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Lorenzo BIANCONI Bologna SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO Diré delle ovvieta. Cose da bambini. Che anche da grandi conviene non dimenticare. Lo sanno tutti che ‘musicalita del verso’ é nulla pid d’una metafora let- teraria, utile magari per evidenziare in un componimento poetico certe qualita intrinseche che, difficili da descrivere altrimenti, non sempre tutta- via e non ipso facto lo predispongono ad una effettiva maggior musicabilita, a lasciarsi cioé davvero e vantaggiosamente comporre e€ cantare in musica (cfr. M. Pagnini, I! testo poetico e la musicalita, nel suo Letteratura e erme- neutica, Firenze, Olschki, 2002, pp. 147-160). Lingua e musica — parlo del- la poesia e della musica italiana in et moderna — configurano due sistemi profondamente diversi e sostanzialmente autonomi: che per lunga consue tudine essi vengano a patti, e che l’uso della convivenza li abbia addome- sticati, non @ cosa che ci debba trarre in inganno. E per un’illusione pro- In una prima stesura, questo testo fu presentato il 3 settembre 1996 nel convegno su “Me- trica e canto” che |'Istituto per le Lettere, il Teatro e¢ il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini di Venezia celebré in memoria di Thomas Walker (1936-1995). Ne! decennale della morte, con insanabile nostalgia, rinnovo la dedica all'amico e compagno carissimo, che sempre aveva portato un vivace interesse per gli intrecci tra metrica poetica e metrica musicale: e ne aveva of- ferto una brillante dimostrazione in uno dei suoi ultimi contributi, Us appunto sul rapporto fra ‘metrica e ritmo nelle opere italiane del tardo Setcerto, letto in una tavola rotonda cremonese sulla filologia dei libretti da me coordinata nel 1992 (in L'edizione critica tra testo musicale e testo let- terarto, a cura di R. Borghi e P. Zappala, Lucca, LIM, 1995, pp. 463-469). Ho voluto conservare il taglio discorsivo d'un contributo che, privo di pretese erudite, ha un intento essenzialmente didattico: punta a mostrare affinitae difformita dei sistemi metrici di poe- sia e musica, e a suscitare in chi legge un'attenta cusiosita per le strutture ritmiche intese come feconde risorse artistiche nel teatro d'opera italiano. La bibliografia conclusiva ha anch’esa il va- loce d'un primo orientamento. Vari colleghi mi sono stati prodighi di commenti e suggerimenti; in particolare, oltre mia moglie Giuseppina, ringrazio Stefano La Via, Manfred Hermann Schmid e Marco Beghelli, che ha anche redatto gli esempi musical: 184 LORENZO BIANCONI spettica indotta dalla tradizione storica, se tendiamo ad esaltare i tratti co- muni piti che le difformita tra i due sistemi. Riflettessimo pitt a fondo su cio che li separa e non su cid che li unisce, impareremmo a conoscerli meglio, sia individualmente, sia nel loro non sempre armonico consorzio. In fondo, la bella immagine mariniana della «Musica e Poesia son due sorelle | ristoratrici de l'afflitte genti» (Adone, VII, 1) dice tutto quel che c’é da dire: basta prenderla sul serio. (Eduard Hanslick, pid disincantatamen- te, nel capitolo II del Bello musicale parla di matrimonio morganatico tra poesia e musica: «eine Ehe zur linken Hand».) Alla base della sororale con- vivenza c’é si una consanguineita, ed @ data dall’organizzazione ritmica: ma questa come ogni altra consanguineita é sempre li li per degenerare in in- comprensione concorrenza contrasto odio perfidia. Lo sanno bene, tra le mie lettrici, quelle che abbiano la fortuna d’aver delle sorelle, e tra tutti gli altri lettori almeno quelli che conoscano i romanzi di Jane Austen: i rap- porti tra sorelle scorrono su una gamma amplissima, dalla tenerezza pit ac- corata alla gelosia piii astiosa. Cosi é della musica e della poesia. I] fattore che le apparenta, ho detto, @ il ritmo. Ritmo & il ricorso rego- lare d’uno stesso elemento: cid vale in biologia (il ritmo cardiaco), in mec- canica (il ritmo d’una biella), in architettura (il ritmo d’un colonnato) come nella metrica, sia poetica sia musicale. In poesia e in musica, l’elemento ri- corrente & in primis Paccento: acento della parola e acento del verso, ac- cento della battuta ¢ accento della melodia. Siccome di solito il poeta viene prima, e il musicista lavora su un testo gia conformato, succede che quegli fornisce a questi un materiale ritmicamente non amorfo, diviso in versi do- tati d’un numero definito di sillabe, munite a loro volta di certi accenti grammaticali e accenti metrici. Dunque il poeta effettua alcune scelte pre- liminari che, se non sono costrizioni tassative ¢ proibitive per il musicist di sicuro ne delimitano la liberta. Entrambi i sistemi — musica e poesia — sono dotati di un’ossatura metrica, e questo fatto in una certa misura con- sente la conversione dell'uno nell’altro, e in una certa misura la ostacola. I ritmo della poesia ¢ il ritmo della musica rispondono a sistemi metrici di- versi, eterogenei: essi un po’ convergono e un po’ divergono, un po’ sono compatibili e un po’ sono incompatibili. Non sono mai (mai) totalmente riducibili Puno all’altro. Mettere in musica dei versi é come un tradur poe- sia da una lingua in un’altra: operazione notoriamente impossible, se non come reinvenzione - Questa diversita & una ricchezza. E attraverso di essa, attraverso questa convertibilita parziale, compatibilita condizionata, sofferta consanguineita, che Ja musica attua la sua “esecuzione” della poesia. Dico ‘esecuzione’ nel senso in cui il filologo parla di «esecuzione vocale» del testo poetico (Gian- SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 185 franco Contini, Breviario di ecdotica, Milano-Napoli, Ricciardi, 1986, pp. 16 e 18), in cui Pestetologo pud dire: «C’est exécution du poéme qui est le potme» (Paul Valery, Premiere lecon du cours de poétique, nelle Eu- vres, I, Paris, Gallimard, 1957, p. 1350), L’esecuzione che la musica da del- a poesia non é mai innocente: pud essere fedele e sottomessa, pud essere crudele e prevaricatrice, pud essere candida e sfrontata; pud anche essere un’esecuzione capitale, pud uccidere la poesia delle parole per creare una poesia dei suoni. Quando Monteverdi, per spegnere 'incendio amoroso d’uno dei suoi madrigali guerrieri («Ardo, avvampo, mi struggo», 1638), nel verso «scale, accette, martelli, acqua prendete!» isola la parola aqua ela ripete a raffica dozzine di volte — «acqua,-acqua~acqua, acqua,~acqua, ~acqua, acqua,-acqua,-acqua» ~, l'endecasillabo di partenza si é dissolto, € quel che ne resta nell’accumulo delle dialefi (indicate qui col segno “) altro non é che un forsennato gracidar di rane (il tempo, *4, s’intende equivalen- te a un nostro rapido */,): Cra z 8 e662 36 oF £ equa, ae qu a6 - qu ae qua, ae qua, ae gua, Ae-quB, ae—Gua, AC ~ gu, Es, mus. 1 Cercherd, con esempi elementari, di illustrare Peterogeneita dei due si- stemi ritmici, ma anche i modi della loro travagliata convivenza. Per sem- plicita di discorso, mi terrd a casi arcinoti, a passi che tutti han nell’orec- chio, da Mozart a Puccini © poco pit. II che ha anche il vantaggio che in poesia avremo a che fare coi soli versi canonici della librettistica italiana, ¢ in musica non esuleremo dalla battuta accentuativa: m’interessano i casi consueti pitt che le bizzarrie. Affermo tuttavia che il fenomeno illustrato qui vale, con le varianti del caso, per Monteverdi come per Bach, per Schu- bert come per Musorgskij, per Berlioz come per Jandcek, per Falla come per Britten Conviene partire dagli «elementi tecnici» del metro poetico, come li enumera Mario Ramous secondo i criteri della metrica strutturalistica ¢ comparata (La metrica, Milano, Garzanti, 1984, p. 21 sg.). Cito Ramous, abbreviandolo un poco: Tecnicamente, il metro si ritiene basato su alcuni fatti linguistici (presenti con maggiore o minore rilevanza in tutte le lingue), che costituiscono gli elementi com- binatori della misura ritmica minima, il ‘piede’; essi sono: la sillaba, la quant Paccento e il tono. 186 LORENZO BIANCONI La sillaba é un’unita fonica costituita da un apice di sonoritd (in genere ... una vocale, come in italiano), intorno al quale possono facoltativamente raggrupparsi uno o pi fenomeni meno sonori La quantita si basa sulle differenze di durata fonemica e pud essere di due spe cic: la quantita oggettiva, alla quale il parlante non pud sottrarsi giacché @ imposta dalla natura stessa degli organi fonatori o da costrizioni combinatorie, e pertanto appartiene a tutte Ic lingue; ¢ la quantita soggettiva, utilizzata da talune lingue (per esempio il latino) con funzione distintiva per create, differenziando parole ¢ for- me, sistemi fonologici diversi . L’accento e il tono, infine, possono essere esaminati su un medesimo piano dindagine: laccento vero e proprio, detto d'intensita (0 dinamico), & costituito da un aumento dell'intensita sonora su una