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una cosa incantata
[] la mente tenta la strada come fosse cieca
e cammina tenendo gli occhi a terra.
Ha lorecchio della memoria,
che sa udire senza
dover udire.
[] locchio della memoria;
incoerenza coscienziosa.
Marianne Moore, La mente una cosa che incanta

Lessere umano un essere biopsichico, che si nutre della relazione umana.


La vita umana una vita di relazioni, lessere al mondo degli
umani, sempre un essere-con, un essere-nel-mondo con i
propri simili, e quindi co-esistere1.
nel rapporto interpersonale che lesistenza acquista significato e la qualit di questi rapporti determinante per la qualit
del nostro vivere. Alla co-esistenza consegue un co-sentire, un
clima emozionale che pu impregnare lincontro, suscitare affetti e legami, creare possibili matrici relazionali dellindividuo
e segnare latmosfera emotiva in cui avverr la sua crescita.
[Il] termine relazione (dal latino relatio/-onis a sua volta derivante
dal verbo rferre) significa riportare indietro, volgere e in senso pi
ampio, ricondurre, riportare a s, anche nel senso di rispondere,
apportare, recare. Implica dunque un movimento di andata e ritorno:
mettersi in relazione vuol dire portare laltro a s e poi anche rimandare all altro. Relazione significa dunque rendere, esporre e narrare;
la relazione un riferire, un raccontarsi allaltro, perci implica un
nesso, un legame, un rapporto. Come si vede tanto il concetto di relazione quanto quello di rapporto, hanno a che fare con un movimento
interpersonale di reciprocit e con unoperazione consistente nel caricarsi qualcosa sulle spalle2.

Lincontro con laltro e la costruzione di un mondo relazionale


1 Cfr. M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Utet, Torino 1969 e R. FADDA, La cura, la
forma, il rischio, Unicopli, Milano 1997.
2 G. BLANDINO-B. GRANIERI, Le risorse emotive nella scuola. Gestione e formazione nella scuola dellautonomia, Cortina, Milano 2002, p. 27.

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condiviso risultano cos bisogni primari che ogni essere umano


tende a soddisfare come condizione necessaria per la sua stessa
esistenza; del resto, la prima relazione madre-bambino a decidere del modo di sentire e di essere nel mondo e, conseguentemente, della formazione3.
Lesperienza affettiva sempre regolata e costituita allinterno di un contesto intersoggettivo.
La mente inserita in un campo relazionale, dove si strutturano legami affettivi.
La mente viene considerata come un sistema che non pu essere
compreso se non includendovi i legami e i nessi con lambiente circostante. Lindividuo pu essere descritto come sistema auto-eco-organizzatore, vale a dire che possiede una propria individualit, e questa legata a relazioni molto ricche, di dipendenza, con lambiente
() Lambiente si trova improvvisamente allinterno dellindividuo e
svolge un ruolo co-organizzatore4.

Pertanto, la vita psichica immediatamente relazionale e,


anzi, non c vita psichica senza relazione.
Ogni atto di pensiero e conoscenza mantiene, in ogni fase della vita dellindividuo, una dimensione relazionale. Lapprendimento e lo
sviluppo cognitivo in generale non sono eventi individuali scanditi da
tappe maturative, ma possono verificarsi solo allinterno delle vicende
relazionali vissute dalla persona, poich il bisogno di relazione una
esigenza molto primitiva nelluomo, per cos dire innata. Lo stesso
neonato sembra gi predisposto ad apprendere dalla relazione con
una persona attenta a cogliere e pensare le emozioni implicate nei
processi di apprendimento; emozioni che, come si detto, possono
configurarsi anche come disagio psichico5.

La mente il prodotto delle interazioni fra esperienze interpersonali e strutture e funzioni del cervello: i fattori sociali e,
quindi, le relazioni umane, plasmano le connessioni cerebrali
dalle quali la mente prende corpo e favoriscono il raggiungi3

Cfr. E. PELANDA (a cura di), Modelli di sviluppo in psicoanalisi, Cortina, Milano

1995.
4

E. MORIN, Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1990.


G. BLANDINO-B. GRANIERI, La disponibilit ad apprendere, Cortina, Milano
1995, p. 63.
5

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mento di un equilibrio emotivo. , dunque, evidente che le


esperienze e le specifiche coordinate socioculturali possono influenzare le attivit cerebrali da cui emerge la mente e, quindi,
contribuire allorganizzazione di questultima6.
In questo quadro un ruolo cruciale sembra avere lo studio
delle basi biologiche della comunicazione emotiva. La mente relazionale non nasce gi formata, anzi: allinizio essa non affatto
una mente, un insieme di reazioni istintive e di desideri e paure senza nome, soltanto un cervello di animale; nellambito
delle interazioni con gli altri, durante linfanzia e negli anni successivi, che essa si sviluppa. La creazione di specifici circuiti cerebrali avviene con un timing influenzato dalla genetica, particolarmente nei primi mesi di vita, ma pure, tuttavia, influenzato in maniera decisiva dai rapporti con i genitori e con le altre
figure importanti del proprio contesto di sviluppi. Da questo
confronto fra teoria dellattaccamento e la neurobiologia scaturisce un messaggio molto chiaro: le relazioni umane modellano
la struttura cerebrale dalla quale la mente prende corpo7.
Dunque, la mente in formazione deve sintonizzarsi con le
menti con cui ha relazioni; a rendere le cose ancora pi radicali, una mente diventa umana quando e soltanto se trattata come
fosse umana.
Un cervello di Homo sapiens non sviluppatosi attraverso le
relazioni affettive e linguistiche tipiche della nostra specie, non
diventa una mente umana8.
In altre parole le cure materne, gli scambi interattivi, le stimolazioni visive, acustiche, tattili ecc. suscitate in primo luogo dal
rapporto con la madre, ma anche col padre e le altre persone
dellambiente, attivano le connessioni neuronali e consentono la
creazione di nuove sinapsi e il rinforzo di quelle gi esistenti9.
6

Cfr. C. PONTECORVO (a cura di), La condivisione della conoscenza, La Nuova


Italia, Firenze 1993.
7 D.J. SIEGEL, La mente relazionale. Neurobiologia dellesperienza interpersonale,
Cortina, Milano 2002.
8 Idem.
9 Cfr. E. PELANDA (a cura di), Modelli di sviluppo in psicoanalisi, Cortina, Milano
1995.

