immacolato ed incontaminato (Is 53,7-8),
Cristo, precognito dal Padre prima della fondazione del mondo,
manifestato per alla fine dei tempi per voi,
347
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
La Dynamis divina si manifesta nel suo pi alto livello con la Resurrezione. Paolo ha come unico programma della sua esistenza "conoscere Lui e la Potenza della Resurrezione di Lui" {FU 3,10). Predica che il
Padre resuscit il Figlio "con la sua Dynamis" divina personale (1 Cor
6,14). Che Egli visse e fu crocifisso "per la sua debolezza", divinamente
accettata {FU 2,7-8!), e per "vive (in eterno) per la Dynamis di Dio" (2
Cor 13,4). Fa la medesima affermazione Pietro (1 Pt 3,18-22).
Ma la Resurrezione mostra anche l'altro fatto, che toglie ogni forma di subordinazianesimo dal Cristo Ges. Nel testo di Rom 1,1-4, testi di partenza per ogni teologia, la Chiesa Madre da un'espressione,
fatta propria da Paolo, secondo cui il Figlio di Dio "dichiarato Figlio di Dio in Potenza (en dynmei) secondo lo Spirito di Santit a
partire dalla Resurrezione dai morti" (v. 4). Ossia: secondo la filiazione
da David, era mortale, di fatto morto, ma resuscitato dal Padre; per
secondo la divina procedenza, "secondo lo Spirito di Santit divina",
ossia quanto alla sfera divina, a partire dalla Resurrezione il Padre
Lo presenta come quello che sussiste dall'eternit: "il Figlio di Dio
nella sua divina Potenza" personale, Dio da Dio, consustanziale con il
Padre e con lo Spirito Santo.
La Dynamis divina, sia Energia triipostatica indivisa, sia lo Spirito
Santo, sia la Divinit di Cristo, dalla Scrittura anche identificata con
la Gloria divina.
4. La Resurrezione rivela la Gloria di Cristo
La Gloria si rivela alla Nascita del Figlio di Dio {Le 2,14), nella sua
Trasfigurazione, nella Luce della Resurrezione: Cristo fu resuscitato
dal Padre in forza della Gloria divina {Rom 6,4). La Gloria divina riposa
stabilmente su Lui. UApocalisse ne mostra simbolicamente le scene: Ap
1,8-18; 7,1-17; soprattutto cap. 4-5, nel culto eterno che associa il
Padre ed il Figlio.
Il N.T. unanime nell' affermare che alla fine dei tempi il Risorto
"torner nella Gloria del Padre suo" {Me 8,38), come il Re della gloria
e Giudice {Mt 25,31), con il "Segno" infuocato della Gloria, la Croce
{Mt24,30e27).
Il tema di necessit diventa anche "antropologico", poich la Gloria
della Resurrezione esige dai fedeli la via retta verso la Vita {Rom 6,4),
e chi non agir cos, sar allontanato da questa Gloria (2 Tess 1,9). Ma i
fedeli sono resi forti "secondo la Potenza della Gloria" di Dio {Col
1,11), "secondo le ricchezze della Gloria" {Efes 3,16). Il fine immane:
"il Signore nostro Ges Cristo trasformer il corpo della nostra umilt,
rendendolo simile al Corpo della sua Gloria" {FU 3,21).
349
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
Veggente, di Domenica, durante la celebrazione che la Comunit, leggendo le Scritture (1,1-3), fa di Lui. Poi si deve passare all'Epistola
agli Ebrei, che descrive i particolari di questa funzione eterna, per nulla
esauritasi con la Croce, anzi dalla Croce innalzatasi al Padre per non
cessare pi.
Ora, il Signore "fu unto di Spirito Santo dal Padre" (At 10,38), al
Giordano, e fu l'Unzione consacratoria regale profetica sacerdotale nuziale. Egli come Sacerdote prega ancora sulla terra, sempre, ma in casi
speciali nella Cena: Gv 17,1-26, la "Preghiera sacerdotale", e sulla Croce, Altare del suo Sacerdozio terreno. La Resurrezione sigilla per cos
dire questo Sacerdozio per introdurlo nell'eternit.
La descrizione complessa dell'Epistola agli Ebrei descrive l'Entrata
del Sacerdote nel Santuario celeste che il Padre, e la sua funzione
eterna: Sempre Vivente ad intercedere per noi (Ebr 7,25). Ma l'Autore
di certo un discepolo di Paolo , mostra che alla.Croce, nelle laceranti sofferenze, il Padre "perfezion" il Figlio; la terminologia difficile
e mal compresa di Ebr 5,7-10, dove sta il teleithis, rimanda a Levitico e Numeri, dove il verbo significa la perfetta consacrazione sacerdotale. Qui, l'abilitazione eterna. Vedi la Nota dell'8 Novembre.
In Ebr 10,5-14 spiegata l'unicit del sacrificio di Cristo, che in
s offr al Padre nello Spirito eterno (9,14) tutti i santificati, una volta
per sempre.
Da Apocalisse e da Ebrei si possono individuare alcune delle principali funzioni sacerdotali di Cristo Risorto.
a) Funzioni sacerdotali eterne
Alcune di esse possono essere elencate cos:
- Cristo Risorto e Sommo Sacerdote YAnamnesi eterna al Padre nel
lo Spirito Santo. Il Segno sono le sante e indelebili Stigmate: Ap 5,6
(cf. gi Le 24,39-40; Gv 20,20: mani, piedi e costato). Anamnesi di
se stesso, anamnesi di noi per cui ebbe le Stigmate. Anamnesi a Noi;
- Azione di grazie eterna al Padre nello Spirito Santo;
- Benedizione eterna al Padre nello Spirito Santo, indicibile Comunione: "la benedizione torna sempre sul benedicente ed unisce a Lui il
Benedetto";
- Intercessione al Padre nello Spirito Santo, Intercessione epicletica
permanente, ma fino alla sua Parousia ultima;
- Festa eterna davanti al Padre nello Spirito Santo, Festa nuziale,
gioiosa, trasformante, unitiva: Ap 7,1-17; 14,1-5; 15,1-4; 19,6-9; cap.
21 e 22; Ebr 13,22-24;
- Gioia eterna del Padre nello Spirito Santo; i testi sono questi qui
sopra;
352
TAVOLA
TAVOLA
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
La dottrina della Chiesa insister sul Convito come "nuziale" in tutto il suo genere.
9. La Resurrezione Alleanza sigillata
Qui baster solo rinviare alle parole del Signore sulla Coppa durante
la Cena. Il Sangue il divino Sigillo dell'Alleanza, come tipologicamente gi avveniva per l'antica alleanza: Es 24,1-11. Il sangue infatti
il simbolo della vita (testo classico, Lev 17,11).
Il Sangue del Figlio di Dio la Vita divina, donata fedelmente, che
unisce il Donante e chi lo riceve in Comunione misterica.
Dopo la Resurrezione il Convito della Chiesa la riaffermazione
dell'Alleanza Ultima, dove affermando "Signore, noi siamo popolo
tuo" accettiamo che gi prima Egli abbia pronunciato: "Voi siete la
Chiesa mia" (cf. Mt 16,18), e lo abbia confermato con il Sangue del
Costato, che il Dono dello Spirito Santo, divina Caparra e Sigillo.
Conclusione
A) La Resurrezione in prolessi
La Potenza della Resurrezione non opera solo "dopo" l'Evento.
Essa onnipotente, e si vede in azione gi "prima" che avvenga.
Poich la Potenza della Resurrezione lo Spirito Santo, che "precede, accompagna e segue Cristo" (S. Gregorio il Teologo).
Nell'Evangelo, nelle opere prodigiose, nel culto al Padre durante la
Vita terrena del Signore, sta in opera la Potenza della Resurrezione
non per caso il medesimo Evangelo, le medesime opere, il medesimo
culto dopo la Resurrezione e dunque per la sua Potenza, sono affidati
da compiere ai Discepoli che ricevono lo Spirito di Pentecoste.
Cos questa Potenza sta in opera gi all'Annuncio alla Vergine di
Nazaret: Le 1,35.
Ma allora occorrer avanzarsi a riscoprire che sta in qualche modo
in azione nell'A.T.: nel Pre-evangelo (Rom 1,1-2) che sono i Profeti
che annunciano il Risorto; nelle opere dei Giusti e sapienti; nel culto al
Signore Unico.
B) La Resurrezione "per noi uomini e per la nostra salvezza"
Adesso, contemplando questa immane materia, si pu vedere me
glio quale sia la divina Condiscendenza. L'opera del Padre sull'Adamo
Ultimo in s e per s ha esaurito il Disegno divino (S. Ireneo). Ma Dio
vuole che l'Adamo Nuovo sia anche il Capo dell'umanit redenta, e
perci Lo vuole anche come "Spirito vivificante".
Contemplando la Resurrezione, la lingua dovrebbe tacere come
"ogni carne", e solo adorare con amore sconfinato.
355
DOMENICA DELVANTIPASCHA
O LA PSLAPHSIS DEL S.
APOSTOLO TOMMASO
(2a di Pasqua)
La singolare importanza di questa Domenica, che per s la "seconda dopo Pasqua", si rileva anzitutto dai suoi nomi. Antipdscha infatti
significa che esprime in qualche modo eguaglianza e somiglianz con
la Domenica della Resurrezione. In essa avvenne infatti la Pslphsis
dell'Apostolo Tommaso, in cui si afferma per sempre la fede nel "Signore e Dio" Risorto. Si dice anche "Domenica delle porte chiuse" per
indicare l'irresistibile Venuta del Risorto ai suoi, e da qualcuno si chiama infine "Domenica del Rinnovamento", come quella che chiude la
gloriosa settimana che segue la Resurrezione.
La contiguit funzionale di questa Domenica con la precedente ha
un aggancio gi nella celebrazione solenne del "Vespro dell'agape" alla
sera della Resurrezione. L l'Evangelo, ripetuto in varie lingue, narrava
la Venuta del Risorto ai discepoli chiusi dentro il cenacolo, e il dono
della Pace e dello Spirito Santo, con l'invio a portare la remissione
giubilare dei peccati al mondo (Gv 20,19-23), e la dura presa di posizione di Tommaso, disposto a credere solo a condizione che il Signore
venga da lui per farsi "palpare" (pslaph, verbo per non usato da
Giovanni), nulla contando la testimonianza dei Dieci Apostoli (20,2425). Il Signore per solo amore di Tommaso sottosta a queste condizioni, perch ha bisogno della fede anche dlVpistos, l'incredulo adesso
per reso pists, fedele e credente.
Va detto che nella Scrittura il "linguaggio della fede", pistis, identico al "linguaggio della carit", agape, la fede essendo l'adesione d'amore al Signore Risorto.
Questa Domenica segna anche l'inizio del Ciclo dell' Oktchos.
