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Percorsi di lettura:

Mafie e dintorni

I quaderni di Bibliogadda
Marzo 2010
INDICE
Narrativa
Sebastiano Vassalli, Il cigno
Roberto Saviano, Gomorra
Andrea Camilleri, La forma dell’acqua
Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale
Dacia Maraini, Sulla mafia
Leonardo Sciascia, Una storia semplice
Corrado Stajano, Un eroe borghese

Saggistica
Luigi Ciotti e Nichi Vendola, Dialogo sulla legalità
Ombretta Ingrascì, Donne d’onore
Saverio Lodato e Marco Travaglio, Intoccabili
Silvana La Spina, La mafia spiegata ai miei figli
Nicola Gratteri, La malapianta
Francesco Renda, Liberare l’Italia dalle mafie
Giovanna Ruffin, Madri di cosa nostra
AAVV, Nuovo Dizionario di mafia e antimafia
Nicola Tranfaglia, Perché la mafia ha vinto
AAVV, Raccontare la legalità
Giuseppe C. Marino, Storia della mafia
Umberto Santino, Storia del movimento antimafia

Cinema
Roberto Faenza, Alla luce del sole
Marco Risi, Fortapàsc
Marco Tullio Giordana, I cento passi
Stefano Incerti, L’uomo di vetro
Pasquale Scimeca, Placido Rizzotto

Fumetti

AAVV, Mafia Cartoon


Sebastiano Vassalli, Il cigno, Einaudi, 1996, p. 182; € 8,00

Il Cigno si svolge nel mondo della mafia palermitana tra Ottocento e Novecento. […] La storia comincia
infatti con un omicidio di mafia commesso da manovali del crimine su commissione del Cigno,
"galantuomo" palermitano di origine non nobile, ma di buon livello borghese, deputato al parlamento
italiano. La vittima è il marchese Notarbartolo, che era stato per tredici anni direttore del Banco di
Sicilia nella sede di Palermo, ed era depositario di segreti scottanti, truffe e illeciti vari commessi con il
denaro del Banco e con la connivenza del governo Crispi. Caduto Crispi, il nuovo governo presieduto
da Di Rudinì si appresta a far luce su questi scandali, ed ecco che il testimone chiave, il marchese
Notarbartolo, viene accoltellato sul treno che lo porta a Palermo. Sembra di assistere a una scena tratta
da un copione antico e attuale, sempre invariato. Siamo nel 1893, e il romanzo prende le mosse da
questo omicidio eccellente, per seguire puntualmente lo svolgersi dei fatti.
Su questi avvenimenti l'aderenza del racconto alla storia è accurata e persino puntigliosa, e il romanzo
avvince il lettore con una forte vena narrativa e la sapiente orchestrazione delle scene. Qualche
perplessità nasce dallo sfondo su cui si svolgono gli avvenimenti, da una Palermo illuminata per il
ritorno del Cigno da "migliaia di lampadine colorate" - siamo nel 1904 -, o dal fatto che ragazze
arruolate in paesi sperduti tra i sassi per servire la prostituzione palermitana seguano lo svolgersi degli
avvenimenti leggendo i giornali locali - l'analfabetismo era totale tra i contadini e negli strati umili anche
cittadini. Ma una perplessità ancora più grande nasce dalla descrizione del pranzo che il Cigno offre alla
sua banda di mafiosi per festeggiare l'"ammazzatina" del testimone, in cui il mandante mangia e beve
con la più bassa manovalanza che si abbuffa e si imbratta senza alcun ritegno come in una scena di film
d'oltreoceano.

Il cigno su Anobii

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Roberto Saviano, Gomorra, Mondadori, 2006, pp. 331, € 15,50

Un libro che racconta il potere della camorra, la sua affermazione economica e finanziaria, e la sua
potenza militare, la sua metamorfosi in comitato d'affari. Una scrittura in prima persona fatta dal
luogo degli agguati, nei negozi e nelle fabbriche dei clan, raccogliendo testimonianze e leggende.
La storia parte dalla guerra di Secondigliano, dall'ascesa del gruppo Di Lauro al conflitto interno
che ha generato 80 morti in poco più di un mese. Una narrazione-reportage che svela i misteri del
"Sistema" (così gli affiliati parlano della camorra, termine che nessuno più usa), di
un'organizzazione poco conosciuta, creduta sconfitta e che nel silenzio è diventata potentissima
superando Cosa Nostra per numero di affiliati e giro d'affari.

