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IL FOGLIO

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: LARGO CORSIA DEI SERVI 3 - 20122 - MILANO

ANNO IX NUMERO 109

Perch la Spagna fugge

Zapatero indebolisce
lOnu prima che lOnu
ingabbi lui e la sua linea
Il governo socialista punta a ottenere
alcuni obiettivi di bottega, ma rischia
di creare serie conseguenze strategiche

Il rammarico di Bush
Roma. La Spagna senza Aznar teme di
dover restare in Iraq perch potrebbe arrivare lOnu, dunque, come azione unilaterale preventiva, decide il ritiro dallIraq priANALISI

ma che lOnu arrivi. Dal suo particolare,


molto particolare, punto di vista, il premier
Jos Luis Rodriguez Zapatero, annunciando
il ritiro nel minor tempo possibile delle
truppe di Madrid, ha fatto una mossa politica azzeccata (e quasi obbligata).
Nel discorso in Parlamento, Zapatero ha
detto, il 15 aprile, che la Spagna adempir
ai suoi obblighi internazionali necessari per
la difesa della pace e della sicurezza, ma a
una condizione: che ci sia una decisione
dellOnu o di qualsiasi altra organizzazione
internazionale. Dopo pochi giorni e dopo la
decisione della Casa Bianca di sostenere liniziativa di Lakhdar Brahimi, inviato speciale dellOnu a Baghdad, per giungere a una
nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza,
Zapatero
sceglie
astutamente
una
nuova linea: Non
prevedibile che lOnu adotti una risoluzione che soddisfi le
nostre richieste.
C del vero: gli Stati
Uniti sono disposti a
cedere al Palazzo di
vetro la leadership
politica della transizione irachena, non
quella militare, anche perch lo stesso J. L. RODRGUEZ ZAPATERO
segretario generale,
Kofi Annan, ha pi volte fatto capire che lOnu non in grado di svolgere un simile ruolo, mentre la situazione nel paese sembra
deteriorarsi. Ma c anche un po di furbizia,
di ipocrisia applicata alle superiori leggi
della politica: per non finire in un vicolo cieco diplomatico che lo costringa a lasciare le
truppe in Iraq, una volta sopraggiunta la famosa svolta allOnu (sempre invocata da Zapatero), meglio, per il governo socialista,
accelerare il ritiro. E che di accelerazione si
tratti lo prova il fatto che al Palazzo di vetro
le discussioni sul testo della nuova risoluzione sono ha spiegato lambasciatore americano John Negroponte in una fase preliminare; mentre il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, si rammarica della decisione improvvisa di Madrid. Discutere si
poteva e si pu. Lo ha detto anche Annan, in
unintervista proprio allo spagnolo El Pais,
prima dellannuncio del premier socialista:
Siamo disposti a interpretare il nostro ruolo, ma la sicurezza un tema cruciale. Dobbiamo poter contare sullappoggio di tutti gli
Stati membri per portare a termine la nostra
missione. Evidentemente la risposta allOnu dellonusiano Zapatero un secco no,
non contate su Madrid, ed un no indirettamente rivolto anche a Bruxelles, visto che
il presidente Romano Prodi, due giorni fa,
incontrando linviato di Annan in Iraq, gli ha
riconfermato lappoggio della Commissione
europea.
Dopo il ripetuto niet franco-tedesco
Con 200 morti in un attentato organizzato
dal terrorismo islamico, con tre spagnoli su
quattro contrari allimpegno in Iraq, con il
niet franco-tedesco, ripetuto anche dopo
lapertura di Bush al piano Brahimi, a un
coinvolgimento diretto a Baghdad, lostinazione di Zapatero nel voler mantenere la
promessa che gli ha permesso di vincere le
elezioni era prevedibile e prevista. Laccelerazione nei tempi (dellannuncio, perch
comunque ci vorr almeno un mese prima
che si arrivi al ritiro effettivo) no. Ma questa
accelerazione permette al governo di Madrid di ottenere alcuni risultati politici, oltre alluscita dal cul de sac dellOnu: Zapatero ora sembra alla testa, non a rimorchio,
dellasse non interventista Chirac-Schroeder; il tema Iraq sar sempre pi questione
decisiva in vista delle Europee di giugno
(notava ieri un editoriale del Pais); adesso i
socialisti spagnoli dettano la linea al Partito socialista europeo. Fuori dal particolare
punto di vista politico di Madrid, la decisione spagnola pu per avere serie ripercussioni dal punto di vista strategico. LOnu
due volte ferita. In Iraq: altri paesi la Polonia pare quella pi a rischio potrebbero
essere tentati dalla via di fuga; lassunzione
da parte della comunit internazionale tutta, attraverso le Nazioni Unite, della leadership politica della transizione irachena
diventa uno scenario ancora pi improbabile. In Afghanistan: gli americani pensano
di spostare un terzo o met del loro contingente di 10 mila uomini da Kabul allIraq,
anche per sostituire gli spagnoli. Ha ragione, infine, Zapatero a dire che il governo
non vuole, non pu, agire contro la volont
degli spagnoli. Ma forse non ha nemmeno
tutti i torti Joseph Lieberman, senatore democratico (non neocon) del Connecticut,
quando spiega che si tratta di una decisione deplorevole che rischia di essere interpretata come una vittoria di bin Laden.

quotidiano

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MARTED 20 APRILE 2004 - 1

DIRETTORE GIULIANO FERRARA

La vergenza

Divisi a Baghdad

Divisi a Washington

Sinistra incerta

Cos naufraga lorgoglio


spagnolo, da sempre in bilico
tra il Cid e Sancho Panza

Tra gli americani in Iraq c chi


vuole la trattativa e chi laffondo.
Ora Bremer per la linea dura

Caos nel team Bush, Powell


e Armitage sotto tiro, i neocon
chiedono di licenziare Rumsfeld

Prodi loda Zapatero, i suoi


ne fanno lesegesi e frenano perch
tornare non come partire

hiudete a doppia mandata il sepolcro


del Cid!, aveva gridato ai suoi compaC
trioti ngel Ganivet: il profeta di quella

Baghdad. Gli americani hanno sottovalutato la reazione degli estremisti sunniti e


sciiti in Iraq. Prima del passaggio di poteri
agli iracheni del 30 giugno volevano ripulire il triangolo sunnita, infestato da guerriglieri, e si trovano ora impantanati nel sanguinoso assedio di Fallujah. Speravano, attirando allo scoperto i miliziani sciiti di
Moqtada al Sadr, di spazzarli via e invece il
religioso continua a metterli in difficolt.
La crisi in una fase di stallo e sembra
che i responsabili americani sul terreno
siano divisi e indecisi sulle prossime mosse, che variano dalle trattative al pugno di
ferro. Dopo una settimana di discreto silenzio sceso in campo Paul Bremer, il
proconsole civile degli Stati Uniti a Baghdad, schierandosi a favore della linea dura. Il futuro della democrazia irachena
messo a rischio da violente minoranze, ha
detto, insistendo: bisogna piegare la ribellione. In aprile i marine hanno perso 90 uomini, la cifra pi alta, in un solo mese, dalla conquista di Baghdad. Per lo stesso periodo stime ufficiose indicano che fra gli
iracheni le vittime siano un migliaio. Dopo
la tecnica iniziale, definita da alcuni ufficiali italiani, del bisonte, gli americani sono stati
costretti, dal dilagare delle violenze e dal patto fra ribelli
sciiti e sunniti, a consolidare le posizioni e cercare
di aprire una trattativa.
A Fallujah la tregua regge a singhiozzo, ma i guerriglieri non hanno alcuna intenzione di abbandonare la cittadina. Il tempo passa e i comandanti sul terreno sono sempre pi
impazienti di tentare il colpo di
maglio finale. A Najaf gli
americani hanno sostituito
le truppe attorno alla citt
con un minor numero di
forze fresche. Un gesto inteso come segnale di non voler attaccare il luogo santo degli sciiti. Pochi chilometri pi in l, i marine sono reduci da unaspra battaglia a Kufa, roccaforte di Sadr. Anche in questo caso sembra lontana la smobilitazione degli
estremisti sciiti dellesercito di al Mahdi richiesta dagli americani.

Washington. E stata la settimana peggiore per George Bush da quando ha liberato


lIraq dalla dittatura di Saddam Hussein, al
punto che sul Los Angeles Times di ieri s
letto che il 9 di aprile dello scorso anno lAmerica aveva vinto la guerra, mentre il 9
aprile di questanno lavrebbe persa. I fatti:
nel mese di aprile sono morti 99 soldati
americani e, nonostante le perdite, Bush
non riuscito a sedare la rivolta delle squadracce del ras a Fallujah n quella del capopopolo Moqtada al Sadr. E sembrato un
segno di debolezza chiedere una mano agli
iraniani, cio i finanziatori di gran parte del
caos iracheno, anche perch stato inutile,
come ha scritto ieri mattina il neoconservatore Michael Ledeen a proposito dellidea
avanzata dal vice di Colin Powell, Richard
Armitage. Laccordo con le Nazioni Unite
certamente un buon colpo, ma non sembra
aver convinto gli alleati a inviare truppe n
gli spagnoli a cambiare idea sul ritiro del
loro piccolo contingente. Ma c di pi. Improvvisamente si aperto un fronte interno,
dentro la stessa Amministrazione e nel partito repubblicano. La causa, scrive il
New York Times, la mancanza
di risolutezza in Iraq. Mentre
laggi lintervento civile e le azioni militari sono in corso, a Washington si indaga, tramite commissioni
dinchiesta indipendenti, sulla
guerra al terrorismo e
sui fallimenti dellintelligence. I giornali
costringono Bush a declassificare un segreto di
Stato la settimana, mentre stamattina dovr mettere a disposizione di una commissione del Senato i piani militari per sconfiggere linsorgenza irachena. In prima fila ci
saranno i senatori repubblicani. Poi c il fronte editoriale. Ogni quindici giorni un nuovo libro svela retroscena segreti sul processo decisionale interno allAmministrazione. Gli autori e le talpe provengono dalla squadra del presidente. Lunico che nel nuovo libro di Bob Woodward
fa un figurone Colin Powell, al punto che
pare abbia collaborato egli stesso con il
giornalista. Condi Rice ha smentito la notizia che Powell sia stato avvertito dei piani
militari soltanto a guerra gi decisa, e due
giorni dopo lambasciatore saudita.
Il New York Times, con David Kirkpatrick, il suo cronista addetto al mondo conservatore, ha riportato i malumori repubblicani sulle probabilit che lIraq possa
davvero diventare democratico. La National Review, storica rivista iperconservatrice, ha scritto un editoriale dal titolo: La fine di unillusione, mentre la destra reazionaria di Pat Buchanan invoca, come Zapatero, il ritiro delle truppe dallIraq.

Roma. Pure lassedio dei tabacchicoltori,


ci mancava, in una foresta di bandiere della Cgil, nellaffannosa mattinata romana di
Romano Prodi. E persino quei cartelli un
po surreali: Non mandare in fumo il nostro lavoro che per dei produttori di sigarette il massimo. Sbroglia la faccenda,
il presidente dellUe, e poi gli rimane ancora tutto da fare: linsediamento del comitato nazionale della sua lista e una valutazione su Zapatero che ritira le truppe spagnole dallIraq. Come dir poi Occhetto,
Prodi con lanima sta con Zapatero, ma c
qualche pressione su di lui da parte delle
forze che lo sostengono. E infatti Prodi copre di elogi il successore di Aznar, dato che
con la sua decisione la Spagna tornata
sulla nostra linea, e grazie ad essa la
spaccatura che aveva impedito allEuropa
di avere una linea si sta ricomponendo.
Dice forse, Prodi, che bisogna andare subito via dallIraq? Cos capiscono molti, ma
cos, dice il suo portavoce, non : Il ritiro
immediato delle truppe dallIraq non utile. Appunto, cuore e strategia. Si fa notare: Il portavoce il portavoce del presidente della Commissione europea.
Un certo imbarazzo si respirava, ieri, nei
saloni della lista Prodi a SS. Apostoli. Portato a lungo in palmo di mano dai riformisti, il lodo Zapatero di colpo diventato
appannaggio di tutta la sinistra della coalizione, Verdi e occhettiani e cossuttiani.
Tutto un carnevale, dicevano quelli del
listone passandosi di mano in mano le decine di dichiarazioni filo-zapateriste. E n
per il s n per il no, il vertice prodiano ha
deciso sostanzialmente di prendere tempo.
Da un lato il Prof. ha politicamente coperto la scelta di Zapatero (guadagnandosi i
complimenti del correntone), dallaltro lha
un po diluita nel tempo. Quanto diluita?
Piero Fassino, nel ruolo di portavoce del listone, chiede una riunione straordinaria
del Consiglio europeo, la svolta radicale
da tempo auspicata, e che Berlusconi venga in Parlamento a riferire (e uno scatenato Occhetto commenta: Siamo alla frutta).
Conclusione del segretario ds: Se dovesse
essere confermata la valutazione fatta dal
governo spagnolo occorre prendere atto e
trarre le conseguenze: disporre il ritiro del
contingente italiano. La decisione di Zapatero, per Fassino, rende pi stringente
dal punto di vista temporale la svolta. Lobiettivo, quello che Prodi ha rammentato ai
suoi e Fassino ai giornalisti: LOnu assuma
il controllo politico-militare della situazione irachena. Se ce la fa, altrimenti

Generazione del 1898 nata dalla rabbia


per la sconfitta della Spagna nella guerra
contro gli Stati Uniti, con relativa perdita
degli ultimi brandelli di quellimpero su cui
una volta non tramontava il sole. Spagna
invertebrata!, era stata nel 1921, alla vigilia
del golpe di Primo de Rivera padre, la denuncia di Jos Ortega y Gasset: il pensatore
che fece da ponte tra la Generazione del
98 e quellaltra Generazione del 27, poi
incappata nella Guerra civile.
Con la brillante transizione alla democrazia del 1977, con la hidalguia del giovane re Juan Carlos di fronte ai golpisti di
Tejero, con la rapida modernizzazione, con
la riconquista economica dellAmerica
Latina, con la costituzione del Vertice ibero-americano attorno al recuperato prestigio della madrepatria, una robusta spina
dorsale era sembrata allimprovviso spuntare, dietro ai profili forti di Felipe Gonzlez e Jos Mara Aznar. E capitalizzando il
peso crescente dellidioma spagnolo nel
mondo, sfruttando la vocazione strategica di
ponte dellUe verso lAtlantico, cogliendo
loccasione per sostituirsi nella leadership
mediterranea a unItalia intronata da tangentopoli, a Madrid aveva iniziato ad aleggiare lillusione di un ritorno ai bei tempi di
Carlo V. Cosera daltronde la Brigata Non
Plus Ultra mandata in Iraq, e integrata da
spagnoli, salvadoregni, honduregni, nicaraguensi e dominicani, se non un principio di
ricostruzione dellesercito dellImpero?
Ma se il Cid era andato allassalto dei Mori facendo legare alla sella il suo cadavere,
Don Chisciotte aveva invece sempre con s
un Sancho Panza. Fuga dallIraq appunto il titolo, da Don Chisciotte tradito, di
Abc: lo storico giornale del pi orgoglioso
establishment iberico, quello dalle cui colonne furono gridati un secolo fa i proclami
iconoclasti della Generazione del 98 e
sulle cui pagine fu costruito il laboratorio
della transizione. E il tono da 8 settembre
spagnolo. La difesa della legalit internazionale, nella versione di Zapatero, consistita nellannullare lOnu prima di provare
dove poteva arrivare il suo intervento e disprezzare qualunque possibilit di consenso dov il consenso? con i nostri alleati
e con gli altri paesi implicati nel conflitto.
E ancora, le Nazioni Unite sono state un
semplice alibi nel discorso di Zapatero. La
sua decisione rappresenta, prima di tutto,
un colpo a effetto personale, orientato realmente a blindare il suo governo contro ogni
rischio che potesse essere associato alla
presenza in Iraq. Ma il passo pi illuminante quello successivo: Dopo la minaccia di bin Laden alla Spagna e gli esempi di
fermezza offerti da Italia e Giappone, che
resistono malgrado il sequestro dei loro cittadini, la decisione del governo socialista
non pu neanche generare comprensione
fuori dalle nostre frontiere. Neanche la trover il candidato democratico, John Kerry,
con cui Rodrguez Zapatero aspirava a parlare a proposito della pace del mondo.
Chi legge Abc ha ben presente il tono di
sufficienza e velato disprezzo con cui questo organo quasi istituzionale della Hispanidad parla di noi italiani. Adesso, Abc descrive la Non Plus Ultra che scappa mentre
los italianos restano al loro posto, deve
scriverlo, e parla della pualada del picaro, lex italianissima la pugnalata alla spalle. Anche la Razn, altro giornale storico,
commenta con vergogna la brusca ritirata
del contingente militare spagnolo, proprio
al momento in cui il rischio di entrare in
combattimento sicuro. Ma El Mundo,
giornale emblema della Spagna nuova di
oggi, invece esulta: Risulta comprensibile
lallegria di gran parte della popolazione a
conoscere la buona nuova. Don Chisciotte
e Sancho Panza, il quarto centenario di Cervantes inizia con qualche mese di anticipo.

E ormai evidente che


Zapatero, detto da alcuni lHombre vertical,
e da altri lHidalgo con
le mutande piene, sta
preparando una nuova,
grande politica europea. E in Italia, di conseguenza, molti sono quelli che si preparano a condividerla, allenandosi, proponendo idee originali e provando, cio, a
esprimere il meglio di loro stessi in vista
del cambio di governo che anche da noi
viene dato alle porte. Mussi, la Melandri e
Dalla Chiesa, solo per fare tre nomi, rappresentano altrettanti brillanti esempi di
quella nuova classe dirigente che sta gi
macinando idee per un futuro di pace. Ma
nessuno supera quanto elaborato di fresco
da Pietro Folena in un articolo intitolato,
proustianamente: Alla ricerca del senso
perduto. Vale a dire: Di quando pace voleva dire pace, pane voleva dire pane e lavoro, lavoro. Mentre oggi scuote il capo
Folena non pi cos. Ci dicono pace e
intendono guerra, libert e intendono privilegi, garantismo e intendono impunit.
Ha ragione, basta rifletterci. E con simili
idee Folena sar senzaltro un ministro
della nuova fase zapatera. Se poi ministro
no, almeno cagasottosegretario.

Linconsistenza dellesercito iracheno


Se da una parte trattano, dallaltra i militari americani ribadiscono che lopzione
militare sempre aperta, anche se non
sembra che siano tutti daccordo. Il comandante delle forze in Iraq, il generale Ricardo Sanchez, fa la parte del duro che prepara il rilancio delloffensiva contro sunniti e sciiti. Il suo vice, Mark Kimmit, che si
deve presentare alle conferenze stampa,
costretto ad annunciare tutto e il contrario
di tutto nel giro di poche ore. I militari e
lintelligence sono in imbarazzo per la mediazione iraniana con gli estremisti sciiti.
Da una parte pensano che possa aiutare a
riportare la calma, dallaltra sanno che
agenti provocatori iraniani si mescolano ai
miliziani di al Mahdi e che la stessa delegazione iraniana finora non ha ottenuto alcun risultato. Nonostante le incertezze sulla tattica da seguire i comandanti sul terreno sono daccordo sul fatto che servono
rinforzi. Fra le richieste che giungono da
Baghdad e la ritrosia di Washington si trova il generale John Abizaid, comandante in
capo delle truppe americane in Medio
Oriente. Lannunciato ritiro spagnolo ha costretto il Pentagono a ridefinire gli schieramenti ed probabile che sar in parte
sguarnito il fronte afghano per rinforzare
quello iracheno.
E preoccupante linconsistenza del nuovo esercito iracheno e delle forze di sicurezza di fronte alla crisi. Un reparto che
aveva appena concluso laddestramento si
rifiutato di combattere a Fallujah, gli
americani hanno allora schierato il 36 battaglione, ununit delle nuove forze armate
composta in gran parte da fedeli peshmerga. I guerrieri curdi odiano da sempre gli
arabi del triangolo sunnita, ma il loro utilizzo rischia di dividere ancor pi gli animi.
Gli americani hanno problemi anche con
gli alleati. I polacchi hanno messo le mani
avanti, dichiarando che non parteciperanno a nessun attacco americano alle citt
sante irachene. A Qut, unaltra roccaforte
degli estremisti sciiti, gli ucraini hanno preferito ritirarsi e gli americani hanno riconquistato da soli la citt. Su Nassiriyah, che
era in mano a un migliaio di insorti, il comando americano premeva per unazione
dura. Il contingente italiano ha preferito la
tattica del bastone e della carota, impegnando i miliziani in battaglia per unintera giornata, ma allo stesso tempo trattando
la ritirata degli estremisti senza ulteriori
conseguenze. La linea italiana ha ottenuto
il pieno appoggio del comandante della divisione inglese, Andrew Stuart, che teme
lallargamento della rivolta sciita, consapevole di non essere in grado di fermarla, se
si propagasse in tutto il Sud. Il braccio di
ferro diplomatico-militare continua. Le forze speciali americane puntano a catturare
gli uomini chiave del movimento di Sadr.
Uno dei suoi luogotenenti pi importanti
sheikh Aus al Kafaji, che comanda lesercito del Mahdi a Nassiriyah. Lo scorso venerd gli americani erano pronti a un blitz,
non avvenuto, anche perch gli italiani non
erano daccordo.