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Il modello complessivo dello sviluppo della mente proposto


quindi grosso modo il seguente: la mente umana emerge da
processi energetici e di elaborazione dellinformazione messi in
atto a livello cerebrale; questi processi hanno luogo allinterno
di una interazione tra eventi neurofisiologici ed esperienze interpersonali; lo stesso sviluppo delle funzioni e delle strutture
cerebrali dipende dal modo in cui prendono corpo (alla lettera)
le relazioni interpersonali.
Le diverse concettualizzazioni della mente da Vygotskij a
Bruner, da Le Doux e Damasio a Siegal condividono lidea
che questa sia qualcosa di pi di unentit fisica. In altri termini, la tesi dominante che la peculiare natura dellessere umano consista nelle relazioni e nelle interazioni che questi intrattiene con i suoi simili. Contro ogni contrapposizione artificiosa
tra natura e cultura, tra cervello e mente, tra corredo genetico e
influenza ambientale, linteresse si volge al modo in cui lesperienza, lessere nel mondo, influenza e orienta i programmi di
maturazione che sono geneticamente determinati nel sistema
nervoso. Si fa spazio lidea di un soggetto che costruisce le proprie rappresentazioni mentali, non in base a procedure simboliche e a sintassi precostituite ma allinsegna delle emozioni,
dellintenzionalit, dei desideri, della creativit, delle credenze.
Importante, ai fini di una concezione della mente inserita allinterno di sistemi relazionali, ed stato il contributo della psicoanalisi.
La teoria psicoanalitica, si andata sviluppando attraverso
due istanze interpretative: una genetica (il soggetto ha una
realt primaria, pulsionale e psichica) e una ambientalistica (il
soggetto in interscambio con lesterno).
A questo snodo si pu far risalire il dibattito attuale della psicoanalisi, tuttora irrisolto perch non ancora del tutto affrontato: un dibattito che risale agli anni trenta e oppone il modello
pulsionale freudiano, incentrato sul ruolo della sessualit infantile, e la teoria dellattaccamento che disconosce la centralit del
sessuale e il primato del pulsionale in favore dellosservazione
obiettiva, dellidea che la vita psichica sia il riflesso della relazione reale con ladulto, nel tentativo di assimilare la psicoanalisi

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ad una scienza naturale. In realt si verificato un passaggio


dalla teoria delle pulsioni di Freud, per cui la pulsione era autodiretta e la mente era concepita come isolata, intenta a padroneggiare i propri impulsi, alla teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali che considera la mente inserita in un campo relazionale. Qui il termine relazione si riferisce alla dinamica e alle
forme dei rapporti che si strutturano tra il soggetto e le persone/oggetti del suo mondo circostante e che concorrono al processo evolutivo di strutturazione della soggettivit10.
Si assiste cos ad uno spostamento da una visione auto-centrica del soggetto ad una visione altero-centrica: dalla scoperta
del mondo interno, dellinconscio, si passa alla scoperta del bisogno primario dellaltro (ad esempio, Alice e Michael Balint
indagano lamore primario e le relazioni precoci madre-bambino). La teoria delle relazioni oggettuali che in Europa affonda
le sue radici nel pensiero degli analisti del gruppo indipendente
della societ britannica (Fairbrain, Winnicott, Bowlby, i quali
sviluppano ulteriormente le teorie di Klein e Bion che hanno
descritto meccanismi mentali la cui concezione relazionale)
pone come questione fondante la radicale ridefinizione della
teoria della motivazione, dove la pulsione viene vista non pi
come alla ricerca del piacere, ma delloggetto. Sono le relazioni con gli altri (in particolare la relazione primaria madre-bambino) e non le pulsioni, a formare la vita mentale che presenta,
quindi, una matrice intersoggettiva. Tra gli anni 60 e 70 questo pensiero viene sviluppato dai successivi teorici delle relazioni oggettuali, che spostano loggetto di interesse dal cosiddetto
paziente alla coppia terapeutica, (si pensi allimportanza
dellempatia nella teoria di Kohut) fino ad arrivare allo sviluppo nella psicoanalisi nord-americana della corrente relazionale propriamente detta che ha il suo pi chiaro esempio nel relazionismo interazionista di Greenberg e Mitchell).
Cos assistiamo ad un vero e proprio cambiamento di paradigma che opera il superamento di uno degli assunti della psicoanalisi tradizionale e cio la teoria delle pulsioni in favore di
10 J.R. GREENBERG-S.A. MITCHELL, Le relazioni oggettuali nella terapia psicoanalitica, Il Mulino, Bologna 1986.

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una teoria della fondazione del soggetto il cui sviluppo dipende


strettamente dallambiente, cio dallaltro da s, in primo luogo
dalle figure parentali, a partire dalle interazioni precoci madrebambino.
Questo non esclude la presenza nellindividuo di principi organizzatori peculiari di cui non si sempre coscienti, ma sposta
lattenzione dalla mente del bambino o da quelle del bambino e
della madre al sistema costituito da entrambe, in unottica di cocostruzione dei significati tra le menti che si modellano a vicenda.
In particolare, Melanie Klein, con la scoperta e la valorizzazione del mondo fantasmatico del bambino, ha dato alla riflessione psicoanalitica una direzione che, nel tempo, ha avuto un
notevole impatto sul piano pedagogico: superando il solipsismo
organismico di Freud, la studiosa ha individuato nella relazione
primaria il luogo dorigine della mente, lo spazio-contenitore
delle angosce, della frammentazione e del dolore. Soprattutto,
questo spazio proprio perch fatto di comprensione, daccettazione e damore facilita il pensiero attraverso la ricomposizione
dellesperienza e lesercizio dellattribuzione di senso. Quella
tra madre e bambino, dunque, la relazione delle relazioni11,
un processo che lega il bambino alla madre, la quale assolve la
cosiddetta funzione materna di contenitore mentale: la madre, cio, si impegna a preparare un apparato per pensare ovvero mette la sua mente a disposizione del bambino perch
questi si possa rappresentare gli oggetti del mondo. la funzione materna, che garantisce nel bambino la nascita del pensiero.
La capacit di pensare deriva da una serie di esperienze di contatto favorevole con un oggetto dal quale il bambino si sente sufficientemente amato e pensato, che contiene nutrimento e pensieri, i pensieri
non ancora pensabili del bambino. Grazie a tale vicenda, il bambino
pu gradualmente apprendere a pensare loggetto assente, rinunciando ad espellerlo come una cosa cattiva. Il bambino avvia in tal modo
il processo di introiezione di un oggetto che pensa e diviene, per
identificazione, capace di contenere pensieri, tra cui il pensiero del
seno, della madre12.
11
12