Gomorra su Anobii

TORNA ALL'INDICE
Andrea Camilleri, La forma dell’acqua, Sellerio, 1994, pp. 184, € 8,00

Il primo omicidio letterario in terra di mafia della seconda repubblica - un omicidio eccellente seguito
da un altro, secondo il decorso cui hanno abituato le cronache della criminalità organizzata - ha la
forma dell'acqua («"Che fai?" gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda. "Qual è la forma
dell'acqua?". "Ma l'acqua non ha forma!" dissi ridendo: "Piglia la forma che le viene data"»). Prende la
forma del recipiente che lo contiene. E la morte dell'ingegnere Luparello si spande tra gli alambicchi
ritorti e i vasi inopinatamente comunicanti del comitato affaristico politico-mafioso che domina la
cittadina di Vigàta, anche dopo il crollo apparente del vecchio ceto dirigente. Questa è la sua forma. Ma
la sua sostanza (il colpevole, il movente, le circostanze dell'assassinio) è più antica, più resistente, forse
di maggior pessimismo: più appassionante per un perfetto racconto poliziesco. L'autore del quale,
Andrea Camilleri, è uno scrittore e uno sceneggiatore che pratica il giallo e l'intreccio con una facilità e
una felicità d'inventiva, un'ironia e un'intelligenza di scrittura che - oltre il divertimento severo del
genere giallo - appartengono all'arte del raccontare. Cioè all'ingegno paradossale di far vedere all'occhio
del lettore ciò che si racconta, e di contemporaneamente stringere con la sua mente la rete delle sottili
intese.

La forma dell’acqua su Anobii

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Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale, Einaudi, 2002, pp. 632, € 19,00

Un'organizzazione nascente, spietata e sanguinaria, dalle periferie cerca la conquista del cielo. Tre
giovani eroi maledetti, che hanno un sogno ingenuo e terribile. Un poliziotto molto deciso, un coro di
malavitosi, giocatori d'azzardo, criminologi, giornalisti, giudici, cantanti, mafiosi, insieme a pezzi deviati
del potere e terroristi neri. E il più esclusivo bordello in città. Un romanzo epico di straordinaria
potenza, il cuore occulto della Storia d'Italia messo a nudo.

Romanzo criminale su Anobii

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Dacia Maraini, Sulla mafia, Giulio Perrore Editore, 2009, pp. 96, € 10,00

Una madre e suo figlio. Lui, pentito di mafia, è stato ucciso per vendetta. Lei gli porta fiori e un paio di
scarpe. “Sono venuta per maledirti”, dice. Eppure non riesce a negargli un gesto ultimo di pietà umana.

Dacia Maraini prende le mosse da questa storia immaginaria, ispirata a fatti veri e narrata in forma di
monologo, per affrontare il tema della mafia. Mette in gioco la sua esperienza personale, la sua
memoria: una Palermo lontana dove si sentiva dire “la mafia non esiste”, i volti degli uomini che
l’hanno combattuta; storie grandi e piccole di questi nostri anni, la morte di Falcone e Borsellino, quella
di Rita Atria, “siciliana ribelle”; i silenzi colpevoli della società civile, il legame della criminalità con la
politica, il grido dei ragazzi di Locri, il dolore di Napoli. Lo sguardo è quello di una testimone partecipe
e attenta, che si interroga sui confini tra lecito e illecito, sulle responsabilità civili.

“Pochi si rendono conto che questo è un Paese assetato di giustizia. Anche se finge di non crederci, anche se pratica il
vezzo del cinismo, anche se per abitudine preferisce allearsi coi più forti, anche se pretende di credere che la furbizia vinca
su tutto. Quel poco o molto di buono che c'è nel Paese ha un bisogno fisiologico, estremo di giustizia. E non di una
giustizia astratta, sbandierata, retorica, proclamata e fumosa. Ma di quelle piccole giustizie quotidiane che costituiscono
poi la grande rete del vivere civile.” (Dacia Maraini)

Sulla mafia su Anobii

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Leonardo Sciascia, Una storia semplice, Adelphi, 1989, pp. 66, € 8,00

