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La mente il prodotto delle interazioni fra esperienze interpersonali e strutture e funzioni del cervello: i fattori sociali e,
quindi, le relazioni umane, plasmano le connessioni cerebrali
dalle quali la mente prende corpo e favoriscono il raggiungi3
1995.
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M. KLEIN (1959), Il nostro mondo adulto e altri saggi, Martinelli, Milano 1972.
Idem.
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arriva poi il momento in cui il bambino sviluppa un livello superiore di comprensione intellettuale, maggiore fiducia nellambiente e i modi per fare a meno di cure concrete: la strada verso lindipendenza che per non mai assoluta poich lindividuo sano non si isola ma si rapporta sempre agli altri, allambiente.
Il lattante non distingue tra se stesso e la madre e vive in uno
stato di onnipotenza primaria. La madre sufficientemente
buona quella che sente il momento giusto per il bambino:
quando importante mantenergli la fiducia illusoria nella sua
onnipotenza e quando, invece, egli pronto ad abbandonare la
propria onnipotenza, accompagnandolo in questa delicata fase
di transizione26.
Nelle sue ricerche sul rapporto madre-bambino, Winnicott
parla delle funzioni materne di holding (contenimento) e di
handling (manipolazione), mettendone in risalto le caratteristiche di sollecitudine e stabilit per il lattante. Per Winnicott, il
contenimento materno diviene lo spazio inizialmente corporeo
e poi mentale dellinfante che prima lo far sentire contenuto
e poi gli permetter di delineare e delimitare il proprio s.
Questo contenimento fornisce non solo il sostegno fisico ma
anche una continuit dellessere, che tiene il bambino e ne
facilita la crescita: lIo debole ed immaturo del lattante corroborato dal sostegno dellIo che la madre capace di fornire.
Attraverso il contenimento sorge nel bambino un senso di fiducia nella madre e nellambiente.
La madre trasforma lambiente esterno e interno del suo
bambino. Essa lo nutre, lo cambia, lo culla, lo fa giocare e dormire. Winnicott definisce questa funzione comprensiva della
madre, la madre ambiente che favorisce nel lattante il raggiungimento dellintegrit mediante il convergere delle varie
componenti somatiche e psichiche in un S unitario.
Bion nellassegnare fondamentale importanza alla relazione, la
lega alle pulsioni originarie di amore e di morte e ai loro correlati
26 D.W. WINNICOTT (1970), Lesperienza di mutualit tra madre e bambino, in ID.,
Esplorazioni psicoanalitiche, Cortina, Milano 1995.
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R.D. HINSHELWOOD (1989), Dizionario di psicoanalisi kleiniana, Cortina, Milano 1990, p. 606.
31 Ibidem.
32 Idem, pp.72-75.
33 A. GREEN, Psicoanalisi degli stati limite, 1990, Cortina, Milano 1991, p. 297.
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Lo sviluppo della capacit di modificare il dolore nel legame K che favorisce la conoscenza, dipende dallabilit della
madre di mettere la sua funzione-alfa (laddove ne disponga)
a disposizione del figlio. II futuro dipender dalla natura di
queste qualit materne e dal modo in cui esse vengono a contatto con le qualit psichiche del bambino. La madre non solo
nomina le cose affinch il bambino gli dia nome a sua volta, ma
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Sulle relazioni fondamentali e i fattori intrinseci al legame tra due oggetti (es.
madre e bambino, analista e paziente, docente e discente) cfr. W.R. BION, Apprendere
dallesperienza, cit., pp. 83-92
35 R.D. HINSHELWOOD (1989), Dizionario di psicoanalisi kleiniana, Cortina, Milano 1990, p. 555.
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Le funzioni della relazione primaria, studiate dalla psicoanalisi, possono essere descritte come funzioni di decodifica, da
parte del sistema-mente materno, dei significanti emanati dal
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bimbo, di comprensione dei relativi loro significati e di restituzione di risposte adeguate nel senso di leggibili, comprensibili, assimilabili dal sistema-mente del bimbo e, quindi, apprese come nuovi significanti che via via aprono lo strada a significati sempre pi complessi.