1. Christs onste ek nekrn
Si canta 3 volte il Tropario dopo VEulogmn he Basilia to Patrs.
2.Antifone
Di Pasqua.
2.Eisodikn
Di Pasqua.
356
DOMENICA DELL'ANTIPSCHA
4. Tropari
1) Apolytikion "di Tommaso". Canta il prodigio del sepolcro sigillato,
che non imped a Cristo Dio, Vita nostra, di balzarne fuori. N le porte
del cenacolo sprangate impedirono al Risorto di manifestarsi ai disce
poli come Resurrezione di tutti, che, secondo la grande e mai meritabile Misericordia divina, per la mediazione degli Apostoli che ricevettero
il Dono, rinnova in noi lo "Spirito retto" (cf. Sai 50,12, ebr. rh
nkr). lo Spirito Santo, che conferisce la divina stabilit della fede
per l'uomo nella sua esistenza redenta, per vivere ormai a fondo la rela
zione trasformante dell'alleanza nuova ed eterna. Qui "rinnovare,
egkainiz", non significa affatto "creare dal nulla", ma all'uomo pecca
tore gi esistente, destinato alla rovina, significa conferire il nuovo sta
tuto dell'essere. All'uomo il Signore aveva donato il suo Soffio divino
(Gen 2,7), cacciato via dal peccato (Gen 6,3), ma adesso donato stabil
mente: Gv 20,19-22.
2) Kontkion: Ei ki en tph.
Di Pasqua.
5. Apstolo s
a) Prokimenon: Sai 146,5.1, "Inno di lode"
II Salmista celebra il Signore in s e per i suoi titoli, qui la grandezza e l'onnipotenza dimostrata nella Resurrezione del Figlio. Si accompagna qui la nota apofatica: la Sapienza divina non ha limiti che l'uomo possa circoscrivere. Perci rivolto l'imperativo innico (Stichos, v.
1) a tutta l'assemblea affinch lodi il Signore, poich soave allora il
Salmo, e piacevole la lode rivolta al Signore.
b) At 5,12-20
II testo comincia con il 5 "sommario", ossia uno spaccato improvviso che osserva la vita della primitiva comunit (vv. 12-16), e termina
con la Parola dell'Angelo del Signore. Ora, gli Apostoli nel Nome di
Ges (cf. 4,10.12) compivano "segni e prodigi", espressione frequente
gi nell'A.T. e che denotano la Presenza onnipotente dello Spirito di
Dio, davanti a tutto Israele. I fedeli con gli Apostoli formavano una
compatta comunit di preghiera nel tempio, partecipando ancora al culto d'Israele, escluso il sacrificio (v. 12). Si era creato il timore reverenziale per essi, cos che mentre nessuno aderiva alla fede, tuttavia il popolo ne lodava il comportamento (v. 13). Insieme, aumentava il numero
dei fedeli credenti nel Signore Risorto predicato dagli Apostoli (v.
14), cos che ad essi si portavano i malati. Tanta era la santit degli
Apostoli, che i malati si contentavano di essere sfiorati dall'ombra di
357
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
Pietro per essere guariti (v. 15). Guarigioni erano richieste anche dalle
citt vicine, e tutti trovavano rimedio ai loro mali (v. 16). H Signore in
realt aveva affidato ai suoi discepoli Yexousia, la potest di operare
prodigi, anche di guarigioni, come "segno" del ministero messianico
(cf. qui ad esempio Me 6,7-13; 16,17-18, e par.). Tali "segni" sono
"della Resurrezione", perci sono operanti "dopo a causa a partire
dalla Resurrezione". Essi restano nella Chiesa, affidati ai grandi Santi. E
tuttavia, le opere di carit della Chiesa mediante i suoi fedeli proseguono in altre forme meno clamorose; si pensi solo all'opera della
carit che furono e sono tutti i luoghi di cura e di conforto creati dalla
fede dei discepoli del Signore lungo i secoli fino a noi.
I vv. 17-42 trattano della costanza nella fede dei discepoli del Signore. chiaro che i "segni" operati da essi disturbassero le autorit, non
consapevoli della portata dell'Evento della Resurrezione. Esse ritenevano piuttosto che si trattasse di stregoneria e di idolatria, e quindi vigilavano sull'ortodossia e sul comportamento della gente (v. 17). Cos
catturano gli Apostoli e li imprigionano, in attesa di provvedimenti (v.
18). E per l'Angelo del Signore, figura mediatoria dell'intervento divino, apre le porte della prigione di notte, libera gli Apostoli (v. 19), e li
esorta ad andare, a stare nel tempio con il popolo, ed a parlare "tutte le
Parole di questa Vita" (v. 20). Queste sono l'Evangelo della Resurrezione che dona agli uomini la Grazia dello Spirito, che la Vita divina
insieme al Risorto, "Vita nostra".
6. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 94,1.3, "Esortazione profetica"
L'Orante con imperativi innici si rivolge all'assemblea, affinch si
raduni e gridi la sua gioia al Signore, acclamato come Dio e Salvatore,
il Dio grande, il Re grande sulla terra intera. Davanti a Lui (Stichos, v.
3) non esiste altro dio, n altro re-salvatore. La lode di Lui deve durare
per tutta l'esistenza.
b) Gv 20,19-31
Gli eventi alla tomba vuota (20,1-10) avevano lasciato perplessi i discepoli accorsivi, "infatti ancora non conoscevano la Scrittura: che Egli
si deve che resusciti dai morti" (v. 9). Era Disegno divino (greco di,
necessit posta divinamente) che Cristo morisse ma risorgesse, e la
Scrittura, se scrutata, lo avrebbe attestato.
Intanto il Risorto dona la sua prima manifestazione alle Donne fedeli, come nei Sinottici, qui rappresentate dalla Maddalena (vv. 11-18).
Questa aveva avuto in successione ben 4 visioni: il sepolcro vuoto,
quando era stata tolta la pietra di chiusura (20,1); nel giardino fuori del
358
DOMENICA DELL'ANT/PASCHA
sepolcro, vede due Angeli in bianche vesti, seduti in trono sulla pietra
che aveva sostenuto il Crocifisso, segno della vittoria sulla morte (vv.
11-12); poi vede Ges Risorto, malo scambia per l'ortolano (v. 14). Finalmente, "si converte", e alla chiamata del Signore, "Maria!", risponde "RabbunP", ossia in aramaico "Signore Dio", e inviata ai discepoli
per annunciare l'Ascensione, finalmente pu affermare: "Io vidi // Signore", titolo principale del Risorto (vv. 16-18).
Nonostante il messaggio di Maria, i discepoli hanno paura di rappresaglie, e la sera della Resurrezione si chiudono insieme, probabilmente
nel cenacolo (v. 19). la conseguenza dell'ignoranza delle Scritture
che parlavano del Signore. Giovanni annota sobriamente che "i discepoli" si trovano riuniti insieme. Non dice chi siano, lascia intendere
per che si tratta anzitutto dei discepoli principali, i Dodici, restati qui
in dieci per la defezione dolorosa di Giuda, e per l'assenza innocente di
Tommaso. Ora, "dieci" la quota minima del minjan, il numero legale
affinch nel culto ebraico vi sia un'assemblea idonea, a cui il Signore
non fa mancare la sua presenza quando si pone in preghiera o si pone
allo studio della Tor ah. La sera della Resurrezione perci vede il primo
minjan della nuova assemblea del popolo di Dio, a cui il Signore Risorto non fa mancare la sua presenza, tanto pi che i discepoli non sembra
che stiano studiando la Scrittura o pregando, ma solo si trovano uniti
per farsi coraggio, per trovare qualche consolazione per la morte del loro Signore. S, Pietro e il discepolo amato si sono recati al sepolcro sollecitati dalla Maddalena, l'hanno trovato vuoto, e non hanno compreso
(Gv 10,1-12); hanno ascoltato anche il messaggio della Maddalena:
"Ho visto il Signore!", vivente, che le aveva anche parlato (v. 18).
Adesso stanno parlando di questo, forse senza convinzione.
Un'altra annotazione viene dal fatto che secondo la narrazione degli
Atti, i Dodici (avendo anche ricomposto il numero con Mattia) stavano
insieme ad altri 120 fratelli, con Maria la Madre del Signore e le altre
Donne fedeli (At 1,12-26). Giovanni non ne fa parola, ma conoscendo
il suo metodo, di rinviare senza alludere ai fatti gi narrati da Matteo,
Luca e Marco, probabile che in questo momento i Dieci stiano con
tutta la Comunit. Il Signore sta sempre con l'intera Comunit.
Sembra cos tutto pronto. Ges allora "venne e stette in piedi", due
verbi fondamentali, la venuta indica l'intervento autonomo del Risorto,
lo stare in piedi indica che il Resuscitato e Vivente. Allora tra essi
Ges offre il primo dono, la Pace (v. 20), quella che aveva solennemente
promesso come fatto divino e non umano (cf. 16,33; 14,27).
Veirn,pace, traduce per lo pi il termine ebraico salni, che si pu
intendere sia come "pace", sia come "salvezza". Infatti biblicamente
slm indica la condizione ideale "quando tutti hanno tutto, e nulla
manca a qualcuno". la condizione del Regno divino. certo assenza
359
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
di guerra e di turbative, ma soprattutto godimento dell'integrit dell'uomo immagine e somiglianz di Dio, salute fisica e spirituale, integrazione nella comunit umana naturale e tanto pi nella comunit di
fede, assicurazione di ogni sviluppo - in una parola, l'opera progressiva e totalizzante dello Spirito Santo che crea di nuovo l'immagine
e somiglianz di Dio, integrandola nella comunit del Risorto. Ora, "la
Pace" Cristo stesso, nucleo integrante i fedeli (cf. Efes 2,14), ed
insieme il dono inconsumabile di Cristo Risorto, ossia lo Spirito Santo
che porta a compimento l'opera della Croce (Gai 5,22-23). chiaro
che "il mondo non pu dare la pace" (Gv 14,27), poich non possiede
per definizione n Cristo Risorto n lo Spirito Santo.