Una storia semplice è una storia complicatissima, un giallo siciliano, con sfondo di mafia e droga.
Eppure mai – ed è un vero tour de force – l’autore si trova costretto a nominare sia l’una sia l’altra
parola. Tutto comincia con una telefonata alla polizia, con un messaggio troncato, con un apparente
suicidio. E subito, come se assistessimo alla crescita accelerata di un fiore, la storia si espande, si
dilata, si aggroviglia, senza lasciarci neppure l’opportunità di riflettere. Davanti alla proliferazione
dei fatti, non solo noi lettori ma anche l’unico personaggio che nel romanzo ricerca la verità, un
brigadiere, siamo chiamati a far agire nel tempo minimo i nostri riflessi – un tempo che può ridursi,
come in una memorabile scena del romanzo, a una frazione di secondo. È forse questo l’estremo
azzardo concesso a chi vuole «ancora una volta scandagliare scrupolosamente le possibilità che
forse ancora restano alla giustizia».

Una storia semplice su Anobii

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Corrado Stajano, Un eroe borghese, Einaudi, 2005, p. 170; € 10,50

È la storia di Giorgio Ambrosoli, avvocato di Milano, incaricato dal governo di liquidare la banca di
Sindona e assassinato nel 1979 da un killer giunto dagli USA su ordine del finanziere. Stajano
ripercorre la vita e la morte di un milanese moderato che avrebbe potuto vivere tranquillamente e si
batté invece con furia e tenacia in nome dei principi di onestà e di giustizia. È un libro costruito su
documenti, sentenze, atti delle commissioni parlamentari d'inchiesta, diario di lavoro di Ambrosoli,
testimonianze dirette. Ma sono i fatti, che si svolgono a Milano, nella Roma dei politici, nella
Svizzera delle banche, a New York, a dare al libro un andamento romanzesco. Sullo sfondo l'ombra
sinistra di Sindona e degli uomini politici che l'hanno aiutato.

Un eroe borghese su Anobii

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Luigi Ciotti e Nichi Vendola, Dialogo sulla legalità, Manni, 2005, p. 72; € 8,00

In un dialogo coinvolgente, dai toni appassionati e forti, don Luigi Ciotti (prete "antimafia" per
antonomasia) e Nichi Vendola (politico scomodo e di frontiera) confrontano le loro esperienze di lotta
alla criminalità organizzata e indicano un percorso di riscatto. Quello che emerge è un bisogno di
cittadinanza consapevole e attiva, un'urgenza di legalità. È un libro a tratti duro, che interroga la
coscienza di ognuno e richiama con forza ai doveri civili.

Dialogo sulla legalità su Anobii

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Ombretta Ingrascì, Donne d’onore, Bruno Mondadori, 2007, pp. 224, € 19,00

Che ruolo hanno avuto le donne all’interno della mafia? E com’è cambiato questo ruolo nel corso degli
ultimi trent’anni? Il tema della presenza femminile all’interno di particolari contesti mafiosi, da sempre
sottovalutato e tornato lentamente alla ribalta solo negli ultimi anni, rappresenta un argomento inedito,
ricco di stimoli e di sorprese.
A esplorarlo con grande passione è una giovane studiosa che, attraverso l’esame di una fitta mole di
documenti giudiziari, ma soprattutto attraverso lo sguardo dei protagonisti, collaboratori di giustizia
intervistati direttamente da lei, indaga il multiforme e contraddittorio universo femminile di Cosa nostra
e della ’ndrangheta, cogliendo i tratti di continuità e di rottura con il passato.
Dal ruolo tradizionale di custodi del codice culturale mafioso al diretto coinvolgimento nelle attività
criminali, la posizione delle donne può essere letta come il risultato di una pseudoemancipazione: la
“parità” raggiunta sul piano criminale non trova infatti riscontro nella sfera individuale, nella quale le
donne appaiono ancora legate a vincoli propri di un sistema di genere patriarcale. Adottando un
approccio rigoroso e al tempo stesso divulgativo, questo libro si rivolge a un pubblico vasto, spaziando
dal mondo accademico ai lettori non specialisti. Strumento di studio da un lato, affascinante lettura di
storie di vita dall’altro, Donne d’onore offre un compendio della letteratura sul tema e uno spaccato
inedito del sistema mafioso, visto dall’interno

Donne d’onore su Anobii

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Saverio Lodato e Marco Travaglio, Intoccabili, Universale Rizzoli, 2005, pp. 469, € 10,00

La mafia esiste ancora? E, soprattutto, la si combatte ancora? E come? Questo libro ripercorre la storia
di una partita mortale: dagli anni '80, quando un pugno di magistrati (Falcone e Borsellino tra gli altri)
inventarono il "pool" e misero in crisi Cosa Nostra, alle stragi che li fermarono; dagli arresti voluti da
Caselli alle campagne mediatiche per beatificare gli imputati eccellenti; dal "patto" tra Stato e mafia del
1993 a oggi, con il patto scaduto e i boss in carcere sempre più irrequieti. Documenti, drammi,
retroscena di una vicenda sommersa, una storia lontana dai riflettori, una bomba che può esplodere in
ogni momento.

