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PREMESSA.
Questo corso di diritto amministrativo ha un carattere monografico, e
concentra lattenzione soprattutto sugli assetti organizzativi e funzionali delle
amministrazioni locali, in particolare dei Comuni.
La scelta non ha motivazioni solo
didattiche: lindividuazione di un buon case work per verificare nel vivo di un contesto
amministrativo concreto nozioni, regole ed istituti di portata pi generale. Le istituzioni
locali sono infatti, da quasi un quindicennio, le amministrazioni pubbliche dove pi
profonde e radicali sono state le innovazioni, che hanno sperimentato nuovi modelli
organizzativi, che sono state chiamate ad occupare nuovi spazi e ad esercitare nuove
funzioni.
Sono una realt multiforme, dinamica, in continuo divenire, che spesso ha
anticipato processi che si sarebbero poi diffusi in altri settori pubblici. Sono al centro della
cosiddetta transizione federalista del paese (o, meglio, dellunico modello credibile di
federalismo italiano).
Sono insomma la cartina di tornasole per comprendere il
processo evolutivo della pubblica amministrazione italiana, e con questa attenzione le
vogliamo osservare.
Le dispense muovono naturalmente da alcune premesse di
carattere generale, e successivamente propongono in forma assai schematica regole
ed istituti specifici dellamministrazione locale.
I riferimenti normativi e giurisprudenziali
valgono, ovviamente, per assicurare completezza e puntualit allesposizione:
altrettanto vero, per, che lattenzione degli studenti sar concentrata sulle nozioni
fondamentali relative a ciascun istituto.
Eppure sono
non neppure vero che la cognizione del diritto amministrativo sia tutta e sempre
affidata al giudice amministrativo:
da un lato infatti non sono affatto rari e
marginali i casi in cui la cognizione di quel diritto speciale affidata al giudice
ordinario (e vi sono paesi in cui esiste un corpus di norme che possiamo ben
definire di diritto amministrativo, eppure
non esiste alcun giudice
amministrativo!); dallaltro lapproccio giurisprudenziale porta inevitabilmente a
sottovalutare una parte essenziale del diritto amministrativo, che non riguarda i
rapporti esterni dellamministrazione (con i cittadini, con le imprese), ma
lorganizzazione interna e le regole di funzionamento della pubblica
amministrazione.
3. Convenzionalmente, si ritiene che latto di nascita del diritto amministrativo sia una
celeberrima sentenza del Tribunal des conflicts francese del 1873. Come spesso
accade, il caso umanamente drammatico era relativamente modesto: a Bordeaux,
nel 1872, una bambina di cinque anni, Agns Blanco, fu ferita gravemente, travolta da
un vagone carico di tabacco, condotto da quattro operai dellazienda statale delle
manifatture; i genitori si rivolsero al tribunale civile, chiedendo un risarcimento di
40.000 franchi, ma il prefetto della Gironda sollev un conflitto di giurisdizione dinanzi
al Tribunal des conflicts, ritenendo il giudice ordinario incompetente a giudicare le
attivit comunque riconducibili alla pubblica amministrazione. La decisione arriv l8
febbraio 1873. La responsabilit in cui incorre lo Stato per i danni causati a privati
dalle persone di cui esso si avvale nei diversi servizi pubblici spieg il Tribunal - non
retta dai principi stabiliti dallart.1382 e seguenti del codice civile per i rapporti tra
privati. Tale responsabilit, che non n generale n assoluta, ha le sue regole
speciali, che variano a secondo dei bisogni del servizio e la necessit di conciliare i
diritto dello Stato con quelli dei privati. Spetta dunque al giudice amministrativo e non
ai tribunali ordinari valutare tale responsabilit.
4. Si affermava cos il principio che la pubblica amministrazione proprio per i fini di
interesse pubblico e/o generale che persegue non pu soggiacere alle normali regole
giuridiche che disciplinano lattivit degli altri soggetti.
Il diritto amministrativo e,
nellesperienza francese, il giudice amministrativo sono dunque chiamati ad assicurare
il punto di equilibrio tra due opposte esigenze: i bisogni del servizio pubblico (cos si
esprime la sentenza Blanco), e le correlate prerogative, e la tutela dei diritti e degli
interessi dei privati. Il diritto amministrativo appare insomma, in quel contesto, come
un diritto tra soggetti diseguali.
5. Naturalmente non vero che il diritto amministrativo sia nato in un solo giorno, con
quella storica sentenza. Nellordinamento francese piuttosto il punto di arrivo di un
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mentre nei paesi anglosassoni, gi nella seconda met del XIX secolo,
aumentava il peso e la complessit della pubblica amministrazione, si rafforzava il
ruolo della legge formale approvata dal Parlamento (rispetto al diritto comune
elaborato dai giudici), si moltiplicavano le sedi commissioni, autorit chiamate
a giudicare le controversie tra amministrazione e cittadini secondo criteri e metodi
sostanzialmente giurisdizionali
rivoluzione in nome della separazione dei poteri (Costituzione del 1790: i giudici non
turbino lattivit dei corpi amministrativi).
La Costituzione dellanno VIII segn la
nascita del Consiglio di Stato, apparentemente con funzioni meramente consultive
(progettazione legislativa e consulenza sui ricorsi amministrativi: c.d. justice retenue).
In verit, fin dallinizio, il Conseil dEtat ebbe la sostanza di un vero giudice speciale (in
pi di settanta anni, il Governo, chiamato a decidere sui ricorsi amministrativi, si
discost solo due volte dal suo parere).
Con la rivoluzione del 1848 si giunse a
riconoscere esplicitamente al Conseil una funzione di giustizia delegata, ma il colpo di
Stato di Napoleone III lo riportava, tre anni pi tardi, alla posizione (apparentemente
solo) consultiva, fino a quando proprio a seguito del caso Blanco del 1872 - il
Consiglio di Stato fu costituito in giudice indipendente dal Governo, tutore delle
prerogative dellamministrazione pubblica, e al tempo stesso tutore dei diritti e degli
interessi dei privati dinanzi allamministrazione medesima.
14. Ed stata proprio la giurisprudenza del Consiglio di Stato a permettere la progressiva
identificazione delleccesso di potere tra i vizi che possono condurre allannullamento
dellatto amministrativo (accanto alla violazione di legge e allincompetenza):
unespressione che evidenzia in modo efficace la caratteristica intrinseca della giustizia
amministrativa. Una giustizia che muove dal riconoscimento di un potere che merita
di essere protetto e tutelato, e tuttavia deve essere ricondotto entro i binari della
correttezza per non sfociare in eccesso (cio in sviamento rispetto ai fini che la
legge gli ha assegnato e alle regole procedurali con cui la legge lo ha circondato).
15. Lesperienza italiana si intreccia con le vicende francesi, ma con qualche significativa
differenza. Il Consiglio di Stato viene istituito nel Regno di Sardegna da Carlo Alberto,
nel 1831, con funzioni meramente consultive.
Era articolato i tre sezioni (interni,
grazia e giustizia, finanze) e presieduto dallo stesso sovrano (nella sala delle adunanze
generali, a Palazzo Spada, sede romana del Consiglio di Stato, ancora visibile la
poltrona del re Carlo Alberto). Con la riforma del 1859, fu affidata alla III sezione anche
la competenza per il contenzioso amministrativo (di fatto, vera attivit giurisdizionale), e
si rafforz lindipendenza del Consiglio (il re rinuncia alla presidenza).
Il modello
francese fu per abbandonato con la legge n.2248, allegato E, del 1865, di abolizione
del contenzioso amministrativo, che avvicinava il giovane Regno italiano piuttosto alle
esperienze del Belgio o della stessa Gran Bretagna. Al Consiglio di Stato restavano
lattivit (effettivamente) consultiva e listruttoria sui soli ricorsi al Capo dello Stato.
Un nuovo radicale capovolgimento di impostazione si ebbe nel 1889, quando al
Consiglio di Stato fu riconosciuta la natura di (vero) giudice degli interessi legittimi, e a
tal fine fu istituita la IV sezione. Nel 1907 si riconosceva finalmente il carattere anche
formalmente giurisdizionale, e non amministrativo, delle sue decisioni.
16. LItalia aveva ormai imboccato decisamente la strada del sistema a giurisdizione
amministrativa. Progressivamente il Consiglio di Stato conquist campi nuovi, con
la competenza in alcuni ambiti di giurisdizione di merito e persino di giurisdizione
esclusiva (non solo per gli interessi legittimi, ma anche per i diritti soggettivi): del
1923 il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di
pubblico impiego. Si dovette per attendere molti decenni, e il pieno consolidamento
della Costituzione repubblicana, per la definizione di un doppio grado di giudizio anche
nella giustizia amministrativa (legge n.1034 del 1971, istitutiva dei Tribunali
Amministrativi Regionali) e per assicurare effettivamente lindipendenza, lautonomia e
lautogoverno dei giudici amministrativi (legge n.186 del 1982, con listituzione, tra
laltro, del Consiglio di presidenza).
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allart.24, che Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi (dunque, anche dinanzi alla p.a., i cittadini non sono pi sudditi!)
allart.28, che I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono
direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti
compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo
Stato e agli enti pubblici (la p.a. fatta di persone, ma persona essa stessa)
allart.113, che Contro gli atti della p.a. sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione
ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non pu essere esclusa o
limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annulla gli atti della p.a.
nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. (quanto lontana la sentenza
Blanco!)
allart.100, che
Il Consiglio di Stato e organo di consulenza giuridicoamministrativa e di tutela della giustizia nellamministrazione (lo Statuto albertino,
allart. 83, si limitava a dire: Il Re si riserva di fare le leggi sul riordinamento
del consiglio di Stato)
allart.111, ottavo comma, che Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della
Corte dei conti il ricorso in Cassazione ammesso per i soli motivi inerenti alla
giurisdizione (ma, al primo comma dello stesso articolo 111, dopo la revisione
costituzionale del 1999, si legge che La giurisdizione cio ogni giurisdizione,
ndr. - si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge).
20. In questo senso possiamo dire che lamministrazione un insieme correlato di cinque
elementi parimenti essenziali:
classificazione
dei
principali
provvedimenti
tredici anni fa, con la legge 7 agosto 1990, n.241 (Norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso, con disposizioni in materia di motivazione dei
provvedimenti, termine dei procedimenti, individuazione del responsabile del
procedimento, partecipazione al procedimento, semplificazione, accesso).
Nel
linguaggio giuridico i criteri di economicit, efficacia e pubblicit cominciano a
diventare lasse interpretativo per giudicare ed orientare lattivit amministrativa: la
nuova e matura esplicitazione dei principi di imparzialit e buon andamento posti
dallart.97 della Costituzione a fondamento dellattivit amministrativa.
28. Abbiamo gi utilizzato pi volte lespressione interesse legittimo.
E giunto il
momento di chiarirne il significato. Di fronte alla pubblica amministrazione e allattivit
amministrativa, i cittadini si trovano in diverse possibili situazioni soggettive, di
vantaggio e di svantaggio. Talora si tratta di veri e propri diritti soggettivi: il diritto
soggettivo, com noto, una posizione di vantaggio che si concretizza nella pretesa di
un soggetto dei confronti di un altro, o nel potere nei confronti di un bene. Cos vi
sono diritti reali e diritti di credito, diritti patrimoniali e diritti non patrimoniali, diritti
assoluti e diritti relativi, e simmetricamente ai diritti vi sono le posizioni di
svantaggio: gli obblighi (obbligazioni, se patrimoniali).