M. KLEIN (1959), Il nostro mondo adulto e altri saggi, Martinelli, Milano 1972.
Idem.

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Nella concezione della Klein la relazione nella mente del


bambino fin dalla nascita, se non gi dallepoca della gestazione quando avverrebbe la mentalizzazione del patrimonio genetico e di specie e, quindi, dei suoi codici psico-biologici e degli
scambi comunicativi senso-motori e biochimici indotti dal corpo e dalla mente della madre: da quel momento esiste in lui
una consapevolezza inconscia innata dellesistenza della madre da cui deriva la sensazione di sentirsi capito; in questi primissimi stadi linconscio della madre e quello del bambino sono in stretta relazione luno con laltro13.
Il lattante proietta sulla madre, sentimenti, percezioni e sensazioni che questultima cerca di contenere e capire, ovvero
pensare. Attraverso il pensiero materno si mette in moto un
processo di trasformazione. Per Melanie Klein, il processo di
trasformazione delle esperienze emozionali in qualcosa di pensabile costituisce lidentificazione proiettiva. Inizialmente questa viene teorizzata come una difesa attraverso la quale il neonato scinde e proietta nella madre (o in chi si prende cura di
lui), sentimenti, o stati mentali sgradevoli; in seguito, lidentificazione proiettiva viene intesa dalla Klein come il primo modo
di comunicazione tra il neonato e la madre in quanto attraverso
la proiezione di sentimenti e stati affettivi nella madre il neonato comunica sempre qualcosa14.
Lidentificazione proiettiva svela il proprio carattere di attivit realistica quando diviene una condotta calcolata a indurre nella madre le
sensazioni di cui il neonato vuole sbarazzarsi. Se egli avverte una sensazione di morte, pu ricorrere a questo mezzo per suscitare nella
madre la sensazione di stare per morire. Una madre equilibrata in
grado di accogliere la sensazione trasmessale e di rispondervi terapeuticamente, cio in modo che il neonato senta di stare riprendendo
dentro di s la parte di personalit in preda alla paura, in una forma
diventata nel frattempo tollerabile15.
13

S. BONINO, Dizionario di psicologia dello sviluppo, Einaudi, Torino 1994.


M. KLEIN (1952), Sullosservazione del comportamento dei bambini nel primo anno di vita, in Scritti (1921-1958), Boringhieri, Torino 1978.
15 W. BION (1962), Una teoria del pensiero, in Id., Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, Armando, Roma 1970, p. 176.
14

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parte di questa relazione primaria anche lattaccamento, di


cui parla Bowlby, quale modalit innata di reciproca dipendenza tra madre e bambino16.
Molti tipi di rapporti interpersonali importanti relazioni amorose, amicizie, rapporti psicoterapeuta-paziente o insegnate-allievo sono caratterizzati dalla presenza di aspetti legati ai meccanismi fondamentali dellattaccamento: la ricerca di vicinanza, il ricorso allaltro
come fonte di conforto e la sua interiorizzazione in unimmagine
mentale che si traduce in un senso di sicurezza. [] Queste forme
tardive di attaccamento si possono stabilire in base alle stesse modalit che portano allo sviluppo di relazioni di attaccamento sicuro nei
primi anni di vita 17.

Le relazioni fondanti di base, dette cos perch relative


agli adulti che si prendono cura del bambino nellambiente
umano in cui si trova a crescere, permettono il mantenimento e
lo sviluppo della sua vita biologica e della sua vita psichica e di
quelle potenzialit volte alla auto-percezione e alla promozione
del senso di s: io esisto18.
Secondo Bowlby la qualit delle cure parentali, cio la sensibilit con cui il genitore risponde alle richieste del suo piccolo, che ne determinano le differenze individuali nellattaccamento e influiscono sulle sue strutture apprenditive oltre che
comportamentali19.
Lo schema di attaccamento che un individuao sviluppa durante gli
anni di immaturit prima infanzia, seconda infanzia e adolescenza
profondamente influenzato dal modo in cui i suoi genitori (o altre
figure parentali) lo trattano20.

Inoltre, attraverso il rapporto positivo con ladulto che si


prende cura di lui il bambino interiorizza norme e i principi
e conosce gi precocemente le cose da fare e quelle da non
16

J. BOWLBY (1969), Attaccamento e perdita, Boringhieri, Torino 1972.


D.J. SIEGEL, La mente relazionale. Neurobiologia dellesperienza interpersonale,
Cortina, Milano 2002, p. 91.
18 L. ANOLLI, Lo sviluppo emotivo precoce, in P. DI BLASIO (a cura di), op. cit., pp.
159-160.
19 Infra cap. VIII.
20 J. BOWLBY (1988), Una base sicura, Cortina, Milano 1989, p. 119.
17

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fare, il che consente di dar luogo a unidentit morale definita.