Intoccabili su Anobii

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Silvana La Spina, La mafia spiegata ai miei figli, Bompiani, 2006, pp. 102, € 6,50

Un rigore appassionante. Una lingua coinvolgente. Un pensiero lucido come una lama di coltello.
Prendendo spunto da un’esperienza autobiografica (l’invito a commentare la proiezione in un liceo del
film di Roberto Faenza Alla luce del sole, su Pino Pugliesi), l’autrice inizia un dialogo serrato con i
giovani: che cos’è la mafia? Da dove trae il suo potere? Perché è così difficile da sconfiggere? Silvana La
Spina smonta il dogma dell’invincibilità della mafia, ricostruendone poi lo sviluppo storico: il Medioevo
feudale e l’alleanza tra mafia e DC, l’affaire Milazzo, l’omicidio De Mauro, la misteriosa morte di Mattei,
i legami con la massoneria, con i Servizi segreti, con la BR, le morti eccellenti del generale Dalla Chiesa
e dei giudici Falcone e Borsellino, fino ai nostri giorni.

La mafia spiegata ai miei figli su Anobii

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Nicola Gratteri, La malapianta, Mondadori, 2009, p. 183; € 17,50

"High tech e lupara." Potrebbe essere il titolo di un'improbabile parodia cinematografica. Invece è la
sconcertante ma fedele fotografia che Nicola Gratteri ci dà della 'ndrangheta. In una veloce e
appassionante conversazione con Antonio Nicaso, che sullo stesso argomento ha firmato con lui
"Fratelli di sangue", Gratteri ritorna ad approfondire un fenomeno criminale di portata internazionale
che, dopo lunghi e colpevoli ritardi, inizia finalmente a essere percepito nella sua vera dimensione. A
rivelare la forza dell'organizzazione criminale calabrese bastano poche cifre: il suo fatturato annuo è di
44 miliardi di euro, il 2,9% del Prodotto interno lordo. Il "core business" è rappresentato dal traffico di
droga (la 'ndrangheta controlla quasi tutta la cocaina che circola in Europa): un ricavo di 27.240 milioni
di euro all'anno, il 55% in più rispetto al ricavo annuo della Finmeccanica, il gigante dell'industria
italiana. A questa spettacolare espansione fa da contraltare il degrado sociale e ambientale della Calabria,
prigioniera di una criminalità che la opprime, ne sfrutta famelicamente ogni risorsa e poi l'abbandona
impietosamente al suo destino. La crescita e la fortuna di questa malapianta viene raccontata attraverso
temi ed eventi cruciali: dalle lontane origini alla stagione dei sequestri di persona, all'espansione sul
territorio italiano e all'estero; dalle collusioni con la politica alla conquista della leadership nel traffico di
droga, alle inquietanti vicende dei rifiuti tossici..

La malapianta su Anobii

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Francesco Renda, Liberare l’Italia dalle mafie, Ediesse, 2008, pp. 136, € 8,00

L’ultimo libro sulla mafia dello storico siciliano Francesco Renda è stato pubblicato nel 1998,
esattamente dieci anni fa. Oggi, alla luce delle tante e importanti novità che si stanno registrando nei
riguardi del fenomeno criminale, e consideratane la gravissima espansione qualitativa e quantitativa
nell’economia e nella società italiana ben oltre i territori e i settori tradizionalmente controllati,
Francesco Renda aggiorna la sua analisi e, in un dialogo serrato con Antonio Riolo, indaga le modalità
necessarie per rendere concreta quella che potrebbe sembrare destinata a restare un’utopia: la
liberazione dell’Italia dalle mafie. Un’utopia, avverte, che per farsi davvero concreta deve propagarsi ed
essere agita in tutti gli ambiti della società italiana. A questo riguardo appaiono davvero preziose le
pagine che nel libro sono dedicate al concetto di utopia, come gli spunti di straordinaria attualità che
Renda ricava dall’opera di Tommaso Moro e dalle elaborazioni svolte su questo tema da Erasmo da
Rotterdam. Colpisce infine quanto Renda afferma quando sotto linea che alla conoscenza sempre più
approfondita dell’ala militare delle mafie corrisponde la quasi assoluta ignoranza dell’altra ala, quella che
lo storico definisce «mafia-mafia».i