Adesso Ges si presenta. da notare che in Gv 20-21, i due capitoli
che trattano degli eventi della Resurrezione, il Risorto si presenta e agisce come "Ges", mentre i discepoli lo riconoscono come Rabbuni e
Kyrios, titoli divini del Risorto stesso. Cos Ges mostra ai discepoli
"sia le mani, sia il fianco" (v. 20a), le mani traftte dai chiodi, e il fianco squarciato dalla lancia romana (cf. 19,18 e 34-35). Ora, anche Luca
nel cenacolo narra la stessa scena, dove Ges Risorto mostra "le mani e
i piedi" trafitti (Le 24,39-40), contro i dubbi dei discepoli. Si ha tra
Giovanni e Luca come una croce, verticale - mani e costato - e orizzontale - mani e piedi -. Sono le adorabili Stigmate perenni del Signore, il Risorto sempre "il Crocifisso". Inoltre, un testo della tradizione
giovannea, Ap 5,6, ripete sotto altra forma la scena, descrivendo nell'aula celeste della gloria divina del Padre (cap. 4-5) l'Agnello, ossia
non l'agnello pasquale, bens il Servo sofferente di Is 53,7-8 , che "sta
in piedi", dunque risorto, ma porta indelebilmente i Segni della sua
immolazione sacrificale. Che significa questo? molto chiaro. Cristo
Risorto porta con s, in eterno, l'intero Evento che ha vissuto da attore
principale, per Disegno del Padre e con la potenza operante dello Spirito Santo. Tale evento, che ha culmine con la Croce e la Resurrezione,
eterno (cf. Ebr 9,14: avvenuto "nello Spirito eterno", che conferisce
eternit agli atti di Cristo immolatosi al Padre). Esso non ideale,
storico ed insieme transistorico. Ges porta con s i "Segni" che lo
identificano: le Stigmate mortali, bens adesso guarite dalla Vita divina.
Cos, Cristo Risorto si pone anche quale Anamnesi eterna, significante,
rivolta al Padre in eterno, in perenne omaggio filiale, e rivolta agli uomini in eterno, manifestazione fraterna di amore unitivo.
Ma se le Stigmate del Crocifisso sono le medesime portate permanentemente dal Risorto, esse stanno anche a significare che il Crocifisso ed il Risorto sono la medesima Persona circondata dal medesimo Evento, la Croce e la Resurrezione. Il Ges Crocifisso, visto da
tutti, uno e medesimo con "il Kyrios", il Signore Risorto, visto
adesso dai discepoli.
360
DOMENICA DELL'ANTIPASCHA
E fin qui, tutto sembra bene e normale, quasi scontato. Per possibile intravedere proprio qui un motivo pi profondo e determinante rispetto ai discepoli, intesi come sia i Dodici (Undici, poi adesso Dieci),
sia gli altri, ossia gli uomini che avevano seguito il Signore. Quanto segue non fa che esaltare come agirono le Donne fedeli verso il loro Signore. Ora, gli "Apostoli", sia i Dodici, sia gli altri, dovranno portare il
Risorto al mondo, per annunciarlo nel suo Evangelo, per farlo conoscere e dunque amare e adorare, per far entrare i futuri discepoli in totale
comunione di esistenza nella gioia (1 Gv 1,1-4). Essi spinti dallo Spirito Santo dovranno testimoniare la Persona divina del Signore e la realt
"palpabile" della sua Umanit di Uomo crocifisso e veramente risorto.
Giovanni stesso con pochi indizi rimanda al fatto che non basta che i
discepoli "vedano il Signore". Occorre molto di pi, che essi realizzino
- anche essi! - l'antica misteriosa profezia messianica di Zacc 12,10. Il
contesto di essa (cap. 12-14) la restaurazione di Gerusalemme per i
tempi messianici. Il cap. 12 insiste sulla "casa di David", infatti, ed annuncia un evento che investir anche "gli abitanti di Gerusalemme".
Esso segner la conversione al Signore, ma dopo un crimine grande,
per s imperdonabile. un evento tipologico, poich qui si pu pensare
al davidide Zorobabele, che con il sacerdote Giosu aveva ricondotto
gli esiliati da Babilonia (cf. Zacc 4-5), e che segnava nella sua persona
la speranza: il ristabilimento della monarchia e della nazione santa. Altri
indizi testuali fanno comprendere che egli fu invece ucciso, "trafitto"
dalle fazioni politiche e religiose (alluse anche da Esra e Nehemia).
la profezia di un evento, che in se stesso il typos che annuncia
Yantitypos realizzatore finale.
Giovanni in 19,37 parla di "adempimento della Scrittura", citando
Sai 33,21 alla lettera (non affatto dunque la lettera di Es 12,46, n di
Num 9,12, che parlano degli agnelli pasquali), per il fatto che a Ges
non si applica il crurifragio, poich come canta il Salmo, Egli "il Giusto", dalle molte tribolazioni, liberato da tutte per, poich il Signore
Lo custodisce e impedisce perfino che gli si tocchi il minimo osso. Il
medesimo adempimento profetico applicato poi a Zacc 12,10, di cui
cita appena 4 parole: "Guarderanno verso Colui che trafissero", e questo rimanda all'altra profezia. Qui Giovanni non cita i LXX, che in
tutto simile all'ebraico, ma varia proprio nel verbo ekkent; questo visibilmente traduce l'ebraico dbaq, trafiggere. Giovanni dunque cita da
un testo ebraico corrente, che alla lettera dice cos:
Ed Io verser sulla casa di David e
sugli abitanti di Gerusalemme lo
Spirito di Grazia e di Misericordia, ed
essi volgeranno gli occhi a Me!
361
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
DOMENICA DELL'ANTIPASCHA
COMMENTO -ILPENTKOSTRION
DOMENICA DELL'ANTIPSCHA
mandola "Gynai, Donna", titolo che spetta alla Regina madre (19,25).
Poi come Re-Salvatore proclama l'adempimento del programma regale, la salvezza universale: "Tetlestai, stato compiuto!" (19,30), che
segna la nascita del popolo messianico (citazione di Sai 21,32 che
parla di questa nascita sommamente dolorosa, il "parto messianico").
Quindi riconsegna il suo Spirito al Padre affinch possa darlo al popolo
che nasce (19,30, cf. Is 32,15). Infine, dal Trono su cui "regna-sal-va"
emana dal fianco il Sangue e l'Acqua, creando cos l'va nuova, la
sua Comunit messianica, che insieme la Sposa regale ed il nucleo
del Regno (19,34).
"Regn il Signore" dalla Croce. In Is 52,7 - come si spiegato a
lungo, vedi Parte I, Cap. 7, par. 3 : Euagglion Realt divina - si annuncia questa "evangelizzazione", il cui contenuto confluisce intorno
alle 3 realt del Regno di Dio: la Pace, i Beni, la Salvezza.
In Gv 20,19-23 precisamente il Signore Risorto, che ormai "regna",
dona ai discepoli la Pace sua; i Beni suoi che sono lo Spirito Santo, e
qui cf. Mt 12,28; Le 11,20: Cristo e lo Spirito Santo sono il Regno di
Dio venuto; Mt7,11 riporta t Agath,i Beni donati dal Padre, che nel
parallelo di Le 11,13 sono esplicitati come lo Spirito Santo; infine con
Yphesis dona la Salvezza da portare al mondo.
Tale "l'Evangelo" di Dio.
Il discepolo Tommaso, il generoso che avrebbe voluto morire con il
Signore (cf. Gv 11,16) ma che con i confratelli nella vocazione era fuggito via al Getsemani (cf. ancora Mt 26,57: "allora, i discepoli tutti, abbandonatolo, fuggirono"; e par.), non era presente quella sera (v. 24). Il
motivo non narrato, ma misteriosamente provvidenziale, poich il
"Ges che viene" di sua iniziativa vuole incontrarsi ancora proprio con
Tommaso, il tipo del discepolo volenteroso ma incerto. Infatti i confratelli gli comunicano: "Noi vedemmo il Signore", ossia il Risorto, il Ges da tutti loro riconosciuto come vivente. Tommaso oppone una grave
riserva, che anche paura, e sfida. Gli altri discepoli gli avevano descritto la condizione in cui il Signore si era presentato, con le mani e il
costato recanti i "segni" visibili della Passione. Tommaso pretende di
credere "solo se" non solo "vedr" nelle mani del Signore il "segno"
(typos) dei chiodi, ma anche se "getter", o porr il dito esplorante sul
"segno" dei chiodi, e addirittura "getter", introdurr la mano nel fianco
squarciato del Signore (v. 25).
Tommaso "l'incredulo" il tipo eterno di chi "crede solo se lo vede", cos comune ancora oggi, ma non per curiosit scientifica, che allora sarebbe da lodare, bens per respingere lontano come un'idea molesta la precisa responsabilit di prendere atto della realt vera. Di fatto,
gli "scienziati" che "non credono se non vedono", non vogliono affatto
"vedere" perch hanno paura di "credere" ed assumersi cos la respon365
COMMENTO - IL PENTKOSTARION
DOMENICA DELUANTIPASCHA
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
municare ai Misteri immacolati nella gioia della fede che sale all'unione con il Tu divino, nell'attesa della visione trasformante.
9. Aplysis
La formula : "Egli che calpest la Morte e a Tommaso confer certezza, Cristo, Vero Dio nostro..."
Di questa Domenica-Festa si celebra VAplysis di chiusura il sabato
successivo.
368
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
mirra conviene solo ai morti, mentre Cristo incorruttibile. Occorre acclamare il Signore, che risorto donando la grande misericordia.
4) Kontkion: Ei hai en tph, di Pasqua.
5.Apstolos
a) Prokimenon: Sai 117.14.18, "Azione di grazie comunitaria".
La Comunit riprende il "cantico di Mos" dopo il passaggio del
Mar Rosso (cf. Es 15,2), che acclama il Signore vittorioso, ormai postosi quale Forza e Canto per il suo popolo, e come unica salvezza.
Egli grande nel perdono e nella clemenza (Stichos, v. 18), e se punisce per le colpe e demeriti, tuttavia non abbandona mai alla morte i
suoi fedeli.
b)At 6,1-7
La Comunit primitiva seguita a crescere di numero. Essa composta di Ebrei che hanno accettato la fede, e di pagani convelliti dalla predicazione della Resurrezione. Tra questi si trovano gli Ellenisti, denominazione probabile per definire gruppi di cultura greca ma forse anche insieme di provenienza ebraica, che avevano una forte tendenza
contro il tempio. Essi sollevano la questione spinosa che le loro vedove, che nella Chiesa formavano uno stato di consacrazione (cf. qui gli
spunti paolini di 1 Tim 5), erano trascurate nella diakonia quotidiana, il
servizio dell'assistenza caritativa (v. 1). La lamentela di competenza
dei Dodici, che collegialmente convocano i discepoli per i provvedimenti. E anzitutto espongono il loro ufficio speciale, che annunciare
"la Parola di Dio", per la quale sono inviati dopo la Pentecoste; essi
non possono rinunciarvi per "servire alle tavole", alla carit quotidiana
(v. 2), bench questa sia pressante e irrinunciabile nella Comunit. I
Dodici perci stabiliscono il principio che nella Chiesa ciascuno faccia
solo il suo ufficio, ma lo faccia tutto. Esistono quindi funzioni diverse,
ed occorre provvedere ai diversi che le eseguano. Perci la Comunit
officiata di intervenire, scegliendo persone di fama impeccabile. Queste
debbono essere 7, numero simbolico dei doni dello Spirito Santo (cf. Is
ll,l-3a), e precisamente debbono essere pieni "di Spirito e di Sapienza" divina. Ad essi devoluto il compito della diakonia quotidiana.
