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CARTESIO

Ren Descartes, latinizzato in CARTESIUS, nacque in Francia nel 1596, dove


studi in un collegio gesuitico, per poi frequentare luniversit di Poitiers, dove
consegu la licenza in diritto. Presso il collegio gesuitico di La Flche ricevette una
solida formazione filosofica e scientifica, accostandosi in particolare ai principi
della filosofia Scolastica ed aristotelica e della logica sillogistica, secondo cui per
esporre la verit necessario seguire un metodo indiretto, ma rimane
profondamente insoddisfatto. Cartesio in quegli anni si accost anche allo studio
della matematica, ma rimase comunque insoddisfatto: egli percepiva che anche la
matematica, pur seguendo un procedimento lineare, non era per sorretta da un
chiaro INDIRIZZO METODOLGICO, che permettesse di controllare e mettere in
ordine le idee esistenti e quindi GUIDARE ALLA RICERCA DELLA VERITA.
Cartesio sente lesigenza di creare un NUOVO METODO, che sia fondamento di
un NUOVO tipo di SAPERE, che si contrapponga al sapere tradizionale, basato
sulla filosofia aristotelica.
Cartesio avverte due pericoli lungo il suo cammino: il rischio di disperdersi in
osservazioni particolari e la possibilit di cadere nello scetticismo. Il filosofo per
desidera fondare una nuova filosofia, capace di giustificare la comune fiducia che
veniva riposta nella RAGIONE, una filosofia che desse alla ragione una base
metafisica, creando un METODO UNIVERSALE, applicabile a tutti i campi del
sapere.
LE REGOLE DEL METODO
Cartesio vuole innanzitutto offrire regole certe e facili, che, correttamente
applicate, portino ad una conoscenza vera della totalit del reale. Tali regole sono
esposte in due opere del grande filosofo: Regole per la guida dellintelletto, opera
incompiuta in cui le regole proposte sono 21, e Discorso sul metodo, opera
fondamentale in cui le regole sono ridotte a 4. Tali quattro regole certe e facili,
applicabili da chiunque, rendono impossibile confondere il falso con il vero.
Presupposto indispensabile una bona mans, una buona ragione, comune a
tutti. La buona ragione, seguendo le quattro regole, giunge alla conoscenza della
verit.
Vediamo quali sono le quattro regole enunciate da Cartesio:
1) REGOLA
DELLEVIDENZA:
consiste
nella
CHIAREZZA
e
nella
DISTINZIONE. Le idee evidenti sono quelle chiare e distinte. Lintelletto
coglie levidenza attraverso un ATTO INTUITIVO, non tramite una
dimostrazione. Levidenza si AUTOFONDA, perch alla base non ha una
argomentazione, ma una corrispondenza tra mente ed idee.
2) REGOLA DELLANALISI: consiste nella scomposizione in parti semplici del
concetto complesso. Tale scomposizione si ottiene applicando il metodo
analitico. Una volta scomposto il complesso nel semplice si pu applicare
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lintuizione che poi porta allevidenza. Il metodo analitico permette anche di


separare il vero dal falso, quando essi sono mescolati tra loro.
3) REGOLA DELLA SINTESI: consiste nel compiere il commino inverso a
quello compiuto con lanalisi, ovvero occorre ricomporre gli elementi
semplici che costituivano il complesso. Occorre compiere un ATTO
DEDUTTIVO, ricomponendo lordine seguendo una catena di ragionamenti,
che partendo da elementi assoluti permettono di arrivare ad elementi
relativi.
4) REGOLA DEL CONTROLLO: consiste nelleffettuare un controllo dei
procedimenti di semplificazione e sintesi eseguiti in precedenza, per essere
certi di non aver commesso errori. Secondo Cartesio per essere certi di
essere giunti alla conoscenza del vero, necessario controllare tutti i singoli
passaggi, controllare sia la completezza dellanalisi, sia la correttezza della
sintesi (ENUMERAZIONE).
Secondo Cartesio queste regole sono alla base del sapere, perch permettono di
giungere al vero senza commettere errori. Esse vanno applicate in tutti i campi,
seguendo le due operazioni proposte dalle regole: prima si esegue un movimento
di semplificazione, ed a seguire un movimento di rigorosa concatenazione. Tali
operazioni sono tipiche della GEOMETRIA. Questo nuovo metodo introdotto da
Cartesio si distacca completamente dalla filosofia tradizionale: luniversale e
lastrazione vengono sostituite con le nature semplici e lintuizione.
La filosofia tradizionale puntava sulle essenze, ossia sulluniversale ricavato con
lastrazione. Cartesio vuole invece scomporre i complessi in semplici e quindi
mettere in atto un processo intuitivo. Gli elementi semplici possono essere
facilmente intuiti e poi essi debbono essere collegati tra loro con legami a loro
volta intuiti.
IL DUBBIO METODICO
Cartesio ha dunque proposto un nuovo metodo, che deve essere UNIVERSALE,
ossia applicabile ad ogni campo, e FECONDO, ossia adatto a consentire il
progredire umano. Tale metodo deve per essere giustificato, uscendo dallambito
della matematica.
Cartesio si pone due questioni:
1) La matematica si sempre attenuta a queste regole, ma chi garantisce che
esse siano estendibili anche al di fuori dellambito matematico, cio che
esse siano modello del sapere universale?
2) Esiste una verit non matematica che abbia in s i caratteri di chiarezza e
distinzione e che, non subendo lazione corrosiva del dubbio, possa
giustificare tali regole, ponendosi cos alla base di un nuovo edificio del
sapere?
Per rispondere a queste domande Cartesio applica le sue regole al sapere
tradizionale, per vedere se esso contenga qualche verit che pu sottrarsi ad un
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ragionevole dubbio. Condizione necessaria per compiere tale verifica