Liberare l'Italia dalle mafie su Anobii

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Giovanna Ruffin, Madri di cosa nostra, Ibiskos, 2009, p. 76; € 12,00

Un’opera fresca, ma molto impegnata, scritta da una autrice giovane e alle prime armi con la saggistica;
un’opera ad alto valore sociologico oltre che culturale, sapiente, ma non “criptico”, il cui delicato tema
viene trattato in maniera asciutta, senza inutile retorica. Un’opera che parla di donne inserite nelle
organizzazioni criminose - Cosa Nostra per l’esattezza - osservate in un momento particolare, in un
momento di “rottura” con l’organizzazione e i suoi canoni. Infatti, esse hanno il compito di custodire i
valori criminogeni e criminogenetici della Famiglia, rafforzandone con il loro comportamento i valori;
ma vi è un momento di “rottura” oltre il quale le donne non possono più tacere e invertendo la loro
funzione, diventano temute rivali, nemiche pubbliche della organizzazione stessa.
Questo passaggio è stato rappresentato - prima fra tutte - da Serafina Battaglia, che si può identificare
come il primo caso nella storia, in cui una donna ben descrive questo momento di “rottura”: lei, donna
di mafia, vissuta in una famiglia mafiosa, custode dei segreti mafiogeni ad un certo punto si ribella
all’organizzazione e spiega dettagliatamente i motivi, che la scienza dell’analisi delle organizzazioni non
aveva ancora spiegato, che l’hanno spinta a superare il “confine”.

Madri di cosa nostra su Anobii

TORNA ALL'INDICE
AAVV, Nuovo Dizionario di mafia e antimafia, Edizioni Gruppo Abele, 2008, p. 608; € 28,00

Il tentativo di scrivere una storia della mafia e dell'antimafia attraverso parole chiave, scontando le
semplificazioni e le omissioni che l'operazione inevitabilmente comporta, può, a prima vista, apparire
ingenuo o velleitario. C'è, invece, alla sua base, una ragione semplice quanto essenziale. Nella crisi che
caratterizza questo primo scorcio di secolo una parte importante hanno le parole, la loro perdita di
significato, il loro uso improprio e distorto. Termini come riforme, libertà, democrazia, legalità sono
quotidianamente utilizzati per designare concetti diversi da quelli che li hanno connotati nei secoli, così
contribuendo a cambiare la cultura e, indirettamente, le regole della convivenza. Ciò è particolarmente
evidente con riferimento a fenomeni come le mafie. Anni di stragi e di mobilitazione civile hanno reso
poco presentabile l'affermazione esplicita che «la mafia non esiste»: assai più agevole (e redditizia) è la
vulgata secondo cui essa è un fenomeno arcaico e non necessariamente violento, solo occasionalmente
intrecciato con la politica e con l'economia, ormai sotto controllo da parte dello Stato, in ogni caso
costituente una presenza fastidiosa ma marginale con cui è necessario (e possibile) convivere. Si
ripropongono così - appena un po' aggiornati - orientamenti interpretativi classici sulla associazione
mafiosa come aggregazione di persone finalizzata alla reciproca assistenza e fondata su pratiche
arcaiche e curiose: riunirsi in cantine, praticare un giuramento di fedeltà (non si sa bene a cosa) e
bruciare santini o pungersi con un ago, o con uno spillo, o con una spina di arancia. E, parallelamente, il
controllo mafioso sull'economia viene di fatto valorizzato come fattore di ordine e di stabilità, inidoneo
a provocare allarmi. Contro questa deriva nasce il Dizionario: per offrire anche ai più giovani (a partire
dalla scuola) strumenti di analisi adeguati alla realtà di un fenomeno criminale che - continuiamo ad
esserne convinti - ha inquinato e inquina la democrazia e la libertà di tutti.

