Sottrazioni
Al terzo paragrafo di Un manifesto di meno, Deleuze ritiene di poter indicare
una sorta di percorso compiuto da Bene (e necessario a qualsiasi teatro che
voglia dirsi minore) nella sua sottrazione degli elementi di potere sia dalla
rappresentazione che dal rappresentato nellevento teatrale. A partire dalla
sottrazione della Storia, che, come si visto, rappresenta il marchio
temporale del potere, Deleuze suggerisce poi di sottrarre laStruttura, perch
il marchio sincronico, linsieme dei rapporti tra invarianti.[1] Il problema
della struttura e delle sue invarianti, era gi emerso in rapporto alla lingua, al
suo uso maggiore, scientifico (linguistico) a cui sotteso il modello di potere
attraverso il quale viene standardizzata e utilizzata come suo veicolo (vedi il
primo volume di Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia.[2]).
Il passo successivo compiuto da Bene quello di detrarre dal suo teatro anche
lecostanti, (non in relazione solamente alla lingua) quali elementi di
stabilizzazione appartenenti ad ogni uso maggiore; necessario inoltre che
anche il testo, ulteriore invariante garante di omogeneit in teatro, paragonato
al dominio della lingua sulla parola, debba essere amputato.
Lo stesso Bene, infatti, conformemente alla ricerca del vuoto, dellassenza in
(e del) teatro, ha dichiarato in pi occasioni la propria battaglia contro
legemonia del testo, in accordo con la posizione di Artaud, che per non riusc
a tradurre in pratica le sue teorie teatrali, soprattutto a causa della ricerca di
una perduta unit originaria nella parola prima delle parole.[3]
Per Bene, il testo, cos come lo spartito musicale e la sceneggiatura, la replica
di eventi gi trascorsi, rappresentazione scritta, gi messa in scena
dallautore, che codifica e perpetua ruoli ed identit, a scapito
dei doppi inespressi nel testo ed omessi per volont del drammaturgo.[4]
La questione dei doppi nel teatro di Bene analizzata in particolare da Pierre
Klossowski in un saggio scritto come prefazione al testo dellOtello di Bene; a
partire dal problema dellidentificazione attore-personaggio, Klossowski
sottolinea che il pubblico moderno si aspetta lidentificazione delluno con
laltro, e desidera rassicurazione e certezza nel verificare il perpetuarsi, grazie
alla recitazione-somiglianza, dellidentit gi stabilita e trascritta del
personaggio in questione.
I personaggi di Bene invece spezzano questo riconoscimento dovuto
allidentificazione storica, mediante una contraffazione che supera anche la
concezione del doppio artaudiano, (e dello sdoppiamento brechtiano) termine
equivoco, [poich] Non si tratta di contraffare loriginale del personaggio,
del dire, che sta alla base di questa prassi teatrale. Come il pensiero anche il
linguaggio linguaggio dun altro che trova in noi la sua crisi,[9] da ci quindi
quellafasia e quel suo balbettare ed inceppare in e tra un verso e laltro,
dimenticando il proprio virtuosismo assieme al proprio ruolo nella miriade di
significanti che la sua scena lascia emergere.
Alla sottrazione del testo segue necessariamente, secondo Deleuze, la
soppressione del dialogo, altro elemento che permette al potere di circolare
mediante le parole; anche Bene lo indica in pi punti quale fattore cancellato
dalla propria prassi teatrale, collegato a ci che definisce la sospensione del
tragico: Una azione fermata nellatto abortito quanto m piaciuto
definire sospensione del tragico ovvero sospensione del dialogo.[10] In un
teatro che, conformemente a tutte le sottrazioni di cui sopra, nega lidentit e
la presenza del soggetto-attore cos come ad un supposto personaggio-ruolo,
non pu aver luogo un dialogo, ovvero lo scambio dialettico di stampo
euripideo-socratico denunciato gi da Nietzsche nella Nascita della tragedia.
Sulla base delle riflessioni di Nietzsche e della sua esegesi da parte di Deleuze,
a proposito della questione del giudizio, Bene si riferisce alla potenzialit a noi
sconosciuta della phon poetica della tragedia greca pre-euripidea. un
elemente antecedente e al di l di ogni dialettica, prologo o epilogo, quindi
anteriore alla mediazione dellautore-drammaturgo che, codificato il testo,
nega lascrittura di scena.
Questultima si segnala come linguaggio teatrale nel suo farsi [...].