laffermazione che non lecito accettare come vero qualsiasi principio che sia
inquinato dal dubbio. Seguendo queste premesse vengono esaminati i principi del
sapere tradizionale: se cadono i principi le conseguenze non potranno pi reggere.
Cartesio si serve di un DUBBIO METODICO, che differente da un DUBBIO
SCETTICO. Il dubbio metodico un dubbio RADICALE, perch mette in
discussione tutto. Cartesio per non vuole mettere in dubbio tutto senza offrire
nulla in cambio: egli considera il dubbio metodico come un passaggio obbligato,
ma provvisorio, che poi porta alla certezza della verit.

COGITO ERGO SUM


Dopo aver messo in dubbio tutto, Cartesio comprende che per dubitare di tutto
necessario pensare. Ma per pensare necessario esistere. Quindi la proposizione
PENSO DUNQUE SONO la sola VERITA ASSOLUTA, una verit che nessuno
scettico pu mettere in dubbio. Cartesio decise quindi che questo fosse il primo
principio su cui basare la sua filosofia. Tale verit, bench formulata attraverso
un sillogismo, non deriva da un ragionamento, ma deriva da un ATTO INTUITIVO,
grazie al quale percepisco la mia esistenza in quanto essere pensante. Luomo
RES COGITANS, SOSTANZA PENSANTE, PENSIERO IN ATTO, senza frattura
tra essere e pensiero. Questo il primo principio teoretico della filosofia
cartesiana.
DOTTRINA DELLA CONOSCENZA
La scoperta di questa verit port Cartesio alla sicurezza che CHIAREZZA e
DISTINZIONE fossero regole fondate del suo metodo per giungere alla conoscenza.
Partendo da tali regole tutte le altre verit dovranno essere caratterizzate da
certezza e distinzione. Da quel momento in poi lattivit conoscitiva, pi che
preoccuparsi di dare un fondamento metafisico alle sue conquiste, dovr
occuparsi di ricercare chiarezza e distinzione in ogni realt esaminata. Ogni verit
sar accolta solo se presenter caratteristiche di chiarezza e distinzione.
Con Cartesio la filosofia non pi scienza dellessere, ma DOTTRINA DELLA
CONOSCENZA.
IL COGITO IN CARTESIO E IN S.AGOSTINO
Diverso peso ha il cogito in Cartesio e in Agostino. In un passo rivolto agli scettici
Agostino parla del dubbio e dice: se dubito, per poter dubitare allora esisto. Se
sono certo di pensare, tale certezza mi rimanda allessere e lessere mi rimanda a
Dio. Agostino parla del dubbio come forma di pensiero, utilizzando tale
considerazione per dimostrare il primato dellessere.
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Cartesio invece parte dal dubbio per scoprire di essere una realt pensante e
provare quindi la validit del proprio metodo.
ESISTENZA DI DIO
LIo, in quanto essere pensante, il luogo di una molteplicit di IDEE (atti mentali
di cui si ha una percezione immediata), che la filosofia deve vagliare.
Cartesio in merito alle idee si pone tre domande:
1) Quali altre idee presentano la stessa chiarezza e distinzione del cogito?
2) Come si pu affermare lesistenza del mondo esterno uscendo dallambito
della conoscenza, che alla base del sapere?
3) Le idee, che come forme mentali sono indubitabili, perch ne ho immediata
percezione, quando rappresentano realt diverse da me, sono realt
oggettiva o sono pure funzioni mentali?
Prima di trovare delle risposte a tali quesiti, Cartesio suddivide le idee in tre
gruppi:
1) IDEE INNATE: idee nate insieme alla mia coscienza
2) IDEE AVVENTIZIE: idee che vengono dallesterno e riguardano cose del
tutto diverse da me
3) IDEE FATTIZIE: idee costruite da me stesso
Se per le idee fattizie, che essendo da noi arbitrariamente costruite possono
essere considerate illusorie, non necessario provare la veridicit, per le idee
innate ed per quelle avventizie invece loggettivit va provata. Cartesio per provare
in modo definitivo loggettivit delle facolt conoscitive delluomo affronta e risolve
il problema dellesistenza e del ruolo di Dio.
LIDEA DI DIO innata, ed lidea che rappresenta la PERFEZIONE SUPREMA.
Essa soggettiva e oggettiva contemporaneamente. Cartesio porta diverse
argomentazioni per giustificare lesistenza di Dio:
1) PRIMO ARGOMENTO: esistendo un rapporto tra causa ed effetto, perch
leffetto una conseguenza della causa, allora se nelluomo presente lidea
di perfezione suprema (effetto) tale idea da cosa essa deriva (causa)? Tale
idea non pu essere ricavata dalluomo da s stesso, perch luomo un
essere imperfetto, e neppure dalla natura che inferiore, ma deve derivare
da una realt davvero perfetta, che Dio.
2) SECONDO ARGOMENTO: se luomo avesse creato da s lidea di perfezione
e si fosse poi autoprodotto, si sarebbe generato con tutte le perfezioni che
si trovano nellidea di Dio. Ma ci contraddetto dalla realt e quindi
dimostra che chi ha creato luomo un essere diverso dalluomo stesso,
Dio.
3) TERZO ARGOMENTO: PROVA ONTOLOGICA (deriva da Anselmo) lesistenza parte integrante dellessenza, per cui non possibile avere
lidea (essenza) di Dio senza contemporaneamente ammetterne lesistenza.
Se Dio contiene tutte le perfezioni che luomo in grado di percepire,
assurdo pensare che sia privo dellesistenza.
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RUOLO DI DIO
Cartesio afferma che lidea di Dio ci permea profondamente come il sigillo
dellartigiano impresso sulla sua opera e con questa affermazione difende anche
la POSITIVITA DELLA REALTA UMANA. Le capacit conoscitive delluomo non
possono essere ingannevoli, perch altrimenti Dio stesso che ne creatore,
sarebbe responsabile di questo inganno. Quindi luomo in grado di conoscere il
mondo e le leggi immutabili della natura, perch le sue capacit conoscitive gli
derivano da Dio e non lo possono ingannare.
Questa teoria favorevole anche allevoluzione del pensiero scientifico, poich la
garanzia che le facolt conoscitive umane derivano da Dio, spronano luomo a
conoscere il mondo e le sue leggi immutabili.
Cartesio pur riponendo fiducia nella ragione umana, riconosce per che il suo
campo dazione limitato al mondo sensibile. Luomo con la sua intelligenza non
pu giungere alla conoscenza degli imperscrutabili disegni di Dio, ma deve
limitarsi alla conoscenza del mondo e delle sue leggi, che pur essendo
contingenti, sono immutabili.
LERRORE UMANO
Bench luomo derivi da Dio, egli compie errori. Perch luomo compie errori?
Lerrore si verifica quando luomo formula un GIUDIZIO, perch nel formulare un
giudizio entrano in gioco sia lINTELLETTO, sia la VOLONTA. Lintelletto che
segue il metodo, non erra, ma se esso sottoposto ad una pressione da parte
della volont, il giudizio che si forma pu essere errato. E quindi un cattivo uso
del libero arbitrio che porta luomo a sbagliare.
IL MONDO SENSIBILE
Dopo le considerazioni fatte in precedenza Cartesio vuole dimostrare lesistenza
oggettiva del mondo corporeo. Per dimostrare lesistenza del mondo corporeo
luomo deve ricorre alla FACOLTA DI IMMAGINARE E DI SENTIRE, che ben
distinta dallintelletto. Grazie a questa facolt luomo pu conoscere le entit
materiali o corporee senza ingannarsi. Anche qui vale il ragionamento fatto in
precedenza rispetto alla ragione umana: se immaginazione e sensibilit, che
rappresentano laggancio al mondo materiale, fossero ingannatrici, dovrei
concludere che anche Dio che le ha create nelluomo, fosse ingannatore. Ma ci
falso, quindi tali facolt vanno considerate una guida attendibile per giungere alla
conoscenza.
In questo caso per necessario operare una distinzione tra tutte le cose che
giungono alla coscienza dal mondo esterno e sono colte dai sensi. Tra queste
necessario selezionare quelle che appaiono chiare e distinte, perch solo per
quelle ho la certezza che siano reali. Tra tutte le cose che mi giungono dal mondo
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esterno attraverso le facolt sensibili, riesco a concepire come chiara e distinta