Le critiche di Kagan, Kristol e Brooks


Anche sul fronte neoconservatore partono bordate contro lAmministrazione. Bill
Kristol e Robert Kagan hanno pubblicato
sul Weekly Standard uscito ieri mattina un
articolo dal titolo Troppe poche truppe.
E una vecchia battaglia dei neocon, questa.
Fin dallinizio della guerra, gli architetti
del cambio di regime in Iraq hanno spiegato in tutti i modi che la guerra leggera,
con pochi soldati e molta tecnologia, voluta
da Donald Rumsfeld, rischiava di fallire se
lobiettivo non fosse stato soltanto sconfiggere lesercito di Saddam, ma costruire una
nazione libera e democratica. Kristol e Kagan questa volta si sono spinti oltre: Dipende dal presidente assicurare che il successo in Iraq sia davvero raggiunto. Se lattuale segretario alla Difesa non pu fare gli
aggiustamenti necessari, il presidente deve
trovarne uno che li faccia. E una richiesta
di licenziamento di Rumsfeld.
I due neocon hanno invece lodato John
Kerry per limpegno a non smobilitare in
Iraq, qualora vincesse le elezioni. Tra Bush e Kerry scelgo Bush ha detto Bill Kristol al New York Times ma tra Kerry e Buchanan voterei Kerry. Se leggete il Weekly
Standard vi accorgerete che ha molto pi in
comune con i falchi liberal che con i conservatori tradizionali.
Rumsfeld ha annunciato che non far
rientrare 20 mila uomini che avrebbero dovuto lasciare lIraq, ma per i teorici dellintervento in Iraq non basta, ne servirebbero
almeno altri 30 mila soltanto per affrontare la crisi attuale. Lo storico militare Frederick Kagan, fratello di Robert, ha scritto
sul Washington Post che la genesi dellinsorgenza nel triangolo sunnita dovuta proprio al non aver inviato le truppe necessarie: Questa Amministrazione arrivata al
potere credendo che la guerra fosse distruggere obiettivi, che la fanteria non fosse necessaria e la tecnologia fosse larma
suprema. Non vero. Le guerre per cambiare i regimi non possono essere combattute solo con i missili. Durante e dopo le
ostilit devono essere presenti, in larga scala, forze militari sul terreno per interagire
con la popolazione, assumere le funzioni di
polizia e mantenere lordine. La stessa cosa ha scritto David Brooks, uno dei due opinionisti conservatori del New York Times:
Nonostante gli avvertimenti ad nauseam
del Weekly Standard, lAmministrazione ha
continuato a pensare che potesse costruire
un nuovo Iraq a buon mercato.

Occhetto chiede proposte mordenti


Perch non detto che i tempi coincidano, nelle intenzioni di tutti i promotori della lista unitaria. A sentire gli uomini di Fassino, non possiamo dire, come Zapatero, ritiro subito. Occorre costruire una posizione
politica autonoma. C differenza tra chi governa e chi sta allopposizione, e non dobbiamo dimenticare che ci sono tre italiani
ancora in ostaggio. E sui tempi? In due,
massimo tre settimane, tutto sar deciso, anche per leventuale richiesta di ritiro delle
truppe italiane. Non esattamente quanto
sostengono gli uomini di Prodi. Il Prof. se ne
va senza dire una parola, ma i suoi sostengono che la scelta di Zapatero non altro
che una straordinaria pressione affinch
le cose cambino al pi presto, e il 30 giugno
non una data a cui impiccarsi. Anzi, probabile che tra due settimane Zapatero dica:
ci sono nuove condizioni. Ma soprattutto ricordano, i prodiani, una battuta che il leader, in questi giorni, ripete spesso ai suoi interlocutori: Tornare non come partire.
Significa? Che lItalia una potenza mondiale, che ha una sua responsabilit. Siamo
anche disponibili ad aiutare il governo in
questa occasione, ma deve almeno riconoscere che ci ha cacciato in una guerra. Zaparetisti per ora pi di forma che di sostanza (fumo, per i tabacchicoltori gi in
piazza). E tutto intorno, cio tutto a sinistra
della lista unica, un piovere di elogi sul
primo ministro spagnolo e un grandinare di
critiche sulla posizione dei partiti prodiani.
Mancano meno di dieci settimane al 30
giugno e non si pu credere di attendere
passivamente quel giorno, ripete Fassino.
Fate proposte mordenti, ripete Occhetto.
Mordendo, soddisfatto, la linea attendista
dellalleato.

Maggioranza compatta

Il polo critica Zapatero,


sta allineato con Ciampi
e apre ai riformisti
L8 settembre dellOccidente (Follini)
Un segnale di resa (Bondi)
Limboscata di Madrid (La Russa)

Cauto ottimismo sugli ostaggi


Roma. Se Romano Prodi oscilla tra zapaterismo di riporto e cautela sul ritiro immediato delle truppe dallIraq, alla maggioranza in queste ore non riesce difficile mostrarsi compatta. Preoccupata ma compatta. La linea non cambia perch poggia sulla fermezza irrobustita la settimana scorsa dallavallo
di Ciampi durante il Consiglio supremo di difesa (la missione prosegue ma il nostro paese simpegner per una nuova risoluzione
Onu che allarghi lo spettro delle nazioni
coinvolte nella pacificazione dellIraq). Non
solo: il dietrofront della Spagna consente allItalia di seguire la via del multilateralismo
e al contempo, lo ha ribadito Berlusconi,
candidarsi come alleato europeo pi affidabile per gli Stati Uniti. Di qui la bocciatura
di una riunione straordinaria del Consiglio
europeo, invocata da Piero Fassino in veste
di portavoce della lista Prodi. La strada
tracciata ha ammonito Berlusconi che, come Frattini, ha incontrato ieri Lakhadar
Brahimi, consigliere speciale del segretario
generale dellOnu Kofi Annan. Due colloqui
per ragionare sulla crisi irachena e cercare

Tu vo fa il kerryano
Tim Russert: Gioved il presidente Bush
ha rotto con la tradizione e con la politica di
sei predecessori dicendo che Israele potr tenere parte dei territori conquistati con la
guerra del 1967 e ha affermato che i rifugiati palestinesi non potranno tornare nelle loro case. Lei sostiene il presidente Bush?
John Kerry: S.
Tim Russert: Completamente?
John Kerry: S.
Meet the press, NBC, 18 aprile 2004
una soluzione per il rilascio dei tre ostaggi
italiani. Il premier mostra un cauto ottimismo. Abbiamo imboccato la strada giusta,
aggiunge il ministro degli Esteri. Intanto dalla maggioranza arrivano unanimi le condanne del disimpegno annunciato dal premier
spagnolo: Rischia di rappresentare l8 settembre dellOccidente. Spiace che Prodi lo
faccia proprio, osserva allarmato il leader
dellUdc, Marco Follini, aggiungendo che la
ricucitura passa per uniniziativa comune di
cui il governo italiano si faccia promotore. Il
coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi,
parla dun segnale di resa a chi cerca di minare la stabilit nel mondo. Il vicepresidente del Senato e coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, Roberto Calderoli, pone laccento sullinaffidabilit dei
paesi guidati dalla sinistra in tema di politica internazionale. Duro anche il coordinatore di An, Ignazio La Russa, che dice al Foglio: Se quella di Zapatero non unimboscata poco ci manca. Di fatto c una sinistra
europea che sulla questione irachena ha deciso di gettare la spugna, senza nemmeno attendere lauspicato intervento delle Nazioni
Unite. Zapatero non onora limpegno del governo di Aznar, ma nemmeno limpegno preso in campagna elettorale, cio la promessa
di caldeggiare un intervento dellOnu per la
gestione del trasferimento dei poteri a Baghdad entro il 30 giugno. Una decisione premeditata che, fossi spagnolo, certo non mi
riempirebbe dorgoglio. Ma essendo io europeo, comunque mi preoccupa.
Dalla nostra i numeri e il Quirinale
Pi difficile semmai, per il centrodestra,
contare sul clima di unit nazionale affiorato, e presto appassito, in occasione del rapimento dei nostri connazionali. Di fronte allipotesi che anche nella sinistra italiana si faccia largo la tentazione di sposare la posizione
di Zapatero, la Cdl guarda tuttavia con tranquillit alla sua forza numerica in Parlamento e lo fa con un occhio sempre rivolto verso
il Quirinale. Sappiamo che la politica estera
uno dei punti deboli dellopposizione continua La Russa ma a noi non interessa giocare sulle divisioni nel centrosinistra. Grazie
a Dio questo governo non ha numericamente
bisogno di appoggi esterni per mostrarsi coerente con i suoi impegni. Il che, se vogliamo,
offre la misura del valore etico che muove la
nostra ricerca di consenso nellopposizione.
Occorre per riconoscere che parte dellUlivo avverte lurgenza di preservare la lealt
dellItalia. La maggioranza censura il tentativo dei prodiani di tornare al Consiglio europeo (il vicepremier Gianfranco Fini definisce grave la fuga della Spagna, ma pi grave il balbettio di unEuropa rinunciataria e
impotente), eppure si proclama in sintonia
con il capo dello Stato. Con lui c una concordia indiscutibile sulla necessit che le istituzioni internazionali sostengano la normalizzazione dellIraq. Tra la posizione di Ciampi, che la nostra, e lipotesi di un ritiro immediato c di mezzo un abisso che richiama
ognuno al senso di responsabilit. Ciampi
ha rivolto un altro augurio per la restituzione dei nostri compatrioti ostaggi della guerriglia. E bene che la sua voce si faccia sentire, conclude La Russa, ogni esternazione
del presidente della Repubblica che richiami allunit ha il suo peso.

ANNO IX NUMERO 109 - PAG 2

Rancori secolari
Per Incisa di Camerana
lantiamericanismo cova nei
cuori spagnoli fin dal 1898
Trieste. Il premier spagnolo Luis Zapatero sa di poter contare, nel suo precipitoso
chiamarsi fuori dalla guerra in Iraq, su un
antiamericanismo che continua a essere
un dato di fondo, messo tra parentesi ma
mai rimosso del tutto, della cultura politica
del suo paese, oltre che un sentimento molto diffuso nellopinione pubblica spagnola,
dice al Foglio Ludovico Incisa di Camerana,
che a Madrid ha trascorso una parte consistente della sua lunga carriera diplomatica,
e che a quellesperienza ha dedicato Spagna senza miti (Mursia, 1968) e Il modello
spagnolo, (Liberal libri, 2000). Incisa di Camerana ricorda che sui rapporti con lAmerica pesa quello che la Spagna ha sempre considerato un grave peccato dingratitudine. Alleata degli Stati Uniti nel corso
della Guerra dindipendenza, se li ritrov
nemici nel 1898, quando furono loro a liquidare militarmente ci che rimaneva dellimpero spagnolo, e cio le ultime colonie
doltremare: Filippine, Portorico, Cuba. Si
tratt, per la Spagna, di un immenso trauma
nazionale, che provoc unatmosfera di sfiducia, di catastrofe. Destinata a influire in
modo determinante sulla Guerra civile e a
creare le condizioni per laccettazione del
regime franchista. Quel trauma, gli spagnoli non lhanno mai dimenticato. Anche dopo la stipula degli accordi bilaterali con gli
Stati Uniti, firmati da Franco nel 1953, che
arruolarono la Spagna nello schieramento
occidentale, lalleanza con gli americani fu
vissuta pi come una necessit che come
unopportunit.
Incisa di Camerana ricorda che la Casa
Bianca aveva adottato un preciso protocollo per i paesi iberici. Il presidente degli Stati Uniti riservava il classico abrazo ai presidenti eletti, mentre i dittatori si dovevano
accontentare di una stretta di mano. Ma il
21 dicembre 1959, il presidente Eisenhower
visita Madrid e abbraccia Franco, segnando
la fine del purgatorio internazionale del regime. E dando, daltro canto, nuovo fiato allantiamericanismo della sinistra: Il Psoe
si oppose a lungo alladesione al Patto
atlantico, promossa da un governo di centrodestra e concretizzata soltanto nel 1982.
Un anno dopo, Felipe Gonzles primo ministro determin la svolta filoatlantica del
Psoe, che comunque non rinunci mai a
porre limiti allinstallazione di basi americane. Basti ricordare che, poco prima della
fine della Guerra fredda, Madrid chiese agli
Stati Uniti di ritirare laviazione strategica
dal paese (e fu lItalia, in quelloccasione, a
offrirsi di prendere il posto della Spagna).
Gli otto anni di governo di Aznar sembravano aver messo la sordina allantico risentimento antiamericano, ma, continua Incisa di Camerana, stiamo parlando di una
diffidenza che ha carattere pi sentimentale che politico, e che ha avuto un peso troppo grande nella storia del paese. Gli Stati
Uniti vengono visti tuttora come una delle
cause del decadimento spagnolo. Oggi che
la Spagna si sente pi forte e pi sicura,
perch ha realizzato un ciclo di sviluppo
importante e compiuto, la sua opinione
pubblica convinta che gli Stati Uniti non
servano pi, e che si possa tornare a dar sfogo alla vecchia antipatia.
Una decisione comunque sorprendente
Certo, il ritiro dallIraq, nelle forme decise da Zapatero, smentisce limmagine dello spagnolo combattente e fiero. E un elemento sicuramente contraddittorio, che denuncia elementi di cedimento a una minaccia. Non escludo che, a causa di questo, gli
spagnoli possano provare qualche disagio.
Ma ogni imbarazzo appare eclissato, superato dallo stato danimo antiamericano, che
la Spagna ha riscoperto con il ritorno della
prosperit e con lidea di avere di nuovo
una certa potenza. Ma non detto, che lo
strappo nei confronti degli Stati Uniti sia
lannuncio di un cambio di rotta di lunga
durata. Anche se per ora prevalgono gli stati danimo negativi e il desiderio, espresso
grossolanamente, di non sacrificarsi per
lAmerica, di uscire al pi presto dalla guerra contro il terrore.
Su questo sfondo favorevole al disimpegno, Luis Zapatero pu accelerare il riallineamento della Spagna sulla posizione
franco-tedesca, e addirittura aspirare a entrare pi agevolmente nel direttorio e ad assumervi un ruolo di primo piano. Ma rimane, conclude Incisa di Camerana, lelemento abbastanza sorprendente della palese dimostrazione di sfiducia nei confronti
delle Nazioni Unite, dopo che la richiesta
di un loro coinvolgimento era stato un cavallo di battaglia di Zapatero, anche dopo la
vittoria elettorale. Un atteggiamento del genere rischia di non poter essere condiviso
nemmeno da Francia e Germania.

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IL FOGLIO QUOTIDIANO

MARTED 20 APRILE 2004

L U C C I S I O N E D I R A N T I S I , C A P O D I H A M A S / 1

Per Dan Segre il terrorismo globale si salda con quello palestinese


iamo di fronte a un altro paradosso delS
la storia e del Medio Oriente: il terrorismo islamico globale vuole saldarsi a quello palestinese, farne una delle questioni
della lotta frontale allOccidente, cosa che
i palestinesi stessi hanno da sempre rifiutato, eppure tutto ci succeder, a causa di
una mancanza di leadership politica capace di condurre le masse verso unopzione
armistiziale e un accordo territoriale con
Israele. A esserne convinto Dan Vittorio
Segre, studioso, scrittore, giornalista, ma
soprattutto profondo conoscitore del conflitto israelo-palestinese.
La lotta nazionale palestinese aveva
avuto finora connotati diversi, legati alla
conquista del territorio, a quella che con
una vecchia definizione avremmo chiamato autodeterminazione nazionale, perch
legata allaspirazione a uno Stato-nazione.
Oggi per la dirigenza nazionale palestinese non riesce pi a esprimersi, incapace
di sviluppare una politica che si rapporti a
quello Stato dIsraele riconosciuto a Oslo,
non sa portare avanti la lotta, s coniugando violenza e diplomazia, ma facendo se
non altro valere posizioni concrete inerenti al territorio. Per questo, dice al Foglio
Segre, la lotta dei palestinesi sarebbe ormai finita nelle mani di coloro che si lasciano associare e inglobare nel nuovo tipo
di terrorismo, avulso sempre pi dal territorio ma legato solo a Dio e alla propaga-

zione globale di certe idee, per poi massacrare coloro che non sono pronti ad accettarle. Intendiamoci: il terrore sempre
esistito. Basti pensare a Pompeo che si conquist il trionfo solo dopo aver sconfitto una

PICCOLA POSTA
di Adriano Sofri

Ai numerosi cittadini che


ogni giorno esercitano il piacere di non darmi la grazia
(infatti sui poteri di grazia c discussione, ma al potere di disgrazia pochi sono
disposti a rinunciare) si allegato, su un
settimanale diffusissimo come Oggi, Leonardo Marino, la cui competenza in merito va da s. Il giornalista di Oggi scrive
ripetutamente che Marino ha visto il proprio reato prescritto dopo aver trascorso
tre anni e mezzo in carcere. Ora, Marino
non ha trascorso neanche un giorno in
carcere, essendo stato dapprincipio ospitato dai carabinieri, e poi rimandato a casa e al chiosco delle sue fritture, che figurasse come pena scontata. Cos, per la
precisione.
banda di pirati. Ma oggi sono cambiati ingredienti, principi e obiettivi. E questo a
causa della trasformazione dello Stato nazionale. Oggi spiega Segre il terrorismo

non altro che la privatizzazione della


guerra, cos come i media e la pubblicit sono la privatizzazione della diplomazia. Si
pensi alla pace virtuale siglata a Ginevra
da israeliani e palestinesi senza potere reale: levento mediatico ha privatizzato la forza della diplomazia. Poi aggiunge: un fenomeno che conosciamo anche nel commercio e nelleducazione, settore in cui
sempre pi spesso nascono istituti superiori privati, creati dalle multinazionali. La
privatizzazione della guerra distrugge insomma un elemento fondamentale dello
Stato-nazione: la sacralit della sovranit
territoriale, che dalla pace di Westfalia del
1648 ha continuato a essere la base del sistema internazionale. Il terrorismo una
guerra condotta da privati, che non solo non
hanno territorio ma non riconoscono linviolabilit del territorio nemico.
Questa forma di privatizzazione della
guerra alla quale assistiamo non tuttavia
accettata dallEuropa, aggiunge Segre.
Per questo Francia e Germania hanno considerato la guerra preventiva americana illegale. Una critica corretta dal punto di vista della sovranit, ma che non prende in
considerazione unoffesa di tipo nuovo.
Capire questa evoluzione del terrorismo
non daltronde facile. Anche gli Stati Uniti si trovano in un dilemma: da un lato capiscono che devono rispettare anche il vecchio sistema, dallaltra (soprattutto i servizi)

sanno che i nuovi principi della guerra non


coincidono pi con quelli del territorio.
Nel frattempo fa notare ancora Segre
tutto questo non viene applicato a Israele. E
in Europa si continua a distinguere tra terrorismo di al Qaida e quella che viene percepita come unazione degli oppressi dello
Stato sovrano (i palestinesi) e quindi li giustifica. Anzi si arriva anche oltre: se ovunque nel mondo massacrare un civile ti rende un assassino o un terrorista, se il civile
israeliano ti fa solo essere un attivista.
Non si capisce insomma che, ovunque essi
agiscano, i terroristi islamici non riconoscono pi nazione o Stato sovrano, ma solo
la sovranit universale di Dio. Ecco che luniversalismo della globalizzazione si coniuga con quello teocratico, usando per metodi privatistici. Non c conquista del territorio, ma solo idee da rendere vincenti, uomini da massacrare se non aderiscono a tali idee e altri da sacrificare per riuscire a
conquistare fette sempre pi grandi di potere. E il fondamentalismo che prevale sulla capacit delluomo, il simbolismo della
morte che vince su quello della vita. Non a
caso questa nuova miscela infernale si rif
anche a teorie razziste e a motivi negativi
coniati nel XIX secolo: come il grido spagnolo viva la muerte!. Ecco, Osama bin Laden lo ha raccolto e ora rischiano di farlo
proprio anche i palestinesi.
Simonetta Della Seta

L U C C I S I O N E D I R A N T I S I , C A P O D I H A M A S / 2

Per Ely Karmon Israele ha anche fatto un favore ad Arafat


A

bdel Aziz Rantisi era luomo di Hamas


considerato pi pericoloso da al Fatah
e da Yasser Arafat e ha trascorso pi tempo
di tutti gli altri nelle carceri dellAnp. Da
quando nel 1992 la Corte suprema israeliana obblig il governo Rabin (che lo aveva
esiliato assieme ad altri 400 attivisti di Hamas nel Libano meridionale) a farlo rientrare nei Territori, Rantisi non ha fatto altro
che programmare attentati con metodi appresi in Libano dalle milizie hezbollah.
Questo accadeva anche dopo gli accordi di
Oslo tra Anp e Israele. Non a caso Arafat lo
ha tenuto in carcere in modo quasi continuativo dal 1995 al 1999. Ely Karmon, noto
esperto dellInternational Policy Institute
for Counter Terrorism di Herzliya, Israele,
pensa che al presidente palestinese non
possa essere tanto dispiaciuta la sua eliminazione, cos come quella dello sceicco Ahmed Yassin. La convinzione dellintelligence che Israele debba colpire Hamas perch Yasser Arafat non pi in grado di farlo. Si ritiene anzi che sia stato commesso
un errore cruciale a non decapitare la dirigenza di Hamas gi due anni fa. I segni del-

la svolta pericolosa che essa aveva preso


cerano ormai tutti: tra marzo e aprile del
2002 ci furono 17 attentati con 135 morti civili. Secondo lanalista Israele avrebbe dovuto capire che si trattava di una svolta strategica e non aspettare che di Hamas si occupasse lAnp. Abbiamo visto cosa successo con Abu Mazen, al quale stato impedito dai suoi di agire contro il terrorismo,
per paura di una lotta intestina. Karmon
convinto che nel caso di Abu Mazen lerrore sia stato fatto anche dal governo israeliano che non lo ha sufficientemente appoggiato. Sappiamo infatti che stato sbagliato concedergli il rilascio di soli 400 prigionieri quando poi agli hezbollah ne sono
stati dati molti di pi.
La leadership palestinese pare al collasso. Valutazioni americane e israeliane ritengono che Arafat abbia ormai adottato
una strategia di caos organizzato, in cui
volutamente le diverse forze di sicurezza sono state messe una contro laltra per evitare che un gruppo prenda pi potere. Intere
aree della Anp sono passate sotto il controllo di fazioni armate in competizione fra

loro, facendo perdere controllo e legittimit


alla stessa Autorit. La politica di Arafat ha
portato al blocco delle riforme politiche, facendo abortire anche i tentativi di alcuni alti funzionari di creare nellAnp una trasparenza finanziaria. In questa situazione, il
ruolo del primo ministro Abu Ala risulta
sempre pi marginale, non solo per condurre un auspicato negoziato con Israele,
ma anche per gestire le questioni domestiche. Figuriamoci per arginare il terrorismo.
Unulteriore luce verde per decapitare
la leadership di Hamas giunta a Israele
dopo lattentato al porto di Ashdod a marzo
(9 morti) in cui Hamas aveva programmato
di far esplodere un grande deposito chimico, spiega Karmon, che comunque ritiene
che Hamas si stia terribilmente indebolendo. Prova ne il fatto che non sia riuscito
a colpire dopo luccisione di Yassin e durante il viaggio di Sharon a Washington.
Al movimento restano due leader di stanza a Gaza: Mahmoud al Zahar e Ismail Haniya. Un terzo capo militare, Mohammed
Deif, stato gravemente ferito e non si sa
quanto possa essere attivo. Per quel che ri-

guarda Khaled Meshal, a Damasco, i giovani hanno fatto sapere di non volergli affidare il potere dallestero. In queste condizioni molto difficile che riescano a organizzarsi senza cadere in lotte intestine, afferma lesperto, ricordando che Hamas stato
costretto a raccogliere i fondi per le strade
di Gaza, poich i rubinetti dallestero sono
stati tutti chiusi. Anche se dopo la morte di
Yassin sia lArabia Saudita che lIran hanno
ripreso a sostenere economicamente il movimento. Unaltra possibilit di rafforzamento costituita dallipotesi che altri
gruppi armati decidano di appoggiare Hamas. Gi esiste una tendenza ad attacchi
comuni, dice Karmon . In quanto ad Arafat
e Abu Ala, la loro preoccupazione pi forte oggi quella di reagire al piano di separazione stabilito da Sharon e appoggiato da
Bush. Potrebbe davvero essere Arafat il
prossimo target dIsraele? Sarebbe controproducente. Arafat resta un simbolo molto
pi forte di Yassin e non solo palestinesi e
arabi, ma tutta la comunit internazionale
non lo perdonerebbe facilmente.
SDS