Ovviamente il dipendente
pubblico ha diritto alla retribuzione, il vincitore di una gara dappalto ha diritto al
compenso per lopera o per il servizio che realizza, chi subisce una lesione ai propri
diritti da parte della pubblica amministrazione ( il caso di Agns Blanco!) ha diritto al
risarcimento dei danni.
29. Ma qual la posizione del concorrente in un concorso pubblico, dellimprenditore
turistico che vorrebbe avere in concessione un tratto di arenile, del proprietario che
confida che gli strumenti urbanistici del Comune rendano economicamente
interessante il proprio terreno?
Questi cittadini hanno certamente una posizione
specifica da tutelare nei confronti dellamministrazione, ma non hanno diritto a veder
soddisfatte le proprie speranze. O, meglio, hanno il diritto di pretendere che
lamministrazione si comporti correttamente: svolga il concorso in modo equo e
trasparente, affidi la gestione della spiaggia alloperatore pi capace, adotti le decisioni
urbanistiche nel rispetto delle leggi e dei parametri tecnici obiettivi.
In questo senso
linteresse legittimo certamente una posizione soggettiva di vantaggio nei confronti di
un pubblico potere, ma una posizione solo occasionalmente protetta. Lordinamento
non consente al titolare dellinteresse legittimo di tutelare fino in fondo la propria
aspettativa sostanziale (il posto ambito dal concorrente), ma gli permette di
pretendere dinanzi ad un giudice il buon funzionamento della pubblica
amministrazione.
30. In alcuni casi un pieno diritto soggettivo pu, in forza di un provvedimento
amministrativo, trasformarsi in interesse legittimo:
il caso del proprietario
espropriato. Parleremo in questo caso di affievolimento del diritto: il proprietario non
potr pi tutelare dinanzi al giudice il diritto di propriet, ma potr richiedere al giudice
di verificare la correttezza del procedimento espropriativo, la rilevanza dei motivi di
interesse generale, la congruit dellindennizzo. In altri casi un diritto soggettivo pu
sorgere sviluppando un pre-esistente interesse legittimo:
parleremo di diritti in
attesa di espansione a proposito dellimprenditore che si aggiudicato lappalto o del
concorrente che ha vinto il concorso pubblico.
31. Come si vede da questi esempi, per semplicistico descrivere linteresse legittimo
come una posizione debole a fronte del diritto soggettivo forte: per certi aspetti, al
contrario, solo linteresse legittimo consente di entrare nel vivo dellazione
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45.
46.
LItalia delle autonomie subisce una brutale battuta darresto con il fascismo. La
prima istituzione locale a cadere sotto i colpi della dittatura il comune di Roma, nel
1923 trasformato in Governatorato; ma tra il 1925 e il 1926 gli organi elettivi di tutti
gli altri Comuni italiani sono sostituiti da podest di nomina governativa, e nel 1928
la volta delle Province (dove si insedieranno dei presidi, anchessi nominati e
controllati dal ministero dellinterno). La normalizzazione delle istituzioni locali si
completa con il ferreo controllo degli apparati professionali: del 1925 limposizione
del giuramento di fedelt al regime per tutti i dipendenti comunali e provinciali, e del
1928 la decisione di statizzare i segretari comunali e provinciali (i vertici degli
apparati burocratici, fino ad allora dipendenti degli enti locali, ed ora funzionari statali,
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nelle mani dei prefetti). Nel 1934, un testo unico razionalizz le disposizioni in materia
di funzioni e organizzazione locale (RD 3.3.1934, n.383):
una modernizzazione
legislativa, ma certamente assai lontana da ogni ispirazione autonomistica.
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48.
49.
E COME E CRESCIUTA.
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Davvero la strada per la Repubblica delle autonomie era una scelta irreversibile:
se ne poteva rallentare lattuazione, ma non bloccarne indefinitamente lespansione.
E cos nei primi anni 60 linnovazione riprende il cammino: nel 63 nasce la Regione
Friuli-Venezia Giulia, e si decide listituzione del Molise; nel 68 approvata la legge
elettorale; nel 70 si eleggono finalmente i Consigli delle quindici regioni ad autonomia
ordinaria.
In due anni tutte le Regioni riescono ad approvare i rispettivi statuti (a
norma dellart.123 Cost., allora vigente, sottoposti ad unapprovazione finale da parte
del Parlamento).
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Comuni e Province erano intanto fermi allobsoleto quadro legislativo che abbiamo
gi descritto: una legislazione sugli organi di governo precedente addirittura alla
prima guerra mondiale, un assetto organizzativo e funzionale disciplinato nel pieno del
ventennio fascista. Certo, il Sindaco era ormai riconosciuto come il capo e il leader
di una comunit locale, restando del tutto accessoria la sua funzione di rappresentante
dello Stato (ufficiale del governo), ma tutto lordinamento locale era condizionato da
una fitta e penetrante rete di controlli tesi a frustrarne le potenzialit autonome.
Lunica riforma ordinamentale degna di questo nome la legge sul decentramento
infracomunale del 76 fu il frutto di coraggiose sperimentazioni di autoriforma, a
Bologna, a Roma e in molte altre citt, e della indispensabile reazione a pronunce
censorie del giudice amministrativo.
Fu necessario attendere ben 42 anni fino al
1990 perch il Parlamento riuscisse a modernizzare lordinamento locale,
adeguandolo ai principi della Costituzione.
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55. La Repubblica delle autonomie aveva per bisogno, giunta a quel punto, di una nuova
stagione di innovazioni anche di rango costituzionale.
Si cominci con la legge
costituzionale n.1 del 1999, per lelezione diretta del presidente e il riconoscimento di
una pi forte autonomia statutaria.
Il procedimento statutario delineato ad
immagine e somiglianza del procedimento di revisione costituzionale (doppia
deliberazione del consiglio, a non meno di due mesi di distanza luna dallaltra;
maggioranza assoluta; referendum popolare su richiesta di un quinto del consiglio
regionale o di un cinquantesimo del corpo elettorale); non pi richiesta alcuna
approvazione da parte dello Stato, e il Governo pu intervenire solo sollevando
questione di legittimit dinanzi alla Corte costituzionale. Lautonomia statutaria si
invera anche nei contenuti, a partire dal superamento del limite dellarmonia con le
leggi della Repubblica previsto dal precedente art.123 Cost., e dalla possibilit di
disciplinare in modo originale la forma di governo (art.122, quinto comma: Il
presidente della giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga
diversamente, eletto a suffragio universale diretto ).
56. Siamo ormai alla vigilia della nuova rivoluzione copernicana: quella stabilita dalla
legge costituzionale n.3 del 2001.
Linnovazione ha tre pilastri fondamentali: il
riconoscimento della pari dignit tra i diversi livelli di governo (art.114), il nuovo
riparto della potest legislativa (art.117), la nuova distribuzione delle funzioni
amministrative (art.118).
Altri contenuti importanti, che esamineremo di seguito,
riguardano il c.d. federalismo finanziario e fiscale (art.119), il regime dei controlli
sostitutivi (art.120), lordinamento di Roma, Capitale della Repubblica (art.114, terzo
comma).
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Il decreto legislativo 112 del 1998 ebbe un ruolo decisivo nel disegno di
decentramento amministrativo: in alcuni casi limitandosi ad indicare le funzioni
riservate allo Stato, ed affidando alla legge regionale il compito di distribuire il
lavoro tra le diverse istituzioni locali (per fare un esempio, la tecnica utilizzata
allart.60 in tema di edilizia residenziale pubblica);
in altri casi stabilendo
chiaramente i compiti delle Regioni, delle Province e dei Comuni (valga lesempio
degli artt.138 e 139 in materia di istruzione scolastica); altre volte ancora,
inventando nuovi moduli organizzativi, per lesercizio efficiente e razionalizzato di
funzioni ancora imputabili a diversi uffici, statali, regionali e locali ( il caso degli
sportelli unici delle attivit produttive di cui allart.23).
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Al tempo stesso, la riforma costituzionale del 2001 consente di superare il tab della
(sostanziale) uniformit organizzativa e funzionale dei Comuni, affermato gi dalla
legge Rattazzi del 1859, confermato dallart.128 della Costituzione del 48 e dalla
legislazione successiva. Ferma la pari dignit delle istituzioni locali, e la riserva di
legge statale per la determinazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e
Citt metropolitana, oggi il principio piuttosto quello della differenziazione, che
consente di diversificare tra enti a partire dalle concrete caratteristiche demografiche,
territoriali, socio-ambientali.
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principio simul stabunt aut simul cadent comporta che il voto di sfiducia del consiglio
verso il sindaco avr comunque leffetto di provocare nuove elezioni generali, per
ambedue gli organi (sfiducia distruttiva!) e che le dimissioni del sindaco, (o
comunque la cessazione del suo mandato per altra causa) trascinano con s anche il
consiglio verso lapprodo elettorale.
Quando viene meno, per un qualsivoglia
ragione, uno dei termini del binomio istituzionale del Comune, la parola non pu
che tornare al corpo elettorale.
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IL SINDACO.
93. Il ruolo centrale del Sindaco nellordinamento locale non certo una novit. Il primo
cittadino, divenuto organo elettivo agli albori dellesperienza comunale, sempre
stato il punto di sintesi e di visibilit dellAmministrazione locale, il perno di un
complesso sistema di relazioni inter-organiche e inter-istituzionali, e, spesso, il
leader della comunit locale, con un grado di popolarit (e di connessa
responsabilit politica) difficilmente riscontrabile in altre posizioni istituzionali. La
storia del nostro paese segnata dalle figure di grandi sindaci.
Qualsiasi elenco
farebbe torto a moltissime personalit di eccezionale rilievo: accontentiamoci, a mo
di esempio, di ricordare Ernesto Nathan, sindaco di Roma agli inizi del XX secolo, o,
nel secondo dopoguerra, La Pira a Firenze, Dozza a Bologna, Aniasi a Milano. E
spesso i sindaci dei piccoli centri, se ovviamente meno noti sul piano nazionale,
hanno avuto la capacit e la responsabilit di guidare la comunit locale con una
forza, un prestigio e una longevit istituzionale ancora maggiori.
94. Non c dubbio tuttavia che la riforma elettorale del 1993, esplicitando la legittimazione
popolare diretta del sindaco, ne ha rafforzato enormemente il ruolo istituzionale e,
ancor pi, il legame fiduciario e identitario con i cittadini. Dal punto di vista delle
dinamiche politiche, il sindaco nel precedente ordinamento, sintesi degli equilibri
della maggioranza consiliare diventa il trascinatore del risultato elettorale, in
qualche misura artefice (e dunque legittimamente capo) della maggioranza.
Laccresciuta visibilit politico-istituzionale grava il sindaco di enormi responsabilit.