solo lESTENSIONE. Lestensione quindi la sola PROPRIETA ESSENZIALE del
mondo materiale. Cartesio quindi distingue tra:
1) RES COGITAS il mondo spirituale
2) RES EXTENSA il mondo materiale
Tutte le altre propriet, come il colore, il sapore, il peso o il suono, vanno
considerate secondarie, perch di esse non possibile avere unidea chiara e
distinta, essendo solo risposte del nostro sistema nervoso agli stimoli del mondo
esterno, ma non essendo valutabili attraverso il metodo cartesiano.
Cartesio ha una visione del mondo di tipo MECCANICISTICO, luniverso per lui
una grande macchina, i cui elementi essenziali sono SPAZIO e MOVIMENTO.
Il filosofo opera una grande semplificazione della natura, perch in tal modo la
ragione, facendo riferimento ad un unico modello, riesce a conoscere e dominare
il mondo. Cartesio divide la realt in due versanti nettamente distinti, che sono la
res cogitans e la res extensa, senza la possibilit di realt intermedie.
Anche il corpo umano e gli organismi animali sono delle macchine e quindi
funzionano in base principi meccanici; ci che viene definito vita, la diffusione
di particelle che, veicolate dal sangue e portate dal cuore al cervello, giungono in
tutto il corpo e presiedono alle funzioni vitali dellorganismo.
ANIMA E CORPO NELLUOMO
Il ragionamento di Cartesio ha difficolt ad essere applicato sulluomo, nel quale
le due sostanze si trovano insieme. Ma il filosofo trova una spiegazione anche in
questo caso. Nelluomo lANIMA, che non collegata al principio vitale,
INTELLEGIBILE, INESTESA, IMMATERIALE; al contrario il CORPO ESTESO
e MATERIALE. Sono quindi due realt che non hanno nulla in comune, ma c
una continua interferenza tra le due. Cartesio spiega questo rapporto dicendo che
lanima ha sede nella GHIANDOLA PINEALE, collocata al centro del cervello, e
che questa ha rapporto con tutte le arteriole che irrorano la massa cerebrale. Il
sangue poi dal cervello si distribuisce a tutto il corpo. Ci comporta larrivo di
messaggi dellanima al corpo e viceversa, con conseguente reciproca
interferenza.

