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La traduzione giuridica e il Legal English

tra Common law e Civil Law


by Lorenzo Fiorito

Abstract:
In this article some theoretical and practical aspects of legal
translation are discussed, and the question is examined whether
English can play the role of mediation language in this field as
it does in others.
I problemi della traduzione legale
gni sistema legislativo si situa in un quadro sociale e politico
complesso che risponde alla storia, agli usi ed alle abitudini di un
particolare gruppo etnico o nazione. Questa struttura complessa
raramente identica da un paese ad un altro, anche se le origini dei
rispettivi sistemi legislativi possono avere punti in comune. La diversit
dei sistemi legislativi rende la ricerca nel campo della terminologia
legale molto difficile perch un concetto particolare in un sistema
legislativo pu non avere corrispondenti in altri sistemi. A volte,
accade che un concetto particolare pu esistere in due sistemi
differenti e riferirsi a realt differenti. Porsi il problema della
interpretazione e quindi della traducibilit dei termini legali da una
lingua all'altra implica sia uno studio comparativo (sebbene limitato al
campo specialistico oggetto del discorso) sui sistemi legislativi
differenti che una consapevolezza dei problemi generati o dall'assenza
degli equivalenti o, dall'altro lato, dalla perfetta equivalenza dei termini
ma con sfumature giuridiche assolutamente peculiari. A questo
riguardo la comparazione giuridica ha esaminato alcuni aspetti
particolari relativi all'utilizzo di nozioni astratte come, ad esempio,
contratto, contract, contrat, propriet, property, proprit, fatto
illecito, tort, fait illicite, e simili: ognuna di queste espressioni
caratterizzata nei dettagli da una differente disciplina giuridica in base
al sistema di cui fa parte, e perci stesso esprime una nozione
giuridica peculiare.
Le basi teoriche

Se il de Saussure asseriva l'impossibilit per un segno di una lingua


di occupare, nei sistemi dei segni che occupa nella sua lingua, il segno
con il quale ci si sforza di tradurlo,1 sia per Hjelmslev che per Sapir e
Whorf vi una forte correlazione tra la lingua e il suo ambiente;
l'intraducibilit dal punto di vista strettamente linguistico sarebbe
quindi nella natura stessa delle cose.
Ma qual il modo migliore per affrontare tale intrinseca impossibilit
del tradurre? San Gerolamo non ha alcun dubbio sul modo in cui
procedere, come egli stesso spiega a pi riprese nelle prefazioni alle
sue traduzioni. In una lettera indirizzata a Pammachio, scritta nel 395
d.C., egli cita come maestro Cicerone, il quale aveva dichiarato che il
miglior modo di tradurre consiste nel riproporre le stesse frasi e le
loro figure di parole e di idee con vocaboli consoni ai nostri usi. Non ho
giudicato necessario rendere parola per parola, ma di tutte le parole
ho conservato il valore e l'espressivit.2
Tuttavia, la traducibilit giuridica presenta delle regole peculiari;
secondo Cooray problems arise in legal translations which are not
present in the case of translations in other subjects.3 Spesso non vi
una corrispondenza tra i concetti, le categorie e gli istituti nei vari
sistemi giuridici, per cui tradurre fedelmente un atto, una norma
giuridica o una sentenza molto difficile.
R. Sacco avverte che: le vere difficolt di traduzione sono dovute (...)
al fatto che il rapporto tra parola e concetto non lo stesso in tutte le
lingue giuridiche.4
I giuscomparatisti lo sanno bene e, quando operano con le categorie di
un sistema di dritto straniero, lungi dal cercare un equivalente lessicale
preferiscono riportare il termine straniero (esempio trust, equity,
trespass, consideration), spiegandone il significato con un giro di
parole.
Il dilemma del traduttore
In linea generale, il traduttore di testi di natura giuridica si trova di
fronte a una di queste quattro situazioni:5
1. Nei sistemi giuridici presi i considerazione esiste lo stesso
istituto, che regolamentato allo stesso modo. Il termine della
lingua di arrivo rappresenta il medesimo concetto del termine
della lingua di partenza. In questi casi il traduttore deve solo