Se apparentemente la riforma del 1993 non ne muta le principali attribuzioni rispetto
al precedente ordinamento, lelezione diretta provoca un sisma destinato a
sconvolgere tutti gli equilibri, nei rapporti con gli organi, con gli apparati professionali,
con le altre amministrazioni che operano nel territorio locale.
95. Larticolo 50 del Testo unico riassume con efficacia la centralit del sindaco,
descrivendone il ruolo istituzionale come colui che:
responsabile dellamministrazione del comune
rappresenta lente
convoca e presiede la giunta (e, in alcuni limitati casi, anche il consiglio)
sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e allesecuzione degli atti
esercita le funzioni attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti
sovrintende allespletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate
esercita le funzioni attribuitegli quale autorit locale nelle materie previste da
specifiche disposizioni di legge.
96. A queste funzioni, come vedremo oltre, si aggiungono quelle esercitate dal sindaco
quale ufficiale del governo (art.54 TUEL). Una posizione che certamente affonda le
radici nella fase pi remota dellesperienza comunale, quando lente locale era
concepito come articolazione decentrata dellamministrazione statale, ente
autarchico piuttosto che autonomo, ma che ha trovato nuove ragioni (e nuove
caratteristiche) nellordinamento repubblicano, e si trova oggi a fare i conti dopo
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lentrata in vigore della legge costituzionale n.3/2001 - con uno quadro costituzionale
radicalmente mutato.
97. In sindaco ci appare dunque come la sintesi di quattro distinte figure istituzionali: il
capo dellamministrazione comunale (dei suoi apparati, delle sue funzioni), il
rappresentante dello Stato nel territorio comunale, lautorit locale, che riconduce a
sintesi unitaria la molteplicit delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche che
operano nel territorio, il leader dellente esponenziale della comunit locale (in
qualche misura il portavoce delle esigenze e delle aspettative della comunit).
98. Fino alla riforma, il tratto caratterizzante della posizione istituzionale del sindaco stata
la doppia presidenza: presidente del consiglio comunale e presidente della giunta,
cos come recitava lart.151 del Testo unico del 1915. Questa duplicit di ruoli
garantiva e sottolineava la struttura monistica della forma di governo locale.
Evidentemente la stessa duplicit non poteva essere facilmente trasposta nella
nuova forma di governo, delineata dalla elezione diretta del sindaco e dalla
contestuale elezione del consiglio con la curvatura maggioritaria gi altrove
descritta.
La centralit del sindaco deve infatti fare i conti con un sistema di
leadership condivisa, in cui i due principali organi del governo locale il sindaco
medesimo e il consiglio comunale sono vigorosamente equiordinati, e tuttavia non
separati, anzi legati da meccanismi di partenariato, tanto nel momento della
legittimazione elettorale, quanto nelle successive fasi del governo locale (e della
stessa eventuale conclusione traumatica del mandato amministrativo).
99. E dunque indispensabile evidenziare anzitutto la nuova posizione del sindaco nel e
con il consiglio comunale:
la regola generale prevede che il consiglio sia guidato da un presidente eletto nel
suo seno, con il solo compito di guidare e rappresentare lassemblea; tuttavia nei
comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti il sindaco potr conservare la
presidenza del consiglio se lo statuto non avr disposto altrimenti (art.39 TUEL)
il sindaco peraltro a tutti gli effetti un componente del consiglio (lart.37 TUEL
cos recita: Il consiglio comunale composto dal sindaco e da n membri ); in
quanto componente del consiglio, come ha chiarito la Corte costituzionale con la
sentenza n.44/1997, esercita liniziativa su tutti gli atti di competenza del consiglio,
partecipa alle sedute con la pienezza dei diritti di parola e di voto, computato ai
fini delle maggioranze e della determinazione dei quorum di presenze, salvo i casi
espressamente stabiliti dalla legge
rappresentano dunque uneccezione alla regola generale, che assimila la
posizione del sindaco in consiglio a quella di qualsiasi altro consigliere, le
disposizioni che prescrivono di non computare il sindaco nel numero dei consiglieri
necessario (almeno un terzo dei componenti) per la validit delle sedute (art. 38),
per la presentazione della mozione di sfiducia (almeno due quinti dei componenti,
art.52), per lo scioglimento del consiglio comunale conseguente alle dimissioni
contestuali o contemporanee della met pi uno dei componenti (art.141)
altre eccezioni possono essere dedotte dalla logica intrinseca dellordinamento
locale: cos appare incongruo che il sindaco presenti interrogazioni (a se
medesimo o agli assessori suoi collaboratori!) o sottoscriva mozioni (se intese in
senso proprio, come atti di indirizzo rivolti al sindaco e alla giunta) (cfr. art.43)
100. La centralit del sindaco appare oggi anzitutto nella rete di relazioni istituzionali e
organizzative che a lui fanno capo. In questo senso vero che lelezione diretta ha
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104. Lattivit organizzativa del sindaco prosegue con il conferimento degli incarichi
dirigenziali. Lart.50.10 TUEL dispone infatti che spetta al sindaco
nominare i
responsabili degli uffici e dei servizi, attribuire e definire gli incarichi dirigenziali e
quelli di collaborazione esterna, secondo le modalit e i criteri stabiliti dalla legge (in
particolare dagli artt.109 e 110), dallo statuto e dal regolamento (e, aggiungiamo, dai
contratti collettivi per larea della dirigenza, nazionali e integrativi):
il provvedimento di conferimento dellincarico, diretto senza alcun automatismo
alla individuazione della persona giusta per il posto giusto, non tuttavia
espressione di una scelta del tutto libera, guidata solo dal vincolo fiduciario (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, n.875/1996)
non per neppure la conclusione necessitata di un procedimento di valutazione
comparativa tra i potenziali candidati a ricoprire la specifica posizione:
la
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IL CONSIGLIO COMUNALE.
119. Le assemblee elettive, negli ordinamenti democratici moderni, sono chiamate ad
esercitare due compiti fondamentali:
rappresentare una comunit, darle voce,
forza, forma politica, ed assumere alcune decisioni importanti, legislative o
amministrative; insomma: governare. In modi diversi, con equilibri diversi, diversa
organizzazione, poteri e funzioni nella grande variet delle forme di governo, questi
due compiti ci sono sempre, perch sono co-essenziali alla democrazia, che al
tempo stesso rispetto e valorizzazione delle molteplici identit che concorrono a
costituire la comunit, e capacit di assumere decisioni efficaci.
120. La capacit delle assemblee elettive di rappresentare davvero le comunit una
conquista relativamente recente. Non sono passati molti anni dalla fine del regime
dellapartheid in Sudafrica, con il suo parlamento diviso per componenti etniche! E
la stessa esperienza italiana segnata dal difficile cammino verso il suffragio
universale. Allindomani dellunit, nel 1861, appena il 3 per cento della popolazione
poteva esercitare il diritto di voto, e nelle province dellItalia meridionale la
percentuale non raggiungeva l1 per cento. Solo nel 1946 il consiglio comunale
diventato a pieno titolo lorgano capace di rappresentare tutti gli uomini e tutte le
donne della comunit locale.
121. Altra questione, ben diversa, quella del sistema elettorale prescelto nellambito di
ciascun ordinamento, o, pi esattamente, della formula elettorale che consente di
trasformare i voti in seggi, le opzioni dei rappresentati in unassemblea di
rappresentanti.
La tipologia dei sistemi elettorali pressoch infinita: basta
passare in rassegna i sistemi oggi vigenti in Italia, per i Comuni, le Province, le
Regioni, la Camera dei Deputati, il Senato, il Parlamento europeo!
Tuttavia,
semplificando al massimo, i sistemi elettorali possono essere ordinati secondo due
principi fondamentali: i sistemi a vocazione (tendenzialmente) proporzionale, che si
propongo di esaltare la capacit dellassemblea di dare voce a tutte le (principali)
componenti della comunit, e i sistemi a vocazione (tendenzialmente) maggioritaria,
tesi piuttosto ad assicurare la capacit di decisione dellordinamento.
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122. Non ci sono per sistemi giusti e sistemi sbagliati: ogni sistema elettorale deve
essere valutato in relazione al contesto storico, sociale e culturale, e ai fini che si
intendono perseguire.
Ad esempio, comprensibile (forse necessario) che sia
preferito un sistema elettorale proporzionale negli ordinamenti attraversati da forti
fratture, che contrappongono tra loro gruppi sociali, religiosi, culturali o linguistici; la
rappresentanza avr infatti anzitutto lobiettivo di consentire a ciascuna componente
della societ di riconoscersi in istituzioni comuni.
E probabile invece che si
scelgano sistemi a pi forte curvatura maggioritaria quando una comunit
sufficientemente coesa, e legata da valori comuni, abbia la necessit di esercitare in
modo pi efficiente ed efficace la capacit di decisione, cio di autogoverno.
123. In questo senso possiamo affermare che la riforma elettorale comunale e provinciale
del 1993 legge 25 marzo 1993, n.81 al tempo stesso la conseguenza dei limiti
del precedente sistema proporzionale (frammentazione della rappresentanza,
instabilit, difficolt dei processi decisionali) e del suo successo, cio del
consolidamento di una democrazia matura.
124. In base alla legge 81/1993, il consiglio comunale (nei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti) eletto con una formula sostanzialmente proporzionale
(metodo dHondt), corretta da una esplicita soglia di sbarramento (3 per cento) e da
un premio di maggioranza eventuale. Tali correzioni favoriscono la formazione di
coalizioni di liste, cos come il diverso sistema in vigore nei comuni fino a 15.000
abitanti (plurality con scrutinio di lista) tende a favorire la formazione di liste di
coalizione. La formula proporzionale la base del sistema elettorale: utilizzata
per il computo iniziale dei seggi spettanti a ciascuna coalizione, per distribuire tra le
diverse liste i seggi spettanti alla coalizione vincente, per assegnare gli altri seggi alle
coalizioni e/o alle liste di minoranza.
125. La legge disciplina con puntualit artt.55-70 del TUEL - lelettorato passivo, cio i
requisiti soggettivi per diventare (e rimanere) consigliere comunale. In particolare la
legge:
stabilisce il requisito di base per la candidatura (la maggiore et e il godimento
dei diritti elettorali in un qualsiasi Comune della Repubblica), riconosce
leleggibilit dei cittadini dellUnione europea residenti nella Repubblica, e pone
un limite alle candidature plurime (nessuno pu essere candidato in pi di due
comuni ) (artt. 55 e 56)
definisce le cause ostative alla candidatura (incandidabilit), in relazione a
gravi condanne penali o allapplicazione di misure di prevenzione (art.58)
fissa le cause di ineleggibilit (art.60), in relazione ad una molteplicit di ipotesi
riconducibile alla comune ratio di scongiurare lutilizzo di posizioni di vantaggio
derivanti da condizioni personali o professionali per alterare la libera
competizione elettorale
le cause di ineleggibilit rappresentano una (grave) eccezione al principio
costituzionale del pari accesso alle cariche elettive (art. 51 Cost.): per questo
debbono essere tassativamente indicate dalla legge e non ammessa
linterpretazione analogica o estensiva (ed bene che il legislatore verifichi
periodicamente la razionalit di ciascuna di tali cause!)
fissa altres le cause di incompatibilit (art.63), piuttosto connesse al conflitto di
interessi che pu insorgere tra le attribuzioni dellamministratore pubblico e le
funzioni, le responsabilit o comunque gli interessi connessi a condizioni
personali o professionali
36
128.
