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METAFISICA DEL PROCESSO

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INCIPIT
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1) introduzione
Oggetto dellargomentazione giuridica motivare, giustificare il diritto, esaminare le
condizioni che rendono possibile motivare in particolare la sentenza, cio il diritto che producono i
giudici e che i tedeschi chiamano Richterrecht. Le leggi, i decreti legislativi, le delibere della
pubblica amministrazione, il diritto di formazione consuetudinaria, il diritto giurisprudenziale, i
trattati internazionali, lo ius cogens della giustizia internazionale, perfino loralit del processo,
sono tutti fenomeni giuridici. Pu lattivit legislativa esaurire tutti i campi di previsione della
realt? I giudici possono ricorrere al legislatore ogni volta che necessario interpretare una legge o
farne una nuova? No, perch si avrebbero paralisi dei processi e violazione del principio di
separazione dei poteri. La ragione e le procedure poste in essere dal legislatore sono diverse da
quelle del giudice che emette una sentenza:
1) VALORE/VALIDIT: nellattivit del legislatore prevalgono giudizi di valore: il
legislatore pone (setzen) le leggi; lattivit del giudice sembra fondata sulla validit, perch
essa presuppone (voraussetzen) le leggi.1
2) PI RISPOSTE/UNA RISPOSTA: il legislatore pu dare risposte molteplici e diverse ad
un unico problema politico-sociale. Invece la soluzione del giudice una e una sola: se muta
la sentenza, cambiato anche il giudice (es. altri gradi del giudizio che non confermano la
sentenza del giudice di prime cure), finch non si arriva a una sentenza inappellabile (senza
la quale non si avrebbe certezza del diritto e lordinamento vanificherebbe se stesso). Perci
non ha senso parlare di antinomia tra sentenze, mentre essa vi pu essere per le leggi.
3) MOTIVAZIONE: il giudice ha lobbligo formale di motivare una sua sentenza; obbligo
che non grava, invece, sul legislatore.

Vi sono poi due fenomeni giuridici particolari:


1) quelli che Rodolfo Sacco definisce crittotipi, cio il c.d. diritto muto, una giuridicit che
non scritta, codificata (ne un esempio la norma fondamentale di Kelsen, che alla base
dellordinamento giuridico): si tratta di principi logici dellordinamento che non hanno una
espressione nomografica, ma sono alla base della costruzione giuridica; essi sono impliciti
perch sono il prodotto di un esercizio spontaneo del diritto, e sono logicamente collegati
con i doveri giuridici (che, al contrario, sono codificati);
2) quel diritto che Gustav Radbruch chiama diritto sovralegale, cio il diritto che al di
sopra delle leggi (la costituzione federale tedesca allart 20.3 afferma che il diritto non
coincide con la totalit delle leggi scritte: quindi distingue la legge dal diritto, per cui il
diritto non linsieme delle norme scritte) e che quindi non pu essere neppure violato dalle
leggi: sicch, quando le leggi entrano in conflitto con questo diritto, esse cedono e devono
essere dichiarate invalide.
Da ricordare che il crittotipo non diritto sovralegale: il primo non al di sopra della legge, ma
collegato alle leggi.

Lart. 544 ter c.p. punisce chiunque maltratti gli animali. Secondo il giudizio di valore lart 544
giusta; secondo il giudizio di validit la norma valida. Il primo giudizio spetta al legislatore, il
secondo al giudice.

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Un ordinamento giuridico sicuramente diverso da un ordine delinquenziale: un ordine del tipo o


la borsa o la vita non una norma giuridica. Sono fenomeni diversi che hanno unontologia
diversa. Secondo Cotta la differenza specifica sta nel fatto che:
1) le regole delinquenziali si basano sulla costrizione, che vincola il soggetto in base alla
potenza e finch questa viene esercitata o temuta. Chi dice o la borsa o la vita persegue
leffetto di una decisione soltanto arbitraria, e non intende accennare ad una giustificazione
o motivazione: vuole ottenere la consegna della borsa e basta, senza discutere. Qui si ha una
pura sopraffazione;
2) le regole giuridiche si basano sullobbligo, che vincola il soggetto dallinterno, in quanto
egli convinto di dover rispettare tale obbligo: il senso comune ci dice che la regola
giuridica obbligatoria, quella delinquenziale no. Non si ha una pura sopraffazione, ma una
pretesa giuridica.
La giurisprudenza tedesca (dopo la seconda guerra mondiale) che ha giudicato i crimini della
Germania, ha affermato il principio che ci sono delle leggi che il legislatore pu porre, ma che non
hanno e non possono mai avere validit giuridica: molte tragedie del 900, infatti, sono sorte
proprio sulla base dellidentit tra giuridicit e qualcosa che invece non ha nulla di giuridico e che
richiama il diritto prodotto dal giudice, cio la sentenza. Lesperienza umana non permette di
immaginare un ordine giuridico che contenga leggi come quelle razziali o la schiavit.
Uningiustizia prodotta dalle leggi che irriconoscibile per la nostra coscienza storica, quale quella
vissuta nella Germania nazista, stata necessariamente riconosciuta dalla giurisprudenza postbellica
come un fenomeno non giuridico: per cui se vi un diritto sovralegale pu esserci anche un torto
legale. Tutto il concetto pu essere spiegato con la tesi a tutti nota come formula di Radbruch.
Secondo tale tesi, leventuale conflitto tra il valore della giustizia e quello della certezza del diritto
si pu risolvere con la preminenza del diritto positivo (certezza del diritto), finch esso non
raggiunge un tale grado di intollerabilit, in quanto legge ingiusta, da rendere inevitabile
larretramento di essa di fronte alla giustizia2. In particolare, quando il diritto positivo nega di
proposito il principio di uguaglianza che costituisce il nucleo essenziale della giustizia, allora si
dinnanzi non solo ad un torto legale (e dunque ad una legge ingiusta) ma anche al non
diritto (ossia ad una legge che non ha validit giuridica). Nessuno metterebbe in dubbio la
giuridicit di molte sentenze in Germania a partire dalla seconda met del 900, eppure le loro
premesse non si basano esclusivamente sulla legalit! La cosa straordinaria che esse si basano
piuttosto da una parte sul diritto sovralegale, su un diritto cio che si distacca dalla legge scritta,
avvertita come ingiusta, e dallaltra su un diritto sottolegale come quello di una sentenza di
assoluzione (che il prodotto di un arbitrio, di unassenza di logica nel processo). Allo stesso modo
non si possono disconoscere per la giurisprudenza penale internazionale le norme imperative al di

Il decr. 11/1941 di attuazione della legge sulla cittadinanza tedesca privava di cittadinanza gli
ebrei emigrati allestero, per motivi razziali. Un avvocato emigr ad Amsterdam poco prima dello
scoppio della II guerra mondiale. Il tribunale costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht)
nel 1968 concluse che lavvocato non aveva mai perso la cittadinanza perch la regola era invalida
ex tunc. Oppure Radbruch cita una sent. del trib. di Wiesbaden che dichiara la nullit ex tunc delle
leggi che nel periodo del Terzo Reich avevano stabilito la confisca di tutti i beni degli ebrei in favore
dello stato nazionalsocialista. Il tribunale sanc che quelle leggi non avevano mai avuto validit,
perch questultima compromessa nel caso di ordini impartiti a scopi criminali.

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sopra del diritto legale: eppure esse si basano su uno ius cogens3 e non su un diritto strettamente
legale!
La questione si pu collegare alla tesi di Kelsen sul carattere dinamico dellordinamento
giuridico. Se si guarda al mondo medievale, gli autori delle leges sono tanti: il populus, la plebe, il
senatus, il princeps, la civitas. Il numero delle fonti farebbe pensare alla mancanza di universalit
delle leggi, ma non affatto cos perch allora luniformit del diritto era garantita dalla volont di
Dio immanente in ogni legge. Nel diritto moderno invece, secondo Kelsen, luniformit deriva dalla
forma e dal modo in cui le leggi sono prodotte (=atto di posizione del legislatore). La legge valida
se posta in modo legittimo; la sentenza valida se emanata da un giudice competente. Tuttavia
anche questo formalismo kelseniano non spiega come mai la logica nelle sentenze possa essere
contradditoria. Ad esempio, se dovessimo utilizzare un sillogismo aristotelico, data la premessa
maggiore Tutti i ladri devono essere puniti e data la premessa minore Schulze un ladro, a
rigor di logica la conseguenza sarebbe Schulze deve essere punito, altrimenti si cadrebbe in aperta
contraddizione. Invece nelle sentenze si pu arrivare anche alla conclusione che Schulze non debba
essere punito, perch entrano nel processo mille altre norme, casistiche, eccezioni, esimienti,
aggravanti e attenuanti. Perci la teoria di Kelsen riduttiva: non basta il ricorso alla logica, alla
validit, al rigore: bisogna cercare altrove, magari nellestetica, nella retorica o nella metafisica. Ma
questo si vedr pi avanti. Andiamo per ordine, riflettiamo sulla logica e in particolare sul
sillogismo.

2) il sillogismo giudiziale
Compito della filosofia ricercare non quello che realmente accaduto, ma ci che potrebbe
accadere, in modo da ricavare i limiti possibili dellazione giuridica: questo vale anche per la teoria
generale del processo. Una tesi sul processo quella presentata da Kelsen in un saggio del 1928 (e
poi successivamente riproposta in altre sue opere). Al centro della tesi vi il sillogismo, che una
forma di inferenza che conosciamo gi dai tempi di Aristotele, caratterizzato da due premesse e da
una conclusione. Per aversi una forma inferenziale, la premessa maggiore e la premessa minore
devono essere collegate da un c.d. termine medio, e devono portare ad una conclusione: la
conclusione non aggiunge una proposizione vera ad altre, ma si limita a mostrare il significato delle
premesse. Esempio di sillogismo:
tutti gli uomini sono mortali: premessa maggiore
Socrate un uomo: premessa minore
Socrate mortale: conclusione
Kelsen applica il sillogismo al processo, creando cos il sillogismo giudiziale, dove la conclusione
il contenuto del giudizio del giudice. Nella teoria di Kelsen nella premessa maggiore del sillogismo
giudiziale si trova la questio iuris (cio la norma generale, il dato oggettivo), nella premessa minore
vi la questio facti (cio levento storico, il fatto realmente accaduto); in base alla filosofia
aristotelica, la conclusione dovrebbe essere:
tutti i ladri devono essere puniti: premessa maggiore
Tizio un ladro: premessa minore
Tizio deve essere punito: conclusione (aristotelica)
tuttavia si potrebbe anche verificare il caso in cui tizio non venga punito (per varie motivazioni),
nonostante sia un ladro. Tale tesi di Kelsen sconvolgente perch la conclusione del tribunale
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La locuzione latina ius cogens ("diritto cogente") indica, nel diritto internazionale, le norme
consuetudinarie che sono poste a tutela di valori considerati fondamentali e a cui non si pu in
nessun modo derogare. Lo ius cogens percepito dai membri della cosiddetta comunit
internazionale (gli Stati in particolare) come diritto assolutamente inderogabile.

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competente contraddittoria: egli si chiede quindi se la sentenza sia valida (anche se potrebbe
essere riformata nei gradi successivi). Per rispondere bisogna entrare nella logica del processo, cio
vedere le caratteristiche della forma inferenziale del sillogismo giudiziale. Secondo la teoria
dellargomentazione giuridica ci sono tre modelli tipici della stessa logica inferenziale che portano a
tre esiti diversi:
1) modello analitico o formale. esso si sviluppa tra la fine del 700 e linizio dell800, ed
caratterizzato dallidea che il diritto si possa tradurre in norme chiare, univoche, che non si
prestino alla molteplicit dei sensi: per cui la codificazione nasce per assicurare certezza al
diritto (sicch il giudice deve essere la bocca del diritto). Con tali premesse si sviluppa
unidea secondo cui linferenza del sillogismo giudiziale si basa su premesse oggettivamente
vere, per cui se la premessa maggiore (la norma generale) e la premessa minore (fatto
storico accaduto) sono vere, deve scaturire per forza una conclusione consequenziale
sicuramente vera. Il compito del giudice quindi solo quello di esplicitare la volont di
queste premesse (perch le norme sono gi esistenti), e non quello di creare nuove norme
(compito del legislatore). Sintatticamente il passaggio da una norma generale contenuta
nel codice a una individuale che la sentenza; semanticamente tale passaggio assicurato
dalla possibilit di far rientrare oggettivamente il significato di una proposizione particolare
(Schulze un ladro) in quello di una proposizione generale (Tutti i ladri devono essere
puniti). La forma inferenziale del sillogismo giudiziale rigorosa: il giudice non
legislatore e deve quindi applicare le leggi senza nessuna dimensione creativa, per evitare
una discrezionalit e valutazione soggettiva, determinando cos lincertezza del diritto. Un
esempio pratico:
una norma giuridica vieta la vendita di beni alterati nella sostanza e nella funzione,
specie se vi sono difetti non rilevabili attraverso unispezione ordinaria (premessa
maggiore o quaestio iuris);
la bottiglia di limonata nel caso Daniels conteneva dellacido fenico, alterazione
non rilevabile con unispezione ordinaria (premessa minore o quaestio facti);
la conclusione che vi stata la violazione di una norma giuridica in quanto il
prodotto venduto non aveva i requisiti per essere messo in commercio: la
conseguenza la condanna di chi ha venduto un bene con queste caratteristiche.
La forma inferenziale della scuola dellEsegesi quella del modus ponens e del modus
tollens elaborata dalla scuola stoica del 300 a.c., immediatamente successiva alla scuola di
Aristotele:
modus ponens. Se la premessa condizionale vera, ed vero anche lantecedente, il
conseguente soltanto uno, e non pu che essere vero. Quindi in qualsiasi caso se
c P (fattispecie penale), allora ci deve essere Q (conseguenza giuridica). una
proposizione possibile solo se vi un nesso necessario tra P e Q (dove ad esempio P
indica lessere uomo di Socrate e Q lessere mortale, ed allora la conclusione
lessere mortale di Socrate)
modus tollens. Se la premessa condizionale vera, ed vero anche lantecedente
(che negativo), il conseguente soltanto uno, e non pu che essere vero. Quindi in
qualsiasi caso se c P allora non ci deve essere Q. Un esempio il metodo di
indagine di Sherlock Holmes: nelle stalle vi era un cane che abbaiava sempre
allarrivo di visitatori estranei. Il giorno in cui fu rubato un cavallo, il cane non
abbai. Per questo motivo il ladro doveva essere un conoscente e non un estraneo
I limiti della logica del sillogismo analitico formale della scuola dellEsegesi che
strettamente deduttivo: considera sicuramente vere le premesse, e quindi sicuramente vera
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sar la conclusione: non considera quindi che le premesse potrebbero non essere vere. Due
considerazioni fondamentali:
potremmo avere una forma inferenziale sillogistica valida anche se le proposizioni
non sono sicuramente vere (ad esempio tutti gli uomini sono lupi premessa
maggiore; Socrate un uomo premessa minore; Socrate un lupo conclusione.
In questo caso la premessa maggiore sembrerebbe falsa, ma in realt Hobbes
sosteneva che ogni uomo un lupo: quindi questa proposizione finisce per essere
vera per alcuni e falsa per altri. La premessa possibilmente vera)
non per il solo fatto che le proposizioni siano vere, entrano in una forma inferenziale
di tipo sillogistico (ad esempio ogni corpo esteso; ogni scapolo un non sposato;
tutto ci che si muove mosso da altro. Queste tre proposizioni sono tutte vere, ma
non rispettano la forma inferenziale del sillogismo)
2) modello dialettico o retorico. Non pi la logica delle proposizioni sicuramente vere, ma
la logica di quelle possibilmente vere, cio delle proposizioni che hanno riguardo degli
opposti (il sacerdote che predica di fronte ai fedeli della sua chiesa presuppone ladesione di
tutti i credenti ai testi sacri ed ai dogmi ricevuti. Ma questo solo per i credenti. La stessa
predica presentata ad un gruppo di filosofi scettici o ai seguaci di una religione diversa
rischia addirittura di apparire ridicola). In questo modello le premesse sono possibilmente
vere e dunque anche possibilmente false (ad esempio, tutti gli uomini sono lupi), e di
conseguenza anche la conclusione pu essere possibilmente vera o possibilmente falsa.
Il processo giuridico non si comporta come il gioco. Le regole di un gioco sono indipendenti
da una particolare credenza dei giocatori: sono regole univocamente costitutive, non
ammettono cambiamenti del genere. Nel gioco, normalmente, chi gioca secondo altre regole
non che giochi male: egli semplicemente gioca un altro gioco. Ad esempio nel gioco degli
scacchi non confonderemmo mai il re con la regina, ed i giocatori di scacchi sanno bene
quando si ha scacco matto: soltanto certe mosse possono mettere il re sotto scacco. Un
pezzo ci che in virt delle sue regole. Nel diritto la situazione diversa. I fatti giuridici
non hanno, neppure in astratto, una fissit di senso su cui tutti concordano. La regola
complessa, costantemente sottoposta al tiro alla fune di interpretazioni diverse, qualche volta
opposte tra loro. Quando poi si passa dal piano astratto a quello concreto, lopinabilit dei
giudizi si infittisce ancora di pi; pu anche accadere che un contendente (e vi pu essere
lappoggio del giudice creativo), cambi le regole del gioco durante il gioco stesso.
Perelman (creatore della nuova retorica) afferma che il giudice produce proposizioni che
non necessariamente sono vere per tutti, ma sono vere per alcuni e false per altri: per cui il
processo giuridico si discosta dai sistemi formali. Lambito giudiziario diverso da quello
matematico-geometrico; scrive Perelman: in un sistema formale baster applicare
correttamente le regole ammesse e gli assiomi enunciati per dimostrare i teoremi, e se la
dimostrazione corretta bisogner accettare il risultato ottenuto ed ammettere la verit del
teorema. Non per lo stesso quando si argomenta, perch le tecniche argomentative, anche
se partono dallo stesso punto, conducono a conclusioni diverse ed in qualche caso persino
opposte; largomentazione non mai vincolante, come invece la dimostrazione, ed per
questo che si sar piuttosto daccordo sul punto di partenza che non sulle conclusioni
delloratore. Perelman fa un esempio di questa imprevedibilit del ragionamento giudico:
lart. 97 della costituzione belga del 1831 dichiara che tutte le decisioni sono motivate.
Esse sono pronunciate in seduta pubblica; eppure la Corte dei Conti, fin dalla sua
creazione, ha sempre motivato le proprie decisioni senza mai pronunciarle in una pubblica
seduta.
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Il modello della nuova retorica spiega cosa succede in tutti quei processi che prevedono
un giudizio collegiale, come nel caso del diritto inglese, dove le corti dappello sono
costituite da tre o pi giudici e dove la sentenza un voto a maggioranza semplice dei
giudici, che possono addurre anche argomenti opposti tra loro.
3) modello fuzzy (fazi), sviluppato nella letteratura anglosassone negli anni 70. La logica
fuzzy afferma lesistenza di proposizioni che non sono n sicuramente vere o false, ne
possibilmente vere o false, ma una logica che punta al discorso di verit per
approssimazione, cio di proposizioni pi o meno vere, o abbastanza vere, o non del tutto
vere e non del tutto false. Secondo i sostenitori di questo modello la decisione giudiziale
solo una conseguenza della fuzziness (indeterminatezza o vaghezza o genericit) che
caratterizza le diverse forme di linguaggio giuridico (ad esempio, si pensi alla motivazione
insufficiente in una sentenza: il modello fuzzy aiuta a salvare il salvabile. Cio fa si che la
sentenza sia emendabile, a differenza della manifesta illogicit della motivazione che causa
linvalidit della sentenza). La logica fuzzy sembra toccare il sillogismo giudiziale quando
pensiamo al nostro sistema penale con riferimento alla sanzione, perch la pena graduata
in base alla gravit del reato (in realt nei nostri ordinamenti raro che vi sia una norma
incriminatrice a pena fissa. La pena spazia tendenzialmente da un minimo ad un massimo,
ed in tale spazio di fuzziness si inserisce la discrezionalit del giudice circa la scelta della
conseguenza giuridica). Se ci si dovesse tradurre nel modus ponens non avremmo se P
allora Q, ma se P (fattispecie penale) allora Q1 o Q2 o Q3.. (le diverse possibili
conseguenze giuridiche); e si potrebbe continuare a parlare di una verit fuzzy anche a
proposito del giudizio di equit.
Tutti e tre i modelli per presentano un limite:
1) esterno, in quanto tutti e tre i modelli prendono in considerazione il discorso apofantico
(cio il sillogismo inerente al discorso vero o falso); invece, il discorso giuridico contiene
anche norme predicabili di validit.
2) interno, in quanto, posto che il sillogismo giudiziale sia identico a quello apofantico,
ognuno dei modelli, preso da solo, insufficiente a spiegare la logica del processo.

3) differenza tra verit e validit


Il dovere giuridico non vero o falso, come sono vere o false le proposizioni della matematica; il
dovere giuridico predicative di esistenza o non esistenza. Lesistenza specifica del dovere
giuridico la validit giuridica4. Una norma invalida non una norma, mentre una proposizione
falsa continua a essere una proposizione. Probabilmente una causa della confusione tra verit e
validit sta nella mancata distinzione tra semantica e pragmatica del linguaggio. La funzione
pragmatica identifica luso che si fa di un certo enunciato; il valore semantico coincide con il
significato delle parole. Le norme sono, da un punto di vista semantico, enunciati dotati di
significato, la cui grammatica per indifferente agli usi che se ne possono fare. Le stesse parole
hanno un uso diverso: sono le parole di una norma, oppure di un enunciato sulla norma.

Vi una differenza tra lattivit del legislatore e quella del giudice. La giurisdizione ripete in
astratto una proiezione ortogonale della legislazione: alla legislazione corrisponde una
giurisdizione, tuttavia esse sono due cose diverse:
1) gli atti di legislazione sono atti che creano nuovo diritto rispetto al diritto che si ha;

Secondo Kelsen ci che conta la corrispondenza di una norma alla forma stabilita
dallordinamento. Non conta quel che la norma dice, conta il modo in cui posta.