sostituire al termine nella lingua di partenza il termine nella


lingua di arrivo, anche se, in realt, una perfetta equivalenza dal
punto di vista linguistico e giuridico estremamente rara. Ad
esempio le norme di sistemi giuridici integrati tra loro, come gli
atti comunitari emanati nelle lingue ufficiali dell'Unione Europea,
per definizione, hanno un'unica interpretazione e devono dare
luogo ad una sola disciplina giuridica.
2. I nomi degli istituti sono uguali, o almeno equivalenti, a livello
lessicale, ma la normativa sottostante diversa. In questi casi,
sotto l'aspetto semantico la traduzione letterale scorretta e si
deve evitare. In questo senso indicano due concetti differenti
droit commun e common law, personal property e propriet
personale. In questi casi necessario che il traduttore faccia
capire che il testo di cui si tratta il prodotto di una traduzione,
e che specifichi da quale lingua e sistema giuridico egli abbia
tradotto. corretto ad esempio tradurre l'inglese contract con
contratto, a patto che sia chiaro per il destinatario della
traduzione che il vocabolo italiano contratto riceve nella specie
l'accezione inglese di contract, tant' che nei rapporti
commerciali internazionali regolati da contratti redatti in pi
lingue, prassi comune decidere in via preventiva quale sar la
legge applicabile in caso di controversie: questa pratica permette
di assegnare un contenuto giuridico preciso a parole che
altrimenti assumerebbero sfumature diverse secondo
l'ordinamento in cui sono inserite.
3. Un istituto ha sia nomi differenti a livello lessicale che diversa
disciplina normativa. Pu accadere che alla traduzione letterale
del termine non corrisponda nessun concetto giuridico familiare
al sistema della lingua di arrivo, e tuttavia il nucleo semantico
facilmente individuabile: cos la provenienza non interna al
sistema appare evidente ed evita pericolosi errori, non
provocando ambiguit con termini ed istituti familiari. Non
suscita nessun tipo di problema rendere lo statunitense District
Court con Corte distrettuale, il francesi Ministre de la Justice
con l'inglese Minister of Justice, Conseil Constitution con
Consiglio Costituzionale, in quanto nei sistemi di arrivo non vi
nessun organo o istituzione che abbia la stessa denominazione.
4. Un istituto esiste in un sistema ma non nell'altro. In questo caso
una traduzione letterale appare priva di senso: cos Public
Ministry non traduce correttamente Pubblico Ministero;

sempre mentre per Guardasigilli si avrebbe in inglese un


inverosimile Sealwatcher.
Sia nel caso 3 che nel caso 4, i rischi di un fraintendimento sono
limitati. Non crea problemi tradurre i francesi Tribunaux de commerce
con Tribunali di commercio, poich questa espressione non ha
riferimenti nel sistema italiano. Ma nell'ipotesi in cui si confrontino due
sistemi giuridici che utilizzano la medesima lingua ufficiale (si pensi ai
paesi anglofoni o dell'America latina), si dovr spesso operare
traduzioni intralinguistiche. Infatti, nel caso di pi stati che usano la
medesima lingua le differenze tra sistemi impongono comunque la
necessit di tradurre: il termine possesso utilizzato nella Svizzera
Italiana ha un valore diverso dallo stesso termine utilizzato in Italia, ed
una traduzione esatta tra queste due lingue dovr rendere chiaro che,
malgrado l'equivalenza lessicale, i due termini si riferiscono a due
nozioni diverse. In questi casi non basta pi parlare di linguaggio di
partenza o di arrivo, ma di linguaggio del sistema di partenza o di
arrivo, con tante lingue quanto i sistemi giuridici che utilizzano una
lingua: non si parler di italiano giuridico, perch ne esistono
almeno due tipi: l'italiano usato in Italia e l'italiano usato in Svizzera.
Dalla common law alla civil law
Il diritto, attraverso i secoli, ha acquisito un suo proprio vocabolario
tecnico-specialistico, come evidente nell'inglese, che sempre pi si
pone come lingua di mediazione tra diversi sistemi linguistici e
giuridici. Ci sebbene sia da sottolineare la forte interdipendenza che
sussiste tra la lingua inglese ed il sistema giuridico basato sulla
common law. L'inglese e la common law sono due aspetti inseparabili
della medesima cultura: nessun sistema di common law si mai
sviluppato in totale indipendenza dalla lingua inglese.
Gli ordinamenti di civil law sono invece meno legati alla lingua di
riferimento; questi sistemi, derivano dai Codici napoleonici in francese,
e dalla dottrina giuridica tedesca, si sono diffusi in tutta l'Europa
continentale e sono stati presi come modello, oltre che nei sistemi che
utilizzano una lingua neolatina come Italia ed i paesi dell'America
Latina, anche in Paesi di tradizione giuridica e linguistica molto lontani
tra loro, come ad esempio Grecia, Turchia, Russia e Giappone.
L'uso di una lingua veicolare internazionale, come stato il latino fino
al '700, e come ora l'inglese, nonostante le sue diverse variet,
costituisce un formidabile strumento di uniformazione del lessico, in