129.
37
della provincia e dei singoli assessori. Emerge con tutta evidenza la centralit che
lordinamento assegna alla funzione di indirizzo politico-amministrativo del consiglio,
e si pu intuire lampia gamma di strumenti che lo statuto potr individuare per
assicurare la massima efficacia a tale funzione.
134. Delle pi significative funzioni politiche abbiamo gi parlato nei paragrafi precedenti,
evidenziando la funzione rappresentativa del Consiglio.
Quanto alle funzioni
elettive, occorre anzitutto richiamare le disposizioni legislative relative al collegio dei
revisori (o al revisore unico, nei Comuni pi piccoli) e agli organi interni (presidente,
commissione elettorale, ecc.). Sono numerosi, inoltre, gli statuti che affidano al
consiglio lelezione del difensore civico e di altri organi di garanzia. Occorre infine
ricordare che lart.42.2, lettera m, pur riservando al Sindaco la nomina o la
designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende e istituzioni, ha
mantenuto in capo al consiglio le nomine e le designazioni dei rappresentanti del
consiglio medesimo. Non semplicissimo, nel concreto, distinguere le due ipotesi:
in sintesi possiamo affermare che si pu parlare di rappresentanti del consiglio (e
non del Comune) ogni volta che sia indispensabile il coinvolgimento delle opposizioni
(ad esempio, quando si preveda una rappresentanza anche delle minoranze
consiliari) ovvero quando emerga con chiarezza la ratio dellesplicito riferimento
allorgano assembleare.
135. Larticolo 42, secondo comma, del TUEL definisce in modo puntuale gli atti
deliberativi fondamentali di competenza del consiglio, che schematicamente
possiamo raccogliere in quattro sottoinsiemi:
atti normativi:
statuti e regolamenti, ad eccezione del regolamento
sullordinamento degli uffici e dei servizi (lettera a)
decisioni sugli assetti istituzionali dellAmministrazione: convenzioni e forme
associative (c), istituti di decentramento e partecipazione (d), istituzioni, aziende
e societ (e)
fondamentali decisioni di bilancio e di politica economica:
relazione
previsionale programmatica, bilanci preventivi e consuntivi, piani finanziari (b),
tributi e tariffe (f), indirizzi per aziende ed enti dipendenti, sovvenzionati o
sottoposti a vigilanza (g), contrazione mutui e prestiti obbligazionari (h), spese
pluriennali, ad eccezione di quelle per la locazione di immobili o per i contratti di
somministrazione e fornitura (i), acquisti e alienazione di immobili, ecc. (l)
pianificazione territoriale ed urbanistica, piani di investimenti ed opere pubbliche
(b)
attenzione: fermo il principio della tassativit delle competenze deliberative del
consiglio comunale, non purtroppo vero che lelenco del secondo comma
dellart.42 sia esaustivo: occorre integrarlo, ad esempio, con la deliberazione
relativa allarmamento dei corpi di polizia municipale (art.17, comma134, della
legge 15 maggio 1997, n.127) o con la determinazione degli indirizzi sulla cui
base il Sindaco pu esercitare la funzione di coordinamento degli orari della
citt (art.50.7 del TUEL).
136. Il procedimento deliberativo si snoda lungo cinque fasi indefettibili:
la fase delliniziativa, che spetta alla giunta comunale (art.48.2), a ciascun
consigliere (art.43.1) e al corpo elettorale (art.8.3, laddove si prescrivono anche
le garanzie per il tempestivo esame delle proposte di iniziativa popolare); il
sindaco titolare del diritto di iniziativa in quanto componente del consiglio
comunale; lo statuto potr attribuire ad altri soggetti il medesimo diritto (ad
39
1.
2.
41
140. Il cardine del rapporto tra questi due mondi proclamato per la prima volta con
chiarezza dalla legge 8 giugno 1990, n.142 si legge oggi in una disposizione
del Testo unico delle leggi sullordinamento locale:
Spetta ai dirigenti la
direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettate dagli statuti
e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e
di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo mentre la
gestione amministrativa, finanziaria e tecnica attribuita ai dirigenti mediante
autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e
di controllo (art.107).
141. E un principio fondamentale per ogni pubblica amministrazione. Tre anni dopo
la legge 142 del 90, il d.lgs n.29/1993 ha infatti richiamato il principio di
distinzione tra indirizzo e controllo da un lato e attuazione e gestione dallaltro
come regola di portata generale. Oggi il d.lgs. n.165/2001 spiega che gli organi
di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo definendo
gli obiettivi e i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati
dellattivit amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti, mentre i
dirigenti sono responsabili in via esclusiva dellattivit amministrativa, della
gestione e dei relativi risultati (art.4).
142. Il principio di distinzione tra funzioni politiche e funzioni di gestione
amministrativa senzaltro rilevante ai fini della definizione della forma di
governo locale. Prova ne era lart.35 della legge n.142/1990, che individuava
le funzioni della giunta, secondo la tecnica della competenza generale e
residuale, negli atti di amministrazione non riservati al consiglio n rientranti
nelle competenze del sindaco o del presidente della provincia, degli organi di
decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti (oggi lart.48 del TU
riferendosi esclusivamente alle funzioni degli organi di governo non indica
pi, giustamente, il segretario e i funzionari dirigenti nel novero dei soggetti le
cui funzioni determinano, per differenza, le competenze della giunta).
143. Occorre chiarire anzitutto la nozione di indirizzo politico. Lelaborazione della
nozione di funzione di indirizzo politico fu utilmente sistematizzata dalla
dottrina giuridica durante il fascismo, per superare levidente difficolt di
collocare la funzione costituzionale del Duce del fascismo nella tradizionale
tripartizione tra funzioni legislative, esecutive e giudiziarie. Lindirizzo fu cos
definito come funzione autonoma, di orientamento dellinsieme degli apparati
pubblici al conseguimento di fini ed obiettivi predeterminati.
Lo stesso
concetto stato rivisitato e riproposto nellordinamento costituzionale
repubblicano, con due rilevantissime differenze: lindirizzo politico, da funzione
esclusivamente discendente, dallalto verso il basso e dal centro alla periferia,
diventa un percorso circolare, che promana dal corpo elettorale e torna alla
societ attraverso la mediazione della rappresentanza politica e degli apparati
pubblici; allindirizzo politico dello Stato si affiancano, in autonomia, gli indirizzi
politici (o politico-amministrativi) delle collettivit territoriali autonome: le
Regioni, le Province, i Comuni.
144. In un ordinamento democratico, la distinzione tra le funzioni politiche (indirizzo e
controllo) e quelle professionali (gestione amministrativa) consente di conciliare
due modi di essere della PA apparentemente contraddittori: la sua politicit e
la sua imparzialit. Valgano gli esempi delle politiche urbanistiche (il rapporto
tra atti di pianificazione e singole concessioni edilizie o permessi di costruire)
42
o delle stesse politiche del personale (rapporto tra dotazioni organiche, piani
assunzionali e procedure concorsuali), in cui vengono alla luce due momenti
dellazione amministrativa in cui prevalgono, rispettivamente, le esigenze della
politicit (la dialettica tra posizioni diverse, la decisione politica) e quelle
dellimparzialit (il pari trattamento dei cittadini in un quadro di decisioni
pubbliche predeterminate).
145. C dunque una ragione di fondo, che ci consente di cogliere il fondamento
costituzionale di quella distinzione, al di l delle esplicite ed enfatiche
affermazioni delle leggi del 1990-93 (spiegabili invece per le note vicende
storiche legate a Tangentopoli).
La distinzione di ruoli, compiti e
responsabilit appare insomma necessaria al rispetto di tre valori
costituzionalmente protetti:
lautonomia politica delle amministrazioni locali
(artt.5 e 114), luguaglianza dei cittadini (a partire dallart.3), la libert e dignit
personale dei funzionari pubblici (dal giuramento al fascismo al servizio
esclusivo della nazione, art.98).
146. Il perno del disegno costituzionale nel binomio proposto dallart.97:
imparzialit e buon andamento della pubblica amministrazione.
A volte
possono sembrare obiettivi contrapposti, difficili da conciliare (le procedure
imparziali sembrano lunghe e inefficienti ...), ma sono - dovrebbero essere - due
facce della stessa medaglia (la concorrenza che stimola i migliori e produce il
risultato pi efficace per la pubblica amministrazione: negli appalti per opere o
forniture, o nei concorsi per il personale).
147. E sbagliato parlare di separazione tra le funzioni di indirizzo e controllo,
proprie degli organi di governo, e quelle di gestione amministrativa: si tratta
piuttosto di una distinzione di ruoli e compiti tra i due mondi in cui divisa la
PA, e lattenzione deve essere concentrata sugli strumenti di dialogo e
collaborazione tra le istituzioni della politica e gli apparati professionali pubblici.
Quando questa dialettica si inceppa, la politica rischia il vaniloquio e la
burocrazia lautorefenzialit: in ambedue i casi si incrina il fondamento stesso
della democrazia, intesa come capacit di autodeterminazione della collettivit.
148. La sfida pi importante dunque la corretta costruzione del patto tra le
istituzioni politiche e gli apparati professionali. Programmi, obiettivi, autonomia,
risultati, valutazioni, sistemi incentivanti. Una sfida difficilissima, che impone un
cambiamento di cultura in ambedue i versanti del rapporto.
Occorre
rivoluzionare la mentalit sia dei politici che dei funzionari pubblici; occorre
coinvolgere nel mutamento anche i controllori; occorre passare dalla cultura
dellamministrazione day by day alla cultura della programmazione; occorre
definire regole chiare e coerenti per il reclutamento, la formazione e la carriera
dei professionisti della PA.
149. Con ci non si vuol dire che i dirigenti i professionisti non partecipino mai
alla funzione dindirizzo. Sarebbe cos in due ipotesi (evidentemente assurde):
se si confina la funzione dindirizzo al solo momento formale dellapprovazione
dellatto dindirizzo (p.es. lapprovazione consiliare del PRG), oppure se si
immagina che gli organi politici possano elaborare e costruire in perfetta
solitudine quegli stessi atti. Sappiamo che non , e non pu essere cos. Una
parte consistente della struttura professionale dellamministrazione partecipa
pienamente alla funzione di indirizzo, sia pure con un ruolo propedeutico e
43
ausiliario.
Ci spiega e motiva la natura fiduciaria di (alcuni) incarichi
dirigenziali, e illumina di una luce speciale il conferimento di (alcuni) incarichi a
professionisti esterni all Amministrazione.
150. E altrettanto importante sottolineare che il principio di distinzione di ruoli e
funzioni tra organi politici e struttura professionale della PA una regola utile,
che aiuta tutti a lavorare meglio.