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2) gli atti di giurisdizione sono atti che creano nuovo diritto dal diritto che si ha.
non possibile unattivit legislativa che occupi indifferentemente lo spazio della giurisdizione; il
legislatore che volesse occuparsi della totalit dei fatti dovrebbe compiere unopera senza fine:
sarebbe come limpresa di disegnare una mappa grande quanto il territorio da rappresentare.
Vediamo alcune differenze, per rimarcare la specificit della giurisdizione: (vedi pag. 1!)
1) nellattivit del legislatore prevalgono giudizi di valore: egli pone le leggi e presuppone la
giustizia di esse; lattivit del giudice invece, sembra fondata sulla validit (piuttosto che sul
valore) delle leggi: essa di regola presuppone le leggi, ma non la loro giustizia (esempio:
poniamo che la norma in questione sia lart 544ter del c.p. italiano, che punisce chiunque
maltratti gli animali. Qui sono possibili due giudizi: un giudizio di valore la norma
contenuta nellart 544ter giusta ed un giudizio di validit la norma contenuta nellart
544 ter valida. evidente che il primo di questi giudizi spetti di pi al legislatore, mentre
il secondo al giudice);
2) unaltra differenza che il legislatore pu dare molteplici risposte ad un unico problema
politico-sociale: il legislatore pu tornare a legiferare sulle stesse materie, disponendo anche
in maniera difforme (con tutti i problemi che ne derivano: vi infatti un proliferare continuo
di leggi che accresce a dismisura il pericolo di antinomie e conflitti fra norme, alimentando
confusione sul piano legislativo); invece la soluzione del giudice obbligatoriamente una ed
una sola: se muta la sentenza, cambia anche il giudice (nei vari gradi del processo il verdetto
pu anche variare, ma il giudice sicuramente un altro);
3) infine, un compito specifico della giurisdizione quello di motivare le sentenze: il giudice
ha lobbligo formale di motivare le sue decisioni (lart 111.6 cost dice che tutti i
provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati); lattivit del legislatore, che pure
lattivit pi politica ed incisivamente strutturante della societ, non prevede una
motivazione in forma giuridica delle leggi. paradossale, ma cos.
Ora, tutti e tre i modelli esaminati servono sicuramente a rafforzare lidea che il processo abbia in se
una logica: bisogna ora capire qual . Si da per scontato che il discorso giuridico sia fondato sui
predicati classici di verit o falsit: si discute sempre di premesse o conclusioni vere o false. Delle
norme possiamo dire che sono vere o false o se sono valide o invalide? Delle norme si predica la
validit: per esempio lart 544 ter, che dal 2004 punisce il maltrattamento degli animali, una
norma valida che esiste nellordinamento giuridico. Se prendiamo la conclusione del sillogismo
giudiziale, cio la sentenza, questa sembra una norma. Stando a quello che dice Kelsen, anche la
premessa maggiore una norma, perch non una proposizione che descrive un fatto. Invece il
giudice, attraverso unattivit ermeneutica, non produce la norma generale, ma quello che il
giudizio sulla norma generale. Si pu allora dire una cosa a cui Kelsen non pensa, e cio che
nella norma generale si assuma unasserzione su una norma: tutti i ladri devono essere puniti
non sarebbe la norma, ma unasserzione sulla norma, per cui di essa si pu predicare la verit o
la falsit.
Delle norme invece non si pu predicare il vero perch non descrivono qualcosa, si pu dire solo se
esistono o meno nellordinamento giuridico, se cio sono valide o invalide. La verit lascia il posto
alla validit; il dovere giuridico non vero o falso (come sono vere o false le proposizioni della
matematica), predicabile di esistenza o non esistenza. I modelli classici non tengono conto di
questo, basandosi solo sulla logica del vero o falso. Allora la conclusione del giudice, che prescrive
un dovere che prima non cera, predicabile di validit, e per essere valida deve esser prodotta da
un atto qualificato. Quindi, perch il sillogismo giudiziale abbia la forma inferenziale del sillogismo
classico, dovrebbe giungere a proposizioni tutte predicabili di verit; nel sillogismo classico una
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conclusione illogica sarebbe falsa, mentre nel sillogismo giudiziale una sentenza illogica emessa
da un tribunale comunque valida perch quello il tribunale competente.

Qual la differenza tra verit e validit?:


1) secondo il significato, per verit di una proposizione si intende la corrispondenza tra la
proposizione e lo stato di cose che descrive (la proposizione gli studenti dormono alle
lezioni di filosofia vera se vi il fatto corrispondente, falsa in caso contrario); la validit
di una norma la sua esistenza in un ordinamento: una norma valida una norma che esiste
nellordinamento, una norma invalida una norma che non esiste nellordinamento
2) circa il senso (o operativit) dei predicati logici di validit o invalidit, una norma invalida
non una norma, mentre una proposizione falsa continua ad essere una proposizione (ad
esempio, bench la proposizione la chimera rest immortale sia falsa, poich non
corrisponde al fatto che essa descrive la chimera fu uccisa da Bellerofonte -, si tratta lo
stesso di una proposizione. una proposizione falsa).

Gli equivoci in cui si cade quando si parla di sillogismo giudiziale sono tre:
1) la mancata distinzione tra semantica e pragmatica del linguaggio, che crea confusione tra
verit (o falsit) e validit (o invalidit). Questo perch la semantica (cio le parole usate)
pu avere varie funzioni pragmatiche (con le stesse parole si possono ottenere effetti
diversi). Uno stesso enunciato pu avere usi diversi. Pu essere: unasserzione su una
norma; unipotesi statistica su un fatto; o pi propriamente una norma. La funzione
pragmatica identifica luso che si fa di un certo enunciato, mentre il valore semantico
coincide con il significato delle parole, per cui le stesse parole hanno un uso diverso: sono le
parole di una norma oppure di un enunciato su una norma (esempio: la funzione pragmatica
dellenunciato vietato fumare pu essere quella di essere una norma prodotta dal
legislatore: in questo caso sar una soll-norm dovere contenuto nella norma perch
esprime un divieto; oppure pu svolgere una funzione semantica diversa, per esempio
riferita a quello che dice il giurista quando vuole dare una notizia: in questo caso sar una
soll-sazt asserzione su qualcosa);
2) la coincidenza tra validit e verit come corrispondenza secondo la tesi di Kalinowski,
esponente della Neoscolastica del 900, per la quale vi una realt deontica precostituita
rispetto le norme del legislatore, il quale non fa altro che descrivere questa realt deontica.
In realt non il legislatore che crea obblighi, divieti, permessi: il suo linguaggio sta a
descriverli, non a sostituirli;
3) il linguaggio delle norme risale ad un linguaggio apofantico (descrittivo). Invece le norme
non descrivono, ma prescrivono: sono costitutive di qualcosa. vero che ci sono norme
tecniche descrittive come lart 1350 (che richiede per il trasferimento della propriet di beni
immobili la forma scritta), senza le quali ugualmente gli atti avrebbero una determinata
forma, ma queste norme sono anche costitutive, in quanto sono un rafforzamento di quelle
situazioni giuridiche (la forma degli atti) che non risalgono a realt deontiche.

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4) la logica del processo


Per scoprire se possibile una logica del processo fondamentale capire bene la tesi di Kelsen.
Secondo la teoria tradizionale ci sono tre modelli del sillogismo giudiziale che sono isomorfi, cio
hanno la stessa forma inferenziale del sillogismo classico. Il problema che pone Kelsen che in
realt il sillogismo giudiziale non pu essere considerato isomorfo al sillogismo classico
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aristotelico, perch le proposizioni del sillogismo giudiziale sono norme che non sono predicabili
di verit o falsit: le norme non descrivono, ma prescrivono qualcosa, sono costitutive di
qualcosa.
Il nodo cruciale affrontare la logica del processo perch se invece di un predicato di verit si
introduce un predicato di validit, i risultati sono sorprendenti: nel sillogismo aristotelico una
conclusione che in contraddizione con le premesse illogica, mentre nel sillogismo giudiziale
una conclusione (la sentenza del giudice), qualunque sia, non illogica, ma valida (perch
pronunciata da una corte competente). C allora una logica nel processo? Lesito di Kelsen
quindi un esito irrazionalistico: Kelsen dice che quella sentenza valida, ma il processo non ha una
logica, il diritto non ha una logica. Le norme traggono validit dalla forma, dagli infiniti atti di
imposizione del legislatore, piuttosto che dal contenuto. Un testo di legge o una sentenza sono pi
che altro dei contenitori, mentre i contenuti restano fenomeni secondari. Secondo Kelsen la norma
individuale il ladro Schulze deve essere punito pu valere come norma positiva solo se stata
posta da un giudice competente, per cui lesistenza della norma non una condizione sufficiente:
occorre sempre che un tribunale pronunci la sentenza che valida perch posta da unautorit
competente. Di qui la tesi che arriva al c.d. Nichilismo, lirrazionalismo giuridico di Kelsen
secondo cui il processo non ha una logica, ma si basa sugli atti qualificati di produzione di
norme, quindi latto del magistrato competente che potrebbe produrre una sentenza anche opposta.
Per Incampo invece il diritto non una qualsiasi cosa, ha una sua ontologia e quindi anche una sua
logica con delle regole; quindi anche la validit ha una sua logica. Secondo Incampo che la sentenza
sia un atto in grado di contraddire le premesse non significa che sia totalmente priva di condizioni;
in pi la logica della validit degli atti mette bene in evidenza alcune regole che non sono il frutto
unicamente della volont o del capriccio: anche la validit degli atti forma il contenuto di una
scienza possibile (di qui la metafisica).
Per cercare una possibile logica del processo possiamo considerare almeno tre metodi,
nonostante la preoccupazione di Hegel che un metodo potrebbe alterare loggetto; comunque c
bisogno di un metodo, il sapere implica un metodo: si stabiliscono prima i mezzi e il tipo di
conoscenza, poi la conoscenza stessa. Solo superando la paura del metodo si apre un nuovo sentiero
della verit. Esso si rivela qualcosa che ben oltre un semplice mezzo per indagare la verit: un
po come il recipiente che permette di derivare in anticipo la consistenza, il peso e forse anche la
natura di ci che va a contenere. Le tre forme dellesperienza della persona e nello stesso tempo tre
diverse angolazioni della teoria del processo sono, in ordine:
1) lestetica o sensibilit/pathos (come scienza delle emozioni giuridiche fondamentali vissute
dai giudici). Il giudizio estetico il giudizio fondato su unintuizione soggettiva immediata:
lemozione o la libera sensazione di un singolo soggetto dinnanzi ad un oggetto. Il giudizio
estetico eleva le proprie emozioni particolari a regola universale, mostrando di ispirarsi al
modo di rappresentare il mondo da parte di tutti gli altri uomini (se vedo un quadro e mi
piace, penso che possa piacere a tutti: comunicare una frase del genere a chi so che non
daccordo non ha molto senso). Ci che si prova non riguarda solo se stessi, ma nasce dalla
costruzione di un senso comunitario: nel passaggio da particolare ad universale trapela il
senso comunitario che noi cerchiamo.
Il metodo della ragione giuridica non si differenzia molto dal metodo del giudizio estetico:
vi sono infatti anche emozioni giuridiche fondamentali. In generale le emozioni sono la
reazione degli uomini allesperienza delle tante ferite direttamente subite, o di quelle vissute
indirettamente attraverso il corpo ferito ed il vissuto violato dagli altri (gli uomini sono
vulnerabili, per questo hanno bisogno di leggi che in qualche maniera li regolino; gli dei, ad
esempio, essendo onnipotenti, onniscienti, sono invulnerabili e avere delle leggi per loro non
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ha senso). Esistono anche emozioni giuridiche fondamentali. Anche se non vi fossero leggi
che proibissero lomicidio, si riterrebbe comunque sbagliata la possibilit da parte degli
uomini di privarsi deliberatamente lun laltro della vita; un altro esempio potrebbe essere la
considerazione di Dostoevskij: non si capisce assolutamente perch i bambini debbano
soffrire (e parliamo solo dei bambini affinch la conclusione sia pi evidente): questo
giudizio ha la sua spiegazione in un sentimento fondamentale. Gli esempi denunciano la
profonda contrariet di alcune azioni rispetto al diritto; non una semplice situazione di
illegalit o di non conformit di un comportamento ad una norma, semmai lassoluta
controgiuridicit di un fatto: non vi potrebbe mai essere un diritto in grado di fondare la
legalit di certe azioni. Qui il pathos della ragione giuridica. Il giudizio estetico, tuttavia,
non fa che preannunciare il pensiero metafisico: sar la metafisica a cercarne
successivamente il logos.
2) la retorica o volont/ethos (per cercare le condizioni che rendono possibile la decisione
giuridica). Attraverso la retorica la dottrina del processo scienza del particolare e della
politica, scienza del diritto come decisione giudica (se si ragiona in termini di vero e di
valido: la retorica trasforma luniversalit del vero nella particolarit del valido; la verit
delle premesse del sillogismo giudiziale nella validit delle sentenze). Il sillogismo
giudiziale mira a motivare una sentenza, cio la decisione che frutto della volont del
giudice, ed inevitabile in virt:
o di un obbligo (sollen). In tutte le codificazioni moderne il giudice ha esplicitamente o
implicitamente lobbligo di decidere. Il codice napoleonico, al quale tutte le
codificazioni grosso modo si rifanno, esclude espressamente allart.4 la facolt di
giudice di denegare giustizia, prevedendo come reato di diniego di giustizia il rifiuto di
emettere una sentenza in ragione, o a pretesto, del silenzio, delloscurit o insufficienza
della legge. Forse il medico pu astenersi dal fare diagnosi quando le notizie che ha sono
insufficienti a stabilire uno stato di malattia del paziente; il giudice invece, anche di
fronte al dubbio, deve comunque stabilire la ragione o il torto nel processo civile, e
linnocenza o la colpevolezza nel processo penale
o di una necessit (mssen). necessit naturale che il giudice giunga ad un giudizio:
infatti leventuale astensione dal giudizio di per se gi un giudizio. Come afferma
Amedeo Conte: decisione la stessa decisione negativa, anzi decisione la stessa
astensione da ogni decisione.
3)
la metafisica o ragione/logos (per verificare se il processo ha dei principi, delle
regole universali, perch quella sentenza sia giuridica e che non dipenda dalla volont
del soggetto che la produce). Mediante la metafisica la stessa scienza cerca luniversale
e il fondamento immutabile delle decisioni mutevoli del processo giuridico (se si ragiona
in termini di vero e di valido: la metafisica trasforma la particolarit del valido
nelluniversalit del vero, la validit delle sentenze nella necessit di una motivazione
razionale di esse). Si tratta di vedere cosa vuol dire validit. Se essa lesistenza
specifica (Kelsen) di un atto o di una norma, non si pu evitare la domanda
sullesistenza di qualcosa. Lesistenza contiene principi, altrimenti ogni cosa si
confonderebbe con unaltra (se ci che fa esistere Socrate fosse la stessa cosa che fa
esistere un asino, non distingueremmo Socrate da un asino). Quindi la logica della
validit scienza di questi principi, mette al centro lesistenza giuridica e per questo
ontologia (fa domande sullessere). La metafisica definisce quindi i confini, gli orizzonti
della decisione giuridica: la ragione giuridica, proprio quando lirrazionalismo si
affaccia prepotentemente alla nostra coscienza, riprende i fili della metafisica (passando
!10

dalla retorica). per questo che Incampo ama parlare della metafisica del
processo (vuole stabilire il primato della metafisica).

!11

ESTETICA

La teoria del processo , per questa prima parte, scienza del giudizio estetico. Alla ragione giuridica
si collega, infatti, una sensazione prima o unemozione. Lintuizione soggettiva rappresenta questa
emozione, una pre-comprensione del diritto nellagire quotidiano, indipendentemente dal
riferimento esplicito della legge. Le locuzioni sono del tipo non hai il diritto di offendermi,
giusto darti ci che ti spetta. Si tratta di unintuizione che prefigura in alcuni punti decisivi, senza
una particolare analisi o discussione, un sensus communis, un senso che appare condiviso da tutti.
Questo aspetto della pre-comprensione messo in evidenza anche da Sergio Cotta in il diritto
nellesistenza: .lagire e il parlare quotidiano attestano in modo innegabile che luomo comune
ha una pre-comprensione del diritto sufficientemente adeguata, anche se spesso latente, del proprio
comportarsi quotidiano. Trasmessa dallambiente in cui si vive, dallo stesso linguaggio appreso e
poi usato, tradotta negli atti pi comuni, questa precomprensione appare naturale, nel senso di
familiare, irriflessa, non elaborata intellettualmente. Alcune sensazioni non sono costruite n sono
al termine di sillogismi ben sviluppati: sono simili alle intuizioni dellarte. Kant, nella critica della
ragion pura, ritiene che la natura, rispetto a certi bisogni fondamentali come la giuridicit e la
validit, ha fatto di tutto per rendere conoscibili anche ai fanciulli queste verit, che non sono il
prodotto di una riflessione, ma il prodotto naturale di intuizioni prime del soggetto; esse entrano
nella valutazione giuridica quando si parla del processo perch la natura, di fronte ad un bisogno
cos importante (cio di mettere nelle condizioni di agire in modo corretto), svela subito il
contenuto di questi valori gi quando siamo fanciulli, per cui scritto negli stessi cuori degli
uomini. questa una fenomenologia delle emozioni giuridiche fondamentali. Anche Socrate parla
di intuizioni, di questa verit che lui possiede dentro e che si manifesta come qualche cosa di
divino e demoniacocome una voce che si fa sentire da quando ero fanciullo e che non il
prodotto di riflessioni. Si tratta, come spiega Cicerone in de oratore, di cose radicate nel senso
comune e di cui la natura ha voluto che non vi fosse nessuno assolutamente incapace di sentirle ed
averne esperienza. Chi dice oh, che bel quadro surrealista non fa un ragionamento del tipo:
1) tutta la pittura surrealistica bella
2) Questo quadro di Paul Klee fa parte della pittura surrealistica
3) Dunque, questo quadro bello
Succede semmai il contrario. Ci si muove dallo stupore subitaneo dinanzi ad un quadro, per trarre
poi teorie sofisticate sullo splendore nellarte. Nel gusto e nellolfatto il mi piace o il non mi
piace simpongono irresistibilmente, non sono cio mediati da una particolare riflessione. quello
che accade, ad esempio, per il profumo di una rosa: un piacere trascinante che non ha
necessariamente alle spalle uneducazione; un piacere sempre li, fin dallorigine della mia
scoperta. La stessa cosa si verifica per le reazioni di mi sta bene e non mi sta bene: anche
queste reazioni sono il risultato di una sensazione immediata che non attende l'esito di un'indagine
speciale. Forse proprio per questo non ha senso mettersi a disputare sul gusto (il motto infatti de
gustibus non disputandum). Non manca al sentimento del gusto un grado sufficiente di oggettivit:
un uomo non si appaga di un ornamento se non ne pu condividere con gli altri il piacere; ma si ha
anche un gusto morale: si sar sicuramente restii, in occasione della morte di nostro padre, a
comunicare in pubblico la propria gioia per fini di sola eredit. Al contrario, non sar difficile
affermare che si prova piacere quando si scrivono versi di poesia. Il canone di questi giudizi
evidentemente un sensus communis. Prendiamo posizione sugli eventi interni ed esterni della nostra
vita, senza avere necessariamente conoscenze riconducibili alla ragione. Occorrono solo una base
comune ed un fondamento minimo vitale dellesperienza umana. Da qui si possono trarre ulteriori
considerazioni:
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I) il piacere il piacere disinteressato del bello;


II) limparzialit del giudizio estetico il disinteresse;
III) il sentimento di piacere si riveste di valore nella misura in cui pu essere universalmente
comunicato.
Le emozioni fondamentali prodotte dallesperienza dellumanit, della storia, sono irreversibili:
alcuni giudizi sui diritti delluomo e dei popoli sono irreversibili, cos come non si pu pensare ad
una societ fondata su sistemi totalitari o su leggi razziali; o ancora pensiamo al genocidio, alla
violenza sui bambini, etc. Sono fenomeni improponibili per i quali non c bisogno di un pensiero
filosofico. LEstetica quindi propone emozioni contenute nellintelletto comune: quel sensus
communis che ci fa prendere posizione sugli eventi della nostra vita. Un motivo di riflessione
dellEstetica come ha fatto lumanit del 900 a sfociare nellolocausto e dove era la coscienza
dellumanit:
1) la prima tesi (di ordine storico) del filosofo tedesco Karl Jasper, con lopera la questione
della colpa: i tedeschi si sono resi conto di aver fatto una cosa improponibile, ma a tutto il
popolo tedesco estendibile solo la responsabilit politica (per la quale ogni cittadino
corresponsabile per le azioni compiute dallo stato), ma non la responsabilit morale di chi
ha partecipato intellettualmente o nei fatti ai delitti sotto accusa: per esempio la nomina a
cancelliere di Hitler nel 1933 da parte del presidente della repubblica tedesca Von
Hinderburg implica la responsabilit politica di questi, ma non la responsabilit morale del
genocidio. La responsabilit politica investe tutti, ma questa responsabilit non la stessa di
chi persegue direttamente con l'anima un crimine
2) la seconda tesi (di ordine socio-fenomenologico) quella di Hannah Arendt, secondo cui la
burocratizzazione delle coscienze condotta in modo sistematico dal terzo reich produce la
banalit del male: la morte ed il terrore sono sradicati dalla coscienza ed annientati
davanti al sentimento, sono insomma resi un evento banale. Il male burocratizzato diviso,
frantumato, spezzettato in modo che chi lo compie vi partecipa senza accorgersene; questa
frammentazione ha come conseguenza che chi deve eseguire degli ordini ha una percezione
minore del male che sta producendo, non se ne rende conto. Pi il soggetto distante dagli
effetti o dalle cause della sua azione, pi incapace di distinguere il bene dal male.