quanto opera da lingua franca tra gli idiomi nazionali. Nel caso del
diritto la pi diffusa conoscenza della lingua inglese anche tra i giuristi
opera da elemento uniformatore.
Nel suo testo sull'inglese giuridico, Melinkoff6 riporta un elenco di nove
motivi per cui il linguaggio del diritto differisce dal linguaggio ordinario.
Aggiunge poi che il traduttore di testi giuridici si trova ad avere a che
fare con differenti tradizioni giuridiche, come i sistemi di common law
e di civil law.
Nella common law il significato di ogni termine tecnico affonda le radici
in centinaia di anni di storia giudiziaria, in innumerevoli casi
giurisprudenziali.
E' essenziale porsi sempre queste domande per evitare di farsi
ingannare dalla somiglianza esteriore (i cosiddetti false friends o
falsi amici) o, da in altri tipi di trappole linguistiche. Un caso evidente
l'espressione francese personne morale che corrisponde all'italiano
persona giuridica in contrapposizione alla persona fisica: traslata
letteralmente sia in italiano che in inglese, essa acquista
immediatamente un connotato riferito alla moralit, e dunque eticoreligioso, che invece nell'originale non ha. Per evitare ci, l'inglese ha
trovato un equivalente in legal person, che se pure non ha avuto
grandissima fortuna, l'espressione usata nei testi bilingui francese inglese in uso in Canada.
Altro caso esemplare il problema della traduzione del termine
francese contrat (o del termine italiano contratto) con la parola
inglese contract; non tutti i contrats del Codice Civile francese (o i
contratti del Codice Civile italiano) sono traducibili con il termine
inglese contract. I vocaboli, non sono fra loro interscambiabili Nei
sistemi di common law non si riscontra una precisa ed univoca
definizione (per cos dire, legislativa, come propongono i sistemi di civil
law) degli istituti che vengono ricondotti in ambito continentale al
contratto o, viceversa, di quegli istituti che possono venire ricompresi
nel sostantivo contract.
La standardizzazione del discorso giuridico: l'inglese come
lingua internazionale
Una branca del diritto che ha fatto fare all'inglese un passo avanti nello
sviluppare un ruolo di lingua di mediazione il diritto internazionale.

Inizialmente il linguaggio del diritto internazionale era il linguaggio


della diplomazia, vale a dire il francese. Fu, in effetti, solamente con il
Trattato di Versailles nel 1919 che i testi francesi e inglesi del trattato
furono considerati entrambi autentici.
La Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati, entrata in vigore nel
1980, stabilisce il principio dell'eguale autenticit dei trattati redatti in
lingue diverse e costituisce un tentativo di risolvere i gravi problemi cui
spesso d luogo l'interpretazione dei questi trattati.
In questo contesto, sicuramente bisogna registrare l'indiscusso
affermarsi dell'inglese (in particolare, quella particolare variet di
inglese chiamata inglese internazionale), che gi preminente come
lingua di vari settori come l'economia, il commercio internazionale, la
tecnologia, e anche come lingua generale della comunicazione
internazionale: nel 2003 la DG Traduzione dell'Unione Europea (che
ancora sui chiamava Servizi di Traduzione) ha tradotto 1.416.817
pagine; il 58,9% dei testi originali erano redatti in inglese.7
Molti dei documenti prodotti dalla Commissione devono essere resi
pubblici contemporaneamente in tutte le lingue ufficiali, devono
apparire identici e - soprattutto - devono avere lo stesso significato.
Ci ha posto in primo piano i problemi di armonizzazione dei testi
giuridici comunitari. E'un argomento di grande interesse, non tanto e
non solo linguistico, che stato esaminato con grande l'attenzione
dalla dottrina giuridica: l'inglese, perfezionato dagli studiosi del diritto
al fine di immettervi le nozioni di civil law e di creare termini neutri che
non facciano esplicito riferimento alle definizioni elaborate dalla
giurisprudenza anglosassone, sta diventando la lingua comune dei
giuristi europei e mondiali, e standard di riferimento per le traduzioni
giuridiche, perch ha quelle caratteristiche di internazionalit ed
universalit che possono renderlo lingua neutra, libera da connotazioni
particolari.
G. Snow, J. Vanderlinden, Francais juridique et science du droit,
Universite de Moncton, testi presentati al II colloquio internazionale del
centro internazionale del Coomn Law in francese, Bruylant, Bruxelles,
1995, pag.144
1

S. Girolamo, Lettera VII.

G. Snow, J. Vanderlinden, Francais juridique et science du droit,


Universite de Moncton, testi presentati al II colloquio internazionale del
3

centro internazionale del Coomn Law in francese, Bruylant, Bruxelles,


1995, pag.147
R. Sacco, La traduction juridique, un point de vue italien, 28 C. de D.
, 1987, pag.850 estratto dalla Comunicazione presentata al XII
Congresso dell'accademia internazionale di diritto comparato, agosto
1986, Sidney, Australia
4