La difficile (e allinizio contestata)
implementazione del principio, nella concreta esperienza delle amministrazioni
comunali, ha consentito:
di alleggerire il lavoro dellorgano di governo, superando molte
deliberazioni inutili, permettendo in tal modo alla Giunta di recuperare uno
stile di lavoro pi collegiale, con la produzione di decisioni politiche
dindirizzo da tutti ponderate e condivise
di evitare la sovrapposizione tra le funzioni amministrative di continuit
(che la struttura burocratica dovrebbe gestire autonomamente e, direi,
automaticamente) e le innovazioni organizzative e progettuali (dove
dovrebbe risaltare limpegno politico di chi stato eletto dai cittadini
proprio per cambiare e innovare)
di superare linutile farraginosit e lentezza di molti procedimenti
decisionali (troppe volte la stessa questione tornava pi volte allesame
della Giunta, e dello stesso Consiglio comunale, in forme diverse programmi di opere pubbliche, bandi di gara, approvazione di progetti,
nomina di commissioni, ecc. aprendo irrazionali spazi alla interdizione
politica)
di avviare a risoluzione lincapacit, purtroppo assai diffusa nella PA, di
misurare effettivamente e oggettivamente le prestazioni dei dirigenti, e
dunque di assumere decisioni per il conferimento, la modifica o la revoca
di incarichi sulla base di criteri trasparenti (e in grado di passare indenni
al vaglio di un giudice!).
151. La funzione di indirizzo funzione complessa, che va sostanziata (anche) in atti
collegiali del consiglio e della giunta. Ci sono atti con un contenuto dispositivo, che
fissano regole precise e inderogabili, e in tal modo indicano i binari entro cui il
dirigente si pu muovere:
gli atti normativi
gli atti di pianificazione generale (ad es. gli strumenti urbanistici, le
dotazioni organiche, il piano investimenti, ecc.)
gli atti di bilancio, e in particolare il piano esecutivo di gestione (PEG),
che pi di ogni altro atto evidenzia la qualit della funzione di indirizzo
nellamministrazione locale, fissando nel medesimo atto gli obiettivi
assegnati a ciascun ufficio (centro di costo) e le risorse (finanziarie, ma
anche professionali e strumentali) per conseguirli
ci sono atti pur sempre collegiali - ma con un contenuto non dispositivo,
in cui si esplicita e si assolutizza la funzione di indirizzo, intesa come la
capacit di indicare obiettivi, priorit, linee guida per lazione
amministrativa:
gli atti programmatici (a cominciare dal programma approvato dal corpo
elettorale, monitorato, ed eventualmente integrato, dal Consiglio
comunale)
gli atti di indirizzo del Consiglio comunale (mozioni, risoluzioni, ordini del
giorno)
44
154. Lentrata in vigore della legge costituzionale n.3/2001 impone unattenta verifica della
legittimit di ciascuna delle disposizioni del TUEL che regolano le diverse fattispecie
dei c.d. controlli esterni e dei controlli interni.
La revisione del Titolo V della
Costituzione ci offre infatti nuove certezze e qualche interrogativo non semplice da
sciogliere. Per meglio comprendere i nuovi scenari che si stanno aprendo, allora
opportuno volgere lo sguardo allindietro, verso:
le fasi pi remote dellesperienza comunale e provinciale, quando la pervasivit
dei controlli gerarchici sugli organi e sugli atti degli enti locali era la logica e
45
casi previsti dalla normativa antimafia (art.135 TUEL: cfr. art.117.2, lettera h,
Cost)
naturalmente, come non sono venuti meno gli efficaci controlli giurisdizionali
sulla legittimit dellazione amministrativa, nessuna riforma pu (e tanto meno
vuole) attenuare lesigenza di buona amministrazione richiamata
solennemente dallart.97 Cost. (e non si pu dimenticare che lart.127 era parte
del sistema di garanzie per lopposizione consiliare, oggi rinviato allautonoma
elaborazione statutaria: art.44 TUEL).
156. Lorganizzazione di un efficace sistema di controllo interno dunque unesigenza
dellAmministrazione oggi ben pi forte di quanto potesse apparire appena alcuni
mesi or sono (quando fu approvato lart.147 TUEL). Il controllo interno trova il suo
fondamento costituzionale proprio nellart.97, da cui discendono i concetti, ben
distinti, di efficacia (raffronto tra i risultati conseguiti e gli obiettivi programmati),
efficienza (raffronto tra le risorse impiegate e i risultati conseguiti) ed economicit
(ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi a disposizione).
La legittimit,
beninteso, strumentale al buon andamento dellAmministrazione: non un valore in
s, ma un elemento che concorre a perseguire lefficacia, lefficienza e leconomicit
(cio il buon andamento) dellazione amministrativa.
157. Se per controllo interno dobbiamo intendere la capacit dellamministrazione di
controllare s stessa, secondo modelli largamente sperimentati nella cultura
aziendale (controllare lorganizzazione, i processi produttivi, i risultati della propria
azione), pur vero che nella pubblica amministrazione la nozione di controllo
evoca:
il controllo degli elettori sui propri rappresentanti
il controllo delle assemblee elettive sugli organi del potere esecutivo (art.42: il
consiglio lorgano di indirizzo e di controllo politico-amministrativo)
il controllo degli organi di governo sulla dirigenza (art.107: il principio per cui i
poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di
governo)
il controllo dei dirigenti (e anzitutto del segretario-direttore generale) sullinsieme
dellapparato professionale dellamministrazione locale.
158. Lart.147 TUEL indica quattro tipologie di controlli interni (il d.lgs. 30 luglio 1999,
n.286, per gli enti locali nulla di pi di una normativa di principio, e non ha neppure
tale efficacia per i profili organizzativi dei controlli):
controllo di regolarit amministrativa e contabile (cfr. art.2 d.lgs. 286/1999)
controllo di gestione (cfr. art.4)
valutazione della dirigenza (cfr. art.5)
valutazione e controllo strategico (cfr. art.6).
159. Non sono queste tipologie di controllo interno a dare forma ed efficacia al controllo
che il consiglio comunale esercita sul sindaco e sulla giunta. Per questa funzione,
essenziale al buon funzionamento dellordinamento democratico, la legge prevede
altri strumenti:
la verifica periodica dellattuazione delle linee programmatiche presentate dal
sindaco (cfr. artt. 42.3 e 46.3 TUEL)
47
dei dirigenti. Possiamo ora raccogliere i frutti di un percorso che si consolidato con i
contratti stipulati nel corso del 1999 (quadriennio 1998-2001) per il comparto regioni
enti locali:
il CCNL per larea della dirigenza, firmato il 23 dicembre 1999
il CCNL per il personale del comparto, firmato in due parti, il 31 marzo 1999
(ordinamento professionale) e il 1 aprile 1999 (ordinamento contrattuale).
167. Per i dirigenti, sviluppando un modello gi sperimentato nel precedente contratto, la
retribuzione si articola ormai in tre distinte componenti: la c.d. retribuzione tabellare
(art.24 CCNL), la retribuzione di posizione (tenendo conto di parametri connessi
alla collocazione nella struttura, alla complessit organizzativa, alle responsabilit
gestionali interne ed esterne; art.27) e la retribuzione di risultato (al fine di
sviluppare, allinterno degli enti, lorientamento ai risultati, anche attraverso la
valorizzazione della quota della retribuzione accessoria ad essi legata; art.28). La
retribuzione di risultato erogata annualmente solo a seguito di preventiva
definizione degli obiettivi annuali - e della positiva verifica e certificazione dei risultati
di gestione conseguiti in coerenza con detti obiettivi, secondo le risultanze dei sistemi
di valutazione (art.29).
168. Per il personale delle qualifiche non dirigenziali le disposizioni del CCNL del 1999
sono assolutamente innovative:
si istituisce larea delle posizioni organizzative, per lo svolgimento di (a)
funzioni di direzione, caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale e
organizzativa; (b) attivit con contenuti di alta professionalit e specializzazione
correlate a diplomi di laurea, iscrizione ad albi professionali; (c) attivit di
staffe/o di studio, ricerca, ispettive, di vigilanza e controllo caratterizzate da
elevate autonomia ed esperienza; per le posizioni organizzative il trattamento
accessorio (straordinari, incentivi di produttivit, ecc.) assorbito da una
retribuzione di posizione e una retribuzione di risultato
i dipendenti possono accedere alla c.d. progressione verticale, per il passaggio
da un categoria allaltra, ma soprattutto sono tutti coinvolti in processi di
progressione orizzontale (progressione economica allinterno della categoria),
che consente loro di migliorare la propria posizione economica non per un
cambiamento di mestiere (come accade necessariamente nel passaggio ad
una categoria superiore), ma per le capacit professionali dimostrate nel
mestiere (competenza, impegno individuale, risultati)
la progressione orizzontale legata ad elementi di valutazione sempre pi
complessi, via via che cresce la posizione del dipendente nellorganizzazione
amministrativa, fino a comprendere - per i gradini pi elevati nelle categorie B
e C, e per tutte le posizioni nellambito della categoria D (a) il diverso impegno
e qualit delle prestazioni svolte, con particolare riferimento ai rapporti con
lutenza;
(b) il grado di coinvolgimento nei processi lavorativi dellente,
capacit di adattamento ai cambiamenti organizzativi, partecipazione effettiva
alle esigenze di flessibilit; (c) liniziativa personale e la capacit di proporre
soluzioni innovative o migliorative dellorganizzazione del lavoro
conseguentemente, In ogni ente sono adottate metodologie permanenti per la
valutazione delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti, anche ai fini della
progressione economica di cui al presente contratto; la valutazione di
competenza dei dirigenti, si effettua a cadenza periodica ed tempestivamente
comunicata al dipendente (ar.6).
50
169. Con il rinnovo contrattuale del 1999, anche i c.d. premi (o incentivi) di produttivit
precisano la loro natura, ed assumono le caratteristiche di compensi diretti ad
incentivare la produttivit e il miglioramento dei servizi attraverso la corresponsione di
compensi correlati al merito e allimpegno di gruppo per centri di conto e/o
individuale, in modo selettivo e secondo i risultati accertati dal sistema permanente di
valutazione di cui allart.6 (art.17).
170. Per i dirigenti come per gli altri dipendenti, per il conferimento degli incarichi come per
lattribuzione della parti variabili della retribuzione, per la progressione di carriera
come per lattribuzione di compensi incentivanti, individuali e collettivi, il cuore del
sistema dunque linsieme degli strumenti e delle metodologie di valutazione. In
questo senso appare davvero inadeguata la previsione dellart.147 TUEL, primo
comma, lettera (c), laddove si indica tra le tipologie dei controlli interni la
strumentazione volta a valutare le prestazioni del personale con qualifica
dirigenziale. Il sistema permanente di valutazione piuttosto lo snodo fondamentale
per consentire allAmministrazione di sviluppare una moderna cultura della qualit,
che non pu prescindere da una accurata valorizzazione di tutte le proprie risorse
professionali.
171. Larticolo 97 della Costituzione stabilisce che agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge (e,
aggiunge lart.51, tutti i cittadini, delluno e dellaltro sesso, possono accedere agli
uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge ).
Gi nel 1948, dunque, era previsto che, negli apparati professionali pubblici,
potessero essere coinvolte figure in qualche modo diverse (almeno nelle procedure
di reclutamento) dal tipico funzionario di ruolo: assunto per concorso, titolare di un
rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, normalmente destinato a
completare la propria vita lavorativa nellimpiego pubblico.