JOHN LOCKE
John Locke nasce nel 1632 in Inghilterra. Studia alluniversit di Oxford, dove si
laureer. Si trasfer poi a Londra, dove divenne segretario di Lord Ashley Cooper,
cancelliere dInghilterra, che lo port ad occuparsi attivamente di politica. Cooper
le avviciner alle idee liberali e con lui sar costretto a rifugiarsi in Olanda per
ragioni politiche. Tornato a Londra, Locke si dedicher allattivit letteraria dove

scriver opere importanti: Epistola sulla tolleranza, Saggio sullintelletto


umano, Due trattati sul governo civile.
Locke considerato il fondatore dellEMPIRISMO CRITICO, che sar poi
componente essenziale anche in Hobbes.
Il capolavoro di Locke il SAGGIO SULLINTELLETTO UMANO, in cui il filosofo
si occupa dellintelletto umano, delle sue capacit, funzioni e limiti.
Lopera si apre con una lettera indirizzata al lettore, in cui si racconta lantefatto.
Il filosofo racconta di una serata di riflessione riguardo ai limiti della conoscenza,
a ci che luomo pu conoscere e in quale modo. Da l il filosofo decide di iniziare
una ricerca sui limiti e le possibilit della conoscenza umana (tale argomento
verr poi ripreso da Kant). Lapproccio al problema puramente descrittivo,
perch Locke si chiede in che cosa consiste la conoscenza, senza per analizzare
laspetto metafisico. Il filosofo vuole definire i limiti entro i quali lintelletto umano
pu e deve muoversi e quali sono i confini che non deve valicare. Per esprimere
questo concetto Locke fa uso di una metafora, quella del marinaio che deve sapere
quanto lunga la fune che conci vuole scandagliare le profondit delloceano.
LIDEA COME CONTENUTO DEL PENSIERO UMANO
Il termine idea, che noi oggi usiamo comunemente nellaccezione che Cartesio e
Locke hanno consacrato, ha avuto nel tempo significati diversi. Il concetto di idea
nasce con Platone, che la considera essere e non pensiero, prosegue con
Aristotele e attraverso numerosi passaggi (Medioplatonici, Neoplatonici, Padri
della Chiesa e Scolastici) giunge sino a Cartesio. Per Cartesio lidea lOGGETTO
DELLINTELLETTO, quindi il CONTENUTO DEL PENSIERO UMANO. Tale
concetto ripreso e riaffermato da Locke. Laccordo tra i due pensatori per viene
meno a proposito delle IDEE INNATE, che per Cartesio sono presenti nelluomo
sin dalla nascita, mentre Locke nega ogni forma di innatismo, cercando di
dimostrare che le idee derivano sempre e solo dallesperienza (EMPIRISMO
LOCKIANO). Secondo Locke la mente delluomo alla nascita un foglio bianco,
come dimostrato dal fatto che ci sono persone prive di idee, come i bambini e i
pazzi, che non posseggono le idee innate di Dio e di perfezione. Per Locke
nellacquisizione di idee vale un PRINCIPIO EMPIRISTICO, per cui le idee sono
frutto della personale esperienza. Secondo Locke lanima alla nascita tabula
rasa e in essa solo lesperienza inscrive i contenuti.
Se lintelletto non contiene idee innate, si potrebbe per supporre che fosse in
grado di crearle. Anche tale ipotesi assolutamente esclusa da Locke. Il nostro
intelletto pu combinare in modo vario le idee che riceve, ma non pu darsi da s
le idee, n pu distruggerle.
Quindi tutto il materiale della conoscenza deriva dallESPERIENZA, che pu
essere ESTERNA, da cui derivano le idee semplici di sensazione (estensione,
movimento, ecc.) o INTERNA, da cui derivano le idee semplici di riflessione
( piacere, dolore, ecc.)

LA DOTTRINA LOCKIANA DELLE IDEE


Locke fa una classificazione delle idee e distingue tra:
DI SENSAZIONE
IDEE SEMPLICI
DI RIFLESSIONE
DI MODI
IDEE COMPLESSE

DI RELAZIONI
DI SOSTANZE

Le idee semplici sono il MATERIALE PRIMO della conoscenza. Noi sperimentiamo


oggetti esterni (idee semplici di sensazione) e operazioni interne dello spirito (idee
semplici di riflessione). Esse sono definite semplici perch relative ad un solo
oggetto. Nei confronti di tali idee lintelletto passivo.
Le idee complesse richiedono per formarsi dellazione dellintelletto, che in questo
caso attivo. Lintelletto pu combinare tra loro le idee semplici, ma pu anche
separare alcune idee dalle altre per formare IDEE GENERALI, attraverso un
processo di ASTRAZIONE. Le idee complesse rappresentano solo s stesse e non
corrispondono da un oggetto.
Le idee complesse sono di tre tipi:
1) DI MODI idee che esprimono il modo di essere delle cose (spazio, numero
durata,ecc.)
2) DI RELAZIONI idee che nascono dalla comparazione delle idee fra loro
fatta dallintelletto (idea di casualit di causa: lidea di causa nasce quando
viene creato un collegamento tra due idee, di cui una si presenta in
conseguenza del sorgere dellaltra)
3) DI SOSTANZA idea che nasce dal fatto che alcune idee semplici vanno
sempre unite insieme, per cui esiste un sostrato in cui sussistono.
CRITICA DELLIDEA DI SOSTANZA
Riguardo alla sostanza va fatta unulteriore precisazione. Locke non nega
lesistenza di sostanze, ma ne nega la conoscibilit. Secondo Locke la sostanza
inconoscibile, in quanto non ci possibile avere idee chiare e distinte riguardo ad
essa. Locke mette in discussione anche la distinzione cartesiana di res cogitans
e res extensa perch egli afferma che noi non conosciamo n cosa sia la
materia, n cosa sia il pensiero. Locke dice che noi non possiamo sapere se Dio
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ha aggiunto alla materia unaltra sostanza in grado di pensare, ossia se Dio ha