D.De Leo, Pitfalls in Legal Translation, in Translation Journal, April


1999.
5

Per una dettagliata analisi dell'inglese giuridico, non si pu


prescindere da Mellinkoff, D., The Language of the Law, Boston e
Toronto, 1963. In particolare, per quanto riguada le caratteristiche
stilistiche del linguaggio del diritto inglese, cfr. pagg. 24 e ss.
6

Translating for a Multilingual Community, a cura della Direzione


Generale della Traduzione della Commissione Europea, Maggio 2004.
7

SUL SIGNIFICATO DELLE PAROLE NELL'UNIVERSO DI DISCORSO


GIURIDICO. NOTE INTORNO ALLA TRADUZIONE GIURIDICA.
di
Paola Murer
"L'IRCOCERVO" (3) 2003

1. La traduzione giuridica fra globalizzazione e interculturalit.


1.1 Nell'ambito degli studi di linguistica si assiste a un sempre maggior interesse per le
questioni relative alla traduzione dei testi giuridici che coinvolge non pi soltanto i
cultori del diritto comparato. In questo panorama interdisciplinare si colloca, ad esempio,
il fascicolo monografico di Ars interpretandi pubblicato nell'anno 2000 e titolato
Traduzione e diritto, che raccoglie contributi provenienti non soltanto dal mondo dei
giuristi . In questo volume collettaneo Rodolfo Sacco sottolinea come "nei prossimo
vent'anni i problemi della traduzione diverranno certamente il capitolo pi promettente
della comparazione giuridica, in grado di aprire vie d'importanza primordiale per
l'epistemologia giuridica e la riforme della lingua giuridica" .
Al di l del tradizionale interesse dottrinale per i sistemi giuridici diversi da quello di
appartenenza, a cui consegue la necessit di rendere nella propria lingua termini ed istituti
appartenenti all'ordinamento giuridico straniero, si aggiungono almeno altre due
motivazioni di ordine pratico che hanno contribuito allo sviluppo degli studi sulla
traduzione giuridica. Per un verso, la sempre maggiore globalizzazione del mercato ha

determinato la comparsa e la circolazione di documenti giuridici, primi fra tutti i


contratti, che pongono in relazione soggetti economici appartenenti a paesi diversi, da qui
il problema della lingua (o delle lingue) in cui redigere i testi ed i relativi problemi di
traduzione . Per altro la sempre pi massiccia presenza di stranieri immigrati nelle societ
industrializzate rende "abituale" la recezione all'interno del nostro ordinamento di norme
giuridiche straniere, che attraverso il cosiddetto diritto internazionale privato, sono
chiamate a regolamentare i loro rapporti. In proposito la legge 218/95, che ha portato alla
riforma del diritto internazionale privato italiano, riafferma nell'ordinamento italiano il
principio iura aliena novit curia . Pur non volendo soffermarsi specificatamente sul
portato della riforma introdotta dalla richiamata legge del 1995, va rilevato che la stessa
offre le basi per una coscienza giuridica interordinamentale. La coabitazione di norme
appartenenti ad universi socio-culturali diversi foriera di un'esperienza giuridica basata
sulla internormativit purch la loro interpretazione ed applicazione, seguendo le
indicazioni contenute nel nostro diritto internazionale privato, sia volta alla comprensione
non solo letterale del testo ma anche della cultura giuridica in questo si colloca.
In questo senso, possibile cogliere nello spirito della riforma del diritto internazionale
italiano una tensione all'interculturalit, intesa, quest'ultima, come promozione del
momento di relazione, di rapporto, fra culture giuridiche; culture ed ordinamenti diversi
posti, a differenza del cosiddetto pluralismo classico, sullo stesso piano, ovvero con pari
dignit scientifica. Come faremo cenni in seguito, la legge 218 del 1995 esclude la
possibilit di teorizzare una egemonia cultural-giuridica, anteponendo il momento
relazionale alla assunzione acritica del proprio modello nazionale come parametro per
l'interpretazione ed l'applicazione delle disposizioni appartenenti ad ordinamenti diversi.
Si potrebbe affermare che tale prospettiva diviene foriera per un riconoscimento
dell'essenza relazionale e comunicativa del diritto; non pi come in un ambito segnato dal
diritto interno, ove la relazione e la comunicazione avviene fra persone, ma in questo
caso fra ordinamenti e, quindi, culture giuridiche dissimili.