Non per nulla lo Spirito Santo la Carit divina versata nei cuori dei
fedeli (cf. Rom 5,5), mentre la Sapienza l'amore divino unitivo (v. 3).
I Dodici si riservano di proseguire il loro compito, quello centrale e
fontale nella Chiesa: la preghiera (soprattutto, la sinassi eucaristica) e
"la diakonia della Parola", servire con ogni mezzo e ad ogni istante la
diffusione dell'Evangelo (v. 4).
370
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
vincibile "il Nome del Dio di Giacobbe", l'altro appellativo patronimico per indicare Israele. Di nuovo risuona il "Salva il re!" (Stichos, v.
10), e si chiede la risposta certa dal Signore ogni volta che invocato.
Anche se in altra forma, il Giusto sofferente aveva pregato sulla Croce
il Sai 21, quello dell'abbandono e della speranza certa. Il Padre aveva
assistito il suo Re messianico anche nella tomba, e lo aveva "salvato"
dalla morte, secondo l'implorazione del Figlio: Sai 21,20-22.
b)Me 15,43-16,8
Si presentata sopra la condizione delle Donne Fedeli, le prime a
giungere alla tomba del loro Maestro, le prime a ricevere la teofania
della Resurrezione e le Parole della Resurrezione (cf. Evangelo del Sabato santo e grande). Adesso la Chiesa riprende il fatto per memorare
specificamente quelle sante Donne. Vedi anche il 22 Luglio.
Il fatto comincia la sera della crocifissione. Quel giorno era la paraskeu, la preparazione al sabato "grande e segnalato", poich ricorreva
la memoria della pasqua degli Ebrei, che doveva essere celebrata con
solennit massima, il che implicava anche la purit massima. Un crocifisso era la massima abiezione, e la sua morte la massima impurit levitica secondo la Legge (Es 34,25; Dt 21,23; Gios 8,29; 10,26-27). Il cadavere doveva dunque essere rimosso dal luogo dell'esecuzione, e gettato subito nella sepoltura (v. 43).
Era anche norma consuetudinaria che il cadavere del giustiziato dovesse essere richiesto dai parenti alle autorit ebraiche, per attestando
di non portare ad esse rancore per la condanna, cos implicitamente riconosciuta come giusta. Altrimenti il cadavere sarebbe stato disperso
nelle fosse comuni, senza alcun onore funebre. Tuttavia un nobile
"consigliere", quindi un'autorit, non parente di Ges, Giuseppe di
Arimatea, un fedele Ebreo che "attendeva il Regno di Dio", e perci la
promessa messianica, aggira l'ostacolo e "audacemente", alla lettera
"tolmsas, avendo osato", perci a suo rischio di Ebreo che poteva essere scomunicato dalle autorit religiose, si reca invece da Pilato e
chiede il corpo di Ges. I Romani avevano poteri illimitati. Pilato diffidente perfino sulla morte di Ges, avvenuta "cos presto", e se ne accerta dal centurione che aveva guidato il picchetto dei crocifissori,
quello che (v. 39) aveva gridato la sua fede: "Veramente quest'uomo
era figlio di Dio!", e che dunque poteva assicurare il procuratore che
non si trattava di un trucco per sottrarre un condannato alla sentenza di
morte (v. 44). Egli allora concede a Giuseppe il corpo del Signore (v.
45). Giuseppe aveva comprato un lenzuolo funebre, la sindone, con cui
avvolge il corpo di Ges, che poi depone nel sepolcro scavato, rotolandovi la pietra di chiusura, in genere di forma rotonda, una vecchia macina di mulino (v. 46). Qui assistono Maria Maddalena e Maria di Ioset
372
COMMENTO - IL PENTKOSTAR1ON
nella putredine della morte vorace. La morte non ha potere su Lui, non
pi e in eterno. Il suo luogo ormai altro. Lo vedranno i discepoli al
momento dell'Ascensione.
La seconda parola comporta poi la terza: "Ecco il luogo dove Lo posero" (v. 6). Il luogo quello, adesso per del tutto vuoto. Il Risorto
sta certamente altrove.
Viene ora il compito primario delle Donne fedeli. Constatata la Resurrezione, il Giovane le invia ai discepoli e a Pietro, loro portavoce,
per avvertirli che il Risorto li precede "alla Galilea", il luogo del Monte
degli Olivi da dove Egli ascender al cielo. L Egli si render visibile.
Anzi, gi adesso visibile. Piuttosto, l si render riconoscibile. Cos
infatti aveva parlato ai discepoli: cf. 14,28. Quanto il Signore parla,
questo anche opera (v. 7).
La conclusione della pericope forma una grave difficolt per gli interpreti. Le donne "fuggirono via" dal sepolcro, investite come sono da
"tremore e stando fuori di s (kstasis)". Questo del tutto comprensibile; manca la gioia che invece risuonava in Mt 28,8, ed era "grande". Tale
reazione per porta le Donne a tacere del tutto con tutti, "avevano
paura, infatti" (v. 8). I critici considerano questa come la finale misteriosa di Marco, i vv. 9-16 essendo aggiunti successivamente per spiegare
che invece le Donne, come negli altri Evangeli, recarono il messaggio ai
discepoli. Tuttavia, i vv. 9-16 sono bene attestati prima della met del
sec. 2 da Giustino Martire, dopo la met da Ireneo, anche se manca nei
grandi onciali del sec. 5. Essa va tenuta come autentica e canonica.
Anche qui, in definitiva, le Donne sono privilegiate dal Signore con
la visione e la Parola della Resurrezione, e costituite come annunciatrici alla Comunit che il Signore risorto. Non per caso la Chiesa da alla
Maddalena, l'ardita Mirofora, il titolo di Isapstolos, "Eguale agli
Apostoli" (22 Luglio). Tale missione costitutiva, e non avrebbe mai
dovuto cessare. Ossia, la Chiesa deve porre le Donne con apposita mistagogia nella condizione di essere nella comunit, nella Liturgia, il
"segno" che Cristo risorto, che ha privilegiato le donne, che si attende
da esse che ne facciano perenne annuncio con la preghiera e la santit.
Se ancora non si recupera questo, si viene meno alla specifica volont
del Signore.
7. Megalinario
Di Pasqua.
8.Koinnikn
Di Pasqua.
374
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
Anche qui il prodigio produce la fede in tutta loppe, cos che molti
credettero "nel Signore", il Risorto (v. 42).
Si deve notare nella pericope l'insistenza sui verbi della resurrezione, sia per il paralitico, tornato alla vita normale, sia per la Tabita che
resuscitata da una morte vera.
6. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 30,2.3, "Supplica individuale"
L'Orante proclama la sua fede: il Signore suo unico rifugio, la sua
speranza, in Lui non rester delusa la sua fiducia: per la sua Misericordia il Signore lo scamper da ogni pericolo. Egli (Stichos, v. 3) implora
di averlo come protettore, come una fortezza inespugnabile e provvidenziale.
b) Gv 5,1-15
Giovanni intervalla nella sua narrazione i "7 smicT, i "segni" potenti che anticipano la Resurrezione. Essi sono: 1) Cana; 2) la guarigione del figlio dell'ufficiale; 3) il paralitico della piscina; 4) la moltiplicazione dei pani e dei pesci; 5) il passaggio sopra le acque; 6) la guarigione del cieco nato; 7) la resurrezione di Lazzaro. I segni indicano gli
effetti della Resurrezione: 1) il vino del Convito eucaristico; 2) la sanit
nuova; 3) il ritorno alla vita attiva; 4) il Pane eucaristico; 5) il dominio
della creazione in favore degli uomini; 6) la luce vivificante; 7) l'anticipo della "resurrezione comune" (vedi Appendice I).
La paralisi era ed una malattia terribile, che riduce l'uomo ad un
ammasso di carne senza autonomia, senza speranza, fuori della vita del
lavoro, in balia di qualcuno che voglia assistere il malato con pi o meno
carit. In pi, secondo la Legge, il paralitico, che si trovava in pratica
escluso dalla vita civile, si trovava anche escluso dall'assemblea liturgica del popolo di Dio. Un reietto in tutte le direzioni. Per il suo
aspetto traumatico, della paralisi il Signore fa una minaccia ai nemici,
le cui mani faranno cadere le armi, e i cui piedi verranno meno (cf. ad
es. Sai 75,4-8). Ma la visita divina sta alle porte.
Ges adesso "sale", verbo tipico per indicare il viaggio a Gerusalemme, che sta in alto (ma il verbo serve anche per indicare semplicemente l'entrata nella terra promessa), e giunge alla citt durante "la
festa degli Ebrei". Per s, il calendario ebraico ha come festa principale il sabato. Nel resto del sistema festivo, durante i secoli era prevalsa la "festa delle Capanne", il 15 di Tisri (circa fine settembre e
inizi di ottobre). Era "la festa" per eccellenza, e cos risulta dalle fonti
della tradizione ebraica. Tutti e 4 gli Evangeli presentano Ges come
puntuale partecipante al culto ufficiale, sia sabatico, sia festivo. Egli
377
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
obbediva alla Legge, che come maschio lo obbligava a salire a Gerusalemme almeno per "le tre volte", ossia pasqua, pentecoste e Capanne (cf. Es 23,14; 3 Re (= 1 Re) 9,25). Adesso adempie questo obbligo
sacro (v. 5,1).
Verso il settentrione del tempio esisteva una cisterna molto grande.
Gli scavi archeologici hanno rilevato che era circondata da un sistema
di 5 portici. Il suo nome attestato oscillante nei manoscritti tra Bthsaidd, Bethsd, Bthzath. Sembra che il senso migliore sia l'aramaico bet-hesd', ossia "casa, luogo del hesed, la misericordia (v.2). Nel
tempo si era stabilita la credenza che la cisterna avesse propriet curative, ed era dunque frequentata dalla solita povera folla di malati, come
ancora oggi si vede nell'Oriente vicino. Giovanni (v. 3) parla di malati
in genere, ciechi, zoppi, paralitici. La paziente e spesso delusa attesa,
era che di tempo in tempo un angelo discendesse nella cisterna e agitasse l'acqua (vv. 3c.4a). Allora, qualsiasi malato che per primo si fosse
gettato in acqua, era guarito (v. 4b).
Ges si accosta ad un paralitico, lo interroga e scopre che malato
da 38 anni, una vita, e lo interroga: "Vuoi diventare sano?" (vv. 5-6).
chiaro che Ges porge la mano tesa al malato, del quale sollecita
l'atto di fede. Il paralitico infatti prima risponde di non aver nessuno
che lo getti in acqua quando passa l'Angelo, e c' sempre uno prima
di lui (v. 7). Evidentemente, si attende un prodigio, ma si rimette all'effetto dell'acqua. Ges gli ordina: "Svegliati (egir, verbo della
resurrezione), prendi il lettuccio e cammina" (v. 8). Il paralitico ha fede e obbedisce, risanato, si riprende il povero giaciglio e se ne va
(v. 9a). riammesso nella comunit dei sani, degli efficienti, e nell'assemblea liturgica.