L U C C I S I O N E D I R A N T I S I , C A P O D I H A M A S / 3

Sul diritto di Israele di difendersi Bush e Kerry pari sono


Roma. E tutto da rifare nel mondo, e lui
pronto fin dallinsediamento a presentarsi nei luoghi deputati per chiedere scusa,
ma Israele non si tocca. Prove generali dei
dibattiti e delle town hall che verranno con
lautunno, quando decidono gli indecisi,
quando, per esempio, Al Gore riusc a perdere una presidenza che ereditava su un
vassoio dargento. Lanchor gli ricorda che
solo il trentatr per cento degli elettori gli
attribuisce il merito di dire quello che pensa, mentre il cinquantasette convinto che
si acconci a quel che crede la gente voglia
sentirsi dire. Lui si butta lo stesso, contro
lavversario. E il presidente peggiore degli
ultimi cento anni, spiega, ha fatto la politica estera pi infelice pensabile, ha isolato
gli Stati Uniti dagli alleati, dallEuropa, ha
distrutto la credibilit del paese, alienato
le amicizie degli arabi alleati, non capace di alcuna diplomazia, ha umiliato le Nazioni Unite. Eppure su Israele lo sostiene,
e lo sostiene completamente.
Cos il candidato John Kerry sul candidato presidente George W. Bush. La contraddizione c, ma il senatore del Massachusetts preferisce affrontarla piuttosto

che mettere in discussione lesistenza dello Stato ebraico, lappoggio alla politica di
Ariel Sharon, il suo sacrosanto diritto a difendersi, lamicizia con lAmerica che non
si tocca, anche la constituency democratica
che gli ebrei hanno sempre rappresentato,
ma potrebbero a novembre non rappresentare pi, o non pi cos solidamente. Strizzato a tratti come un limone da quel grande intervistatore bulldog che Tim Russert
della Nbc, e che a un certo punto gli ha mostrato un filmato dei tempi delle proteste
contro la guerra in Vietnam che per mesi la
campagna Kerry 2004 aveva cercato di acquisire e far sparire, su Israele il candidato non si fatto incastrare, n inibire da
tentazioni liberal. La domanda era chiara
daccordo o no con lassassinio di Rantisi, le risposte pure. Non solo il senatore
democratico ha detto che Israele ha tutti i
diritti del mondo di rispondere agli atti di
terrore che lo colpiscono, che Hamas
unorganizzazione brutale, terroristica, ha
avuto anni di tempo per cambiare idea e
prendere parte a un processo di pace, invece ha rifiutato, che Arafat rifiuta pure,
che lui, Kerry, sostiene lo sforzo di Israele

di separarsi per cercare di essere pi sicuro, ovvero che a favore della barriera difensiva in costruzione, che nel momento in
cui Hamas dir: rinunciamo alla violenza,
siamo pronti al negoziato, sono totalmente
fiducioso che trover un Israele affamato di
quel negoziato; ha anche detto che Bush
ha completamente ragione a rompere con
la politica di sei predecessori, aveva ragione quando ha dichiarato che Israele pu tenersi parte della terra conquistata nella
guerra del 1967, e quando ha asserito che i
rifugiati palestinesi non possono tornare alle loro case di allora.
Manderebbe Clinton, non pi Carter
A riprendere una mediazione Kerry
manderebbe Bill Clinton, che pure concluse la sua presidenza con il cocente fallimento di Camp David, e non Jimmy Carter
o James Baker, come aveva ventilato in precedenza. Russert gli fa maliziosamente notare che ha eliminato i due nomi dopo un
incontro con i leader ebrei, ma Kerry non
vuole fornire spiegazioni, semplicemente
Bill Clinton va bene a tutti, sarebbe una
scelta bipartisan, sarebbe una rirpesa del

lavoro negoziale garantita al livello pi alto possibile. Semplicemente Baker non va


bene ai democratici nella comunit, Carter
non va bene a nessuno, anzi viene considerato una sicura iattura.
Tim Russert ha incalzato senza piet il
candidato per lintera intervista, concentrandosi sulle contraddizioni che esibisce
sulla guerra in Iraq, lappoggio di ieri e il
dissenso di oggi, il consenso alla guerra s,
i soldi per la ricostruzione e la sicurezza
dopo no, sulla vaghezza nel delineare una
way-out, una soluzione alle difficolt di oggi in Iraq, tutta concentrata nel ricorso alle
Nazioni Unite, che Kerry da sempre ama,
gli americani molto meno; non lo ha stanato su Israele, che la contraddizione estrema, essendo la politica delle Nazioni Unite
e quella di buona parte dellEuropa, per tacere del mondo arabo, radicalmente anti
Sharon, non tanto velatamente, risoluzioni
di decenni alla mano, antiisraeliana, persino antisemita, sondaggi europei e conferenza di Durban alla mano. Il Kerry col ramoscello dulivo non sarebbe accolto cos
benevolmente.
MGM

FINE DEI MERCATI E RIVINCITA DEGLI STATI?

Dellincompatibilit tra globalizzazione e nazioni secondo Ralston Saul


questo articolo del saggista canadeC
se John Ralston Saul pubblicato dallautorevole Harpers Magazine, che sta facendo il giro del mondo per levidenza del
pensiero attorno a cui ruota. Si intitola
The End of Globalism ma non la solita
presa di polemica posizione contro le strategie di potere delle megacorporation. E
un intervento che analizza un aspetto della questione, ben pi connesso con gli
eventi che ci piovono in testa dagli angoli
roventi del pianeta.
Largomento di Saul : davvero credete
che il fenomeno decollato allindomani del
varo della World Trade Organization nel
1995, il brusco cambio datmosfera generale chiamato globalizzazione, giudicato ineluttabile e dominato dalla regola aurea
che gli interessi delle megacorporation
transnazionali siano destinati a soppiantare le strategie e limpatto decisionale dei
governi nazionali, davvero credete che in
questo nuovo mondo confuso e tremebondo tutto ci abbia ancora senso e sia in vigore? O invece lo scenario presentato come inevitabile prodotto dellevoluzione del
mercato planetario altro non che una fase tra le tante, una curva gi alle nostre
spalle, un orientamento passeggero che
per qualche stagione s mascherato da destino senza ritorno?
In sostanza: siete ancora pronti a credere, trenta mesi dopo l11 settembre, che il
governo delle nazioni, il loro interagire,
contrapporsi e sostenersi, sia retrocesso a
modesto sfondo dellagire economico dei

colossi del mercato? Chi oggi seriamente


disposto a rinunciare a unappartenenza
nazionale, sia pure in condizione di disaccordo, di minoranza dalle scelte della politica governativa? Chi si sente prima cittadino del pianeta dei consumi e delle libere
opportunit, della mobilit e del meticciato, che figlio di una cultura e di una radice,
con tutti i fattori dinsofferenza che questa
condizione pu provocare? O non forse
vero che i percepibili cambiamenti datmosfera generale in ogni angolo del mondo, la
crescente incertezza, le paure annunciate,
le paranoie e le reali minacce ci abbiano
resi tutti soggetti a una sensazione dimpotenza, a un continuato bisogno di protezione, di un ecumenico ombrello collettivo sotto il quale rifugiarsi?
E fuori discussione che ci oggi possa essere rappresentato da qualcosa dattinente
col mondo degli affari, dal momento che
parallelamente al timore s diffusa la percezione del cinismo impermeabile che avvolge i totem della globalizzazione, al di l
del robotico sorriso che ci rivolgono. Non
dalla Nike, Mitsubishi, Time Warner, Enron
o Parmalat che possiamo attenderci un
mantello psicologico nel quale avvolgerci,
di fronte al fuoco di una ritrovata identit.
E allora torna a essere tutta una questione
di spirito nazionale, di appartenenza a una
storia, alla sua parabola e alle sue condizioni. Non questione di patriottismo. Le
cose cambiano e ci che ieri appariva un lineare prodotto dei tempi, ovvero lavvento
della globalizzazione come procedimento

evolutivo amorale, destinato a ridisegnare


unorganizzazione sociale non pi distinta
da confini e differenze ma definita sulla base delle tendenze di consumo e dei bacini
di produzione e assorbimento delle merci,
ora tutto ci assume le sembianze di una fase interlocutoria, di un tempo morto nel
rapportarsi il pi delle volte traumatico
tra le differenze, che restano lindicatore
essenziale delle dinamiche storiche.
Di questo parla Saul nel suo saggio e di
come si sia erroneamente creduto che il potere dello Stato-nazione fosse destinato a
essere sostituito dai mercati globali. Che le
economie, e non la politica o le armi, avrebbero tracciato il futuro dellumanit. Che il
libero mercato avrebbe funzionato da regolatore degli equilibri internazionali e
che la sua prosperit avrebbe convertito le
dittature in democrazie. Che questo nuovo
clima di relazioni avrebbe scoraggiato gli
eccessi nazionalistici, le violenze, le discriminazioni razziali. Una vita migliore per
tutti, grazie a forze economiche sovranazionali in grado di proteggere lindividuo dalle iniquit dei poteri locali. Tutti uguali tutti consumatori. E tutti viaggiatori e utenti tecnologici.
Sembrava incontrovertibile. Chi non era
daccordo si collocava in unarea di sospetta dissidenza, fosse da destra (nazionalismo) o da sinistra (denuncia dello
sfruttamento) che sintendesse dire no alla globalizzazione. Adesso, subitaneamente, il ridisegno della civilt attraverso il
prisma delleconomia s infranto sul mu-

ro della realt. Sono saltate fuori le contraddizioni dellortodossia globalista: come pu la stessa ideologia promettere
laumento della democrazia nel mondo e
parallelamente spingere per il ridimensionamento degli Stati-nazione? La democrazia cresce solo allinterno di una nazione. E mentre si continua a discettare di
globalizzazione si moltiplicano i focolai di
violenza nazionalistica. Stati e governi ribadiscono dessere pi forti, necessari e
contrapposti che mai, garanzia didentit
e punto di riferimento e raccolta per ideologie diverse. L11 settembre ha azzerato i
trend. Se il giorno prima era la deregulation largomento di dibattito sul tappeto,
ora i governi delle nazioni tornano a essere gli unici organismi competenti nel tentativo di fronteggiare la crisi.
E in pochi mesi lidea di globalizzazione
simpolvera in fondo a un cassetto, mentre
il vero argomento di riflessione se sia
possibile ipotizzare lavvento di nazionalismi positivi, basati sul benessere e la protezione dei cittadini. La questione delle migrazioni resta la variabile decisiva, il fattore destabilizzante, il cuore del problema, a
dispetto di chi ipotizzava universi-mercato
senza barriere e differenze. Il futuro fatto ancora di differenze. E di libert di scelta, ci si augura. La nazione resta il principale terreno di confronto tra individui che
condividono pensiero, condizioni e linguaggio. Il progetto globale disponibile al
banco-saldi.
Stefano Pistolini

Terza palla
Noi e i nostri avversari ci
marchiamo soltanto esistendo
e intanto aspettiamo le mani
ravamo sempre in
Edea
campo, rendevamo lidi cosa volesse dire eternit, applicata
come regola al calcio.
Schierati come plotoni
di fucilati e fucilieri significavamo questo: che
il gioco nasce dalla storia, la storia che, in
un momento di solitudine, si ferma, sincanta e pensa quanto era cruenta. E il gioco giocato infatti (come ormai a tutti noto) lunica espressione concreta del pensiero che, essendo negato allaccoppiamento
(perch non un animale), resta sempre un
pensiero solitario. E noi, come un pensiero
fisso, eravamo confitti sul campo, come i
personaggi in un romanzo e le parole in
una poesia, e le spine nel cuore (tanto per
non risparmiarci nulla), e le nocciole nel
croccante, ma anche le mandorle nel rosso
e appiccicoso zucchero dun cuore cotto e
senza spine (per non risparmiarci nulla).
Inventammo il gioco a zona prima che diventasse delirio di incompetenti, anzi non
linventammo, la zona nacque con noi come
nasce ogni universo o quartiere o cortile o
sala da ballo, come il cerchio da un compasso: perch qualcuno o qualcosa fa un giro o una piroetta. Eravamo sempre in campo, non sempre giocavamo, ma restavamo
l, immobili, alcuni eretti, altri obliqui studiando angolazioni, oppure a testa sotto e
piedi in aria come pesci che brucano. Non
avevamo laspetto delle statue grandi ma
quello dei penati, la nostra era la misura
delle statuine misteriose. Ma la palla ci risvegliava, ritrovavamo, fremendo, la posizione, oscillavamo come tergicristalli o mastini, ci caricavamo come molle di balestre,
la colpivamo come martelli, mazzapicchi,
mazzotti, e la palla era la nostra con questa mia, la caracca, lepistola tonda e bianca, dura nei modi, soda, anche cattiva e dallo slancio pesante, impulsiva, che portava
notizie di noi, e quasi sempre cera risposta, ci tornava indietro con sopra la fulminea replica impressa e stampata dallavversario e, appassionata, ci colpiva facendoci vibrare. Potevamo come un muro respingere opponendo i nostri piedi uniti,
compatti come due mattoni legati; oppure
come scope schiaffeggianti potevamo oscillare, scattare con una velocit invisibile e
colpire la palla soltanto intuita, aggiungendo alla sua forza aggressiva quella del nostro pendolo violento. Noi e i nostri avversari ci marcavamo soltanto esistendo. Eravamo sempre in campo come fissati, anzi lo
eravamo davvero, infilzati dallo spiedo del
calcio, rigidi e semplici come le verghe delladolescenza, su campi di centoquattordici per settanta centimetri, inamovibili perch trafitti dallinestraibile fede in un modulo solo, il due cinque tre, noi i calciatori
del biliardini, sui prati verdi di vetro smerigliato. E noi e la palla eravamo fatti della
stessa sostanza, della stessa materia, perch un nostro o un suo colpo non scalfisse
profondamente lei o noi (ci screziavamo,
questo s, di rapide tacche, di picchiettature annerite che davano alla palla laspetto
dun uovo troppo tondo, troppo grosso, di
merlo). Il tempo stagnava nel retro dei bar
come lodore del tabacco fumato, noi aspettavamo, chi in piedi chi obliquo, chi a testa
sotto, ma tutti sfiorando soltanto il prato di
vetro, noi aspettavamo le mani.
Lurto contro linterno della sponda opposta
Curioso che, parlando di calcio, noi
aspettassimo le mani, ma era cos, e le mani arrivavano. Impugnavano il manubrio
dellasta che ci trapassava, e con uno scatto da sotto in su delle quattro dita lunghe ci
facevano sempre girare come eliche per
provare lo scorrimento e lingrassatura (il
nero che ci screziava era il nero del grasso).
Abbiamo amato i rumori della palla. I due
colpi acerbi quando era battuta due volte
sullorlo del biliardino come un uovo sul
bordo di un piatto, prima che fosse messa
in gioco. Non era un uovo di merlo e non si
rompeva. Dopo i due, il terzo: lurto della
palla lanciata in campo contro linterno
della sponda opposta, un suono quasi pungente al naso. E poi gli altri, la grandinata
tempestosa del gioco, fino alla netta, soprattutto se da lontano e fulminante, infilata della palla in porta, la botola nella quale spariva col tonfo di unocchiata gettata in
un forno spento, con quello che ne segue di
lesivo o incoraggiante per il sentimento. Ma
le palle erano dieci e non una, e scrosciavano tutte sotto di noi nella bocchetta allinizio della partita come se la frana di ogni
fine si verificasse, per noi, al principio. Non
toccammo mai il vetro del prato, n sappiamo perch parliamo al passato.
Pasquale Panella

AGENDA MIELI
Notata beffa parolaia a Eugen.
Redarguir (e un po plaudir.).
Comitato nazionale. Significative adesioni. Ottima opportunit per Gad
per superare effetto Lasorella. Incoragg.
Rass. Fass.
Salotti, ammesso che esistano, andarci.

IL RIEMPITIVO
di Pietrangelo Buttafuoco

Non scherziamo con la mobilia. Gnoli su Repubblica ha ipotizzato un comparaggio di Heidegger con i
neocon trovando in un sentiero interrotto
sintonie con tesi oggi di moda, cio i
think tank della Casa Bianca. Non scherziamo appunto: era pure esportabile il
conflitto per Heidegger ma con un pastore dellEssere opportunamente accomodato su un Panzer e accompagnato da cani lupo. Toglieteci tutto ma non Heidegger.

ANNO IX NUMERO 109 - PAG 3

EDITORIALI
Il fattore militare
La guerra continua la politica con altri mezzi: appunto, con altri mezzi

dallagosto dellanno scorso, dopo lestate rovinosa culminata con


il bombardamento terrorista dellOnu
e della Croce rossa, che insistiamo su
un concetto semplice ma apparentemente inafferrabile nella congiuntura seguita alla liberazione dellIraq:
la guerra la continuazione della politica con altri mezzi, ma appunto
con altri mezzi. Questa strana battaglia moderna e leggera contro Saddam Hussein, strategica agli effetti
della lunga lotta al terrorismo islamista che ci attende, stata invece preparata e concepita come una variante
qualsiasi della politica, su un terreno
omologo alla politica, subordinandone integralmente gli sviluppi sul campo alla politica e alla diplomazia, e
perfino ai labirinti di una campagna
elettorale. In aggiunta, particolare
diabolico e rivelatore, politica e diplomazia sono diventate sempre di
pi varianti del sistema dei media e
della cultura sociologica fatta di indagini demoscopiche, la democrazia
dei tg e dei sondaggi.
Lobiettivo era abbattere con la forza una dittatura destabilizzante nel
cuore del medio oriente e introdurre
una contraddizione occidentalista,
cio un elemento stabilizzatore di democrazia rappresentativa, in un paese
e in unarea stremati dallarretratezza
sociale, dalla miseria clanica e tribale, dal fanatismo religioso ai confini
dello scontro di civilt. Chi si proponga una simile ambizione deve avere
una forte identit, capace di sostenere e alimentare lo sforzo mentre si attraversa loceano delle differenze tempestose, quella religiosa prima di ogni
altra. E fin qui la spinta delle democrazie anglosassoni, e della coalizione
che avevano messo in piedi, sembrava
energica e in qualche modo inoppugnabile: patriottismo americano, imperialismo britannico, solidariet occidentale e atlantica in altre nazioni
convergenti o alleate.
Il problema per nel fattore mili-

tare. Puoi cercare due, tre, dieci risoluzioni Onu; puoi cercare di tessere la
tela disfatta da amici, finti amici, rivali ed avversari cento volte; puoi rivestire di mille espedienti retorici la
giustificazione della guerra: ma alla fine la guerra la guerra, e se non controlli il territorio e non imponi con
mano ferma la sicurezza, se non offri
il senso di una conquista e di una corrispondente resa, se consideri lIraq
come un quartiere del mondo in cui
inviare la polizia internazionale e non
come un paese chiave della nazione
araba al quale imporre con mezzi non
pi politici, con gli altri mezzi della
guerra, la tua pace, allora entri in una
zona pericolosa di ambiguit e di
equivoco. Sono in molti a pensare, un
anno dopo, che le forti difficolt attraversate dalla coalizione in queste settimane dipendano da un deficit di politica e di diplomazia. E vero esattamente il contrario: i liberatori hanno
fatto tutto quanto dovevano in termini
politici per limitare lappoggio civile,
etnico, religioso alle bande che portano la sfida terrorista sul fronte principale dal maggio del 2003. Lo dimostra
la linea di compromesso scelta da Al
Sistani, il religioso sciita che tratta autorevolmente con linviato dellOnu
Lakhdar Brahimi la transizione a un
governo rappresentativo. Lo dimostra
il molto che in un anno si costruito
per rimettere in piedi quel paese, dallelettricit alla costituzione, e che il
partito del terrore intende distruggere. Ma sul punto cruciale del fattore
militare, del potere militare, che la
coalizione sta entrando in crisi. Non
ha nemmeno senso imboccare la via
dellOnu se le vie di Falluja non sono
sgombre dei banditi che le occupano,
se le milizie private di un mullah di
quartiere dettano legge a Najaf, se i
paesi confinanti e la rete del canagliume terrorista si muovono a loro
agio, sotto la compiacente sorveglianza di numerosi servizi segreti, nel territorio liberato.