1.2 In entrambi i casi sopra richiamati, sia pure con esiti diversi, la cosiddetta
drammatizzazione dell'interpretazione del documento giuridico, di cui parla Emilio Betti ,
ovvero la previsione delle possibili conseguenze della sua applicazione concreta, potr
avvenire dopo (e sar conseguenza della) comprensione del testo nella propria lingua.
Pi in generale pu affermarsi che l'attivit giuridica richiede consapevolezza linguistica ;
non pu venire disgiunta delle questioni semantiche; infatti, il giurista compie operazioni
sul linguaggio e con il linguaggio. Questa consapevolezza non certamente estranea alla
cultura giuridica, se gi Francesco Carnelutti, in un epoca ancora non avvezza alla
filosofia analitica, affermava che non si pu sapere che cos' il diritto senza sapere che
cosa il discorso .
1.3 La traduzione una interpretazione del testo . L'attivit interpretativa stata intesa
come attribuzione di significato ad un simbolo . L'attivit di traduzione-interpretazione
del testo si dispiega, quindi, dal significato da attribuire ai termini che compongono il
discorso giuridico per giungere alla designazione dello stesso con dei termini (il pi
possibile giuridicamente appropriati) nella lingua d'arrivo. Pi specificatamente Sacco
sottolinea come "al momento di tradurre, l'operatore sar in presenza di due realt: da un

canto il testo, con i suoi vocaboli e la sua sintassi; dall'altro canto il senso da assegnare al
testo, ossia la norma giuridica"
Va rilevato che il significato delle parole ricercabile nel (e derivabile da) l'ambito di
quella che stata definita la "cultura giuridica interna" , ovvero all'interno dell'universo
del linguaggio (tecnico) utilizzato dagli operatori del diritto; questo linguaggio non
coincide (sempre) con il linguaggio ordinario . Allo stesso modo in cui, come
sottolineano i sociologi del diritto, la cultura giuridica interna non coincide con la cultura
giuridica esterna, ovvero con la percezione dell'ordinamento che propria ai non giuristi,
alla maggioranza della popolazione.
1.4 All'interno del discorso giuridico il significato delle parole quindi determinato da
formanti giurisprudenziali (il significato attribuitogli dagli organi preposti alla
applicazione delle norme giuridiche), e da formanti dottrinali (il significato attribuito alle
stesse dagli studiosi del diritto) . Questa tesi, riconducibile ad uno strutturalismo forte,
la Saussure , ampiamente accettata nell'ambito delle dottrine giuridiche che legano,
infatti, strettamente le teorie interpretative all'analisi strutturale del testo, dalla quale "i
giuristi possono ricavare conferma e pi sicura coscienza che, per quanto le loro indagini
storiche, analisi interpretative o costruzioni dogmatiche debbano non di raro far centro su
una parola o su un ristretto insieme di parole, queste parole sono elementi di un sistema
linguistico funzionale in un sistema sociale ed il separarle da tali sistemi pu riuscire
estremamente fuorviante" . Ne consegue che nell'ambito della traduzione giuridica l'idea
di traduzione "letterale" pu essere non solo non sufficiente ma addirittura fuorviante .
La traduzione giuridica non pu prescindere dalla "cultura giuridica interna" propria
all'ambito sociale della lingua di partenza e da quella della lingua di arrivo . La
trasposizione del termine da una cultura giuridica all'altra, oltre che da una lingua
all'altra, assolutamente necessaria, soprattutto avuto riguardo al fatto che il linguaggio
giuridico serve a far fare .
La risultante dell'interpretazione-applicazione del testo giuridico cogente; travisare il
testo (o singole sue parti) a seguito di una traduzione non corretta (rispetto ai parametri
della cultura giuridica interna) pu comportare delle conseguenza non volute e/o non
previste dall'estensore . "La traduzione di una parola in un'altra possibile e legittima
nella misura in cui le due parole esprimono lo stesso concetto (o, ipotesi particolare, se il
traduttore ha il potere di imporre loro lo stesso significato)" . Soprattutto nell'ambito della
contrattualistica internazionale questo pu provocare equivoci e spiacevoli sorprese per le
parti impegnate nel rapporto economico.
Queste questioni di ordine tecnico si sovrappongono ai cosiddetti difetti del linguaggio,
gi ampliamenti analizzati dai giuristi, come l'ambiguit e la vaghezza delle parole
riscontrabile anche nel linguaggio ordinario
2. Sul significato del "senso letterale" delle parole.
2.1 Lo stesso riconnettere il significato dei termini presenti nel discorso giuridico al
significato da questi assunto nel linguaggio ordinario ipotecato dalla cultura giuridica in
cui il testo si colloca. Infatti, a prima vista parrebbe che l'attivit dell'interprete sia
limitata o indirizzata dal "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse",
cos nell'ordinamento italiano all'articolo 12 delle Disposizioni preliminari alla legge. Ma

il richiamo al linguaggio ordinario sicuramente stemperato dallo stesso legislatore