Il Nuovo Dizionario su Anobii

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Nicola Tranfaglia, Perché la mafia ha vinto. Classi dirigenti e lotta alla mafia nell’Italia unita (1861-
2008), Utet, 2008, p. 170; € 15,00

A prima vista il titolo di questo libro è l'amara constatazione di chi ha seguito, nell'ultimo trentennio, la
lotta che le classi dirigenti italiane hanno condotto contro l'espansione del fenomeno mafioso nel
Mezzogiorno e nell'Italia intera. C'è stata, in questo periodo, un'oscillazione tra accantonamento della
questione mafiosa e di tanto in tanto una stretta repressiva. Ma non si è tenuto conto che la mafia non
è un episodio di delinquenza bensì un fenomeno sociale ed economico che si può sconfiggere soltanto
se matura una nuova mentalità collettiva e si risolvono i problemi strutturali delle regioni meridionali.
Fino a quando si pensa che, con la pur necessaria repressione di polizia e della magistratura, si possa
vincere la mafia, si corre il rischio, ormai evidente, che sia la mafia a vincere il confronto, consolidando
ed allargando il proprio potere reale. Ed è quello che accade oggi nel nostro paese.

Perché la mafia ha vinto su Anobii

TORNA ALL'INDICE
AAVV, Raccontare la legalità, Pironti, 2005, p. 161; € 9,00

Il volume, pubblicato in occasione della 50ª edizione del Premio Napoli, raccoglie i contributi di: Abate,
Affinati, Arpaia, Barcellona, Benedetti, Berger, Bodei, Bonini, Carlotto, Caramelli, Cilento, Consolo,
Crace, De Luca, De Mauro, De Silva, De Vita, Deque, Fajardo, Lanzetta, Lavagetto, Luzi, Magrelli,
Magris, Manea, Mazzucco, Montefoschi, Palumbo, Piersanti, Rasy, Rella, Rosi, Siciliano, Staiano,
Veronesi, Villalta, Zeichen. Con un messaggio del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Raccontare la legalità su Anobii

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Giuseppe C. Marino, Storia della mafia, Newton & Compton, 2009, p. 411; € 5,90

Di mafie al mondo ce ne sono molte, ma è quella siciliana la mafia storica e la madre di tutte le altre.
Per secoli lo sviluppo della mafia ha alimentato la "Sicilia politica" e l'esperienza dei suoi ceti dominanti;
dopo l'unificazione nazionale essa è diventata parte integrante delle vicende del potere in Italia; dall'età
dei padrini a quella dei boss, ha via via assunto rilievo internazionale intrecciandosi con le sorti del
peggiore affarismo; infine, si è addirittura innervata nelle più segrete e inquietanti operazioni
"strategiche" dell'Occidente durante la guerra fredda. Il quadro degli eventi è tale da produrre un forte
impatto sia sul lettore comune che sullo specialista: un grande affresco di potenti e poveracci,
gattopardi e gabellotti, briganti e politici, notabili e preti, affaristi e narcotrafficanti, tangentisti e
massoni. Non si tratta, dunque, di un impasto di cronache di criminalità, bensì di una densa materia
politica e sociale. Analizzarla significa indagare su processi di cui è protagonista l'Italia intera nel
sistema mondiale delle sue relazioni e alleanze. Da questa prospettiva, e pensando anche al filo che lega
la mafia ai misteri della prima repubblica, si coglie il dramma dell'antimafia e la reale portata etico-
politica della "rivolta legalitaria" dopo il crollo del muro di Berlino..

Storia della mafia su Anobii

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Umberto Santino, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, 2009, pp. 488, € 25,00

Questa nuova edizione, aggiornata e integrata (che viene dopo nove anni dall’ultima del dicembre
2000), si propone soprattutto di promuovere una riflessione, in primo luogo nell’ambito di un
movimento che deve crescere, diffondersi e radicarsi, ma anche in un ambito più ampio, quello della
società civile più o meno organizzata e quello ancora più esteso dei lettori che desiderano conoscere la
storia remota e attuale delle lotte contro uno dei fenomeni più preoccupanti della società
contemporanea e impegnarsi per la costruzione di alternative efficaci e praticabili.
Le pagine della Storia del movimento antimafia si articolano in tre parti: la prima parte, «Il movimento
contadino e la lotta contro la mafia», abbraccia un arco di tempo che va dai Fasci siciliani, al fascismo,
al secondo dopoguerra; la seconda parte, «Un periodo di transizione», è sui cruciali anni ’60 e ’70; la
terza parte, «L’impegno della società civile», analizza la lotta contro la mafia dagli anni ’80 a oggi. Il
volume contiene anche un’appendice sulle associazioni e le iniziative antimafia in Italia aggiornato ad
oggi, essenziale repertorio di punti di riferimento in tutto il territorio nazionale..