Il seguito inevitabile per due motivi. Il primo, che quel giorno
sabato, quando la tradizione proibisce di trasportare qualsiasi oggetto, e
di camminare per pi di 2 miglia (v. 9b). Nella citt immobilizzata uno
che trasporta un lettuccio subito notato dalle autorit sempre vigilanti.
Le quali investono il paralitico guarito, gli notificano che sabato e gli
contestano il trasporto (v. 10). Esse ignorano ancora l'antefatto, che
spiegato dal guarito: il guaritore l'ha autorizzato a trasportare il lettuccio ed a camminare, certo verso casa, che forse poteva stare fuori della
citt (v. 11). Gli inquirenti allora gli chiedono l'identit del guaritore,
categoria molto temuta per eventuali trasgressioni di tipo magico (v.
12). Al che il guarito pu solo dire di ignorarlo del tutto (v. 13a). Infatti
Ges non si era dato a conoscere, e si era allontanato dal posto (v. 13b).
Ma solo per ritrovare il suo guarito, che era andato a rendere grazie nel
tempio. Cos gli rivolge un severo discorso: "Sei diventato sano. Non
peccare pi affinch non ti avvenga qualche cosa di peggio" (v. 14).
Il male fisico non causato dal peccato come punizione inesorabile,
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381
b) Ar i1,19-30
Prosegue la lettura degli Atti. La presente pericope narra le vicende
iniziali della Chiesa di Antiochia. Questa sar in seguito la principale
stazione missionaria apostolica; da essa partiranno gli Apostoli, Pietro
per Roma, Paolo per l'Occidente e per Roma, Tommaso per l'Oriente.
La persecuzione contro la Comunit di Gerusalemme, con la morte
di Stefano (At 6,6 - 8,3) provoca la dispersione del gruppo del Protomartire; alcuni compagni di Stefano si spingono lungo la Fenicia (attuale Siria) e qualcuno sbarca a Cipro, altri proseguono per Antiochia,
capitale della diocesi civile dell'Oriente. L'evangelizzazione di questi
finora riservata, secondo il sapiente metodo apostolico, ai soli Ebrei
(v. 19). Il disegno chiaro, ed quello stesso di Cristo, che voleva fare
degli Ebrei suoi fratelli i missionari del Regno escatologico. Ora, il Signore per s rest solo con i Dodici ed un gruppo ristretto. Invece gli
Apostoli, nonostante le polemiche, trovano un grande successo. Questo
era stato preannunciato dal Signore, quando aveva promesso: "Amen,
amen, Io parlo a voi: il credente in Me le opere che Io compio anche
egli compir, e pi grandi di quelle compir, poich Io vado al Padre"
(Gv 14,12). La Resurrezione-Ascensione-Pentecoste l'origine delle
grandi opere missionarie degli Apostoli.
Cos alcuni fedeli della diaspora ebraica di Cipro e di Cirene, spinti
dallo Spirito Santo, giungono ad Antiochia e vi evangelizzano "il Signore Ges", titolo principale di Cristo, ed antichissima formula battesimale (cf. sopra), anche agli Hellenes, "Greci", ma nella terminologia
biblica, i "pagani" per eccellenza (v. 20). La spiegazione ovvia: "la
Mano del Signore", ossia lo Spirito Santo (cf. Mt 12,28;Le 11,20, etc.),
stava con essi, perci si converte al Signore "un ingente numero" di
credenti (v. 21).
La notizia suona come sorprendente per la Comunit Madre, quella
giudeo-cristiana di Gerusalemme, che vigila su tutte le Comunit. Perci Barnaba inviato come ispettore ad Antiochia (v. 22).
Qui avviene l'insolito, rispetto alla prassi missionaria corrente. Barnaba, uomo di Dio, Ebreo cipriota, di nome Giuseppe ma detto dagli
Apostoli in aramaico bar-nahm ', "figlio della consolazione" per la sua
bont e generosit (cf. At 4,36-37), constata sul luogo che anche sui pagani effusa "la Grazia di Dio", e ne gioisce, e cos conferma la missione come sta, anzi si da ad esortare nella perseveranza nel Signore (v.
23). Luca qui tesse il suo elogio: "poich era uomo buono e pieno di
Spirito Santo e di fede". La folla dei fedeli perci aderisce numerosa al
Signore (v. 24).
Non solo. Barnaba si ricorda di Saul, che sar poi Paolo, che si era
ritirato a Tarso in Cilicia (cf. At 9,30; Gal 2,11), lo va a cercare (v. 25),
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COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
e lo convince a venire nel nuovo campo d'azione, cos pieno di promesse e prospettive, Antiochia, dove per un anno intero evangelizzano
ed insegnano alle folle convertite (v. 26ab).
E qui avviene un fatto che avr immani ripercussioni fino a noi. Antiochia ormai vede una compatta comunit cristiana di Ebrei e di pagani. Ivi per ufficio risiedeva l'amministrazione civile e militare romana,
con una forte colonia di Italici, da cui proverr S. Ignazio d'Antiochia
(Ignatius nome romano), forse Luca (Luks, per Lucius!); e del resto
da Antiochia sar anche spedita l'epistola agli Ebrei, con l'espressione
di Ebr 14,24b: Vi salutano quelli "dall'Italia", che allude a quella colonia. Il nucleo duro del paganesimo romano ed italico vede questa folla
di fedeli della strana religione di Cristo, e per la prima volta esce il
nome insolito, di beffa, di christiani, "quelli di Cristo". Ora questo
nome chiaramente latino: chrstiani, solo fonetizzato e trascritto in
greco. In buon greco, "quelli di Cristo" sarebbe christiki. Questo titolo
del disprezzo "romano" sar invece assunto e fatto proprio con fierezza
da questi padri nostri, e con fierezza sar portato dalle generazioni, come da noi oggi e sempre (v. 26c).
Antiochia per la sua importanza adesso meta di altre visite importanti. Da Gerusalemme scendono alcuni "profeti". Nel N.T. la
prophtia uno dei principali doni dello Spirito Santo (cf. 1 Cor
12,28; Efes 4,11); il suo ufficio fondamentale consiste nello spiegare le
Scritture, in pratica, allora, l'A.T., durante la sinassi eucatistica. Uno
dei profeti, Agabo, nello Spirito Santo predice la grande carestia per
tutta la terra al tempo di Claudio (a. 41-56), di cui per non si ha notizia
precisa (v. 28). Si sa che carestie nell'impero erano frequenti, e cos una
si abbatt sulla Palestina verso gli anni 46-48.
Ora avviene nella Chiesa un fatto non nuovo, ma che assume i caratteri dell'organizzazione metodica: il servizio della carit tra la Comunit, quella che si chiama "la cattolicit della Chiesa". La quale lo
scambio illimitato fraterno di beni spirituali e materiali, di persone e di
esperienze, tra tutte le Chiese. Ad Antiochia si comincia ad organizzare
la diakonia, il servizio, non solo all'interno della Comunit, come gi
si faceva dall'inizio (cf. At 2,41-47; 4,32-37, etc.), ma verso le altre Comunit, vicine e lontane; qui, verso le Comunit di Giudea, quelle degli
Apostoli, la Chiesa Madre (v. 29). Barnaba e Saul sono incaricati di
portare gli aiuti ai "Presbiteri", termine che indica il Collegio apostolico di Gerusalemme (v. 30).
Tale esperienza perci l'inizio di una lunga ed ancora attiva vicenda. Infatti Paolo in seguito tra le sue Comunit provenienti tutte dal paganesimo organizzer le logieiai, le "collette" per i poveri di Gerusalemme. Il metodo raccogliere di Domenica, durante la celebrazione
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COMMENTO - IL PENTKOSTRION
taria, e, secondo una pratica scellerata che esiste ancora oggi, deportando
la popolazione per ricolonizzare quelle terre con altri deportati da
remote regioni orientali, in genere popolazioni pagane. Cos mentre gli
Ebrei settentrionali sono dispersi per le sterminate solitudini, ancora
oggi desertiche, dell'impero assiro, da l erano state introdotte forzatamente quelle popolazioni per mischiarle ai residui nuclei ebraici, quelli
della bassa popolazione, per denaturarla anzitutto demoralizzandola e
deculturandola. Della dispersione parla il libro di Tobia. Della preoccupazione per la catastrofe dei fratelli settentrionali parlano diversi Profeti del regno meridionale; approfittando degli interregni assiri e babilonesi, i re di Giuda avevano anche riconquistato parte del territorio
d'Israele, inviando sacerdoti e missionari, e questo fino a Giosia, che
aveva anche indetto, tra le riforme religiose, una "pasqua ecumenica"
per radunare tutti gli Ebrei credenti a Gerusalemme (cf. 4 Re (= 2 Re)
23,21-23, ma anche 23,1-22.24-27). I risultati non sembrano essere
stati di molto spessore.
Infatti la crisi del tempo di Esra e Nehemia (datazione incerta, comunque fine sec. 6 - met sec. 5 a.C.) indicativa. La ricostituzione
dell'assise della nazione avviene con scelte drastiche: la purezza della
religione, che travolge un crudo problema, quello che ogni nazione
aveva la sua fede; fuori d'Israele non esiste la fede israelitica. Nel territorio del settentrione, l'antico regno d'Israele, le popolazioni pagane
deportate avevano portato la loro "cultura" che comprendeva anzitutto
la loro religione; con gli Israeliti restati e perci non deportati, di necessit si era stabilito un ambiente culturale misto, con compromessi
cultuali e sociali, che in religione si chiamano sincretismo. Inoltre, leggendo Dt 27,12-13 in modo tendenzioso contro gli Ebrei, i Samaritani
rivendicavano il loro centro, il Monte Garizim, come l'unico luogo del
culto vero, perch da qui Mos avrebbe fatto partire le benedizioni al
popolo fedele, mentre sull'Ebal, assegnato agli Ebrei (ma il testo non
dice cos), sarebbero partite le maledizioni sul popolo infedele. Cos i
Samaritani tenacemente aveva costruito sul Garizim anche un tempio al
Dio Vero, fatto che non avevano osato neppure i potenti re d'Israele.
Lo scontro fu sordo o aperto. Gli Ebrei respinsero i Samaritani dalla
loro assemblea liturgica postesilica, e consideravano questi antichi
"fratelli" come semi-idolatri e non affidabili; cf. Eccli 50,17-28: "L'anima mia aborre due nazioni, e una terza che neppure nazione, gli
abitanti di Seir (Idumei) e di Filistea, ed il popolo insensato che abita
Sichem"... Ma fu scontro permanente, anche di guerre e guerriglie, fino
addirittura al tempo di Giustiniano (met del sec. 6).