Lo scaffale della libert


Cibi geneticamente modificati? Ora, chi vuole, li pu anche acquistare

a ieri nellUnione europea si possono acquistare cibi geneticamente modificati, per i quali, sulle
confezioni, visibile chiaramente la
loro caratteristica. Ci non significa
che da luned sia lecito importare nellUnione prodotti (in particolare sementi) con cui dare luogo in Europa a
produzione di questo genere. Ci rimane ancora vietato. E, per conseguenza, rimangono ancora in piedi le
azioni legali degli Stati Uniti, del Brasile e di altri paesi presso il Wto, lOrganizzazione mondiale del commercio, riguardanti la discriminazione
che, in questo modo, viene effettuata,
a danno della libert del commercio
internazionale. E rimane aperta la
questione se sia meglio o peggio per
lambiente adottare il principio di
precauzione e impedire di coltivare
prodotti geneticamente modificati e
di allevare bestiame nutrito con tali
prodotti. Rimane pure aperta la questione se il divieto generalizzato di
adottare queste tecniche produttive,
sia una forma di protezionismo. La
Commissione europea, al riguardo, si

barcamena sostenendo che essa sta


per approvare la possibilit di importare una variet di granturco geneticamente modificato resistente agli insetti, cos implicitamente ammettendo
che il no a priori egualmente indifendibile del s a priori.
Comunque, quello che da luned
possibile in Europa, in termini economici, parecchio di meno ma, simbolicamente, molto di pi. Negli scaffali dei negozi sar, per il consumatore, possibile attuare la libert di scelta fra conserve di pomodoro che costano di meno, ma ottenute con prodotti geneticamente modificati oppure conserve di pomodori coltivati con
tecniche tradizionali, che hanno un
prezzo pi caro. Fermo restando che
i requisiti igienici sono, per i primi,
garantiti da accurate analisi e dal fatto che decine di milioni di abitanti
degli Usa li usano quotidianamente
senza problemi. Lo stato e il superstato comunitario devono difendere
la sicurezza alimentare dei cittadini,
ma non dovrebbero interferire nel loro diritto di scelta.

La generazione antiriformista
Per cambiare luniversit si attende ormai la pensione dei sessantottini

eminello Alvi, sul Corriere della


Sera, stende il necrologio statistico e demografico degli atenei italiani.
I laureati sono un terzo di quelli inglesi, anche se spendiamo la stessa cifra per pagare i docenti, in compenso
i nostri studenti che arrivano a fine
corso sono un terzo di quelli che si
iscrivono e ci arrivano in due o tre anni in pi dei loro colleghi europei. I
docenti ci sono, ma insegnano poco,
protestano per la pretesa di Letizia
Moratti che li vorrebbe in cattedra 120
ore allanno, mentre in Gran Bretagna
il limite minimo di 200. Lunica buona notizia, si fa per dire, che il nostro
personale accademico, quello formato
nelle assemblee del 68, che si sempre opposto con successo a ogni riforma organica, compresa quella di Luigi
Berlinguer, sta invecchiando. Entro il
2007 andr in pensione quasi la met
dei professori universitari, e allora
forse, con il tramonto dellindomita generazione antiriformista, si potr cominciare a mettere anche gli atenei
italiani al passo con i tempi.
Il fatto che finora nessun governo,

quale che fosse la sua colorazione politica, sia riuscito a scalfire il blocco
conservatore con fraseologia rivoluzionaria che si installato nelle universit uno dei misteri italiani. Si
parla della forza delle corporazioni,
particolarmente persistente nel paese
che le ha inventate, otto secoli fa. Le
altre corporazioni, per, hanno in
qualche modo, pur resistendo, dovuto
adattarsi almeno in parte ai cambiamenti. Luniversit no. La tesi, apparentemente ridicola, del socialismo
in un cortile solo, scimmiottata da
quella ben pi efficace del socialismo in un paese solo di Stalin, sopravvissuta al regime dei soviet. Alvi
sostiene che questo il segno del fallimento di una generazione. Purtroppo, invece, il risultato della vittoria
di una generazione conservatrice su
tutti i tentativi riformisti, quelli che
hanno registrato il vero fallimento
un fallimento che si ripercuote sulla
qualit della formazione culturale e
professionale. Cos sar solo la pensione a riaprire gli atenei alla societ.
Con trentanni di ritardo.

IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 20 APRILE 2004

Fallita la missione di Teheran a Baghdad. La soluzione del guaio Moqtada (e non solo) nelle mani dellayatollah Sistani

Iran e sauditi giocano una partita in Iraq, e stanno perdendo


Roma. Il fallimento totale della missione inviata la settimana scorsa da Teheran in Iraq stato riconosciuto, due
giorni fa, dal portavoce del ministero degli Esteri, Hamid
Reza Asefi. Il viceministro degli Esteri iraniano, Hossein
Sadeqi, era stato accolto a Baghdad dalle pallottole che
hanno ucciso il facente funzioni di ambasciatore Khalil
Naimi (lambasciatore Hossein Kazemi al Qomi era stato
appena espulso dagli iracheni per i suoi rapporti con Moqtada al Sadr), non era riuscito neanche a recarsi a Najaf
per parlare con Moqtada Sadr, si era limitato a contatti
con i dirigenti iracheni, e poi ha rapidamente interrotto
la missione prima del previsto, come ha ammesso formalmente Asefi. E un insuccesso clamoroso, che conclude una manovra arrischiata che gli ayatollah avevano tentato, allo scopo di diventare elemento fondamentale degli
equilibri iracheni.
Per mesi, infatti, Moqtada Sadr era stato foraggiato e pilotato dai vertici iraniani, poi, al momento giusto, la sua
tentata insurrezione era stata esaltata da Akbar Hashemi
Rafsanjani nella preghiera del venerd dellotto aprile.
Era questo un chiaro segnale di padrinaggio che lasciava intendere che, esattamente come avevano favorito i progetti eversivi di Moqtada, gli ayatollah iraniani potevano
ora ricondurlo a ragione. La dimostrazione che le chiavi

della stabilit irachena stanno a Teheran. Quando per si


andati a vedere le carte e gli iraniani sono stati invitati dalla Gran Bretagna e dallItalia a svolgere questo ruolo, si subito visto che, in realt, non avevano nulla da dire e da fare, tranne subire lo sfregio dellattentato che
ha salutato larrivo della loro delegazione a Baghdad. Preso atto del fallimento del tentativo di inserirsi quale potenza regionale nella crisi irachena, gli ayatollah iraniani
si sono ritirati, ed risultata palese la ragione di questo loro fallimento: stato layatollah Ali al Sistani a non riconoscerli come interlocutori, stata la direzione religiosa
sciita a non volerli a Najaf. Ali al Sistani non ha mai fatto
mistero di non intendere per nulla svolgere il suo magistero religioso e dare le sue indicazioni politiche agli
ordini di Teheran. Ora, in occasione della crisi provocata
da Moqtada, dopo averla disinnescata sconfessando i suoi
appelli allinsurrezione, nel momento stesso in cui ha diffidato gli occidentali a entrare armati a Najaf, ha anche avvisato il mullah ribelle che non tollerer sue azioni armate, invitandolo pesantemente ad andarsene fuori dalla
citt sacra. La soluzione per la crisi con Moqtada lha Sistani, non Teheran. Per uno dei tanti apparenti paradossi
della crisi irachena, nello stesso momento in cui lIran scopre di non avere nessun ruolo da giocare a Baghdad, tran-

ne fare scoppiare incendi che poi non sa spegnere, anche


il nemico storico di Teheran, lArabia Saudita, costretta
a prendere atto di essere nella stessa, identica, situazione.
Da un anno Riad, che pure ambisce a essere leader nel
Golfo, non riesce a giocare nessuna carta sullo scenario
iracheno. Lunica mossa che ha fatto stato il drastico abbandono della cinquantennale alleanza politica militare
con gli Stati Uniti, proprio nel momento in cui Washington
ha 170 mila militari in Iraq. Sulla scena di Baghdad, oggi
non c partito, non c leader che faccia in qualche modo
riferimento a Riad. In compenso, per, quegli stessi terroristi wahabiti protetti con tutta evidenza da settori della
corte saudita che scorrazzano per lIraq (e che probabilmente detengono gli ostaggi italiani), stanno scorrazzando
anche nelle strade saudite. Si registra infatti una straordinaria concomitanza tra londata di violenze che interessa
lIraq e una forte ripresa delle attivit terroristiche in Arabia Saudita. Da settimane infatti si susseguono a Riad sparatorie (addirittura con razzi anticarro Rfg e granate), scontri in cui sono morti una decina di agenti, retate delle forze di sicurezza, che ieri hanno scoperto due vetture piene
di esplosivo sulla strada verso la capitale. La situazione di
pericolo tale che Washington ha deciso il ritiro di tutti i
propri diplomatici non strettamente operativi.

La vera natura della candidatura Berlinguer e il grande sogno frustrato di Bertinotti

Le due voci (contraddittorie) della lista Occhetto-Di Pietro


Amnesia: certamente per dimenticanza
che i leader dei Ds non hanno mai fatto vedere agli alleati della Lista Prodi un sondaggio secondo cui la coppia formata da
PASSEGGIATE ROMANE

Achille Occhetto e Antonio Di Pietro riuscirebbe a ottenere un 4,8 per cento dei consensi. Un sondaggio senzaltro in controtendenza rispetto a quelli di cui si beano i vertici della lista Prodi e che danno alla coppia
un risultato modesto, intorno al tre per cento. Un sondaggio che spiegherebbe perch i
Ds hanno intenzione di dare battaglia legale a Di Pietro e Occhetto sul simbolo. Tanto
interesse per una lista che non riesce a
schiodarsi dal tre per cento, altrimenti, non
si capirebbe.
Amnesia due: Antonio Di Pietro, giorni fa,
ha dichiarato che avrebbe fatto a meno del

simbolo nuovo Ulivo perch non voleva litigare con la Lista Prodi per meschini motivi. Qualche ora pi tardi il suo socio in politica, Achille Occhetto, ha tenuto a precisare
che avrebbero fatto a meno di quel simbolo
solo alle elezioni amministrative. Che cosa
successo? Lex pm di Mani Pulite ha dimenticato di fare questa precisazione? O piuttosto, per lennesima volta, Occhetto ha corretto Di Pietro?
Amnesia tre: in unintervista allEspresso
DAlema racconta che Tony Blair, in visita in
Italia, tent di convincere Rutelli (e DAlema
stesso) che la guerra in Iraq sarebbe finita in
una settimana. Messa cos sembra che il premier britannico abbia chiesto un incontro ai
leader del centrosinistra. Evidentemente il
presidente della Quercia non ricorda che fu
il centrosinistra a chiedere un incontro a
Blair. Rutelli e DAlema dicevano che, per i

sondaggi, lopinione pubblica era contraria


al conflitto, ma Blair spieg che i sondaggi
potevano cambiare nel giro di una settimana
se Saddam fosse caduto.
E stato scritto e detto che la candidatura
di Giovanni Berlinguer rappresenta la pax
fassiniana nei confronti del correntone e viceversa. Semmai vero il contrario. La candidatura del fratello dello scomparso segretario del Pci un modo per mettere in
difficolt la minoranza interna. Prova ne
latteggiamento della platea allassemblea
del correntone domenica scorsa a Roma.
Mentre Piero Fassino parlava si sentivano
mormorii di disapprovazione. Chiss se
stato un caso che Giovanni Berlinguer (il cui
intervento era previsto) abbia preferito non
parlare davanti a un consesso che non ha
apprezzato la sua scelta di accettare lofferta di Fassino.

Rifondazione Comunista in difficolt. Il


progetto di Fausto Bertinotti, la creazione di
due sinistre, una egemonizzata dal Triciclo,
laltra dal suo partito, rischia di fallire. Sia
DAlema che Rutelli lo assecondavano perch conveniva anche a loro avere alla propria sinistra solo Rifondazione (con cui potersi poi alleare alle politiche). Ma ora Verdi, Pdci, girotondi e movimenti sparsi meditano di costruire una forza alla sinistra della
Lista Prodi. Per Bertinotti sarebbe pi difficile egemonizzare la cosiddetta sinistra antagonista. E Ds e Margherita avrebbero pi
difficolt a gestire la situazione.
A Montecitorio si racconta che i Verdi, dopo le europee, potrebbero arrivare a una resa dei conti interna. Pare che la sinistra capitanata da Paolo Cento giudichi negativamente le ultime mosse politiche del leader
del partito Alfonso Pecoraro Scanio.

Il premier si arrende: la Gran Bretagna andr alle urne per votare sulla Costituzione europea. Il problema quando

Pressato da amici (Murdoch) e rivali, Blair va al referendum


Londra. Clamoroso: si tratta della pi violenta inversione di rotta dellintera carriera politica del laburista Tony
Blair, e tutta lInghilterra rimane stupita a guardare. Era
da un anno che il premier e Jack Straw, Peter Hain, Denis
McShane e gli altri ministri competenti andavano ripetendo con sicurezza il mantra ufficiale: Non ci sar mai un
referendum sulla Costituzione europea, perch si tratta di
un argomento che, secondo la nostra tradizione, viene approvato soltanto dal Parlamento. Chiederlo inutile, ottuso, e demagogico. Per Tony Blair si tratta di una sorta di
resa, la prima da quando premier; per il suo principale
avversario, il leader dei Tory, Michael Howard, che conduce una rumorosa campagna a favore del plebiscito da
gennaio, aiutato dalle solite testate euroscettiche, una
vittoria politica.
In realt Blair non aveva alternative. Gli erano contro
sia leuroscettico tory Howard sia leurofanatico Charlie
Kennedy dei Lib-Dems sia una sessantina di deputati laburisti dissidenti, che minacciavano una sconfitta in aula.
Un esito umiliante alle prossime europee il 10 giugno sarebbe stato ancora pi certo: lelettorato britannico non
ama sentirsi privato dei propri diritti, anche se poi non si
reca alle urne con tassi di partecipazione decisivi. Non solo tutti i giornali euroscettici, ma anche quelli di sinistra,

il Guardian e lIndependent consideravano il referendum


un obbligo democratico: tutti gi davano a Blair di autoritario per aver deciso di evitare una pubblica consultazione. Rupert Murdoch ha addirittura minacciato il ritiro
dellappoggio politico, un atto devastante. La Camera alta,
quasi allunisono, minacciava di bocciare qualsiasi legge
rubber stamp (timbro di gomma) proposta dai Comuni,
provocando cos una pericolosa crisi istituzionale. E allinterno del governo, tutti gli amici e rivali, euroscettici ed
entusiasti (con leccezione di Hain e McShane) si erano
convertiti allidea: e linsolita alleanza di Jack Straw (Esteri) e Gordon Brown (Tesoro) con linfluente vicepremier
John Prescott ha finalmente convinto Blair. Tempi e modalit del referendum saranno annunciati oggi dal premier in Parlamento: ma scontato che non intende cedere alle richieste dellopposizione di indirlo appena possibile, e quindi questautunno. La probabile sconfitta obbligherebbe Blair alle dimissioni. Il premier pensa invece di
rimandare il referendum il pi possibile, almeno fin dopo
le prossime politiche, che si terranno a maggio-giugno
2005. Una vittoria convincente alle politiche, seguita da un
referendum a pochi mesi di distanza, gli offrirebbe lalibi
per rimanere in sella, o almeno per dimettersi con eleganza, per lasciare il posto al rivale amico Gordon Brown.

E vero: il referendum (propositivo o abrogativo che sia)


uno strumento politico estraneo alla tradizione fortemente parlamentare britannica che investe i suoi deputati di un potere quasi mistico che va molto oltre quello
esercitato nelle altre democrazie europee. Va bene per
dittatori e demagoghi, si dice a Westminster. Lo si usato una sola volta su scala nazionale, sotto il governo laburista di Harold Wilson nel 1975, per confermare ladesione convinta dellelettorato al progetto europeo, avvenuto
formalmente nel genniao del 1973. La risposta, malgrado
i pronostici della vigilia, fu positiva, 67 per cento per il
s. Ora invece lattenzione vira verso la precisa formulazione del quesito referendario: gli spin doctor vicini a
Blair vorrebbero nascondere la questione sulla Costituzione europea dentro un quesito pi generico sullappartenenza stessa allUnione europea, quesito che (per quanto vago) avr quasi sicuramente una risposta positiva alle
urne, ma la potente Electoral Commission, commissione
elettorale che vigila sulletica del voto, non permetterebbe una domanda troppo obliqua. Un sondaggio pubblicato sul Sun di ieri non offre comunque conforto al primo
ministro Tony Blair; il 53 per cento degli interpellati ha
detto no allidea di una Costituzione europea, e soltanto il 16 per cento ha detto s.

Se da ministro degli Esteri francese voleva essere Napoleone, da ministro dellInterno sispirer a Fouch?

De Villepin studia da pompiere, ma cultore dellarte poliziesca


Parigi. Nel febbraio 2003 il ministro degli
Esteri francese, Dominique de Villepin, raccoglieva applausi dai dirigenti del mondo.
In questo tempio delle Nazioni Unite noi
siamo i guardiani di un ideale, noi siamo i
guardiani di una coscienza, declamava. Faceva quindi uno strano effetto, mercoled 14
aprile, ascoltare de Villepin quando, con la
stessa passione ed enfasi, spiegava che abbiamo gi dovuto far fronte a un primo importante incendio nel Var e so come voi siate stati toccati nella vostra circoscrizione, a
Cabris e alle Pennes Mirabeau. De Villepin, ora ministro dellInterno, rispondeva a
Richard Malli, deputato della maggioranza. E se per un istante, quando de Villepin
parlava di bombardieri, sembrava di tornare agli intrighi di politica internazionale,
ai bombardieri dacqua che si riferiva,
nel quadro della lotta agli incendi. Curioso,
per un personaggio che Bernadette, moglie
a Benito Mussolini a Gianfranco Fini.
Da Alfredo Rocco ad Alain de BenoiD
st. Dal nero delle camicie delle squadracce al grigio delluomo Lebole e presidente
di Alleanza Nazionale. Alessandro Campi,
docente di Storia delle dottrine politiche,
penna di Ideazione, una delle teste duovo della destra italiana. Il volumone Il
nero e il grigio raccoglie scritti di diversa
natura, in gran parte gi pubblicati su riviste o temi di conferenze, altri inediti,
scanditi in grandi aree tematiche. Si parte
con unanalisi della figura di Mussolini e
di alcuni dei protagonisti del Ventennio.
Si prosegue con la rassegna delle interpretazioni storiche (e popolari) sul regime. Ci si tuffa nel pensiero di alcuni intellos della cosiddetta nuova destra.
Ma al centro dellinteresse ci sono le ultime due parti del libro, dedicate allattualit politica. Campi affronta linterrogativo su come sia stato possibile che dal
Movimento sociale italiano, fondato dai
sopravvissuti della tragedia della Repubblica di Sal e vissuto per decenni sul cul-

del presidente Chirac, considera un Nerone, un incendiario. Possibile che de Villepin debba prendere esempio dal cugino,
Frdric de Saint-Sernin, deputato Ump
della Dordogna e segretario di Stato alla
pianificazione del territorio? Il contrasto c
tra de Villepin, che non si mai presentato
a unelezione, e de Saint-Sernin, che si definisce timido ma fiero di essersi guadagnato
il seggio nei pranzi, nei bar, nei mercati.
In realt, come ha messo in evidenza il
Nouvel Observateur, pare che per de Villepin, soggiogato dal fascino oscuro del ministro della Polizia di Napoleone, Fouch, il
ministero dellInterno fosse un traguardo
ambito. Nel suo libro Les Cents-Jours ou
lesprit du sacrifice, descrive con ammirazione un Fouch che sembra aver attinto i
suoi precetti in Machiavelli: lambizione e il
calcolo, [...] il dominio dellinformazione e
listinto della haute et de la basse police.

LIBRI
Alessandro Campi
IL NERO E IL GRIGIO
FASCISMO, DESTRA E DINTORNI
584 pp. Ideazione editrice, euro 15
to nostalgico del passato mussoliniano, si
sia generato un partito di destra democratica che nel giro di pochi anni ha assunto
un ruolo preminente nella politica italiana. Un interrogativo che tocca in pieno la
questione su che tipo di destra rappresenti effettivamente Alleanza nazionale
e su quale potr essere il percorso futuro.
Campi si fa problematico. La sua ricostruzione, il suo tentativo di interpretazione interessante proprio perch privo di
fanfare, attento a valutare pregi e difetti

Un Fouch che riesce a strutturare una rete informativa che comprendeva tutte le categorie sociali e tutto il territorio, dal Caff
alla camera da letto dellImperatore. Un
Fouch che conosce ogni cosa e istilla il
sospetto. Fedele al modello, sarebbe stato
de Villepin, segretario generale dellEliseo
dal 1995 al 2002, ad aver preparato dossier
sugli avversari di Chirac, che avrebbero
permesso, per esempio, di accusare lallora
primo ministro Lionel Jospin di aver goduto di un impiego fittizio al Quai dOrsay tra
il 1993 e il 97. Accusa rivelatasi infondata.
Un altro episodio illustra il machiavellismo di de Villepin. Nel maggio 2002 una
missione guidata da Xavier de Villepin, senatore, presidente della commissione Esteri, e babbo di Dominique, and a Washington per carpire le linee della politica estera di Bush. Gli americani spiegarono senza
reticenze agli amici francesi i loro obiettivi.
del nuovo corso finiano. Lanalisi politica
delle vicende del vecchio Msi, ad esempio,
rileva come il partito di Arturo Michelini
e Giorgio Almirante fosse, anche se solo
episodicamente, tendenzialmente e solo
eccezionalmente in maniera esplicita (il
governo Tambroni, la giunta Milazzo in Sicilia), parte del gioco parlamentare, intrecciando un dialogo sotterraneo con i
settori dellanticomunismo intransigente
presenti nella dicc, tra i monarchici, i liberali. Tutta roba che venne buona in seguito, con labbandono del reducismo e la
svolta, frettolosa ma inequivocabile, verso
una destra deideologica e pragmatica.
Quanto al grigio del titolo, pi che un annacquamento del passato mussoliniano,
pu assumere tanto il significato, oggi forse prevalente, di ambivalenza e mediocrit, quanto di raccoglimento pensoso,
prudenza virtuosa, lentezza riflessiva, maturit e sobriet. A maggior ragione se,
come si valuta nellultimo capitolo, sono
le categorie di nero e rosso, destra e sinistra a risultare irrimediabilmente lise.

