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POESIE MILANESI
DI

CARLO PORTA.

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CARLO PORTA
a Qllilano nel 1776. Studi dai esuiti i Qllonza e nei Seminario i
mandato nel 1 796 a Q)enezia, ove ebbe occasione i scrivere versi in dialetto veneziano, "tornato in patria, la lettura sopratutto el balestrieri lo indusse a scrivere nel dialetto proprio. Ee critiche
scurrili rivoltegli in un almanacco milanese da un parrucchiere, per poco non lo
distolsero dal poetare. Spos QJincenza ^prevosti, vedova branco. Ba sua discendenza vive ancora in QRilano. Illibato funzionario, fu negli ultimi anni cassiere
generale del QTZonte dello Stalo.
QUor il 5 gennaio 1821.
<77a<o

<JIlilano. ^Destinato agli impieghi, fa

POESIE MILANESI
DI

CARLO PORTA
Edizione falla

sollo gli auspici della

"Societ del

Giardino " per commemorare nel cenlenario della

morie

il

che ne

*Poeta,

ROMA
Edizioni a.

fu

Socio.

MILANO

Mondadori
1921

30
P7A17

M-1

PROPRIET LETTERARIA RISERVATA


I diritti di riproduzione e traduzione sono
riservati
la

per

paesi, compresi
Norvegia e
l'Olanda

tutti

Svezia,

la

Copyright by Casa Ed. A. Mondadori


1921

775978.

/Wk /wk J^k >'k /-/*>. -'^k ^'^ -^^ '''>>" ^ '"^ >" -^^

'PROEMIO
La

Sociei del Giardino {1 783-1921) con giusto orgoglio

annovera fra

appartenne dal

com'era

lizio,

suoi antichi

1808

al

doveroso,

piit

illustri soci

Carlo Porta, che

vi

1821. Volendo l' ultrasecolare sodacommemorare degnamente il grande

poeta milanese nell'anno centenario della sua morte, prescelse,


fra

le

Varie forme di onoranze, la pubblicazione delle sue opere.

Le
duto

il

poesie di Carlo Porta, dopo un secolo,

non hanno per-

fascino primitivo della bonaria arguzia

paesana, tanto

cara ai nostri

avi.

Una nuova

d'omaggio, parve la manifestazione


steriori

Per

piit

elevata e dignitosa, po-

avvenimenti mostrarono che fu anche la


il

centenario

come forma

loro pubblicazione se,

portiano

nostro

il

opportuna.

pili

mondo

letterario

era

nella pi viva attesa dell'edizione critica e storica delle opere

complete del Porta, promossa da Carlo Salvioni,


fessore di storia comparata delle lingue

condotta con intenti sistematici e


vatori.
si

Una

morte

prematura

scientifici,

tronc

il

valente pro-

il

classiche

neolatine,

e con metodi inno-

poderoso lavoro.

Ora

attende chi possa raccogliere la preziosa eredit, e colla do-

vuta preparazione, assolvere l'arduo compito.

Per questa

inattesa perdita,

edizioni delle opere portiane

il

centenario ci

intieramente

sorprese

esaurite.

Di

colle

fronte

del Giardino vieppi

a questa grave lacuna, la Societ

inco-

raggiata dalle circostanze, e sorretta anche dal Voto di egregi


e benemeriti cittadini, si accinse a pubblicare questa
zione, la quale se

non pretende di avere

pu

della desiderata edizione Salvioni,

nuova

edi-

intenti scientifici

gli

rispondere alle

tuttavia

giuste esigenze degli ammiratori del poeta.

Esclusa l'idea di compilare un'Antologia, prevalse


cetto

ristampare

di

stesso vvente

integralmente

con-

il

l'autore

riconobbe migliori, affidandone la pubblicazione

al Cherubini {Milano, Pirotta, 1817), e

Tommaso

che

quelle poesie,

Grossi, amico,

Porta, divulg nell'edizione del

1821 La
.

filologica di Francesco Cherubini, e

postume, che

le altre

ed erede

collaboratore

il

spirituale

del

competenza

specifica

gusto squisito del Grossi,

giustificano la preferenza data al testo

da

loro adottato.

Siccome per la riproduzione fedele delle due prime edizioni


avrebbe privato

lettori della

indubbiamente autentiche, ed

postume

meno

conoscenza di altre composizioni,


in

edizioni, nelle quali la

severa, cos

fu

parte

gi note attraverso le

censura

austriaca

era

stata

ritenuta opportuna anche la loro ristampa,

comprendendovi alcuni lavori d'occasione, che

il

Porta

scrisse

per

la ristretta cerchia dei suoi amici della Societ del Giardino, la-

vori che necessariamente non dovevano

Nella presente edizione per

la

mancare

in questo

volume.

prima volta indicata la

data cronologica di ciascuna poesia, dedotta dallo studio postumo


del Salvioni, edito l'anno

1920

ne//*Archivio storico lombardo,

sul quale richiamiamo l'attenzione di quanti volessero maggiori

schiarimenti in proposito.
L'illustrazione del testo Venne con illimitata fiducia affidata
alle intelligenti cure di persone competenti, quali

Reale

r/

Dott. Ettore

civico, esimii interpreti

Dott.

Marco

dino, quale
cittadine.

il

Prof. Carlo

Verga, direttore dell'Archivio storico

del pensiero portiano, coadiuvati dalfamico

Magistretti, gi storiografo della Societ del Giaraltro

studioso e diligente

indagatore

di

memorie

La

lellore

in

condizioni di

afferrare

senso delle voci usale dal poeta vernacolo,

senza

Jatti e indicazioni topografiche,

sali

il

impos-

quali sarebbe

le

illustra date,

cos

penetrare lo spirito delle allusioni, note ai contemporanei,

sibile

ma

della chiarezza,

sobriet delle loro noie, serza scapilo

come melte ogni

dopo un

inesplicabili

Non

secolo.

ultimo pregio della nuova edizione

il

glossario posto

volume; questo, che pu rappresentare un'appendice

in fine del

ai vocabolari del dialetto

indicando

milanese,

singole voci furono spiegale, offre


lettore l'intelligenza del testo,

il

ove

note

le

le

vantaggio di facilitare al

senza moltiplicare inutilmente

le

note illustrative, e aumentare la mole del volume.

Al

testo

facciamo precedere uno speciale studio

quale un nostro

socio,

letterarie, illustra

storico, nel

l'avvocalo Pietro Modini, senza pretese

rapporti del poeta colla Societ

dino, e, interprete dell'animo del Sodalizio,

zione dell'interessante

argomento tutta la

del giar-

reca nella

tratta-

devozione di lardi

amici e di convinti ammiratori.

Segue

magistrale lavoro "Milano

il

dovuto alla facile penna di E.

resca visione dell'ambiente, in cui visse

ardente fantasia spazi, per creare

poi

il

ai

tempi di Carlo Porta"

Verga, che

il

una

ci offre

suoi capolavori immortali.

Questa edizione quindi non avr

testo.

pitto-

poeta, e dove la sua

l'usata

prefazione, e cio quel compendio biografico, analitico, didattico,

oggi tanto

pili

importante, quanto pi

si

sono diffusi coU'amorc

agli studi, la ricerca e l'esame diretto dei documenti, lo spirilo

polemico degli

spondiamo

pu

scrittori,

lo spirito critico dei lettori.

chi ci chiedesse la ragione di questa voluta ammissione


che, in causa certo della difficile

essere sfuggito all'attenzione del pubblico che

ricorrenza la
scritti,

memoria

ri-

ora presente, non

nelF attuale

di Carlo Porta stala onorala piti cogli

che coi fatti e con l'opere.

Ci fu, vero,

il

voci autorevoli, che

coro delle buone laudi,

ma

non tacquero

pur non negando al Porla di aver toccalo

nella poesia dialettale

il

sommessamente

fastigio, vollero

riac-

cendere antiche accuse al poeta ed all'uomo, non perdonandogli

un suo genere d'arte

in

in cui eccelse,

la satira,

suo male-

il

volo scetticismo, la grossolana indifferenza, l'ostile irreligiosit,

che lo mettono al livello di un enciclopedista di seconda mano.

di deduzione in deduzione si arriv al dubbio che la religiosa

menzogna,

piet del suo fedele amico, con benevola


attribuito,

dopo

la

fama

figura morale, e rabberciarne la

In tema di Verismo e pornografa,


il

turpe e l'osceno,

gli

abbia

sua morte, versi non suoi per coreggerne la

quando siano

intento correttivo, possano o

a discutere se

si riprese

scritti

a scopo

no essere accolti

satirico

in arte.

con

N man-

carono polemiche sulla figura politica del poeta, sulla sua

sin-

cerit e coerenza.

Esaminare
impresa per
scientifico

e discutere questi gravi problemi, sarebbe

compilatori di un

che

libro,

un'ardua

non ha carattere

o polemico, e intende rimanere spassionato e obbiettivo.

Alcuni argomenti d'altronde, che potrebbero

costituire la prefa-

zione, entrano gi occasionalmente nel primo dei ricordati studi

dei nostri collaboratori.


seco dell'opera, se non

Nulla quindi

aumentiamo

su questioni abusate, che riteniamo

si toglie

al pregio intrn-

la

mole delle dissertazioni

in

gran parte giudicate e

risolte.

Carlo Porta non del resto di quelle figure


plesse, di cui la storia ci offre
c'

un uomo,

la cui figura

a grandi

morale

teraria possono essere accettate cos

terribili e

com-

intervalli l'esempio.

Se

e politica e la cui opera let-

come

sono, questi Carlo

Porta.

Come uomo,
buon
ci

cittadino,

s'egli

fu buon amico, buon padre

d famiglia,

buon amministratore del pubblico denaro, poco

dobbiamo curare se non fu anche un eroe. Un altro grande


non fu pi eroico d lui, e a questi nulla fu tolto o

scrittore

menomato

della sua

fama.

mentre la severa censura

costrn-

geva e dosava all'epgrafe del Porta lodi e dizione, all'epigrafe


le ceneri deU'altissimo poeta'

Pi che

Come

ebbe

tutti

difetti delle

un

buoni letterati ed

Modesto com'era,

sue ossa, nella

fatti,

artisti,

quanto a
il

poetastri,

Porta non

alla grandezza e all'immortalit

mai seriamente

tale,

verseggiare in vernacolo milanese

il

almanacchisti o barbieri, non a meravigliare se

della sua fama.

Come

sue qualit, difetti per ch'egli mai non

vivendo in un'epoca, in cui

avesse creduto

di

personifcatore

tipico

cur ne di moderare n di nascondere.

era comunissimo a

tempo,

Porta, quale irriducibile nemico

il

del classicismo, fu

un'arte, eminentemente realistica e rappresentativa.

si

il

a poco a poco mitigando e correggendo.

poeta, certo che

irrealt

Onorate

').

dioersil di valori, dioersit di fortuna, che

giustiziere, viene

delle

"

concedeva di fregiarsi del morxHo dariesco

dell'altro

buon

a cominciare dalla dispersione delle

che fu sua, parvero fino a un certo punto

citt

dargli ragione.

Incurante cosi degli obblighi che derivano dalla gloria, egli


forse nulla fece per imporsi freni, pose, atteggiamenti. Egli

scri-

veva dictante Deo, per creare, e pel bisogno di esprimere


Vero.

siccome

il

vero ha confini pi vasti del

facilmente comprendere come nel raggiungerlo,


tuto Varcare talora

mal

certi corrfini,

lecito,

si

il

pu

egli abbia po-

segnati dagli usi e dalla

morale.

Se talune
stesse,

di queste divagazioni, che non

essere riprovate
verit,

ed

escluse,

in

di sincerit, di efficacia,

trarre dallo studio diretto e

difetti di certe classi

La Upide che

compenso per quanti


quanta Jorza creativa

immediato del

geremo, quanta Jorza morale

I)

erano fine a s

com'egli confessa nell'umile sua lettera al figlio, possono

Il

tesori di

egli seppe

Vero, e anche, aggiurr-

Porta nella pittura dei vizi e

fu un grande, un eccezionale castigatore

copriva

la

tomba

di

V. Monti

ora collocata vicino

a quella del Porta nella cripta della rinnovata chiesa di S. Gregorio, dove

sono raccolti
soppressione

le

reti

dell'antico cimitero, dello stesso

ceneri del Porta andarono disperse.

nome, all'epoca della cui


di costumi, perch

il

10

giudizio e la condanna scaturivano

natu-

ralmente dalla stessa potenza rappresentativa della realt.

Nello smisurato campo


denze,

pi diverse, le

le

dell'arte possono entrare tutte le ten-

piti

Ed

opposte.

perci che noi,

ri-

nunciando a discussioni e confronti, accettiamo l'opera di Carlo

Porta

cos com',

allo stesso

rare l'arte grandiosa e

modo

che in pittura

si

pu ammi-

composta di Antonio Van T)yck, nelle

sue composizioni storiche e religiose, senza ripudiare

mirabile

il

verismo di T)avid Teniers, coi suoi angiporti, stamberghe, fiere,


taverne, botteghe, baccanali e mercati.

Liberi

quando

tutti di preferire

Fama ha

la

un genere d'arte ad un

consacrato

capolavori,

noi,

altro.

Ma

entrando in

quei santuari dell'arte, che sono chiese o musei, dobbiamo chinarci collo stesso rispetto davanti al Cristo schernito o ai ritratti

Spinola di

anche se

Van Dpc^, come davanti

alle

Kermesses di Teniers,

taluna di queste sorprendiamo figure nelle schiette

in

attitudini di chi faccia ^d'ogni libito licito^.

Per
mente

umani

la grande gioia degli spiriti

distribuito

suoi doni.

la natura

Il nostro patrimonio

ha

varia-

intellettuale

si arricchisce

per questa provvidenziale diversit di attitudini.

che

necessario

grandi ingegni seguano

alle loro naturali inclinazioni.

proposto
giocose

di scrivere

Quai

se

Carlo

si

abbandonino

Porta

si

fosse

Alessandro Manzoni poesie

inni sacri e

Per

il

Consiglio direttivo della Societ del Giardino

IL

PRESIDENTE

GIUSEPPE DE CAPITANI D'ARZAGO


Deputato

Milano.

15

Aprile

1921.

al

Parlamento.

ifcSfeiSHJSt****

CARLO PORTA
E LA SOCIET DEL GIARDINO

All'epoca di Carlo Porta fioriva in Milano la Societ del


Giardino, che contava allora gi molti anni di vita, essendo stata
fondata nel 1783. Un ragionier Francesco Bolchini aveva riunito
un piccolo gruppo di buoni ambrosiani, apf>artenenti alla minuta
borghesia ed al commercio, per esercitare lo sport semplice ed
igienico del giuoco delle boccie, allora molto diffuso non solo fra
le classi

popolari (come tuttora in Lombardia)

ma anche

fra

e benestanti. Era l'aureo periodo della patriarcale semplicit dei costumi e delle abitudini.
Le origini e le prime forme di vita della Societ furono
assai umili e modeste, di una semplicit quasi francescana. Il coritributo annuo era di uno scudo ai Milano. Le prime sedi venivano scelte presso osterie eccentriche o suburbane. La primissima
sede fu all'osteria della Stadera, a Porta Orientale, vicino al famigerato teatro dello stesso nome. Ai soci bastava un rustico giardino
anzi in origine il solo giardino, senz'altro ricovero, era l'elemento
indispensabile per le loro riunioni. Di qui la ragione del nome
un po' arcadico. La Societ del Giardino, che ebbe sempre a
le agiate

conservare.

sede della Societ non era fissa: era l'epoca


giardino veniva affittato nella primavera. Il
giuoco delle boccie e un mazzo di tarocchi era tutto il patrimonio sociale. Solo in via della Cavalchina la Societ, oltre a
questo possedette " numero 12 sedili liscati e un tavolino eguale ".
Come si vede, un vero lusso!

Fino

al

1791

la

delle sedi vaganti.

Un


Al

giungere

trentina di
glieva, e

Grande

dell'inverno

12

membri, disdiceva

la

Societ,

formata da circa una

contratto d'affitto

il

ma non

si

scio-

noto caff Cambiasi, di fronte al teatro


Scala), dove teneva la propria braser (cosi detta,
riuniva al

si

(la

dallo stare riuniti intorno al braciere) fino alla


cui s decideva la scelta della nuova sede.

buona

stagione, in

Nel 1791 la Societ ebbe finalmente, per quanto semplice,


una sede fissa a Porta Nuova, nello scomparso vicolo dei Ponzi,
ove prese in affitto un giardino e una camera, ed ove un inesorabile sgrammaticato locatore, che si firmava " Remiggio Imperatori " non mancava di dichiarare nelle ricevute d'affitto che il
mobiglio di detta stanza era di " sua esclusiva raggione e che
solo gli assami sono di raggione della Societ ", documenti che
illustrano ancora l'insigne modestia di quella Societ, che avrebbe
un giorno occupato il magnifico palazzo Spinola. E pare anche
che la Societ dividesse il giardino con una fabbrica di candele
di sego!

Eppure

v'era in

compenso

la gioia degli spiriti semplici,

aria

e il " silenzio verde " degli orti suburbani, e quei lunghi


e calmi pomeriggi estivi, e quei dolci tramonti lombardi, che
Stendhal (il futuro ospite ed amico della Societ del Giardino)

libera,

chiam i " suoi riposi spirituali ".


Essendo il numero dei soci andato aumentando, nel 1794 si
pens di trasportare la sede nel cuore della citt, in via Due Muri,
presso il Coperto dei Figini.
Da allora si inizia quella forma completa e dignitosa di vita,
che preludia al prossimo incremento, che si raggiunge col trasporto
casa allora Sangiuliani (ove ora
si trascorre un periodo breve,
ma meraviglioso di prosperit e di crescente fortuna dal 1 802 fino
all'acquisto e al definitivo installamento nello storico palazzo Spinola di via San Paolo (1819).
Ci fu dovuto all'aumentato numero dei soci, ai maggiori pro-

della sede
esiste

il

in via Clerici, nella

Banco Ambrosiano), dove

e
"
aggiunga che colla cessazione della " Nobile societ
che
il Giardino rimase per parecchi anni l'unico circolo milanese,
meritasse questo nome, fino alla ricostituzione, avvenuta pi tardi,

venti, alla migliorata organizzazione, all'affluire di soci influenti


facoltosi. Si

del

"

Circolo dei nobili

Ma

pi che tutto

".

ebbe un'eccezionale

influenza

il

periodo

fa-

Milano rimase
metropoli di un vasto conglomerato di territori,

stoso e febbrile dell'epoca napoleonica, nella quale

per alcuni anni


dove, malgrado

la
le

continue spogliazioni,

si

viveva, fra

il

turbinare

13

dei forestieri,

come

riella

pi spensierata gaiezza, vera

Bahylo minima,

fu allora definita.

Un grande testimonio di quel periodo fortunoso fu Carlo Porla,


tenace odiatore " di foresiee ". Egli chiese di far jmrte della
Societ del Giardino nel 808, e vi fu ammesso il giorno 8 Maggio,
su proposta del socio Cucchi.
Certamente il Porta contava dei vecchi amici in Societ, come
3uel Bolchini, che ne fu il fondatore e per quindici anni presiente; e siccome egli amava spesso visitare le osterie suburbane
e vi dedicava dei brindisi (alcuni rimasero famosi), dovette certo

il

aver conosciuto

le

eccentricne e rustiche sedi primitive di quelmezzo ai quali ritrovava il suo

l'accolta di autentici ambrosiani, in

buon ambiente nostrano, a

lui

tanto caro, e

da

lui

tanto

difeso

contro l'invadenza straniera.


Nella nuova sede di via Clerici, all'epoca della sua ammissione, il Porta trovava per la Societ radicalmente trasformata.
All'elemento originario un jx* democratico, era venuto a mescolarsi
e forse a sovrapporsi, per le ragioni ora ricordate, un elemento
pi scelto e aristocratico. Troviamo fra i soci d'allora un principe Falc, un Visconti, un Gallarati. Cogliati. Venino. Monticelli, Albrisi, Barni, Lechi, Manzi, Sormani, Tomielli, Silva-Ghirlanda, e molti

altri

dell'alta borghesia,

nomi

dell'aristocrazia

lombarda, misti ad

altri

del commercio, dell'arte.

trovarsi il Porta in questo ambiente? Da alcuni


che egli fosse un feroce odiatore dei nobili, come di
preti e frati. Ci non esalto. Egli era uno spietato flagellatore
dei vizi e delle debolezze di una casta, ma non un demolitore della
casta stessa. Che se nelle sue poesie usava volontieri il pi fiero
sarcasmo contro indegni ministri della Chiesa, noi vediamo, per
esempio nel Miserere, che mentre egli fustiga il poco edificante
contegno de " duu slrafusari de prel vicciurinait " nello stesso
tempo si professa credente e osservante; e che quando gli si
offriva l'occasione, sapeva lodare i sacerdoti onesti con espressioni inusitate di rispetto e di dolcezza, come nella pittura che
fa nella " guerra di pret " del buon " curat de San Sist. don

Come doveva

fu asserito

Fiiittuos

Lo

".

possiamo dire dei suoi rapporti colla nobilt. Alla rivoluzione francese aveva scosso nelle
sue solide basi alcune vecchie istituzioni, e molte idee erano considerate rancide e travolte, di fronte al soffio novatore che spirava d'oltralpe. Alcuni rappresentanti della casta nobiliare mal
sopportavano di dover rinunciare a privilegi indiscussi, e ad abistesso

l'epoca di cui parliamo,

tudini inveterate,

14

che accompagnavano spesso, insieme

coll'alterigia

atavica, la pi crassa ignoranza.


"

Era da questa

ridicola sopravivenza del passato

che

il

Porta

traeva le sue pi felici ispirazioni, per colpire a sangue in mirabili capolavori quei boriosi rappresentanti di una incorreggibile vaegli non era un demagogo sistematico. Anzi
nit di casta.

Ma

mode o tendenze che venisPur sapendo non essere strisciante e servile,


conserv sempre ottime relazioni con famiglie aristocratiche. In
Monte Napoleone alloggiava nel palazzo Taverna, ed era intimo
della nobile casa, come era amico dei Verri. Alcune sue poesie
sono dedicate a nobili famiglie milanesi. Ma nel medesimo tempo
quando voleva colpire persone, abitudini, costumi, era inesorabile.
non

si

sero

di

mostr mai molto tenero per


Francia.

Nelle invettive fu flerissimo, quasi brutale (vedere i versi contro


Don Carlo Verri in difesa del Bossi; il sonetto ^ sissignor, sur
marches, lu l' marches ") e nella pittura del mondo " di damazz "
e dei ^ damm de condizione fu inarrivabile.
Il Porta deve aver quindi conservato buoni rapporti con tutti
i
soci. Lo prova il fatto che quando egli, dopo molti anni, malato e ipocondriaco, si appart dalla Societ, e scrisse quella stupenda satira " El casin di andeghe " (che, come vedremo, era
la Societ del Giardino) colp in lungo e in largo i pi diversi
tipi di soci, ma non fece nessuna allusione a speciali difetti o

mende

nobilesche.

Si deve dedurre che

il

Porta abbia trascorso lietamente

gli

ultimi anni di sua vita nell'intima cerchia dei suoi nuovi amici, e

che

in

mezzo a

loro avr profuso

minuti tesori delle sue osser-

umorismo, delle sue arguzie, dell'inesauribile sua


vena poetica. Si sempre scritto che il Porta, mentre coi suoi
vazioni, del suo

di umore triste e melanconico.


questo deve essere in parte inesatto. Carlo Porta mor
di ancor giovane et per una malattia ereditaria, la podagra. Era
naturale che di mano in mano che il male faceva progressi, il suo
umore si andasse esacerbando. E quando scriveva quella " lettera
versi faceva ridere gli altri, era

Anche

a on ams

"

Sont staa

Cont
e,

descrivendo

in lece des d infilaa

la gotta in tutt

suoi poveri arti

duu

pee,

ammalati, concludeva che

arrivato
a fa compassion
Fina a on pret che viv d'esequi.

era

15

non poteva certamente essere allegro. Ma il fondo del suo carattere doveva essere gioviale. Anche quando era a Venezia, mandatovi dal padre nel 1 798, per fare gli " emarginati " all'imiicrialc
archivio di finanza, se la .spassava allegramente; anzi si era fatto
"
il
promotore di una societ di buontemponi, detta della " ganasso
(il

tutto un programma) che ebbe poi una degna sorella


Corte busonica " nella quale primeggiava Rossini, il prin-

nome

nella

"

cipe dei gaudenti.


Risulta qua e

l dagli stessi suoi scrtti che egli era amante


buona compagnia, della buona mensa e del buon vino.
Un uomo che scrive questi versi:

della

El mangia e bev

in santa

lbertaa.

mezz ai galantomen, ai amis


In temp d'inverno al cold, al frese d'estoa,
Diga cni voeur l' un guit cont i barbi*.
In

non pu essere un misantropo.


E lecito dunque credere, che almeno nei primi anni dopo la sua
ammissione, egli sia slato il buon amico, il ricercato compagno, l'in,

animatore dei ritrovi sociali. Lo prova il fatto che egli dedic


Societ una serie di poesie, che verremo ora esaminando.
Anche alla Societ del Giardino si risentiva l'influenza festaiuola della vita agitata e febbrile dell'epoca, e si stava allegri.
I
divertimenti principali erano allora i balli e i pranzi sociali.
Mi trattengo su quest'ultimo argomento, che diventa importante
per chi si interessa di studi portiani, da che l'esame del nostro
archivio ebbe a fare in proposito delle vere inattese rivelazioni,
permettendomi di sciogliere l'enigma su quel grottesco e apparentemente misterioso personaggio, che il Porta chiam col pomposo
nome orientale di kmett, e che gli ispir ben cinque fra le pi
comiche delle sue poesie minori.
1
soci del Giardino fino dalle origini avevano stabilito la geniale abitudine di indire periodicamente qualche modesta riunione
a pranzi o cene sociali, seguaci in questo dello Johnson, lo storico dei Clubs inglesi, che lasci scritto nelle sue Leggi conviviali che " il mangiare e il bere sono le due cose sulle quali la
maggioranza degli uomini sono d'accordo ".
i
primitivi giocatori di boccie si riunivano nella buona stagione
a ciel sereno, sotto i pergolati dei loro orti suburbani, intorno alle
telligcnle

alla nostra

rustiche tavole, rallegrate dal

buon

vino, dal

buon umore, e dal

jwderoso appetito.
In via Clerici questa abitudine fu conservata

e perfezionata,

16

pranzi sociali, in armonia anche alle mutate condizioni finanvennero assumendo una vera importanza.

ziarie,

Milanesi ebbero sempre fama di essere amanti della buona


Il tempo di cui parliamo era poi l'epoca del vivere largo
e grasso, conseguenza del lungo precedente periodo austriaco di
comoda pace, di prosperit e floridezza, che fece paragonare il
Milanese a un topo prigioniero in una forma di cacio.
Fra i pranzi e le cene che si tenevano lungo l'annata, aveva
un'eccezionale solennit il pranzo di capo d'anno. Il nostro archivio conserva un buon numero di conti saldati, dal 1802 al 18,
per le provviste delle "cibarie" fatte in queste occasioni. Sono
I

tavola.

liste

degne

di

un

trattato di Brillat-Savarin,

e danno una pallida

idea dei pantagruelici pasti di quei giocondi nostri avoli. Passano


sotto gli occhi le cose pi ghiotte e appetitose, e il tutto a prezzi
che oggi fanno sbalordire per la loro modicit.
Qui entra in scena la dramatis persona.

Era risaputo da tutti i lettori del Porta, perch ripetuto dai


commentatori, che Akmett era il capo-cameriere della Societ
del Giardino. E non si sapeva nulla di pi. Solo nel commento
a un sonetto si aggiungeva che, oltre essere addetto al Casino,
esercitava il mestiere di fabbricante di spazzole.
Ora ci permesso di identificare questo incerto e strano personaggio. Tutti i conti sopra ricordati erano firmati dal capo-cameriere, incaricato delle provviste, e delle spese di cui rilasciava
il saldo. Il suo nome Francesco
Configliach, e la sua firma
compare fino al 1816, nel qual anno venne licenziato. Le note
d'archivio ci spiegano anche come costui potesse accumulare le
due mansioni di capo- cameriere e di spazzolaio. In quell'epoca il
Circolo si apriva solo nel pomeriggio: nelle ore libere il Configliachi accudiva al suo modesto negozio.
Questo pover'uomo deve avere ispirata la fantasia e la piet
insieme del Porta. Quando questi entr a far parte della Societ,
il Configliachi confid forse subito sulla sua protezione, considerandolo un po' come '^so procurador^.
II Porta, che era uomo di buon
cuore, prese a ben volere
quel disgraziato, che, trascinava magra la vita, non tanto per lo
scarso stipendio che percepiva, quanto per le sue tristi condizioni
famigliari. Anzi lo prese a proteggere, perch trovava una certa
affinit fra la "bolletta" di lui, e quella d'un poeta.
Il Configliachi ebbe subito a constatare che fortuna fosse
Quella de daa

Che

spantega

el
i

nas in d'on poetta

sceu fatt colla trombetta.

17

E il Porta compose per lui quei


AktneH* che valevano ad ottenergli

notissimi sonetti baloccaci

dai soci pi

mancie per Natale e Ferragosto, e a far noti i "soeu fatt"


erano i temi obbligati, la sua miseria, l'affitto caro, l'esosit
padrone di casa, le spazzole che non fruttavano, la moglie
lifica, la casa piena di figli come una conigliera, i debiti, i

le

che
del
prosuoi

l'avvilimento, la fame.

logori,

abiti

de

abbondanti

AkmeU

in tocch come la porcellana.


Magher come el ritratt de nost Signor,
Strasciaa come
ttrvaj d'on sfrosador,
Pestaa come el lof d'ona puttana.
i

Si

d'un

pu descrivere con un'evidenza pi

uomo

scultoria

la

miseria

Il Porta non si stancava dall'assecondare le richieste di Akmett.


Probabilmente non tulli i sonetti scritti per lui vennero a conoscenza del pubblico. Una volta ne compose due, a disianza di
pochi giorni. Dopo aver scritto la sloccada per il Natale del 1813,
essendo andata male l'operazione natalizia, ne scrisse, forse improvvisando, un'altra, nella tradizionale cena di capo d'anno del
4,
nella qual occasione, per guarire Akmelt del "maa de borsa"
*

lo ripresenlava alla

In

un'altra

Circoncisione.
sloccada di Ferragosto,

anche dei suoi due

aiutanti in sottordine,

Akmett

parla

in

nome

per dare maggior espres-

sione allo sciorinamento delle miserie.


Il costante interessamento del Porta per queste umili creature
mostra la bont dell'animo suo, e la viva simpatia che gli aveva
destata la caratteristica figura del Configliachi.

Porta usava frequentare il Verziere, che egli chiamava


scaura de Icngua" e dove egli cercava i motivi per la
creazione delle sue macchiette immortali.
Chi sa quante volte vi avr incontrato il suo Akmett, intento
a bisticciarsi colle rubiconde e petulanti ortolane, e quante volte
forse saranno ritornati insieme, questi col suo carico di verdure,
e il poeta colla sua
11

la ^tera

tcorbetta

Caregada de tucc

Che terv e
Dan de solet
i

erudizion

recatlon
gratis ai poetta.


Perch

il

18

Configliachi fu chiamato

Akmett

ravigliarsene lui stesso nelle magnifiche quartine

d'Akmett^ dove

si

Il

primo a me-

^La

dicarazon

domanda

perch per cotnm


voruu nominamm come on can bracch.

Han

Certamente fu un estro del poeta.


Allora erano di moda i nomi orientali nella vita e nell'arte.
Alla Scala dominavano opere e balli di soggetto orientale, come
erano in uso le foggie orientali, fez e turbanti, negli abbigliamenti.
Anche questa era importazione francese originata sopratutto dalla
campagna napoleonica d'Egitto.
Akmett poteva essere il nome di un capo o personaggio egiziano, o di qualche Mammelucco, condotto da Napoleone a Milano, nel fantastico suo seguito, per le feste dell'incoronazione,
o fors'anche l'eroe di qualche dramma popolare, che allora furoreggiasse.
il Porta accenna a questa voga domiquando ricorda un inno arabo " Barak- Aba" allora tanto
diffuso, che il celebre Paganini lo prese poi a tema di variazioni.
Del resto nella "Diciarazion d' Akmett" sono elencate le ragioni di quello strano nomignolo, che potevano essere quelle di

In un'altra nota poesia

nante,

avere ^on ideja del gust orientaP o di avere l'abitudine


bev come on Turc^ o di possedere

De

quij

"f/e

on mostacc de pippa
pipp che se fabrega in Turchia,

de ^and in gippa^.
probabile che a suggerire la bizzarra idea al poeta
fosse in modo particolare la gippa, quella specie di stiffelius nero
(la stambulina) che usano ancor oggid i turchi della borghesia.
Qualcuno avr frse regalato al Configliachi una palandrana,
che con un fez, o una vecchia papalina rossa, avr finito per
dargli quel ridicolo aspetto di turco da strapazzo, e per farlo diventare un po' lo zimbello, lo "sgogna" di tutti, fors'anco dei
monelli della strada.
e

infine

Ma

Akmett mal

rassegna a portare quel nomignolo, e alla legche la sua famiglia sia scappata dalla Mecca,
perch fallita e in miseria. Sulla miseria non insiste.
turco
no! Si professa ^catolegb, apostolegh, e roman^ e conchiude:

genda

si

fatta correre

Ma

Poss prova a lutt el mond coi cart in man


sont nassuu e battezaa a Milan
Coli acqua del Fossaa che gira in Zecca.

Che

19

Quest'ultima quartina ci d un po' di biografa del Confgliachi.


Questi doveva probabiinente il posto che occupava al Giardino a un Giuseppe Fossati (uno dei pi vecchi soci, anzi uno
dei fondatori) che gli era stato padrino al fonte battesimale a
San Bartolomeo.
Per provare di essere cristiano, il Confgliachi accenna al suo
padrino, e scherza sul doppio senso della parola *Fossaa* (fossato. Fossati). E mentre dice letteralmente che egli fu benedetto
da vera acqua milanese, dal ^jossaa che gira in zecca''* (la roggia
Balossa scorreva vicino a San Bartolomeo e azionava le rodigini
della Zecca) allude anche al signor ^ Fossaa* che "gira" che
impiegato in Zecca. Il Fossati era infatti assaggiatore di metalli
ali imperiale regia Zecca di Milano.
Confgliachi aveva dunque oltre il Porta, un altro buon
Il
protettore alla Societ del Giardino. Questo spiega in parte il
perch, malgrado la sua sgraziata fgura, e la sua sciatteria, possa
aver durato tanti anni in servizio.
Ma la stella di Akmett, che l'umorismo del Porta ha paragonato a quella di Napoleone, sta per tramontare. Cogli anni
crescono i suoi bisogni e la sua miseria.
Nella ^ stocca Ja^ del 1814 egli si presenta ancora coi suoi

due

aiutanti,

la testa de
Di tata bisogn

In questo sonetto

Akmett ha

si

tutt

el

battajon

nasconde una malinconica

ironia.

Commissione interna,
che jarli in termini scherzosi e confdenziali, ma anche un po'
pretensiosi. Era l'anno del Congresso di Vienna, che si trascinava
in

lungo

fra

qui l'aria del capo di una

feste,

Akmett vuol

chiacchere e banchetti.

fare

come

congressisti.

chi el protetta a tucc che

Hin

Roi
Cio de pacci e bev e

Ai

de tucc

qui)

spali

so intenzion

belligerant
sta d'incant

(con soa licenza) d mincion,

e concludendo consiglia ai soci di arrendersi e di dargli colle


buone e all'amichevole quello che chiede.
Povero Akmett
Malgrado tutte queste proteste, e queste
buone intenzioni, il suo desiderio di star d'incanto era ancora ben
lontano dall'essere appagato. Il sonetto in cui egli descritto
I

20

come la porcellana" precisamente dell'agosto 1815.


suo canto del cigno.
Pare che del programma enunciato mettesse in esecuzione una
parte, non nuova, limitandosi al bere. Era un suo vizio, e lo confessa nella " Diciarazion ". Forse trovava nel bere quell'oblio dei
dolori, che da che mondo mondo l'uomo chiede al vino. Il
male fu che il vino era dei soci, i quali si accorsero che, a
conto del congresso di Vienna, andavano scomparendo bottiglie
di "Nibbiolo" e siccome non intendevano di passare per min"in toccli

fu

il

chioni, fecero capire al Confgliachi

che

non godeva pi

egli

la

loro fiducia.

La
il

crisi

scoppia

il

31

Maggio 1816. La Direzione,

doveva rispondere
raduna per "regolare

Confgliachi

statate, si

di piccole
il

disonest,

visto

ma

suo caso" e decidere

il

che
consuo

licenziamento.
Dall'arido verbale di seduta, dai conti

fatti

dal

Ragioniere

783 seguita ad essere il buon genio


della Societ) il Confgliachi risulta debitore di una certa somma,
e si accenna anche ad altre piccole mancanze, che pare consi(che era

il

Bolchini, che dal

stessero, oltre alla scomparsa di quelle bottiglie a lui affidate, in


qualche incasso di tasse di giuoco non versate, e persino in bottiglie vuote mancanti!
Il Confgliachi firma la sua dichiarazione di debito, e il bene" Sopra questi ristare. Ma il verbale chiude precisamente cos
sultati, la Direzione rispetto al debito del Confgliachi ha convenuto attesa la sua povert di condonarli il debito, quantunque
li sia stato abbonato tutto il mese corrente di salario, nonostante
l'aver dimesso il servizio dal giorno 9 stesso mese ".
:

Malgrado

la

probabile intercessione dei suoi due protettori,


il
servizio, e si ritira nella sua povera casa,

Akmett abbandona

per ricominciare a fabbricare debiti, spazzole e figli.


Cos scompare nell'ombra questa modesta figura d'uomo, su
cui il genio di un poeta ha gettato uno sprazzo di luce, che la
rende ancora viva e immortale vicino ai suoi maggiori fratelli,
Bongee e Marchionn.
Anzi si pu affermare che questa di Akmett fra le creazioni portiane una delle pi modeste, ma certo fra le pi umane.
Il Bongee e il Marchionn sono frutto puramente della fervida fantasia del poeta. Invece la figura di Akmett stata scolpita nel
tronco vivo della realt. Contiene quindi una profonda espressione
di verit e di sentimento umano. Sotto il povero abito logoro noi
vediamo oggi, come videro gli uomini della Direzione d'allora, il

gramo corpo macilento, e


turco intravediamo

induce

al

la

21

dietro

lazzi

e sotto

la

maschera del

smorfia del dolore e della sofferenza, che

perdono della colpa.

Si direbbe che colla scomparsa di

del

pi tormentati

poeta.

La

Akmett comincino

sua salute

declina.

Le

anni

gli

della

fitte

vanno attanadiando. Si accentuano le sue preoccupazioni


deve aver influito sul suo carattere, facendogli schivare gli umici, e rendendolo misantropo, nervoso, disuguale, insofferente. Questo spiega forse il perch non
abbia mai avuto cariche sociali al Giardino, dove pure doveva
contare numerosi estimatori ed amici. Ma anche i suoi rapporti
coi soci si andavano allentando, e senza che ci risulti che abbia
dato, le sue dimissioni, egli andava app>artandosi sempre pi.
E del 1818 la stupenda satira " / casin di Andeghe'. Se
guardiamo le edizioni portiane finora pubblicate con commenti,
dobbiamo constatare che tutti i commentatori si sono tramandati
la peregrina notizia che questo era un Circolo che esisteva in
via Andegari, e, a scanso d'equivoci, alcuni danno la precisa ubicazione della via, e t>cr poco non vi aggiungono una carta togotta lo

private e finanziarie. Tutto ci

pografica.

Si potrebbe credere che nessuno di quei commentatori fosse

milanese, se nessuno pens di dare alla parola

vero

significato,

degari,

non mai

Andeghe
pedante,

uno

della

via,

lasci

"

andeghe

'

il

anzich imaginare un ipotetico casino di via

suo

An-

esistilo.

nel dialetto milanese vuol dire

un uomo antiquato,

oarbogiot retrogrado, parruccone, codino,

forse

jierch

scomparsa famiglia Andegari, che diede il nome alla


nel popolo memoria di abitudini antiche, tenacemente

conservate.

Al

Porla parve che

stessero diventante "anfurono un po' sempre. La


loro caratteristica fu la " saggia moderazione ". Per dare un esempio,
quando l'invasione francese fece dilagare la sfrenata mania del
giuoco nelle case, nei caff, nei ridotti, tantoch dovette intervenire il Commissarialo di polizia francese, i soci del Giardino, come
risulta dall'archivio, invece di seguire la corrente, s'inalberarono
contro la facile ammissione di nuovi soci, per paura che potessero portare " un turbamento nelle abitudini sociali, specialmente
per quanto riguardava i giuochi *. Cosi si permettono solo i giochi
pi innocenti del mondo, e i soci sono " Tutt professor d'ombretto e de tarocch ". Cessata la gazzarra francese, e ripresa la
dominazione austriaca, anche alla Societ del Giardino si ritoma

deghe

".

suoi consoci

in parte era vero.

Anzi

lo

22

a una maggior severit di


segnato raccoglimento di
Prima conseguenza
pranzi sociali. Col

meno

diventano

che risponde del resto

abitudini,
tutti
il

languire

1818 cessano

al ras-

animi.

gli

frequenti. Si inizia

della

conti
il

geniale abitudine dei

delle

"cibarie".

balli

sistema settecentesco delle

conversazioni " serali, dei settimanali concerti, delle accademie


d'improvvisazione, allora tanto di moda, che persino alla Scala
si producevano i celebri improvvisatori Sgricci, Pistrucci e Fi"

danza.

Il

Dame non mancava mai di render conto


prendevano parte soci, dilettanti, artisti, ed
La famosa Giuseppina Grassini, l'amica di

Corriere delle

di questi ritrovi, a cui

anche vere celebrit.


Napoleone, l'idolo dell'Europa, ritiratasi a vita privata a Milano,
dopo il tramonto dell'epopea imperiale, ospite abituale del Giardino, prendendo larga parte, col Galli, il Banderali, l'Ambrosi,
la Trivulzi, ai suoi concerti.

forme delle vecchie accademie,


metodica, chiusa e uniforme doveva
spiacere al Porta, spirito irrequieto e bizzarro, odiatore sistematico
del classicismo, delle pedanterie, dell'accademismo, insomma del-

Questo parziale

ritorno alle

manierismo della

al

vita

andeghesmo ".
E dobbiamo a questo suo sentimento il " Casn di Andeghe ",
Se a taluni la satira pare un po' vibrata, ci dovuto a uno speciale stato d'animo e di salute del poeta, che da una parte l'avr

l'"

indotto a rendergli intollerabili certi difetti e inconvenienti clje


prima gli passavano inosservati; le leggi della satira, dall'altra, l'ob-

bligavano a esagerare

le

cose che voleva colpire, per

la

neces-

saria efficacia.

una

pittura magistrale quella

che

il

Porta fa dei

soci,

dell'ambiente in cui vivono.


La descrizione di quelle due stanze
mobiliaa alia carlona

che spuzzen de

vesc'ios,

de

nisciorn,

quatter gali che no spetta i settant'ann " che si bistics'insolentiscono, che fanno baccano da svegliare Elia e
Enoch, che russano d'estate sulle poltrone, che assediano il fuoco
d'inverno, che discutono di politica, che sputano, tossiscono, si
accapigliano, parteggiano per tedeschi o per francesi, sono veri
capolavori di verit e di evidenza. Tutti quei tipi sono ancora
oggi vivi e parlanti, tantoch nell'analogo svolgersi della vita sociale, ritornano talora al pensiero i mirabili versi della satira.

quei

"

ciano,

23

Che ' el casin d andeghc ' fosse la Societ del Giardino


non pu pi esservi ombra di duhbio, da che la Societ nel 1919,
centenario dell'acquisto dei palazzo Spinola cur
il
pubblicazione di un libro, che raccogliesse la storia del palazzo
e della Societ ').
In quell'occasione si dovette consultare minutamente il vecchio
archivio. Orbene il contratto d'investitura d'afftto nella casa San-

a festeggiare
la

dove

giuliani in via Clerici,


la

allora

risiedeva

descrizione esatta dei locali, proprio

la

Societ, ci offre

come sono

accennati nella

satira.
" do slam mohiliaa a la carlona, la scala orba, ona lobbia,
I
on cortin " corrispondono appuntino ai locali enumerati e descritti
nell'investitura. Gli ultimi due versi poi provano all'evidenza la

verit della nostra asserzione.

Ma

De

trovi ci da

San Michee se spazza e se fa pradega


on maetter de grainadega.

Qui il poeta allude al trasloco del San Michele 1618, in cui la


Societ doveva installarsi nella casa di via San Paolo, IO, dove
da tempo esisteva la scuola Patru-Fumagalli, allora assai nota in
Milano, coll'imponente

titolo classico di "

Accademia

d'istruzione

".

on maester de grammadega "


del Giardino cercavano alloggio di un umo-

Questo paragonare un'Accademia a

"

presso cui i soci


rismo inarrivabile.
Anche il successore di Akmelt ha il suo accenno nella satira. Ma il capo-cameriere allora in carica, scello chi sa di che et
veneranda, per averlo sobrio e fedele, degno di quei " quatler
gatt " ed chiamato " on vece de camerer ch'el par Simonna ".
Questi versi chiudono il ciclo delle poesie che il Porta scrisse
per la Societ del Giardino. E qui cade opportuno occuparci brevemente di un articolo postumo di Carlo Salvioni dal titolo " Le
date delle poesie milanesi di Carlo Porta " pubblicato nel fascicolo 15 Marzo u. s. dcW Archivio storico lombardo. In quello
studio critico il Salvioni elenca alcune poesie falsamente attribuite
al Porta, e cita i nomi dei presunti autori ( Tommaso Grossi, il
poeta Corio, Giuseppe Bernardoni) e mette fra queste il " Casin
di

Andeghe

".

Questo suo convincimento basato sul fatto che questa poesa


(che non un sonetto, come egli la chiama) non compresa
1) //

Palazzo spinola

la Societ del Giardino in

SCHETTI, P. MaDINI, M. MAGISTRETTI.

Milano. A.

BRU-

Arti Grafiche BertarelU, 1919.

24

nella raccolta degli autografi originali, nell'edizione del Cherubini,


in quella del Grossi, e nemmeno nel volume delle poesie Inedite.
Il

non figurare il " Casin de Andeghe " in nessuna di queste


non ha nessuna importanza, anzi trova una logica spie-

edizioni

gazione.

Le primitive edizioni curavano, ed era naturale, la pubblicazione delle poesie maggiori, e delle pi note. Le poesie minori,
dedicate ad amici, improvvisate, scritte per spasso, forse rilasciate
senza tenerne copia, probabile che fossero rimaste per qualche
tempo ignorate o trascurate. Solo pi tardi, riorganizzandosi le
pubblicazioni portiane, e crescendo la fama del poeta, si sar
pensato di rintracciare e raccogliere anche queste, facendone ricerche presso i possessori. Erano le piccole gemme, che completavano la grande collana.
Cos deve essere avvenuto del " Casin di andeghe " che
era dedicata a un amico, che si rivolgeva al poeta per esser proposto socio. Cosi deve essere avvenuto della prima " stoccada de
Akmett " del primo gennaio 1814, ^ Sdori, che scusen se el pover
Akmett " che non figura negH autografi poriiani, e nelle prime
edizioni, e che quindi il Salvioni avrebbe dovuto a rigore togliere
al Porta, ci che nessun ipercritico avrebbe osato fare.
Il dubbio sull'autenticit di alcune poesie citate dal Salvioni,
sorge per lui dalla fiacchezza del componimento. Il " Casin di andeghe " non pu per questo tradire una dubbia paternit, essendo
anzi una delle satire pi vibrate e salaci.
Del resto, ammettendo per un istante l'inammissibile ipotesi
che non sia il Porta l'autore del " Casin di andeghe " saremmo
curiosi di scorrere l'elenco dei soci del "nost Casin" del 1818,
per trovarvi un poeta capace di scrivere un simile capolavoro,
all'infuori del Grossi, del Corio e del Bernardoni, che non erano
soci.

non fu, come credettero alcuni, sdegnoso e sprezIl Porta


zante di natura: anzi, per una strana antitesi, il poeta satirico era
di animo mitissimo, modesto, servizievole, facile lodatore delle
opere altrui. Cos, quando gli si offriva l'occasione, non mancava
di fare accenno in sue poesie a persone che egli avvicinava in
Societ (c Roma, la Grassina). Alcune sue poesiole, inviti, ringraziamenti, sono certe dedicate a suoi amici del Giardino, compresa forse la citata " lettera a on amis ".
Il Porta fu invece un fiero odiatore dei " forestee ". I Francesi
sopratutto raccolsero la sua aperta antipatia, per la loro prepotenza, e per la loro

blague (e daj con sto chez nousl).

25

Di questa sua avversione abbiamo una prova

indiretta

ma

leggendo i diarii che Stendhal scrisse nel suo lungo soggiorno a Milano, dove lo richiamavano ragioni sentimentali. Stendh.al comincia il suo diario milanese nel 1816. Tutti i forestieri
residenti o di passaggio a Milano, ambivano di visitare le sale del
Giardino. Si dovettero stabilire norme speciali per regolarne l'ammissione. Il poeta francese, di natura insinuante e sentimentale,
non poteva mancare di penetrare nell'ambiente di moda, e si recava per la prima volta ad ammirare il salone da ballo (la sala
Arganini, che precedette l'attuale sala d'oro) corromp>endo il portiere, pi che colla mancia, colle sue buone maniere di francese,
e parlando un milanais serre (sic). Vi fu introdotto a mezzo di
una madame Marini, che egli cita poi fra le bellezze femminili
curiosa,

milanesi.

Nei suoi diarii dedica delle intere pagine alla Societ del
Giardino, descrivendone con entusiasmo lo splendore delle sale,
e la magnificenza delle feste. S'indugia spesso a elogiare le signore
" sorprendenti " e tra le dodici proclamate le pi belle (la Litta.
la Mainoni, la Ruga, la Ghirlanda, ecc.) colpito dalla grizia e
dallo spirito " la Narbonne " della signora 'Bibin Catena. Cita
tuiti gli
intrighi amorosi veri o supposti che si svolgono durante
le feste, coll'esattezza di una persona di casa. Fa i nomi delle
varie personalit che ha occasione d'incontrarvi (Romagnosi. Tommaso Grossi, Vincenzo Monti, lo scenografo Perego e altri). Sper
d'incontrarvi Alessandro Manzoni, che

(secondo lui) era tenuto


lontano dalle feste mondane dal suo bigottismo.
non dice
mai di avervi trovato il Porta, la cui fama egli conosce, come
pure le opere ("/e pote Carline Porta'') (sic).

Ma

Certamente

Porta deve aver schivato ogni possibile incontro


Eppure se avesse potuto leggere quei diarii,
pubblicati integralmente molti anni dopo, avrebbe trovato in Stendhal invertita la mania del chez-rous. Egli a Milano vede tutto
bello, tutto originale, tutto interessante, compresi i colonnati di
cui la citt avrebbe dovuto abbondare, e il parlare nel naso delle
signore dell'alta societ. Della Societ del Giardino poi decisamente entusiasta. Paragona il palazzo Spinola, recentemente
acquistato, al palazzo della Camera dei Pari, di Parigi; va in estasi
per la facciata, e trova che non " un mur piat " come le facciate dei palazzi parigini; arriva a dire che la nuova sala da ballo
del Giardino " pi vasta che la prima sala del museo del Louvre *.
Loda i soci perch, avendo speso " somme folli " per ornare le
loro sale, seppero conservare la vecchia patina al loro vecchio
il

col poeta francese.

26

palazzo, con grande gioia dei bottegai di via S. Paolo, tutti, secondo lui, artisti nell'anima, mentre a Parigi infuria la mania di

modernizzare l'antico.
Questi " ricchi negozianti " che sapevano circondarsi di tante
cose belle, rammentano a Stendhal i munifici e fastosi negozianti

buon tempo antico.


che certi stati d'animo predispongono all'ottimismo e
benevolenza. Fatto si che Stendhal si mostra innamorato

olandesi del

E
alla

vefro

di Milano, dei milanesi, e

sopratutto

delle

milanesi.

Qyando

si

pensa che la sua celebre frase, diventata popolare " La beaut


n'est jamais qu'une promesse du honheur " fu da lui scritta in
questi suoi diarii parlando delle signore ch'egli incontrava alla Societ del Giardino, facile capire la simpatia che gli destava
questo ritrovo, che gli riuniva promesse di jelidt a dozzine.
Se quindi solo col Porta tradisce una certa severit, quando
scrive, colla sua solita esagerazione, che i suoi sonetti " ne peuvent
pas tre cits devant les femmes " lo dobbiamo ascrivere forse
a un suo intimo risentimento, per vedersi sfuggito dal nostro poeta,
di cui in fine era ospite, mentre tutti lo adulavano e lo ricercavano,
e mentre egli si riteneva cos milanese, da illudersi di parlare lo
schietto vernacolo, fino

nei suoi

ad

inserire frasi dialettali, e di bassa lega,

diarii.

Tanto al Porta quanto alla Societ del Giardino fu mosso un


appunto, di cui utile occuparci ora, anche di sfuggita. Il Porta
fu tacciato d'incoerenza e d'insincerit, perch mentre nutriva personalmente questo sentimento di avversione agli stranieri, avesse,
non eroico

in questo, incensato

in

alcuni

suoi versi,

uno dopo

nuovi dominatori ed oppressori.


sua discolpa bisogna ricordare che alcune poesie, specialmente ostili all'Austria, si facevano circolare come opera sua. Ora
egli, che era carico di famiglia, che non era ricco, che aveva
apertamente dichiarato " Giuri vess grato a chi me d del pan "
mirava, scrivendo in senso contrario, a scongiurare il pericolo che
gli poteva venire da quelle pubblicazioni apocrife,
e difendere
cosi il suo pane. Non tutti hanno avuto la fierezza di Antonio
Scarpa e di Barnaba Oriani, che si dimisero dai loro uffici, per
non giurare odio al governo precedente.
bisogna anche aggiungere che quando si ricchi, o soli,
o indipendenti, il bel gesto, pur sempre nobile e lodevole, diventa
anche pi facile e spontaneo.
E notorio del resto che il risveglio delle coscienze si inizi
intorno al 1821. Fino allora la secolare dominazione straniera
l'altro,

Ma

27 -

aveva creato quella rassegnata apatia degli animi, che era torpore
delle coscienze. Nel vario succedersi di oppressori, crudele ironia,
pareva gi benigna sorte la speranza che la dominazione dell'ultimo fosse la meno peggiore. Qyesto triste stato di letargo, in cui
si

era adagiato

il

paese, fu espresso dal Porta, coi rudi

modi con-

ma

con dolorosi accenti di verit, nel


famoso sonetto * Paracar che scappee de Lombardia^ 'che dice
in pochi versi, e avuto riguardo al momento, quanto in prosieguo
di tempo, e a coscienze risvegliate, potr dire un inno eroico di
un bardo del Risorgimento.
Una mezza accusa fu mossa anche alla Societ del Giardino
di essere stata, durante la dominazione austriaca, troppo ossequiosa,
e quasi ligia alle autorit, e alla Corte austriaca, che ospitava
cessi alla

forma

dialettale,

largamente.

Le apparenze potrebbero
studio del nostro archivio

giustificare

non avesse

questo

appunto, se

rivelalo circostanze

che

lo

sfa-

tano quella leggenda.


L'Austria che temeva, ed ha ragione, tutte le forme di associazioni e conventicole, conoscendo l'influenza di un circolo come
il
nostro, col pretesto di dargli protezione e privilegi, gli impose
fra le cariche sociali un Delegato di polizia, scelto fra i soci,
spesso nel ceto nobile, e questi doveva intervenire a ogni seduta,
e porre il visto ai verbali. Era una forma ip>ocrita di ingerenza,
a cui non si poteva rispondere che con un'aperta ribellione. Obbedire, o sciogliersi: sottomettersi o dimettersi. Il dilemma era
duro, ma chiaro. Alla sola condizione che il Circolo si mantenesse apolitico, l'Austria ne tollerava l'esistenza.
Per malgrado la sorveglianza poliziesca, nel temp>o che intercede fra il Congresso di Vienna e i moli del *2 1 troviamo memoria che alla Societ del Giardino, fra i cui membri troviamo
gi nomi cari al patriottismo italiano, era letto e conservato il
,

Conciliatore.

Questo giornale

intenti letterari,

aveva

lo

bisettimanale, sotto le apparenze di


scopo di eccitare e di preparare il pros-

La lotta fra i romantici del Conciliatore


e i classici della austriacante Biblioteca italiana, diretta da Luigi
Zanoia, era qualche cosa di pi di una lotta letteraria, e fu appunto in questo campo che il Porta poteva impunemente sfogare
l'animo suo.
E vero che la Societ del Giardino accolse nelle sue splendide sale imperatori e imperatrici d'Austria, granduchi e granduchesse, ed ospit abitualmente, a cominciare da Radetzky, tutta
la gerarchia militare e civile austriaca, a cui certo non poteva
simo risveglio nazionale.

chiudere

le porte.

Ma

ossequio, quale fosse

28

sotto queste apparenze di deferenza e di


il

sentimento che aleggiava nell'ambiente

del Giardino, lasciamolo giudicare ancora da quel fine e minuzioso osservatore che fu Stendhal, e che poteva esser buon giudice, essendo stato per alcun

tempo nostro

famigliare.

Egli ebbe l'impressione che ci fosse un distacco fra la societ


milanese e l'elemento austriaco, e not che ai nostri grandi balli
gli ufficiali austriaci, eleganti e decorativi, cercavano d'insinuarsi,
e di rendersi utili ed amabili, ballando e sudando ^^comme des
le grandi dame dell'aristocrazia e della borghesia
portefaix^.

Ma

facevano circolo a parte, coi loro amici, nelle penembre discrete


delle sale " demi claires par des lampes d'albtre^. Erano
i preludi del Romanticismo.
Questo distacco si andava accentuando, di mano in mano che
ci si avvicinava al '48, arrivando fino all'episodio sconosciuto, perch tenuto gelosamente celato dalla Polizia, di una signorina Caimi,
che in un ballo del Febbraio 1846 ripetutamente si rifiut di
danzare con un figlio del Vicer, Arciduca Raineri
Aggiungeremo che dal 1847 si sospesero per alcuni anni le
grandi feste ad inviti, per evitare i contatti coll'elemento austriaco
e da recentissime ricerche ci risulta che nel '48 la Societ ebbe
a subire una perquisizione da parte della Polizia austriaca.
Cosi possiamo conchiudere che se la Societ del Giardino
non avesse saputo attraversare con accorgimento quel triste e
lungo periodo di servit, non potrebbe oggi vantarsi della sua
vita ultrasecolare, ne avrebbe potuto dopo il '59 aprire le sue
sale, accogliendo tre volte il Re liberatore, con storiche indimenticabili feste, che sono una fulgida prova del pi vero e schietto
!

patriottismo.

E cosi, per la leggendaria avvedutezza degli "andeghe" del


Porta che seppero superare difficolt politiche e finanziarie di ogni
maniera, oggi si pu affermare che la Societ del Giardino
forse il pi antico Club del mondo, fra gli esistenti. L'Inghilterra,
che fu ab antiquo madre di queste forme di associazione, e che
ne contava fino dal 1500, ha festeggiato teste il suo pi
il
Guards Club, la cui fondazione data
Giardino del 1783!
Questo antichissimo sodalizio ha tacitamente sentito gli obblighi morali che gli derivano da questa sua anzianit, in una
grande citt, come Milano. La sua vita si talmente innestata
nella vita cittadina, da essere ormai riconosciuto come una istitu-

antico Circolo esistente,


dal

1813.

Il

zione milanese.

come

tale

non

rifugg mai, nei limiti dei suoi

29

mezzi, di mettersi a capo di iniziative benefiche, patriottiche, artistiche, che la cittadinanza accolse sempre con benevolenza e
simpatia.

Ben a

ragione quindi

la

Societ del Giardino,

fiera

dei suoi

secolari ricordi, precipuo quello di aver ospitato per tanti anni il


sovrano dei poeti dialettali, si propose nell'anno centenario della

sua morte di celebrarne degnamente la memoria


zione delle sue opere.
Ci potr in parte concorrere a tributare quel
gio, che i Milanesi devono al loro grande poeta.
se le poesie del Porta furono sempre pi
sarlo

colla

pubblica-

doveroso omagBisogna confesche mai popolari, divulgate, lette, studiate, commentate, ripetute, passate a memoria, come la forma d'espressione pi spontanea dell'animo e
:

le classi, si pu invece affermare che la sua fama, lungo tutto un secolo, non fu circondata
da quel culto, quasi direi esteriore, che meritava il suo grande

del sentimento del popolo, di tutte

ingegno, e l'opera sua poderosa.

PIETRO MADINI.

A MILANO CON CARLO PORTA


L'attivit edilizia

ebbe un insigne

nostra Milano nel secolo

della

G. D.

XVII, che

che nel
avevano fatto sorgere
qua e l edifici monumentali, alterate le linee armoniche e severe
di quasi tutte le antiche chiese lombarde per ridurle con una stucchevole uniformit allo stile allora prediletto, ma non avevan
mutato l'aspetto generale della citt la quale all'aprirsi del secolo XIX non si presentava nel suo complesso diversa da quella
che era stata nei due secoli precedenti. Densa di fabbricati e
intersecata da una miriade di strade strette e tortuose entro l'antica cerchia medioevale dei navigli, respirava a pieni polmoni l'aria
secolo

XVIII

interprete in

Richini, e quella

fu dominata dal Piermarini,

libera tra questa cerchia e l'ampio anello dei bastioni: sei borghi,

prolungamento delle vie che dalla piazza del Duomo mettevano


si protendevano fra l'uno e l'altro
giro, ma limitati a due file di case fronteggianti la strada al di l
delle quali si stendevano ortaglie e campi seminati. Oltre la cinta
spagnuola campagna aperta, cosicch, stando sui bastioni un tempo

in

alle sei antiche porte principali,

deserti,

ma

sulla fine del secolo

XVIII

piantati d'alberi e ridotti

godeva un panorama superbo. Stendhal


amava percorrerli in sediolo e non si stancava d'ammirare la sottostante pianura che offriva dovunque l'aspetto d'una foresta densa
di fogliame sino a novembre, le magnifiche tinte di rosso e bistro
onde coloravasi nei placidi tramonti autunnali, lo spettacolo sublime delle Alpi che tra porta Nuova e porta Ticinese chiudevan
a deliziosa passeggiata,

l'orizzonte. Bella era

si

pur

la

taglie al di l delle quali

veduta verso l'interno sulla distesa d'orprofilava la citt e si ergevano cupole

si

31

sul bastione di
I punti pi pittoreschi, come quello
porta Tosa d'onde vedovasi la bella cupola di S. Maria della
Passione, eran ritrovo d'artisti nostrani e stranieri, e li Iroviam riprodotti in incisioni del tempo uscite p>erBno da officine ingled.

e campanili.

Milano era

pittoresca

anche

all'interno, in

particolar

modo

lungo il naviglio fiancheggiato in gran parte del suo percorso da vecchie case con lunghe, fiorite balconate di legno, da tettoie, da magaZ'
zini di legname e di pietre. Una bella litografia dell'Elena ci ha
conservato il ricordo del ponte di S. Vittore, un agglomeramento
di vecchie casupole di diversa altezza si che il tetto dell'una si
appoggia alla fronte dell'altra, tutte raggruppate intomo alla torre
dell'antica pusterla di S.

presenta

il

Ambrogio; una stampa inglese ci ra{>momenti di maggior

laghetto dell'ospedale dove, nei

concorso di barche in quel punto del naviglio, ne entravano alcune


[)er lasciar il passo alle sopravvenienti, e dove, per antico priviegio, la Fabbrica del Duomo scaricava i suoi marmi che dalla
cava di Gandoglia, pel Lago Maggiore, pel Ticino e pel naviglio,
venivano a Milano. Non men degna di pemiello e di bulino era
la sfilata di case con doppie file di loggie pensili in legno lungo
il
naviglio gi dal ponte de' Fabbri: guardatele nella mirabile
stampa del Galiiari. guardate in una delle magnifiche vedute
di Milano di Domenico Aspri le adiacenze del naviglio fuor di
porta Ticinese col caratteristico monumento presso al ponte del
canale di Pavia dedicato al Govenator di Milano Fuentes che
una grande epigrafe, inquadrata, non senza gusto, fra due marmoree sirene, vantava come autore del canale stesso, mentre
sotto il suo governo fu appena iniziato e attese per pi d'un
secolo la prosecuzione e il compimento. Pi indietro, al posto
dove sorse nel 1815 il bel propileo del Gagnola a ricordo della
pace conchiusa, l'Aspri ha ritratto i due rozzi capannoni che
servivano ai dazio, qui come in altre porte, prima che venissero
sostituiti da archi o da edifici monumentali come a porta Nuova,
a porta Comasina e a porta Orientale.

Facciamo un

giro per la citt e cominciamo dalla piazza del


era essa grande ne bella come oggi, ma aveva pure
il
suo fascino; i milanesi autentici osservano con compiacenza i
disegni e le stampe che la rappresentano.
nord il lungo fabbricato dei Figini col sottostante portico dagli archi a sesto acuto.

Duomo. Non

32

situato molto pi avanti dei portici attuali, sull'asse della prima


porta laterale del Duomo. Costrutto nel 1474, per conto di Pietro
Pigino, dal celebre Guiniforte Solari, non un secolo prima per
festeggiar le nozze di Gian Galeazzo Visconti come scrittori an-

e moderni sono andati ripetendo ignari dei documenti che


ne attestan l'origine, quel fabbricato era venuto col tempo deformandosi: all'infuori del portico che manteneva il carattere dell'arte
gotica originaria, aveva l'aspetto d'una volgare casa a tre piani,
pur pittoresca coi molti balconi in ferro adorni di fiori e le tende
variopinte sporgenti sulle ringhiere. Gli rispondeva a sud l'isolato
del Rebecchino anch'esso pi avanzato dei portici meridionali che
lo han sostituito nel 1873. Di fronte al Duomo case anche pi
modeste. In questo ambiente, tanto pi raccolto che in oggi, era
anche allora il centro della vita cittadina: negozi ben forniti, specialmente di mode, di libri, di profumerie trattorie rinomate come
la Fenice, caff eleganti: il Reale e quello del Commercio dal
lato del Rebecchino, quello celebre del Mazza in fondo al portico verso la corsia del Duomo. I negozi sotto il portico usavau
tener appendici di banchi coperti di tende sotto le ventidue arcate
tra una colonna e l'altra, che invadevano parte del suolo della
piazza e davano all'insieme una nota di gaiezza. In mezzo alla
tichi

piazza " la gran c del Romanin " cio la baracca dei burattini
intorno alla quale si affollavano cittadini grandi e piccoli.
vi
sostava da secoli nelle ore opportune: si racconta che Lodovico
Antonio Muratori, uscito dalla biblioteca Ambrosiana dopo lunghe
ore d'intenso studio, si soffermasse ogni sera in piazza del Duomo
ad ascoltare i lazzi di Pulcinella e d'Arlecchino, l'unico svago
forse che quel grand'uomo si concedesse. Il Duomo, tanto pi
imponente dacch lo si poteva osservare da una piazza non molto
ampia, non protendeva ancora verso il cielo la selva delle sue

mezzo in su
mattoni: solo nel 1812, come tutti
poleone, quel compimento che per
Dietro al fabbricato dei Figini,
guglie minori, e dal

del

Duomo,

correva

ostentava una fronte di rozzi


sanno, ebbe, per voler di Na-

aveva invano atteso.


prolungamento della corsia

secoli
in

la via- de' Borsinari detta, nell'ultimo tratto,

di Pescheria, che, traversata la via delle

un portone a sghembo

Mosche, immetteva per

piazza dei Mercanti: via piena di


botteghe e di gente: v'era quel caff dei Borsinari, nel sec. XVIII
ritrovo di letterati insigni, dove si narra che il Beccaria avesse
nella

sevizie contro un pover'uomo nominato Panegozio del libraio Dumoulard, e, poco pi gi, di
fronte agli scalini del Duomo soppressi nel 1818, la celebre tipo-

una volta trasceso a


della; v'era

il

--

33

il
negozio di Rosa Delfini modista di S. M. la
Regina. Dalla via delle Mosche, a sinistra, si andava agli Orefici
per la viuzza dell'Aquila dov'era il rinomato albergo omonimo,
ma era anche.... quella tal casa che andava a cercare il " collaron
del domm " della Alessa nauva dopo aver salutato la sura Pepp>a
"
la tentazione gli era venuta proprio " tra i Borsinee e el Rebecchin.
Dai Borsinari dipartivansi due anguste, oscure e tortuose strade,
S. Salvatore e i Due muri per le quali, attraverso l'area oggi occupata dalla Galleria Vittorio Emanuele e dai fabbricati adiacenti,
si andava a finire in S. Margherita.

grafia Silvestri, e

Andando
un gruppo

verso porta Orientale dietro al

Duomo

di casupole e di baracche, riprodotte in

si

una

vedeva

bella lito-

grafia dell'Elena; un continuo picchiettar di martelli avvertiva il


passante che l era il cantiere della Fabbrica dove abili marmorini
scolpivan le statue che popolano le guglie e i fianchi della catte-

drale e

marmorei merletti che ne incoronano

alla chiesetta

dell'Annunziata,

poi

Accanto
nuovo pa-

fastigi.

ricostruita entro

il

Fabbrica, elevavasi una torre munita d'un infallibile


Proseguendo per la corsia de' Servi, s'incontrava sull'angolo di S. Paolo la chiesa omonima, in Compito, ricordante
due cose alquante diverse: il celebre Giovanni Boltraffio. scolaro
di Leonardo, ivi sepolto, e.... il domicilio prescritto in quei dintorni dagli Statuti di Milano del secolo
alle prostitute:
lazzo

della

orologio.

XV

In Compedo San Poi


Che hanno al ben far

a
le

le

tosane

voglie malsane,

scriveva Betlin da Trezzo nel suo poemetto sulla peste del 1445.
Soppressa come chiesa nel 1808. fu dopo pochi anni demolita
per far posto al fabbricato ora esistente. Poco pi avanti si pre-

sentava un fianco della bella antica chiesa di S. Maria dei Servi,


gotica in origine, riformata sul solito stampo nel secolo XVII,
celebre per la musica eletta che vi si eseguiva: Stendhal vi an-

dava a

deliziarsi colle appassionate melodie di Mozart e di Rossini


magistralmente suonate sull'organo. Fu demolita insieme coll'adiacente ampio convento dei Serviti nel 1838: sull'area del convento
sorse il tempio di S. Carlo, e quella della chiesa costitu il piazzale.

34

Tra la via Durin e il naviglio la strada chiamata corso di


porta Orientale fu ribattezzata nel 1 798 col nome di corso della
Riconoscenza, riconoscenza s'intende verso la repubblica francese
per la libert conquistataci. Presso al naviglio si ergeva l'antica
porta della cinta medioevale, due grandi e massicci archi sui quali
la facile tolleranza delle autorit cittadine aveva lasciato alzare
una casa a due piani. Era senza dubbio uno sconcio e meritava
che l'opinione pubblica s'interessasse a farlo scomparire da un
quartiere gi a quel tempo destinato a diventare un dei pi belli
di Milano, ma l'autore della Lettera di un viaggiatore parigino
sul bello e sul brutto, sul buono e sul cattivo della citt di
Milano, pubblicata nel 1819 dal Silvestri, il quale dell'opinione
pubblica sembra essere su questo argomento il portavoce, con
quell'ignorante spregio dei monumenti antichi che gi verso la fine
del secolo XVIII aveva cominciato a sentenziare, condannava
anche i vetusti, venerandi archi; e non invano, che, proprio in

quell'anno, furon demoliti, e fu allora costruito il ponte nuovo,


opera senza dubbio commendevole dell'ingegner Ciancila.
Tra il naviglio e i bastioni questa, che come tutte le principali arterie della citt, prendeva il nome di borgo, cominci al
tempo del Porta ad assumer l'aspetto che ha tuttora. Fino allo
scorcio del secolo XVIII vi si entrava da una tettoia sorretta da
due pilastri, il dazio: lo percorreva per intero, scoperto, il canale
dell'acqualunga con ponticelli di legno ad intervalli; ai lati casuccie
meschine, e chiese, tra le altre quella dei Cappuccini colla piazzetta alberata davanti, quale la descrive il Manzoni nei Promessi
Sposi (soppressa nel 1812), e, dalla parte opposta, pi vicino al
dazio, la antica chiesa e il convento di S. Dionigi demoliti verso
il
785 quando si piant il giardino pubblico che ne invase l'area.
Famiglie patrizie scelsero questo borgo per fabbricarvi sontuosi
palazzi soppresso nel 1 784 il Conservatorio di S. Maria del Rosario, i Bovara costrussero a quel posto (architetto Soave) il loro
palazzo che nel periodo napoleonico divenne sede della Legazione
francese; poi il focoso repubblicano duca Galeazzo Serbelloni
cominci la costruzione del suo (Casa Busca-Sola), inaugurato si
pu dire da Bonaparte che vi fu ospitato nel 796 seguirono il
palazzo Saporiti ed altri parecchi. Pochi anni dopo la morte del
Porta, nel '28, venivano cominciati dall'architetto Vantini, i due
1

eleganti edifici d'ingresso alla citt.

35

Ai quartieri di porta Nuova si accedeva direttamente per la


contrada di S. Margherita dove Giovannin Bongee incapp nella
ronda. Dal portone di piazza Mercanti, adiacente al palazzo dei
Giureronsuili, procedeva essa diritta fino al teatro della Scala lambendo nelfultimo tratto Pantico monastero di S. Margherita, che
s'internava in buona parte dell'area occupata oggi dalla Galleria,
adibito nel
a carcere de' rispettabili cittadini milanesi presi
come ostaggi, trasformato quindi in caserma e divenuto da ultimo
sede della Prefettura di Polizia con quelle tali carceri dove Silvio
Pellico inizi la sua triste odissea, l-a contrada di S. Margherita,
dice Stendhal, potrebbe chiamarsi la via dei librai e degli stampatori; egli amava il dopo pranzo f>ercorrerla soffermandosi di
vetrina in vetrina ad ammirare le ultime novit dei famosi incisori
Anderloni e Garovaglia; vi aveva il suo negozio anche Anton
Fortunato Stella, il libraio editore che tanto impulso diede fra noi
a quest'arte, l'amico ed ospite di Giacomo Leopardi, e gi nei
1815 vi risiedeva il negozio di musica dei Ricordi.
Al di l della Polizia si apriva la stretta contrada del Marino,
quindi le case continuavano sulla stessa linea davanti al teatro
(la piazza fu aF>erta nel 1858) interrotte dalla via di S. Giovanni alle case rotte parallela alla prima. Il Teatro Grande, cosi
lo chiamavano, dominava, come un gigante fiancheggiato da pigmei, su modeste basse-case al principio della corsia del Giardino (via Manzoni) e su poco pi che rustiche capanne dall'altra
parte verso il teatro dei filodrammatici. Un'altra magnifica incisione di Domenico Aspri, del
790, ci presenta questa scena
che rimase immutata fin verso il 1831 quando fu costrutto il casino Ricordi. Nelle adiacenze del teatro eran diversi caff degni
di ricordo: quello dei virtuosi, di fronte all'atrio, rinomato pei
rosoli, forse il medesimo " del Cambias " dove Marchionn condusse
la Tetton il giorno infausto delle sue nozze
il
caff dell'Accademia sull'angolo della contrada del Marino, frequentato da Stendhal nel 1816; il caff Martini presso all'angolo delle Case rotte;
l'Albanclli sull'angolo verso i Filodrammatici dove un giorno Carlino Porla (lo chiamavan cosi, lo dice Stendhal) per liberarsi dalle
noiose insistenze della padrona, scrisse un madrigale sulla cassetta
del ferragosto esposta dai camerieri, ispirato a un doppio senso oltremodo licenzioso, madrigale che non figura nelle eaizioni ma sin1

7%

36

travvede in uno dei volumi manoscritti non ostanti le raschiature


praticatevi dal casto temperino di Monsignor Tosi.
Al di l del palazzo Marino, dov'ebbero sede durante l'Impero il Ministero delle finanze e dopo la restaurazione la Dogana
centrale, la piazzetta di S, Fedele molto angusta allora perch tra
la contrada del Marino e la chiesa ergevasi la casa abitata dal
Conte Prina, ministro delle finanze, demolita a furia di popolo
nell'aprile del 1814 dopo il massacro dell'infelice ministro. L'esistenza di questa casa spiega come i costruttori del palazzo Marino
ne abbian fatta la porta di fronte all'imbocco della via Agnello
anzich nel centro. Il fianco della casa del Prina sulla contrada
del Marino prospettava la casa Imbonati, che cedette poi il posto
al teatro Manzoni, dove il Conte Giuseppe Maria aveva fondato
ed aperto l'Accademia dei Trasformati.
Procedendo dalla Scala per la corsia del Giardino, dopo non
molti passi, vedevasi a sinistra, quasi di fronte alla via Morone,
la chiesa di S. Maria del Giardino, una delle pi vaste di Milano, d'una sola nave con immense arcate, fabbricata nel 1456,
sull'area degli antichi giardini dei Torriani, pei Padri minori riformati il cui convento estendevasi fin oltre l'area occupata ora
dalla via Romagnosi. Dal lato opposto fino ai Portoni era un succedersi di chiesiuole e di oratori che gi sui primi del secolo
cominciavano a sparire per far posto ai nuovi palazzi; e di fronte
alla via Spiga la chiesa e il monastero dell'Annunziata soppiantati parecchi anni dopo la morte del Porta dai palazzi d'Adda.
Appena oltrepassati i Portoni ecco la bella chiesa di S. Bartolomeo, antica, ma riformata dal Richini nel 1624, colla facciata
sulla strada lungo il naviglio e l'abside sull'imbocco della strada
Cavalchina che metteva ai bastioni (via Manin).