data sillaba, per cui sono distinguibili sillabe accentate 0 toniche ¢ sillabe atone; il tono, detto anche accento musicale o dintonazione, consiste invece nell’aumento delle vibrazioni delle corde vocali, che provocano nella catena parlata curve melodiche caratterizzate da diverse altezze musical Per quanto riguarda il primo [ie. Paccento d’intensital, esistono lingue con acento a sede fissa (sull'ultima sillaba [della parola] il francese, sulla prima il finnico e il ceco, sulla penultima il polacco) e altre con acento mobile o a sede libera (italiano, lo spagnolo). Quanto al secondo [Ze. il tonol, la melodia non ri- guarda soltanto, geneticamente, la fonetica della frase, ma assume in alcune lin- gue (soprattutto afticane ¢ orientali) funzione distintiva della parola stessa, che secondo il tono con cui é pronunciata (altezza, ascendenza, discendenza ecc.) mu- ta significato E quindi possibile individuare almeno quattro tipi di metro: sillabico, quanti- tativo, accentuale e tonematico, ognuno dei quali 2 costituito dalla ripetizione (0 dalla opposizione) di un certo numero di sillabe, quantita, accenti 0 toni Va tuttavia chiatito che il verso, in qualsiasi sistema linguistico, non si fon- da solo su uno di questi principi, ma quasi sempre ne contiene piti di uno o ad- dirittura tutti e quattro (¢ infatti in ogni lingua, sebbene emergano come trat- ti distintivi soltanto alcuni degli clementi fondamentali su cui si basano i quat- tro tipi di metro, non sono mai totalmente assenti anche gli altri). Il verso ita- liano, per esempio, li contiene tutti e quattro, ma privilegia come tratti distintivi la sillaba ¢ Paccento: la quantita ¢ il tono hanno importanza secondaria, ben- ché non irrilevante. Il sistema ritmico-metrico dell’italiano & dunque sillabico-accentuativo, si basa cio’ primariamente su due fattori: il computo delle sillabe, e la di- slocazione degli accenti d’intensita nel verso. Con due risapute avvertenze. Alto sono le sillabe grammaticali, altro le sillabe metriche, 0 “posizioni” che dir si voglia: «Fior’, frondi-erbe,-ombre,-antri,"onde,-aure soavin (Pe- trarca, RVF, 303) sono sedici sillabe grammaticali, ma si riducono a undici SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 187 sillabe metriche per via delle sinalefi (indicate qui col segno*). Vanno del pari distinti Paccento grammaticale ¢ l’accento metrico: coincidono di nor- ma, ma non sempre. Nel leggere il verso dantesco «Venir se ne dee gid tra’ miei meschini» (Inferno, XXVII, 115) l’'accento grammaticale su dée in quinta posizione svanisce, assorbito com’é dal contiguo e ben piti forte git, che cade in una posizione metrica fortissima, la sesta; ed anche l’accen- to grammaticale su i@i si attenua di molto rispetto a meschini, che re- ca Paccento metrico principale, in penultima posizione: sicché nel verso le otto parole, che a rigore totalizzano otto accenti grammaticali (o almeno cinque, se non contiamo i monosillabi pronominali e preposizionali), ver- ranno scandite essenzialmente con tre accenti metrici, «Venir se ne dee git tra’ miei meschini». (Per chiarezza di discorso e di scrittura, chia: meré d’ora in poi sctus l'accento metrico, ¢ lo indicherd col segno grafico dell’accento acuto.) Del tutto diversa é la struttura ritmica - poniamo — del verso francese, dove conta come in italiano il computo sillabico, ma nient’affatto I'accento, se non perché, cadendo sempre a fine sintagma, di riflesso rafforza il giuo- co delle cesure, esso si essenziale nel ritmare l’alessandrino: «C’est Vénus | toute entiére || a sa proic | attachée» (Racine, Phédre, I, mt), per dirne uno che con perfetta simmetria binaria dispone i membri dei due emistichi (3 +3)+(3 +3); oppure «toujours aimer, | toujours souffrir, | toujours mourir» (Corneille, Suréna, 1, 1), per dirne uno che, viceversa, scardina ad arte Ja canonica bipartizione a met del verso e crea una sequenza tria- dica (2 +2) +(2+2)+(2+2). Se ora, movendo da Ramous, veniamo a trattare il sistema ritmico-me- trico della musica, tre cose ci dobbiam chiedere: (1) se esso disponga di «elementi tecnici» corrispondenti, e magari equiva- enti, ai quattro sti citati, sillaba quantita accento tono; (2) se ve ne siano altri, sconosciuti alla metrica poetica; (3) e come si combinino tra loro. Vediamo per prima cosa le corrispondenze tra metrica poetica ¢ metri- ca musicale. (1.1) Alla sillaba della lingua poetica - il primo elemento tecnico illu: strato da Ramous — corrisponde la nota musicale. Prendiamo un esempio a caso. Bastano otto sillabe otto al «vecchiotto» per «cetcar moglies, alla «ragazza» per «voler marito»: ¢ bastano otto note otto per immortalar cia- scuno di loro in musica (Rossini, I barbiere di Siviglia, n. 14): 188 LORENZO BIANCONI i HER Dove si vede anche che !’«isocronismo sillabico», dai metricisti riconosciu- to come carattere tipico del verso italiano (e francese), pud trovare nell’iso- cronia delle crome un perfetto equivalente: tante sillabe tante note, ¢ tutte della stessa durata. Se «in italiano la sillaba si presta “naturalmente” ad es- sere usata come “unita di tempo”» (P. G, Beltrami, La metrica italiana, Bo- Jogna, IL Mulino, 2002, § 5, p. 22 e nota 8), a maggior ragione in musica, dove la durata delle note é cronometricamente definita, la somma di tante note d’egual valore dara un totale equivalente. Nell’aria della vecchia Berta l’isocronia, volutamente dimessa, poco ar- tificiosa, in versi scevri di sinalefi - sillabe grammaticali e metriche in que- sto caso coincidono -, produce un sovrappiti di scioltezza naturale. Non & sempre cosi. Il furore delle semicrome a raffica in «Signorina,*un’altra vol- ta, | quando Bartolo* andra fuori» (#bid., n. 8): me oars: fe puresedtggigg! HA48 oglitirmettir etree quando Bar-to-lo anni fuori. ia con-se-pna ai ser-vi = 10-81 a suo mo-do dar Sa pri Es. mus. 3 0 il macchinismo automatico di «Questo” 8* un nodo” avviluppato, | questo “8 un gruppo rintrecciato» (Rossini, La Cenerentola, n. 14): on SESE prbbape atest bepatiterey: Es, mus. 4. SILLABA, QUANTITA, ACC NTO, TONO 189 si fondano si sulla stessissima equivalenza dell’aria di Berta (una sillaba = una nota), ma la sillabazione frenetica del primo caso ¢ la scansione mec- canizzata nel secondo, col suo pulviscolo di sinalefi svolazzanti e di liquide arrotanti e gorgoglianti, dissipano comicamente, a bella posta, qualsiasi il- lusione di “naturalezza”. Ma il principio costruttivo é lo stesso. In realta, & solo apparentemente pacifico dire che alla sillaba corrispon- de in musica /a nota. La formulazione esatta &: ad una sillaba poetica corri- spondono sa +x note, con x > 0. Prendiamo la serenata di Almaviva (I harbiere, n. 3). In %, il decasillabo «Se*il mio nome saper voi bramate» darebbe luogo a dieci note, fondamentalmente isocrone (sempre crome), se sulla nona posizione, ictus principale del verso, non avessimo una nota (pitt lunga) fiorita di sei notine supplementari: ante 3288 7 ES W123 co = aE eas at Es. mus. 5, Sappiamo che certi musicologi (per esempio i seguaci di Heinrich Schen ker) amano mettere tra parentesi le note che non interessano, ¢ cost piega- no la realta agli schemi: la qual cosa qui si pud anche fare per davvero, cosi avremo un’equivalenza effettiva, 10 sillabe = 10 note + il breve melisma sulla nota che reca ’accento. Ma in altri casi non é tanto facile. Anche El- vino sfoga il proprio sentimento amoroso in decasillabi, ma per dire che & «geloso del zefiro” errante» gli occorrono diciannove note, per via dei me- lismi su «zefiro» ed «erranter. E sfido gli schenkeriani a togliergliene sol una (Bellini, La sonnambula, n. 6): ne 1 2 3 4 § 6 TB S1ONTI 1 HIS TOrTIBID site 123 4 5 6 ye 8 10 Andante assai sostenuto mite ppt FRG iret Son ge - to det xe or = nit Es. mus. 6, 190 LORENZO BIANCONI Cosi Norma rivolge la sua preghiera alla luna, «Casta diva, che*inargenti», non in otto note — 0 in dodici, per via della reiterazione dell’apostrofe ini- ziale — ma in 14 + 18 = 32 note (Norma, n. 3): Ca - sta di - va, ca - sta di- va, che “i- nar - gen - ti 7 2411 11 2 541 1 °5 1 note 4 23456 789 1 neat 8 slave 4 203 @ Andante sostenuto assai Es. mus. 7, Dove é evidente che, come per Almaviva-Lindoro e per Elvino, sono le sil- abe toniche a recare i grappoli di note pitt onusti: sillabe grammaticali («casta, diva, inargentin) ma anche metriche, come il pronome che, di per sé atono, il quale cadendo in quinta posizione nell’ottonario trocaico reca un ictus secondario sensibilissimo anche nella melopea, cosi poco scandita, della sacerdotessa galla. (1.2) Alla quantita della sillaba poetica corrisponde la durata, il valore della o delle note. Per convenzione, anche in un sistema metrico non quan- titative come quello italiano si attribuiscono durate virtualmente brevi (U) alle sillabe atone (x), lunghe (-) alle toniche (’). Tant’é vero che, sia pur solo a scopi descrittivi, si accetta correntemente P'analogia, a rigore insussistente ¢ potenzialmente ingannatrice, tra i ritmi del verso italiano e i piedi metrici latini, si parla cioé di giambi (U—) ¢ di trochei (-U), di dattili (UU) e di anapesti (UU) eccetera; anche se pitt propriamente li si dovrebbe rappre- sentare come nella colonna di destra nel seguente specchietto: SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO. 191 eccetera. (Sulla questione dell’«illusione quantitativa», cfr. definitivamente A. Menichetti, Metrica italiana, Padova, Antenore, 1993, pp. 90-96.) In musica, diversamente dalla poesia italiana, le durate non sono con- venzionali ¢ virtuali, ma effettive e rigorosamente proporzionate. Cosi, i tre “anapesti” del decasillabo «Non so pit | cosa sén, | cosa fac(cio)» (UU- UU-— UU—(U)) possono dar luogo a tre serie di croma + croma + semimini- ma, ossia breve-breve-lunga, per tre serie di xx’, ossia atona-atona-tonica (Mozart, Le noze di Figaro, n. 6): Allegro vivaee = GU cei fo B= -@ ea Non so pl co-sa son, 60-80 fie - ci, Es. mus. 8 Si pué anche sottilizzare di pid, distinguendo tra loro sillabe pit 0 meno “brevi”’, come fa Figaro (croma puntata - semicroma - semiminima) in un altro decasillabo famoso, «Non pit: andrdi, farfalléne* amordso» (ibid., n. 9): Vivace gy ~uelue .