dato ad un sistema materiale la facolt di pensare. Noi non possiamo sapere in
che cosa consiste il pensiero.
CRITICA DELLIDEA DI ESSENZA
Secondo Locke va fatta una distinzione tra essenza nominale ed essenza reale,
poich lessenza reale lessere stesso di una cosa, ed per luomo qualcosa di
non conoscibile, mentre lessenza nominale linsieme delle qualit che una cosa
deve avere per essere definita con un certo nome (ad es. un metallo pu essere
chiamato oro solo se ha un certo colore, peso, temperatura di fusione; linsieme di
quelle qualit detta essenza nominale) solo in alcuni casi le due essenze
coincidono, come nel caso delle figure geometriche; in generale la distinzione tra
le due netta.
NOMINALISMO LOCKIANO
Per Locke il PROCESSO ASTRATTIVO una PARZIALIZZAZIONE DI IDEE
COMPLESSE, mentre per la metafisica classica era una progressiva
SMATERIALIZZAZIONE MENTALE, che attraverso leliminazione del particolare
permette di giungere al concetto generale. Il processo astrattivo per Locke
connesso allessenza nominale, poich il generale e luniversalenon
appartengono allessenza reale, ma sono concetti astratti creati dallintelletto.
Con tale affermazione Locke riprende e riafferma il NOMINALISMO, di cui Hobbes
sar un grande esponente. Di seguito diamo la definizione di nominalismo:
Il nominalismo si pu definire come la posizione filosofica che sostiene che i
concetti astratti, i termini di portata generale e quelli che in filosofia sono
chiamati universali non posseggono una loro propria esistenza, ma esistono solo
come nomi.
LA CONOSCENZA
Se le idee sono il materiale della conoscenza, la conoscenza vera e propria la
percezione della CONCORDANZA o della DISCORDANZA fra le nostre idee.
Conoscere collegare le idee tra loro e formulare un giudizio. Locke ci parla di tre
forme di conoscenza o GRADI DI CERTEZZA DEL CONOSCERE, che sono i
seguenti:
1) PER INTUIZIONE: conoscenza per evidenza immediata (ad esempio certezza
della nostra esistenza). La pi chiara e certa.
2) PER DIMOSTRAZIONE: conoscenza per il ragionare, quindi mediante
lintervento di altre idee concatenate logicamente (ad es. lesistenza di Dio)
3) PER SENSAZIONE: conoscenza dellesistenza delle cose esterne. La meno
chiara e meno certa.
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Facciamo una precisazione riguardo alla conoscenza per sensazione. Le idee


semplici sono acquisite dallesterno: loggetto materiale induce una sensazione,
che determina la formazione di una idea semplice. Noi siamo certi dellesistenza
delloggetto fin tanto che esso produce in noi una sensazione. Tale certezza cessa
al cessare della sensazione. Tale certezza, pur non essendo assoluta, comunque
sufficiente agli scopi della vita.
LA PROBABILITA
Al di sotto dei tre gradi di certezza c il GIUDIZIO DI PROBABILITA, in cui
laccordo tra le idee non percepito da me direttamente, ma solo supposto. Ci
sono diverse forme di probabilit fondate su:
1) ESPERIENZE PRECEDENTI
2) TESTIMONIANZE DI ALTRI
3) ANALOGIE
Un discorso a parte merita la CONOSCENZA PER FEDE, che si basa su una
testimonianza eccezionale, la testimonianza di Dio. Locke attribuisce alla fede la
massima dignit. Pur non avendo affermato che Dio esiste, Locke definisce la
verit che viene da Dio rivelazione e fede laccoglimento di tale verit. Locke
scriver unopera intitolata Ragionevolezza del Cristianesimo nella quale non
negher la componente soprannaturale presente in tale religione.
LOCKE (2 PARTE)
DOTTRINE MORALI E POLITICHE
Locke scrive due trattati di argomento politico (Trattati sul governo)e in
particolare sulla costituzione dello stato civile, venendo anche in contrasto con
lopinione di Hobbes. Anche Locke parte dal pensiero giusnaturalista, affermando
che lo stato di natura una condizione di pace e felicit relativa per luomo, in cui
inizialmente sussiste un equilibrio tra bisogni e mezzi con i quali soddisfare tali
bisogni. Con il tempo per tale equilibrio si spezza e il quadro di pace originaria si
altera, perch nello stato naturale manca unautorit che faccia rispettare il
diritto naturale, non esiste nessuna garanzia della tutela effettiva del diritto. Ogni
uomo in tali condizioni tende a difendersi da s, con conseguente perdita della
pace. Per risolvere questa situazione necessario uscire dallo stato di natura e
dar vita, attraverso un patto sociale, allo Stato, che ha il compito di difendere gli
individui che lo compongono. Creando la societ civile i cittadini rinunciano al
diritto di difendersi da soli, ma non rinunciano al diritto alla vita, alla libert e
alla propriet. Anzi compito dello Stato proprio quello di difendere tali diritti
inalienabili dei cittadini. Lo Stato per Locke quindi non ha potere assoluto, ma
limitato alla funzione di difesa dei diritti dei cittadini, per cui si parla di
COSTITUZIONALIMO LIBERALE.
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Alla base della societ civili secondo Locke ci sono due patti:
1) PATTO SOCIETATIS patto che gli uomini stipulano tra loro e d origine
alla societ.
2) PATTO SUBIECTIONIS patto che gli uomini stipulano con il sovrano e
determina il reciproco rispetto di clausole accettate da entrambi i contraenti
il contratto stesso. Cos come i sudditi sono tenuti al rispetto delle regole,
anche il sovrano soggetto al controllo da parte del popolo e in caso di non
rispetto dal contratto viene deposto. I cittadini mantengono il diritto di
ribellarsi al potere centrale, quando questo operi contrariamente alle
finalit per cui stato creato. Si parla di STATO DI DIRITTO proprio perch
la sa finalit quella di difendere i diritti inalienabili dei cittadini.