Il 29 maggio 2002 le conclusioni della missione furono inserite nel rapporto 313, La
politica di difesa degli Stati Uniti: una nazione in cerca dinvulnerabilit, in cui si
pu leggere della determinazione del presidente Bush e dei suoi pi stretti consiglieri per far cadere il regime di Saddam.
La commissione metteva anche in evidenza
il desiderio degli americani di contare pi
sulle proprie forze, nel caso integrate nel
quadro di coalizioni di circostanza, che sulle alleanze costituite o sui trattati internazionali. Difficile immaginare che de Villepin, poeta, diplomatico e ora sbirro, non
abbia tenuto conto di queste informazioni
raccolte dal babbo, quando prepar agli
americani il trappolone onusiano che permetter certo alla Francia di ritrovare per
alcune settimane la passata grandeur ma
che ancora oggi sta costando caro sia agli
americani sia ai loro alleati, quelli veri.

LA DEFICIENTE
a cura di Guia
Tipi catodici / 1. Carlos Chereza ha 17 anni, vive a Fort Myers
(Florida) e ha promesso a un tizio 2000 dollari se quello gli avesse ammazzato la mamma. Insieme alle chiavi di casa, ha consegnato una raccomandazione: non danneggiare il televisore.
Tipi catodici / 2. Domenica, su SkyTg24,
Rebecca Loos mostrava senza che le sincrinasse il sorriso il display del cellulare:
Adoro il rumore della stoffa che sfrega sulla tua omissis tutta bagnata. Finalmente
anche gli italiani hanno potuto chiedersi
cosa mai omettesse lomissis.
Tipi catodici / 3. Subito prima, gli spettatori di qui si erano chiesti se fosse proprio
necessario che in Italia si trovasse un ombrello giustificativo per la messa in onda
dellintervista di Sky One, e che lombrello
fosse tal F.A.D., programma di stile, la cui
conduttrice delirava il soprannome di Victoria Adams (Posh Spice) sia dovuto alla
classe che la contraddistingue.

ANNO IX NUMERO 109 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 20 APRILE 2004

La Giornata
* * *
In Italia
BERLUSCONI: SIAMO NOI ORA LALLEATO PIU FEDELE DEGLI USA. Secondo il presidente del Consiglio, dopo la decisione del premier spagnolo Zapatero di anticipare il ritiro dei soldati di Madrid, lItalia
diventata lalleato pi vicino agli Stati
Uniti nellEuropa continentale. Il ministro
degli Esteri Frattini ha precisato che il ritiro spagnolo non pone problemi allItalia. Il
premier ha poi aggiunto che non serve un
consiglio straordinario della Ue per analizzare la situazione irachena: Non mi sembra
possa portare a cose che non conosciamo.
Il presidente del Senato Pera: In Europa
c uninclinazione da parte di alcuni settori del continente a sottovalutare i rischi ed i
pericoli o a tentare scorciatoie che possono
assumere anche laspetto di una resa di
fronte ai rischi che corriamo.

* * *

Ostaggi italiani in Iraq, cauto ottimismo


del premier sulla sorte delle tre guardie del
corpo ancora in mano alla guerriglia irachena: Stiamo facendo tutto il possibile.
Anche secondo Frattini ci sono segnali che
dimostrano da parte nostra una ferma determinazione e da parte dei nostri interlocutori una non chiusura. Il ministro ha poi
aggiunto: Faremo tutto il possibile per riportare gli ostaggi e il corpo di Quattrocchi
in Italia. Il vicepremier Gianfranco Fini ha
dichiarato: C un cauto ottimismo ma importante la discrezione. I familiari hanno
detto di sentirsi pi sereni.
Il presidente Ciampi: Ci auguriamo che
i nostri compatrioti possano esserci al pi
presto restituiti.

* * *

Iraq, Frattini e Kharrazi a colloquio. Il ministro degli Esteri iraniano ha insistito con
il collega italiano affinch tutti gli occupanti lascino al pi presto possibile lIraq e
il potere venga trasferito al popolo iracheno. Frattini, che ha incontrato anche linviato dellOnu per lIraq Lakhdar Brahimi,
ha chiesto che il trasferimento di sovranit
sia effettivo e che le Nazioni Unite abbiano
un ruolo realmente centrale.

* * *

Iraq, la lista Prodi accelera sul ritiro delle


truppe italiane dallIraq dopo la decisione
spagnola. Il portavoce Fassino: Non si pu
pi attendere passivamente il 30 giugno, a
questo punto ci vuole una riunione straordinaria del Consiglio europeo, per verificare
se ci sono le condizioni perch lOnu possa
adottare quella risoluzione che determini
una svolta in Iraq. Molto pi nette le altri
componenti del centrosinistra. Pecoraro
Scanio (Verdi): Il ritiro dei nostri militari va
chiesto e deciso adesso.
La Russa (An): Non mi sembra particolarmente coraggioso chiamarsi fuori ancor
prima del 30 giugno. Follini (Udc): La linea di Zapatero l8 settembre dellOccidente.

* * *

Il processo Sme resta a Milano: il ricorso


per incompetenza territoriale avanzato
dai difensori di Berlusconi stato giudicato
inammissibile. Nella prossima udienza,
fissata per il 30 aprile, verranno ascoltati
Squillante e Previti (ma il problema la
data, dipende dagli impegni, spiegano i difensori del parlamentare di Forza Italia).

* * *

Calderoli: Credo che Bossi si candider alle europee. Cos il coordinatore della Lega
Nord: Ovviamente decider lui, ma ci che
certo che sar in grado di farlo.

* * *

Confalonieri: Mangano non cera alla cena


di Arcore nel 1974. Il presidente di Mediaset, riferendosi alla requisitoria del pm Gozzo al processo al senatore DellUtri, ha dichiarato di sentirsi offeso dallarbitraria e
indimostrata affermazione, che considero
frutto di pura foga accusatoria. Mi riservo
ogni azione a tutela della mia onorabilit.

* * *

Alitalia, assemblea generale dei lavoratori a


Fiumicino. I voli sono stati regolari, ma i sindacati minacciano altre iniziative di lotta se
entro venerd il governo non presenter gli
interventi a sostegno del sistema.

* * *

Parmalat, Bondi: Nessun licenziamento.


Cos il commissario straordinario ai sindacati: Il piano per il salvataggio non prevede
nessun licenziamento ma una riduzione dei
dipendenti italiani che entro il 2005 dovranno passare da 3.500 a 2.600.

* * *

Borsa di Milano. Mibtel: 21.121 (-0,17%).


Leuro (1,2019) perde 0,0008 sul dollaro.
La Giornata realizzata in collaborazione con Dire

La politica di Zapatero e dei suoi seguaci chiara: si salvi chi pu La Giornata


Al direttore - Due scuole di pensiero: il legittimo assassinio o la legittima rapina.
Gianni Boncompagni

lanciare il possesso illegale ed ignobile di sei,


forse sette o otto, televisioni?
Giuliano Pattuelli, via Internet

per i quali il patriottismo solo una formula


vuota che puzza di fascismo.
Andrea Trucchia, Milano

Al direttore - Il ministro della Difesa di Zapatero si chiama Bono. Senza dubbio quello
degli U2.
Maurizio Crippa

Il primo ministro spagnolo sta passando


da una decisione avventurista allaltra, ma
politicamente responsabile dei suoi atti,
che sono a tuttora la massima espressione
possibile del compromesso passivo con il
terrorismo, una specie di si salvi chi pu. I
nostri zapateristi si limitano a stare sulla
sua scia, totalmente privi di un pensiero e
di unanalisi autonomi, ondeggianti tra lunit nazionale e la fuga alla spagnola. In
pi hanno trovato la formula della comica
finale: Zapatero cura le ferite dellEuropa.
Bisogner mantenere i nervi saldi e dar
prova di molto sangue freddo di fronte a
questa rotta dissennata che supera di molto i confini dellappeasement anni Trenta.

Al direttore - A Porta a porta di qualche


giorno fa, queste le testuali parole pronunciate da Gavino Angius (Ds): Dopo la Seconda
guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno, militarmente parlando, collezionato solo disastri.
Ha ragione, Angius. Eccettuate Corea, crisi di
missili di Cuba, Grenada, Nicaragua, raid su

Al direttore - La Spagna ha disgraziatamente avuto il suo undici settembre. Le mancava lotto.


Fabio Fazzo, via Internet
Al direttore - Si sprecano i sinonimi di orgoglio e coraggio sulle guide turistiche della
Spagna.
Luigi Castaldi, Napoli
Al direttore - Cosa far Bambi quando arriver il diktat dei separatisti baschi? Si ritirer
anche dalla regione contesa?
Lorenzo Masini, Milano
Al direttore - Tra tutti i modelli disponibili,
Prodi ha scelto il prode Zapatero. Una scelta
intelligente e vincente, se non coraggiosa. Mi
permetta una domanda: lutilizzo di al Qaeda,
alle prossime elezioni si potr considerare uno
sforamento della par condicio? Quanti chilogrammi di tritolo sono consentiti per controbi-

Al direttore - La gloria delle nazioni s formata nei secoli anche sul coraggio e sul sangue
versato dai suoi uomini non solo sulle chiacchiere. La Francia non ci guarderebbe dallalto in basso senza le imprese di quelle torma di
indemoniati che fu la Grand Arme; in Inghilterra echeggia ancora lurlo invasato della carica dei 600. Bisognerebbe ricordarlo ai fighetti di casa nostra che storcono la bocca di fronte alleroismo del povero ostaggio assassinato e

Alta Societ
Althorp Castle. La casa di Lady D. Un
tempo sereno e aristocratico ritiro di
Lord Spencer. Oggi luogo di concerti pop:
Jools Holland, Norah Jones e via
cantando. E suonando.
Tripoli del 1986 e relativo azzeramento politico
di Gheddafi, liberazione del Kuwait, incarcerazione di Milosevic e liberazione del Kosovo, abbattimento del regime terroristico dei Talebani
e di quello genocida di Saddam Hussein, nonch quellinsignificante bazzecola dellannichilimento del blocco sovietico nella Guerra fredda, ha proprio ragione. Cordiali saluti
Michele Castellari, Bologna

Al direttore - Sulla Repubblica Curzio Maltese si indigna per la trasmissione di Vespa con
Frattini e ci ricorda che la democrazia non
funziona in questo modo. In democrazia, per
Maltese, sulle sciocchezze lecito litigare allinfinito, sui problemi seri si smette di discutere. Ineccepibile. Ma non sarebbe irragionevole chiedere chi decide, in democrazia, quali siano le sciocchezze e quali le cose serie. Temo che
la risposta non verr da Maltese ma da una
puntata di Porta a porta.
Cordiali saluti
Mario Ricciardi, Milano
Al direttore - Mi congratulo per lo splendido
editoriale dellelefantino, pubblicato sul foglio
di lunedi 19 aprile. Mi congratulo, in particolare, per lannotazione sulla sinistra immemore, che cura con lideologia la morte dellidealismo filosofico, grande e terribile nonostante tutte le sue complicazioni e gli esiti criminali che sappiamo La prego, perci, di
accettare la mia esortazione a continuare il
ruolo di alternativa culturale, che il suo giornale andato sempre pi assumendo.
Luigi Bitto, Bergamo
Grazie, e troppa grazia.
La posta va inviata a lettere@ilfoglio.it
(non pi di 15 righe - 900 battute)

Paradossi: Strauss non neocon, la democrazia non si esporta


Roma. C chi sostiene che la politica
estera americana ispirata da Leo Strauss,
come scrive Christopher Hitchens, mentre
due straussiani seri come Harvey Mansfield
e Thomas Pangle, che sta per finire una biografia del filosofo (morto nel 73), restano in
silenzio. C chi si accanisce a dimostrare
che luso della menzogna rimproverato a
Paul Wolfowitz e ai neoconservatori dellamministrazione Bush vengono dritti dritti dallo studioso ebreo tedesco, emigrato in
America nel 38, come fa Shadia Drury, la
canadese che i detrattori hanno soprannominato con infinita rozzezza The Bitch of
Calgary, mentre solo una seria studiosa.
Drury dopo aver scritto saggi su Strauss,
su Kojve, ora anche su Terrore e civilt
ha dipinto il filosofo tedesco come un antimoderno nicciano, convinto che la liberaldemocrazia ha distrutto lortodossia religiosa necessaria per garantire lesistenza
stessa e la conservazione di una societ.
Altri evocano le singolari sintonie tra le
idee di Martin Heidegger e le tesi dei neocon (Antonio Gnoli su Repubblica di ieri)
insistendo su un accostamento teorico tra
lidea che un conflitto preventivo sia esportabile quando la propria identit viene minacciata e lappello alla potenza contenuto
nellautoaffermazione (Selbstbehauptung)
heideggeriana dellidentit, dellessenza tedesca, insomma il contenuto del famoso discorso nazi del Rettorato.
Che le cose siano un po pi complicate,
che tra la teoria e la prassi corra molta pi
acqua di quanto si possa pensare, lo ricorda adesso Tom West, un professore di Dal-

las, senior fellow del Claremont Institute,


dove Strauss insegn qualche anno prima
di morire. Lo fa sullultimo numero di
Commentaire, la rivista fondata da Raymond Aron, domandandosi Cosa direbbe
Strauss della politica estera americana?,
e dimostrando la compatibilit limitata tra
le idee di Strauss e quelle dei neocon Bill
Kristol e Robert Kagan. Anche Tom West
uno straussiano. Allievo di Allan Bloom a
Cornell negli anni Sessanta, da lui ha imparato che la filosofia politica tratta questioni di vita o di morte e gli rimasto fedele, anche quando ha criticato The Closing of the American
Mind (best-seller di
Bloom sulla decadenza
americana, pubblicato
ventanni fa), difendendo i padri fondatori
dallaccusa di essere
responsabili di tutti i
mali americani. West
insomma un moderato che lancia fendenti
in tutte le direzioni. Sia
contro Bill Clinton e la sua tesi che allepoca dei Padri Fondatori della democrazia
americana dovevi essere bianco, maschio e
proprietario per godere di eguaglianza e libert; sia allindirizzo dei conservatori convinti, come Robert Bork e prima di lui il
maestro di una generazione Russel Kirk,
che la teoria dei diritti individuali e il governo fondato sul consenso minano il fondamento morale della societ.
A dispetto di alcune basi comuni Leo

Strauss, secondo West, ha un approccio alla


politica estera ben diverso da quello della
famosa cabala neoconservatrice. Il confronto col comunismo, scrive infatti Strauss nellintroduzione a The City and Man del
1963, ha dimostrato che nessun cambiamento della societ potr mai sradicare il
male dalluomo: finch esisteranno gli uomini esisteranno la cattiveria, linvidia, lodio, e dunque non potr esserci una societ
che non debba aver ricorso allazione coercitiva. Perci le speranze di progresso permanente, tanto care a Woodrow Wilson, sono illusorie come pure lideale dello Stato
universale o federale.
Strauss non ha solo elaborato una antropologia negativa tipica dei conservatori, che
hanno poca fiducia nellumanit delluomo.
E anche unilateralista. Ogni nazione per lui
deve perseguire la propria politica estera,
senza abbandonarla a un organismo internazionale. La guerra fredda ha insegnato
che una societ politica rester quella che
sempre stata, una societ particolare il cui
compito essenziale di garantire lautoconservazione, e il cui compito pi nobile lautomiglioramento. Dunque, anche per i moderni, la politica estera riguarda la sopravvivenza e lindipendenza della propria comunit e va posta al servizio della politica
interna. Deve mirare ad assicurare i mezzi
urgenti e primari per raggiungere quellobiettivo elevato che la sicurezza nazionale.
Per questo Aristotele nella sua Politica
critica Sparta che ha commesso lerrore di
organizzare le proprie leggi stabilendo come
fine della politica il dominio delle altre na-

zioni attraverso la guerra. La politica estera


duna nazione giusta tocca le altre nazioni
solo se la sua stessa esistenza ne viene a dipendere. Una nazione giusta non si lancer
mai in una politica imperiale di espansione,
a meno che non sia in gioco la propria sopravvivenza. La politica estera devessere limitata dallunico criterio dellautoconservazione della citt. E la politica interna devessere subordinata a una sola cosa, il benessere della societ, una vita buona e nobile.
Per questo, deve focalizzarsi sulla miglior vita possibile per i cittadini, e promuovere il
vero ideale delleccellenza morale. E per
questo pi difficile della politica estera,
perch le affermazioni duna vita capace di
realizzare leccellenza umana sono tutte
aperte alla controversia.
Dunque per lo Strauss inteso come astrazione fantasiosa e paradigma da Tom West,
lunica giustificazione alla guerra sarebbe
stata se lIraq avesse costituito una minaccia
per la sicurezza americana o per gli alleati
americani. La prova pi convincente di tale
minaccia non era il possesso delle armi di
distruzione di massa, bens il sostegno attivo
dato dallIraq agli attacchi contro lAmerica;
ma Bush ha insistito sul cambio di regime e
sullesportazione della democrazia, che invece hanno senso solo in relazione con la sicurezza americana. West compie dunque un
ardito esperimento: indagare sulle idee attuali di un filosofo della politica scomparso
trentanni fa, per disincagliarlo dallimputazione di essere il testimone postumo della
strategia neocon.
Marina Valensise

Pasquetta in famiglia con lagnello (morto) e lex khmer rosso (vivo)


anta Lucio Battisti, legge un certo WilC
bur Smith, in famiglia fa lorso in letargo, fuori lo zuzzerellone senza famiglia.
Per Francesco, che ha compiuto 18 anni il
PADRI E FIGLI

6 aprile, non si aspettava di vedere il vecchio amico di suo padre, vederlo e sentirlo
scandire cos chiaro: Amici, seguite chi vi
ha invitato qui e ditelo anche ai vostri compagni, questa la strada giusta!. E bella la
strada che porta a casa, e Francesco che
sai pap, oltre al saluto del Giuss, a Rimini c stato anche lintervento di un kazako
che fino a 18 anni ha vissuto in istituto; ci
ha detto che quando uscito dallorfanotrofio si guadagnava da vivere rubando pecore e vendendo puttane proprio cos ci
ha detto, vendevo puttane e quando ha
incontrato il movimento erano in due, e lui
laveva detto al suo socio di non mollare la
strada incontrata, e invece quello lha mollata, un mese dopo si sparato. Cos i due
figli pi grandi sono stati a Rimini in compagnia di settemila giessini, i ciellini delle
superiori. Hanno fatto il triduo pasquale e
marciato per ore sotto la pioggia battente,
in via crucis. Lucilla, e a te cosa rimasto
impresso di Rimini? B, che Ges morto
e risorto per noi. Proprio cos mi ha detto
Lucilla, 17 anni, lallegra e serafica Lucilla,
quella del quanto figo Beckam e no, io
a Messa in parrocchia, con quei preti tristi
e noiosi non ci vado, e poi c 90 minuto,

ce lha comunicato in semplicit e letizia,


conquistata dalla notizia .
Poi venuta Pasqua di ottovolante allargato, in una specie di stazzo, in Sardegna.
Quattro coppie e 16 figli. La zia di 44 anni incinta per la quarta volta e nonno Jean, di 82,
che per la sorpresa si lasciato andare a
unespressione di tenerezza: Grazia, ma
non sei un po vecchiotta per queste cose?.
Il pastore Gavino ci ha chiesto la stessa cosa di Costanzo, e cio se per caso volevamo
adottare un agnello. Senzaltro. Per la gioia
dei bambini che hanno contribuito a cucinarlo, al forno e alla griglia. Si scioglieva in
bocca. Quasi come il porcellino di zia Olga,
tre mesi, finito a pasquetta, nelle campagne
di Oschiri, la testolina sotto le mascelle di
Bernie, otto anni. Quelli dellEnte nazionale protezione animali ci chiedono di guardare lagnello come il prete pacifista finito
a Primo Piano guarda le vittime della guerra imperialista, i morti sono morti, gli italiani valgono quanto quelli iracheni, anzi
un po meno poich sono occupanti. E cos la pecorella, povera e smarrita, guardatela negli occhi, non vi sembra di portare in
tavola un povero e smarrito bimbo del Terzo mondo? B, certo, nelle testoline di sabbia e pelouche anche la pecora, nel suo piccolo meriterebbe di pi. Raffiche di nichilismo suicida dalle al Jazeera del sentimentalismo italiano.
La vigilia di Pasqua ho anche telefonato
per fare gli auguri allex khmer rosso Ong

Thong Hoeung sopravvissuto ai suoi campi


di rieducazione in Cambogia. Lavevo intervistato una settimana prima, ma il suo libro
(edito da Guerini), lavevo solo sfogliato. Me
lo sono bevuto dun fiato la mattina che sono rimasto isolato dal resto della trib allaeroporto di Alghero. Non il solito libro
nero-contabile sul comunismo. E il diario
di un comunista uscito dalla Sorbona e andato a costruire il paradiso socialista dove
merda e piscio umani sono rivoluzionari,
vanno conservati perch servono a concimare i campi della gloriosa Kampuchea Democratica, dove i bambini lavorano e
muoiono in fabbrica, dove la moglie la
compagna famiglia, lamore per i figli cascame del pensiero borghese, i fiori vietati in quanto sovrastruttura inutile alla costruzione del socialismo, le case un retaggio delloccupazione occidentale da radere
al suolo per trasformare la Cambogia in una
risaia, le Olimpiadi un posto dove ci andremo quando ci sar la gara di trapianto
del riso, che vinceremo. E tutto questo accadeva a cominciare dal 17 aprile 1975 e, dato che questo bizzarro capitolo dellumana
storia non si ancora concluso, onore al
compagno Pol Pot, morto nel suo letto, nella sua capanna, tra i suo khmer nellaprile
1998; e onore al resto dei fantastici pazzi con
cui i pacifisti occidentali solidarizzarono a
suo tempo contro laggressione americana
(quando lUnit e Repubblica scrivevano
che i resistenti cambogiani non potevano

essere cos cattivi come li descriveva il


complotto mediatico della Cia), i quali sono
sempre l, a Phnom Pen, ritenuti ingiudicabili dai Tribunali dellAia, e auspicanti pace e riconciliazione nazionale. Ong Thong
Hoeung vede lucidamente il riaffiorare della follia autocolpevolizzante in Europa, vede il Belgio (dove oggi vive con la figlia nata in una risaia-lager) e ripete ossessivamente: No, ancora una volta, no, lOccidente non colpevole per quanto sta accadendo in Iraq. Purtroppo il pacifismo ancora
quello degli anni 70. Anche oggi c chi indottrina, come facevamo noi in Francia, e il
terzomondismo offre alibi al terrorismo.
A proposito di Iraq, un collega libanese
mi segnala la presenza a Baghdad del mio
amico musulmano sunnita Imad El Atrache.
Fa il corrispondente di al Jazeera, per da
quando hanno rapito gli italiani non appare pi in video. Sono sicuro che sta dando
una mano alla nostra diplomazia (e pure allinviata del comitato antimperialista Lilli
Gruber, I suppose, con cui Imad flirtava,
giornalisticamente parlando, gi quando
passava a Tempi, allepoca in cui in redazione avevamo un computer dellet della
pietra e due telefoni dellet della Sip, per
ci chiamavano perfino dal Quirinale, Scalfaro, perch abbiamo urgenza di contattare il dottor El Atrache, mentre il dottor El
Atrache era allaltro telefono col dottor Nasrallah, presidente sceicco degli Hezbollah).
Luigi Amicone

* * *
Nel mondo
SIAMO RAMMARICATI DELLA DECISIONE SPAGNOLA DI RITIRARSI dallIraq, ha detto Bush a Zapatero. Il presidente
americano ha invitato il premier spagnolo a
valutare attentamente future azioni per
evitare di dare ai terroristi e ai nemici della
libert in Iraq un apparente sostegno morale. Bush ha chiesto agli spagnoli di coordinare il ritiro con le altre forze per non
mettere a rischio gli altri contingenti. Il
presidente della Commissione europea Prodi si dice sulla stessa linea di Zapatero riguardo alla transizione irachena, ma ritiene
inutile il ritiro delle truppe.
Moqtada Sadr ha chiesto ai suoi uomini
di cessare gli attacchi contro gli spagnoli.