Vi , dunque, uno stretto collegamento tra alimentazione
emotiva e sviluppo pieno e sereno, tra contenimento psichico
efficace e salute mentale38.
Ormai vi sono evidenze empiriche che le interazioni emozionali fra il bambino e la figura primaria di attaccamento influenzano la maturazione di parti del cervello che presiedono alla
consapevolezza e regolazione delle emozioni; ma vi sono anche
evidenze che abuso, trascuratezza, deprivazione abbiano uninfluenza deleteria sullo sviluppo psichico infantile, inficiando la
maturazione neocorticale, riducendo la differenziazione dellemisfero sinistro e finanche provocando linversione della normale asimmetria emisferica sinistro-destro. Il disordine emozionale e la mancanza di incoraggiamenti affettivi da parte del
contesto familiare possono rappresentare unesperienza decisamente delicata, persino patologizzante, nel processo di strutturazione e differenziazione della personalit.
In particolare, il bambino piccolo non pu esistere da solo
n in uno stato di isolamento proprio perch fondamentalmente parte di una relazione39.
Una separazione grave nei primi anni di vita lascia una cicatrice
emotiva sul cervello perch compromette il rapporto umano pi importante: il legame [genitore-figlio], che ci insegna che siamo degni di
38 Per dirsi efficace la funzione materna non deve essere n scarsa n rigida e
comprimente: una madre iper stimolante rispetto a una deprivante altrettanto
dannosa.
39 Lo psicoanalista Ren Spitz negli anni 1938-1974, utilizzando il metodo dellosservazione diretta dei bambini, ebbe modo di rilevare in case per linfanzia abbandonata, reparti di maternit, ospedali e istituti di adozione, che durante il primo anno di vita
il bambino in uno stato di dipendenza totale dalla mamma senza la quale pu morire.
Infatti, qualora si verifichi una parziale deprivazione affettiva apparirebbe la depressione analitica, e nel caso di una deprivazione totale vi sarebbe il rischio dellospitalismo
con prognosi infausta: nei primi giorni piange e si dispera poi smette e spesso si lascia
morire, ad esempio non mangiando. Cfr. R.A. SPITZ, Il primo anno di vita del bambino,
Armando, Roma 1973.
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amore. Il legame [genitore-figlio], che ci insegna ad amare. Non possiamo essere degli esseri umani completi possiamo avere addirittura
difficolt a comportarci da esseri umani completi possiamo avere
addirittura difficolt a comportarci da esseri umani se ci manca il sostegno di questo primo attaccamento40.
Per quanto riguarda la messa in atto di modalit di cura deformanti nei confronti dei bambini, la famiglia certo lambiente
pi a rischio41; il luogo dove gli effetti traumatici della irresponsivit e dellipocrisia affettiva di chi fornisce le cure si fanno sentire a lungo termine impedendo altres lattivazione di una struttura personale del sentire, di una sua profondit e organizzazione.
Infatti, i traumi pi forti si verificano nella prima infanzia,
laddove esiste invariabilmente una stretta ed intima relazione tra
il bambino e la persona che infligge il trauma; questa persona
nella maggior parte dei casi un genitore o un suo sostituto42.
A segnare il soggetto in formazione non sono gli eventi occasionali, bens gli atteggiamenti quotidiani e il clima emotivo che
caratterizza la famiglia43. Pi che la negativit degli eventi di
per s, anche se questi suscitano affetti (dolore, ansia, paura,
gioia ecc.), ad essere traumatica lincapacit delladulto a condividere lo stato affettivo del bambino in tali momenti. Infatti,
vi sono degli eventi che sono traumatici di per s, perch angosciosi o dolorosi, ma le reazioni individuali sono modulate dalla
presenza o meno e dalla condivisione di figure accuditive, senza contare che i comportamenti risentono anche della qualit
dei contesti nei quali si esplicano.