® vo ee tp ee oo eS ee Non pia i if l-ne in « = Es, mus. 9, Ma si pud anche non distinguere affatto le durate delle sillabe atone € to- niche, sciorinare cio® una sequela di valori isocroni, proprio come abbiamo visto negli ottonari di Berta e di Bartolo, e come fanno — per tenerci ai de- casillabi mozartiani piii famosi — Zerlina e Masetto: in «Giovinétte che fate all'amdre» (Don Giovanni, n. 5) le sillabe accentate hanno in musica la stes- sa durata delle sillabe atone che le intervallano: ° ° ° 0 a Alero YY YYYYUY VUYUUY (ote GET EF ET EEL EIT =eaeeae Se SS Gio-vi = net-te che -teal-l'a- mo-re, che fi-teal-Pa = mo = re Es. mus. 10, 192 LORENZO BIANCONI Si pud anche invertite il rapporto: le sillabe toniche possono essere piti bre- vi delle atone, purché cadano in battere, come nel caso dellaria di Cheru- bino poche battute pitt avanti (cfr. sotto, !'Esempio 16, batt. 10 13; qui a p. 195). Dunque durate definite, si, e tendenziale corrispondenza accentato = lungo, atono = breve. Tendenziale ma nicnt'affatto obbligatoria, come documentano bene quest’aria di Mandane nell’Avtaserse di Johann Adolf Hasse (1760, IIL, v), 0 il racconto di Azucena nel terzetto del terz’atto nel Trovatore di Verdi (n. 10): Allegretto Gog nin GE Es, mus. 11. Andamemosso Es. mus. 12 (1.3) AlPaccento o ictus metrico — il terzo elemento tecnico di Ramous — corrisponde Paccento musicale, che di norma coincide coi tempi forti della battuta: il battere della battuta, ¢ anche il tempo che cade a meta battuta nei tempi composti (come il /,, il %e, il 12/4). E questo il vincolo pitt robu- sto, ¢ il punto di maggior convergenza tra i due sistemi metrici. Nel sistema metrico-ritmico della musica moderna vale pid che mai il principio — ben presente a Rousseau (Dictionnaire de musique, nelle Euvres completes, V, Paris, Gallimard, 1995, pp. 614, 1499 sg., 1720) ¢ a Diderot (Le nevew de Rameau, nelle Euvres complétes, X11, Paris, Hermann, 1989, p. 159) — che accentus seminarium musices, «V'accento é il vivaio della melodia»: pri cipio enunciato nel sec. V da Marziano Capella nel De nuptiis Philologiae et Mercurti (libro III, 268). Ma attenzione allo slittamento semantico: se nel- Lantichita ’'accento @ fenomeno eminentemente melodico, in eta moderna il termine @ venuto a designare in primis Yaccento d’intensita, ossia un fat- tore eminente metrico. L’accento musicale @ una faccenda piuttosto complessa. A determinar- lo concorrono molti fattori diversi, armonici melodici fraseologici dinamici 193 agogici, oltre che metrici e ritmici (cfr. J. Lester, The Rhythms of Tonal Mu- sic, Carbondale-Edwardsville, Southern Illinois University Press, 1986, cap. II). Qui mi limiterd a dire che la convergenza tra ictus metrico della poesia ¢ l'accento musicale risponde ad una realta alla fin fine corporea, gestuale (e dunque, sia detto tra parentesi, assai propizia all espressione teatrale). Chi parlando s'infervora ed accompagna col gesto il discorso, muove le braccia, punta le dita, corruga la fronte in perfetta sincronia con gli accenti grammaticali delle parole pitt enfatizzate; lo stesso fa l'attore che recita un dramma in versi; lo stesso, sui tempi forti della battuta, fa = come il direttore d’orchestra — il cantante. Della coincidenza tra ictus metrico e accento musicale non dard esempi particolari, perché tutti gli esempi addotti in questo saggio la comprovano ad usura, e pitt degli altri proprio gli ultimi due di Hasse e Verdi (Es. 11 e 12) con le loro sincopi in bella mostra che perd non scardinano di una vir- gola la corretta prosodia; le eccezioni, come I'Esempio 43 che a bella posta si sottrae a tale coincidenza, confermano la regola. Le deroghe non manca- no tuttavia neppure qui, intenzionali o automatiche. Intenzionali nei casi in cui il musicista si studia di non far combaciare l'ictus principale del verso col tempo forte della battuta, per un ricercato effetto gestuale. La prima aria di Uberto nella Serva padrona di Pergolesi @ un’aria d’azione: il padron di casa vessato di discorso alternativamente a Serpina e a Vespone. Il testo @ tessuto in quinari: «Sempre” in consrésti | con te si séd | ...». Ma nellaf- frontare la serva tirana, Uberto, che invano cerca di nasconder la formi- dine, sta sulle sue, con un piede in salvo, sempre pronto a mettersi sotto coperta: nella battuta a 4/, il quinario @ dislocato in modo che I'ictus della quarta sillaba cada sul terzo tempo, ossia su un tempo mezzoforte, non in battere, I! tempo forte rimane vacante. E come se, di fronte alla vispa me- gera, Uberto rinculasse prima ancora di partire all’attacco: Aegroasat + 29 229 1239 (a Serpina) User Re fy Sempre in con = ta = st com te site, con to ab ta Es. mus. 13, Col subalterno Vespone, invece, Uberto ha buon giuoco a mostrare il muso franco, il fiero cipiglio: si rifa della soggezione patita e riprende il piglio pa- dronale. Ipso facto i quinari titornano a posto, col loro bravo ictus piantato sul battere: 194 LORENZO BIANCONI 9 ® 9 Allegro assai 209 4 5 123 45x 123 45 (a Fespone sh 3 pe ey = Mache ti pa-re? ah! ma che ti pa-re? ah! ho joa cre ~ pare? Es. mus. 14. Automatiche sono invece le deroghe quando, per amor di coerenza me- lodica, il compositore colloca su un tempo forte o semiforte della battuta una sillaba atona: di solito queste sillabe occupano nel verso una posizione mettica che pud recare un ictus secondario, Abbiamo gia visto «ché"inar- genti» in quinta posizione nell ottonario di «Casta diva» (Es. 7). Il Conte d’Almaviva nelle Nozze di Figaro (n. 17) scandisce «Ah nd, lascidrti “in pé- ce! | non v6’ questé contémo»: te ood dla e dl dl dll: Ah ond, la-seiér-tiin pice non v6" que-st con «tén-t0 Es. mus. 15. Ora, sarebbe ozioso voler addebitare l’anomalia di quell’incongruo accento su «questé» al disordine sentimentale del Conte o ad un intento caricatu- rale di Mozart, che qui ha semplicemente tirato di lungo, ripetendo pari pari il primo modulo ritmico (cfr. P. Gallarati, “Le Noze di Figaro”: com- media umana e “realismo” della parola, «Analecta Musicologica», XXXI, 1998, pp. 33-60: 42 sg.). Di fatto, a meta d’una battuta in ¢ pud esserci ¢ pud non esserci un ictus musicale, proprio come in un settenario pud es- serci e puéd non esserci un ictus sulla quarta posizione metrica. (Di solito ©’, come nel primo dei due versi del Conte.) Mozart ha anteposto la rego- larita ritmica all’osservanza della corretta prosodia. Si trata di quel «dilem- ma del comporre su versi poetici» cui Carl Dahlhaus ha dedicato un sag- getto memorabile (in italiano nella rivista «Analisi», n. 22, gennaio 1997): 0 il musicista asseconda il ritmo poetico del verso, e allora paghera questa remissiva arrendevolezza con un ritmo musicale dal profilo irrego lare e artificioso, poco cantabile; o ricerchera un’eufonica regolarita del rit- mo musicale, ¢ allora dovra talvolta violentare un poco la scioltezza dell'e- locuzione poetica. Paradossalmente, se nel passo testé citato dall’aria del SILLABA, QUANJITA, ACCENTO, TONO 195 Conte nelle ,Jozze il compositore avesse piegato il modulo ritmico alle esi- genze del ritn0 poetico, noi Pavvertiremmo come un’infrazione inflitta dal- la prosodia «i danni della musica (1.4) Al ono 0 accento melodico - il quarto ed ultimo elemento tec- nico di Ramus ~ corrispondono i picchi melodici della frase musicale, che di solito sara ino note acute, o meno spesso gravi. Il dosaggio pud variare In «Non 50 titi cosa son, cosa faccio, | or di foco,-ora sono di ghidccio» gli ictus sulla ngna sillaba recano note relativamente acute. Ma nei due