XIX

Chi

dalla Scala dirigevasi per S.

menti che

La

Giuseppe incontrava monutempi non ha risparmiato.

la furia demolitrice dei nostri

strada oggi chiamata del

Monte

di Piet dicevasi allora dei

ve n'erano ab antiquo: le Cappuccine di


S. Barbara, le Agostiniane, le Francescane di S. Chiara; tutti e tre
soppressi servivano al tempo del Porta ad usi profani: nella bella
tre monasteri,

che

tanti

chiesa delle Agostiniane, per esempio, funzionavano le scuole di

mutuo insegnamento patrocinate da Federigo Gonfalonieri. Al monumentale palazzo Cusani, ora del

Comando

militare, seguiva l'an-

37

tica chiesetta,

quindi

la

ntole

rivestita di belle

forme secentesche, di S. Eusebio,

del palazzo Medici eretto ne! secolo

moso G. Giacomo Medici,

XVI

dal fa-

Pio IV, con una severa


facciata dalle colonne sporgenti, dalle monumentali lesene, dall'elegante cornicione, rimasta a mezzo, e un sui>crbo cortile interno
con portico a colonne di marmo rosso. Allorch, dopo il *60, si
riformarono le adiacenze di Brera non si poteva dar compimento
a quella facciata ch'era pur opera egregia di un Vincenzo Seregni,
anzich demolir lutto l'edificio per far posto a un casamento volgare come quello che gli fu sostituito? Ma c' di peggio: proprio
fratello di

di fronte, adiacente al fianco del palazzo di Brera, era la chiesa


di S.

un

Maria

XIV,
marmo bianche

di Brera, l'antica chiesa degli Umiliati, del secolo

gioiello d'arte

figuratevi,

una facciata a

liste

di

e nere, un ricco portale gotico a colonnette e arabeschi scolpiti


sormontato da un elegante tabernacolo adorno di sculture di Balduccio da Pisa; nella lunetta del portale una Vergine col piccolo
Ges dipinta dal Bramantino; tre ordini di finestrelle bifore e trifore di delicatissimo lavoro!... S'era cominciato nel 1808 a sconvolgere la F>arte posteriore della chiesa per ampliare l'Accademia
di belle Arti, ma ne rimaneva intatta una buona parte, e l'aver
tutto demolito F>er aprir quell'insulsa piazzetta fu uno de' crimini
pi gravi contro i patrii monumenti perpetrati dai nostri per altri
rispetti pur sempre adorabili concittadini.
Pochi passi al di l delle due vie dei Fiori ci si trovava davanti alla puslerla della Brera del Guercio, un'altra delle antiche
pusterle della cinta medioevale, che Lodovico il Moro aveva ribattezzato col nome caro della sua consorte Beatrice: anche a
quest'arco come a quelli della porta Orientale era stalo, in tempi
pi recenti, imposto il carico d'una casa.

La piazza dei Mercanti conservava al tempo del Porta il suo


aspetto antico, e lo conserv per una cinquantina d'anni dopo la
lui fino a quando il troppo attivo piccone ambrosiano
s'adoper a sventrarla. Chiusa dai quattro lati da edifici, vi si entrava per cinque portoni, da Pescheria vecchia, da S. Margherita,
dai Fustagnari, angusta strada che veniva dal Cordusio, dalla
contrada de' Ratti e da quella de' Profumieri prolungamento del
Rebecchino. Qui immediatamente a destra del portone, un rozzo
andito metteva alla famosa, auitichissiraa osteria della Fopi>a, di

morte di

38

ragione un tempo del Comune che la appaltava


custodire i carcerali delle carceri pretorie. Questa
tico fro milanese, la sede del Gran Consiglio
delle principali magistrature, concentrava ricordi di
nostra storia e la

poteva ben rispettare. Tra

si

coll'obbligo di

piazza era l'andel Comune e


sei secoli della

palazzo della

il

Ragione e quel de* Giureconsulti (ora Camera di Commercio) era


un bel pozzo del Cinquecento, e li d'attorno il rendez-vous dei
preti vicciuritt, colleghi di fraa Condutt, sempre in attesa di
clienti.
i

La

nicchia d'onde ora la statua di S.

passanti era vuota

perch

fino al

796

Ambrogio benedice
un marmoreo

v'era stato

Filippo II, ma i nostri giacobini lo avevan fatto rotolare e mandatolo in pezzi. Il santo patrono milanese vi fu collocato dopo
la morte del Porta. La piazza dei Mercanti per pi secoli dimora
dei tribunali era sacra al Diritto: si capisce come al tempo del

blocco continentale sia stata scelta per abbruciarvi le merci inglesi


contrabbandate: il nostro Carlino, passandovi in un giorno di fal,
colpito dalla non tragica, no, ma piuttosto comica scena, la immortal in un saporito sonetto sciovinista e antibritannico.
Dal portone de' Ratti si andava allora, volendo, come si va
ora, alla biblioteca Ambrosiana, ma non si entrava come ora nella
piazza dominata dalla fronte della famosa libreria quest'area era
per intero occupata dalla grande chiesa di S. Maria della Rosa,
costrutta dai domenicani tra il 1480 e il 1490 e riformata all'interno, nello stile romano, nel 1574; bella chiesa adorna di stucchi,
e di pitture dei Fiammenghini. Chiusa nel 798, divenne la sede
di uno dei pi ardenti circoli repubblicani, tanto ardente e sfrenato che gli stessi generali francesi furon costretti a sopprimerlo.
Fu li che la figlia del chimico Semgiorgio, nella foga di una concione, offri la sua mano a chi le avesse portato la testa del Papa.
E da quegli scalmanati parti la parola d'ordine per la distruzione,
avvenuta in una sola notte, delle innumerevoli immagini sacre che
si incontravano ad ogni passo sui muri delle case, venerate dal
popolo e festeggiate con musiche, addobbi e luminarie.
Di l proseguendo per le straduccie menanti a porta Vercellina, quindi per la via denominata dalla chiesa e dal convento
delle Agostiniane di S. Agnese, si arrivava a S. Ambrogio. Chi
sa con quale animo il Porta avr assistito nel 1808 alla demolizione di una delle pi belle e grandi chiese di Milano, di S. Francesco, detto appunto grande perch era il maggior nostro tempio
dopo il Duomo. Chiesa a tre navate, costrutta dai Francescani nel
secolo XIII, con un campanile a piramide, il pi alto di Milano,
una magnifica sacrestia gotica, ricca di monumenti sepolcrali di
;

39

famiglie patrizie, tra i auali quello dei Biraghi. un capolavoro della


Rinascenza, opera del Bambaia. che and disperso e solo in parte
fu ridotto a salvamento dai Borromeo nella loro villa all'Isola
bella; la chiesa per la quale Leonardo da Vinci aveva dipinto la
sua Vergine delle rocce! E la si distrusse per erigere al suo posto
quel capolavoro d'architettura che e la caserma di S. Francesco!

Ambrogio si addensavano
frammezzate da muricciuoli. da orti dai quali
sormontava qualche pesco e qualche fico, dimore e delizie dei

Ai

lato destro della basilica di S.

allora catapecchie

venerandi canonici.

Verso porta Ticinese, o Marengo come la chiamarono tra il


1600 e il 1814, s'andava per una strada che, in seguito allargata,
divenne l'odierna via Torino; denommata per con pi nomi: si
cominciava dai Mercanti d'oro, si passava nei Pennacchiari, quindi
in contrada della lupa cosi detta da un antico ceffo di lupa, rozzamente intagliato nel marmo, che sporgeva dalla parete ai lato
sinistro della porta di S. Satiro; a sinistra il Malcantone, dove
abitava la Tetton e sostava sospirando " el pover Marchionn ", l'ingresso cio della contrada dei Nobili, oggi via Unione, cosi cliiamato dalla singoiar sua strettezj;a, ampliato, a tempo del Porta,
da un ricco e zelante cittadino che sacrific per amor civico una
porzion della sua casa. Si proseguiva per la corsia della Palla, e
all'angolo della via di questo nome si vedeva elevarsi un torrazzo,
e un altro torrazzo traforato da molte finestre a mo' di colombaio
all'angolo dei Piatti, avanzi delle antiche case dei Pusterla; e poi
per S. Giorgio al Palazzo, al Carrobbio.
Chi a* tempi del Porta si fosse trovato presso all'angolo della
Palla il 29 gennaio avrebb>e veduto presso l'immagine della Vergine che ancor oggi vi si trova, sebbene non al posto preciso
d'allora, un padiglione ornato di zendaline bianche e rosse, i colori civici, e gi gi tutto il corso fino a S. Lorenzo pavesato di
zendaline: e verso le quattro pomeridiane una folla di popolo,
accompagnata da bande musicali, raccogliersi intomo al padiglione,
quindi formarsi un corteo preceduto da un numeroso gruppo di
facchini un de' quali portava sulle spalle un otre ripieno d'olio.
Giunti alla chiesa tutta risplendente di ceri, i facchini consegnavan
l'otre al sacerdote mentre suH'altar maggiore si celebravan solen-

nemente
in

vespri.

Era

la

tradizionale festa dei

facchini

milanesi

onore del loro patrono S. Aquilino e a ricordo de' loro com-

40

pagni che un tempo pietosamente raccolsero

il

corpo del santo

trucidato dagli eretici nei pressi di quell'antica basilica.

Qui al Carrobbio, dopo aver dato un'occhiata al contorno pittoresco di vecchie case e alla torre dei malsani sull'angolo di
S. Sisto, cos chiamata per esservi stato vicino un ospitai dei cronici, e all'insegna dei tre scanni pendente sulla porta dell'antica
osteria,

e dopo aver spinto lo sguardo oltre

le

colonne fino

al-

l'arco di porta Ticinese, altra delle antiche"porte medioeyali, gra-

vata del solito carico d'una casa d'abitazione, possiam rievocare


qualche ricordo portiano: ammirando, per esempio lo spirito di

Giovannin Bongee che

si

prende giuoco della

"

"

ronda di crovatt

quando dichiara di star di casa al Carrobbio, al n. 808, numero


inesistente giacch la prima numerazione delle case di Milano fatta

786 assegnava a' questa localit i numeri dal 3455 al 3482


e dal 3500 al 3519. Sicuro, fino allo scorcio del secolo XVIII
le case di Milano non avevan numero e molte strade non avevan
nome. E come si faceva ad orientarsi? Chi, per modo d'esempio,
nel 1782 avesse voluto recarsi dal marchese Busca ignorandone
l'indirizzo, avrebbe preso il Servitore di piazza, un precursore
della Guida Savallo, uscito la prima volta, se non erro, in quell'anno, e vi avrebbe letto: "Busca marchese Lodovico, gi dal
ponte di porta Vercellina, la prima porta nobile alla sinistra, passata la strada che mette a San Vittore ".
Dal Carrobbio piegando per S. Vito, possiamo andar sul ponte
delle Pioppette ad assaggiare il vino dell' Antongina, il " rocca grimalda de quatordes boritt ", nella sua celebrata bottega al numero 3755, quindi alla Vetra de' Cittadini per osservare il brutto
ma pittoresco spettacolo di quelle case con doppie file di loggie
pensili in legno d'onde pendono ad asciugare le pelli dei conciatori che in quel luogo hanno il loro quartiere, dare un'occhiata,
non senza ribrezzo, al cancello di ferro presso la statua di S. Laz-

nel

zaro, delimitante lo spazio assegnato alle esecuzioni capitali,

dopo

di

che, nauseati dall'odor delle pelli conciate, ci affretteremo a var-

care

il

ponticello sul canale che, scoperto, percorre tutta la piazza

1) Questo,

il

canale Bergognone, e la Vettabbia dal ponte

delle

Piop-

molti canali*e cansono a questo tempo i superstiti fra


tarane che nei secoli precedenti scorrevano scoperti nell'interno della citt. II
corso odierno di Porta Vittoria non era al tempo del Porta che un canale,
allacciato al Naviglio, con una via per parte, strada alla Costa, a sinistra, e
strada di S. Prassede a destra, e un doppio filare di gelsi, convegno antico e

piette al bastione,

prediletto di lavandaie.

41

per tornare sul corso di porta Marengo. Da qui, rinunciando


a spingerci fino al " borg ai goss " (degli ortolani) dove, in piena
libert, si macellano all'aperto carni ovine e si tiene un graveolente mercato di vesciche e di gozzi, torniamo al Carrobbio
dove " Meneghin biroeu di ex monegh " ci invita a far una visita alle sue padrone: prendiamo con lui la stretta contrada di
S. Simone; davanti alla chiesa dei Santi Simone e Giuda ricordiamo il buon Ambrogio Taeggi che nella casa ad essa adiacente
fondo nel 1 549 il suo collegio d'educazione pei giovani, passiam
sotto alla pusterla dei Fabbri, ultima, delle antiche pusterle,

demo-

e dagli immemori " come li chiam il Romussi


quando pochi anni or sono si compi lo scempio, entriamo nella
strada di S. Vincenzo in prato e, passata la chiesa di * S. Caloss *,
poco prima d'arrivare all'antichissimo ospedale di S. Vincenzo che
fino al
780, quando furon trasportati alla Senavra, ospit i pazzi,
saliamo su dalle monache dove sentiremo leggere la lettera scritta
da monsignor Nuzzi a don Tobia.
lita

dagli

"

indotti

Per andare dalla piazza del Duomo a porta Romana, non


esistendo allora la via Carlo Alberto che in tempi a noi vicinissimi sfond un pieno di case, si percorrevano le strade, una in
proseguimento dell'altra, dei Cappellari, del Cappello e del Falcone
fino alla contrada chiamata dell'Uguaglianza al tempo repubblicano, poi dei Nobili (oggi Unione) d'onde si arrivava alla piazzetta di S. Giovanni in Conca. Piazzetta, non piazza perch allora la chiesa omonima era un bel tratto pi avanti che non sia
ora la ricostrutta chiesetta Valdese alla quale, riparando in certo

modo

il

danno

della distruzione,

si

applic la

della chiesa antica. Chiesa cara ai Visconti

facciata

dove

primitiva

fu sejxjlto Ber-

nab

nella bell'arca sormontata dalla statua equestre di lui. opera


egregia di maestri campionesi, ora conservala nel museo archeologico in Castello. Le sorgeva accanto un'alta torre, la quale, dopo

soppressione della chiesa (1808) e la sua destinazione a maGoverno ceduta al celebre dottor Pietro
Moscati, possessore d'un cospicuo gabinetto di fisica, che vi install un osservatorio astronomico.

la

gazzini governativi, fu dal

Poco pi avanti cominciava l'fmipio rettifilo del corso di


Romana. Carlo Porta in sua giovent pot vedere l'antica
presso

al

porta
porta

canale, la meglio conservata di tutte, adorna dei basso-

rilievi

rappresentanti

il

42

ritorno dei milanesi


"

struzione del Barbarossa e l'adiacente

in patria

torretta

",

cio

dopo

la di-

fortilizio

il

munito di torre merlata che aveva costrutto, ad uso di carceri,


Luchino Visconti, e ancora nel settecento aveva un aspetto tale
che il francese Lalande si dichiar sorpreso nel vedere un si bel
monumento destinato a prigione. Tutto fu demolito nel 793, per
ordine di Leopoldo II: questa voha i milanesi non hanno avuto
1

colpa. Anche da queste parti si ridestano ricordi portiani: gi dal


ponte, per la via di S. Calimero, Marchionn se n'andava col suo
mandolino al ballo del Battista in Quadronno dove incontr la

e al di l del ponte medesimo, lungo il corso, pasmonastero colla bella chiesa Richiniana di S, Lazzaro, conduceva " la capa de tucc i bolgironn " al vantato albergo della
Commenda dove intorno al fumante risotto furon combinate le
fatale Tetton,

sato

il

jssime
fatali

nozze.

II.

Come vivevano i centotrentamila abitanti che popolavan Milano al tempo di Carlo Porta? intendo di vita materiale, che, a
voler parlare di quella intellettuale, politica, economica, ci vorrebbe
altro che queste poche e frettolose pagine.
Durante il periodo napoleonico Milano ebbe senza dubbio un
grande sviluppo

edilizio:

patrizi,

vecchi ricchi, e

nuovi,

pe-

scicani venuti su fra gli intrighi della farraginosa e spregiudicata


politica giacobina de' primi anni e

polosi in tempi di continue guerre,

commerci pi o meno scrudiedero con insolita lena a

si

restaurar vecchie dimore, a fabbricar case e palazzi in quasi tutte


le principali strade; ne si arrestarono dopo la restaurazione continuando il commercio ad essere attivo e rimuneratore " on regorge de richesse ", scriveva Stendhal fra il 1816 e il 1818: "i
banchieri Ciani hanno guadagnato un milione sulle loro sete in
quindici giorni: tutti han guadagnato in proporzione avendo le sete
in modo straordinario aumentato a Londra ". Avere una bella casa
in citt, continuava l'illustre amico dell'Italia, per i milanesi aspirazione pi viva che l'aver milioni nel portafogli; far fabbricare
una casa la miglior patente di nobilt: la segreta ambizione di
tutti i cittadini di Milano costrurre una casa o almeno rinnovare
qualche facciata; i proprietari stessi passan gran parte del giorno
:

sui palchi delle fabbriche,

appassionati e

fieri

come

generali

in


procinto di dar battaglia.
Stendhal ricorda

edilizia

vano appena

finito

Tra

43

gli

altri

esempi di tanta prodigalit


che ave-

soci del Giardino, negozianti

di spender

somme

folli

per ornare l'antico pa-

dove avevan costrutto una sala


prima sala del Louvre '). Ammettiam

lazzo Spinola di recente acquistato

da

ballo pi bella

che

la

pure che un |X)' \h:t il suo costume deliziosamente ingenuo di trovar


unico al mondo tutto quanto gli piaceva, un po' perch innamorato di Milano, esageri alquanto. Un piccolo decreto di polizia
ordinante di raccomodare i balconi e di mettere mensole e altri
sostegni a quelli che avessero pi di sci pollici di sporgenza era
bastato a far ricostruire una met delle facciate di Milano: con
un altro pretesto si eran trasformate per due terzi le botteghe.
Ma, se nelle case della nobilt e della borghesia agiata si introducevano rapidi ed essenziali miglioramenti, la grande maggioranza non disponeva ancora di abitazioni comode, igieniche e confortevoli
basti citare le ritirate poste all'aperto in fondo alle loggie
pensili per lo pi di legno, e la mancanza dell'acqua nelle case
l'aver la ritirata e un pozzo in casa era una specie di privilegio;
:

Stendhal

(Rome, Napla

ti Florence, Pari, Levy, 1887, p. 26


1816, dice esplicitamente esser gA compiuti i lavori di
adattamento del palazzo, non solo, ma dcKrive minutamente una grande festa
datavi il 27 ottobre dello stesso 1816. Ma l'avv. Pietro Madini, in un suo

I)

e leg.)

Knvendo

nel

volume

palazzo Spinola e la Societ del Giardino


19 e seg.), colla scorta dei docup.
menti ufficiali conservati nell'archivio della Societ, dimostra che l'acquisto del
palazzo di via S. Paolo fu deciso nel giugno del 1818 e il trasloco dalla
vecchia sede di via Clerici fu effettuato nel settembre di quest'anno.
L'evidenza dei documenti fa subito pensare che Stendhal abbia sbagliato
la data, come certamente l'ha sbagliata quando, sotto il 29 novembre del 1816,
ricorda un ritrovo d'amici, presso l'oste Vieillard, al quale avrebbe preso parte
* l'aimable et courageux docteur Rasori ', giacch il Rasori si
trovava allora
in carcere, fin dal 3 dicembre del
8 4, e fu liberato solo il 9 marzo del 181 8.
Tutto si spiega considerando che la prima edizione del Rome, Naplea
et Florence fu pubblicata nel 1817, e la seconda del 1826, alla quale si attiene quella del 1887 da noi consultata, come un libro nuovo tanti sono
i
rimaneggiamenti e tante le aggiunte che hanno mutato non solo idee, giudizi e osservazioni ma linanco le date. I passi relativi alla festa del Giardino
e al Rasori non si trovano nella edizione del 1817 come ha potuto verificare
il sig.
Huet, bibliotecario della Nazionale di Parigi, che qui ringrazio per la
cortesia usatami. Stendhal li ha aggiunti nel '26, e, aggiungendoli, ha confuso
le date. Elssi vanno riferiti o alla fine del 1618, o ad un'altra delle successive dimore di lui in Milano.

studio pubblicato nel

a Milano, Milano,

Bertarelli,

//

1919,

44

quando il Porta vuol dar un'idea


di Meneghino dice:
Gh'han

La

el

bon

so

soa gesa

dalla

le scale

Tetton "su per

gh'han

livell,

monache

la pension....

arent volta el canton,

El so comed e

Abbondavan

dell'agiatezza delle ex

el

pozz denter de

l'uss.

Marchionn che corre


de legn", e Gicvannin Bongee che sente

di legno; ricordiamo
scal

In sui basi] de legn

Come

sarav on sciabol a solt;

persino un circolo come la Societ del Giardino dovette per


lunghi anni, finche non fu in grado di acquistare il lussuoso palazzo di S. Paolo, adattarsi in via Clerici a

do stanz mobiliaa a

la

carlona

che spuzzen de ves'cios, de nisciorin,


on gabinett capazz d'una persona,
ona scala orba, ona lobbia, on cortin.

La

cura della igiene pubblica stentava ad imporsi, se pur quals'era fatto dai tempi del Parini: ricordiamo:

che progresso

Al
L

il

pie dei gran palagi

fimo alto fermenta

di sali malvagi

Ammorba
Quivi

Da

l'aria
lari

lenta....

plebei

le spregiate crete

D'umor
Versan

fracidi e rei

fonti indiscrete....

Spenti animai, ridotti

Per

le

De

gii

Empion

frequenti vie.
aliti

corrotti

l'estivo die....

El boffacrusca de la c Brentana " ci rammenta l'uso di dar sfogo


immondizie delle case con canali d'immissione nelle vie: ad
impedire fino a un certo punto che gli scoli imbrattassero i passanti, venivan posti davanti agli sbocchi degli schermi di ferro.
"

alle

45

per lo pi in forma di maschere, come auello del palazzo Brentani sulla corsia del Giardino, sui quali sboccando l'acqua delle
scuderie a terreno, mista a crusca e a diverse porcherie, veniva
ribattuta contro il muro, mentre un fetido odor di letame usciva

da quelle aperture.
prendere quelle abitudini di
che noi giudichiamo indispensabili. La libera stampa dopo
invasione francese deplorava non lievi inconvenienti, l'uso, per
esempio, di tener buche di letame ne* cortili e nei sotterranei, e
quello specialmente di spander acqua dovunque senza riguardo:
* Milano
inondata d orina " scriveva il Qiornale senza titolo
del 21 luglio 1798; non si poteva fermarsi davanti ai negozi senza
essere appestati dal fetore, i dintorni dei caff ne erano allagati.
Lo stesso Porta ingenuamente confessa questo malanno nel Fraa
Diodatt:
I

cittadini stessi eron riluttanti a

Pulizia

Ve

sii

falli

mai imbattuu
l'ius

dopo

in

quai oitar

vesi sta a pissi....

Solo verso il 1816 si cominci a scavar canali sotterranei per lo


sfogo delle acque piovane e a munir le case di condotti di ferro
bianco che dai tetti ve le immettessero; Stendhal salut questa
novit come una delle poche benemerenze della Polizia " la quale

non pensava che

Ma

alla politica

".

c'era di peggio: la citata Le//era d'un viaggiatore parigino,

deplorava il gran numero di beccherie sparse in ogni angolo della


dove, in mancanza d'un pubblico macello, si scannavano alla
presenza di crocchi di ragazzi, buoi, mucche e vitelli senza neppure aver cura di lavare dopo l'operazione il pavimento dal sangue
e dallo sterco che vi si agglomeravano. E il parigino consigliava
d'imitare altre citt della stessa Italia, pur inferiori in tante altre
cose a Milano, come Mantova, Modena, Parma, Ferrara, che
tenevan tutte le beccherie riunite in un sol luogo, il pi nascosto;
oppur, se questo solo rimedio avesse potuto riuscir troppo discomodo in una citt grande come Milano, di stabilire in ogni circondario una o pi botteghe dove non si facesse che vendere la
carne macellata altrove.
Se non all'igiene erano infesti alla quiete gli innumerevoli macitt,

anche nelle vie pi frequentate, coH'abitudine di


durante la notte: si pensi qual disturbo doveva
recare il continuo martellar sulle incudini dalla mezzanotte all'alba !
giacche parliamo di quiete, rileviamo anche qualche altra osservaniscalchi, sparsi

foggiare

ferri

46

zione del solerte parigino: il gridio continuo degli artigiani e dei


venditori ambulanti fin dalle primissime ore del mattino; spaccalegna, cenciaiuoli, spazzacamini, calderai, lattivendoli, mungitori,
di capre, panettieri, dei quali ciascuna categoria aveva uno special
modo di chiamar gente, sempre strepitoso e molesto. La noia era
tuttavia compensata dalla nota vivace che costoro portavano nella
vita della strada co' loro costumi bizzarri e col carico delle attrezzature o delle pi svariate mercanzie. Ce ne ha tramandata l'immagine non molti anni dopo la morte del Porta il Locamo colla
sua bella serie di stampe popolari milanesi.
Sempre a proposito di molestie, il parigino ci d pi oltre
una notizia preziosa quando deplora il malvezzo di spinger cavalli
e carrozze a tropjx) rapido corso " per riparare a ci " egli soggiunge "venne nel dicembre del 1816 emanato un avviso della
Polizia dove era ricordato che anche il nuovo codice dei delitti
e delle gravi trasgressioni politiche punisce severamente coloro
:

che

permettono di spingere

si

cavalli oltre

il

piccolo trotto e di

correre rapidamente colle carrozze od a cavallo in luoghi aperti e


frequentati, ma la legge non si osserva ". Qyesta notizia ci d la
chiave per intendere un'allusione del Porta rimasta fin qui oscura

compreso il Barbiera che pur dichiara


tutti i commentatori,
d'aver fatto molte ricerche per spiegarla. Nella favoletta Ai caroccee e fiaccaree il poeta mirabilmente versifica l'antico paragone di Anacarsi fra la giustizia di questo mondo e le ragnatele
dove i piccoli moscerini restan presi mentre i " galavron " bucano

e passan

oltre,

quindi conclude:
Fiaccarista e vicciuritt

Che vee

foeura

de manera

Inanz batt qui gambaritt


Pense ai mosch e a la ragnera.

Ecco

spiegato

il

mistero:

gli

umili conduttori

di

vetture

private

o pubbliche correndo " foeura de manera " incapperanno nei rigori


del decreto, mentre i gran signori, anche correndo come fulmini,
troveranno
inspirata

Da

il

modo

di cavarsela. Probabilmente la poesia sar stata

da qualche contravvenzione.... signorile andata a vuoto.


non molto tempo, quando il Porta scriveva, i fiaccherai

avevano cominciato

funzione pubblica; ai
erano, verso il 1813, assestazioni: piazza del Tagliamento (Fontana),

esercitare

fiacres all'uso francese, a

gnate in

citt

nove

due

la

loro

cavalli,

di S. Dalmazio e di S. Giovanni
Ponte Vetro, Nirone di S. Francesco (o " Liron ", come

S. Babila,

piazze

in
lo

Conca,
chiama

47

Marchionn), via Cusani. Corso di porta Nuova e Vctra. Il popolo li chiamava la fiacca e se ne serviva nelle grandi occasioni'
il
giorno delle nozze di Marchionn:
tutt

La Tetton

per

Gi^

fiacca

Ona

la

fin

fiacca

la

era proni

prima in gran parada


in

strada

campagna e de

tutt

pont.

Un'altra istituzione era giovanissima quando il Porta scriveva,


pubblica. Prima del 1785 le vie di Milano non

rilluminazione

erano illuminate se non dalla luna, quando c'era, o dai lumicini


che SUI tabernacoli sparsi in gran numero per la citt accendeva
la devozione dei popolani. Milano ebbe la luce con un Cesareo
Reale dispaccio dell'ardito riformatore Giuseppe II, del 21 aprile

784, in seguito

che

al

quale

il

Comune

si

die subito a fare espe-

dell' '87

aveva messo in funzione


quattrocentonovanta lampade ad olio da una o pi fiamme, e verso
la (ine di quest'anno organizzato il servizio con una gerarchia di
funzionari tra i quali " el lampedee " vestito di bell'uniforme con
bottoni metallici, munito di scala e della cassetta coll'olio, lo stoppino e i " transilli ", pieno di baldanza per essere " regio impiegaa "
si da credersi il " padron " di Milano autorizzato a dar impunemente pizzicotti in parti delicate alle Barborine milanesi sul logrimenti

si

sul

principio

gione della Scala.

Le

convulsioni politiche e la presenza in Milano


de

quii prepotentoni

de francea

resero durante il periodo napoleonico assai precaria la sicurezza


pubblica; stormi di prostitute invasero la citt con tutto il loro
seguito di mala vita; passeggiavan baldanzose nel centro osten-

tando coccarde tricolori, il che fece scattar di sdegno Melchiorre


Gioia gi indispettito per la crescente corruzione. L'odio ffa i
soldati dell'esercito cisalpino e i soldati francesi divampava sovente
in sanguinose risse, le stesse guardie nazionali ne facevan d'ogni
colore e si dovette disarmarle; bande di delinquenti, accresciute
dai disertori, infestavano i dintorni immediati: spesso i viaggiatori
capitavano a Milano coi soli abiti che avevano in dosso muniti
di fogli di via cos concepiti: " noi, assassini di strada, dichiariamo

48

a chi spetta che la presente carrozza stata arrestata e derubata ", ecc., ecc. Ancora nel 1816 Stendhal osservava che ladri
e grassatori si incontravano a un tiro di fucile dalle mura, e i
fucili d'allora non tiravan lontano. Nei primi anni della restaurazione la delinquenza aument come sempre avviene dopo un periodo di guerre e di rivolgimenti civili, rimanendo 'un'agitazione
nelle infime classi le quali si sfogano con violenza e disordine
prima di adattarsi al nuovo assetto: Io sappiam noi per recente
esperienza.

Verso il 1820 si form una vera organizzazione di delinquenti,


compagnia della Teppa, cosi chiamata dal luogo prescelto per
le sue notturne conventicole su uno spalto del castello ricoperto
di quell'erba muscosa che nel dialetto milanese dicesi " teppa ".
Narra il Rovani che questa associazione di spavaldi turbatori
la

della

pubblica quiete

certo

modo

si

servizio

polizia nel '21

riabilit

negli ultimi anni mettendosi in

ma cosi non : la
un centinaio che mand

delle stte politiche:

ne fece una

retata d'oltre

a popolar le prigioni d'Ungheria; e da


pu dirsi spenta.

allora l'attivit della

Teppa

La vita nella nostra Milano era facile e gaia non solo durante
periodo napoleonico, ma anche dopo la restaurazione per chi
non avesse velleit politiche. Poco denaro bastava. Gli alloggi
vero, eran cari:
il

Cont

diceva Akmett,

il

che g'han su quel pocc ase

cameriere del Giardino, nel dar

Come
Ci era dovuto

ficc

se fa a tas senza

la

sua stoccata,

dane?

alla infesta istituzione dei subaffittuari;

proprie-

a un reficci,
il quale angariava a sua posta gli inquilini. Giovannin Bongee, colpito dal rumore del soldato che scende le scale di casa sua, crede
sulle* prime d'aver vicino l'ombra del
tari,

in generale per evitar fastidi, lasciavan la casa

condam
Ch'el compariss

De
e Akmett

quii

pocc ch'el

de c
a fa penitenza

reficci

insci

11

s' lolt

su la coscienza;

in altra stoccata si dice


pela del reficci

come ona

rana.

49

Ma

per compepso il vitto. pr la grande abbondanza di tutti


generi alimentari che la grassa Lombardia faceva convergere a
Milano, era a buon mercato. Stendhal, quand'era in fondi, andava

primi alberghi: durante la sua sosta all'Hotel de la Ville, nel


1802, pagava cinquanta soldi la camera, tre lire per il cavallo,
una lira per la colazione, sei per il pranzo. Con una lira e mezza
passava la sera alla Scala. S'intendono lire milanesi pari a settantasei centesimi di lira italiana. Con otto franchi al giorno,
quanti, in complesso, era in grado di spendere, villeggiava signorilmente in Tremezzina- Qyelle sei lire per il pranzo del 1802
dimostrano ch'ei ricercava allora cose prelibate f>erch avrebbe
forse potuto spenderne meno anche tenuto conto del forte rincaro verificatosi nei primi due anni del secolo. Alla Bella Venezia dove alloggi nel 1816 e nel 1827, altro albergo di prim'ordine, aveva un eccellente pranzo per tre franchi, e s che

ai

1816

prezzi delle derfamosa carestia in cui


un enorme rialzo.
Ho sott'occhio una preziosa lista di tra il 1810 e il 1820,
dell'Albergo del Marino, di prim'ordine, situato nella contrada
37 v' un'abbondanza di piatti da sbaloromonima al numero
dire: nove qualit di lessi, sedici di fritture, ventiquattro enirea
di polleria, sei entres di montone, ventuna di vitello, dieci di
il

fu l'anno della

rate subirono

selvaggina e lepre, sette di pasticci, trentasette entremets di verdura, frutta, uova e tartufi, ventidue di pasticceria, tredici arrosti,
I
prezzi vanno da un minimo di cinque a
un massimo di dieci soldi per le minestre; i piatti di cucina in
genere da dieci a quindici: pochi tra i quindici e la lira, e son
piatii delicati come laccetti fritti, anitra con funghi, carciofi alla
Prigaut, bodino con sabaione, a diciassette soldi; dalla lira in su:

dieci piatti di pesce.

bianche a piacere, 1,10; becal burro di gambero, 1,15;


crme soufHe, 1.05; arrosto di quaglie, 1,10; sono a due lire gli
arrosti di pollino (tacchino), di pernice e di pemicone; nessun
piatto al di sopra di due lire eccettuato l'arrosto di beccaccie che
a quattro. Vini: da quattordici a sedici soldi il boccale, conapreso il Nebbiolo d'Asti e il Gattinara; due lire il Nebbiolo vecfiletti

di pollo alla minuta,

caccine

al

salamino.

1,15;

trififole

cappone

2 una zaina d'aleatico. Bordeaux alla bottiglia lire 7,


Porto 6.10, Reno 9, Champagne 12. E siamo in
periodi di guerra e di dop>oguerra in cui i prezzi ebbero forti
oscillazioni e si mantennero bassi solo nei primi anni del regno

chio;

lire

I,

Borgogna

8.

dopo il 1812, in causa specialmente delle speculazioni determinate dai grandi apparecchi i^r la campagna di Russia, co-

italico;

50

minciarono a salire e il rialzo si acceler nel 1816-17: allora il frumento, disceso nel 1809 a 18 lire il quintale da 51 che era
anno carissimo, risali a 48, il pane da 25 centesimi al
80
nel
chilo a 61, il vino da 25 lire all'ettolitro a 47; la carne bovina
per altro oscill assai meno: da 86 centesimi al chilo nel 1801
non raggiunse che gli 89 nel 1816.
1

1 ,

Affluivano a Milano i forestieri non solo per ragioni di commercio ma anche perch ci si stava bene e c'era da divertirsi.
Ci che aumenta la ricchezza dei milanesi, scriveva Stendhal
nel 1818, l'incredibile assurdit delle leggi che si succedono
Milano
in Piemonte
tutti i ricchi vengono a respirare a Milano
:

una ricca repubblica data alle

e alla volutt.
Grande era naturalmente la frequenza di stranieri durante il
periodo napoleonico: un ottimo servizio diretto di diligenze era
stabilito fra Parigi e Milano: dieci giorni di viaggio per Ginevra
e il Sempione, per 1 70 lire. Era organizzato un buon servizio di
diligenze da Milano per Venezia ed Udine, lire 50 e 70, per Parigi-Calais-Londra, lire 281, per Marsiglia e Tolosa, lire 150 e
195, per Strasburgo-Lilla-Bruxelles, lire 166, 213, 236, Fin dal
secolo XVllI funzionava il corriere di Lindau per la Germania,
Nella contrada del Monte Napoleone, in casa Melzi, al numero
1299, era l'ufficio centrale delle diligenze. Le comunicazioni colla
Lombardia erano facilitate anche da servizi giornalieri di barche,
tirate da cavalli, lungo i canali, trasportanti persone e merci, per
Turbigo, Buffalora, Abbiategrasso lungo il Naviglio grande, per
Concesa, Vaprio, Gorgonzola, Cassano lungo quello della Martesana, per Pavia lungo il nuovo Naviglio.
Molti ed ottimi gli alberghi, numerosissime le osterie, come
allora si chiamavano nelle Guide gli alberghi di second'ordine, e
le trattorie. Nell'albergo della Citt (Ville), sulla Corsia dei Servi
al n. 607, rimesso a nuovo nel 1817, ogni camera aveva la sua
retrocamera e doppia uscita ad ogni " stanza da padroni " ne era
annessa una pel servitore ed una per la cameriera, nonch un
camerino con due condotti d'acqua " a tromba " all'uso inglese.
V'era servizio di carrozze di citt e grande scuderia, bagni " naturali, artificiali e medicati ", " officina da parrucchiere, da barbiere
e da fabbro ", dispensa di liquori e di caff. L'edificio fu poi
riformato nel 1848 dall'architetto Rovaglia che lo ridusse allo stato
infatti

arti

attuale. Altri alberghi

principali:

Romana

51

Angioli, Cappello,

Commenda

4591, frequentato nelle sere d'estate anche dalla societ elegante (Marchionn volle trattar la Tetton
proprio come una signora). Corona a S. Raffaele, Croce di Malta
sul corso di porta

al

n.

a S, Sepolcro, Due torri in S. Radegonda, Falcone, Gambero


in corsia dei Servi al 596, Imperiale nella contrada dell'albergo
Imperiale (via del Fieno), il gi ricordato Marino, il Pozzo dove
facevano stazione i vetturali di lungo corso della Francia e della
Germania, Reale e Tre Re nella contrada dei Tre alberghi, dei
Servi sulla corsia omonima al 599, S. Marco in contrada del Pesce,
infine il Reichmann prima sul corso di porta Romana, poi fusosi
colla Gran Brettagna (via Torino), illustrato da Enrico Heine che
vi alloggi nel 1828 e lo esalt nei suoi Reisebilder. Alcuni di
questi alberghi erano antichissimi il Falcone, il CapF>ello, il Pozzo,
il
Gambero, i Tre Re si trovano gi ricordati in documenti milanesi dei secoli XIV e XV. Tra quelli di second'ordine eran
pi accreditati l'Agnello, l'Angelo in via Pantano, il Biscione, la
Croce Rossa nella contrada omonima, i Due muri, le Due Spade
a porta Romana rimasto aperto fino a pochi anni or sono, la Fedelt nella contrada del Rebecchino, la gi ricordata Poppa, i
Tre scanni al Carrobbio, il Leone sulla corsia dei Servi, il Rebecchino, il Bettolino di pwrta Nuova alla Cavalchina, il S. Paolo,
:

il

S.

Michele che

esiste tuttora, la

Torre

Fenice sotto

di

Londra

in via

Ro-

coperto dei Figini, del


Gran teatro sull'angolo di via Caserotte, dell'Annunciata al terraggio di porta Nuova, la Ns fuori di porta Ticinese, lodata
dai preti del Miserere, e il Monte Taboi* a ridosso della porta
Romana di cui parleremo tra poco.
lo Stendhal nel 181
e alcuni anni dopo ne menziona una
speciale, molto reputata, tenuta da un francese, M. Vieillard. Madame Vieillard, una vecchietta " fort propre ", gi cameriera di
una dania francese venuta fra noi durante l'emigrazione, l'aveva
fatta diventar di moda colla sua vivacit e coi sap>oriti epigrammi
che rivolgeva ai suoi avventori. Stendhal narra d'un delizioso piqu
nique fatto presso i Vieillard da una brigata di signore e signori
tra i quali era anche " l'amabile e coraggioso " dottor Rasori.
vello.

fra le trattorie la

Ma

il

Numerosi
caff: gi ne abbiamo ricordati alcuni: il pi rinomalo era quello dei Servi sull'angolo tra la corsia e la via Pasquirolo: vi si serviva un caff- paner che ha avuto l'onore di
essere immortalato in una delle migliori opere di Stendhal. Verso
la mezzanotte, dopo il teatro, usavano recar\'isi
signori eleganti
a prendere il gelato: vi convenivano anche artisti a recitar gustose
i

52

poesie fra crocchi d'avventori e di camerieri. Probabilmente fra


poesie meneghine di Carlino Porta;
Stendhal se le faceva leggere, godeva un mondo nell'ascoltare le
questi crocchi correvan le

Giovannin Bongee contro "quei prepotentoni de frances",


che ad ogni passo compiacevasi di lanciar frecciate a' suoi
compatrioti e di far risaltare la loro inferiorit in tutto quello, e
non era poco, che ammirava in Italia. Egli lodava sopratutto l'arte
portiana nel dipingere i nobili fatui e pretenziosi, proclamava il
invettive di

egli

sonetto

El

di

d'incceu

cosa pi perfetta scritta in Italia


le poesie del Monti. Ricordando
il sonetto In
mori del pttor Boss, chiama il Bossi " fat celebre
qui passe ic pour un grand'homme ", e qui non siam d'accofdo col
grande scrittore francese, anzi ci meravigliamo come abbia potuto
pronunciare un simile giudizio. Se non un grand'uomo nel senso
pi ampio della parola, il Bossi fu uno spirito eletto, degno della
sua fama.
Un curioso genere di ritrovi che pu essere classificalo fra i
caff erano il Vauxall e il Monte Tabor. Il Vauxall, d'origine
inglese come dice il nome, fu importato a Milano dal veneziano
Giuseppe Fossati nel 1778: consisteva in un passeggio di persone
a piedi entro un recinto lungo la via Marina flancheggiante i boschetti, ben illuminato, disposto a padiglioni verdi e giardinetti con
sedili, allietato da musiche, da balli e da fuochi artificiali, e provvisto di spacci di bibite e tabacchi, di negozi di commestibili e
minutaglie. Dur molto tempo e ancora nel 1824 la Gazzella d
Milano ne parlava come di ritrovo favorito dal pubblico milanese.
Lo menziona il Porta adoperandolo come termine di paragone per
dar un'idea dell'andirivieni in casa della Tetlon:
')

la

da cinquant'anni solo eccettuando

soldaa, ruffian, pattr

Can borian pusse che on


La c l'va on faxall
.

Qualche cosa

pori de mar;
^

di simile risorto ai giorni nostri presso l'albergo

Diana.

I)

Di questo

preteso sonetto lo Stendhal cita qualche verso:

L'era una noce di pu indiaMola


Scur come in bocca al lff

el

p ver meret che

con quel che segue: onde risulta evidente


che allora si credeva opera del Porta.

l'

minga don

trattarsi della

Prineide di T. Grossi,

53

Monte Tabor, adiacente alla porta Romana, un


venuto dalla Russia verso il 1810, traendo profitto dagli accidenti di giacitura in quella parte del bastione, impiant le cosi
dette montagne russe, col praticare una discesa precipitosa di centocinauanta passi pavimentata in legno liscio con solchi paralleli nei
quali scorrevan rotelle in ferro portanti una seggiola in forma di
slitta per una sola persona, o anche per due quando luna sedesse
in grembo all'altra. Il nuovo divertimento fece, come suol dirsi,
furore; non solo vi si affollava il popolo, ma vi accorreva anche
l'aristocrazia e nelle giornate di giugno tale era il concorso che
dal ponce alla porta le carrozze dovevano procedere lentissime e
di tratto in tratto fermarsi. Con cinquanta centesimi si pagava l'ingresso e tre corse, e l'impresario fece vistosi guadagni. Vi andavan i)ersino il Vicer del Lombardo Veneto e la Viceregina,
la quale deliziava il pubblico con le sue slittate mettendo in mostra ammiratissime gambe.
All'osteria del

tale

Nei primi anni del periodo napoleonico i milanesi interruppero


o modificarono molte delle loro abitudini di vita, e interrotto fu
probabilmente quel corso di carrozze cosi famoso di cui parlano
con calda ammirazione tutti i viaggiatori stranieri che sostarono
in Milano nei secoli XVII e XVIII: quell'interminabile sfilata di
lussuosi equipaggi perpetuante la tradizione di un costume importato fra noi dagli spagnuoli, doveva muoversi a disagio tra le raffiche del vento repubblicano, ma stabilito l'impero, quando l'aristocrazia antica e nuova e la ricca borghesia gareggiaron nel far
di Milano una capitale fastosa quale non era pi stata da Lodovico il Moro in poi, il corso dovette riprender voga. Chiuso colla
restaurazione un periodo cosi denso di emozioni, la vita cittadina
si raccolse in manifestazioni forse meno chiassose, ma non rinunci
agli svaghi,

che anzi se

dov'era possibile
stretti

circoli di

le

l'aristocrazia conservatrice riprendeva fin

abitudini d'avanti

il

1796 chiudendosi

in

ri-

famiglia fra le partite a tarocco e le pratiche pi

o men disinteressate

di beneficenza

delle

dame

del biscottino

marchesine ospiti di Don Pasqual, quella


pi liberale, non consentendole il nuovo regime di interessarsi ad
alcuna questione sociale o politica, divenne anche pi spensierata
e gaudente. E il corso, dopo il teatro, fu tra gli svaghi preferiti.
delle Sussista

come

le

54

XVII

e sul primi del XVIII s'era fatto intorno


pass sul corso di Porta Romana fino alla Gamboloita, quindi lungo la bella via Marina fiancheggiata di pioppi,
da ultimo, dopo la costruzione dei giardini pubblici verso porta
Orientale (1788), si svolse lungo i bastioni di questa porla d'onde
si godeva verso l'esterno uno splendido panorama della boscosa
pianura e verso l'interno si dominavan le belle praterie dei Kramer,
fino alle macchie d'alberi della villa Belgioioso al di la dei quali
si vedeva profilarsi sullo sfondo azzurro del cielo la maggior guglia del Duomo. In estate, narra Stendhal, dopo pranzo, all'y^ve
Maria, e d'inverno prima di pranzo dalle due alle quattro, tutte
le carrozze signorili della citt, e i giovani eleganti a cavallo, si
ritrovan sul corso. Dopo un po' di movimento le vetture si fer-

Nel secolo

al Castello, poi

mano per una mezz'ora (secondo l'uso antico che tanto stup madame de Boccage nel 763) son quattro file di vetture ferme ai
1

mezzo due altre file concammino. II tutto regolato da dodici ussari austriaci.
La sosta una specie di rivista: le carrozze delle signore giovani
son contornate da giovinotti eleganti le signore attempate fanno
una curiosa conversazione coi servitori che stanno alla portiera
pronti ad aprirla quand'esse voglian fare qualche passo a piedi,
il che awien di rado. La domenica tutto il popolo accorre a veder
la sfilata de* suoi nobili ed fiero dell'immenso numero di carrozze che vi prendon parte. Dopo il corso, d'estate, uso fermarsi al caff dei Servi a prendere il gelato poi, dopo una brevissima sosta in casa, si va alla Scala. Ai giardini, continua Stendhal nelle sue note del 1816, ottanta musicanti d'un reggimento
tedesco suonano in modo perfetto i pi bei pezzi di Mozart e
d'" un giovane chiamato Rossini ".
due

lati

tinuano

della larga allea, e frattanto nel

il

Occorrerebbe un volume per descrivere le feste pubbliche nel


periodo napoleonico il pi festaiuolo che la cronistoria milanese
ricordi. Ogni occasione era buona nei primi anni repubblicani per
affermazioni patriottiche, ben sovente clamorose e di cattivo gusto
come il famoso ballo del Papa alla Scala, e negli anni dell'Impero per l'esaltazione del grande monarca: luminarie, fuochi d'artificio, banchetti, corse di bighe all'Arena, balli e cantate allegoriche nei teatri, spesse volte con ingresso gratuito a tutto il popolo e quindi con indescrivibile baraonda. Ricordiamo alcune delle
feste pi caratteristiche
per l'elezione di Francesco Melzi a Vi;

55

cepresidente della repubblica italiana; nel febbraio del 1802 grande


spettacolo alla Scala illuminata ' a giorno ', ricevimento in casa di

madama Landi Somaglia dove Ugo Foscolo

lesse

il

suo panegi'

marzo solenne ricevimento nell'ex


tremila persone con le sale adorne di

rico a Bonaparle; la sera del 3

palazzo ducale a pi di

contemporanei; grande festa


dove, secondo il gusto dominante,
eransi eretti edifici monumentali di cartapesta sovraccarichi di decorazioni allegoriche. Chi vuol saperne di pi scorra i giornali e
le numerose incisioni del tempo. Festeggiamenti strepitosi per l'incoronazione di Napoleone allegrezze indicibili per la nascita del
bassorilievi allegorici allusivi agli eventi

popolare

ai

giardini pubblici

Re

Roma

di

compiuta
la

la

accresciute dalla soddisfazione di veder finalmente

facciata del

Duomo

scoperta appunto in quel giorno

cattedrale folgoreggi di migliaia di fiaccole e di lampioncini,

guizz un'imponente composizione di fuochi artificiali rappresentante lo zodiaco e l'Olimpo. Nel carnevale del 1812, alla vigilia
della partenza per la Russia, uno dei corsi pi ricchi che fossero

mai

stati

fatti

nei pur famosi carnevaloni ambrosiani, organizzato

tirali ciascuno da sedici cavalli


rappresentavano le Quattro stagioni ed altre allegorie.
Nei primi anni della restaurazione si continu volonticri a divertirsi in tal modo; memorabili le feste alla Scala colle cantate
di Vincenzo Monti, " il mistico omaggio ", per la venuta dell'arciduca Giovanni, e " il ritorno d'Astrea " per quella dell'imperatore (1816), le luminarie, i giuochi popolari, le corse e via dicendo. Ma il Governo austriaco si diede a favorire in p>articolar
modo, e si capisce, le feste religiose: lady Morgan che era fra
noi nel 1820, ricorda la processione del Corpus Domini, organizzata appunto e diretta dallo stesso Governo; vi parteciparono
il
Vicer con l'intera Corte e tutte le Autorit; l'interminabile
corteo Fissava per le strade sfarzosamente pavesate e sotto archi
di trionfo innalzati per ordine della Polizia: immensa folla, ma,
soggiunge la geniale scrittrice, pi disposta a motteggiare che a

dallo stesso Vicer; sedici carri

genuflettersi.

nuovo secolo crebbe di gran lunga, a confronto


XVIII, la passione pei teatri. Se ne fabbricaron diaggiunta ai Regi, della Scala e della Canobbiana, quasi
posto o nell'ambiente stesso di chiese e conventi sop-

All'inizio del

del secolo
versi in
tutti

sul

pressi:

il

sontuoso Corcano, eccellente opera di Luigi Canonica,

56

la chiesa delle monache di S. Lazzaro a porta Ro(1805), quello dei Filodrammatici nella chiesa dei SS. Cosma
e Damiano, quelli di S. Radegonda e del Lentasio, che trasformarono i monasteri omonimi, e il Re installato fin dal 1 797 nella
chiesa di S, Salvatore, in contrada dei Due muri, poi dal Canonica ricostrutto nella contrada adiacente di S. Salvatore. In tutti
si davano spettacoli drammatici, lirici e coreografici: al Re si faceva applaudire nel 1 5 e dopo la compagnia di Elisabetta Mar-

dov'era

mana

'

chionni colla brava Carlotta, fiamma di Silvio Pellico, nel 1 7 e


nel '18 vi comparvero il Barbier di Siviglia e l'Otello di Rossini. Il Filodrammatico, costrutto fra il 1798 e il 1801, da una
societ per i dilettanti, cominci col nome e colla funzione di
'

Teatro

patriottico destinato a produzioni esaltanti le idee,

le pi accese, dei

tempi nuovi e per conseguenza

estranee alla vera arte: non

ostante

austriaco lo rispett purch cambiasse

'14 quello attuale,

questo
il

il

passato,

nome;

e,

anche

pi delle volte
il

governo

preso dopo

il

un ottimo agone per dilettanti abili talora


come veri artisti. Stendhal ne parla con ammirazione e ricorda
d'avervi sentito recitare (1816) nell'^ m/of/emo di Monti la moglie del poeta " una delle pi belle donne d'Italia ".
Il teatro del Lentasio era brutto e popolare, ma vi si davano
ottimi spettacoli s che Stendhal dice d'aver nel 1811 sfidato il
fu

pericolo di prendersi qualche bestiolina parassita per ascoltarvi un'eccellente esecuzione del Melomane italiano di Mayer. Il Carcano
gareggiava con la Scala e vi sfilavano le prime celebrit dell'arte
lirica. La Canobbiana era specialmente frequentata da compagnie
drammatiche francesi che, durante il periodo napoleonico, eran fra
noi quasi in permanenza.
Grande era fra la giovent la passione per l'arte drammatica
e molte chiese soppresse erano invase da teatri e teatrini di dilettanti. In alcuni sonetti di Carlo Porta riflessa questa passione
col seguito di gelosie e di litigi che ingenerava tra le diverse
compagnie. Il pi reputato, dopo il teatro dei Filodrammatici, era
quello nell'osteria del Gamberino in contrada di S. Pietro all'orto,
che il celebre attore Giuseppe Moncalvo fece costrurre dall'architetto Pestagalli per l'Accademia degli intraprendenti, i filogamberi del Porta, sempre in lotta d'egemonia con quella dei filoJustoni:

L piantela
me car filo-fuston
Con quij voster sonitt de Orazi fiacch....
i

Vuiolter gamber poeu fee de cojon

Aree

drizz e

de

lungh...

57

ex chiesa di S. Anna, i Iraadiacente a S. Babila. i relorei


melici in quella di S. Caterina presso al ponte dei Fabbri a porta
Ticinese, e fecero parlar di se per una rappresentazione data in
onore della coppia imperiale il 16 gennaio del 1816.
Non lecito omettere un cenno sui teatri di marionette quando
a costrume uno accanto al palazzo di Giustizia (piazza Beccaria)
credette di potersi disturbare un grande architetto come Luigi
Canonica, il costruttore del Carcano e dell'Arena, e si comRiacquero di frequentarlo persone serie e intelligenti come lady
lorgan. la quale s'indugia a descrivere una rappresentazione e
ci fa sapere che quel teatrino era p>opolare quanto la Scala e la
gente di bon ton amava recarvisi almeno una volta durante l'inverno come quella di Parigi andava all'Ambigu o alla Gait.
Gli emulatori s'erano

acenJenU

Il

in

installati nella

quella di S.

teatrino del Canonica,

Romano

che aveva anche una

adoma

bella facciata del-

Pompeo

Marchesi, fu
demolito nel 1863 quando venne allargata la piazza e ricostrutto
nell'interno della casa dove tuttora esiste e continua le vecchie
l'architetto l'azzini,

di

statue

di

tradizioni.

La
bighe

costruzione
alla

dell'Arena (1807)

romana e

le

finte

mise

in

voga

le

corse di

battaglie nautiche, spettacoli anacro-

nistici e gi fin d'allora poco apprezzati da persone di gusto


Stendhal si meravigliava che
milanesi ne andassero pazzi.

fine

La

vita

mondana

Milano ebbe

si

concentrava tutta nel teatro della Scala.

1778 uno dei pi belli e vasti teatri d'Europa, ma le abitudini del pubblico ambrosiano non erano, e per
qualche tempo non furono, adeguate alla dignit del nuovo tempio
dell'arte- Esse avevan sorpreso quasi tutti i viaggiatori stranieri
venuti a Milano nel secolo XVIII: "la platea pazza od ubbriaca", scriveva il De Brosses, "o l'uno e l'altro insieme; nemmeno sul mercato si fa altrettanto rumore: non basta che ciascuno
vi faccia conversazione gridando a perdifiato e saluti con urli i
cantanti quando si presentano o mentre cantano, no, i signori della
platea esprimono la loro ammirazione col battere lunghi bastoni
sui

nel

banchi: a questo segnale

gli

spettatori

del loggione

lanciano

o
Talora fra nembi di sonetti si lanciavano al volo
stormi di piccioni che finivan poi sullo spiedo degli artisti.
milioni di fogli stampati contenenti sonetti in lode del virtuoso

della virtuosa

".

58

Non

contegno del pubblico aristocratico


si cenava in lieta brigata durante lo spettacolo. Tale condotta and senza dubbio migliorando
nei primi decenni del secolo XIX. II succedersi stesso degli spettacoli, un po' sconclusionato e tumultuario durante il periodo napoleonico, quando la Scala rimaneva aperta tutto l'anno alternandovisi l'opera seria e buffa coi balli e le commedie, e nelle innumerevoli feste patriottiche si davano spettacoli e balli pubblici
gratuiti a folle immense, assunse negli ultimi anni del Regno italico e dopo la restaurazione pi ordinata disciplina e pi alta
pi riservato era

il

nei palchi dove, tra le altre cose,

il teatro massimo continuava ad essere consideche un tempio sacro all'arte, la sala, l'alloggio serale della
citt. " Non c' societ che in teatro, non c' una casa aperta ",
diceva Stendhal, esagerando un pochino. " Ci vedremo alla Scala "

dignit. Tuttavia

rato pi

era la formola consueta nel congedarsi.

Le

signore, scriveva lady

Morgan,

vestite

con

toilettes

da

far

madame

Victorine Bcard della rue


Bourbon, arrivano sole nelle loro carrozze: entrando in palco si
tolgono i grandi cappelli e li appendono alle pareti come si fa
a Parigi gettano uno sguardo sulla sala, ricevono e danno il saluto
italiano il cui gesto espressivo ha una certa civetteria infantile,
poi voltan le spalle alla scena e per tutto il resto della serata
non vedono e non ascoltano che la loro societ, n sospendon la
conversazione se non quando l'orchestra le avverte che una scena
di ballo, un'aria, un duetto che di moda ammirare sta per cominciare. Allora si ascolta con attenzione e rapimento, poi si
riprende il discorso per interromperlo solo all'entrare e all'uscire
favorir la disattenzione contribuiva l'uso di ripedei visitatori.
tere per moltissime sere lo stesso spettacolo, e la divisione dello
spettacolo stesso, il quale s'apriva ordinariamente col primo atto
dell'opera, seguiva il gran ballo serio per un'ora e mezzo, quindi
un piccolo ballo comico che
il second'atto dell'opera, da ultimo
mandava a casa allegri verso il tocco. Ogni palco, osserva ancora
la Morgan, ha i suoi habitus vincolati da un obbligo fastidioso:
l'arrivo dell'ultimo il segnale della partenza del primo. L'appassionato e non mai interrotto concorso alla Scala aveva per la scrittrice inglese un movente pi recondito che non lo spirito mondano
l, nel palco sacro, dove solo gli intimi avevano accesso, era il pi
sicuro asilo contro lo spionaggio. Ricordiamo ch'ella scriveva nel 1 820.
V'eran de' palchi frivoli per quanto amabili, dove si continuava a giuocare a faraone, finito lo spettacolo, fimo alle ore
piccole, e non si smetteva fiinch il portiere non veniva ad avinvidia al genio inventivo di


vertire

che

il

59

da un pezzo: e

tocco era suonato

da

allora la lieta

che sapeva
qualche palco dove l'entrare poteva esser ritenuto un alto onore; quello per esempio
del marchese Lodovico di Breme. Stendhal, ammiratore del giovane intelligentissimo capo dei romantici, figlio di uuel Breme che
" aveva duecento mila franchi di rendita ", vi andava quasi ogni
sera a portarvi novelle di Francia, e vi trovava Vincenzo Monti,
i
principali scrittori del Conciliatore, Silvio Pellico, Borsieri, Ermes Visconti, Berchet, e, ospite ammirato. Lord Byron.
Con tali ritrovi facevano il pi vivo contrasto i crocchi del
Joyer, quaitier generale degli sciocchi, dove si fabbricava l'opinione pubblica sugli artisti e sulle signore. Lo sconcio dei giuochi
d'azzardo autorizzato nel periodo francese, che rendeva scicentomila franchi all'impresa, cess col nuovo regime.
Non ostanti i suoi difetti il teatro della Scala e per la maest
dell'ambiente, e per l'elegemza e la distinzione del pubblico, e
p>er
la magnificenza
di molti spettacoli formava un insieme da
entusiasmare quanti stranieri venissero a Milano. " Ce thatre ",
dichiarava Stendhal nel 1811, 'a eu une grande influence sur
mon caractre ", e nel '16: "la bellezza del teatro e dello spet"
tacolo supera ogni immaginazione, il primo teatro del mondo!
brigata passava

Battistino,

trattenerla fino a giorno fatto.

trattore della Scala,

il

Ma

v* era

le comparse vestite come sui teatri


prime parti. Nella corrispondenza da Milano, specialmente col suo amico prediletto M. de Mareste, tra il 1816
e il
820, l'argomento principale la Scala, e vi son notizie piacevoli ed utili anche per noi: vi parla dei prezzi d'abboneunento,
mitissimi a suo parere, cinquanta franchi da S. Stefano al 4 marzo
giudica con osservazioni piene di i^eri^e gli artisti: la Mariani, voce
superba di contralto con sei note magnifiche, ma priva di calore
la Pellegrini, bellissima, ma " bte et ennuye "
la Bonini, brutta
e buonissima; la Tosi, figlia d'un avvocato di grido, voce incantevole ma arte nulla; il basso Remorini, uomo devotissimo e casto,
cantante sommo per voce ma sulla scena " on salamm " (testuale);
Galli, grande attore senza voce;
riferisce qualche pettegolezzo
di corridoio, per esempio su certe precauzioni sessuali della Pasta
per non guastarsi la voce, fa interessanti statistiche di compensi
dati agli artisti per la stagione: Galli 35.500 franchi, Remorini

Tutto

egli vi

ammirava persin

di Francia le

30.000, Zucchelli 20.000, Ambrosi 15.000. E parla di Rossini


ce jeune homme la mode ", le cui melodie incominciavano ad
imporsi alla Scala. Venuto a Milano da Napoli nel '19: avaro,
senza un soldo quattr'aimi prima, ora in grado di impiegare cea"

60

e mezzo per cento presso Barbaglia, il


franchi al mese come direttore despota
del teatro S. Carlo; quattromila per ogni opera nuova, e Barbaglia
non risparmia di chiedergliene, e lo mantiene dandogli gratis altornila franchi

al

famoso impresario.

sette

Ha mille

loggio, tavola, carrozza

ed amica.

^
Quand per vede I' Prometti trii mes fa
El correva a la Scara tutt Milan,
E vegneven gi a tropp de l e de sci
I forestee de tante mia lontan,

Vigano raggiungeva il colmo della sua gloria; incredibile


non siamo oggi in grado di comprendere
esattamente le ragioni non bastando a spiegarla la passione veramente straordinaria del pubblico di quel tempo per i balli. Qyando
un pensatore e un artista come Stendhal arriva a dire che la pi
bella tragedia di Shakespeare non produce in lui l'impressione di
un ballo di Vigano e giudica V Otello e la Vestale capolavori
quali la Francia non ha avuto da Voltaire in poi, ed esclama:
" Canova,
Rossini e Vigano, ecco la gloria dell'Italia attuale ",
bisogna proprio dire che siamo davanti a un mistero. Mentre
Salvator

gloria della quale noi

gli altri

compositori di balli eran pagati quattromila franchi l'anno,

Vigano, ricercato ed acclamato da per tutto, s che letterati


eminenti andavano a gara per scrivere i programmi de' suoi
balli, ne guadagnava da quaranta a cinquantamila ed era si buono,
s generoso, s caritatevole, che non aveva mai dieci zecchini; la
sua generosit giungeva al punto da pensionare i fratelli delle sue
amanti ( Stendhal reponsabile di questa notizia).
moltiplicare la popolarit del "grande poeta muto" contribuiva
la figlia Nina, bellissima, ricca d'intelligenza e di spirito, briosa narratrice di aneddoti, cantatrice squisita, allieva ed amica di Rossini; di
costumi facili, molto facili, tanto facili che Stendhal, il quale senza
dubbio ne ebbe i favori, la raccomand, quand'ella si rec a Parigi a darvi dei concerti, all'amico de Mareste come " il pi bel
fiore d'Italia ", aggiungendo nella scabrosa lettera di presentazione
il

il

consiglio di approfittarne:

Affatto disinteressata

un gran merito.

per

il

che, sembra,

altro,

e di questo

non trascur
Stendhal

le

di fare.

faceva

61

Gli spettacoli coreograBci della nostra Scala erano, anche te*


superiori a tutto ci che di questo genere
si poteva vedere in Europa: la loro perfezione ella spiegava con
cause non solo fisiche ma anche politiche. La mobilit dei muscoli
degli italiani, diceva, l>en s'adatta al linguaggio del gesto che essi
mescolano infatti anche alla loro conversazione ordinaria, ma la diflidenza provocata dallo spionaggio politico intensifica in loro questa
tendenza e li induce a confidare a uno sguardo, a un atto, che
nessuna spia potrebbe denunciare, l'espressione del loro pensiero
piuttosto che a parole; un po' mimi per natura, lo diventano per
abitudine. Da ci deriva, a parer suo, il fascino dei loro balli,
dove gli attori spiegano una sagacit di gesti, una propriet di
atteggiamenti, una potenza d'espressione nella fisionomia da rendere profondamente commoventi queste rappresentazioni come
tragedie e prodigiosamente esilaranti come farse. Cosi i comf>ositori erano incoraggiati a trattare i pi nobili soggetti del dramma
legittimo, e Racine e Shakespeare venivano tradotti in una vera
poesia d'azione.
C'era per altro una parte del pubblico, l'antica nobilt, che
considerava questo delirio pei balli come un'eresia rivoluzionaria
e chiudeva per protesta i suoi palchi. La contessa Castiglioni,
richiesta dalla Morgan perch non la si vedesse quasi mai a teatro,

condo lady Morgan,

rispose

"

mancavan

perch non ammiro


proteste

degli

la

artisti:

declamazione delle gambe ". N


mademoiselle Hubert rifiut le

proposte fattele dai direttori della Scala dichiarando di non voler


cantare per un pubblico che si appassionava solo per i balli.
Non ostanti gli entusiasmi degli stranieri e del pubblico nostrano, tra le persone riflessive e di elevato ingegno si facevan
riserve sull'andamento del grande teatro. Carlo Giuseppe Londonio, uomo distinto per senno e coltura, in un suo libretto intitolato Succinte osservazioni di un cittadino milanese sui pubblici
spettacoli teatrali della sua patria, uscito a Milano, senza il nome
dell'autore, nel 1804. denunziava con severa critica le cause della

decadenza del teatro contemporaneo. Le meschine ricomp>ense, i


capricci dei cantanti, le costumanze teatrali e la gelosa rivalit dei
poeti dal com(x>rre drammi
i
per musica, cosicch questo genere di poesia rimaneva abbandonato ai mestieranti. L'interrompere bruscamente l'opera per dar
luogo ad una rappresentazione di genere e di soggetto affatto diverso, come i balli, faceva s che le impressioni si indebolissero

maestri scoraggiavano a parer suo

a vicenda. Pi ancora nuoceva


tacolo l'accoppiare, come pur

e all'efficacia dello spetcostumava, in una sola rappre-

alla seriet
si

62

sentazione due atti di opere diverse. La musica non era pi il


commento del canto come al tempo classico dell'opera italiana:
vi si introduceva una profusione di capricciosi e disordinati accordi istrumentali

l'ouverture nulla aveva

a che fare coll'opera,

maestro, libero dai legami del canto, vi si sbizzarriva da tutto


questo lavoro uscivano aborti musicali. Opere nuove siffatte comparivano ogni anno sulla scena, composte alla lesta per commissione degli impresari, e si ripetevano per mesi. Quale educazione
poteva ritrarne il pubblico? Si alternino almeno con queste, ammoniva il Londonio, le opere dei classici, di Paisiello, di Cimarosa, di Pergolesi, evitando per che i cantanti vi innestino quelle
arie dette " di baule " per mettere in mostra i loro mezzi vocali,
oppure alterino i pezzi come sogliono per far rabbia al pubblico
il

quando
si

lo ritengono

disprezzino,

come

troppo largo d'applausi


si

fa,

le

seconde

ai loro rivali.

parti,

non

giacch, lasciate a

persone prive d'ogni senso d'arte, esse finiscono per guastar tutto.
Non manc al Londonio il coraggio di censurare anche i balli,
e ce ne voleva davvero del coraggio. Ei giudicava quelle azioni
confuse ed oscure; deplorava il continuo ripetersi delle stesse
idee trite e ritrite, le incongruenze dei ballabili privi d'ogni legame coll'azione: per lui il ballabile doveva essere escluso dalla
pantomima e svolgersi indipendente. Potevan le scene di Perego,
di Landriani, di Funtes, di Sanquirico, veri pittori, come li chiamava Stendhal, sembrare agli stranieri tali da non aver pari in
nessun teatro d'Europa, ma non piacevano al Londonio che vi
avrebbe voluto una maggior coerenza e un pi illuminato e coscienzioso rispetto della realt storica.
Il

non

futuro presidente dell'Accademia di belle

arti

concludeva

decadenza del nostro teatro finch il Gospeculazione privata, non ne affidasse l'alta

potersi arrestare la

verno, escludendo la
direzione ad un nucleo di persone disinteressate e competenti.

^
Il

teatro della Scala incatenava

talmente

la societ

milanese

poco tempo rimaneva per i piacevoli ritrovi famigliari. Di


regola le case signorili non erano aperte agli ospiti che nelle sere
di venerd, quando la Scala era chiusa.
Negli ultimi anni del periodo napoleonico era famoso in Milano il salotto di Annetta Vadori, veneziana, divorziata dal buon
che

63

Butturini, professore di greco nell' universil di Pavia, quindi moglie


per poco, dal maggio del 1805 al giugno del 1806, al bollente
dottor Kasori. Bellissima, colta e galante, una Aspasia perfetta,
dopo diverse, e anche clamorose, avventure, si mise, nel 1809,
a ricevere con " grand train " letterati e uomini politici e militari,
ora innalzata alle stelle, ora depressa nel fango '). Tra i suoi
detrattori era primo Ugo Foscolo che chiam la sua casa " sina-

goga

in cui gli ipocriti, scribi e farisei, si

madama

congregavano

p>er croci-

e giunse fino a scrivere un


libello satirico-allegorico, in latino {V Hipercaly^psia), modellato
sull'Apocalisse di San Giovanni, dove quella povera donna era
adombrata nella figura d'una sozza cortigiana e poi nella " chiave ",
quantunque le sia dato il nome di Arma Calamoboa, ben designata da una feroce definizione alludente ai due mariti e ad arti
maligne colle quali si sarebbe liberata di entrambi facendosi tuttavia assegnare una duplice pensione; e dove con la veste di personaggi allegorici comparivano parecchi frequentatori della sua
casa, apertamente poi nominati nella chiave fra una corona di
insinuazioni e d'ingiurie: il Lampredi, l'abate Guillon, il veramente poco simpatico critico del Giornale italiano, il Vaccari,
il
professore del liceo di Brera Filippo del Rosso, il hbraio Bettoni, Lodovico Lamberti, bibliotecario di Brera, il povero Giuseppe Bossi, morto mentre il libello era sotto stamjja, il Monti
stesso a cui viene in malo modo rinfacciata la sua instabilit
figgersi,

era

la

pitonessa

',

politica 2),

Carlo Porta frequent quel salotto e difese la padrona di casa


una sua lettera a Luigi Bossi biasimando l'/per" mi pur nota la satira di cui mi parli che ricalissc, scriveva
guarda tutta un'adunanza nostra letteraria che negli anni decorsi,
praticava in casa di certa signora Vadori. Io la lessi due anni
sono datami da lui medesimo e colla chiave necessaria per interpretarla. Non la stamper ne son certo, perch la naturai vendetta delle persone offese avrebbe un campo pi lauto nelle avventure sue p>er rifarsi con di lui maggior danno e vergogna " ^).
Alla schiera dei detrattori se ne contrapponeva una di ammi-

suoi ospiti: in
:

1)

BUSTICO C, // salotto milanese d' un'Aspasia


'Nuovo Archivio Veneto", 1917.

veneziana del pe-

riodo napoleonico,

2)

Foscolo

U., Prose poltiche. Firenze, Lemonnicr.

3) OTTOLINI a., Lettere inedite di


spare Porta, "Rivita d'Italia*, dccembre,

Ugo

1850.

Foscolo a Giuseppe

1916.

Ga-

64

ratori ferventi, tra

che

la bella ospite

quali

rapiva

Vincenzo Monti. Mario Pieri scriveva


animi e formava intorno a s un in-

gli

cantesimo; e gli epistolari del tempo, Monti, Resini, Cesarotti, ecc.,


la ricordano con simpatia. Sfumate le risorse finanziarie, si ridusse a mal partito, nel 1817 era a Milano in misere condizioni in attesa di partir per Napoli dove and come istitutrice
presso la famiglia Pignatelli; e l mor poverissima.
Pi tardi, se diam retta a Stendhal, il primo salotto di Milano era quello di Nina Vigano sar stato si tra i pi interessanti
in prima sera dacch vi andavano cospicui personaggi e persino
il Governatore di Milano, conte Saurau, che volentieri interloquiva
nelle discussioni predominanti intorno ai balli paterni, ma poi, dal
tocco in l, restavan pochi intimi, compreso l'autore della Chartreuse de Parme, sdraiati su canap in voluttuose ascoltazioni delle
canzonette cantate dalla padrona di casa, canzonette veneziane
composte proprio per lei dal Perucchini e dal Carafa.
V'erano invece altri salotti d'una intellettualit pi seria e composta, che del resto lo stesso Stendhal frequentava; quello per
;

esempio di Bianca Milesi, dell'adorabile Bianca


Lenin " di cui il Porta lodava

figlia

della

"

sura

quel tuttcoss

che fa corr per la bocca la saliva


de luce quii che la tratta e el le

dove

si

cognoss....

poteva ascoltar Vincenzo Monti recitar canti della Divina

Commedia;

quello

della

signora Foscarini

dove

migliori artisti

convenivano a cantar Paisiello e Cimarosa, accompagnati al pianoforte da Pacini; quello dei fratelli Balzar etti dove si eseguivano
complesse azioni musicali come sarebbe l'oratorio di Rossini Ciro
in Babilonia (1815).
Chi avesse voluto stordirsi nel clamoroso fasto del gran mondo
poteva recarsi a Cernobbio, alla villa d'Ester l, tra il 1815 e
il
1820, una donna straordinaria. Carolina di Brunswik, Principessa di Galles, teneva corte bandita: ce n'era per tutti i gusti,
musica, declamazione, danza e conversazioni elette quand'eran
presenti uomini come Alessandro Volta, il General Pino, il Configliacchi, il celebre avvocato
Marocco, Giuseppe Bossi e altri
insigni; se no, storielle allegre sulla padrona di casa, sposa ripudiata del futuro Re d'Inghilterra, e sulle sue tenerezze " dgoutantes " come le chiamava Stendhal, per Bartolomeo Pergami, ex
servitore del General Pino, da lei innalzato alla dignit di barone
e di ciambellano.