GIUSNATURALISMO
Con il termine giusnaturalismo si intendono in generale quelle dottrine
filosofico-giuridiche che affermano lesistenza di un DIRITTO NATURALE, cio di
una serie di norme di comportamento dedotte dalla natura e conducibili alluomo.
Tale corrente filosofica nasce nel 1600 con il pensiero del giurista e filosofo
olandese UGO GROZIO, e termineranno nel 1800 con il filosofo tedesco
FRIEDRICH HEGEL.
Il giusnaturalismo sostiene che il diritto naturale antecedente al DIRITTO
POSITIVO, rappresentato dalle leggi emanate dalluomo. Le leggi positive debbono
essere formulate sulla base del diritto naturale, perch una legge antitetica a
questi principi illegittima.
Anche la nascita dello stato e della societ viene collegata al diritto naturale e si
basa sullIPOTESI CONTRATTUALISTICA: lo stato deriva dalla tendenza che ha
luomo ad istituire con i suoi simili una forma di comunit politica, pacifica e
concorde. Lo stato quindi un organismo artificiale, che nasce in virt di un
contratto tra gli uomini.
Tale concezione dello stato verr sostituita, nel 1800, con la una concezione di
tipo ORGANICISTICO dello stato, per la quale lo stato un organismo naturale,
non basato su convenzioni. Anche la posizione dellindividuo nella societ
diversa nei due casi: nellipotesi contrattualistica lindividuo viene prima dello
stato; in quella organicistica lindividuo s stesso solo allinterno dello stato.
Hegel giunger alla concezione dello STATO ETICO, ossia di stato come
espressione di massima eticit.
Il modello politico del giusnaturalismo, si fonda su due principi:
1) STATO DI NATURA: la condizione originaria delluomo, che precede
listituzione di una convivenza organizzata. Lo stato di natura in realt
una condizione ipotetica, in cui luomo si trova prima della creazione delle
leggi e dello stato. I filosofi giusnaturalisti descrivono le caratteristiche di
fondo delluomo e si domandano perch luomo abbia ad un certo punto
abbandonato tale condizione per passare ad una societ organizzata.
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(Ciascun filosofo ha la sua opinione rispetto a tale stato: Hobbes considera


lo stato naturale uno stato di guerra tra tutti; Locke d invece un giudizio
positivi; infine Rousseau lo considera una condizione ottimale, in cui
possono predominare istinto e sentimenti umani)
2) CONTRATTO SOCIALE: condizione in cui gli uomini hanno deciso di darsi
unorganizzazione sociale per rapportarsi tra loro.
Nello stato di natura luomo gode di diritti fondamentali, quali il diritto alla vita,
alla libert, alla propriet. Il passaggio dallo stato di natura alla vita associata,
attraverso un contratto, spiegato in modo diverso dai diversi filosofi:
1) OPINIONE DI HOBBES: gli uomini abbandonano lo stato naturale perch in
esso era impossibile vivere. Lo stato naturale una condizione pessima, che
rende impossibile la sopravvivenza. Gli uomini per garantirsi la pace,
decidono quindi di cedere, per via contrattuale, i propri diritti al sovrano, il
quale ha il compito di esercitarli nel nome di tutti. H. teorizza quindi lo
stato assoluto, che chiama GRANDE LEVIATANO.
2) OPINIONE DI LOCKE: gli uomini decidono di dal vita allo stato per tutelare
i propri diritti naturali e non per rinunziarvi. Teorizza lo STATO
COSTITUZIONALE.
3) OPINIONE ROUSSEAU: lo stato di natura una condizione felice, ma con
lavvento della propriet privata la situazione si corrompe, per cui sorge
lesigenza di creare una nuova societ che, sulla base di un contratto
stipulato tra gli uomini, tuteli luguaglianza degli individui. R. il teorico
della DEMOCRAZIA TOTALITARIA, in cui si realizza il dominio della
maggioranza.
THOMAS HOBBES
Thomas Hobbes, filosofo inglese, autore di numerose opere, tra cui LEVIATANO,
scritta sia in inglese che in latino, d una sua spiegazione sulle origini dello stato,
partendo da alcune considerazioni sulluomo. Secondo Hobbes luomo un
essere egoista, mosso nellagire dallistinto di conservazione, per cui nessun uomo
legato spontaneamente agli altri uomini (homo homini lupus).
Per Hobbes non esiste una giustizia naturale, ma esiste invece una giustizia che
nasce da una convenzione stabilita dagli uomini, che cercano in questo modo di
garantirsi una pacifica convivenza.
Essendo luomo un essere egoista, egli tende ad acquisire tutto ci che utile alla
sua autoconservazione, tutto ci che gli permette di ottenere il massimo di piacere
e benessere. Necessariamente gli uomini vengono in conflitto tra loro, perch il
desiderio delluno si scontra con quello dellaltro. Dove non c legge, ognuno
legge per s stesso. Mancando i concetti di giustizia ed ingiustizia, viene a
prevalere la forza, per cui chi pi forte impone agli altri le proprie esigenze.
Manca anche il concetto di propriet privata, per cui ciascuno si appropria delle
cose in ragione della propria forza sugli altri. In questa situazione luomo rischia