Ildrammaturgo a priori concepibile soltanto se il suo copione, lungi dal troppo
sconfortante, abituale tennis di battute in prosa, invece gi un progetto di
spettacolo, se, come nella specificit della musica, partitura che lesecuzione
reinventer nella sera della sua festa.[11] La scrittura di scena per come egli
la concepisce quindi qualcosa di radicalmente diverso dal testo teatrale
classico; si tratta, infatti, di riaprire quella traccia originaria dellopera stessa,
(che stata codificata successivamente nel testo) e di proporre una
trascrizione momentanea che restituisce corpo alla voce e delle sue
potenzialit, al posto dellegemonia della parola.
Bene non mette in discussione n la poesia tragica, n le opere di un
Shakespeare o di un Marlowe e neppure critica la possibilit della scrittura
scenica in toto, anzi. La stessa operazione critica da lui svolta su tanti testi
classici, non fa altro che riconfermare la potenzialit creativa, valorizzando
luso minore, il che possibile proprio in quanto si tratta di opere darte,
formula di Proust: i bei libri sono scritti in una specie di lingua straniera[32]
che accomuna gli autori sopra citati.
La variazione degli altri elementi teatrali
La minorazione come processo creativo rende possibili delle alleanze tra gli
artisti e crea dei concatenamenti tra le variabili che attraversano ogni ambito
artistico; di conseguenza, sulla scia della linea di variazione aperta dalloperare
di Bene, in un suo spettacolo non sono solo le componenti linguistiche a
mutare, ma anche tutti gli altri elementi che ne fanno parte. Deleuze propone,
in questo contesto, una specie di distinzione tra le componenti linguistiche
definite variabili interne e le altre variabili esterne, ove le prime sfuggono
alla struttura cos come le seconde si sottraggono allorganizzazione dello
stesso sistema dominante.[33]
Allafasia, al balbettare ed incepparsi nel linguaggio artistico di Bene
corrispondono quindi tutta una serie di gesti e movimenti, che impediscono agli
attori di fissarsi e corrispondere al proprio ruolo prescritto, e creano un
disequilibrio amplificato dalla lingua e dal non-testo utilizzato.
Daltro canto, come avverte Deleuze, non si tratta semplicemente di svelare i
rapporti di forza in scena mediante opposizioni ed impedimenti che pi che
eliminare il gioco di potere svelato, lo riprodurrebbe fedelmente; lautore aveva
infatti gi avvertito in questo stesso saggio che per rompere con le
manifestazioni del potere che sono consustanziali allarte teatrale non basta
certo rappresentarle, ma necessario modificare la forma dellarte stessa.
Partendo da questo presupposto, la variazione si conferma come una delle
possibilit per attuare questa modificazione e cos come accade per lo
Sprechgesang dove laltezza viene mantenuta nonostante le cadute e risalite,
anche i gesti possono essere modulati alla stessa maniera: il gesto di
Riccardo III non smette di lasciare il proprio livello, la propria altezza, cadendo o
risalendo, scivolando: il gesto in perpetuo squilibrio positivo.[34]
Oltre al Riccardo III, Deleuze prende ad esempio il S.A.D.E., per indicare come il
suo stile crei le variazioni sulla base di linee melodiche per il linguaggio il
suo recitativo che al contempo musicale e di una sorta di grazia per quel
che riguarda i movimenti, il che evita qualsiasi stonatura nello spettacolo,
qualsiasi conflitto, e se lo evidenzia per poi sottrarlo. Per questo motivo i
gesti, i movimenti, cos come la scrittura di Bene paiono a Deleuze musicali,
perch invece di muoversi per contrasti o opposizioni, dipendono da velocit e
lentezze, e la musicalit deriva proprio da questa sorta di continuit mantenuta
nonostante le alterazioni di velocit e di forma; ogni forma vi deformata da
modificazioni di velocit che fanno s che lo stesso gesto o la stessa parola non
sono mai ripetuti due volte senza ottenere caratteristiche diverse di tempo. la
formula musicale della continuit, o della forma da trasformare.[35]
Questo il teatro in cui, dopo aver sottratto ogni invariante e dissolto le forme
per affrontare la scena in perpetuo stato di variazione dei suoi elementi, si
realizza un divenire continuo e la contro-effettuazione dellevento: ecceit
che non ripete mai gli stessi gesti perch, in quanto tale, li realizza in un piano
di consistenza, il cui tempo il tempo di Ain.