65

Al ritrovi privali faceva concorrenza la Societ del Giardino,


o Casino dei negozianti, che durante il periodo napoleonico era
stata pure molto festaiuola.

Di questa Milano

chi negli scritti e nelle

memorie del tempo

ne ha respirata l'aria, sente la


nostalgia. Non che disdegni, o non bene apprezzi, la metroi>oli
odierna vasta e pulsante di tante energie che la situazione, l 'indipendenza politica, la virt degli abitanti e la fortuna han qui
ridotte e animate, ma la Milano d'allora nel periodo napoleonico
e nel primo quinquennio della restaurazione prima che le morse
austriache si serrassero a soffocarla, la Milano d'allora aveva un
non so che per il quale uno straniero d'altissimo intelletto e d'animo oltre il comune sensibile pot amarla forse pi della sua
patria finch gli fu dato risiedervi, serbarne per tutta la vita un
caro ricordo e ordinare che sulla sua tomba, nel cimitero di Montmartre, fosse scolpita accanto al suo nome la parola MILANESE.
S vero, Stendhal, nella sua ardente e commossa giovent,
prov a Milano passioni che, a legger talune sue pagine, si posson
credere profonde; ma spetter forse alle scaltrezze della bella
bottegaia Pietragrua, alle facili condiscendenze d'una Ninetta Vigano, o, sia pure, alla studiata, e per sempre incoraggiante, resistenza d'una Matilde Dembovvski il merito d'aver avvinto a Milano
l'anima di Henry Beyle? No, no, a Milano c'era un non so che....
Piccolo il corpo, ma grande il cuore, amplissimo il respiro;
l'ha conosciuta

la

e,

per cosi

dire,

vita piccina coi difetti della citt

del resto per chi

li

sa prendere

con

amabili difetti
e un fermento di

di provincia,
filosofia,

e intellettuale da far invidia alle prime capitali d'Europa; Volta. Oriani, Scarpa, Appiani, Bossi, Gagnola, Canonica,
Paletta, Moscati, Porati, Rasori, Romagnosi, Gioia, Paradisi,
Monti, Porla, Grossi, Bellotli, son nomi che dicon qualche cosa,
vita attiva

non vero ? Gaia e spensierata e ad un tempo riflessiva e previdente,


casalinga, ligia alle tradizioni e sognatrice di eventi
rinnovatori, gelosa del campanile fino a imprecar l'ostracismo ai
modenesi partecipanti al Governo, e larga aclla pi cordiale ospitalit ai forestieri; in poco spazio, tra poca gente, le forze tutte
e i contrasti che danno e colorano la vita a un gran popolo.
Tale era Milano al temi di Carlo Porta.

mondana e

ETTORE VERGA.
JIpTilt

1921.

PREFAZIONE
alla

prima edizione delle Poesie di Carlo Porta, nel

XII

voi.

della "Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese,,

Milano, Pirotta,

1817, in- 18, di pagg. XII- 174,

pubblicata per cura di F.

CHERUBINI

JI LETTORI,
Pi

e pi volte

abbiamo udito

nostri concittadini

derare che fossero rese di pubblica ragione


dettale in

linguaggio milanese

tal desiderio per,

le

desi-

amenissime poesie

dal signor Carlo Porta.

qual che ne fosse

la cagione,

Un

non fu mai

prima d'ora compiuto; ed quindi un gran piacere per noi


il

poter ora soddisfarlo primi per

Dalla

mezzo

cortesia dell'elegantissimo scrittore

se

non

a voi senza

abbiamo noi

ottenuto,

maggior parte almeno delle belle sue produzioni ;

tutte la

pili

le

offeriamo nel presente volume. Il par'

larvi del merito di queste poesie

ai pi fra di voi,

simi giudizi,

di questa Collezione.

non sarebbe che un

cui manoscritte pervennero,

vostri

ripetere

mede-

quali gi da gran tempo concordemente asse-

gnarono a questo egregio poeta milanese

il

primato fra

gli

odierni scrittori vernacoli di questa nostra patria. Solo vi ac-

cenneremo che, per quel che riguarda la versione

</e//' Inferno

di Dante,

annali

intrapresa

68

ardua quanto nuova negli

altrettanto

letterari d'Italia,

non pi che

il

primo Canto

di presentarvi, perch questo solo ci concesse

saggio dell'opera intiera in cui egli a quest'ora


innoltrato

Questo Canto per, ne siam

').

convincervi,

dato

ci

l'Autore, qual

certi,

molto

di

baster

per

che non v'ha difficolt che valga a togliere una

penna maestra dal condurre a suo

talento le intraprese anche

pi malagevoli, e per destare in

voi

quanto prima dato alla luce per

intiero

il

desiderio

di

vedere

questo nuovo lavoro

del signor Porta.

1) Nella edizione

curata da

Tommaso

dell' /n/erno

e VII,

scelte dal Porta,


singoli

postuma (anno 1821)

Grossi,

comparvero

delle poesie di

Carlo Porta,

cinque frammenti dei Canti

II, III,

e altre rime, che noi pubblichiamo in aggiunta a quelle

contrasegnando

le

postume con un * premesso

componimenti. (Nola degli Editori).

%M

al

titolo dei

DELLA VERSIONE

DELL'INFERNO
IN

DI

DANTE

DIALETTO MILANESE.
(1805).

CANTO PRIMO

Nel mezzo

Mi

del

ritrovai per

Che

cammin

di nostra vita

una selva oscura,

la diritta via era smarrita.

Ahi, quanto a dir qual era cosa dura


Questa selva selvaggia, ed aspra, e forte
Che nel pensier rinnuova la paura.

Tant'era amara, che poco piti morte:


per trattar del ben ch'ivi trovai.
Dir dell'altre cose ch'io v'ho scorte.

Ma

r non so ben ridir com' io v'entrai,


Tant'era pien di sonno in su quel punto
Che la verace via abbandonai.

Ma

po' ch'i' fui appi d'un colle giunto,


ove terminava quella valle
Che m' avea di paura il cor compunto,

Guardai

in alto,

e vidi le sue spalle

Vestite gi de' raggi del pianeta

Che mena

dritto altrui

per ogni calle.

^W. -*. JK^%, ^"^ j^^jM^ *" ^MgK -" ^ ^*#k mW^ >*Wft, ^W, X^ P'*.

CANT
A

^y^fm.

m^^ ^"^m. m*. M^mk.

PRIMI)

mitaa strada de quell gran viacc


a vun la voeulta al mond de l
sont trovaa in d'on bosch scur scur aHacc,

Che femm

Me

Senza on sentee de pod seguita:

Doma a pensagli, me senti a vegni


Ne r on bosch insci facil de retr,

'1

Negher, vece, pien de


Pesg che ne quell del

Quanto

sia

al

spin,

sass,

barilott di

scacc,

ingarbij,
stri).

cascia pussee spavent,

In tra el bosch e la mort gh' pocch

de

rid;

Ma

gh'era anca el so bon: vel cunti; attenti


Com* abbia faa a trovamm in quell brutt sid,
No savarev m nanch tirali in ment:
Soo che andava e dormiva, e i coss polid
In sto stat no je fan in sui festin
Squas nanca i sonador de viorin.

Ma

quand sont vegnuu a eoo de quella vali.


m'ha miss in coeur tanto spaghett.
Me troeuvi al p d'on mont che sora i spali
El gh'eva on farioeu 2) d'or del pu s'cett
Ch'el fava starnud doma a vardall:
Farioeu formaa di ragg de quell pianett

Che

la

Che s'ciariss tucc i strad e menna dritt


Tucc i vivent, a rcccezion di orbitt.

11

Aliar fu la paura un poco queta,


Che nel lago del cor m'era durata

La

notte ch'io passai con tanta piet.

come quei che con lena affannata


Uscito fuor del pelago alla riva,
Si volge all'acqua perigliosa, e guata;

Cos l'animo mio, eh' ancor fuggiva.


Si vols'a retro a rimirar lo passo
Che non lasci giammai persona viva.

Poi ch'ebbi riposato 7 corpo lasso.


Ripresi via per la piaggia diserta,
S che

pie

fermo sempre era 7 pi basso;

Ed

ecco, quasi al cominciar dell'erta.


lonza leggiera e presta molto,
Che di pel maculato era coperta.

Una

non mi

si

Anzi impediva
Ch'

i'

il

mio cammino,

fui per ritornar pi volte

Tempo

E7

partia dinanzi al Volto,


tanto

sol

volto.

era dal principio del mattino,

montava

Ch' eran con

lui,

'n

su con quelle stelle

quando l'amor divino

Mosse da prima quelle cose belle;


S eh' a bene sperar m'era cagione
Di quella fera la gajetta pelle.
L'ora del tempo e

la dolce stagione:

73

Allora m' daa a loeugh on poo el folon 3)


Ch'el m'eva strasciaa el coeur in quella noce
De spasem, de rottoeuri ^) e de magon;
E istess come on bagaj che in del Fa locc 5)
El tra in ciapp ona tazza o on quej peston,

schiva tant e tant

el

de

toei

su

strocc ^),

Ch'el varda i ciapp e el p cont ona ciera


Ch'el resparml di strocc noi ghe par vera;

Stremii anca mi Tistess, e fors pussee,


Sbarloggiava quel! bosch, quella vallada
Dove a la mort, che ghe fa de campec,
Nissun prima de mi ghe l'ha friccada.
L me setti on freguj, stracch de sta in pee,
E poe rampcghi, dopo ona fiadada,
Sul mont desert, in moeud che me pertocca
De tegnimm on genoeucc semper in bocca.

Te'

che appenna su di quatter bricch


ona pantera,

Incontri faccia a faccia

Che con duu

De
Che

De

eoo a pee

oggiatter ross
la

me

come

barlicch 7)

squadra, de manera

soni staa per on scisger a fa el spiech

a mont el me pian voltand bandera,


Che mi a quij besti ghe la doo de volt,
Anca quand hin in piazza in d'on casott.
tra

Ma

trattandes che l'era

Ch'el so

Tal

el

vegneva

in

su

e qual hin staa most

con tucc

de

la

quij

steli

divina

prim d ch'el gh' soltaa in cervell,


che gh'eva in la marsina
de fond; Sia peli per peli
ditt in tra de mi), l' mej zolla gh );
va a peli, no poss che guadagnagh.

Bontaa,

el

E trattandes
On pistolott
(Hoo
Se la

de mattina,

Ma

non

La

vista

74

che paura non

mi

desse

che m'apparve d' un lione.

Questi parca che contra me venesse


Colla test' alta, e con rabbiosa fame,
S che parca che l'aer ne temesse:

Ed una lupa che di tutte brame


Sembrava corca nella sua magrezza,

molte genti f' gi viver grame.

Questa mi porse tanto di gravezza


la paura ch'uscia di sua vista,
Ch' i' perdei la speranza dell' altezza.

Con

quale quei che volentieri acquista,


giugne 7 tempo che perder lo face.
Che 'n tutti i suoi pensier piange e s'attrista:

Tal mi fece
Che venendomi

Mi

la bestia senza pace.


'n

contro a poco a poco

ripingeva l dove

sol tace.

Mentre ch'i' ruvinava in basso loco.


Dinanzi agli occhi mi si fu offerto
Chi per lungo silenzio parca fioco.

Quando vidi costui nel gran


Miserere di me, gridai a lui,
Qual che tu se' , od ombra od

diserto,

uomo

certo.

75

Solta foeura in sto menter d'ona tana

Vun

de

Com'i

quij

inscambi de pati

lion che,

oller la fevera terzana,

Patissen

la

Bona noce

mangina

tutt

d:

Quest noi tavana ^),


E el par ch'el corra giust contra de mi:
El ruggiss e el corr tant che l'aria anch lee
Per el gran foff '0) la ghe sgariss adree.

Vens
Che l'ha

sur coraggi

anch ona lovessa de maross


de la gran gent,
Magra, strasida de cuntagh i oss.
Ma che la gh'eva picciuraa sui dent
El petitt de taccass propri a tuttcoss.
Costee coi oeucc la m'ha miss tant spavent,
Che hoo ditt tra de mi subet: N'occorr olter,
I verz l in scima no ghi porti d'olter.
'

faa viv sui gucc

Tal qual

On

Quand

sospira,

piang e se inmiagona

spiosser '2) che ha vaiuaa sossenn pescuzi '^),


glie

va incontra

fagh pient

li

el frut

la

comaa Ranzona

de tucc

struzi;

Reculaa anmi de st'ultema bestiona.


Dava indree press a pocch con l'istess cruzi:
E hoo daa indree tant, che sont andaa a forni
In d'on loeugh che l' noce anch de mezzdi.

Quand 'ecco me compar on figurott


Coni ona vos scarpada de bordoeu ^^),
Che

per vess on gran pezz ch'el dis nagott,


el pezzceu.

Gh'eva fors vegnuu rusgen


Son restaa li de preja tutt

a on bott,
denanz che l'andass a fa i fatt sceu,
Fermet, ghe disi, siet m on' ombra o on omm,
Juttem, che te fee on tratt de galantomm.

Ma


Non

Risposemi:

Ed

uom, uomo gi

fui,

parenti miei furon Lombardi,

Mantovani per

Nacqui sub

76

patria amendui.

Julio,

ancor che fosse

tardi,

a Roma sotto 7 buono Augusto


tempo degli dei falsi e bugiardi.

vissi

Al

Poeta

fui,

e cantai di quel giusto

Figliuol d'Anchise che venne da

Poi che 7 superbo

Ma

tu,

Or

Troja,

fu combusto.

perch ritorni a tanta noja?

Perch non

Ch'

Ilion

sali il dilettoso

monte

principio e cagion di tutta gioja?

quel Virgilio e quella fonte


di parlar s largo fiume?
Rispos'io lui con vergognosa fronte.
se' tu

Che spande

Oh

degli altri poeti onore e lume.

Vagliami 7 lungo studio

Che m'ha

fatto cercar

il

grand' amore

tuo volume.

Tu se' lo mio maestro e 7 mio autore:


Tu se' solo colui da cui io tolsi
Lo bello stile che m'ha fatto onore.
Vedi la bestia per cui mi rivolsi:
Ajutami da lei, famoso saggio,
Ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi.

77

Sera anm on omm grand, gross e scopazzuu,


El respond, ma son mort che l' li ajbella '5):

Eren Lombard e Manlovan


Quii che m'han daa

tutt

duu

e parentella:
Giuli ai mee d el s' francaa in man i cazzuu:
Soli a August galanlomm, vera ponzella '6),
Hoo vivuu a Roma al temp di dia '7) infamm...

....Se no

te

me

stnt,

fee el

vita

nom,

te

see on saiamm.

Voeutt de pu?... Te diroo ch'hoc faa el bosin,


che hoo scritt on poema, ma sul sciali,
Sora Eneja e el (oeugh d'illi, in vers latin;
E te diroo che voreva anch brusall '^)
Per ghignon de no avell faa in meneghin.
Ma ti et traa on buj '^) a torna indree in sta vali,
Inscambi d'and in scima a la montagna
Dove gh' el ver paes de la cuccagna?

Oh santissima Vergin del Rosari!


Chi m'avarav mai ditt (esclami fort)
Che in d'on loeugh insci brutt e solitari
Avess de fa on inconter de sta sorti
Ti Vergili, scrittor che no gh'ha pari?...
Ti di poetta onor, lum e confort?
Ah de st 'inconter possa avenn proftt,
Almanca per l'amor che hoo avuu ai toeu
Despoei cont

Che

disi

el

rispettos:

scritt!

eoo bass come on novizi

Ti

te set staa

Quell che m'ha insegnaa a scriv con del giudizi,


T t se gh'hoo in zucca on sgrizz de saa;
Sia t anca el liberamm de sto stremizi,
Ch'el m'obblega tremand a volta straa:
Descascem quell bestion che me spaventa,
E fa trentun de gi che t'ee faa trenta.

le

78

coTVien tener altro viaggio,

Rispose, poi che lagrimar

Se

mi

vide,

vuoi campar d' esto luogo selvaggio:

questa bestia per la qual tu gride.

Che

Non

Ma

lascia altrui passar per la

tanto lo impedisce,

Ed

sua

via.

che l'uccide:

Che mai non empie

malvagia e ria.
la bramosa voglia,

pili

ha natura

dopo

pasto ha

fame

che pria.

Molti son gli animali a cui si ammoglia,


pi saranno ancora, infin che 7 veltro
Verr che la far morir con doglia.

Costui non ciber terra ne peltro,

Ma sapienza e amore e virtute,


E sua nazion sar tra Feltro e

Feltro.

Di
Per

quella umile Italia fia salute.


cui mor la vergine Camilla,

Euralio e Turno e Niso di

ferute.

Questi la caccer per ogni

villa.

Fin che l'avr rimessa nello 'nferno.


L onde invidia prima dipartilla.

79

Diseva, e trava lacrem de sta posta,


ci respond: Sent el me Dant,

Quand Vergili
Gh' on'oltra

scappa de

straa

de schiva

la

battosta,

che te noeus tant:


Gh' on'oltra straa che la par fada apposta
Per and in scima al mont anch tant e tant,
E impippass de la bestia che la sbrana
Tucc quij che passa arent a la soo tana.
sto

sit

La gh'ha

propri costee el maa de la lova,


paccia e paccia e paccia, no l'ha nanch
El paccia in bocca, ch'el ghe va in la cova,
E la ghe batt semper pussee in di Banch.
Paricc besti se cobbien con sta scrova;
Pussee sen cobbiar se tarda almanch
vegn on cert livree, che soo poei mi,

ch'el ven giusta per stringalla

l.

Quest l' on can de Verona 20), e no l' on can


dagh on oss in bocca e manda a spass.
Quand ghe sta del so onor, noi cura el pan,
S'el fuss anca mojaa dent in del grass:

De

Magara

insci

quej 21) nost

Ambrosian

can de Verona el somejass.


l'or noi gh'avarav tanto dessi

sto

Che
Su

l'amor, la sapienza e la verti.

Costi d'Italia el salvar quell tocch

Ch'ha

faa and Nis e Eurial in partendel 22)


on salud al tredes de tarocch,
Tant quant Turno e Camilla per defendei;
E el far tant sto can, che a pocch a pocch
El casciar el bestion, bojand, mordendel,
In r inferno, de dove el de el sghimbiett 23)
Quand l'invidia la gh'ha smollaa el collett.

fa

80

Ond'io per

Che

mi

tu

tuo me' penso e discerno

lo

ed

segui,

trarrotti di qui

Ove

io

sar tua guida,

per luogo eterno,

udirai le disperate sirida.

Vedrai gli antichi spirti dolenti.


Ch'alia seconda morte ciascun grida:

poi vedrai color che son contenti

Nel fuoco, perch speran di Venire,


Quando che sia, alle beate genti:
Alle qua' poi se tu vorrai salire.
fia a ci pi di me degna:
Con lei ti lascer nel mio partire.

Anima

Che quello 'mperador che lass regna,


Perch' i' fui ribellante alla sua legge.
Non vuol che in sua citt per me si vegna.
In

tutte parti

impera, e quivi regge:

Quivi la sua cittade e l'alto seggio:

O felice
Ed

colui cu'

io

lui:

ivi

elegge!

Poeta,

i' ti

richieggio

Per quello Iddio che tu non conoscesti,


Acciocch' io fugga questo male e peggio.
Che
S eh'

tu

mi meni

l dov'or dicesti.

vegga la porta di san Pietro


color che tu fai cotanto mesti.
i'

Allor

si

mosse, ed

io

li

tenni dietro.

81

Ma

puttost che sta eh) come on lizzon


mi de per mi castij in aria,
L' manch maa che te faga el Ciceron,
Che te compagna, e che intrattant me svaria.
Ven, che te vuj mena a c de Pluton
sent ziffoi, vers che storniss l'aria,
E a vede di anem trisl ona missoeuha 24),
Che domandcn la mort on'oltra voeulta.

fa

poei

t'en

Che gh'han

vedaree paricc de quij


ciapp sul foeuch, e pur no sbrotten,

Perch spercn quij spasem de forni],


E un pooo per voeulta inlant in ciel scamotten;
Se mai poeti te soltass in eoo di grij
D'and lass a vede come sgazzotten 25),
Mi te lassaroo in man, col bon-pro-fazza 26)
D'on pussee bravo servitor de piazza.

Per mi d'and lass hoo scuccaa badia 27),


el resgio de quel ioeugh el m'ha bandii:
Perch n'hoo mai savuu ch'el fudess Dia
E Dia doma lu sol, unegh e trii:

Che

De

Quell Ioeugh l lu el ten tuttcoss in bria,

el

comanda a

bacchetta, e l' ubbedii,

beat quell tantin de

Che

mond

per rivagh el gh'ha

Come

l' insci,

la

glie disi,

Cristian

carta in

te

man.

scongiuri

Per quell Dia che no t'ee mai cognossuu,


Levem prest de sto Ioeugh de mal inguri,
Menem gi tra quij trist pesg imbattuu,
Che pensand che despoe voo in ciel, te giuri
Che la camisa no me tocca el cuu:
Mi ghe tabacchi adree
Fa prest. El va
Cq) pass pu curt per no schisciagh i pee.

82

NOTE.
1) Questa traduzione dal Porta fu dedicata all'amico
Giuseppe Bossi colla seguente strofa:

AL PITTOR

pittore

e letterato

BOSS.

De gi che t' vegnuu per badee


De vede coi t oeucc el pover Dant

a)

In sta figura de ciccolatee, i)

mandi col primm cani:


Guardel e, dopo avell guardaa ben ben,
Conclud ch'el par on scior e) vegnuu al men.
Soddisfet, che tei

a)

t'

vegnuu, ecc.

frase

che equivale a

capo

t' frullato pel

>>.

h) figura de ciccolatee: figura ridicola.


e) scidr ecc.

ricco decaduto.

2) farioeu: ferraiolo, tabarro.

3) folon: paura.
4) rottoeuri: crepacuori; v.
toeuri e di

magon.

in

Frammento

del canto III:

"

AI

paes di rot-

"

Lament

5) locc: scherzi; v.
cap, di locc, el pader di

legrij.

del Marchionn, p.

ott

I,

3 "Seva....

El

"

6) strocc: busse.
7) barlicch: demonio; Berlicch (v.

8) zoUagh
a

zolla,

verbo

CASTI,

nel

Re

Teodoro).

per appoggiate; quindi appoggiare

alt. antiquato,

lui.

9) tavana: tavan

corbellare.

10) io6: paura, timore.


11) Vens.... de raaross: venne

(s

fin.

del passato

remoto).... per

giunta.

12) tpiosser: avaro, pidocchioso.


13) pescuzi: peculio.

Ricordare lo scherzo fatto


14) bordoeu: befana.
e scoprendosi il volto al grido di "bordoeu.... setti"
15) r

li

ajbella

come

" l'

bella

"

egli

7) dia : dei

v.

bambini, coprendosi

gi un pezzo.

16) ponzella: Avemaria infilzada (CHERUBINI).


1

ai

penultima ottava di questo canto.

ti

18) Plinio (lib. VII, cap. 30) riferce che 'il Divo Auguito non volle
abbruciaucro
carmi di Virgilio quantunque il poeta l' aveue comandalo
i

nel tuo tcttamento.

19) l
il

83

traa,

'

ecc.: letteralmente 'hai gettato

un bollore'

cio,

ti

d volta

cervello.

20) Porta senz'altro

identifica

il

veltro danteico per

Can

della Scala, li-

gnote di Verona.

21) quej: per guai

22)

in partendel:

23) de

el

qualche.

letteralmente

in pretenderlo,

cio in contendertelo.

tghimbiett: diede lo tgambetto, tbuc fuori.

24) ona missceulta: una miriade.

25) tgazzotten

tgazzott e tgarzottA (tcherzare), qui ha

26) col bon-pro-fazza

27) hoo icuccaa badia


colato.

'

col
:

ho

buon pr
fallito

la

ti

il

tento di gaudio.

faccia.*

badia,

non tono

ttato

immatr-

CANTO SECONDO

Lo giorno se n andava, e V aer bruno


Toglieva gli animai, che sono 'n terra
Dalle fatiche

loro;

ed

io sol

M'apparecchiava a sostener
S del cammino, e

Che

O
O

ritrarr

Qui

la mente,

Musa, o

mente,
si

che

uno
la guerra

della pietate.

che non erra.

alto 'ngegno,
scrivesti ci

or m'aiutate:

ch'io

vidi.

parr la tua nobilitate.

r cominciai: Poeta che mi guidi,


Guarda la mia virt s'ell' possente,
Prima^ch' all' alto passo tu mi fidi.

()

FRAMMENT DEL CANT SEGOND

Vegneva inanz la noce de meneman


CK'el d ci ghe renunziava el so posscss:
Tucc dormiven, no gh'era in lutt Milan
Fors nancl cent lengu de donn che se movess;
Doma mi seva in pee tra tane sognan
Su ona strada mal conscia che fa s'cess '),
Parcffgiaa a tutt quij guaj che sentirii
FedeTment reportaa in cant trentatrii.
Musa, che

in grazia tova

de Boeu

Ho toh su del Majester de Gramatega


On brovett 2) de sardell e de pignoeu ^),
No me fa com'el solet la lunatega,
Che

de compensamm l' quell d'incoeu:


pee di vers, che te see pratega,
i
E ti memoria fa el t spicch anch ti,
Che con di oeuv fresch te juttaroo anca mi.
el

Cinlem

di
ti

Sul fa di donn, che inanz d'and al teatter


Consuiten specc, sart, serv e perucchee;
Ne se moeuven de c fin che sti quatter
No han decis de concert ch'hin bei assee;
Insci anca mi, per no ris'sci on scarpiatter ^),
El preghi de squadramm de capp a pee.
Per decid se de giung son assee franch
Finna a la prima ventalina ^) almanch.


Tu

86

che di Silvio lo parente,


ad immortale
Secolo and, e fu sensibilmente.
dici

Corruttibile ancora,

Per

se l'avversario d'ogni

male

Cortese fu, pensando l'alto effetto


Ch'uscir dovea di lui, e'I chi, e 7 quale.

Non

ad uomo

pare indegno

d'intelletto.

Ch' ei fu dell'alma Roma e di suo 'mpero


Nell'empireo del per padre eletto;

La
Pur

quale, e

stabiliti

U' siede

il

7 quale

(a voler dir lo vero)

per lo loco santo

successor del maggior Piero.

Per questa andata, onde li dai


che furon cagione

tu

vanto.

Intese cose,

Di

sua

vittoria,

e del papale manto.

Andovvi poi lo vas d'elezione,


Per recarne conforto a quella fede,
Ch' principio alla via di salvazione.

E
E

quale quei, che disvuol ci che volle,


per nuovi persier cangia proposta.

S che del cominciar

Tal mi fec' io

in

tutto si tolte;

quella oscura costa;

Perch pensando consumai

Che fu nel cominciar

la 'mpresa

cotanto tosta.

Pcei seguiti:

Eneja

l'

Minga

Te

andaa gi

87

diset

che a

vestii

l'inferna

e colzaa

ne per stagh nanca in eterna >sont cert che se 'I gh' andaa
Minga ai so meret l'ha concess l'Eterna
Ma a qui) de la soa gran posteritaa:
Insci anch nun femm la cort a ona rabbiosa
Mamma veggia e insofribel per la tosa.

Mi

De
Che

in sogn,

el credi;

falt

ma

temp ciar come on spccc


minga vegnuu al mond
micch come parecc,

s' vist col

Eneja

sto

l'

Per destrug di
Ma che dal sapientissem e profond
Ingegn de quel! che sta de sora i tecc,
L' staa creaa per el so fm segond,
Idest perch de li nassa chi sappa
Fonda Roma e on bon regn de god el Pappa.

Per

sto viacc che t'ee scritt con tant ingegn


ha savuu ch'el doveva ave vittoria;
Per quest l'ha combattuu, l'ha quistaa on regn
Prenzipi al Pappa e a l de tanta gloria,
E se d'and al terz Ciel no l' staa indegn
Sant Paol anca l bonna memoria,
L' staa per porta indree de quij notizi

Che

ten lontan

ledei dal prezipizi.

In sul fa di Franzes del temp present


Che, dopo ave struppiaa paricc nazion
Per rendij come lor indipendent,

Cambien

tre

voeult a l'ann costituzion

E distruggen tutt
Me sont cambiaa
Prevals

infin

tra

Quell de salva

coss in d'on moment.

ancam d'opinion;

tane penser e intrigh


la

panscia per

Bgn.

88

Se io ho ben la tua parola intesa.


Rispose del magnanimo quelV ombra.
L'anima

tua da ciltaie offesa;

La qual molte fiate l'uomo ingombra,


S che d'ornata impresa lo rioolve.
Come falso ceder bestia quand'ombra.

Da

questa tema acci che tu

Dirotti perch'

i'

cenni,

Nel primo punto

e quel,

che di

te

mi

ti

solve,

ch'io'ntesi
dolve.

Io era intra color, che son sospesi,

donna mi chiam beata e bella;


Tal che di comandar io la richiesi.

J^

89

El Gran Vergili el soit su a sto pass:


par, se no noo capii Roma per Tomma,

Me

Che

De

se sia tolt el spass

viltaa la

la

toei

ficc

t coeur per fagli

el

Che no gh' che

De

cambia on

omm

in

destoeull dal fa ben,

Che

fann

Ma

ai

la

tomma:

costee che p vantass

passer cert

d'on asen de somma


con quij spaurasc
bambocc de strasc.

adess che sont chi mi,

sta

brutta stria

L'ha propi d'ave grazia a ficca el veli 6).


Stoo de c al Limoo e hoo minga faa tane mia
Per vegn chi de lee a tocu su i sardell;

De

sto loeugh,

giuradi vui ruzzat via

Se gavess anca de giont la peli;


L'hoo promiss a ona donna, e sta sicur,
Quand prometti mi ai donn: Zorcch ti e mur^).

NOTE.
1)

fa

RUBINI,

t'ccM
alla

V.

fa

paura, nel

leiuo

di

mettere

concitamenlo.

(v.

CHE-

icagg).

2) brovett: da Broletto (mercato): cio gran quantit.


3) sardell

e....

punte delle dita

pignoeu:

palmata

sul

dorso della

mano

battitura

sulle

riunite.

4) scarpiatter: scerpellone, strafalcione.


5) ventalina: insegna.

6)

ficcit

el veli: alzare la

gran vela.

7) Zorocch ti e mur: allusione alla leggendaria ingiunzione di un soldato


croato al cittadino di rinculare insieme col muro; turucch: parola tedesca

indietro.

CANTO TERZO
Per me si va nella citt dolente:
Per me si va nell'eterno dolore:
Per me si va tre la perduta gente.
Giustizia mosse

Fecemi

7 mio

alto fattore:

la divina potestate.

La somma

sapienza, e

7 primo amore:

Dinanzi a me non fur cose create


eterne, ed io eterno duro:

Se non

Lasciate ogni speranza

voi,

che

'ntrate.

Queste parole di colore oscuro


scritte al sommo d'una porta:

Vid'io

()

FRAMMENT DEL CANT TERZ

Dessora a ona portascia, che someja


quella gran sgavasgia de dragon
Che metten foeura al convitaa de preja '),
Gh'eia scritt ti paroll cont el carbon Porla che mena all'eterna boreja^)

Al

paes di rotloeuri e di magon:


passee, no lusinghev on corna
trovagh el calessi de ritorna.

Gent che

De

S'ciavo sur mascheri chi ghe va ghe resta:

Son staa faa per castigh de la malizia


Di angior che han creduu de alza la cresta,
E de quii che con lor strengen missizia. *
Dio el m ha faa per vess eterna, e questa
L* la sentenza de la soa giustizia,

E
Se

a quij eh' denter poei ghe la perdonna


la ciamen giustizia bozzaronna.

NOTE.
dramma // conesponeva un cartellone di ribocca spalancata (igavasgia) del Dragone infernale.

1) In occasione della rappresentazione del


vitato di pietra, derivato dal Don Giooanni,

chiamo

raffigurante la

2) borja: sciagura, malanno.

popolarissimo

si

CANTO QUINTO
Cos discesi del cerchio primaio

Gi nel secondo, che men luogo cinghia,


tanto pi dolor, che pugne a guaio.

Stavvi Minos orribilmente, e ringhia:


le colpe nell'entrata:

Esamina

Giudica, e manda, secondo eh' avvinghia.

Dico che quando Fanima mal nata

Li

vien dinanzi,

quel conoscitor delle peccata

tutta si confessa:

Vede qual luogo d'inferno

da essa:

Cignesi con la coda tante volte.

Quantunque gradi vuol che

Sempre davanti a

Vanno a

lui

sia gi messa.

ne stanno molte:

vicenda ciascuna al giudizio:

Dicono, e odono, e poi son gi

volte.

tu, che vieni al doloroso ospizio.


Disse Minos a me, quando mi vide.

Lasciando

l'atto di cotanto ufzio,

(*)

FRAMMENT DEL CANT QUINT

Dal primm

de

sere

sto

gran pedrceuron

Son calaa gi adrittura in del segond


Che l' pu strenc del primm, ma, di mincion!
La mamma de l'asee') l' giust sul fond:
Chi gh' Minoss

Che

in toga

e collaron

de l'olter mond,
ch'el manda ognidun per la part seva
sentenzia chi ven

Segond

ch'el se intorta adoss la cova.

Vui m

Minoss con el so ingegn


peccaa de quij meschin,
E dopo con la cova el ghe fa segn
D'and dove je porta el so destin,
E la eoa la ghe serv come l'ordegn
Ch'han piantaa, adess eh' poech, sui Campanini);
Cunten
voeult che li el se sercia sii,
E tutt i voeult vann gi on basell de pi.
El ved

d che

tutt

De

povera gent d'ora e strasora


ha denanz semper on basgioeu 3),
De moeud che noi porav trova '1 quart d'ora,
Sei ghe n'avess bisogn, de fa i fatt soeu;
sta

El ghe

n'

botta e risposta, e fora fora

Gi per

Ma

la

gran pignatta di fasoeu:

quand Minoss

El pianta

el

l'ha guardaa in motria a mi


mestee per dimm insci:

94

Guarda com' entri,

e di cui tu ti fide;
t'inganni l'ampiezza dell' entrare.

Non
E'

duca mio a

perch pur gride?

lui:

Non impedire 7 suo fatale andare:


Vuoisi cosi col dove si puote
Ci che si vuole: e pi non dimandare.

Ora incomincian

le dolenti

note

formisi sentire: or son Venuto


L dove molto pianto mi percuote.

Io venni in luogo d'ogni luce muto.

Che mugghia, come fa mar per tempesta,


Se da contrari venti combattuto.

La
Mena

bufra infernal, che mai non


gli spirti con la sua rapina.

Voltando e percotendo

Quando giungon
Quivi

le strida,

e'I

Bestemmian quivi

resta,

gli molesta.

davanti alla ruina,


compianto, e

la

virt divina.

lamento.

O
De

che

ti,

vcgn in

Guarda

toh sto magher spass

te set
sti

95

miseri a curiosa,

che per el tropp (dass


rogna de gratta;
Ma Vergili el respond: Fa no el smargiassi
L'uss l' grand, e l' avert, lssel passa;
Chi le manda el p tutt, e ti nagotta,

No

el

fatt

te quistassct

Donch

no cerca chi

pintela, e

ha

rotta.

Chi el comenza davera el bulardee^):


che piang, oh che sgaar che passa i oreccl
No gh' lumm de vedegn a pond i pee.
Se sent certi fraccass che metten frecc;
ZiffUa el vent, che par che sien adree
scareg tempest con l'acqua a secc

Oh

Sto danzen d'on turben noi desmett


rotolass adree i anem danaa
Pestandij come carna de polpett
Contra d'on prezipizi mal inguaa.
Chi insci boeugna senti che Bell motett
Che canten al Signor che j' ha creaa:
Che disen robba contra l e i so sant,

De

Che on

faccaree noi ne

p d

oltertant.

NOTE.
1)

mamma

2) Allude

de l'asee:

la

feccia,

ai telegrafi aerei,

lano e Venezia nel periodo dal

3) Iwtgioeu: stuolo,

1803

frotta.

4) bulardec: chiasso,

il

fondigliuolo dell'aceto.

a segnali, posti sui campanili (ra Parigi,

putiferio.

al

1810.

Mi-

CONTINUAZIONE
DEL

CANTO QUINTO
Noi leggevamo un giorno per diletto
Di Lancilotto, come amor lo strinse:
Soli eravamo e senza alcun sospetto.

Per pi
Quella

Ma

fiate gli occhi ci sospinse


e scolorocci

lettura,

solo un punto

viso:

fu quel che

Quando leggemmo

il

ci vnse.

disiato riso

Esser baciato da cotanto amante;


Costui che mai da me non fia diviso,

La

bocca mi baci tutto tremante:

Galeotto

fu
Quel giorno

il

libro,

pili

non

e chi lo scrisse:
vi

leggemo avante.

(*)

ALTER FRAMMENT
DEL

CANT QUINT
Leggevem on
I

beli d per noster spass

aventur amoros de Lanzelott:

No gh'eva terz incomod che seccass,


Stoo per d s'avarav poduu sta biott;

rivand in del leg a certi pass

Ne

vegneva
i

la

faccia

de pancott,

come a

nost oeucc se incontraven,

Perch non

pomm

fa istess

Ma

quand semm vegnuu


El sigilla a Zenevra el rid
Col pu fogos e s'ciasser

anca mi e

che
bocca

al pont,

in

di:
ti?

Paladin

'1

di basin,

Tult tremant el me Pavol me ne imbrocca


Vun compagn, eh' el ne fa de zoffreghin
Ah liber porch, fceul d'ona baltrocca!
Tira gi gahott, che te see bravo:
Per tutt quell di gh'emm miss el segn e s'ciavo!
:

NOTA.
I) s'ciasser:

serrato, sonoro,

che fa scoppio.

CANTO SETTIMO
Pape Satan, pape Satan aleppe.
Cominci Plato colla voce chioccia:
quel savio gentil, che tutto seppe.

Disse per confortarmi : non ti noccia


paura, che poder ch'egli abbia.
torr lo scender questa roccia.

La tua
Non ti

Poi

Consuma

Non

a quella enfiata labbia,


maladetlo lupo:

si rivolse

disse: taci

dentro

te

colla tua rabbia.

senza cagion l'andare al cupo.

Vuoisi cos nell'alto, ove Michele


F' la vendetta del superbo strupo.

Quali dal vento le gonfiate vele


Caggiono avvolte, poich l'alber fiacca;
Tai cadde a terra la fiera crudele.
Cos scendemmo nella quarta lacca,
Prendendo pi della dolente ripa,
Che 7 mal dell' universo tutto 'nsacca.

FRAMMENT DEL CANT SETTIM

(*)

Ara beli' Ara discesa Cornara ')


El sciame, in ton de rafreddor, Pluton
Ch'el fava on rabadan de trenta para;

Ma

sapient e cainon, 2)

Vergilli,

Per confortamm et dis: Lassa magara


Ch'el te diga bus negher, gajaffon!^)
Te sjjecci ai irii pessilt e ona mazzceura
vede chi de nun restar foeura.

^)

Pce el se revolta a quel brutt muselott


el ghe dis: Alto l, 165 malarbett!

Manget el Bdegh, crenna^) e di nagott;


Sont chi d'orden de quell ch'el t'ha faa mett
Foeura del paradis, ti e i toeu rabott^)
Coi brasc de Sant Michee so mazzasett,
Tant che '1 t spazzament l' fin staa assce
Per digh anm al spazza ^), fa Sant Michee.
Tal e qual per on vent strasordenaii
squinterna ona rogor strcmenada,

Se

Tonfata! l Pluton coi

pitt

quarta valada

nun, gi prest in

la

l'ari;

Del condutt che regceuj i tanci e vari


Pecadasc de la gent malsabadada ^),

Come
I

regoeujen

cazzoeur e

tutt

porcarij

posciander^) di

ostarij.


Ahi
Nuove

giustizia di Dio,

Come fa
Che

si

tante chi stipa.

travaglie e pene,

perch nostra colpa

100

quante io viddi?
ne scipa?

l'onda l sovra Cariddi,

frange con quella

in

cui s'intoppa,

Cos convien che qui la gente riddi.

Qui

vid'io gente pi ch'altrove troppa,

d'una parte e d'altra con grand' urli


Voltando pesi per forza di poppa:

Percotevansi incontro, e poscia pur li


Si rivolgea ciascun Voltando a retro,
Gridando: perch tieni, e perch burli?
Cos tornavan per lo cerchio tetro

Da

ogni mano all'opposito punto.


Gridandosi anco loro ontoso metro.

Poi si volgea ciascun, quand'era


Per lo suo mezzo cerchio, all'altra

Ed

io

giunto.
giostra;

ch'avea lo cuor quasi compunto.

Dissi: Maestro mio, or

Che gente

questa,

mi dimostra

e se tutti

fur cherci

Questi chercuti alla sinistra nostra.

Ed egli a me:
S della mente in

tutti

quanti fur guerci

la vita primaia.

Che con misura nullo spendio


Assai la voce

lor chiaro

ferci.

l'abbaia.

Quando Vengono a' duo punti del


Dove colpa contraria gli dispaia.

cerchio.

101

picch in Mllan per Santa Crs


che no gh' chi anem danaa,

Gh' manch

De

E
1

quell

se incontren fors

nost carocc

De

de

manca

sira

'0)

furios

per

straa

quell che, sbragaland a tutta vos,

Se incontren

lor

mitaa centra mitaa,

Voltand coi oss del stomegh certi prej


Robba de spu sangu doma a vedej.

dove se incontren: pattaton!


cert toccabs de resta in botta,
Pcei se volten vun l'olter el forlon
l

Se dann

Dandes

del stralatlon, pensa-a-nagolla,


ca, del piaeucc, lesna, tegnon,

Del strappa

E infn tornen de capp con sta villotta ")


Tutt quant i voeult che per l'istess sentee
Passen inanz-indree-bartolamee.
rodonda
malandrinna
Tremava come avess ciappaa la bionda ^^),
E sentendem in coeur come ona spinna
Preghi el me brav guid ch'el me responda
S'hinn preet, o n costor a man manzina.
In del vedej su sta strada

fa

semper

Che ghan

sul

sta vita

eoo quel carsenzin de

lu subet el

dis,

tutta

sta

biott '^).

gent

L* gent che ha vivuu al mona senza giudizi:


Part han trasaa el fatt so spacciadament
Lassandes mena a scceura di caprizi,
Part han squas nane mangiaa per

De

baratta

danee col so

Quaa de quist sien


Quand se trucchen

poei

tra lor,

el

spavent

servizi:

prodegh, quaa i avar


sei canteo ciar.

102

Questi far cherci, che non han coperchio


Filoso al capo, e Papi, e Cardinali
In cui usa avarizia il suo soverchio.

Ed

io: Maestro,

tra questi cotali

Dovre' io ben riconoscere alcuni,


Che furo immondi di codesti mali.

Ed
La

egli

a me: Vano pensiero aduni:

vita, che i f' sozzi.


ogni conoscenza or gli fa bruni.

sconoscente

Ad

In eterno verranno al li duo cozzi:

Questi risurgeranno dal sepulcro

Col pugno chiuso; e questi

Mal

Ha

dare e

tolto

Qual

loro,

ella sia,

Or

mal

coi crin mozzi.

tener lo

mondo pulcro

e posto a questa zuffa,

parole non

puoi, figliuol,

ci

appulcro.

veder la corta buffa

De' ben che son commessi alla fortuna.


Perch l'umana gente si rabbuffa.

Che

che

Non

tutto

fu

l'oro,

gi,

eh' sotto la luna,

di quest' anime stanche

ne potrebbe far posar pur una.

Maestro, dissi lui, or mi d anche:


Questa fortuna di che tu mi tocche,
Che , che i ben del mondo ha s) tra branche?

Quist

Hin

poei

che ghan

103

sul

eoo

sant a on tant
Capazz de vend
Coin se la fujs carna d'animai,

la

Capazz, per

De

carsenzetta

la

propi prel, e papa, e cardinal;

el

valor d'ona stachetta,

spetasciass el

Capazz cont on

De

fetta

muio

pretest,

col messal,

senza

fa

goss,

brusatt viv in piazza, e toeutt tult coss.

M'eva

pars de cognossen quajghedun,


Vergini el me dis che no gh' el piatt '^).
Che saran cognossuu mai da nessun
Perch han sbregaa el so nomm col viv de matt,
Che se truccaran semper, e che nun
Emm da vedei in la vali de Giosafatt
Quist coi pugn sirene, e quij con biott la gnucca
hors perch han destrugaa fin la perucca.

Ma

Per eccess de bandoria '5) e de avarizia


perduu on post in Ciel per quistall chi;
Se in del fa sto baratt ghan vuu malizia,
Senza fagh oltra franza, pnsel ti;
Eppur gh' tanta gent che se incaprizia
Di ben de la fortuna tutt i d.
Che fann boja e scuriee '6) pegora e lff,
Vitt de can per quistaj, e non hin che on boff.

Han

che se p>odessen anch portass


quant pesa tutt el mond,
No poderaven nanch per quest settass,
E tira el faa doma on minutt segond.
Ma sta fortuna, che fa avolt e bass
s

Adree

tant or,

Come
Donna
Chi

la

voeur, e la fa

part sul tond.

e patronna lee del bon, del beli,

l'? Vergini, podarav sa veli?


Ed

egli

Quanta

Or

104

a me: o creature

sciocche,

ignorarza quella che v'offende!

vo' che tu

mia sentenzia ne 'mbocche.

Colui lo cui saVer tutto trascende.


Fece li cieli e die lor chi conduce;
S ch'ogni parte ad ogni parte splende.
Distribuendo ugualmente la luce:

Similemente agli splendor mondani


Ordin general ministra e duce,

Che permutasse a tempo

Di

li

ben vani

gente in gente, e d'uno in altro sangue.

Oltre la difension de' senni umani.

105

creatur
sclama:
broeud di gnocch, sii pur coco,
Ma sci a mi a morisnaU ^^) sto boccon dur:
Dio el f ciel e terra, e per resgio
El g'ha daa el so per no fai resta al scur;
E quest el d on poo a tucc del so s ciaro:
El mond idest girand, e el so al so post,
Come sarav el Foeugh, e el menarost.
lu subet el

Negaa

in del

ristessa manera el g'ha mettuu


Fortuna per resgiora ai ben mondan,
E lee l' quella che menna el cazzu
E che je fa passa de meneman
De gent in gent de nass e gi nassuu
(Sovent voeult malament, come in Milan)

NOTE.
verai <li una cantilena dialettale, usata dai fanciulli per estrarre
deve pel primo eseguire un tal giuoco. Evidentemente il Porta
ignorava il senso di questa * filastrocca * della quale si hanno molte varianti,
anche in alpestri paeselli: il signor Pellandini Vittore ne ha raccolte sette, del
Canton Ticino, che mentano di essere segnalate a chi si interessa di poesia
popolare e di canti fanciulleschi (cf. PELLANDINI, Tradizioni Popolari 77cfresl, Lugano, Grassi e C, 1911; v. pag. 16 e seg.).
La nostra Ara belara trov un illustratore in Defendente Sacchi, il quale
ne fece una Novella per un Almanacco del 1832; da cui Giovanni Ventura
trasse soggetto per un dramma, che intitol Ara, ecc., oia il RavoeJimenlo
del conte. Tomaio Marino. Milano, Girlo Vermiglia, 1833 (CHERUBINI, Vocabolario Mil.-lta., voce: Ara).

1) Primi

a sorte

chi

2) gainon: matricolalo.

3) gajafion: galioffo.

4) ini pesili e ona mazzoiura : penultimo verso della * filastrocca ' che
terminano dicendo: 'quest' dent e quest' fceura. '

fanciulli milanesi


5) crenna:

106

rditi.

6) rabott: bravi, scherrani, piazzaiuoli.

il

7) spazza: sgombro, che a Milano per antica consuetudine tuttora


giorno di S. Michele (29 sett.).

6) malsabadada

mal

le

cazzuole (piatto milanese popolare) e


fasta tradizionale

10) per Santa Cros: per la


accorre molta gente dal contado (p/cc/i).
1

villotta

fa

foggiata, malassettata.

9) cazzoeur e posciander

si

canzone rusticana,

villereccia

del 3 maggio,

gli intingoli.

alla

quale

ritornelli.

12) bionda: ubbriacatura.


i3) carsensin de biott: chierica, rotondo
di

nudo {de

14) ho gh' el piatt


1

5) bandoria

focaccetta {caisensiri)

non vale

flagellavano, e

la

pena.

baldoria.

16) scuriee: battuto, flagellato;


si

come una

bioti),

accompagnavano

17) morisnatt: ammollirti.

membro
al

della confraternita di coloro

patibolo

condannati a morte.

che

SESTINE

DESGRAZI DE GIOVANNIN BONGEE


(1812)

De gi, lustrissem, che semm sul descors


De auij prepolentoni de Frances,
Ch'el senta on poo m adess cossa m' occors
Jer sira in tra

Giust
Sloffi

in
')

noeuv e mezza e

des,

quell'ora che vegneva via,

e stracch

come on

asen,

de

bottia.

Seva in contraa de Santa Margaritta


andava insci beli beli, come se fa,
Ziffoland de per mi su la mia dritta,
E quand sont l al canton, dove che sta
Quel pessee che gh'ha foeura i bej oliv.
Me senti tutl a on bctt a d: Chi viv?

Vardi inanz, e hoo

Di cardon

capii

de

l'infiler

2) e del strpet di sciavalt

Che sera daa in la rondena, e che


La rondena senz'olter di crovatt; 5)

mi,

vedend

Fermem

la

l'era

rondena che ven,

senza moeuvem: vaia ben?

no

Quand

m'hin adoss che asquas m'usmen


tutt, che l'era el tamborin,
Traccheta! sto asnon porch del Monferraa

el

fiaa,

El prim de
El

me sbaratta in faccia el
me fa vede a cn bott

el

ris'c

de inorbimm

lanternin
so,

luna,

come on

steli,

franguell.

Sera tanto dannaa de quell'azion


diniriguarda s'el fudess staa on olter;
Basta, on scior ch'era impari a sto birbon

Che

(Ch'el sar staa

el

sur respettor senz'olter).

Dopo avemm ben lumaa, el me dis: Chi


Che mester fate? in dove andee? dicete.

siete?

Chi sont? respondi franco, in dove voo?


Sont galantomm e voo per el falt me;
Intuita 4) poe del mestee che foo,
Ghe yen quejcossa de vorell sav?
Foo el cavalier, vivi d'entrada, e m,

Ghe

giontaravel fors quejcoss del so?

Me par d'avegh parlaa de fioeu polid;


N'eel vera? E pur, fudessel ch'el gh'avess
Ona gran volentaa de tacca lid,
che in quell d gK'andass tusscoss in sbiess,
El me fa serci su de volt o des,
E l el me sona on bon felipp 5) de pes.
'

Hoo faa mi do o tre voeult per rebeccamm


Tant per respondegh anca mi quejcoss.
Ma lu el torna de cap a interrogamm
In nomo de la legge, e el solta el foss;
E in nomo de la legge, gi se sa,
Sansessia, ^) vaia ben? boeugna parla.

botta e resposta, e via d'incant:

Chi siete? - Giovannin - La parentella? Bong - Che mester fate? - El lavorant


De frust 7) _ Presso de chi? - De Isepp Gabella In dove? - In di Tegnon Q) - Vee a spass? - Voo al cobbi
In c de voi? - Surs - Dove? - AI Carrobbi.

9)

Ili

Al Carrobbi! In che porla? - Del piattee Al numer? - Vottcent volt - Pian? - Terz; e
Eel satisfaa m adess; ghe n'iial assee?...
Fussel

inc

franchezza mia de mi,

la

domandamm,
come on salamm.

ch'el gh'avess pu nient de

E!

me

va, e el

Ah,

Le
El

lustrissem, quest chi l'

on zuccher

sentir

Che

pienta

anm on

foretton resguard al

adess

el

sorbelt,

resi;

beli casett

gh'era pareggiaa depos a quest;

Propi vera, lustrissem, che

Hin

come

pront

Dopo

la

pocch viorin

sto

battost

tavola di ost.
^^),

gris

come on

sciatt

Corri a c che no vedi nanch la straa;

Foo

per derv el porteli, e el troeuvi on

tratt

che avei^ e sbarattaa


Sta a vede, dighi subet, che anca chi
Gh' ona gabola anm contra de mi.

Nient

olter

Magara

on terna al lott.
ghe lassava el segni
scara
sto li on bolt,
in sui basi] de legn,

insci el fudess staa

Che almanch

sta vceulta

Voo

dent

ciappi la

Doo

a ment

e senti

Dessora inscima, arent al spazzac


Come sarav on sciabel a scita.

'2),

Mi a bon cunt saldo li: fermem del p


De la scara
e, denanz de ris'ci on pien
Col hdamm a and su, sbragi: Chi l'?

Coss'en

A
Al

disel,

lustrissem, vaia

'3)

ben?

cerca rogna insci per spassass via


di d'incoeu s' a temp anch quand se

sia.

Intant nissun respond; e sto tricch tracch

El

cress,

Ghe

Ma

anzi el va adree a vegni debass....

soni

anm on Chi

oh dess

InBn

Sav

poei,

^^),

l'

l'? pu masiacch '4);


pesg che ne parla coi sass;

a quante mai, sbragi: Se p

chi r ona voeulta,

si

o n?

")


Cristo! quanti pensar

112

hoo paraa via

In quell atem che seva adree a sbragi!

M* fina vegnuu in ment, esussmaria!


Ch'el fuss el condam reficcio 1^) de c,
Cli el compariss l insci a fa penitenza
De quij pocch ch'el s' toh su la conscienza.
El

l' ch'el frecass el cress

fatt

anm,

ona pedana, oltra de quell,


Propi d'ona persona che ven gi;
senti

Mi

allora tirem

attacch al porteli.

Che, de reson, sei se


L ha de passa de chi,

Che semm nun

le
l'

voeur cava
ha de passa.

chi al busilles: fnalment

Vedi al ciar de la lampeda de straa


vegnimm a la centra on accident
D'on cavion '7) frances, de quij dannaa.
Che insci ai curt el me dis: Ett vo el mari
De quella famm che sta dessora li?

Mi, muso duro tant e quant e lu,


Respondi: Ovi, g sui mo; perch?
Perch, el repia, voter famm, mons,

L'

sacher diceu, e
gioii o non, ghe dighi, l'

tre

De mo

gioii,

de mi:

coss'hal

me

pie.

la

famm

m de cuntamm?

S che mo g vceu cocce cont elle.


Cocce? respondi, che cocce d'Egitt?
Ch'

el

l' el

vaga a

fa cocce in san Rafaell ^) ;


loeugh de cocce, s'el gh'ha el petitt!
'

Ch'el vaga foeura di cojon, che chi


No gh' cocce che legna: ave capi?

Cossa dianzen ghe

mo

solta,

cojon?.., e el volza

el dis:
i

man

Coman,
per damm.

Ovej, ch'el staga requi cont i man,


Ch'el varda el fatte so de n toccamm,
Se de n, dia ne libra, son capazz....
E lu in quell menter mollem on scopazz.

113

voeuna, e dl Sangua de di de nott.

Che

ghe dool
zoilem '9) de capp on scopellott;
Vedi ch'el tend a spettasciamm el eoo;
E mi sott cont on anem de lion;
E lu, tonfetal... on olter scopazzon.

noi se slonga d'olter, che

lu

Ah sanguanon!
Me sont sentuu
i

on colp de quella

se noi (udess staa che

M'han

sort

cavi] a drizza in pee,


i

pover mort

juttaa per soa crazia a torna indree,

Se no ciappi on poo d'aria, senza fall.


Sta vacuit, foo on sparposet de cavalli 20)

NOTE.
floscio,

1) slofii:

snervato.

2) cardon: traslato per


3) crovatt.

fucili

Nomina vansi

innanzi, le quali erano

innastati.

cos per ischerzo le

composte

Guardie Nazionali del 1802

di straccioni, storpi e veterani assoldati.

{Nola

dell' fiutare).

4) voce

latina

=: riguardo

5) felipp: propriamente
5 dicembre 1775 fu

a.

' testatico '

tassa

personale cos detta perch

7 milanesi, quanto valeva la moneta detta


sona on bon lilippo de pes ' in senso traslato, dare una ramanzina
solenne: forse al poeta arrise anche il ricordo delle filippiche di Demostene I
il

' filippo *

fissata

lire

'

6) sansessia: a ogni patto.


7) lavorant de frust: rattoppalore di abiti usati, garzone di rigattiere.

8) in di Tegnon : cioi nell'angiporto o * vicolo dei Tignoni * in via Alessandro Manzoni. Notisi il sale nell'avvicinamento delle voci * lavorant de frust '
e 'tegnon' sinonimo di avaro.

9) cobbi: da cubile,

letto,

dormire.

IO) viorn: seccatura, impiccio.


1

sciati

rospo.

12) spazzaci:

soffitta.

114

13) on pien: un guaio.


14) masiacch: marchiano, massiccio; qui nel senso di sonoro.
15) oh dess : oib.
16) reficcio: sublocatore della casa.
17) cavion: soldato (francese) con elmo a criniera.

18) in san Rafaell: nelle case poco pulite di via S. Raffaele, allora quarpopolare del centro di Milano.

tiere

19) zollem

pondera; accoccare.... uno scappellotto.

20) La continuazione venne

scritta in

Oltave;

v.

pagine seguenti.

ONA VISION
(1612)

On

certo reverendo fra Pasqua),

Omm

de gran ps in qua! se sia manera,


Tant a toeull de la part spiritual,
Come a toeull de la part de la stadera,
Vun de sti d de podisn ') al camin,
Pien come un porch, el fava on visorin.
L'va in c de d damm bonn religios,
Che, per no disturbagli quella quiett,

Mormoraven

intant a bassa vs,

pregaven de coeur Dio benedetl,


Ch'el stermenass con la soa gran bontaa
Tucc quij che secca i pret dopo disnaa.

Da

on'altra part

don Dieg ex-zenturon

2)

Teolegh, canonista e missionari,


On poo el juttava la mormorazion,
E on olter poo el sfojava el breviari,
Per tirass intrattant focura di pee
Quel Mattutin coiomber del d adree.

Ora m, don Pasaual, l' de notasi


Ch'el s'eva quistaa ci nomm, coi soeu sudor.
De sant e de paccion de prima class;
Tant che paricc credeven ch'el Signor,
Giusta in l'ora del chilo e del sognett,
El le mettess a part di soeu segrett.

116

bon cunl, col conzett ch'el


Soa reverenza l'va dispensaa

Da

ogni

Ronf
Senza

de creanza, anzi

att

se godeva,

podeva

el

3) tutta la santa podisnaa,

pericol mai che i d lustrissem


dassen del villan porch solennissem:

Ghe

Ma,

sta vceulta,

El fava

Insci foeura

Che

dormend

cert versari e certi

de l'orden

damm

sto don Pasqual


mocch

naturai.

minga de pocch,
Per paura che quai vision tremenda
La ghe fass perd la famm per la marenda.
i

s'hin spaventaa

quand pis a Dio, fnalment


'^j
torber come on rs,
E vedend i d damm tutt in spavent,
Curis de sa ve cossa gh' occors:
Basta,

El

se desseda

Che se
Che rivi 5)

consolen, Marchesinn, el dis,

adess adess dal Paradis.

Caspita, che bej coss l'aver visti

d i damm
Certament; hoo veduu,

La

soa

Esclamen

de
N'hoo

La

tutt

Mader

compagnia.

el dis.

Ges

Crist,

Santissima Maria,

sant e beatt,
vist

in

no cunti

baj,

assee de fann lece ai cavaj.

Dunque

l'aver vist nostra cucina,

baronessa, a cui ci hann

scritt

la

vita,

dame molte

e qualch pedina ^)
Scritt nel Suss 7) e dirett dai Barnabita?
Cara lor, s'hoo de dilla tal e qual,
el respond don Pasqual.
N'hoo vist nanch voeuna

Poi

altre

Ghe

Neanch'una!

Come mai?

In tanta gloria

sarebber fors mai sfuggii de vista?

bonna memoria,
i Pader Devecc,
semper ditt, ch'el Ciel l' di Sussista;
Dunque, repien ^), chi che c' l su,
De nostra conoscenza o soa de lu?

Catto!

Han

Per esempi,

Alfier....

Gh'c

el

respond, gh'c Mascaron....

gh' el so pessee de c:

Parin....

Metastasi.... gh' l'ost del Falcon....

Metastasi!...

damm

Quell pret che abbiamm

117

sclamen; se poi d!
sentitt coi nost orecc

biasimar lant volt dal bon

Devecc?

un p.
veduu?
Bovara ^), hoo vist Battaja.... el dis,
Ohib, ohib,
Mosca.... Pensa.... Vian.
Anch de sta sort de roba in Paradis?
No sai, che son de quej che l'ha daa in lista
El Devecc per Massoni a noi Sussista >

ch'el dica

d'alter chi hai

Hoo

vist

In Paradis

franchi-murator ?

Ma

sai minga, don Pasqual,


solament a conversar con lor
Se incorre in la scomunica papal?
Ma, caro lei, car don Pasqual, ch'el taccia,
Ch'el par che Dio el ci abbia voltaa faccia.

Se burlem?

Che

Intant,

per toeulla curta e vegn al sugh.

Con

sto sogn,

L'ha

ris'ciaa,

cuntaa sii insci de salamm.


don Pasaual, de fass d el rugh
Da la c e da la tavola di damm.
Se el canonista e teologh don Diegh
Noi ghe trovava subet on ripiegh.

Cestii el gh'ha faa vede, che don Pasqual,


Per vess staa in del disn on poo intemperant.
L'ha squilibraa col fsegh el moral
Ch'hin i potenz ") in sogn predominane
;

Che dislinguenJum est in casu


Quod detur causa ph^sica aut

tali

morali; '2)

E l'ha conclus infin, che l'ave vist


El Paradis coi sant e coi beatt
L' efiett moral, che ven de Ges Crist;

Ma
Che
L'

che,

edem

l'avegh vist
effett

fsegh,

ratione '3), el ten per fatt

insemma

framasson

che ven d'indigestion.

'O)

118

NOTE.
dopopranzo.

1) podisn:

2) ex-zenturon gi dei frati eremitani scalzi, che portavano una cintura di


cuoio; ma per la soppressione degli ordini religiosi passato nel clero secolare.
:

3) ronf: russare.

4) dessda:

si

sveglia.

5) rivi: arrivo.

6) pedina: persona influente.


7) Suss abbreviazione di Jesus. Cosi s'intitolava, all'epoca del primo Regno
una societ d dame milanesi, dirette dai Barnabiti della chiesa di
:

d'Italia,

S. Alessandro,

fratelli

De- Vecchi. Questa

Padri

tiche religiose e caritatevoli,

si

societ

oltre

alcune pra-

faceva notare per lo zelo degli interessi della

Corte Romana.

8) repien: soggiungono,

ripigliano.

9) Bovara, ecc: qui il Poeta enumera persone allora ben note; Bovara
Gio. Batt. ministro del Culto durante la Repubblica, il quale primo attu le leggi
eversive del patrimonio ecclesiastico e poi il concordato napoleonico; Battaglia
Gaetano, comandante le guardie d'onore del Re d'Italia Mosca Barzio marchese Francesco, direttore generale di polizia; Pensa Giuseppe, che appartenne
al Municipio di Milano durante la dominazione francese; e un Viani che si
;

sa essere stato valoroso ufficiale di cavalleria.

10) d
1

el

rugh: dare lo sfratto.

potenz

termine filosofico,

le facolt

umane.

2) distinguendum est, ecc si deve distinguere in


imputarsi a causa fisica ovvero a (causa) morale.
1

3) edem ratione : per

la stessa ragione,

tal caso, ci

che debba

per la medesima causa.

FRAA DIODATT
(-1815)

Fraa Diodatt de Tolosa, guardian,


Anzi definitor di Zoccolott,
Ammalastant ') ci pes del fabrian
E de cinq brazza in rceuda ^) de trippot,

El stava
Paricc

Ma

d'intend ch'el stava su


^), o a quaj rampon,

taccaa a quaj asa

bandonaa,

in estes,

Come

noce sospees in l'ari


d'on lampedari.

in sul fa

me doo

Cio,

Minga

tutt

or,

sarav

gemm

lu

de per

lu,

faa col savon:

Miracol ch'el saiav cross in ca mia,


Ma che in di fraa 1 ona mincionaria.

Ora ona

bella sira d'on estaa,

Cantand devotament

fraa Diodatt
El so vesper in cor coi olter fraa,
El s' vist a volzass tutt in don tratt
E and sii sii, beli beli, con on faccin
Mostos ^), com'el scisciass on busecchin

E
El
El

sii,

sofftt

e sii; quand
cont i brasc,

l'

el

squas

sta

on

li

5).

ch'el tocca
bott,

ona girivoeulta, e pocu l'imbocca


On bravo finestron con su nagott:
Molla i brasc, sbassa el eoo, sterza on poo'l cuu,
E fort 6) foeura di ball, chi ha avuu, n'ha avuu.
fa


Foeura

Per vede

Ma

120

fraa tucc in troppa, a la serenna,

el voi

de sova reverenza;

per quant corren, riven malapenna

vedel grand pocch pu d'ona carsenza;


come son mi,
qui] cont el cuu grev han scusa insci.

Deffatt quij di pee dolz,

Passa l'ora del copp 7) d'incoeu e doman,


Passa ona settimana, passa un ms,
Meneman l' chi l'ann, e el guardian
El seguita anca mo a sta gi di sps.
Resten i fraa ogni tratt coi ceucc per ari,
Locch e mncion pussee de l'ordinari;

Perch infin, per quant fussen persuas


Ch'el so Diodatt el fudess sant de bon,
Nonostant ghe pareva ch'el so cas
Noi fudess minga quell d'on ascension

Oh

catti

Elia,

la

diseven, nanch ch'el fuss Enoch,

Madonna,

Marcanagg!

quell marzoch ^).

coss'hal faa

de sorprendent

De

guadagnass la fin de sant Franzesch?


Che utel ghe n'ha avuu de lu el convent?
Se no gh'era i cercott ^) s stavem freschi
Si: l'ann passaa, che hin mort squas tucc i vid,
Se stava a li vorevem bev polid.
Basta, se vedar.

Quand poeu han veduu

Che

el

Han

faa on olter guardian

pussee grev al
miss di bonn ferrad

Han

on opera de matl,
pu bottoruu '0)
doppi de Diodatt;

specciall l'va

s'el

ai finestron,

voeur sgor '') anch

l,

l'

bon

patron.

Per, a gloria del santo Fondator,


El Pader general l'ha faa on decrett
Che de sto voi no s'en dovess descor
Sott penna de scomunega e interdetti
che l'va assee a di quant a Diodatt,
Che l' passaa a la patria di beatt.

De

121

cent dodes ann (sentii sto cas

il

restee

de stucch,

se

sii

Cristian)

che i fraa scennand in santa ps


No pensaven che al mond ghe fuss on can,
Senten invers la porta del convent
On malarbetto scampanellament.
Intani

Corr el fraa portinee, mezz a taston,


Bestemmand la pressa e quel che sonna,
E dopo d'ave vist dai boeucc del spion
Che Teva on fraa, o el pareva alla pattonna
Benedicite, el dis (razza de muj,
Sc'ioppa i fasoRU de fa tant cattabuj?)

Pax

vobis,

Malapenna

respond quell; e

el

se invia,

ch'el derv, al refettori.

Pian, ferma, cossa

Ma

lu,

Per

sta voeulta el

fai?...

l'oller

el

cria;

senza fagh oltcr responsori,


El slonga el pass, de moeud ch'el portinee

Ve

sii

falla

p dagh

mai imbattuu

l'uss

dopo vess

in

ns dedree.

el

quai ostaria

staa a piss,

E and in mezz'a tutt'altra compagnia,


Cantand cont i colzon mezz de lazza?
Ben: fee cunt press a pocch che per adess
El cas del refettori el sia l'istess.
Resten

fraa

de

gess,

come

incantaa,

vedess l denanz vun del so croeucc


Tutt a filapper ^^), sporch e spaventaa
Ch'el gira intorna mezza spanna d'oeucc;
E re sten tant de gess, che pianten l
Fin de bev e mangia, che l' tutt d.

El guardian, credendel el diavol


Ch'el vorress fagh passa ona mala sira,
Gattnes ''*) a la mej in pee del tavol,
E l, cont un coracg de milia lira.

Come

el

fuss sant

Dominegh

in persona,

Trinciegh gi on beli croson con

la

corona.

'2),

122

In nomm del Dio tremend di Cristian


Parla, el dis; chi te set? fa minga el sord:

Per quell
Ma....

lu el respond,

l,

mi no

me

soo....

sont el guardian;

senti tant balord,

Che, se noi fuss che seva chi ins arrent,


Credarev squas d'ave fallaa el convent.
Da], daj, sbraggen sii tucc, daj che l' on matt;
Fermll, lighll, denanz ch'el daga foeura.
Alto l, lu el repia, son fraa Diodatt;
No ve slonghee fraa becchi '5) bo-e-foeura '^),
Perch quel Dio che m'ha faa sgor

El ve dar del franch


Per fortuna

Di

'^)

noeuva de c.

guardian, fraa

el

noranta-trii fraa

Giann Maria,

de quell convent

L'va l'unegh che fuss staa in libreria,


E, per fortuna, ghe vegnuu in la ment
D'ave leggiuu, in non soo qual occasion,
D'on vi de Fra Diodatt, scritt su on carton.

E
El

tirandesel mej in la memoria,

le interroga

ghe

lu el

taj

del

squitta '^)

fatt

leggiuu;

tutta l'istoria,

Da

la qual se capiss, che avend creduu


D'ess staa in estes mezz'ora, a falla grassa,
El gh'eva staa cent dodes ann e passa.

Gi tucc i fraa in genceugg pese che ne impressa


domandagh perdon d'avegh faa on sfris:

Lu

el ghe perdonna,
El dorma, el mceur,

fraa,

Con d
Se

in

scenna, el se confessa,

memoria, en fan l'anniversari

pittanz

vorii

el

el torna in paradis;

de p de

l'ordinari.

sav el perch

percomm

Cent dodes ann ghin pars ona mezz'ora,


Ciappee el Prato Fiorito ^^), stampaa in Comm
Del milla ses-cent-quindes da una tal Fiora,

a fceuj dusent-settantacinqu se troeuva


Sta cossa frusta, che par semper noeuva.

123 -.

NOTE.
1)

unmaUuIant: nonoiUnte.

2)

in rocuda:

in circonferenia.

3) aia: gancio, anello.

4) mottot: propriamente

significa

sugoso.

3) busccchin: sanguinaccio.

6)

f rt

via

dal tedesco

I ;

fori,

va I

7) l'ora del cpp: cpp, tegola; il segnale della mensa nei conventi francescani dato battendo una tegola di terracotta oppure anche di ferro,

8) marzocch: allocco.
9) cercott:

frati

incaricati della cerca.

IO) bottoruu: fatto a botte, panciuto.


I

sgori

volate.

12) pattonna: da patlon, tonaca talare dei


in

religioti

e monaci,

cosi

detta

senso avvilitivo.

13) filapper: sbrendoli.


14) gattones: arrampicarsi colie ginocchia, andar carpone.
1

3) becchi

zucconi.

16) bo-e-foeura: Io stesso che holgirn, sciagurati, disgraziati.


1

7) del franch

per certo, del sicuro.

18) squitta: spiattella, sciorina.


19) Prato Fiorito: leggendario di vite di santi che ha questo

titolo.

EL VIAGG DE FRAA CONDUTT


(1816)

In sul def ') de Sant Ambroeus andemm


Ch'el trottava, el trottava, e via via
El se trovava saldo al post medemm,
Lassand de part on bott la sacrestia 3),

2),

Ghe diroo coss' occors, st'estaa passaa,


Al noster fraa Condutt, fraa desfrataa.
Fraa Condutt, come lor san mej de mi,
Per quella gran golascia del dinar
Come?... el cognossen minga? Oh questa chi

La me

reussiss propi singoiar!

Corpo de bio

Che

Oh
In

bion, possibel

sien lor soli che noi cognossen

ben,

pocch

come

paroll

l' insci,

nagott

ghen daroo mi

E se per sort Tincontraran in


Me savaran poei di s'el ghe

n?

de maa,

l'ideja;
straa.

someja;

Che on cap rar de sta sort sora tuttcoss


Var la fadiga de possell cognoss!
Fraa Condutt l' on magrozzer, on carcamm
pret, longh longh ch'el par on campanin,
Cont on dianzen d'on pomon d'Adamm
Ch'el ghe sbaggia 4) in l on mja el collarin;

D'on

Lendenon

el volt

5), coi palper besinfi, inninz ^),


a boeucc come el formaj de sbrinz.

duu

Sott a

Che

125

de ru(! e scarpignaa 7)
duu boeucc de scoldalecc,

zij

sbarlusca ^)

E poci sott duu stupendi carimaa ^),


E anm sott on bocchin (ina ai orecc,
E in su quell la segcella del moietta '^),
Che

gotta gi tabaccn su la basletta ")

cressegK i bellezz el gh'ha anca i pagn


Che, comenzand di scarp fina a la lum '^),
Hin de cinqu o ses negher descompagn,
Tan, puies, bordocch, martora, fum
Intersiaa a tassi],

strattaj,

Ah, ^hnl

listin,

sciffon del

Maggiolin

'3).

quest l' fraa Sist

Sicch

Pussee che ne on

han

vist

S'el soo mi che l'aveven de cognoss?


Sissignori,

l' lu,

propri (raa Sist,

Fradell de don Bernard del Borgh di goss

Che

l^),

Quant ghe dan el nom de fraa Condutt,


L' perch l' on porcon che bocca tutl.
in

Lu
Lu el
Lu el

fa

la

roeuda in

va magara con

Dedre d'ona

Lu el
Come

on sold

defatt per

el canta,

terra,

la cotta

in

oeuv e

pollaster

balla;

el

fa

vicciura '5) fina a

contratta la messa,
i

el

la

toma;

spalla

Roma;

esqui,

ofHzi

de pendizi.

Adess che semm d'accord

fina d'avanz
porch (salv per quell ch'el maneggia),
Ciappi el fil de l'istoria e tiri inanz
Drizz drizz, senza desperdem de careggia;
Sicch, i mee sciori, come ghe diseva
Adess, bellbell.... che pensa in dove seva.

Qumt

al

Donca

fraa Sist,

per quella gran golascia

Del dinar che el le rod e el le sassina,


El s' trovaa on beli d in de la mojascia '^)
Con trii impegn tutt al cuu in d'ona mattina.
Messa con ciccolatt al Paradis,
Corp '7) con candir in Borgh, torcia a Bovis.


E
No
Ne

126

siccome per tend de chi e de


gh'era minga terra de fa ball

^^),

a p se ghe podeva reuss,


resoli de cavassela a cavali,

L'ha

E, s'cioppa
De gi che

l'ha faa el spicch.

l'avarizia,

l'era in

Fornii el corp 20),

Borgh, de toe on boricch


faa el so noli,

prontaa

l'

'^).

asnin,

El se segna, el bettega on'orazion,


Poe el ghe solta de posta in sul sesin,
Jae vallee! d fancad cont i tallon,
On' impennada, quatter salt de cuu.
D legnad, d scorensg, e via tutt duu.

L'va un'ora o pocch pu de la mattina


el ciel luster e beli come on cristall;
Tirava on'aria sana, remondina 21),
Che ghe fava balla i lenden 22) sui spali;

el brucc,

El ghe

i
ramm che sporg in strada,
toder 23) de rusada.

sbroccand

strollava

Parascioeur e piccitt, de brocca in brocca,

Ghe

sgoraven denanz a fagh besbili,


con avert tanto de bocca,
L'andava per el gust in vesibili,

fraa Sisl,

Ruminand
Ch'el

ciel el

favor particolar

ghe compart a

lu

al

somar.

Insci in estes, godend on paradis.


L'aveva giamo faa ses o sett mja,

insci l'andava fors fina a Bovis,

Se a

dessedall 24) no ghe vegneva via


de qui] tai besogn, che fa and a p
desmont del trono fina i re.

Vun

L'ha avuu de

donch de scavalca.
el so compagn.
traversa la sces, de and a cerca
On quej trs 25) gi de man per i campagn.
In dove fa el so oeuv, foeura del cas

De
De

Che

lig in straa

grazia

a ona pianta

sinod possen reflignagh 26)

el

nas.