L'Estetica come scienza corre senz'altro dei rischi. L'atteggiamento emotivo pu essere il prodotto
di pregiudizi sociali, quando non addirittura disorientato dalla microfisica del male frazionato e
disperso in sistemi che burocratizzano le coscienze. Come evitare questi pericoli? Lasciarsi guidare
dall'esperienza pu essere assolutamente illuminante. L'esperienza storica dell'umanit ha posto le
basi di una scienza dell'esperienza della coscienza sulle rovine di pregiudizi ed atteggiamenti di
rifiuto e di discriminazione non pi sostenibili: in questo senso l'Estetica paragonabile alla
fenomenologia. Ma vi un problema. Sappiamo che sicuramente sbagliata, ad esempio, la
credenza dell'antica Atene secondo cui le donne sarebbero inferiori all'uomo. Il problema che
proprio questa conclusione fa emergere tutta la storicit dell'esperienza della coscienza. Non
ammetteremo pi discriminazioni fra uomo e donna, fra bianco e nero, ne mai approveremo una
qualsivoglia forma di schiavit, e tratteremo sicuramente come fatti orrendi il genocidio e gli altri
crimini contro l'umanit. Ma per gli altri convincimenti? Ad esempio che si dir della vita e della
morte? Vi chiaramente un limite della coscienza di fronte al metodo dell'esperienza: la coscienza
non pu trascendere l'orizzonte di spazio e tempo in cui situata.
Mi chiedo: perch un avvocato che vuole vincere una causa solo per l'onorario, e non perch lui
stesso condivide i propri argomenti, non lo dice esplicitamente? Che dire poi di un giudice disposto
ad assolvere un ladro solo perch ha un bel baffo affascinante, dichiarandolo espressamente nella
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motivazione della sua sentenza? L'intuizione semplice: so che la difesa in giudizio deve essere
fondata su ragioni e non su semplici pretesti. un bene che le decisioni giudiziarie si possano
prevedere in anticipo, grazie all'esistenza di precise regole e criteri di riconoscimento condivisi e
compresi da tutti. Andando verso immagini ancora pi eloquenti sul senso del diritto, nessuno
asserirebbe mai che la pretesa o la borsa o la vita sia una bella pretesa giuridica, e non, invece, un
ordine delinquenziale; non riuscirei neppure ad immaginare un ordinamento giuridico la cui norma
fondamentale fosse: tutti i membri del parlamento sono da un momento in poi liberati da ogni
limitazione da parte di qualsiasi legge, e sono autorizzati a rubare, uccidere e violentare senza
incorrere in sanzioni penali. So gi dunque che il diritto una cosa ben diversa dall'ordine di una
societ di briganti ed assassini: non una mia sensazione particolare e basta, ma un sentimento
comune molto forte.
La costruzione del giudizio estetico ha luogo con metodologie e su contenuti diversi dal diritto. La
scienza giuridica suppone il giudizio estetico, quando si paragona a unarte. La definizione che d
Celso del diritto come ius est ars boni et aequi ormai una proposizione comune. In che senso
ars, arte? Ars aequi perch lequit richiama certo una regola, ma generata da giudizi non
sillogistici; logica non della deduzione, ma della percezione (lequit rerum convenientia). Ars
boni perch la prova del valore dellequit sta nellintrattabilit della legge senza di essa. Se la
legge fosse senza equit, perirebbero tanto la legge quanto il diritto. Il diritto di Shylock alla
macabra penalit, in The Merchant of Venice di Shakespeare, frustrato da modalit operative
impraticabili. Il nobile Bassanio chiede un prestito allamico mercante Antonio per corteggiare la
ricca Porzia. Antonio che si trova a corto di contanti chiede a sua volta un prestito allusuraio
Shylock che glielo concede a una condizione: se il prestito non sar restituito alla data fissata,
Shylock potr prendere una libbra di carne dal corpo di Antonio. Le navi di Antonio fanno
naufragio, rovinandolo economicamente. Shylock allora pretende la sua libbra di carne e rifuta di
riscattare quella libbra con un prezzo pi che congruo in scudi, perch secondo lui la legge deve
essere applicata senza eccezioni. Ecco che Porzia, travestendosi da avvocato di fronte al Doge di
Venezia, dice: prenditi la tua libbra di carne, ma se nel farlo verserai anche solo una goccia di
sangue cristiano, i tuoi beni saranno confiscati in favore dello Stato veneziano, perch questo
contratto non ti d diritto a una sola goccia di sangue.
Le circostanze fanno subito avvertire lo sgomento per il vuoto formalismo della legge e di clausole
contrattuali che non hanno nulla a che fare con la vita. Certe norme sono prive di senso, se poi ci
sono diventano impraticabili, a meno che non si tenga conto di una particolarissima interpretazione.
Il metodo fenomenologico non porta a dei giudizi particolari, ma riesce anche ad animare alcuni
oggetti/figure importanti della dogmatica giuridica:
1) equit. La scienza giuridica ora legge scritta e perci generale, ora causa insuperabile di
equit o di giustizia del caso particolare. Secondo Aristotele, con l'equit la giustizia si
discosta dalla legge scritta. L'equit si amministra grazie ad un sentimento naturale delle
cose. Il giudice decide andando oltre la disposizione astratta della legge, in conformit alla
natura delle cose e secondo uno spirito comune degli uomini. In alcune situazioni la legge
sarebbe impraticabile perch totalmente insufficiente. E se non la legge, qual il criterio di
giudizio sui fatti? Si giudica per via di una particolarissima intuizione del bene e della
giustizia: non dalla regola alla valutazione giuridica, ma da un sentimento originario del
valore giuridico alla regola. Le regole non smettono di essere vigenti: diversa la luce con
cui sono lette.
La prova del valore dell'equit sta nell'intrattabilit della legge senza di essa: se la legge
fosse senza equit, sarebbe la legge stessa a perire, e con la legge anche il diritto. Vi sono istituti
giuridici come quello anglo-americano del quantum meruit (quello che merita) che affrontano
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il problema del ricorso ad un rimedio di equity nel caso in cui le circostanze lo


richiedano.
Supponiamo una norma che stabilisca l'obbligo di pagare solo al termine dell'intera prestazione
pattuita; immaginiamo che Tizio abbia svolto solo il 99% dell'opera e che, a causa di successivi
eventi, si sia trovato nell'impossibilit di concludere l'opera concordata. La norma
autorizzerebbe Caio a non corrispondere nulla a Tizio, anche in caso di piena soddisfazione per
il lavoro svolto. In una situazione del genere si farebbe ricorso ad un rimedio di equity: il caso
particolare impone di corrispondere la controprestazione in relazione al lavoro svolto. L'equit
quindi la giustizia del caso singolo. Ma fino a che punto valgono le eccezioni? Non ha senso
dare rilevanza a tutte le eccezioni, altrimenti si smentirebbe la regola generale.
2) finzione giuridica. Anche lappello alla finzione giuridica, come lequit, mostra una rivolta
profonda contro lastrazione della legge. Per esempio in Inghilterra allinizio del XIX secolo
vi era il reato di grand larceny, cio il reato di furto del valore di almeno 40 scellini, che
prevedeva come sanzione la pena di morte; ma la sanzione non era mai stata applicata dalle
corti in quanto i giudici non dichiaravano mai che il furto fosse pari a quel valore: si riteneva
infatti inadeguata una sanzione cos grave per un reato del genere. La legge venne poco
dopo modificata. Lesempio serve ad illuminare, pi in generale, il principio di adeguatezza
delle azioni. Quindi anche di fronte a norme poste dal legislatore si avverte linadeguatezza
della sanzione rispetto al reato commesso, cosa che porta il magistrato a decidere secondo il
suo sentimento giuridico che gli impone di adoperare lo strumento giuridico della fictio iuris
(su cui tutti sono daccordo. importantissimo che tutti siano daccordo, perch ci sono
anche le finzioni delinquenziali, per esempio i processi di Stalin contro i suoi oppositori.
necessario allora che il pubblico non contesti la finzione, ma la sostenga perch deriva
dallintelletto comune).
Il giudizio estetico che traduce un pathos ha bisogno anche dellarte in senso stretto. Infatti, le
vicende umane non sono oggetto di spiegazione (erklren) davanti alla legge, ma di comprensione
(verstehen): spiegare dellintelletto, comprendere lattivit della ragione che presuppone
lesperienza interna del soggetto, e tenta di ricrearla attraverso i simboli. Nel processo non manca la
finzione, la sorpresa, la scena teatrale dei gesti, la solennit del pubblico. Il diritto si confonde con
la vita del soggetto. Per questo il linguaggio prevalentemente simbolico.
Il processo non si sa come va a finire: se le soluzioni fossero univoche non si andrebbe in
processo; inoltre il processo termina con una decisione che inevitabile (come detto nellIncipit:
figlia di un Sollen-necessit e di un Mssen-dovere) ed pure imprevedibile. Questo risvolto del
processo si comprende bene con due episodi narrati da Rabelais sul nobile Pantagruele.
A)Il primo come Pantagruele assiste alla causa di Brigliadoca, il quale decideva le liti con il
sortilegio dei dadi. Tratta di un giudice molto sapiente (Brigliadoca) che amministra la giustizia e
dirime le controversie con il sortilegio dei dadi, per cui il giudizio sempre imprevedibile, e forse
solo il prodotto del caso: sono i dadi dei giudizi a stabilire le sorti della giustizia. Il giudice mette
gli atti dellattore e del convenuto, che riguardano in processo, in sacchi posti uno a destra e laltro
a sinistra del tavolo, e la sentenza tirata a sorte con i dadi: quanto pi la materia difficile tanto
pi piccoli sono i dadi. Delle sue sentenze tutti erano stati fino ad ora contenti, per questa volta
qualcuno non lo era stato, ritenendo la sentenza non equa; per cui Sparabubbole, il primo presidente
della corte superiore di Miralingua, cita il giudice Brigliadoca e mette in discussione il valore della
procedura dei dadi. Oggetto dellintero racconto proprio lautodifesa del giudice davanti alla corte
di Miralingua. I fatti sembrano dare ragione a Brigliadoca: delle 2309 sentenze avverso le quali chi
stato condannato ha proposto appello, tutte sono state ratificate, approvate e confermate dalla
corte di Miralingua; questultima sentenza che apparsa non del tutto equa come una goccia di
acqua di mare nelle acque della Loira: nessuno direbbe che la Loira salata a causa di quellunica
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goccia. Brigliadoca rassicura la corte sulla legittimit della procedura, e si difende dicendo che nel
lancio dei dadi non aveva visto bene a causa dellet avanzata ed aveva scambiato un numero per un
altro. Lalea dei giudizi di Brigliadoca si contrappone nettamente ad ogni ragione deduttiva; a rigore
non si potrebbe neanche parlare di giudizi: i dadi del giudizio non sono mai la parola del giudice
ma solo la forma (metafora!). Per cui se c una verit, questa non dipende dagli uomini e la
provvidenza non fa che illuminare la ragione. Resta la domanda del presidente Sparabubbole al
giudice Brigliadoca: va bene, ma poich voi sentenziate secondo la sorte con i dadi, perch non
decidete la causa immediatamente, appena le parti si presentano a voi? A che vi servono tutte le
scritture e procedure contenute nei sacchi degli incartamenti?. La risposta di Brigliadoca ben
argomentata e lintento mettere in evidenza la vulnerabilit del processo prendendosi gioco degli
elementi essenziali della forma, dellequilibrio e del tempo, perch alla fine la procedura dei dadi
non fa che mettere a repentaglio il giusto processo e la sua ragionevole durata. Tutti gli atti allora
servono per tre ragioni:
1) la prima ragione che nei processi giudiziari, se cambia la forma, cambia anche la
sostanza: le formalit possono cambiare la materia e la sostanza dei fatti, o addirittura
determinare la nullit di questi ultimi (formalismo giudiziale da rispettare).
2) la seconda ragione lequilibrio del processo che si esplica attraverso lesercizio ricreativo
e onesto di riempire e svuotare continuamente i sacchi con le carte del processo, ma anche
(come racconta Brigliadoca), col gioco della mosca cieca degli alti funzionari della camera
dei tesorieri generali, e che sembrava un gioco salutare.
3) la terza ragione il valore del tempo, che matura le situazioni; col tempo tutte le cose
vengono in evidenza ed consiglio di prudenza. Vi sono per dei limiti al restar fermi: col
tempo le cose guadagnano il s, ma rischiano pure di marcire, degenerare.
(Il senso dellinserimento nel testo dellepisodio di Brigliadoca questo: lintento di rimarcare
la vulnerabilit del processo, prendendosi gioco di alcuni elementi essenziali: la forma,
lequilibrio e il tempo. Lironia marcata e si esplica attraverso metafore).
B)Un altro episodio racconta di come Pantagruele, riconosciuto come uomo sapientissimo,
sentenzi nella lite tra il signor Baciaculi ed il signor Fiutapeti. Poich sembrava vano ogni
tentativo di addivenire ad una sentenza equa, tanto era giuridicamente sottile il contendersi delle
parti, Pantagruele mise da parte i sacchi con gli atti del processo e volle sentire le ragioni delle parti
(vivae vocis oraculo) e capire la questione. Capisce che lattore ed il convenuto non sanno loro
stessi cosa vogliono: sicch domina il nulla in sistemi di parole che sono principalmente flatus
vocis. Anche le parole pronunciate da Pantagruele sono senza senso, ma sono viste ed accettate da
tutti come rivelatrici di verit, in quanto non accadeva da tempo che le parti fossero cos contente al
termine di un processo: era accaduto che la sentenza ha sfruttato fino in fondo la causa formalis dei
processi. La forma muta la materia e la crea anche quando non esiste: essa accentuata fino
allestremo, e nessuno osa dubitare sui suoi effetti.
Si conclude cos la prima parte. LEstetica ha guadagnato ormai un nesso profondo tra il processo e
la giustizia, fissando alla base, come due regole giuridiche fondamentali, il riconoscimento
dellaltro ed il rispetto assoluto dellinnocente. A rivelare questa luce stato il mondo delle nostre
prime sensazioni: ed luce che anticipa i pensiero metafisico. LEstetica tuttavia ha pure
evidenziato, attraverso le sue allegorie letterarie ed il commento ironico di Rabelais, la familiarit
del processo con il mondo delle decisioni parziali e delle valutazioni soggettive del giurista. C
sempre il pericolo che il processo si confonda con lassenza di ogni giudizio, lasciando spazio alla
negazione di ogni motivazione ed allo scetticismo del primato del caso sulla regola. Come fare
allora a conciliare la natura politica del processo con il rispetto universale del giusto? Con la
Retorica, per scoprire che nel diritto non mancano le valutazioni relative e le disposizioni politiche
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del giurista. La riflessione sul processo fa pensare ad uno spazio che pu contenere un numero di
mosse illimitato al suo interno, ma rigorosamente limitato rispetto allesterno: illimitato il numero
di mosse, non illimitato lo spazio in cui le mosse accadono (come nel gioco degli scacchi, dove il
numero di mosse potenzialmente illimitato, ma la scacchiera ha un numero limitato di quadrati).

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RETORICA
Mentre lestetica annuncia che il diritto emozione, intuizione, phatos; la retorica annuncia che il
processo il luogo della decisione, ma anche il luogo del dubbi. Nellet delle grandi codificazioni
sulla scia del codice Napoleonico, cera lideale che nellordinamento ci fossero norme chiare e che
lordinamento fosse completo rispetto ai fatti rilevanti giuridicamente e che il giudice fosse la
bouche de loi. La scuola dellEsegesi sosteneva che ci potessero essere codici dove le norme
fossero tutte chiare e che disciplinassero tutto il diritto necessario e quindi lattivit del giurista
fosse essenzialmente deduttiva.
Invece quando ci si avvicina al processo si scopre che non ci sono norme chiare e che il processo
il luogo del dubbio, ma anche della decisione e che lindecisione un elemento costitutivo del
processo stesso.
La filosofia del diritto non politica. La politica scienza della cose particolari, o soltanto delle
cose soltanto possibili e non necessarie; la filosofia, invece, scienza di ci che universale e
necessario.
Vi sono, tuttavia, due sensi in cui la politica ha a che fare con la filosofia, e la filosofia di riflesso
con la politica.
1. Un senso indiretto. La filosofia studia i fatti giuridici possibili, oggetto propriamente della
politica, per giungere a stabilire la possibilit di essi. Fino a che punto un fatto possibile?
Se si risponde a questa domanda, ecco che spunta di nuovo luniversale. Un fatto solo
possibile non un fatto necessario, eppure per sapere che cosa possibile (cio non
necessario) devo per forza conoscere, almeno indirettamente ci che necessario. La
possibilit non altro che la necessit vista dal negativo.
2. Un senso diretto. La politica interessa la filosofia come un suo oggetto specifico. Essa un
momento necessario del processo giuridico, il diritto stesso in divenire. Se in un senso
indiretto si guadagna luniversale attraverso la politica, in questo secondo significato la
politica luniversale stesso del diritto. Il mondo del diritto di per s intessuto di politica.
Al centro della questione insistono i problemi interni ed esterni della logica tradizionale del
processo. Posto che il sillogismo giudiziale sia fondato esclusivamente su proposizioni predicabili
di verit o falsit, nessuno dei modelli esaminati sufficiente a spiegare il processo. Essi, al limite,
sono solo congiuntamente una condizione di spiegazione necessaria e sufficiente del discorso
giudiziale: presi separatamente, non sono pi sufficienti. A ci si aggiunge una questione ancora pi
grave. Si da facilmente per scontato che il processo sia formato solo da proposizioni vere o false, o
in parte vere e in parte false. Ma una visione molto ingenua. Una sentenza una norma, e le
norme sono impredicabili di verit o falsit. Delle norme noi diciamo che sono valide o invalide,
e non vere o false. Forse tutta la questione del processo si concentra, alla fine, in questo
particolarissimo punto. Lidea che il processo sia politica forma il contenuto della Retorica come
scienza. Prima della Metafisica.
Parto dallidea di processo giuridico. Se si osserva da vicino, lordinamento una concatenazione
tendenzialmente infinita e sempre nuova di atti giuridici, atti che producono continuamente diritto.
Lordinamento, come sostiene Kelsen, non una realt statica ma dinamica. Alla molteplicit degli
atti giuridici corrispondono i continui atti di creazione del diritto. Sotto questo aspetto, il processo
giuridico ha la stessa dimensione creativa dellarte. Senza stare a sviluppare un sistema completo di
tutte le forme dellordine giuridico, si notano principalmente:
1) atti di legislazione, atti che creano nuovo diritto rispetto al diritto che si ha;
2) atti di giurisdizione, atti che creano nuovo diritto dal diritto che si ha.
Il passaggio dal diritto allordine giuridico (e viceversa) un passaggio in cui, cos come nellarte,
ci che sta prima non esaurisce tutto quel che segue: il diritto, cos come larte, un mondo
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incessante di scoperta. Si crea diritto aggiungendo nuove norme allordinamento vigente, oppure
ricavando nuove norme da quelle gi esistenti. In ogni caso si assiste ad una produzione continua di
norme. Se lordinamento giuridico non reagisse dinanzi ai fatti nuovi e non previsti dalla vita,
perderebbe alla fine la sua efficacia. Si pensi al sistema della repubblica di Weimar allindomani
dellinflazione catastrofica del marco, dopo le impossibili condizioni di pace imposte alla Germania
dal trattato di Versailles alla fine della prima guerra mondiale: nellagosto del 1923 un dollaro
costava 4.5 milioni di marchi. Un sistema giuridico incapace di reagire a simili mutamenti sarebbe
presto destinato a perdere la sua effettivit. Limpossibilit di risolvere un solo punto del sistema
pu generare la crisi di tutti i punti del sistema.
Allorigine del processo giuridico vi la questione delle lacune. Esse sono gli spazi vuoti
dellordinamento. Molti casi sono giuridicamente rilevanti ma non sono previsti. un problema che
nasce, soprattutto, con let delle grandi codificazioni. In assenza dei codici, il giudice ha la facolt
di citare anche fonti diverse dalla legge, e non ha lobbligo di motivare le sentenze. Il codice, dal
canto suo, riduce lincertezza della giurisdizione, ma aumenta sensibilmente lincertezza della
legislazione. Lordinamento non mai completo, contiene continuamente lacune. Confrontando
lordinamento con il mondo della vita, come la mano che si flette a toccare dallinterno il proprio
polso: ogni tentativo vano. Lo stesso appare per i codici: per quanto si sforzino di inseguire la
vita, non ne vedono mai i confini, la vita sopravanza nettamente. Con una conseguenza sempre l
presente: se alcune lacune sono colmate dal legislatore, altre devono essere integrate dal giudice, e
quando il giudice risolve le lacune non applica direttamente le norme. Ci aspetteremmo il contrario,
ma non cosi. Il giudice applica le norme solo indirettamente.
A completare lordinamento non sufficiente il principio di tassativit della fattispecie sancito
dallart. 1 del codice penale: nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente
previsto dalla legge come reato, ne con pene che non siano da esse stabilite. Lo stesso principio
stabilito anche dallart. 14 delle preleggi al codice civile: le leggi penali e quelle che fanno
eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi ed i tempi in esse
considerati. Sia lart. 1 del codice penale sia lart. 14 delle preleggi non fanno che tradurre, a loro
volta, lart. 25.2 della costituzione: nessuno pu essere punito se non in forza di una legge che
sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno pu essere sottoposto a misure di
sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. Nella prospettiva del legalismo giuridico, secondo
cui la legge tutto il diritto, lart. 1 del codice penale sufficiente a completare lordinamento (se
non direttamente, almeno indirettamente). Dove manca una norma, lordinamento pronto a
produrre il diritto che serve. In particolare, larticolo sulla tassativit della fattispecie introduce, per
ogni caso non previsto, una previsione indiretta di permissione: ci che non previsto, permesso.
In questo modo lordinamento si completa da solo. Questa soluzione prevalsa anche in diritto
tributario. Ogni caso alla fine previsto: previsto come caso non previsto, e dunque come un
fatto permesso. Se si sta alla tesi legalista, si potrebbe parlare di regola generale di libert. Non
ha molto senso infatti dire siccome il fatto non previsto, allora vietato; semmai posso dire
siccome il fatto non previsto, allora permesso. Non riesco a pensare obblighi o divieti senza
una norma, mentre riesco a pensare il permesso.
Dov quindi linsufficienza della regola generale di libert? Due limiti:
1) il primo limite si collega alla struttura del sistema giuridico generale. La completezza
riguarderebbe solo il diritto penale (e magari anche quello tributario) ma non il diritto
civile. Manca infatti in diritto civile una norma come lart. 1 del codice penale. difficile
pensare che la regola generale di libert possa avere idealmente in diritto civile le stesse
conseguenze che ha in diritto penale. Dinanzi ai casi non previsti, il diritto civile si
comporta con una logica diversa (si pensi ad un contratto che preveda interessi di mora,
!19

senza fissarne il tasso. La domanda se si possa respingere la richiesta di adempimento del


contratto, usando il pretesto che non sono precisate le obbligazioni del convenuto.
Uninterpretazione del genere non solo si mostrerebbe iniqua, ma sarebbe chiaramente
contraria alla volont delle parti). Il codice civile dispone allart. 12 delle preleggi un
principio diverso da quello generale di libert. In caso di lacuna o di una controversia che
non possa essere decisa con una precisa disposizione si deve rinviare alle disposizioni che
regolano casi simili o materie analoghe. In altre parole per il diritto civile non esiste un
principio che permetta di trattare come previsto un caso non previsto, e di giudicarlo come
previsto in base ad unesatta modalit deontica: quella appunto del permesso. Il diritto
civile, a differenza di quello penale, sceglie la via di integrare le lacune dellordinamento
con i procedimenti della logica giuridica, ricorrendo alle disposizioni di casi simili o
materie analoghe.
2) linsufficienza del principio di tassativit per anche pragmatica: ha cio poca probabilit
di avere effetti giuridici. Lart. 4 del codice napoleonico, fissando il divieto di non liquet
(cio il divieto di rifiutarsi di decidere da parte del giudice a causa delleventuale lacuna,
oscurit e insufficienza della legge), presuppone che lordinamento sia completo, senza
antinomie, e dunque coerente, formato da norme chiare che non hanno bisogno di
interpretazione. Unidea del genere per non sostenibile. Non solo linterpretazione
inevitabile, ma finisce per estendere il concetto di lacuna a tutto lordinamento giuridico,
compreso quello penale: lordinamento generalmente incompleto anche a causa
delloscurit incessante della legge. Con queste premesse leffettivit del divieto di
analogia tutta da vedere; anzi, non per nulla impossibile che lo stesso legislatore si
avvalga di un principio di analogia nella costruzione di alcune fattispecie penali. il caso
della cosiddetta analogia interna, ossia di quelle disposizioni che stabiliscono lo stesso
trattamento per i fatti compatibili o analoghi a quelli espressamente previsti.