Storia del movimento antimafia su Anobii

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Roberto Faenza, Alla luce del sole (Italia, 2005)

Palermo, quartiere Brancaccio, 15 settembre 1993: un colpo di pistola lascia agonizzante, nel giorno del
suo 56° compleanno, il siciliano don Pino Puglisi, da due anni parroco di san Gaetano, che, guardando
negli occhi il suo assassino mafioso, gli dice: “Vi aspettavo”. Con una sceneggiatura, firmata, oltre al
suo, da 5 nomi (G. Arduini, G. Maia, D. Gentili, F. Gentili, C. Del Bello), sintomo di una preparazione
difficile se non tormentata, dopo il romanzesco Marianna Ucrìa (1997) R. Faenza torna in Sicilia, non
più terra di bellezza ma di criminalità organizzata e affaristica che compenetra una società
fatalisticamente rassegnata, in bilico tra complicità, paura e disperazione. Film disadorno che lascia
parlare i fatti, cronaca di una morte annunciata, frutto di un omicidio apparentemente assurdo:
eliminare un prete scomodo e rompiscatole che toglie i bambini dalla strada affinché non diventino i
futuri manovali al servizio di padroni persino benefattori perché, tra l'altro, procurano lavoro e
sostentamento alla povera gente. Aiutata dalla presenza di un attore sottilmente polimorfo e caro al
pubblico TV come L. Zingaretti, la cinepresa di Faenza spia la coscienza intrepida, dolorante e presaga
di un sacerdote, solo e abbandonato anche dai suoi superiori sebbene qui il resoconto si faccia un po'
troppo cauto e reticente. “La lotta è impari e combattuta in pieno deserto” (Adelina Preziosi). È una
morte che non lascia segni visibili. Se esistono, sono sotterranei. In attesa di emergere, anche nella
realtà, alla luce del sole. 49° Premio S. Fedele 2005.

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Marco Risi, Fortapàsc (Italia, 2008)

Sulla scia del nostro cinema civile alla Rosi, che è stato poi vampirizzato dalle piovre tv e affini, Marco
Risi ora firma la bellissima biografia di Giancarlo Siani, reporter del Mattino ucciso da precario il 23
settembre 1985 dai boss della camorra. Un prequel di Gomorra, ma anche una storia «esemplare», la
cronaca di una morte annunciata in cui ancora una volta si punta il dito contro la criminale connivenza
tra malavita e politica. La ricostruzione di quell' Italia, e di quel simpatico giovane così «normale», è
affidata al tempismo del regista che ritrova la sua vena migliore, intrecciando benissimo ieri e oggi (tutto
molto attuale, non c' è dubbio), pubblico e privato, evitando ogni retorica e pietismo e soprattutto senza
cadere nel peccato mortale estetico da fiction. Bravissimo Libero De Rienzo, determinato ex aequo
spaventato: da premio subito. (Maurizio Porro, Il Corriere della Sera, 3 aprile 2009).

Del giovane Giancarlo Siani sono stati pubblicati da poco tutti gli scritti giornalistici (Le parole di una
vita, Phoebus, Casalnuovo di Napoli, 2007)

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Marco Tullio Giordana, I cento passi (Italia, 2000)

100 passi separano a Cinisi (Pa) la casa del giovane Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti,
boss mafioso. Figlio di un affiliato subalterno alla mafia e maturato nel '68, Peppino sfida il padre,
l'autorità costituita, la DC locale collusa con la mafia, finché nel maggio del '78, lo uccidono mentre a
Roma viene trovato il cadavere di Aldo Moro. Storia vera, scritta dal regista con Claudio Fava e Monica
Zappelli. 5° lungometraggio del milanese M.T. Giordana (1950), è un film generazionale: la dimensione
della memoria di chi come Giordana, Fava e lo stesso Impastato fu giovane negli anni '70 (lontananza
tra padre e figli, cura degli interni familiari, radio libere, contestazione studentesca, sinistra divisa) non è
soltanto nostalgica e privata, ma s'innesta in una realtà politica più ampia e complessa. Non a caso
assumono forte e appassionante rilievo i genitori di Peppino. È come se, sotto il segno di Pasolini,
Giordana coniugasse la lezione del cinema politico italiano dei '60 (Le mani sulla città esplicitamente
citato) con quella hollywoodiana di Il padrino. L'avvio con Peppino bambino lo conferma. All'origine del
successo c'è l'impasto di passione e ideologia, ricordo e impegno che sfocia nell'alta retorica dei funerali
conclusivi in bianconero sulle note di “A Whiter Shade of Pale” dei Procol Harum.

