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Leighton ( editor), Early societies in Sicily, New developments in archaeological research, Specialist studies on Italy, Acconia, London, 1997, pp. 58-69.

Le industrie litiche oloceniche: forme, materie prime e aspetti economici

Fabrizio Nicoletti

La rice rca sulle industrie litiche oloceniche, riprende in Sicilia dopo un lungo silenzio. A tale causa dobbiamo la scarsa conoscenza dei materiali in alcune zone dell'Isola, soprattutto quelle occident ali. Meglio conosciute sono le zone meridionali, sud-orientali e, solo in parte, nord-orientali. Le prime, grazie alle ricerche condotte nella Valle del Platani, han no dato una completa sequenza delle industrie litiche dal Neolitico medio fino alIa diffusione del metallo, alla quale e necessario fare riferimento; la regione sud-orientale e ben nota grazie allo sviluppo dei villaggi-officina campignani che nel corso dell'olocene diedero vita a un'intensa attivita mineraria; la cuspide nord-orientale dell'Isola e oggi nota grazie ad alcuni interessanti siti, anche se il quadro che ne emerge e certo frammentario.

Le industrie neolitiche

La lunga sequenza della Valle del Platani non ha ancora dato industrie databili ad un momento di transizione tra Mesolitico e Neolitico. Questi complessi sono tuttavia attestati in almeno tre siti: la Grotta dell'Uzzo nella Sicilia occidentale (Tusa 1992c: 160-67; Cassoli et al. 1987), il villaggio del Petraro di Melilli (Voza 1968) e la Grotta Corruggi (Bernabe Brea 1949), questi ultimi nel Sud-Est dell'Isola. In questi siti, i livelli caratterizzati da ceramica impressa di tipo cardiale, hanno restituito industrie con accentuato sviluppo di microliti geometrici, di forma trapezoidale e con ritocco erto (fig. 1, nn.21-25). Tali strumenti sono realizzati con la tecnica del microbulino (fig. 1, n.20) e si accompagnano a diversi manufatti, come punte e lame a dorso (fig. 1, n.27) e dorsi con troncatura (fig. 1, n.19), che richiamano analoghe produzioni mesolitiche. t possibile che l'analogia sia anche funzionale e che essa investa complessi che nella Sicilia nord-orientale esistano anche nel Neolitico tardo, come al Riparo della Sperlinga (Cavalier 1971), e perfino oltre, nell'Eneolitico.

La mancanza di pubblicazioni esaustive non ci consente di and are oltre queste prime considerazioni; e tuttavia probabile che altri siti, scavati all'inizio del secolo, avessero un'evidenza simile. Al Riparo del Castello di Termini Imerese, ad esempio, e possibile che esistesse una sequenza stratigrafica attest ante il progressivo passaggio da forme tecniche ed economiche mesolitiche a quelle neolitiche (Gabrici 1930-31).

t anche verosimile che gia in questo periodo iniziale, se non da prima, abbiano avuto origine le importazioni di ossidiana. Essa e certamente attestata nel villaggio Mandria di Serra del Palco, nella Valle del Platani, un abitato del Neolitico medio caratterizzato da due diversi assetti insediamentali: il pill antico costituito da capanne ellittiche, il pill recente da grandi recinti absidati (La Rosa 1987).

Ilossidiana, dunque, compare gia nei livelli pill antichi del villaggio Mandria. Lorigine allogena di questo vetro vulcanico non lascia dubbi circa la nascita di una rete di scambi che in questo periodo interessr la Valle del Platani. Nel villaggio Mandria vi sono due diverse varieta di questa roccia che al momento sembrano collegabili con altrettante provenienze. Una e di colore grigio, spesso ricca di pomici incluse, l'altra e, invece, di colore verde a luce trasmessa. Gruppi non molto consistenti digreen obsidian sono pre senti nello stesso periodo a Malta (Cann

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1 Industrie litiche oloceniche. 1-4: armature a tranchant trasversale; 5-11: dementi di falcetto; 12-15: punte di freccia; 16-19,21-26: geometrici; 20: microbulino; 27-29: punte a dorso; 30-33: grattatoi. (3/4 grandezza naturale).

e Renfrew 1964; Cornaggia Castiglioni 1971; Hallam et al. 1976; Trump 1976-77: 25-6) e Lampedusa (Radi 1972) e provengono con certezza dalla lontana Pantelleria (Orsi 1899b; Zies 1960; Carmichael 1962; Tozzi 1968). Se le indagini petrochimiche in corso confermeranno questa provenienza anche per la nostra ossidiana verde, si riaprira 10 spinoso problema dei vettori materiali di questa roccia, poiche, durante il Neolitico Pantelleria risulta disabitata. Ricordiamo a tal proposito che quest'isola dista da Mazara del Vallo centodieci chilometri di mare aperto e che l'ossidiana verde risulta in tutta la Sicilia occidentale largamente attestata nei complessi conservati nei musei.