italiano nel momento in cui interviene sull'interpretazione del contratto. All'articolo 1362
del Codice Civile, infatti, si stabilisce che "nell'interpretare il contratto si deve indagare
quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle
parole". Nel far ci il legislatore italiano recepisce quasi letteralmente la disposizione del
articolo 1156 del Code Civil francese. Qui, infatti, si sottolinea come "on doit dans les
conventions rechercher quelle a t la commune intention des parties contractantes, plutt
que de s'arrter au sens littral des termes".
Interessante appare esaminare in proposito la corrispondenza delle indicazioni contenute
nel Code Napolon, ispirate dall'opera del giurista Pothier , e raffrontarle a quelle presenti
nel Codice civile italiano.
2.2 Al di l delle Disposizioni preliminari, si evidenzia come il legislatore italiano abbia
ricalcato le disposizioni contenute nel Code Napolon in merito all'interpretazione del
contratto. Infatti, come gi sottolineato all'articolo 1156 del CN corrisponde l'articolo
1362, comma primo, del CC, che si sofferma, al comma secondo, anche sul
comportamento successivo alla conclusione del contratto, elemento extra testuale che non
compare nel Code; parimenti, per ci che concerne l'interpretazione complessiva delle
clausole, si riscontra una corrispondenza fra i due Codici (art. 1161 CN e art. 1363 CC).
Anche le disposizioni in materia di espressioni generali, indicazioni esplicative, pratiche
generali interpretative, espressioni con pi sensi e regole finali (rispettivamente agli artt.
1364, 1365, 1368, 1369 del CC), si ricollegano esplicitamente alle disposizioni del CN
(artt. 1163, 1164, 1159 e 1160, 1157). Va rilevato che non compaiono nella sezione De
l'interprtation des conventions n riferimenti alla buona fede, n una norma di chiusura
come quella prevista dal legislatore italiano del 1942 all'art. 1371.
Senza entrare nello specifico , si pu comunque affermare che il limite all'attivit di
interpretazione-traduzione degli enunciati giuridici sia individuabile non tanto nel
"significato proprio delle parole" quanto nella "intenzione delle parti" a cui fa riferimento
sia il 1362 CC italiano e che il 1156 CC francese; in questo senso emerge la centralit
dell'elemento extratestuale nella determinazione del significato del contratto.
Tutto ci non pu che avere della ripercussioni anche in ambito di traduzione; dovendo,
anche l'interprete (sia esso autorit competente o meno), cogliere, nel trasporre il
documento da una lingua all'altra, pi che la corrispondenza lessicale dei termini la
volont delle parti, detto in altri termini si cerca di rendere il significato del contratto .
3. Un esempio di intreccio culturale: il francese giuridico del Qubec.
3.1 Si sopra affermato che la trasposizione da una lingua all'altra di un termine facente
parte di un discorso giuridico deve tenere conto della cultura giuridica interna propria al
contesto in cui il termine si colloca. Quindi, il traduttore deve traghettare, fin dove ci
possibile, non soltanto la parola, il significante, nella lingua d'arrivo ma anche il
significato, nel senso di implicazioni giuridiche, del termine utilizzato nello specifico
linguaggio d'origine .
In questo modo la traduzione non tradisce il destinatario, che il pi delle volte anche il
destinatario delle obbligazioni che nascono dal documento giuridico. In proposito alle
difficolt di tradurre un testo giuridico, Sacco rileva come "la traduzione consta della