127

che scrusciaa in d'on busegatter 2^)


provvedeva ai sceu interess
E a quij de l' indelebil so caratter,
L'asen el se ingegnava in drizz e in sbiest
Se gheva on'erba de pippalla su,
Segond el so caratter anca lu.
Intrattant

Fraa Sisl

E
Per

el

voltes e revolles col dedree,

lungh de

el

la

corda, de chi e

l,

vora che fraa Sist l' tornaa indree.

L' vegnuu giusta in ponta a reuss


Voltaa col magazzin di saresitt 28)

Vers

De

regia zittaa di missoltitt 29).

la

l'raa

Sist,

che l'era minga quell

tal

omm

sospetta del prossem malament.

Savend d'avell lassaa voltaa vers Comm,


L'ha creduu ch'el dovess stagh permanent.

E
Le

senza olter cerca ne bianch ne negher,


desliga, el le monta e el va l alegher.

Doma

che, repassand per certe

sit

Che ghe pareven

e no ghe pareven,
El ciamava a quej picch 30) j'd va polit;
E quij, credendel smorbi 31), respondeven.
Come s'usa respond a sti smorbion:
Semper drizz (in di ciapp) ch'el va benon,

Fraa

El

Sist,

tirava

assuefaa a fass cojon,


el fava el vece,

de longh e

Quand

A
E
E

fnalment el ved, va che te va,


spont on campanin, poei dopo on tecc,
poe duu, e poe trii, poe vott o des,

on

freguj

pu inanz

Alto, adess

Spues

tutt

on paes.

ghe semm! Daj, pesta,

cavzzes i cavij 32)^


Deslazza ci fagottell, destend la cotta,
ScorHss la vesta, spieghegh i rescij 33)^
Nettes, freghes, pareggies a la via 34),
Doma causa 35) <je corr in sacrestia.
sui dit,

trotta,


Gi

128

primm

l' in riva ai

c,

ved

gi el

in

straa

Carr, navasc 36) e carrett in cattafra,

Ogne
Ogne

scur el le cred on pret o on


bianch on torcion de quatter

Ogni

botta

El

le toe

de incusgen, de bronzin 37)^


el terz de mattutin ^8),

per

Finalment

desmonta a

el

El va in cort,
Oh don Sist

lu chi a

l'ostaria,

se incontra in d' on amis ....

el

! . .

Anca

fraa,
lira,

oh

er

offizi

l'

me car don Zaccaria,


de Bovis ?
. .

Bovis?... offizi?... Zaccaria el respond


E resten l cojon prim e segond.
Intani

Compar

che se deciara

la

borlanda ^9)^

foeura stallee, coeugh, camarer,

El patron del boricch, de la locanda,


El curat, el segrista, el cangeler:
Fraa Sist el cava on sgar fina di pee,
E, ponfeta! gi in terra col cuu indree.

Acqua, asee!

prest,

Mettili chi, mettili

li;

corrii!

tira,

gent de per

pessega
tutt.

L' equinozi in d' on bott el se spantega


Tutt el Borgh rid ai spali de fraa Condutt;
E intraitant ch'el sgambetta, on gatt monell
El se serv de la cotta e del cappell.
;

Fraa Sist a pocch la voeulta el torna in pee;


El se troeuva ancam al Borgh di ortolan
Senza torcia, cappell, cotta e dance,
Bolgiraa ^^) per Bovis e per Milan,
Giacche, per fagh passa el maa pussee in pressa,

Gh'han

rott

anca

el

degiun, noi p di messa.

In sta manera el noster fraa Condutt


L'ha imparaa a spesa sova la moral
Che r impossibel pod tend a tutt.
Che se romp l'oss del coli coi salt mortai,

che, con el vor careg tropp.

Se perd

la

polver e se creppa el s'ciopp.

129

NOTE.
modo

che...

modo

volgare

In lul def de....: a quel

1)

2) Sani Ambroeu

andemm

'

invece di

S.

Ambrogio ad

vecchia chieM medievale poco ditcoita dall' Arco della Pace, eretta
nel luogo dove S. Ambrogio, fuggente da Milano per lotirarti all'episcopato
al quale era ttato eletto a voce di popolo, dopo una notte di viaggio, come

nemus

vuole

la

leggenda, ritrovoui al mattino tucccssivo.

3) latnnd....

lasciando.... ogni

sacrestia:

la

preambolo.

4) sbaggia: sospinge.
5) lendenon: lendinoso, ed anche spelacchiato.

6) palper

inninz: palpebre gonfie e inlaccate.

besinli,

7) scarpignaa

arruffati.

6) sbarlusca: da sbarluscA, sbalestrare


9) carmaa: occhiaie

naso sgocciolante

10) segella del moietta:


dell arrotino
'

gli

occhi (krucc de scoldalecc).

livide.

come

secchiello sulla

il

mola

{moietta).

11) basletta:

il

mento sporgente.

12) lum: tricorno, nicchio.


1

3) sciffon del Maggiplin

scaffalino fatto

biago, celebre nell'arte dell'intarsio (n.

da Maggiolini Giuseppe di Paral3 f 16 nov. 1614).

1738 nov.

14) Borgh di goss: modo volgare antiquato per indicare i Corpi Santi o
sobborghi della Porta Tenaglia (ora soppressa) costituenti l'antica parrocchia
detta

della Trinitji

'
;

dicevasi anche borgo degli Ortolani.

15) dedree d'ona vicciura: seguendo (dcdree) un funerale {olcclura),


16) mojascia: viluppo.
17) corp: funerale, accompagnamento di mortorio.

18) terra de fa ball:

frase tolta dall'arte

quella massa d'argilla bagnata che

plasmarne a

mano

il

il

fornii el

corp: tennioalo

21) remondina:

vasaio;
sul

la

palla (balla)

aria sottile

il

bricco, somaro.

funerale presente cadavere 'el corp.'

che rimonda ciclo e polmoni.

22) lendena: propriamente l'uovo del pidocchio;


23) leder: sinonimo di pidocchio, piceucc.

desco del tornio per

vaso.

19) boricch: dallo spagnolo boricco,

20)

del

vasaio pone

traslato per

capelli.


24) dessedall:
25)

130

svegliarlo.

trs: cespuglio.

26) refHgnagh:

arricciare

il

naso.

27) busegatter: bugigattolo.

28) magazzin
29)

di saresitt:

magazzeno dei

razzi,

deretano.

regia zittaa di missollitt: regia citt degli agoncini misaltati, conservati

in sale, cio

Como.

30) picch:

villano.

31) smorbi: burlone.


32) cavzzes
33)

rescij:

34) a

la

cavij: ravviasi

capelli.

aggrnzature.

via: in

buon

ordine.

35) doma causa: non manca che.


36) navasc: tinozza da vuotacessi.

37) bronzin: mortaio


38)

el

terz

di bronzo.

de mattutin:

il

terzo segno di

campana previo

alla

salmodia

corale detta Matutino.

39) borlanda: propriamente acqua che


per matassa arruffata.

40) bolgiraa: rovinato.

serv a lavare le stoviglie; traslato

A LA SURA LENIN MILLESI


(-1816)

BRINDISI.
Se

bon de

(uss

Ghe

el

fa

vers a

1*

improvvisa,

mut in st'occasion!
che vorev dagh dent de frisa

S che vorev
giuri

fa

el

2),

d'onorato buseccon.

giuri

Sont galantomm, e quand ghe rivi a di


sont on asen, ch'el le creda a mi.

Che

Che
Nanch

Ma

rest, se godcss sto don del


per insogn che la vorev pient;
vorev propi propl stagh al pel 3)

del

ciel,

Ai

tante cortesi] che la me fa,


inscambi de confondem e avvilimm,
Vorev almanch respondegh per i rimm.

E
Con
Con

tanto mej poei adess che la


quell so ton cordial,

iruiga

cerin,

quell fa insci grazios, eh* par ch'el diga

Fatt coragg, d pur su, el

Che
Hin

me

con quell

infn

dopo disnaa per

giust quatter sproposet

me meneghin,
de coeur
che ghe voeur.

rid

Sproposet? n per brio! Adasi on poo;


la botta secretta
^) Sci el biccier:
Viva, sura Millesia, el so beli eoo,
El so beli anem, el so coeur sincer;
Viva ci so spiret che se p cercali
Via de sti mur, ma stant assee a trovali.

Gh'hoo

')

132

Viva, sura Millesl, quell tusscoss


fa corr per la bocca la saliva
De tucc quij che le tratta e el le cognoss;
Evviva donca, milla voeult evviva.
Hala m vist adess se a sto proposet
Gh'hoo arnn la vergna 5) de sparm i sproposet?

Che

NOTE.
1) Milesi
1

823

trice

Elena

letterata.

2) dagh dent de
3)

Milano, madre di Bianca Milesi (1790-1849), che dal


medico Carlo Mojon a Genova, ardente patriotta, cospira-

di

fu moglie del

stagli

al pel:

frisa:

mettermi con impegno.

corrispondere.

4) botta secretta: ispirazione secreta.


5) la vergna:

il

modo.

EL

()

ROMANTICISMO
(1819)

^^^ ^^ 8*^ ^1 rantegh ^)


redond 3),
E la dezid de Classech, de Romantegh,
Come se se trattass de vej, de blond
Che l'abbia flemma de sentimm anch mi,
Che a sto proposit gho quajcoss de d.

De gi, madamm Bibin ')>


De mettes anca Ice spuv

In primis ante omnia, ghe diroo


Che, per vorr dezid de sti materi,
L' minga assee d'avegh in spalla el eoo,
E squas nanca l'avegh fior de criteri,
Ma fa besogn cognoss mennadid
In longh e in largh i cus de dezid.

Che

duu che

insci

Vun

d,

la

se imbattess

fasessen cazzott,

la

per azzident

la

ne vedess

pi stizzos mettes l'oiter sott;

Vorvela

Che

moeud de

per

se,

In

la

di,

cara signora.

reson ghe l'abbia quell dessora?

Donca, perch on Brighella e on Stentarell,


on Lapff ^) che voeur falla de Platon 5)

Vaan

adoss

ai

Romantegh

col cortell,

E responden bestemmi per reson,


Madamm Bibin, la vorar anca lee
And

adoss

ai

Romantegh cont

pee?

134

Lee, tant

bella, graziosa e delicada,


vorrav fass de stomegh insci fort

La

De sta botta ^) sta pocca baronada?


Ohib, madamm, la se farav tropp tort!
Se lor tratten de buli e de bardassa
Quest l' on so privileg, che la ghel lassa.
Dorica, madamm, che la se rasserenna.
Che la comoda in rid quell beli bocchoeu,
Che i Romantegh infin no hin l'ienna,
Hin minga el lofi che va mangia i fioeu,

Ma hin fior de Paladin tutt cortesia,


E massim coi donn bej come usciuria ^).
E l' appunt dal linguagg che Paladin
i

Parlaven in del temp de Carlo Magn,


Che i Todisch han creduu, madamm Bibin,
De tira voltra ^) on nomm squasi compagn
Per battezza sti Paladin novej,
Protettor del bon sens e di donn bej.
al nomm che no la vaga
de quell che gho ditt mi;

Ora m quant

A
O

cerca

pi

brutt,

beli el

nomm,

coss'el suffraga?

Ai Todisch gh

piasuu de digh insci,


E insci anch nun ghe diremm, mrsc dlspett
De sti ruga-in-la-cacca col legnett.

Tornand m adess nun, l'ha de


el gran busilles de la poesia
El consist in de l'arte de pias,

sav,

Che

st'arte la sta tutta in la

magia

De

mceuv, de messed ^), come se vceur


Tutti i passion che ghemm sconduu in del coeur.

E siccome i passion coll'and innanz


Varien, baratten fina a l'infinit,
Segond i temp, i loeugh, i circostanz.
Tal e qual i so mod di cappellitt.
Cossi i poetta ghan de tend adree.
Come

coi cappellitt la fa anca lee.

135

E siccome anca lee ai so tosanett,


Per moeuvcgh la passion de studia.
No la ghe esibiss minga on coreghett '0),
Ne i scuffion cont i al de cent ann fa,
Ne i peland " ) fioramm con sii i paes,
Che se ved sui crespin ^^), sui cart chines;
Insci anch con nun, se voeuren sti poetta
Ciappottann '3) { passion, moeuven el coeur,
Han de toccann i tast che ne diletta,
Ciappann, come se dis, dove ne doeur,
Senza and sui baltresch ^^) tira man
I
coregh e i scufHon gregh e roman.

Al temp
Perlina

Gregh correven in l'arenna


per acquistass onor;

di

Pindar, poetta pien de foeugh, de venna,

El cantava

el

trioni del

vincitor;

On trattin '5) Fidia el le


se trava gi mur per
i

ritrava in sass,

dagh

el

pass.

d d'incoeu, madamm, la sa anca lee


che razza hin sti eroi che menna i bigh '6)
Fior de rabott '7) che corr per pocch danee.
Che de l'onor no ghe n'importa on figh;
Tant che ai poetta, ai prenzep, ai sciiltor,
Patt-e-pagaa '^), ghe importa on figh de lor.

Al

De

Che

se

Per canta
Tutt

on quai talenton strasordenari,


sti

trionf,

l'incomodass

divinitaa del dizionari,

E el componess on pezzo degn del Tass,


Sto pezzo arcistupendo, arcidivin,
El farav rd anch lee, madamm Bibin.
E

quand

domanda

madamm,

invoca Apoll,
noeuv sorell ^'^),
Per canta on abbaa-ghicc 20)^ che mett al coli
La prima vceulta on collarin morell 21)
Ghe par, madamm, che st'invenzion la sia
El non plus ultra de la poesia?

la

sent,

in ajut

136

E quand, madamm, in cas de sposalizzi,


La se sent tutt el d a sona ai orecc
Che Amor, quell bardasson, l'ha faa giudizzi,
Che l'ha ferii dun coeur coi medemm frecc.
Ghe par che sii antigaj sien maravili
De

fa

and

in broeuda, in gloria, in visibili?

E quand in mort de quaj donnin pietos


Gh'el fan vede sto Amor sani Gregori 22)

piang, a desperass, tra

che pelucca

pittocch,

pret,

eros

gestatori 23)^

sentela, madamm, a sto spuell 24)


ger el sangu, resci 25) la peli?

Se

quand che

Che per

la se

imbatt in d'on poetta,

mort de Barborin, de Ghitta,


El se le scolda 26) con la foresetta
De Atropp 27)^ che gh mocciaa el fl de la
Ghe par, madamm, che sto poetta el senta
El dolor, la passion ch'el rappresenta?

E
Ne

la

poeu:

van

l,

Che paren
La smorfia

via! a

proppi
i

risposi

al

mi e a

lee,

per

vitta,

dilla.

coeur cert poesij

de

la

Sibilla,

di santissim Littanij,

De

tant che hin pienn de Dei e de Dees


Squittaa col servizial 28) in drizz e in sbiess?

Sicch i Romantegh fina chi, la ved.


n'hin minga sti eretegh, sti settari,
Sti gent pericolos che ghe fan cred

Che

I Torquemada del partii


Che tran in aria el cuu

bon

Ne

cont,

contrari.

s'

innoreggissen 29)^

su tutt quell che

l'ha nanca

de cred

no capissen.

ai strambarij.

Che ghe dan d'intend per spaventalla.


Che i Romantegh no parlen che de stri].

De

pagur, de carr matt ^0), Je mort che balla,


Ohib! coss che ghe creden, press' pocch.
Come la cred lee al papa di tarocch.

137

Romantegh

fan anzi profession

De

avegh, con soa licenza, in quell servizzi


Tutt quell che tacca lil con la reson.
pregiudizzi.
Che somenna e che cova
Vegnend gi da Saturno a quel folett 3'),
sabett ^2.
Che ha stremii l'han passaa tucc
i

Ma deggi che dabass la gh la fiacca ^^)


Per and a vede Romina de palpce ^^),
E quistass el pias de piang a macca ^^)
Sora i sbuseccament ^6) di temp indree,
Prest, che la vaga, allon, madamm Bibin,
Denanz che daga foeura ^^) el vicciurin;
Che

sto baloss,

che no

l'

minga pratich

Di prezett de Aristolel suj teatter.


unitaa drammatich,
L' fors capazz, contra
De cred d or pussee de vintiquatter,
i

in grazia d'ess

De

d foeura

fors

on gnocch, on

per,

pese del Catlabrigh

on

fgh,

38).

Ice, madamm, che l' levada


boccon coi prezett di Classicista,
Che in qui] tr or che la sta l incantada
No la perd mai i d unitaa 39) Je vista,
E la sa fin che pont lassas and
Coll'illusion, denanz de torna a c!

Beata

Che
Se

qui]

lassen

golf

monna

de Todisch,

quij ciaj d'Ingles

attorna di poetta,

E stan via con lor di d, di mes,


Senza accorges che passen la stacchetta,
E riden, piangen come tant popp
Anch che Orazzi e Aristotel voeubbien n.
Fan

tal

Che ghe

e qual che fava quel bon omm.


la scusa un pco)

criaven (che

Perch el fava i fatt sceu deps al domm:


Se p n, se p n!... Ma mi la foo,
El respondcva intant al busseree ^);
S'el gh'avess tort, o n, la diga lee.


Ma

madamm

l' piatt per lee,

Bibin,

diroo che interess de poesia,

Se no gh
I

per lassa de banda T ironia

Che no

Ghe

138

del giudizzi in del coppin 41),

de drizz,
bon del pastizz.

regol faran mai nagott

Che

la

forma no

fa el

Certe regol hin anzi come el bust,


frr, de tarlis 42) doppi in spiga,
Che tante mamm, credendes de bon gust,
Metten sii ai so tosann per fai sta in riga;
Ghe fan d in foeura el cuu, la panscia indenter,

Coi stecch de

ghe rescien
Insci,

Se

tutt la

madamm,

peli del venter.

col bust di so unitaa.

temma, se stringa l'azion,


coss suppa e pan bagnaa;
Se streng, se imbruga 43) l' immaginazion,
E el camp de la natura, insci spazios,
El va tutt forn in d'on guss de ns.
resca

Deventa

tutt

Insci per strengegh

On

O
O

fatt,

sii

in vintiquattror 44)

che noi p stagh

in

quel pocch spazzi,

gh'el sciabelen gi de guastador 45),

gh'el fan canta su

Con de
Che fan

quij

come

el prefazzi 46),

de repezz.
on ora on mes e mezz.

soliloqui

poei pari

madamm

Bibin, che dal moment


Che tre r ghe somme] en vintiquatter,
La podarav mo anch comodament
si,

Mett de

part el penser d'ess in teatter,

inscambi de passann
Trenta, quaranta, on ms, magara on ann.
figurass

Perch, se in d' ona fiasca d' on boccaa 47)

L' assee brava, madamm, de fagh sta dent


Mezza zajna 48) de p del mesuraa,

La p anca

De

faghen

Magara

el

vess capazza istessament

ona brenta e, s'el ghe par,


lagh de Comra, magara el mar.
sta

139

Ora
cosa essend quij proppi appuntin
CHe dis on galantomm. che son mi quell,
i

Che
Se

madamm

Bibin,

Brighella, el Lapff e el Stenlarell

quell car Cattabrigh dolz e mostos ^^)

Resonen

Ma

giudica,

lassi

el

col denanz,

via,

sent

Che

la

la

50).

vaga, che l' vora,

On

olter d

Macbelh, se la me onora,
che infin la m'ha de d:

legg

vuj

Che

l.

Virginia.

o col deps

ci

Franch e sicur
Grazie, Bosin 51), capissi; n'occoralter,
I
smargiassad no me capponnen 52) d'alter.

NOTE.
1)

La madamm

ttine di crtica

alla quale il Porta rivolge queste caustiche tee di estetica, era donna Maria Londonnio Frapolli,

Bihin,

letteraria

da bimba per vezzeggiativo Bia)


un pronipote della nobile milanese.

(detta fin

classicista accanita:

cos garantisce

2) rantegh: rauce<{ine; traslato per smania.


3) spuv redond

sputar tondo, sentenziare.

4) Lapff: maschera vestita a un dipresso come il pulcinella con un


certo suo cappellaccio (capello a laa-pouff) floscio pi che uno straccio sotto
:

maschere su indicate sono indicati il dott. Angelo Anelli, Francesco


Pezzi, il noto appendicista della Qazzetta di Milano, e Camillo Picciarelli i
pi accaniti e volgari avversari del romanticismo in Milano.
le

tre

3) Platon: saccente.

6)

sta

botta: tener bordone.

7) usciuria: corruzione di

8)

tira

tciura *,

vossignoria.

voltra: metter fuori, introduae.

9) metsed:

rmetiare.

IO) corcghett: diminutivo di coregh, guardinfante,


1

peland

zimarre.

12) crespin: ventaglio.

faldiglia.

3) ciappotlann

140

frequentativo di ciappa

eccitare.

14) baltresch: altane.


15) on

perfino Fidia.

trattili:

16) che manna i bigh: allude alle corse delle bighe


nuova Arena di Milano, per pubblico divertimento.

nella

fatte

allora

17) rabott: monelli, piazzaiuoli.


18) patl-e-pagaa

pari e patta.

19) noeuv sorell

le

nove muse.

20) abbaa-ghicc: abatuccolo;

ghicc, spregiativo per

chierico.

21) collarin morell: collare pavonazzo, che fra le onoroficenze ecclesiastiche la pi modesta
a Roma lo chiamano " lo straccetto ".
;

22) sani Gregori


23) che pelucca
le

cimitero posto nei pressi del Lazzaretto a porla Orientale.

che ghermiscono (ps'ucca), per poi rivenderle,

gestatori:

colature pendenti dai cerei portati (gestatorie) nei funerali.

24)

spuell:

25)

resci:

qui nel senso di sproloquio, chiasso.


aggrinzare.

26)

el se le scolda:

27)

foresetta

la favola,

28)

riscalda.

si

de Atropp

recide {moccia)

forbice di Atropo, la parca che secondo

colla

filo

il

della vita.

squittaa col servizial: schizzati.

29) che

tran, ecc.

carr matt

30)
con lumi

che danno di groppa e rizzano

tregenda, brigata di

spiriti malefici

le

orecchie

come

muli.

che vada di notte attorno

accesi.

31) Il Porta stesso stampando queste sestine (1819) diede la spiegazione


" E nota la voce sparsasi nell'anno scorso di un
di quanto ha qui ha scritto
folletto, che gettava sassi entro la casa di un lavandaio fuori di Porta Tici:

nese al sito detto della

Madonnina

".

32) sabtta: donnicciuola pettegola.

33)

fiacca:

34)

Romma

allora,

in

carrozza pubblica, dal francese fiacre.

de palpee:

35) a macca: a

uffo.

36) sbuseccament

37) daga foeura:

sorto per combattere

39)

la

tragedia

di

Roma

nel

teatro

dove

Virginia; v. ultima strofa.

sbudellamento, scene di sangue.


per impazienza.

gridi

38) Cailabrigh: allude


cisti,

riproduzione scenica

Milano, recita vasi

d unilaa: cio

periodico Accattabrighe, settimanale dei classi-

al
il

le

Conciliatore,
unit di

matica nelle tragedie classiche.

giornale dei romantici.

tempo e

di luogo, che erano di

pram-

MI

40) buueree: da buMcra, cMctia per


41) coppia: propramenle
42)

tariit:

43)

te

44)
doveva

etemotine; tcaccino.

lo

nuca, qui uiato per

lignifica

traliccio.

imbruga:

viatiquattror

reciderli,
:

secondo

tarparti
le

regole degli Arittotelici l'azione delie tragedie

restringersi ai fatti occorsi entro

periodo di ventiquattro ore.

il

sciabeien, ecc.: glielo stroncano

43) gh'el

testa, cervello.

come farebbero

guastatori

con

sciabolate.

prefazzi:

46)

il

Porta paragona

Cori delle tragedie

quella parte della Messa, specialmente

venza

lirica

si

ricordano

fasti

nel

del Santo

ai

prefazl,

cio a

Ambrosiano, dove con mo*

rito
il

Mistero

celebrato

nella

li-

turgia del giorno.

47) boccaa:

un boccale:

fiasco della capaciti di

il

boccale

dividevaii in

quattro zaine.

48) zaina: quarta parte del boccale.

49) dolz e mostos: ironico perch

realti

il

giornale Accallahrigie era

villano e violento.

50) col denonz, ecc.: colla

testa

oppure col deretano.

31) Bosin: al poeta piace assumere il titolo di Botin, che era proprio
degli uomini dell'alto milanese che andavano per la citt cantando composizioni
in versi

vernacoli {boilnada).

32) capponnen: capponn: gabbare,

cogliere.

PER EL MATRIMONI
DEL SUR CONT

DON GABRIELL VERR


CON LA SURA CONTESSINA

DONNA GIUSTINA BORROMEA


(Di Carlo Porta e

Tommaso

Grossi

1819)

Stracch de volta tanti pensar in ment,


se follaven a donzenn per vlta,
Porsi per castigamm de Tardiment
De vor cascia el ns in sta raccolta 2),
Stracch, come ghe diseva, sur Contin,

Che

Bell beli sont crodaa ^) l in d'on visorio.

E siccome el cervell l'va incordaa


Sul poetegh, conforma l'intenzion.
Anca sibben che fuss indormentaa,
El

tirava l

Vuj m
Che hin

d,

anm de l'istess ton,


che hoo faa vun de

quij taj sogn,

Tajutt d'on poetta in d'on besogn.

E l m' pars de vess sii ona collina


Pienna de inscimma fond de pegoree ^),
Ma de quij pegoree de lanna fina,
Netl, sbarbaa, peccennaa de perrucchee,
Gh'aveven tucc on liri e on ghittarin 5)
Ne se sentiva olter che frin-frn!

i)

143

Ch'era a duu pass de mi on abbaa secch secch,


Ch'el se

storg,

ch'cl se svida, ch'el se

menna

dagh a quell frin-frn tanto de plecch


Cont i pee, cont i man e con la schenna,
Sclamand, cont on bocchin de pien de offell,
n Oh cari! Oh bravi! Oh che delizia! Oh beli!

Me

tiri

Torni a

arent a

fssali....

li....el

vardi....el

insomma de

saiudi,

somma

la

m chi l'era ?...EI me Prefett di studi ^),


Quel medemm che m'ha faa sped el diplomma
Sai

D'Arcad in cartapegora, che I


Quell che adess droeuvi de bagna

el

rapp,

Appenna che anca

l e'I m'ha cognossuu,


ghe dighi nagotta che allegria!
In de l'istess moment el m'ha vorsuu

No

Presenta a tutta auella cottaria;

Arcad lor, Arcaa mi, el p fgurass,


De magg ^), con tanti Arcad che frecass.

Me

come

srcen su tucc quant,

Tucc me sbraggen adree:

Sii

sii,

in corna,

dssora!

M'accorgi intant de vess su l'Elicona;


el tempi de Apoll, l'asen che sgora Q),
el bosch di olubagh 9), e'I fontanin,
E i cicch d'acqua '0) che fan el ciocch de

Vedi
Vedi

La portinara del patron de c


Appenna che la ved l'abbaa sganzerla
Paratatgh!

la

ghe sbaratta

vin.

").

Contra el mur i d ant e la pusterla


Per lassa passa innanz soa Reverenza,
E mi con li, e tutta la sequenza.

Al primm
Cont
Ch'

entra se traeuva on gran salon

mur tappezzaa

tutt

mezz on vece,

de

librazz:

sii on cardegon,
Ch'el volta, e'I volta i foeuj d'on scartapazz
Scritt per rubrica in ordin d'alfabett,
In sul gust di stat d'anem del Brovetl '2).

in

settaa

El g'ha

Ma

la

peli

che

144

ghe boria

la

gi,

senza dent, el gha el melon pelaa,


in mezz a quest el ghe traspar anm

Quajcossa de quell

Come
Anca

beli ch'el sar staa,

lumm

in d'on lampion
a travers de l'onc, e di taccon '3).

traspar el

Chi l' coluu? Domandi


Cognossel minga ApoU? el
Apolli... con quella zucca

al

camarada:

me

respond.
pelada?
in collg noi m'ha ditt che 1 va biond?
Oh el beli biondin d'amor!... Con quella zucca!
El sar biond anch l quand l' in perucca.
insci

Ma

Ghe guardi ai pagn: el gha marsina e gippa


Tanto largh che ghe ballen tult adoss;
Fors quand j'ha faa, '1 gh'avar avuu la trippa,
Che l'era el temp ch'el negoziava in gross;
Ma, poveretti despoe che l'
L' vegnuu magher che ghen

Vedi on mucc de

De

l'oltra,

^^)

falii ^^),

sta

dent

trii.

vuna pi veggia
che fan gi i fs;
d'ona oreggia:

sabtt,

in d'on canton

E'I Prefett el

me

dis in

Ch'el guarda quij popl, quij hin

Ms.

Popl? mi ghe rispondi: In confidenza,


Ne sposaravel vuna. Reverenza?

Hoo

poei capii

Per rabbia de

ch'even vegnuu insci brutt


de romantegh,

quij birbi

Che spanteghen intorna de per tutt


Ch'hin vegiann, carampann, col goss, col rantegh,
E meneman voraven, sti anima j,
Desgustagh fin quij quatter coUegiaj.
Vegneva dent de

On ragg
E Apoll

de so

sii

la finestra

intani

tucc quij ghittarista,

pessega a fa sar sii i ant,


Ch'el tropp s'ciar el ghe fava maa la vista:
sto clp ghe callaa on travers d'on did,
Che no dass foeura in d'on s'cioppon de rid.

Basta, hoo

on

curis,

Come

l'era,

come

de menali spass

adess a vegni
so carroccee, l de per

el

el

maa

ch'el so el podess fa

quel! che tocca

morduu la lengua, e hoo domandaa


che hoo trovaa l in sul pass,

Senza

145

fass

quell el

m'ha

rispost:

'6),

sii
li.

che antigament

Apoll, defatt, el fava duu mestee,


de fa vrs e de incorda strument,

Vun

de vicciurin, de fiaccaree;
on cert Copernich el gha daa sui crost
Tant, ch'el gh traa per aria el segond post.
L'clter

Ma

E
De

che adess no ghe resta che l'impiegh


sonn, de canta, de fa bordell;

Ma l' gi on poo che han tiraa man di


E se tronna de toeughel anca quell,
E gi el ris'cia, se coss van de sto pass,

begh,

De

forn

in del

Intrattant

Al

On
Che

Trulz, o a Bagrass '').

che scoltava, dava ment

patron ch'el gh 'aveva intorna al tavol


santa-crs '^), on furugozz

de

gent.

faseven on streppet del diavol;

Se dan tucc d'intend de vess


Sicch

el

poetta.

ved, che tappella '^) maladetta!

Pover omm! m'el vorreven mett sui gucc:


Chi voeur on Od, chi on Madrigal, chi on Dramma;
E lu el respond con bona grazia a tucc.
Che no farav tant d'oller ona mamma,
E, conforma al soggett, je imballa via 20);
Stanza tal, numer tal, la tal scanzia;

E l gh pareggiaa tutt quell che occor


Senza fadiga de nessuna sort;
Sonitt per pret, per monegh, per dottor,
Per chi nassuu, ch'ha toh miee, ch' mort;
Terzinn, sestinn, quartinn, eglogh, canzon,
E dramma, e taccojn, e taccojon 21).

146

On comod de sta sort el me desseda


Tutt on bott la memoria del me impegn;
Par proppi ch'el ciel veda, e che pr veda
(Dighi tra mi) t chi, che sont a segn;
Se'l me contenta anch mi compagn de lr.
Sta voeulta me la cavi come on scir.
Ditt e fatt, con licenza del prefett
Ch'el m'ha fina boffaa 22) el zerimonjal,
Solti in mezz la sala, derimpett
Al cardegon del pader provincial,
Ghe foo trii inchin de s 'ceppa in duu el
E pce comenzi insci l'invocazion.

firon,

Oh

pader Elicni, oh Pittonee!


Pattaree oh Ciparin 23)
Che te fee vrs de tutt i sort de pee.
In tutt i lengu, e fina in meneghin,
Juttem anch mi, gran pader Elicni 24)^
fann gi quatter per on matrimni!

Oh

Sciree

Appenna Apoll el sent a nomina


Matrimoni, el sbattaggia on campanell,
E senza alza su i oeucc da quell ch'el fa
El me petta in consegna d'on bidell:
Alto, svint, a la gamba tutt duu insema.
Stanza C, armari VI, lettera eMa.

Adess,

beli beli;... gi

Ch el me scolta,
No vorrev nanca

che

l'

tant grazis,

respondi, sur Sciree 25);

per vest i mee spos


Recor, per moeud de d, a on fond de vestee.
Per certa sort de gent, ch'el me perdona,
Ghe vorrav robba noeuva, e robba bna.

De

matrimoni, al

me

debol parer,

El ghe n' tant de bon, come de gramm;


Chi se tratta del fior di cavalier.

Che

se marida cont el fior di


insci,

coss'ha a che fa?

damm.
el repia,

S'el fudess anca el Papa, armari ss.

hoo

ints;

147

E daj con sto so armari! andemm a pian,


L'ha de sav che quest l' on sposalizzi,
Che fa and in broeud de scisger tutt Milan,
E diraven che ghoo ben pocch giudizzi
Se andass a tira a man di coss de ea ^^)
Per loda on Verr, che toe ona Borromeal
E
Che

quand
l'

on Verr, l'ha de sav


de don Peder 27)^ n trattin

se dis

el tos

L'autor de tanti articol del Caff,


L'oeucc drizz del Beccaria e del Parin,
L'istorich de Milan, quell, fjola mia!
Che ha faa fa largo a la filosofa;

Se

intend che

De don

l'

nevod de quell

Lissander 28)^

q}^^

u'J^g

ommon

f^^ insci onor

Coi so Noce ai sepolcher di Scipin;


Se intend che l' nevod del senator,
De don Carlo 29)^ omm de penna e de consei;
El ved che pocch tr pinol de f radei!
Oltra de quest don Gabrieli, el spos,
soo d che noi sfalza la famiglia.
L' gioven s, ma on gioven studios.
Bravo, cortes che l' ona maraviglia,

Che

Amoros de

On fior
L ha

la

mamma

e di parent,

de gioven assolutament.

de sav che anch lec, donna Giustina


l' ona bella baciocchoeu ^^),
Levada sul model! de la mammina
El non plus ultra per leva fioeu,
Impastada poeu infn de quella pasta
De la c Boromea, e tanto basta;

La

sposa,

De quella pasta, che l'ha daa Milan


El gran sant Carlo, e '1 cardinal Fedrigh,
Che gh'han traa dent di carra de sovran 3')
in scoeul, statov, disegn, liber antigh.

In collegg,

bibliotecch,

Accademmi, loeugh

pij,

gs, ospedaa,
dott,

caritaa;


De
Che,

No

la

pasta....

in tutt el

148

Ma

pacler Ciparln 32)^

el

temp che fava

sta parlada,

che bjass e menn el sesln


El sbalza gl de la cardega armada 34),

E
El

l'ha faa

infunato

me

come

refHla sto

Ah,

el

straac di pjatt,

pocch

fj

de

33)^

gatt 35).

strappa-cceur! gregori-maccaron !

T'hoo cognossu, gambetta! ficcanasi


Te see on romantegh, beccamort, ciccion,
Che no te voeu sta ai regol de Parnasi
Arcad, a l'armai... Adoss a codeghin!
E i Arcad, gi fioj, frin frin, frin frin!

l'arma, a l'arma! Ix, Ipsillon e Zetta!

che ve ciamma;
Pattasgiaccheta, el s'giacca ona saetta!
E lor adoss on Almanacch, on Dramma,
On gran sbolgettament de madrigal.
De opuscol e de articol de giornal 36).
Sont mi, sont

el vost barba,

Per Dincio! a una borasca de sta sort.


tane tempest che me batteva adoss,
Proppi in conscienza, me son daa per morti
Ma ecco l, quand se dis, even tutt coss

Con

Tant leggier e tant srr 37), che, grazia al ciel.


No m'han nanca fa on boli, nanch storgiuu on pel.
Chi insci fmiss el sogn; me sont trovaa
Vergin anm cont el me impegn in meni.
Gi capissi che sont scomunicaa.
Che, in quant a Apoll, no poss sper nient;
Romantegh come sont, quell pocch che foo
Sont condannaa a toeuU foeura del me eoo.

En attendant, sur Cont, con tutt el cceur


Ghe foo on evviva ai soeu consolazion
;

Gh'auguri di foeu, fin ch'el ne voeur,


Onor, ricchez e sanitaa a monton,
Longa vita a la Sposa, a L, a i Ered,
E anca a mi, per vede cossa succed.

149

NOTE.
Conte Pietro (n. 17 luglio 17% t 13 lu.
1666) marito a Giuilina Borromeo figlia del Conte Giberto e Maria Elilabelta dei Marchesi Cutani (n. 2 luglio 1600 t 5 novembre 1660). Il matrimonio fu celebrato il 26 giugno 1619. Dall'edizione del 1621 risulta che
nella composizione di questa poesia, come nella comi-tragedia Giovanni Maria
Visconti duca di Milano, cooper, non si sa in quale misura, anche il Grossi.
1) Verri Gabriele figlio del

glio

2) Si allude alla Raccolta di poesie per questa occasione, fatta dall'Avvocato Cesare Caporali e dedicata allo sposo (ediz. in-fi" di pag. 36. Milano, Lamperti,

1619).

3) son crodaa, eco:

vi

preso da un sonnellino.

fui

4) Allusione generica ai ' pastori


era una Colonia o sessione.

che

soci dell' ' Arcadia ' di cui a

Milano

e ghittarin: cetra e chitarrino.

5)

liri

6)

Il

gli

era stato dato nel Collegio di

vita di

Poeta a suo modo volle vendicarsi del cattivo indirizzo

C. Porta, dice

1773 ed

nel

'

il

Monza,

(il

Collegio dei Gesuiti ';

infatti

questi furono soppressi

nostro Poeta nacque tre anni dopo) in quel

Collegio de' Convittori

tempo registrano
demico Poetico .

del

'

fra

detto di S.
gli

M.
un

insegnanti

'

Sig.

7) De magg: cio nel mese in cui tutta


con arguzia sottintende il detto del volgo, che

Regio imperiale
gii almanacchi

'

Angioli, dove

degli

la
il

letterario,

Grossi erroneamente, nella

Abbate Luigi
natura

si

maggio

Rovelli,

ridesta;

* l' el

ma

ms

il

AccaPoeta

di asen

*.

6) Il cavallo alato della Mitologia, Pegaso, che vagava sui monti Elicona e Parnaso, che serviva di cavalcatura per le Muse e per Apollo.
9) olubagh: detto anche olihagh o rubagh, la bacca dell'alloro; voce
campagne lombarde, ma nei lessici non registrata.

tuttavia usata nelle

10)

gli

enebbrati alla fonte Castalia, che accende l'estro poetico.

11) sganzerla: allampanato.


1

2)

come

l'aniigrafe ' stat

d'anim

'

conservata negli

uffici

municipali allora

in

Broletto.

in

13) Ai * lampion * per ripararne la fiamma dal vento, allora per economia,
luogo del vetro, si applicava la tela di stame la * ttamegna ' con dei rat-

toppi {^taccon)

quando

si

lacerava.

14) gippa: giubba.

15) allude alla decadenza del Classicismo.


16) Satira arguta per

150

classicisti,

quali

facevano di Apollo

il

condot-

tiero del carro del Sole.


1

veri.

7) Gergo milanese per indicare le due principali case di ricovero dei poLa prima, asilo dei vecchi, fondata in Milano dal principe Antonio To-

lomeo Trivulzio (t 766) e inaugurata nel 1771, affidandone la direzione a


Gaetana Agnesi. Dal 1910 l'ospizio dal palazzo del fondatore (ceduto al Municipio) venne traslato in nuova sede, a porta Magenta, nella localit detta
" la Baggina ". Il secondo la " Pia Casa degli incurabili " in Abbiategrasso
questo ospizio fu aperto in seguito al decreto 6 maggio 1 784 di Giuseppe II
(il quale ordin un generale concentramento di tutti gli antichi Istituti di be1

milanese) adattando

neficenza

ricovero

il

convento delle Francescane di

S. Chiara.
1
8) Santa-cros concorso straordinario di gente, quale anticamente vedevasi
a Milano, ogni anno al 3 maggio, festa di S. Croce, per assistere alla solenne processione " del S. Chiodo ' la reliquia della Passione conservata in
Duomo in un tabernacolo, posto al sommo dell'abside del tempio.
:

19) tappella: cicaleggio, parlata.

20)
tal,

sottintendi, ' indicandone gli opportuni ricapiti

ecc.

biblioteca:

in

Stanza

"

21) taccojn: l'almanacco;

il

Poeta ne fece un superlativo, che

prestavasi,

col doppio senso, a mettere in ridicolo gli almanacchi antiromantici coi quali
i

classicisti

sfogavano

22) boffaa:

le

soffiato,

loro bizze anche verso

il

Porta.

suggerito all'orecchio.

23) Eliconio, Pittoneo, Cereo, Pattareo, Ciparisso, erano i titoli coi quali i
paganesimo invocavano Apollo dai luoghi a lui sacri, o dai fasti a
attribuiti; titoli che tradotti in dialetto sono eminentemente buffi.

classici del
lui

24) Apollo,

il

25) Cireo, da

principale abitatore del

monte Elicona.

Cirra, presso cui secondo la favola era

spiravano venti che eccitavano furori divini:

da cera deriva

il

volgare scita,

Porta

il

una caverna donde

lo tradusse Soiree,

e soiree, per indicare chi vende

come

moccoli

di cerai

26) de ea : indicazione comune dei calendari


quella giornata le ufficiature sono le consuete

latini

feriali

ecclesiastici,

quando

in

dette de ea {feria).

27) Pietro Verri figlio di Gabriele seniore (n. 1 728 dicembre 1 2 f 1 797
giugno 26) economista e storico di non comune valore e fama, pi noto per
la sua Storia di Milano.
28) Alessandro Verri,

(n.

e avvocato; scrisse le Notti

29) Carlo Verri

nomo;

(n.

fu Senatore del

1741 giugno

Romane

alle

9t 1823 settembre 23) letterato


tombe dei Soipioni (1780).

1743 febbraio 21 f 1827 luglio 7) politico ed


Regno d'Italia fino alla restaurazione austriaca.

30) baciocchoeu: vezzeggiativo per

giovinetta.

31) sovran: moneta d'oro austriaca del valore di L.

48

milanesi.

agro-

151

32) Cipariuo dicevaii Apollo, per ver amato

bcliiMmo gioimw di

il

queito nome, cambialo in cipreMo.

33)

biaati, ecc.:

biaKicare e dimenarM.

34) cardega afouda: tedia con appoggio, poltrona, o


teatina

35)

eardegon (v. lopra

9).
refiila,

attivo italiano

ecc.:
'

uguale

zombare

al

motto

didleltale

' di>

el

(j

de

gatt ' e al

verbo

cio picchiarne delle buone.

36) Tutta questa teatina allude alle polemiche letterarie del tempo; quando
Teatro Re ranliromanlico dott. Paganini, celalo tolto le ligie X. Y. Z.,
diede un dramma intitolato Mania, nel quale erano meaae in ridicolo le teorie
dei romantici, e ti pubblic Vlmartacco Romantico, dove a dileggio dei romantici ti leggono tutti i nomignoli, che il Poeta, nella ttrofa antecedente mette
in bocca all'adirato Apollo,

al

37)

trr:

vuote.

(*)

LA NOMINA DEL CAPPELLAN


(1819)

marchesa Paola Travasa,


primm damazz de Lombardia,
Gh'era mort don Gliceri, el pret de casa,
In grazia d'ona peripnumonia,
Che la gha faa quist in del sforaggiass
menagh sul mezz-d la Lilla a spass.
la

Vuna

di

L'va la Lilla ona cagna maltesa,


Tutta goss, tutta pel e tutta lard,
E in c Travasa, dopo la marchesa.
L'va la bestia de maggior riguard;
De moeud che guaja al ciel falla sguagn,

Guaja
El
Che,

sbeffalla,

l'ha

guaja a dagh del

savuda

el pover

in della truscia

de l'elevazion

Avendegh insci in fall


Gh' toccaa l all'aitar

el

De

so

bon

mett gi

In
IL'ha

libi ')

la

ti.

don Galdin

schisciaa el covin,

del pret mincion

appenna

in sacrestia.

pianeda e tocca via

2).

mezz a quest, appenna don Gliceri


comenzaa a giug a la mora el fiaa,

i part on diavoleri
reverendi di busecch schisciaa.

cors de tutt

De

Per cerca de ottegn

De

la

bonna

sort

slargai fceura in loeugh e stat del mort.

153

se in c de donna Paola
on gran rispctt,
Almanca gh'era on fioretlon de tavola,
De fa sar su on oeucc su sto diffett
Minga doma a un galupp d'on cappellan
Ma a trii quart de Sorbonna meneman.

Che,

No

in fin di fatt,

gh'era per

pret

Gh'eva de gionta

la

trenta bor ^), senza

Allogg

in c,

soa brava mesta


manutenzion ^),

lavandaria, soppressa,

Cioccolatt, acqua sporca ^) a colazion.

Bona campagna,

palpiroeu ^) a Nata!;

Sicch se corren,

Ma

catt,

l'

naturai.

marchesa, che no la voreva


Scccass la scuffia con la furugada ^),
L'ha faa sav a tucc quij, che concorreva,
Che dovessen vegn la tal giornada.
Che dopo avei veduu e parlaa con tutt
L'aorta poi fall ci che le foss piaciuti.
la

Ecco che riva intant la gran mattina,


Ecco el palazz tutt quant in moviment;
Pret in cort, pret sui scal, pret in cusina,

Pienn

Gh'

anticamer de l'appartament

pret di fud, el gh'

Par on vi de scorbatt

^)

crs ^), gh'

che vaga

al

post.

El gran rembomb di vlt, el cattabui


la mormorazion che ghe fan sott,
El strusament di pee, di ferr de mui

De

Che

g'han

Fan

tutt

sott

ai

sciavatt quij

sacerdott,

insemma on ghett, on sbragalismo,


Ch'el par che coppen el Romanticismo '0).
Baja la Lilla, baja la marchesa,
Tutt e d dessedaa del gran baccan;
I pret, che hin solet a sbraggi anca in gesa,
Ghe la dan dent senza rispett uman;
Quand on camerleccaj ") dolz come on rs
El riva a strozzagh l tutt i descors.

nost:


Semm

154

per dincio, o in dove semm?


che discrezion l' questa?

in piazza,

Sangua de

d,

l, citto, qui] duu in fond, andemm!


Che la marchesa la gha tant de testa;
Hin m anch grand e gross, e on poo de

Alto

Per Dio

sacrato,

el

sarav

temp

quella,

d'avella.

Dopo quell poo de citto naturai


Che ven de seguit d'on'intemerada,
Vedend sto ambassador del temporal
Che no gh' intorna on' anima che fiada,
El muda vs, el morbidiss la cera

seguita el discors in sta manera.

el

Se pce, anch de prima de parla con lee,


Di voeult gh'avessen genni de sent
Quai hin i obbligazion del so mestee '2)^
Senza

fa tanti ciaccer,

El ghe

fa grazia

eccoi chi;

chi no voeur sta


a desmorbagh '3) la c.

Insci chi voeur sta,

sta,

in quant a l'obblegh de la messa,


o n, gh'e mai r fiss de dilla;
Chi via a serv n'occor che l'abbia pressa,
1 r hin quij che lee la voeur sentilla;
Se je fass sta paraa do, tre, quattr'r.

Pont primm,
festa

Amen,

pazienza, offrighel al Signor.

La messa

On
D
Per

poeu, s'intend, piuttost curtina,

quardoretta, vint minutt al p;


vceult la settimana la dottrina
i

donzell e per la servit;

La sira semper la soa terza part ''*),


Via che a tarcch non ghe mancass

el quart.

Chi m, sentend che on pont insci essenzial


L'va quell de sav giug a tarocch,
Ghe n' staa cinq o ses ch'han ciappaa i scal,
E tra i olter (peccaa!) on certo don Rocch,
Gran primerista >5) fina de bagaj.
Che el giuga i esequi on mes prima de faj.

155

(E quell el tira innanz): Porta biliett.


Fa imbassad, fa provvist, toeus anch adree
D va:ult on quai fagott, on quai pacchett,
Corr del

Mena

di

sart,

madamm

del perucchee,

1^),

a spass la cagnetta, e, se l'occor,

Scriv on cunt, ona lettera al

Anca

fattor.

chi el n' sblusciaa 1^)

de on

sett

Vun

per auella reson de la cagnetta,


On segona per reson de quij fagott,
i olter cinqu o ses han faa spazzetta 1^)
Per non infesciass coi penn, coi carimaa,
E ris'ciass de sporca i dit consacraa.

(E

De

quell el tira innanz):


el

solit,

Quant

al

disn,

gh* el post con la padronna.

Via

giust che no vegna a capita


aisn de etichetta, o quai personna
D'alto bordo e d'inipegn, che in sto cas chi
Mngem tra nun, cont i donzell e mi.

On

campagna poe el cas l' different;


el papa, mangen tucc con lee.

in

Vegniss

anch con la bassa gent,


va a brazz col cangelee:
Tutt quell de pesg, che l ghe possa occor,
L' quell de lassass god da on sojador '9)^
la

se adatta

Magara

Del

No

la

rest,

passa

rid

fa el ciall 20)^

no contradd,

tavola che s', lassass serv,

No
No
No

no slong i man sul tond,


non desgangheralla.
mettess a descorr denanz vojalla,
fa

l'ingord,

sbatt la bocca,

Tegn gi

No
No
In

stacchetta in del respond;

la

gombet, no

rugass in di dent cont

sugass el sudor cont


fin

Che

nissuna

affatt

el

fa
i

pan mojn

21),

cortij.

mantin;

di porcarij

hin tant fazil lor pret a lassa cor,

Come

se el

mond

el fuss tutt so

de

lr.

vott;

156

Chi, vedend quel baloss d'on camerer


qui] bon religios stan l quacc, quacc
Senza d el minim segn de disparer,
Foeura d'on quai reffign 22)^ d'on quai modacc.

Che

Don

salt el

Cont

el reciocch 23)

passa

de

al fin

de

l'orazion

sta perorazion.

Quell che ghe raccomandi pu che poss


L' quella poliza benedetta;

Che

De

se regorden che, col tanf indoss

de soletta
de vel,
Se quistaran del porch e nient de p;

sudor, de sott-sella e

con

quij

ong con

l'orlo

Ceri lenden in sui spali, cert collarin


paren faa de fceudra de salamm.

Che

de camis, de gipponin,
coss de porta innanz ai damm:
visaa, se sol d, l' mezz difs.

Certi coli

Hin minga

Omm
Ho

parlaa ciar, e m'avaran ints.

Stremii, sbattuu, inlocchii

Quij pover

infin,

pret,

fussel

come tappon

s'hin miss tra lor in croeucc,

mo

effett

de

la session 24)^

d'on specc che gh'avessen sott ai oeucc,


Fatto sta, che de on trenta, a raalapenna
El se n' fermaa l mezza donzenna.

A
La

sto pont,

ona gran scampanellada

Soa Eccellenza
levada
prozint de d udienza;

partezipa a tucc, che

Donna Paola

alfin

che l' sul


El camerer allora

la

s'

el cor,

el

truscia

con

la

bauscia 25).

pret fan toillette

La marchesa Travasa in
la Pampadour cont

Fada a

gran scufHon
i

foritt,

Coi so duu bravi ciccolattinon


De taft negher sora di polsitt,

duu gran barbison

L'va

color tan 26)^

in sala a specciaj

sul

canap.

157

Ma la Lilla, che Teva arent a lee


Quattada gi cont on sciali noeuv de Pranza,
App)cnna che la sent quii dodes pee,
La salta in terra, scovana gi per stanza
El sciali noeuv, e bojand a pu non poss
Con

tutt

e quant el fiaa di so

trii

goss.

boja, e boja, e rogna, e mostra

dent,

Don

Malaccha, che l'era un poo fogos,


Vedendes rott in bocca el compliment,
El perd la flemma, e el ghe d su la vos
E menter el ghe d de la scccada
El fa l'att de mollagh ona pesciada.

On'orsa (come disen i poetta)


la se veda toeu da un cacciador,
fer on orsettin sott alla tetta.

Che

No

la

va in tanta rabbia, in tant furor,

Come la va Sustrissima
Don Malaccha cont in
Per fortuna del

Con

ciel,

a vede
aria el p.

che

quell intendiment che

la
l'

Lillin,
tult

so,

L'ha savuu schiva el colp in del sesin


Col tira arent la cova, e scrusciass gi;
Del restant, se no gh'era sta risorsa,
Vattel a psca cossa

Schivaa

el

fa

quell'orsa.

colp, descasciaa

don Malaccha,

Even i coss asquasi quiettaa,


Gi la dondava la cappellana
Sui ceregh de quij poch cinq candidaa,

Quand on

olter bordell, on olter cs


El ne manda anm on para in santa pas.

l'

Menter

che l'illustrissema padronna,


va a cuu indree sul canap

la

Per mett in stala quoniam la personna,


Stada in disordin per l'affar del p,
In del lassass and.... cajn, cajnl...

La

soppressa col sedes

la

Lillin.

158

Don Telesfor e don Spiridion,


Duu gingella che riden per nient,
Dan foeura tutt a on bott in don s'cioppon
De rid insci cilapp, insci indecent,
Che la marchesa infin stuffa e seccada
La d foeura anca lee con sta filada.

n Avria suppost ch'essendo sacerdoti


Avesser on p pi d'educazion,
che i modi, al pi pesg, le fosser nott
De trattar con i damm de condizioni
M'accorgo invece in questa circostanza
Che non han garbo, modi, ne creanza.

n Per, da che l'Altissimm el ci ha post


In questo grado, e siamo ci che siamm,

Certissisimament

Di

n
n
n

l'

farci rispettar

dover nost

come dobbiamm:

Saria mancar a noi, poi al Signor,


Passarci sopra, e specialment con lor.

Che

n
n
Il

Quant a

due, o malizios, o sempi


basta csi, che vaden;
Quanto agli altri, me giova che l'esempi
Je faccia cauti, e me ne persuaden;
Cossi (serva loro). ...adesso poi....
n

lor

sia el lor fall,

(Lillin,

quietta!...)

Veniamo

a noi.

La cagnetta, che fina a quell pont l


L'va stada ona pesta indiavolada,
L ha commenzaa a fa truscia e trepil

fa intorno la frigna e l'inviziada,

a rampeg sui

On

gamb de don Ventura,

pretoccol brutt, brutt, che fa pagura.

Don Ventura, che l'va in tra quij trii


El pussee bisognos del benefzi,
El stava l drizz drizz, stremii stremii,
Per pagura de fass quai pregiudizi;
El sentiva a slisas 27) quij pocch colzett

pur, pazienza, el stava

li

quiett.

Ma

la

159

marchesa, che con compiacenza

La dava d'oeucc a quella simpatia,


Con tutt che la gh'avess a la presenza

Duu

pret

de maggior garbo e

polizia.

Vada todos, premura per premura,


La decid el so vot per don Ventura.
Appenna s' savuu da
Che va deventaa lu el
1

la

famiglia

cappellan,

Se sbattezzaven tucc de maraviglia,


No podend concep come on giavan,

On

on ciall
de deventall.

bicciollan d'on pret, on goff,

L'avess trovaa

el

secrett

Col temp poe s' savuu, che el gran secreti


L'va staa nient alter fmalment
Che l'avegh avuu adoss tre o quatter fclt
De salamm de basletta, involtiaa dent
in la Risposta de Madamm Bibin

De

salamm

quell'olter

28) d'on Ciciarin 29).

NOTE.
1) tihi: voce latina, usata per rabbuffo.

2) toccA via: mettersi

la

via fra le

gambe; andarsene.

3) br: soldi.

4) manutenzion

termine amministrativo delle Fabbricerie, per indicare una

trattenuta di stipendio per le spese di cera, vino

3) acqua sporca

propr. sciacquatura

e consumo dei

sacri arredi.

traslato scherzevole per

acqua dol-

cificata.

6) palpiroeu: cartoccio, traslato per mancia.


7) seccass, ecc.: aver noie col serra serra dei concorrenti.

8) In quel tempo

nell'Italia

superiore era avvenuta una specie d'immigra-

zione di sacerdoti, che, spinti dal bisogno, venivano dalla Corsica.

9) scorbatt: corvi.

come

il

agli scrittori

ap-

Porta, alla scuola romantica.

il

camerleccaj

(Cherubini).

tempo che nulla perdonavano

ai Classicisti del

0) Satira

partenenti,

160

dal tedesco

Kammerlaqua,

lacch, servitore

di

camera

Notisi l'umorismo nella scelta di questo epiteto, per qualificare

domestico confidente della Marchesa.

12) mestee: la scelta del vocabolo mette in evidenza lo sprezzo del domestico per il cappellano che la nobile padrona considerava alla stregua degli
altri

inservienti di casa.

13) desmorbagh:
14) terza part:

ripulire.

che, essendo diviso in

rosario,

il

tre parti,

non viene

re-

citato per intiero.

15) primerista: che giuoca a primiera.

madamm:

16)

modista.

17) sblusciaa: ne sono scivolati.


18) han fa spazzetta: se ne sono andati.

19) sojador: motteggiatore, ed anche adulatore.

20)

ciall:

21) no
22)

buffone.

pan mojn: non ammollare

fa

torcere

reffign:

23) reciocch:
24)

slisass:

nel vino.

vivo.

saliva.

26) tan: colore

27)

pane

ripicco.

sessioni descrizione al

25) bauscia:

il

naso.

il

fra

il

rosso e

il

nero.

logorare.

28) salamm:

traslato,

29) Nelle edizioni

per sciocco.

posteriori a quella del

842

sostituito Gherardin (sot-

vero autore delle sestine milanesi dal titolo Risposta de MaBibin edita nel 1819 contro la cantica del Porta El Romanticismo

tintendi Carlo)

damm

il

poco conto in cui fino dalla sua pubblicazione


Porta finge che l'edizione fosse gi passata presso
un pizzicagnolo che se ne servisse per incartocciare il salame di D. Ventura.
(v. pag.

33).

venne tenuta

la

dimostrare

Risposta,

il

il

(*)

LA PREGHIERA
(1620)

Donna Fabia Fabron De-Fabrian

va settada

al

foeugh sabet passaa

Col pader Sigismond ejr-franzescan,


Che intrattant el ghe usava la bontaa
(Intrattanta, s'intend, che el ris coseva)
De scolta sto discors che la faseva:

n
n
R

R Ora-mai anche
Convengo appien

mi,

don Sigismond,

nella di lei paura,

Che sia prossima assai


Che vedo cose di una

la
tal

fin

del

mond;

natura,

D'una natura

Che

Fellonij,

Violenz, avanij '), sovertiment


De troni e de costura, beffe e mottegg
Contro il cullo, e perfn contro i natal

Del primm cardin de l'ordine

R Questi, don Sigismond, se non son segni


Del complemento de la profezia 2),

in

tal, che non ponn dars


un mondo assai prossim a disfars.

Congiur,

stupri,

uccision

rapinn, gent contro gent,

de princip regg,

social.

Non

Frutti dell'attuai filosofia;

Frutti di cui, pur troppo, ebbi a ingojar


Tutto l'amaro, come or v a narrar.

lascian certament d'esser gli indegni

n
n

Essendo

Fui

tratta

mio
Tanto

la

Al

con l'armi e i lavorin ^)


domestich, quanto al vetturin.

cop,

n 11

jeri

da

al

Tutte

De
De

le porte, e i corridoi d'avanti


tempio, cren pien cepp d'ona faragin
gent che va che vien, de mendicanti,
mercadanti de librett, de immagin,

con tanto furugozz

I?

In guisa che,

Agio non v'era a scender

n
II

ti

n
II

Il

Il

n
Il

n Come mi rimanessi in un frangent


Di questa fatta, facil da supporr
E donna e dama, in mezzo a tanta gent
Nel decr compromessa e nel pudor.

pi che cert che se non persi

Fu don

Il

Sentij

n
n

5),

dai carrozz.

B L'imbarazzo era tal, che in quella appunt


Ch'ero gi quasi con un piede abbass,
Me urtoron contro on pret s sporch, s unt,
Ch' io, per schivarlo e ritirar el pass,
Diedi nel legno on sculaccion s grand
Che mi stramazz in terra di rimand.

venerd de marz 3),


mia divozion
sant Cels, e v'andiedi con quell sfarz
Che si addice a la nostra condizion;
n

162

sens

del ciel che mi guard propens.

appenna sorta in pie


band qui] mascalzoni

tanto pi, che

da

tutt

ciufiolarmi dietro

il

va- via-

v'

-!

Risa sconc, improperi, atti buffoni,


Quasi fuss donna a loro egual in rango,
Cittadina.... merciaja.... o simil fango.

n Ma, come dissi, quell ciel stess che


M'ebbe ognor sempre fino dalla culla,
Non lasci pure in questa congiuntura

De

Quant c'en voleva

proteggermi, ad onta del mio nulla,


nel cuor m'inspir tanta costanza,
in simil circostanza.

in cura

163

Fatta maggior de mi, subit impongo

Al mio Anselm

Rompo

Me

Fo

la

ch'el tacess, c'I

me

seguiss;

calca, passo in chiesa, giungo

piedi dell' aitar del Crocifiss,


umilio,
al

me

raccolgo, p a

mio Signor questa

memoria

giaculatoria.

Mio caro e buon Qesu, che per decreto


Dell' infallibii Vostra colorito,
M'avete fatta nascere nel

ceto

Distinto della prima nobilt.

Mentre poteva a un minim cenno vostro


Nascer plebea, un verme vile, un mostro.
Io vi ringrazio che d'un s) gran bene
Abbiev ricolma l'umil mia persona,
Tant pi, che essend le gerarchie terrene
Simbol di quelle che vi fan corona.
Godo cos d'un grad eh' rijlession
*De/ grad di Troni e di Dominazion 6).

Questo favor lunge dall' esallarm.


accadrebbe in un cervell legger.
No serve in cambi che a ramemorarm

Come

La
Di

gratitudin mia,

ed

seguirvi e imitarvi,

Nella clemenza con


Quindi

il

dover

speda Iment
delinquent.

vantaggio di costoro anch'io


offro quei preghi che adi faa Voi stesa
Per i vostri nemici al Padre Iddio;

Ah

s /

in

abbiate piet dei loro eccess.

Imperciocch ritengh che mi offendesser

Senza conoscer cosa

si

facesser.

Possa st' umile mia rassegnazion,


Congiuntament ai merit infiniti
Della vostra acerbissima passion.
Espiar le lor colpe e i lor delitt.
Condurli al ben, salvar l'anima mia,
Glorificarmi in ciclo, e cos

sia.

164

n
Il

Il

Il

Il

II

Volendo poi accompagnar

col fatt

Le

parole,

Ne

contingenti prossimi avvenir,

onde avesser maggior ps,


E combinare con un p d* eclatt
La mortifcazion di chi m' ha offes,
E l'esempio alle dame da seguir

Sorto a on

e a quej pezzent

dalla chiesa,

tratt

Rivolgendem in ton de confidenza,


Quanti siete, domando, buona gent?...
Siamo vent'un, responden. Eccellenza!...

Il

Caspita! molti, replico.... Vent'un?...

Il

li

Non

serve,

Anselm, degh on

Chi

ts la

dama, e chi don Sigismond


oeuf de zel de religion,

quattrin per un.

come on

Piein

Scoldaa dal son di

forzellinn,

di tond.

L'va l per sfodragh on'orazion.


Che, se Anselm no interromp con
Vattel a catta che borlanda ^)

la

suppra,

l'era!!..

NOTE.
1) avanij: angherie, soprusi.

2) profezia: allude alla profezia di Cristo


del

sui

precursori della fine

segni

mondo.
3) venerd de marz:

venerd di marzo era pio costume dei milanesi

nei

di visitare l'effigie del Crocefisso nel tempio di S. Maria, detta dei Miracoli,

presso S. Celso in Porta Ludovica, ora Corso

4) l'armi e
tessuti di

lavorin: gli

lana e seta

stemmi

Italia.

nobiliari alla carrozza e

emblemi del blasone,

cogli

galloni larghi,

a guernizione delle livree

dei domestici.

5) furugozz: serra
6)

La Marchesa

a quello che

serra.

nella sciocca sua vanit paragona

Troni e

le

il

suo grado di nobilt

Dominazioni, tengono, secondo

giche, nella gerarchia degli Spiriti Angelici,

7) borlanda: broda; in senso traslato qui, sproloquio.

le indicazioni litur-

MENEGHIN

BIRCEU

DI

EX MONEGH

(1820)

Bravo! bravo! l'ha faa propi polid


tceuss d'inlorna quij bacaj 2); insci
Poss cuntagh ona scenna da fall rid,
Che no la cuntarev se fussen chi:

Che

di voeult, ne, gi el sa.... se dis

ogni busca per

lor

l'

on car de

pQ e men,

fen.

Quatter ex-monegasc, sor Benedetta,


Sor Anna, sor Eusebia, e sor Martina,
Viven insemma, e fan tra lor casetta
In c don collaron della dottrina,
Fceura di pee del mond, l passaa el foss ^)

Tra

sant

Vicenz

Paghcn
Gh'han el

di raatt

convers che je

La

soa gesa

li

el

La

'I

soa gatta e

De

teolegh,

rosari,

gh'han la pension,
serv senza salari.

livell,

arent ^) voltaa el canton,

El comed e

Tra

de

el ficc a furia

so bon

e sant Caloss.

'*)

de

pozz denter de l'uss.


che dis: Esuss.

stornell

prel,

de confessor.

che disnen -dal padron de c


quij olter che van sii de lor

quij

tra

portagh cott e cames 6) de rizza,


n'han in frega tutt'el di on brovetl.

Ghe

De

podess consulta su

tutt

pett.

166

Oltra

Che

Per

de c a

sta arent

fan cor tutt el d per

la
trii

de vegh anch la
e la ghe d i

quell'olter

Che

vantagg, gh'han sora numer

el rest di

Quel de

mia personna,
cocumer 7),
mia donna

fa la sarta,
fa

abet 9),

agnuss '0) e

tassij ^)
i

coverei).

Hin quatter donn insomma de la somma


Che podaraven, a vorrend, sta mej
lor ch'el papa a Romma,
and in paradis grass come porscej;
Eppur, sur s, che ghe n'han semper vuna
De cruzziass, de marsciss, de batt la luna.

Milla voeult pussee

On poo ghe l'han, perch in del sabet grass


Ballen fina passaa la mezza nott;
On poo per via di donn che van a spass
Con la coppa '0 coi brasc, col stomegh biott;
On

poo coi vestinn

Che mostren

On

tutt

ghe

la

sirene e tiraa-in-cull,

grazia del bauli.

perch Monscior Scirin '2)


de ministra la cresma;
On d, perch se stampa el Tamborin ^^),
perch fan teater in Quaresma,
perch a Monscia voeuren fa Arzipret

L'han

l'han,

traa in despart

O
O

On

nan, de fa scurt

tutt

pianet.

Lor se cascen, perch de venerd


Van voltra i polliroeu a vend pollaster;
Per i scoeul di tosann che han de derv,
Certi scoeul, soeuja mi, faa con l'incaster '4);
Per i stamp scandalos, per i picciur.
Per quij che pissa in straa lontan del mur.

Ma el bordell, el besg '5),


Le staa jer e l'oltrer; streppet,
Girament, convulsion, on

Che ha

affar

traa sott sora asee,

el

diavoleri.

deliqui,

seri,

spiret,

reliqui,

Pret, cioccolati, ex fraa, chiffer ^^), devoti,

trasaa ^7)

mezz

la

scorta di bescott.

sto ruzz,

tutt

tutt

167

sto

spuell '^) per via

D'on besasc d'on bcgliett '^) che hoo portaa a


Che ha rezevuu de Komma 20) don Tobia,
E che m'han mandaa a toci fina gi l
San Vittor, in tra la voeuna e
d,
Dove el dis messa per mezz aucc de b 21).

Don Disma, don Rodolf, don Tranquillin,


Don Lorenz, don Clement, don Mansueti,
Don Pio, don Saveri, don Igin,
Don Cels, don Samuel], don Anicett,
Don Romuald, don Lazzer, don Fedel
G'hin cors adree pesg che ne

L'han leggiuu tante

G'han faa su
L'hoo sentuu

mosch

al

mei.

voeult e releggiuu,

tant calmeri 22) e tant paroll,

tante voeult e strassentuu

Che, sanguanon! ghe giughi l'oss del coli.


Se no gh'el disi su ciaf, nett e s'cett.
Senza toeugh via ne giontagh on ett.
H

H
R

Amico

caro (el dis):

Romma,

li

sedici

Aprilo milla e votto cento vinti.


Pur troppo (el dis), no hin lingui maledici,
Ne cosse (el dice), menzonieri o finti
Quelle che (el dis), se diceno de voi 23)
Circa al Governator nostro de noi.

Ma

Dio

(el

dis),

per nostro vilimento

L'ha talmente cecato, che de dopo


Trasato in donne e giogo el puntamento
E prenduto gran debiti sul gropo,

No

l'ha possuto,

(el

dice),

24)^

condemeno

dacchi e dacchi 25)^ Je sbottire on pieno.

Se

che el Cardinal Decane


de d ment a la gran spesa,
Naccorcendose (el dis), che el dava mane,
Asca 26) al resto, al dinaro de la Gesa,
El sia corruto a squajar 27) tutto al pappa,

Che

R
R

dice, (el dis),

furia

l'ha ordenato subet ch'el se ciappa.

c,


n
n

Ma

Che

lu,

el puttasca

de

se tendeva

168

(el dis),

ch'el s'eva dato

cattarlo ladro,

L'ha fatto el quona (el dice), e l'ha curato


El contrattempo (el dis), che el santo Padro
L'va in estasi in l'aria in del dir messa,

!i

n
n
11

n
n

chi t'ha fallo.... l' girato in pressa.

In circa al resto (el dis), la pi segura

L' ch'el sia navigato in del Levante,


In dove a st'ora (el dice), addio tonsura,
L' forse gi quattata 28) col turbante;
E in dove a st'ora forse, addio prepuzzi....
Con che sono di voi
Monsignor Nuzzi n.

Sott poei gh'eva on poscritt, che in del sentili


tutt e quanti come scin 30);

Sguagniven 29)

On poscritt malarbett, che per capili


Boeugna vess religios, sav el latin,
Ma mi ignorant, in quanto sia de mi,
N'hoo

capii olter ch'el diseva insci:

Poscritto:
n
n
!!

L'

Monsignore Monticello

pubblico cattato,
C'el fava, el dice, da Guglielmo Tello,

stato jeri in

l'infilzava el

Sguizzer de

pommo ad un

soldato

guardia pontifzia,
fu menato sopra alla giustizia n.

Chi

la

d'accord tutt quant in tra de lor,


scandol no hin che i conseguenz
Di nost peccaa, de l'ira del Signor,
S'hin miss a intrequeri qui] reverenz
De che razza fudessen sti boltrigh,
Che ne tirava al ghicc sta sort d'ortigh 31).

Che

insci

sti

Don Romuald, don Lazzer

e don Pio,
e trii,
Han ditt ch'el fuss el pocch timor di Dio
De d certi candir stremii stremii
In di battesim e in di funeral,
E de vor tassa i list 32) parrocchial :

Che

hin in cura d'anem

tutt

Che

in di

169

busser ^^) di ces e in quij de strada

No

ghe se troeuva d'olter cne quattritt;


I
mess scars, l'elemosina impiccada,
1
parecchi infesciaa de poyeritt,
La eros de legn in aria a tutt i vent ^^),
E la becca ^^) frustada per nient.
I
francescan don Cels e don Clement
Voreven che nassess tutt el bordell

Dall'avegh

tolt

lor

soc convent;

domenican don Samuell


El giurava, che l'va per reson
D'ave abolii la Santa Inquisizion.
l'ex

Sr Usebbia, anca a

nomm

di camarada,

La pretendeva inscambi che st'istoria


La prozedess da quella baronada

De ayej descasciaa lor de la Vittoria ^^),


Soggiungend tutt insemma a quatter vs:
Che sevem quei che candidava i ns ^^).
Don

Fedel, don Igin, che hin pret de c


Marchesa e d ona Baronessa,
Daven la colpa a quella de faj sta
Digiun (ina a mezz d per digh la messa;
E on poelta d'on pret, on cert don Disma,
Le tra va tutt'adoss al Romantisma.

Dona

Finalmenl on rangogn ^^) d'on pretascion,


Ch'el m'era settaa ci giusta per mira,
Ch'el ciammen el Polpetta de rognon
E el pesar ps bruti cent trenta lira,
El me infilza in del muso ona vistada
De can cors, e via el va con st'inflada:

Mi ghe diroo, mi s che ghe diroo


reson perch Dio el ne svargella
Seiua nanca d: vnrda che te doo!
I

Hin

aitar stravaccaa su la bradella 39)^


i
ges in vituperi, e i sazerdott
Sii per sii ^), mori de famm, magher e
I

biott.

170

Hin

De
(E

el

lassass

gran ciallonismo di mari


mena a vltra per el nas

chi el vardava

fiss

in faccia a

mi)

Dai miee, e lassagh fa quel che ghe pias:


Sps sora sps, senza vardass dintorna
Se vegnen da la guggia, oppur dai corna.

Hin

De

sti

golascia, la leccardaria

la

operari,

de

mezz-camis:

sti

In c miseria, raccol 41), calestria,

La

baldoria in di boeucc 42) in di bois 43);

Ciocch sora ciocch, robba, danee, temp persi

(E

zonfeta on'oggiada per travers).

Hin

birbada de lassa

la

In strusa per

el tff,

fa l'ozios,

straa,

per

foeu

pasquee,

el borsiroeu,

Senza d a ment se biggen el mestee 44)^


Se van a messa in festa e a la dottrina....

(E

li

traffeta

Hin

on'oltra lampadina) 45).

quell'oss in la s'cenna, qui] bosij,

Qui] crs 46) in sui fattur, in su la spesa,


Quel pett i vizi a caregh di lo5Ugh pij,
Quel godegh tutt a gratis a la gesa.
Quel d maa di patron tutt quant el d....
(E li ^aj! quij duu oeucc adoss a mi).

Hin

l'ardiment de sti spantega-strasc


toeunn 47) nun pret per gent come se

De
De
De

tira

settass gi

Balossi....

(Acqua!

a descor in compagnia....

porci....

malcreati.... infamm!...

sta voeulta l'ha

volsuu bisiamm) 48).

Ah fiol d'ona negra! adess capissi


(Dighi in del coeur) con chi el parla

Me

se s'ciara el cerve! ;

me

Pesseghi a alza del scagn

E
Te

polid

sia,

nost tabacch con quij didasc,

el

si,

ma

franco,

ghe respondi in

ma

el

sto

secudissi 49),
fabrian,

dannaa,

sta conformitaa:

can:

171

Senza tant ch'el se scolda a descutt,


Col ris'c de deslenguass ona mezzenna ^),
Anca mi ghi diroo, chi diroo anm
I
I

rcson perch Dio el ne pcccenna,


reson [>erch el tas e el lassa cor

De

bej coss cossett di so Monscior.

quij

Hin
Che in

l'avarizia

porca malarbetta,

de

paricc

T quell

sciori

lor

Ch'el par taccaa a

la

vizzi,

vesta e a la goletta ^')>

On

obblegh meneman come l'ofBzzi:


Quei! c'ha inventaa sacchilt, busser, bascir
Noli de cardegh, e dazzi de candir.

Hin

De
De
De

quell mercaa

de

inceri

de

52)^

cotta e stolla,

mess, de vs, de aria de polmon,

de micchitt de

esequi,

sant Nicolla 53),

catafalchi suffragg, benedizion,

Quell traffegh d'angonij a on tant


E quell fa mai nagotta per nagott

al

bott 54),

53),

Hin quij corp 56)^ quij trasport de caritaa,


Quij vesper, quij compiett, quij mattutin
Pettaa l de nojaa, de desgarbaa,
Intersiaa

De

flatti

e cicciorin 57),

de sbarlceugg de
de no vede l'ora de and a c.

Hin

Su

de

sbaggiad

la

58),

de vess
da Ges

quell dass a d'intend

strada battuda

sci

e de

dritt

Cont el d mai nagott ai poveritt,


Col trattaj d'alt in bass e casciaj sii,
E col vess de so p 60) critegh eterna
De tutt i novitaa che fa 'I governa.