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Limitiamoci a constatare che la Valle del Platani si trova nel Neolitico al confine di due diversi networks di interscambio che portano 10 stesso genere di prodotto. Diviene a questa proposito interessante osservare il diverso andamento di tali scambi nel corso del tempo. Durante la fase delle capanne del villaggio Mandria, l'ossidiana conosce una costante ascesa, passando dal 29% dei primi livelli, al 35% di quelli intermedi e infine al 40%, cioe quasi un manufatto su due. Se paragonata al novanta per cento dei siti calabresi (Ammerman 1979) 0 di quelli greci (Torrence 1986; Kardulias 1992) la percentuale dell'ossidiana del villaggio Mandria appare bassa; essa e comunque la piu alta della nostra zona, poiche nella fase immediatarnente successiva, quella dei recinti, scende, diremmo bruscarnente, al 20%, cioe solo un manufatto su cinque, e si mantienecostante per tutta la vita di tali strutture. Contrariamente aIle aspettative, la percentuale risale al 27,5% dopo I'abbandono dei recinti, certamente in una fase di transizione con l'Eneolitico. Dopo questo periodo, e fino alIa scomparsa delle industrie litiche, la percentuale si mantiene bassa. Plausibilmente, gli apporti dall'esterno dovettero essere minori di quanta non dicano i numeri poiche era ormai possibile riutilizzare l'ossidiana presente suI territorio. Ad esempio, nei livelli dellafocies di Malpasso (tardo Eneolitico), che concludono la vita del villaggio Mandria, la percentuale di ossidiana rimane suI 20%, rna in tutti i siti castellucciani (antica eta del Bronzo) della zona tale roccia e praticamente assente.

Le due varieta di questa materia prima non seguono, pero, 10 stesso andamento; quella verde, che e sempre minoritaria rispetto all'altra, conosce un costante e irreversibile declino fino alIa quasi totale scomparsa nelle fasi iniziali dell'Eneolitico; durante l'Eneolitico tardo, nello stesso villaggio Mandria, la sua presenza e verosimilmente residua. Lossidiana grigia segue, invece, l'andamento generale: in ascesa durante la fase delle capanne, in declino durante quella dei recinti (insieme a quella verde), in rapida ascesa aIle soglie dell'Eneolitico, quando diviene quasi l'unico tipo attestato. E un esempio di espansione e contrazione di networks di interscambio, dei quali uno finisce per prevalere aIle soglie della sua stessa scomparsa, forse a spese dell'altro. Questo fenomeno non sembra limitato alIa sola Sicilia: anche a Malta l'ossidiana verde scorn pare aIle soglie dell'Eneolitico (Trump 1976-77: 25-6).

Studi sperimentali hanno mostrato che da un nucleo di materia prima si possono ottenere circa novanta distacchi (Sheets & Muto 1972); su questa base avremmo dovuto attenderci a Serra del Palco diverse decine di nuclei di ossidiana. lnvero, l'unico esemplare rinvenuto proviene dall'humus, anche se altri siti della Valle ne hanno restituiti alcuni da contesti piu tardio Possiamo dunque ritenere che l'ossidiana giungesse nell'insediamento essenzialmente sotto forma di prodotti di debitage, i quali venivano poi modificati sul posto mediante ritocco.

Si resta tuttavia perplessi di fronte aIle modifiche che tali supporti ebbero a subire per diventare strumenti. La maggior parte dei pezzi e priva di ritocco; esso, quando e presente, si limita a piccoli distacchi marginali volti a creare raschiatoi, in genere denticolati, spine, scagliati, e raramente qualche troncatura. Per tali manufatti, cornuni in tutti i periodi, venivano usate anche altre materie prime, senza che si evinca una qualche preferenza. Gli unici strumenti per i quali questa roccia appare maggiormente usata, caratterizzano in modo marcato la fase delle capanne del villaggio Mandria, la stessa che conosce la massima presenza di ossidiana: si tratta di piccole armature a tranchant trasversale e ritocco piatto, spesso coprente e in genere bifacciale (fig. 1, nn.1-4). Per tali strumenti e possibile richiamare Ie armature geometriche del Neolitico iniziale, che presentano perr il ritocco erto, e ancora piu Ie armature a tranchant, a ritocco piatto - come i nostri esemplari - rinvenute nei livelli iniziali del Neolitico medio della Caverna di Franchthi, in Grecia Oacobsen 1981 a; 1981 b; Perles 1991). All'Uzzo, la presenza di armature geometriche a ritocco erto e stata spiegata in funzione di attivita di pesca e quindi di forme economiche differenziate non pienamente rivolte all'affermazione di quella agricoltura sedentaria che caratterizza fasi piu avanzate del Neolitico. Diviene pero improbabile una tale spiegazione anche per i nostri strumenti, presenti in un insediamento troppo lontano dal mare. Piu verosimile e pensare ad una qualche attivita venatoria, magari specifica. Possiamo comunque ipotizzare che, almena sotto il profilo litotecnico, la fase delle capanne del villaggio Mandria sia piuttosto legata a forme antiche dell'economia neolitica mediterranea.