ricerca del significato della frase da tradurre, e, della ricerca della frase adatta per
esprimere quel significato nella lingua della traduzione. La prima operazione spetta al
giurista. La seconda spetta anch'essa al giurista. L'insieme della due operazioni spetta al
comparatista, unico competente a decidere se due idee, tratte da sistemi giuridici diversi,
corrispondono l'una all'altra; e se una differenza di norme sfocia in una differenza di
concetti". In tal modo, per l'autore, solamente un giurista con forti competenze in diritto
comparato pu accingersi a compiere questa operazione con probabilit di successo,
ovvero, come si diceva sopra di non trasformarsi da traduttore in traditore.
3.2 Questo problema non soltanto relativo alla trasposizione di un termine da una lingua
ad un'altra ma, proprio avuto riguardo alla questione della cultura giuridica interna, delle
difficolt possono sorgere anche all'interno della stessa matrice linguistica.
questo il caso, ad esempio, della lingua francese che d vita al francese giuridico della
Francia, considerata come entit statuale e non cultural-linguistica, ma anche a francesi
giuridici diversi, come quello svizzero, belga, dei paesi dell'ex impero coloniale che
mantengono il francese come lingua ufficiale, nonch del Qubec . La traduzione del
termine o, meglio, la trasposizione di questo all'interno dello stesso ambito linguistico
(ma non giuridico) non potr basarsi sulla cultura giuridica interna della Francia bens
(necessariamente) su quella del paese in cui il francese lingua veicolare.
Il caso del francese del Qubec particolarmente interessante soprattutto se si ritiene che
si possa dare equivalenza dei termini giuridici solamente fra lingue che si collocano
all'interno di una stessa famiglia giuridica, come ad esempio l'italiano ed il francese o,
nell'ambito di uno stato bilingue come il Belgio, fra il francese ed il fiammingo. Come
noto l'area francofona del Qubec fa parte dello stato federale canadese, ove prevale un
sistema giuridico di common law; nonostante l'appartenenza formale del sistema
giuridico della Province alla famiglia di diritto codificato (retaggio della colonizzazione
francese del XVIII secolo, che la accomuna allo stato della Luisiana), la cultura giuridica
interna canadese (sia d'espressione inglese, che francese) riconducibile alla
jurisprudence anglosassone .
A questo contesto culturale si lega "l'intenzione delle parti e il senso letterale delle
parole", a cui fa riferimento il legislatore del Qubec agli articoli 1013 e seguenti del
Code Civil del 1866 , in merito all'interpretazione del contrat. Il legislatore del Qubec
riprende nei citati articoli le indicazioni di Pothier, gi fatte proprie dal Code Napolon,
ma queste si collocano in un contesto culturale completamente diverso; ci non pu
essere sottaciuto nell'ambito della traduzione giuridica.
Lo stesso istituto del contrat previsto nel Codice Civile del Qubec agli articoli 984 e
seguenti va inserito all'interno di questa particolare cultura giuridica, deviandolo
dall'alveo culturale della antica madre patria. Esemplificativo a riguardo il non
riferimento nel codice del Qubec, che pur come visto si rif in importanti parti a quello
francese, agli articoli 1101-1107 del Code Napolon ovvero alle Dispositions
prliminaires ai contrats.
L'esperienza giuridica sviluppatasi nella provincia francofona canadese da testimonianza
di un approccio intersistematico, nel senso che chiaramente riconoscibile al suo interno
una tensione a ricondurre all'alveo del common law istituti sorti in ambito codicistico.

3.3 Proprio attraverso il richiamo all'ordinamento Qubec si ripropone in evidenza la nota


questione relativa alla traduzione del termine francese contrat (o del termine italiano
contratto) con la parola inglese contract; non tutti i contrats ai sensi dell'articolo 1101 del
Codice Civile francese (o i contratti ai sensi dell'articolo 1321 del Codice Civile italiano)
sono traducibili con il termine inglese contract. I vocaboli, come la dottrina giuridica
comparatistica nota , non sono fra loro interscambiabili (meglio, i concetti con questi
designati) e la distanza fra le culture giuridiche interne di civil law e di common law
tale da far considerare in quest'ultimo ambito il contratto (contract) come una categoria
giuridica residuale . All'interno di questa cultura giuridica non fra l'altro riscontrabile
una precisa ed univoca definizione (per cos dire, legislativa, come propongono i sistemi
di civil law) degli istituti che vengono ricondotti in ambito continentale al contratto o,
viceversa, di quel novero di istituti che possono venire ricompresi nel sostantivo contract.
Si sottolineato come "sulla definizione di contratto non vi unanimit tra gli autori e
neppure in giurisprudenza" .
Gli istituti che ritrovano il proprio paradigma agli articoli 1101 e seguenti del Code
Napolon, i contrats per l'appunto, vanno ricollegati, come sottolineano i giuristi , alla
cultura giuridica interna anglofona, che rende taluni di essi con termini diversi da
contract, termini che hanno un significato giuridico diverso (quindi, una portata di
conseguenze giuridiche diverse). Si pensi, a titolo d'esempio, alla conveyance, relativa al
trasferimento della propriet immobiliare, e al trust assimilabile al rapporto fiduciario ma
non riconducibili al contract, al pari, ad esempio, del gift (la donazione), tutti istituti che
una cultura giuridica derivata dal Code Napolon farebbe rientrare senza dubbio
nell'alveo dei contrats .
In tal senso, sempre a titolo esemplificativo, l'istituto della fiducie, ex articoli 981 e
seguenti del Code Civil del Qubec, si lega indissolubilmente, sia per la traduzione, che
per le implicazioni giuridiche, a quello del trust conosciuto nei sistemi di common law.
Va altres tenuto conto delle distinzioni, proprie al discorso giuridico di common law, fra
contract e convention (il secondo un termine pi ampio che include anche gli accordi
fra privati e pubblica amministrazione); fra contract e promise (quest'ultima una
dichiarazione di assunzione di obbligo), fra contract e obligation ( l'obbligo creato dal
contratto), fra contract e agreement (inteso quest'ultimo come incontro delle volont,
quindi elemento del contratto); fra contract e bargain (definito come "an agreement
between two parties for an exchange of performances, either executed or promised" ).
3.4 Ritornando alla questione relativa a ricondurre ogni termine all'interno dell'ambito
culturale che gli proprio, vanno richiamati alcuni problemi riscontrabili all'interno del
diritto dei contratti internazionali. Infatti, nell'ambito della contrattualistica internazionale
e pi specificatamente in quella inerente della distribuzione dei beni, si pongono per la
traduzione non poche questioni. Ci viene evidenziato sia dalla prassi commerciale che
dagli studi dottrinali in merito al commercio internazionale .
Le principali questioni di redazione dei testi sono legate all'impossibilit di condurre
termini o locuzioni propri al lessico giuridico di una lingua al linguaggio giuridico
dall'altra, perch risulterebbero, come gi accennato al paragrafo 2.2, se traghettati
attraverso una traduzione letterale, privi di significato; collocati nella cultura giuridica
interna propria alla lingua di arrivo o si paleserebbero come non sensi oppure darebbero
luogo a gravissimi equivoci. Questo , ad esempio, il caso del cosiddetto procacciatore