E poi c un piano [di consistenza, o composizione] o una concezione del piano
del tutto differente. Qui non ci sono pi assolutamente forme o sviluppi di
forme n soggetti e formazioni di soggetti. Non c pi struttura che genesi. Ci
sono soltanto rapporti di movimento e riposo, di velocit e lentezza tra
elementi non formati [...] Ci sono soltanto ecceit, affetti, individuazioni senza
soggetto, che costituiscono concatenamenti collettivi.[36]
Proprio su questo piano si produce larte di Bene e si realizza come
concatenamento collettivo denunciazione: infatti Deleuze ribadisce che gli
operatori, gi segnalati in riferimento alle sue indicazioni non-testuali e della
minorazione, sono precisamente degli indicatori di velocit.[37] Questi
elementi fondamentali dello stile beniano di scrittura scenica sono uno dei
motivi per cui Deleuze ritiene che il suo teatro andrebbe anche letto oltre che
visto.
Questo sta a significare che, pur facendo parte del testo, non gli appartengono
del tutto, cos come, pur riguardando il teatro, non riguardano solo questarte.
Sono appunto tali operatori e tutto il processo di minorazione del suo teatro a
renderlo un concatenamento collettivo: Gli indicatori di velocit
presuppongono delle forme che possono dissolvere[38] dissoluzione, parallela
alla soppressione del soggetto-Io, alla quale mira tutta la produzione artistica di
Bene, la sua drammaturgia dellassenza.
Diviene forse allora pi chiara la possibilit e la necessit di mettere in
relazione la sua produzione artistica con opere e minorazioni affini, secondo
concatenamenti che avvicinano non solo i piani di altri autori minori, ma anche
altre variabili. Deleuze indica leffetto della musica atonale su quella tonale, P.
Boulez nella musica, ma anche langlo-americano per quel che riguarda la
lingua, la filosofia di Nietzsche, il cinema di Godard, la scrittura di Woolf, larte
di Hlderlin e Kleist, per tornare ad autori da lui pi volte nominati.[39]
Questo saggio si conferma quindi sostanzialmente come una critica e una
clinica, e, sempre stando a Conversazioni, si tratta dellanalisi dei regimi di
segni propri dellautore in questo caso Bene del suo piano di consistenza e
di quella linea di maggior pendenza che ne caratterizza lopera e le variazioni.
[40]
Un esempio simile, dato in Critica e clinica dallanalisi di Deleuze dellarte
teatrale di Beckett; l il filosofo francese indagava il suo stile a partire da quel
collocarsi nel mezzo tipico degli autori minori, che produce uno squilibrio
nato dalla lingua per poi propagarsi ai gesti. Daltro canto, Deleuze ritiene
anche possibile che il processo disgiuntivo inclusivo della lingua nellambito del
piano di consistenza di cui larte di Beckett partecipa, nasca invece a partire
dallandatura, dal portamento dellattore. In ogni caso, ci che lautore
evidenzia con le riflessioni sullarte di Beckett il superamento della parola in
funzione della lingua, e dellorganismo in direzione di un corpo senza organi,
verso il raggiungimento di quella zona dindiscernibilit che fa parte di ogni
divenire.[41]
Come nel caso di Beckett, quindi, anche in Bene Deleuze rileva che il processo
di minorazione coinvolge allo stesso livello lingua, gesti, movimenti, secondo
una sottrazione e subordinazione sia delle forme alle variazioni di velocit che,
allo stesso modo, del soggetto ad affetti ed intensit, due movimenti che a suo
parere si rivelano essenziali da ottenere nelle arti.[42]
Per quel che riguarda la geometria che sottende queste variazioni di velocit,
intensit o affetti, si pu far riferimento alle pagine di Che cos la filosofia?,
che delineano un immagine pi ampia di tali rapporti tra larte e il proprio
piano, ed in particolare al concetto di dequadratura: necessario inoltre un
vasto piano di composizione che operi una sorta di dequadratura secondo delle
linee di fuga [...] su questo piano di composizione che si tracciano, come su
uno spazio vettoriale astratto, delle figure geometriche.[43]
La dequadratura un movimento di deterritorializzazione della sensazione
nellambito del piano stesso, un trasversale, (termine introdotto gi in Mille
Piani) sempre per indicare una componente che prende su di s il valore
specializzato di deterritorializzazione.[44] Il lavoro dellartista si articola sia nel
realizzare il proprio piano di composizione secondo il processo di variazione
continua, che nel movimento della dequadratura per impedire ogni chiusura del
piano e mantenerlo in apertura, in un disequilibrio permanente.[45]
Deleuze si sofferma poi sui film di Bene e nello specifico su quellimportante
distinzione tra teatro, in cui prevale lascolto, e cinema, dove invece prevale
laspetto visivo. Lo stile di Bene, che cerca di superare questa prevalenza
delluna o dellaltra modalit di ricezione a favore di una percezione sinestetica
di entrambe le arti, emerge oltre che a teatro anche nei suoi film, nel suo voler
realizzare il cinema come immagine acustica,[46] ossia perseguire la cecit
dellimmagine dominante.