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In generale, le industrie siciliane del Neolitico antico 0 medio-iniziale, richiamano quelle co eve dell'Italia meridionale: Arciprete A, Rendina III, Coppa Nevigata, Marcianese e la fase 4 di Passo di Corvo (Ronchitelli 1987).

Nonostante le consistenti importazioni di ossidiana, la materia prima maggiormente usata nella preistoria della Valle del Platani e di tutta la Sicilia meridionale, e una varieta di selce a grana fine dai colori variabili dal giallo-verde, al rosso, al marrone. Essa e geologicamente pertinente agli strati dell'Evaporitico iniziale (Miocene), comuni nella serie gessoso-solfifera della Sicilia centro-occidentale. Luso di questa roccia sembra infatti caratterizzare, in modo predominante, le industrie litiche rinvenute tra il bacino del Salso e quello del Belice. A giudicare dalla forma convessa dei cortici e possibile che i noduli provenissero dai greti dei fiumi a carattere torrentizio della zona, rna una COS! vasta diffusione rende probabile I'esistenza di distretti minerari aneora da localizzare. A Monte Grande, vicino Agrigento, dove questa roccia e particolarrnente abbondante, potrebbe essere identificato un centro di produzione e scambio (Castellana 1982: 91).

La selce evaporitica della Valle del Plat ani e il substrato comune nella litotecnica di tutti i periodi. La maggiore diffusione di questa roccia, in relazione al declino dell'ossidiana durante la vita dei recinti del villaggio Mandria, e legata alIa produzione del pill tipico strumento dell'economia neolitica: I'elemento di falcetto (fig. 1, nn.5-II). Questo e caratterizzato dalla lucentezza prodotta dall'azione abrasiva dei fillosilicati presenti nei gambi dei cereali (Kardulias 1992: 431). I falcetti del villaggio Mandria sono realizzati su porzioni di lame regolari, mediante ritocco denticolato, marginale, adiacente la lucentezza d'uso. I pezzi sono in genere molto usurati e non e raro il caso di progressivi 'rifacimenti' del ritocco 0 persino di totali trasformazioni dei manufatti. Nessuno di essi presenta il supporto integro: la lama e stata in genere spezzata ad una 0 entrambe le estrernita, che sono state frequentemente modificate mediante ritocco scagliato, prodotto da percussione bipolare. II motivo di questo accorgimento tecnico non e chiaro. II ritocco scaglia to provocava spesso la frattura del pezzo 0 almeno l'asportazione di uno pseudo-ritaglio di bulino che rovinava irrimediabilmente il manufatto (fig. 1, nn.7-8). Qualunque ne sia l'origine, e comunque certo che le numerose rotture prodotte da tale fenomeno diedero origine al cosiddettoFrison iffect Oelinek 1976: 22), che consiste nel trasformare uno strumento in qualcosa di completamente nuovo, mutandone aspetto e funzione.

I primi elementi di falcetto compaiono, nella Valle del Platani, gia nel pill antico livello di vita del villaggio Mandria; la loro bassa percentuale, pari a quella delle armature a tranchant (6,7%), pur indicando un sicuro sviluppo dell'agricoltura stanziale, non ci lascia I'impressione di un completo realizzarsi di essa. Infatti la loro percentuale diviene quasi doppia nella fase dei recinti (11%), in concomitanza con Ie diminuite importazioni di ossidiana e con il consistente ridimensionamento nella produzione di armature. La fase dei recinti del villaggio Mandria appare percio un momenta di piena realizzazione dell'economia di sussistenza basata sull'agricoltura. Sotto questa luce andra eonsiderata la funzione degli stessi recinti, plausibilmente legati all'aspetto collaterale dell'agricoltura stanziale: l'allevamento.

Gli elementi di falcetto sono aneora presenti durante la fase che, nel villaggio Mandria, vide l'abbandono dei recinti, almeno nella funzione ehe abbiamo ipotizzato; illoro numero appare tuttavia ridotto e le condizioni di giacitura, insieme ai numerosi casi di trasformazione, lasciano qualche dubbio sull'effettiva continuita d'uso di questi strumenti. Uesemplare proveniente da una tomba dell'Eneolitico iniziale (Fontanazza-M.Grande), presenta un ritocco erto opposto alIa lucentezza (fig. I, n.1 0). Non "e chiaro se cio dovuto a modifica funzionale dello strumento, caso che si verifica anche pill avanti nel tempo, nei livelli tardoeneolitici del villaggio Mandria e in quelli dell'antica eta del Bronzo di Serra del Palco. In questi eomplessi, i rari falcetti sono stati chiaramente trasformati in strumenti di altro tipo, in genere punte a dorso (fig. I, nn.28-29). Nella forma originaria, nessun falcetto, comunque, oltrepassa con certezza la transizione tra Neolitico ed Eneolitico, nel cui ambito dobbiamo immaginare delle profonde trasformazioni di tipo tecnico che interessano la struttura stessa dell'economia neolitica.