Hin

semper el digiun,
mej boccon d'imp el tarlis;
Quell de dann del golos, del porch a nun
Per on poo de bojacca de bois 6'),
quell predica

cerca

credes

spazza

lor

l'ottava maraviglia

vott,

des piatt anch

in vigilia.

l 59),

dritt


Hin

E
Di

O
A

quell

de

172

fa servi la religion

obblegh de conscienza per

roffian

so vendett, di so persecuzion,

per fa d on impiegh a on balandran ^2),

on storta-coli, a on furb, che gh'abbia


D'avegh basaa la tonega e 1 preteret.
Quist chi, quist chi puttost hin

el

meret

belee ^3),

Che moeuv la pest, la famm, la calestria;


Che fa vegn de Romma quij palpee
Che scriv monsignor Nuzzi a don Tobia:
Hin quist, per brio, e no gh' ball che ten,
N'eel vera l? ch'el diga, ho parlaa ben?

NOTE.
uomo

1) broeu: traslato in senso di

2)

3) foss:
coperto,

naviglio o canale intemo di navigazione ora, per quel tratto,

il

4) Sant Vincenz di matt, ecc.


ora distrutto, vicino

Sembra

alla

chiesa

di

San Vincenzo,
S. Vincenzo

antico ospedale dei pazzi,


in

prato; e

S. Caloccro,

entrambe nel quartiere oggid detto di porta Genova.

tuttora esistente;

3)

di fiducia.

ecc.: levarsi d'intorno quei ragazzi (bagaj).

toeuss,

alluda alla chiesa

di S.

Maria

della Vittoria,

poco

discosta

dal corso di porta Ticinese, prima della soppressione degli ordini religiosi an-

nessa al monastero

donde provenivano

le

quattro suore, con

le

due

religiose

(conuers) serventi.

6) cott e cames: cotte e camici da


7) per
8)

tassi]

9) abet

tasselli,

stirare

con

arricciatura.

cocumer: per un'inezia.

tri

gli

ritagli.

scapolari.

IO) agnuss: specie di immaginette sacre colla figura dell'agnello pasquale.


1

coppa

nuca.

2) Monscior Scirin Monsignor Cerina Eugenio frate francescano, arcivescovo titolare di Sergiopoli, che allora risiedeva in Milano e aiutava l'arci1

vescovo, supplendolo nell'amministrazione delle Cresime.

rini

173

13) Tamborin: il teologo guuenu. professore a Pavia. Pietro Tambo*


di Brescia autore di opere teologiche messe M'Indice (1737-1627)
14) faa con l'incaster: scuole di mutuo insegnamento, giusta

promosse dai

Giuse]:>pe Lancaiter,

il

sistema di

liberali.

15) bordell.... besg: chiasso, tafieruglio.

16) chiifer: panino foggiato a mezza luna.


17) traiaa: sciupata.
16) ipuell: vociferazione enfatica.

19) besasc d'on begliett: biglietto bislacco {besasc).

20) Per questa paeudo-corrispondenza il Porta attinse alla cronaca del


tempo, che narrava la fuga (7 aprile 1819) del Governatore di Roma, il
nipote ^ del Card. Pacca, accusato di manomissione del denaro pontificio (il
quale and a terminare i suoi giorni in America, non in Turchia come, per
scopo di satira, qui suppone il poeta) ed il processo per uno di quelli eccessi,
che sono veri fenomeni, pur troppo nonrari, ma sempre deplorevoli, della degenerazione umana.

21) mezz oeucc de b:

il

popolo milanese chiamava occhio di bue

la

mo-

neta di L. 6.

22) calmeri: commenti.


23) de voi: presso

24)

di voi,

da

voi,

puntamento: stipendio dell'impiego.

23) dacchi, ecc:


26) asca:

dalli,

dalli.

oltre.

27) squajar:

spifferare.

28) quattata: coperta.

29) sguagniven:
30) Kin
31)

tirava, ecc:

32)

list:

(abbreviazione de mi'scn ?)
Craeva dietro

la ero,

35) becca

triboli.

cassette delle elemosine.

ecc

sottintendi per

l'antica insegna dei

ma

l'odierna mozzella,

benefattori dei nostri

al

siffatti

tariffe.

33) busaer:
34)

strillavano.

gattini

funerali gratuiti dei poveri.

parroci milanesi, di stoffa

aperta sul petto,

istituti

nos: confettavano

38) rangogn: brontolone.

si

vede

in

nera, sinaile al-

qualche

ritratto di

di beneficenza.

36) Convento di domenicane, annesso


ponte della vecchia porta Ticinese.

37) candidava

come

le

alla chiesa

noci.

omonima

tuttora esistente

39) bradella

174

gradino di legno sul quale sta

40) su per su:

in condizioni

il

celebrante quando all'altare.

precarie.

41) raccol: contese.

42) bceucc: propriamente buco;


43) bos:

rosticcerie

dove

44) senza d a ment,


43) lampadina:
46) cors:

ecc.

le

vivande

ivi

apprestate.

senza osservare, vigilare, se marinano

l'opificio.

in gergo, sbirciata.

falcidie sulle fatture riscosse, ecc.

47) tceunn:

tenerci.

48) bisiamm: pungermi (come


49) me

in gergo, bettole.

consumavano

si

fa

tafano o la mosca).

il

mi riprendo.

secudissi:

50) mezzenna: lardone.

51)

da

goletta: collare

52) bascir:

53) micchitt, ecc.:


54) angonij, ecc

prete.

da questua.

bacili

il

panini di S. Nicola.

suono della campana

per un agonizzante, mercanteggiato secondo

55) nagotta,
56) corp:
57)

il

che

numero

invita

fedeli

a pregare

dei colpi di battente

ecc.: nulla per nulla.

funerali.

cicciorin: chiaccheruzze.

58) sbaggiad:

sbadigli.

59) sbarloeugg, ecc.: occhiate qua e

60) de so p:

61) bojacca de bois: intingolo da

62) balandran
63) belee

l.

di sua natura.

trattoria.

scioccone.

propriamente giocatoli, qui, per ironia

"

le belle

cose

".

(Jboit).

FRAMMENTI.

()

LA GUERRA

DI

PRET

')

(1820)

guerra santa e i breviari,


micch, i pccher 2), i peston ^),
I
callott, i barett, ch' sgoraa ^) in ari
E han gibolaa 5) la cerega e *1 melon 6)
vintiquatter pret che in cappa e vesta

Canti

piatt,

la

Celebraven a tavola ona

festa.

gran pader di vers e de la bissa ^),


Promolr di baruff e di legrij,
Ti, che a costor te gh'et scoldaa la pissa,

Scoldem anch mi, te preghi, i scinivij


manera che possa famm onor
Con di limm, degn de mi, de ti e de

8),

In

lor.

El d de Sant Lorenz, a on sit de foeura


Quatter pass de Milan, se fa on feston
In onor del gran sant cott in brasoeura ^)
1
fustusc '0) de la gesa hin, confession,
Panegirich, campann, mess, sinfonia

decott de cacao in sacrestia.

Ma

on compadron del st, ch'el voeur moccass ")


indulgenz che se despensa in gesa
Senza mettess al ris'c de confessass,
El ghe regalla ai pret. a tutta spesa,
On disnaron sui moli '2), che je tra l

Tutt

Incojonii

mezz ms a

diger.

178

Memoria,

Ti

che con
i ann a

ti

la toa

sapienza

pacciada,
S'ceremji '3) sott ai oeucc tutt in sequenza,
Come denanz a on general d'armada,
fet

Dimm

cor tutt

sta

chi hin, chi no hin, che cossa yaren,

Cossa fotten

mond, cossa bozzaren.

al

Prima de tucc ghe ven Don Mansuett


Fioeu del coeugh de monsignor Fabrizi;
I entrem de so pader e i polpett
Gh'han procuraa a bonn'ora on benefizi,
Poe on post in seminari, poe ona cura
E per ultem on fior de prevostura.
Adess, che

l' beli lene ^^),

soa passion,

la

Oltra quella, s'intend, de spassass via.


L' d'and intorno a fa tutt i funzion.
Per drov '1 pastoral e la bosia ^^),
per fa adoss ai picch '6) la gibigianna
Con quell topazz in did largh ona spanna.

Quell'olter ch'el g'ha ai fianch, con quella trippa

Che ghe

sgiaffa

gallon '7),

l'

Don Tadee,

On

ex-fraa zoccolott, ch'el se n'impippa

De

tutt

Anch

sgenadur

El mond
in

^^) del galatee;

de Iti, e'I lassarav cor


presenza de l'imperator.
l'

so

'9)

insemma in d'on gropp. Don Beroald,


Paol Maria e Don Lucrezzi
Hin trii pampossonon 20) n fregg n cald;
Pur ch'el papa e *1 forment staghen in prezzi,
Quij

trii

Don Gian

No

patissa

creppa

i
i

vidor 21), viva


sciori 23),

Quel negron

De

per l

soli,

Le on can de

|or

moron

22),

hin contenton.

lsch, pels

come on demoni,

in vesta e capelinna,

Dio, on certo
Resitt 24), cospetton 25) de

Don

Carboni

man ladinna 26)


a man destesa

L'ha cavaa pussee dent l


Che n 'l Bonella 27) con la ciav

inglesa.

179

El gha avert duu process; T staa tosps


cinqu vocult de la messa; in mezz a quest
EI gh a tutt i (unzion, per tutt i gs,

On

tutt

funeral, a tutt

fest;

Nessun

l'invida,

ma

Che

dove

va l' padron

in

el

el

fa

tant

paura,
l

adrittura.

Quell bon veggett, che scond i man depos


Che voraven basa 28) tutt i pajsan,
L' el curat de Sant Sist, Don Fruttuos,

Che vegnen

a vedell di ma 29) lontan:


L' on angiol del Signor, pien de virt;
Se gh' on sant a sto mond l' propi l,

Sostegn di Bacch, confort di desgraziaa,


Franch, tollerant, discrett, giojal, sincer,
Caritatevoi senza vanitaa,
Prodigh p de danee che de parer:
Tutt el rispetten, tutt ghe vceuren ben,
Tutt ghe fann largo come a on car de fen.

perch bon fa bon, quell eh* el g'ha areni 30)


drizza, che l' el so cappellan.
De desgarbaa che l'era e sognorent ^1),
Tel n'ha faa foeura on fior de Cristian

man

Disinvolt, amorevoi, esemplar,

Degn insomma de

l,

degn de

l'aitar.

Magher magher, longh longh, color di lfi ^2)^


Cont in eoo on boromee ^3) tutt pien de tegna,
E ona vesta de quatter o cinq stoff.
L' chi Don March, quell martor ^^), ch'el se ingegna
De solleva i miseri de la gent
Imprestand cont el pegn al vint per cent.
In tra quij duu, che paren duu fradij,
Sbrodolaa tutt e duu d'onc de cusina,
E '1 mostacc con su el tarter di vassij ^^),
Ghe ven come on pagodo de la China,
Dondand i ciapp e'I eoo, Don Giorg Braghetta
Col colett e coi gamb color d'ughetta ^6):

180

L' sia a Roma, l'ha faa de segretari


on cardinal, sebben noi savess scriv;
Per licenziali l'han faa Protonotari
Apostolici!, e quest l' '1 gran motiv
Che adess el bffa ^7) pesg che n on boffett
E ch'el va a voltra con quij bei colzett.

Quell coi brasc in sui fanch sul gust d'on


L' Don Prosper de razza ex-cappuscina
De novizzi el ciamaven fraa Biciolla;
Ma, de che l' tornaa de Palestina,
El spara de quij st ball 38) senza fin
E el passa per un Tuli 39) in collarin.

olla

Cacciador per la vita, ostariatt.


Col don de Dio d'ave semper set.
Ecco, ven Don Vittr del nas scarlatt;
L' staa pret, poeu soldaa, poeu ancam pret,
Comich, fraa, vicciurin ^0)^ l' tornaa adess,
Fin che noi g'ha de mei, a d di mess.
Quell pret che ven beli beli, palpaa palpaa
Coi oeucc bass, gonfi, pien, ross come foeugh,
L* el pover Abaa Ovina, desgraziaa,
Ch'el cerca tapinand 42) de loeugh in loeugh.

De

"*')

fa sor ^3) el dolor ch'el le bozzira,

Ne'l p trova solev per quant

el

gira:

(*)

Qui

doveva seguitare un episodio patetico, in cui si raccontavano le


egli era stato calunal " pover Abaa Ovina " erano accadute
niato da un finto amico; la Curia l'aveva sospeso a dioinis e in ultimo fatto
cacciare entro una prigione; conosciuta finalmente la sua innocenza, rimesso in libert, trova la madre moribonda. Di questo squarcio, che non
*)

disgrazie,

che

fu compiuto, riferiamo le ultime quattro strofe, dalle quali

si

conosce qnanta

Poeta anche nel patetico: la scena nelle vicinanze del


Lago d'Orta. (Nola di T. GROSSI; ediz. 1821).
potenza avesse

il

161

L'cva ona noce d'inverno di pu fch

La noce che
Per

gol

de

staa miss in libertaa:

l'

quij mont, dcnt per quij bosch,

vent infuriaa
i
sbatteven travers, a rose ^4), a ondad,
La nev e l'acqua gi per i vallad:

Ziffolaven

Per

voeuj ^^) di caverna a la lontana,

In tr'l rugg di turbin, di torrent,

Se

sentiva ci dan!... dan!... d'ona campana,

Che rebombava

interpolatamenl,

E in del coeur del bon pret


On fantasma ogni colp che'l

Ah

che pur tropp

el

dessedava

le

scaggiava ^6).

ci coeur l'

ona gran

spia.

Pur tropp gh'era on malann ch'el presentiva:


bott dell'angonia
Eren quij bott 47)^
De la povera donna che moriva
De la mader ^S, che, in pont de vessegh tolta.
Leva scritt ch'el vedess l'ultema volta.
i

Quella meschina,

tutta

Al tremendo viacc de
La compagnava con la

rassegnada

l'olter

mond,

vos panada

L'ultima orazion di moribond,


strabuffaa, moisc, convuls del frecc

Quand

L'ha se

vista el

so

Ovina

ai

pee del lece 49)

NOTE.
1)

Questo componimento doveva eatere divo

2) p^cher:

bicchieroni, peccher.

3) pctton: bottiglioni.

in

quattro canti.


4) sgoraa: sono

182

volati.

5) gibolaa: ammaccato.

6) melon: zucca,
7) bissa: propr.

8)

scinivij:

le

9) brasoeura:

testa.

a zig zag degli ubbriachi.

biscia, allude all'andare

cervella.
costeletta.

10) fustusc: gli abborracciamenti, cio gli uffici in chiesa (gesa) celebrati
senza diligenza da quegli ecclesiastici, che qui il Poeta motteggia.
1

moccass

piluccarsi,

avere a uffo.

12) sui moli: di lusso; allusione alle carrozze

signorili

con molle.

13) s'ceremij: da s'cer, schierameli.


14) lene: grassoccio fino alla lucidezza.

15) pastoral

e....

bosia: cio la ferula (bastone) e la palmatoria (bugia)

insegne della dignit prepositurale nella chiesa milanese.

16) picch: villano.


17) sgiaffa

gallon: rimbalza sulle coscie.

18) sgenadur: francesismo per noje.


19) lassarav cor: farebbe

20) pampossonon:

venti.

accrescitivo di pamposs, (pane

raffermo), nel

senso di

poltrone.

21) vidor:

vigneti.

22) moron:

gelsi.

23) creppa

24)

resitt:

sciori

augurio di morte per poterne fare, ben

retribuiti,

funerali.

litigioso.

25) cospetton: bestemmiatore.


26) de man ladinna: manesco.

27) Bonella:
si,

el

me

dentista al quale

il

Porta

dedic

anche

un Sonetto:

Ma

sur Leila.

28) basa

baciare.

29) ma:

miglia.

30) arent:

rasente, appresso.

31) sognorent: sonnolento.


32) color

di lfi:

colore giallognolo, livido.

33) borromee: cappello


34) martor
malizioso.

di

panno.

propriamente minchione, grullo

qui per ironia vuol significare

35) Urter di vouij: ckpotito

183

ulle botti (oattij).

36) color d'ughetta: colore violaceo.


37)

boffa, ecc.:

36)

spara....

39) Tulli

40)

43) lori
44) a

roc

Cicerone

va

li

pavooeggia.

in

abito da prete.

lento.

come un

tapino.

a folate.
vuoto, cavit.

46) tcaggiava: coagolava


47) bolt:

cio

sollevare.

45) voeuj

tofTietto.

vetturale.

floicio,

42) tapinand

come un

ipaccia.... frottole.

collarin:

in

vicciurin:

41) palpaa:

(ofHa

ball;

il

sangue

come avviene

del latte.

rintocchi.

46) Nelle ediz. successive a ' mader ' sostituito * Luisa '
donna innocente che il calunniatore aveva fatto credere

clrlla

il

nome

cio

fosse l'amante

dell'Ovina.

nel

49) Questi furono gli ultimi versi scritti dal Porta:


mezzo del suo lavoro, (T. GROSSI; ediz. 1621).

la

morte

Io sorprese

(*)LA
Oh

don Peder!

Come

COLAZION

Oh

me don Romuald!

el

Stoo benissem mi; e l?


Discreltament anch mi
Sntel sto cald?
Marcadetta se'I senti! no en poss pi;
Rivi adess de l'offizi a Sant Caloss,
E son bagnaa che pari staa in d'on foss.

staal?

L, donch: che'l vegna

Chi, chi, lontan de

Grazie

N
Con

Mo

tant!

Hai giamo

chi,

se l' sudaa;

me don Peder

el

l'aria,

cicolattaa?

hoo bevuu on agher de zeder


dent on para de bescott delfgerlo
bravo l! la colazion del merlo!

signor,

Bottega!... el cicolatt!

Ogni

scoeudes 3)

El
i

2)

fa beli di,

caprizi:

va de chi e de

l el

')

Don Romuald, a
L el guadagna,

li;

on quai offizi;
Ma mi con quella messa di des or,
Hoo pari a sbatt, no me capponi on bor
bott l el pelucca 4)

5).

NOTE.
1

cicolattaa

presa la cioccolatta.

2) bescott del gerlo scherzevole per dir pane che


:

3) scoeudes
4) pelucca

il

fornaio portava colla gerla.

soddisfare.

pilucca, cio

ha

la

fortuna di intervenire alle esequie retribuite-

5) capponi on bor: prendo un soldo.

FCEURA DE PORTA LUDIVIGA.

(*)
|-'rammenti di

un poema che doveva avere per

titolo

L'Jlpparlzhn del Tau.

(1817)

Foeura de porla Ludiviga on ma,

Su

sinistra,

la

in tra

El gh' on
Solitari,

duu fontanin
de piant che ghe

in tra

fil

')

fa

ombra,

sentirolin,

patetech, delizis,

Che'l e perd a zicch zacch dcnt per


E ch'el par giusta faa
Per i malinconj d'on penseros.

Via d'on

sbilz

d'acqua che

sboltiss di us'cioeu 2),

quai gorgheg d'on rosignoeu,

de quai vers lontan, lontan,


D'on manzett, o d'on can,

No

se

ghe sent on

Che rompa

la

Che
Se

etl,

insci,
fa

la

jutta la passion,

duu pass

quij acqu, tra quij piant, tra quell'ombra,

se sent a quattass d'on cert

magon

3)

sent a trasportass

Dona

de malinconia,
oeucc senza sav el perch,
sforza a piang, don piang che fa pias.

Che

lontan

quiett.

Tutt coss, l
s'h nanch

Ne

Tra

praa

via del piss piss

insci,

D'on quai

certa estes

sgonfia

186

Appunt
Seva jer
Gh'aveva

in

soli

el

de

sto stat

solett,

Tass

de scoldament

in sta stradella,

sott

sella,

soeu desgrazi in ment:

....

NOTE.
1) fontanili: canali d'acqua viva.

2) us'cioeu: piccole chiuse di legno nel canale irriguo.


3) magon: accoramento.

OTTAVE.

OLTER DESGRAZI DE GIOVANNIN BONGEE*)


(1814)

Quand

se nass deslippaa Oi

che

lustrissem scior,

L*

inulel toeuss el coeur,

No

gh' pu ne fadigli ne pont d'onor


poda mett in cas de fa fortuna;

Che
Vegnen

l'

tuttuna,

de traditor;
de toeunn su vuna,
Che in manch de quella ghe sen lacca adree
Sett, vott, come ona salva de mortee.

Ne

s'ha

adoss
nanca

bolt

fornii

Mi, che pari nassuu in de quel moment


Ch'el Signor l'ha creaa i pu gran travaj,
Come sarav a d el dolor de dent
E quell caro sur Lelia per strappa],
Hoo gi provaa ai mee d tanti azzident,
Che ghe vorav on secol a cuntaj.

De moeud
Che on
')

che no

me

specci a forn l'ascia 2)

quej copp 3) in sul eoo che

Questa poesia i una conlinuazioiie

l'attuale

volume.

me

spettascia.

di quella riportala a pag.

109

del-

190

el sa se mi sont vun
che van in volta a fa quarell.
Che, grazia ai pover mort, no gh' nissun
Che p cusamm d'avegh storgiuu on Cavell;
Anzi quand gh' di rogn tra quejghedun,
Regola generala ficchi el veli "*),
Che no vuj minga per on gust de ciall
And in peltrera 5) o toe su el-reff 6) in fall.

Vussustrissema

De

quij

E
Col

pur con

me bon

tutt el

me

de cojon,

fa

p de pombi e

l'ara drizz,

Giust perch sont nassuu in quell d birbon,


Ogni bott borii dent in quej pastizz:
E poei, senza sta chi a fa tant reson,
Se vussustrissema el gh'ha flemma on sgrizz,
Ghen cunti vuna che m' occors adess,
Ch'el

le far resta propri

de

gess.

Quand per vede el Prometti 7) trii mes fa


El correva a la Scara tutt Milan
E vegneven gi a tropp de l e de sci
I forestee de tante mja lontan,
Tant che per ciapp post boeugnava ess l
Col disn mezz in gora e mezz in man,

Vedend

Me

tutta sta truscia S)

sont ressolt

Oltra el

De

rest,

satisfa in

Che dopo

e sto spuell.

anm d'and a vedell.

me

quej

premeva, a d

moeud anca

la

el coeur ciar,

donna,

quell scappusc 9) col paracar ^0)

L'ha miss gi el eoo davvera, e la dragonna


Poverascia! anca lee la gh'eva car
D'and a vede on vesin de la soa nonna.
Che l' quell che vestii come on pollin '2)
L'andava a becca su el prim ballarin.

'0'

de Tutt

bll d

Intrettanta ei

Dopo

191

sant

dottrina invers l'ora di tre

in aria de marciant
e duu come duu r
S'inviem a la Scara ben d'incant,
E l se postem per i prirnm del pc
De la porta sarada del lobbion
Col noster bravo cuu pondaa a l'us'cion.

Ciappi

donna

la

content

Passa

tutt

tre,

passa

i
cinqu or,
pasquee 1^),

quatter,

S'impieniss de person

el

tutt

Chi mangia, chi gingina, chi descor.


Chi ziffola, chi ria, chi fa el scocchee
Chi se scolda la pissa '5) e fa sussor

'^),

contra di impresari del soree '6)

Che goden

soeu

comed

no gh'han nanca

el

e fan grassa,

pubblegh per

la

cassa

'^).

Ma

a furia de specci poei fnalment


Solten voltra anca lor sti lizonon
Che in mezz ai urla e ai fs'c plazidament

Se derven la calcher '6) coi button '9)^


E quand me riven l ben ben d'arent 20)^
Quell denanz cont

Con

grazia el

tutta

me

el

dis:

ciav e col lampion

me

Allon,

sgombetta 21) el venter


s'emm d'and denter.

fort,

Mi

Ma
De

per tant e tant tegneva dur;


che Teva l'uss d'on'anta solla
derviss in canton attacch al mur,
in tra

in tra,

Zonfeta,

che
tutt

in del

derviss la cress la folla,

a on bott

me

tran l al scur

giuc 22) appos a l'anta al tiramolla,

Tant che

s'ciavo miee 23)^ s'ciavo prim post.


L' ona grazia del ciel a salva i cost.


Ma

192

ch'el varda, lustrissem, s'el par vera

Che m'abba de zuzzed


E pur questa l' anmc

la

Come

s'el

el sentir adess,

Appenna

tusscoss a mi!

pu leggera,
voeur sent:

de caponera 24),
Vardi intorna per tutl de chi e de l
Per cerca Barborin, ma dess, descor,
L' inutel: dove l', le sa el Signor.
liberaa

Barborin senza mi, senza dance,

Senza on can che tampocch le cognossess.


L'era su a mitaa scala de per lee,
Senza sa ve in che mond la se fudess 25);
No la podeva and n inanz n indree,
Perch per and inanz ghe va del pess 26),

per torna indree sola a quij or l


va manch carna indoss che no la gh'ha.

Ghe

Basta, voo su anca

S'incontrem, se

mi a

demm

la fenitiva,

part di nost desgrazi,

Femm rid on poo ai nost spali


E poe marcem inanz, paghem

E
De
De

la

gent che

el

dazi;

riva,

a vede, quand se dis, rivem a piva 27)


trova tant e tant assee de spazi
settass gi tutt duu in loeugh competent,

On

poo

cusii 28)

sigur,

ma almanch

arent.

Li intrattant che la gent coi zitfolin,


Col pesta, col sonee, se spassen via.
Se comenza a smorbi 29), a tacca ballin 3^)
Con quij ch' pussee arent de cottaria;

Oh

chi lassa fa a lee la Barborin,


Che, minga per d a d che la sia mia.
Ma in tra che l' bullona anca de sort.
L' inutel gi, la farav rid i mort.

193

Besognava sentilla sta mattocca


temp de l'opra per crepa del rid;
La n'ha ditt su pur anch de quella bocca:
Tra i olter n'ha ditt vuna insci polid
Contra de quell spettacol de qucll'occa 3')
Che canta insci de sbergna ^2) e insci inivid
Ch'anch che la fuss la prima cantarina,
Per tutta sira se n' faa tonina ^^).
In

^^),

on corno, che per mi


spass, tucc a ona sort;
Anzi quand rivi a god in pas on di,
L' el ver mijorament del pont de moit,
Ch'el voeur di che l' in brusa ^^) de sbotti
On malann col segond de contraffort,
E on terz de foeudra, e on quart de guarnizion,
Come m' giust suzzess in st occasion.
Se, tutta

sira

Fornissea tucc

Defatt dopo sto rid strasordenari,


sul pu bon del ball m'era duvis ^6)

Quand

De

vess annH coi nivol su per l'ari


de vede a and a spass in paradis

Tucc
Coi

sant ^^) in di soeu reliquiari.

lumitt pizz intorna a la cornis,

Tutt a un tratt Barborin la tra su on sguagn


Tant guzz e fort ch'hoo mai sentuu el compagn.

Ch'eel, che no eel,

l' che on despresios


gh'aveva reBlaa dedree
Propri a cuu biott on pezzigon rabbios.
Mi allora, sanguanon! me volti indree,
E con duu oeucc de brasca e besios ^8)
Vardi in motria a on pomper e a on lampedee,
Disend: Per cristo, vorev anch cognoss
Quell asen porch che fa sta sort de cossi

El

te

194

Paricc col lampedee fan d'Indian,


el soldaa se le scolda in sul moment,

Ma

me d on

El

Che

pugn, e

el dis:

Tasi

l,

can.

sacramenti
Mi, che sont pesg d'on azzalin bressan 39),
te fotto in platea,

Che tacchi foeugh appenna a strusamm dent,


Volzi la vos de prepotent anm,
E ghe respondi: On can te saret ti!

Vien de

fora (el repia) marmotton,

mummia d'Egitto vegni foeura (dighi), di cojon!


T'insegnaroo anca chi a parla politto.
Che
Che

Intrattant

No

dar mi,

te la

de per
che

se sent

lu el giudee,

Se p

Sera

tutt in

sul lobbion

slanse! abbasso! citto!.

rebuttonandem

su.

trova? el sbragia citto! anch

l,

lu.

vedel, lustrissem scior.

Per fann vuna de quij d'and in gazzetta;


E se no gh'era i mee sant protettor
juttamm e portamm propri in spalletta,
Vuj d a famm boria adoss on respettor
l'improvvista come ona saetta,
Ghe soo d mi ch'en reussiva on scempi
De cuntass de chi inanz per on esempi.

A
A

Basta, la cossa

l'

fornida

l,

Almanch

Ma

resguard ai ciaccer e ai quereli;


intuit de quell che voeubbia d

Bona voeuja e

De moeud

de buell
andada a fass

indrittura

S'ciavo, quella l'

^^),
rost,

ch'el ball, per quant el fudess beli

(Ch'el faga el locch s'el ved el Vigano) ^0


N a mi ne a Barborin l' piasuu n.

Gi besogna

De

195

ancK d che on gran motiv

poeti

vess critegh e brusch

come

lasec,

L'era con pocch respcH quell lavativ


Del soldaa semper l inciodaa dedree,
Che de giunta al sgognamn ^2) e al

mangiamm

Cont
ceucc, doma on poo vardass indree,
El seva aneli tiraa arent cert camarada
Che dininguarda, Cristo, in su ona strada.
i

Mi, che cognossi on poo el me naturai,


Che 800 fina a che poni poda fidamm,
Vedend propi in don specc che sto animai
El me tirava a perd con l'inzigamm ^^),
Lott

a dondignand voo invers i scal....


a Borborin de seguitamm,
beli tra ^'*), gi ficeu, speccia ch'el ven....

lott

Foo segn

al

Chi gh'ha prudenza,

l'usa:

vaia

Adess m che gh'hoo daa


Giontandegh

tutt

in

ben?

pegn on canton,

quell spass che gh'hoo giontaa,

Lustrissem, el sar de opinion

Che

i
coss andassen soeuli come on daa ^^),
Cio che dopo on para de boccon,
E ona bona scorada ^) de boccaa,
El pover Giovannin, lontan di rogn,
El mss in lece al cold in del prim sogn.

Lustrissem

s:

el

sarav propi induvin

Se se trattas de tutt oltra personna.


Ma, trattandes del pover Giovannin,
L' ben dolz anca lu, ch'el me perdonna;
S, adess el sentir che bescottin;
Olter che in lece al teved con la donna!
Preson, cadenn, ballin 47)^ sbirr, rabbi, frecc
Quist hin staa

mee

bej sogn, quist el

me

lece.

viv

196

Ah
Te

Ma
Te

me

el

car lece!

s,

te set dur, l' vera,

a carpotter 48)^ a montagn,


franch el prim cas che in c Bongera

set tutt
l'

siet staa voeuj

per un baratt compagni

Disili vujolter, banch, pajon, tester,

Piumitt, covert, disili se in tresent agn

Avii mai

Che

Ma
Che

vist olter

lugher 49) ^ sbirr ^0)

qui] del scoldalecc e di candir.

de gi che,

l'

lustrissem, l' tant

despost a d de scolt al

bon

rest,

Per no desabusamm di soeu attenzion


Faroo de tutt almanch per sbrigali prest;
Donca appenna sghimbiaa 5') gi del lobbion.
Per fa la straa pu curta, butti lest,
E senza olter boltrigh 52) che me incoronna
Rivi a c in quatter salt con la mia donna.

Pian pian dervi el porteli, pian pian voo su


scal, che no s'accorgen i vesin,
Dervi el me bravo uss beli beli anch lu,

Di

Rugatti el fogoraa col zoffreghin 53)^


Pizzi el lum. Barborina, ove sei tu?
La vedi l col eoo sora i cossin
Travers al lece, cont una man sul ghicc.
Che la tirava su grev grev el lce! ^4)

Cossa gh't, Barborin?...


Me doeur.... Dov'?
Chi insci.'.
Cojonet!...
Propi chi...
Sul cuu?
N'eel staa fors?...
S, quell porch....
Lassa vede
Mi n.
Perch m n? sont t mari....
Gh'hoo vergogna....
Set matta? fa pias....
L sta savia....
Fa pian....
Lassa fa a mi...
Basta, infln cont i dolz l'hoo missa a termen
De lassasse! vard biott come un vermen.

197

Cribbi, lustrissem! se l'avess vcduu,

Minga
Ross,

cojonarlj, lant
scarlatl,

Con de

gionta

de

svargell 55)

ch'cl quattava

on quart de cuu,

duu gran barbis morell

56).

gn ha m proweduu
On fior de timpen con tiraa la peli:
Che se l'era on poo froll, disi nient,
Che boccon de zaffagna 57) ci ghe fa dcnt.

Bona

ch'el cicl el

Mi per, soeuja mi 56), qyij duu barbis


M'hin pars come on poo tropp in simetria;
Defalt ghe strusi dent, e ghe foo on sfris 59);
Freghi, e vedi ch'el ncgher el ven via;
Torni a frega, me resta i did tutt gris,
Tacchent, e luster de besonciaria;
Finalment usmi, e senti on odorusc
Come d'oeuli ordenari e de moccusc ^).

Ah canaja, ah baloss d'on lampedee!


L' chi el prozess, l' chi el corp del delitt:
Olter che fa la loeuggia 61) e el forestee
E che fa mostra de cunt i travitt....
Ma va pur l: se te me dee in di pee,
No l'avaree d'and a Roma a pentitt,
Te

l'hoo giurada mi,

quad

rivi

brutto desutel;

a giura, varda,

l'

inutel.

Negher come on sciavatt tal e qual


Foo on spiret de no di a la Barborin;

Ma

infin,

Rzzipe

per cascia via

63),

Ti parcura

De
Che

De

dighi,

scighera 62),

la

on bon

sera,

de
manera

biccier

inttattant in quej

vin.

bagnaa di piumazzin,
adess tomaroo mi col tocca e salda,
quattordea boritt 64), Rocca Grimalda.

tegnitt su

198

In quatter solt sont


In d'on esuss ^^)

de l'Antonglna

me

sbrighi,

^^),

e torni indree

Col me bravo peston de bombasina ^^);


E quand sont l a la porta del cartee,
In dove mett gi banca la Rosina,
Ch'el disa on poo chi catti in sul mestee?
Roba minga de credi catti l'amis,
Quell lampedee insci faa di duu barbis.

Vedell, e sent

el

Sentimm a quatta

sangu a surbu,
ceucc, perd la resn.

L' staa tuttuna: no me poss tegn;


De slanz ghe sari adoss cont on button,
E ghe disi: Toe su, quest l' per ti
cunt de quell t credet del lobbion;
Portel ra via, e impara, o porch fottuu,

A
A

tocca

donn e a pizzigagh

el cuu.

Vedend ch'el resta li come de sass


Senza n repett n tira el fiaa,
L'hoo creduu per on martor 68) che purgass
Con

pa scienza

tutta la

Me
E lu

el

allora indree per

tiri

in ringraziament,

so peccaa:

dagh

el pass,

sto renegaa,

volta, e poe zonfeta! sul eoo


pugn, senza d varda che te doo.

Lassem

On

Acqua!

coss'el deventa el

tigher,

lion gh'hin per nagott;

Volzi in

l'ari

el

me bon

zinf zonf dov'el

Gi
Gi

la
i

va

fin

Gioannin!

peston de vin,

che

l'

rott:

cassa de l'oeuli e di stoppin,


transilli ^9)

gi anca

nun

tutt

coi

quant in

ong

barilott ^^)

in di cavi]

tomborlon per straa come

vassij.

199

El me pu gran tracoll in sta tomada 7')


L' staa a restagh desott giust col mostacc,
E col stomegh schisciaa contra la strada;
Del rest, se noi gh'avcva sto vantacc.
No ghe disi nagott che pecccnada! 72)
Ghen dava propi fin che sera sacc;
Ma el maa l' staa, resguard al pesta gi,
Che lu l'era de comed, e mi n.

L'unega macciavella iri sto moment


L'era quella de mettem a sgar,

Per vede de juttamm col fa corr geni;


E de fatt con sta tattega che chi
Sera asquasi redutt a salvament,

Se

el

dianzer noi fa capita

l,

Senza besogn a cress la compagnia,


Quatter o cinqu dannaa de polizia.

Costor con quij so vacch de cappellon

Che somejen on meder de

barchett,

Fan on ruzz, on sussor, che sanguanon


Noi ne p fa de pu el medemm parfett;
L ne vegnen adoss cont i baston.
fudesscm can senza collett,
E ne sercen su streng cont on spuell,
Pesg ch'avessen ayuu de toei el Castell.

Come

Con sta sort de tavan taccaa a la vitta,


Spongiuu, casciaa per straa tucc i moment.
Se va on trattin vers Santa Margaritta
Con dedrevia on santa eros de gent
Che paren poresitt tacca a la pitta ^^).
In sto moeud, tutt dojos, tutt sporscellent,
Se consegna in guardina on Giovannin,
Pesg che noi fuss on Jacom Legorin ^^).

200

Eppur ch'el varda, a d quell ch' de


mezz ai mee travaj, ai mee cuntee 75),

In

Me

restoiava tutt a vede

d,

In l'istessa mojascia el lampedee.

Catto! in Milan, diseva in tra de mi,


Gh' giustizia, e ghe n' tant che sia assee,
quand me sentiran, ghe giughi el eoo

Che ona

ghe l'avaroo.

satisfazion

Intani che padimava ^^) i mee dolor


Con la giusta giustizia ch'han de fann,
Che tirava su el cunt fin del valor
Che podeva partend per spes e dann,

Ecco

Che

che compar

el

respettor.

comenza a interrogann
Chi semm e chi no semm, in dove stemm,
Patria, porta, c e tecc, che mestee femm.
adrittura el

Sui prim respost el dava nanca a ment


Com'el fuss ona statova de saa;
Ma appenna el lampedee l'ha tiraa dent
La gran reson de vess regio impiegaa,

Dighi nagott, hin deventaa parent;

Ma

gi l' insci: tra lor utoritaa,

Fuss sansessia ^^), gi se dan de man


Propi vera che can no mangia can.

Defatt

Hin

tutt

attenzion, tutt

resguard

lampedee,

staa per Tillustrissem

per mi on corno come


Anzi perch on d voeult

fuss bastard.

sont soltaa in pee

dagh, com'era giusta, del bosard.


Merda de gatt! com'el m'ha saraa adree:

Citto l voi;

Che

non

voglio,

se parla in la

mane

o temerari.
al

lampedari!

201

Cont ona protezion tant spiattarada,


Senza d'olter despcrdes in rcson,
El p doma cap come l' andada:
No 8* parlaa ona sverza 7^) del lobbion,
Del pizzegh in sul cuu ona sbolgirada ^9);
De moeuu che el prepotent, el birbonon,
El boja, can, sassin l' staa el Bongee,
E li allon speltasciell gi che sii aaree.

Vedend ona ingiustizia de sta sort


No. hoo ditt in tra de mi, m'han de
M'han de mett sott ai pee, de damm

Ma
E

vuj parla, l' inutel, vuj

me

per brio

lig,

la mort,

parla;

sont miss al fort

D'ona manera tal che, and a cercai


Sant March! l'ha avuu de grazia el respettor
De mett gi ari e de lassamm descor.
i

Foeura

Voo
Ghe

manegh

^0)^

come on molin

via senza mett parola in fall;

de l'affront faa a Barborin


publegh lobbion, in tcmp del ball;
Dighi e sostegni che le cinqu in vin 8')
Ch el rejo l' staa lu, che poss giurali;
E che quell me prim impet del button
L' giusta staa on forma] sui maccaron.
cunti

In sul

Ghen diseva insci anm; ma quell baloss


D'on lampedee, malign come on demoni,
El me d su la vos, negand tuttcoss,
E domandand i proeuv e i testemoni;
Allora el respettor el solta el foss,
E el ohe fa el lecco 82) senza zerimon,
Disend: Sur s, le prove, affar finito,
Le prove, sur Gioanni riverito.

202

prceuv (respondi),...

proeuv?... Cisto maria!

Anca prcEuv gh'hoo de d?


Con quij face de scappusc ^^)
i

Cribbi e

questa

ghe calarav anch

boffitt,

Quella del

Ma

pizzegh ^^)

ch'el disa

de

tal

sett ^5)^

bella!

quella!...

Gh'hoo daa ona bettegada longa on

Me s' geraa sul


E quella proeuva

l'

d'intorna via,

la

mja....

tappella,

stord,

faj

l'hoo soffegada in mi.

on poo

lu,

lustrissem scior,

Coss'avaravel faa in del Gioannin?

Avaravel ris'ciaa ch'el respettor


El mandass a c a tcei la Barborin,

ch'ltra del stremizi,

se l'occor,

L'avess avuu de volta l el sesin


descrezion de quij carna de coli?
Oh quest chi si ch'el sarav staa on beli

S'ciavo, pascienza per


Infin,

per

maa che

noli.

pover mort;

me poda and,
giudes a damm tort,

la

Eel pu che senti el


E che toe su on felipp da porta a c!
Intrattanta che foo on cunt de sta sort,
Vedi che in santa pas el toe su e el va,
Ch'el fa on cert segn, e poe el me dis a mi:
Parlerete, el me omo, marted.

Grazia tant de

la soa caritaa;

Foo per corregh adree a basagh

la

man,

per senti a che r l' in libertaa.


Per no vessegh de incomed posdoman;

E in quella che sont


Me senti a tira indree

che l'hoo

rivaa,

per el gabban;

Chi l'? L' on sbir che in aria de sgognamm


El me prega a fagh grazia de fermamm.

203

Fermamm, ohe

uucsta

Se

tuss

Ch'hin

sarav mincionnal

la

Michee? ^)
che

or

tre

che fermamm d'Egitti

dighi,

che

vuj

l'

and a c dritt drilt,


a pecciamtn la donna.

famm

Intant cost el va adree a

Tant che a

De

fin

la

galitt

^^)

^)

a sfognatamm

per tutta la pcrsonna,


son poe vegnuu in senior

quell segn insci faa del respeltor.

che segn

che segn birbon,

staa quell!

l'

Tant come quell de Giuda Scariolt;


L' on segn che m'ha fottuu in d'ona preson
piang come on bagaj tutta la nott.

Sissignor, no ga' staa pu remission:

Dopo d'avemm

palpaa dna sul

M'han miss sott a tant ciav


Che no ghen va oltertant a

Ah

Gioannin de

la

mala

biott,

e cadenazz,
fa

on palazz.

fortuna,

Dov'ell ch'el t'ha redutt el t destin?

Varda, chi su on

Tra

Ma

quest

miseri,
l'

la

ballin,

saraa in

spuzza e

anm

comuna

^)

nialandrin;

nagott, l'

anm

tuttuna,

povera mia Barborin?


Cossa farala adess senza de mi?
la

Ah

destin fioron,

dimmel m

La Barborin, de quella
Che l', come sustrissema
Intant

che mi biassava

sta

ti!

brava donna
gi el sa,

coronna.

L'va intorna per tutt a sciavatt


Per catta noeuva de la mia personna,
E l'ha faa tant col spiret che la gh'ha

Che

De

inaiiz di la saveva el comm e el


podeghel cunt al lanzian ^0) Jd

romm

Domm.

204

Sponta nanch l'alba che la torna a cor


Senza requi, sta povera meschina,

Di

parent, di amis, di protettor,


infin la catta foeura

ona pedina

Insci fada a resguard del respettor

Che in vers i des pocch pu de


Quand me la specci manch, me

la mattina,

veduu

sont

derv l'uss, e chi n'ha avuu n'ha avuu.

Voeurel

De

adess, lustrissem, sentinn vuna

de fa resta de marzapan?
Sont nanca foeura mezz de la comuna.

Che

quij

m'incontri in del sbir, quell del gabban,

Che, com'el fuss staa l a ninamm in cuna,


El partend on trattin la bona man.,.. 91)
Anca la bona man?... Ma ghe n' anm,
Car Signor, di angari] de manda gi!

NOTE.
1) deslippa: sfortunato.

2) forn

lascia:

finire

matassa (ascia) della

la

vita.

3) copp: tegola.

4)

veli:

ficchi el

spiego la vela,

me

ne vado.

5) peltrera: propr. mobile a palchetti per


senso di palco degli accusati.

6) tce su

el

reff:

esporre

le

stoviglie;

qui

nel

incappare in qualche danno.

7) Prometti: Prometeo, ballo del celebre coreografo Salvatore Vigano,


dato con grande successo al teatro della Scala per la prima volta il 22 mag-

1816.

gio

8) truscia: fanatismo
9) scappusc: scappatella.
10) paracar: nomignolo dato
ai paracarri delle strade,
lineati sulle
1

quando

pubbliche vie per

dragonna

ai soldati francesi,

in occasione

le quali

lavora alacramente.

per

la

loro rassomiglianza

di feste pubbliche stavano al-

transitava

il

corteo delle autorit.

205

12) pollin: allude all'aquila che nella favola rode

il

cuore di Prometeo,

qui icherzoMoiente chiamala pollin cio lacchino.

13) patquee: dalla voce della baua

latinil

patquarium, pkzzaletto.

14) Kocchee: motteggiatore.


1

5) Kolda

piua

la

infiamma.

(i

come un

16) toree: cio loggione, perch all'ultimo piano

17) caiu: voce del gergo milanese,


la

parte posteriore del corpo

chionn di gamb averi


16) calcher:

*,

umano:

ottava

come

v.

lolaio.

hauti, tiee e simili, per indicare

luogo parallelo in pari.

Il

del

'

Mar-

3*.

folla.

19) button: spintoni, spallate.

20) d'arent:

vicino.

21) sgombelta: urta


22)

giugi.... al

tira

coi gomiti.

molla: spingere e respingere dietro

l'uscio.

23) miee: moglie.


24) caponera: prigione, qui
23) fudest:

26) pets:

forse dal francese pihces,

27) a piva:
26)

cusii:

significa posizione critica.

fosse.

in

monete, pezzi.

punto.

cuciti,

stretti.

29) smorbiA: scherzare.


30) tacca
31)

"La

ballin:

immagine presa dal giuoco delle

pallottole, confabulare.

ma

quanto abile nella sua

ignora Corese espertissima cantante,

professione altrettanto soggetta alle malattie dell'arte. In quell'anno stanc ve-

ramente la xoiferenza del pubblico, al quale alcuna sera pareva cantasse per
grazia, ed alcun'altra per fare dispetto '. (Nola Jell'A.).

32) sbergna: sprezzante.


"^

33)

inivid: dal latino invilut;

34) faa tonina:

33)

far

di

mala

voglia.

scempio scherzando.

brusa: in procinto.

in

36) duvis: d'avviso.


37) Per Bong
paradiso.

tutte le diviniti pagane,

figurate nel

In questo ballo vedevansi rappresentati

stesso carro del

Sole con figure vive e naturali,

divise in tanti separati gruppi a guisa di quadri,


vista

dei spettatori

(Nola

".

le
si

ballo, erano Santi in

segni dello

quali, giusta

Zodiaco e
il

lo

loro ordine

offrivano di passaggio alla

dell' A.).

38) besios: bieco.


39) azzalin bressan: acciarino per accendere

40)

indrittura

41) Vigano:

de buell
v.

l'etca,

buon stomaco, buon umore.

nota 7 a pag. precedente.

fabbricato

Brescia.

206

42) sgognamm: da gogna,


43) inzigamm:
44)

al

45)

soeuli,

beli tra:

ecc.

46) scorada:
47)

far visacci.

istigarmi.

momento opportuno.

al

liscio

come un dado

{daa).

sgolata.

da prigione,

ballin: giaciglio

48) carpotler: nodi.

49) lugher:
50)
scintille

di bragia.

resti

scintille;

sbirr:

qui

Poeta giuoca

il

sul

doppio senso della voce, per

birri.

51) sghimbiaa:

52) boltrigh

53) zoffreghin:
54) tirava

su..,,

convulsivamente

55) svargell:

sgattaiolati.

=
il

imbroglio, insidia.

bolgira,
zolfino.
el

Tatto di chi, in procinto di piangere, aspira

ficc:

per

fiato

le

narici,

flagellatura, impronta.

56) morell: pavonazzo.

57) zaffagna: strappo.


58) sceuja mi: che so

59)

sfris:

io.

frego.

60) moccusc: smoccolatura.


61)

loeuggia: allocco.

62) scighera: letteralmente annebbiatura.

63) rezzipe:

formola delle ricette mediche, usata in quel tempo.

recipe,

64) col tocca, ecc. col farmaco {toccasana) di una


Grimalda " che in quel tempo pagavasi " quattordes boritt

bottiglia di "

di br,

" briit,

soldo.

65) Antongina:
66)

esuss:

famosi vinaj oriundi di Premeno.

motto per Jesus, cio attimo.

67) bombasina: dolce conforto.


68) martor:

grullo.

69)

transilli:

utensili.

70)

barilott:

confusione, alla diavola.

71) tomada: caduta, capitombolo.

72) peccenada:
73)

pitta:

pettinata, cio strigliata.

chioccia.

74) Jacom Legorin: Giacomo Legorino famoso brigante.


75) cuntee:

crucci.

76) padimava: mitigava.

Rocca

diminutivo

207

77) fuM mdscua: foMe chicchcMu.


76) sverza: propriam. cavolo; non
79) oaa ibolgirada

80)
lignifica

(oeura

81) cinqu

62)

prendo

fa

el

parl punto.

manegh:

atto di chi

per lottare rimbocca

le

maniche; qui

ardire.

in vin:

non

c' dubbio.

lecco: fa eco.

83) scappuic:

icaiieiliati.

84) pizzegh: punta


85) quella

li

qui val, niente del tulio.

'

della lingua.

del lett: la prova deciiiva del je//e.

86) Michee: gonzo.


87)

galitt:

lolletico.

68) kfognatamm: frugarmi.


89) romuna: camera
90) lanzian: anziano,

di

sicurezza.

ufficiale nelle

91) bonna man: mancia.

parrocchie con funzioni informative.

FRA ZENEVER
(1811-1815)

NOVELLA.
Bagaj, che

De

sii

amoros, che

*)

sii

intendever,

de damm a tra,
cas de fraa Zenever
de mascab ');

gi che gh'avii gust

Vuj contav on

beli

Ch'el ve far resta


Vel cunti senza franz ne saa ne pever,
Tal e qual l'hoo sentii anca mi a cunt
L'ann passaa de sti d de quell panscion
Che predicava al Carmen la mission.

Avii donch de sav inanz a tusscoss


fraa Zenever l'era on bon vivan,
Tutt scisger e buell 2), tutt carna e oss
Col medemm fondator di Franzescan;

Che

ch'anzi quell beato requiepposs ^)

Che

adess goden in ciel sti duu Cristian,


L'han quistaa insemma in l'istess loeugh tutt duu,
Vun con l'offizi, e l'olter col cazzuu 4).

*) Questa Novella tratta dal libro intitolato Z,e Meraviglie di Dio


ne' suoi Santi, opera del rev. P. Gregorio Rossignoli, della Compagnia di

Ges. Vedi l'edizione milanese fattane dal Malatesta nell'anno


meraviglia XXII, pag. 245.

708, parte

II,

209

Ma per quant tult e duu per santitaa


Fudessen d mosch bianch in religion,
ImpunemancK per voeuren che i fraa
Gh'avessen pussee amor per el ratton 5).
Se seva fraa anca mi, gi sarev staa,
Dighi el cocur, de l'istessa opinion,
Perch in convent aimanca fraa Zenever
Quejcossa el ghe portava per la fever.
Defatt quand che lu el fava el cercador,

de panzanegh e tabacch.
coronn e majstaa coi pajelt d*or.
Ogni esuss l'va a c a vo) i bisacch:
Sant Franzesch el podeva canta in cor
Sira e mattina fin che l'va stracch,
Che fin che lu el batteva la cattolega ^)
L'va f ranch l'interess de la buccolega.
furia

De

Oltra de tult i sloffi 7) di cercott.


L'va anch famos per cent olter cosselt,
Cio per giusta zent ^) e braghee 9) rott,
Solass, strappa dent, mett

copett,

Taj caj, compwnn acqu, sugh e decott


Per colegh, toss, bugnon, brusor de peti,
De moeud che i medegh per desperazion
1 ciamaven Padrin Rompacojon.

Ma

che hin semper fraa, e come


de cortesia,
Giusi apponi per sta poca abilitaa,
Pndegh anca sul goeubb l'infermeria;

No

fraa

se diletten tant

lu

Che

content e stracontent, inguaa '0)

daa la libraria,
El portava i duu pes con quell savor
Che mi portarev quel de senalor.
se gh'avessen

fraa


Oh

chi insci

s,

210

el

diseva el Missionari,

Besognava vedell sto religios;


Con pu gh'eya occasion de vess in l'ari,
Pussee el pareva ch'el fudess a spos;

Lu

vojava spuin "), vas, orinari,


di impoll d'oeuli de ros;
Lu el nedrugava '2) piagh, marsciur e crost
Come el nedrugass quj '3) de coeus a rost.
el

Com'el vojass

Quand

se trattava poei de tend adree


on ammalaa d'on maa de conseguenza.

L'era propi offellee fa


Fraa Zenever dov'eel?

El gh'era saldo
Tutta

De

la

el t

Con

mestee;
reverenza

del p di pee

santa noce, anca in sentenza

resta in del patton '4) ^l settimann

Dritt dritt

Ma

come

el fa

el

stringh

battacc in di campann.

de

la peli '5)

in di occasion

L'va anm, direv squas, on bescottin,


Ch'el n'ha faa fin de qui], giurabaccon.
De fass cred sassinaa in di mezzanin '^);
E per quest sant Bernard el gh'a reson
L in dove el tratta de l'amor divin,
E che el dis ciar e nett, ve ziti el test,
Che Amor quoedam sancia insania est '7).

Adess m, i mee bagaj, che cognossli


Fraa Zenever con tutt i so virt,
Stee quiett, demm a tra che sentirii
Quell fatt che v'hoo promiss de cuntav su.
Col d ascolt, chi sa fors che no podii
Devent tane Zenever come lu;
Se de n restarii tanci Gervas,
Baciocch, Michee, Pasqual, quell ch'a Dio

pias.

211

Ora sappiec che tra i tane ammalaa


Ch'el gh'ha avuu fraa Zcnever per i man,
Gh' capitaa ona voculta on certo fraa,
Ch'el ciamaven fra Sist de Fabrian.
L'era Sist in sul fior de la soa etaa,
se dis che un trattin quand l'era san
L'avarav daa de fa a tendegh adrce
on para de bottegh de prestinee.

Fra Sist, che a colezion, a disn, a scenna


a tucc i marenditt, che insci ghen fuss!
1 ris'cava l on stomegh de balenna.

Che

l'avarav sbertii '^)

Adess, senza appetiti e


Desf '^) de stomegh, e
1 deslenguava in man
Senza on dolor de eoo

medegh

Avend

faa

e
i

ostrech col gust,


senza lenna,

magher come on uss,


de fraa Zenever
ne on fil de fever.

zerusegh de

soeu

rifless

la cura,

che a no toccali

El se inviava al babbi 20) per vittura,


el marciava per posta a medegall,
Han dezis de lassagh a la natura
1 scrupol de conscienza de coppali,

se n'hin lavaa

Alza

man

col

streng

laver.

oeucc, e scrusciass 21) el eoo in del baver.

Ma Zenever, per quella cognizion


Ch'el gh'aveva del stomegh de fraa Sist,
El s'eva tolt l'impegn in religion
De fagh vede ai dottor che gh'han stravisi;
Tutt sta che l'aggradissa ci prim boccon,
El diseva, e vuj css on becc fottrist 22)
Se adree vun l'olter noi redusi in cas
De mangiass i sciavatt in alabras 23),

212

allon! fa su insemina in d'on fagott

Polver, pinol, triacch e lettuari,


Impeli, groppitt, tollitt, mestur, decott,
gi per al condutt del nezessari;

E
E

poe mettegh

de

al post

Di bon peccher de

sti

Propi de quell che scuffien

Quand

fan capitol

ciapott 24)

vin vece ordenari,

tra

de

lor

deflnitor.

pce a furia de brceud e geladinn,


ressumad legger e de ceuv fresch,
pantrid, de pappinn e de nozzinn 25)
zinivella 26) fritta e pan todesch,
Tha redutt a segn de sbalordinn
Perlina l'istess pader sant Franzesch
Ch'el sclamava d e noce Integram horum
Opto silvam habere uniperorum 27).

De
De
De
Te

Ma fin
Me dirii,

chi gh' nagott

de

stravagant,

perch hin coss che al d d'incoeu,


Senza dass a d'intendes de vess sant,
1 fan a l'Ospedaa fina i pezzoeu 28),
S, bona! bravi! me rallegher tant:

nanm

Savii

Ma
Se

basta....
i

lor

sappiemm d
de quist che

dent

l'

chi.

staa a la via

duu polsitt,
come l'ombria.
i

tutt

petitt,

ghi je scodeva tucc fuss sansessia.

Come

fan

Savend che

fioeu....

fraa Sist, grazia al ciel,

fa balla coi

Zenever saldo arent


Noi fava che inzigagh

mee

pezzoeu en fan anch

Quand

De

nagotta,

Sentii questa, e

che

mamm

grand coi biadeghitt,

quell che pias noi fa descapit,

el proverbi el

dia:

Nutrii

quod

sopii ^^).


Ma
Sur

213

a forza de fresagh

ci

culiieo,

che on beli d ghc solta in ment


De vor on pc de porch a scottadeo ^^);
E Zenever dolz dolz e compiasent
1 ghe respond col solet Laus dco,
E poe! el corr come on matl per ci convcnl
cerca on porch de quij de quatter pc,
Ma de quatter, s adess! ciappa ch'el gh'.
s

El

resta sui

Come

in att

so

duu come de

de d a

tra

strasc

a on'ispirazion;

Poe va in cusina, ranca on cortellasc,


Regolzes ^1) (ina al sedes el patton;
Ciappa la straa pu curta a on cassinasc,
Solta foss, scarpa sces, sforza on us'cion.
Branca on beli porch per on pesciceu dedree.
Zonfeta, tajel via, e scappa indree.

I sguagn ^2) del pover porch, e quij d'on tot


Ch'era staa testimoni de Tazion,
Desseden on vespee de curios
Che van inanz indree come in fonzion;
Intant per el paes la corr la vos,

E la riva a l'oreggia del patron


Ch'el sent e el ved el cas, e el buj e
Come la birra che va tutta in scuma.

insci cold cold

catta sant

de rabbia

Franzesch propi

el

fuma

el

va sul

fatt

in persona,

E l el comenza a scartagh gi bagatt ^3)


Disendegh adree roba bolgirona;
Che ghe vceur olter che porta i zapatt 34)^
El eoo pelaa, el cuu biott e la corona,
Che predeg
Tutt

pctitt

el

con

degiun, scoeudend a
la reson del loff.

off

214

Ch'el vegniss, e el vedess che sort de spass


tolt con lu vun di soeu fraa;
Ch'el vegniss, el vedess e el giudicass

El s'eya

Se no even

canaj, lader

de

straa,...

De mceud

che a no sfondagh tutt d i gannass


Gh' vorsuu la pascienza e l'umiltaa
D'on sant pacifegh come on sant Franzesch:
Se Teva sant Ambroeus, el stava freschi

Ma Franzesch, mansueti come on agnell,


El ghe lassa con flemma svoj el goss,
El compassiona el stat del so porscell,
El conlessa anca lu ch'el fall l' gross;
Poei el le ruzza 35) a la porta insci beli,

Promettendegh on mondo de bej coss;


E el se le cava infin del brutt impacc
Col saragh la pusterla in sul mostacc.

on pover cap de c che gh'ha interess


i provecc d'ona fameja
poo pensa s'el ghe rincress
Franzesch el trovass in sta boreja!

De conserva
Ghe lassi on

Intant, per

medeg

maa

el

ch' suzzess

Col pel de quell che ha avun sta bella ideja,


L'ordenna subet de ciam a rassegna
Tucc i fraa, tant ratton 36)^ che de colmegna.

Appenna sonaa

el

copp, fiocchen

fraa

In di sai del capitol a balocch ^^),

Che quand

se tratta

de

Corraraven descolz 38)

Se

curiositaa
sui articiocch 39):

setten, stan l zitt che no tran faa


vard sant Franzesch che in ton patocch ^^)
El ghe squaquara gi con pocch paroll
Tutta la relazion de sto beli noli.

215

Paricc a
nin per

sta
la

borlanda comenzaven
bila el tafanari

Paricc inscambi manch fogos tremaven


Su la cerca del vin che 1 era in Tari
Paricc d'olter pu agher mormoraven.
;

faven di giudi^i temerari,

Quand Zenever

el

Se
Se
Se

a on

tratt

el

rezita a assa-brutta 4')

in

sbalza in mezz,
sto

bel

pezz.

don paes cattolegh e roman

stima pussee on porch che ne on fradell,


la var manch la vita d'on Cristian

Che ona

strascia

de gamba

don

porscell,

Gh'avii reson, son mi et razza de can,


S, reverendi pader, sont mi quell;
Tajee gi pur alegher la sentenza,
Che s'hoo faa el maa, faroo la penitenza.

Ma ve avvisi per ch'el falt che hoc faa,


L'hoo faa per scoeud
butti ^2) de fraa Sist,
Per d la vita a on pover ammalaa,
on omm simiiitudena de Crist;
L'hoo faa per via ch'el ciel me l'ha ispiraa,
Perch la mia pa^sion l' a fann de quist,
Che in fin me vanti, e che poss ben vantamen,
Se quel che hoo faa, l'hoo faa ad Dei gloriam: Amen.
i

Ah Zenever, Zenever! sti reson,


El sclama sant Franzesch, hin bonn, hin
Varen di copp in su ^^) di milion,
Ma chi in terra no paghen i porscej;
Ora per che l' staa faa el scarpon,
Besogna giustall su a la bella mej,
E perch m te pias de parla insci
Fa on poo giust el piasc de giustall ti.
'

bej,

216

E
E

Fan l'ecco luce


al mezz termen

fraa a la

provvidenza

del pader general,

Zenever, che in poni d'ubbedienza


El corr ladin pussee d'on servizial,

Appenna

l'ha sentii la soa sentenza,

El va a cerca

el

patron de l'animai,

che l'era adree


dinn di Franzescan tant che sia assee.

el

E
Con
Con

le

di

catta sui oeuv

vagh adoss saraa adrittura


argoment che tacchen a la peli,

allon

di pass

Col paragon

de vangeli e de
e

tra Sist

scrittura.

el porscell,

tra

sa trovagh tant ben l'inflzadura,


d'on torrion che l'va del Castell,
In manch d'on'ai;e e on gloria el me devenla
Ona torr de lasagn e de polenta.
el

Che

Zenever

Che suzzed

ved

ch'el

in quell

mudazion

la

omm

a oeucc battent,

El tocca via de longh de l'istess ton


Fin che tutt sbaguttii, 44)^ tutt maccarent 45)
El ghe se butta in terra in genuggion
E el le prega a aggrad e porta in convent,
In segn de componzion vera e sincera,
Quell porscell de tre gamb tal e qual l'era.

Zenever

trionfant e glorios

L'entra in convent cont


Ghe fan cortegg intorna

Che

in st'occasion

el
i

porscell in spalla;
religios,

no ghe n' vun che

Se canta on beli Te Deum a sett


E dopo in refettori la se scialla,

se sent fina

sbragi a

tutt

fraa

calla:

vos,

pu scompiasever

sbragi,

Viva Zenever.

217

Bagaj, ch'oltra a vess bravi e savi e bon,


de Dio e sii devott,

Sii timoraa

No
De

eoo

lassev vesn in

tentazion

la

imita al d d'incoeu sto fraa cercott,

Perche col codez de Napoleon

l'articol

Ve

tresent e vottantott,

costarav st'ispirazion divina

Cinqu o des ann de

ferr

la

berlina.

NOTE.
I

nuKabii

propnam. zucchero roMo (dal francete moscovaJe) qui usato

per annichilito.

2) sciager e buell: etaere

come

ceci e trippa, cio inaeparabili.

3) requieppos: beata requie.

4) cazzuu
3) ratton
dini religiosi

sloffi:

Voce caduta

colla toppreuione degli or-

(Nola Jell'A.).

".

6) batteva
7)

mestolo del cuoco.


frate laico converto. '

la

questuava.

cattolega:

fanfaluche.

8) zent: cinture.
9) braghee: fasciatura per sostenere

gli

intestini,

che escono

fuori

com-

chessia dalla cavit del basso ventre.

10) inguaa: come.


)

I) spuin:

sputacchiera.

12) nedrugava: puliva accuratamente.


1

3) quj

4) patton

5) fa strinali de

quaglie.
:

sajo.
la

peli

propriam. ridurre

la

pelle a

soggettarsi ai pi duri stenti.

16) mezzanin: ammezzati, cio cervello


7)

Amor.

ecc.

16)

sbertii:

smaltite.

amore una specie

19) def: dUfatto.

20)

al

babbi:

all'altro

mondo.

di santa

[pazzia.

stringhe, cio as-

218

ecc.

scrusciass,

22) becch

stringersi nelle spalle.

gran monello.

fottrist:

23) alabras:

labras, stracotto.

24) ciapott:

ninnoli.

25) nozzinn: bocconcelli.


26)

cervello.

zinivella:

27) Integram, ecc.: vorrei avere una selva

28) pezzoeu:
29) Nutrii,

intiera di

questi Ginepri.

inservienti d'ospedale.

ecc.: nutre quello

30) scottadeo:

che

si

gusta.

bollente,

31) regolzes: rimbocca, succinge.


32) sguagn:
33)

guaiti.

scartagli gi

34) zapatt:

bagatt:

imagine presa dal gioco del tarocco, spiattellare.

ciabatte, sandali.

35) ruzza: sospinge.


36)

tant ratton, ecc.

37) a balocch: a
38) descolz:

tanto

laici

che di coro

(/e

colmegna).

scalzi.

39) articiocch:
40) patoch:

bizzeffe.

carcioffi.

patetico.

41) assa-brutta: ex abrupto.

42) scoeud

43) di copp

44)

butti: soddisfare le esigenze di stomaco.


in su:

dalle tegole in su.

sbaguttii: sbigottito.

45) maccarent: piagnucoloso.

Jf-

QUARTINE.

EL

TEMPORAL
(-1817)

Carolina, varda, varda

Come
Che

sguizza la saetta,
tronada malarbetta!

Sent

el

turben che ingajarda.

Se quell ciall de don Galdin


Noi desmett con quij campann,
El forniss cont el tirann

On

quej fulmen sul coppin.

Carolina, Carolina,

Minga

Va
Ci

gi,

Ci

Che

gesa per amor!

in

a toe

gi,

quij

ciav,

andemm

prest prest, cor cor,


tutt

duu

andemm, no

te

in cantina.

dubitta

bcj zifer morell ')

Pitturaa sott al bocchell

Del mezzin

2)

salven la

vitta.

Che s'ciar!... Santa Maria!


Franch l' on fulmen ch' s cioppaa.
Che?... Perch mi hoo bestemmaa ?
Mi?... Set matta! va on poo via.


Varda

222

famm, vrdej lass;

L' s'cioppaa in del campanili....


E m, quell bevevel vin?
Bestemmavel anca l?
Gi,

Che

gi,

andemm

senza tant ciaccol,

quij bej zifer morell

Pitturaa sott al bocchell

Del mezzin

faran miracol.

NOTE
1) ziifer morell:

le

cifre

o motti

dipinti

in

tinta

azzurra

{morell) sul

boccale.

2) mezzin: vaso di majolica con beccuccio, che usano


cantine, della capacit di

mezzo boccale.

contadini nelle

223

LETTERA A LA BARBORIN
(-1815)

CANZON
Barborin, speranza dora,

Car amor,

beli

baciocchoeu,

No

vedeva la sant'ora
D'avegh noeuva di fatt

toeu.

Finalment quella lumaga

De

quell

Peder cavallant

')

L' rivaa: che Dio el ghe daga


De pena anca lu oltertant.

De

2) col

patron,

Sont pur anch staa di or

andada

quell d che te see

Ni guarda
speciali,

in

strada

sto lizonon 3).

E ogni voeulta che vedeva


Lontan via a compar
Quej carrell, soo che diseva,
Franch l' el Peder, l, l' chi

el gh'ha
El sta pocch
che cara, l' vesin

Oh
Me

ingurava ch'el scorass ^)

Lu,

la

mula e

el volantin 5).

tant pass.


Ma
Ghe
Hoo

224

inanz riva

lallla!

de la gran luna,
avuu de sospira

n' staa
insci

Per godella

sta fortuna.

Basta adess, cara baciocch,

El begliett l' chi con mi,


L'hoo leggiuu, e basaaa a
Milla voeult, stagliela

di

poch

6).

li

Di begliett, varda, n'hoo vist,


N'hoo portaa di milion,
Ma pareli compagn de quist

No

sen scriv nanch di patron.

Che

quist

paroll!

Quist chi

si

consolen;

ch'hin naturai!
Hin li li prpi che scolen
Gi d'on cceur s'cett e lejal;

Fina

De

la

l,

si

dove per via

Togna

moccolet

te

Barborin, te se ona

Te me

Ma

sponget e consolet.
voi,

varda, sta pur franca,

La p

fann de tucc

Ma

Togna

la

7),

strja,

la

stee ^),

vuj nanca

Caregada de dance.
Si l' vera, la

me

cura

Sul repian 9) quand vegni a c,


E di voeult anch la procura

De

tegnimm

Ma
Che

l'

li

a ciociara.

inutel,

vesin

tei

gi stoo su,

poden

di

S'ciavo, alegher, tutt al

La

saludi,

e tendi a mi.

pu

poei

E,

225

scolta: ci

sani

Michee

'0)

ma, se te vcku.
Per mi spazzi anch sui duu pee;
Toeuvi c magara incccu ")
L' chi

Che

arent,

per mi, se noi fudess

Per reson de quell socch.... '2)


El sarav l bella adess
Ma.... tei vedet n' el perch?
Brusi anm, per di el coeur giust,

De

vegn a

la

Che gh'hoo

De

vedett in l'occasion.

Che

vuj ben che

Ma

sti

toeu gent

de galantomen,
hin patron
Ti fnalment
set donna, e lor hin omen;

Sien tucc

Te

conclusion,

propi minga gust

poei

fior

come bagaja

ti

'^)

Quell dovej mett a dorm,


Scold in lece, vede in pattaja
L, l' mej picntalla l.

^^)

De maross '5) el gh' anca el cceugh


Ch'el 800 ben ch'el dorma n,
E ch'el cura el temp e el loeugh
Per friccammela '6), s'el p.
Sto baloss

Cont

on'oltra,

Ma gh'hoo
E l'ha faa

Ma

me

l'ha friccada

adess duu agn'^),

gust ch'el l'ha pienlada,


sto beli

guadagn.

Giulia l' ona tosa


fa nagott con ti;
L' ona matta capriziosa
la

Ch'ha a che

De

stant a trova mari.

226

L'han pientada pu de ses,


sett e pu de volt,
L' ona vigna senza sces
Ch'ha a che fa con ti nagott,

Pu de

Ti m inscambi, el me baciocch,
Te see bona come el pan,
Come on fior spontaa ch' pccch,
Come on dolz de marzapan.
Te set limpita de coeur
Come on' acqua, come on veder;

Ma,

coss'eel ch'el voeur?

voi l

Cossa vegnel a

L'

De
Ta

fa el

Peder?

d'and

gi vora

via.

torna a Niguarda anm?...


saludi,

Voeubbiem

anema mia,
che gi son

beri,

t.

NOTE.
1) cavallant:

corriere di

il

campagna.

2) Niguarda: paesello vicino a Milano.


3) lizononL accrescitivo di lizon.

4) sgorass: volasse.
3) volantin: baroccio a due ruote

6) stghela

li:

7) moccolet:

ti

8) de tucc

stee: di tutte le staja

alte.

n pi n meno.
lamenti.

di tutti

generi.

9) repian: pianerottolo.
1

0) sant Michee

sata al
1

29

la

data dello sgombro, che secondo l'uso milanese

settembre.

incceu

oggi, dal latino in

hoc hodie.

12) socch: non so che.


13) bagaja: ragazza.
14) pattaja:

mutande.

13) de maross: di sopraosso; soprappi.


16) friccmmela: appiopparmela.
1

7) agn

voce rustica per anni.

fis-

PORCINELLA
(1815)

FAVOLA
M'han

On

J).

cuntaa che Porcinella

d el fava el prepotent

Menestrand con
fott

la cannella
a tucc allegrament..

El sur Lelli, el Dottorazz,


El Tartaja, el Pantalon 2)
N'han faa e ditt de tutt i razz
Per redull a la reson.

Ma con pu ghe la peltaven


Reussiven a nagott.
E de gionta anca buscaven
Quej razion doppia de bott.
L'va appont

La gran c
Quand ghe

del

in sto travaj

Romanin

^),

riva propi a taj

El famoso Truffaldin

5).

Truffaldini che l'va staa

Al

servizi d'ona stria,


El gh' aveva giust grippaa 6)
On bacchett con la magia.

3),

228

E con quel l' andaa a incontra


Quell birbon de Porcinella,
E

spliff,

splaff te

Incantaa lu e

la

mett

cannella

^).

le

Malappenna che l'han


Dur e immobel come on

vist

mort,

Fceura tucc i baracchisi: ^)


n'han faa de tutt i soit;

Ghe

Gh'han daa bott, gh'han spuaa


Gh'han ditt roba malarbetta,

Ma
I

i pu
spert
pu brav hin

dagh

9) a
staa

la

in faccia,

caccia,

poetta.

Quist che chi ghe s'hin taccaa


can per i lustrissem '0),
gh'han scritt e gh'han stampaa

Come

Poesij propi bellisem.

Ma

coss'?...

Se romp

l'incant,

Porcinella el torna viv ");


Alto a ^amb, mollen tucc quant

Quij che baja e qui] che

scriv.

Ora m cossa credii


Che nassess de sta lezion?.,.
Ch'abbien miss el eoo a partii?...
Andee l che sii ben bon.
Per fortuna Porcinella
andaa ai quondam a
Se de n serem a quella

De

vede]

anm

fa

^^),

a $capp.

NOTE.
I

Allegoria politica

in Pulcinella

adombrata

2) Nelle note maschere italiane sono designate


flitto

con Napoleone.
3) pettaven: picchiavano.

la figura di

le

Napoleone

potenze europee

in

I.

con-

4)

la

(imiliano

gran ca del

Romanin,

Romanin

colla tua

in

229

quel tempo era celebre

il

burailinaio

Maa-

baracca di Magale!, nella quale faceva agire

fantocci rappretentanti le suddette maschere.


colla maschera berganwtca
5) IVuffaldin
d'Austria trionfaste di Napoleone.
:

il

Poeta simboleggia Franceaco

6) grippaa: carpito.
7) Allegora

relegamento di Napoleone

al

6) baracchist:

fantocci

all'isola

d'Elba.

suddetti.

9) spert: esperti.
10)

Come

cani alle calcagna.

11) Napoleone toma a tnonfare per cento giorni-

12) Pulcinella morto; cio


dalla vita politica.

Napoleone relegalo a S.

Elena,

Kompare

RESPOSTA A ONA LETTERA


D'ON AMIS

IN

VERS

AMMALA A CONT ON BUGNON


(1817)

Per l'abbondanza porca bolgirona


al mond i vers e i rimm,
Compatissi el t pret, mi per el primm,
S'el te secca la pippa e s*el tontona 2).

Che somnen

Magara

mincion
insegnaa a zappa in del carimaa,
L'avess faa onor al me prim vers che hoo faa
insci quell'olter pret

Che m'ha

Cont ona bona

salva

de coppon

3).

Ch'el m'avarav almanch schivaa l'impicc


tutt i d con certe goff
Che voraven di rimm su tutt i loff,

De scusamm
Ceme

se

rimm

se fassen cont el ghicc 4).

Ma adess ch'el maa l' faa, gi l' tuttuna;


Sont vece, e quant a mi gh' pu rimedi;
E in quant a ti, p dass, ma infin prevedi
Ch'el t sur barba el bajar a la luna.
Perch quand no

De
No

la

te rivet a desverges
smania di vers nanch coi bugnon,

^)

cred ch'el possa indutt a la reson


manegh de l'asperges ^).

S'el drovass anch el


Intant per el

La

giamo

t'ha

231

bugnon
l

beli

provvidenza

la

e preparaa

Quatter fraschett de malba,

lacc,

Tant cKe speri in


vedett posdoman

de

virt

De

pan

el

grattaa,

piumazzitt e la pascienza.

svelt

sta

rizetta

e spedii

lassa la crosera di (crii

Per ciapp post

quella di poetta

in

7).