Deleuze lascia qui aperta la strada per una prosecuzione nellanalisi del nontesto di Bene, in particolare riguardo la sua metamorfosi come macchina da
guerra e il suo influsso sullapparato di Stato che ha contribuito a scardinare.
Finalit di un teatro minore
Al termine del percorso attraverso la produzione artistica di Bene, conclusa
lanalisi del suo processo di minorazione eliminazione di costanti ed
invarianti, nella lingua e nei gesti, nel potere in e del teatro, e successiva
messa in variazione di tutti gli elementi Deleuze si pone la questione sia
dellutilit effettiva che della legittimit di una tale operazione. Il problema se
Bene non sia semplicemente un altro rappresentante di quel potere che il suo
teatro sembra voler scardinare, tanto pi accentratore se si considerano le
molteplici funzioni da lui svolte e sempre rinnegate come tali autore,
attore, regista.
La risposta negativa: al contrario di quello che fa Bene, il vero gioco di potere
da parte di un artista sarebbe reclamare, per la propria arte, un ruolo
dirompente, in opposizione alle forme artistiche precedenti, riconfermandosi
come un altro strumento del potere, che si propaga appunto attraverso la
rappresentazione istituzionalizzata dei conflitti e delle opposizioni. Le
istituzioni sono gli organi della rappresentazione dei conflitti riconosciuti, e il
teatro unistituzione, il teatro ufficiale, anche se davanguardia, anche se
popolare.[51] (e la stessa cosa vale anche per il cinema).
In conformit con il suo essere artefice ed operatore, la produzione artistica di
Bene non si fa carico di formule con cui identificarsi e porsi in contrasto con
altre il teatro popolare, o davanguardia il che non costituirebbe una vera
e propria operazione critica. Qui si gioca la differenza ad esempio da Brecht ed
il suo teatro epico, che pur denunciando i conflitti di classe, non si distacca
dalla logica della rappresentazione classica ossia dalla semplice messa in scena
degli stessi.
La vaga polemica di Deleuze riguarda tutti i generi teatrali che, come in Brecht,
partendo da un determinato presupposto, offrono unimmagine (e un giudizio)
prestabilita e formalizzata. Questo riguarda lo psicodramma, il teatro
estetizzante o del teatro mistico o comunitario, e tutti quei movimenti del
teatro contemporaneo, rispetto ai quali loriginalit del procedere di Bene si
distingue.[52]
Per quel che riguarda lo psicodramma, si pu fare riferimento ad esempio a
Foucault, il quale, nel contesto dellanalisi della filosofia di Deleuze, indica nella
psicanalisi e nel teatro (non rappresentativo) due serie divergenti inconciliabili;
E in ciascuna di queste due nuove serie divergenti (rimarchevole ingenuit di
scena, senza pi scena nella sua stessa voce, anchessa resa minore,
sottratta al suo senso e alla sua forma.
menzogna, della derisione, in grado cio di aprire una linea di fuga allinterno
della rappresentazione, di sovrapporre maschera su una maschera,[73] ossia
di realizzare una parodia nel significato pi proprio del termine.[74]
Ed in questo modo, servendosi della parodia come contro-canto, che lattorecantante o lattore-cabotin si sottraggono di continuo alle proprie macchinine
vocali, intervenute a riempire lo spazio scenico al loro posto, impedendone il
protagonismo.
Anche la questione dei doppi in scena, messa in luce da Klossowski in
riferimento alla recitazione di Bene, propone un paragone con il non-attore e
listrione del teatro latino, che lantesignano del cabotin,. Il suo compito era di
contraffare la divinit, il che implicava la derisione, il sabotaggio dellimmagine
ufficiale, la simulazione attraverso cosiddette patofane o apparizioni
istantanee.[75]Sostanzialmente, larte teatrale si presentava, tra gli altri
aspetti, anche come un differire in scena gli atteggiamenti negativi o
disdicevoli della divinit, differendo quindi il sacro, mediante mezzi tecnici che
corrispondevano a ci che oggi si intende come improvvisazione.