Questa lunga digressione serve ad inquadrare meglio l'audacia del
Signore di affrontare una "donna ed in pi Samaritana", e la sorpresa
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COMMENTO - IL PENTKOSTARION
COMMENTO - IL PENTEKOSTAR1ON
fame ed ancora sete (Eccli 24,29; testo della Vulgata, il solo integro). Il
che significa che il Signore vuole prolungare il desiderio di "assimilare" simbolicamente la Sapienza divina, in attesa di altro. E l'altro viene
quando con vera profezia il Signore annuncia il ritorno dall'esilio, nel
perdono largo, quando il Pastore divino guider il suo popolo come il
suo gregge diletto alle Fonti dell'Acqua, ed allora i fedeli non avranno
pi fame n sete n arsura di sole (Is 49,10). Ancora una volta VApocalisse descrive questa realizzazione che diventa condizione eterna, con
l'Agnello Risorto che guida in eterno i redenti a quella Fonte (Ap 7,16,
che cita Is 49,10).
Il Signore stesso per annuncia questo prodigio finale: chi viene a
Lui, la Sapienza divina incarnata, non avr pi fame n sete (Gv
6,35), poich la sua Carne ed il Sangue conducono alla resurrezione
(Gv 6,53-58).
La seconda parte del preannuncio alla Samaritana richiama l'ultimo
testo qui citato. L'Acqua donata diventa nel fedele che ne beve "fonte
dell'Acqua che zampilla (portando) verso la Vita eterna" (v. 14b). I Padri, almeno da Origene che ne fece un pilone della sua antropologia
spirituale, ebbero molto caro questo testo. Il vero "gnostico", ossia chi
ha accettato la Sapienza divina, diventa a sua volta "fonte". Questo
port a leggere il parallelo Gv 7,37-39 gi dal sec. 3 con una distorsione, riflessa dall'odierna punteggiatura errata del testo, che va letto cos:
"Chi ha sete venga a Me, e beva chi crede in Me", con una bellissima
forma chiastica; "come parl la Scrittura: Fiumi dal seno di Lui scorreranno di Acqua Vivente". "Lui" il Signore, come spiega il seguito:
dopo la Resurrezione doner lo Spirito Santo, ma a partire da Lui. Il fedele non una "fonte autonoma", che innescata possa funzionare da
sola. Gv 4,14b va letto perci con 7,38.
La donna ancora non comprende, e chiede questa strana "acqua dissetante in perennit", anche per evitare la fatica di venire sempre ad attingerla (v. 15). Non va colpevolizzata. Anche altri chiederanno, e sono
Ebrei, il "pane sfamante in perennit" (Gv 6,34), ancora non comprendendo che "Lui, il Pane Vivente disceso dal cielo".
Inopinatamente Ges con 3 imperativi ordina alla donna di andare a
chiamare il marito e di tornare subito (v. 16). E questa gli replica di
"non avere marito" (v. 17a). Ges severamente la riprende: certo, ha
detto bene (v. 17b), ne ha avuti gi cinque, di mariti, e adesso convive
con un uomo che non ha sposato (v. 18). Vecchi commenti qui trovavano
il simbolico: la Samaritana sarebbe il suo stesso popolo, che aveva
avuto i Cinque Libri di Mos, una volta, ma adesso li aveva abbandonati per una "legge" senza alleanza. Va tenuto il contenuto reale: Ges
sta sollecitando la fede della donna, richiamandola alla responsabilit
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COMMENTO -ILPENTKOSTRION
L'idoneit a questo avviene nel santo battesimo: Gai 4,6; Rom 8,15.
Tale idoneit "illuminazione" incancellabile e funzione perenne: nello
"Spirito eterno" (Ebr 9,14), nella Verit eterna.
La Samaritana qui si sente travolta, ed arretra nel suo campo. Ella
professa la fede messianica comune con gli Ebrei: "So che viene il
Messias quando viene lui, annuncer a noi tutto" (v. 25). Il termine
Messias trascrizione dell'aramaico Msh', dall'ebraico biblico
Msih; i Samaritani come gli Ebrei infatti parlavano aramaico. Cos
Giovanni inserisce "chiamato Christs", ossia l'Unto, per far comprendere ai lettori. Ma quale "messia" attendevano i Samaritani? Le speranze erano concentrate per essi nel Pentateuco; il "venire" detto l del
Profeta, che parla la Parola divina (Dt 18,18), che cos completa la Rivelazione; poi la Samaritana esprime il dubbio che sia proprio Ges
che le ha "detto tutto" (v. 29). I Samaritani vedevano e vedono nel
Messia la non chiara figura del Taheb, il loro redentore atteso, qui discostandosi dall'attesa ebraica del tempo di Ges e successiva.
Comunque la donna sincera. Per cui Ges pu assicurarle: "Io sono". Precisando: "il parlante a te". L'"Io sono" la celebre formula eg
eimi ricorrente in Giovanni gi nel Prologo: "II Dio Monogenito ho n,
il Sussistente, nel Seno del Padre" (Gv 1,18b). Essa non altro che Es
3,14: "Io sono Colui che sono", o anche "Colui che ", serrata da presso
con quel verbo hqjh, "essere" nel senso forte in ebraico, che diventa il
Nome-Verbo indicibile IHVH, in greco sempre tradotto con ho Kyrios,
"il Signore Dio", l'Eterno. In sostanza al v. 26 Ges sta dicendo: "Io, il
Signore, che sto parlando a te, sono anche il Messia" atteso.
La parola talmente inaudita che la Samaritana tace. Giungono i discepoli dopo le compere, si meravigliano che il Maestro "parli con una
donna", anche se non osano chiedergliene conto con un "che cerchi" da
lei, o "perch parli con quella" (v. 27). La donna invece lascia l'anfora
e corre al villaggio e cerca aiuto dagli uomini (v. 28), esprimendo il
dubbio che quello sia il Messia, poich le aveva "detto tutto" il suo
operato non proprio irreprensibile (vv. 16-18), noto solo ai paesani (v.
30). Altri dubbi verranno anche dopo (7,26; cf. Mt 12,23).
Avviene una scena decisiva: quelle persone, anche le donne, forse,
corrono da Ges (v. 31). Il movimento sar annotato al v. 35.
Intanto avviene il colloquio serrato tra Ges e i discepoli, che non
possono ancora comprendere. Essi sono preoccupati che il Signore,
Rabbi, il Maestro, mangi (v. 31), ma ricevono la replica: "Io un cibo
possiedo da mangiare". Essi non possono saperlo ancora (v. 32), tanto
che credono che altri Lo abbiano rifornito (v. 33). Ges non si cura delle loro allusioni e prosegue: "Cibo mio fare la Volont del mio Inviante e completo l'opera di Lui" (v. 34). una riaffermazione poi con394
tinua: 5,30; 6,38; 14,31 sulla Volont paterna; 5,36; 9,4; 17,4 (cf. Le
2,49), sull'opera paterna. E si sa che Volont ed opera sono la Croce
per la Vita eterna da donare agli uomini.
Volont ed opera tuttavia sono cominciate ad essere eseguite. Ora, i
discepoli guardando i campi stimano che entro 4 mesi si possa mietere.
normale. Ma Ges annuncia il prodigio con la formula solita: "Ido,
Ecco, Io parlo a voi". Il contenuto del prodigio iniziale ma visibile:
"Alzate gli occhi e guardate!" In Is 40,26 ricorre il medesimo imperativo, che obbliga considerare Chi cre i cieli stellati. Qui l'imperativo riguarda "le regioni", i terreni intorno: "poich sono bianchi per la mietitura gi" vicina (v. 35). Non dice "biondeggiano", il che rimanderebbe
al grano e all'orzo maturi e pronti al raccolto. Ma "le regioni sono bianche" perch Ges e i suoi stanno nel fondovalle, e stanno accorrendo a
Lui i Samaritani, che erano, come sono, vestiti di lunghi abiti bianchi.
Il Disegno divino riguarda gli Ebrei, anzitutto, certo, ma anche i Samaritani, e tanti altri. Ora, Ges sta profeticamente alludendo all'Evangelo
che sar portato ai Samaritani, con grandi conversioni di "msse matura
e pronta al raccolto". Lo descrive Luca in At 8,5-24. Filippo, un diacono dei Sette (At 6,5, essi erano anche apostoli e missionari al servizio
dell'Evangelo) si reca in Samaria e "annuncia Cristo", operando conversioni e miracoli (vv. 5-8). Allora vengono Pietro e Giovanni e ai battezzati impongono le mani donando lo Spirito Santo, la terza Pentecoste
(vv. 14-17). Cos da Samaria vennero molti fedeli, e tra questi anche S.
Giustino Martire (a. 155). Pietro e Giovanni stanno presenti, ascoltano
queste parole, poi le vedranno realizzate.
Ges per ammonisce gi adesso contro ogni presunzione. I futuri
mietitori riceveranno la ricompensa, raccogliendo il frutto per la Vita
eterna, e sar gioia dall'inizio alla fine dell'opera, dal Seminatore ai
mietitori (v. 36). Ma il proverbio gi lo dice: sono due opere diverse
(v. 37). Ges il Seminatore (cf. poi Mt 13,3, e par., la parabola relativa), che si affatica fino alla Morte, e gi quel giorno affaticato (v. 6);
i discepoli subentreranno solo a questa pena quotidiana (v. 38); gi
Giobbe lo aveva detto (Giob 31,8). Ogni presunzione dunque va repressa. L'Operaio divino Lui. Gli altri sono collaboratori. E "servi
inutili" (Le 17,10).
Ed ecco l'inizio. Molti Samaritani credono in Ges intanto sulla testimonianza della Samaritana che rifer la straordinaria conoscenza che
Egli aveva della sua infelice condizione (v. 39). Tuttavia si accostano a
Lui, gli chiedono di restare con essi, e Ges resta due giorni l (v. 40).