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Le industrie eneolitiche

La continuita con il mondo neolitico, essenzialmente rappresentata, nel villaggio Mandria, dall'aumento dell'ossidiana, viene certo mitigata da un generale impoverimento tipologico durante la prima eta del Rame, almena nel nostro sito e in quello coevo di San Cono, nella Sicilia sud-orientale (Cafici 1879), gli unici per i quali sono note le industrie litiche.

In tutta la Sicilia, un elemento di cambiamento e dato dalla comparsa della punta di freccia (fig. 1, nn.12-15). E possibile che esista una relazione funzionale tra questa strumento e l'armatura a tranchant di tradizione neolitica, rna non v'e dubbio che la punta di freccia compaia nell'Isola insieme alIa ceramica dello stile di S.Cono-Piano Notaro, spesso in contesti tombali. Solo le Isole Eolie sembrano possedere questo manufatto nelle fasi tarde del Neolitico (Bernabe Brea e Cavalier 1957: 126; 1980: 323, 325; David 1958-59; Martinelli 1990).

La punta di freccia, anche se e attestata nell'Eneolitico iniziale, diventa quantitativamente rilevante solo nell'Eneolitico tardo ifacies di Malpasso). In quest'ultima fase, l'industria del villaggio Mandria e rappresentata, oltre che dalle punte di freccia, anche da un modesto sviluppo di strumenti a ritocco erto che tendono ad assumere aspetti spiccatamente geometrici che ricordano, per alcuni aspetti, gli analoghi manufatti del Neolitico antico (fig. 1, nn.16-19, 21-26). La quasi costante associazione con tali strumenti di microbulini, lascia immaginare nei criteri di scheggiatura la sopravvivenza di tradizioni paleo-mesolitiche e del Neolitico iniziale, che riemergono come fatto tecnico determinante nell'Eneolitico tardo. II dato non deve sorprendere, poiche, nella stesso periodo, puntuali riscontri si trovano nella cuspide nordorientale dell'Isola, ad esempio al Riparo della Sperlinga (Cavalier 1971), dove caratterizzano forme economiche con attivita di caccia in evidente ripresa. Significativo e in tal senso il complesso della Marca di Castiglione - ancora inedito - anche perche consente di cogliere il rapporto cronologico tra strumenti a ritocco erto e strumenti a ritocco piatto: nel passaggio dallivello inferiore a quello superiore (entrambi databili a fasi avanzate dell'Eneolitico) ad un consistente declino di elementi geometrici a ritocco erto, fa riscontro un significativo sviluppo di elementi a ritocco piatto. Sernbra dunque assodato che, tanto nella Valle del Platani che nella Sicilia nord-orientale, l'Eneolitico tardo e caratterizzato dallo sviluppo di strumenti geometrici e strumenti a ritocco piatto (in genere punte di freccia), anche se in quest'ultima regione i primi sono di poco anteriori ai secondi.

Le industrie dell'antica eta del Bronzo

Gli elementi che caratterizzano la fase di Malpasso del villaggio Mandria, l'ultima di questa sito, formeranno delle linee di tendenza che saranno sviluppate nei momenti fin ali della cultura di Castelluccio con la quale si apre in Sicilia I'eta del Bronzo. I livelli inferiori del villaggio di Mezzebbi (Privitera 1995) nella Valle del Platani, databili ad un castellucciano molto antico, so no caratterizzati dal singolare sviluppo di grattatoi (fig. 1, nn.30-33). Questo tipo di manufatto, in genere ritenuto connesso con attivita di caccia.e presente in Sicilia gia dal Neolitico, in percentuali che nei diversi siti non superano mai il 3%. Negli strati piu antichi di Mezzebbi la percentuale del grattatoio e del 25,4, cioe uno strumento su quattro. Lungi dal rappresentare una caratteristica generalizzabile e continuata nel tempo, nei livelli superiori della stesso sito, databili ad un castellucciano evoluto, la percentuale scende ad un 4% che ritroviamo anche nei livelli del castellucciano finale di Serra del Palco, sempre nella Valle del Platani.

E difficile dare una spiegazione di questa fenomeno; si potrebbe pensare ad una forma economica caratterizzata da una specifica attivita.