versi successivi, «(igni dénna cangiar di colore, | ogni dévna mi fa palpitar», & il primo ictus gel decasillabo, non I'ultimo, a recare la nota pitt acuta, Mi, (et pour cause, 5; si bada al contenuto dei due versie alla loro calcolata dispo- sizione anafirica). La controprova: nella duplice ripetizione del quarto verso ~ radd yppiato il tempo di scansione del decasillabo -, «ogni donna» e toca a due tiprese il Sol acuto. Ela donna Possessione di Cherubino, ed una nota che scotta, se a due riprese, con bell’effetto di sincope, va a spa- simare su quel Sol — @ il limite estremo della sua tessitura — per subito saltar gid sul Mig di «donra», piti lungo del Sol sebbene non rechi alcun accento: 4 Negro vivace os a Spay pe fe Non so pli) co-sa son, co-sa fue-cio, oF div fo-co.0-10 s0-n0 di a SS SSS i don = na can-giae dc slo-re—ongni don = a mi fa palpi etrte Fo ee = weft at tar, o-gni don-na_ mi fa palpi - tar, o-gni don-na mi fa pal - pi = tar, Es. mus. 16. Molto piti n,vigato di Cherubino, il rossiniano Conte d’Almaviva impri- me un partic: “tare vigore seduttivo alla serenata sotto il balcone di Rosina appoggiandc dapprima dall’alto la nota acuta, Mis, «Se”il mio nome sa- pér voi bra, te», ¢ salendo poi gradatamente, a ondate successive, dal 196 LORENZO BIANCONT Do, al Res al Mi; su «dal mio Jébbro”il mio néme* ascolééte» (cf. le free- ce nell’Esempio 5, p. 189). Nella musica vocale (e per analogia anche in quella strumentale) il to- no, inteso come acento melodico del verso, trova un equivalente tecnico preciso e diffuso nell ‘appoggiatura’, ossia in quella nota estranca all’ac- cordo che, di solito su una posizione metrica forte, “appoggia” nella me- lodia la nota ‘reale’ d’armonia, imprimendo con una transitoria discor- danza tanto maggiot vigore all’cufonia della raggiunta concordanza, E un procedimento standardizzato, nel Sette-Ottocento talmente scontato ed owio che non ha bisogno di yenir scritto ed é lasciato all’automatismo della lettura e dell’esecuzione. E un automatismo obbligante (sull’argo- mento, la parola definitiva Pha pronunciata L. F. Tagliavini, «Sposa! Ew- ridice!» — Prosodischer und musikalischer Akzent, nella Festschrift Ger- hard Croll, Laaber, 1992, pp. 177-202). Sbagliano di grosso i cantanti che, per malinteso scrupolo di fedelta alla lettera scritta del testo, omet- tono di eseguire 'appoggiatura: V'effetto della mancata appoggiatura & grottesco soprattutto li dove il dettato melodico chiede a gran voce di ar- rotondar la frase. Nei due passi d’agilita con cui Rosina nella cavatina del Barbiere di Siviglia (n. 5) sinteticamente proclama il proprio obiettivo strategico («Si, Lindoro mio sara»), la cantante che dopo la gragnuola di seconde consecutive ruzzoli davvero dal Miy al Dots fara la goffa figura delacrobata quando atterra sul sedere © del tuffatore quando sbatte la pancia, Lictus vuol essere appunto rafforzato ¢ insieme addolcito dall’ac- cento melodico dell’appoggiatura Re#s: aggiung Ret ‘appoggatua! Andante Sk Hin do 0 si a ri Es. mus. 17, Applicata estensivamente nel melodramma italiano dell’Ottocento, Vappoggiatura é quasi una cifra dell’enfasi patetica: compositori ¢ cantanti disseminano di appoggiature la frase canora per rinvigorire il discorso, per SILLABA, QUANTITA, ACCENT ) TONO 197 imprimere alla parola cantata un accento di verita e di commozione. Nel rammemorare il fatale duello col Conte di Luna, Manrico nel Trovatore verdiano (n. 6) calca mediante appoggiature tre ictus metrici dei quattro che compongono Tottonari Allegro bie * * * co 5 Fhe yet tre, } By se asleep iftaie aiid ot 8 ? Mal reg - pén-do al-PS - spmas-sil-to ci gid te-eo il sub - oad a basso: Do Do De Fa Ma Re Sol Do Es. mus. 18. L’appoggiatura — la traduzione musicale d’un pico nell'intonazione proso- dica del verso ~ si effettua perlopia dallalto, con un intervallo di seconda Ma non mancano gli esempi di appoggiature dal basso, soprattutto li dove la veemenza dell’affetto si complica d’un moto d’interna ritrosia o di ribrez- zo che la venga a frenare. Si senta come Giovanna Seymour, atterrita dalle minacce d’Entico VII alPindirizzo d’Anna Bolena, attacca ’angustiata ca- baletta nel duetto del prim’atto nell’opera di Donizetti (n. 2): cium AOS SSS pai dae " A qual si + acervear non 0 80., nol con = sen =te il so-reop = pres+s0, basso ua Lal La Re Es. mus. 19. Le appoggiature, che di solito sono di seconda, si possono anche effettuare per salto. E una specialita di Bellini, e Elvira dei Puritani (n. 7) ne da un esempio memorabile, con quel Fay che stride con laccordo di quarta-e-se- sta (Si,-Mi;-Sol), indi si accascia, sfinito, su Si,s: Andantino Eve ES aoe Es, mus. 20. 198 LORENZO BIANCONI Proprio perché promana da un elemento tecnico cosi tipico della pro- sodia poetica ~ acento melodico impresso dalla voce alla recitazione del verso — l'appoggiatura ha in sé ¢ per sé un'indole intrinsecamente canora anche quand’é applicata alla musica da camera o sinfonica essa conferisce ipso facto al discorso degli strumenti una fournure “parlante”, una commo- vente facondia. Un esempio tra mille lo offre il secondo tema nel primo tempo del Quintetto con clarinetto di M Allegro * * att Es, mus. 21. Si noti - sia detto en passant — che Particolazione di questa frase musicale non ricalca di per sé la scansione d’un testo poetico: il motivo iniziale di 13, note non é riconducibile ad alcuna misura di verso; a meno che non si vo- lian legare idealmente le note 4-5 e 8-9, si da ricavarne un modulo ende- casillabico con ictus in quarta ¢ settima posizione, del tipo «Se la mia vi-ita daP’éa-spro torménton. E perd la desinena dell’appoggiatura, sonoramen- te calcata, da alla frase un accento cosi “parlante” che dalla quarta battuta in la noi irresistibilmente sentiamo il motivo ripetuto come una sequela di quinari, con gli ictus enfatizzati dall’accento melodico. (2) Stabilite le equivalenze tra i quattro fattori metrici della poesia — sil- laba quantita acento tono ~ ¢ i corrispondenti fattori musicali, gia sara tra- sparito a sufficienza quale sia la piti importante caratteristica specifica che distingue il sistema metrico-ritmico musicale dal sistema metrico-ritmico della poesia: la battuta. Possiamo cosi tentare di rispondere congiuntamen- te al secondo e al terzo dei quesiti formulati all’inizio: se cioé il sistema rit- mico-metrico della musica disponga di elementi tecnici sconosciuti alla poesia; € come si combinino tra loro. In musica, gli accenti metrici sono dati dalla battuta, dall’alternanza re- golare e continua di tempi forti e tempi deboli; la battuta ha costituzione SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 199 periodica, si svolge secondo una fase rotatoria costante, invatiabile, preve- dibile: ogni tanti tempi ce n’é uno forte, e nell’intervallo ci sono uno 0 due o tre tempi deboli (raramente di pit). Questo, é vero, vale anche nella ver- sificazione italiana, dove di regola non si danno ictus su sillabe consecutive (con eccezioni numerosissime, perd: quanti sono, ¢ quanto melodiosi, gli endecasillabi metastasiani con la ripercussione dell’ictus in sesta e in setti- ma posizione, del tipo «Mi prescrive” il Destin, véglion gli dei»2). Ma men- tre in poesia il numero di sillabe atone tra un ictus e altro pud oscillare da uno a quattro (checché ne dicano i metricologi pith arcigni, che stabiliscono in tre il numero massimo di sillabe atone consecutive ammissibili in un en- decasillabo: una bella eccezione l’offre la testa del gia citato incipit marinia- no, «Masica’ e Poesia son due sorelle», ma anche, se si vuole, il titolo stesso di questo saggio), in musica il numero di tempi deboli che intervallano i tempi forti & costante, come costante é la loro durata. In musica, diversamente che in poesia, l’accento fissa un punto nel tem- po, ¢ lo stabilisce secondo una scansione isocrona effettiva, in un punto cronometricamente preciso, prestabilito e prevedibile, non fluttuante e aleatorio com’e invece il tempo di recitazione — poniamo — di un endeca- sillabo, in una catena di endecasillabi. Questo significa che in musica il tempo metrico @, non dird un a priori, ma certo fisicamente concretato € definito. La mano destra del direttore. B un tempo che si pud rappresen- tare in un diagramma segnando gli ictus come punti equidistanti lungo un asse orizzontale orientato: IKK KI KKK! KKK XX! CCC. ES yx x xx xx! eCe, aaa exe XK KX XT CC a Questo significa anche che, se in poesia ciascun verso é la realizzazione par- ticolare d’un modello metrico di riferimento che non esiste se non come schema astratto (0 come abitudine del lettore: come «memoria di una pe- riodicita prefissata», dice Ramous, p. 41), in musica ritmo e metro ~ varieta del profilo di superficie e schema di riferimento ~ sono compresenti: il me- tro, ossia il */,, il */,, il Ye eccetera, é fisicamente realizzato e compresente al ritmo specifico, al profilo irripetibile di quella battuta. La mano sinistra del direttore insieme con la destra. La battuta di “/, 0 di 7/; — Ja periodicita con cui ogni quattro semiminime od ogni due minime vado a cadere su un tem- 200 LORENZO BIANCONI po forte — é unico elemento metrico che accomuna costrutti ritmici altri- menti incommensurabili come I’attacco della Sonata Waldstein di Beetho- ven (dove la ripercussione isocrona delle otto crome é implacabilmente re- golare; Es. 22), ’'attacco del Sacre du printemps di Stravinskij (dove il metro di riferimento é destrutturato per P’evanescenza del profilo ritmico, cui supplisce tuttavia in una certa misura il parallelismo melodico; Es. 23) ¢ il quarto tempo della Musica per archi, percussioni e celesta di Bartok (dove Varticolazione interna della battuta in 3 +3 +2 crome instaura rapporti ir- riducibili alla simmetria consueta (2 +2) + (2 +2) = 4+4 = 8; Es. 24): Allegro con brio Es. mus. 22, Es. mus. 23. Allegro motto ! 