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Per ricostruire lambiente storico del

fondatore della psicoanalisi mi ispirai a Le


Goff
- Fabrizio Palombi, 15.11.2015
Intervista. "Insieme a Derrida organizzai nel 2000 gli Stati Generali della psicoanalisi: leco fu
enorme, ma si spense presto"
La sua biografia si aggiunge, oggi, ai numerosi studi gi pubblicati in tutto il mondo su Sigmund
Freud. Quale esigenza lha indotta a scriverla, e come riassumerebbe quel che differenzia il suo
Freud da quello di altri studiosi?
Avevo lurgenza di studiare nuovamente Freud, in una prospettiva storica e perci mi sono ispirata
allimpostazione con la quale Jacques Le Goff ha scritto il suo libro su San Luigi, nel quale si mostra
come il santo venisse pensato diversamente a seconda delle diverse epoche storiche. Volevo
sottolineare la necessit e lattualit di un nuovo ritorno a Freud, che coinvolga, non tanto e non
solo gli psicoanalisti, ma gli studiosi e il grande pubblico, oltrepassando sia le posizioni antifreudiane
sia quelle idolatriche. Il mio lavoro intende evidenziare limportanza della rivoluzione simbolica
freudiana che ha inventato il soggetto moderno, il soggetto edipico.
Quando parla della necessit di un ritorno a Freud, si richiama a una esortazione resa
celebre da Jacques Lacan: in che modo la frequentazione dei testi dello psicoanalista
francese ha influenzato i suoi studi su Freud?
Il ritorno di Lacan a Freud non riguard la dimensione storica: il problema, piuttosto, era leggerlo in
modo diverso da quello psicologizzante, in voga negli anni cinquanta. Non cerano ancora, al tempo,
studi approfonditi sullambiente viennese, mancavano circa ventanni alla pubblicazione dello studio
di Henri Ellenberger e non era disponibile il materiale conservato negli archivi della Biblioteca del
Congresso di Washington, documenti che io invece ho potuto usare ampiamente e dei quali ho
proposto un inventario. Un ritorno a Freud in chiave storica penso possa rappresentare anche una
efficace risposta a quelle ricostruzioni diffamatorie che lo hanno descritto, di volta in volta, come
cocainomane, dittatore, reazionario o filonazista.
Nella sua autobiografia, pubblicata nel 1994, lei descrive gli incontri con grandi
intellettuali della seconda met del Novecento: Lacan, Foucault, Althusser, Derrida. Quali
sono i ricordi pi significativi che associa a ciascuno di loro?
Lacan lo conoscevo benissimo sin da bambina, perch era un amico di mia madre, anche lei
psicoanalista. Successivamente, la pubblicazione dei suoi Scritti mi permise di scoprire il clinico
e lintellettuale, che trovai straordinari. Non ho mai avuto una conoscenza personale di Foucault
per ho seguito un suo seminario alluniversit di Vincennes: il suo duplice versante, di storico e di
filosofo, gli trasmetteva un grande fascino. Althusser lho incontrato nel 1972: era un uomo
adorabile, un amico che mi ha incoraggiato a scrivere e ha avuto un ruolo importantissimo nella mia
vita. Derrida lho conosciuto pi tardi, nel 1986, e lho stimato molto sebbene avessi inzialmente
criticato severamente i suoi testi e il suo orientamento filosofico.
In dialogo con Jacques Derrida ha scritto un libro, intitolato Quale domani?, il cui primo
capitolo riprende la questione delleredit, molto cara al filosofo francese. Anche lei
concepisce i suoi lavori storici, e dunque questa recente biografia di Freud, come un
lascito necessario a orientare le nuove generazioni?
Derrida ci ha lasciato una grande eredit insegnandoci che il modo migliore per essere fedeli a un
maestro quello di essergli infedeli: bisogna essere capaci di ammirare e di criticare
contemporaneamente un autore per scriverne qualcosa dinteressante. Una delle esperienze che pi