Il primo interrogativo, dunque, se vi siano realmente delle norme chiare, norme che non abbiano
bisogno di interpretazione. Si usa dire in claris interpretatio cessat o anche in claris non fit
interpretatio, non pu esserci interpretazione se tutto chiaro. Ma le norme sono davvero chiare?
Un fatto punibile solo se espressamente previsto dalla legge come reato. la misura che
prende lordinamento per proteggere fino in fondo alcuni beni essenziali come la libert. Senza
unesatta previsione della legge, il giudizio penale rischia di essere incerto, mettendo a repentaglio
gli stessi beni per cui il diritto esiste. Per questo le norme devono essere chiare. La scuola
dellEsegesi ha sempre contrapposto il significato chiaro delle leggi allinterpretazione del giudice,
affermando che il compito della codificazione proprio quello di assicurare la chiarezza delle leggi.
Forse non a caso la scuola dellEsegesi entra in crisi definitivamente nello stesso anno in cui
Francois Geny pubblica la sua celebre opera metodi dinterpretazione (1899). Come si fa a
sostenere che una norma chiara? Per affermare che una norma chiara occorre prima
interpretarla. Ecco un paradosso. Una norma chiara, che escluda linterpretazione in forza della
chiarezza delle parole, suppone comunque unattivit interpretativa. Sicch, per essere chiara deve
essere interpretata, ma se prima interpretata non sappiamo fino a che punto chiara. Il punto di
partenza formato da due questioni principali:
1) la questione del soggetto. Interpretare significa chi interpreta, e sussiste come atto finch
esiste un soggetto che interpreta. La questione del soggetto si presenta in tutta evidenza
quando il testo scompare dinanzi al soggetto. Il soggetto sembra parlare del testo, ma il testo
soltanto un pretesto per le tante affermazioni autonome delloggetto: il testo tende a
dileguarsi per la mancanza di un significato oggettivo di fronte al soggetto (come mette bene
!20

in rilievo Zagrebelsky, linterpretazione un rapporto a tre lati, fra ci che interpretato,


chi interpreta e il destinatario dellinterpretazione)
2) la questione delloggetto. Non pensabile un atto di interpretazione senza le norme da
interpretare: interpretare vuol dire che cosa interpretare, e sussiste come atto finch vi
qualcosa da interpretare. A scomparire ora il soggetto. quel che accade nelle funzioni
solamente ricognitive dei significati del testo, funzioni prive di un rapporto critico con il
soggetto. Si pensi ai cosiddetti sistemi giuridici esperti. Essi, lasciati a se stessi, operano
una raccolta di risultati interpretativi diversi, agendo per senza interpretazione. Elencare
semplicemente i risultati di tutti i tipi di interpretazione non , infatti, interpretare. Un
sistema giuridico esperto svolge unicamente funzioni di classificazione che non hanno
realmente nulla a che fare con la decisione fondamentale del soggetto. Interpretare sempre
il frutto di un giudizio selettivo e decisionale del soggetto. Ecco che quindi si scopre che non
si pu fare a meno del soggetto, e si torna a pensare il testo nella molteplicit dei significati
prodotti dal soggetto. Si ripete cos la questione del soggetto.

quindi bene soffermarsi sul problema del soggetto. Forse il problema, alla fine, sempre quello
del soggetto. Alla questione connessa una domanda di fondo: si pu oggettivare il significato del
testo, cio si pu conoscere la norma in s (noumeno kantiano)? Ci che si pu conoscere
solamente la norma secondo il suo modo di manifestarsi al soggetto (fenomeno kantiano). Entrambi
i giudizi la norma in s conoscibile e la norma in se non conoscibile sono inverificabili, dal
momento che la norma in s, appunto perch in s, impredicabile. Se dico qual il
significato di una norma, questultimo non pi il significato della norma in s. Semmai il
significato che la norma ha per il soggetto. Quindi diremmo il significato non in s, ma per
s. Per dirla alla Kant, la norma quindi non conoscibile come noumeno (come cosa in se) ma
come fenomeno (come cosa per s): la norma per s la norma che si manifesta ad un soggetto
ed predicabile.
Si deve tuttavia capire lo spazio di significato della norma. Le mosse in questo spazio potrebbero
pur essere infinite, ma lo spazio non pu che essere finito (in un gioco come gli scacchi, la
scacchiera rappresenta idealmente la definizione ed il limite dello spazio ludico del gioco: non si
possono fare mosse al di fuori della scacchiera). In tal senso bisogna svolgere la critica su due piani:
1) piano semantico. Sul piano semantico vi sono almeno due specie di difficolt:
critica testuale. La parola conserva, dal punto di vista semantico, una sua naturale
polisemia, omonimia, ambiguit che possono s esser ridotte dal contesto della frase
in cui la parola usata, ma non del tutto eliminate. Lart. 12 delle preleggi del
codice civile parla di significato proprio delle parole, ma il significato delle
parole non poi tanto proprio. Le parole possono essere ambigue in senso
dinamico (cio possono avere pi significati in relazione al mutare del tempo. Per
esempio il significato di buona reputazione un concetto legato a delle qualit del
soggetto, che comunque cambiano con il cambiare del costume della societ: il
termine reputazione pu non avere lo stesso significato che aveva cinquantanni fa) o
in senso statico (cio per loro natura hanno pi significati nel momento stesso in cui
sono pronunciate. Per esempio lespressione ordine pubblico o concetti generali
come uomo medio o buon padre di famiglia sono per definizione plurivoche
perch si prestano alle varie situazioni della vita). Si potrebbe andare avanti con lo
stesso concetto di equit, con cui si affronta la questione della giustizia, e che si
presta a molti significati. N sufficiente una tecnica di costruzione dei significati
mediante standars o tipi. Tra le forme principali di tipicit troviamo: concetti
!21

generali (es. uomo medio); clausole generali (diligenza del buon padre di
famiglia); tipologie di illecito (principio di tipicit); diritti soggettivi (diritti della
personalit).
In logical foundation of probability (1950) Rudolf von Carnap chiama
esplicazioni le definizioni che permettono di rigorizzare il significato di un termine
comune, sostituendo questultimo con uno meno ambiguo, in maniera tale da
superare lambiguit intrinseca delle parole (in questo modo per esempio la fisica ha
sostituito il termine temperatura ai nomi comuni di caldo o freddo). il
linguaggio scientifico fa un largo uso di tali esplicazioni, utilizzando espressioni
quantitative del linguaggio matematico che danno un certo grado di univocit.
Ci che avviene nella scienza non avviene per nel diritto: la circostanza che il
linguaggio sia formulabile in termini quantitativi non risolve i problemi (ad esempio
il codice civile dice che si maggiorenni a 18 anni. Il significato appare chiaro: basta
conoscere la data di nascita dellinteressato per arrivare ad una precisa qualificazione
giuridica. Eppure non sempre cos. Se facciamo lipotesi di uno straniero nasce
qualche problema: si dovranno infatti prendere in considerazione le leggi dello stato
di provenienza dello straniero, e questo non sempre facile). La scienza giuridica
non traducibile con il linguaggio della matematica perch deve parlare
dellesistenza, del soggetto: essi non sono aspetti della realt quantificabili.
Che cosa succede poi passando ai sistemi fondati sul carattere vincolante del
precedente (principalmente i sistemi di common law)? Prima di tutto la questione
ermeneutica fondamentale resta invariata. Non c tanta differenza se si passa dalle
parole del parlamento alle strette parole di un giudice: la parola, in un caso e
nellaltro, invariabilmente un luogo ermeneutico, vi sempre bisogno di
interpretazione. Semmai i problemi addirittura aumentano. Con il richiamo ai
precedenti infatti il giudice deve prima assumere il precedente da applicare, e poi
ragionare non se P allora Q (la formula che scaturisce dallapplicazione di una
norma generale) ma al limite, se P1 (il precedente), allora Q. Quindi praticamente
si verifica un passaggio in pi rispetto alla semplice applicazione di una norma del
codice: di qui la maggiore incertezza.
critica con-testuale. Riguarda specificamente come il legislatore crea i codici e le
leggi. Esiste una minorit costante del legislatore rispetto al compito che svolge. Le
cause sono tante, ad esempio
- la padronanza imperfetta della lingua (se un soggetto non conosce bene la
lingua, non sapr scrivere bene);
- linformazione e previsione limitate circa la situazione da regolare;
- la dipendenza, sul piano psicologico, della volont legislativa da
meccanismi dellinconscio;
- il compromesso nelle commissioni e nelle assemblee legislative, in vista di
un voto di maggioranza, quale fonte inevitabile di incertezze e
contraddizioni.
Per non dire del crescente concorso intertestuale nei codici linguistici del legislatore.
La centralit dei termini tecnico-giuridici sostituita spesso dalluso di linguaggi
specialistici e gerghi settoriali che ostacolano lunit metodologica dellattivit
interpretativa del giurista. Si creano linguisticamente (oltre che normativamente
parlando) delle leggi cosiddette contenitore: un esempio la legge finanziaria, che
include provvedimenti di diversissimo ordine normativo (dalla sanit alluniversit,
!22

dalla medicina alle misure economiche). Fino al capovolgimento del tradizionale


rapporto tra codici e leggi speciali. Le leggi speciali sempre pi cariche di
competenze e linguaggi extragiuridici occupano ormai gran parte dello spazio dei
codici tradizionalmente dotati di impianti linguistici strettamente e coerentemente
giuridici. , questa, let delle decodificazione.
2) piano sintattico. Leffettivit del significato delle norme ha difficolt per cos dire anche
sintattiche. Sono le difficolt dei metodi di interpretazione disposti dallordinamento al suo
interno. Infatti, la via seguita dagli ordinamenti per determinare il significato delle norme
in genere quella di stabilire alcune norme sullinterpretazione. il caso dellart. 12 delle
preleggi del codice civile con cui si dice, in sostanza, come devono essere interpretate le
altre norme. Anche le norme sullinterpretazione stentano ad avere un chiaro significato. Se
inizio a leggere lart. 12 delle preleggi, non semplice stabilire il nesso tra linterpretazione
letterale (il senso che deriva dal significato proprio delle parole) e quella soggettiva/
storica (il senso che si collega allintenzione del legislatore). Lart 12.1 delle preleggi
sembra trattarle indifferentemente (nellapplicare la legge non si pu ad essa attribuire altro
senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di
esse, e dallintenzione del legislatore); eppure i risultati non sono gli stessi, la parola detta
non coincide necessariamente con la parola pensata. La parola detta somiglia pi al corpo
che allanima (in fondo anche la distinzione introdotta da Husserl tra il corpo come
semplice oggetto ed il corpo vissuto o coscienza). Le incognite aumentano con lart. 12.2:
se una controversia non pu essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo
alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora
dubbio, si decide secondo i principi generali dellordinamento giuridico dello stato. Come
procedere allora? Per procedere con i procedimenti per analogia e per argomento a
contrario si deve adottare non linterpretazione letterale, ma uninterpretazione
fondamentale che pu essere di due tipi:

interpretazione fondamentale teleologica (dal thelos che significa fine,


scopo). Grazie allo scopo della norma si stabilisce lanalogia o la differenza tra un
caso previsto ed uno non previsto. Qui non si tratta dellinterpretazione soggettiva:
non detto infatti che lintenzione del legislatore coincida con gli scopi reali o ideali
della norma;

interpretazione fondamentale concettuale. Abbiamo poi unaltra


interpretazione legata ai concetti della dogmatica giuridica, detta interpretazione
concettuale, tipica delle norme contrattuali. Attraverso linterpretazione concettuale
si fa unoperazione sintattica che permette per analogia di individuare la categoria di
riferimento. Per esempio, il contratto di compravendita presenta una serie di elementi
essenziali che lo riconducono ad un negozio giuridico; questo perch un contratto
un negozio giuridico, ma non tutti i negozi giuridici sono contratti; di qui la
possibilit per il giurista di colmare le lacune facendo riferimento ad altri contratti
simili a quello di compravendita, avendo come termine medio (tertium
comparationis) la categoria giuridica del negozio giuridico: da un concetto di species
ad un concetto di genus.

Quindi lordinamento giuridico utilizza lart 12 per interpretare le norme, ma lo stesso art
12 pone il problema della plurivocit delle parole, perch fatto di parole e soprattutto non
si operato quel passaggio che auspica Rudolf von Carnap (da linguaggio ordinario a
linguaggio scientifico). Poi non c una logica del rapporto tra i criteri interpretativi: per
!23

esempio lart 12.1 introduce un nesso tra linterpretazione letterale et le intenzioni del
legislatore: utilizza la congiunzione mentre sono in realt interpretazioni opposte. Quindi
lart. 12 non stabilisce una gerarchia tra i criteri interpretativi.
Fatto ci, si pu procedere attraverso due procedimenti che per non sono espressamente
previsti dalla norma, ma sono due canoni interpretativi impliciti: lanalogia e largomento
a contrario. Essi sono due procedimenti reciproci, per cui se c uno ci deve essere anche
laltro. Consideriamo lesempio di Rudolf von Jhering: la norma vietato lingresso ai cani
davanti alla sala dattesa di una stazione ferroviaria. La norma sembra impedire lingresso a
tutti i cani, e soltanto ai cani (senza tener conto di taglia, razza, vivacit o pulizia); si
avvicina un uomo che porta al guinzaglio un orso: il senso comune che il divieto valga non
solo per i cani, ma pure (e forse a maggior ragione) per gli orsi. In questo caso vi una nonprevisione di inclusione (un fatto che dovrebbe essere incluso espressamente tra quelli
previsti, non incluso). evidente che non si tratta di un interpretazione letterale, ma di
uninterpretazione analogica: solo in questa maniera si pu estendere il divieto anche agli
orsi. Ora, poniamo che davanti alla sala dattesa si avvicinano un poliziotto con un cane o un
cieco con il suo cane. Questa volta siamo convinti che se il divieto valido per tutti i cani,
non lo certamente per il cane che fa compagnia ad un cieco n per quello al seguito di un
poliziotto in servizio. Si avverte allora una non-previsione di esclusione (un fatto che
dovrebbe essere escluso da quelli previsti, non incluso). evidente che in questo caso
siamo di fronte ad uninterpretazione a contrario. In definitiva come se ne esce? Se teniamo
conto delle similitudini applicheremo il procedimento per analogia; se teniamo conto
delle differenze applicheremo il procedimento a contrario. Non c allora una soluzione
logicamente univoca per dire che devono prevalere le somiglianze piuttosto che le
differenze: il ragionamento da fare interpretare la norma secondo lo scopo e sulla base
dello scopo riconoscere lessenzialit delle somiglianze escludendo le differenze o
affermando lessenzialit delle differenze. Non c allora una regola tecnica sulle
condizioni di applicabilit per distinguere il procedimento per analogia da quello a contrario.
Alla metodologia delle soluzioni sintattiche appartiene anche linterpretazione cosiddetta
autentica. Se vero che manca un significato oggettivo delle norme, pure vero che alcune
interpretazioni prevalgono formalmente sulle altre. ci che succede con linterpretazione
autentica. Questa linterpretazione ottenuta secondo precise regole di formazione, e serve ad
affermare loggettivit di un significato al posto di un altro. Di regola affidata ad alcuni organi
formali di giudizio, ed ritenuta prevalente rispetto ad ogni altra interpretazione. detta
autentica soprattutto linterpretazione della legge attuata dal medesimo organo che ha posto in
essere latto normativo. In tal senso, i significati prodotti dalle corti sono s i significati che le
norme hanno ora che sono applicate, ma anche quelli che avevano allinizio quando sono state
prodotte.
Il significato attribuito alle norme da una Corte sovrana ha un potere persino retroattivo. Anche
per linterpretazione giuridica ha dei limiti. Si tratta principalmente di limiti di significato e di
competenza. Un testo ha una sua fissit. Il soggetto quando interpreta passa attraverso il testo e
ne naturalmente sottomesso.
Altri limiti sono di competenza. Non vi la possibilit da parte degli organi giurisdizionali di
autoinvestirsi di ogni questione. Per impugnare una sentenza, vi devono essere generalmente il
ricorso di un soggetto autorizzato e dei motivi determinati. Il giudice non autorizzato senza
riserve ad agire contro una sentenza. I giudici non possono in sostanza autoinvestirsi.
Le decisioni dei giudici sono, inoltre, soggette a revisione. Infine, le corti di giustizia sono
vincolate agli altri poteri. La sentenza della Corte Costituzionale pu essere rovesciata da una
!24

legge di revisione. E andando verso gli organi giurisdizionali inferiori, linterpretazione adottata
da parte di una certa giurisdizione pu essere rovesciata da una giurisdizione superiore.
Come si visto, non si possono pensare norme senza interpretazione. Il diritto e lordinamento
hanno un senso profondamente ermeneutico, con leffetto di allargare il concetto di lacuna.
Dopo questa indagine possiamo constatare che c il problema della chiarezza dei testi e della
plurivocit e che lordinamento rispetto al principio di tassativit deve affrontare due tipi di lacune:
1) praeter legem, che si ha o quando non c una legge che prevede quel caso o per problemi
intertestuali dovuti alla minorit del legislatore che non conosce bene il fenomeno, o
ancora nei casi in cui il legislatore produce una norma, anticipa che ci saranno norme
connesse con questa ma poi non le produce (lacuna quindi dovuta ad unomissione del
legislatore). Questo tipo di lacune sono quelle che suppone lart 1 c.p. che infatti prevede
che ci possano essere casi espressamente previsti e non: per quelli previsti vangono divieti,
obblighi o facolt previste dalla norma; se il caso espressamente non previsto vale il
permesso secondo il principio generale di libert;
2) intra legem, che data dalla non chiarezza dei testi normativi; in questi casi la lacuna
dentro la norma, che quindi risulta plurivoca e suscettibile di pi interpretazioni da parte del
giurista.

La giurisprudenza penale ricorre spesso allinterpretazione estensiva. Ma questo significa o no una


diversa lettura del principio di tassativit in diritto penale? Secondo Gaetano Contento
linterpretazione estensiva serve almeno ad aggirare il divieto di analogia. Ad esempio si veda
lart. 734 c.p.: evidente che linciso in qualsiasi altro modo, il quale consente di equiparare alle
condotte di costruzione e demolizione tutte le altre che in concreto si siano rivelate idonee a
procure distruzione o alterazione delle bellezze naturali, pu legittimare la qualificazione in
termini di illiceit di condotte quali ad esempio lo svellimento di piante. Ma non per questo, la
formula in qualsiasi altro modo pu essere utilizzata per penalizzare qualunque altro tipo di
comportamento diverso ed eterogeneo rispetto a costruzione e demolizione.Vi sono anche altri
modi per aggirare il principio di tassativit. Se ne possono individuare almeno altri tre molto
presenti in giurisprudenza:

Linterpretazione additiva. Sono i casi in cui la giurisprudenza aggiunge


condotte non previste dalla fattispecie. Non neppure necessario sostenere in
questi casi la somiglianza tra ci che previsto e ci che, invece, non
previsto.
La tipizzazione di condotte non tipiche. In tal senso, ad esempio si utilizza il
capoverso dellart.40 del Codice penale, sul rapporto di causalit, per
incriminare tutte le condotte omissive che sono risultate incapaci di impedire
levento che i soggetti avevano lobbligo giuridico di impedire. Il rischio quello
di violare principi fondamentali come quello di personalit della responsabilit
penale.