Un altro elemento sembra differenziare i livelli inferiori di Mezzebbi da quelli superiori. A partire dall'esaurirsi delle importazioni di ossidiana, non abbiamo piu riscontrato nella Valle del Plat ani l'uso preferenziale di alcuna materia prima. Nei livelli superiori di Mezzebbi sembra riproporsi tale fenomeno, che ha per oggetto un consistente sviluppo (29%) del diaspro nero. Questa roccia e certamente locale, poiche e presente in tutti gli insediamenti

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della zona, pur in percentuali mai superiori al 6%; non e improbabile che la fonte vada ricercata nel letto del Fiume Gallodoro. Sorprende che la sua percentuale sia an cora del 5% nei livelli pill antichi di Mezzebbi e che, nonostante il forte aumento negli strati superiori, sia presente in quantita modeste (6%) nel castellucciano di Serra del Palco, insediamento, questo, pur sempre vicino al Gallodoro.

Non va trascurato che il forte aumento del diaspro nei livelli superiori di Mezzebbi i contemporaneo, oltre che alIa scomparsa dell'ossidiana, anche al massimo incremento di selce cretacea - una roccia non locale - nello stesso sito e in quello di Serra del Palco. Questi elementi fanno ritenere che la crisi del network di interscambio che portava l'ossidiana grigia (come era gia avvenuto per quella verde aile soglie dell'Eneolitico), abbia spinto la nostra zona all'uso di nuove mat erie prime. Da un lato l'impulso e verso un pill intenso sfruttamento del diaspro, forse locale, dall'altro il nostro territorio sembra rientrare nell'orbita di un nuovo network di interscambio che portava la selce cretace a, la cui zona d'origine va cercata sui Monti Iblei, nel Sud-Est dell'Isola e di cui parleremo piu avanti.

Intanto constatiamo che nel deposito stratificato di Mezzebbi il livello inferiore e quello superiore sembrano pertinenti a due diversi insediamenti, l'uno anteriore all'altro, che sfruttavano tra le risorse litiche offerte dal territorio segmenti diversi, arrivando alIa produzione di industrie differenti, nella struttura e nelle materie prime.

Lindustria dell'insediamento superiore di Mezzebbi rientra nelle linee di tendenza che abbiamo visto nascere nella fase di Malpasso del villaggio Mandria, e che si ritrovano anche nei livelli castellucciani di Serra del Palco. I tre siti mostrano un uguale sviluppo degli strumenti a ritocco erto; tuttavia, i due villaggi del Bronzo antico, rispetto a quello dell'Eneolitico tardo, sono finora privi di punte di freccia. In ogni caso, in confronto a tale cambiamento i motivi di continuita sembrano decisamente piu numerosi.

I tre complessi castellucciani esaminati sopra dispongono di due confronti precisi: l'industria di Biddini nella Sicilia sud-orientale (Nicoletti 1990), e quella di Mursia a Pantelleria (Tozzi 1968). Benche queste due industrie siano databili ad un momenta molto avanzato del Bronzo antico, i confronti migliori sono con il gruppo inferiore di Mezzebbi, anche e soprattutto per la comune alta presenza di grattatoi. Sembra cioe che questa caratteristica, COS! peculiare del castellucciano antico della Valle del Platani e forse dell'intera Sicilia meridionale si ritrovi fuori da questa zona in complessi piu tardio II totale degli strumenti a ritocco erto di Biddini e Mursia trova invece maggiori analogie con Mezzebbi superiore e Serra del Palco.

In definitiva, tra i complessi del Bronzo antico emergono due gruppi. II primo, formato da industrie arcaiche nella Sicilia meridionale rna pill tarde in altre zone, con elevato sviluppo di grattatoi; il secondo, formato da complessi tardi della Valle del Platani, che riprende 10 sviluppo degli erti differenziati dell'Eneolitico finale siciliano. Quest'ultima caratteristica sembra mantenersi, nella stesso periodo, anche lontano dal Platani.

La tradizione campignana

Abbiamo visto che nelle industrie castellucciane della Valle del Platani diventa consistente la presenza di selce cretacea. Essa e riconducibile al network di interscambio del pill singolare sviluppo minerario e tecnico della Sicilia preistorica: il Campignano (Cafici 1926; Nicoletti 1990). E questa un fenomeno essenzialmente limitato alIa regione dei Monti Iblei, cioe alIa provincia di Ragusa e aIle valli limitrofe. In questa zona affiorano estesi giacimenti di selce di due diverse varieta: una a grana fine, pertinente agli strati del Miocene inferiore, l'altra, a grana grossa, spettante al Cretaceo superiore. Le formazioni geologiche interessate, sono state profondamente erose dai fiumi, che hanno trascinatoe mischiato le due varieta silicee che si trovano adesso nei fondovalle sotto forma di noduli: altrove l'erosione ha portato al diretto affioramento delle lenti di selce in banchi molto estesi. Queste due condizioni di giacitura diedero origine ad aItrettanti modi di sfruttamento: cave a cielo aperto e miniere ipogeiche.