TORNA ALL'INDICE
Stefano Incerti, L’uomo di vetro (Italia, 2007)

Scritto da Heidrun Schleef, ormai veterana della sceneggiatura, con Salvatore Parlagreco, autore del
libro omonimo (1996), il film è ispirato alla storia di Leonardo Vitale che nei primi anni '70 fu il primo
mafioso a collaborare con la giustizia, rompendo il muro di omertà che in Sicilia era – e in forme
diverse continua a essere – una legge non scritta più forte di quelle dello Stato. Dopo le sue confessioni
tra il 1972 e il 1973, furono una trentina gli arresti tra cui alcuni eccellenti collusi con Cosa Nostra.
Intanto Leo, carattere fragile e sconvolto dalla paura, è stato rinchiuso in una clinica psichiatrica.
Conveniva a tutti: meglio pazzo ma vivo, ma come credere alle verità di un pazzo? Al processo dura
condanna a lui per due omicidi e assoluzione per gli altri. Scontati 11 anni di manicomio criminale, nel
1984 fu rilasciato. Pochi mesi dopo, come informa una didascalia finale, il sistema mafioso saldò il
conto a colpi di pistola. 4° film di fiction del napoletano S. Incerti, è un mafia movie diverso dagli altri.
Messa in secondo piano la cronaca, si concentra sulla complessa psicologia di Leo e i suoi rapporti con
madre, sorella, fidanzata, zio Titta che lo spinse a diventare, ancor giovane, un “uomo di rispetto”. Ne
esce un'analisi della mentalità mafiosa e delle sue radici come raramente s'era vista sullo schermo nel
contorto legame tra due nozioni di “famiglia”, quella del sangue e quella del sistema, embricate l'una
sull'altra.

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Pasquale Scimeca, Placido Rizzotto (Italia, 2000)

La sera del 10 marzo 1948 scomparve nel nulla Placido Rizzotto, Segretario della Camera del Lavoro di
Corleone. Per uno strano scherzo del destino, attorno a questo caso ci fu una convergenza di giovani
uomini che diventarono importanti: da una parte Carlo Alberto Dalla Chiesa, il capitano dei carabinieri
che fece le indagini e arrestò gli assassini di Rizzotto, e Pio La Torre, giovane studente universitario che
sostituì Rizzotto alla guida dei contadini. E dall'altra, l'assassino Luciano Liggio e i suoi uomini che
arriveranno ai vertici della mafia. Il film vuole raccontare un sogno spezzato, nella certezza che ogni
manifestazione di coraggio, ogni difesa dei deboli, ogni sentimento di dignità umana meriti di essere
narrato.

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AAVV, Mafia Cartoon, Edizioni Gruppo Abele, 2006, p. 160; € 14,00

Da Altan a Forattini, da Vauro a Ellekappa, da Staino a Bozzetto a Quino. I più grandi vignettisti italiani
e alcuni tra i più noti autori satirici internazionali in un brillante libro-denuncia contro le mafie. Il
catalogo ufficiale della mostra omonima itinerante, curata da Marisa Paolucci per Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie. Vignette di: Achous, Almo the Best, Altan, Ayl, Bell, Bersani, Biani,
Bozzetto, Bucchi, Buonanno, Carra, Chiappori, Detcheuk, Di Mauro, Dilem, Dispensa, Ellekappa,
Farzai, Fatunta, Flonza, Forattini, Gado, Giannelli, Gud, Hamidous, Haye Kalla, Kichka, Krancic,
Marmotti, Mendoza, Modenese, Mushabah, Nidasio, Papini, Paz, Pillilini, Pipolo, Pizzino, Plantu,
Quino, Ren-Lac, Sewado, Staino, Vaglio, Valente, Vauro, Vettori, Vignazia, Zapiro, Zekid.

Mafia Cartoon su Anobii

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