Pertanto, le interazioni fra neonato e adulto-genitore e le relazioni di attaccamento che si instaurano durante la prima infanzia e nel ciclo della vita, esprimono le future qualit affettivo-relazionali (stili di attaccamento), ma anche quelle cognitive
(stili di pensiero) che caratterizzeranno lindividuo adulto21.
Se, infatti, la relazione con la madre, come la stessa Klein
suggerisce, pu essere configurata come il prototipo di ogni futura relazione interumana, le qualit che la distinguono come
luogo dorigine della mente connotano ogni successiva esperienza relazionale intenzionalmente volta allo sviluppo psichico
dellindividuo (non ultima la relazione insegnante alunno)22.
Lo sviluppo infantile dunque il risultato di un lavoro di
coppia. Da una parte c il bambino con le sue capacit innate;
dallaltra vi la madre (o un altro caregiver ) con la sua cultura, i
cui compiti interagire con lui, rassicurarlo, contenere le sue
proiezioni e restituirgliele bonificate, contribuire a costruire il legame di attaccamento e favorire i di scissione e identificazione da
cui dipender la sua capacit di esplorare la realt incideranno
sulla formazione di quelle stesse strutture e capacit innate.
Alcuni studi sulla comunicazione che la madre rivolge al
bambino, costituita anche dal prelinguistico, dal non verbale,
da un linguaggio di tipo ridondante e semplice allo stesso tempo, ben formato, hanno dimostrato che insegnare a parlare ai
propri bambini equivale a fornire loro ideali lezioni di lingua e
poich la madre e la sua lingua riflettono la cultura a cui sono
indissolubilmente legate, anche il primo linguaggio dei bambini riflette la cultura in cui sono allevati23. Linput linguistico
21 Cfr. J. BOWLBY, Attaccamento e perdita, cit.; confronta anche M.P. CRITTENDEN,
Attaccamento in et adulta. Lapproccio dinamico-maturativo allAdult Attachment Interview, Raffaello Cortina, Milano 1999.
22 O. LIVERTA SEMPIO-A. MARCHETTI (a cura di), Teoria della mente e relazioni affettive. Contesti familiari e contesti educativi, Utet, Torino 2001.
23 Cfr. i testi di L. CAMAIONI (a cura di), Psicologia dello sviluppo e del linguaggio,
Il Mulino, Bologna 2001; E. LONGOBARDI (1992), Funzione comunicativa del comportamento materno e sviluppo comunicativo-linguistico del bambino nel secondo anno di vita,
Giornale Italiano di Psicologia, 3, 425-448 e D. STERN (1998), Le interazioni madrebambino. Nello sviluppo e nella clinica, Cortina, Milano.

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nella relazione madre/bambino varia da cultura a cultura ed


esistono registri linguistici ed estetici, utilizzati dalle madri, differenti per ogni cultura. Ne consegue che il bambino, imparando una determinata lingua, assume la capacit di esprimere il
vissuto emozionale attraverso il canone verbale e apprende a
leggere la realt secondo una certa prospettiva.
La madre sostiene la vita del bambino egli trasmette anche, attraverso il suo particolare idioma di cura, unestetica dellessere che diventa una caratteristica del S del bambino. Il modo in cui la madre
tiene il bambino, risponde ai suoi gesti, ne sceglie gli oggetti e ne percepisce i bisogni interni costituisce il suo contributo alla cultura madre-bambino, in un discorso privato a cui possono partecipare solo
loro due madre e bambino. Il linguaggio di questo rapporto lidioma di gesti, sguardi e affermazioni intersoggettive24.

Il primo spazio/ambiente del bambino costituito dalle


braccia della madre.
La salute mentale dellumanit da sempre nelle mani di
quelliniziale intervento di una donna che ha svolto sufficientemente bene il suo compito, esprimendo amore e creando un
ambiente sufficientemente facilitante per la successiva maturazione del suo bambino25.
Winnicott sottolinea loriginaria dipendenza di ambedue i
sessi dalla madre; dipendenza che ha il suo fondamento nel
corpo come primaria dimensione relazionale tra madre e figli.
Ogni essere umano allinizio, in origine, stato dipendente da
una donna, in un primo momento assolutamente dipendente, poi relativamente dipendente, percorrendo un itinerario
di sviluppo verso lindipendenza; cio il bambino si trova inizialmente in uno stato di dipendenza assoluta in cui non ha nessun controllo su ci che ben fatto o mal fatto, ma solo in
condizione di trarre vantaggio o subire danno; successivamente, egli comincia a potersi rendere conto del bisogno di specifiche cure materne e pu in misura crescente collegarle ad un
impulso personale e questa la fase della dipendenza relativa;
24
25

C. BOLLAS, Lombra delloggetto, Borla, Roma 1989, p. 21.


D.W. WINNICOTT (1986), Dal luogo delle origini, Cortina, Milano 1990.

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arriva poi il momento in cui il bambino sviluppa un livello superiore di comprensione intellettuale, maggiore fiducia nellambiente e i modi per fare a meno di cure concrete: la strada verso lindipendenza che per non mai assoluta poich lindividuo sano non si isola ma si rapporta sempre agli altri, allambiente.
Il lattante non distingue tra se stesso e la madre e vive in uno
stato di onnipotenza primaria. La madre sufficientemente
buona quella che sente il momento giusto per il bambino:
quando importante mantenergli la fiducia illusoria nella sua
onnipotenza e quando, invece, egli pronto ad abbandonare la
propria onnipotenza, accompagnandolo in questa delicata fase
di transizione26.
Nelle sue ricerche sul rapporto madre-bambino, Winnicott
parla delle funzioni materne di holding (contenimento) e di
handling (manipolazione), mettendone in risalto le caratteristiche di sollecitudine e stabilit per il lattante. Per Winnicott, il
contenimento materno diviene lo spazio inizialmente corporeo
e poi mentale dellinfante che prima lo far sentire contenuto
e poi gli permetter di delineare e delimitare il proprio s.
Questo contenimento fornisce non solo il sostegno fisico ma
anche una continuit dellessere, che tiene il bambino e ne
facilita la crescita: lIo debole ed immaturo del lattante corroborato dal sostegno dellIo che la madre capace di fornire.
Attraverso il contenimento sorge nel bambino un senso di fiducia nella madre e nellambiente.
La madre trasforma lambiente esterno e interno del suo
bambino. Essa lo nutre, lo cambia, lo culla, lo fa giocare e dormire. Winnicott definisce questa funzione comprensiva della
madre, la madre ambiente che favorisce nel lattante il raggiungimento dellintegrit mediante il convergere delle varie
componenti somatiche e psichiche in un S unitario.
Bion nellassegnare fondamentale importanza alla relazione, la
lega alle pulsioni originarie di amore e di morte e ai loro correlati
26 D.W. WINNICOTT (1970), Lesperienza di mutualit tra madre e bambino, in ID.,
Esplorazioni psicoanalitiche, Cortina, Milano 1995.