LE INDUSTJ{JE LlTICHE OLOCENICHE 6.3

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INGRESS) SUSSJDlARJ

INGRESSO PRINe/PALE

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2 Miniera di selce castellucciana a Monte Tabuto, sui Monti Iblei.

Formate da accumuli di nuclei e schegge di selce estesi anche per svariati chilometri, le cave a cielo aperto non hanno mal restituito indizi di una stabile occupazione. La Ioro datazione resta dunque problemarica. II loro sfruttarnento precede con certezza quello delle miniere ipogeiche, ed e probabile che esso sia cornpreso tra il Neolitico medio e la fine del Bronzo antieo. In ogni caso, la saltuaria frequentasione dj questi siti era finalizzata all'approvv:igionamento di materia prima sbozzata e destinata ad essere rifinita altrove.

Piu chiara anche se menu documentata e l'evidenza delle miniere, A Canicarao, nella regione iblea, ne furono scavate alcurre nel secolo scorso (Orsi 1898a). Esse sono costituite da piccole cavita cuneiformi 0 da est esi sisterni di gallerie che in corrispondenza dei filoni di selce si allargano a form are ampi carneroni con la volta sorretta da pilastri ri sparmiati nella roccia (fig, 2A-B). Tutte Ie rninier e, una volta disattivate, sono state riutilizzate come sepolcri

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collettivi, contenenti anche centinaia di scheletri. I corredi spettano tutti alIa cultura castellucciana. Un'unica miniera, pur contenendo circa cento inumati, era priva di corredo, costituendo in questo un singolare esempio di differenziazione socio-economica.

Lo sfruttamento dei distretti minerari e attribuibile a numerosi villaggi, di epoche diverse rna soprattutto castellucciani, posti in evidente controllo terri tori ale rispetto ai giacimenti di selce. t probabile che questi insediamenti avessero nello sfruttamento della selce la loro risorsa principale, controllando direttamente l'estrazione e gli scambi interconnessi. I casi pill evidenti sono dati dal comprensorio di Biddini (fig. 3A), rna soprattutto dal distretto di Canicarao (fig. 3B) del quale fanno parte i Monti Tabuto, Racello, Sallia e Raci (Orsi 1898a; 1923). Sui primi due si trovavano Ie miniere; sugli altri erano stanziati due vasti insediamenti coevi aIle miniere stesse. Lalternanza funzionale di questi monti (miniere-villaggio-minierevillaggio) suggerisce un razionale controllo della selce come risorsa territoriale (Nicoletti 1990: 40).

A

.... _ villaggi-officina
••••
::- cave
B 0 0- rrnmere
:.:.:.: - discariche 3 Distretti minerari dei Monti Iblei. A - comprensorio di Bidinni; B - comprensorio di Canicarao.

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distretti minerarie
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zone ... viIJaggi ... viIJaggi .... zone
~ ~ ......
extraiblee l...I officina ~ officina .... extraiblee
"'" .... ""'III
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aree di lavorazione
"
discariche rifiuti 4 Schernatizzazione del modello di interscambio dell'attivita mineraria dei Monti Iblei.

Caratteristica comune di questi che possiamo definire 'villaggi-officina' e l'assoluta preponderanza dell'industria litica sul resto della cultura materiale, tanto da evidenziare fenomeni di specializzazione industriale. Sembra, inoltre, che in seno a questi siti esistettero aree di lavorazione e apposite discariche per i rifiuti.

La razionalizzazione del territorio, funzionale al controllo della seIce, dovette port are al meccanismo di interscambio esemplificato nella figura 4, che evidenzia la centralita dei villaggi-officina in questa processo. Certamente tale attivita si svolse attraverso differenti fasi, forse scandite dal ritmo stagionale alIa base della normale economia di sussitenza agricolopastorale che e stata attestata a Biddini (Di Stefano 1976-77; Nardi 1987) e che possiamo ipotizzare anche negli altri insediamenti simili.

Stando alle numerose segnalazioni, la seIce iblea sarebbe ampiamente presente in tutta la Sicilia orientale, meridionale, nelle Isole Eolie e a Malta, in un periodo compreso tra il Neolitico medio e I'antica eta del Bronzo. Per aIcune valli che circondano la parte sudorientale della Sicilia sono stati anche ipotizzati sistemi territoriali organici in cui aIcuni insediamenti mediavano nell'interscambio tra i centri estrattivi e quelli principalmente consumatori (Amoroso 1979; Guzzardi 1984; Crispino 1988-89). Tuttavia, in assenza di analisi petrochimiche, la seIce miocenica dei distretti minerari e indistinguibile da quella comune nel resto dell'Isola: pill caratteristica e quella cretacea, soprattutto se lavorata con procedimenti riscontrabili nei villaggi-officina.