2 = 2 = : 2 Es. mus. 24 Ritmo e metro, in musica, sono entita fisicamente distinte, e come tali le percepiamo. Semplificando molto, possiamo dire che il metro é il conteni- tore, il ritmo il contenuto. Questo varrebbe anche in poesia: ma li il con- tenitore ~ la griglia del metro — @ uno schema virtuale di possibilita, che hon esiste se non nella realizzazione del singolo verso, 0 nella sommatoria ideale delle migliaia di versi possibili d’una data misura. Anche in musica la SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 201 battuta, la nostra percezione della battuta, nasce dall’effettiva sequela delle note (¢ pause), dall’addizione progressiva delle loro durate, e dall’ordinato ricorrere degli accenti, mentre il tono — gli apici della melodia - avra pid che altro il compito di potenziare o attenuare l'intensita dell’accento. In tal senso possiamo allora dire che, per analogia con i quattro elementi me- trici definiti da Ramous, il sistema ritmico-metrico musicale @ eminente- mente sillabico-quantitativo-accentuativo, gioca cioé su tre di essi, e non su due come il sistema della versificazione italiana, Con piti precisione di- remo che I’elemento sillabico e l’elemento quantitativo sono subordinati a quello accentuativo, e che lo sono in maniera duttile e variabile; numero e durata delle note (come delle pause) possono militare sia congiuntamente sia disgiuntamente per corroborare laccento. Possono anche remargli con- tro (@ il caso — illustrato negli esempi di Hasse e Verdi, nn. 11 e 12 — della sincopazione, che consiste nell’accorciare la nota accentata ¢ nell’allungare per converso, anticipandola, la successiva nota atona): ma non per questo lo possono sopraffare. Diremo peré anche che nel sistema ritmico-metrico musicale ’elemen- to accentuativo é a sua volta subordinato ad un elemento che nel sistema della versificazione manca del tutto, ossia alla struttura metrica regolare della battuta. In musica, infatti, la combinazione di x note d’una certa du- rata munite di certi accenti d’intensita tende ad organizzarsi in uno schema accentuativo regolare e periodico, che poi si svolge quasi automaticamente e persiste inalterato fin che dura un dato “tempo”, Noi sentiamo la battuta, con la sua rotatoria persistenza, come alcunché di concreto, come il movi- mento regolato d'un meccanismo. Di pitl: noi percepiamo il ritmo ¢ il me- tro come movimenti déstinti ma sincronizzati. Il rapporto note+durate+ac- centi é orientato in senso lineare, come una stringa di clementi additivi; il tapporto tempi forti / tempi deboli é invece organizzato periodicamente, in forma di circolo o di pendolo. (Ho descritto il fenomeno del ‘periodo’ me- trico, sulla scorta di un esempio rossiniano, in un saggio apparso in Gioa- chino Rossini 1792-1992. Il testo e la scena, Pesaro, Fondazione Rossini, 1994, pp. 129-161.) La compresenza di ritmo ¢ metro si pud a un dipresso rappresentare come nell’Es. mus. 25 a p. 202.) Dove é evidente che gli ictus principali dei decasillabi (sillabe 9, 19, 29,...) coincidono col battere della battuta, co- me pure il primo dei due ictus secondari (sillabe 3, 13, 23,...), mentre il se- condo ictus (sillabe 6, 16, 26,...) cade a meta della battuta di ¢, ossia su un tempo piti debole, ma pur sempre in una posizione di risalto: non si po- trebbe immaginare che cadesse sulla seconda o sulla quarta semiminima. Ma attenzione: mentre nelle battute pari la meta battuta corrisponde alla 202 Lo1 20 BIANCON sesta sillaba metrica del verso, reca cio@ davvero un ictus ¢ una nota ¢ una sillaba accentata, nelle battute dispari viene a cadere nello spazio vuoto tra un verso e altro. Abbiamo dunque un acento musicale (almeno virtuale) cui non cortisponde nessuna sillaba, nessuna nota del canto, che dunque non reca un ictus metrico (un acento d’intensita) né tantomeno un accen- to melodico. L’unico elemento metrico costante & la quantita, una semimi- nima “lunga” sia a meta delle battute pari sia a meta delle battute dispari. | seni ecus NAM DNDN TD [por Ritmo, 970 vk) Sy ss) sw ah DIDDI IN, Ja ddl ID MY Jie jou PPD Cadel gee Me ah Es, mus. 25, (3) Questa osservazione — che in musica il metro sia un contenitore e il ritmo il suo contenuto, e che siano percepiti come entita separate e distinte ancorché coordinate e sincronizzate — merita di essere approfondita richia- mando alla mente fenomeni specifici che tutti conoscono. Cisono brani che in un sol metro presentano ritmi diversi. Basteranno tre esempi canonici. Nel duettino Almaviva/Bartolo del Barbiere di Siviglia (n, 10), tutto in ottonari, l’insistito salamelecco che il finto Don Alonso ri- volge al malcapitato tutore é salmodiato in una monotona tiritera di crome isocrone («Gioia” e pace, pace”e gioia»); ma gli a parte dello smanioso spa- simante e dell'impaziente cerbero («Ah se” un colpo” é andato” a vuoto...» / «Questo volto non m’é*ignoto») sono sgranati a rota di collo in trentadue- simi, ossia a una velocita quadruplicata, senza che cid scardini il metro: don- de Pesilarante effetto di zoom metrico che sottolinea il salto dal dialogo al discorso interiore, dalla gesticolazione al rimuginio (cfr. in questo stesso fa- scicolo, pp. 51-54 ¢ 67-76). Nel «Miserere» del Trovatore verdiano (n. 12), i frati della buona morte pregano in endecasillabi («Miserére d’un’alma gia vicina»), Leonora geme in doppi senari («Quel suon, quelle préci, | solenni, funésten), Manrico canta in settenati («Ah che la morte” ogndra»): tutte que- ste diverse misure durano due battute di “/,; ed ogni due battute rintocea la SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 203 campana a morto. Per converso, nel cantabile del Quartetto del Rigoletto (n. 12), ch’é tutto in ottonari, il Duca pronuncia un verso in due battute (con una curiosa anomalia accentuativa: gli ictus in terza e settima posizione cadono sul primo ¢ sul terzo tempo della battuta, mentre la sillaba finale atona cade sul battere della seconda battuta: «Bella figlia dell’amd-o-ré>), Gilda lo pronuncia in una battuta (ictus sul terzo e sul primo tempo: «Ah cosi parlar d’aédre»), Maddalena in mezza battuta (ictus sul secondo e ter- zo, indi sul quarto e primo tempo: «Ah ah, rido ben di cére, | che tai bi costan péco»), e Rigoletto in quattro battute («ch’éi mentiva sé sictira»), Nel caso pitt semplice, il metro é scandito con particolare evidenza dal- la pulsazione regolare dell’accompagnamento, su cui si staglia, con tutta la varieta ritmica del caso, l’elocuzione canora dei versi. Questo implica la possibilita d’un giuoco contrapposto tra il primo piano del ritmo cantato ¢ lo sfondo metrico dell’accompagnamento: che possono sia aderire sia di- varicarsi. Vedete la marcia di Figaro alla fine del prim’atto nelle Nozze (n. 9): sull’uscita piana del decasillabo (due semiminime in battere), il basso dell’ orchestra batte ¢re colpi (tre semiminime) e non due, e oltretutto il se- condo e il terzo sono rafforzati dai fiati; viene cosi accentato proprio quel terzo tempo che nel canto rimane invece scoperto, quel tempo “‘vuoto” che demarca la fine d’un verso e l’inizio del successivo (@ un fenomeno che Thrasybulos Georgiades ha egregiamente illustrato in un saggio famoso del 1950, in italiano nel Mozart a cura di S, Durante, Bologna, I] Mulino, 1991, pp. 291-315: 313; vedi Es. mus. 26). Vivace of fone a tS : Non pian = drai, far-fal-lo ~ neasmo - 1 - so notte e sole at's id “SS Sy Es. mus. 26, 204 LORENZO BIANCONI I] metro musicale assicura uno sfondo continuo ed articolato. E il me- tro a sanare le spaccature, le fenditure, le asperita della superficie. Ne de- riva un grado assai elevato di facolti manipolatoria. I procedimento pid elementare e frequente di tali manipolazioni, che alterano la forma metrica del testo senza perd snaturarne il ritmo, é la reiterazione di interi versi, 0 di segmenti di verso. Siamo sicuri che