NOTE.
1)

Mcolui

L'amico era
li

Grotti,

il

il

quale annunciando

al

Porta

il

tuo incommodo,

ifogava della immeritata rampogna di suo zio prete:


* Che rabbiot e dannaa pesg che n' un Kin,
El me scriv che gii sont on fioeu pera.
Perch l'ha sentuu a d che foo di vert,
E veri, Jesui Maria, in meneghin.

'

Con

tutti

me

el
i

(f/allo)

addo infoliarmaa
come aveu faa el lader,

lara

titol,

Beitemmia Gei, mazzaa me pader,


E, le gh', on'oltra pesg infamilaa.
* E per tegnimm de piang e ivariamm
El primm penser, che in quella m' loltaa.
L' m ita quell de scrivel, com'ho faa
Con Ili poch veri ... *

Vedi

in

fine (pag.

120)

lettera

ol Sur

Tommaa

Cross a Trevlj.

2) lontona: le brontola con insistenza.


3) coppon: tcapitccioni.
4) ghicc: deretano.
5) deiverges: districarti.

6) asperges: aiperiorio che usano

preti

per benedire coli'* acqua santa*.

7) Fra una piccola brigata di amici, e cultori delle mute, che


domeniche in casa dell'Autore.

ti

aduna

le

AI

carocCee

fiaccaree

(1815-1816)

FAVOLA.
La giustizia de
La someja a quij

sto

mond

ragner

Ordii in longh, tessuu in redond,

Che

se troeuva in di tiner.

Dininguarda

ai

mosch, moschitt

Che ghe barzega on poo

arent,

Purghen subet el delitt


Malappenna ghe dan dent.

l'incontra

galavron

Sbusen, passen senza dagn,


E la gionta del scarpon
La ghe tocca tutta al ragn.
Fiaccarista e vicciuritt,

Che vee

foeura de manera,
Inanz batt quij gambaritt ')
Pensee ai mosch e a la ragnera.

NOTA.
I)

gambaritt: cavalli magri, deboli, stentati, che appena

si

reggono

in piedi.

LETTERA A ON AMIS
(1808)

Sont staa

Con

Ho

des d inBlaa

in lece

gotta in tutt

la

traa scarr,

duu

pee,

ho bestemiaa

Per d mila caroccee.

Gh'eva

did besinf ') e gross


tane bojocch 2),
E on dolor dent per i oss,
On dolor, tei digh mi Rocchi ^)
i

Che pareven

Gh'eva

ong

di

duu didon

^)

Foeura affate de simetria,

Destaccaa

Asquas

la

Come

cjuatter eanton,

de

boffas via.

peli rossa,

infocada

face di brentador,

L'va squas pussee tirada

Che ne

quella di tambor.

Di eampann, de ehi
d orden de sona,

Ho
Bon

ditt

je

sonna

roba bolgironna:

ch'el eiel noi

m'ha daa a

tra 5).

234

Se de n ceregh, segrista,
Campanatt, e fraa novizi
Creppen tucc a l' imprevista
Senza on can de fagh l'offizi.

forzieri adess podii


Figurav quanti torment,
Quanti spasim ho soffrii
Malapenna a strusagh 6) dent.

Basta d che ses d e pu


staa ferm a l'istess post
Sfondaa in lece senza fall su,
Che Dio guarda! me fuss most

Son

deliqui,

7).

convulsion

Me

ciappaven senza requi,


Sont rivaa a fa compassion
Pinna a on pret che viv d' esequi.

NOTE
1) besinfi:

rigonfi.

2) bojocch: rape
3)

tei

allessate.

dighi, ecc.: te lo dico iol

4) didon:

pollici.

3) daa a tra: dato ascolto.

6) strusagh: toccare accidentalmente.


7) most: mosso.

ODI E CANZONI.

(^yy^l^^yv^j[y/^i^^^yv^yv^y''^[pv^i^v^y^^jPf^jy<^jpff^

A CERT FORESTEE CHE VIVEN

MILAN
E CHE SE DILETTEN DE DINN ROBA DE CIOD
IN

(-1814)

OD.

Merda

ai vost ariezz,

Maicanaggi pajasc de

Andee

foiestee;

foeura di pce;

Tornee pu per on pezz:


Fnnela
1

Col

regina di inezz.

sta

avessem natica
fagottell

Blotl,

descalz, a pescian

Magher, umel e

malarbetti cristi

sti

Hin staa chi, s'hin


Lene e petard 2) col

Che abonora
Slons

el

el

coli

Milan

'),

trist,

gran bondanz,

Sti

vist

sella a entra in

sott

faa su

noster cervellaa 5),

gh'ha faa

come

gru,

adess, porconi, el ghe fa ingossa anch lui

Nun, pover buseccon ^),


Se semm strengiuu in di cost per (agh

De

scoldass al nost foeugh;


lor

cont el carbon

Se spassen

via a tengen el muson.

el

ioeugh

238

Merda, ve torni a d,
Marcanaggi pajasc de forestee!

Andee

foeura di pee;

inanz de torna chi,

Speccee de prima che

chi hin

sti

vel diga mi.

forestee

Che
Hin

se la scolden tant contra Milan?


Chines, hin Persian?
Sur n; hin tutt gent chi adree;

Hin

anca

d'Italia

Oh

lor

Peh!

desgraziada,

Italia

Cossa serv and a toeulla cont


In temp che tutt el tort

De
L'

minee!

la

mort,

vess insci strasciada


tutt de ti, nemisa toa giurada!

Sur

si,

se te set senza

Legg e lenguagg,

se tutt hin forestee

mestee,
Se, a dilla in confidenza,
Te tegnen i dandinn, l' provvidenza.
I

t usanz,

fin

ch'el naturai

on deluvi o on terremott,
L'ess insci T nagott:

Noi

te giusta

Mej
Che

l'invidia e

Ma
Eel

Turch

coi soeu pai.

stemm a

5) sto

descordi nazional.

la reson:

porch d'on paes che ve despias?

Lassll in santa pas;

Andemm,

V'emm

spazzetta, allon!

forsi ligaa

chi per

mincion?

Alto, donca, tabacchi 6)


foeura di ball, sanguaded!

Andee

Gi che podem

La

guari

piaga del destacch

Forsi mej col buttr che coi triacch.

239

NOTE
1)

a pcician: a piedi.

2) lene e peUrd: gruMCci e peltoniti.


3) cervellaa: cervellato; (alticcia (ora ditutata) composta di gnucia, di
porco e di manzo, imbudellata, con ipezie, lale e cacio, che serviva di condimento al risotto alla milanese: il budello era preparato eoa xafferano e
perci all'ettrmo

4) buseccon
di

la

salsiccia era di color giallo.

nomignolo affibbiato

ai milanesi

per la loro

pMaone

alla

zuppa

trippa {busecca).

5) Eel:

egli.

6) tabacch: imperativo del verbo tabacca =: per utdanene

solleciti.

LAMENT DEL MARCHIONN

DI

GAMB AVERT

(1816)

CANZON.

PRIMA PART
Moros dannaa,
Pien de

loeuj

Sercimm

'),

tradii

de

de

la

fastidi 2),

*).

morosa,
e pien de corna,

chi tucc d' intorna;

Stee chi a senti l'istoria dolorosa


Del pover Marchionn,
Del pover Marchionn, che sont mi quell,
Striaa e tiraa a bordell
De la capa de tucc i bolgironn.

Godeva la mia vita, i mes indree,


Propi 3) campagna, in pas e in libertaa;
I varoeul i va faa;
Seva foeura di busch 4) quant al mestee;
E, in grazia di desgrazi

Che de bagaj m'han revoltaa


Aveva anch passaa nett
El pu malarbetton de tucc

garett.

dazi 5).

*) La divisione in tre parti, che noi conserviamo, venne introdotta nella


seconda edizione di questo componimento, nella edizione delle Poesie di Carlo
Porta curata da Tommaso Grossi (Milano, Ferrario, 1821, due tomi): il
testo preso dalla edizione principe

(1817)

colle varianti volute dall'Autore,

Seva in somma
El cap d locc 7),

tucc

in

No
De

241

la

incia ^)

de Milan,
pader di legrij;

el

cottarij

se parlava d'olter

che del nan.

gionta anca sonava

Fior

se

de sonad in su l'armandorin,
andava a on festin,

Gli'eva subet

la

gent che se portava ^).

apponi in su la sar ^) del Battista,


dove fava el prim '0) sto carnevaa,

in

Me

sont trovaa imbrojaa

Come

on merla in di lazz, a l'improvvista.


Mi, insci come se fa,
Giubbianava ") per spass con la Tetton;
E lee con quij oggion
La me dava mej ansa a giubbian.

Che

lee

ftt che foi


de scrocca

I
nosl oeucc even l
Saldo adoss vun de

Ma

infin,

mi la vardava
vardava mi;

^2),
la

l'olir

lee,

inanz indree;

daj e redaj,

Dceuggia '3) sbarlceuggia '4) quij Juu oggion de foeugh,


Sont rivaa, iii eoo del gioeugh,
brusattamm i r come on parpaj.

Ma el colp che m'ha traa l come on percoli,


L' slaa quand, ona sira, sta ballrocca
La m'ha slrappaa de bocca
La

caraffa

li

in su

l'ullem gott,

poslandela in mezz
De quij duu lvor, ch'even de bornis

Sur Marchionn,
Bevi, con pocc
i6

la

dis,

respell,

soeu bellezzl

^^),

242

In quell pont ona

La m'ha

vampa de

calor

quattaa la faccia, el cceur, el coli;

Soltaven i pareli,
solt foeura aneli
i ceucc voreven

E
E

fin

lor;

l'armandorin.

Che ghe

l'va de car come on fradell,


El m' borlaa anca quell
Debass del p di pee de l'orchestin.

A
La

vedella, chi insci

con che premura

sbassada gi per toeummel sul


Cisto! n'hoo possuu pu!
Che bombe, che gambott, che inquartadura!
s'

La m'ha daa de maross


Tra

el

manegh e

biroeu ^^) ona strengiudina

De

man, tant moresina,


Che hoo senluu i sgrisor

fina in

mezz

di oss.

S'ciavo, sur prim: per tutta quella sira

Hoo

campann, va l che vegn '^);


cocch 'S) a on segn
fava anca, a fa insci, s'cioppon de lira ^^).
tira

gh'eva

Che

gi a
el

Forniss el ball

infin,

de tend
Sgori a cercalla lee
E a storgem de per mi
mi, inscambi

Ghe

ai fatti

el

me

mee,
straforzin 20).

foo millia finezz in del bordalla,

poe ghe molli el loffi 21), al prim beli tra,


De compagnalla a c;
E lee, svergnand 22) el eoo sora ona spalla,
Ninandes de simona 23),
Giust insci, la respond, incomodass....
E mi: Catt, fegurass!
L' on onor che me fa la soa persona!

che femm

Intant

243

noster compliment,

mamma

marcanaggia,
gropp e maggia ^^),
La comenza de cap el striament.
M'han visi on gorgoran 25),
Solta voltra

Che, per

Che

la

fa

pativa

gi a

lor

galitt 26)

in del

lodamm,

insavonamm

Per drizz e per travers a quatter man.

Me ciappi la
Vemm in straa,

mia stria sott al braso,


nun denanz, la mamma indree
Col 8 gimacch 27) anch lec;
E li ghe cunti su i mee resona se,
E, per dagh a cap
Che l'va propi el coeur che ghe parlava.
De tant in tant che dava
Di strengiudinn ae brasc col me de mi.

Ghe

parli

D'amor?.,.

de moros? Par che cojonna;


la sa nanca coss'el sia;

No

E de sciguettaria?...
Pesg che pesg, sitta squas

26), la par nanch donna.


Lee, tutt el so def
L' sguggi, soppressa; l' fa gi fr;
E, per sparm i candir
Quand i noce hin tant long, l' and a balla.

E omen? Porta a mi 29), bej capital!


Ma el coeur? El coeur, sant March, ch'el
Ma on tocchell de mari?...
i

Oh
Ma

quest

poei....

per,

impunemanch,

Se noi catti
Vuj puttost

specci

me

staga

se sa ben.... l' naturai:

geni....

resta in

in sul so fa,

sepolto cont el

pann bianch

30).

l.

Donca mi ghe

244

sont

minga indefferent?

Caspeta, fa besogn! Vorev sav


chi p despias

On omm del so mostacc 31),


E in quella la me imcioda
On'oltra oggiadonona,

Che sbusa
E andemm

Ona

ma de

l,

quij

scinivij:
l,

sur mincion, ch'el se le goda!

reson dree

l'oltra,

Rivem, che m'en despias,

del so talenti

in su sto fa,
al

Malcanton

^2),

volponon,

la

Infirand el porteli de la soa c.


Fora fora 33) a cuu indree,
Denanz che Toltra 34) la ghe riva arent,
La me d el pontament
De trovass del Battista anch el d adree.

Ghe

On

stampi sul buttr de quij soeu man


basin s'ciasser 35), stagn, propi sul biott,

Ghe doo

la

bona

Resti in quell per


E dopo d'ave faa

Con

la

mamma e
me

Regoeuii 37)

nott,
l'affare

de doman;

miscee 36) quatter dover,

el

penser,

voo drizz drizz a c per

la

mia

straa.

Cribbi, che noce de can! povera mi!

Che

striament, foeul

de settimana!

Volta, revolta, danna,

Sont mai staa muso de posse dorm.


Doma che reussiss
carpiamm 38) doma on poo, doma on'ombria,

Soltava subet via,


Giust come quand se insogna de stremiss.

245

Quell babbi ^^), quj paroll, qui) oggionon,


Quij manitt moresinn, qui) bej brasciott,
Qui] re lev sora e solt,
Quij gamb de porta intorna anca on canon.
No faven oltra vita

Che ballamm la forlana in


E cress Bamma al fornell,

Come

del cerveli,

a stravaccagh su de l'acquavita.

Finalment l'alba, tance voeult spionada,


L' comparsa anca Ice di flidur;

tra el ciar e scur,


pessegaa ^^) a vestimm e a corr in strada.

insci,

Hoo

Doveva and

On
E

a patron

del Liron fina in di Fior 4')i

trattin

pee, lor de per lor,


m'han menaa de posta

Te

Malcanton.

sti marter de sti pee


ruzzassen ^^) a bottia,

denanz che

In quell d

me

N'han pur anch

Tra

al

el

fa di

Cappell e

el

mja,

Falcon.... ^^) inanz indree!

Brusava de posse

Speggiamm dent

in quell vlt; ma, perch giust


El m'eva allora on gust.
L' staa as^ee quest per no posseil god!

bottia, e hoo pongignaa


a chi tocca quij pont, povera lor!

Sont staa a

Che

Ne hoo possuu famm onor,


Sangua de d de noce nanch a
Amor, me se specciava,
Ch'el possess ben rostimm in la
!

Ma
La

ch'el
petitt

me

la

^)

busa

legria

brusass via

e la sogn, mai pu el pensava.

per scusa,

^5).

Mi, che

246

mee

infirava

volt r

de

sloffen 46)^

Soeuli ^^), seguent e senza nanch voltamm;

Mi, mi che, articol lamm,


Avarev mangiaa i pee de

sant Cristoffen ^8)

Mi

adess, pover quaj 49),


Pisorgni 50) e scumi 51) inscambi

de dorm,

E, intuiti! tra chi 52),


Ses colp, ogni boccon, per mandali

gi.

Vun

di

anch sto d, per quant el me pariss


pu long che m'abba mai passaa,

Infin

l'

deslenguaa

Basta,

53),

prima, prima on pezz, ch'el se scuriss,

Seva giamo

in

Quadronn

54),

Che no

gh'eva anm insegna de pizza 55),


gh'eva nanm a c
el Battista, ne i guardi, ne i stellonn! 56)

Ne
Ne

Ah, quand che pensi, sangua de quel can,


Che gh'eva in tra
stellonn la Firisella,
i

On trattin la pu bella
E la mej ballarina de Milan;
E quand pensi che sera
El patron mi de toeuUa quand se sia,
sanguanon de bia!
senti a and gi el fond propi davvera!

Ah
Me

Porco mi milla voeult, porcon, porcasc!


vede che posseva in tra mi e lee

Guadagnamm
De famm on

de

tra via

strasc;

mi, porcasc, porcon,

pussee la me fava la giangiana 57),


andavi a la lontana
ghe giugava adree de repetton! 58)

Con

Che

tant assee
scior e

247

E giust in quella sira, me sovven


Che, essend rivada lee prima de tucc,
Seva come in di gucc
sav minga come fa a fa ben;

Che sarev puttost


Che no risela, di

mort,

voeuit, che la Telton


L'avess avuu occasion
De cred che fuss capazz de fagh intort.

liberamm de

Intani a

Riva

infin

La
La

Battista,

el

me

riva el

sto martiri

guardi,

sonador,

amor.

cara Tetlon d'or, el

me

deliri.

gh'eva su on corseti,

De
Con

velli

sott

strengiuu sui fianch,

ross scarlatt,

on percall bianch

Ch'el rivava

doma

al fior di colzett ^^).

El sen bianch com'el lacc, comor


L'va dent voltiaa in d'on panettin
Insci

grassott,

e fm,

suttil

Ch'el diseva
I

60),

e n tra el quattaa e el biolt;

cavij a la zceura 6'),

duu su

Spartii in

Ghe

On

faven pari
rosin

la

per

front,

negher e

folt,

volt

el

per derviss foeura.

Quij duu popoeu 62) de foeuch, luster, strion,


in dove varden lassen el soarbaj 63),

Che

Spionaven de duu
Bislonch

come

la

taj

sferla 64)

di

maron;

di lavrilt rident

Compariva ona

fra

de

dencitt,

Bej, inguaj, piscinitt,

Come

ona

lira

de perlinn dargent,

248

Qui] gambot insci faa, redond, polpos,


socch a pend,

Che se vedeven sott ai


Andaven via morend

De

suttir

in suttir fina a la nos,

forniven in bocca

D'on para de

scarpett curt e streccinn

pussee piscininn

Che no ponn

vess

duu coverei j de rocca

Oltra pcEU de vess

Viscora

66),

^5).

de god,

tutta

traversada 68),

drizza, avolta 67),

de vess prepontada

De

ciccia bianca e stagna come on ciod,


gh'eva anca in so ajutt

La
La

bellezza, regina di bellezz,

Desdott annitt e mezz,


Quell gran rof&an che d mari anca

L'va

Che

insci

pu ne manch,

l'ha alzaa' la pattona 69)

ai brutt.

in quell

de

la

moment

sar,

E che tucc gh'han faa ara


Per pod remiralla a vegni dent;
Tucc quant ghe daven sott ^0)
Cont ona quej reson, foeura de mi,
Che seva restaa l.
Che a cavamm sangu no m'en vegneva on

Mi,

al

Locch e

gott;

prim vedella, sont restaa adrittura


come indorm^nt

geraa, coi did

Sui cord de l'istrument,

sont staa

in sto stat

de ingermadura 7')

Fintant che coi soeu oggion

L' vegnuda a scernimm lee


E la m'ha faa on ghignin

Come

in l'orchestin

sarant a di: Teli l el cojon!

249

Allora m' tornaa l'anema in sen,


hoo ditt e hoo faa tutt quell che fa on morot
Quand l' bujent e ansios
De demostr al so ben ch'cl ghe voeur ben;
E Ice, anca Ice, con mi
Umanament l'ha faa tult quell che fa

Ona

On

tosa

bru8

che
al

gh'fi

coeur e el le vorur d a cap.

Insci, de amor e accord, pur tutta sira


S' ballaa, s' sonaa, s' boccalaa,
S' smorbiaa ^^), s' scoccaa 73)^
S' faa cinad ^^) e giubianad ^5) Je lira,
Tant che inanz mezza nott
(Per vegn ai curi) sevem giamo mi, tee.
La mamma e el so miscee
la Commenda ^^) a prozion ^^) on risott.

E
Tra
Tra

l,

tra el cold del foeugh, tra quell del scabbi 78),

genoeucc conlra genoeucc.


tempesta di oeucc
E el gioeugh de cert descors faa come i cabbi 79),
sont a bagn maria
Trovaa ciappaa, ligaa, beli e impromiss,
l'intrigh di
el

Me

Denanz che

reussiss

porta foeura

Dopo
Come a

verz 0)

in del coeur.
legg intramez/ d'on impollin,

El compaa zoffreghin 81),


l'era on prim sargent
s'

l'ostaria.

che m'han leggiuu dent

Che
Noi

Je

in

di sapoeur.

possuu tegn

De basamm, de famm
(Sibben che in
El me pientass

sul
l

millia sibizion

pu bon,
el cunt de paga mi).


Ma

dg l'and a

poe, in

Che porch

250

d'on scior

El voreva famm d
L'appalt di scarp de
El voreva famm ve

el

me

dighi nient

c,

voreva fa!

el regglment,

tutt

On
On

post in sui foragg, sui proviand,

De

forn a mett bottia

post de gatt in grand,

mi del me.

mi, tamberla, andava tutt in broeuda


soeu

e qui] de la foeura,

In tra

E me

sgonfiava foeura

loffi

Tal e qual on poUin che

fa la roeuda,

cantava ^2) ogne pocch,


In del respond ai coss che parponeven,
Tutt quell che lor voreven.

Come

on dord

smorfi del lorocch.

sott ai

Rivaa a c che semm

Me

s'hin miss a l'inlorna

De

dessed ^^) anca

staa,

fa

tucc a ona vos

on

frecass

sass:

Reverissi, sur spos! grazie, sur spos!

M'han vorsuu giboU^^)


Cont

infin

(Come

cinqu e cinqu des^^)^ co^t

m nan
l'va

Magara
Ch'hoo

Me
On

attenzion,

faa patron

de

insci,

giust)

in

d'andagh

de quell

in c.

fottuu

moment

adree di soeu favor,


fuss vegnuu a mi o a lor
dianzen sui corna o on accidenti

Che no

profittaa el d

sarev, in st'ora,

Quell pover Marchionn desfortunaa,


Tradii, desonoraa,

Magher

e biott, in l'ultema malora.

Ma

s'ciavo, inutell chi l'ha dent

Per mi no gh'

Che
Che

251

l'

resoti

l'

Se

sei tegnal

a Ziiavegna ^^).

Per mi l'unegh confort


L' quell de svoja el goss, piang e
E de sentimm a di:
Pover dianzer, el gh'ha minga lort.

De

^),

suffraga:

a quell pont la piaga,

remedi del maa

el

me

che

sgar,

flemma
on desgraziaa che se lumenta,

gh'avii visser, donch, se gh'avii

scolta

se noi ve spaventa

El trovass forsi in cs de piang insemma,


Stee chi, no ve movii,

Che

sentirii

di coss strasordenari.

Di azion de scur l'ari,


Gabol e tradiment mai pu

sentii.

NOTE
1)

Iceuj: crucci.

2) fastid: contrariet.

3) Propi campagna: l'A. nell'e/ra/a corrige della I > ediz. soppresse


che precedeva campagna; quindi * campagna * aggettivo di ' vita '.

4) (ceura di busch

\'in

fuori noviziato.

3) Allude alla leva militare, prescritta dal Governo Repubblicano, il 3 novembre 1801, successivamente riconfermata, che prescriveva la coscrizione militare

in

affine di

tutta

la

Repubblica

scrizione allora considerata


ai

italiana,

dei giovani dall'eti dei

20

ai

formare un armamento nazionale a difesa della repubblica

cittadini

come

la

peggiore delle

taglie

poste

23

anni,

istessa,

co-

Governo

dal

lombardi.

6) incia

sinonimo di

' igna,

ghigna

'

(/ ghigna) dettare invidia.

7) locc: brigate allegre.

6) geni che se portava: ressa di gente.


9) sar:
consonante -

notisi,
1

-;

qui e altrove, la sostituzione della consonante

sara-sala, scara per scala;

ar,

ali.

alla

252

10) prm: sottintendi nell'orchestra.


1

2)
hit).

giubbianava

Che

che

fitt

civettava.
f oi

che che non (forse dal

latino

quii

fit,

quid

13) Doeuggia: addocchia.

14) sbarloeuggia

addocchia fissando.

15) bornis: bragie.

16) biroeu: chiavi.


7) Hoo tiraa gi, ecc. ho sonato alla diavola,
18) cocch: stordimento, allucinazione.

19) s'cioppon de

in

qualche modo.

stonature madornali.

lira:

20)

straforzin: capestro.

21)

loffi:

proposta; lusinghiera.

22) svergnand: piegando.


23) de simona: aggettivo derivato dal verbo simor
24) gropp e maggia: groppo e maglia;

far

moine.

irretire.

25) gorgoran: minchione.


26)

galitt:

solletico.

27) gimacch: ganzo.

28)

sitta

squas: zitta quasi.

29) Porta a mi: che importa a me.

30) Allude
celibi

all'uso antichissimo milanese, che le bare delle nubili e dei


erano ricoperte d'una coltre (e/ strati) bianca, bench il banco o ca-

tafalco fosse apparato in nero.

31) mostacc:

ciera.

32) Malcanton: il primo tratto della odierna via Unione entrando da via
Torino (cos detto, per la mala situazione del luogo, angusto) allargato su la
fine del sec. XVIII per iniziativa di un tal Marazzani, che fece dipingere su
la sua casa (ora sostituita dal n. 2 di via Unione) due medaglie, una rappresentante S.

Ambrogio

collo

staffile,

1798. {Quadro storico di Milano,

33) fora fora:


34)

l'oltra:

35)

sciasser:

l'altra

ecc.

S. Giorgio, state cancellate nel

Milano, Pulini,

1802, pag.

208).

in fretta.

cio la madre.
massiccio.

36) miscee: ganzo.


37)
al

regoeuii: raccolgo.

38) carpiamm: da carpio;


primo velarsi degli occhi.
39) babbi: muso, volto.

il

primo

velarsi dei liquidi

che

si

rappigliano;

253

40) peuegu: affrelUto.

4i)

Fior: due vi di Milano, l'uiu preaao

Liron....

brogio (via Niroiir).

prcMo

l'altra

builica di S. Aro

Brera (vie Fiori Chiari e

palazzo di

il

Fiori Oicuri).

42) ruzzassen: apingcMcro.


43)

Falcon: altre due ve del centro di Milano.

Cappell....

44) poncignaa: ho
45) a
'

ma

la

fatto punii alla carlona.

* alla

buta:

me brutau

ch'cl

46)

iloffen:

47)

soculi:

48)

Il

bettola*

via

la

come

dal

soggiungere

che

fa

Marchionn

petitt '.

dal tedesco schlafcn; dormire.


Iko.

santo gigantesco,

49) quaj:

grullo.
l'appisolarsi.

50) piaorgni:
51) scumi:

sfioro

sonno invece (Inscamti) di dormire.

il

52) intuito tra eh): in riguardo a metter qui; frase ora disusala che doveva essere accompagnata dal gesto della mano destra portata verso la bocca
per indicare la voracit di un mangiatore.

53) deslenguaa: svanisse.


54) Quadronn: via
55)

Non

della sala

ancora

si

situata fra

il

corso

Italia

da ballo del

Battista.

56) stellonn: femminile di

tlellon,

uccello

da

pi addestrate nel ballo che avevano

le fanciulle

e via Porta Vigentina.

vedeva l'affaccendarsi dell'incaricato della illuminaziooe


allettare; cosi
l'ufficio

chiamavansi

di avviarlo.

57) giangiana: femminile, da gingin, vagheggino, civettone.

58) repetton:
59)
retta,

al

sopra

ripicco.

quell'ornamento delle calze, che fatto da una line*


maleolo, e termina in un piccolo ornato simile a fiorellino.
di colzett

fior
il

60) comor: colmo.


61) zoeura: derivato da zcru; montanaro, forte voce sincopata da
zaeu,

brianzama

hrlati'

(brianzuola).

62) popoeu: occhi.


63) sbarba): abbarbaglio.
64)

spaccato.

sferla:

65) covercij de rocca: quella fasciatura di stoffa o cartapecora, simile ad


imbuto molto stretto e capovolto, col quale si assicurava alla rocca il pennecchio o quantit di roba da filare.

66) Viscora:
67) avolta

vispa.

alta.

68) traversada: ampia

di spalle.

69) pattona: coltrone da


70) daven

254

portiera.

solleticavano.

sott:

71) ingermadura: impacciatura.


72) smorbiaa: scherzato.

73) scoccaa:

burlato.

(figurato)

74) cinad: scempiaggini.


75) giubianad:

giochi.

76) Commenda: osteria situata nella casa n. 4591, del Borgo di Paria
Romana, che aveva un transito interno alla strada e vicolo della Commenda,
continuazione della via Guastalla a quella casa, secondo il Manuale di raffronto.... delle soppresse numerazioni delle case.... di Milano (Milano, Pirola, 1866), attualmente corrisponde quella che porta il n. 77 in corso di
Porta Romana.
;

77) prozion: consumare porzioni.


78) scabbi: vino generoso.

79) cabbi: cappi, nodi

80) porta foeura

scorsoi.

verz: strapparsi.

81) compaa zoffreghin: lenone.


82) cantava: svelava
83) dessed:

84)

giboll:

miei interessi.

svegliare.

ammaccare.

85) cinqu e cinqu des: motto popolare pronunciato


fidenziale quanto cordiale stretta di mano.
86) chi

l'ha,

ecc.: chi

la sfortuna,

una con-

se la tenga.

87) Zilavegna il paese di Cilavegna, secondo il molto popolare


el Curaa de Zilavegna, chi ghe l'ha denter se le legna ".
:

dis

ha

nell'atto di

"

Come

255

SECONDA PART.

Dopo ona noce in largh e in long goduda


Tra la pisorgna ') e tra el dorm in ombria 2),
Cont in cocur quella stria,
Semper fissa, inciodada e rebattuda,
Sont soltaa su al prim segn ^),
E dopo ave sgrossaa in pee in pee ona Messa,
Sont cors a gamb in pressa
Al Malcanton, su per quij scar de legn.

Ciamann cunt, vess a l'uss, l' staa on moment,


E, mesurand el so del me pias,
Tiri in pee Talzap 4),
E, traghi butti in l l'uss e voo de dent;
E denter che sont staa,
Cribbi e bofftt, fuss puttost mort in strada!
La bella improvvisada

Min

staa

d donn

in

mezz a

trii

soldaa.

Vun, negher e pelos come on cavron,


El se fava la barba a on tocch de specc;
E vun de fanch del lece
L'va adree a lazza el bust a la Tclton;

el

sur sargcnt in gippa

El se seoldava i ciapp voltaa


Intant che la mammin
L'va scrusciada a nedrugagh

al

cammin,

la

pippa.

sto colp, tutt

256

a on bott, hoo sentuu in sen

On voltiament come s'cioppamm


E gh' staa calaa on pel

la fel,

(Tant seva irato) che nassess on pien;


Ma on luzzid intravall
El te m'ha daa on parer de Cristian:
S'cioppee, razza de can!
E, dittum fattum, vltegh tant de spali.

gi a ses,

sett,

a vott basij per voeulta,

Segond vegneven, per quij


risc'c de spettasciamm

scar infamm,

in d'ona girivoeulta;
anch lor i donn
Adree a la gamba a salt, come livree,
Me tendeven adree
Sbragiand: Sur Marchionn, sur Marchionn!
I

scinivij

lor

Dess vegn! scarpv

Che

seva

Pondi i pee
E, ponf! in

per

infir

in su

terra

el

goss!

la

straa,

Ma

giust in quell

on bagnaa,

come on

fass

de squell

5).

Tetton
gh'ha vuu el contrattemp de possemm giong,

Inlora la

La

De francamm in di ong,
De tornamm a tra al coli
La
El

staa.... l' on sart.... l' on me cusin.


che a vedella in sorioeura 7),

sbarlada fceura

^),

piang, a sospira, a strusamm vesin,

Tutt

Hin

cavezzon^).

fu.... l'

staa l',

Mezza

el

la

bila e el spuell

fornii in quell freguj

in del torna

Umel

de

fora fora

de sora

e mansueti

come on

agnell.

Fada

Andaa

la pai.

per

257

tornada

la

legria,

soeu quij

fatt

Per on pczz no oh'

duu

soldaa,

staa

Olter suaj che, di voeult, quej poo d'ombria;

Per oc

Che

quij nebbijtt

se sa, ne se

Tra gent che

ponn de condemen

se voeur ben,

Salsettinn brusch che

Doma ch'anch sti


Han comenzaa anca

guzzen

el

petitt.

nebbijtt e sta salsetta


lor,

de

on des

d,

spessiss e a vegn

Scighr

folt

e senavra 9) malarbetta;

Ch

noo savuu del sicur


Che Quell can d'on soldaa, quell porch d on sart
El gh andava in la part
De nascondon de mi, in tra el ciar e el scur.

con

tutt

che

mader de (oeura.
nega e sconfond,

tant

In quanto sia giura,

Fussen prim e segond,


canoncgonn vece be bona scoeura,

Impunemanch

per,

Sott a on Marchionn, gh' staa nagott


1

hoo cattaa

sui

de Doeuv,

ceuv,

pussee d'una voeulta e pu de d.

Ma poei ona sira infin di face, che sera


Negher, dannato malarbettament.
Che l'hoo vist mi a corr dent
In del comed, in fond de la linghera ^^),
Me sont pientaa in del mezz
(Dur come on ciod) de la linghera anm,
E hoo ditt: Se te set l,
Stagh almanca, birbon, per on beli pezzi


E
De

intrattant

l,

tutt

part per

che mi saldo

Me

258

che i donn me rebuttaven


tiramm dent in c,

de pu, con pu bajaven,

stinava

Torna indree

quell canaja,

me yen, col muson


domandamm reson

Ch'el

A
De

quell rebuttament,

sul

fin

muson,

de quella guaja.

pce infin, desmostrand se l'va l


vessegh per parla al sargent maggior,
E d'avenn nanch mi e lor
Per el boeucc de la cassa del tarli "),

De

El te me d del mona ^^),


Del can, del marmotton, de
Del pilatt '3) inciodaa,

via el va, sbrofiand ch'el par che trona.

donn

allora,

Dighi nagott che

M'han

De

l'impiccaa.

ch'han capii el latin,


plajt ^^), che trebuleri!

gi vetuperi

ditt

fa corr in su l'uss tucc

vesin,

s'hin scoldaa talment

Ch'hoo vuu

Che

Ma

paria, denanz cavann costruii '5),


pascenza tutt.
in l'onor dininguarda a strusagh dent.
lor....

con tutt el me sta de sguajton '6),


con tutt el def de avej squajaa ^^),
Sont restaa l sgognaa,
Pien de vergogna, e lcch come on tappon;
Insci,

E
E

tutt

L'

quell

fornii

Anzi cont

me

anch
el

sussor
lu

compagn de

l'olter

pregaj

d nagotta al sur sargent maggior.

guaj.

De

l'ora

259

me

inanz, allon,

sont miss dent

Coi man, coi pee, per pesseo a


Me sont vestii on poo in galla,

8[)o&alla;

Hoo

giustaa su la c passantament,

resi di

el

ciovitt l^),

pocch

Vanzaa on poo
Ch'i hoo faa

col sona, on

poo col mestee,

dree a lee,
Scceudendegh vun per un tucc
solt

Ch'aveva giamo

La
La

guggia d'ora,
eros

de perla

tolt

el

coli

petitt '^).

periti d'or 20)^

de granadinn,

finn

quej barlafus 2i) d'olter de valor,

Quand

m'ha daa occasion


pu mej che ne i periti,
L'avarav vuu el petitt
De avegh on quej beli para de anellon.

De

la

cap, che

mi

adrittura, catti corri in del Bin,

(Quell che

sta

schisciaa in del post di ant

Del volton di Mercant) 22)


E con quatter bej ses-des-e-on-quattrin!

23)

Te me petti in saccoccia 24)


Duu bravi anellonon d'or badial.
Grand

asquas,

De duu

tal

e qual,

sercion de roeuda

de caroccia.

gambe, torni indree de troll,


la mia Tetton, vemm del Battista,
Tegni ben ben de pista
In dove che la mett ci el manicott,
E quand la me ven rada,
Bell beli, beli beli, che barzeghi d'areni 25)
Per faohi sghimbi 26) Jenl,
E dagh el giubel de l'improvvisada.

Voo

via a

loei

260

sur s, che intra'tant che foo el giughett


che ghi foo passa d'ona guadina,
Marcia, passa, cammma!
Squitta fceura de l'oltra on begUett;
Mi prest, allon, su on p,
Ghe stoo on poo adoss, fasend el peder-sloffi 27)^
E poe, ciaff, mei gajoffi 28)^
E torni in l'orchestrin per el fatt me.

Soni, stoo alegher, la compagni a c,

Doo
Se
Se

a ment se vedi moeuv el manicott.


se incorg nagott.

la

di voeult

mai

la

scolti

a descart 29);

Ma, oh dessi ch'eel, che no eel.


Che fors no la tovess quell me palpee
Per

l'olter

Ne

l'ha avert bocca,

so

de

^^)

lee,

ne l'ha most on peel.

Se lassem donca tutt e duu, al porteli,


Descognet 3') del regali che gh'emm indoss;
Ma el pu grev, el pu gross,
Mei seva andaa a toe mi senza savell;
Ch'el me l'va on regali
Pien, caregh, ras de pever e de spezzi,
E che mai pu a quell prezzi
No me sarev creduu de guadagnali.

Ecco,

fioeuj,

dee a

tra,

scoltee,

sentii,

Coss'el diseva quell fottuu begliett;

No

ghe

on ett;
che ghe l'hoo
Caro mio dolcie core

Scoiteli,

Ho

baratti

in

ment piccaa e

receputo el tuo beglietto

Del guaio te imprometto


Che te sar fidele in del me amore.

scolpii:

Domane
Poso

Ma

so de guardia lutto el

32) ce vedaremo.
ti

De

261

gomo:

Sta segura;

per par cura

scasciare quelVasero de intorro.

Basta ne vedo ^^) l'ora


Ch'el li abbia tolto questro tuo accidento.

Per fornire

De

far

Una

On

el tormento

Adio anema

sta vita.

fevera eulta 34), n

copp in
on bonbon

azzident, on

Saraven slaa

d'ora.

maa de

sul

pelt,

tegnon 35)

In pari a sto baloss d'on begliett.

Hoo comenzaa

a bui,

suda, a fuma

sont

come on caldar,
daa foeura a sgar,
Matt, malt affacc, de no possemm

Amor,

Me

tegn.

rabbia, vergogna e millia inferna

me

strasciaven,

faven a freguj 36);

Catto, che cattabujl 37)

Che
Se

malarbetta noce, che noce eterna!

sarava palper,

No vedeva che sangu, che beecaria 38),


E, tracchi soltava via
De la pagura ch'el podess vess vera.

Seva eoi eoeur

Quand

E
De
A!

poei

senti a

in

sant

per tutt

mezz a sti cortij


Ambroeus a sona

39)^
i

gies,

l on poo,
a scampana i avemarij.
son de quij campann
recordi in bon pont de quell lass,
ch'olter che ne lu

Me
E

P juttamm

e salvamm de

sti

malann.

ses,

insci cold cold

corri,

via

de

262

de

voo gi di
de c

fed,

voi, foeura

scar,

Per andamm a butta


p d'on quej
appenna faa duu pass,

In di so brasc, del

Ma

aitar;

Doo m giust dent in del sargent maggior


Che, al frecc e de quij or,
El me impastoccia ^) d'ess intorna a spass.
El me tra i brasc al coli, el me strascina
Per pagamm l'acquavita a tutt i stee 41);
El me sta tant adree,
El me frega, el me vergna, e el me mojna,

Che infin, sto malarbett,


El me cava del coeur la confession
De quell me gran magon,

el

me

l,

strappa di ong el begliett.

cont ona longa filastrocca,


compar el negher per bianch,

me fa
E el me

El

prceuva, nient manch,

Ch'el begliett Tha scritt lu per fa ona scocca


E che l' beli cap
Che doma el termen d'asen, che gh' su,
L* assee lu de per lu
desmostr che noi pertocca a mi.

^^),

Infin,

per calcamm su mej la reson,


brasc, che hoo pari a sbattem,

me ciappa sott
E el me mena in

El

De

su l'atem.

bon compagn, a c de la Tetton,


Che la m'ha faa ona festa
E ona truscia 43) de sort, che i mee travaj
M'hin calaa in di strivaj,
E bravament hoo bevuu su anca questa.

263

NOTE
1)

puorgna: l'appMlarti.

2) dorm

in

ombria: dormiveglia.

3) al prim segn qui richiamando il primo tegno di campana, previo alla


Metta, fa comprendere che la icena avvenne in domenica mattina.
;

4) alzap: saliscendi; sbarra di legno o di ferro, che imperniata dall'uno


dei capi nell'imposta (anta) o nell'uscio (usa) ed accavalciando

{cafm<ru) serra l'uscio o


3) fass de squcll

in

museruola per domare

di

cavalli.

'

gonnellina.

8) sbarlada foeura:
9) tenavra

monachetto

fascio di scodelle.

6) cavezzon: specie
7) in torioeura:

il

finestra.

la

discinta.

salsa di snape.

IO) comed, ecc.:

ritirata

fondo

in

al ringhiera (llnghero)

come

nelle vec-

chie case milanesi,


I

tarli

voce gergale per indicare

di traliccio che lo copre; per dire:

il

buco

della corno Ja, dalla ciambella

tenere in nessun conto.

12) mona: scimmia calva.


13) pilatt: sudicione.

14) plajt: piato.


1

5)

hoo vuu

para, ecc.

16) sguajlon: chi sta

in

ho avuto

difiicolt

a UKire dal guaio.

agguato.

17) tquajaa: sorpresi.


18) ciovitt: propriam. chiodetti; qui, in senso figurato, per rsparmi.
19) petitt: voglie, caprcci.

20)

peritt

d'or: gli orecchini d'oro a forma di pera.

21) barlafus: ninnoli.

22) volton
canti che era

di Mercant: uno dei passaggi a volta nella piazza dei Mercompletamente chiusa da edifici.

23) ses-des-e-on-quattrin: sinonimo di scudo napoleonico il quale corrispondeva a lire sci, soldi dieci e un quattrino dell'antica valuta milanese.
24)

me

petti in saccoccia:

intasco.

25) birzeghi d'arent: accosto


26) faghi sghimbii:
27)

sloffi

distratto, in

lento,

ficcarli

pigro

(il

quindi

una data posizione,

manicotto).

di nascosto.
'

qui,

peder-sloffi *

sinonimo di

uomo che
uomo che

si

attarda, quasi

' fa

lo

gnorr

*.


28) mei

gajoffi:

29) descart:

l'intasco.

sciogliere l'involto.

30) palpee: involto

31) descognet:
32) Poso

264

di carta.

ignari.

posdomani.

33) ne vedo: non vedo.


34) cutta: acuta.
35) tegnon: cotticagna.

36)

freguj

briciole.

37) cattabuj

38) beccarla:

39)

cortij:

40)

el

41) a

me
tutt

ribollimento.
carneficina.

coltelli.

impastoccia: mi d ad intendere.
i

stee:

ona scocca:

ad ogni

costo.

una burla.

42)

fa

43)

truscia: effusione di complimenti.

fare

265

TERZA PART.

Inlraltant in su Tassa del Brovll ')

Gh'eva giamo

me nom

el

beli e impastaa;

TuttcoEs va prontaa,

Finamai i cum, la dota,


Leva giamo fm stada
perteg 3)

lett;

lec la sposa, coi benis 2)

intorna,

el

posi ^) e

amis

cavalier 5)

de

la

Seva insomma gi in brusa de


Teva anca de gionta (ssaa el

Quand

el

sposalla,
d,

beli gioved,

Giust l'antegrass, voo


L'va on'ora de sira;

Vedi

contrada.

al

solet a tiovalla.

lum per terra, in d'on canton,


Tetton
Sul lece che se lumenta e che sospira.

la

troeuvi la

La mamm, tutta modacc 6), col did sul


La fa segn de tas e de and pian pian;
Resti de marzapan

De

la

pagura de

quand ghe

sent

on quej cas;

sont del p

Lee medemm la Tetton la solta


Ah, sur Marchionn! mai pu

Credeva incoeu

su:

possell torna a vede!

nas

266

Ah car mort benedltt! perch


Me trema gamb, voo tutt in d'on
E in quali ch'el car amor

sta

cossa? -

sudor,

L'va adree a impastocciammen vuna grossa,


Riva denter on tos
Che, voltaa vers la mamma, el sbragia: Ej lee,
L'ha ditt el mascaree....
E bott l: ghe se suffega la vos.

Sangua d'on can barbini me

Che

maa

quell

solta in testa

noi fudess on cremes 7)

Per liberass de mi
E and a la Canobbiana a god la festa;
E mi, de maladett
Ghe molli el vada ^) a lee de parnonzi,
S'hoo de and o s'hoo de sta;
E stoo spionand in dove la se mett.... 9)

Ma
La

lee,

me d

la

moeud
quand

In

senza

fa

tante zerimoni,

gradiss el boccon, l'imbrocca el vada,

E
Me

l'alzada '0)

che, ditt e

De

me

la

capponi

'

'

a messed el ghignon,

senti tant

Che

f att,

sont su la scara

foo la conclusion
riva a tutt

cunt a l'acqua ciara.

bolgiraa l'intrigh e i gbel!


a toe on vestii de turch d'on mascaree,
Longh e largh tant assee
sitta '2)

Voo

De possemm

de

scond con

la

e galopp,
Pettegasciand ^^) per terra
Corri a la Canobbiana

pelanda

sciabel ^^);

trott

la

balzana,

cura el legoratt '5) con tant de s'ciopp.

267

su e gi, inanz indree, gira, regira

Per

platea e el palch, e intorna

i
scagn,
varda pagn,
Scolta vs, spiona anaann '^), tira, bestira,
Finalment de l on poo.
Tra on grpp de gent che balla la monfrina
Vedi ona mascarina

la

Varda

gent,

Che le

lee,

tutta

lee,

giugagh

So tal e qual ci taj de la


La grazia in del fa el pass;
So el sporg inanz di tett,

svergn

el

So
So
So

el

cool

el

persona.
so el perovtt '^);

cuu de fanch a

la

s'ciancona 1^);

quij brasciott redond,


el

color di cavi], so el poitament,

quij oggion sbirenl '9);

Insomma, so

tuttcoss

de inscima

in fond.

sguanguana de tucc i sguanguanonn,


L' chi la bolgirona, l'hoo cattada,
L' chi col camarada
sbavazzass 20) ai spali de Marchionn!
Sangue de fraa de legn,
No manca pu che de squajatt la vs,

A
E

poei te

Che

pesti

nos,

per on pezz t'ee de portann

el

scgn!

Seva foeura de mi d'ona manera


sont staa mai pu tanto dannaal
Ghe voo adree infuriaa.

Che no

De
No
No

per

tutt,

scolti

doo a

foeura e dent per la calcher;

pu
tra

nagott,

pu a reson; vedi

On bott a brasciass
E mi gi ona firada

su,

de

cazzott.

lee e lu

268

Alto l, allon, l' deciaraa la guerra!


Daj, redaj, para, pia, messeda, tira,
Pugn e pesciad de lira,
Reussissem tucc trii col cuu per terra;
Ne riva adoss infin
De quatter o cinqu turch pesg che ne mi,

Gendarma vestii insci.


Che ne menen de slanz

in camarin.

on bravo respettor, grazios, compii,


d part tutta la scenna,
E poeti con ps l'ordenna
De tira via i mascher a tutt trii.
Me drizzi allora in pee
Per vardalla on poo mi la porconon
L,

El

scolta di

desquatt

E,

disii

Ah

m,

el faccion,
fioeuj?...

l'

minga

lee....

providenza! Ajutt, coss'hoo mai faa!

Ghe domandi perdon, confessi


Ghe schisai 21) mendall

el fall,

Magara a tutt danee, s'han volentaa;


Piangi e preghi, de sort

Che

se giusta tusscoss; fceura

Bceugna che staga l


Per la reson del manda su

Scoltee

adess,

fioeuj,

che mi

el ripport.

cossa che nass,

vardee, quand se dis di coss del

mondi

Quell respettor, che in fond


L'va on bon pastorott, on persegh lass
Vedend che in de quell loeugh
Sarev geraa del frecc, el me toe su
Sott brasc, lu

Per

menamm

come

22)^

lu,

in quarter coi guardi, al foeugh.

in

269

quella ch'el derv Tuts, che voo

Cribbi! chi trceuvi mil...

Lee, giust

Con

lee,

Ah

de dent,

fioroni

Tellon

la

mamma,

la

col sart e col sargent;

Gh'aveven a

la bocca
Tutt quatter la caraffa, e hin restaa li
Cojoni a vardamm mi
Senza ne batt on oeucc, ne fa una mocca

23).

El prim a falla foeura, a romp Tincant Sont staa mi, che hoo bajaa dona manera
Che nanch on turch davvera
No l'avarav possuu baj oltertant:
Per lee seva in cantgora 24)^
Per lee in preson, per lee seva a sto pass;
Podii donch fegurass
Che cagnazz seva mi dedree a sta lgora.

Ma
EI

lee,

ciel,

la

franca francona, la spergiura


terra;

la

me

fa pari

Ch'el traditor sont mi.


Che l' on pezz ch'el le sa, che la me cura:
La dis che la s' trada
Marada apposta per vegn a cattamm;
Che sont on porch infamm,
E gi, a l'uso di donn, ona lucciadal 25)

Mi

che poss vede a piang nanca per


pocch a pocch deventi moresin 26)^

A
Me
On

se setti vesin,

poo betteghi 27), on poo ghe strengi


Lee on poo la me sgoratta
Come on usell per no lassass ciapp,

Ma

rid,

infm poei

Caraffa in

la

l'aria,

se d:
e Paci'e cielebratta l 28)

did.

270

No me
Giusta su

calava adess che de pod

prim pastizz col respettor;


maggior,
quell bravo mennapolt che l',
el

el sur sargent

Che

l'

Ditt e

fatt

el corr via

el truscia tant ch'el porta

De

che ai rogazion 29)


Ogni vun ciappa sott ses o

sta nceuva,

Gi alegher

La

mtria

fioj

alto,

sett

allori,

sont

mja.

mi che paga,

on'oltra boccarada!

passada:

l'

Viva nun, porchi

indree on croson.

quij

sciori,

e che la vaga!

adrittura cold cold

Torni, smorbiand coi donn, in su la festa

god tutt quell che resta


Fina a l'ultem quattrin del

De
Cont

sto

pont fnamai

tant che

semm

d quell eh'

da

al

me

vintsold ^0).

sabet grass,

sta in vceulta

de

<jh

d,

No gh'hoo avuu el minem che de lumentass.


Lee, se l'va a on festin.
La ballava con mi, con mi la stava,
Con mi

la cicciarava,

lee,

mi e

e lee e mi, saldo vesin.

Tal e qual anca

Andaa

No

in c:

per quant ghe sia

in vers, in quij d, d'ora e strasora.

gh'hoo trovaa dessora

Mai, mai, nissun che podess damm ombria.


Lee saldo l, impesada
Col cuu su la cardega, adree a sguggi,
La ghe dava a tutt d
god tucc i reta] de la giornada.

l,

271

Che brava tosai che desgaggladonna,


(Diseva in tra de mi) che tosa d'ori
L'ha d'ess propri el restor,
1 dio-fece, de la c Marchionna!
E, matt adree st'ideja,
Cuntava ansios e recuntava i d
Ch'aveva de

pat

Denanz menamm a c

sta

maraveja.

Finalment quell beli d, quell di trii so,


Saludaa al prim spenta don battajon
D'occh, barbasgian, cappon,
Quajott, gasgiott, lorcch, merla e coc 31),
Quell d fissaa l su
Per compagnamm con tutt sti razz d'usij
E comp i mee legrij,
L' compars finalment, dighi, anca lu.

L'va

La

el beli sabet grass.

Tetton, per

Ci,

fin

la

Tutt va

fiacca in strada,

la

Ona fiacca campagna ^2) e de


De moeud che inanz mezzd
L'va gi adree
In faccia ai

ai soeu

in Brovtt el

tutt

scricciatt

Bolognin

al

^^),

a bolognalla a mi.

va, trott e galopp,

Poe

pont,

duu padrin,

Fornii el face in Brovett, alto

Se

in pront:

prima, in gran parada;

anca a

la

allon

cura,

pastegg 34) adrittura,

Poei al cors, poe a la rassegna di ballon ^^),

Poe al Carchen, al Lentas,


Al R, a la Canobbiana 36), p^e al risott,
Poe a la messa ai Carott 37),
Poe ai tortij, poe al rosoli in del Cambias 38).

272

Infn, quand semm staa sagg de possenn


Che no possevem dagh ne lee ne mi,

pu,

Semm

andaa a c a dorm
l'ora che i olter leven
Adess mo, lorocch, cappon,
Giust in

su.

Merla, coc, quajott, occh, barbasgian,


Fis'cee, fee pur baccan,

Degh

semm

dent a scarpagoss, che

al

bon.

intramm dent lee in de Tuss,


vedemm a scappa via
Quell pocch rest de legria
E de pas di d indree, l' staa on esuss.
Tant',

Vegnimm

De
No

fioeuj:

lee in c, e

sto pont desgraziaa

gh' staa pu che guerr, che cattabuj,


Trappol, pastizz, garbuj,
Gir e regir e corna stermenaa.

Lee cagna 39)^ lee cioccher 40)^ lee bosarda,


Lenguasciona, leccarda, desgarbada;
Lee

imbrojona, sfacciada,

Starlattona 41), lunatega, testarda;

Lee zavaj ^^), lee slandrosa 43),


Lee sguanguana, lee capa di baltrocch;
Vardee, fioj, in pocch
Che boccon de belee Teva

Adrittura

D'ora e

el

prim

strasora,

d,

gent

sta

sposa?

su e gi di scar,

come

correr;

Soldaa, roffiann, pattr 44),


Can borian 45) pussee che on port de mar.
La c l'va on faxalM^):
Ogni bott gh'eva l on seccamincion ;
Seva nanch pu patron
(Con licenza) on besogn de posse fall.

273

Se poei derviva bocca, a revedess;


Ci la c ci teccl bestemmi a cattafira!
Sbragiad, bajad de

Del

lira

porci) fottuu

manch che me vegnets;

el

gh'eva, ogni moment,

La

conclusion per aria de

cuiamm

Denanz a quij bona lamm


Del soldaa sart e del soldaa

duu galantomm, mej che ne mi,

sii

Comandaven

fest

Lor la menaven
Senza nanca d

sont

Che,

Che

sargent.

(in

via

lor

in

c mia:

via,
catt,

de noce, de di;

rivaa a quella

de

quij

pocch or del pasteggia.

allora l'va in c,

L'va grazia a dorm de posse

avella.

Podii doma pensa con che dolor


La vedeva insci matta e desbrada,

Sibben giamo visada


Millia voeult del curat, del cogitor ^7).

Del piang, del desperass


N'hoo faa pur anch, se n'hoo possuu mai
E adree a l'onor de c
Che deslenguava anm de l'istess pass.

Ma
E

fa;

inBn pce, a tajagh su sta vita stramba,

temp on sgonfament
Col so compagnament
De gmit ^), de rincress ^^), de mal
soltaa foeura a

De moeud che,
Hoo quislaa on

balcaa

in

gamba

ari 50)^

poo de requi per quej mes,


Pagaa per bon pes
Col spendegh in petitt 51) tutt el salari.


Ma

274

Ma

fussen staa

sarav staa nagotta a traghi adree.

on

Che

danee
bon

se! pascienza spend; quant ai

Van e vegnen, e insci


De fagh intra reson,
Che

corna....

Sentii questa,

i'uUema infin, la pu gajarda,


E che el Signor ve guarda
Quant e mai, fuss on can, de sta tempesta.

l'

L'va ses mes che seva spos, pocch pu,


i coss andayen via con l'andana

De

la fever terzana,

On

d ben,

Quand ona

on d maa, on poo

In del torna a c al solet

Me

gi,

on poo

bella sira,

de

bottia,

sont vist dree on'ombria

Come de vun

Mi

che

me

de mira.

tujess

omm

che tendi ai fatte mee,


ch'abben de fa la gent,
No gh'hoo squas nanch faa a ment,
E andava ina, senza voltamm indree;

che sont

Com' de

Ma
L
El

quand

giust

sont staa al Liron,

insci voltaa el caff, costi

me fa on
E el me tra

de slanz

solt inanz,

contra el

mur cont on

button.

L'va cost on demoni d'on cilan 52)


s' giacch, con su duu colzonasc

Vestii in

De tira de pajasc 53)^


Col volt tutt a barbis come on magnan;
El fava pce sgar,
Inanz indree per l'aria, on nisciorin ^4),

De

fa streng el sesin

mezza ona Boemia,

olter

che a mi.

su,

275

Denanz, e giust in mira al me porteli,


Gh'eva in mezz a la strada on'oltra ombra
Che, insci per famm legra,

La

pestava sui prej cont on

1 sarav

De

me

staa el

rebatt

cont

tarll ^^).

cas

gnocch

Ma inscambi hoo usaa


E hoo faa sto sagrifzi

56) |a prepotenza,
prudenza,
per la pas.

Tutt inutel per, che, in de quell menter


molli on sghimbiett per scappa in ca,
Me sont sentuu a ciapp
Sul porteli, mitaa focura e mitaa denter;
E l coi pee in del cuu.
Tal e qual seva, insci a gatton sui sast.
Me fan desgorg el pass
E vegnen dent in cort anca lor duu.

Che ghe

Oh pover mi! Signor! La vita in don,


Sbragiava a tutta vos del p di scarr,
E lor, adree ai mee sgarr,
Ci insci a l'orba pesciad, legnad, sgiafion:
ln6n compar on lum;
1

lobbi se impienissen de sabtt,


quij,

senza d on

Ciappen a gamb

la

ett,

porta, e

van

in fum.

La Tctton, che me ved a compari


Tutt sporch, tutt rabuffaa, tutt sanguanent.
La va in tanto spavent.
Che ghe ciappa i dolor del parturi,

Ghe

solta

Che

la

conversion.

sguizza sul lece

come

on'inguilla,

D'ave de fa a tegnilla,
E de gionta, deliqui e strangojn

^7).


Alto

prest,

el

Acqua, solass
Vesinn inanz

Tucc

276

zerusegh, la comaa!

58),

foment, panncald, asce!

indree,

dottoren, tucc platen, fan mercaa;

ven mezza nott,


Gajarda el maa, la donna la peggiora,
E, in pont al bott de l'ora,
Oe, oe! cossa l'? l' on beli mas'ciott.
Intani

E in andaa i coss tant ben, grazia al Signor,


L. stada tanta la satisfazion
Che hoo avuu in quella occasion
Per sta proeuva insci granda del so amor,
Che, s ciavo, hoo pensaa pu
N ai guaj del temp indree, n ai soeu caprizi,
N
N

al

priguer 59) Jgl stremizi.

al brusor del buratt ^0)

che hoo cattaa

su.

Ma, cold e matt d'amor, ghe stava adree,


Ch'avarev fin vorsuu famm in freguj;
E a furia d'oeuv, de puj,
De formaj del mejor di cervellee,

furia

De

de struziamm,
noce intregh senza dorm,

sta di

L'hoo missa

la

in quindes d
portada de posse pagamm.

El pagament

Tornand de

la

l'

staa

che ona mattina,

bottia per disn,

Troeuvi netta la c,
De possegh balla denter la monfrina.
Pu ona camisa, on strasc,
Pu on lenzoeu, ona coverta, on piatt, on ramm,
E lee, la ladra infamm,
Scappada a fa la crappa ^') ^^ soldarasc 62).

277

GesusI che infamltaal che tradimenti


Trceuvi in terra ona motta de palpcc;
Leggi

letter

Vedi

de

lee,

l'intrigh col

vegni

ir

ciar e patent,

sart,

cognizion

Che 8 l'va el begliett (quell


So el ladrament, so infin
Anch quali biiba d'on fatt del
In quell stat

Ma
Se

de passion, de prim bullor,


come on can,

a tertegnimm

vegneva

man

la

ment quell car amor,

in

Quell car angerottell,


Quell pover innocent del
Che l' nanch settemin,
el

par squasi

Ficeuj, tender

buratton.

sarev fors scannaa mi

No me

del guantin)

scolta

don

me

bambin,

amn, tant che

de coeur, che

mee lument con

sii

l'

beli.

staa chi

cortesia,

Inanz de passa via,

Compatimm, consolemm,

piangii

con mi;

Piangii col Marchionn,

Col pover Marchionn che sont mi

quell,

Striaa e tiraa a bordell

De

la

capa de luce

bolgironn.

NOTE.
lana del Brovtt: il palazzo municipale, nella via omonima, fu inida Filippo Maria Viiconti e ultimato dal Conte di Carmagnola, ora residenza degli uffici demaniali o dell'Intendenza di Finanza. Quivi, fino al ettembre del 1860, erano gli uffici del Municipio di Milano. VSaaa del Brov'ctl
era 'all>o dove ti pubblicavano
matrimoni da contrarti civilmeate, secondo
1) lu

ziato

le

prescrizioni della

2) benis

legislazione francese.

confetti.

278

3) perteg: imagine
4)

post:

5)

cavalier:

tolta dall'abbacchiare

noci per farle cadere.

le

clienti.

signori del vicinato.

6) tutta modacc: tutta a mimica.


7) un cremesi

motto volgare disusato, per indicare un * pretesto " o tiil colore


ben noto con tal nome.

tolo colorato; cremesi propriamente indica

8)

el

vada: termine

9)

in

dove

10) alzada:

italiano,

che equivale a

di giuoco,

invilo.

mett: la lascio arbitra.

la se

a andar

la spinta

via.

11) capponi: battersela, andarsene.


12)

sitta:

antiquato per sia.

13) sciabel: gambe


14) pettegasciand
15) legoratt:

il

storte.

trascinando e inzaccherando.

lepre.

16) spiona andann: spia portamenti, andatura.


17) perovtt:

piroettare.

il

8) a la s'ciancona sinonimo di
donna che veste alla moda.
1

"

19) sbirent:

stoccona

"

(f .

di a 'ciancon,

e sloccon)

sfavillanti.

20) sbavazzass: gavazzare.


21)

esibisco.

sebissi:

22) persegh

lass:

pesca spiccia.

23) mocca:' smorfia.

24) cantgora:

cos detta la cantilena

che

si

cantava dalle ragazze milafavore del Duomo;

nesi nelle processioni fatte specialmente per questuale a


in senso figurato qui detto per " essere sulla

23) lucciada: rovescio

bocca di

tutti ".

di lagrime.

26) moresin: tenero.

27)

betteghi: balbetto.

28)

"

Pace celebrata

"

gento del valore di L.

era

5',

il

motto

coniata

che leggevasi su la moneta d'ar1801 in occasione della posa della

latino

nel

prima pietra del Foro Bonaparte.

29) croson, ecc.: il segno di croce che il Parroco, ai crocicchi delle vie
campagna traccia per benedire i campi durante le processioni (logazion)
fatte in primavera innanzi Pentecoste
qui significa " non luogo a procedere ".
di

30) vintsold sinonimo di lira ; la lira milanese suddividevasi in venti soldi


donde il proverbio " Ghe cala semper desnoeuv e mezz a fa vint sold ".
:

battajon d'occh, ecc.

guaggio milanese concepito

32)

fiacca

campagna

quel giorno salutato dal canto di uccelli nel

come

carrozza

ridicoli
" in

o di malaugurio.

fiore,

coi fiocchi

".

lin-

279

Porta intenda qui identificare il uvio Gian Giacomo Botegnid


civile, il quale awitte al matrimonio celebrato alla proenza dei
testimoni (padrln) coll'inlervento dei segretari comunali (icricdal) non certo;
notisi per il sale del poeta nel scegliere fra tutti i cognomi di famiglie illudisgrazia del Marchionn,
stri quello dei Bolognini, per mettere in rilievo la

33) Che

come

il

il

l'ufTiciale

quale qui deplora che quell'atto civile gli aveue appioppata una merce avaquale la Tetton: bolognalla ha appunto il senso di imbrogliare.

riata

34) pastegg:

La

3 3)

pranzo.

il

notte del sabato grasso era libero a tutti l'iagreato nei ritrovi pub-

(veglioni e feste danzanti minori) illuminati

blici

con lampioncini a forma

di

palloni.

36) Quattro

popolari

teatri

Carchrn

corso Porta

in

Romana, e Canobomonima,

(oggid Lirico) in via Larga, tuttora esistenti. Lrntt, nella via

hiant

V. E., corrispondente alla parte centrale


Duomo, via Silvio Pellico e Galleria propria-

e Rr, sull'area dell'attuale Galleria


del fabbricato fra piazza del

mente

delta.

37) Protraendoii
i

le

danze

le

mattino della Domenica

fino al

milanesi, prima di rincasare, per l'osservanza del

Messa

chiese per assistervi alla

in

aurora

della Scala e S. Fedele (sull'area dell'attuale


il

di

Quaresima,

precetto festivo, affollavano

Caroti, era la chiesa fra

il

teatro

Banca Commerciale prospicente

palazzo Marino) detta S. Giovanni alle case rolle (Caroli).

36) Cambia: ca0

storica

di

comunemente

Scala, che allora

memoria, nel largo presto


il
Teatro Grande.

il

teatro

della

dicevasi

39) cagna: mordace.


40) cioccher: ubbriacona.
4

Starlattona

42) zavaj

43) slandrosa:
44)

dissipatrice.

bighellona

pattr:

sfacciata.

rigattiere.

45) can borian: gente

sospetta.

46) faxall: corruzione di fauxall, pubblico divertimento in luogo all'aperto


(entro recinto ben illuminato, allietato da musiche, danze, fuochi artificiali, con
spacci di bibite, tabacchi, ecc.) che nell'ultimo quarto del sec. XVllI pi
volte era stato autorizzato in Milano.

47) cogilor: coadiutore del parroco.


48) gmit: vomito.
49)

rincress:

30) balcaa
51)

petitt:

52) cilan
la

male voglie.
ari:

placate le baldanze

qui significa voglie di gestanti.

spilongone

propriamente giovane di statura pi alta di quel che

sua et richieda.

53)

(>ajasc:

saccone di paglia o foglie di grano.


54)

nisciorn:

55)

tarll:

280

verghella di nocciuolo.

grosso e nodoso bastone.

56) gnocch: pugni.


57) strangojn: nodi

58)

alla gola.

tolass: salasso.

59) priguer: pericolo (sottintendi, di aborto) in conseguenza dello spavento {streinizi) simulato d'accordo coi compari che avevano bastonato Marchionn, per giustificare presso

il

credulo marito

avveni/a innanzi tempo.

60) buratt: bastonatura.


61) crappa: baltracca.

62) soldarasc:

far la vita

da caserma.

le

doglie di

quel

parto

che

SONETTI.

PER LA MORT DEL BRAVISSEM PITTOR E LETTERATO


GIUSEPP BOSS

I)

(1815).

L' mort el pittor Boss! Jesuss per


Sclamen, e passen i fedcl Cristian:
pretocch vicciuritt (reghcn i man,
I

disen, roejl

lu,

on candirott de pu.

Quij del mestee, ch'el veden in di pu,


vess tant manch intorna al pan;
rcci) ozios ghc dan del barbagian

Goden de
1

vesses bolgiraa per la virt.

malign, che hin pu spess che

o de raff, o indrizz o
Cerchen, se ponn, de spiscinigh

de

E
Ghe

rift

mi, per consolamm del

galantomm,

stort,

el

nomm.

me magon,

a sto grand'omm che se l' mort.


L' pur anch foeura don gran mond cojon.
disi

284

2.

PER ONA SCENNA MAL ORGANIZZADA


(-1815).

Per buratta 2) se droeuva el buratton,


Per pontell se drceuva di ponti],
Per lima e scopell, limm e scoppij,
Per stanga e bastona, stangh e baston;

Se droeuva per stoppa di stopporon,


Per martella se droeuva di marti j.
Per imbri di bruco se droeuva i brij,
E per scoppon sii, di bon coppon;
Per inred i merlott se droeuva el red,
Per sganass a l'ingross di bonn ganass,

Per insped polid se droeuva el sped;


Ergo donca Ve cossa che la va
Soeulia, soeulia, polid e del so pass

Se droeuven

orghen per organizza.


3.
(-1815).

Ma sai, el me sur Leila 3), che a d pocch


El meritta de vess casciaa in galera,
Asen fottuu! ch'el vaga a strappa i sciocch "*),
E minga a strappa i dent in sta manera!
Per cavamm on dent guast tramm tutta in tocch
La gengiva e on bon quart de restellera? 5)
Ah, sur Leila! ona porca de tarocch 6)
Pesg de lu no la gh' propi davvera!
So che parland di strappadent
Se diseva ona voeulta che costor

che strappen

Ma

lu,

el

dent o

la

in

massa

ganassa;

sur Leila, senza avegh la flemma

De fa vuna di d come fan lor,


El strappa la ganassa e i dent insemma.

285

4.

(1809).

El sar vera

fors

quel eh 'ci dis

lu 7)

Che Milan Ve on paes che mett ingessa


Che l'aria l' maliana, umeda, grossa,
E che nun Milanes semm turlur;
Impunemanch per, el me sur Monsi,
Hin iredes ann che osservi d'ona cossa
Che quand lor sciori pienten chi in sta
Quij benedetti verz

9),

no

spienten

)i

fossa

pi.

Per resolv a la mej sta question,


Monsi, ch'el scusa, ma no poss de men
Che pregali a adattass a on paragon.

On

asen manteguuu semper de stobbia '^),


') biava e fava e fen,
El tira gi scalzad 1^) fina in la grobbia 1^).

S'el riva a zaffa

'

i^).

(1811).

Me cugnaa el Giromin, quell candiron


Ch'el pareva on salam mal insaccaa,
El te m'ha daa assabrutta on beli pienton '5)
E Ve cors in Castell a fass soldaa.
La piang la mamma, e la gh'ha ben reson.
Che la mamma l' quella ch'el l'ha faa;
So pader anca lu el fa el maccaron ^^),

Ma

l'

semper so p,

Quel che
L' a vede

me
i

sia bolgiraal

par a mi on poo

soeu fradij tutl

strava(;;ant

magonent

'7)

piang, a sospira, a casciass '^) tant.

Mssem che

foeura de sto stat che chi


che n' vun pu spicc al temp present
Per fagh schiva l'incomed del spart '9).

No

286

20).

(-1816).

Coss'evela

manna

la

ch'el Signor

El fava pioeuv del elei per i soeu Ebrej?


L'va on cerio compost d'ogni savor
Faa a boccon press a pocch come i torte]
de per lor
bocch a mesura di so idej:

Sti savor se postven

In di

Voreven figattej.... 21) puj.... 22) cavolfior?...


Mangiaven cavolfior, puj, figattej.
Pur gh'han avuu anm

De

faccia,

canaj,

sti

digh a nost Signor che n'even sacc 23);


al

lu,

de

Se seva mi

Ghe voreva
Ona manna

de bon, mndegh

di quaj! 24)

stampononazza!
mostacc
de stronz longh quatter brazza.
el Signor,

fa pioeuv in sul

7.
(-1815).

Subet che sevem sett a on tavolin,


che gh'eva de sott quattordes pee,

Come

fala

Che

pee che l'han toccada even

d,

sura Lenin,
i

mee?

Come

fala poe a damm tant del gingin 25)


del cisquitt 26) che ghe sussiss 27) adree,

Quand podarev crepa


Se m' mai

soltaa in

in man de Ciocchin 28)


eoo de pensa a lee!

Sto strapazzamm giugand a induvin,

Cara sura Lenin,

Che

l'ha de cap
ghel poss propi minga perdona.

men che

l'abbia ditt che sont staa

mi

toecalla coi pee, perch la sa

Che

eoi

man

gi gh'hoo on schivi

de no

d.

287

8.
r-ifli2).

Quand

vrdesscv on pubbleg fonzionan


coi fiocch senza vergogna,
Disii pur che l' segn ch'oltra el salari
El ghe mett lu del so quell che besogna.

scialalia

Quand

savessev del franch che a l'incontrari

Noi gh'ha del

so che

ne bologna

ball ch'el

29),

Allora, senza nanch vess temerari,


Disii ch'el gratta ^^) senza

Quand

Disii pur che

soeu

la

rogna.

grattta allegrament

intrattant ch'el

Vedessev che

avegh

capp riden e

le segn che san

tasen,

nient.

Ma quand poei ve sentissev quej ribrezz,


Perch a d che san nient l' on dagh de l'asen,
Giustemmela, e disii che fan a mezz ^').
9.
(1815).

Remirava con

Vuna de
El

ritratt

sti

tutta devozion
mattinn in l'Ospedaa

de Monteggia

Che dis con pocch


Quand on tricch
El me presenta on

32), e l'iscrizion ^^)


pardi tane vertaa.

e tritracch sott al porton

asen mezz spelaa

Ch'el fava on vlt real con

Per rampa

A
Ch'el

sto

me

el firon 34)

35) jora in cort on

pont

tutt

l'amor per

ispirava quell dottor

L andaa in
E hoo vist

fond di calcagn
infin

che

ammalaa.
la

virt,

de
lu

sass 36),

de per

sciori 37)

lu.

no gh'han

Quand se disen tra lor per confortass


Che var pu on asen viv, che on dottor

mort.

tort

288

10.
(1814).

Marcanagg

polltegh seccaball 3),

Cossa serv tane descors, lance reson?


Gi on basi infin di face boeugna portai,
E l' inutel pensa de fa el patron.

E quand sto bast ghe l'emm d'ave sui spali


Eternament, e senza remission,
Cossa ne importa a nun che! sia d'on gali ^^),
D'cn'aquila, d'on* oca o d'on cappon?
Per mi credi che el mej el possa vess
partii de fa el quoniam 40)^ e prega
De no baratta tant el bast de spess.

El

Se de n col posta ^1) d'on


durezz di travers, reussir
On spelament puttasca e, nagott

sit

l'olter

olter.

n.
(1815).

Sissignor, sur marches, lu l' marches,


Marchesazz, marcheson, marchesonon,
E mi sont el sur Carlo milanes,
E bott l senza nanch on strasc d'on don.

Lu el ven luster e beli, e el cress de pes


Grattandes con so comed i mincion,
E mi, magher e biott, per famm sti spes
Boeugna che menna tutt el d el fetton 42).
Lu, senza sav

scriv

ne sav legg

senza, direv squas, sav descor,

El god salamelecch, carezz, cortegg;

mi (destinon porch)

Sui palpee

tutt

el

d,

col

me

sta

su

gh'hoo nanch l'onor

D'on salud d'on asnon come

l'

lu.

289

12.
(1807-1617).

Quand per
La campagna

ttravaganz de

la

stagion

va a fass sbolgir,
Ogni fede! zeoco subet el va

la

con chi ghe

tcEUssela

passion.

fa

picch ghe l'han coi vizi di patron,


scrupolos col tropp amoreggia,
onaj ^^) col vor filosofa,

quamquam

^^) con la strada del

Sempion,

magatton ^5) col stomegh desquattaa ^),

I
I

beatt coi bottegh avert in festa,

pcssee 47) coi vegili ^^) trascuraa.

E
Ghe

de

stremii

cert olter,

Usand

la

tem[)esta,

misericordia ai nost peccaa,

l'han,

savii

con

con quell che

chi?...

resta....

13.

ON CONTIN BERGAMASCHIN CHE FA EL BRUSCHIN


CONTRA DI MENEGHIN 49).
(1816).

Oh

carin,

Arcadin

beatin, mattin, smorbiin,

poetin, ciccin, contin,

Puresin col tossin

Pien d'estrin

Pian pianin,

Noi

Te
Per

50)^

che

fa frin frin

Parnassio

in

col ghitarrin,

beli bellin, ch'el tropp foghin

scalda el pissin, contin ciccin.


preghi per mammin, per papparin,
te

tult

bortolin 51) bergamaschin.

Te
Che

preghi per l'acquin del fontanin


lava el mostaccin 52) Je Doridin 53)

In sul poggin verdin, freschin, gingin;

InBn

Dove

E
9

te

te
fa

preghi per

el

cardeghin

fee settina 54) a fa cacchin

versin

de

tutt

e duu

boggin 55).

290

14.
(-1815).

pures, bordocch 57), centpee, tavan,


mosch, pappatas, vesp, galavron,
Formigh, zanzar, scigd 59), vermen, scorpion,
Consolv che l'estaa l' pocch lontan.

Scimes

Camol

56),

58),

Pover

Mordinn
Caghenn

pover badan! 60)


sciscenn 62), secchenn 63) che

bestiolitt!

61),

in sui pitanz, in sul

Cribbienn 64)

pagn

65),

sii

patron;

muson;
carna, el gran.

la

frutt,

Fee pur quell che ve pias, car


Che el manch che possem fa per

bestiolitt,

L' quell de lassav scoeud

petitt.

tutti

vost meret

Insci magara ve vegniss a taj 66)


D'and a quarter d'inverna in del preterel

De

chi loda l'estaa coi soeu regaj.