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emozionali (aggressivit, dolore o, di converso, soddisfazione e


fiducia) e ha descritto il funzionamento mentale in quanto assolutamente relazionale, basato sullinstaurarsi della funzione
alfa27. Affinch questultima si strutturi necessario che il
bambino stabilisca con la figura materna un buon rapporto.
Quindi, nella coppia madre-figlio avviene uno scambio che
Bion individua come rapporto fra contenitore e contenuto.
Infatti il bambino, essendo ancora immaturo incapace di discriminare gli stimoli (elementi beta) e li proietta nella madrecontenitore perch essa possa raccoglierli e comprenderli per
poi essere reintroiettati una volta che abbiano perso gli aspetti
angoscianti.
Questa capacita materna di fornire amore e comprensione al
bambino, collegata alla sua capacit contenitiva consente la
strutturazione della funzione alfa nel bambino e viene definita
da Bion rverie, che appunto uno dei fattori della funzione
alfa: cio lo stato mentale della madre di cui il lattante ha bisogno e con il quale la madre presta al bambino la struttura base
per la formazione dei significati. In effetti, si tratta di uno stato
mentale di calma recettivit, in cui la madre si lascia trasportare
dallimmaginazione per recepire e dare un senso a quei contenuti emozionali ed affettivi che costituiscono le identificazioni
proiettive del bambino nei suoi confronti28.
Infatti, attraverso lidentificazione proiettiva linfante immette nella mente materna uno stato di angoscia e di terrore cui
non in grado di dare un senso e che viene avvertito come intollerabile; tramite lintroiezione di una madre recettiva e in
grado di capire, il lattante pu iniziare a sviluppare una propria
capacit di riflettere sui suoi stati mentali29.
27

Vedi infra capitolo precedente.


W.R. BION, Apprendere dallesperienza, Armando, Roma 1973, pp. 72-75.
29 Come per tutte le emozioni, il riconoscimento originario di ogni specifico dolore mentale, cui ogni successivo riconoscimento far necessariamente riferimento, pu
avvenire solo nel contesto interazionale di relazioni interpersonali, e avr unimportanza fondamentale nella strutturazione del S del soggetto. Quando la madre per vari
motivi non in grado di esercitare questa funzione di contenimento che dona significato allesperienza, il bambino non riesce a sperimentare che le cose hanno un senso e vive in uno stato di terrore di fronte allignoto.
28

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Questa capacit di riflessione immaginativa (letteralmente


fantasticheria), questa funzione del pensiero che Bion chiama rverie richiama il concetto di contenimento adoperato
da Winnicott anche se necessario ricordare che scaturiscono
da cornici teoriche differenti30.
La funzione dello holding, secondo Winnicott, quella di dare sostegno alla credenza incrollabile del lattante della propria onnipotenza; con il concetto di reverie Bion designa invece il tentativo materno
di fornire una funzione di contenimento, fondata sul comprendere la
realt del lattante, al fine di sostenerlo nel processo di perdita del
senso di onnipotenza31.

La funzione di reverie rappresenta la condizione perch


quella mente inizialmente fuori rispetto al bambino possa essere dentro di lui, formare la sua mente, raccogliere il suo
dolore, rielaborarlo e consegnarglielo dotato di senso32; la
funzione di contenere ma anche di pensare e riflettere le ansie e le emozioni del bambino, chiarendole e bonificandole,
fornendo loro uno spazio mentale, in modo da restituire al
bambino lidea e la capacit di dare senso a ci che sembra
ineffabile e senza nome.
In altre parole, la madre digerisce psichicamente le proiezioni
del bambino (le rumina, per cos dire, grazie alla propria capacit di
reverie) e lo nutre restituendogli questo prodotto che ella stessa ha
assimilato33.

Quando ci avviene nella mente del bambino si stabilisce il


pensiero di una coppia felice, si tratta di unesperienza carica
di emozione: lesperienza di una relazione in grado di modificare
il dolore in qualcosa che si pu pensare, ricordare, riutilizzare.
Oltre a trasmettere al piccolo il messaggio dellesistenza di
qualcuno in grado di contenere le da lui parti temute di s
senza andare in pezzi, il genitore deve dimostrare anche di
30

R.D. HINSHELWOOD (1989), Dizionario di psicoanalisi kleiniana, Cortina, Milano 1990, p. 606.
31 Ibidem.
32 Idem, pp.72-75.
33 A. GREEN, Psicoanalisi degli stati limite, 1990, Cortina, Milano 1991, p. 297.

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Emozioni e affetti nel processo formativo

essere in grado di riflettere sulle di lui emozioni, chiarendole


e differenziandole.
La capacit di reverie consente di operare il passaggio dal fisiologico allo psichico mediante la costruzione di rappresentazioni che connettono la percezione del soggetto alla realt delloggetto. Pertanto, il processo di pensiero necessita oltre che
della riflessione che induce alla valutazione della realt esterna,
anche dellimmaginazione creativa, al fine di cogliere gli aspetti
affettivi ed emotivi dellesperienza.
La madre, in realt, fornisce al bambino una funzione alfa
ausiliaria: in un primo momento elabora i contenuti mentali come mente vicaria al posto di quella del bambino e, successivamente, trasmettendo a questultimo la capacit di mentalizzare
autonomamente i dati sensoriali e di donare di senso le emozioni che sembrano incomprensibili, passa alla mente del piccolo/a il metodo per crescere e organizzarsi34.
Bion si sofferm, inoltre, sui fattori emotivi dellapprendimento e sulla qualit del legame esistente tra la mente che offre
contenimento e i contenuti che in essa vengono introdotti.
Questo legame rispetto ai contenuti ha tre potenzialit: L amore, H -odio, K -desiderio di conoscerli.
La madre a seconda dei casi amer il suo bambino, lo odier o si
scoprir intenta a cercare di comprendere ci che egli sta provando,
sentendo e pensando. Ai fini dello sviluppo del pensiero, il legame K
il pi importante35.

Lo sviluppo della capacit di modificare il dolore nel legame K che favorisce la conoscenza, dipende dallabilit della
madre di mettere la sua funzione-alfa (laddove ne disponga)
a disposizione del figlio. II futuro dipender dalla natura di
queste qualit materne e dal modo in cui esse vengono a contatto con le qualit psichiche del bambino. La madre non solo
nomina le cose affinch il bambino gli dia nome a sua volta, ma
34

Sulle relazioni fondamentali e i fattori intrinseci al legame tra due oggetti (es.
madre e bambino, analista e paziente, docente e discente) cfr. W.R. BION, Apprendere
dallesperienza, cit., pp. 83-92
35 R.D. HINSHELWOOD (1989), Dizionario di psicoanalisi kleiniana, Cortina, Milano 1990, p. 555.