nel Don Giovanni di Mozart «Giovinet- te che fate~all’amore» sia davvero, come in Da Ponte, un decasillabo? Il verso effettivamente cantato @ «Giovinette che fate*all’amore, che fate “al- Vamore»: ha dunque 10 +6 = 16 sillabe. E sol che Mozart ¢ Zerlina voles- sero, in virta della perfetta reiterabilita a catena degli anapesti decasillabici potrebb’essere un verso di 22, di 28, di 40, di 70, di 676 o di 12345688 sillabe. Potrebbero cantare: «Giovinette che fate all’amore, che fate all’amo- re, che fate all’amore, che fate all’amore, che fate all’amore, che fate all’a- more, che fate all’amore, che fate all’amore, che fate all’amore, che fate al- Pamote, che fate all’amore,...», letteralmente a perdifiato (vedi Es. mus. 27). Allegro Zerlina vy ve fohe fa-twal Pa moore mottipicato Es. mus. 27. Ma questo non é pitt un decasillabo: é un verso sesquipedale, un tiritera- sillabo, una macchina erotica a stantuffi anapestici; perfettamente musicale, si, ma esorbitante dalle leggi - 0 almeno dai limiti ~ della metrica italiana. Non avessimo il testo verbale, non sapremmo dire di quale misura di versi ‘si tratta. Viceversa, la stereotipia musicale di certi moduli versali ci consente di riconoscere che esistono “versi” senza parole nella musica strumentale. Lo sanno tutti che Cherubino, coi suoi smaniosi decasillabi, s’& materializzato una seconda volta nella Sinfonia K. 550; Molto allegro [Non so pi co-sa 30n,co-s4 fae-cio, oF di fuo-co.omm so-no di ghine- cio] Es. mus. 28. SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO, 205 E lo sanno tutti che un basso butffo, il Monsieur Giré dell’aria composta da Mozart per Le geloste fortunate di Anfossi (K. 541), fa bella pompa di sé nel terzo tema del primo tempo della Jupiter (K. 551): Allegretto Monsieur Giro Voi sie + teu pot ton = do, mio. c= fo Pom = pe-o, he xo are Re ont: of Le tip t Es. mus. 29. Sono casi che sembrerebbero suggerire la piena convertibilita dei due siste- mi ritmico-metrici (cfr. p. es. R. Strohm, Merkmale italienischer Versverto- nung in Mozarts Klavierkonzerten, «Analecta Musicologica», XVIII, 1978, pp. 219-236). Ma attenzione: non & davvero sempre cosi. Invano cerchere- ste uno schema versale che si adatti alle prime battute della stessa Sinfonia K. 551, dove pur non vé dubbio che il ritmo di quattro quarti assurge ad una individuazione folgorante, immediatamente memorabile, ed il metro si presenta con granitica, squadrata saldezza: Allegro vivace — Es. mus. 30. La “naturalezza’” del sistema ritmico-metrico di Mozart & indipendente dalla scioltezza, insuperata, con cui egli intona i versi italiani. Se il sistema ritmico-metrico di un Mozart o di un Rossini ci vuol parere pid d’ogni altro “naturale” — per il ben calibrato rapporto antecedente/conseguente nella co- struzione equilibrata della frase, per il respiro dei petiodi, per lo scatto degli incisi -, alti sistemi presentano forme di regolarita pit ardue, pid imperve, ma non per questo “innaturali”: penso alle battute in °/ di Cajkovskij 206 LORENZO BIANCONI Violin Vio Leporetio SE = il cata = to-goe Violoncli 2 Contabiass que-sto——del-le belle chea-moil pa-dron m=, ie chet fat wi wy Es, mus. 31. SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 207 Es, mus. 31 (fine), (il valzer nella VI Sinfonia) o di Musorgskij (la canzone Svetik Savitna oppu- re, nella combinazione ¥/, + %, la Promenade dei Quadri da un'esposizione), penso al ’/, nel finale dell Uccello di fuoco di Stravinskij, penso ai ritmi “bul. gari” in Bartok (il % nel terzo tempo dei Contrasts, il 7/,+% nel quarto tempo del Concerto per orchestra), che si fondano pur sempre sul ricorso regolare, periodico, omotachico di tempi forti e deboli. Non cosi nei sistemi additivi, negli accumuli polimetrici di Stravinskij dal Sacre in avanti, che nel- Vimprevedibile sommatoria di misure diverse producono I’effetto d’un pro- grammato disordine, anzi realizzano «Possimoro impossibile: i metro non periodico» (R. Taruskin, Le sacre du printemps, Roma, Accademia Nazionale di S. Cecilia, 2002, p. 152); e neppure nella musique mesurée & antique del Cinquecento francese, che s'illudeva di avvicinarsi all’ethos della melica anti- ca replicando supinamente le lunghe e le brevi della metrica latina, ma cosi facendo sostituiva alla «zuppa delle parole» della polifonia l’insipido pancot- to d’una melopea incantabile proprio perché priva di un’organizzazione rit- mica regolare. Viceversa, non é per nulla detto che tutto cid che accade nella semplice battuta accentuativa di “/; 0 di */, risulti ipso facto “naturale”: per non dilungarmi, bastera ch’io ricordi l’effetto di nevrotica frenesia, anzi di surrealistica vertigine che suscita il pit: ossessivamente isocrono ed omota- chico dei congegni metrici, il crescendo rossiniano, Una risorsa importante data dalla compresenza di ritmo e metro é la possibilita di scompotte e redistribuire i versi, attraverso il giuoco delle ce- sure ¢ lincastro delle polimetrie in superficie. Nessuno pit disinvolto mellifluo di Leporello che incanta la povera Donna Elvira (Don Giovanni, 208 LORENZO BIANCONI n. 4); ma «Madamina, // il catalogo”é questo» tutt’al pid un rudere di decasillabo, esploso, infranto, smembrato in un quaternario e un settena- rio, sull’arco di tre battute (non due né quattro). Né quel che segue & gran- ché ordinato, Le 3+2+3+3 +3 battute della melodia sono perd leggia- dramente tenute insieme sia dalla pulsazione del metro per crome sullo sfondo (violini II ¢ viole), sia dal motivetto che violini I ¢ bassi si rimbal- zano da una battuta all’altra (vedi Es. mus. 31 a p. 206 sg. Il musicista pud in ogni momento, da versi regolari — magari osse: mente regolari come sono i decasillabi anapestici — ricavare frasi musicali irregolari. Prowvede il metro musicale, l’accompagnamento, l’articolazione dello sfondo orchestrale, ad assicurare la tenuta del ghiribizzo melodico in cui s‘impennano al vento i decasillabi di «Questa~o quella per me pari so- no» nel Rigoletto (n. 2), musicati come fossero un quaternario e due nove- nari, ossia un costrutto francamente barbaro, per le condizioni della poesia italiana nel 1851 (vedi Es. mus. 32). Viceversa, giocando sulla posizione periodica degli accenti, da versi ir- regolari posso ricavare un effetto di ricercata regolarita. Dopo i due deca- sillabi iniziali, Ja serenata d’ Almaviva (cfr. I"Esempio 5, qui a p. 189) pro- segue, nel libretto di Cesare Sterbini, con dei senari, schema anfibrachico (U-U U-U) non incompatibile coll’anapestico del decasillabo tronco (UU— UU UU-): To sno Lindéro che fido Wadsro, che spésa vi brimo, che*a nome vi chiémo, di voi sempre parlindo cosi dall'aurora” al tramonto del di. Ebbene, Rossini storpia il primo verso apocopando il verbo, «fo son Lin- doro», ne fa dunque un quinario tetico. Dal coacervo metrico che ne risulta — due decasillabi, un quinario, tre senari, due decasillabi tronchi — distilla la pitt soave regolarita dell’clocuzione canora, sillabicamente isocrona, che parte serena dal battere su «fo» per rigirarsi beata nel giuoco delle anafore (vedi Es. mus. 33 a p. 210). Uno stesso modulo melodico-ritmico, in virta della possibilita di assegnare una o pitt d'una nota a ciascuna sillaba e di compensare con durate dimezzate Paccrescimento numerico delle sillabe, pud calzare su versi diversi. Nel primo duettino delle Nozze di Figaro, Da Ponte ha proposto a Mozart prima due quartine di ottonari, indi una di decasillabi: in due punti del brano il musicista ha rivestito della stessissima musica i versi «Si, mio coreor é piti bello» SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 209 ; cn tne yro! start oe Le | 10 Ges 7 ree sempre staccato vo PRS SY »P Es. mus. 32, (ottonari) e «Ah “il mattino “alle nozze vicino» (decasillabi). All'ascolto non avvertiamo alcuno iato, lo scarto tra i trochei degli ottonari e gli anape- sti dei decasillabi é perfettamente neutralizzato. Forse il poeta aveva in men- te un pezzo musicale articolato in due tempi, uno per gli ottonari e Paltro peri decasillabi: il compositore ha preferito puntare sulla rapiditi e la sintesi (vedi Es. mus. 34 a p. 210). La mutevole combinazione dei fattori secondari (il numero di sillabe, ergo di note, ¢ l'isocronia o eterocronia sillabica) in congiunzione col fatto- re primatio (la coincidenza tra gli ictus dei versi e i tempi forti o mezzoforti della battuta) consente insomma sempre di convertire efficacemente il si- stema metrico della poesia in quello della musica. Ma Ia loro eterogeneita é evidente, se & vero che, a beneplacito del musicista e senza forzature ar. tificiose tali da dissipare limpressione di una perfetta “naturalezza”, ritmi poetici costanti possono dar luogo a ritmi musicali irregolari, e ritmi poetici diversi possono dar luogo a ritmi musicali identici. (4) Negli esempi fin qui toccati abbiamo osservato una generale