Linterpretazione abrogans. Si vanno a vanificare alcune parti di norme con il


risultato di mutare significativamente il senso delle norme stesse.
Il nesso tuttavia tra interpretazione estensiva e analogia non semplicemente esterno. Esso
pure manifestamente interno. La giurisprudenza penale che usa linterpretazione estensiva ha
spesso una funzione costruttivistica del diritto, e non semplicemente ermeneutica. Non si tratta
solo di interpretazione. Quel che accade nella giurisdizione ha tante volte effetti sulla
legislazione. Il fatto interessante, poich permette di vedere meglio come linterpretazione
estensiva di una norma sia non soltanto unoperazione semantica tesa a spiegare il significato di
una norma, ma anche un modo per creare una nuova norma.

!25

Molte sentenza dei tribunali dimostrano, proprio per linfluenza che hanno sulla legislazione,
come lestensione degli effetti giuridici di alcune norme ai casi non previsti sia un passaggio
soprattutto poietico. Non vi solo interpretazione, ma anche produzione di norme. un fatto.
La legislazione, quando necessario, conferma oppure modifica con una nuova legge ci che
hanno deciso i giudici.
b) proposito del nesso tra interpretazione estensiva e analogia non si pu neppure
dimenticare che i procedimenti della logica giuridica (qui parliamo principalmente dei
due procedimenti per analogia e a contrario) fanno leva per forza su un tipo di
interpretazione piuttosto che un altro. Se per interpretazione estensiva di una norma si
intende, in generale, ogni interpretazione che non si fermi al significato letterale della
norma, il rapporto tra interpretazione estensiva e procedimento per analogia pi
stretto di ci che potrebbe sembrare. Nel procedimento per analogia non ha alcuno
spazio linterpretazione letterale. Il fatto, dunque, che si usi in diritto penale
linterpretazione estensiva non esclude di per s limpiego dellanalogia. Anzi, il
contrario. Grazie allinterpretazione estensiva possibile procedere con un argomento a
simili.
Lapplicazione dei procedimenti della logica giuridica serve ad integrare la lacunosit
dellordinamento giuridico. Lordinamento ha spazi vuoti che devono essere colmati. I
procedimenti della logica giuridica hanno la funzione di colmare tali lacune. Resta sullo
sfondo un problema: in che misura il giudice conserva il ruolo di chi applica le norme, e
non le crea? Limitiamoci allesame dei due procedimenti pi usati: largomento a simili (o
per analogia) e largomento a contrario.
La discussione muove da un esempio di Jhering. Si immagini la norma vietato
lingresso ai cani davanti ad una sala di aspetto in una stazione ferroviaria. La norma
sembra impedire lingresso a tutti i cani. Si avvicina un uomo che porta al guinzaglio un
orso. Il senso comune che il divieto valga non solo per i cani, ma pure per gli orsi.
Siamo tutti daccordo che vi una non- previsione di inclusione. Un fatto che dovrebbe
essere incluso espressamente, tra quelli previsti dal divieto, non invece incluso.
Davanti alla stessa sala dattesa si avvicinano pi tardi un poliziotto con un cane sulle
tracce di stupefacenti, o un cieco con il suo cane accompagnatore. Che cosa fare? Questa
volta siamo convinti che se il divieto valido per tutti i cani, non lo certamente per il
cane che fa da compagnia ad un cieco, n per quello al seguito di un poliziotto in
servizio.
Questo esempio traduce in sostanza due procedimenti della logica giuridica: il
procedimento per analogia, riguardo ai casi in cui si d una non- previsione di inclusione,
e largomento a contrario, per i casi in cui si verifica una non- previsione di esclusione.
Secondo il procedimento per analogia, dalla norma che prevede il divieto di ingresso ai
cani- norma che indico con N1- si ottiene, mediante linterpretazione relativa allo scopo
della norma, il divieto per tutti gli animali che similmente al cane arrecherebbero
fastidio ai viaggiatori in una sala dattesa. Questa norma la chiamo NN. Da NN si produce
una nuova norma: la norma che vieta lingresso dellorso nella stessa sala dattesa e che
indico con N2.
Che cosa succede, invece, nella sala dattesa se entra un poliziotto con un cane
addestrato per lordine e la sicurezza delle stazioni ferroviarie? il caso dellargomento
a contrario. Questa volta da N1 si giunge mediante linterpretazione relativa allo scopo
della norma, ad unulteriore norma che esclude tale divieto per tutte le situazioni che,
per quanto simili, siano anche significativamente differenti da quelle previste, poich
capaci di procurare addirittura vantaggio in una sala daspetto (questa norma NN). Ne
deriva N2: la norma che non vieta di far entrare il cane del poliziotto. N2 la
conseguenza della differenza tra il fatto noto(foro) e il fatto non previsto (tema).
Largomento a contrario largomento che tiene conto delle differenze al posto delle
somiglianze.
Per applicare i procedimenti della logica giuridica non ci si pu fermare semplicemente
ad una interpretazione letterale delle norme. inevitabile un passaggio di segno diverso:
serve uninterpretazione connessa agli interessi.

!26

Linterpretazione letterale di N1 non permette certo di arrivare a N2. Posto che si


interpreti alla lettera la norma vietato lingresso ai cani chiaro che i cani e soltanto
i cani, non possono entrare. , dunque, necessaria linterpretazione teleologica, ossia
linterpretazione che punta agli scopi o agli interessi.
Linterpretazione letterale impedisce pure il passaggio da N1 a N2 con largomento a
contrario. N2 infatti si ottiene escludendo tutti quei casi che sono differenti da quelli
previsti, tenuto conto sempre dello scopo di N1. In caso di interpretazione letterale della
norma che vieta lingresso ai cani, non si dovrebbe far entrare nessun cane, compreso il
cane del poliziotto o di un cieco; gli altri animali si.
Esiste un criterio rigorosamente logico perch si adotti un tipo di interpretazione invece
di un altro?
Linterpretazione letterale ha una precisa priorit. Stando alle norme dellordinamento
italiano, si deve applicare la legge badando, soprattutto, al significato letterale delle
parole.
chiaro che dal punto di vista dello Stato di diritto prevalgono gli argomenti
semantici, ovvero quelli che esprimono un vincolo al testo di legge e al significato
proprio delle parole. Appena muta la prospettiva, i risultati sono diversi.
Si pensi alla dottrina della natura della cosa. molto probabile che chi segua questa
dottrina tenda ad interpretare le norme secondo il fine, piuttosto che alla lettera.
Daltro canto, se non si punta allo scopo delle norme, il rischio che lordinamento
perda improvvisamente la sua efficacia dinanzi ai tanti casi della vita.

I procedimenti per analogia ed argomento a contrario sono procedimenti rigorosamente logici (se
vietato lingresso ai cani, evidente che lorso non pu entrare) ed implicano risultati che sono
univoci. Il problema capire se realmente siano procedimenti rigorosamente logici o comunque
possano implicare la decisione del giurista, il quale applica questi procedimenti e ci metti quindi
qualcosa di suo. Il punto proprio questo: laspetto politico di questi procedimenti. Consideriamo il
procedimento a fortiori (se tutte le x possono a, ed a include b, allora tutte le x possono b). Succede
che gli ordinamenti giuridici derogano al procedimento a fortiori. Ad esempio in Belgio, ai primi
del 900, per combattere il proibizionismo dellalcool, una legge prevedeva la possibilit di
acquistare una quantit di alcool non inferiore a 3 litri: questa legge sembra derogare la logica
dellargomentazione, ma il senso di tale norma era perch un salario medio permetteva a malapena
di acquistare 3 litri di alcool e ci significava di fatto impedire che lo si acquistasse. Questa legge
mette in evidenza che in realt largomento a fortiori, pur essendo presente nella ragione giuridica,
non necessariamente un argomento costante nella ragione giuridica. Sappiamo che non c un
criterio rigorosamente logico per adottare un tipo di interpretazione invece che un altro. A decidere
allora il giurista. Al limite al giurista si possono presentare una serie di risultati possibili dalla
lettura della norma, ma poi occorre una sua interpretazione nella scelta di uno dei possibili risultati.
In uno stato di diritto la giurisprudenza dovrebbe tener conto dellinterpretazione letterale della
norma, perch sembra dare pi certezza e vuole ricondurre la materia giuridica alle norme vigenti.
Ma in certi momenti storici in cui si sono evidenziati interessi culturali e filosofici, prevalsa una

!27

giurisprudenza cosiddetta degli interessi.5 Intanto il giurista deve decidere se applicare


linterpretazione letterale o fondamentale; quella fondamentale la distinguiamo tra concettuale e
teleologica (di questultima dobbiamo individuare lo scopo). La questione sapere che cosa lo
scopo di una norma. Che cosa significa scopo?
Il motivo soggettivo del legislatore. Il motivo soggettivo che ha spinto il legislatore
ad emanare una certa legge. Insomma, le intenzioni del legislatore. Non chiaro chi
sia da ritenere il soggetto della volont del legislatore. Dire maggioranza
parlamentare troppo poco. Concorrono con forza indiscutibile: le opposizioni
parlamentari le parti sociali, le burocrazie dei ministeri. Quale intenzione poi? Quella
del legislatore storico che ha posto la legge, o quella dei legislatori successivi? Come
si vede, non facile sapere chi sia il soggetto della volont legislativa. E se non
facile questo, non neanche semplice conoscere il contenuto di questa volont.
Gli effetti reali di una norma. Si tiene conto questa volta, non del motivo soggettivo
del legislatore, ma dei risultati effettivi della norma. Ammesso che si possano
conoscere oggettivamente gli effetti di una norma, vi sarebbe, tuttavia il problema di
stabilire quando tali conseguenze sono accettabili e quando non lo sono.
Gli effetti ideali di una norma. Lo scopo sta ad indicare non gli effetti che la norma
realmente produce, ma quelli che idealmente svolge nel contesto della realt sociale.
Per di pi, gli scopi ideali di interi istituti giuridici spesso cambiano nel corso del
tempo. Il diritto penale societario nel momento in cui fu elaborato rispondeva ad una
finalit di tutela del patrimonio delle societ. Oggi non sarebbe pi pensabile. Sono
divenute pi forti le esigenze di assistere il mercato e, quindi, la correttezza
dellinformazione societaria.

Nel procedimento per analogia facciamo leva sulla essenzialit delle somiglianze tra i due casi,
ma si pu applicare anche il procedimento a contrario facendo leva sullessenzialit delle
differenze fra i due casi. Ma non c un criterio rigorosamente logico per stabilire quando sono
essenziali le somiglianze o le differenze, per cui si tratta di procedimenti non rigorosamente logici.
Lessenzialit delle somiglianze produce lanalogia; lessenzialit delle differenze decide
largomento a contrario.
Qual allora la relazione tra il procedimento per analogia e largomento a contrario? Due casi legati
tra loro dalla somiglianza sono anche separati dalla differenza. Non vi sarebbe somiglianza, ma
identit tra due termini, se fossero luno rispetto allaltro indiscernibili e non possedessero una
qualche minima differenza. La somiglianza implica la differenza. Lidentit no.
La regola che tratta casi simili in modo simile implica la regola che tratta casi differenti in modo
differente. Lanalogia implica sia lidentit, sia la differenza. Qual la conclusione?

Esempio: nel mondo di Sposalitutti esisteva una legge che obbligava rigorosamente a sposarsi di fronte solo
alla massima autorit civile. Accade una volta che in sostituzione del sindaco (la massima autorit) durante
una sua lunga assenza, era stato lufficiale di stato civile ad aver unito in matrimonio un numero infinito di
coppie. A Sposalitutti il numero dei matrimoni celebrati dallufficiale di stato civile era molto elevato. Presto,
per si scopr un fatto molto grave. Lufficiale di stato civile era si tra le autorit che potevano avere questa
nobilissima facolt, ma non era primo, dopo il sindaco, per laltezza del grado. La disposizione era
chiarissima: in assenza del sindaco, spetta al primo in grado di autorit, e cos di seguito. La situazione era
drammatica. Poteva ammettersi che cos tanti coniugi divenissero tutti improvvisamente concubini? Solo
uninterpretazione secondo il fine di quella disposizione pot salvare ogni cosa. La Corte Suprema convenne
che lo scopo di ogni norma a Sposalitutti fosse assolutamente quello di fare tutti sposi e non certo concubini.

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Tutte le volte in cui possibile applicare la prima regola di per s possibile, dal punto di vista
logico, applicare anche la seconda. Lanalogia implica la differenza; il procedimento per analogia
implica sempre largomento a contrario.
Come evitare lindifferenza dei risultati? Il criterio sarebbe astrattamente semplice: procedere per
analogia, in caso di essenzialit delle somiglianze; a contrario se sono rilevanti le differenze. Ci
che vale, per, in astratto trova molte difficolt in concreto.
Un altro esempio. Nella sala daspetto entra non un portatore di orsi ma un tubercolotico. Se i
bacilli sono ritenuti anchessi animali, il tubercolotico dovrebbe essere fatto uscire dalla sala, con il
risultato che la sua salute ne risentirebbe gravemente. Molti sarebbero portati ad escludere lorso,
ma non i bacilli. La soluzione anche in questo caso, non univoca.

Si sono ormai dimostrati i tanti ostacoli che il giudice incontra quando applica la legge. Il giudice
non sempre in grado di assicurare un giudizio che sia completamente avulso da valutazioni
soggettive e parziali. La decisione politica finisce per essere quasi inevitabile: tutte le volte che il
giudice adotta una soluzione non si trova generalmente di fronte allunica soluzione possibile. Il
diritto per questo retorica.
Ecco perch si parla di politicit del diritto (la decisione, cui si arriva attraverso emozioni giuridiche
fondamentali, intuizione, dubbio un attributo essenziale dellattivit che chiamiamo politica), e
lunico modo per far fronte ad essa sapere che c, perch sicuramente non si pu risolverla
ignorandola o eludendola.

Gli argomenti si spostano ora su un altro versante di problemi. Finora si parlato della quaestio
iuris, cio della questione relativa al diritto da applicare. I problemi hanno riguardato
principalmente la natura dellinterpretazione delle norme, lincompletezza strutturale
dellordinamento giuridico, i limiti logici dei procedimenti della logica giuridica. Il processo
tuttavia comprende anche i giudizi sui fatti: la quaestio facti. Secondo il diritto processuale
civile il contenuto della sentenza esige, insieme ai motivi di diritto della decisione, anche le
ragioni di fatto (e nelle disposizioni per lattuazione del codice di procedura civile si definisce pi
dettagliatamente la motivazione come esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni
giuridiche della decisione). La questio facti linsieme dei giudizi non sulle norme, ma sui
fatti. A rigore comunque non si provano i fatti, bens i giudizi sui fatti. Specie nel processo penale.
Scopo del processo non soltanto identificare il fatto imputato al soggetto, ma anche provare il
fatto che accaduto. Vi sono vari tipi di difficolt:
1) prima di tutto i fatti che devono essere provati sono per definizione passati ed irripetibili. Il
reato un fatto passato. Per avere esperienza di un fatto occorre che il fatto sia attuale. Ci
non pu mai accadere nel processo. A maggior ragione non si potrebbe provare un fatto
futuro, in quanto esso un fatto che non ancora; il processo per tenta di provare anche i
fatti futuri (ad esempio quando il giudice deve decidere sulladozione di misure cautelari).
Quindi non si potrebbero provare n i fatti passati n quelli futuri, in quanto non presenti.
Come se ne esce? Dicendo che in realt non si prova un fatto, ma semmai un giudizio su un
fatto: la prova stabilisce la verit del giudizio il fatto x avvenuto. Infatti si pu avere
iterazione di un fenomeno (e dunque una ripetizione della percezione di esso) come un fatto
che appartiene ad una specie, ma non come un evento singolo gi accaduto. Un fatto singolo
ed individuale non la specie di esso: nel processo non si giudica la caduta di un sasso, ma
la caduta di quel sasso che ha provocato lincidente.

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2) molti fatti di cui parliamo non sono neppure dei fatti empirici in senso stretto (o external
facts; ad esempio la neve sullEverest), ma dei fatti determinabili valutativamente: in
questo caso al centro della questione vi sono principalmente le nostre valutazioni sui fatti. Si
pensi a fatti come danno morale, minaccia, offesa al pubblico pudore: sono tutti il
prodotto di valutazioni.
Nella stessa direzione sono i fatti contenuti in massime di esperienza. Un modo di definire
il buon padre di famiglia sta nellaffermare che egli il padre che ha cura dei figli; questa
regola per il prodotto di una generalizzazione del senso comune, il risultato di un giudizio
di valore sui compiti del padre di famiglia.
Ancora, vi sono fatti che risultano essenzialmente da giudizi di validit di norme. chiaro
che senza gli articoli del codice civile sulla locazione (e dunque senza i corrispondenti
giudizi di validit di tali norme) non si possono isolare un contratto di locazione o i fatti
relativi allazione di godimento del locatore e al pagamento del canone da parte del
conduttore. Questi fatti esistono e sono da noi pensabili proprio grazie agli articoli del
codice. Pi specificamente, se si guarda ad essi come a dei fatti istituzionali, emerge un
nesso molto stretto tra questi fatti ed il mondo delle regole costitutive. Nel caso dei fatti
istituzionali, la questio facti visibilmente una questio iuris, e ci in ragione del legame
tra fatti e norme.
Molti fatti, infine, attestano pi lassenza che la presenza di un fatto. Condotte omissive o
posizioni di pericolo astratto non hanno una consistenza materiale; entrano nella
struttura del reato, ma non sembrano un factum. Sono un non fare pi che un fare
qualcosa (ad esempio, un raggiro potrebbe essere sviluppato con un astenersi dal fare
qualcosa, e quindi in realt non si fatto nulla). Mi soffermo sulla nozione di dolo
eventuale. Esso si verifica se vi accettazione del rischio di un evento. Laccettazione si
tradurrebbe nel modo seguente: conosco bene il rischio e laccetto, costi quel che costi. La
questione per evidente: come distinguere il dolo eventuale dalla colpa cosciente?
un fatto decisamente poco external. Si potrebbe per di pi osservare che il dolo eventuale
una forma di dolo neppure prevista dallart. 43 del codice penale. Tra laltro limpossibilit
di individuare in maniera oggettiva i fatti previsti dalle norme penali va in aperto contrasto
con il principio di tassativit in materia penale: in altre parole, le fattispecie penali hanno
senso solo se sono suscettibili di essere verificate attraverso fatti determinati. E questo qui
non succede.
3) il problema per non soltanto quello di verificare se vi sono realmente fatti da provare. La
questione anche un'altra: fin dove necessario verificare i fatti o, per meglio dire, i nostri
giudizi sui fatti? (Cio con quali mezzi si prova il fatto alla luce delle esigenze
dellordinamento giuridico?). La regola in diritto penale quella dell oltre ogni
ragionevole dubbio. Lart 533.1 del codice di procedura penale, riformulato ai sensi
dellart. 5 della legge 46/2006, stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di condanna
se limputato risulta colpevole del reato contestatogli al di l di ogni ragionevole dubbio.
Tale principio suscita problemi in uno spazio, quello del processo, che per antonomasia il
luogo del dubbio (se non fosse cos, a che servirebbe il processo?). Cosa vuol dire tale
principio? Tre sentenze della Cassazione hanno cercato in passato di stabilire la regola
dell oltre ogni ragionevole dubbio come un principio fondamentale del giudizio penale:
il criterio dell oltre ogni ragionevole dubbio condiziona negativamente la regola
per ladozione di misure cautelari nei confronti dellindagato. La sentenza la
numero 11/1995. Si dice in sostanza che per ladozione di misure cautelari non
necessario arrivare a provare con la stessa forza prevista nel processo. Quindi il
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principio non lo si ritiene necessario quando si devono adottare misure cautelari,


perch in questo caso si chiede che non ci sia bisogno di un grado di prova cos alto.
Sono sufficienti i gravi indizi di colpevolezza.
il criterio dell oltre ogni ragionevole dubbio una condizione positiva per la
regola generale della ricostruzione causale dellevento lesivo. La sentenza la
numero 27/2002. Vi si enuncia la funzione del principio come elemento necessario
del riscontro probatorio da utilizzare nellambito del processo. La cassazione
sottolinea limportanza di questo principio in caso di in dubio pro reo (in caso
di dubbio, bisogna sostenere una tesi favorevole allimputato).
su queste stesse basi infine una terza sentenza della cassazione (45276/2003). La
sentenza si riferisce agli effetti giuridici della regola delloltre ogni ragionevole
dubbio. La conclusione che non legittimo un giudizio che non tenga
sufficientemente conto di tale regola. Pi precisamente si contesta il giudizio di
appello che non abbia preso in considerazione le motivate statuizioni della sentenza
di primo grado che, nel rispetto dei limiti del principio del libero convincimento,
aveva fatto corretta applicazione della garanzia estrema dell oltre ogni ragionevole
dubbio. La cassazione praticamente dichiara illegittima una sentenza di appello che
difetta di motivazione riguardo il suddetto principio, che invece era stato considerato
nella sentenza di primo grado che in forza di quel principio aveva assolto limputato.
Negli anni 1960-1970 ci sono state sentenze della giurisprudenza tedesca riferita ai danni prodotti
da alcuni farmaci, in particolare la thalidomide assunta in gravidanza come sedativo. Sebbene il
farmaco creasse danni al feto, come era dimostrato da studi del settore, i magistrati assolvevano
affermando nelle sentenze il principio della loro autonomia sulla base della scienza, e non di quella
clinica, ma sulla scienza dello spirito. Un giudizio che si basava non sui progressi della scienza ma
su un uso improprio della scienza dello spirito, che quella attivit del magistrato che deve
comprendere e non spiegare, per cui se c un farmaco che produce danni ci dovrebbe essere la
comprensione.
Il problema della verifica di un antecedente (dove lantecedente sta per uno dei tanti giudizi sui fatti
che devono essere provati nel processo, nella c.d. concatenazione di eventi) si allarga fino ad
investire il metodo stesso della scoperta scientifica. Rispetto alla natura della prova nel processo, si
possono differenziare due grandi aree di saperi paradigmaticamente difformi, eppure tra loro
collegati:
1) la prima comprende quei saperi che sono il prodotto di generalizzazioni di luoghi comuni.
Sono i saperi che nella cultura giuridica continentale risalgono alle cosiddette massime
desperienza;
2) la seconda comprende i saperi pi propri delle leggi scientifiche con i loro caratteri rigorosi
di oggettivit, generalit, ricorsivit, sperimentabilit, controllabilit e cos via.
Le massime o regole di esperienza sono conoscenze che risalgono a generalizzazioni del senso
comune. In Aristotele le massime di esperienza sono detti ndoxa, opinioni condivise da tutti o
dalla maggior parte degli uomini. La funzione probatoria delle massime di esperienza nel processo
stata introdotta grazie a due autori tedeschi: Viehweg e Struck, che identificano i Topik (dal greco
topoi, luoghi comuni) come metodica giuridica. Molti dei temi presentati dai due autori si basano
su principi simili alle regulae del diritto romano, principi generali che accompagnano alcuni valori
fondamentali del diritto (tra le pi famose ricordiamo il giudice non si cura di fatti irrilevanti,
necessario ascoltare anche la parte avversa, non si pu essere giudici in causa propria, nel
dubbio, la decisione deve essere a favore dellaccusato, il giudizio non pu oltrepassare la
!31

domanda). Certe ipotesi semplici di argomenti usati comunemente nel processo spiegano con
chiarezza il ruolo delle massime di esperienza: se una persona cammina su un terreno bagnato,
lascia delle impronte; un teste disinteressato dice normalmente la verit.
Le massime di esperienza, per diventare dei mezzi di prova nel processo, devono presentare il
carattere di opinioni largamente condivise, come il frutto di generalizzazioni presumibilmente
accettate da tutti su ci che accade spesso e per lo pi (id quod plerumque accidit).6 necessario
pensare bene la fonte delle massime, stabilire il grado di attendibilit, plausibilit, probabilit delle
stesse massime, e riconoscere quindi lidoneit del risultato raggiunto per sconfiggere unipotesi
ricostruttiva diversa7. Le massime di esperienza creano per dei problemi (non sono sufficienti per
essere utilizzati come mezzi di prova):
1) la generalizzazione delle massime desperienza non rigorosamente univoca, ma
ammette strutturalmente delle eccezioni. Dove c una regola, c anche uneccezione.
Famoso lesempio di Hume: il sole si leva sempre al mattino, ma ci non toglie che
potrebbe anche non accadere. Da un punto di vista giuridico, loggetto delle massime e le
critiche corrispondenti sono almeno di tre specie:
sulle azioni. Oggetto delle massime possono essere delle semplici azioni: in tal
senso non difficile scoprire le eccezioni (per esempio chi sottoscrive un
documento consapevole del suo contenuto, lamministratore delegato di una
holding non potrebbe non sapere dellattivit degli amministratori delle controllate,
un teste che ha mentito su un punto importante inattendibile su tutto: si tratta di
massime che andrebbero sempre provate nei singoli casi);
sulla forma delle azioni. Oggetto delle massime pu essere pure la forma delle
azioni. Si presume generalmente che se le azioni hanno una certa forma, hanno pure
un certo significato; se la forma cambia, muta anche il significato. A proposito della
6