d'affari, figura precipua della cultura giuridica interna italiana, che non trova corrispettivi
precisi in altri ordinamenti, tanto che risultano improprie traduzioni come l'inglese
brocker o il francese pourvoyeur d'affaires, che a differenza del procacciatore italiano
un dipendente della societ per la quale lavora, per cui percepisce uno stipendio e non
una provvigione.
Altri problemi invece sono derivati dalla diversa portata giuridica che l'ordinamento
ricollegabile alla lingua d'arrivo attribuisce a determinate espressioni. Si pensi, al di l
degli interventi comunitari di armonizzazione dei diritti nazionali, al contratto d'agenzia,
ex art. 1742 Codice Civile italiano, stipulato con una persona fisica; questo non pu
essere reso nel francese giuridico della Francia o del Belgio semplicemente con contrat
d'agence senza equivocare sulle obbligazioni del preponente; difatti, nei paesi richiamati
l'agente (l'ipotetico agent) verr considerato un reprsentant salari, assoggettato, quindi,
alla legislazione del lavoro .
4. Conclusioni.
Per quanto riguarda la questione relativa alla traduzione di un testo giuridico che ritrovi il
proprio ambito di applicazione nella gi richiamata legge n. 218 del 1995, il testo tradotto
necessariamente dovrebbe esprimere la cultura giuridica di provenienza; difatti, ai sensi
dell'articolo 15, "la legge straniera applicata secondo i propri criteri di interpretazione e
di applicazione nel tempo". Come si sottolineava all'inizio di questo breve excursus
richiesta all'autorit competente, ex articolo 14, non solo la capacit di reperire il testo, la
competenza linguistica nel trasporlo nella propria lingua ma anche la conoscenza della
cultura giuridica del paese in cui la disposizione si colloca, di modo che la norma che da
questa deriva sia perfettamente integrata con l'ordinamento di provenienza. Soltanto
compiuta questa complessa operazione, l'autorit competente valuter gli effetti della
norma nel nostro ordinamento; infatti, come stabilisce l'articolo 16, comma primo, "la
legge straniera non applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico". Si tratta,
quindi, di "drammatizzare" l'interpretazione-applicazione della disposizione sia nella
cultura giuridica di provenienza che in quella di arrivo.
Pi in generale, indicazioni relative a come impostare una operazione di traduzione
giuridica del testo e come ovviare a problemi insiti alle varie lingue (da come superare il
problema della mancanza del termine corrispondente, alla necessit di utilizzare perifrasi
per rendere nella lingua d'arrivo un dato istituto) vengono offerte dalla dottrina
comparatista .
Nell'ambito della contrattualistica internazionale i problemi di traduzione possono venire,
se non totalmente risolti sicuramente ridotti, anche attraverso l'uso di definizioni
stipulative , ovvero di "definizioni che propongono di usare un certo vocabolo o sintagma
in un modo determinato a preferenza di altri". Non a caso la stessa Camera di Commercio
Internazionale di Parigi, nell'ultima revisione dei suoi Incoterms, fa premettere la vera e
propria descrizione degli stessi con una serie di definizioni stipulative sia di termini
mutuati dalla lingua inglese (come shipper), che di termini delle lingue nazionale (come
consegna, oneri, luogo, porto e cos via) . Non in modo dissimile si pone l'Unidroit, che
offre all'articolo 1.10 dei suoi Principes relatifs aux contrats du commerci international
delle definizioni stipulative di termini quali tribunal, tablissement, dbiteur, crancier,
crit .

Va altres rilevato che sussiste la tendenza a promuovere di un linguaggio giuridico


interculturale, quindi non legato ad una lingua egemone, come potrebbe apparire l'inglese
. Di questo ambizioso progetto si fa promotore, fra gli altri, l'Unidroit ; ma non appare
fuori luogo rilevare come sar la vita stessa del diritto, strumento principe di
comunicazione soprattutto nelle relazioni commercial, ad offrire una soluzione (sempre
aperta e perfettibile) a questo problema.

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