con- gruenza tra ritmo poetico € ritmo musicale. Le due brave sorelle si sono a lungo sforzate di comportarsi bene, hanno cercato i punti d’intesa, il bene comune, sono state ragionevoli. Non & sempre cosi. La regolarita della frase musicale pud diventare per il senso poetico una camicia di forza, o di Nes- 210 LORENZO BIANCONI Neane : ee Se : a Ee ay = Uo son Lin doeto che f-do v'n~ do-ta. che ports Mi Mesmo, che mooie vi decay) —+ =e ; = ye i a chia, chew 9 = me vi chao. di nah sempre par = anda = ’ Pa tempo - 7 = Boteari = Li 5 Y - ea a mite aac Es. mus, 33. Figaro Allegro 0 Bikes Prete ete ty Si mio co- rear & pid bel Jo. sem-bra fat toin ~ ver Abuil wat «th + no able noz - 22 vi no quan-t'@ dot ceal pit te ne-0. spo - 50 Es, mus. 34a. so. Verdi cercava dai suoi librettisti strofe rigorosamente isometriche che avessero una giusta «cadenza», versi in cui «il senso finisca col verson: chie- deva cio’ una buona corrispondenza tra articolazione metrica e sintattica (lettere del 14 dicembre 1861 a F. M. Piave e del 18 ottobre 1848 a Giu- seppe Mazzini). In apparenza, lavorava per la pacifica convivenza. Ma quanti cantabili verdiani e donizettiani ¢ belliniani rimangono sospesi nel nostro ricordo all'aggancio mnemonico di un capoverso che, proprio per lascultorea, monolitica compattezza del modulo ritmico, ricordiamo slega- to dai versi successivi, ¢ cosi risulta privo di senso compiuto? L’attacco la- pidario di «Quando le sere~al placido» (Luisa Miller, n. 11) é indelebil- mente legato al ricordo del settenario di Cammarano, mentre la memoria dei versi successivi sbiadisce affatto («chiaror d'un ciel stellato | meco fig- gea nelletere | lo sguardo innamorato,...»): SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 2u1 Rodotto Andante BP oppassionatissino Quan = do le se - real pla ci-do Es. mus. 35, «Al placido» che cosa? e chi? e quando «quando»? a fare che? «Sola, fur: tiva al tempio» chi? «Regnava nel silenzio» che cosa? «D’amor sull’ali ro- see» ¢ poi? La cogenza dell’isometria @ implacabile: i moduli ritmico-melo- dici (gli stereotipi classificati da Friedrich Lippmann nel saggio Versificazio- ne italiana e ritmo musicale, Napoli, Liguori, 1986) ci restano impressi, ver- rebbe detto, in barba al senso poctico. Sono, quelli citati, settenari in liberta. Ostentano pit d’ogni altra cosa la loro brava uscita sdrucciola, co- me un pennacchio d’ordinanza. Ostentano cio’ un carattere formale ~ una “tima ritmica” — pid che un contenuto. E come se a meta Ottocento si attuasse un processo di assolutizzazione unilaterale del rapporto tra il metro poetico e il ritmo musicale. La forza degli stereotipi scolpisce il verso ma ne mete a dura prova la duttilita, in particolare negli imparisillabi. Il Metastasio giocava a bella posta sul con- trasto tra settenari coll’ictus oscillante in prima, in seconda, in quarta po- sizione («Tu mé da me dividi: | bérbaro! tu m’uccidi: | t#ito il dolor ch’io. sento,...», L'olimpiade, II, xt; «Ardi per me fedele, | sérba nel cor lo strale; | ma non mi dir crudele...», Didone abbandonata, Il, 1) e sapeva bene ch’e- rano altrettante esche ghiottamente offerte al musicista per differenziare il gesto retorico dell’aria, Ma Solera, Cammarano, Piave sono rassegnati a ve- der calpestata sotto il rullo compressore dei moduli fissi verdiani ogni qualsiasi sottigliezza accentuativa. Ogni e qualsiasi? Si, ma con dei limit. Prendiamo il cantabile con cui, ignaro, Banco si congeda dal mondo dei viventi per essere ingoiato dalla tenebra dei crimini di Macbeth (n, 8): 212 LORENZO BIANGONI Adagio Banco 7 @Co- me dal cil preci - pita — @Fom-bya pid'sem - preo-sey = ral > -— p2eo Phas - Ng, ae P | — a = oehe re 4 - : a _ NB. ——— _ 1 cept te tim Def Po a es = Es. mus. 36. E evidente la costanza del ritmo |¢ ¢: ¢ : la sua testa caparbiamente in battere esalta gli ictus ella prima © quarta sillaba nei settenati. (II tono, 'accento melodico sul Sols, su cui s'impernia- no le frasi del canto tese dal Si, al Sip, fa la sua parte nelenfatizzare Pictus della quarta sillaba a meta delle battute 1, 3, 5, 8, 9, 11.) La fissita del mo- dulo determina alcune accentazioni incongrue, che non rispettano né l’ac- cento grammaticale né l'ictus metrico: «/n notte” ugual...», «mn’annunciand sventura», «éil mio pensiero...». In Verdi conosciamo di peggio: «Di quel- la pira», «Lé donna é mobile». Ma c’é un limite a tutto. C’é una soglia di tolleranza che neanche il «barbaro» Verdi s'azzarda a superare. E abba- stanza facile accertare in quest’ esempio tale soglia di tolleranza. In tre casi Verdi deflette dall’osservanza del modulo tetico di base. Il primo caso é sul nome di «Dunaéno», che sarebbe assurdo scandire «Dincanon: collocato nel verso finale della quartina, legato al precedente da forte enjambement, chiama una formula cadenzale enfatica e riassuntiva; tutto congiura a diver- sificarlo dal modulo dei primi tre versi. (Sia detto tra parentesi: forse per un ingannevole automatismo fraseologico-musicale Verdi ha musicato i due SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO 213 petiodi sintattici della prima quartina come se fossero un solo periodo, tut- to proteso verso la grandiosa modulazione al relativo maggiore.) Gli altri due casi d’inosservanza della regolarita modulare sono pi rivelatori. Al se- sto ¢ all’ottavo verso Verdi aggiunge infatti un’anacrusi, una semicroma in levare che gli consente d’accentare correttamente, sul battere, «m’aniincia- no» ¢ «di irven. Perché mai qui non ha titenuto di potersi concedere Vin- frazione accentuativa dei versi 3 ¢ 7? Come s'é gia visto, i versi 6 ¢ 8 presen- tano un acento musicale errato in quarta posizione. Dobbiamo dunque con- cludere che in settenari come questi, ¢ in questo stadio dello stile verdiano, un ictus secondario spiazzato & considerato un’infrazione accettabile, ma due di seguito nello stesso verso no. La conversione del sistema metrico della poesia nel sistema metrico della musica sopporta dungue strapazzi anche notevoli, non pers illimitati, pena lo scardinamento della legge essenziale che la sottende: ictus metrici tempi forti della battuta, Come i suoi predecessori, Verdi é indefettibile nell’osservare questa regola primaria, per quanto concemne l'ictus principa- Ie del verso (quello sulla penultima posizione metrica). Se smembra e de- turpa le impervie escogitazioni metriche boitiane, riducendo «Quénd’ero paggio | del diica di Nérfolck éro sotéile» ad un quinario pit un settenario tronco pit un endecasillabo dattilico («Quénd’ero paggio | del diica di Nor- filck \\ éx0 sottile, sottile, sottflen), cid avviene, lo sappiamo, anche per via d'un avventurato fraintendimento nella pronunzia del toponimo inglese, indotta dall'abitudine d’accentare automaticamente nell’endecasillabo la sesta o la quarta, mai la quinta posizione (Falstaff, II, 1): ai coslpeepees r ceeleseoee|s op Quan-d'e-to pg gio del Dusea di Nor-folek e-10 sot = tile, sot-tiele, s0t = t= ke Es, mus. 37 (A ben vedere, Boito, che tanto si scervelld sull’assetto metrico di questi due versi, si sarebbe potuto trarre elegantemente d’impaccio articolandoli alla rovescia, endecasillabo + quinario: «Quénd’ero paggio del diica di Nér- folck | éro sotéfle»; e cosi Verdi non avrebbe sbagliato l'accentazione del nome inglese. Ma é tutta la vicenda di questo passo a fornirci, sia detto tra parentesi, una splendida riprova del fatto che il “verso” musicale pud vivere di vita propria, bellamente ignaro del verso poetico di partenza.) ‘Anche nei casi estremi, dunque, ictus sulla penultima é implacabil- mente incentrato su un tempo forte. «L’orrenda procélla | qual lampo spa- 214 LORENZO BIANCONI ré», nello sconcerto del Largo del finale III in Avtila (n. 11), pud anche ri- dursi ad un borborigmo barbarico - @ nella partitura l'unico punto in cui verrebbe detto che la musica assume un colorito vagamente “unno” ~ ma, per quanto i versi siano esplosi in tante schegge, gli ictus dei due senari re- stano abbarbicati al battere della battuta, unici garanti d’una scansione che rasenta peticolosamente il delirio prosodico: si wauiGeltt ‘hae oss el ES ‘a a Es. mus. 38. La coincidenza dell’ictus primario del verso col tempo forte della bat- tuta non sara pitt un articolo di fede inviolabile per Puccini. Il graduale, rapido dissolvimento degli stereotipi ritmici del melodramma ottocentesco in mano a Boito Ponchielli Catalani Puccini é un processo, affascinante, che attende tuttora chi lo descriva. Qui bastera osservare un solo espedien- te, arcipucciniano, lo spostamento del tempo forte di battuta su un ictus secondario dell’endecasillabo, spesso in sesta posizione. Se é vero che il rit- mo del verso italiano é incardinato sulla sua terminazione, esonerare l’ictus sulla decima dalla sua “responsabilita” metrica é un devitalizzare il verso, uno sfibrarlo, un eroderlo dal di dentro. Ne