Una sent. fondamentale della Cassazione, che spiega il ruolo delle leggi scientifiche e delle
massime desperienza, la famosissima sent. Franzese (n.11/2002) la quale, a proposito della
prova del nesso di causalit, spiega che la verifica della causalit postula il ricorso al giudizio
controfattuale, nel senso che: a) la condotta umana condizione necessaria dellevento se,
eliminata mentalmente dal novero dei fatti realmente accaduti, levento non si sarebbe verificato;
b) la condotta umana non condizione necessaria dellevento se eliminata mentalmente
mediante il medesimo procedimento, levento si sarebbe ugualmente verificato.!
A proposito poi delle massime desperienza, afferma: il giudice impiega largamente
generalizzazioni del senso comune, massime desperienza, enunciati di leggi biologiche, chimiche
o neurologiche di natura statistica ed anche la pi accreditata letteratura scientifica del momento
storico. In un altro passo parla della sussunzione dellevento sotto leggi scientifiche di copertura,
che sono di due tipi, leggi universali e statistiche: Il sapere scientifico accessibile al giudice
costituito sia da leggi universali, sia da leggi statistiche, che sono tanto pi dotate di alto grado di
credibilit razionale quanto pi trovano applicazione in un numero sufficientemente elevato di
casi.!
A proposito del principio delloltre ogni ragionevole dubbio, dice che quando esso manca, e
dunque vi un plausibile e ragionevole dubbio, il giudice deve neutralizzare lipotesi prospettata
dallaccusa e giungere allesito assolutorio stabilito dallart. 530 c.2 c.p.p., secondo il canone di
garanzia in dubio pro reo.
7

Le massime desperienza, secondo consolidata dottrina, sono utilizzabili solo quando sono
traduzioni nella cultura popolare di leggi scientifiche, non quando aprono la via al libero
convincimento del giudice slegato da leggi scientifiche. Va bene la massima che esprima lacqua
bolle a 100, mentre non va bene quella che statuisca se una ragazza porta i jeans non pu
essere stuprata perch sono difficili da togliere e dunque la ragazza se li abbassati
acconsentendo al rapporto.

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prova testimoniale, si presume che la verit dei fatti raccontati dai testimoni nel
corso di un processo sia un dato direttamente proporzionale al numero dei testimoni:
maggiore il numero dei testimoni che concordano sui fatti, pi attendibile la loro
testimonianza. Ma questo non sufficiente, in quanto se non si tiene conto del
numero dei testimoni, la regola non attuata (la regola la massima che riconosce
vera soltanto la testimonianza di almeno due persone); se si tiene conto del numero
(e quindi della posizione e della natura dei testimoni), la regola non ha sempre gli
effetti previsti, perch i testimoni potrebbero non essere veritieri oppure potrebbero
essere veri testimoni, ma la loro testimonianza falsa. In conclusione il numero dei
testimoni non una condizione sufficiente perch vi siano dei veri testimoni, per cui
la forma dellazione non decisiva;
secondo il metodo dellargomentazione. Le critiche alla verit delle massime si
possono distinguere secondo il metodo con cui sono argomentate. la strada seguita
da Aristotele. Se si osserva il processo di generalizzazione dei luoghi della
retorica, le obiezioni possono essere almeno di quattro tipi, o secondo quattro
argomenti:
- largomento semplice. Il luogo il seguente: lamore un bene.
Domanda: sempre cos? No, perch esistono anche forme cattive di amore
(vedi lamore fra Cauno e Biblide, fratello e sorella). Non detto che una
massima sia vera per ci che dice, per il semplice fatto cio di essere una
massima;
- largomento per somiglianza. La massima luomo buono fa del bene a
tutti gli amici. Ed ecco la domanda: sempre e soltanto cos? Si potrebbe
obiettare che anche luomo cattivo, similmente a chi buono, non fa del
male ai suoi amici. Applicando largomento per somiglianza, la massima
luomo buono fa del bene a tutti gli amici non sempre vera, poich
esclude che anche gli uomini cattivi possano fare del bene ai loro amici;
- largomento per differenza. Il luogo : gli uomini che hanno ricevuto del
male odiano sempre. Lobiezione a contrario che non detto che chi
abbia ricevuto del male non sia disposto ad amare. Pu valere anche
lopposto;
- largomento giudicato vero. Infine si pu obiettare secondo largomento
giudicato vero. Il modo con cui si devono giudicare certe azioni pu essere
stabilito per legge. Il nomos ha la forza di stabilire che cosa deve essere e
che cosa non deve essere. In questo modo la legge introduce un criterio in
base al quale giudicare le azioni, per dire sia come devono essere, sia come
non devono essere. Un luogo tradizionalmente condiviso : si deve avere
indulgenza per gli ubriachi, poich commettono colpe senza
comprenderlo; eppure Pittaco, legislatore di Mitilene, ha stabilito per
legge pene maggiori per chi commette una colpa in stato di ebbrezza .
2) le massime in genere, e in particolare quelle di formazione giurisprudenziale, non
hanno lo stesso grado di prova nei diversi settori dellordinamento: una massima che
vale per uno non vale necessariamente anche per laltro. Le massime desperienza hanno dei
limiti non soltanto rispetto ai casi singoli, ma anche riguardo alla specificit delle diverse
parti dellordinamento. Alcune massime hanno effetti probatori in certi settori del diritto, e
non in altri. Ad esempio gli indici presuntivi di reddito (che fondano i cosiddetti studi di
settore, strumenti che permetterebbero al fisco di superare le tradizionali modalit di
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controllo basate esclusivamente sulle scritture contabili) sono massime probatorie in sede di
contenzioso tributario, ma non nel processo penale, per cui il loro grado probatorio in
alcuni casi insufficiente. Qui si vanifica la loro decisivit come mezzi di prova.
3) ci che accade spesso e per lo pi (id quod plerumque accidit) non di per se principio
di normativit, e questo a causa della natura normativa delle massime. Giudicare
qualcosa normale non significa che sia anche normativamente efficace. Lipotesi non
mira certamente ad elidere la relazione tra normalit e normativit; anzi, il punto di partenza
proprio questa relazione: il normale di per s presuppone il normativo e viceversa. Si
pensi alle regole regolative, ossia alle regole che regolano attivit esistenti in
precedenza: ad esempio la regola di guidare sulla parte destra della strada; essa non fa
che disporre un modo di agire anteriore allesistenza della stessa regola, sostituendo una
situazione affidata unicamente alla consuetudine. Siniscalchi, riprendendo Bobbio, spiega
questo rapporto dicendo che la norma giuridica recepisce e riconosce situazioni di normalit
preesistenti ad essa. Nellaltra direzione, la norma che produce situazioni di normalit.
Una norma , si potrebbe dire, una proposizione normativa che tende a riconoscere e
stabilire un comportamento normale: il carattere della normativit riguarda il fine, quello
della normalit il risultato. Il fatto che la normalit sia il risultato che la norma ottiene, oltre
che un dato che la norma potrebbe riconoscere, si pu evincere, secondo Bobbio, da questo
esempio: quando dico una norma (ma potrei anche dire regola) che le donne entrino
in chiesa a capo coperto posso voler significare queste due cose: o la presenza di una regola
che prescrive questo comportamento o semplicemente la constatazione di una ripetizione
costante di un comportamento. Rispetto al significato abituale di norma, nel primo caso
metto in rilievo laspetto della normativit, nel secondo caso quello della normalit.
Qual allora il problema? Il problema sta nella relativit insieme delle massime e delle norme.
Sappiamo che vi pu essere conflitto tra norme, e che una norma potrebbe essere invalidata da
unaltra. Questa situazione si ripercuote sul valore delle massime. Il successo di una massima
consiste sostanzialmente nella capacit di stabilizzazione della norma corrispondente. Mi soffermo
su due forme di relativit:
1) relativit di una massima rispetto ad altre massime. Non possono due massime, posto che
vi sia conflitto tra loro, avere gli stessi effetti normativi: una avr la meglio sullaltra;
2) relativit di una massima rispetto al giudizio di convalida. Spesso le massime sono
fondate su idola, percezioni che si basano su desideri soggettivi piuttosto che sulleffettivo
stato di cose nella realt8: da questo nasce la difficolt ad avere un giudizio di convalida.
Ad esempio significativa la massima di Enrico Altavilla che da unopinione molto
discutibile sulle fonti di prova nel processo, riguardo al ruolo delle donne come testimoni: la
donna avrebbe qualit di essere inferiore che la renderebbero pericolosa come testimone,
soprattutto nei casi in cui ci sono drammi sentimentali.

Il problema della verifica di un antecedente investe anche direttamente il metodo della ricerca
scientifica. La ragione giuridica, specie nella verifica delle asserzioni di fatto, (le asserzioni
coinvolte nella cosiddetta quaestio facti), include il sapere scientifico in senso stretto.
Lapplicazione di leggi scientifiche sembra assicurare meglio, rispetto alle semplici
generalizzazioni empiriche e alle massime desperienza, la vicinanza della prova al vero. Fino a
che punto per il discorso scientifico verificabile? Le spiegazioni non sono mai esaustive. Si

(qui io farei piuttosto lesempio della massima desperienza riguardante i jeans (vedi nota
precedente!)

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avvertono distintamente, ad esempio, i limiti a calcolare le ripercussioni negative di settori


pericolosi dellindustria, insieme agli ostacoli delle scienze genetiche. Lo schema del giudizio nel
processo conta almeno tre passaggi:
1) lipotesi H afferma con certezza (oltre ogni ragionevole dubbio) che un fatto (P)
lantecedente di un altro (Q)
2) c P, e dunque Q
3) non ci sono ipotesi pi forti di H
la forma quella del modus ponens. Ed i problemi non sono pochi. La verifica scientifica di un
antecedente nei sistemi complessi (il mondo della vita in cui opera il diritto sempre un sistema
a complessit molto elevata) porta in genere a stabilire una condizione soltanto sufficiente di un
evento, e non anche necessaria. Stando alla nostra ipotesi, se P effettivamente accaduto ed
condizione sufficiente di Q, possibile affermare in astratto che si verificato pure Q (se P, allora
Q); ma questo solo in astratto; infatti la circostanza che il primo fatto (P) sia accaduto, non basta
ancora per sostenere che levento considerato (Q) si sia verificato proprio a causa di quel fatto;
potrebbe benissimo esserci stata unaltra causa; il primo fatto P non una condizione necessaria di
Q, ma solo sufficiente9. Limputazione giuridica di un fatto illecito in tempi e luoghi particolari
chiede, dal canto suo, laccertamento di una condizione sia necessaria, sia sufficiente. Degli
esempi chiariranno meglio la cosa. Se io ho un filo di rame che ha un limite di rottura di 1kg e gli
attacco un peso di 2kg, il filo si spezzer; ma tale condizione solo sufficiente: infatti le cause
possono essere anche altre, ad esempio il forte calore o lazione meccanica di piegamento. Ancora
un altro esempio: i danni alla salute causati da esposizione a fattori cancerogeni (come amianto)
ma non detto che sia lunica causa della morte (ad esempio il soggetto, di suo, potrebbe essere un
fumatore). In realt quindi conoscere la causa sufficiente di qualcosa non sufficiente, a sua volta,
per stabilire cosa abbia determinato un particolare evento tra tutte le possibili cause sufficienti. La
scienza pu stabilire un nesso causale sul piano generale, quindi come causa sufficiente ma non
necessaria rispetto a quanto accaduto, perch vi un sistema complesso di concorso di cause, e
stabilire che stata proprio quella causa a determinare il danno non semplice.
Gi Aristotele in Retorica parla di quando un segno pu essere una prova. Essi non coincidono: un
segno, per essere prova, deve essere causa sufficiente e necessaria. Ad esempio la febbre segno
indiscusso che una persona ammalata, cos come la presenza del latte materno segno che la
donna ha partorito: in questi casi il segno anche prova. Vi sono per segni che non sono una
prova:
1) nella relazione del particolare con luniversale. Se dico che Socrate il pi sapiente e
giusto dei greci, ci non prova che coloro che sono sapienti sono anche giusti;
2) nella relazione delluniversale con il particolare. Se dico che la respirazione rapida segno
di febbre, ci non prova che se Socrate respira velocemente abbia per forza la febbre
(potrebbe essere anche affanno).
Questo significa che il rapporto tra segno e prova va dimostrato di volta in volta.
Nel processo invece lantecedente deve essere condizione sufficiente e necessaria. Una sentenza di
condanna nel processo penale avrebbe lobbligo di verificare un grado molto elevato di probabilit,
9

Sul tema si sono delineati due indirizzi interpretativi allinterno della quarta sezione della Corte di
cassazione: al primo orientamento, maggioritario, che ritiene sufficienti serie ed apprezzabili
probabilit di successo per lazione impeditivi dellevento, anche se limitata e con ridotti
coefficienti di probabilit, talora indicati in misura addirittura inferiore al 50%, si contrappone laltro,
pi recente, per il quale richiesta la prova che il comportamento alternativo dellagente avrebbe
impedito levento lesivo con un elevato grado di probabilit prossimo alla certezza e cio in una
percentuale di casi quasi prossima a cento.

!35

per alcuni dovrebbe superare il 95%, per altri raggiunger il limite di 1 (100%): il criterio appunto
quello dell oltre il ragionevole dubbio. Qual leffettivo comportamento dei giudici?10:
1) da un lato affermano che non sufficiente una prova fondata su un criterio di sola
probabilit. Con quali conseguenze? In questo caso si arriva ad una risposta praticamente
contraddittoria: si escludono criteri quantitativi di sola probabilit, ma si finisce sempre per
contrapporre le prove del processo penale a quelle delle scienze naturali, arrivando
comunque a decidere in base a calcoli meramente probabilistici. Un fatto reso ancora pi
marcato dalla circostanza che si passa in giudizio attraverso il principio del libero
convincimento del giudice, principio che gi esprime di per se unidea probabilistica della
verit. La libert di convincimento del giudice testimonia non la forza delle sue conoscenze,
semmai la loro debolezza;
2) dallaltro tendono a trasformare i reati di danno in reati di pericolo, allorch il nesso di
causa accertato non come ci che ha effettivamente determinato un certo evento, bens
come ci che potrebbe astrattamente avere proprio quegli esiti. Con quali conseguenze? In
questo caso si evita di accertare levento in concreto, fermandosi a quello in astratto. ci
che succede quando si utilizzano nellattivit probatoria le indagini epidemiologiche.
In non pochi casi dunque i giudici concludono escludendo espressamente un criterio quantitativo di
probabilit. In teoria si evita un sapere fondato sul metodo delle probabilit, perch in definitiva
troppo soggettivo e non adoperabile per un giudizio privo di dubbi. Non sufficiente un sapere
basato unicamente sulla probabilit, e questo per tre ragioni:
1) la probabilit implica un giudizio soggettivo che comprende sempre lombra del dubbio.
In genere si parla di probabilit oggettiva quando ci si pu solo avvicinare alloggettivit e
mai accertarla; di probabilit soggettiva quando invece si pu essere convinti solo di
essere lontani dal dato oggettivo. Ma se le cose stanno cos, la probabilit alla fine solo
soggettiva. La probabilit, se oggettiva, non mai adeguatamente fondata. Il giudizio
sempre di questo tipo: probabile che le cose siano andate cos e cos, un giudizio cio
che fa capo ad una conoscenza solo relativa. Non avrebbe senso dire probabile che il
triangolo equilatero sia quello con tutti i lati uguali.
2) i casi in giudizio sono sempre unici ed irripetibili. Laltra domanda se sia possibile un
calcolo di probabilit su un caso unico. Un caso, proprio perch unico, non possibile
confrontarlo con altri. Ora, molti casi, se non proprio tutti quelli dibattuti nel processo, sono
casi unici. Non perci configurabile una prova in grado di stabilire una probabilit
piuttosto che unaltra su un numero di eventi ripetibili e paragonabili tra loro.
3) vi oggettivamente una difficolt di calcolo. Teoricamente, laccordo pressoch
universale sulla non applicabilit del teorema di Thomas Bayes (una delle versioni pi
classiche del calcolo di probabilit) in sede forense. Soffermiamoci sulle due questioni della:
fallacia del condizionale trasposto. La questione esemplificabile attraverso il
pi clamoroso caso politico-giudiziario scoppiato nella Francia della terza
repubblica: laffare Dreyfus. Nel 1894 Dreyfus, un ufficiale ebreo/alsaziano
dellesercito francese, fu accusato di spionaggio a favore della Prussia sulla base di
un fatto, cio il ritrovamento di un documento nellambasciata tedesca che conteneva
messaggi cifrati e che lo stesso Dreyfus ammise di aver redatto. Nel documento la
frequenza di certe lettere non rispettava quella di un testo ordinario, e quindi vi era
una bassa probabilit che la combinazione delle lettere si fosse prodotta per caso. Se
Dreyfus innocente, la probabilit che le lettere siano a caso molto bassa (perch
10

vedi nota precedente!

!36

sia innocente, vi dovrebbe essere una probabilit molto pi elevata che le lettere
siano composte a caso); ora, molto probabile che la combinazione delle lettere non
sia a caso e, dunque, altrettanto alta la probabilit che lufficiale francese sia
colpevole invece che innocente. Allora, il problema che si trattano queste due
probabilit (quella relativa alla colpevolezza e laltra sulla combinazione delle
lettere) come probabilit equiparabili tra loro. Dreyfus fu condannato ai lavori
forzati, anche se pi tardi si scopr che il documento era stato alterato, anche se
involontariamente.
probabilit iniziale. Laltro problema centrale del calcolo di probabilit il
problema della probabilit iniziale: questa la probabilit che vi sia una
determinata causa. Sennonch il calcolo di probabilit che tratta una causa (e magari
una causa risolutiva del caso giudiziario) in maniera astratta rispetto allo sfondo un
calcolo decisamente insufficiente. Se la probabilit iniziale non riferita ad un fatto
a sua volta adeguatamente fondato, non serve neppure stabilire il grado o numero di
probabilit di essa. Se il documento su cui si ragiona falso, fare lipotesi di
probabilit sul nesso tra il documento e il suo presunto autore non ha alcuna
probabilit di riuscita (ad esempio nel caso Dreyfus il documento era stato alterato,
anche se involontariamente, e quindi alla fine ogni perizia compiuta su di esso era
inutile).
In molte altre circostanze la giurisprudenza fa ricorso alla categoria dei cosiddetti reati di
pericolo11. A differenza che nei reati di danno, in quelli di pericolo il nesso di causa si accerta ex
ante, come ci che potrebbe determinare un certo evento, non come ci che lo ha determinato.
Sarebbe preferibile parlare di causabilit piuttosto che di causa di un fatto particolare. I problemi
sono almeno due:
1) La contestazione riguarda un reato di danno, ma la logica della scoperta dei fatti quella di
un reato di pericolo. Il pericolo si stabilisce sulla base sulla base di un grado di prova che
quello della conoscenza probabilistica. Quindi il magistrato, per valutare i mezzi di prova
relativamente ai reati di pericolo, usa degli argomenti che servirebbero a rilevare un reato
di danno, ma che invece dimostrano un reato di pericolo.
2) Unaltra osservazione ci riporta alla questione principale. Come sappiamo, non si in grado
di stabilire da un punto di vista strettamente scientifico se una data sostanza o un
quantitativo di essa siano causa di un evento di pericolo in una situazione concreta. Per di
pi la valutazione del rischio o pericolo sarebbe rimessa dal legislatore al giudice, con
conseguente violazione del principio basilare della riserva di legge (anzi, per i reati in
materia di ambiente ed urbanistica le soglie di rischio sono il prodotto di elaborazione
politica a cui concorrono il ministro della sanit e la conferenza stato-regione, non
suffragate da una prova scientifica adeguata).
Queste conclusioni sulla quaestio facti portano alla conclusione che il principio dell oltre ogni
ragionevole dubbio non trova sempre unampia efficacia nel processo, perch la capacit
probatoria risale da una parte alle conoscenze limitate delle massime di esperienza e dallaltra alle
conoscenze empiriche che stabiliscono un nesso di causa sufficiente, ma non necessario. Per cui i
fatti nel processo vengono spesso dimostrati sulla base di conoscenze probabilistiche che se anche
fossero oggettive, sarebbero comunque conoscenze soggettive. E se la verit su un giudizio di
11

I tipi di reato si suddividono in: comuni e propri; di mera condotta e di evento (a loro volta a
forma libera o vincolata); commissivi e omissivi, che a loro volta si dividono in propri di condotta e
impropri di evento; istantanei e permanenti; abituali propri e impropri; di danno e di pericolo, a loro
volta divisi in pericolo concreto e pericolo astratto (presunto).