* * *

John Negroponte nuovo ambasciatore Usa


in Iraq (attualmente luomo di Washington allOnu). Lo dice la Cnn: lannuncio del
presidente Bush atteso a breve.

* * *

Gli Usa riducono le truppe intorno a Najaf


da 2.500 a 2.000 uomini (lattacco a Moqtada
Sadr non ancora stato deciso): in questi
giorni si celebra lanniversario della morte
di Maometto. Lha detto il colonnello americano Pittard. A Kufa, continuano gli scontri tra le milizie sciite e i soldati della coalizione. Un razzo ha colpito lambasciata
svedese a Baghdad (nessuna vittima). Un
iracheno, corrispondente di al Jazeera,
stato ucciso con il suo autista a Samarra.

* * *

Non permetteremo agli assassini di oggi


e di domani di colpire il nostro popolo: chi
osa farlo, sar colpito!, ha detto Sharon.
Cos il premier israeliano. DallEuropa,
per, arrivano critiche alluccisione del
leader di Hamas Rantisi. Prodi ha espresso
una condanna completa e senza riserve
della politica degli omicidi mirati (daccordo Blair e Chirac). Dura la reazione di Gerusalemme: LUe ha omesso di rilevare
che Rantisi era a capo di unorganizzazione
inclusa dallUe nella lista delle organizzazioni terroriste.

* * *

Il prezzo del petrolio ai massimi da 13 mesi,


dallinizio della guerra in Iraq. A Londra il
barile ha toccato i 34,11 dollari. A New York
il Light crude arrivato a 37,97 dollari.
Il portavoce della Casa Bianca, McClellan, fa sapere che il governo di Riad s impegnato a tenere il prezzo del petrolio tra i
22 e i 28 dollari al barile nei prossimi mesi.

* * *

Sale il superindice delleconomia Usa: +0,3


per cento a marzo (a quota 115,3 punti). Il
dato confortante perch indica che Corporate America continua a crescere.

* * *

Morto dinfarto il boss di McDonalds, James Cantalupo, 60enne CEO e presidente


del colosso dei fast food. Al suo posto il responsabile delle operazioni, Charlie Bell.

* * *

Suu Kyi forse libera entro due giorni. La


notizia stata diffusa da uno dei leader
dellopposizione alla giunta militare al potere in Birmania. La premio Nobel per la
pace era stata imprigionata lanno scorso.

* * *

Kim Jong Il a sorpresa a Pechino ha incontrato il presidente cinese Hu Jintao. Secondo la stampa sudcoreana, i due hanno
discusso dei problemi economici e della carestia che affliggono la Corea del Nord.

* * *

Oggi scade lultimatum del Pakistan ai


guerriglieri di al Qaida e agli ex talebani
nascosti al confine con lAfghanistan perch si arrendano. Intanto, Islamabad ha
spostato migliaia di soldati nella zona.
Articolo nellInserto I

* * *

Sventato un attentato suicida in Kashmir.


Lesercito indiano ha bloccato e ucciso tre
miliziani del gruppo radicale Lashkar e-Toiba che tentavano di infiltrarsi. Ieri, in India,
si votava per il rinnovo del Parlamento.

* * *

Srebrenica fu un genocidio. Lha stabilito


la Corte dappello dellAja respingendo il
ricorso del generale serbo-bosniaco Radislav Krstic, le cui truppe nel 95 sterminarono 7.000 musulmani nella citt bosniaca.
Un gruppo di contadini della Serbia del
Nord ha buttato nella spazzatura un missile inesploso trovato in un campo. Erano
5 anni che aspettavano gli artificieri.

* * *

Maradona ancora in pericolo di vita: stato


ricoverato domenica notte in un ospedale di
Buenos Aires per una una crisi cardiaca.
Questo numero stato chiuso in redazione alle 20,15

TENTATI INCONTRI TRA CIVILT


Occidentalia
Punk, patriottici e repubblicani
Metodi di mediazione vivente
Anticatastrofismo ambientalista
COME I SEX PISTOLS - Ala conservative
Il signor Nick Rizzuto indubitabilmente punk, cresta, cargo mimetici eccetera. Sedere poggiato sulle radici di una quercia in
Central Park, braccia conserte con su scritto fight terror a destra e vote Bush a sinistra, il signor Rizzuto non ha problemi a
dirsi filocapitalista. Anzi lo dice con decisione. Altri punk gli fanno notare che il
punk e il capitalismo non vanno daccordo.
Ma il signor Rizzuto osserva che di punk
nordcoreani o iraniani non ne ha mai visti,
e da quello che gli risulta le pi grosse storie punk sono in paesi capitalisti come Stati Uniti, Canada e Giappone. I punk sono
fantastici rifiuti tossici del nostro sistema di
produzione e degustazione e spreco e spasso, merci avariate che si mettono inaspettatamente a dire la loro lasciando magnifici
segni neri sulla crosta del nostro mondo. Il
signor Rizzuto il fondatore dei Conservative Punk, gruppo eminente nel giro dei Republican punk, tipo Gopunk o Anti-AntiFlag. I rep-punk sono per un consapevole
patriottismo, in polemica con la sinistra
estrema. Il signor Michael Graves un cantante rep-punk, si esibisce con una maschera da teschio e canta cose tipo: Sto marcendo di febbre-il cervello andato-sento
che un black out in arrivo- il bubbone sta
esplodendo. Pu sembrare strano che ci
siano punk di destra, ma in verit non lo .
I Clash, vero, erano di sinistra, ma i Sex
Pistols erano anarco-nichilisti e Johnny Ramone non ha mai nascosto le sue vivissime
simpatie repubblicane.
MONDO INCINTO - Come Maria Vergine
La vostra mente pu restare inchiodata
allo spettacolo della giustizia iniqua, della
crudelt della morale, dellautoritarismo
delle scienze ecc., e perdersi nella disperazione, o pu tentare di modificare la realt
con i mezzi che questa prevede e con la conseguenza di girare in tondo. Ma pu invece
rivolgersi direttamente al vero, al bello, allamore, alla libert, al godimento, con la certezza che da qualche parte questo si trova,
cio dentro di noi, almeno come desiderio, e
perch no, dentro gli altri, e tenerlo presente senza negare il resto che conta e pesa, perch anche quello possa contare in ci che si
dice e si fa, e risvegliare nel reale il suo possibile: questa loperazione della mediazione vivente. Come andare per il mondo incinti di quello che il mondo di fatto, al momento, non , non sa, non pu. O meglio, a somiglianza di Elisabetta che va incontro alla cugina Maria di Nazareth, andare incontro al
mondo e vedere che incinto del suo meglio. Luisa Muraro, Il dio delle donne.
DIO E CERVELLO / 1 - Scienza e morale
George Ellis un fervido quacchero che
insegna matematica applicata alluniversit
di Cape Town. Tenere insieme scienza, religione e morale il conundrum della sua vita. Lultimo libro che ha scritto si intitola
On the Moral Nature of the Universe. Ellis se la prende con i catastrofisti che dicono che il mais geneticamente modificato
cibo velenoso. La sua opinione che lassolutismo ambientalista non ci porter niente
di buono. Ogni progresso tecnologico, questo vero, comporta un conflitto di valori su
cui la scienza non titolata a dire nulla. Gli
scienziati che stanno lavorando a un progetto dovrebbero poter fare riferimento a
un panel interreligioso formato di cristiani, ebrei, musulmani, induisti e anche atei
che li illuminasse eticamente nel loro cammino. Ellis convinto che, messi da parte i
fondamentalismi, vi sia una profonda convergenza di valori tra le varie religioni. Le
ricerche che aprono maggiori problematiche morali, secondo Ellis, sono la sperimentazione animale sulle scimmie adulte e
la manipolazione del genoma umano. Ma
fra un po si porr anche il problema del
cervello. Diventa sempre pi chiaro come
funziona. E sempre meno chiaro fino a dove
possiamo spingerci nellinterferire con i
suoi complicati meccanismi.

ANNO I X NUMERO 109 - PAG I

IL FOGLIO QUOTIDIANO

MARTED 20 APRILE 2004

DIO E CERVELLO / 2 Crema inglese


Fu il dottor Thomas Willis, ufficiale nellarmata di Re Carlo I, a dare avvio alle moderne neuroscienze, verso la met del XVII
secolo. Nessuno avrebbe scommesso uno
scellino su quellammasso tremolante che
gli anatomisti cavavano dalla testa dei cadaveri. Dio non poteva aver riposto il governo delle pi alte facolt umane in quella scodellata di crema inglese. Del cervello
il dottor Willis si innamor. Sostenne che
era senzaltro di l, e non dal cuore, che si
dipartivano gli spiriti animali. Nel secolo
successivo si sarebbe capito che si trattava
di impulsi elettrici.

OGGI Nord: poco nuvoloso sul settore


occidentale; parzialmente nuvoloso sul
resto del settentrione. Centro: poco nuvoloso su Sardegna e regioni tirreniche.
Nuvoloso sulle altre regioni. Sud: nuvolosit irregolare, a tratti intensa.
DOMANI Nord: poco nuvoloso. Centro: sereno su Sardegna e Toscana; poco nuvoloso sulle altre regioni. Sud: iniziali condizioni di variabilit con residui piovaschi, in miglioramento.

Viaggionellasemprepilungacampagnaelettoraleafghana
Kabul. Share-Naw un enclave ritagliata nel centro di Kabul. Ospita la marea di operatori umanitari, diplomatici e
giornalisti di stanza nella capitale dodici
mesi allanno. Larea unisola di cavi telefonici ininterroti e di generatori al lavoro per gran parte della giornata; ShareNaw per la comunit di espatriati a Kabul significa elettricit e tanto basta per
attrarre valuta forte a prezzi da capogiro.
Questa manciata di chilometri quadrati
vale dieci volte il resto di Kabul, enclave
diplomatica esclusa; i prezzi sono andati
alle stelle e la frutta costa parecchi dollari. Kabul vorrebbe lasciarsi la paura alle spalle, la provincia invece che pare
essere la maledizione del distretto della
capitale.
Lo sviluppo volatile; entusiasmo e fiducia lasciano il tempo che trovano e
troppi interessi, troppe intenzioni nascoste dettano legge; e allora Kabul si tiene a
galla in uno stato di stand-by cronico, ai limiti della patologia: lo sviluppo arrestato,
gli affari incerti, la citt sospesa nella terra di nessuno tra rinascita e disperazione.
Di giorno terra di conquista per imprenditori con pochi scrupoli e di notte
territorio di branchi di cani randagi che
temono solo lAk 47. A Kabul in molti
odiano i cani perch di tanto in tanto comparivano con ossa umane in bocca, quando i resti umani erano pi a buon mercato della spazzatura; non si parlato di
spazzatura nella capitale per anni, luomo
consuma limpensabile se necesario.
Kabul circondata di montagne; croce

La capitale si tiene a galla in


uno stato di stand-by cronico, al
limite della patologia: lo sviluppo
arrestato, gli affari sono incerti
e delizia per la gente del luogo, fortezza e
prigione attraverso decenni di conflitto
continuo. La Shardarwaza Mountain letteralmente sezionata dalla linea di difesa
scelta dalle armate pashtun per respingere le avance insistenti dei britannici, padroni della piana dellIndo; furono necessarie 16 mila vittime britanniche e un sopravvissuto per raccontare il massacro
per mandare a casa gli inglesi.
Oggi la questione pi complessa e la
presenza delle forze dellIsaf pare essere
una benedizione per tanti e un cruccio
sopportabile per il resto della popolazione. Servono pace e stabilit; servono generazioni che non conoscono la guerra;
serve che ci si dimentichi come usare un
lanciagranate e che i ragazzi la smettano
di pulire il kalashnikov ogni sera e possibilmente che la smettano di sparare. Serve tempo in altri termini, e serve che il
jihad non produca altri eroi; solo lomicidio di Ahmed Yassin per mano degli
israeliani bastato perch a qualcuno
tornasse in mente il martirio.
I nemici del generale Dostum
In tempi dIraq impossibile da governare laltra terra liberata dagli Stati Uniti si muove sul filo del rasoio. La settimana scorsa il generale Rashid Dostum, ex
uomo dei sovietici, ex comandante
mujahid della fazione uzbeka, ex nemico
di tagichi e talebani, ha deciso di ricordare al presidente Hamid Karzai come
sono fatti i consulenti del governo in materia di sicurezza. Dostum stato il padrone dellAfghanistan uzbeko, unenclave a Nord-ovest del paese, per trentanni
anni, con fortune alterne. Da sempre
stato una spina nel fianco del governo
Karzai, fin dal principio, quando non voleva cedere Mazar-e-Sharif agli uomini
dellAlleanza del Nord. Karzai, esausto,
lo aveva spedito a Maymana, provincia
settentrionale di Faryab, per tenerlo lontano dai guai; inoltre, Dostum ufficialmente consigliere militare della presidenza Karzai, un incarico conferitogli pi
per incoraggiare lesilio nella remota
Maymana che per reale necessit strategica. A Maymana gli uomini di Dostum si
sono recentemente opposti a un comandante regionale, apparentemente daccordo con lautorit centrale, intenzionato ad assumere il controllo effettivo della
provincia. Dostum ha spedito i suoi uomini per strada e il comandante Enayatullah ha abbandonato il campo nel giro
di 24 ore; sono serviti 750 uomini da Ka-

bul e qualche giorno di fiato sospeso perch Dostum tornasse agli affari suoi. Non
era la prima volta daltronde, e probabilmente non sar lutima ha detto al Foglio sfiduciato un uffciale governativo che
preferisce rimanere anonimo. Il tempo
di quelli come Dostum arrivato ma lui
non vuole capirlo. Si tratta solo di trovare
un modo per toglierlo di mezzo e qualcuno si sta gi occupando della cosa.
Il problema di Dostum che i suoi peggiori nemici oggi sono gli uomini pi potenti del paese. Se non saltato in aria prima lo deve probabilmente alla volont degli uomini dellUnited Front for the Liberation of Afghanistan (Unifsa) di mantenere un profilo democratico e multitetnico.
Ma Dostum uzbeko e responsabile di anni di persecuzioni etniche; il cuore dellUnifsa tagico e tanto basta perch il generale abbia i giorni contati.
I servizi segreti pachistani
Se la provincia nord occidentale di
Faryab fosse lunica zona calda, potremmo
analizzare la situazione attraverso la personalit instabile di Dostum. Il fatto che
Herat e lOvest profondo del paese siano
in preda alla stessa agitazione non promette invece niente di buono per il profilo della politica estera statunitense. E difficile parlare agli elettori di una successstory quando due provincie chiave sono in
fiamme; senza contare il restante 30 per
cento del paese, di fatto in mano alle milizie talebane e agli uomini del gruppo
Hizb-i-Islami-Hekmatyar. Ieri otto persone
sono state arrestate nella capitale, per
presunti legami con al Qaida e con il partito islamico del signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar. Gli arresti sono stati
effettuati al termine di unoperazione a
Kabul condotta dalla polizia afgana e dai
peacekeeper internazionali. A Khost e
Paktia, Paktika, Zabol e Helmand le forze
dellIsaf vanno a combattere, non a mantenere lordine. Non si tratta di rafforzare
la pace, ma di conquistare metro per metro un territorio assolutamente inospitale,
dove la popolazione per un motivo o per
laltro non pare essere eccessivamente disponibile nei confronti degli Stati Uniti.
Nellarea sul confine tra Pakistan e Afghanistan gli elicotteri di Washington danno quotidianamente la caccia ai mujahedin di al Qaida, in fuga a dorso dasino dallaltra parte del confine. Qui si troverebbero qualche migliaio di uomini del generale Pervez Musharraf, apparentemente
impeganti in una micidiale operazione a
tenaglia. Lassedio durato dodici giorni
ed costato ai pachistani 46 morti tra militari e civili; poi i miliziani di al Qaida sono spariti tutti, in una sorta di buco nero
dove solo i servizi pachistani saprebbero
oggi fare luce.
Herat invece si infiammata domenica
21 marzo, quando Mirwais Sadiq, ministro
dellAviazione di Hamid Karzai e soprattutto figlio primogenito di Ismail Khan,
vecchio leader mujahid e padre-padrone
della regione di Herat, saltato in aria insieme a una mezza dozzina di ufficiali governativi. A Herat, il governo di Karzai
non ha mai avuto voce in capitolo; fin dal
crollo del regime talebano stato un affare privato di Ismail Khan, garantito da un
esercito privato di media portata.
Ufficialmente accaduto che gli uomini
di Khan e quelli di Zahir Nayebzada, un
comandante locale, si sono scontrati in seguito a un giro di nomine per posti governativi. Poche ore prima dellomicidio di
Sadiq, era stato sventato un attentato contro Ismail Khan. Detto questo, fonti ben
informate sulla questione parlano di un

Le elezioni, recentemente
rimandate da giugno a settembre,
sembrano altamente improbabili
anche in quella data
problema radicato tra Sadiq e Nayebzada;
lomicidio potrebbe essere stato solo il segno di una reazione eccessiva da parte del
comandante, un problema tra gentiluomini risolto nel modo peggiore. Il punto
che il governo centrale non stato deciso
nellappoggiare Ismail Khan, ufficialmente il governatore di Herat e delegato di
Karzai. In molti hanno avuto limpressione
che tutta loperazione fosse un modo di
saggiare il terreno in vista di unazione de-

cisa che ponga un limite al potere di Khan


nella provincia.
Khan anziano e le regole stanno cambiando a Kabul. Qualcuno sta probabilmente pensando di far fuori anche lui, con
lofferta di un ministero a Kabul magari. Il
primo avvertimento se di questo si trattato a fine marzo costato alla citt decine di morti. Se il governo vuole le elezioni deve poter gestire Herat e forse questa la carta migliore che il governatore
pu giocare, e turbolenze nellOvest del

In un video c un comunicato
di Hizb-i-Islami, il gruppo di
Hekmatyar, che predica il jihad
antiamericano
paese non sono negli interessi di nessuno.
Lo stesso ragionamento dallaltra parte della barricata si applica a Hizb-i-Islami di Gulbuddin Hekmatyar, ex premier
post-sovietico, ex-nemico di Ahmed Massoud, il leone del Panshjir, ex uomo dei
servizi pachistani e infine ex recipiente di
milioni di dollari della Cia. Gli abitanti
soprattutto quelli delle aree tagiche a hazare della capitale lo ricordano come
quello che sparava sulla gente dalle colline, indiscriminatamente.
Hizb-i-Islami era la maggiore delle fazione mujahedin. Le milizie tagiche non
avrebbero mai perdonato gli uomni di Hizi-Islami e Hekmatyar ha visto bene di passare dallaltra parte della barricata; al
fianco delle milizie neo talebane in nome
di un jihad antiamericana e anti Unifsa.
Hekmatyar si dato alla macchia nel 2001
e il suo stato maggiore internato a Guantanamo. Il Foglio ha ricevuto da fonti anonime un filmato stile al Qaida, un comunicato del vecchio leader ai suoi uomini in
Pakistan e sul fronte afgano: jihad annuncia il breve video finch gli america-

lambasciatore a Londra del governo de


jure di Burhanuddin Rabbani, in epoca di
regime talebano. Da due anni rientrato
a Kabul, pronto a prendere in mano leredit politica del fratello: Se Karzai e gli
americani decidono che le elezioni sono
da fare, bene, allora proveremo a farle, ma
resto dellavviso che non dovrebbe essere
questione di agenda, ma di sostanza. Le
elezioni non possono essere una scommessa contro Hizb-i-Islami e i talebani, n
dovrebbero essere orientate in accordo
con la strategia elettorale di George W. Bush. Settembre presto, e dovrebbe esserlo
per tutti. Per Wali Massoud, Younis Qanooni e Abdullah Abdullah, rispettivamente ex ministro dellInterno, consigliere per la Sicurezza nazionale e ministro
degli Esteri di Karzai, i tempi stringono in
vista della creazione di una nuova formazione politica, erede della Jemaat Islami
di Rabbani e Massoud. Si chiamer Nizati-Milli (Unione nazionale) e sar il veicolo
politico del vecchio stato maggiore di Massoud, eccezione fatta per il pezzo pi grosso, il solito maresciallo Fahim, ancora in
bilico tra i vecchi compagni di partito e il
blocco filo-americano di Karzai e di Zahir
Shah. Fahim decider molto a Kabul nei
mesi a venire, con ogni probabilit anche
la data definitiva delle elezioni.
Il blocco vicino agli Stati Uniti di Zahir
Shah potrebbe essere favorevole a unulteriore rinvio delle elezioni: arrivare al
2005 vorrebbe dire permettere a Mustafa,
il nipote di Zahir, di correre alle elezioni
appena compiuti i 40 anni. In settembre
sarebbe ancora troppo giovane secondo
la costituzione per prendere parte alle
presidenziali. Il problema del blocco monarchico tutto anagrafico, visto che
Mirwais, il figlio di Zahir, prossimo ai 70
troppo vecchio per lincarico e Mustafa
ancora troppo giovane. Se gli Stati Uniti
avessero deciso di andarsene per la famiglia reale sarebbe una questione di tempo:
Karzai dovrebbe soltanto rimanere in piedi fino ad allora e poi far un passo indietro. Da un altro punto di vista, lipotesi di
uno shah eletto a Kabul, sulla porta di casa, sarebbe una preoccupazione per gli

Arrivare al 2005 vorrebbe dire


permettere a Mustafa, nipote di
Zahir Shah, filoamericano, di
entrare in politica
ayatollah iraniani, per la politica estera di
Teheran uno shah in esilio lunico compromesso accettabile.

ni non lasciano il paese.