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gli mostra come conoscere situazioni emotive e cognitive.


Soltanto cos il bambino potr essere in grado autonomamente di leggere, interpretare e utilizzare il dolore e la frustrazione legate ad ogni situazione di apprendimento.
La mente un universo esperienziale che prende forma non
in uno spazio circoscrivibile ma in uno spazio che in quanto
mentale luogo che non si coglie fisicamente, in cui non va discriminato il mondo interno dal mondo esterno e dove ciascuno personalmente colloca pensieri, sensazioni, rappresentazioni, sogni, ricordi, ma allo stesso tempo si tratta di uno spaziotempo transpersonale, attraversato da elementi di energia36.
Lincontro dellesperienza con le acquisizioni genetiche costruisce la prima rappresentazione interna non solo dellaltro
ma anche dellinterazione fondamentale con la madre, a partire
dai periodi precoci della vita. Le esperienze affettive vissute
dalla persona durante linfanzia esercitano una rilevante influenza in ordine sia al potenziarsi o al modificarsi dei legami
affettivi esistenti e al prodursi di nuovi sia al maturarsi della
componente affettiva e dello sviluppo globale della personalit.
Le cure materne, gli scambi interattivi, le stimolazioni visive,
acustiche, tattili ecc. suscitate in primo luogo dal rapporto con
la madre, ma anche col padre e le altre persone dellambiente,
attivano le connessioni neuronali e consentono la creazione di
nuove sinapsi e il rinforzo di quelle gi esistenti.
Allinterno del contesto familiare si apprendono lalfabeto e la
grammatica del sentire e, strettamente connessa a questi quelli del conoscere. Cosicch lintersoggettivit affettiva vissuta nellinfanzia condiziona non poco la crescita globale della persona, le sue relazioni
con lesterno, le sue negoziazioni con gli altri e con lambiente, i suoi
impegni conoscitivi e le sue potenzialit/capacit apprenditive37.

Le funzioni della relazione primaria, studiate dalla psicoanalisi, possono essere descritte come funzioni di decodifica, da
parte del sistema-mente materno, dei significanti emanati dal
36

F. CORRAO, Struttura poliedrica della mente, in Gruppo Funz. anal., vol. 2,


N. 2, 1981.
37 B. ROSSI, Pedagogia degli affetti, Laterza, Roma-Bari 2002, p. 58.

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bimbo, di comprensione dei relativi loro significati e di restituzione di risposte adeguate nel senso di leggibili, comprensibili, assimilabili dal sistema-mente del bimbo e, quindi, apprese come nuovi significanti che via via aprono lo strada a significati sempre pi complessi.
Vi , dunque, uno stretto collegamento tra alimentazione
emotiva e sviluppo pieno e sereno, tra contenimento psichico
efficace e salute mentale38.
Ormai vi sono evidenze empiriche che le interazioni emozionali fra il bambino e la figura primaria di attaccamento influenzano la maturazione di parti del cervello che presiedono alla
consapevolezza e regolazione delle emozioni; ma vi sono anche
evidenze che abuso, trascuratezza, deprivazione abbiano uninfluenza deleteria sullo sviluppo psichico infantile, inficiando la
maturazione neocorticale, riducendo la differenziazione dellemisfero sinistro e finanche provocando linversione della normale asimmetria emisferica sinistro-destro. Il disordine emozionale e la mancanza di incoraggiamenti affettivi da parte del
contesto familiare possono rappresentare unesperienza decisamente delicata, persino patologizzante, nel processo di strutturazione e differenziazione della personalit.
In particolare, il bambino piccolo non pu esistere da solo
n in uno stato di isolamento proprio perch fondamentalmente parte di una relazione39.
Una separazione grave nei primi anni di vita lascia una cicatrice
emotiva sul cervello perch compromette il rapporto umano pi importante: il legame [genitore-figlio], che ci insegna che siamo degni di
38 Per dirsi efficace la funzione materna non deve essere n scarsa n rigida e
comprimente: una madre iper stimolante rispetto a una deprivante altrettanto
dannosa.
39 Lo psicoanalista Ren Spitz negli anni 1938-1974, utilizzando il metodo dellosservazione diretta dei bambini, ebbe modo di rilevare in case per linfanzia abbandonata, reparti di maternit, ospedali e istituti di adozione, che durante il primo anno di vita
il bambino in uno stato di dipendenza totale dalla mamma senza la quale pu morire.
Infatti, qualora si verifichi una parziale deprivazione affettiva apparirebbe la depressione analitica, e nel caso di una deprivazione totale vi sarebbe il rischio dellospitalismo
con prognosi infausta: nei primi giorni piange e si dispera poi smette e spesso si lascia
morire, ad esempio non mangiando. Cfr. R.A. SPITZ, Il primo anno di vita del bambino,
Armando, Roma 1973.

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amore. Il legame [genitore-figlio], che ci insegna ad amare. Non possiamo essere degli esseri umani completi possiamo avere addirittura
difficolt a comportarci da esseri umani completi possiamo avere
addirittura difficolt a comportarci da esseri umani se ci manca il sostegno di questo primo attaccamento40.