La tecnica teatrale di Bene riprende questaspetto di dissimulazione del teatro
latino, realizzando il dramma in scena, in fieri, da vero e proprio artefice, solo
che la derisione adesso lattore la gioca su se stesso e sulla propria voce, per
una contraddizione che si crea allinterno di ununica macchina attoriale fra
lattore che si innalza sulla sua voce e la voce-risonanza che schiaccia e scaccia
lattore. Entrambi comunque, vuoi per apoteosi o per derisione, evasi, fuor
dallopera.[76]
Note
[1] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 77.
[2] G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, cit., 1, cap. IV.
[3] C. Bene, G. Dotto, Vita di Carmelo Bene, cit., p. 313: Un teatro che
subordini la regia e lo spettacolo, vale a dire tutto ci che in esso c di
specificatamente teatrale, al testo, un teatro di idioti, di pazzi [] in una
parola, di Occidentali. (Antonin Artaud) la sola, lapidaria affermazione che la
mia teoria-prassi scenica condivida dentro il magma enunciato, argomentato e
di-scritto ne Il teatro e il suo doppio.
[4] Ivi, p. 330: Io reinterpreto lopera, avendo frugato in tutta la sua indecenza
la galassia dei significanti, la miriade dei doppi di cui lautore, per realizzare la
partitura, s privato.
[5] Ivi, p. 333.
[6] C. Bene, Opere, cit., p. 3: Se lorale del non luogo teatrale possibile
perch irrappresentabile, lo scritto mera rappresentazione impossibile,
perch gi compiuta.
[7] A. Scala, in C. Bene, Il teatro senza spettacolo, cit., p. 42.
[8] A. Scala, La voce zoppa, in AA.VV., La ricerca impossibile, cit.
interno della fascia sonora [] I microfoni sono veri e propri strumenti musicali,
che bisogna saper suonare, soprattutto se ne adopericinque o sei
insieme. Attraverso tali strumenti (collegati ad un mixer, dotato
dequalizzatore, ecc.) la voce pu permettersi una musicalit di colori
insospettata davvero.
[30] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 78.
[31] G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, cit., 1, p.
141.
[32] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 80.
[33] Ivi, p. 81, ed anche. G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e
schizofrenia, cit., 1, p. 141: quando si sottopongono gli elementi linguistici a
un trattamento di variazione continua, quando sintroduce nel linguaggio una
pragmatica interna, si necessariamente condotti a trattare in egual modo
elementi non linguistici, gesti, strumenti, come se i due aspetti della
pragmatica si raggiungessero, sulla stessa linea di variazione, nello stesso
continuum.
[34] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 82.
[35] Ivi, p. 83.
[36] G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, cit., 1, p.
386.
[37] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 83.
[38] G. Deleuze, C. Parnet, Conversazioni, cit., p. 140.
[39] Ivi, cap. III, p. 129: Ma ecco che lo stesso Kafka pone la letteratura in
rapporto immediato con una macchina di minoranza, un nuovo
concatenamento collettivo denunciazione riguardo alla lingua tedesca []
Ecco che Kleist pone la letteratura in rapporto immediato con una macchina da
guerra.
[40] Cfr. Capitolo II, 1.
[41] G. Deleuze, Critica e clinica, cit., p. 145.
[42] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 83.
[43] G. Deleuze, F. Guattari, Che cos la filosofia?, cit., p. 194.
[44] G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, cit., 2, p.
490.
[45] G. Deleuze, F. Guattari, Che cos la filosofia?, cit., p. 204: La sensazione
composta, fatta di percetti ed affetti, deterritorializza il sistema dellopinione
[] Ma la sensazione composta si riterritorializza sul piano di composizione []
E, nello stesso tempo, il piano di composizione trascina la sensazione in una
deterritorializzazione superiore, facendola passare attraverso una sorta di
dequadratura che la apre e la fende su un cosmo infinito.
[46] C. Bene, Opere, cit., p. XIII.
[47] G. Deleuze, Limmagine-tempo. Cinema 2, cit.: Nel non-volere si liberano
la musica e la parola, il loro intreccio in un corpo ormai soltanto sonoro []
Anche lafasia diventa allora una lingua nobile e musicale. Non sono pi i
personaggi ad avere una voce, sono le voci, o meglio i modi vocali del
protagonista (mormorio, soffio, grido, eruttazione) a diventare i soli e veri
personaggi della cerimonia.
[48] C. Bene, Riccardo III, cit., p. 14 (in corsivo nel testo).
[49] Cfr. Capitolo II, 1.
[50] G. Deleuze, Un manifesto di meno, cit., p. 85.
[51] Ivi, p. 87
[52] Ivi, p. 73.