15.
(-1812).

paroll d'on lenguagg, car sur

Hin ona tavolozza de color


Che ponn fa el quader brutt,
Segond la maestria del pittor.
Senza

Che
Tult

Che

e el ponn

fa

senza gust, senza on cervell


paroll in del discor,

lenguagg del

mond

hin

come

quell

parla on so umelissem servitor.


sti

Che no

Ma

idej,

regola

Manell 67)

idej,

sto

bon gust gi

di eoo che gh'han

Tant

el

sa vara

hin privativa di paes.

flemma de

studia.

l' vera che in bocca de ussuria


El bellissem lenguagg di Sienes
L' el lenguagg pu cojon che mai ghe sia.

beli

291

16.
(-1815).

Capissi anm, sur professor Ronchclt 68),

Che in
Che p
Che l'

Ma
E
Et

quant a

fa

strivaj

lu

impari quand se sia

tra

maravej quella di

quell vizi fotluu

omm

le quell

sta

Domm,

al
sett.

de l'impromett

tant de rari calantomm,


minga poch al so bon nomm,
come dighi l' on fottuu difett.

de vess
fa tort

Ma

dianzer, coss'hin

Hin merda,
Feo el sbir,

mee danee?

ch'el voeur propri


e!

boja, el lader

ciappann pu?
de mestee?

Anzi quant a meatee semm cama e

Che lavorem

Mi

in vers ^9) lant

penser del

me

mi che

eoo, e lu el

peli,

lu,

viteil.

17.
(1810-1814).

Quand

passi de la Piazza di Mercant,


che vedi a brus di mercanzij
In mezz a on sere de ozios, de toff ^0)^ Je
Ridi de coeur ch'hoo mai riduu oltertant.

spij,

Ingles mincioni, dighi, arziignorant!

Credevev

fors

che nun fussem de quij

De

inorb coi vost strasc, coi speziarij?

On

cazzi vardee, vi brusem ben d'incant 7').

Ne

ve credissev nanch che

Se pizzassen doma per


pubblegh e

In
1

sui

sii

fal

gust del re

piazz? Mai, mai, ohib!

femm anch nun

tra

nun per nost pias:

Anzi on disn noi ne fa mai bon pr


Se noi sa on poo de gremm del vost

caff.

292

18

72).

(1810).

E daj con sto chez-nous: ma sanguanon!


Subet ch'el gh'ha sta gran cuccagna in Pranza,
Ghe va tant a and fceura di cojon
E a torna a c a godella sta bondanza?
In quant a nun, s'el ne usa st'attenzion,

de grata regordanza
El scassem subet gi del tabellon
In contrassegn

Di

baloss e di porch senza creanza.

Anzi, ch'el varda, vuj ch'el preghem


no fa olter quand el riva a c

fina

De

Che

parla

maa de nun

sira

e mattina.

almanch podatavem lusingass


dandegh a tra,
Barattassen el sit d'and a seccass.
Insci

Che

paricc finalment,

19.

PER EL MATRIMONI DELLA SURA VIOLANTINA PORTA


COL SUR ANTONI LANDRIAN 73).
Sonett

accompagnatori

d'on

servizi

de

deseri.

(1814).

Per no lassav and foeura de c


Senza nanch dav adree quej testimoni
De quell che gh'hoo intenzion de vor
Per trepudi del voster matrimoni,

Ve mandi quatter piatt bon de drov


Per quand no vorii sta sui zerimoni:
Hin
Che

giust per frutta, e serven a spiega


l'

per frutta che ancam vi doni.

fa

293

Oltra quest, quand voressev d de ment

che

l'uso

Ponn

serviv

se fa de certi capp,
de auguri e compliment.

tuttamanch per perch hin sgiandos ^^),


i
voeult che van in ciapp ^^)
fav d per me cunt, Evviva i 8(>oll

Servirai! tutt

20.

AL SUR CAV. VINCENZ MONTI.


/n0/</

a on

/ci/Ai 76).

(-1815).

Per incoeu guarna pur via


rimm, i toeu conzett.
ven chi a god in c mia

Vun di solet Testinett.


Te doo face de mett

legria,

Fior de gamb, de brasc, de

lett,

De

imbroj el eoo a chi se sia


Che podess tra on fazzolett ^^),

Sont

che te diree
Grazi e i Mus che balla
Sui bej praa del Pegasee:

Che

sicur

hin

Ma

el diroo forsi

vede che no ghe


El so Apoll, che te

mej mi
calla
set

ti.

21.
(-1815).

proposet, lustrissem, de vaccina,

Ch'el senta s'el vceur rid questa che chi


Ch'el sar on mes che la m' occorsa a mi
In del fa vaccina la Barberina.


Gh'eva

Che

in

c del dottor ona mammina


de no d

l'va in d'on fastidi

Per scern
I

294

foeura el

sit

de

fa insedi

varoeul a ona sova piscinina.

Minga chi, perch


Minga l, perch la

chi el

d tropp

in l'oeucc,

se vedar;

Chi nanch, perch ghe

resta el

segn di boeucc.

Tira, bestira, on mondo de reson,


Fin ch'el medegh, per falla quieta,
Femmegh Tinest *), el dis, in sui garon?

Oh
(La sclama

sta

che tocch de mincion

sciorina a l'improvvista).

Sui garon? giust

insci:

pussee

anm

in vista!

22.

AL SUR AVVOCAI

GIUSEPP' ANTONI MARTINELL.

Scritt in la soa delizia

de Senagh.

(-1814).

Alto sci penna, carta e carimaa,


giustemm el nost cunt, sur Martineli:
Ch'el varda chi che hoo giusta preparaa
Tiraa foeura anca mi el me cuntarell:

lu:

tant per lenzoeu slisaa ^8) e sporcaa,

Tant per pan, per pitanza e

A
A

frisell

^9);

mi: tant per falzett ^0) e gipp, s'cioppaa


furia de pacci come on porscell;

carocc inanz indree;


acqu e bombon;
ciccolatt, cruzi e cuntee;

lu: tant per

Tant per
Tant per

caff,
latt,

sorbitt,

mi: tant per

la tolla

del faccion ^1);

Tant per cremor de tarter al speziee;


Tant al dottor per l'indigestion.

Vedi a
*)

Nelle prime edizioni

si

la

legge inset,

conclusion.

ma sembra un

errore tipografico.

295

Sur Martinell. che i cunt hin II pr l,


Se fors'anch no me ven quejcois a mi,

Come
Tant per
Per

sarav a d:

frustadura di ganass,

la

dent de nettass e de strappass,


E per el vegn grass

Tant de pu,

de tila e pann,
minga pocch dann,
mssem in sti ann

in di

Ch'cl capir che

vestii,

l'

Ch'el vestiari l' montaa a quell segn ^^),


Che mej che grass l' asquas vess in di legn S^).
Donca lu col so ingegn

El vedar che, a vor sta a rigor,


Restarv mi a la longa creditor;
Ma no stemm a descor

De
Se

danee.... pover

E
Ch'el tegna

el me fa tort....
semm minga mort....
femm de sta soft,

lu....

n..,,

incontraremm.... gi no

sta

con

poe

sald....

lu

puttost tornaroo chi

ancam per quindes

d.

23.
I

SETT DESGRAZI.
(-1815).

On pover cereghett schisciamicchin '*),


Per toeuss sto carnevaa on divertiment.
L'ha pientaa ona pastoccia ai soeu parent,
E l' sghimbiaa a la festa al Teatrin 5).
Per per no fa tort al collarin
s' vestii de mascher bravament,
Barattand contra on scud de pagament
L'abet de pret in l'abet d'on pollin.
El

296

Ma

nems nassuu e giuraa


ma anm pussee
qui] ghe gh'han sul eoo quell o pelaa^^)^

De
De

el diavol,

tucc

Cristian,

Prevedend fors ch'el studi o


Podeven tirali foeura del vivee
L'ha

resoli

de

la fortuna

87),

strozza el prevost in cuna,

ghe n'ha faa vuna

el te

Propi maggenga, e pesg de la tempesta,


Che in pocch pareli, senza tant franz, l' questa:

Appenna

su la festa,

El ghe spediss incontra on bel donnin


Cont on cuu pu redond d'on pomm poppin.
De moeud che l'abbadin.

Che

on omm,
ong sul pomm;
quella on galantomm

l' de carna infin, che


Noi p de manch de pett

E
De

quij tal

El ferma

al

de

la

in

infn l'

gippa de Baltramm ^^)

voi sto beli sciampin

Ah

traditor

D'on demoni! va l: corregh


Fagh pur fa de maross anch

d'Adamm.

infamm

adree,
la

minee

Intant ch'el va a pollee!

Va

l:

satisfet pur,

fa

D'ona desgrazia faghen

t vendett:

foeura setti

Demoni marcadett!
Sissignor, propi sett,

nanch vuna men:

Cuntj, e vedarii se dighi ben.

Vuna,
Coi soeu de

La

terza,

c,

che pronten

La

d, el pien

la cannella;

guaj e el rugh de la soa bella;

La

l'arrest;

el nichl transit^^)

quarta, la querella

de monscior

vicari;

quinta, el benefizi che va a l'ari;

La

sesta, el vestiari

297

De paga al mascaree fin ch'el sta dent


Cio a tutt sabet grass comodament
L'ultema fnalment,
;

Quella d'ave daa


Che spante ga sto

don

nas in

el
fatt

con

la

poetta

trombetta.

24.

SONITT ALL'ABBAA GIAVAN

90)

(1816).

Questo nomignolo vela


letterato,

zione
1

ma

atte a

modo

in

del piacentino abate Pietro Giordani, ottimo

Al comparire
scritte

irx

del primo

dialetto

della Colle-

(Piroita,

6") stamp che esso non conteneva che Inezie e

mantenere

il

popolo nella tua grossezza e

tredici

sonetti polemici

Giordani, pubblichiamo

Se on

De

volume

milanese

trivialit,

dodici volumi erano troppi, e danneggiavano la

Milano. Dei
il

nome
opere

migliori

delle

2 volumi

il

acre e pedante.

che

il

e che ad ogni

gloria

letteraria di

Porta, sdegnato, tcrMe contro

cinque ritenuti migliori.

viaggiator el se fudss propost

descriv on paes, puta Milan,

E che appenna rivaa al Boroh di Ortolan


El fermass la caroccia in del prim ost
;

che

senza mai moeuves de post,


El scrivess ci triff tiaff roba de can
Contra i faboregh 91), i donn, el ciel, el pian,
I
costumm e el sav del popol nost;
l,

Cost, domandi mi, saravel somm ^2),


Fatov, malign, tambrla, malcreaa,
Birbon, canaja, bestia, oppur on omm?

Ohib!

Che

el

sarav fradell

de juell'Abaa

che noi p cap on prim tomm,


El ne strapazza vundes nanm faa.
in grazia

1816.

inutilit,

298

25.
(-1816).

Se i Milanes col scriv in milanes


Pretendessen de tra in terra el toscan,
Mi per el prim vorev che Don Giavan
El

ghe sonass gi sardell de pes;

te

Ma siccome l' pubblegh e pales,


Manifest e patent a tutt Milan,
Ch'hin gent senza pretes, e bon vivan,
Vorv m inscambi ch'el ghe fuss cortes.
Tanto pu che stampand, stampen per

E
E

lor,

c soa, e per so divertiment,


con licenza di superior;
in

E
De

che

dodes tomm n'hin minga


minem dann ai soeu talent

infin

porta el

In d'ona Italia pienna

de pessee

assee

^3).

26.
Catto! el

Hin

me

dis,

tutta grazia,

che

soeu paroll toscano

tutta ziviltaa,

poeu el ne sgogna dopo a brazz de pann,


Senza che gh'abbiem faa ne ben ne maa?

Ma

catto!

s'el

voreva strapazzann,

El doveva almanch
Sbassass,

Cont

el

come

fall

in sbottasciaa ^4),

el dis lu,

lenguagg di

goff

trattann, parlann
e di rabbiaa!

Insci mo, coss'hal faa con la sua piatta? 95)


L'ha sassinaa de pianta i soeu argoment,
E el se desfaa li de per l la fatta:

E col vorr sta sii e fa el caga in l'olla 96)^


L'ha obblegaa a volzass nun per stagh arent,
E a digh sii in bon toscan: S/e//e che chiolla!

299

27.
(1816).

Natan

profetta (e questa,

sur

Abaa,

L' moral de la bona e de la bella)


L' andaa de David dopo quell peccaa
Ch'el sa poe lu 97), a cuntagh st'istoriella

David, giustizia! On ricch picn ras sfondaa


b, de boeu, de becchi, de scarsella
L'ha traa in setton de pianta ^^) on desgraziaa
Robandegh ona poca p>egorella.

De

David, che l'va on re puttost fogos.


sto becco etzettera,
Ch'el poda fa inciod sora ona eros?

In dov'eei, el respond,

Bell beli, allora

Manch
Ti

Natan

te sec el ricch,

repa,

el

foeugh, che a red

coss propi a la lettera

e el desgraziaa

l'

Uria.

Istess cont uscioria

Bajaroo on poo anca mi Natan nostran....


Cwne?... lu che l' dent coi pee, coi man,
Col eoo, col fabrian
In di

De

fa

La

rimm de Toscana, e

ch'el ghe n'ha


de impinn di c,
1 gh'ha el coragg de fa

lece a cava],

guerra a

sti

pocch nost dodes

tomitt,

l'unega berina di BosittP

Lu, dighi,

De
Che

el

gh'ha

el

petitt

sgognann, strapazzann, rompen la pippa?


azion de porch, sur David de la lippa!

300

28.
(1816).

Per fagh vede e tocca propi con man


Che, anch senza vess nassuu in d'on'aria fina
E ave tettaa de bajla firentina,
Se p fass foeura i busch 99) anca in Milan,
Ch'el

me

Giavan,

'00) <je quella soa manina,

compina

ch'el tocca, ch'el studia e ch'el

Sti

Don

sporgla on poo chi, sur

El fregaoeucc

pocch donzenn de

nomm

'0')

italian.

S'el leggiar polit cont attenzion,

se

de gionta

el

vorar nota

nomm sul mennab ^02) Ji citazion,


Sur Don Giavanin d'or, ch'el lassa fa

Sti

Che ghe

meltaroo insemma on regalon


Ch'el vorar stant a portali a c.
Prest donch ch'el vegna za,

Leggemm:

Letteratura:

Rivola, Castion,

Magg,

Litta,

Muss

^^^),

Gigee,

Balestree,

Tanz, Borromee,

Setalla, Ripamont, Gian MarHan,


Carchen, Maggenta, Ajrold, Venust, Cardan,

Ferrari Ottavian,

Castion d'Alfons, Berchet, Scott, Purisell,


Peregh, Manzon, Luin, Pozzobonell,
Gianella, Gambarell,
Torti, Panigaroeu, Bellott, Parin,

Verr Lissander, Oltrocch, Rejna, Venin.


Storia: Sass, Calch, Giulin,

Verr, Simonetta, Coeuri Bernardin.


Medesma: Majner, Lanfranch, Baldin,
Cros, Concorezz, Tadin,

301

Salvadegh, Mennaben, Gr0, Lampugnan,

Duu De Grad, duu Caimm, Manata Alban,


Simonetta, Giussan,

Rovida, Della Porta, Castion,


Moscati, Pravesin, Casaa, Boldon,
Boss, Assander, Siton.

Anatomcga: Buzz, Gaspcr Asell,


Carchen, Bianch, Bium, Monteggia, Magistrcll,
Tron, Cuoi, Mazzucchell,

Riboli, e Palletta, e l'Ospedaa.

Chimega: L'Alcman, Monguzz, Poraa.


Scienza d'antightlaa

Trivulz, Ferrari Ottavi e Ottavian,


Fumagall, Allegranza, Boss anzian

Gattani Gaitan.

Fisega: Fris, Raccagn, De Regis, Pin.


Meccanega: Isimbard, Elli, Sonzin,

Beccaria Ballin.

Argentana: Cardan, Brambilla, Gross,


Luccignoeu, Scorza, Arsagh, e quel pess gross
Del Poppa Caradoss.

Longh e la soa scceula.


Mangon, Vignoeula,
Solar, Meda, Cagnoeula.

Incishn: Giusepp

Archilellura: Bass,

Pitlura: Cresp, Boltraffi, Bramantin,

Melz, Lomazz, Poppa, Zeser Sest, Luin,


Pamfil, Oggionn, Figin,

Del Cajro, Michelin, Pepp Boss, Appian,


Peregh, Gallear, Sanquiregh, Landrian,
Ganna, Levaa, Vaccan,

E
La

in tra

la Milesi, la Legnana,
Corneo, la Vedana,
L'Olivazza, l'Appiana.

donn

Belleria,

la

302

Biff, Fontana, Agraa,


Bambaja. Giusprudenza : Alziaa

Scultura: Porta,
Solar,

Pap
Posteria, Ares,

Manfred

di dottoraa,

Taegg, Cajmm, Carpan,


Gian Luis Toscan,

Setalla,

Piroven e Giussan.
^olitega: Moron, Verr, Beccaria.
Matematega, Calcai, Stronomia:
Ceva, Agnesa Maria,

Caravagg, Mazzucchell, Zeser, Carlin,


Lece, Cavalier, e on Orian che in fin

L' on lum de

vott stoppin.

Melz Luduvigh,
Medes, Castald, e Belgiojos Albrigh,
Milizia: EI gran Trivulz,

nost Viscont antigh.

Musega: Cadenazz, Mess,


Mnoja,

la

Palladin,

Grassina, Sant Martin,

Luvis Marchesin.

Diplomazia: El cardinal Moron,


Archint, Taverna, Cresp, Melz, Castion

el

Boss de Provvision.

Teologia: Moron, Branca, Bonscior,


in Domm on para l'ann dedree del cor '04),
Artegian poei descor!

Ona

motta, on vivee, on muco, on brovtt;

Perfett, arziperfett,

plusquam

perfett:

Basta d che on Ronchett


L'instrivalla tutt l'ann re e imperator;

che a Londra e a Paris ne fan l'onor


De d la metta a l'or

Coi noster bravi balanzitt nostran,


Fabbricaa in st'aria grossa de Milan.
Ora, sur

Don

Giavan,

Che
Che

l'ha leggiuu

paes no

sto

De

e che l'ha vitt


poe tanto trist,

polit,
l'

Ne
Se

303

biott e

insci

sprovvitt

gent che vara tant e quant e


per modestia noi voeur d

Ch'ei te toeuva
Insci a

lu,

de pu,

su

bona, e senza zerimoni,

la

Quella motta de liber che ghe doni.


L gh' dent el Sigoni,

El Silon,

Tucc

el

Murator, gh' l'Argellaa '05),


stampaa ciar, e ben ligaa;

in foeuj,

E
Ghe

mostraran in tucc

Tane

quist chi,
i

sur

Abaa,

or ch'el stinui

nomm

de omenon de scima,
Che in grazia de la rima

olter

de

in virt

Hoc dovuu

la

santa discrezion

per desgrazia in s'toccasion

Lassa] in d'on canton-

per

Infin

Pien

la

ras e

bonne bouche

Toh

De

on breviari '06)

el gh'

comor de indulgenz

plenari.

foeura del Bollari,

Lissander Segond, Gregori, Urban,


d'olter papa de Milan.

de duu

quest chi,

Don

Giavan,

Speri ch'el ghe far propi servizi


E per l'obblegh ch'el gh'ha de d
E per el benefzi

De

qui)

l'ofizi,

sant indulgenz ch'el

p quistass
bocca andand a spass;
Che l' mej che struziass

Insci col stecch in

dragona, studia, perzepit

Per vegn

in culi a tucc,

come

ch'el fa.

304

29.

SONETTIN COL COVON

*)

MENEGHIN CLASSEGH.
(1817).

Mi romantegh? soo ben ch'el me


Mi sont classegh fin dent el moli di

cojonna!
oss;

Mangi, bevi, foo el porch in Eliconna,


E ai romantegh ghe guardi nanch adoss.
Mi, quand canti i mee vers, Apoll el sonna:
Mus, se i ciammi, pienten l '^7) tusscoss.
Se vuj on temporal, Giove el me tronna;
Se vuj fa el ciall. Amor me le fa in scoss.
I

Vener e

Che

Grazi, quatter sgarzorin,

hin bej de tutt

E me

stan

part,

per mi

serven de tavola e molin.

Minerva in di tra va] la me consoUa;


Morfee el me ninna e poeu el me fa dorm;
Bach el me scolda el eoo, e el me d la tolla;

Ghoo Pann

'08) ch'el

Quij quatter pegor che m'han faa

De damm

Romma
Ghoo

quand m'han

me

pascoUa

el favor

faa pastor '09);

Flora, che la corr

cattamm rceus, vioeur, gili, s'cioppon "0),


Per tutt i sort de' loffi e paragon.

Su
*)

Il

Poeta per dimostrare

tucc quij possession

ai suoi avversari,

classici,

che

egli rifugge dai

luoghi comuni della mitologia, allora in voga, non per ignoranza della
sima,

ma

per convinzione che

spirito pratico

anche
diti

le pi

moderno,

il

classicismo

non risponde

in questo sonetto passa

alle

mede-

esigenze dello

in rassegna le divinit pagane,

dimenticate, ricordandone con molto umorismo

poteri, sognati dai poeti dell'antichit pagana.

loro pi recon-

305

a' ficc del Tass invera Gerusalemm


Vertun, Cerer, Pornona, Tritolemm ^^^)
Ghe stronzonen "2) insemm;

Gh'hoo

sta de mi, d'on me comandament,


L'avegh quand vuj, o acqua, o succ, o vent.
Che ghoo ami 8 on spavent

La

De Ninf
De fa on

pissonn, capazz, se la ven fada,

deluvi cont ona pissada;

Eoi, re de cert vent razza de can

Che

boffen

come el prs "3) di (ranzescan.


Se mai quai tolipan

El me secca la bzzera
Ven vohra Momo "4),
Fina

camerada

sont tutt

scalza,

s'el

in

e el
ch'el

fond de

mord, e

s'el

me
me

le

la

peccenna "5)

s'cenna,

repetta,

s'el

Ciammi Nemesia '6) e foo


Se me noeus

sgenna,

la

mia vendetta.

la

bolletta,

Plulo pietos, el r di Tesoree,


El dessotterra on olla de dance

Sconduda

e plaff

pliff,

Che

le

me

je sgandolla

ona maraviglia de

Se

temp indree,
l

stord.

vuj intener

El coeur de tigher d*ona quaj valdrappa "7),


fa

sta a

post quaj vergine cillappa,

De
Ghoo

E me

el

dio

quij

che iiuiga e s'cappa,

Netun che me

lassa toe

sii

sbaratta el

quell che

me

Perla bej, gross e

mar

par,
rar,

Coraj stupendi, de fa moeuv perfn


1 balzann impiombaa di sottannin

Di

damm

del bescottin ").


Se me ciappa la
Ghoo Esculappi,

E
Ghoo

fin

Cont' al

fevera,

dolor,

Chiron; ghoo Igea che cor '^9),


s'hin minga assee lor,

per on amis on Dio monell '20)


fina aj

fina al capell.

strivaj,

Se mai
I

306

vuj porta ai

steli

prodezz sanguanent d'on qua] soldaa,


Dio, rabbios, desfogonaa,

Can de

Ghoo

li

bujent, prontaa,

Arrost, caldi, sott'a la pattona '21)

Pallad, Mart, Briaree

Con
Di

corona

la

soe berlicch, berlocch. Megera, Alett,


Tesifon '23)/ e Atropp di forbesett '24),

E
E

Ercol, Bellona,

'22),

tutta

De

Vulcan del

bofett '25),

Ziclopp '26) regolzaa cont adree on mucc


spad, de lanz, de frecc, de picch, de gucc,
per ultem de tucc

La Majstaa sova del gran re Platon


Col ghicc sii un cffen de decorazion.
Se mai ven l'occasion
Che

stanta partur quaj comarina,

Ghe mandi

Egeria '27)

A
E

col so ajutt, in

La

fa

on

beli

O
Che

De

la

commaa Luzina

dagh una manina,

manch che

Adon, on
on

olter

noi se dis,

beli

Narzis '29)

magnaris,

col passa de vuna in l'oltra man


Canina, de Edusa e de Statan '30),

El p

fass

sii

on magnan

Capazz, chi sa? col temp, de devent


On fior de ciolla de strappa la c.
Se vun la stanta a fa,

'28)


Ghe

foo fa on vt a Cloazzina '3'), e tracch

Besugna

recorr subet al tabacch;

Ghoo

De

307

per chi fuss stracch

Bn,

tegni indree quai fiaa che sforza

El Dio Crepcl 132) coni

E
Quand che
Ghoo Com
la

la

a vohra el bon el beli;

tira

se infesci el buell

Dea Corna

Ch'anch che

pett in castell l^^),

de

cWe\

E
Ghoo

port,

guaj a fagh intortl

se tratta
'34)

passaport,

el

ona zerusegona,

^^^),

serva per Santa

No

la

fa

Se me tocca a la vita on
D'on creditor, che no me

Voo

Corona

'3^),

cojona.

la

indiscreti
lassa quiett,

gi a cava al fium Leti '^7)

Dell'acqua che fa el gioeuch de incojon;


E se noi voeur bev l la bevi mi,

E
Se
Col

vuj viv a la
fa in

tiri

inanz insci.

moda, e

commedia de

damm

del spacc

paricc mostacc,

Ghoo Gian de

quatter face,

Ghoo Proteo al me comand, e ghoo Diana


Ch'el ne fa giusta selt la settimana '3).
Se me

La
La

batt la mattana,

patturgna '39), la mttria '40)^ la scighcra '^l).


corr Lubenzia della bella cera ^^^)

mettem

in spaller,

Gratis-amore-Dei, tanti pias.


Doma occasion de scernigh foeura el me.

Se no poss and a

O
Ne

p,

per reson di pee, o del calzolai,

and

in tirosa

come

Ghoo

tane somar,

con

larg


El Pegas

143)

308

me

che

porta a sgoratton

In terra, in ciel, senza slis

colzon,

gh' anca quest de bon

el

Ch'el scolda minga i ciapp al cavalier,


Ch'el gha on trott comod, comod e leger
Se vegni del parer

'44)_

D'and

in barchett, magara a d, a Cassan,


dininguarda anca pussee lontan,

Ghoo

De

subet

ona

man

Drad, de Amadrad, de Tr itoti '45)


ai cord, alla para '46)^ adree al forcon,
E ghoo fin col sponton

Adree

Polluz e Castor su

Se

La me

'47)

pariss orj cert socch in su l'oss '49),

prest o tard

Ghoo
Per

per

tutt

ghoo Cacch

donzellett '51), per

sartinn.

'53)

scuffierinn '52)

che

la

pensa lee

gi di banch e dal pajee,

E
fior

ghoo Minoss,

ballarinn,

serv,

La Dea Voluppia
tiraj

150),

giusten lor tusscoss.

cantarinri,
I

Su

Lanzana

Gambarana '48),
giustizia umana

la

Che

la straa

cascia inanz la casa

de

a portaj sui duu pee

soffaron, tutt a

recamm.

In pari al venter e al bauli '54) di


Infin,

damm;

per no struzziamm

nominann a vun a vun di fass


(Che no l' cossa classega el struziass)
El preghi a ingenoeuggiass,

dobbi ben la s'cenna e sbassa el eoo


Per l'ultema che adess nominaroo;
Questa, per quell che soo.

L'

la

309

gran proteltrlz di sacerdott,

Di damm,

di cavalieri,

di divott.

Di comich, di

cercott,

Di macster normal, di sonador,


Di scolar, di lettor, di confessor,
Di serv, di scrvitor,
Di impiegaa
Di ciarlatan,

regg, di ricch, di postion,


di

musech, di castron,

mamma, Tamisonna

La

morosa,

De

tutta quella

la

bonna

razza bella e

Che

viv in Eliconna,

nomm

che ghan certe

Come

senza eccezion

l'

tucc in

hattisla,

sarav a d mitologista,
Classicista, elenista;

L' lee che manten tutta sta brigada


furia de piatton de pappa faaa
E de robba passada '^5)^

L' lee quella che spianna, e slarga e netta

La

strada del Parnass ai soeu poelta,

E
Al tempi de

la

Dove, quand

ghin,

Gloria

Infin

Per digh chi

La

l',

porta in spalletta

je

sta

l'

gran metrss de

come

scior

se freghen tant tra lor;

la
la

Dea d'amor

Dea Marcia,

ossia

poltronaria.

Cli'el varda

mo,

usciuria,

Se me p convegni de renunzi

tante

comod, per and a cerca


Sta rogna de 'gratta

Ch'el varda li se occor ris'ciagh la


Lassa i bej vialon per di stradell.

Suda come on

peli,

porscell

310

Per vess

De

sicur,

quand

sont rivaa a bottega '^6)^

trovagh nane on asen che

N,

me

no vuj

n,

prega;
sta

bega:

Classegh sont e vuj stagh; saront fors anch


On cojon, ma on cojon classegh almanch.

30.

UN AMANTE TRADITO DALLA SUA BELLA.


(-1806).

T'hoo visi, no me sconfond, adess n'ho assee;


Soo per quant te poss spend, soo i to prodezz:
Per mi te pienti subet su i duu pee

rinonzii a chi voauj

to bellezz.

Speccia, cojonna, che te corra adree


corteggiati anm; s, speccia on pezz,

E che creda a qui] smorfi che te fee.


Ch'in luce simonn, trapolarii, doppiezz.
Quist hin donca i protest che te m'ee faa?
mi, baccol '57)^ credend ai to bambann.
S'era coti e stracott, s'era brusaa!

Va, che le see la mader de l'ingann;


Va, che te see la slessa infedellaa;
Va, birba sbozzarada, al to malann.

No
Tend

soo pU cossa fann.

pur, bagascia, tend pur ai fall loeu;

Tacchel

pur, traditora, a chi te voeu.

Che mi comenzi

scassai dal

L'ava

tuli

me

incoeu

coeur, quell coeur

foeugh e

tutt

amor per

l.

che on d

311

31.
(-1606)

Sura Peppina, n'hoo pien i cojon


sentimm tult'el d a roseg,
la m'ha sauasi rott la divozion

De

Con

quel maadettissim borbotta.

Per mi ghe parli ciar, senza (nzion,


sta manera no poss seguita.
E vuj minga giontagh la complession
Per fa rida i cojon e poeu crepp.

Finalment gi nun duu no semm sposaa,


El divorzi pomm fall senza avvocatt,
Che i division tra nun hin subet faa:

Lee che

E
E

me

la

trasmetta el

me

ritratt,

mi anca mi; e quell ch' faa faa


da stoo d sien rott tutt i nost patt.
32.

A DON LISSANDER GARION. POETTA MENEGHIN


TRADUTTOR DE LA "BATRACOMIOMACHIA* D'OMER
(-1808).

Varron '59)^ Magg, Balestree, Tanz e Parin,


Cinqu omenoni proppi de spaller '^),
Gloria del lenguagg noster meneghin,
Jesus! hin mort e insci noi fudess vera.

Ma

s'hin

mort

sti

torcionn de tant stoppin,

Nane per quest se p di ch' fornii Brera '^')*


Che gh'hemm pizz ancam on bon lanternin
Coi riverber e

Gh'hemm on
Viv

Garion domenican
ne l'ha daa apposta
gloria de Milan.

vivent, ch'el Signor

Per conserva
Insci

primm

la

sto brav omm


maravej tucc in c nosta;

nun meneghilt, con

Gh'hemm
I

veder de minora ^^^);


fraa

sett

cinq, quest ch' ses,

e sett el

Domm.

158).

312

33.
(-1815).

EI mangia e bev in santa libertaa


mezz ai galantommen, ai amis,
In temp d'inverna al cold, al frecc d'estaa,
Diga chi voeur, Ve on gust cont i barbis '6^);
In

Ma

se poeu se ghe gionta el vess trattaa


macca, come incceu dal nost Luvis ^^^),
Et quldem con quell coeur larg insci faa,
Cossa serva! l' on gust de paradis.

E el gh' pceu anch quest de bon, che


Sto so beli paradis, el ne le d
Senza fann romp in prima i ci-o-c;
Che, a

Tordor,

no ghe voeur macerazion,

quistall,

per godell dadrizz basta

Mortificass on

el

poo

doma

in la colazion.

34.
(Aprile 1814).

Paracar che scappee de Lombardia,

Se ve dan quai moment de vard

Dee
Se

indree.

on'oggiada e fee a ment con che legria

festeggia sto voster sant-michee.

s che tutt el mond sa che vee via


Per lassa el post a di olter forestee.
Che, per quant fussen pien de cortesia,
Voraran anca lor robba e danee;

Ma

n'havii fa

mo

tant,

violter baloss,

Col ladrann e coppann gent sora gent,


Col pelann, tribulann, cagann adoss.

Che

infn n'havii redutt al

De pod

nane vess

pont puttana

indifferent

Sulla scerna del boja che ne scanna.

313

35.
()

NOTIZIE AUTOBIOGRAFICHE.
(Frammenlo).

Sont nassuu

a sant Battoiamee

sott

In del mila settcent

settanta ses.

Al mezz-dl

del d qundes

Ch'cl so

riva a

e!

de quel mes

quell pont eh ci volta indrce '^5)^

Per auell che soo da Isepp el caioccce,


Ch'el cn'avat i 8 setlant'ann bon pcs,
Fina ci P del Messee '66) Je me Messce
L'va anch'l, come mi, bon milanes.
*)

36.
(1815)

167).

Cario Porta, poctta ambrosin,


vorrend vess creduu per on baloss.
Prima perch a sto mond el g'ha quajcoss,
poeu perch ci g'ha minga el eoo balzan,

No

El protesta e

Che

re,

No

el

Milan,

dicciara a tutt

tucc quij vers che gira e ghe d addoss

governa, prenzep e pss gross.

hin farina fada col so gran.

per el prega quij cagazibett '^)


ogni bott el battezzen per autor,
vess on freguin '6^) pussee discrett.

Che

Giacch de scriv st bozzer de cavali


l' n on vis-de-cazz, sul gust de lor,
el g'ha come i lumagh la c sui spali.

No
N
*)

II

GroM non trova che

le

due quartine

sonetti dell'Autore nell'appendice *

Rime

di

questo sonetto. Vedi

per la Societ del Giardino

*.

altri

314

37.
(1816).

Gh'oo miee, g'hoo fioeu, sont impiegaa,


Et qudem anch'a caregh del sovran;
G'hoo al so qua] crost '0), g'hoo el pader pensonaa,
^

Hoo

gi saraa l'anta '71) e sont malsan;

E me

voeuren

De pettamm de

cred tant desperaa,


coss sul fabrlan '73)

sti

Per and a toeulla contra soa Majstaa,


Padron de la mia vita e del me pan?

Che fan on bell'onor a sto me ingegn,


Col supponel capazz de la virt
De vess baron fottuu fina a sto segn.

se

mai g'hoo daa gust

in quaj

manera,

me compens no me specciava p
Che me credessen degn de and in galera.
Per

NOTE.
Giuseppe Bossi (1777 f 1815) pittore e letterato insigne, specialmente
la sua opera critica sul Cenacolo di Leonardo da Vinci e per la
copia del capolavoro leonardesco eseguita per incarico del Vice Re Eugenio
1)

celebre per

Beauharnais.

2) buratta: abburattare, cernere


3) Leila:

il

la farina dalla crusca.

dentista Bonella allora in voga.

4) sciocch: ceppo, radice di albero.


5) restellera:

rastrelliera,

cio la dentatura.

6) porca de tarocch: porcacchione.


7) Sfogo contro
e 31).

francesi

che parlan male di Milano

8) ingossa: schifo.
9) pianten....

verz: metton..

10) stobbia: stoppie.


1

1) zaffa:

toccare.

12) scalzad: calci.


13) grobbia: greppia.

piede {oerz: cavoli).

(v.

anche Sonetti

315

14) Allusione alle leve militari indette per

mi Ka piantalo

5) El te m'ha daa, ecc

6) maccaron

piagnucolone.

7) magonent

accorati.

le
in

MpolaoaklM.

guerre

MO.

16) caiciaM: corucciani.


19) tpart: fare in parti, cio dividere (sottinteso) l'eredit patema.

20) Al Porta

argomento per questa invettiva contro gli ebrei, quanto


anche di Dio, ancorch avesse
sovvenuto al loro sostentamento, mandando nugoli di quaglie e la manna, che
durante i quarant'anni di vita nomade nel deserto, non cess di piovere dal
cielo per nutrirli: cibo che al dire del sacro scrittore era 'un pane bell'e
offre

di loro leggesi nella Bibbia che lamentaronsi

(atto....

21)

contenente in s ogni delizia ed ogni soave sapore*. {Sap.,


figatej:

22) puj:

XVI,

20).

fegatelli.

polli.

23) sacc:

satolli,

sazi.

24) quaj: quaglie. Per

la

storica osserveremo che, nella narrazione

veritii

biblica le quaglie precedettero

della

pioggia

la

manna. {E$oJo, cap. XVI).

25) gingin: vagheggino.


26)

civettone.

cisquitt:

27) summ: spasima.


26) Ciocchin

nome

di

persona, che sulla fine del sec.

XVllI tn

incari-

cata di sotterrare le carogne degli animali morti in Milano.

29)

ball, ecc.

le

fanfaluche che

ci

racconta.

30) gratta: qui e nel verso seguente giuoca sul doppio senso del verbo
grattare, che in milanese vuol dire rubare.
gratt

31) Questo sonetto


festa data

la

eco dei grandi commenti

stipendio) festa del costo di circa L.

superiore del Casiraghi, vedi


braio

il

L'iscrizione

il

dislivello

si

legge tuttora sotto

che inarcava

volt, ecc.:

di

questo

37)

la

762- 7 gennaio 1815).


1

portici del nostro Ospitale

schiena (firon) per

notevole che allora esisteva fra

sass: scolpito

scior:

nel

la

strada e

il

sasso.

seccatori.

39) d'un

ecc.: della Francia (gali), dell'Austria (aquila).

el

qjoniam:

lo gnorri.

41) posta: appoggiare.

superare

cortile dell'ospedale.

38) seccaball:

40)

Maggiore.

la fatica nel

ricchi.

gali,

di

sonetto.
1

35) rampi: portare arrampicando.


36) de

3U00

{L'Italia, ecc.) sotto la data 15 feb-

fac-simile

32) Monteggia G. B. medico chirurgo (8 agosto

34) fava on

Milano per una

2000. con intervento del Ministro Prina.

COMANDNI

1612, ove i pubblicato

33)

in

fatti

propria dal tesoriere Casiraghi (non avente che L.

in casa

42) menna....
43) sonaj:

el

44) quamquam
all'"

fetton: faticare.

sciocchi.
:

Qui il Poeta allude alle critiche che si facevano


Sempione, progettata da Napoleone I, che metteva

retrogradi.

alla grandiosa strada del

capo

316

Arco

della

45) magatton:

Pace

",

bigotti.

46) slomegh desquattaa: scollature

dell'abito muliebre.

47) pessee: pescivendoli.


48)

vegill:

magro e

giorni di

di digiuno.

49) Satira contro il bergamasco Conte Bartolomeo Secco -Suardi, per verit
non piccino ma di forme colossali, che in una sua poesia deplor il clima
umido di Milano.
50) Puresin col
toss "

tutte le pulci

hanno

tossin

allude al detto proverbiale

hanno

la

velleit di interloquire

5 1 ) bortolin

tosse,

col quale

" tutti

mettono

in

puress gh'an la
ridicolo

quanti

senza competenza; qui, particolarmente, di poetare.

diminutivo di Bortolo,

si

nome

fra

pi comuni nel contado di

Bergamo.
52) mostaccini piccola faccia (mostacc),
53) Dorindin: Dride; personificazione mitologica,

figlia

dell'Oceano; una

delle figure abusate nella poesia classica.

54)

te fee settina:

55) fa

siedi.

ti

ecc.: scherza

versin,

sul

doppio senso della parola versi; piccoli

versi poetici e piccoli rumori.

56) Scimes:

cimici.

57) bordocch: scarafaggi.

58) camol: tarme.


59) scigad:

cicale.

60) badan:

innocenti.

61) Mordinn:

morsicateci.

62) sciscenn:

succhiateci.

63) secchenn:

seccateci.

64) Cribbienn:
65) pagn:

gli

66) vegniss a
67)

"

crivellateci,

abiti.
taj:

capitasse l'occasione propizia.

Questo sonetto

si

legge stampato nella prefazione al

X tomo del teatro

italiano antico, edito dalla societ nostra de' classici nell'anno

1812. Tuttoch

quei signori abbiano creduto di protestare che questo sonetto non si riferiva
ad alcuno ed abbiano cangiato il nome di Gorelli in quel di Manelli, sappia
che io lo feci appositarmnte per rintuzzare la baldanza di questo nominato
Qorelli sienese, altre volte cameriere dell'ex Senatore Spannocchi ed ora Cancelliere del

Tribunale nostro d'appello

il

quale in occasione che da un eroe-

317

chio d'amici leggevansi alcuni miei loneui, ebbe a prorompere in i*


contro il vernacolo noctro e contro chi ti dilettava di UMme lenY fndoM*.

(Nola del Porla).


68)

Antimo

Ronchetti, cal/olaib di grande rinomanza in Milano non aolo

ma anche per la tua intelligenza, che lo


rendeva gradito anche a persone di alta levatura che frequentavano la tua
per

la

casa e

69)

tua grande aLilili e onettik,

si

compiacevano della sua conversazione.

lavorero In

ven

bisticcio

suono

sul

' in

ver* '

che

significa

in

veni

poetici e al rovescio (Invers).

70) tS: curiosoni.


71) Dal 19 ottobre 1610

sotto

primo regno

il

d'Italia,

erano periodici

fal per la distruzione delle merci inglesi

72) Vedi anche


73)

Il

74) tgiandos:
75)

in

Sonetti

4 e 32.

matrimonio della nipote del Poeta ebbe luogo

il

3 ottobre 1814.

fragili.

ciapp: in cocci.

76) Questo sonetto fu diretto al celebre cav. e poeta Vincenzo Monti,


per commissione del sig. Carlo Casiraghi, che invitavalo ad intervenire ad uno
dei suoi brillantisiimi festini

{Nola del Porla).

'.

77) Allude all'uso orientale, per cui il Signore dell'l-larem gettando


zoletto accennava alla prescelta fra le odalische.

faz-

logorato per lungo uso.

78)

slisaa:

79)

iirisell:

gergo, per vino chiaretto.

80)

falzett:

cintura dei calzoni.

81)

tolla

del faccion: audacia di presentarsi.

82) Allusione al prezzo esorbitante degli


che in Lombardia cess definitivamente

abili, effetto

nel

nico,

83)

il

del blocco napoleo-

1814.

vess in legn: essere smagrito.

84) schisciamicchin

gran mangiatore di michette,

titolo

che

si

dava per

di-

leggio ai seminaristi.

83) Teatrn

cos detto

il

minore dei due

teatri

regi,

la

Canobbiana. ora

teatro Lirico.

86) o pelaa:

la

chierica.

87) vivee: seminario.


88) de
89)

quij,

ecc.: poliziotti.

nlchil Iramil: formola curialesca indicante impedimenti a promozione.

90) Nelle prime

edizioni veniva indicato

giornalisla invece del Giordani e ci


austriaca.

91) fabbregh:

case, palazzi.

92) somm: scemo.

si

come aha

giavot

un anorimo

crede per l'oppoaizione della Censura


93)

318

pessee: pescivendoli: intendi che le carte dei poeti dialettali

correnza a quelle infinitamente pi numerose dei saccenti, destinate

non fanno conai

pescivendoli.

Giordani sosteneva che il dialetto


serve solo a esprimere idee rozze, basse, volgari, idiote: e che le idee alte
solo si possono esprimere col parlare italiano.

94) sbottasciaa: linguaggio

95)
96)

11

piatta: saccenteria.

col vorr sta su, ecc.: fare

97) Allude

il

superuomo,

il

cacasenno.

Davide con Betsabea moglie


Re, cap. XI-XII.

di Uria, narrato

all'adulterio di

nella Bibbia (lib.

triviale.

dei

II

un

ecc.: dare

98)

traa,

99)

fass foeura,

00) fregaoeucc

tracollo;

{sellon

mezzo

sul Ietto).

ritto

ecc.: cavarsela onoratamente.


dito indice col quale

bambini, appena

svegliati, si stro-

piccisuio gli occhi.

101) compina: compita.


102) mennab: guida, repertorio.

103) Per

dati biografici di questi e di altri celebri milanesi

CAMPAGNANI POLICARPO

consultare le note di

Porta, (ediz.

Milano, Bobecchi, 1887, ediz.

I,

II,

alle

potranno

si

Poesie milanesi del

Milano, Capriolo e Massi-

mino, 1918) dove per manca qualche nome.


1

04)

in

Domm,

ecc.

Duomo

cio, in

un paio di

teologi, ogni

anno, nei

confessionali dei penitenzieri allineati nel retro coro.


1

05) Qui sono

citati

quattro autori, che danno notizie biografiche di scrit-

e scienziati milanesi.

tori
1

06)

breviari

sommario

delle indulgenze concesse

da Papi milanesi cavate

dalla raccolta delle bolle pontificie {Bollari').

107) pienten

ecc.: cessano ogni cosa.

l,

108) Pann: Pane,


109) Allude
1

divinit delle

alla sua

0) s'cioppon

campagne e

dei pastori.

nomina nell'Accademia dell'Arcadia.

garofani.

Ili) Vertunno, dio dei giardini ; Cerere, dea delle biade Pomona, divinit
dei frutti; Tritolemo, al quale Cerere insegn l'arte di coltivare la terra.
;

2) stronzonen

sinonimo di struggion, struggersi nelle fatiche.

3) prs =: podice.
1
4) Momo, censore delle azioni degli dei e degli uomini.
1

1 1

5) peccenna

1 1

6) Nemesia dea della vendetta.

7) valdrappa

1 1

8)

damm

pettina a dovere

gualdrappa, e in senso traslato donna ad arte recalcitrante.

del bescottin : consorzio di pie Signore dedite alle opere di piet

e beneficenza, fondato presso la chiesa parrocchiale di S. Alessandro in Milano,


dette cos, dai biscottini che distribuivano nelle visite agli ospedali.
1

9) Chirone, gran medico ; Igea (Minerva) che presiedeva

all'arte di guarire.

319

120) Dio mondi: Mercurio.


121)
lotto

il

lott'a

122) Briareo,

dea

allude all'uso milanne di manteoere pronti e cakJe

pattoiui:

la

toppone (fiallona)

le

cattagnc arrottite.

gigante dalle cento braccia e cinquanta tette; Bellona, la

il

della guerra.
tre furie

diviniti infernali.

Parca incaricata di recidere

il

filo

123) Megera, Aletto e


124) Atropo,

la

litifone,

le

della vita.

123) boftt: mantice.

126) Ciclopi,

fabbri di Vulcano.

127) Egeria,

la

ninfa invocata dalle

126) Lucina

la

divinit dei parti.

129) Adone e Narciso

donne pagane per

parti

felici.

due giovani di insuperata bellezza.

30) Cunina presiedeva alle culle de' bambini Edusa al primo loro nutrimento
tosto che lasciavano le poppe; Statano aveva cura dell'educazione de' ragazzi.
1

131) Cloacina,

132)

dea delle fogne.

la

'pagani nelle loro abenazioni avevano fatto una diviniti anche del

crepUus ventrh.

133) petti

mangiare, banchettare.

in castell:

134) Como, diviniti che presiedeva


133) Cama avea cura
tempio sul monte Celio.
1

36) Santa Corona

il

feste

ed

alle

Romani

lotletla.
le

le

138) Ch'el ne

fa,

139) patturgna:

avevano eretto un

l'opera Pia milanese per l'assistenza gratuita dei poveri.

acque di questo fiume d'inverno, avevano


passato a quanti ne bevevano.

137) Lete:
menticare

alle

umane.

dell'interiora

ecc.:

Diana

la virt di far di-

(cio la luna) che ogni giorno cambia faccia.

tristezza.

140) mottria: broncio, malumore.


141) tcighera

propriamente nebbia

qui per nebbia dell'anima

tristezza

indefinbile.

142) Lubezia,

143) Pegaso:
1

la
il

diviniti

che presiede

44) Ch'el gha, ecc.

piaceri.

verso sostituito nelle edizioni fatte durante la domina-

zione austriaca; l'originale dice:

143) Le prime

ai

cavallo alato.

erano

le

'Come

quij

che

todKh dan

in

quarter

'.

ninfe dei boschi; Tritone la diviniti del mare.

146) para: timone.


1

rano
1

47)
le

straa

Lanzana

la

piccola strada Alzoja, percorsa dai cavalli che

barche quando devono

46) casa Cambarana

risalire

la

ti-

corrente.

termine volgare per indicare la nave di tra^x>rto dei

passeggeri sul naviglio pavese e della Martesana.

149) secche, ecc.: un certo non so che caduto

sull'otto del collo.

50) Caco, divinit data

151) donzelltt

320

a Minosse per giudicare

in aiuto

che

moda anche

52)

53) Voluppia, divinit infame delle dissolutezze.

scuffierinn

mortali nell'Averno.

diminutivo di donzelle, cameriere.

fa le cuffie, allora di

54) bauli

55) roba passada

56) rivaa a bottega

per le signore giovani.

podice.

roba passata allo staccio.

arrivato alla mta.

157) baccol: minchione.


1

nel

58) Vedi anche il Madrigale


1808 anche la versione milanese

"

Al Pader Garion

essendo qui ricordata nella dedica dimostra che


1

il

59) Varron non l'eruditissimo e fecondo


:

le

(1" ediz.

il

non

sonetto sia di data anteriore.

scrittore latino,

XVI)

nostro scrittore dialettale pi antico (sec.

milanes de la lengua de Milan

pubblicava

questi

",

del racconto biblico di Tobia; che

il

ma

Giovanni Capis,
il
Varron

quale compose

606) per dimostrare

in gran parte

voci del nostro dialetto derivano dal greco e dal latino.

60) omenoni, ecc. paragone


gono a spalliera contro i muri.
1

161)

fornii Brera:

finite

le celebri

162) veder de miner: cio


163) gust cont

tolto dagli alberi fruttiferi scelti

la

che

si

pon-

scuole di Brera.

mica o

vetri di

Moscovia,

barbis: gusto compito, coi baffi {haihis).

164) Luvis: cio Luigi Tordor allora Consigliere di governo.


165)

Il

mese d'agosto.

166) Messee: Nonno, avolo.


167) "Sonetto scritto nel giugno del 1815, per disinganno di coloro che mi
credevano autore di sonetti in vernacolo nostro, scritti in offesa di nobili e di
altre persone ragguardevoli ". (Nota del Porta).

168) cagazibett:
1

69) fregun

70) g'hoo

pettegoli.

diminutivo di freguj, briciolo.

al so, ecc.

ho beni immobili.
quaranta (anni).

171) saraa

l'anta:

compiti

Ho

scritto

questo sonetto per difendermi dall'accusa che mi veniva

72)

"

generalmente fatta d'essere io autore di una celebre poesia di anonimo in odio


del Governo, e per togliermi alle inevitabili conseguenze di questa fatale insinuazione. Pure ebbi lo sconforto di suscitarmi contro un malevolo, che di
mano in mano che io tentava di emergere dal naufragio, egli invece mi som-

mergeva

di nuovo....

bero fortunatamente

tre

(sonetti)

che furono

assai spaccio.... "

scritti

contro di

{Nota del Porta).

me non

eb-

DITIRAMBI.

BRINDES DE MENEGHIN ALL'OSTARIA


PER EL SPOSALIZI DE

S.

M.

L'IMPERATOR

NAPOLEON
CON

MARIA LUISA
ARZIDUCHESSA D'AUSTRIA
(Aprile

i)

1610)

Cattaloeural 2) 1 nost
El nost p, rimperator,
El se sposa! Sci del

Sci del vin


per Meneghin
Che'l moment
de fass onor
Finalment
l' soltaa foeura

Che

l'

temp de

resgi '),

vin,

glo glo.

fa

Vuj trincamen on sidell 4)


Del p bon che ch'ha el Perell
Vuj che i rimm del me cervell
Sbilzen foeura ^)
Dalla spinna

D'ona

come

el

most

tinna.

Ch'el se beva el Pegasee


Tutta l'acqua d'Eliconna:
Sto miracol di so pee 7),

Che

goden rann e

sei

Per mi

acqua, se
L' doma per lava
1

sciati

l'
i

bonna,

piatt.

5):

324

De
Doma

sto

liqued

on

gott ch'en

e ciall

fatt

beva

^),

in fall,

Me va el floss 9)
Finna in di oss,
Me va a stnder el eoo '0), me donda i brasc,
Ruzzi adree ") i ganib, che pari on omm de strasc.
Quand m inscambi ona caraffa
Poss boffann de la ciayetta ^^),

del scabbi della sta^a '^),


Passi subet la stacchetta ^^),

E me sent anch mi
E voo via, via, via
Col

cervell,

poetta,

lontan di mia.

Alto donca, portee chi


Del bon vin
per Meneghin:
Vojeen subet ona tazza:
Glo glo glo glo gl, evvivazza!

L'hoo trincada. Ah che guston


el gran Napoleon,

Viva

Noster p, resgi, patron,


Cceur e amor di busecconi

Viva semper

la

gran

Tosa

Ch'el se sposa!

Che

la possa,

come

vid,

Attaccass a l polid.
De fagh presi on beli basgioeu

De

foeu

tucc pari soeu.

Gi, gi allegher
Del vin negher:

Sbegascemm ^^),
Che poeu dopo parlaremm.

Che

granada! varda, varda!


Sent che odor!

Che

beli color!

Viva Bu8t

16)

8 vidor!

Quest chi

Che

el

l'

bombas

'7)

oeucc, al nas;

ai

pas! la boccalina

Cont

el

Glo,

glo,

cuu

la

Viva, viva

el
la

li

varda

el

so:

glo.

Che mennava
Per

ver

consola, che d gust,

Alla bocca,

Che

325

gh'emm

Patriarca,

gran barca:
tirn

e vassij,

sul gust dell'arca,


Ch'in faa anch quij
Grazie, grazie, o gran No,
Pel piasc
Te n'ee daa de god el sugh
Che se spremm foeura di ugh:
Grazie, grazie, o gran No.

gran vini ciuanci miracol


spantghet '^j sulla terra:
Ti te dee la lengua ai bacol '^),
Ai soldaa la forza in guerra.
L' per ti, cara vinaja,
Ch'el soldaa in d'ona battaja,

Te

El se scolda, el se fa fort,
El se impippa de la mort.
L' per ti, per la toa tetta,
Che anca mi foo de poclta.
Per ti infn fastidi e cruzzi
No deventen che minuzzi;

Se pasenten

se indormenten
Finna quij senza pescuzzi.
20)

Quanti prenzep e monarca

Al me

santo Patriarca

Dovaraan fors'i sostegn


Del so imperi e del so regn?


Che on

326

biccer del so liquor,

S'el soppiss

penser

seri,

De

tra

temp airamor
insemma i suzzessor

Per

el

regn e per l'imperi.

1 d

Me
Che

De

intani

despias per, o No,

te resta in st'occasion

proppi pocch de che:


gioven el patron,
E la menna adree con lee
Tanti grazzi la miee,
fa

Che

l'

Che

tutt

quell che te

Col t balsem
El sar
de

De

giusta

fa

caloros,

conforta.
el

stomegh di spos.

Presto, ovej 21), della cantinna!

Portenn sci ona caraffinna

De

de Gattinara,
de Novara.
Quest l' on vin; l' on vin de
Ch'el p vcss bevuu magara
quell

Vera

Anch

fin

gloria

primm Imperator.

dal

Varda

chi,

varda

Sanguanonl come

La

scior

la

scumma,
sfumma;

sta

corr via dal biccer

come van via


Dal palpee brusaa i lughr 22).
Quest l' on vin, che mett legria:
L' on poo gross, ma fa nagott,
saltand,

L'

olter tant

pussee gustos,

mostos, p sostanzio;

L' on bon pader de mas'ciott:

Se

De

volzass 23), Sacra Majstaa,

sto vin miracolos

Presentaghen doma on fiaa 24),


Sarv franch che cont on ts 25),

327

Cont on beli Napolconn,


Vegnaraven alla primma
Gjmpii i vot de Meneghin.
Ccrt pinciorla 26), cert pacciugh 27)

Senza corp, senza

color,

Hln vergogna, hin disonor


Di vidor,
di vid, di ugh.

St ciorlinn 28)

Guasta-tinn

guasta-vassij.

sii

impiastra-stomegh,

Doma on d c^ie comandass


Corponon! vorv bandi),
Podarv allora dass
Che quij birbi de brugnon 29).
No vendessen mai pi al taj ^0)
El 8 vin come i limon.
Che

mes'ciozz a Meneghin

Fan

fastidi,

Mi,

puttost

fan ingossa 31);

che on vin de vin,


Bevarv.... non so che cossa.

Ma
Cossa

Mi

pientatt?...

No

son minga
Car amor, ven

Oh
me
Che te
El

lampedin? 32)
Perche tontonnet?... 34)
35) mai p! mincionnett>

coss'eel car
voeut?... 33)

insci coco.
sci,

glo glo.

che balseml Adess m,


ben, che te see gi,
see attacch al

me

Fagh coragg, digh che

De

sii

tutt

coeur,

l'

vora

quell ch'el vceur

In onor della Resgiora.

L'

Ona

la

nostra patronscinna

bella todeschinna

In sul

primm

fior

delKetaa:

Viva, pronta, spiritosa,


Come on vin noeuv doma faa;

328

El cerin Ve on moscatell
Ch'el consola, ch'el rallegra;
Lusen i oeucc come d steli,
Negher pi de Tuga negra;

La
I

soa front Ve majestosa,

duu

L'

laver hin rubin.

on lacc e

la peli

vin:

Bell el coli, el stomegh beli,

Bei

Per

formila,

brasc, bella statura;

l' on modell
D'ona scoeura de pittura.

Quanto

De

poeu ai vertu

sia

bella Arziduchessa,

sta

Quand

s' ditt,

L'ha scernida

Napoleon

foeura l.

La

dev'ess la vert istessa;

No

se

p cerca de

Se ghe

Sarev squasi

Che

pi.

stass el paragon,
l

per d

quista opinion

la

Come on

ronch, che comprass mi.

Quest

franch,

Ghe

l'

che in d'on
bonn vid.

me

sarav di gran

Ma

come! on olter biccer?


mai sto beli penser?
Montarobbi! 36) Se badinna? 37)
Montarobbi! gh' chi p
Avegh coeur de ditt de n?...
Ah ven sci, cara zajninna 38),

De

chi eel

Ven tra brasc d'on t devoti:


Te vuj bev a gott per gott,
Te vuj god a onza a onza,
i

Savoritt

come

sorbiti,

Stagh adree
del temp assee
Come a beven ona bonza 39).

sid

329

L' peccaa che el Montarobbi


sia on mont largii milla mia,

Noi

Che

in

Che

sarav forsi c mia;

Ma

on mont

l'

Che

De

d'on quaj cantonscelHn


tant piscinin,

pocch pcnser
on biccer,

voeult quell

lant

scuffiachen

^)

Boeugna 4') proppi guarnall

via.

Ma che serva? la natura,


Per i C08S prezios e car
L'ha tegnuu curt ia mesura,
Giust per rendi pussee rar.
Hin i perla, hin i diamant
e hin olter tant

Piscinitt,

Cross

zucch;
i
gran Lissander Magn,
aa lant badalucch ^2)

anguri, gross

Anca el
Che l'ha

Col so eoo, coi so compagn.


L'va piccol, eppur Dari
L' andaa l coi pitt aliarla
E poe ai curt; Napoleon,
El p grand de tucc i grand,
No l' minga on candiron.
Catt incustra 43) all'Inghilterra,

Ai

so trappol, ai so intrighi

S'hin

dagn

della soa guerra

L'ess al bruso 44) di j spezzi.


n'importa proppi on figh,
Che per mi quist hin inczzii
Mi per mi, quand gh'ho del scabbi,

Me

Del bon pan, del bon


Sont allegher come on

No

gh'hoo rabbi

Stoo de Pappa
Mandi a fass 45)

Me

formaj,

matl.

no gh'hoo guaj;
- sto de R;

n'impippi del

1 cioccolati.
caff.

330

L'ann passaa, giust de sti d


regrd
che qui] milord

Me
Me

l'han missa in cinqu quattrin 46)^

Ch'han tentaa de casciann chi


Di bonn lamm per spong el vin

47).

El san ben Buragh, Tradaa,


Montaveggia, Oren, Magenta,
Canegraa, Busser, Masaa,
Pillastrell,
Siron, Groppell 48),
Quanci lacrem, qua ne sospir,
Quanci affann, quanci dolor

M'hin costaa

quij

so bei

Quij so toppi

50),

quij vidor.

Adess m

hin fornii

Fiadem, godem,

semm

fir

49)^

pagur;

sicur:

L'Inghilterra, per adess.

La p fa liga coi pess,


Che tra nun
gh* pi nessun
Che ghe loggia ai so bambann 51):

L'ha

Ma

beli pari lee a casciann,

denanz fanni

rizev,

doman de sira!
Per menn l'Europa a bev
S, coco,

Ghe

voeur olter che la bira.

Intrattant

Cont
Cont
I

vesin
amis, cont chi ne pias

de bev eternament

el

Ma

coeur viscor 53), in pas.

sto stt

chi l'

Alla

franch del dent 52)

emm

Cont

semm

nost vin

de

de pias,
dev chi gi

quiett,

ch'el se

in terra?

forza, al coragg, al sav

Dell'omm unegh

in pas

come

in guerra.

331

L'ann passaa, dalla brutta pagura


EI n'ha tolt coi sceu solet miracol;
Ma poeu adess ci ne franca e segura
Di bej sccol de pas senza racol.

Donch bevemm: e col fumm


Vaga in aria di evviva sciaios,

di vt

Per

la

Che

cald e sinzer

pi

di biccer

vita contenta di spot.

se

St vassij,

beva
sti

a ogni gott. che se canta:

e,

caraf!,

st

abbondanza

Hin ci frt della Liga p santa,


Di d c de Lorenna e de Pranza.
Sbagascemm, scudelemm 54), femm bandoria;
Che Ve qiiest el temp giust de scialalla,
E onoremm tucc agn la memoria
i

De

sto d,

col

glo glo, colla balla 55).

NOTE.
Questo ditirambo, che fu divulgato colle stampe di G. G. [)e Stenome d'A. nel 1810) e gratuitamente distribuito a chiunque mostr brama d'averlo, non stato da me composto per forza d'altrui comandi
o suggerimenti, ni per desiderio di lucro o smania di entrare fra il numero
immenso degli adulatori di Napoleone, ma per spontaneo tributo' di ammirazione dovuto in (juel momento al Grand'Uomo. Io cantai tanto pi volootieri le sue nozze in quanto che esse parevano destinate a consolidare sulU
terra quella pace che ciascuno implorava e che era in allora ancor dubbio se
fosse tolta ai mortali dalle mire ambiziose di Napoleone ovvero dalla intolleranza degli altri Principi. In oggi che egli stato balzato dal trono, il mio
ditirambo non ardirebbe ricomparire al pubblico per non rientrare fischiato:
ebbe per ai suoi tempi il favore di qualche non voig.tre applauso, come a
te (/a nota e scritta per il figlio del Poeta) lo diranno tuttora alcune lettere
di dotti uomini a me scrtte, le quali saran sempre dalla vanit mia con asni
cura serbale*. (Nola del Porta).
1)

fania (.<enza

2) cattaloeura: caspita.
3) resgi: reggitore, capo di caia.

4)

sidell:

secchio.

332

5) Perdi: rinomato vinajo.

6) sbilzen foeura: spiccino, zampillino.


7) Allude alla favola mitologica del cavallo alato, Pegaso, il quale in
Elicona, dato un calcio contro una rupe ne fece sgorgare il fonte Ippocrene.
e ciall: insipido e sciocco.

8)

fatt

9)

floss:

floscio.

10) va a stnder
1

ruzzi adree

eoo: tentenna

el

il

capo.

trascino.

1
2) Poss boffann, ecc.
{Je la ciavetta).

13) scabbi della

posso tracannare

(il

vino) custodito sotto chiave

vino dell'ultimo bicchiere (avanti la partenza).

staffa:

14) stacchetta: propriamente chiodo; qui

significa

la

misura,

il

limite

della discrezione.

15) sbegascemm: sbevazziamo.


1

6) Bust

Busto Garolfo, terra lombarda allora famosa per vigneti (yidor).

17) bombas: bambagia; in gergo, vino prelibato.


1

8) spantghet

19) bacol

20)

diffondi.

imbecilli.

se pasenten:

21) ovej: o

danno pace.

si

ehi (cenno di chiamata).

l;

22) dal palpee brusaa,


23) volzass:

24) doma on

tos: neonato.

26)

pinciorla: vinelli.

27) pacciugh: mal


ciorlinn:

29) brugnon

carbonizzata

le

faville (Jugher).

un sorso.

iaa: soltanto

25)

28)

ecc.: dalla carta

osassi.

riusciti;

(vini)

qui, vini scemi.

chiaretti.

cantiniere in senso spregiativo.

30) taj: allude alle miscele di due vini; questa operazione in dialetto si
denomina taj el vin; il poeta scherza sul doppio senso della voce laj che
significa

taglio.

31) ingossa: nausea.

32) lampedin: voce del gergo per

bicchiere.

33) voeut: vuoi.


34) tontonnet

35)

lasciarti.

pientatt:

brontoli.

36) Montarobbi: vino di Monterobbio, colle della Brianza


Rebbiate, celebre per eccellenti uve.
37)

se

badinna?:

si

scherza >

in

comune

di

333

38) ujainna: pccola zaina, a forma di boccale,

ma

di

niaorB capaciti.

39) bonza: botte di (orma aMai allungata.

40) KuffiagKen: berne.

41) boeugna: occorre, biaogna.

42) badalucch: chiauo.


43) Catt
44)

al

incuitra

43) a fau: a
46) me

accidenti.

cattafaacio.

mi hanno metto gran paura.

i'han, ecc.:

Ci ti riferisce ai tedeschi, che godono fra noi fama di buoni bee che nell'anno
809 minacciavano colle loro armi il regno d'Italia *.

47)
vitori

bruto: in carestia.

(Nola del Poeta).


48) Il Poeta enumera i vigneti allora pi rinomati dei pacai lombardi:
Burago, Tradate, Montevcchia, Oreno. Magenta, Caoegrate, Buttero, Matate,
Pilastrello Sirone,

49)

fir:

Groppello (pretto Cattano d'Adda).

filari.

50) toppi: pergole.


31) ghe

loggia, ecc.:

32) franch del dent:


53) vitcor:

dia ascolto alle tue frottole.


sicuri di

mangiare; cio

allegro.

54) tcudelemm

beviamo

55) balla: ubbriacatura.

nelle ciottole.

ci

tentiamo ben

laldi.

BRINDES DE MENEGHIN
PER L'ENTRATA

IN

L'OSTARIA

MILANO

DI

FRANCESCO
(31

MARIA LUISA*)

Di

Dicembre 1815)

Alto allon, trinche vain, trinche vain!


Portee sci mezz e zain ')
e peston
Trinche vain, trinche vain, prest, allon!

Mi
D'ogni

Mi

denanz de mia trippa voUer


sort de caraff, de biccier,

voller metter surba ^) in vassell,

vodara cantina a Perell! ^)

Ah

che bev!

Ah

che bev che vuj

Vuj sgonfamm,
Vuj negamm
vuj
Vuj scarpamm 5),
Sgarbellamm

^)

*) Sotto l'aUegora dei diversi


tirambo,

si

2),

adombravano

fa,

s'ciopp,

col canta,

quali fatta parola in questo di-

vini, dei

pi distinti fra

concittadini,

cui

poderi allora

primeggiavano in quei luoghi ove raccoglievansi i vini medesimi.


Il Poeta dacch la costituzione del Regno Lombardo-Veneto chiudeva definitivamente il periodo della dominazione francese, in questo brindisi inneggiante alla pace
stificata

ed

alla

coppia imperiale, d libero sfogo alla sua

letizia, giu-

dalle precedenti disillusioni per la prepotenza dei francesi, che fu tanta

da meritare che il Porta, alla loro partenza


popolo milanese ridotto al punto
'

De pod

nane vess

(aprile

1814)

indifferent

Sulla scerna del boja che ne scanna

".

scrivesse

essere

il

335

Col

Al
Al

( evviva
gran metter che riva,

Patron, car carasc, bon patron,


Ch'el ven sci con la brocca ^) d'oliva,
Senza ruzz ^), ne sparaci 9), ne baccan,
proved ai besogn de Milan.

Alto

allon,

trinche vain, trinche vain!

Portee sci mezz e zain

Trinche vain, trinche vain,

Se
speranz de la
M'han faa bev a sto

De

( corr di

De
De
De

post tanto vin


di molin.

barchitt,

incoeu el d de boff

l'

allon I

pas ses agn fa

Tanto mej

e peston.
prest,

'^),

spong,
suga,

nega "),
Che la pas no la manca
l' franca,
Che l' chi, che la p pu scappa.

Alto donch, trinche vain, sci del vini


Ch'el me stomegh l' secch come on ciod;
Sci on martin

De

Buscaa

Con

savor

In onor

Quest

'2),

ch'el vuj

god

del patroni

bon!
Cara, cara, che fior
De bobo
che l' quest! Oh che gusti
Benedetta la terra
G16, glo, glo
De Buscaa, di contorna de Bust '^),
Che ve staga lontana la guerra,
l'

Che tempest,
Vaghen tucc a
i

stravent,

la

scighra

pestass in brughera.

Viva semper quel patron

Che manten

Ch'el sa spend

grass el terren,
in

in lepar quell

piantagion

che conven.


Che
Che in
Che ai

l'

336

giust cont

pajsan,

del spend el va corriv,


fattor el liga

man,

Ch'el sa viv e lassa viv!

Viva semper

Che
Che

quell patron

ved e che proved,

va,

sa cred ai relazion

Quell ch'el cred de pod cred!

Ogni

sces '4) a on patron su sto taj


deventa ona vigna pientada,
Sgrazzononn '5) d'ugonona insci fada,
De stant col stanghett a porta]

La

on patron de

Ghe

Nissan grippa

Hin

sort tucc

sta

ugh

fan vin, ghe van tucc in cantina:


inutel

Donch

'6),

nissun fa pacciugh '7),

ciav su la spina.

glo,

gi

Viva

viva el resgi,

Gloria e onor di Lombard, di Todesch,


Viva viva Franzesch!
Donch gl, glo

tanto bon,
L' Franzesch quell patron
el san, el san tucc che l' lu
Quell patron caregh ras de vert,
Ch'el ven sci senza ruzz ne baccan
proved ai besogn de Milani

Tucc

Ohe

baroni,

Brugnoni,
Slandroni! J)

Pientamm
Giuradi

De

par mi

On

trattin

Col martin

chi

337

338

Ma ovej l! giust m lu/sur Perell,


Sci on bon fiaa de vinett, ma de quell
Savorii, limped, luster e s'cett
Che se catta sui ronch del Gergnett 24).
Con
L'

Gh'hoo

intenzion

In onor

de

Che

che in poni de

sto scabbi,

el retratt del nost coeur tal

poe

la nostra

lejal

e qual,

de intona ona canzon


Patrona

se l' bella, l' bona,

infin

Se l' dolza, graziosa


e giusosa 25),
Foo el me cunt che l' on rasoi 26) anch
D'ona vit
ben scernida
e scialosa,

Insedida 27)

Grazia a
Sci

l'aria

lee

e cressuda in sto sit.


e a l'influss del Verzee 28),

manch

ciaccer, vint, trenta carafi!

Paghi mi
chi voeur bev vegna chi.
Chi voeur bey, presto chi
paghi mi.
Creppa, s'cioppa in sto di
l'avarizia,
E che viva la pas, l'amicizia.
Alto andemm
Su sbragemm
su cantemm,
Che la slfa l' questa che chi,
Alto l! intni mi
citto l.

Viva, viva
Buseccona

Tant

Che

De

lee,

la nostra

come nun.

intuit

bellezza e virt

Per brio bacco

L'

De
De

zed a nissun!

le

St'anemina del
Destinada

Patrona,

ciel delicada,

sta ai fianch del patron,

el

retratt

la

Pas che

fa

a sciosc 29) con

l'

in att
la

giusta reson.

339

Dopo trber,
Che la pippa

N'han roti 3J) per


Lee la ven

Come

guaj,

la

deslippa

^)

tant ann,

l'arco balcn

prometten

la

fin

Viva, viva

la

nostra resgiora

di malann.

Proteltora

Di bon Milanes,

No

gh' ben

Fin ch'el

Che

noi

Car

Che

ciel le manten
poda sper el nost paes.

del Monsciasch ^2) savorii,

vinitt

gh'avii

Giustaa

stomegh de

el

tosa,

Tornee adess

giustaghel

Conservenn

l'istess,

la

soa vita preziosa!

Trinche vain, trinche vain, presi, allonl


l' insci che forniss la canzon.

Che

Puntum

5^) chi: adess ghe voeur

Tant per romp, per deslingu

vin

de

on

crostin

vin....

Cribbi! cribbi! che pan piscinin!

Hin pu grand
Hin pu gross
Se me

M'en

i
i

catta ona

Ma andemm
far

Manch

On

fam de poetta,

sgandolli 36) yint, trenta in d'on boff.

El ven chi a

La

paroll de la metta ^4),


botton del LapofI ^^),

che

la

pas, ch'el patron

sigillann in persona.

scompar

sti

botton.

aggravi, commerzi, dance,

bon prenzep che faga on quej spicch.


El san tucc, fina el Miggla e el Simona 37),
Ch hin el mantes che sgonfia su i micch.


Ora
L*

340

che l'abbondanza

intani

in viagg coni el resgl,

Vuj spassamm

Anm

per la Brianza

on bott a

fa gl gl.

Gh'hoo el petitt de imp el bottan


Cont on fior de firisell 39)

38)

Che se fa in d'on cantonscell


Su la volta de Vedan 40).

Ah

che

vin,

Limped,

De
No

pader abbaa,

viv e savorii!

quest chi in del vin de


ghe n' propi mai staa.

Se

sto vin tal

e qual

trii

41)

l'

El podess devent on omm,


E mi aimi devent on r,
No vorv de galantomm
Che sto scior vin de Vedan
El me stass on brazz lontan....

Ma,

me

El

eel fors

lu....

che denanz dagh

De

voltamm per brio bacco a descor

Col

medemm

Noster re e imperator?
s ben che l' lu!..,

saldo....

Alto, spiret, sur Carla!... 42)

Via

ch'el parla

Cont

el

sagg

cascia in del cceur el coragg

el

fum de

andemm....

politto....

Moxtill!... 43) spiret.... citto!


sto vin,

Come procurador de! popol


Ghe stampi in ciel pu mej

sacra majstaa,
bass,

che n

sul

sass

El giurament de amor, de fedeltaa!


Adess, majstaa, m el leggiar adrittura
Sul volt de tucc la carta de procura.

Anem

tucc:

Trinche vain, prest

Viva semper Franzesch

allon,

nost patron!

Vin

Chec?...

Quest

de Masaa

nanch

"*"*)

del pu a'cctl!

noi vuj, malarbetta la pressai

Vin de messa?
Hin ben vin, tutt

Ma

bianchi

n, noi vuj

poei

S'cl fudcss

N,

341

Sont pien de respett,


sostanza e savor.

per van bevuu de per

Che no

Mi

lor.

lighen coi vin de color.

ona toma
de Masaa de c Roma ^^),
Cordial, nett e s'celt come on specc,
stupcndon
quand l' vece.
Semper bon
puttost vorev (ann

Col vin

ross

L' peccaa, sanguanon, ch'el me venter


largh come el fond d'ona tina;
insci melteghen denter
De sti Bor de siropp de cantina,
Che ghe n'emm propi a mucc, a balocch.

Noi sia
Podarv

Che

a lassa]

me

va l'anema in tocch.

Pagarv no soo

Che

in qui]

Possess mi

Ma

con

Fort....

patt

^)

cssa....

che

on millionl

sta chi

el

nost patron

fagh in c el cantinee.

che

s'intend,

dottor

de

la

cori

stassen foeura di pce.