Nella disposizione
costituzionale tale ipotesi pare comunque configurarsi come uneccezione alla regola
generale dellassunzione mediante concorso, identificato come lo strumento
organizzativo per tradurre i principi-guida del buon andamento e dellimparzialit
dellamministrazione. nel concreto dei procedimenti di reclutamento del personale.
Per decenni la legislazione ordinaria e la prassi interpretativa hanno confermato
questo giudizio, limitando le assunzioni con procedure diverse dal concorso a
particolari fenomeni stagionali (le assunzioni a tempo determinato nelle localit
turistiche), o alle patologie organizzative di particolari settori della p.a. (il precariato
nei servizi scolastici ed educativi).
172. Un cambiamento significativo si ebbe nel 1990, proprio a partire dal sistema delle
autonomie locali.
Lart.51, quinto comma, della legge 8 giugno 1990, n.142,
consentiva infatti agli statuti di prevedere che la copertura dei posti di responsabili
dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione potesse
avvenire con assunzioni dallesterno con contratto a tempo determinato (di diritto
pubblico o eccezionalmente di diritto privato). Anche allora, per, nonostante la
legge non stabilisse alcun limite quantitativo per la stipula dei contratti a tempo
51
175. Il Testo unico delle leggi sullordinamento locale (d.lgs. 18 ottobre 2000, n.267)
propone cos unampia gamma di figure di esterni, a diverso titolo coinvolti
nellapparato professionale dellamministrazione locale.
E opportuno
riassumerne i tratti fondamentali.
176. I contratti stagionali (ex art.92 TUEL):
lipotesi pi tradizionale, e tuttavia regolata dalla legge con profili
innovativi
si sostanziano con provvedimenti di assunzione di competenza
dirigenziale
la legge esplicita una previsione di carattere generale (primo comma:
possono costituire rapporti a tempo parziale e a tempo determinato,
pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia) e la
completa con uno specifico richiamo ai comuni interessati da mutamenti
demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari
manifestazioni anche a carattere periodico (secondo comma)
in questo caso la legge dispone una esplicita riserva di regolamento, in
relazione a particolari modalit di selezione secondo criteri di rapidit e
trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione
in base allaccordo Aran/oo.ss. del 14 settembre 2000, gli enti possono
stipulare contratti individuali a termine nei seguenti casi:
per la sostituzione di personale assente con diritto alla
conservazione del posto (es. distacco sindacale); lassunzione pu
essere anticipata fino a 30 gg. per assicurare laffiancamento
per la sostituzione di personale assente per gravidanza e puerperio
(astensione obbligatori a facoltativa previste dal TU sulla tutela della
maternit e paternit, d.lgs. 151/2001)
per esigenze organizzativa nei casi di trasformazione temporanea di
rapporti di lavoro da tempo pieno a parziale, per un periodo massimo
di sei mesi
per lo svolgimento di attivit stagionali
per esigenze straordinarie, anche derivanti dallassunzione di nuovi
servizi o dallintroduzione di nuove tecnologie, non fronteggiabili con
il personale in servizio (limite massimo nove mesi)
per attivit connesse allo svolgimento di specifici progetti o
programmi, quando alle stesse non sia possibile far fronte con il
personale in servizio (limite massimo dodici mesi)
per la copertura temporanea di posti vacanti nelle diverse categorie,
purch siano state avviate le procedure per la copertura dei posti
(limite massimo otto mesi)
bene peraltro ricordare che, per le medesime fattispecie, le
Amministrazioni locali possono fare ricorso a forniture di lavoro
temporaneo (il c.d. lavoro interinale), comparando i vantaggi delluna e
dellaltra forma di flessibilit (la possibilit di valutare le attitudini e le
capacit del singolo lavoratore in sede di procedura assunzionale, nel
caso dei rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato; la pi
53
54
quando negli uffici di staff sono coinvolti dipendenti di altra p.a., questi
sono posti in aspettativa senza assegni
i contratti a tempo determinato non possono in alcun caso avere una
durata superiore al mandato dellorgano di governo
le assunzioni sono autorizzate con deliberazione della Giunta comunale;
agli assunti si applica il trattamento previsto dal CCNL del comparto,
eventualmente integrato da un trattamento economico accessorio
onnicomprensivo che valga ad assorbire le quote di retribuzione altrimenti
dovute per lavoro straordinario, produttivit collettiva, qualit prestazione
individuale
lart.14 del d.lgs. 165/2001 indica unanaloga possibilit per il trattamento
economico dei dipendenti di ruolo inclusi negli uffici di diretta
collaborazione dei ministri: si deve ritenere che tale strada sia praticabile
anche negli enti locali, in sede di contrattazione decentrata integrativa,
178. I dirigenti, funzionari dellarea direttiva e tecnici di alta specializzazione assunti
a tempo determinato (ex art.110 TUEL):
lart.110 sembra indicare due distinte fattispecie, peraltro non sempre
facilmente distinguibili: da un lato la copertura dei posti di responsabili
dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione
(comma 1), mediante contratto a termine di diritto pubblico o,
eccezionalmente di diritto privato; dallaltro la stipula di contratti a tempo
determinato al di fuori della dotazione organica (comma 2)
per la prima fattispecie c una riserva statutaria (lo statuto pu
prevedere ); per la seconda, una riserva regolamentare (il
regolamento stabilisce i limiti, i criteri e le modalit ); c da
domandarsi se davvero si tratti di due riserve alternative; appare
ragionevole riconoscere invece per ambedue le fattispecie una
complementariet delle due fonti:
la previsione statutaria e la
conseguente disciplina regolamentare
nellipotesi del primo comma, il contratto di diritto pubblico parifica a tutti
gli effetti (salvo che per la temporaneit del rapporto di lavoro) il dirigente
esterno a quello di ruolo; il contratto di diritto privato disposto con
deliberazione motivata, e presuppone una valutazione attenta delle
necessit di regolare diversamente il rapporto (nei termini giuridici ed
economici)
restano fermi i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire
la fattispecie senzaltro finalizzata allobiettivo di coprire il posto con la
persona pi adatta (cfr. Tar Lombardia, 20.6.1996, n.826), in relazione
alla responsabilit di risultato assunta dal Sindaco di fronte al corpo
elettorale); tuttavia il sindaco non completamento libero nella scelta,
dovendo di regola riferirsi ai dirigenti provenienti dalle carriere comunali e
potendo attingere allesterno, motivando congruamente a riguardo, solo
nel caso in cui le particolari professionalit ed esperienze richieste non
siano riscontrabili nel personale gi in servizio (cfr. Tar Lazio, II,
16.5.1997, n.927)
per i contratti al di fuori della dotazione organica, la legge dispone un
rigido limite quantitativo, fissato in misura diversa per gli enti in cui
prevista la dirigenza (5% del totale della dotazione organica della
dirigenza e dellarea direttiva) e per gli enti che ne sono privi (5% della
55
179.
182. La molteplicit delle esperienze descritte consente di trarre alcune, pur provvisorie,
conclusioni. Il tema oggi obiettivamente caldo in relazione alle polemiche che
hanno accompagnato la prima attuazione della legge 15 luglio 2002, n.145, che
modificando il d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, ha introdotto, secondo alcuni
commentatori, un generalizzato spoil system per gli incarichi dirigenziali nello Stato.
Si teme insomma che la temporaneit e revocabilit degli incarichi, e a maggior
ragione la diffusione delle assunzioni di dirigenti a tempo determinato, consentano
obiettivamente di arrecare un serio vulnus al principio di distinzione tra funzioni
politiche e gestione amministrativa.
In verit limitando le nostre osservazioni
allamministrazione locale le innovazioni che, a partire dal 1990, hanno ampliato la
gamma dei casi stabiliti dalla legge (97 Cost.) per le assunzioni a tempo determinato
rispondevano a due distinte esigenze e ragioni: da un lato la ricerca di una maggiore
flessibilit dellamministrazione, a fronte della lentezza e farraginosit degli ordinari
procedimenti assunzionali, per reagire tempestivamente ed efficacemente al rapido
mutare della domanda di servizi, attivit, prestazioni; dallaltro la necessit di una pi
forte affidabilit programmatica degli apparati professionali, in ragione della
crescente responsabilit di risultato dei governi locali dinanzi alle rispettive
comunit. Evidentemente solo questultima esigenza postulava una sorta di spoil
system, da ben calibrare proprio per non invadere impropriamente la sfera
dellautonomia (e della imparzialit) della dirigenza pubblica.
Ma un convincente
punto di equilibrio tra le molte ragioni in campo si pu trovare solo tenendo nel giusto
conto tutte le esigenze. E allora:
58
comunque prima che la deliberazione sia stata impugnata in sede giurisdizionale (cfr.
Cons. Stato, sez.V, 23.5.1984, n.396). Qualora, per esigenze di autotutela, o per
qualsiasi altra ragione, lorgano intenda revocare la deliberazione gi assunta, la
decisione dovr assumere la medesima veste di deliberazione, congruamente
motivata in ordine alle ragioni della revoca (cfr. Cons. Stato, V, 29.10.1994, n.1150).
Quanto ai tre elementi pocanzi richiamati:
la causa deve evidenziare il percorso logico che ha condotto lorgano ad
assumere la decisione: muovendo dallinteresse pubblico perseguito, si
dovranno richiamare i fondamenti della competenza (dellente e,
successivamente, dellorgano) ed esplicitare le valutazioni anzitutto nella
comparazione con altre possibilit che hanno guidato la scelta;
lo
svolgimento della causa del provvedimento, pur sintetico, deve insomma
consentire di cogliere in modo inequivoco i presupposti giuridici e di fatto, le
ragioni sostanziali e la comparazione degli interessi in campo;
i pareri che debbono essere esplicitamente inseriti nel corpo della motivazione
possono essere distinti in obbligatori e facoltativi. Tra i primi, ricordiamo: i
pareri dei responsabili dei servizi (regolarit tecnico-amministrativa e regolarit
contabile), nei modi e nei casi previsti dallart.49 Tuel;
il parere del
segretario, nel caso previsto dallart.97, quarto comma, lettera b, ma anche nei
casi ulteriori eventualmente stabiliti dallo statuto o dai regolamenti ai sensi della
successiva lettera d (cfr. a questo proposito, la circolare Min.Interno, 15.7.1997,
n.1);
il parere dellorgano di revisione, nei casi previsti dallart.239, lettera b,
del Tuel; gli eventuali pareri di altre amministrazioni prescritti dalla legge (per i
quali valgono le regole del silenzio assenso disposte dallart.16 della legge
n.241/1990, esplicitamente richiamate dallart.139 Tuel).