derivano vari effetti poetici. Effetto di colloquialita prosastica, quasi si volesse recuperare per altra via l’'anemia melodica del recitativo secco (La bobéme, fine quadro I): rosie OI ia SS Se - ¥ ¥ Secrebebe co-si dol-ce ressti qui CE fied do fi Fh 2 ¢ 0 ‘ Es, mus. 39. SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO. 215 Effetto di morbidezza decadente, come se il ritmo grave e sonoro del verso di Dante e del Foscolo, fattosi ormai caduco, ammainasse mollemente la sua vela nell’alito d’una tenerezza stanca (sbidem): Largo sostenuto (Pp dolessnen roti Jiao ae EE © s0-a- ve fan ial, 0. dol-ceviso dt mise eir-con «fsa aba hasnt, —— 3 6 wo 2 6 10 Es, mus. 40. Effetto di dissolvenza impressionistica, come la dove Tosca stempera nel flou d'una cartolina color seppia l'ultima litania d'amore — due strambotti in piena regola intonati a vicenda con Cavaradossi ~ sulla piattaforma di Castel Sant’Angelo (Tosca, atto Ill): sesetnde ron GPR Sp . di = le-gue - rem. sic-co-me al te sul ma - re mes " mop 7, anh) sppetigelee Sein memiingee een Coen mg : gene perk rae meek arse Es, mus. 41 In questi due ultimi esempi pucciniani, melodicamente pitt effusivi, si sa- ri osservato che l’accento melodico gioca tutto a favore dell’ictus sulla sesta sillaba; mentre in nessuno dei tre esempi soccorre invece l’ictus della decima. E tuttavia non mancarono archetipi di questa anastrofe accentuativa neppure ai tempi degli stereotipi ritmici trionfanti, nel melodrama ro- mantico italiano, Citerd il sognante cantabile nel duetto Alaide/Arturo del- la Straniera di Bellini (n. 3): 216 LORENZO BIANCONI [Allegro] Piit moderato von GE Ge APE ww vei ea mnt so pede : 7 : 2 6 2 6 Es. mus. 42. Nella pagina belliniana i settenari sono accentati non in sesta bensi in se- conda posizione, anche se in tre versi su quattro non é per nulla certo che la seconda posizione rechi davvero un ictus. Pud darsi che a Felice Ro- mani e al compositore il singolare espediente di arretrare ictus musicale sia sovvenuto per bilanciare il greve effetto che una sequela di versi tutti tronchi, con l’accumulo di tante uscite tutte “maschili”, avrebbe potuto determinare. Verdi deve aver avuto in mente un analogo effetto di alle- viamento metrico quando, nel suggerite a Ghislanzoni il ritmo da dare ai versi pel primo quadro dell’atto II d’Aida, raccomandava: «faccia dei versi settenari doppi, cioé due settenari in uno; e se a lei non urta troppo, facia tanti versi tronchi, che sono talvolta graziosissimi in musi- ca. La melodia della Traviata “Di Provenza il mar, il suol” sarebbe meno tollerabile se i versi fossero piani» (lettera del 16 agosto 1870); anche questa melodia arcifamosa appoggia infatti, come quella della Straniera, il verso non sull’ictus principale (settima posizione) sibbene su quello se- condario (terza). Nel Novecento l’erosione dell’equivalenza ictus metrico = accento musicale procede di pari passo col progressivo straniamento della musica dalla poesia. Le due vecchie sorelle, Musica ¢ Poesia, sono stanche della lunga convivenza coatta. Gian Francesco Malipiero scandisce gli endeca- sillabi della Canzone del Tempo nel Torneo notturno — uno strambotto attribuito a Serafino Aquilano - in maniera tale che l’ictus della decima sillaba non venga mai a cadere sul primo tempo della battuta, ma sul se- condo su! terzo sul quarto, determinando una cospicua sfasatura tra ac- cento prosodico ¢ accento musicale: é il fantasma d’un cantastorie evoca. to dal fondo dei tempi a sciorinare come una beghina ebete l’anodino ro- sario delle sue sentenze: SILLABA, QUANTITA, ACCENTO, TONO, 217 0 oo M tem = po 60+ me d'ar-oo stré-le, Dun-que per-fin che a 0 o eee te tf PEG sei net tempo vée-de.Ae = co-gliil tim ~ po, che pon = tir non vel: tem-po o ott hun = que cog del tuo tem pol 8 =e Es, mus. 43, Nella Favola del figlio cambiato Malipiero tratta Pirandello come se i suoi versi liberi fossero versi accentuali (i metricologi denominano ‘verso accen: tuale’ il procedimento, tipico della versificazione germanica, che stabilisce il numero degli ictus ma non quello delle sillabe nel verso): ogni minima o semiminima é suddivisa in tante notine isocrone (grappoli di tre quattro sei sette semiminime 0 crome o semicrome) quante sono le sillabe da un ictus al successivo. L’ictus é ridotto alla mera coincidenza con I’attacco della se- miminima; in una sillabazione volutamente smunta, l’accento melodico soc- corre flebilmente l’indifferenziazione degli ictus: ogni nuovo gruppo di no- te é di regola una seconda o una terza pitt sit o piti gitt del gruppo prece- dente. Una dimessa litania celebra la consunzione del vincolo sororale tra Musica e Poesia, l’affievolirsi del rapporto metrico che bene o male le ha tenute legate per tre secoli (cfr. Es. mus. 44 a p. 218). Alcuni metricisti radicali sostengono che «la struttura metrica del testo poetico andra considerata come una forma di violenza organizzata, nell'am- bito di una convenzione, nei confronti della lingua standard» (cosi, rifacen- dosi a Roman Jakobson, predica C. Di Girolamo, Teoria e prassi della ver- sificazione, Bologna, Il Mulino, 1983, p. 88). Altri, pid concilianti, parlano di «collaborazione fra metro e lingua», riconosciuti comunque diversi (cosi il Menichetti nella sua Metrica italiana, p. 62 sg.). Se spostiamo la visuale sui rapporti tra lingua poetica e musica italiana in eta moderna, ci si pre senta un’alternativa analoga. Io propendo per l'idea che, in linea di princi. 218 LORENZO BIANCONI =_= RRR ON Soba iP eae Sosy ett t Non mi di-te dino La scia-tesmi per o-eaGuarda-re la hella #i-viewa = ee f # BF ihcie-te i mare; Go-de-te la pro-di-gaeli te Di que-sto so + Ie, Es, mus. 44. pio, la musica é il mezzo pitt poderoso e violento per organizzare, esaltan- dola, esecuzione della poesia, Altri sari meno drastico. Come che sia, nel Pinterrogarci sui modi della convivenza di poesia e musica sotto il segno del ritmo e del metro, faremo bene, musicologi ¢ metricologi, a riflettere sulle difformita insanabili,irriducibili, dei due sistemi piti che sulle loro analogie simiglianze. Dalla consapevolezza della loro differenza ed eterogencita, non dall’illusione della loro affinita, potra scaturire la comprensione pro- fonda dei fenomeni metrici combinati cui esse, concordi o discordi, stori camente concorrono, Come semplice oriemamento bibliografico per il lettore neofita, seynalo i trattati di metrica ¢ versficazione italiana ai quali mi sono principalmente appoggiato nello stilare questo saggio: M. Hauer -S. J. KEYSER, Metria, in Enciclopedia, IX, Torino, Einaudi, 1980, pp. 254-284 (pro spettiva strutturalistica e comparatistica); M. Ramous, La metrica, Milano, Garzanti, 1984 (pro- spettiva sistematica); P. G. BeLrramt, La metrica italiana, Bologna, I Mulino, 1991, 4" ed. 2002 {prospettiva storica); A. MENICHETTI, Metrica italiana. Fondamenti metrici, prosodia, rima, Pado- va, Antenore, 1993 (compendio ragionatissimo ed egcegiamente documentato; dedica una discre- ta attenzione anche ai rapporti tra metro poetico e musica, nel capitolo 10 delle “Nozioni preli- minaci", pp. 66-74, er passim: peccato che la trattazione dell'aria metastasiana, a p. 540, risulti poi piuttosto sbrigativa © sfocata) Per i rapport tra metrica poetica e metrica musicale segnalo in particolare: W. Ostuorr, Mu: siea e versificazione: funcioni del verso poetico nell opera italiana, in La drammaturgia mousicale, a cu- ra di L. Bianconi, Bologna, Il Mulino, 1986, pp. 125-141; Fx. Lippmann, Versificazione italiana e ritmo musicale, I rapport tra verso e musica nell opera italiana dell Ottocento, Napoli, Liguori, 1986 (trad. it. di una serie di contributi apparsi in «Analecta Musicologica», XH, XIV e XV, Kéln, Volk, 1973-1975); P Fast, [sttuti metricie formali in Storia dell opera italiana, VI, a cuta di L. Bianconi eG. Pestelli, Torino, EDT, 1988, pp. 163-233; M. H. Scumip, Italienischer Vers und musikalische Syntax in Mozarts Opern, Tutzing, Schneider, 1994 («Mozart Studien», TV; lo stesso autore vi ha fatto seguite un'importante estensione alle peculiariti della metrica tedesca: Deutscher Vers, Tak strich und Strophenschluss. Notationstechnik und ihre Konsequenzen in Mozarts "Zauberflote”, thid XII, 2003, pp. 115-145). Alessandro Roccatagliati ha di recente discusso un caso fallimentare d’in- terdisciplinaita tra metricologia poctica e musical, in un'importante recensione apparsa su questa rivista, X, 2003, pp. 159-176. er la metrica musicale, il Iettore italiano pud tenersi alPaureo libriccino di W. Sewet, I! ritmo, Bologna, I! Mulino, 1987 (lo stesso autore ha fornito un'ampia prospettiva storica: Uber Rhythmustheorien der Neuzeit, Bern, Francke, 1975). Si veda inoltre J. Lester, The Rhychms of Tonal Music, Carbondale-Edwardsville, Southern Illinois University Press, 1986.

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