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di perdere il bene primario che la vita, essendo sempre esposto al pericolo di


una morte violenta.
Da questa condizione luomo esce facendo leva su due elementi fondamentali:
1) lISTINTO di evitare la guerra e continuare a procurarsi ci che necessita
alla sopravvivenza.
2) la RAGIONE che permette di capire che per sopravvivere occorre accettare
una limitazione alle proprie inclinazioni e allansia di possesso. La ragione
per H. un EGOISMO CONSAPEVOLE.
Date queste premesse Hobbes afferma che per la formazione di uno stato sociale
sono necessari due atti fondamentali:
1) rinuncia da parte delluomo di ogni diritto originario, mantenendo solo una
libert limitata.
2) stipula di un contratto di ognuno con tutti , in base al quale tutti gli
uomini rinunciano allesercizio dei propri diritti, perch tutti i diritti sono
trasferiti nello stato, che una realt sovrapersonale: lesercizio dei diritti
passa nelle mani di un singolo (il monarca) o di unassemblea, che
garantisce a tutti libert e sicurezza. Il potere dello stato tale, perch esso
detiene in tal modo il monopolio della forza.
Il contratto che gli uomini debbono stipulare tra loro per creare lo stato definito
da Hobbes PACTUM UNIONIS. Con esso gli uomini trasferiscono i propri diritti
allo stato, assoggettandosi quindi ad esso. Il sovrano resta fuori dal patto, perch
egli non deve essere parte in causa del patto stesso, deve essere SUPER PARTES,
per garantire la pace nella societ. Il sovrano ha quindi potere assoluto, non per
diritto divino, ma in virt del PATTO SOCIALE stipulato tra gli uomini.
IL GRANDE LEVIATANO
Nella Bibbia, nel libro di Giobbe, si descrive un mostro invincibile il LEVIATANO,
che ha laspetto di un coccodrillo. Hobbes usa tale termine per indicare lo Stato,
che il filosofo indica anche con il termine Dio mortale a cui gli uomini debbono
la pace e la difesa della vita. Lo Stato assoluto quindi per met mostro e per
met dio mortale.

JEAN-JACQUES ROUSSEAU
Jaen-Jacques Rousseau nasce a Ginevra nel 1721. A sedici anni lascia la Svizzera
per recarsi in Francia dove morir nel 1778.
Tra i pensatori del 700 considerato il meno illuminista, per il valore che egli
attribuisce ai sentimenti ad agli istinti umani. Se lIlluminismo (Et dei lumi) dava
un valore preponderante alla ragione umana, che doveva contrapporsi allistinto,
Rousseau invece afferma che la ragione senza gli istinti e le passioni diventa
sterile, anche se poi sottolinea che le passioni e gli istinti senza la disciplina della
ragione portano al caos individuale e allanarchia sociale.
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Rousseau non accetta neppure il mito del progresso, quellottimistica fiducia nel
progresso che anima gli illuministi. R. ha una visione semplicistica dellumanit:
luomo originariamente integro e moralmente corretto, non malvagio ma giusto;
poi a causa di un progressivo squilibrio dellordine sociale, diventa malvagio ed
ingiusto; lumanit cos diviene corrotta. Rousseau odia gli uomini per quello che
sono diventati, ma li ama per ci che essi sono in profondit.
R. ha in comune con gli altri pesatori illuministi la volont di cambiare lesistente,
cio desidera migliorare le condizione della societ umana. Per questo si occupa
di politica e pedagogia.
PENSIERO ETICO-POLITICO
Rousseau nel 1750 pubblica la sua prima opera il Discorso sulle scienze e sulle
arti, nel quale espone il suo pensiero anti-illuminsta, secondo il quale :arti e
scienze, che sono i pilastri della cultura, non sono elementi di elevazione e
progresso, ma elementi di corruzione ed imbarbarimento per luomo. E afferma
ancora: le scienze sono nate dai nostri vizi, se fossero nate dalle virt avremmo
meno dubbi.
Le parole del filosofo ginevrino ci fanno capire quanto sia negativo il suo giudizio
sulla vita civile, considerata come una vita artificiale, e sulla societ
contemporanea, vista come una fitta rete di rapporti convenzionali, in cui luomo
non si manifesta per quello che , essendo ormai lontano dalle sue inclinazioni
originarie. Nella societ luomo si snatura, perch in lui si insinuano aspetti
corrotti che nulla hanno a che fare con la sua natura originaria, e questo fa s che
i rapporti tra gli uomini siano alterati: nel contesto sociale io non so mai con chi
ho a che fare, perch lindividuo che ho di fronte non mostra mai la sua vera
natura.
R. insiste sul tema del distacco dallo stato di natura come causa del
decadimento e della corruzione dellumanit, anche in unaltra opera pubblicata
nel 1755 il Discorso sullorigine e i fondamenti dellineguaglianza fra gli uomini.
In questopera R. parla dello STATO DI NATURA, come la condizione teorica
originaria, in cui luomo era realmente s stesso. Lo stato di natura non una
realt storicamente databile, ma piuttosto un IPOTESI DI LAVORO, che va per
definita per poter fare un raffronto con la societ umana contemporanea, per
poter dare un giudizio sulla societ civile. Lo stato di natura uno stato che non
esiste pi, o che forse non mai esistito, n che esiter mai, ma esso
comunque un punto di riferimento necessario per poter giudicare il presente.
Nello stato di natura, che precede lavvento della societ civile, luomo guidato
da due principi fondamentali, che sono anteposti alla ragione. Tali principi
originari sono lAMORE DI SE, inteso come desiderio di autoconservazione e non
come amor proprio, e la PIETA, intesa come ripugnanza nel veder soffrire altri
esseri sensibili. A questi principi segue poi la ragione; ma la ragione rende luomo
corrotto.