Tra i pareri facoltativi, giova ricordare:
i pareri dellavvocatura comunale
(competente per legge a svolgere unattivit consultiva per conto dellente di
appartenenza), i pareri che esprimeva il Co.Re.Co. ai sensi dellart.129 Tuel
(alcune regioni sembrano orientate a rimodulare gli organi di controllo, ormai
superati, proprio in questa direzione), i pareri pro veritate richiesti
dallAmministrazione ad esperti di chiara fama, i c.d. pareri di congruit
richiesti ad un dirigente diverso dal responsabile del servizio in ragione della
sua specifica competenza tecnica (tale potr essere, ad esempio, il parere del
responsabile dei servizi tecnologici inserito in una proposta di deliberazione,
predisposta dal dirigente responsabile di altro ufficio, per lacquisizione di
apparati informatici).
i riferimenti normativi completano il percorso logico della motivazione,
esplicitando, sia pure sinteticamente (nomen juris, data e numero) le fonti su cui
si fondato il ragionamento causale; giova ricordare che come ha
recentemente sottolineato la Corte dei conti - nel delineare il quadro normativo
si deve aver riguardo ai diversi livelli di normazione con riferimento a tutti, e
non a uno solo, degli ordinamenti coinvolti, e pertanto essenzialmente
dallordinamento autonomo del Comune che devono essere estratti i parametri
alla cui stregua valutare la conformit al diritto delloperato
dellAmministrazione (C.Conti, sez.II giur.centr., 22.4.2002, n.137).
189. Molti aspetti del procedimento deliberativo sono gi stati trattati nelle lezioni relative
alle funzioni degli organi collegiali di governo. In questa sede bene richiamare le
fasi essenziali del procedimento:
62
La fase delliniziativa.
Molti sono i titolari delliniziativa deliberativa.
Limitandoci ad esaminare le deliberazioni di competenza consiliare, ne sono
titolari ciascun consigliere (art.43 Tuel), la Giunta (art.48), il Sindaco (in quanto
consigliere: art.37), i cittadini singoli o associati, secondo le previsioni statutarie
(art.8), gli altri soggetti eventualmente indicati dallo statuto (ad esempio, i
consigli circoscrizionali, le consulte, ecc.), gli altri organi indicati dalla legge in
casi particolari (il Prefetto, art.70; i commissari, nelle diverse fattispecie di cui
allart.141; lorgano di revisione, art.239).
Normalmente le proposte sono libere e non vincolanti: talora la legge impone
peraltro un dovere di proposta (cos per la Giunta, in materia di bilancio e di
rendiconto, ex art.141;
analogo il dovere spettante al commissario ex
art.141, secondo comma, e quello proprio dellorgano di revisione, ex art.239);
in altri casi ancora, la proposta determina, in capo al Consiglio, un dovere di
decidere (cfr. ancora una volta, gli artt.141 e 239 in materia di bilanci e
rendiconti, lart.52, per la mozione di sfiducia; lart.8, terzo comma, per le
proposte di iniziativa popolare, in relazione alle garanzie per il loro tempestivo
esame disposte dallo statuto).
Sovente, nellelaborazione delle proposte di deliberazione, concorrono lazione
di organi politici (lassessore, il consigliere) e quella degli apparati professionali,
chiamati non solo ad esprimere i pareri obbligatori, ma a dare forma ad un
impulso dellorgano di indirizzo: in questa convergenza non vi , naturalmente,
alcuna impropria commistione tra funzioni di indirizzo e funzioni di gestione,
essendo piuttosto doveroso, da parte degli apparati, prestare la propria
collaborazione agli organi, secondo diligenza e correttezza, senza interferire in
valutazioni propriamente politiche.
La fase dellesame. Vale in materia il principio della libert del procedimento,
disciplinato in tutte le sue parti salvo casi eccezionali dalle fonti di
autonomia.
E in particolare il regolamento consiliare (art.38 Tuel) a
disciplinare il procedimento di esame delle proposte di deliberazione, in
commissione e nel plenum del consiglio, con pochissimi vincoli (quale ad
esempio il numero minimo dei componenti per la validit della seduta in
seconda convocazione). La disposizione transitoria dellart.273.6 Tuel vale a
sottolineare lautonomia degli enti nellorganizzare il procedimento deliberativo.
Quanto alla disciplina della partecipazione al procedimento, giova ricordare che
lart.10 Tuel si pone come lex specialis rispetto alla disciplina generale posta al
Capo III della legge n.241/1990.
La fase della votazione.
In principio tutte le deliberazioni sono assunte a
scrutinio palese (salvo, probabilmente, per lelezione della commissione
elettorale, ex art.41 Tuel).
E peraltro legittimo anzi, consueto che il
regolamento preveda lo scrutinio segreto per le votazioni riguardanti persone
(cfr. a tale proposito Cons.Stato, sez.V, 27.5.1991, n.846). Quanto al numero
legale per la validit della seduta, avendo gi ricordato il limite minimo posto per
la validit della seconda convocazione, giova sottolineare come gli astenuti
concorrano alla sua determinazione (cfr. Cons.Stato, V, 21.6.1985, n.242).
Le decisioni sono normalmente assunte a maggioranza semplice, salvo i
(peraltro numerosi) casi in cui la legge, lo statuto o il regolamento prescrivano
maggioranze qualificate (cfr., ad esempio, artt. 6, 8, 4.2, 52.2, 127.2, 134.4,
234.3 Tuel).
Quanto alle maggioranze qualificate prescritte da fonti di
autonomia, bene ricordare: a) che ci possibile solo in fonti a loro volta
presidiate da maggioranze qualificate (anzitutto lo statuto e il regolamento
consiliare); b) che comunque improprio dilatare il ricorso a maggioranze
63
190. Molte delle considerazioni sinora svolte potrebbero essere replicate, senza differenze
significative, per le determinazioni dirigenziali: gli atti con i quali i dirigenti esercitano
gli autonomi poteri di spesa e di organizzazione ed impegnano lamministrazione
verso lesterno, a norma dellart.107 Tuel. Il nomen juris del provvedimento
dirigenziale trae origine dallart.4 del d.lgs. n.29/1993 (ora art.5, secondo comma, del
64
IL DECENTRAMENTO INFRA-COMUNALE.
197. Come abbiamo gi notato, lestrema diversit dei Comuni italiani (anzitutto per
popolazione e territorio) pone inevitabilmente problemi di efficienza e di efficacia, in
particolare in un quadro di progressivo enorme decentramento delle funzioni
amministrative. A fronte della difficile praticabilit delle ipotesi pi radicali (funzione
dei Comuni pi piccoli, disarticolazione dei Comuni troppo grandi), lordinamento
indica una duplice strada, per la ricerca di dimensioni ragionevoli: Il Comune
recita lart.13.2 TUEL per lesercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati attua
forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri Comuni e con la Provincia.
Per lovvia ragione che lUniversit La Sapienza ha sede in Roma, concentriamo
allora lattenzione sul primo aspetto del problema - il decentramento dei Comuni pi
grandi consapevoli peraltro che Roma, in quanto Capitale della Repubblica,
presenta problemi (e possibili soluzioni) diversi ed ulteriori anche rispetto alle altre
grandi citt del paese.
198. Le prime norme relative al decentramento infracomunale risalgono ai pi remoti
vagiti dellordinamento delle autonomie locali: gi nel 1865 era stato infatti previsto
che i Comuni di maggiori dimensioni potessero agevolare laccesso dei cittadini ai
servizi amministrativi istituendo uffici decentrati nei quartieri (agglomerati in cui si
riparte il centro urbano), nelle borgate o nelle frazioni (agglomerati distanti dal centro
urbano e differenziati dal capoluogo).
199. Queste remote disposizioni hanno costituito la sola base normativa su cui, nel
secondo dopoguerra, si sviluppata una ricca sperimentazione comunale. Furono
le maggiori citt dellItalia centro-settentrionale, in particolare negli anni sessanta, ad
avviare larticolazione dei rispettivi territori in quartieri, circoscrizioni, zone o
aree. Esemplare, a questo proposito, lesperienza di Bologna, che nel 1964,
ripartito il territorio comunale in quartieri, deliber listituzione di due organi
decentrati:
il Consiglio di quartiere, nominato dal Consiglio comunale in misura
proporzionale ai gruppi politici che lo componevano, con funzioni propositive e
consultive per i principali atti comunali
lAggiunto del Sindaco, presidente del Consiglio di quartiere, delegato dal
Sindaco per lesercizio locale di alcune sue funzioni, compresa la direzione
degli uffici comunali decentrati (insomma, con funzioni di amministrazione
locale, e non solo di esercizio delegato delle funzioni di ufficiale di governo).
200. Anche a Roma - fallito nella prima legislatura repubblicana il tentativo di disciplinarne
per legge il decentramento in circoscrizioni si imbocc la strada del fai da te. Nel
1966 il territorio comunale fu ripartito in 12 circoscrizioni (che diverranno 20 nel
1972);
lassetto organizzativo era analogo a quello bolognese (Consiglio
circoscrizionale eletto dal Consiglio comunale; aggiunto nominato dal Sindaco), ma
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ben maggiore era lambito di competenze degli uffici decentrati: dai servizi
demografici allesazione dei tributi locali, dalle attivit connesse ai lavori pubblici e
alledilizia ai servizi di beneficenza e assistenza, fino alla Polizia municipale,
organizzata in gruppi circoscrizionali. Nel 1971 il Comune di Roma si sarebbe fatto
promotore persino di un progetto di legge per regolare il decentramento nelle
maggiori citt, facendo perno sulle competenze consultive dei Consigli (pareri
obbligatori e facoltativi).
201. Nel volgere di un breve periodo, le esperienze di decentramento si diffondono,
concentrandosi, prevalentemente, in Lombardia, Toscana ed Emilia-Romagna. Anche
le funzioni dei Consigli di quartiere si ampliano: cresce il numero dei pareri obbligatori
su materie delegate dal Consiglio Comunale, le competenze diventano anche
deliberative, dal centro sono trasferiti inoltre compiti di gestione dei servizi locali ed
il Consiglio, in alcune citt pilota gi eletto direttamente dai cittadini, cessa di essere
il riflesso speculare del Consiglio comunale.
Gli obiettivi che si intendono
raggiungere sono essenzialmente tre:
favorire laccesso agli sportelli e ai servizi comunali, tradizionalmente
concentrati nel centro cittadino, a vantaggio dei cittadini residenti nei quartieri
pi periferici
recuperare, allinterno di una unit elementare pi semplice della disgregante
dimensione cittadina, il rapporto di solidariet e coesione tipico delle realt rurali
di provenienza di larghi strati della popolazione urbanizzata
dare cittadinanza istituzionale ad esperienze di comitati e gruppi spontanei
che, in nome di modelli pi avanzati di partecipazione e democrazia diretta, si
proponevano quali titolari della rappresentanza di intere zone o quartieri.
202. Inevitabilmente la nuova fisionomia e vitalit delle istituzioni di decentramento doveva
entrare in rotta di collisione con il quadro legislativo ancora immutato. E cos, se le
prime esperienze sperimentali erano state confortate dal consenso degli organi di
controllo (dai segretari comunali, custodi della legittimit, ai comitati regionali di
controllo), la maturazione dellordinamento circoscrizionale subir una dura battuta
darresto con lintervento del giudice amministrativo. Clamorosa fu la bocciatura del
Regolamento del Comune di Torino, istitutivo dei Consigli di Quartiere: il TAR
Piemonte (25 giugno 1975, n. 128) rileva linesistenza dellatto per assoluta carenza
di potere, trattandosi di materia coperta da riserva di legge. Posizione analoga
assunta dal Consiglio di Stato (parere 31 ottobre 1975, n. 2242/1975): In base
allordinamento vigente non ammissibile la creazione, ad opera dei Comuni, di
speciali organismi di decentramento, non previsti dalla legge, che abbiano rilevanza
esterna e competenze che incidano, sul piano giuridico, su procedure amministrative
normativamente disciplinate.