!37

accertamento ex post di una conoscenza scientifica solo probabile, ci si chiede qual il grado di
copertura di probabilit da attribuire al nesso causale nel processo penale. Ci sono giuristi che
sostengono che il grado di prova di verit nel processo dovrebbe essere pari ad 1, e cio la
consapevolezza di quasi certezza come limite alla posizione di ragionevole dubbio. Un
dubbio ragionevole per sempre un dubbio, anche se argomentato, ma pur sempre un dubbio
effettivo. Questo ci porta alla conclusione che nel processo la verit una verit retorica che
nella disponibilit delle valutazioni soggettive (e non assenza di ogni dubbio).

Rimane la questione della conclusione del processo, la sentenza, della quale si deve predicare la
validit (e non la verit). Delle norme non diciamo che sono vere o false, ma diciamo che sono
valide o invalide. Perch? La risposta si trova esaminando da vicino la performativit del
linguaggio giuridico. Il linguaggio del diritto, infatti, un linguaggio performativo, cio che non
descrive la realt ma la costituisce. il linguaggio attraverso il quale il soggetto fa ci che dice in
forza del suo dire. Quando dico ti prometto x, nasce la promessa (la promessa nasce con le mie
parole); la stessa cosa non succede se dico mangio la mela: non affermando mangio la mela
che si compie lazione di mangiare la mela, altrimenti il grave problema della fame nel mondo
sarebbe di facile soluzione. Prendiamo unenunciazione tipica del linguaggio giuridico. Il
legislatore decreta si dispone che OP ( obbligatorio P); P sta ad indicare un qualsiasi
comportamento. Con il dire si dispone che OP il legislatore pone un obbligo che prima non
esisteva. lenunciato di una enunciazione performativa. Il verbo performativo disporre un
verbo esercitivo, cio che esprime lesercizio di un potere. Analiticamente, attraverso
lenunciazione dellenunciato si dispone che OP, si pongono almeno due tipi di norme:
1) Una norma costitutiva con si dispone che OP. Lenunciato esegue ci che dice nel
momento stesso in cui posto. Con le norme costitutive si fanno cose con parole, senza
bisogno di mediazione alcuna. Tipica norma costitutiva una norma abrogativa ( abrogata
la norma x). Qui abbiamo un enunciato di enunciazione performativa.
2) Una norma prescrittiva in senso stretto: obbligatorio P. Lenunciato non esegue ci
che dice, ma occorre la mediazione, cio ladempimento di un destinatario. Tipica norma
prescrittiva : vietato uccidere. Qui abbiamo un enunciato innestato in una
enunciazione performativa.
La domanda se la logica delle norme possa essere una logica della verit piuttosto che della
validit; cio i nostri due enunciati si dispone che OP ed obbligatorio P sono due enunciati di
cui ha senso predicare la verit? Bisogna esaminare la tesi di Amedeo Conte in aspetti della
semantica del linguaggio deontico del 1977. La tesi sostiene che possibile predicare la verit sia
di enunciati di enunciazioni performative (si dispone che OP) che di enunciati innestati in
enunciazioni performative ( obbligatorio P). Entrambi gli enunciati si autoverificano, cio si
fanno veri in riferimento a se stessi: il loro senso logico infatti quello dellautoreferenzialit.
Infatti con si dispone che OP il legislatore costituisce una disposizione che prima non cera e
nello stesso tempo descrive ci che fa ( obbligatorio P), quindi lenunciato non solo fa ci che
dice, ma dice anche ci che fa, e per questo gli enunciati sono sempre veri, si autoverificano; gli
stessi effetti si constatano per la verit dellenunciato innestato obbligatorio P che descrive uno
stato di cose che risale alla stessa enunciazione del legislatore e, dunque, non fa che riferirsi a se
stesso: anche lenunciato obbligatorio P si autoverifica. Il linguaggio giuridico individua
almeno due tipi di enunciazioni performative:
1) Enunciazioni performative thetiche, che costituiscono status deontici (obblighi, divieti,
permessi che formano la realt giuridica). Sono quelle pronunciate dal legislatore. Un
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esempio lenunciato si dispone che OP: in questo caso si pone un obbligo che prima non
esisteva. Il legislatore artefice di una thesis, cio della posizione di qualche cosa.
2) Enunciazioni performative rhetiche, che riguardano un discorso semplicemente cognitivo
di status deontici. Sono quelle pronunciate dal giurista. Un esempio lenunciato affermo
che OP: in questo caso si d notizia di un obbligo gi vigente. Il giurista artefice di una
rhesis, cio del discorso su qualche cosa.
Le enunciazioni del legislatore sono, come sostiene Conte, delle enunciazioni performative
thetiche. Lenunciato si dispone che OP descrive uno stato di cose che risale alla stessa
enunciazione del legislatore e, dunque, non fa che riferirsi a se stesso. Tutte le volte che il
legislatore pronuncia validamente le parole si dispone che OP, ecco che nasce lobbligo di P.
Anche lenunciato obbligatorio P si autoverifica, si fa vero da se solo. Potremmo dire che
lenunciazione performativa si dispone che OP pone la verit dellenunciato innestato
obbligatorio P.
La situazione cambia decisamente nel momento in cui il giurista si ferma ad asserire lesistenza
o meno di un obbligo. Dicendo affermo che OP, non per questo nasce lobbligo di P.
Lenunciato OP, innestato questa volta in una enunciazione del giurista che descrive un certo
ordinamento, pu essere un enunciato falso. un enunciato falso, se non esiste validamente
lobbligo di P. Lenunciato innestato non si fa vero da solo.
A questo punto Incampo fa tre osservazioni sulla tesi di Conte:
1) Il problema principale sta forse nel significato di verit del linguaggio performativo.
La prima osservazione ancora sulluso del predicato di verit. Quando si parla di verit, il
senso di questo termine non sempre lo stesso. Ci sono almeno due sensi di verit:
La verit semantica (o verit come corrispondenza), cio la corrispondenza tra la
proposizione e lo stato di cose che la proposizione descrive: per cui se c
corrispondenza diciamo che quellenunciato vero, se non c corrispondenza
diciamo che quellenunciato falso. Prendiamo la proposizione esiste qualche
cosa: la proposizione vera perch vi corrispondenza tra la proposizione ed il
fatto che essa asserisce (esiste sempre qualcosa).
La verit ontica, che si ha quando si parla di verit con riferimento alla res, ad un
fatto: la verit ontica un concetto di esistenza della res, di ci che c e quindi si
riferisce allesistenza o meno di qualcosa. Ad esempio parlare di una banconota
vera significa parlare di una banconota realmente esistente; parlare di una
banconota falsa vuol dire parlare di una non-banconota (non esiste).
Due sensi quindi marcatamente diversi di verit. Da un lato la verit che si predica di una
proposizione, e che esprime la corrispondenza della proposizione allo stato di cose che
descrive; dallaltro la verit che traduce lesistenza o non esistenza di qualcosa. Questi due
concetti sono irrelati (non sono la stessa cosa): infatti, con riferimento a determinate entit,
si pu vedere che la falsit ontica di queste entit non inficia la verit semantica. Ad
esempio la proposizione su una banconota americana falsa in God we trust, in senso
semantico, vera, ma la banconota onticamente falsa (cio non una banconota). Verit
semantica e verit ontica non sono, allora, la stessa cosa. Da questi due concetti dipendono
(lo vediamo subito dopo) due precise nozioni di reato, ma c un nesso profondo anche con
la teoria generale del diritto: la differenza dei due concetti serve infatti a fondare la logica
stessa della validit giuridica. La logica dellesistenza giuridica soprattutto una logica
della verit ontica.

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I concetti di verit ontica e verit semantica sono concetti determinanti per certe fattispecie
di reato: sono utili per spiegare la differenza fra falso ideologico e falso materiale in
diritto penale:
Il falso materiale il falso in senso ontico. Le fatture o altri documenti possono
essere materialmente falsi (onticamente falsi, ad esempio per formazione o
alterazione), ma le dichiarazioni riportate sui documenti possono essere
semanticamente vere.
Il falso ideologico il falso in senso semantico. Le fatture o altri documenti
possono essere genuine quanto alla provenienza (onticamente veri), ma le
dichiarazioni riportate sui documenti possono essere semanticamente false
(mendaci).
La pronuncia sulla falsit dei documenti prevista dallart. 537 del codice di procedura
penale concerne sia il falso ideologico sia il falso materiale dei documenti, ma non si
capisce bene a quale dei due sia riferito (si parla della provenienza oppure del contenuto?).
La distinzione importante per identificare alcune fattispecie di reato, ma anche per capire
lidea stessa di giuridicit e di validit giuridica, perch quando si parla di norme il
legislatore costruisce una realt.
2) Una seconda osservazione alla tesi di Conte che utilizzando il concetto di verit
semantica (verit come corrispondenza), gli enunciati performativi possono essere
soltanto veri e mai falsi. Un enunciato performativo falso un falso performativo. Quindi
predicare la verit quando non si pu predicare la falsit davvero anomalo, in quanto
posso affermare che un giudizio vero solo se astrattamente predicabile anche di falso.
Questo perch gli enunciati performativi non descrivono lo stato delle cose, semmai lo
pongono.
3) Una terza osservazione che anche se si possa predicare la verit semantica degli
enunciati innestati in enunciazioni performative, ci comunque irrilevante nel processo
perch, come ricorda Kelsen, la conclusione pu contraddire le due premesse e
ciononostante essere una sentenza valida (fermo restando le due premesse tutti i ladri
devono essere puniti e Tizio un ladro, nulla impedisce che il giudice sentenzi
l'assoluzione di Tizio). La verit dunque sembra un predicato irrilevante nel processo, a
meno che non sia intesa in senso ontico (in questo caso la conclusione Tizio non deve
essere punito in s vera giacch non deriva dalla verit delle premesse, ma dalla validit
della sentenza).
Come fare quindi a recuperare la verit del processo? Dobbiamo escluderla? Forse tutta la
questione della verit del processo si concentra sul tema della validit.
Per Kelsen una sentenza tale nella misura in cui posta dagli organi competenti, e non per un
procedimento soltanto deduttivo. Egli ammette che la sentenza valida perch posta dal tribunale
competente, per cui nel momento in cui il giudice, che in base alle premesse avrebbe dovuto
giudicare Tizio colpevole, emana una sentenza di assoluzione, egli arriva alla conclusione di
affermare un irrazionalismo giuridico (nichilismo), in quanto il linguaggio delle norme non avrebbe
una logica. A ben vedere la tesi di Kelsen sintetizza un po' la concezione giuspositivistica del diritto,
concezione secondo la quale il diritto valido in quanto posto da un'autorit; quindi l'autorit, il
potere che fa la legge, non la verit. Sembra quindi che il diritto tenda al giudizio, non alla
verit: il diritto pu solo assicurare che alla fine vi sia un giudizio, non la giustizia. Certo ci si
aspetta che l'autorit non sia disgiunta dalla verit; invece il positivismo giuridico sembra rafforzare
una deriva nichilista, e cio che il processo non sia da un punto di vista strettamente logico
condizionato dalla verit, ma dal potere. Come fare a parlare nuovamente di verit del processo?
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L'unica strada ripartire dalla validit. Nell'affermazione di Kelsen (non c' una logica nel
processo) vi un'anomalia, e cio che nel sillogismo giudiziale la logica potrebbe essere quella
della validit e non della verit, con delle sue condizioni di validit: dire che le cose esistono senza
condizioni sbagliato, altrimenti non distingueremmo una cosa da un'altra (distinguiamo Socrate da
un asino perch vi sono condizioni diverse della loro esistenza). Anche per la sentenza vale la stessa
cosa: ci sono condizioni di validit che la rendono possibile: si tratta di condizioni che non sono
solo dettate dalla volont del legislatore, ma sono il prodotto dell'idea stessa di giuridicit. La
Metafisica proprio lo studio delle condizioni di validit della sentenza che non derivano dalla
volont del legislatore, ma dall'idea stessa di giuridicit.

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METAFISICA

Con la metafisica in senso Kantiano, cio come la scienza dei principi universali, si vogliono
scoprire tutte quelle leggi universali e necessarie (riguardo all'agire pratico) che la ragione
pu scoprire da sola a priori, indipendentemente cio dai fatti empirici dell'esperienza. Con la
metafisica, la ragione interroga se stessa. Riguardo all'oggetto, dobbiamo distinguere tra:
1) la metafisica della natura, che comprende tutti i principi razionali puri, le leggi universali
che riguardano la natura (critica della ragion pura);
2) la metafisica dei costumi, che comprende quei principi che determinano a priori, cio
quelle leggi universali che riguardano l'agire pratico, e cerca anche di spiegare in che modo
esse concordano con la volont del soggetto; quindi investe l'agire e non solo il conoscere.
Essa cerca anche di spiegare perch gli uomini devono obbedire a queste leggi universali
(critica della ragion pratica).

Perch il soggetto deve voler agire secondo queste leggi? probabile che sia proprio questa
domanda a mantenere vivo l'interesse degli uomini per la metafisica. Sicuramente le leggi universali
non possono negare il soggetto. L'essere del soggetto, infatti, si riconosce in virt proprio della
ragione: le leggi della ragione sono anche per la ragione, ossia per tutti gli esseri razionali. La
presenza di leggi della ragione potrebbe tuttavia non bastare per i compiti della metafisica; per un
momento mettiamo da parte Kant e vediamo la teoria generale del diritto.
una regola necessaria la cosiddetta norma di chiusura dellordinamento". Questa norma
stabilisce che se la validit l'esistenza specifica di una norma in un ordinamento, allora sono
norme soltanto quelle che stanno nell'ordinamento. Una norma invalida non una norma. Da
questo punto di vista, l'ordinamento un sistema chiuso. Ipotizziamo che vi siano delle norme
fuori dall'ordinamento. Le possibilit sono due: o che l'ordinamento non sia l'ordinamento, oppure
che le norme fuori non siano norme. L'ordinamento infatti l'insieme delle norme valide: fuori non
vi validit. Affermando dunque che sono norme solo quelle dell'ordinamento, si determina anche
ci che non norma.
una regola necessaria anche la norma fondamentale di Kelsen: ci si deve comportare secondo
la Costituzione effettivamente statuita ed efficace. Sarebbe decisamente contraddittorio un
ordinamento il quale, disponendo tutta una serie di norme, implicasse poi la norma non ci si deve
comportare secondo le norme effettivamente statuite ed efficaci. La norma fondamentale di Kelsen
presa come schema presuppone che l'ordinamento giuridico abbia un significato essenzialmente
normativo: l'ordinamento fatto di norme. Partendo dal significato della norma fondamentale, si ha
la doppia evidenza dell'esistenza dell'ordinamento giuridico (ogni norma ha almeno un'altra norma
di grado superiore, vale a dire la norma fondamentale) e dell'identit dell'ordinamento giuridico in
un nucleo di senso che non pu essere che quello normativo (la norma fondamentale presuppone le
norme di un ordinamento).
Quello che ancora non si capisce il valore della funzione dell'ordinamento giuridico e perch gli
uomini debbano volerlo. La funzione ci che permette di sapere cos' il diritto. Ed pure la
causa che fa del diritto un bene. Senza di essa non si spiegherebbe perch gli uomini cercano
tanto il diritto e le leggi. Un sistema di leggi che si limitasse ai principi logici della struttura, e
soltanto ad essi, rischierebbe di non riconoscere la relazione metafisica tra i principi della
ragione e la volont del soggetto. Non si riesce neanche a pensare l'ordinamento senza il soggetto.
Per una metafisica che voglia essere scienza a priori dell'agire (metafisica dei costumi) due sono,
allora i compiti da assolvere:
1) individuare, semmai vi siano, dei principi a priori dellazione;
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2) stabilire il valore oggettivo di essi rispetto alla volont del soggetto.


Come affrontare con la metafisica la questione del processo? La parte del processo che pi ci
interessa la pragmatica, che quella parte della metafisica che analizza la validit o l'esistenza
specifica di un'azione (praxis): la sentenza del processo non che un'azione. La pragmatica non
solo parte della metafisica, ma anche scienza in un ulteriore duplice senso:
1) prima di tutto come teoria dell'oggetto. La sentenza un essere-oggetto, una realt
oggettiva rispetto alla coscienza; e come tale si occupa dell'esistenza di atti concreti, della
sussistenza di atti astratti, dell'insussistenza/nullit di atti concreti (ti prometto di non
mantenere la presente promessa);
2) ma anche come teoria dell'azione. L'azione l'attivit dei tanti atti linguistici che danno
vita al diritto (ad esempio le attivit di decretare, dichiarare, assolvere, condannare sono
tutte forme di azione per mezzo del linguaggio).
Ora, la validit pragmatica si pu dividere in:
1) validit pragmatica prima (o validit praxeologica). la scienza delle condizioni che
risalgono all'idea dell'atto di cui si predica la validit; tale idea non l'idea personale di
ciascuno circa un fatto, ma l'idea che tutti gli uomini hanno di un determinato atto sociale
o giuridico. Ad esempio l'atto della promessa. La promessa un modo di sottoporsi ad
un'obbligazione; quindi non vi pu mai essere un'obbligazione verso una cosa passata. Mi
posso obbligare verso una cosa che ha da essere, non verso una cosa che gi o stata (non
ha senso dire prometto che ti sono stato fedele, ma ha senso dire prometto di esserti
fedele). questa una condizione praxeologica di validit della promessa, perch risale
all'idea dell'atto stesso e non ad una norma (altrimenti non sarebbe una promessa). Si tratta
di atti che sono espressione di un eidos, cio di una condivisione comune che non pu essere
derogata, perch altrimenti si genera un paradosso pragmatico, cio quella situazione
insostenibile per la ragione sia sul piano pratico che sul piano teoretico che genera
contraddizione, un non-sense. Quindi tutte le volte in cui si viola una condizione di validit
subentra una situazione paradossale, una contraddizione che non fa nascere l'atto, in quanto
l'atto linguistico deve essere un enunciato performativo con un senso: l'atto quindi viene
inficiato da nullit.
La praxeologia coglie il logos, la ragione universale che accompagna l'atto. Le condizioni di
validit praxeologica sono molto spesso nascoste (crittotipi), ma alcune volte sono anche espressi
(traccia nomografica). Esempio di crittotipo la norma fondamentale di Kelsen, che dice che ci si
deve comportare secondo la costituzione.
2) validit pragmatica seconda (o validit praxeonomica). la scienza delle condizioni che
risalgono a norme che, ab extra rispetto alla pura idea di un atto, pongono condizioni di
validit. Ad esempio uno stato che stabilisca che, a causa della calura, le promesse si
debbono fare solo in abito bianco, pena l'invalidit della promessa: questa condizione non
risale all'eidos, cio all'idea stessa della promessa, ma ad un nomos che ab extra pone una
condizione ulteriore di validit. Sono molte le norme che il legislatore pone relativamente
alla validit di determinati atti e che sono il prodotto politico della decisione del legislatore,
perch anche la politicit un'attivit naturale inerente al processo giuridico (nel senso che
ci sono delle valutazioni giuridiche che attengono a valutazioni soggettive, e quindi
politiche). Ad esempio lart. 32 c.p. (prima dell'entrata in vigore della legge 689/81), sulla
perdita della capacit di testare del condannato all'ergastolo, una condizione di validit che
non risale all'idea di testamento, ma ad una norma ab extra, una condizione introdotta dal
legislatore su valutazioni politiche e storiche. Validit praxeonomica anche quella che si
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predica degli elementi accidentali del contratto (mentre quelli essenziali hanno validit
praxeologica).
La sentenza rappresenta il momento culminante del processo: torna la questione della verit nel
processo. possibile una praxeologia della sentenza? Certamente, in quanto non si riesce ad
immaginare che la decisione giuridica sia presa dal giudice in base alla pura fantasia o ad un
capriccio momentaneo. Anche la decisione ha una sua logica. La condizione di validit della
sentenza ci che viene chiamato motivazione. La sentenza ha bisogno di una motivazione, una
regola che risale all'idea stessa di sentenza. Una sentenza immotivata o frutto di fantasia o capriccio
non una sentenza, un atto privo di senso. L'obbligo di motivare il primo contenuto di una
praxeologia rigorosa della sentenza. Essa una condizione di validit ambivalente:
1) secundum legem. Essa una condizione nomograficamente ben documentata dallart. 111
Cost. (che gerarchicamente la pi elevata delle fonti), che dispone che la giurisdizione non
pu aver luogo senza motivazione ed anche la possibilit di ricorrere in cassazione per
difetto di motivazione. Altra norma lart. 537 c.p.p., che stabilisce l'obbligo per il collegio
di esporre le ragioni della loro decisione. Ancora lart. 3 l. 241/90 che impone un generico
obbligo di motivazione per tutti gli atti amministrativi.
Vi poi il caso dei sistemi di common law. Essi non parlano esplicitamente di obbligo di
motivazione, e si formano su un verdetto immotivato della giuria nel primo grado: questo perch
la prova deve formarsi davanti ai loro occhi, sulla base del libero convincimento, sull'intuizione, su
considerazioni immediate. Ci non toglie per che ci sia una correttezza della decisione. La
motivazione ha pertanto un preciso significato. Gli ordinamenti scozzese o inglese prevedono lo
stesso che i giudici delle corti di appello espongano discorsivamente la propria opinione sulle
questioni sollevate intorno al caso esaminato; inoltre, se non vi l'obbligo di motivazione, vi
sicuramente l'obbligo di pubblicit. La funzione della pubblicit di consentire il controllo delle
sentenza da parte della collettivit, assicurandone in tal modo l'efficacia
2) praeter legem. Al di sopra della legge, la motivazione una regola kantianamente
trascendentale di validit della sentenza, ossia una condizione indispensabile sia di
esistenza sia di pensabilit. quindi una condizione a priori di validit. Se la sentenza si
concludesse priva di motivazione, o essa fosse ingiusta o contraddittoria, il giudice finirebbe
per disfare ci che dice: se il linguaggio performativo fa ci che dice, con il linguaggio
controperformativo il soggetto disfa ci che dice (si avrebbe una controperformativit
pragmatica).