Vorev mettegh l tucc in spaller


nost scabbi, scialos e baffios ^7):

Quell beli limped e sodo d'Angera ^),


Quell de Casten brillant e giusos.
de la Santa e d'Osnagh,
Qui] grazios
Quell magnifegh de Omaa, de Buragh,
Quell de Vaver posaa e sostanzios,

Quell sinzer e piccant de Casal,


de Canonega e Oren,
Qui] cordial
nett e s'cett e salaa
Qui] mostos
De Suigh, de Biassonn, de Casaa,
De Bust piccol, Buscaa, Parabiagh,


De
De

Mombell, de Cassan, Noeuva e Dea,


Maggenta, de Arlun, de Vares,
olter milla million
de vin bon,

Che

a saggia] el patron,

s'el riva

Noi ne bey mai pu on


Fors

342

el

gott forestee;

loda, chi sa, el cantinee,

fors'anca el le ciama, e el ghe ordenna

De

inviaghen quej bonza a Vienna.

Sci de bev anca m, che sont succi 49)


poss pu mena la tappella.... 50)

Che no

Franco in gamba.... voj l.... ch'el se ponda.


Vej! s'el donda
ch'el sbassa la velia,

Si

s'el

De

voeur volta

la caraffa

quell tal insci faa

de

la staffa.

Che caraffa! che velia d'Egitti


Gaviraa?... 51) del sur duca?... del mej?
Vuj sgonfamm,
Vuj negamm

Foo on

Che

De
De
De
Che
Che

L'hoo gi

sequester su tucc

l' quest
spong,

ver d

el

ditti

vassej,

de

boff,

suga.

nega,
la
l'

pas no
chi

la

manca

che

la

l'

franca,

p pu scappa.

Alto allonl Trinche vain, paghi mi:


Chi gh'ha set, chi voeur bev, vegna chi!
Foo poei cunt che la pas in d'on mes
La ne paga la ciocca 52) coi spes.

Cara pas, santa pas sospirada,


comprada e pagada,
Tant cercada
pur anch se Dio voeur!
T'emm cattada

Ah

sta chi!

No

destacchet mai pu dal nost coeur!

Pientet 53), sceppa 54), radisa 55),

Te

343

de ciel limped, de so
de FranzescK, de Luvisa,
Te faran de difesa
e de scesa
Gratitudena, e amor di resgio,
Finalment te faran de rosada
I

faran

vert

Sta granada 56),

gott

sti

de glo

glo.

Svint 57), 8u, alegher! coi tazz in di

Femm
Tucc

evviva

al

man

patron de Milan!

unii in d'ona sola fameja

Gent de toga, de spada, e livreja,


Gent de cappa, de gippa e de penna,
Venezian, Busecconi, Todesch,

Bevemm

tucc,

su

sbragemm

su

cantemm

Fin che cascia 58) |a spina e la lenna,


Viva, viva la c de Lorenna!
Viva, viva, evvivazza Franzesch!
Ch'el ne possa dura sto resgio
Fin che al mond ghe sar de glo glo.

Trinche vain, trinche vain, femm baldoria,

Che
R

De

l'

quest el temp giust de scialalla,


tucc i ann la memoria

onoremm

sto d col glo glo,

con

la

balla 59),

NOTE.
1)

mezz e

zain: mezzette e piccoli boccali.

2) peston: bottiglioni.

3) turba:

sifone.

4) Perdi: rinomato vinajo gi ricordato nel brinditi precedente.


5)

Karpamm:

stracciarmi.

6) tgarbellamm: spellarmi
7) brocca: ramo.

6) nizz: chiasso.
9) sparad: spacconate.

la gola.

344

10) boif: tracannare.


1

nega

annegare.

12) martin, ecc.: voce del gergo per fiasco (di vino) di Buscate.
13) Bust: Busto Arsizio nei cui dintorni vi sono brughiere, cio sodaglie

erica.

14) sces: siepe.


1

3) sgrazzononn, ecc.

grappoloni d'uva tanto

fatta.

16) grippa: ruba.

17) pacciugh:

intrugli.

18) slandroni: poltroni.

19) bosin:

poeta vernacolo.

il

20) razza paj: ciurmaglia.


21) Canegraa:

22) Modron:
23)

terra di Canegrate.

Visconti di Modrone.

vedij: vitelli.

24) Gergnett: Gernetto, presso Monza,

villa allora del

Conte Mellerio.

23) giusosa: succosa.


26)

sarmento da innestare {insedi).

rasoi: magliolo,

27) insedida: innestata (qui


28)

Verzee

influss del

in

senso metaforico).

influsso milanese,

perch nata nel palazzo reale di

Milano.

29)

31)

fare a soccida.

fa a sciosc:

30) deslippa:
*

romp

sfortuna.

pippa

la

32) Monsciasch:

",

significa

territorio di

33) Punium: punto fermo,


34) metta:

il

33) Lapoff:

infastidire.

Monza.

cio, qui

si

faccia pausa nel bere.

manifesto del calmiere.


la

maschera.

36) sgandolli: mastico, mangio.


37)

el

Miggia e

el

Simona

modo

di dire equivalente all'altro

ogni min-

chione.

38) bottan: bottaccio, ventre.


39)

firisell:

40) Vedano
41) de

trii:

vino chiaro.
al

Lambro.

di tre soldi.

42) Carla: vecchio modo

di

pronunciare

il

nome

Carlo, quello proprio

del Poeta.

43) moxtill: barbarismo, derivato dall'unione


che in tedesco significa zitto, silenzio

stili

delle

due voci m (ora) e

~
44) MaMte, paeae
45)

CM Roma

fr

345

Trezzo e Gorgonzola.

Orimi, famiglia nobile milanete proprieUria

dd

beai

di

Maule.
46) Forti voce dal tedesco per
47)

baffioi:

da

leccarli

(cacciare,

via!

baffi.

46) Si osservi la enumerazione molto interessante (vero documento stodacch la filossera e le altre malattie hanno distrutti
nostri vigneti) delle
qualilik dei vini fatti colle uve coltivate nei paesi lombardi di Angera, Castano, Santa presso Monza, Osnago, Omate, Burago. Vaprio, Caiale. Canonica al Lambro, Oreno, Sovico, Biassonno, Casate, Busto Garolfo (plccol),
Buscate, Parabiago, Mombelio, Caisano, Nova. Drsio, Magenta, Arluoo e
rico,

Varese.

49) succ:

asciutto.

50) tappella: voce del gergo, invece di lengua.


5 1 ) Gavirate nel Varesotto, altro possesso del

Duca

Visconti di Modrone.

52) ciocca: ubbriachezza.

53) pientet:

piantati.

54) sceppa:

fa cespite.

55) radisa: metti


56) granada:

il

radice.

color granato del vino.

57) Svint: barbarismo dal tedesco, gcschwind, avv. presto! voce ora disusata.

58)

fin

che cascia:

fin

59) balla: ubbracatura.

che getta vino

la

spina.

POESIE VARIE.

mW^s *W. ^W^ jmW^ J^^ >*k ^^ ^*- ^^^

>W%. ^W, .^^ .* ,*. -"k -Wi^ >^f< .4^*^

ON STRIOZZ
(1616)

Ona

veggiana esosa,
'), avara, tegna ^), pedocciosa,
Che per cava d'on pozz la eros d'on ghell ^)
L'avarv (aa la corda con la peli,
L'andava d'on gran pezz fantastegand,
Masnand e ruminand
Come posse in don bott,
Spiossera

Senza tanci cuntee,


Devent ricca e sgonfia su el bolgiott;
E avend sentii a descorr come qualment.
Gh'eva staa de la gent
Che aveven ottegnuu sta sort de coss
Con l'ajutt de quell angior di orecc d'oss,
La s' resolta anch lee

De

buttass a la sort e a la fortuna,


intani per scongiurali e fass jutt

Dee

(Ma

ovej,

Tra

violter

tra

cossa

la

fa.

che

coss staghen chi insci


i
e mi!
Che in pont de striament e malefzi
Gh' di oeucc intorna, e boeugna avegh giudizi).
fioeuj,

350

Donca, vegnend a nun, la va ona


luna pienna sora on baltreschin,

nolt

De

alzand el sottanin
incensa sett voeult cont el cuu

La le
Dopo

biott.

d de man
on pugnattin de biella de tre tett ^),
E denter la ghe mett,
Descartandi e basandi a vuna a vuna,
I
sett origen de la gran fortuna,
Cio: Peli de roffian,
Ugora de cantant, refi de socchett,
Lengua de adulator,
Gengiv de fornitor,
Crani de becch content, e on soraoss
la

De

lader a l'ingross.

Fa

quest, la seccudiss 5) el

Le ponda

in terra,

ghe

la

pugnattin,

fa d'intorna

Sett vosult on bicocchin 6),


Sett voeult le segna cont el stamp di corna,

(con pocch respett)

poei

La ghe
Dopo

fa su
i

sett pett.

pett,

la barbotta

ona lienda

7)

In barlicch e barlocch ),

Mezza

lenguagg ebrej, mezza in latin,


ona faccenda
Sul gust d'on barettin.
Le ciappa per el fiocch,
Le mett con gravitaa sora el zignon 9),
E la dis in genoeucc st'oltra orazion-

in

intant la tira a voltra

Oh
Su

argen,

ai,

gol,

oet '0),

che

crappa pelada
Del gran Rot, sop, mifraa
Majester di dannaa,
la

Cedem

in st'occasion

gloria

Almanca
I

sett

de Astarott
tutt

e vott

pecca mortai del

t patron!

te see stada

adrittura

351

subet

triff

traff

La

fa

De

pesa grega. zffregh, trementina,

su on'insalata

Acuuarasa, resina,

E
E

dent in

la

pugnatta;

ghe d el foeugh sett spann lontan


Cont on sonett de l'avvocat Stoppan ").
poei

la

Se volza on gran fumeri tutt on tratt


Cont in mezz ona (iannia verdesina,
Scappen tucc i tegnoeur, scappen i ralt,
Corren i gatt a scondes in cantina.
E aneli lee la luna la se tira appos
(A sguait '2) ci rest) d*on piantonon de
Mort

el

fceugh e fornii

tutt

el

nos,

striozz,

La veggia la regoeuj
La sova brava scnder in
La ne fa su on scartozz e

d*on foeuj
el te le mett
Colda colda in tra el bust e el post di tett,
E finalment, die la ringrazi anm.
Notte felice, la va anch lee a dorm.
;

Ora, a dispett de sti flosofon


Che in pont de striarij
Riden de compassion

battezzen tuttcoss col nom d'arlij '5),


a tra, fioeuj, cossa che va a suzzed,

Dee

credili

che vel doo quasi de fed:

L era nanca sta veggia bolgirona


Squas se p d indormenta.
Che, tracchi ghe se presenta
Vun

di

primm carbonee

'^)

propi in persona.

Cost l'va ona micchena de lard


Luster, lene e petard

come

el

Largh de fianch e de s'eenna,


Con d ganass come d micch
E on vlt de luna pienna;

Cccchett

'5)

boffetl '^),

352

Sott al barbozz, e fina a

mezza gippa,

Ghe pendeva

on scalott '7) (Je grassa matta,


E el comor ^^) de la trippa
El ghe podeva asquas scusa de patta.
L'va cost in sostanza

On

ciappin tentador de

De

quij

refettori,

che fan consist tucc i soe glori


pecca i prior de intemperanza,

fa

che in certe occasion


De vegilia e degiun, l' el so spasson
mola via '9) petitt che fa stord,

A
E

jutten per despresi a diger.

In

Se

mezz a quest

per,

noi fuss staa che sora del top

El gh'eva

quij socch che gh'han


scommetti che al volt,
l'aria ambrosiana, a la marsina

b,

Ghe

El podeva vess

Minga

tolt

per quell che

Ma per on
E defatt,

collaron

El ghe se

la

dottrina 20).

grazios, cont

tutt

Giustaa come

l',

de

la mitria

volta,

on bocchin

del poUin 21),

e el dis: Car bacioccoeu.

Parla, sont chi, d su,

Coss'eel

che

te

voeu?

Hin feHpp de quij quader de Milan?


Hin dobel, hin sovran,
Hin savoj, genovinn, spagn, portoghes?
Hin ngher, de quij grand come tondin
Che te pias, che te voeu? parla, ciccin.
La veggia stria a sta proposizion

La

se rallegra tutta,
la

respond che in quant a

Gi che

la valutta,

l'era tant bon.

Le

remetteva in lu,
Olter no ghe premnd resguard

Che d'aveghen

al

rest

sossenn e mondaj prest.

353

Eh bien Jone, ci repa, Madamoisell,


Je vais en avanl, venez, suicez mea pas,
Ne doutez rien, Vous en aurez on sfragell.
Insci ditt, el va inanz, e in quella ancn Ice
La va, o ghe par almanch de andagh adree;
E va, va che te va, va che te va.
Su de chi, gi de l, per drizz, per stort,
Volta, revoha, corr, traversa, solta
cors, contrad, pasquee,

Per

Transet, pont, piazz, streccioeu 22), zappej 23), sentee.

Passa vign, camp, ortaj, risr e praa,


Finalment ecco] denter in d'on bosch
Folt

folt,

antigh e fosch.

De

rgher e de scerr gross insci faa:


E va anm che te va, quand de l on pezz
Riven in del beli mezz;

Compaa

bargniff el se revolta indree,

ai pee
vun de quij miara de
El ghe forlocca su st'oltra
Che sott sett brazza e on
Gh' sotlerraa on seggin
Pien de dobel de Spagna

fermandela

De

Ven

chi

doman

pianton,

reson
quart, cara ciccin,

de semicuppi
e de zecchin;

mattina.

Zappa, la mia ciccina,


E god per amor me tutt

marsuppil

el

Grazie, grazie, sur dianzer benedett.

La

sclama, tirand

Ma

salt

come on

cavrett;

inanz de volta velia.

Caro lu, la repia, ch'el diga on poo


Com'eel m che faroo
In mezz a tance piant, in tanto spazi,

catta giusta quella

Che gha

sott,

sur dianzer,

soeu grazi?

Speccia, el respond.... te gh'ee reson.... che striai...


Sass no ghe n'.... brocch de catta 24).... nemmen....

Oh

appont.... scolta, el

me

ben:

354

Te

gh'avarisset mai per azzident


Volont de boschi? 25)

Brava, donch, falla chi....


Insci tornand doman te trovaree

A
La
La

l'alza

fatt

fiaa,

sparlafeta

l,

(Dessedandes

26)

socch in d'on moment,

scruscia 27) gi

calca el

Per dervi foeura

campee!

specciatt al post glust el t

Ditt e

garon, la nina

la strucca la

i quart 28),
musella 29)

el part,
la

se fa sott

in quella)

On

tesor d'on l'evaa ^0) tant galiott


Ch'el passa i matarazz, el passa i banch,
Ona navascia 3'), i mee fioeuj, nient manchi

NOTE.
t) spiossera: trchia.

2) tegna: taccagna.
3) eros d'on ghell:
4)

de

biella

quattrino.

il

tre tett:

tegame con

tre piedini

a mo' di capezzoli.

5) seccudiss: scuote.

6) bicocchin: piroetta.
7) lienda:

tiritera.

8) In barlicch, ecc.:

in suoni incomprensibili.

9) zignon: dal francese chignon, cervice.


IO) argen,
sop,

ai....:

ecc.; fraa

Mette

leggi

a rovescio, teo-Iog-ia negra; come pi sotto

in ridicolo l'avv. Pietro

Stoppani di Beroldingher

strapazzo.

12) sguait: guatare di n2iscosto.

13)

arlij:

superstizioni, ubbie.

14) carbonee: diavoli.

15) Cecchett: facchino di forme atletiche, allora popolare


16) micch boffett: pan bonetto.
1

7) scalott

iRo//,

(frate) im-pos-tor.

pappagorgia.

classicista

da

355

16) comor: colmo, conveuiti.


19) moli via: distribuire.

20) colloron de
i

tignori,

la

itiana, co

che ttMvaao
rapo delle icuole della doltrina cfi-

dottrina: dal collare ipagnuolo afTcciato,

quali ordinariaroenle erano a

chiamaronsi dal popolo

le

persone distinte per piet.

21) mitria del pollin: porta coda del tacchino.

22)

(treccioeu

vicolo angusto. Si ouervi l'arte con cui

propriatc parole, descrive


riferia,

il

quindi all'aperta campagna.

23) zappe): piccoli

argini in

24) brocch: fronde da


25) boach

margine

ai

prati.

staccare.

evacuare all'aperto.

26) campee: propriamente, guardiano dei campi.

27)

icruscia: accoscia.

28) nina

29) sirucca

quart: dondola
la

fiaiKhi.

musell: strizza le labbra tporgendole.

30) levaa: pasta

il

Poeta, con ap-

graduale procedere dal cuore di Milano alla pe*

lievitata.

31) navascia: truogolo dei vuotacessi.

AL SUR TOMMAS CROSS A TREVIJ


Milan.

Ve
Mezz

scrivi quatter vers

Talis qualis

me

agost

1816.

ambrosian

curt insci

come Dio

voeur

sponten in del coeur

la man.
manera vegni soeuli

passen in

In sta

mezz

longk,

21

div

mee

reson

come

soeuli

in scarliga '),

Resparmi la fadiga,
E me van i mee coss me] che ne on

oeuli.

E poe sto sfros 2) che foo a l'Abaa Giavan


El me va in sangu, e el me someja bon
Pussee che a on tabaccon
Ona presa de foeuja de Lugan ^).
N'eel defatt on guston
faghela a sti foeuj de settimana,
sti prepotenton
Che se creden la scuma di sapient
Doma perch hin parent
Del boffacrusca de la c Brentana? ^)

A
A

Per

intant,

el

me

Cross,

Che mi me scarpi el goss, lor coi soeu astuzzi


Hin fors adree a catta el Luzzi Cambuzzi 5)
Che ghe ong 6) la cusina,

ghe paga

la

Donca vegnimm

crusca per farina.

a nun: Chi matt, so dagn;


Abaa e Compagn.

cazzincula al sur

357

Oh che cara, oh che bella, oh che stupenda


Vila scialosa che le fce, o Tommas!
Se te vee inanz insci,
T'ee de ciapp ona motria reverenda
E d ganass che t'han de seppell
Anch quella poca pinola d'on nasi
Dorm, bev e mangia
Mangia, bev e dormii
Senza olter obblegh tra sto gran def
Che de incastragh qucj ciaccer e quej lap>p
E poe doman de capp
dorm, mangia e bev....
Oh che gust, oh che spass, oh che sollevi

7),

Benedetto Trevij, borgh del Signori


te staga lontan di t mura)
I
malann, i travaj;
Che on'aria semper fresca e remondina
La possa gira semper sul mezzd
Interna a la dispensa e a la cantina,

Che

Che

te

la

possa resci su e inrangh )

Quell moscon malarbett

Che
Che

poUaster e
i
possa a on besogn

sassina ^)
la

Trovass

De
Che

polpclt;

semper a desposizion

quij desgraziadon

stanten '0) p^^ el cold a ciapp sogni

N,

n,

Tommas, no

sta

a legg pu

(>er

briol

S'el te cria el sur zio "),

El ch'ha reson; no

Godet

in

santa pas

sta a

legg pu,

sto

Tommas;

ben de Dio.

Pensa che on beli culazz


ona s'cenna e ona trippa relevada

Che
Hin

impissa '2) tutta ona cardega armada,


in sti temp de cazz

Quell che ghe vceur per

fass reputazioo.

358

Set grass? te dan del don;


Set peli e oss?

Te

petten del baloss!


al don, gi te see,

adree

Quanci onor ghe stravacchen

Ora m

sti

mezznn

Sti s'cenn,

sti

tafanari

Se

badee.

tant nezessarj,

quisten fors col studi e col struziass?

Ohib, ohib, el me Tommas,


Se quisten con la pas
E con la santa flemma di ganass!

anm

Insci possess

A
A

on p

in la seggia ^^),

e vegn chi con

spartitt la fadiga del pacci,

juttatt per on mes a fa nient.


Gesuss che gusti doma a tirali in ment

Me

senti

Vorev

a ciappott.
giura denanz al Crozefiss

De Comm ^^),
De mori anca
Vorev

insci tant miracolos,

l'

in eros;

fina pregali ch'el

me

S'el

che

mi

catta

ona

me

inorbiss

sira

god on sgrizz ^5) de lum d'ona candir,


lum d'on stoppin pizz.
Se no l' per reson
De invia gi polit quell pocch boccon.
Tutt al pu, tutt al pu via de sto cas
Me servirv del lum d'on quej mocchett
Per vedegh a and in lett,

el

per fa ciar al

Quand

lott

lott

me

In la streccioeura ^^),

Ah

el rid adess?...

Tommas,

car sur

'6) el

se pienta

de

la

mia parenta

adess n'

Bravo sur Tommasin!

'^).

el fa bocchin?...

Me

359

ne raliegher tant de

cuccagna.

la

Olter che mangia, bev, e che dorm!

quella cossa

La

se

magna

ch'el tenda ai fatt soeu....

Vh chi

se bev, la se dorma,

la

Bravo, bravo, per brio,

Bravo sur Tommasoeu!


Ehi!...

sur zo.

el

NOTE.
1) in Karliga: correntemente,

da tcarllg. Kvolare.

2) tfro*: contrabbando (di icnvere veni

dialettali).

3) foeuja de Lugan: tabacco di Lugano, cio contrabbandato.

4) boffacnuca, ecc. nuKchera di ferro poeta all'esterno della caia Brentano tulio zoccolo della facciata in via del Giardino a ifogo d rifiuti della
:

cucina e delle scuderie.

3) Luzzi-Gambuzzi: parole delle quali


' persona irreperibile '.

ci

sfugge

il

significato: forse si*

gnificavano

6) ong: ingrassa.
7) lapp: lappola, panzana.

8) inranght:

irrigidire.

9) sassina: guasta.
IO) stanten
1

(fra

le

Come

stentano.

gii s' visto nella '

Resposta a ona

lettera in vert

d'on amis, ecc.

quartine) questo era lo zio prete del Growi.

12) impissa: riempia.


13)

on

p....

14) Crozefiss

de

liberarmi dall'impaccio dell'impiego.

Comm:

Crocefisso venerato

nel

omonimo

Santuario

in

Como.
1

5) sgrizz

16)

lott

giiizzo.

lott:

pian piano.

17) strecciceura (sottintendi, del letto), spazio fra

18)

Il

il

letto

il

muro.

Groasi faceva compagnia ad una signora ammalata parente dell'autore.

EL MISERERE.
{On funeral)
(1816)

Vuna de

De

mattinn tornane! indree

sti

de lengua del Verzee


Con sott la mia scorbetta
Caregada de tucc i erudizion
la scceura

Che i serv e
Dan de solet

')

recatton 2)

a gratis ai poetta,
troeuvi senza asquas vessem accori
Denanz a San Fedel, che foeura e dent
L'va tutt quant e mai paraa de mort.

Me

Me
Leggi

fermi sui

duu pee come on gadan

5),

gran cartellon
Che l'va tal e qual a on sorascritt
D'ona cassa de scuffi e cappellitt,
Con su in fond fina i P. P. del posa pian,
E m'accorgi che tutta sta parada
rebesch e fioramm
(Senza invidia per) l'va pientada
Per on gran personagg passaa ai quondamm.
el

Esuss per

Mej d

lu,

dighi in del coeur,

Ma

che mi.
siccome de spess mi sont on

On

freguj curios,

sissignor

D'and

fin

chi

voeult lu

che m' soltaa


vede

tos

el petitt

in gesa a

Che

defferenza gh'

Tra

el

ben

4) di sciori e quell di poveritt.


Gh'eva in mezz a
Fada a guglia a trii

Con

361

la

gesa ona baracca

pian, volta ^)

come,

settaa su per su

Di bcj statov ae rivi e de bojacca ^)


Rappresentant la motta di virt
Ch el mort el gh'eva, o el ghe doveva ave.
Intrattant di canton

Sbrodolaven gi scira ^) in sui relev


Quatter candireron
Pien de torc de Venezia a l'uso cv ).
Intorna via del p del cattafalch
Cantaven come merli i sazerdott
Col so beli candirott
E el so liber in man,
Segond ghe comandava l'abaa Alban '),
Che svelt come on usell
El tendeva per tutt spacciadament.
No lassand nanch manca denter per dent
I
soeu bravi coppon
Ai ceregh che patissen l'astrazion.
Giust in quella che intravi even l adree
Per daghela a canta el Misereree;
E mi ch'el soo anca mi,
Pndem dedree di pret in genuggion
Per ajutall a d
E profitta iitrattant de l'occasion
De fa on quej poo de ben de mett ina '0)
Per quand ghe sar el cunt de comoda.

el

credarissev, ficeuj, che

hoo avuu

segnamm ") e a cerca de tend a mi,


Che no gh'hoo possuu propi reussi
Ch'aveva de denanz duu strafusari '2)

De
De
Te
De

pret vicciurinatt, ch'a ogni tocchell

salmo e de versett
ghe incastraven denter on

tassell

descors de politega e polpett.

beli pari

362

De moeud

che

mee

intenzion

de

fa del

ben

Hin andaa

a fass squarta,
hoo possuu condemn
guzz tant de orecc per dagh a

Ne
De

Ecco

Ma

chi

come

tra.

faven;

che i pret cantaven,


no ve rincress.
Che me lassev anm canta i'istess.
Miserere mei Deus
E a disn?
Secundum magnam
d cossett o tre
Misericordiam tuam et secundum
Multitudinem
de quist '3).
E el scabbi come T?
siccome v'hoo

Besogna donca,

ditt

se

Et multum lava me

Ah

injustita

Eel

car? '4)

Oh

mi poe

el vin!

mea,

S'el var pocch,

et

Chi

Vun

me

e subet

la

munda me

Tibi soli peccavi

in

feci....

sermonibus

judicaris.

de

na gotta

la gestatoria '^),

sbrodola e scotta

duu sazerdott che l'va in gloria.


Soa reverenza el scrolla in pressa i did,
di

Sclamand: Che porca d'ona scira, cisti!


E i olter canten, podend pu del rid,
Ecce enim veritatem dilexisti.

nomm

In seguet fan el

paricc ostarij

In

dove gh' vin bon,

mejor compagni j.

Vun

ost

loda l'ostaria de la

galantomm,

Nos

'7),

Monte-Tabor 18),
poe tracch a d vos

L'olter el

Domine.... asperges me....


H\)SSopo.... et super

la cavi,

insci per intermezz scora '5)

scira colda

Che

delieto

Puttasca!

Et malam coram te
Tuis, et vincas cum

De

nivem dealbabor.

363

Finalment ven de dent on militar,


a l'abct el pareva on paracar,
E l tornen de cap: Vcdel qucll mus?
Libera me de sanguinibus Deus,

Che

Deus

Che

mece,

salulis

possa vegn

te

Porch fe-o-fo

Domine

'9)

la

diarrea,

et exultabil

labia aperies,

os

el

lingua meo....

meum

Annuntiabit
birboni!
laudem luam.
per adess han pari a sbatt sti Quoniam
Si Ooluisses sacrificium
L'va vora,
Gh'han ben la resca in gora 20)

Oh

Cor conirilum

no serv

el

humiliatum

Deus non spernil


la ghe passar
Insemma con la spua
Benigne fac
Domine in bona voluntale tua

Voeurel m d
Ut adificentur muri
Jerusalem
Gh'el giuri.... Vedarcmm

Ghe
Se

gionti sto sciloster 21)

a liberammen.

rivi

On

olter

Ad te
Me

anca

mi....

El clamor

noster

perveniat nunc et semper, amen.


volzi allora in

Stuff e sagg

Denanz

de

l'aitar

pee

scenna, e ciappi post


maggior,
sta

preghi nost Signor

Che

in del me d tremend del bulardee


El daga a tra puttost
Al dolor de chi paga i spes di esequi.
Che a quij che canta de sta sort de requi.

NOTE.
1)

Vme:

il

mercato degli erbaggi.

2) recalton: rivenditori di

frutti

e verdure.

3) gadan: persona rozza e sciocca.

364

4) ben:
"

fica

suffragi

genericamente usato anche invece di pratiche religiose; qui signi".


i morti

per

5) volta com': alta

6) de

rivi

assai.

e de bojacca: di stoppa ricoperta con gesso modellato.

7) scira: cera.

8) sev: sego,
9) abaa Alban

0) mett ina
1)

3) de quist

Don Vincenzo

mandare

segnamm:

12) strafusari:
1

Albani

il

cerimoniere di quel tempo nella

Fedele.

Collegiata di S.

fare

inetti,

innanzi.

segno della croce.

il

sbadati.

espressione sempre accompagnata dal gesto fatto dal pollice

e dall'indice, come di chi sciorina moneta.


14) Eel car?:

caro

(il

vino)? costa assai?

15) scora: scla.


16) gestatoria:

la

torcia (candirott,

come sopra

detto) che

tenevano

sacerdoti allineati attorno al catafalco.

17) Osteria esistente tuttora fuori di porta Ticinese.

18) Osteria con giardino piantata sulla lunetta (oalleita) del bastione a
Romana; ove ora la Steizione funeraria.

fianco dell'arco di porta

19) mus: baggeo.

20) resca

in

gora: spina di

pesce

in

sofferto.

21)

sciloster:

candelotto di cera.

J^

gola, cio

dispetto

per

un danno

MORT DEL CONSEJER DE STAT


CAVALIER STANISLAO BOVARA

IN

(1612)

d'on secol che asquas tutt i poetta


caven coi sogn e coi vision,
Doma mi dovaroo sta a la stacchetta? I)
In

Se

la

Doma mi
De vestimm

On

dovaroo ave suddizion


la moda, perch sont
poetta baloss e buseccon?

Mai pu:
L*

me

el

resguard, rossor, vergogna a monti

nissun

vestii,

me

Chi ha d'ave vegna a scoeud

Musa, che

salta

te

m'ee

per el lece

Juttem a cunt su

Comenza

in

el

vist

2),

pioldi 3) hin pront.

indormentaa,

come on
brutt

imprestaa;

l'ha

uscii,

sogn che hoc

prima a spacciug ^)

faa.

el pennell

In la seggia del negher, e picciura

La c

in

dove sont

staa cont el cervell.

La

c la gh'ha ona porta scura scura


Fada a bocca de dragh con tant de dent,
E sui dent gh' ona riga de scricciura

Che la dis: Pover lu


Su la porta on lecchee
El

fa

lum

ai

quell che va denti


5) cont

paroll coi torc

de

pee d'occa
vent.

Me

senti

El m'ha

dragh, tirand

el

de pianta dent

sorbii

L in d'ona crenna

Me

pesg de quand

sgrisor 6)

pensa come

366

in bocca.

d'on dentasc oggiaa Q)

7)

insemma
d'anem condannaa.

sont trovaa sbattuu e mes'ciaa su

ona missoeulta

9)

dove

Invers la gora,

la fa

L'ugula col canaa che va

Gh'

ai

on'emma
busecch,

supremma.

settaa in trono soa majstaa

Duu corna stort sul gust de qui]


Ghe formen pedestall a la corona
Che

l'

de

ragg guzz

ferr coi

Intorna via

de

De

ciappitt

Belzeb

fa

quell re;

l'

Hin Asmodee,

come

Uriell,

Tutta canaja
i

olter rabott '2)

istessa sott e

anem

'3),

sora.

coi forchiti a

mucc

sfonden gi a forcad per quella gora

Mi
Quand

come

tormentava

Specciand

la

mia

el re el

fuss sui

inflzada ogni

gucc

^^).

^^),

moment,

sbragia, e se quielten tucc.

Chi eia m costee che ven de dent


Sonand i castegnoeur 16) e sgiaccand ^7)
Tricch e tracch

'')

Saroth, Boora,

Ur, Moria, Cedon, Oreb, Astarhott

Che cascen

stecch.

gh'on fregott
mocch e che minciona,

forchiti in di sgriff '0) el

che

d'on becch

soa persona

la

Coi

el fiocca

el fiaa

pee

biott sul

fort

paviment?

Chi

l'?... l' nient olter che la Mort,


ven gloriosa e stracontenta
fagh a Belzeb sto beli rapport.

la

Vedet, la dis, sta ranza sanguanenta?


Quest l' on colp ch'oo faa adess: rid, Belzeb;
Thoo mazzaa on omm ch'el rffen minga in trenta

1).

367

L'va on omm pien de meret e veit,


giust perch el guastava el t mestee,
Zacclietal hoo stimaa ben de tajall sii.

Allora re Bargni0 el solta in pee,


tra i brasc al coli, e el dis:
Viva ti, viva i medegh e i spezieei

El ghe

Ma
Se p

gioja del

sta

mond,

sta

Oh

cara,

perla rara

sav chi l'? el repi'a el re:

Ice la

ghe respond:

S, l' Bovara.

sto notn Belzeb el torna a tas,


El crolla d o tre voeult el so raazzucch ^^),
E poe el dis, sospirand: Gh'hoo despias.

La Mort

Ma

la

resta

come de

poe dopo con rabbia

Spighem on poo

sto

stucch,

ghe dis:
enimma, o re tarlucch
la

^^).

N'evel forsi Bovara on t nemis?


N'evel forsi el pap di bisognos,
Largh de coeur e de man, senza vernis?
N'evel forsi el modell de tucc i spos.
L'esempi di parent e di tutor,
L'amis ver de l'amis, l'omm vertuos?

No l'va forsi el magistraa d'onor


Ch'el se drovava senza fin segond
Tant a pr del pitocch come del scior?
Tutt va ben, Belzeb allora el respond.
per mi foo el me cunt per la mia vista
Che l'va mej ch'el fuss restaa anm al mond;

Ma

Che

fin

ch'el stava

l,

tane gabolista,

Becch, avar, leccacuu, biassarosari


Vegneven de galopp su la mia lista;

Che, vedend di vert

strasordenari.

Sta gent, invidiosa per natura,


La crepava pu prest de l'ordenari:

368

Adess m

ridarn senza mesura,


s

guariran

'anca in stoccasion

f or

Quij ch'even giamo mezz in sepoltura.

Sentend a d

la

Mort de

sti

Hoo vist, la sciama; per d


De chi inanz copparoo doma

reson,

gust a
i

ti,

mincion.

a mi,
ranza contra el dent oggiaa:

giust in quella la se volta

Moland

la

Per fortuna che, a

Hoo

furia

de

sgari,

sphivaa el colp col vessem dessedaa.

NOTE.
I

) stacchetta

piccolo chiodo ;

' sta

la

stacchetta

"

stare

in contegno.

2) scoeud: riscuotere.
3) pioldi: quattrini.

4) spacciug: spiaccicare, diguazzare.


5) lecchee: lacch, servitore.

6) sgrisor: brividi.
7) crenna: crepa.

8) dentasc oggiaa: dente cariato.


9) missoeulta: miriade.
10)
1 1

sgriff:

grinfie.

fregott

12) rabott:
1

3)

stuolo, frotta.
scapigliati.

Hin Asmodee,

ecc.

sono Asmodeo, ecc.

14) gora: gola.


13) gucc: aghi.
16) castegnosur: propr. nacchere; qui rumore delle ossa scricchiolanti.
17) sgiaccand: sbattendo.

18) ch'el rffen, ecc.: che in trenta non lo sostituiscono.


19) mazzucch: zucca,

testa.

20) tarlucch: scempione.

EPITAFFI

PER ON CAN D'ONA SCIURA MARCHESA


(I8I5)

Chi gh' on can che l' mort negaa in


furia de pacci di bon boccon:
Poverilt, che passee, tegniv de bon,
Che de sto maa no vee mai pu su Tassa.

la

grassa

AL PADER GARION
(1808?)

MADRIGAL.

Ve
La

mandi,

el

me

car pader Garion,

vostra tabaccher

on tocch del vost Tobia '),


avii desmentegaa jer in c mia.
L'ho visitada poe in tutt i canton.
Per vede de trova
Quaj coss d'olter del vosi, ma no ghe n'era:
De mceud che se mai fussev rivaa a c
Senza eoo, credi ben de fav visaa
Che l'hi perduu per straa.

Che

NOTA.
I

biblica

Il

P. Alessandro Canoni pubblic la versione milanese della narrazione


Tobia, nell'anno 1808, quindi il madrigale potrebbe rifenni a

di

quest'epoca.

APPENDICE
RIME SCRITTE PER LA SOCIET DEL GIARDINO.

jrmt^jttm^ K, M*^ /W .M^ >*. W. IT*,. W*^ a~ >Wl t^ aTfc

Jh iwKk .aV. .aV jjt. >*Vai.

DICIARAZION D'AKMETT

')

(1813.1615)

QUARTINN.
Anca

Me

ben che gfj'abbia nom Akmett,

declari per

bon

Cristian,

Calolegh, apostolegh e roman,


Fedel mincion, che no me calla on

ett.

Hoo domandaa
Hann

a paricc, perch per-comm


vorsuu nominanim come on can bracch;

Tucc m'han daa

Che

Gh'
Gh'hoo

Come

ma

hin reson fiacch,

staa

On

vun ch'el m'ha

che

diti,

nomm.
l'

perch

on'ideja sul gusl orientai.

se
sui

in

Che

di reson,

nissun sa el perch gh'abbia sto

ved

olter el

bevi

deffatti

in sui ventai

basgiann 2) antigh di canap;

m'ha

ditt,

come on Turch

che

l'

per via

e che voo in gippa;

On

olter,

De

qui pipp che se fabbrega in Turchia;

perch gh'hoo on mostacc de pippa.

Finalment sont daa dent in d'on baccilla


Ch'el sosten, ch'even Turch tucc i me cent,
Ch'han traa insemma on besasc d'on falliment,
Ch'hin scappaa da la Mecca senza pilla.

374

Mi per, che no en soo on cazz de la Mecca,


Poss prova a tutt el mond, coi cart in man.
Che sont nassuu e battezzaa a Milan
Coli acqua del Fossaa 3), che gira in Zecca.

NOTE.
Dalle interessanti notizie raccolte e pubblicate dall'avv. Pietro Madini
Giardino (v. il volume-ricordo centenario, intitolato:
// Palazzo Spinola e la Societ del giardino in Milano - Milano, Berta1)

relative alla Societ del

relli,

1919,

cfr.

pag.

90 e

segg.) risulta

che l'Akmett era un

Configliacchi, fabbricante di spazzole e in pari


ciet,

dal

1802

al

tal

tempo capo-cameriere

Francesco
della

So-

maggio 1816 epoca del suo licenziamento.

2) Pelle detta bazzana cio di castrato assai morbida: basgianna e hasignifica anche la fava, la quale quando cotta prende il colore di

gianna

detta pelle.

3) Nell'edizione 1826 questo

nome

colla

minuscola;

non fu

l'allusione a! casato del padrino di battesimo del Configliacchi,

"del Giardino", Giuseppe Fossati, assaggiatore di metalli,

il

Moscova, con macchinario mosso

il

avvertita

vecchio socio

quale aveva

il

suo

acque della
Roggia Balossa che si aggira anche nei vecchi locali della Zecca alla Cavalchino. L'osservazione, giustissima, dell'avv. Madini; cos risulterebbe che
Akmett fu battezzato nella ora distrutta chiesa di S. Bartolomeo al ponte di
Porta Nuova.
opificio nella attuale via

dalle

AKMETT

375

Al SOCI

DEL CASIN

CONTRADA DI CLERIS.
EL PRIMM DI DELL'ANN 1814
IN

(1814)

Sciori, che scusen se el pover Akmett


L' de capp a eccagh anm
perdec;
Ma in sto porch de sto tredes malarbett,
Per tas boeugnarv vess on mortee.
i

Coi pan tant car, con bon mercaa i spazzelt


Cont i fcc, che gh'han su quel pocch asee,
Coi fioeu e la miee (con pocch respett)
Come se fa a tas senza dance?

'),

Come

se fa a tas, quand el Natal,


on'operazion de gran resorsa,
In st'ann del tredes, l' m andada mal?

Che

l'

Ah! s'el torna a secca j, l' per reson


Ch'el spera de guar del maa de borsa
Col presentass a la Circoncision 2).

NOTE.
1) Il cAineriere come l' detto fabbricava spazzole per abiti e per acarpe.
Alcuni commentatori vollero vedere nella frase ' con bon mercaa i ipazzett '
un'allusione all'inizialo esodo dei partigiani del governo francese (/a spazxttla,
in

gergo significa fuggire, sgattaiolare), essendo

armi tedesche

diamo che

la

gii

frase

austriaci entrarono

in

va presa nel senso

aggravato dal rincaro della

Lombardia minacciata dalle


26 aprile 1614. Noi credi un rinvilio delle spazzole,

la

Milano
letterale,

il

vita.

2) Letteralmente col presentarsi a loro in occasione del


cevere laute mancie).

Capo d'anno

(a

ri-

376

STOCCADA DE AKMETT
(per Ferragosto

1814)

Akmett cont

i soeu duu '),


no avend coracc,
ona bonna azion de Franzescan,
M'han miss a l'impegn mi col me mostacc
Per cercagh in sto Agost la bonna-man.

De

fa

mia qualitaa donch de messacc,


la man;
Deghen gi di danee fina ch'hin sacc;
Che la sciallen anch lor, sangua d'on can.
In la

Sciori,

ve preghi de slarga

Cerchee de

Ghe

fa el vost cunt;

che

in quant a

n'han, che gh' nagotta de digh

infin

de l'ann

el

menna

merel

sii,

quell preteret^).

In quant poeu al besogn, alla boletta,

Cisto Maria! se p cerca de p,


Quand per procurador gh'han on poetta?

NOTE.
1) Sottintendi "camerieri aiutanti" (v.

2)

Menna

logorarsi le

sgobbare....

mennaa el
cuoia dal lavoro. Qui vuol
el

preteret,

".

Sonetto seguente).

fetton:

dire

"

in

gergo

In fin d'un

sgobbare,

significa

anno

se

ne

fa

dello

377

SOLITA STOCCADA DE AKMETT


(1815)

A
Di

la testa

de

tutt

el

battajon

fior de
EI se presenta Akmett, coi duu

soeu bisogn, che hin

pettulant,
njutaDt,

cavali di chignceu di soeu calzon.

E
Hin

chi el protesta a tucc, che


quij

de tucc

Roi

Cio de pacci e bev e

Ai

so intenzion

beiligerant '):
sta d'incant

(con soa licenza) di mincion.

spali

Donch, se vorii l a moeud d'on omm de


El mej de tutt l' rendes addrittura
E dagh de bon e bon quell che ghe pis,

pas,

Se de n, col sta dur e repet


Contra on stoccadoron de sta bravura,
Ve toccar^ poe el colp de favv resta.

NOTA.
I)
in

Evidente

lungo

tra

l'allutione al

fette e

del leone; quindi


del '15.

il

Congreuo
dove

di

Vienna del 1814, che

ti

tratdnava

ebbero la paile
sonetto con ogni probabilit fu saitto per il capo d'aooo
banchetti, e

le

grandi

potenze

ti

378

ALTRA STOCCADA DE AKMETT


AL FARAVOST DEL

1815

Akmett, in tocch come la porcellana,


Magher come el ritratt de nost Signor,
Strasciaa come i strivaj d'on sfrosador,
Pestaa come el sofa ') d'ona puttana 2);
Pelaa dal refici come ona rana,
Pien ras de debet come on giugador,
Pussee affamaa che ne on procurador,
Sgognaa come el mari d'ona veggiana;
Cusii in c,

Cont

Che

la

donna

come dent
sul fa

tacca a fa foeu

in d'ona scattola,
d'on zofreghett,

come ona

piattola;

Cribbi! se lor no senten compassion,


Sta voeulta el va anca lu, el pover Akmett,

toeull in prs

quella cossa che ghe disen squitta,

come Napoleon,

Giacche
L'inebiss anca a

la Religion,

Akmett de

toeuss la vitta.

NOTE.
I) soff: mobile ampio, con spalliera e braccioli, per lo pi imbottito, ad
uso di sdrajarvisi, dove anche possono sedere pi persone: sinonim. canape.

2) guanganna: cdiz.

1826.

379

EL CASIN

DI

ANDEGHEE

')

(1818)

Prima che mi per sozi


L' giust che te descriva

te

proponna

el

nost Casin.

stanz mobiliaa a la carlonna,

Che spuzzen de

ves'cios ^),

de

nisciorin;

On Qabinett capazz d'ona personna;


On bigliard, on camer, on camin,

On
Ona

vece d'on camerer, ch'el par Simonna


scala orba, ona lobbia, on cortin.

'),

Quatter gatt, che no spetta i settant'ahn,


Tutt professor d'ombretta ^) e de tarocch,
Che fan sproposet a chi pi p fann.

Che

che se dan del gnocch


maiann
dessed, squas squas, Elia, Enocch.
Ma quell che hoo ditt Te pocch.
se roseghen,

fan on ruzz, on baccan del

De

Se l'
Longh e

d'estaa, chi ronfa, chi se mett


dists sui scagn a fa

E
Se

l'

on sognett

lassa corr di pett;

d'inverna, gh' l'assedi al foeugh

E, vegna pur chi voeur, no gh'

Gh'

pi

loeugh.

chi parla sul gioeugh.

Chi studia sui gazzett, chi rid a macca.


Chi, fasend de savenn, no ne sa on'acca
toeu el bo per la vacca.


Vun

380

spua, l'olter tossiss; vun

l'

manesch,

L'olter rabbiaa; chi franzes, chi todesch;

A
Ma
De

ritrai

tucc stoo fresch;

a San Michee se spazza, e se fa prtega


da on maester de grammatega 5).

trova c

NOTE.
non pu essere dubbia, dopo le ricerche
(v. // Palazzo Spinola, ecc., pag. 121)
dalle quali risulta che il 2 giugno 1818 venne stabilito dai soci del Giardino
l'acquisto di una Sede propria in Via S. Paolo, IO, dove si trasferirono al
29 settembre successivo. Il Madini (I. e, pag. 97 seg.), ha identificato i locali sociali (qui descritti dal Poeta) cio quelli della Sede in via Clerici n. 2,
gi Casa Sangiuliani.
1) La data di questo sonetto
d'archivio fatte dall'avv. Madini
1

2) ves'cios: di viscidurae.
3) Simonna: n il Cherubini, n i commentatori danno una chiara spiegazione di questo nome che ricorre parecchie volte. Forse pi che a una " mac" milanese del tempo, si pu pensare a un personaggio da fiabe infantili,
o da teatro dei piccoli, allora di voga; mago, spauracchio, fantasma, stregone,
che come la veggio Rampino, la motta Biraga, Raoetta, hanno lontane origini
storiche, conservate, senza rammentarne la ragione, nelle tradizioni popolari,
Simonn, come verbo, significa appunto far moine, far malie, allettamenti.
Da qualche vecchia ambrosiana, nel vezzeggiare una bambina, si pu ancora
oggi sentir dire: "te set ona gran Simonn" per dire "una gran strega".
Simonna compare una volta accoppiato col nome Miggia : quello il personaggio
fantastico, questo forse il burlesco; e di questo nome, corrotto, rimane traccia
nell'attuale gergo " Biggia el cappellee " per dire " qualunque minchione ".

chietta

"

4) Ombretta: giuoco spagnuolo, che


") ai suoi tempi, 1814, diceva

giug

le

il

"

Cherubini {Vocabol. Mil.-Ital., voce


" e pel quale servivano

conosciutissimo

carte di tarocchi.

5) Nella casa della nuova Sede Sociale, in via S. Paolo, gi da tempo


(Vedi MADINI, I. e, pag. 98).

esisteva la scuola Patru Fumagalli.

GLOSSARIO
DI

VOCJ MILANESI ANTIQUATE

OPPURE

DI

SIGNIFICATO DUBBIO

ILLUSTRATE NELLE NOTE AL TESTO.

^SK^SfeSBifcS^

GLOSSARIO

Abbu-Ghkc.

140.

Acqua

Ammaladant. 123.

Aadum,

Abet. 172.
159,

sporca.

Agn. 226.
Agnuw, 172.

278.

Angonia. 174.
Anta (uri 1'). 320.
105.

Ara-beil'ara.

Ajbella. 62.

Areni.

Alabras. 216.

Arlij.

Alzada. 278.
AzMp, 263.

Armi. 164.

162. 205.

354.

Aia. 123.
Atea. 173.
Ascia (forn 1'). 204.
Asperges. 231.
Assabnitta. 218.
Avanij,

164.

Avolta. 253.

Azzalia bressan. 205.

Articiocch, 216.

B
Babbi

217. 252.

(al).

Balocch

(a).

218.

Beccaria, 264.

Becch

Baltresch.

140.

Baccol. 320. 332.

Bandoria.

Badalucch, 333.

Barachist. 229.

Belee,

Badan. 316.
Badee. 62.
Badin-. 332.
Baffios. 345.
Bagaja. 226.

Barilott.

206.
Barlafus. 263.

Beni*. 277.

Barlicch, 62. 354.

Be:olt del gerlo.

Barzegi. 263.

BesinE.

Basi.

Besios (v. bisii). 205.

Bagatt (scarta), 218.

Bascira,

Balandran.

Basgioeu, 95.

Baciocchoeu.

50.

74.

162.

174.

Baici, 279.

Basletta.

Ball. 163, 315.


BalU. 333. 345.
Ballin. 205. 206.

Bauli, 320.

Bauscia,

Becca.

06.

129.
160.

173.

(-i),

(v. (otlrist).

123.

Besasc.

174.
174.

Bettegi. 278.
Biassi.

184.

129, 234.

151.

Bicocchin. 354.

BielU. 354.
Biooda. 106.

Biou. 106.


Bon

172. 252-

Biroeu.

(damm

Biscottin

del),

318.

pro-fazza. 83.

174.

Breviari.

318.

Brocca. 343.

Bonza. 333.
Ber.

Bisi (-nn),

384

Broch, 355.
Bronzin, 130.

159. 184.
173.

Bordell.

Brovetl, 89. 277.

Boeucc, 174.

Bordocch. 316.
Bordceu. 82.
Borja, 91.
Borian (can). 279.
Boricch. 129.

Boeugna, 333.

Borlanda.

Boff (-aa). 150, 183.

Bornis, 252.

Buratt, 280.

Borromee, 82.
Bortolin, 316.
Boschi, 355.
Bosin, 141. 344.

Busa (a la). 253.


Busch (foeura di). 251.
Busch (fa foeura i). 318.

182.

Bissa (a).

Boccaa,

141.

Bo-e-foeura,

23,

173.

Boesg,

332, 344.
Boffetl.

319.
174, 364.

Bojocch, 234.
Bois.

164.

130.

174.

Bott.

183.

Botta

(a).

332.
205.
333.

(i).

Brusa
Bruso

(in).

Buell,

205.

(al).

Bulardee. 95.
Buratta, 314.

Boffacrusta, 359.

Bojacca,

Brugnon

Busecchin.

Bolgiraa,

130.

Botta secretta.

Bolgiron,

123.

Bottan, 344.

23.

Buseccon (-a). 239.

139.
132.

130.
173.

Busegattcr,

Busser (a).

320.

141.

Busseree,

Bologna, 279.

Bottega (riva

206.
Bombas. 332.
Bombasina, 206.
Bonna man, 207,

Bottoruu.

123.

Bradella,

174.

Gabbi. 254.
Cagazibett. 320.
Cagna. 279.
Calcher. 205.

Carimaa. 1 29.
Carpi, 252.
Carpotter. 206.
Carr matt. 140.
Carsensin. 1 06.

Cavezzon, 263.
Cavion. 1 1 4.

Casa Gambarana, 319.


Casci-(-ass). 315.345.
Cassa, 205 (v. anche

Cervellaa. 239.

Boltrigh.

Calmeri.

Brasoeura,

60.

Cames.
72.
Camol, 316.
1

Campagna

(propri), 251.

Candida (-ava),
Canta, 254.
Cantgora. 278.
Caponera, 205.

Cappona

(-nen),

218.
Button. 205.

Butti,

Braghee, 217.

73.

Camerleccaj.

a),

73.

82.

Cazzoeura, 106.

Cazzuu. 217.

che

foi,

252.

173.

160. 332.

Ciapp, 317.
140.
Ciavetta (de la), 332.

Ciappott.

Cattabuj, 264.

Cardega armada, 151.


Cardon. 113.

fitt

Chiffer.

Ciapott. 218.

Catt incustra, 333.

184. 278.
Carbonee, 354.

Che
Ciall.

tarli).

Castegnoeur, 368.
Castell (pett in). 319.

141,

123.

Cercott.

Cattaloeura. 331.

Ciccolatt,

74.
184.

Causa (doma), 130.


Cavallanti 226.

Ciccolate

(figura

Cavezza,

Gian, 279.

Cattlega (batt

30.

la),

Cicciorin.

217.

82.

de).

CiMd, 234.
Cinque cinqu

385

Cmor. 253, 355.


de*,

234.

Compaa

zoffreghin,

Cinqu-in-vin, 207.

Compiiui, 318.

Ciocca, 345.
Cioccher, 279.
Ciorlin-a (-n), 332.

Comuna. 207.

313.

(per

(di e. in l),

(ora del),

Coppin,
Iri),

72.

Cogitor, 279.

140.

Collarin,

Colla. 172.
Coverei) de rdcca, 253.
aappa. 280.
Cremeal. 278.
Crenna, 368.

218.

Crenni,

106.

Creapin,

139.

123.

Coppa, 172.

Cobbi. 113.
Cocch, 232.

Cocumer

CcMpcttoa. 182.

234.

Conyn-, 172.
Cpp. 132, 204.

Ciovitl, 263.
CK)uiit,

Cribbi-i (en), 316.


Ood, 149.

141.

Coppon, 231.

Cor

Coregh

(ett).

Collaron, 335.

Corp.

Colmegna, 216.
Colze, 233.
Comed, 263.

Con, 159.
Cr.

129,

Croi.

182.

(laMi),

139.

174.

174.

Corti),

173.
Croson, 276.
Crovatt, 113.
Cuntee, 206.

205.

Cusii.

Cutu. 264.

264.

Damm del beacoltin, 318.

Detcolz, 218.

De. 63.

Detf, 217.

Didon. 234.

Detlengui, 253.

Doeuggia. 232.

Dedree,

129.

Dia. 62.

Deslippa. 204. 344.

Domi. 130. 332.

Dslippaa, 204.

Donzella

Dorm

Deicart, 264.

IDcsmorb (-gh). 160.


Dess (oh). 114.
Dessed- (ali), 116,130.
254.

Detcognet, 264.

Desverge, 231.

Def (in sul), 129.


Denanz, 141.
Dent (dagh). 132.
Dentate oggiaa, 368.
DepSs, 141.

Eel. 239.

364.

Farioeu. 82.

Faw

Felipp,

(a),

333.

(ett).

320.

ombria, 263.

Dragonn. 204.
Duvis, 205.

Eau. 206.

251.
332.
Faxall. 279.

Fabbr-ica (-egh). 317.


Falzett, 317.

in

Fastidi.

Fetlon (meni)

Fall.

Fiacca.

113.

el),

316.

140.

Fiacca campagna, 276.


Fico

(tiri

el).

206.


Ficca

el

Filapper,

veli,

204.

123.

Fir (-a). 333.

317, 344.
Firon, 315.
Floss. 332.
Foeuja, 359.
Foeura (d), 140, (fass)
318.
Firisell.

F6j de

386

151,

gatt,

Folon, 82.

Frego, 368.

86.
Fora fora, 252.
Foresetta, 140.
Frt, 123, 345.
Fontanili,

Fos,

Fregaoeucc, 318.

72.

Freguj, 264, 320.


Fricc, 226.

Frisa (de),

132.

Frust (lavorant de),

218.
Franch (del), 123
Franch del dent, 333.

Furugozz, 164.

Gadan, 363.

Ghicc, 23 1

(r.

Gnocch, 280.

Gainon, 105.
Gajoff, 264.
Gajoffon, 105.
Galiil. 207, 252.
Galton (garon), 182.
Gambarilt, 232.
Gattona (es), 123.
Gestatoria, 140, 364.
Ghell (eros d'on), 354.

Ghittarin,

149.

Imbrug,

Indrittura,

Foff, 82.

141.

Fottrist (becch),

Abbaa Gbicc).

Giangiana, 253.
Giboll(-laa), 182,254.

Gimacch, 252.
Gingin, 315.

Gippa,

149.

Giubianad, 254.
Giubiann, 252.
Giusosa, 344.

205.

Fuslusc,

Impissa, 359.

314, 332.
Inguaa, 217.
Inivid, 205.

Intuit,

251.

Incoeu, 226.

Inninz,

Ladinna (man), 182.


Lampadina, 174.
Lampedin, 332.
Lampion, 49.
Lanzian, 207.

Lapoff,

3.

82.

174.

Inranghi, 359.
Insedi,

Ingossa,

Golett (a),

Ingermadura, 254.

Incia,

Gomit, 279.
Gora, 368.
Gorgoran, 252,
Gratta, 315.
Gripp- (-aa), 229, 344.
Grobbia, 314.
Gropp e maggia, 252.
Gucc, 368.

Impastocci, 264.

Ina (mett), 364.

Fudess, 205.

Inzig-

344.
113, 253.,

(-amm), 206.

29.

139, 344.

Legn

(vess in di),

Lapp, 359.

Legoratt, 278.

Lassa cor, 182.


Lavorin, 164.
Lecco, 207.

Lene, 182. 239.


Lndena, 129.
Lendenon, 129.

317.

387

Locc. 82. 251.


Loggia, (ghc), 333.
Locug^ia, 206.
Lu-uj. 251.

Levaa. 355.
Lienda, 354
Linghera, 263.
149.

Lirl.

Utt

173.

(parorchiai).

Lon

(llzonon),

226.

MU

(color di).

182.

Uh

Io. 359.

278.
Lughcr. 206.
Lurom. 129.
Luiiriitem, 229.
Lmccmi,

LoHi. 252.

M
Macca

(a). 140.
Maccarent, 218.
Maccaron, 315.
Madamm, 1 60.
Magatton. 316.

Magon,

86.

Magonent, 315.
Maitabadada. 106.
Mamma de l'aiee, 95.
Manegh (foeura i), 207.
Manutrnzion,
59.
Maro (de). 226.
Marlin. 344.
Martor. 182. 206.
Maraocch. 123.
MaicaU. 217.
I

Maiiacch.

4.

Mazzucch. 368.
Melon. 182.
Mennab. 318.

Ment (di

a).

174.

Moccoli

Meuedk. 139.
Meuee. 320.
Mettee.

160.

Metta, 344.
Meui. 364.
Mezz. 343.

Mojaicia,

Mojn,

182.
boffelt,

Micchit,

29.

pan).

(tegelU

354.

174.

Miche*. 207.
Miee. 205.
Miggia (el). 344.
MiKce. 252.
Miuoeulta. 83. 368.
MMoliiit. 130.
Mitria. 355.
Mocca, 278.
MfVcas.
82.
1

Moli

(tui),

MolU

182.

355.
Mona, 263.
Mord'(-inn), 316
Morell.

via,

140.206,222.

Moretin, 278.

Moriani. 106.

Moron, 182.
Moal. 234.
Mostacc. 252. 316.
Motto*. 123. 141.
Mttria, 319.
Moxtill. 344.
Musella. 355.

N
Nagotla. 174.
Navale. 130. 355,
Nedrugi. 217.

pelaa. 317.
CEucc de hb. 173.

Ohdeu,

114.

del).

129.

Mezzenna, 74.
Mezzin, 222.

Micch

(v.

Moietta

Mezzanin. 217.

MU,

(et), 226.

MOCCIMC, 206.
Modacc. 278.

Negi. 344.
Nini i quart. 355.
Niactorin. 280.

Noeuv. 140.
Nozzinn, 218.

Olubagh. 149.
Ombretta. 380.
Ombria (donni io). 263.

On. 359.
Ove). 332.

Pacciugh, 332, 344.

388

Pedina,

Pattee (-ter), 279.

118.
Pel (sta al). 132.
Peland, 139.
Peltrcra, 204.
Pelucc, 140, 184.
Periti d'or, 263.
Perovett, 278.
Persegli lass, 278.
Perteg, 278.
Pescian (a), 239.
Pescuzi, 82.
Pass. 205.
Pessee. 316. 318.
Pesseg. 253.
Peston, 181. 343.
Petard, 239.
Petitt, 263, 279.
Pet t (-taven). 228.
Pett in Castel, 319.
Pett in saccoccia, 263.
Pettegasci, 278.
Pezzoeu, 218.
Piatt (no gh'el). 106.

Patton, 217.

Picch,

Pattonna, 132.254,319.
Patturgna. 319.

Pien (on). 114.


Pient- (att). 318, 332,
345.
Pienton. 315,

Padim-

(ava). 206.

Pagn. 316.
Pajasc, 279.
Palpaa, 183.
Palpce.

140,264,332.

Palper,

129.
159.

Palpiroeu,

Pamposs,

82.

Pan mjn,

160.

Para. 319.
Paracar, 24.
vuu), 263.
Partend (-el), 83.
Pasent- (-en), 332.
Pasquee, 205.
Passada (roba), 320.
Pastegg, 279.
Pastoral, 182.
Patocch, 218.

Paria (hoo

Patl-e-pagaa,
Pattaja,

140.

226.

(de so),

174.

Peccenn, 318.
Peccenada, 206.
Pccher, 181.
Peder-sloffi,

263,

Quj, 217, 315.


Quaj, 253.
Quamquam, 316.

Rabott, 106, 140, 368.


Raccol, 1 74.

Radis- (-a), 345.

130,

182.

Pignoeu. 89.
Pilatt,

263.
332.

368.
Pippa (romp
Pioldi,

la

p.),344.

263.

Pisorgna,

253.

Pisorgni,

206.
Piva (a), 205.
Pizzegh, 207.
Plat. 263.

Pitta,

Platon,

139.

Piatta, 318.

Podisn.

118.
PoUin. 205.
Poncign, 253.

Pond-

em).

4.

Ponzella. 82.

Popoeu. 253.
Porca de tarocch, 314.
Porta a mi. 252.
Ps (poso), 264.
Posciand-ra (-er), 106.
Post (i). 278.
Posta, 315.
Potenz (a). 118.
Prefazzi, 141.
Priguer, 280.
Pritnerista,

160.

Prs. 318.

Prozion. 254.
Puj. 315.

Pures

(-in).

316.

Pinciorla,

Quatta,

173.
Quei, 83.

Quoniam, 315.

Quist, 364.

Rampa, 315.

Rasoi, 344.

Rangogn, 173.
Ranlegh, 139.

Ratton, 217.

Razzapaj

(-a),

344.

Recatlon, 363.

ReJond spuvi. 139.


ReS (toeu l el), 204.
Rffcn. 368.
Refiign,

reffign.

130.

160.
RefTiU.

Regceui, 252.

29.

Sacrestia (lau la).

29.

3.

207.

Sant Ambroeus andemm.


129.
Santa O. 106. 150.
Sant Michee, 226.
Sara. 231.
Sardell. 69.
Saresitt (magazzin di),

339.
129.

Sbaggiad (a) 174.


Sbaguttt. 218.
Sbarbai. 253.
SbarUda. 263.
Sbarlceugg.

174.

Sbarloeuggia. 252.

Sbarluici.

364.

118.

Roeuda

(io). 123.
Ronf. 118.
Ree (a). 183.
Rollceuri, 82.
el).

id

129.

Sbavazza. 278.
Sbegaic-i (-emm), 332.

(-aaaeii).

253-3 32.

314.

RiocreM, 279.

160.

Sciocch. 314.

Sbottasciaa. 316.

Sbuieccanient,

40.

Scabbi. 254. 332.


183.

Scaggii.

S'cioppon. 252, 316.


Scifir. 82. 182. 315.
Sciotc (U a). 344.
Scira.

364.

Sciaci-i (-en).

316.

Scalolt. 354.

Sciager e buell. 217.

Scalzad. 314.
Scappiuc. 204. 207.
Scarliga. 359.

Scocca, 264.
Scocci. 83. 254.
Scocchee. 205.

Scarp i (-amm). 343.

Scoeud (i butti). 184.


218. 368.

Scarpiatter. 89.

Scarpignaa.
S'ceri.

29.

(-a).

345.

182.

Sce. 344.

SccM

I40:k. lapiMa.

205.
Scori. 364.

Scorada. 206.

89.

(fi).

Scoldi.

Scorbatt.

159.

Schisciamicchin. 317.

Scottadeo. 216.

Sciabel, 278.

Scnucia. 355.
Scnucasa, 218.

Sciabeli (-en). 141.


S'cianconna (a la). 278.
S'cia.er. 97, 252.
113.

Sciatt.

129.
Scigad (-a). 316.
Sciffon.

ScuccA badia. 83.


Scudel-i (-emoi).
Scuffi-i

(-aghcn).

Sbergna, 205.
217.
Sbilz- (en). 332.

Scighera, 206. 319.

Scuriee.

Sciloater.

364.
Scime*. 316.

Seb- (-m). 278.

Sbirent. 276.

Scin.

206.

173.

Scinivii,

62.

333.
333.

Scuffiernn. 320.
Scumi. 253.

Sbertii.

Sbirr.

8.

Ruiz. 343.

182.

Scepp-

130.
Sbaggi.

(i).

Rivi,

Rugh

Sbolgirada. 207.

Salamm, 60.
San Gregor, 140.

Saaiini.

130.

Sbluicii.

Sacc. 313.

Sanseuia,

140.

RcKij.

Riv4

Rzzipe. 206.

(aria),

140.

Sabetta,

Retcii.

Retleliera.

Regolili. 218.

Remondinaa

Repian, 226.
Requicpou. 217.
RcKa, 364.

Rewatt,

14.

118.

(-en).

Retgi&. 331.

151.

Reficcio,

253.

I^cpetton.

Repi

160.

Reciocch.

39

Secci
159.

106.
(-chen, -caas).

316.

Secca-ball. 315.

390

Secud-i (-issi). 174.354.


Segella del moietta.

29.

Segnass, 364.

Senavra. 263.
Servizial, 140.

Ses - des - e - on - quattrin,


263.
Setsion, 1 60.
Selt (quella del) 207.
Bettina (fa), 316.
Setton, 318.
Sev. 364.
Sferla, 253.
Sfognat- (-amm), 207.
Sfris. 206.
Sfros.

359.

Sgandoll-

(-i),

344.

149.

Sganzerla.

Sgarbell- (-amm). 343.


Sgavasgia, 91.
Sgazzott, 83,

Sgenadura,

82,
Sgiandos, 34 7.
Sghimbi, 263.
Sghirabiaa, 206.
Sghimbiett, 83.
Sgogn- (-amm), 206.
Sgombett, 205.
Sgiaffa,

182. 226.
Sgrazz-a (-ononn), 344.
Sgor,

123,

368.
368.
Sgrizz, 359.
Sguagn, 218.
Sguagn-i (-iven),
Sguait, 354.
Sguajton. 263.
Sgriff,

Sgrisor.

Tabacch. 239.
Tacca ballin, 205.
Taccojn,

50.

Spuln, 217.

331.

Simona

252.
Simonna. 380.
Sitta, 252, 278.
Slandron (-i), 344.
Slandrosa, 279.
Slisaa, 317.
(de),

Slis- (-ass).

Sioffen,
Sloffi,

160.

253.
113,

73.

Spuv,

Smorbi, 130.
Smorbi, 205, 254.
Socch, 226, 319.
Soeuja mi, 206.
Soeuli. 206, 253,
Sof, 378.
Sognorent, 182.
Sojador, 160.
Solass, 280.
Soldarasc, 260.
Somm, 3 7.
Sonaj, 316.
Sor-, 183.
Soree, 205.
Soerioeura (in), 263.
Sorr, 151.

39.

73, 263.
Squas, 252.
Squaj,

263.

Squell (fass de).

Squilt-a (aa), 123, 140.

Sta

3 18.

su,

Stacchetta, 332, 368.


Staffa,

217, 263.

82,

368.

Sg'iacc,

Sidell,

332.

Stghela

l,

226.

Stanten, 359.

149.

Stat d'anim,

Stee (de

tutti

Stellonn, 253.

Stobbia, 314.

Stondra (va

332.

a),

Straa lanzana, 319.

252.
364.
Stralattona, 279.
Strangojon, 280.
Streccioeu, 355.
Streccioeura, 359.
Stringh (fa), 217.
Strocc, 82.
Straforzin,
Strafusari,

Sott (d), 254.

Stronzon- (-en).

Sovran,

Strucc. 355.

50.

Spacciug. 368.
Spantegh- (-et). 332.
Spara, 1 83.
Sparad, 343.
Spart, 315.
Spazza. 1 06.
Spazzac. 1 1 3.
Spazzetta (fa). 160.
Spert. 229.
Spiosser. 82, 354.
Spuell.

140,

173.

Taccon, 149.
Taj (vegn a), 316.
Taj (al), 332.

226,

i).

264.

318.

Strugion, 318.

Strusagh dent, 234.

Su

per su,

174.

Succ, 345.

Surba, 343.
Suss

(sussista).

3
Svargell, 206.
Svergn 252.
Svei-za, 207.
Svint! 345.
Suss- (-iss),

8,

5.

Tan. 160.
TappUa, 150. 345.
Tapina, 183.

Tarell. 280.

(cMM

Tarli
Tarli.

263,

del).

141.

Tarlucch, 368.
Tarter de
TaMij.

vasti],

183.

172.

Tavani, 82.
Tegna. 354.
Tegnon.
3. 264.
Terra de ih ball. 129.
1

Tea
Tena

(el).

part,

Tibi.

159.

Tiri,

139.

130.

I6U.
173. 252.

Ughelia (color

d'),

183.

391

X3SXX

INDICE ALFABETICO
DEl'CAPOVERSI DEI SINGOLI COMPONIMENTI

Akmett con
Akmett,

in

come

Sonetto).

376

no avend coracc - S.

tocu duu,

tocc

(L'ahbrtoiatura

porcellana

la

376

5.

la

marchesa Paola Travata (La nomina del Cappelian)

la

teita

de

tutt

battajon - 5.

el

.152
377

Alto, allon, trinche vain, trinche vainl {Brindai)

334

Aito

294

5. (Per l'Avv. Martinelli)

.....

mitaa strada de quell gran viacc {Ver, di Dante,

Anca

penna, carta e carimaa

ici

ben che gh'abbia nom Akmett

proposet, lustrissem, de vaccina -

Ara

bell'Ara discesa Cornara

Bagaj, che

sii

amoros, che

sii

ci)

{Framment del

e.

VII)

intendever (Fraa Zaoever)

Barborin, speranza dora (Lettera a

.71
373

...

223

Bravo, bravo! l'ha faa proppi polid (Meneghin birocu di ex-monegh)


Canti

la

guerra santa e

breviari

(La guerra

Capissi anm, sur professor Ronchett

Carlo Porla, poelta Ambrosian

S.

S.

el

me

dis,

che

Chi gh' on can che


Coss'evela

Dal prmm

la

manna

sere

de

l'

soeu paroll toscann

mori negaa

del Signor

in

S,

sto gran pedrioeuron

163

.177
.291
.313

di prt)

...

221

5. (Per l'Abbaa Giavan)

298

Carolina, varda, varda (El temporal)

Catto I

99
208

Barborin)

la

293

la grassa

369

(F pitaffi)

266

{Frammenl del

e.

V)

93


Degg che

De
De

vegnuu per

t'

gi,

lustrissem,

gi,

madamm

badee

semm

che

394

......

82

de Giovannin Bongee}

109

sul descor (Desgrazi

Bibin, che la g'ha el rantegh (EI romanticismo)

Dessora a ona portascia, che someja {Fratnment del

Donna Fabia Fabron De-Fabrian (La

con

daj

ma

chez-nous:

sto

in santa libertaa

El sar vera

quell ch'el dis l

fors

91

preghiera)

sanguanonl

El mangia e bev

133

Ili)

e.

5.

161

292

S.

312

285

Foeura de Porta Ludoviga on mia

185

Fraa Diodatt de Tolosa, guardian (Fraa Diodatl)

119

Ghoo

314
365

miee, g'hoo

fioeu,

sont impiegaa

In d'on secol che asquas tutt

poetta (In mort del Cons. Bovara)

de

giustizia

Leggevem on
L' mort

Ma
Me

sai,

cugnaa

Merda

politegh seccaball

me

el

el

ai vost

neghin classegh)

Natan

Oh
Oh
Ona

On
On

tradii

de

la

me

cojonna

284
285

Oh

veggiana esosa

Abaa

(On

227

(Sonettin col covon o

S.

(Ona

pover cereghett schisciamicchin

Per buratta

se droeuva el buratton

5.

(I

colazion)

desgrazi)

proponna

5.

295
284

S. (Per l'Abbaa Giavan)

Monti)
lettera)

5. (Per nozze Porta-Landriani)


-

184

312
.

(A Vincenzo
-

299

349

S.

240
289

Per l'abbondanza porca bolgironna (Resposta a ona


Per no lassav and foeura de c

averi)

115

sett

S.

Per fagh vede e tocca propi con man


-

gamb

vision).

S,

Paracar che scappee de Lombardia

sozi te

304
di

....

striozz)

Per incoeu guarna pur via

Me

l'Abbaa Giavan)

5. (Per

me don Romualdl (La

el

certo reverendo Fra Pasqual

Prima che mi per

237

morosa (Lament de Marchionn

beatin, mattin, smorbiin

don Pederl

5.

forestee, ecc.)

ceri

profetta, e questa, sur

carin,

5.

.....
......

(A

97

283

Porcinella

romantegh ? Soo ben ch'el

Moros dannaa,

V)

288
pocch

Giromin, quell candiron


ariezz

5.

e,

S.

sur Leila, che a d

M'han cuntaa che

Mi

232

{Framment del

Essus per lui

124

290

caroccce e fiaccaree)

per noster spass

pittor Boss:

el

Marcanagg

mond (Ai

sto

beli d

Condutt)

fraa

Manell -5.

paroll d'on lenguagg, car sur

La

S.

Ambroeus andemm (1 viagg de

In sul def de Sani


I

300
293

230

292
379

395

Quand paui de la piazza di Mercant - 5.


Quand pf
tlrnvaganz della liagion S.

291

269

Quand

na

te

detlippaa, liulriMcm Kor (Oiter dograzi

de Ctovaoinn

189

Bongce)

Quand vedeMcv on pubblegh


Remirava eoa

tutta

devozion

267

5.

foozionari

267

5.

323

Sck del vn per Mencgliin (Drinde*)

Scimei, pure*, bordocch, centpee, tavan


Sciori,

che Kuten c

Se fuu bon de
Se

ik

el

yen

pover Akmctl

SMgnor, sur marche*, l

Sont naMUU
Soni ttaa

soti

a lant Bartolamee

Subet che >evera

ett

in

cojon

mandi,

el

la

me

scrivi quatler

Vuna de

5.

*ti

268
313

.....

5.
S.

233

on unii)

Veni-Borromeo)

142

286

.311

.310

5. (Al P. AIcm. Garioni)

noce de meneman {Framment del


car pader Garion (Madrigale)
vers ambrotian

297

no me sconfond; adess n'hoo auce -5.

Vegneva inanz

293

5. (Notizie autobionrafichr)

Varon, Magg, Balettree, Tanz, e Parin

Ve
Ve

.131

l'Abbaa Giavan)

roent (Per nozze

a on tavoiin

Sura Peppina, n'hoo pien


viit,

5. (Per

lece dea di infila* (Lettera a

in

Slracch de volti tanti penaer

T'hoo

375

EIcna Mileii)

(Per l'Abbaa Giavan)

marches

l'

S.

5.

viaggiator ci le fud* propott

290

.S.

(A

all'improvvita

milane* col icriv in milanes

Se on

...
e.

Il)

....

(Al sur Tommas GroM)

maltin, tornand indree (El Miterere)

311

65
369

356
360

!S8^J&!$H***^.S^^

INDICE
Proemio

........
A

Madini Aw. Pietro


Giardino

Verga

Dott.

Prefazione
I

Ettore

Carlo

la

Societ

del
II

30

.....

Milano con Carlo Porta

prima edizione

alla

Porta

67

69

Della versione dell'Inferno di Dante.

II.

Sestine

Ili

Ottave

107
.

187

219

IV

Qyartine

Odi

VI

Sonetti

281

VII

Ditirambi

321

235

e Canzoni

347

Vili. Poesie varie

IX.

Appendice

Glossario

di voci

dubbio,

Rime
milanesi

illustrate nelle

scritte

per

antiquate

note

al

la

Societ del Giardino 371

....

oppure di

testo

significato

Indice alfabetico dei capoversi dei singoli componimenti

383
393

PLEASE

CARDS OR

SlIPS

UNIVERSITY

PQ
A730
P7A17
1921

DO NOT REMOVE
FROM

THIS

OF TORONTO

POCKET

LIBRARY

Porta, Carlo Antonio


Melchiore Filippo
Poesie milanesi

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