203. Lintervento del legislatore non era pi rinviabile. Si giunge cos allapprovazione
della legge 8 aprile 1976, n. 278, recante Norme sul decentramento e sulla
partecipazione dei cittadini nella amministrazione del Comune. La disciplina del
decentramento come recita lart.1 era esplicitamente destinata a valere fino
allentrata in vigore di un nuovo ordinamento delle autonomie locali, fondandosi
finalmente sul riconoscimento dellautonomia organizzativa di ciascun ente locale,
nella corretta interpretazione dellart.128 Cost. allora vigente. I tratti essenziali della
legge furono:
la riconosciuta possibilit per i Comuni di deliberare la ripartizione del territorio
in circoscrizioni comprendenti uno o pi quartieri o frazioni contigui,
68
69
208. Com noto, lart.114 Cost., nel testo novellato dalla legge costituzionale n.3/2001, ha
per indicato le Citt metropolitane tra i soggetti costitutivi della Repubblica, accanto
a Comuni, Province, Regioni e Stato. Un chiarimento allora necessario nel
confronto tra il vecchio e il nuovo 114. A suo tempo la norma costituzionale fu
interpretata nel senso che nessuna porzione del territorio nazionale potesse sottrarsi
al triplice livello di rappresentanza: il Comune, la Provincia e la Regione. Non a
caso la legge 142, disciplinando per la prima volta le Citt metropolitane, fu costretta
a ricondurle allo schema generale della Provincia. Sotto questo profilo, come deve
essere interpretato il nuovo 114? Sembra assurdo restare nella vecchia logica: il
sistema a cerchi concentrici si arricchirebbe di un gradino, con il risultato
paradossale di rendere ancora pi complicato e inefficiente il sistema di governo
nelle grandi aree urbane. Lesatto contrario di ci che si desiderato e cercato con
lelaborazione del concetto di citt metropolitana. Province e Citt metropolitane
hanno qualcosa di simile collettivit di area vasta, che comprendono una pluralit
di Comuni una differenza di fondo. Nelle Province larea vasta comprende un
territorio solo parzialmente urbanizzato, e disseminato di Comuni medi o piccoli
chiaramente identificabili come comunit distinte.
Il tratto identificativo delle Citt
metropolitane invece piuttosto la conurbazione un vasto territorio urbanizzato e
integrato dove i Comuni (siano essi originari, o evoluzione delle circoscrizioni di
decentramento infracomunale) sono strutturalmente connessi sul piano delle
infrastrutture, delle dinamiche sociali ed economiche, della identit culturale. Non a
caso le Citt metropolitane e le Province sono gli unici due enti che non hanno, gi
in Costituzione, attribuzioni inequivocabilmente proprie. Dei soggetti costitutivi della
Repubblica, ex art.114, lo Stato (ovviamente), le Regioni e i Comuni (nel 118, primo
comma) hanno competenze esclusive e costituzionalmente protette.
Citt
metropolitane e Province le debbono conquistare sul campo in virt dei principi di
sussidiariet, differenziazione e adeguatezza.
209. In altre parole, il riconoscimento costituzionale delle citt metropolitane, alla luce dei
principi di differenziazione e adeguatezza, consente di distinguere lordinamento
delle maggiori realt urbane, per ci che esse gi sono: in ragione della complessit
funzionale e sociale tipica delle grandi citt (principio di differenziazione) e al tempo
stesso della dimensione territoriale, demografica e organizzativa che consente loro di
gestire con efficacia politiche di area vasta (principio di adeguatezza).
E se
larticolo 118, primo comma ricorda che allinterno delle Citt metropolitane dovranno
comunque continuare ad esistere (o nascere) i Comuni, titolari della generalit delle
funzioni amministrative, la stessa disposizione costituzionale consente di chiarire che
quei Comuni non saranno affatto identici, per funzioni e competenze, a quelli collocati
nei diversi contesti provinciali.
210. Certamente la disciplina legislativa delle Citt metropolitane (rectius: del processo
costitutivo delle citt metropolitane) proposta dagli artt.22-26 del Testo unico dovr
essere rivisitata a fronte della novit costituzionale. Lo scoglio maggiore riguarda
ancora lidentificazione concreta delle realt metropolitane.
Ogni criterio
imperfetto e criticabile.
Il criterio demografico impone di fissare una soglia
comunque arbitraria: la soglia simbolica del milione di abitanti coinvolgerebbe solo
Roma, Milano e Napoli; lelenco proposto dalla legge 142 ed ora dal Testo unico del
2000 porta la soglia assai pi in basso, sfiorando i 300.000 abitanti con Venezia. Si
aggiungono comunque le Citt identificate nelle Regioni a statuto speciale (Palermo,
Catania, Messina, Trieste e Cagliari).
Del resto facilmente prevedibile che la
definizione dellordinamento differenziato per le Citt metropolitane favorir il
maturare di processi aggregativi nei Comuni di cintura: ci che nel 90 era un
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ROMA CAPITALE.
213. Il terzo comma del nuovo articolo 114 della Costituzione recita solennemente: Roma
la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
Non sfugge ad alcuno il rischio di una mera declamazione retorica. Tuttavia la
disposizione costituzionale c, ed ricca di implicazioni.
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dovr preservare una coerenza sistemica con linsieme delle disposizioni della
Costituzione, considerando in particolare:
che lart.117, secondo comma, lettera p), riserva allo Stato la competenza
legislativa esclusiva, oltre che per la legislazione elettorale e gli organi di
governo, anche per le funzioni fondamentali degli enti locali
che lart.117, secondo comma, riserva allo Stato la determinazione dei principi
fondamentali nelle materie di competenza legislativa concorrente delle regioni
che, per il combinato disposto dellart.114, secondo comma, e 117, sesto
comma, sono riservate alle fonti di autonomia statuti e regolamenti la
disciplina dellorganizzazione e dello svolgimento delle funzioni degli enti locali
che, a norma dellart.118, i principi di sussidiariet, differenziazione e
adeguatezza sono la bussola per attribuire le funzioni amministrative ai diversi
livelli di governo
che lart.119 prevede esplicitamente risorse aggiuntive e interventi speciali
dello Stato in favore di singoli enti territoriali per provvedere a scopi diversi dal
normale esercizio delle loro funzioni
che rimasto inalterato larticolo 131, e dunque non in discussione lunit
della regione Lazio, comprendente Roma.
218. Insomma, una doppia scelta fondamentale gi stata fatta. Roma non si separa dal
Lazio, e rimane cuore e parte fondamentale della Regione, pur essendo evidente, e
finalmente costituzionalizzata, la sua funzione di Capitale della Repubblica. Ancora:
la specialit della Capitale sar definita da una legge ordinaria. La riserva di legge
supera alla radice i dubbi di legittimit di un ordinamento differenziato per la citt
capitale, che potevano essere proposti in relazione alla nozione di legge generale
richiamata dal precedente art.128, ma le linee fondamentali del riparto di funzioni tra i
diversi livelli di governo sono gi fissate dalla Costituzione.
219. Modelli istituzionali diversi - il distretto federale, di ispirazione nord e sud americana,
o la citt regione, propria di altri ordinamenti europei - restano cos mere ipotesi di
studio, per quanto affascinanti, almeno nella premessa di secessione dal territorio
regionale. Eppure non mancavano le ragioni per costituire Roma in distretto federale
- territorio autonomo, con speciali funzioni e competenze riservate agli organi dello
Stato federale - oppure in citt regione - comunit autonoma, equiordinata alle altre
componenti della federazione. E infatti un tratto proprio di molti ordinamenti federali
uno statuto della Capitale che la ponga come segno simbolico dellunit, al servizio
dellintera federazione; in questo senso la Capitale non dovrebbe soggiacere ad
alcuna delle componenti - stati, regioni, lander - della federazione. Per questo
nacque il District of Columbia nel 1801. E una diversa configurazione costituzionale
avrebbe consentito di modellare con pi incisivit la specialit della Capitale, ad
esempio riconoscendole unautonoma potest legislativa.
220. Hanno prevalso la pigrizia intellettuale e il conservatorismo istituzionale? Forse, ma
comunque solide e forti erano le ragioni di segno opposto. Pu infatti il Lazio vivere
senza Roma? che ne sarebbe di una regione privata del 72.5% della popolazione, il
77.9% del reddito prodotto, il 73.7% degli occupati (dati riferiti allarea metropolitana
romana secondo una recente ricerca della Fondazione Einaudi: Il Lazio senza
Roma)? E dunque, ragionevole frantumare il Lazio (e forse altre regioni; se si
avvia il domino delle scomposizioni, quante regioni reggeranno alle spinte
secessioniste?), proprio mentre la riforma federale postula regioni forti dal punto di
vista demografico, territoriale e socio-economico? Infine, poich gli assetti
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piena autonomia finanziaria e tributaria: pu essere lIci dei romani a pagare il conto
della Capitale?
224. Riassumendo. La specialit dellordinamento della Capitale deve rispondere ad un
generale criterio di razionalit e ragionevolezza, nel senso di
differenziarsi
dallordinamento delle altre grandi citt (citt metropolitane, nel nuovo contesto
costituzionale) in ragione delle assolute peculiarit della citt di Roma, che derivano:
dalla presenza degli organi costituzionali dello Stato e dalle correlate funzioni
tipiche di ogni Capitale moderna e dalla funzione che la Capitale chiamata ad
assolvere in questa fase della storia nazionale, come simbolo di unit del paese
dalla presenza della Santa Sede e dalle pi importanti istituzioni internazionali
impegnate nella lotta alla fame e alla povert (Fao, Ifad, Wfp-Pam)
da un patrimonio storico-artistico davvero unico per valore, complessit ed
estensione territoriale.
Lordinamento della Capitale sar dunque teso allarmonizzazione degli interessi della
comunit locale e gli interessi dellintera collettivit nazionale, e dunque alla
collaborazione tra le istituzioni locali e le istituzioni dello Stato e della Regione Lazio,
per assicurare:
lo sviluppo economico e sociale della Capitale della Repubblica; la qualit del
suo sviluppo urbano; la tutela e la valorizzazione del suo patrimonio storico,
artistico e ambientale; il rafforzamento del suo prestigio e della sua identit
internazionale
i servizi urbani necessari alla funzionalit degli organi costituzionali dello Stato
e degli uffici ed enti pubblici nazionali, anche al fine di favorire la partecipazione
dei cittadini e delle formazioni sociali alla vita istituzionale, politica, economica e
sociale del paese, e i servizi necessari alla funzionalit delle rappresentanze
estere e delle istituzioni internazionali con sede in Roma, anche in relazione allo
Stato della Citt del Vaticano
laccesso ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali per i
residenti e per quanti ad altro titolo ne debbano fruire nella citt di Roma
lindividuazione di risorse finanziarie aggiuntive per la citt di Roma.
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