Hekmatyar esprime addirittura solidariet con gli uomini di Moqtada al Sadr in
Iraq, vicino alla minoranza sciita hazara
che i suoi uomini hanno massacrato ripetutamente. Hekmatyar non mai stato
sconfitto dai talebani e ha conservato apparentemente intatto gran parte dellarsenale militare messo a disposizione dagli
Stati Uniti in chiave antisovietica. Hizb-iIslami ha ancora decine di stinger guidati
al laser, una maledizione per gli elicotteri
americani impegnati a bassa quota sul
confine. Il partito in grado di destabilizzare le elezioni fino a renderle impraticabili e, fosse questa lutima carta che gioca,
Hekmatyar andr fino in fondo.
Il voto, recentemente rimandato da giugno a settembre, sembra altamente improbabile anche per quella data. Alla
Fondazione Massoud, a poche decine di
metri dallambasciata americana, Wali
Massoud siede con le mani nei capelli
dietro alla scrivania. E il fratello minore
di Ahmed Shah Massoud lafgano, padre
fondatore dellAfghanistan contemporaneo saltato in aria in Panshjir il 9 settembre 2001 pare per mano di al Qaida e
servizi segreti associati. La morte di Massoud doveva essere la garanzia della tenuta del regime talebano, un omaggio di
Osama bin Laden al regime dei mullah.
La faccenda poi prese unaltra piega e il
maresciallo Mohammed Qasim Fahim,
erede militare di Massoud, prese Kabul
con 4.000 uomini bene addestrati, tutti ancora oggi di stanza nella capitale.
Wali Massoud stato per dodici anni

600 miliziani di al Qaida spariti nel nulla


C traffico a Kabul, ulteriore conseguenza dellinvasione dellesercito della
pace; sembra che operatori umanitari e diplomatici siano colpiti da una febbre epidemica che li rende tutti eccessivamente
egocentrici, una sorta di sindrome da incarico pericoloso che probabilmente
confonde le idee a questo esercito della
salvezza. Pe il resto a Kabul gli attori che
contano sono sempre gli stessi: lambasciata pachistana sorvegliata 24 ore al
giorno, Islamabad ha troppi panni sporchi
in Afghanistan perch possa permettersi
distrazioni. Hekmatyar e i talebani erano
uomini dellIsi, il formidabile Inter-Services Intelligence pachistano, e probabilmente ancora oggi, in tempi di Musharraf
allineato con Washington, lintelligence
dIslamabad gioca la sua partita di testa
propria. Il punto che i neo talebani sono
la sola parte politica che rientra senza
equivoci nella sfera di influenza dIslamabad. In altri termini, le milizie insorgenti
sono la sola carta da giocare dei pachistani in chiave antirussa, anti iraniana e soprattutto anti indiana.
LAfghanistan dal punto di vista dellIsi
esiste per dare profondit strategica ai pachistani in caso gli indiani decidessero di
prendersi Lahore e la valle dellIndo. Di
questo si tratta alla fine dei conti: se a
qualcuno rimane il dubbio di come 600 miliziani di al Qaida possano scomparire nel
bel mezzo delle aree tribali assediate dallesercito pachistano ci sono infinite spiegazioni alternative alla verit sulle quali
fare affidamento. La verit riguarda i servizi pachistani deviati o meno e c solo da sperare che a Washington abbiano le
idee chiare in materia.
Claudio Franco

Memorie scettiche di Pipes sulla sua vittoria nella Guerra fredda


P

er il Daily Telegraph, se fosse stata assegnata una medaglia al coraggio morale durante la Guerra fredda Richard Pipes lavrebbe vinta diverse volte. Ha appena pubblicato una ghirlanda di ricordi,
Vixi: Memoirs of a Non-Belonger, unaffascinante memoria per Weekly Standard e
laltro baluardo di forza scettica, Robert
Conquest. Pipes ha il cinismo di Gibbon,
che vedeva nella Storia una registrazione
di delitti, follie e sventure dellumanit.
Sar perch ha perso la famiglia nei lager,
lArschloch der Welt, il buco del culo
del mondo che evita solo per miracolo. O
per quello che gli disse una donna nel 1957,
a Leningrado: Viviamo come cani, non dovremmo? Me lo dica per favore. Vide un sistema dove secondo un proverbio russo anche le ossa piangono la patria: scorrazza
quella che Solgenitsyn chiama la Cagna
Andata a Spasso, il CA-STI-GO!!! e i Woyzeck annegano nella Neva biascicando parole confuse. C una fotografia di Kamenev del 1918 a Brest-Litovsk. E smilzo, due
anni dopo obeso. Negli Stati Uniti entra
nellesercito come traduttore, studia Guizot
e Rilke. Per il Washington Post larchitetto intellettuale della vittoria americana

nella Guerra fredda. Oltre a Stephen Sestanovich, storico e consigliere di Clinton,


anche il Boston Globe, che lavrebbe intitolata Vinci, lo considera il padrino della
lotta al terrorismo. Il senatore democratico
Henry Jackson scopr questo storico di Harvard. A ingaggiarlo fu Richard Perle, il
Principe delle Tenebre a fibre ottiche. Era
il 1975. Donald Rumsfeld e George Bush ricevono da Ford il compito di creare il
Team B, un gruppo di analisti con un unico
problema: Qual la strategia sovietica per
le armi nucleari?.
Come in territorio nemico
Fu Perle a raccomandare Wolfowitz,
specialista militare con una preparazione
storica scadente. Pipes gli preferisce
Condoleezza Rice: Venne a trovarmi
quando lasciai Washington, nel 1983. Nel
1981 al National Security Council: Ogni
sera scrivevo cosa era successo. Ho circa
cinque o sei volumi. Come consigliere di
Reagan era osteggiato dal Dipartimento di
Stato, era come se entrassimo in un territorio nemico. Pipes posso distruggerti,
gli disse Henry Kissinger. LEconomist lo
chiama il solitario aratore. Cera anche

Elliott Abrams, che, con il figlio di Pipes,


Daniel, oggi tra i consiglieri sul Medio
Oriente. Insieme a Truman, Reagan il
pi grande nella storia americana. Sono
orgoglioso di aver avuto un ruolo nella caduta del regime sovietico. Nel 1987 Gorbaciov gli disse: Lei solo un accademico. Non proprio. Cerano quattro solisti,
disse di una cena a cui presero parte
Isaiah Berlin, il conservatore strappato
alloscurit di Ron Rosenbaum; George
Kennan, ideologo del containment; Edmund Wilson, star del New Yorker, e
Arthur Schlesinger. Inspiegabile lavversione per laltro gigante anticomunista a
Est dellHudson, Solgenitsyn, con la sua
postura profetica. Ha anche scritto per
New Republic un saggio sul suo antisemitismo (la bella russa stuprata da un ebreo
in Arcipelago Gulag). Non usa paillettes,
definitivo come Berdjaev sui sabba redentori. Ha lesprit de finesse del maestro
della guerra di Chaim Potok. Per la stampa sovietica era il demone che scriveva discorsi come quello (epocale) di Reagan a
Westminster nel 1982: In un senso ironico
Marx aveva ragione. Molti, come la first
lady, non lo sopportavano. Michael Dea-

ver e James Baker vedevano Reagan come


un nonno con un umorismo da non prendere seriamente. E a chi dubita che l11
settembre sia la maiuscola miniata, il drago allalba di unepoca proustiana e ferina,
Pipes ricorda lantecedente: Stalin, 193738, tremila fucilazioni per diem.
Per Commentary Vixi lontana dallessere compiuta, non ancora il tempo dei
commiati alla Cechov. Sulla morte di Yassin
ha scritto al Financial Times per chiedere
a Stati Uniti e Inghilterra se avrebbero avuto la stessa indignazione per bin Laden. A
favore della guerra: La distruzione del male invasivo che ha cambiato al meglio la bilancia dei poteri in Medio Oriente. A differenza dei neocon dubita per sulla democrazia in Iraq: Richiede individualismo, la fine di clan e trib. Anche Stalin
aveva una costituzione meravigliosa. Una
volta sent dire da Reagan che un milione
di cataloghi Sears Roebuck avrebbero fatto crollare lUnione Sovietica. Per Pipes farebbero altrettanto alle satrapie arabe. A
ottantanni questo cold warrior meriterebbe ancora quel titolone della Pravda:
Attention, Pipes!.
Giulio Meotti

Inglese addio
Il Sud-est asiatico, attratto
da Pechino (e dai suoi mercati),
parla e studia sempre pi il cinese
ar un segno dei tempi, dei grattacieli
S
che crescono come funghi a Pechino e
dintorni, delleconomia cinese che viaggia
al galoppo e rischia di surriscaldarsi, di un
crescente sentimento antiamericano, fatto
sta che in Asia, soprattutto nel Sud-est,
molti studenti abbandonano lo studio dellinglese, lingua sostanzialmente impronunciabile per loro, e abbracciano con ottimismo il cinese. Non che il compito sia
meno arduo, il puthonghua (il cinese standard, ovvero il mandarino) comunque
ostico, ma culturalmente, geograficamente,
e anche foneticamente molto pi familiare. Al di l dei sentimentalismi, comunque, la vera ragione per cui il numero delle scuole di cinese cresce dalla Thailandia
al Giappone sostanzialmente economica.
Se la crescita del paese non si fermer il
cinese diventer un must, la lingua fondamentale per fare affari e per trovare lavoro in Asia e nel resto del mondo. Dallo
scorso anno, per esempio, Pechino diventata la pi grande importatrice di prodotti sudcoreani, superando di gran lunga
gli Stati Uniti con un giro daffari pari a 50
miliardi di euro. Un dato che destinato a
crescere negli anni a venire, si parla di 83
miliardi di euro entro il 2006. Tanto che alcune delle pi grandi aziende di elettronica di Seul hanno deciso di offrire lezioni
gratuite di cinese ai loro dipendenti nellottica di un commercio sempre pi fiorente con Pechino. E i genitori delle classi
medio-alte mandano i loro figli adolescenti a studiare in Cina che diventata anche
la meta preferita dei turisti sudcoreani.
Il fenomeno non passato inosservato
allIstituto coreano per la politica economica internazionale (Kiep), un think tank
finanziato dal governo per studiare i trend
economici mondiali e le strategie che possono essere messe in atto per rendere pi
dinamico il commercio. Secondo lIstituto
si pu parlare di una vera e propria infatuazione per il paese asiatico a spese degli Stati Uniti, nonostante Seul sia uno dei
pi solidi alleati di Washington e ospiti 37
mila soldati americani. La Cina diventata, insomma, sinonimo di ricchezza e posti
di lavoro.
Il cinese standard parlato da 874 milioni di persone ed la lingua pi diffusa
al mondo. In passato alcuni paesi asiatici
avevano messo al bando lo studio del mandarino; tra questi spicca lIndonesia che,
durante la presidenza Suharto nel 1967, lo
dichiar illegale per 32 anni. Ma oggi la situazione radicalmente cambiata. Gi
dalla fine degli anni Novanta Thailandia,
Malaysia, Filippine, Cambogia, Indonesia
e Laos si sono adoperati per promuovere
lapprendimento del cinese nelle scuole
pubbliche e nelle universit. LAssociazione delle nazioni del Sud-est asiatico
(Asean) ha anche stretto un accordo con
Pechino per sostenere finanziariamente
tale sforzo. Bangkok diventata il centro
nevralgico per lapprendimento del cinese, grazie anche allesempio dato dalla figlia del re, la principessa Maha Chakri Sirindhorn, che lo studia fin dagli anni Ottanta. In tutta lAsia la presenza di popolose comunit di immigrati ha favorito anche la nascita di media in lingua madre
(giornali, riviste, tv e siti internet) che contribuiscono a diffondere la cultura e la lingua cinese.
LOccidente, comunque, non sembra essere immune dal contagio. In Canada il cinese diventato la terza lingua parlata,
negli Stati Uniti almeno 800 universit offrono corsi di mandarino e, in 80 atenei,
sono state istituite lauree ad hoc. LEuropa segue a ruota con dipartimenti di cinese nei maggiori atenei italiani, francesi,
britannici e tedeschi.
Un paese a due velocit
Diventiamo ricchi insieme. Sembra
essere questo il biglietto da visita con cui
la Cina si presenta ai propri partner. Ma
sar, poi, cos facile? Sicuramente non
cos per una parte della popolazione cinese. In uno degli ultimi paesi comunisti rimasti il miracolo economico riguarda solo
i residenti di poche regioni. Oggi il divario
tra ricchi e poveri tra i maggiori al mondo e, pi leconomia cresce, pi si acuisce.
Se Shanghai ha un reddito pro-capite pari
a quello di Lisbona o di Seul, a Ghizhou, la
provincia pi povera del paese, siamo ai
livelli del Bangladesh e dellUganda. E chi
nasce nelle zone rurali segnato a vita, come racconta Seth Kaplan sullInternational Herald Tribune, perch deve studiare
e lavorare nella regione in cui nato. Trasferirsi in una citt con buone prospettive
come Pechino o Shanghai pu essere
unimpresa impossibile. La Cina, insomma, un paese a due velocit, da una parte il progesso pi sfrenato, dallaltra il terzo mondo. Da 25 anni leconomia cinese
cresce come nessunaltra, ovunque sorgono nuove fabbriche, si costruiscono ponti,
strade, centri commerciali. Ma, ultimamente, si avverte qualche scricchiolio: i
prezzi dei materiali grezzi crescono troppo rapidamente, c carenza di energia
elettrica, il sistema dei trasporti sovraccaricato. La Banca centrale teme uninflazione galoppante e un surriscaldamento
delleconomia. Il gigante cinese dovr rallentare la sua corsa?
Monica Ricci Sargentini

ANNO IX NUMERO 109 - PAG II

Germanica
Le difficolt di Fischer,
il fair play elettorale di Vienna,
il Watergate della Bundesbank
Schrder retrocede Joschka
Con il succedersi di Franz Mntefering
alla guida della Spd il cancelliere aveva
sperato in un periodo di calma. Invece no.
Se da una parte esploso il caso del governatore della Bundesbank, sui cui retroscena (chi ha mandato le lettere anonime) sta indagando la procura di Stato,
mentre il ministro delle Finanze chiamato a risponderne mercoled prossimo
in Parlamento, dallaltra ci sono ora gli
scontri con il suo viceministro degli Esteri Joschka Fischer. A questultimo, come
scrive Der Spiegel, il cancelliere da tempo ha deciso di rubare la scena internazionale occupandosi direttamente di Iraq,
Usa, Medio Oriente. Ma anche di Europa,
tanto che al vertice di fine marzo a
Bruxelles, Fischer stato retrocesso in
seconda fila. Venerd scorso poi la Sddeutsche Zeitung titolava: Schrder
prende le distanze da Fischer. Certo,
Gerhard Schrder non mette in discussione la priorit della ratifica della costituzione europea, ma mentre Fischer pensa
alla dimensione strategica dellEuropa
dei 25 per affrontare globalizzazione e sicurezza, Schrder, sottolineando i dislivelli di sviluppo, punta a unintegrazione
fattiva con un nucleo di Stati trainanti.
Tesi, tempo fa, promossa proprio da Fischer, cos come di Fischer era stata lidea
di usare la guerra in Iraq come jolly nelle
elezioni del Bundestag del 2002 (oggi Fischer molto pi morbido con gli americani). A quanto pare cos lo stuzzica
Der Spiegel nellanno delle Olimpiadi
Fischer ha deciso esibirsi in ripetuti salti
mortali, spiazzando anche i suoi pi fidi
sostenitori. Il fatto che da qui allautunno incombono tredici tornate elettorali. I Verdi hanno gi ingoiato la politica
per lambiente voluta dal ministro dellEconomia. Unaltra retrocessione potrebbe
essere fatale.
Candidato neutro cercansi, a Vienna
Cos, lidea che un capo di Stato debba essere super partes o il timore di spaventare potenziali elettori che ha spinto i
due candidati alla Hofburg, a trasformare
le presidenziali (si vota domenica 25 aprile) in un minuetto?, si chiede il quotidiano austriaco Der Standard. A contendersi
il trono di Ersatz-Kaiser o Kaiserin,
sono la popolare Benita Ferrero-Waldner,
attuale ministro degli Esteri, e il socialista Heinz Fischer, alias leterno secondo,
visto che dal 1979 ricopre la carica di vicesegretario del Sp. LErsatz (sostituto)
non sta tanto per i poteri limitati della carica (simili a quelli italiani, eccetto lelezione diretta), quanto per il fatto che entrambi hanno abdicato alle loro aspirazioni (Ferrero Waldner propenderebbe
per uninterpretazione moderna e attiva
del ruolo, Fischer per qualcosa stile cancelliere Bruno Kreisky) in nome di quello
che Sp e vp sembrano volere: cio un
neutrum politico. Insomma nessun bastian contrario come fu negli anni Cinquanta il socialista Theodor Krner, che
pur di non usare i tappeti rossi saltava gi
dai treni prima che arrivassero in stazione; nessun personaggio imbarazzante come Kurt Waldheim ma nemmeno pi un
Thomas Klestil, il capo di Stato uscente.
Questo in particolare un desiderio del
cancelliere Wolfgang Schssel che non ha
dimenticato la faccia di Klestil alla cerimonia di insediamento del primo governo
di coalizione con i liberali di Haider nel
2000. E cos, come si legge sul sito dellOrf
(la radiotelevisione di Stato), la campagna
elettorale al momento verte su questi due
temi scottanti: E giusto che Fischer abbia cercato di accalappiarsi elettori distribuendo pacchetti di Manner Schnitten
(chi stato in Austria sa che sono molto
meglio dei Loacker)? Il patto di fair play
non ammette regali. E ancora, vero che
i popolari hanno scippato a Fischer il memorabile slogan la politica ha bisogno di
una coscienza?
Fatture fotocopiate
La Sddeutsche Zeitung parla di un
Watergate tedesco, la Frankfurter Allgemeine di un vero e proprio intrigo, Die
Zeit di un assalto alla fortezza. Lo scandalo che ha investito due settimane fa il presidente della Bundesbank Ernst Welteke
rischia di travolgere anche il ministro delle Finanze Hans Eichel. Come scrive la
Sddeutsche va innanzitutto appurato chi
il mittente delle lettere anonime con
tanto di fattura fotocopiata (7.661,20 euro
come riportava Der Spiegel) dellHotel
Adlon alla Dresdner Bank per il soggiorno di Welteke e famiglia il capodanno del
2001 (ai funzionari pubblici vietato accettare regali). I sospetti si concentrano su
Klaus-Peter Schmidt-Deguelle consigliere di Eichel. Fu, infatti, proprio SchmidtDeguelle a organizzare, per conto della
Dresdner Bank, la festa di Capodanno per
lentrata in vigore delleuro. Tra i motivi
che possono aver spinto Eichel ad avvalersi del suo aiuto per far fuori Welteke ci
potrebbe essere, come scrive la Faz, il
tentativo del ministro di mettere mano su
parte della vendita delle riserve auree
della Bundesbank (vendita da poco concordata con le altre banche centrali europee) per rimpolpare, in previsione delle
elezioni del marzo 2005 nel Land Nordrhein-Westfalen, le casse dello Stato.
Welteke le vorrebbe investite diversamente. Die Zeit, invece, d pi credito a
quanto dice una fonte vicina al ministro,
e cio, che Eichel da tempo cerca di imbrigliare la Bundesbank. In parole semplici, il ministro vorrebbe far sottoporre il
bilancio annuale della Bundesbank allapprovazione del Parlamento. Con Welteke un progetto impossibile, con Caio
Koch-Weser, attuale segretario di Stato e
probabile candidato alla guida della banca centrale, forse si potrebbe fare.