Importantissimo il discorso circa struttura e funzione dell'atto. La struttura la grammatica di un


atto, la funzione il significato dell'atto, il suo valore. Il linguaggio pu impedire strutturalmente la
nascita di un atto (ad esempio un linguaggio controperformativo: giuro di non mantenere il
presente giuramento). Un atto con una struttura, ma senza funzione, sarebbe inutile: se viene meno
la funzione essenziale, viene meno anche l'oggetto (arriva l'ingiustizia); allo stesso modo non
esistono cose che hanno una funzione, ma senza struttura. I due concetti sono quindi relati.
La motivazione risponde ad una funzione essenziale della sentenza: senza di essa viene meno il
senso del processo. Per almeno due motivi:
1) il giudice che pronuncia una sentenza, dice s un atto, ma non ha funzione giuridica. L'idea
del processo strettamente collegata alla giustizia: se un verdetto odiosamente
immotivato, un dire che si disfa mentre dice di farsi;
2) una sentenza dichiaratamente immotivata anche un atto linguisticamente senza senso.
Ogni agire comunicativo infatti condizionato da una regola fondamentale: ciascun
parlante deve, su precisa richiesta, giustificare ci che afferma, a meno che egli non possa
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addurre ragioni che giustifichino il rifiuto di una giustificazione. Si tratta di una regola
generale di motivazione, una regola alla base di una qualsiasi comunit di parlanti.
Come fare a stabilire il collegamento tra la verit delle premesse e la validit della conseguenza
giuridica? Per rispondere a queste domande c' bisogno di spiegare come si deve procedere perch
vi sia una sentenza: c' bisogno una teoria procedurale della verit nel processo.

La motivazione delle sentenze ha normalmente una fonte legale: si collega cio alla corretta
applicazione delle leggi al caso particolare. Ci che non si considera abbastanza forse il ruolo del
diritto sovralegale (al di sopra della legge). Il diritto infatti non estraneo ai principia iuris. Da un
punto di vista storico, l'espressione principia iuris serve ad indicare diversi concetti: dai
principia del giusnaturalismo moderno, alle regulae del diritto romano e medioevale, ai
principi generali della dogmatica codicistica, o ai principi costituzionali dello stato di diritto.
L'anello di congiunzione di questi concetti l'idea del diritto che non dipende semplicemente dalla
volont del legislatore. La costruzione dell'ordinamento giuridico parte soprattutto da norme che
fissano le condizioni di validit di altre norme. Sono le classiche norme di struttura. Ve ne sono
di due tipi:
1) le norme secondarie strictu sensu. Esse sono norme non necessarie: stanno in un
ordinamento, ma potrebbero anche non esserci. La loro esistenza dipende dalla volont del
legislatore. Tra di esse vi sono norme costituzionali che regolano le procedure per la
formazione delle altre norme dell'ordinamento, oppure norme che stabiliscono un ordine
gerarchico tra le varie fonti del diritto (ad es. l'art 15 delle preleggi in caso di conflitto fra
norme).
Un caso particolare di norma secondaria quello delle leggi sulla revisione della costituzione. Tali
leggi si elevano al primato dell'autorit e del potere costituente dal quale sono state prodotte,
divenendo per una certa dottrina la norma fondamentale dell'ordinamento. In realt anche queste
leggi non sono necessarie: non sono previste per esempio dalle costituzioni cosiddette flessibili,
per le quali non necessario ricorrere ad un procedimento diverso ed aggravato rispetto a quello
proprio delle leggi ordinarie, in caso di modifica, deroga o abrogazione della costituzione stessa (ad
es. lo statuto albertino)
2) le norme che fungono da principi inderogabili dell'ordinamento giuridico, principi che non
dipendono dalla volont del legislatore. Tali principi fungono da regole a priori
dell'ordinamento e non hanno necessariamente una rappresentazione nomografica (non
compaiono per forza nel codice); eppure il legislatore o il giudice non possono ignorarle:
senza queste regole non sarebbe neppure pensabile il diritto. Prendiamo il diritto
internazionale. Vi sono norme consuetudinarie che traducono alcuni principi formali senza i
quali quel diritto non sarebbe neppure pensabile. Forse il principio pi noto pacta sunt
servanda (si deve stare ai patti): un trattato contrario a tale principio finirebbe per non
essere tale. Un patto per essere pensabile suppone logicamente il dovere di mantenere gli
accordi.

All'idea di queste regole appartiene un'interessante formula di Kant: la formula trascendentale del
diritto pubblico. Kant la colloca alla base di un diritto internazionale rivolto alla pace fra i popoli.
La formula la seguente: tutte le azioni concernenti il diritto di altri uomini, la massima delle quali
non sia compatibile con la pubblicit, sono ingiuste. La formula lo schema di una norma
fondamentale del diritto. Essa ha almeno tre significati:
1) trascendentale. Si tratta di una formula trascendentale, poich ottenuta a prescindere da
qualsiasi situazione empirica particolare e sulla base solo di un'idea: non vi pu essere
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legalit senza pubblicit. Le norme sono valide quando stanno non solo nella testa dei
legislatori, ma anche in quella dei destinatari (che non le devono respingere). Non possono
chiamarsi leggi le disposizioni alle quali i destinatari non possono accedere pur volendolo,
o quelle che il legislatore tiene debitamente nascoste perch non siano mai pubbliche;
2) funzionale. La pubblicit anche un principio per riconoscere quali norme sono efficaci e
quali no. Se la funzione delle norme l'efficacia di esse, la pubblicit ne svela la funzione:
dice il grado che ne norme hanno di agire nei fatti. Insistere su un ordinamento inefficace,
dal momento che nessuno vi obbedisce, futile;
3) etico. Ogni pretesa giusta se pubblicizzabile. Le pretese non pubblicizzabili sono anche
ingiuste, anzi non sono pubblicizzabili proprio per quello. La pubblicit efficace in questo:
rende inefficace un progetto legittimo, provocando la resistenza ad un progetto ingiusto.
Mettiamo che la norma sia una norma impossibile: tutti i membri del parlamento sono da
un momento in poi liberati da ogni limitazione da parte di qualsiasi legge, e sono autorizzati
a rubare, uccidere e violentare senza incorrere in sanzioni penali. Se fosse resa pubblica,
come base di un ordinamento giuridico fondamentale, non sarebbe mai effettiva: tutti i
destinatari troverebbero sicuramente pi dannoso obbedire che disobbedire ad essa.

La formula di Kant pone le basi di uno status giuridico necessario sia per il diritto dei singoli stati,
sia per il diritto pubblico dei popoli. Secondo Kant, nell'ambito del diritto internazionale, il criterio
della pubblicit delle massime pu essere applicato per verificare qual il diritto di ciascuno. A
condizione per di vincolare gli stati al fine esclusivamente di mantenere la pace, e non di
intraprendere conquiste. Nel dominio delle relazioni internazionali fra gli stati, Kant fa due esempi.
Riguardano la posizione di dominio degli stati fra loro:
1) non potrebbe sussistere una massima che autorizzasse uno stato a muovere un attacco ad un
altro prima di aver mai subito un'offesa. In questo caso tale stato attirerebbe a se il male in
modo sicuro e rapido;
2) non potrebbe sussistere una massima che permettesse ad uno stato pi grande si assoggettare
unilateralmente uno pi piccolo, annettendolo al proprio territorio. In questo caso gli altri
stati avrebbero il tempo di coalizzarsi.

Si sono configurati tre doveri basilari: il dovere di stare ai patti, il divieto di guerra preventiva, il
divieto di ogni azione unilaterale di conquista da parte di uno stato. Tutti e tre gli esempi di Kant
formano il contenuto fondamentale di un diritto pubblico dei popoli, minima moralia di una
metafisica che mira alla pace fra i popoli. Almeno due eventi recenti sembrano contraddire l'idea
di un diritto pubblico dei popoli:
1) le azioni militari compiute da USA e Regno Unito contro l'Iraq (2003) senza autorizzazione
del consiglio di sicurezza dell'ONU, per reagire alle presunte violazioni irachene delle
risoluzioni concernenti le misure di disarmo;
2) l'intervento militare della NATO in Jugolavia (1999) per proteggere la popolazione albanese
del Kosovo dalla repressione del governo iugoslavo mediante la pulizia etnica e l'espulsione
di massa. Anche per questo intervento mancata l'autorizzazione del consiglio.
Ci che messo in gioco il futuro stesso delle relazioni internazionali. Infatti, rendendo lecito il
ricorso alla forza per decisione di una parte della comunit internazionale (o di un gruppo di stati o,
al limite, di singoli stati), si rinnega l'esigenza che le decisioni in questo campo riflettano una
valutazione generale. Sono in gioco i principi metafisici di una pace tra i popoli.
Lo ius cogens non di per se diritto ordinario, e tuttavia ha effetti decisivi per il diritto dei giudici.
Su che cosa si fonda la sua validit? Essenzialmente sulla sua dimensione pubblica. Un diritto che
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non ha la forza di essere pubblico non diritto. Dove il diritto non arriva perch manca un ordine
stabilito di leggi o perch le leggi sono insufficienti, ecco che la giuridicit si fa strada attraverso la
coscienza pubblica di ci che appunto diritto. Lo ius cogens si riconosce proprio cos. Diritto
cogente il diritto ormai costituzionalizzato dei diritti inviolabili dell'uomo, come i diritti
affermati dallart. 2 cost; diritto cogente, sovraordinato e sovralegale, il diritto che si
formato (e si va ancora formando) attraverso l'oggettivazione da parte della giurisprudenza
internazionale di tre aree principali di crimini: crimini contro la pace, crimini di guerra,
crimini contro l'umanit.
I diritti dell'uomo appartengono sicuramente ad una fonte scritta dell'ordinamento (compaiono
ormai espressamente nelle maggiori costituzioni moderne), ma rappresentano anche una fonte di
diritto non scritta o sovralegale. Il primo senso sovralegale di questi diritti sta nel loro carattere di
irreversibilit. Una volta acquisita l'idea di questi diritti, difficile che si facciano passi indietro.
Sarebbe oggi inammissibile pensare a norme che permettessero di ridurre un uomo allo stato di
schiavit o servit. La corte costituzionale italiana, quando si riferisce ai diritti inviolabili, dichiara
che tali diritti non possono essere modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di
revisione costituzionale, dal momento che esprimono i valori supremi sui quali si fonda la
costituzione italiana. Vi per una dimensione sovralegale dei diritti dell'uomo anche nel
momento attuativo di essi, una volta acquisiti dalla comunit internazionale. ci che si verifica
nell'ambito della giustiziabilit degli stessi diritti. Le conseguenze non scritte di questi principi si
evincono nei casi anche non rari di conflitto. In questi casi facile appurare come non si applichino
i criteri usuali per la soluzione del conflitto ordinario tra norme. A prevalere, infatti, non la
volont del legislatore (si pensi alla disposizione dellart. 15 delle preleggi sull'abrogazione
implicita della norma precedente rispetto a quella successiva) ma la giustezza della soluzione in
base ad una motivazione. I principi si difendono con argomenti basati sulla ragione. Vi sono poi i
casi in cui i diritti dell'uomo servono a colmare la lacunosit dell'ordinamento giuridico (valori
essenziali dell'umanit): l'ordinamento, pur non prevedendo espressamente una norma per un certo
caso, prevede lo stesso alcuni valori dotati di forza sovralegale (i diritti dell'uomo sono questi
valori).
I riferimenti pi espliciti alla nozione di ius cogens sono nella convenzione di Vienna del 1969 sul
diritto dei trattati e in quella di Vienna del 1986 sui trattati fra gli stati e le organizzazioni
internazionali. Secondo queste convenzioni, lo ius cogens il diritto valido su basi di universalit,
il diritto radicato a fondo nella comunit internazionale. Il fatto che manchi un ordine stabilito di
norme implica una serie di problemi. Infatti non sempre chiaro quale sia il fondamento di tale
diritto (spesso suscettibile di interpretazioni diverse) n sono scontati una serie di elementi come:
l'autorit legittimata ad intervenire in caso di violazioni, le procedure di possibili interventi,
l'autorit che ha il potere di risolvere i conflitti interpretativi fra gli stati, le sanzioni. Eppure lo ius
cogens ha comunque la forza di causare la nullit di accordi ad esso contrari, diventando la fonte
decisiva di una giurisdizione pronta ad assicurare il significato umano del diritto. L'esempio pi
importante il processo di Norimberga. Con l'accordo di Londra del 1945 fra Francia, Gran
Bretagna, Unione Sovietica e USA, fu adottato lo storico statuto del tribunale di Norimberga. Lo
statuto fissava due categorie di crimini contro l'umanit: atti inumani contro qualsiasi
popolazione civile; atti di persecuzione per ragioni razziali, politiche e religiose. La nozione di
crimini contro l'umanit una nozione ex post-facto, si formato cio solo dopo i fatti della
seconda guerra mondiale (in precedenza il diritto internazionale non precedeva questo genere di
crimini). La giurisprudenza di Norimberga deriva dall'evidente antigiuridicit di alcune condotte.
Con un presupposto particolare: una condotta si pu riconoscere come antigiuridica non perch
prevista dal codice, ma per il solo fatto di essere manifestamente odiosa e insostenibile. questo il
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principio fondamentale. Ormai sono indiscutibili le norme di diritto internazionale che proibiscono i
crimini contro l'umanit. L'origine di queste norme risiede nella chiara consapevolezza, da parte
della comunit internazionale, dell'essenzialit di alcuni valori per l'esistenza dell'umanit, cosicch
nessuno stato pu essere autorizzato a violare certi principi. Questi tribunali non sono fondati sul
principio di legalit (strettamente positivistico) che impone l'esistenza della legge prima del fatto
conosciuto come reato; la giurisprudenza di questi tribunali si deve alla vigenza illimitata di un
diritto imperativo al di sopra della legge. Che la giurisprudenza internazionale metta al centro il
valore di un diritto fondato essenzialmente sulla ragione universale, piuttosto che su un ordine
normativo espressamente legiferato, a mio giudizio documentato da almeno due fattori:
1) la sovranit di questo diritto;
2) la perentoria inammissibilit dell'errore sul divieto.
Sono due elementi apparentemente in contrasto tra loro. Si potrebbe infatti giustificare l'errore sul
divieto proprio a causa della mancanza di un ordine normativo espressamente stabilito. In realt,
l'inammissibilit dell'errore sul divieto in molte sentenze dei tribunali penali internazionali
l'ulteriore prova della forza motivante e dell'universalit del diritto cogente. Il diritto cogente
valido indipendentemente dalle leggi scritte, in forza della necessit e di un grado massimo di
riconoscibilit da parte di tutti. Per questo non rientra nei limiti sanciti dalla giustizia
costituzionale al principio di inescusabilit dell'ignoranza della legge penale. Da una parte vi un
diritto che non assicurato dallo stato, dall'altra tale diritto cos chiaro ai consociati che non
scusabile la sua ignoranza: non l'ignoranza ad essere inevitabile, ma la sua conoscenza. I tribunali
internazionali non prendono neanche in considerazione la scusante di un errore necessario
derivante dalla mancanza di previsione di certi crimini da parte degli ordinamenti nazionali degli
imputati. I crimini contro l'umanit sono il prodotto quasi idealistico dello spirito pubblico della
comunit internazionale.

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EXPLICIT I

Partendo dalle lettere di Aldo Moro, esaminer tre forme di inesigibilit nel diritto penale:
1) inesigibilit per stato di necessit. Aldo Moro sviluppa il tema delle implicazioni
giuridiche dello stato di necessit. Esso la situazione giuridica in cui il diritto non
esigibile come nelle situazioni normali, perch lo stato di necessit uno stato giuridico di
eccezione. I fatti impediscono decisamente alla norma di essere normalmente adempiuta.
Per questo subentra la necessit di scegliere un bene al posto dell'altro. Egli diceva: vi sono
dei momenti per i quali, purtroppo, non possibile difendere insieme tutti i beni giuridici;
qualcuno di essi nella situazione data deve soccombere e, in questi casi, la scelta lasciata
non sulla base di una preferenza reale accordata ad un bene di fronte all'altro, ma sulla base
di una accettazione, di una tolleranza per la situazione di necessit: la prevalenza data al
bene che il soggetto, con la propria iniziativa necessitata, presceglie.
2) inesigibilit per diritto umanitario. Nello stato di necessit pu trovarsi lo Stato. Esso
non pu insistere su un principio astratto di legalit di fronte alla necessit di salvare vite
innocenti. Questa idea forma il concetto di una seconda forma di inesigibilit: quella per
diritto umanitario. Cosa sceglie dunque lo Stato nello stato di necessit? Il diritto un
fatto dell'uomo, poich il soggetto umano immanente all'esperienza giuridica. Il diritto
tuttavia un fatto dell'uomo anche in un altro senso: non si pu pensare il diritto senza
anche pensare l'uomo come fine del diritto stesso. In quest'altro senso, il diritto penale
implica un carattere pi strettamente umanitario, un carattere che in gioco soprattutto nel
momento della qualificazione giuridica della conseguenza del reato, ossia nell'atto di
stabilire la pena. Il legame tra reato e pena un legame morale oltre che giuridico. Ci
significa almeno due cose:
la pena, se giusta, non pu negare il valore della persona. La pena, proprio per non
negare il valore della persona, ha per forza una funzione rieducativa. Essa mira a
recuperare, nella dimensione dell'universale, il valore insostituibile della persona
nella societ. La pena non mai negazione assoluta della persona: se la sanzione
giuridica negasse la persona, il diritto non sarebbe pi un fatto dell'uomo, cio un
fatto che mette al centro il valore dell'uomo. In base a tutto questo, Moro si dichiara
contrario alla pena capitale ed all'ergastolo. La pena capitale misura senza
misura. Se la misura della pena rapportata al recupero del reo, la pena capitale,
togliendo la vita del reo, cancella ogni misura della pena
la pena, se giusta, non pu mai mettere a repentaglio la vita dell'innocente. Il diritto
che non salva l'innocente non diritto. Non vi soltanto il dovere assoluto di salvare
vite innocenti, ma anche di usare ragioni umanitarie nei confronti di detenuti che
versano in gravi condizioni di salute, e per i quali la coscienza civile e quella
giuridica riserverebbero comunque la possibilit di ricevere una grazia
3) inesigibilit per diritto di salvezza. l'inesigibilit non di fronte al diritto dello stato, ma
indipendentemente da quest'ultimo. Praeter legem. il diritto di salvezza. L'inesigibilit si
fa strada non in forza dei principi dell'ordinamento giuridico, ma dell'ordine morale che si
impone sulle leggi dello stato. Anche se le leggi dello stato non consentissero la salvezza di
una vita, quest'ultima il problema morale fondamentale (come a dire che la vita, ed il
valore assoluto di essa, sono la premessa essenziale di ogni azione morale).

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EXPLICIT 2

Quando Abramo giunse sul monte Moria per sacrificare suo figlio Isacco, si squarci il velo di un
mistero tremendo. Dio aveva tentato Abramo, chiedendogli di sacrificare il suo unico figlio Isacco,
e Abramo non aveva dato subito una risposta. In realt protagonista ed eroe della vicenda non fu
Abramo, ma Isacco, perch effettivamente Abramo donava la morte, ma la morte era di Isacco.
Isacco offre la carne per una contraddizione che toglie alluomo la sua umanit e a Dio la sua
divinit. La contraddizione appunto quella della morte donata da Abramo a Dio, con il sacrificio
di Isacco, e di una morte data da Abramo a Isacco per ordine di Dio.
Come pu capire Isacco che Abramo, suo padre, doni la sua morte? Abramo, daltra parte, il padre
che paradossalmente odia Isacco perch lo ama. Se Abramo odiasse veramente Isacco, Dio certo
non avrebbe preteso da lui questo sacrificio. Tuttavia, alla fine Dio ferma Abramo dopo che questi
ha compreso cos il dovere assoluto verso Dio; la prova richiesta da Dio era solo fittizia.
Isacco non parl mai con nessuno dellaccaduto. In ci si configura come eroe moderno, non
ribelle ma rassegnato, solo e impotente. Molto diversi sono i personaggi della tragedia greca. Ad
esempio nellIfigenia in Aulide la dea Artemide chiede ad Agamennone il sacrificio di sua figlia
Ifigenia per placare la sua ira e per permettere alle navi greche di salpare per Troia. In questa
tragedia vi comunque lidea della morte, terribile e sconcertante, ma questa volta almeno non
unidea contraddittoria: non si parla di richiesta assurda e inconcepibile da parte di un Dio
assoluto di fronte al quale si impotenti, ma di una richiesta che avr una sua conseguenza (lo
sblocco delle navi greche) e una sua ragione: lespiazione di una colpa (quella di aver fatto adirare
la dea Artemide).
La coscienza, che vede s stessa mutare ed ha senso solo nella misura in cui universale,
incomunicabile quando si chiude nel singolare (la metafora della coscienza muta appunto Isacco
che non parla).
Alla fine di tutta la vicenda, sotto i riflettori torna Abramo: adesso tace anche lui. Tace la sua
coscienza. Parla solo la fede.

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