Per quanto riguarda la messa in atto di modalit di cura deformanti nei confronti dei bambini, la famiglia certo lambiente
pi a rischio41; il luogo dove gli effetti traumatici della irresponsivit e dellipocrisia affettiva di chi fornisce le cure si fanno sentire a lungo termine impedendo altres lattivazione di una struttura personale del sentire, di una sua profondit e organizzazione.
Infatti, i traumi pi forti si verificano nella prima infanzia,
laddove esiste invariabilmente una stretta ed intima relazione tra
il bambino e la persona che infligge il trauma; questa persona
nella maggior parte dei casi un genitore o un suo sostituto42.
A segnare il soggetto in formazione non sono gli eventi occasionali, bens gli atteggiamenti quotidiani e il clima emotivo che
caratterizza la famiglia43. Pi che la negativit degli eventi di
per s, anche se questi suscitano affetti (dolore, ansia, paura,
gioia ecc.), ad essere traumatica lincapacit delladulto a condividere lo stato affettivo del bambino in tali momenti. Infatti,
vi sono degli eventi che sono traumatici di per s, perch angosciosi o dolorosi, ma le reazioni individuali sono modulate dalla
presenza o meno e dalla condivisione di figure accuditive, senza contare che i comportamenti risentono anche della qualit
dei contesti nei quali si esplicano.
Gli psicoanalisti hanno evidenziato che le situazioni traumatiche che coinvolgono lindividuo, sono spesso legate a vicende
fantasmatiche irrisolte delle figure genitoriali, che si traducono
40

J. VIORST, Distacchi, Frassinelli, Milano 1987.


Cfr. L. TRISCIUZZI, Il mito dellinfanzia. Dallimmaginario collettivo allimmagine
scientifica, Napoli, Liguori 1990; E. BECCHI, I bambini nella storia, Laterza, Roma-Bari
2004 e A. GRAMIGNA, Storia della maleducazione. I bambini cattivi nel secolo XIX,
Clueb, Bologna 1998.
42 D. MELTZER-M. HARRIS, Il ruolo educativo della famiglia: un modello psicoanalitico dei processi di apprendimento, Centro Scientifico Torinese, Torino 1986.
43 J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi (1979), Cortina, Milano
1982.
41

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in messaggi e comportamenti carenti o contraddittori. Un altro


dato importante che la ripetizione delle modalit traumatiche
pu indurre la costruzione di strutture interne distorte, malfunzionanti, e spesso scarsamente flessibili perch nate sulla
spinta della lotta per la sopravvivenza.
Comunicazioni interpersonali disconfermanti e squalificanti
hanno una incidenza determinante sullo sviluppo psicofisico
della soggettivit, dando ragione di danneggiamenti anche gravi della personalit. La mancanza di sicurezza e di iniziativa, il
senso di inferiorit, la scarsa fiducia in se stessi e negli altri,
limpossibilit di imparare a prendersi cura di s, spesso sono il
frutto della minaccia della punizione fisica nonch delle umiliazioni e della vergogna, oppure di proibizioni che pure dopo
che lepisodio stato dimenticato possono restare congelate
a lungo e continuare a condizionare i sentimenti. Ci sono ottime probabilit che le modalit con cui nel corso dellinfanzia si
appreso a difendersi dalle prevaricazioni esterne, diventino
disfunzionali nella et adulta e si rendano responsabili della
formazione di blocchi psicologici e di polarizzazioni affettive
della personalit che impediscono la piena realizzazione del s.
Esemplare in questo senso la storia di un famoso caso clinico di Freud, quello del presidente Schreber. Studi non proprio recenti hanno ricostruito lambiente familiare in cui crebbe e le figure fondamentali che segnarono il suo sviluppo emotivo44. Queste analisi, avvicinandosi al romanzo della famiglia e
ai fantasmi transgenerazionali che man mano emergevano,
hanno cercato di superare la visione esclusivamente intrapsichica che, a partire dallo studio di Freud, ha connotato lesperienza psicopatologica di Schreber per sottolineare che latmosfera psicologica e culturale che il giovane Daniel Paul respir
venne a inscriversi profondamente nella sua anima e nel suo
corpo, risultando determinante per il suo destino di malato
psichico e, soprattutto, di essere umano45. Infatti, suo padre
44

M. SCHATZMAN, La famiglia che uccide, Feltrinelli, Milano 1973, cit. in R. FADLeducazione che uccide. Uninterpretazione in chiave pedagogica del caso Schreber, in
ID., La cura, la forma, il rischio, Unicopli, Milano 1997, pp. 261-266.
45 R. FADDA, La cura, la forma, il rischio, cit. LAutrice osserva che leducazione

DA,

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era un medico-pedagogista, ai suoi tempi famoso, con simpatie


che oggi definiremmo naziste e che non esitava ad esercitare
nelleducazione del figlio: Schreber fu un bambino perseguitato, inascoltato, maltrattato, tradito, irrisolto perch impossibilitato a difendersi e a reagire, insicuro in quanto non aveva potuto fare affidamento su una percezione di s sufficientemente
individuata e coerente. Del resto, stato messo in evidenza che
gran parte del delirio paranoico di Daniel Paul limmagine
speculare della guerra combattuta dal padre contro lindipendenza del figlio46.
Le tracce del dolore permangono, continuano ad agire in noi
e spesso le persone riproducono nel rapporto con i figli i comportamenti dannosi dei genitori nei loro confronti, senza conservarne il ricordo, senza consapevolezza della loro infanzia.
La verit della nostra infanzia scritta nel nostro corpo, e anche se
possiamo reprimerla non la muteremo mai. Possiamo, certo, arrivare
a ingannare il nostro intelletto, a manipolare i nostri sentimenti, a ingarbugliare le nostre percezioni e a mentire al nostro corpo con lassunzione di farmaci. Una volta o laltra, tuttavia, esso ci presenter il
conto: il nostro corpo infatti incorruttibile, come un bambino non
ancora sconcertato sul piano emotivo che non ammette n scuse n
compromessi e che cessa di tormentarci solo quando non rifuggiamo
pi la verit47.

Dimenticare i traumi non paga perch questi ritornano nei


rapporti con gli altri e soprattutto con i figli. Senza contare che
la negazione, necessaria al bambino maltrattato per sopravvivere, comporta quella che la psicoanalista Alice Miller chiama
cecit emotiva; ovvero dei veri e propri blocchi nel funzionamento del pensiero che fanno sentire i loro effetti nel corpo e
che, tra le altre cose, rendono lindividuo facile preda delle pi
svariate sette e ideologie, le quali spesso hanno la funzione difensiva di ricacciare indietro le angosce; funzione che rimane
occultata cos bene da renderne irriconoscibile lorigine.
ricevuta dal paziente non elemento marginale e, quindi, trascurabile del suo sviluppo
patologico.
46 Idem, p. 263.
47 A. M ILLER (1981), Il bambino inascoltato. Realt infantile e dogma
psicoanalitico, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 332.