IL FOGLIO QUOTIDIANO

MARTED 20 APRILE 2004

Ora Sharon non pu non andare fino in fondo con Hamas


Gerusalemme ha fortemente indebolito il gruppo palestinese Lanonimato scelto per il nuovo leader ne la prova (anche se un nome
circola) Ma un pericolo che si rafforzi linfluenza di Hezbollah a Gaza Laltro rischio per Israele linternazionalizzazione del conflitto
rapida sequenza, il governo di Ariel
ha in meno di un mese elimiInatonSharon
due leader di spicco di Hamas a Gaza, lasciando lorganizzazione indebolita,
divisa e in difficolt. Allindomani delluccisione dello sceicco Ahmed Yassin,
Hamas aveva giurato vendetta. Nonostante i molteplici tentativi di mantenere
la promessa, dal 22 marzo Hamas non
riuscito a portare a termine con successo
nessun attacco terroristico entro i confini
dIsraele. Lunica eccezione stata lattentato a Erez, al confine tra la Striscia di
Gaza e Israele, sabato pomeriggio, poche
ore prima che il successore di Yassin, il
pediatra Abd-el Aziz el Rantisi, venisse
centrato da un missile israeliano nella
sua auto.
La risposta rabbiosa di Hamas, che ha
promesso nuovamente vendetta, riflette
la sua impotenza. Ogni giorno che passa
senza che Hamas riesca a colpire Israele
indebolisce lorganizzazione, la cui popolarit deriva dalla frequenza e dalla forza letale dei suoi successi terroristici. La
decisione di Hamas di non rivelare il suo
nuovo capo a Gaza anche se trapelano
indiscrezioni secondo le quali sarebbe

spende tempo ed energie a nascondersi


ha meno tempo da spendere a cercare di
ammazzare gli altri.
Perch la strategia funziona
Il nuovo status di vulnerabili obiettivi
braccati da traditori e missili guidati costringe ora i leader a darsi alla macchia
pi che mai. Una delle forze dellorganizzazione stava proprio nel carisma dei suoi
leader e nella loro frequente presenza tra
la folla. Ne conseguir inevitabilmente
una minor visibilit dellorganizzazione,
cosa che potenzialmente potrebbe inde-

Sharon non vuole creare una simile impressione, dove Hamas potrebbe proclamarsi vincitore e spiegare il ritiro israeliano come fece gi Hezbollah in Libano,
come la conseguenza della lotta armata di
cui Hamas il principale fautore. Indebolire Hamas operativamente e sminuirne il potere politico lasciando un vuoto di
leadership serve anche a raggiungere
questo obiettivo. Il risultato, sperano a
Gerusalemme, sarebbe di favorire forze
politiche meno indigeste allindomani del
ritiro, primo tra tutti Mohammad Dahlan,
uomo dellAutorit nazionale palestinese,

tica sulla possibilit di collaborazioni


jihadiste globali. Ora, con luscita di scena dei due principali leader locali, Mashal potrebbe riprendere le fila del movimento, perseguendo pi aggressivamente
la linea di cooperazione con Hezbollah e
altre forze jihadiste globali. La morte di
Rantisi inoltre potrebbe metter fine al recente negoziato tra Hamas e Autorit nazionale palestinese per condividere il potere a Gaza, dopo il ritiro israeliano. Se da
un lato tale interruzione previene almeno
temporaneamente ogni possibile inclusione di Hamas nel futuro assetto di potere di Gaza (ed eventualmente dello Stato
palestinese), dallaltro potrebbe spingere
Gaza nella direzione del confronto/scontro tra nazionalisti e islamisti. E nel caso
di anarchia il secondo peggior scenario
per Israele e Stati Uniti, dopo la presa di
potere di Hamas esiste il rischio di internazionalizzazione.
Se Gaza scivolasse nel caos, insomma,
non da escludersi che lOnu e altre organizzazioni internazionali, prima tra tutte lUnione europea, caldeggino linvio di
forze di interposizione e di osservatori
per ristabilire lordine e far fronte alli-

La precisione delle due


operazioni (Yassin e Rantisi)
indica fino a che punto Israele sia
riuscito a infiltrarsi a Gaza

Il secondo peggior scenario per


Sharon e Bush lanarchia nei
Territori. Provocherebbe la
richiesta di osservatori dellOnu

stato scelto come leader occulto il medico Mahmoud A Zahar mostra con
chiarezza lattuale debolezza dellorganizzazione.
I due centri israeliani, a cos poca distanza luno dallaltro, e la precisione delle due operazioni, che non hanno causato danno collaterale tra civili, indicano a
che punto Israele sia riuscito a infiltrare
lorganizzazione. Soltanto unottima intelligence umana quella che tragicamente gli alleati non hanno oggi in Iraq
per far fronte allindegno ricatto degli
ostaggi pu garantire il successo di simili operazioni.
Lanonimato del nuovo leader riflette
dunque la consapevolezza di non essere
pi sicuri come un tempo. Israele raggiunge impunemente i suoi leader: Hamas passer le prossime settimane e mesi a cercare di individuare le spie tra le
sue fila; i suoi leader dovranno essere
pi circospetti e guardinghi di quanto
non fossero gi; dovranno guardarsi le
spalle e potranno fidarsi soltanto di pochi: se Israele ha in cos poco tempo eliminato i suoi due pi autorevoli leader,
nessuno, anche nella cerchia pi ristretta, pi sicuro. Tale situazione rende pi
difficile lattivit politica e la pianificazione di operazioni terroristiche. Chi

nevitabile crisi umanitaria. Paradossalmente, tale sviluppo potrebbe favorire i


palestinesi nel lungo periodo, vista la loro predilezione per linternazionalizzazione e lindubbio sostegno che la loro
causa ne trarrebbe da una presenza internazionale. Israele si troverebbe limitato nel suo potere di rappresaglia in caso
di attacchi, e le forze internazionali a
giudicare dalla passata esperienza di forze Onu in Egitto tra il 1949 e il 1967 e in Libano dal 1978 a oggi con tutta probabilit fungerebbero da ostacolo a Israele ma
non al terrorismo palestinese.
Luccisione di Rantisi, dopo leliminazione di Yassin, rappresenta dunque un
ulteriore rischio calcolato, che dar i suoi
frutti soltanto se Israele continuer con
successo ed efficacia a colpire la leadership di Hamas, a Gaza e altrove, fino al
preannunciato ritiro dai territori palestinesi. Le eliminazioni di Rantisi e di Yassin insomma devono essere soltanto linizio di una campagna di uccisioni mirate
che decapitino tutta la leadership politica e militare di Hamas prima che Hamas
possa riorganizzarsi, allearsi con altre organizzazione terroristiche, o beneficiare
di un intervento internazionale per recuperare le forze.
Emanuele Ottolenghi

bolirla agli occhi dellopinione pubblica


palestinese.
La strategia israeliana per ora sembra
funzionare. Israele mira a indebolire Hamas e a decapitarne lorganizzazione non
soltanto per minarne la capacit operativa, ma anche per rafforzarne i concorrenti palestinesi in vista del ritiro unilaterale da Gaza. Dei molti scenari previsti per
il giorno dopo il ritiro, quello di una presa del potere da parte di Hamas , sia per
Israele sia per i suoi alleati americani,
quello meno desiderabile. Inoltre, memore dellimpatto avuto sullopinione pubblica palestinese del ritiro unilaterale
israeliano dal Libano a maggio del 2000,

con cui Israele e gli americani mantengono un canale aperto e che viene considerato come interlocutore credibile.
Perch una strategia rischiosa
Ci sono tuttavia dei rischi nella strategia israeliana. Il vuoto di potere che si sta
creando tra le fila di Hamas a Gaza potrebbe riportare il baricentro dellorganizzazione a Damasco, nelle mani di Khaled Mashal, suo commissario politico.
Con il ritorno di Yassin a Gaza nel 1997
la leadership politica e le decisioni del
movimento emanavano principalmente
da Gaza, ed esprimevano una linea che
prediligeva gli interessi locali ed era scet-

La pericolosa distinzione fra Shoah e Israele, fra ebrei e israeliani


I

n Israele ricordiamo lOlocausto, le sue


vittime e i suoi eroi non il 27 gennaio, come in Italia e in vari paesi europei, ma il 27
di Nissan (18-19 aprile), una settimana prima del giorno dei caduti nelle guerre di
Israele e del giorno dellindipendenza dello Stato. In questo modo ricordiamo che lo
Stato dIsraele nato solo tre anni dopo la
Grande Catastrofe e che sin dal suo primo
giorno di vita, abbiamo dovuto combattere
per sopravvivere e per far rinascere il popolo ebraico nella sua terra storica.
Per noi israeliani la Shoah parte della
nostra coscienza di individui e di popolo.
Non semplicemente storia, ma una ferita
aperta da cui non ci siamo ancora ripresi,
n da un punto di vista emotivo, n da un
punto di vista demografico. Eravamo 18 milioni di ebrei nel 38. Sei anni dopo il popolo ebraico contava 12 milioni. Sei milioni di
fratelli e sorelle, un milione e mezzo di
bambini non sono mai tornati dai viaggi
della morte. Questo per noi lOlocausto.
Per il resto del mondo, e soprattutto per
lEuropa, la Shoah un argomento difficile, talvolta imbarazzante, talvolta sfruttato
e abusato. Certo che, nonostante la storiografia e i media abbiano esplorato quella storia in lungo e in largo con una produzione impressionante di materiale, esistono oggi fenomeni preoccupanti, facce diverse della stessa medaglia: la tendenza a
distinguere Israele dalla Shoah, lantisemitismo e il nuovo antisemitismo.
Non si pu capire il popolo dIsraele senza la Shoah, e allo stesso modo, la lezione
della Shoah non completa senza Israele.
Oggi si tende pericolosamente a distinguere e a pensare che lOlocausto sia una cosa
e lo Stato dIsraele unaltra. A voler mettere da una parte la Shoah e gli ebrei e dallaltra Israele e gli israeliani. Questoperazione chirurgica nei confronti della storia
una grande mistificazione: lo Stato dIsraele gli ebrei che hanno imparato la lezione

delle persecuzioni e della Shoah. Israele


gli ebrei che hanno detto mai pi e hanno iniziato a difendersi contando solo sulle
proprie forze. Alla stessa mistificazione storica appartiene anche lassurda convinzione che lo Stato ebraico sia nato per volere
del Vecchio Continente, desideroso di
espiare il suo senso di colpa. Ma il sogno
del ritorno nella Terra dei nostri padri era
vecchio di 2000 anni, e la trasformazione di
quella provincia abbandonata dellImpero
Ottomano in un focolare nazionale era iniziata ben prima dello sterminio, con il movimento sionista. Israele non nata grazie

alla Shoah, ma nonostante la Shoah.


Almeno tre elementi legano intimamente la storia dellOlocausto alla storia del nostro Stato. Un elemento politico: se Israele
fosse nata solo dieci anni prima, la Shoah
non sarebbe mai avvenuta, perch lebraismo europeo avrebbe avuto una casa sicura, lontano dalle aggressioni naziste e dal
diffuso antisemitismo. Un elemento costituito dalleredit spirituale dellOlocausto:
lo Stato dIsraele lantidoto contro il ripe-

tersi della storia e la dimostrazione concreta dellamore del popolo ebraico per la
vita, della nostra resistenza e forza danimo
nel guardare sempre avanti. Infine, un elemento sociale: la nascita dIsraele, come
sappiamo, fu accompagnata dallaggressione di cinque Stati arabi il cui obiettivo dichiarato era di buttarci a mare. Nonostante le ceneri dello sterminio fossero ancora
calde, noi dovemmo combattere per sopravvivere. Non fu solo una guerra politica
ma anche una battaglia morale contro il
tentativo di eliminarci, ancora una volta,
dalla famiglia delle nazioni. La met dei
soldati che combatterono nella guerra dichiarata a Israele il 15 maggio 1948, il giorno dopo la sua dichiarazione dindipendenza, erano sopravvissuti alla Shoah.
La propaganda dellodio
Ma oggi, accanto a preoccupanti rigurgiti di antisemitismo, assistiamo purtroppo
allemergere di quello che chiamiamo il
nuovo antisemitismo. Si presenta nella forma di anti-sionismo, ovvero di virulenza
contro lo Stato dIsraele. Alcuni sostengono
che si tratta semplicemente di critica legittima verso un governo e dicono che il governo dIsraele unaltra cosa rispetto agli
ebrei. In realt sotto questo atteggiamento
anti-israeliano ritroviamo gli stessi elementi ed argomenti della vecchia e brutta
retorica antisemita. Lanti-sionismo, come
sosteneva anche Martin Luther King, vero e proprio antisemitismo con il trucco rifatto. Esistono, poi, forme di antisemitismo
molto pi sofisticate, come, a mio parere, il
recente film di Mel Gibson La Passione di
Cristo, che insinua nella gente meno
istruita germi di odio, infiammandone gli
animi. Basti pensare al grande entusiasmo
con cui il film stato accolto nel mondo
arabo.
La storia insegna, per, che lantisemitismo non solo un problema per gli ebrei,

ma un pericolo per qualsiasi societ disposta a tollerarlo. Laddove lantisemitismo viene giustificato o accettato, prima o
poi emergeranno altre forme di razzismo e
xenofobia perch il pregiudizio come un
cancro. La malattia dellodio finisce per divorare lintera societ fino ad annullare i
principi democratici. E compito delle istituzioni prevedere misure idonee per evitare che ci accada. Un primo compito
quello di mantenere alto il livello di interesse nelle scuole. Il curriculum di ogni ragazzo dovrebbe includere lo studio di ci
che accaduto in Europa durante la Seconda guerra mondiale. Un secondo impegno deve essere di tipo politico-diplomatico: ogni fenomeno di antisemitismo deve
essere condannato apertamente e senza
mezzi termini dai governi e dai loro leader.
E importante, infine, che il sistema legale
fornisca strumenti per identificare e reprimere la propaganda dodio. La libert di
parola non pu, infatti, sconfinare nellincitamento allodio e alla violenza, ed compito del legislatore proteggere la civile convivenza di tutti i gruppi che compongono la
societ.
Mi auguro che gli educatori e gli opinionmaker e i legislatori riescano a superare i
loro tab e pregiudizi e accettino la realt:
che la Shoah parte della storia dIsraele.
A una settimana dal 56 Giorno dellIndipendenza del nostro Stato, noi israeliani
siamo determinati nel preservare e assicurare lesistenza del popolo ebraico nella
sua terra madre. Restiamo saldamente ancorati al nostro impegno di consegnare alle future generazioni uno Stato forte e indipendente, unico vero rifugio sicuro per il
popolo ebraico. Il compito del mondo democratico occidentale, invece, deve essere
quello di fare in modo che nessun ebreo
debba pi cercare un rifugio.
Ehud Gol
ambasciatore di Israele in Italia

O inviamo in Iraq 200 mila soldati o reclutiamo la Guardia del ras


l problema non lerrore, ma la velocit
Iaccorto
con cui lo si corregge. Il Pentagono si
fin dallestate del 2003 che il numero e il tipo di truppe sufficienti per sconfigSCENARI

gere lesercito di Saddam non lo era per


controllare il territorio occupato. Non si conoscono i calcoli tecnici del comando strategico americano, ma si possono approssimare utilizzando la teoria della massa,
per esempio ben spiegata e raffinata nei
manuali di strategia del generale Carlo
Jean. Applicandone i parametri si deriva
che per un controllo saturante dellIraq ci
vorrebbero almeno 200.000 soldati combat-

tenti, cosa che ne implica quasi altrettanti


nei servizi di supporto e funzioni laterali.
Quindi gli attuali 130.000, di cui solo 70.000
operativi, sono insufficienti. Difficilmente
il Pentagono pu aver fatto un calcolo tanto diverso pur considerando che la qualit
delle tecnologie pu influenzare il computo. Infatti gi da un anno ha accelerato il
programma per costruire una forza militare indigena. E ha intensificato la richiesta
di pi truppe a pi paesi alleati. Ma tali
tentativi di correggere lerrore si sono dimostrati finora troppo lenti. La forza di antiguerriglia irachena non sta prendendo
forma. Solo i contingenti britannico ed italiano sono capaci di eseguire autonoma-

mente il controllo del territorio assegnato.


Le altre forze inviate da quasi 40 nazioni risultano politicamente significative, ma operativamente irrilevanti. Termini dello scenario: (a) lAmerica non ha molte truppe in
riserva e potr compensare il gap aggiungendone solo 20mila, come sta facendo, ma
poco addestrate alla controguerriglia; (b)
rinforzi da altri paesi sono possibili, alcuni
significativi in arrivo, ma su questo piano
non ci si pu attendere nulla di risolutivo.
Quindi lunica soluzione per arrivare alla giusta massa di controllo quella di mettere in campo almeno 120.000 indigeni ben
addestrati per il presidio saturante del territorio. Ma tale era anche lopzione ottima-

le mesi fa. Qual il motivo del ritardo? Probabilmente il Pentagono ha voluto reclutare e formare personale iracheno dando
priorit a criteri ideologici quali la non
compromissione con il regime precedente.
E ci ha allungato i tempi. Per abbreviarli
ed arrivare al 30 giugno con un esercito indigeno efficace non c altra alternativa che
quella pragmatica: reclutare le forze dlite, tra cui alcuni elementi della Guardia,
di Saddam, gi specializzati in controguerriglia. Il costo di immagine e quello per
controllarne la lealt sarebbe molto minore del costo generato dal mancato ottenimento della giusta massa ordinatrice.
Carlo Pelanda

Diritto e castigo
Le leggi internazionionali vietano
le uccisioni mirate?
La risposta non sembra univoca
ono conformi alla legge internazionale
S
le uccisioni mirate con cui Israele sta
sterminando la dirigenza di Hamas? Recita la Convenzione di Ginevra del 1949 allarticolo 3: Le persone che non partecipano direttamente alle ostilit, compresi i
membri delle forze armate che abbiano
deposto le armi e le persone messe fuori
combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate, in ogni circostanza, con umanit, senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole che si riferisca alla razza, al colore,
alla religione o alla credenza, al sesso, alla nascita o al censo, o fondata su qualsiasi altro criterio analogo. A questo scopo,
sono e rimangono vietate, in ogni tempo e
luogo, nei confronti delle persone sopra
indicate: a. le violenze contro la vita e lintegrit corporale, specialmente lassassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i
trattamenti crudeli, le torture e i supplizi.
Yassin e Rantisi, indubbiamente, nel momento in cui sono stati colpiti non avevano armi, e Yassin soffriva anche di vari impedimenti fisici.
Ma possibile giudicare fuori combattimento gli strateghi di unoffensiva terrorista che colpisce gli israeliani senza discriminare tra civili e militari? Larticolo
13 della stessa Convenzione stabilisce in
effetti che il campo di applicazione si riferisce ai feriti e ai malati non solo membri delle forze armate di una Parte belligerante, come pure i membri delle milizie
e dei corpi di volontari che fanno
parte di queste forze armate
ma anche i membri delle altre milizie e degli altri corpi di
volontari, compresi quelli dei
movimenti di resistenza organizzati, appartenenti a una
Parte belligerante e che operano fuori o allinterno del
loro proprio territorio, anche se questo territorio occupato. Ma semprech
queste milizie o questi
corpi di volontari, compresi
detti movimenti di resistenza organizzati,
adempiano le seguenti condizioni: a. abbiano alla loro testa una persona responsabile dei propri subordinati; b. rechino
un segno distintivo fisso e riconoscibile a
distanza; c. portino apertamente le armi; d.
si uniformino, nelle loro operazioni, alle
leggi e agli usi della guerra. E anche alla
popolazione di un territorio non occupato che, allavvicinarsi del nemico, prenda
spontaneamente le armi per combattere
le truppe dinvasione senza aver avuto il
tempo di organizzarsi come forze armate
regolari posta la condizione che porti
apertamente le armi e rispetti le leggi e gli
usi della guerra.
Prima della Convenzione del 1949 vigevano i Regolamenti dellAia del 1907, che
allarticolo 23b vietavano a loro volta lassassinio. Ma colpire un comandante nemico mentre si sta spostando assassinio
o azione di guerra? Una chiara uccisione
mirata fu quella con cui nel 1943 i servizi
segreti Usa individuarono laereo dove
stava viaggiando lammiraglio Yamamoto,
regista dellattacco a Pearl Harbor, e lo abbatterono, sulle Isole Salomone. Il pilota
stesso che comp latto era poco convinto,
e sul fatto che nessuno lo process si pu
ben commentare che dopo il 1945 la giustizia la fecero i vincitori. Ma la stessa
identica cosa era avvenuta il 5 giugno 1916,
quando era stato invece un sottomarino tedesco ad affondare lincrociatore Hampshire per uccidere il ministro della Guerra britannico, Lord Kitchner. Gli Alleati
cercarono di perseguire come crimine di
guerra dopo il 1918 le azioni sottomarine
in genere, ma non lintenzione di uccidere
un comandante avversario in particolare.
La perfidia di simulare lo status di civili
Dopo il 1949, sulla questione tornato il
Protocollo aggiuntivo del 1977, approvato
dallOnu nello stesso periodo di maggioranze terzomondiste in cui il sionismo era
stato definito una forma di razzismo.
Larticolo 1 prevede, infatti, espressamente che le Convenzioni comprendono i conflitti armati nei quali i popoli lottano contro la dominazione coloniale e loccupazione straniera e contro i regimi razzisti, ma
non chi abbia preso le armi contro un regime a partito unico. Ma non per questa
ragione che n Stati Uniti e n Israele
lhanno ratificata, bens per quel disposto
dellarticolo 44 secondo cui per facilitare
la protezione della popolazione civile contro gli effetti delle ostilit, i combattenti sono obbligati a distinguersi dalla popolazione civile quando prendono parte a un
attacco o ad una operazione militare preparatoria di un attacco. Tuttavia, dato che
vi sono situazioni nei conflitti armati in
cui, a causa della natura delle ostilit, un
combattente armato non pu distinguersi
dalla popolazione civile, egli conserver lo
statuto di combattente a condizione che, in
tali situazioni, porti le armi apertamente:
a. durante ogni fatto darmi; e b. durante il
tempo in cui esposto alla vista dellavversario, mentre prende parte a uno spiegamento militare che precede linizio di un
attacco al quale deve partecipare. Cio,
mentre un soldato regolare sempre
obiettivo se non ferito o non alza le mani, al guerrigliero basterebbe togliersi ogni
contrassegno durante il tempo libero per
diventare intoccabile.
Anche il Protocollo del 1977 vieta comunque la perfidia, comprendendovi il
simulare di avere lo statuto di civile o di
non combattente. Ed pure considerato
infrazione grave il fare oggetto di attacco la popolazione civile o le persone civili. Cio, i kamikaze sono fuori legge, sotto tutti i punti di vista. Ma va detto che
neanche Hamas ha ratificato questo documento.
Maurizio Stefanini

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