La seIce iblea veniva trasformata in strumenti che da un punto di vista tipologico possono essere divisi in due gruppi. II primo e formato da una industria su lama e scheggia con tipi caratteristici del Neo-eneolitico; a questa si accompagna il secondo gruppo, costituito da bifacciali campignani. Al momento conosciamo l'esatta struttura della sola industria di Biddini (Nicoletti 1990), certamente tra le pill tarde dell'attivita mineraria iblea. Del gruppo su lama e scheggia di questa sito abbiamo gia detto che presenta le caratteristiche tipiche del periodo castellucciano; possiamo aggiungere che per esso sembra preferito l'uso della selce miocenica, certo pill adatta alIa produzione di manufatti sottili e minuziosamente ritoccati. II gruppo campignano di Biddini e invece costituito da bifacciali, in genere di non grandi dimensioni e tipologicamente poco vari: tranchets , pies e indifferenziati (fig. 5); per essi appare maggiormente usata la seIce cretacea, la stessa per la Quale vennero impiantate le miniere e che era pill adatta alIa produzione di strumenti pill grossolani, rna robusti.

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3

-

5 Bifacciali campignani. 1-4: tranchets; 5: ovaloide; 6: discoide (3/4 grandezza naturale).

Esistono analogie tra gli strumentari Campignani della Sicilia e quelli del Gargano (Calattini 1982). Altri paralleli tipologici legano i complessi isolani a regioni assai pill distanti: il bacino di Parigi (Tarrete 1977) e la regione siro-palestinese (Cauvin & Cauvin 1968).

II 'fossile guida' del Campignano siciliano e il tranchet (fig. 5, nn.I-4); attraverso esso possiamo seguire 10 sviluppo di questa tecnica nel tempo e nella spazio. Occorre anzitutto dire che i tranchets siciliani sono normalmente di dimensioni assai ridotte rispetto agli esemplari consueti nel Campignano europeo, e ricordano i cosiddetti petits-tranchets. I primi strumenti di questa tipo compaiono nell'isola sin dagli inizi del Neolitico medio, nel pill antico livello di vita del villaggio Mandria (fig. 5, n.l). Manufatti analoghi sono presenti nei contemporanei livelli

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93<i)

Lipari

,- neolitico

• - eta del rame

• - prima eta del bronzo

• - cronologia incerta 0- attribuzione incerta + - distretti minerari

6 Distribuzione dei bifacciali campignani in Sicilia in relazione ai distretti minerarie Iblei.

di Lipari, dove rappresentano oggetti verosimilmente importati (Bernabe Brea e Cavalier 1980: 446-7; 1984: 29; David 1958-59: 211). Questo genere di strumento si ritrova in Sicilia per tutto il corso dell'Eneolitico; tuttavia e solo con la cultura castelluciana che la sua difusione appare geograficamente e numericamente significativa. A Biddini, i tranchets, che costituiscono la meta del gruppo campignano, mostrano una spiccata standardizzazione tipometrica, oltre che un selettivo uso della selce cretacea, dimostrando che la loro produzione rifletteva moduli tipici di un'attivita specializzata (Nicoletti e Battaglia 1991).

La distribuzione dei bifacciali campignani in Sicilia (fig. 6) coincide in modo evidente con quella delle segnalazioni di selce iblea. t anche assodato che la quantita di questi strumenti diminuisce allontanandosi dai distretti minerari: cia fa emergere un fenomeno di difficile interpretazione.

11 problema dei 'Pebble tools'

In alcune aree ai margini del network campignano si trovano numerosi complessi che pur avendo molte analogie con quelli iblei - con i quali sono stati anche confusi - se ne distaccano per alcune caratteristiche. Si tratta di bifacciali, quasi sempre su quarzite, il cui sviluppo diacronico appare contemporaneo a quello del Campignano su selce. Essi sono sporadicamente segnalati nella Sicilia nord-occidentale, rna appaiono diffusi nell'alta valle del Simeto e nella spartiacque tra il Platani e il Salso.

Su queste industrie sappiamo pochissimo, a parte il fatto che possono essere facilmente confuse con complessi del Paleolitico inferiore. Da un punto di vista tipologico si possono dividere in due gruppi: il primo formato da chopping tools (fig. 7, nn.1-2) e il secondo da bifacciali discoid ali (fig. 7, n.3) 0, pili di rado, ovalari.

Manufatti simili, rinvenuti sui terrazzi litoranei della Sicilia meridionale, sono stati datati aIle trasgressioni marine Villafranchiana e Tirreniana che corrispondono aIle glaciazioni di Gtmz e Mindel (Bianchini 1969; 1972; Biddittu e Piperno 1972). Nessuno di essi proviene, tuttavia, da contesti sicuri (cf. Bonfiglio e Piperno, in questa volume). Alcuni di questi strumenti sono stati trovati in depositi databili dal Neolitico medio all'antica eta del Bronzo, soprattutto nella Valle del Platani.