E per soprattutto credono in Lui per la sua Parola (v. 41), che raggiunge i loro cuori ed i loro intelletti. Cos alla Samaritana assicurano che la
sua parola non era stata se non un preavviso poco convincente, solo
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COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
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COMMENTO - IL PENTEKOSTAR1ON
stazione in territorio europeo, la cui Comunit fu verso l'Apostolo fondatore particolarmente fedele e generosa, del resto prediletta e molto
amata e vantata da Paolo stesso. Egli adesso si sta recando a pregare
con la Comunit, nel luogo stabilito. Lo incontra una giovane schiava
dotata di poteri paranormali, dello "spirito di pitonessa", ossia di indovina dietro incantesimi; questo procurava ai padroni molto guadagno
(v. 16), poich la credulit umana stata ed sempre illimitata e scervellata. Non a caso oggi si moltiplicano oroscopi, indovini, maghi, incantatori. La giovane schiamazza dietro Paolo, dicendo anche il giusto:
l'Apostolo e i suoi sono chiamati "servi dell'Altissimo Dio", annunciatori della "via della salvezza" (v. 17). Titoli veri, ineccepibili, intuiti per
via diabolica dalla giovane, tuttavia proclamati per ridicolizzare l'opera
apostolica. Paolo esorcizza la giovane, anzi "lo spirito" impuro che sta
in lei, "nel Nome di Ges Cristo", e lo spirito si dilegua (v. 18). Perci
la giovane ridiventa normale e i padroni perdono il guadagno, cos da
rifarsi contro Paolo, portandolo di fronte al magistrato (v. 19), in giudizio pubblico per danno emergente e lucro cessante, come si dice. L'accusa faziosa e grave. Per la legge romana e greca, culti nuovi non potevano essere introdotti senza l'autorizzazione delle autorit preposte, il
senato romano, e l'Areopago greco. Ora Paolo ed i suoi sono accusati
di essere Ebrei ed innovatori religiosi, quindi da respingere e condannare (vv. 10-21). Sollevatasi la folla, i magistrati ordinano di flagellare
gli accusati, come prima punizione, e di carcerarli in attesa di processo,
che prevedeva per questi reati la pena di morte (vv. 22-24).
In prigione si manifesta per l'assistenza divina. Paolo e Sila pregano a mezzanotte, inneggiando a Dio con i Salmi, davanti ai carcerati (v.
25); all'improvviso si scatena il terremoto che schianta la prigione e le
catene (v. 26). Il carceriere disperato, credendo alla fuga dei prigionieri,
che gli avrebbe comportato la morte, tenta il suicidio (v. 27), ma Paolo
10 rassicura della presenza di tutti (v. 28).
Avviene l'inaspettato. Il carceriere, commosso di fronte alla fede e
alla certezza di Paolo e Sila, scosso dal timore (v. 28), chiede quale sia
la via della salvezza (v. 29). E Paolo gliela indica: "Credi nel Signore
Ges e sarai salvato tu e la casa tua" (v. 3la). Poi amministra a lui
insieme ai suoi familiari una catechesi, "la Parola del Signore" (v. 32).
11 carceriere cura le piaghe della flagellazione a Paolo e Sila, e subito
"fu battezzato lui e tutti i suoi" (v. 33). Poi a casa sua li riceve in convi
to, nella gioia di avere creduto in Dio con tutta la sua casa (v. 34).
Si di fronte al fatto iniziale della Chiesa. In un luogo, Filippi, un
uomo e l'intera sua famiglia credono nel Signore Ges, ed in Lui si fa
battezzare. costituita cos di fondazione divina la "Chiesa domestica". Quando in quel luogo esisteranno diverse "Chiese domestiche",
l'Apostolo potr inviare un discepolo, che ne sar il capo, il futuro Ve398
scovo: cos fondata la Chiesa locale, risultanza felice di diverse piccole Chiese. Il fenomeno conosciuto gi da Giovanni durante la Vita
pubblica del Signore (Gv 4,53). E naturalmente, nella storia della Chiesa primitiva, pi volte in Atti, oltre qui: 11,14; 16,15; 18,8. Queste
realt dovrebbero essere oggi riconsiderate di fronte al fenomeno macroscropico della "crisi della Chiesa". In realt, non in crisi "la Chiesa", la Sposa diletta, bens le famiglie cristiane, che ignorano, o vi hanno rinunciato del tutto, la loro funzione di "piccole Chiese domestiche", le cellule vive fondamentali della Chiesa locale. Da qui viene anche la crisi delle vocazioni, e la crisi della societ, che non subisce pi
il benefico influsso del lievito della famiglia cristiana.
6. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 88,2.3, "Salmo regale"
II Salmista qui rappresenta tutto il popolo, che si pone di fronte al
Signore per memorare i fatti antichi della scelta di David e dell'alleanza regale in favore del popolo. Egli esordisce cantando le misericordie
divine da adesso all'eternit, la sua bocca vuole annunciare la fedelt
divina; e riafferma (Stichos, v. 3) che la misericordia fondata per l'eternit, e la fedelt divina sta per sempre preparata nei cieli.
b) Gv 9,1-38
Nei cap. 7-10 l'Evangelista raccoglie e ordina un imponente blocco
di insegnamenti del Signore mentre sta a Gerusalemme, in occasione
della "festa grande", le Capanne (o Tende o Tabernacoli, ma pi propriamente i "Frascati", le capanne essendo coperte di rami). L Ges rivela di essere il vero Protagonista dei temi di quella festa venerata: Donatore dell'Acqua della Vita, lo Spirito Santo (Gv 7,37-39; vedi la Pentecoste, infra), e la Luce del mondo (Gv 8,12, anche per questo, vedi la
Pentecoste). E come Luce del mondo compie anche un fatto prodigioso, il miracolo della guarigione del cieco dalla nascita. Nell'ordine di
Giovanni, questo il 6 dei 7 "segni" che preparano al Segno della Resurrezione, ed intanto per ne anticipano la potenza irresistibile. Gli altri sono Cana, la guarigione del figlio dell'ufficiale regio, la guarigione
del paralitico alla piscina probatica, la moltiplicazione dei pani e dei
pesci, il cammino sulle acque del lago, e finalmente la resurrezione di
Lazzaro (cf. Gv 2,1-12; 4,46a-54; 5,1-16; 6,1-13; 6,16-21; 11,1-45).
L'esordio della narrazione esemplato sui resoconti delle "vocazioni" del Signore, con i 3 verbi tipici: passa, guarda, chiama. Cos Ges
nell'andare vede un uomo cieco dalla nascita (v. 1). Il N.T. riferisce le
malattie congenite spesso, poich allora, come ancora oggi, purtroppo
l'infelicit corporale era una conseguenza di natura biologica. Questa
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COMMENTO - IL PENTKOSTAR1ON
oggi studiata dalla genetica con straordinarie scoperte, che tenderebbero altres a trovare i rimedi di "ingegneria" agente sul pi profondo
del gene umano, con conseguenze anche morali che lasciano presagire
molti lati minacciosi per la persona umana. Comunque, il N.T. narra
del paralitico dalla nascita, su cui il Signore esercita il 3 "segno"; e
poi di altri ciechi, sordi e muti guariti. Anche gli Apostoli hanno a che
fare con disgrazie simili, e cos Pietro con il povero storpio alla Porta
bella del tempio (At 3,1-2), e Paolo con un confratello di questo a Listri (At 14,8).
Va richiamato che con la consacrazione battesimale dello Spirito
Santo per la missione messianica, il Padre invia il Figlio ad operare la
Leitourgia triadica, che consiste nell'annuncio dell'Evangelo e la sua
dottrina, nelle "opere del Regno" che sono i "segni" potenti come questo, e nel culto al Padre "nello Spirito e nella Verit-Cristo". Giovanni
confida che il suo lettore conosca bene i Sinottici, i quali insistono che
Evangelo, opere della carit e culto divino strappano al "regno di satana" il suo potere deterrente sugli uomini, che li porta alla morte duplice, fisica e spirituale.
Una terrificante calamit come la cecit, e fin dalla nascita, solleva
problemi medici, sociali, assistenziali e morali. In tutte le culture e religioni facile il collegamento tra una disgrazia, come una malattia, e
la collera divina per un peccato, cos per punito. E una parola del Signore sembra concedere questo, poich al paralitico guarito da l'ammonizione: "Non peccare pi, acche non ti avvenga il peggio" (Gv 5,
14), ma chiaro che il contenuto la morte spirituale, "il peggio"; non
una punizione fisica.
La Scrittura conosce bene il problema. Vi si riscontrano le due tendenze: il bene anche sanit fisica, e cos il sapiente (Salomone?) afferma che poich era buono nacque in un corpo immacolato (Sap 8,20);
e al contrario, il male anche causa di punizione fisica, e questo credeva la tendenza popolare moralistica. I discepoli del Signore infatti Lo
interrogano se quello cieco per avere peccato (ma prima di nascere?),
o perch peccarono i genitori (Gv 9,2).
Ora, questa la lettura accomodatizia di passi della Scrittura ben conosciuti, come Es 20,5: il Signore non ammette la fornicazione idolololatrica, essendo il "Dio geloso", che punisce questa iniquit nei padri
sui figli "fino alla terza e quarta generazione". A parte che tale espressione indica un tempo breve, medicinale, il seguito del testo dice: "Tuttavia, Io sono clemente fino alla millesima generazione verso quanti Mi
amano" (Es 20,6), il che indica tempo illimitato. E cos ripete a Mos
(Es 34,7, invertendo l'ordine dlie due sanzioni). Esiste inoltre una fitta
tradizione profetica sul fatto che il Signore punisce solo il peccatore, e
limitatamente al suo peccato: "In quei giorni (gli ultimi) non si dir pi:
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I padri mangiarono l'uva agresta, e i denti dei figli sono restati allegati ma ciascuno morr per la sua trasgressione, chiunque mangia
l'uva agresta avr i denti allegati!" (Ger 31,29-38). Fedele discepolo
di Geremia, il grande Ezechiele torna sul tema e lo sviluppa a pi riprese: Ez 3,16-21; per l'intero cap. 18. La colpa solo individuale, il
fratello dovr operare la correzione fraterna, ma nulla pu subire dal
comportamento ostinato del fratello. E la conclusione ferma che il
Signore non vuole la morte dell'iniquo, bens che si con verta e viva:
z 18,23.32, e gi 3,18.
Tale soluzione anche sapienzale: Eccli 11,14; Sap 1,13; 12,24;
12,19.
quella di Cristo Signore. E del N.T.: 1 Tim 2,4.6; 2 Pt 3,5.
La domanda sui genitori dunque impostata male, ed la pi pericolosa. N i discepoli possono basarsi sul Sai 50,7, in quel terribile
"Ecco infatti nell'iniquit fui concepito, e nei peccati partor me la madre mia", poich qui l'Orante, sotto l'influsso di Geremia e di Ezechiele, mostra precisamente che il "suo" peccato, che chiama anmma,
hamartia, attornia, di cui si sente responsabile personale fino all'abisso
della sua anima dolorante, viene solo dall'inclinazione ricevuta dai genitori, ossia vuole dire: siamo tutti peccatori, ma io di pi. Si tratta di
problematica spirituale. L'Orante non afflitto da male fisico o spirituale che sarebbe derivato dal "peccato" dei genitori.