mi ha segnato, nel mio rapporto con Derrida, stata lorganizzazione degli Stati Generali della
psicoanalisi nel 2000. Ne risult una formidabile discussione, con studiosi provenienti da
trentacinque paesi: al momento leco fu enorme, ma poi, purtroppo, and rapidamente ad affievolirsi.
Dopo, ho avuto la sensazione che gli psicoanalisti si siano ritirati dalla vita intellettuale e scientifica
pubblica, rifugiandosi nelle proprie scuole, incapaci di rispondere, nel senso derridiano, alle grandi
questioni poste dagli Stati Generali: il sintomo di una pi generale loro inadeguatezza
a fronteggiare laltezza delle trasformazioni del mondo contemporaneo. Hanno condotto battaglie
molto giuste contro gli eccessi della psichiatrizzazione e quelli dei trattamenti farmacologici senza
per riuscire a rilanciare un confronto culturale con i nuovi problemi e saperi che sono andati
affermandosi negli ultimi decenni. Alcuni hanno pensato di trovare conforto nelle neuroscienze: una
scorciatoia teorica alla quale non sono favorevole perch dissolve lautonomia e la specificit della
psicoanalisi. Altri hanno attuato una sorta di ripiegamento estetizzante e apolitico, dedicandosi
soprattutto agli studi letterari. Oggi si accontentano di essere psicoterapeuti senza interessarsi pi
alle questioni storiche e teoriche.
Lei racconta di aver seguito le lezioni tenute da Gilles Deleuze, di cui ricorre questanno il
ventennale della morte, poco prima delluscita dellAnti-Edipo nel 1972: come lo ricorda?
S, sono stata unallieva di Deleuze alluniversit di Vincennes: era un insegnante straordinario, che
riusciva a far saltare ogni forma di dogmatismo. Non ero daccordo con lui su molte cose e, in
particolare, sulla sua proposta di interpretare linconscio come fabbrica e non come tragedia. Le tesi
dellAnti-Edipo, ferma restando la grandezza del libro e il valore della sua scrittura, sono secondo me
piuttosto insostenibili.
La ricerca storica sul passato recente si avvale dellanalisi dei documenti ma anche della
voce dei testimoni diretti. Quanto hanno contato per lei le fonti, e quanto i testimoni?
E come pensa si potr andare avanti nella ricostruzione storica, per esempio della Shoah,
ma non solo, ora che la generazione dei testimoni si va estinguendo?
Oggi, in tutto il mondo, sono rimaste poche le persone che hanno potuto conoscere Freud nella loro
infanzia. Nella mia biografia, le testimonianze dirette hanno contato pochissimo anche se mi sono
avvalsa del grande lavoro fatto da Kurt Eissler che ne ha trascritte tante. Al contrario, nel lavoro che
ho dedicato a Lacan, ho potuto contare su duecento testimonianze di persone che lavevano
conosciuto. Si teme che la scomparsa degli ultimi sopravvissuti alla Shoah possa provocare un
indebolimento della memoria collettiva di questa immane tragedia. Credo si tratti di una paura
infondata perch i testimoni hanno gi raccontato le loro dolorose vicende, che sono state trascritte.
Non credo assolutamente che la morte degli ultimi sopravvissuti ai campi di sterminio potr
agevolare lantisemitismo.
Lei torna sulla sua avversione a ogni forma di discriminazione e, in particolare,
allantisemitismo, anche nel capitolo della sua biografia dedicata a Freud intitolato Di
fronte a Hitler. La recente pubblicazione dei Quaderni neri di Heidegger ha
ridimensionato la sua considerazione del filosofo tedesco?
Sono serena di fronte a questa questione, forse perch non sono mai stata heideggeriana. Il nazismo
di Heidegger era gi conosciuto fin dal 1933 e questo ha provocato un dramma imponendo subito
a Karl Jaspers, Hannah Arendt e ai contemporanei di Heidegger uninquietante domanda: in che
modo lautore di Essere e tempo ha potuto trovare nel nazismo una consonanza con il suo pensiero?
Nel secondo dopoguerra tent di presentarsi come una vittima mentendo sul suo passato nazista, ci
che ne fa ai miei occhi una persona esecrabile: si atteggiava a vittima senza aver mai speso una sola
parola sullo sterminio degli ebrei. Ma grottesco che in Francia si debba affrontare un affaire
Heidegger, ogni dieci anni. Ciclicamente si sostiene che stata nascosta la compromissione di
Heidegger con il nazismo; ma una mistificazione. Il brutto libro di Victor Farias, pubblicato nel
1987 e dedicato a questo problema, non deve essere letto solo come un attacco contro il filosofo
tedesco ma anche contro Derrida, considerato come uno dei massimi esponenti dello heideggerismo
francese. I Quaderni neri aggravano la posizione di Heidegger non solo per il loro contenuto
antisemita ma per la loro collocazione nella successione dei volumi delle sue opere complete.

Facendoli stampare nellultima parte delle Gesamtausgabe Heidegger stesso ha contribuito


a nazificare per la posterit la sua opera che, invece, pu essere letta in unaltra luce. Ho toccato
questo problema in alcune pagine del mio libro riguardanti lantisemitismo di Heidegger che, tra
laltro, detestava Freud, perch sosteneva fosse il fondatore di un modo di pensiero, incompatibile
con quello dellessere, che tendeva a spiegare ogni cosa in termini puramente istintuali. Non credo
che la filosofia di Heidegger sia completamente indenne dalle sue scelte politiche, anche se, come ha
detto Derrida, la si pu leggere in un altro modo: a condizione farsi carico di questo problema
spaventoso.
Sta per terminare il 2015, lanno in cui il saggio freudiano sullinconscio ha compiuto un
secolo, segnando una svolta fondamentale nel sapere sulluomo. A suo parere, esistono
ancora, da un punto di vista teorico, margini di lavoro sul concetto di inconscio?
Sicuramente ce ne sono molti anche se non condivido alcuni di quelli al centro dellattuale dibattito
psicoanalitico. Penso, innanzitutto, alla questione dellinconscio originario, un oltre linconscio, che
sarebbe allorigine della psicosi; una prospettiva di ricerca che riconduce il dibattito sul trauma
e la seduzione infantile a uninterpretazione giustamente abbandonata da Freud. Credo si tratti di
una china pericolosa che ha condotto alcuni, come Jeffrey M. Masson negli Stati Uniti, a interpretare
tutti i traumi infantili come effetti di abusi di tipo sessuale. Un altro tipo di ricerca sullinconscio,
molto attuale, lo interpreta in senso neurologico e cognitivo tentando di trovare nei neuroni la
conferma di alcune ipotesi di Freud. Non credo sia una strada giusta perch si confrontano
indebitamente oggetti di studio appartenenti a ambiti completamente diversi: di certo non
possibile trovare la sede dellinconscio psicoanalitico nei neuroni.
2015 IL NUOVO MANIFESTO SOCIET COOP. EDITRICE

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