Gli psicoanalisti hanno evidenziato che le situazioni traumatiche che coinvolgono lindividuo, sono spesso legate a vicende
fantasmatiche irrisolte delle figure genitoriali, che si traducono
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M. SCHATZMAN, La famiglia che uccide, Feltrinelli, Milano 1973, cit. in R. FADLeducazione che uccide. Uninterpretazione in chiave pedagogica del caso Schreber, in
ID., La cura, la forma, il rischio, Unicopli, Milano 1997, pp. 261-266.
45 R. FADDA, La cura, la forma, il rischio, cit. LAutrice osserva che leducazione
DA,
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Alice Miller propone come rimedio lacquisizione di consapevolezza, la riflessione sul proprio passato, su ci che prima
era stato acriticamente accettato e che oggi pu essere messo in
discussione grazie allesperienza e al sapere di adulti.
A mio giudizio, possiamo sforzarci di acquisire consapevolezza di
ci che noi stessi abbiamo sofferto, delle opinioni che da piccoli abbiamo accolto acriticamente, confrontandole ora con il nostro sapere
di adulti. Questo ci sar di aiuto nel vedere e percepire cose di fronte
alle quali prima eravamo ciechi e insensibili poich dovevamo proteggerci dalla violenza del dolore, finch non abbiamo incontrato un testimone capace di ascoltarci con empatia. In tale contesto diventa
possibile riscoprire le origini delle emozioni infantili rimosse, ritrovare ed elaborare il senso che esse hanno per noi. Altrimenti, senza un
testimone empatico e senza capire il contesto dellinfanzia traumatica,
le emozioni permangono in uno stato di cosche ci angoscia profondamente. [] Nellesercizio della nostra attivit di psicologi e psicoterapeuti non dobbiamo rimanere prigionieri della paura infantile,bens
trovare da adulti il coraggio di giudicare, di chiamare il male con il
suo nome e di non tollerarlo. Il nostro modo di pensare si modifica a
poco a poco. Se non sar pi lecito picchiare i bambini, questi ultimi
tra ventanni avranno pensieri e percezioni diverse dalla maggior parte delle persone che vivono oggi. Ne sono assolutamente certa. Saranno attenti e vigili di fronte alla sofferenza dei loro figli e questo fatto
modificher le cose pi di quanto abbiano mai potuto fare le ricerche
statistiche. Il mio ottimismo si fonda sullidea della prevenzione, sul
divieto prescritto dalla nuova legge di usare violenza sui bambini
e sullinformazione fornita ai genitori49.
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propria esistenza. Nella pratica educativa, il docente deve essere pronto a svolgere nei confronti del discente la funzione che
la madre svolge nei confronti del bambino, deve quindi essere
il contenitore di tutte quelle emozioni o esperienze legate al
processo di apprendimento che lallievo/a non riesce ad elaborare o digerire da solo. Questo un dato rilevante dal punto di
vista pedagogico perch la conoscenza scaturisce dalla pensabilit dellesperienza che pu darsi solo in uno spazio relazionale
(la famiglia, la scuola, il gruppo di formazione) in cui lAltro (il
genitore, linsegnante, il formatore) sappia contenere, elaborare
e, quindi, pensare e nominare, il difficile percorso dellIo che
conosce in funzione della sua individuazione e della sua spinta
verso lautonomia. Allo stesso tempo il riconoscimento dellAltro, della sua realt e del suo valore anche il riconoscimento
di se stessi.
Quando non vi corresponsione affettiva corretta, quando
lAltro assente ovvero non c incontro tra le menti, allora si
crea un vuoto, una mancanza di comprensione. Bion sottolinea
che nel difficile processo per arrivare a comprendere ci che
proviamo e pensiamo necessario superare ostacoli che non
sempre dipendono da noi, ma egli pone il nostro bisogno degli
altri a fondamento dei processi apprenditivi per cui pensare
sempre anche pensare agli altri e allo stesso tempo capire, ricordare,imparare qualcosa che ci riguarda.