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Nello stato di natura tutti gli uomini sono uguali, pur non avendo tutti le stesse
attitudini. Tutti possono appropriarsi di ci che serve a soddisfare i bisogni
primari, senza alcuna distinzione di ordine economico-giuridico. Quando lo stato
naturale viene abbandonato per passare allo stato civile, si creano le differenze
economiche e giuridiche tra gli uomini, tanto che si giunge alla situazione
estrema in cui un pugno di uomini nuota nel superfluo, mentre altri non hanno
il necessario. Nella societ civile nascono povert e sottomissione, inesistenti
nello stato di natura.
Perch allora luomo ha abbandonato lo stato di natura per passare allo stato
civile? La risposta per R. sta nella natura stessa delluomo: luomo dotato,
diversamente dagli altri animali, di razionalit e libero arbitrio, ed in grado di
fare scelte, di perfezionarsi e cambiare condizione di vita. Attraverso lesercizio
della sua volont, luomo pu decidere di non seguire i suoi istinti. Purtroppo
proprio queste sue qualit si sono rivelate nel tempo negative, perch hanno
spinto luomo ad allontanarsi dalla sua condizione originaria.
Questo pensiero pone R. in netta contrapposizione con Hobbes e gli illuministi a
lui contemporanei: LUOMO NASCE BUONO, CHI LO CORROMPE E LA
SOCIETA.
A questo punto per R. si pone un nuovo quesito: come pu la societ essere
negativa essendo composta da uomini che per natura sono buoni?
Per dare una risposta a questo quesito, R. ripercorre le tappe della storia
dellumanit, che hanno condotto alla socializzazione e alla disuguaglianza tra gli
uomini. Tale disuguaglianza nascer con la creazione della propriet privata, che
porter ad una forte ostilit e rivalit tra gli uomini.
Luomo sin dalla preistoria dimostra di non bastare a s stesso, di aver bisogno
di convivere con i suoi simili, avendo bisogni comini da soddisfare. Affrontare le
avversit atmosferiche e la scarsa fecondit della terra era pi facile in gruppo
che singolarmente. Nascono cos i primi raggruppamenti sociali, che
ammettevano la propriet privata solo se legata al lavoro ed alla terra.
Con il passare del tempo si giunge invece a creare una propriet privata staccata
dal lavoro, con la conseguente esigenza di creare leggi che tutelassero tale
propriet. La disuguaglianza tra gli uomini nasce quando un primo individuo
recinta una terreno e dice: questo mio. Da quel momento nasce la societ
civile con le sue leggi, che permettono ai ricchi di difendere la propriet privata,
illegalmente e illegittimamente acquisita. Da questo momento nasce la divisione
in classi sociali e la conseguente disuguaglianza tra gli uomini.
Rousseau viene considerato affine a Marx, proprio perch attribuisce alla
propriet privata il ruolo di causa della disuguaglianza sociale.
IL CONTRATTO SOCIALE
Nel 1762 Rousseau pubblica unopera intitolata Contratto sociale in cui
esordisce con la frase: luomo nato libero e tuttavia ovunque in catene.

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Lobbiettivo del nuovo contratto sociale proposto da R. quello di sciogliere luomo


dalle catene e restituirlo alla libert. Ci implica la realizzazione di una
DEMOCRAZIA DIRETTA (sperimentata da R. in Svizzera) e della SOVRANITA
POPOLARE.
Per R. gli uomini debbono stipulare un contratto con cui cedere i propri diritti
non ad un singolo individuo, ma allintera COLLETTIVITA, rinunciando agli
interessi particolari e SOTTOMENTTENDOSI ALLA VOLONTA GENERALE.
In tal modo ogni individuo cede i propri diritti alla comunit, ma acquista la
sicurezza di garantire la libert individuale e leguaglianza.
Va ora ben precisato il concetto di VOLONTA GENERALE: con questo termine non
si intende definire la somma delle volont di tutti, ma la volont che scaturisce
dalla rinuncia di ognuno ai propri interessi, a favore degli interessi della
collettivit. La volont generale finalizzata al BENE COMUNE, ossia al bene di
tutti gli individui che costituiscono la collettivit. TALE VOLONTA E INCARNATA
DALLO STATO, a cui i cittadini debbono obbedienza. Lo Stato rappresenta la
COSCIENZA PUBBLICA, che deve sostituire quella privata.
Grazie a questo rapporto diretto tra individuo e Stato, vengono eliminati i corpi
intermedi che nellancien regime era interposti tra queste due entit.

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