E cos il Signore risponde proprio su questa direzione: il povero cieco non punito da un "dio ragioniere spietato" con il suo flagello, n i
genitori suoi sono la causa di esso. Ma il male fisico avvenuto per
cause naturali, e per adesso si debbono manifestare in tale occasione
le opere del Padre (v. 3). Questo aveva gi notificato ai discepoli dopo
l'incontro con la Samaritana (Gv 4,34; vedi Domenica della Samaritana). E prima ancora, aveva ammonito Giovanni a battezzarlo, al fine
che fosse operata "l'intera divina Giustizia" (Mt 3,15), ossia il Disegno
divino ormai nell'ultima esecuzione, ma quale precisa Volont del Padre. E come il Figlio si fece umile "Angelo del Grande Consiglio" (Is
9,6, LXX; spesso tema giovanneo) per annunciare il Disegno paterno,
cos si fece anche umile, fermo e fidente, efficace Operaio del Padre. Il
Signore gi ha spiegato questo minuziosamente: il Figlio nulla opera da
s, ma vede ed opera secondo quanto il Padre intende e gli mostra, fino
all'opera maggiore e finale, la resurrezione dei morti ed il Giudizio (Gv
5,19-31), dietro l'esplicita autorevole testimonianza del Padre stesso
(Gv 5,36-38). Inoltre, Ges ha proclamato il perenne operare del Padre,
che non conosce pause, e perci anche il Figlio lavora per il Padre in
perfetta sintonia e sincronia di intenti (Gv 5,17).
Eppure, una terrificante pausa in quest'Opera dell'umana salvezza
esiste. Ges in questo "manifestarsi dell'Opera" del Padre (9,3b) vede
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COMMENTO - IL PENTKOSTRION
un'urgenza pressante: deve eseguirla Lui, certo, per obbedire al suo Inviante, e tuttavia "finch giorno" (v. 4a). Ora, il "giorno" di 12 ore,
dall'alba al tramonto; quando si vede la luce, si procede e non si trovano ostacoli (11,9). Qui perci occorre camminare, operare e produrre
frutti buoni, quando la Luce ancora assiste, la Luce nella quale occorre
credere, per diventare "figli della Luce" (12,35-36). La Tradizione apostolica conosce queste parole del Signore, e Paolo esorta ad operare il
bene verso tutti, massimamente verso i "domestici della fede", i fratelli
quante volte curiamo i lontani, volutamente trascurando i familiari,
e spesso per odio contro i familiari, come stanno mostrando l'azione
caritativa moderna, l'azione ecumenica ; ma questo, "mentre ancora
abbiamo il tempo" (Gai 6,10); l'Apostolo esorta a fare presto, ad armarsi delle armi della Luce, mentre la notte scivola via e viene il giorno (Rom 13,12).
"Viene la notte, quando nessuno pu lavorare", prosegue Ges (Gv
9,4b). La lotta si iniziata quando il dominio della notte-tenebra sembrava incontrastato, ed invece irrompe la Luce-Giorno senza tramonto.
Non che la notte-tenebra, nel suo odio ottuso e mortale, ceda subito il
campo; essa un "regno", quello di satana e della menzogna (Gv 10,4344), che sistema tutto, uomini e "cose", a suo arbitrio, in modo che non
si "lavori, ergzomaF in favore di Dio, che invece opera solo in favore
degli uomini. A sua volta, la "notte", che morte, ha un sussulto finale.
Come il Grande Drago dell''Apocalisse (Ap 12,13-18, nella lotta contro
la Donna, la Chiesa dei Santi), il quale bens destinato a fallire nello
scopo primario, uccidere Dio nel Figlio, ma ha strascichi di rovina fino
alla fine del mondo. Ed ecco l'irruzione della "notte": satana entra nel
cuore di Giuda, che prende dal Maestro il "boccone" ed "esce subito: ed
era notte" (Gv 13,27-30). L'annotazione lapidaria agghiacciante. Comincia la Passione santa, la Notte contro il Giorno, lotta impossibile eppure svolta tutta, fino all'ultima goccia del Sangue prezioso. Qui "l'Opera del Padre" non pu proseguire, e non per la Notte, ma perch qui
precisamente il Giorno ha vinto quando si leva la Luce della Resurrezione. In questa Luce, divina e perenne, i discepoli dovranno a loro volta
"operare" peril Padre collaborando con il Figlio, senza pi arrestarsi,
non temendo la Notte, ma neppure cedendo ad essa, mai.
Il Signore "la Luce del mondo" (cf. anche 8,12) finch sta presente
al mondo (v. 5). Principio Verbo Dio Luce Creatore (Gv 1,1-4.9). "Finch sto nel mondo": perch, poi lo abbandona al suo destino? No, come
preciser in seguito, star sempre nel mondo, poich i suoi discepoli a
loro volta saranno i "figli della Luce" (12,35-36, vedi sopra), che dovranno essere essi stessi "la luce del mondo", il sale della terra, dovranno proseguire l'Opera del Padre nel Figlio nel mondo, e cos gli uomini
daranno gloria al Padre celeste (Mt 5,13-16).
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COMMENTO - IL PENTKOSTRION
dall'assemblea liturgica, che la vera assise del popolo di Dio. Esso risuona molte volte nel N.T. (Gv 12,42; 16,2; Le 6,22, oltre ai testi gi citati qui sopra), e produrr due tristi fenomeni, da una parte l'adesione a
Cristo Signore "di nascosto", come Nicodemo, che va di notte a visitare il Rabbi (Gv 3,2), ma poi si fa ampiamente confessante (Gv 19,3942); dall'altra, quando la paura vince, l'adesione al Signore rifiutata,
anche se a malincuore.
Il guarito perci sottoposto a nuova indagine, con la formula temibile: "Da gloria a Dio!". Questa preludeva ad un giudizio severo (Gios
7,11, concluso con la condanna a morte); talvolta era pronunciata sotto
una punizione divina (come i Filistei, 1 Re (= 1 Sam) 6,5); talvolta atteggiamento esigito dal Signore di fronte a gravi colpe (Mal 2,2), fino
alla punizione finale (al rifiuto del re Erode, At 12,23). Da parte degli
accusatori, una costituzione in giudizio, usata come minaccia. Infatti
questi aggiungono di sapere che il Guaritore un peccatore (v. 24, cf.
v. 16). Il guarito per non si fa intimidire, e mentre nega di sapere che
quello sia peccatore, afferma per di essere stato guarito da lui (v. 25).
Gli interrogatori incrociati tendono a far cadere l'inquisito in contraddizioni gravi, e cos viene "di nuovo" la domanda sul fatto: "che
oper a te?", e sul modo: "come apr i tuoi occhi?" (v. 26). Il guarito
non per nulla impressionato, conscio del bene ricevuto, e contrattacca: ha gi detto tutto, non stato creduto. E passa anche all'ironia: volete pi informazioni per farvi discepoli di quello? (v. 37). Gli inquisitoli si adirano, accusandolo: "Tu, sei discepolo di quello!", rivendicando per loro stessi il discepolato di Mos (v. 28). il punto debole dell'argomentazione, poich Ges gi aveva affermato: Mos vi accusa, se
credete a lui, dovete credere anche a Me, poich Mos scrisse di Me!
(5,45-46). Ora quelli dicono di conoscere Mos come il recettore della
divina Parola, mentre di Ges neppure sanno "da dove" (v. 29). Anche questo per Ges aveva spiegato: Lui sa donde viene e dove va,
mentre quelli vogliono ignorarlo (8,14).
Le parole sono qui dette al guarito per "ingiuriarlo" (v. 28a). E di
nuovo questo attacca: non sapete da dove , eppure mi apr gli occhi,
"in questo infatti sta il meraviglioso" (v. 30), che dovrebbe aprire gli
occhi a quelli. La coraggiosa affermazione prosegue con un'aperta confessione di fede: il Signore esaudisce chi ha il timore di Dio, e giunge
ad eseguirne i desideri operando per lui ogni bene (v. 31b). la perfetta
dottrina biblica, tante volte riaffermata nell'A.T. (Sai 33,16; Prov
15,29) e nel N.T. (At 10,35; Giac 5,16). Al contrario, il Signore disattende i peccatori (Giob 27,9, Sai 65, 18; Prov 28,9; Is 1,15), non potendo seguire la loro volont di male (v. 3la). La riprova che nessuno
mai apr gli occhi di un cieco (v. 32) se non fosse da Dio (v. 33).
Adesso gli inquirenti sono furibondi, a parole ed a fatti. Proprio uno
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COMMENTO - IL PENTEKOSTAR1ON
come te, "nato per intero" nei peccati, osa insegnare a noi! E lo cacciano via (v. 34). Si chiude il cerchio. Gli accusatori stanno sulle posizioni
iniziali dei discepoli di Ges, come si vede dalla loro domanda imprudente sul cieco nato (v. 2), stroncata dal Signore (v. 3). Ma i pregiudizi
popolari, che nel popolo di Dio provengono da letture false della Rivelazione, sono tenaci. Anche su questo oggi noi siamo chiamati ad esaminarci.
Ges viene a sapere di quell'espulsione, si fa incontro al guarito e lo
interroga sulla fede, che del resto questi aveva gi espresso in forma
quasi anonima: "Tu, credi nel Figlio di Dio?" (v. 35). Cos offre il criterio di identificazione sul Soggetto da credere, come un'offerta salutare.
Altre volte torna questo dramma, della fede incipiente che ha necessit
della base ferma. Cos avviene per il padre del ragazzo lunatico (Me
9,23-24). Per il ministro della regina d'Etiopia (At 8,34). Perci l'uomo
domanda con tensione sincera di adempimento: "E chi , Signore, affinch io creda in Lui?" (v. 36). H verbo, un futuro finale, esprime cos
la ferma volont di adesione di fede.
E il Signore adesso offre a questo figlio di Dio, amato e beneficato, i
due strumenti sovrani della fede, la visione e l'ascolto: " quello che tu
stai contemplando, e che sta parlando con te!" (v. 37). Sono quasi le
medesime parole rivolte alla Samaritana (4, 26), che per non avevano
portato la donna alla piena decisione.
Invece il guarito l'esempio magnifico della fede nata ed insieme
maturata fino all'ultimo suo effetto: "Io credo, Signore!", con la conseguenza necessaria: "e Lo ador" (v. 38).
La mistagogia battesimale ha un'altra pagina straordinaria.
Si ha la sequela completa: cecit, lavacro, illuminazione, guarigione
dal peccato, visione piena del Signore, ascolto obbediente della sua Parola, accettazione della sua Persona, fede come adesione sincera e totale, amore di adorazione. Una sequela impressionante di doni che si inseguono e che fanno crescere. Anche per una risposta ai doni, accettati
e conosciuti per quello che sono, che portano all'azione di grazie e
all'adorazione del Signore.
La Resurrezione, con la Pentecoste e l'invio degli Apostoli, porta
tutto questo al mondo degli uomini. Ma tutto questo gi si vede in azione prima della Resurrezione, con effetto anticipativo.
7. Megalinario
Di Pasqua.
7. Koinnikn
Di Pasqua.
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