68 FABRIZIO NICOLETTI

I

1

2

3

7 Pebble tools. 1-2: chopping tools; 3: discoide (3/4 grandezza naturale).

Anche se non si pur escudere che alcuni manufatti siano assai piu antichi e rientrino nella cosiddetta pebble culture, i pebble tools nel loro complesso costituiscono probabilmente un adattamento della tecnica campignana a condizioni assai diverse da quelle che favorirono 10 sviluppo della attivita mineraria iblea (Nicoletti 1990: 50; Bonanno et al. in press). t infatti singolare che questi strumenti siano quasi costantemente prodotti con quarzite ftuviale, che siano presenti in aree prive di selce cretacea, e soprattutto che non siano stati rinvenuti nella zona dei distretti minerari.

LE INDUSTRIE LITICHE OLOCENICHE 69

La fine delle industrie litiche

Lindustria del villaggio sommitale di Serra del Palco e la pili tarda tra quelle conosciute nella valle del Platani. II progressivo sviluppo dalle forme castellucciane a quelle thapsiane, che in Sicilia caratterizzano I'eta del Bronzo medio, e in questo sito accompagnato dalla presenza di materiali micenei (La Rosa e D'Agata 1988). Non crediamo sia casuale che gli ultimi strumenti in giacitura primaria provengano dal primo livello di frequentazione thapsiana e siano associati ad un frammento miceneo LH IIIAl. I livelli successivi hanno restituito solo pochi manufatti, patinati e spesso fluitati. C'e da chiedersi quale possa essere stato il ruolo delle importazioni micenee in un radicale mutamento che, oltre agli aspetti gia noti, sembra coinvolgere la stessa tecnologia litica. Gli insediamenti thapsiani in Sicilia hanno dato raramente manufatti metallici, rna la loro presenza deve essere ipotizzata per spiegare il progressivo abbandono della litotecnica. Ancora in una fase di transizione alIa media eta del Bronzo va collocata la crisi dei distretti minerari iblei e la disattivazione delle miniere. Riteniamo, in definitiva, che esiste probabilmente una relazione tra la diffusione del metallo, la crisi della litotecnica, l'esaurirsi della cultura castellucciana, da un lato, e l'intensificarsi dei rapporti con il mondo miceneo dall'altro.

Uultimo strato di frequentazione preistorica del villaggio sommitale di Serra del Palco, forse databile agli inizi del Bronzo tardo, ha restituito un solo strumento di selce, certamente gia fuori contesto.

SUMMARY

The earliest Sicilian Holocene stone industries are well documented at the Uzzo cave, Petraro di Melilli and Sperlinga. Although representing three successive phases of the Neolithic, they constitute a homogeneous group, characterised by the marked development of backed blades. Linked with an economy that retains many Mesolithic traditions, these forms survive until chipped stone tools eventually disappear as a significant feature of later prehistoric assemblages.

By contrast, the material from the Mandria site at Serra del Palco belongs to two successive phases. Transverse blades appear first, typical of an early stage in the development of Mediterranean farming economies, soon accompanied by the first sickle blades, which subsequently proliferate with the affirmation of a fully Neolithic economy.

The first substantial quantities of obsidian imports also coincide with the early Neolithic period. Obsidian from Lipari as well as Pantelleria is found in Sicily, while the presence of both varieties at Serra del Palco points to the existence of two exchange networks, although the Lipari source prevails. Nevertheless, the principal stone for implement manufacture in southern Sicily was a fine-grained flint, from Miocene strata, possibly procured in the form of nodules from stream beds.

An impoverishment of the typological range coincides with the early Copper Age; even sickle-blades diminish in number, perhaps as a result of economic changes. However, one new element is the arrowhead. During the final Copper Age, industries with 'Epigravettian' features emerge, as attested at Sperlinga and Castiglione. These forms are still current during the early phases of the Castelluccio culture, accompanied by scrapers, and are comparable with slightly later assemblages on Pantelleria and elsewhere.

Exploitation of local flint in the Hyblaean hills began in the middle Neolithic, as shown by the first appearance of Campignian bifacials. The raw material was taken initially from outcrops. Later, mining activity furnished a variety of flint that was well-suited to the production of bifacials, which have a more standardised shape. Campignian production was widespread and of considerable economic importance.

The date of the pebble tools (choppers and bifacials, usually of quartzite), which resemble Lower Palaeolithic forms, remains controversial. Prevalent in the regions of the Simeto, Platani and Salso rivers, they' would appear to be substantially contemporary with Campignian production.

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