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Avviene che milioni di persone, a causa del proprio tragico vissuto


e della conseguente cecit emotiva, affidino il potere a un abile commediante o addirittura a un pazzo criminale: ma nello stesso paese vi
sono altre persone che non hanno subto maltrattamenti nellinfanzia,
che hanno avuto accanto a s testimoni soccorrevoli e, dunque, che da
adulti sono lucidi osservatori, sufficientemente liberi da smascherare
linganno, valutando correttamente i pericoli reali, mentre la maggioranza ne incapace e cade vittima di politici assetati di potere48.

Alice Miller propone come rimedio lacquisizione di consapevolezza, la riflessione sul proprio passato, su ci che prima
era stato acriticamente accettato e che oggi pu essere messo in
discussione grazie allesperienza e al sapere di adulti.
A mio giudizio, possiamo sforzarci di acquisire consapevolezza di
ci che noi stessi abbiamo sofferto, delle opinioni che da piccoli abbiamo accolto acriticamente, confrontandole ora con il nostro sapere
di adulti. Questo ci sar di aiuto nel vedere e percepire cose di fronte
alle quali prima eravamo ciechi e insensibili poich dovevamo proteggerci dalla violenza del dolore, finch non abbiamo incontrato un testimone capace di ascoltarci con empatia. In tale contesto diventa
possibile riscoprire le origini delle emozioni infantili rimosse, ritrovare ed elaborare il senso che esse hanno per noi. Altrimenti, senza un
testimone empatico e senza capire il contesto dellinfanzia traumatica,
le emozioni permangono in uno stato di cosche ci angoscia profondamente. [] Nellesercizio della nostra attivit di psicologi e psicoterapeuti non dobbiamo rimanere prigionieri della paura infantile,bens
trovare da adulti il coraggio di giudicare, di chiamare il male con il
suo nome e di non tollerarlo. Il nostro modo di pensare si modifica a
poco a poco. Se non sar pi lecito picchiare i bambini, questi ultimi
tra ventanni avranno pensieri e percezioni diverse dalla maggior parte delle persone che vivono oggi. Ne sono assolutamente certa. Saranno attenti e vigili di fronte alla sofferenza dei loro figli e questo fatto
modificher le cose pi di quanto abbiano mai potuto fare le ricerche
statistiche. Il mio ottimismo si fonda sullidea della prevenzione, sul
divieto prescritto dalla nuova legge di usare violenza sui bambini
e sullinformazione fornita ai genitori49.
48

A. MILLER (2001), Il risveglio di Eva. Come superare la cecit emotiva, Cortina,


Milano 2002, p. 105.
49 Idem, pp. 104 e 110.

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La relazione, dunque, il luogo intersoggettivo e, quindi,


co-costruito in cui esistono le condizioni per nuove attribuzioni
di senso e di significato, cio lo spazio della formazione. Ma
perch ci accada ladulto deve assolvere il ruolo di facilitatore
e di accompagnatore del processo di crescita del bambino.
Precedentemente, si insistito sul fatto che nelle interazioni
adulto-bambino, nelle prime fasi dello sviluppo, al primo si riconosce la funzione di mente vicaria con il compito di sostenere il piccolo nel suo fare esperienza del mondo.
Si pensi, ancora, al concetto di scaffolding, elaborato da Bruner a partire dallidea di sviluppo prossimale di Vigotskij. Si
tratta di un concetto che attribuisce alladulto il ruolo di sostegno strutturante nella crescita psichica del bambino50. La necessit di un sostegno per il bambino si evince anche dalla terminologia pedagogica: studere significa in origine appoggiarsi, mentre nel termine discente che deriva dal latino discere, imparare, la radice dek indica il ricevere mentale, segnalandoci che il nutrimento materiale e quello intellettuale
hanno unorigine comune per cui linsegnante e la madre assolverebbero una funzione analoga.
Dunque, il benessere o la sofferenza della psiche, dipende in
larga misura pi che da una parte interna alluomo dai rapporti
che il soggetto intrattiene con lambiente.
Ci ovviamente non esclude la presenza nellindividuo di
principi organizzatori peculiari di cui non sempre si coscienti
anche nel senso che non li conosciamo -, ma sposta lattenzione dalla mente del bambino o da quelle del bambino e della
madre al sistema costituito da ambedue in unottica di co-costruzione dei significati tra le menti che si modellano a vicenda,
dando ragione di una possibile riparazione laddove se ne d la
possibilit (ad esempio, la psicoterapia o la relazione educativa).
Il soggetto impara a gestire le proprie emozioni facendo
esperienza di se stesso nel corso delle interazioni relazionali, a
partire dalle relazioni fondanti di base, via via nel corso della
50 Cfr. O. LIVERTA SEMPIO (a cura di), Vygotskij, Piaget, Bruner. Concezioni dello
sviluppo, Cortina, Milano 1998.

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propria esistenza. Nella pratica educativa, il docente deve essere pronto a svolgere nei confronti del discente la funzione che
la madre svolge nei confronti del bambino, deve quindi essere
il contenitore di tutte quelle emozioni o esperienze legate al
processo di apprendimento che lallievo/a non riesce ad elaborare o digerire da solo. Questo un dato rilevante dal punto di
vista pedagogico perch la conoscenza scaturisce dalla pensabilit dellesperienza che pu darsi solo in uno spazio relazionale
(la famiglia, la scuola, il gruppo di formazione) in cui lAltro (il
genitore, linsegnante, il formatore) sappia contenere, elaborare
e, quindi, pensare e nominare, il difficile percorso dellIo che
conosce in funzione della sua individuazione e della sua spinta
verso lautonomia. Allo stesso tempo il riconoscimento dellAltro, della sua realt e del suo valore anche il riconoscimento
di se stessi.
Quando non vi corresponsione affettiva corretta, quando
lAltro assente ovvero non c incontro tra le menti, allora si
crea un vuoto, una mancanza di comprensione. Bion sottolinea
che nel difficile processo per arrivare a comprendere ci che
proviamo e pensiamo necessario superare ostacoli che non
sempre dipendono da noi, ma egli pone il nostro bisogno degli
altri a fondamento dei processi apprenditivi per cui pensare
sempre anche pensare agli altri e allo stesso tempo capire, ricordare,imparare qualcosa che ci riguarda.

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