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Chap IX, (Genoa : Name, 1992) pp 251-91

Nuove riflessioni su Montaigne politico


Politica e morale nella Francia dell'et moderna.

Mi piace offrire a Luigi Firpo, che ci ha insegnato essere la ricerca


una storia senza requie e senza fine, questo saggio dedicato ad un tema a
me caro il Montaigne politico a cui torno dopo anni in una versione
nuova, che spero non sar neppure lultima.1
Questa rilettura di Montaigne politico si colloca allinterno di una
prospettiva storiografica che vuole significare ripensamento della tesi, enunciata
nel secolo scorso dal Burckhardt e poi diventata dominante, sulla
nascita dellindividuo moderno nel Rinascimento, inteso come momento
di inizio di un processo antropologico, etico e politico che si proietta fino ai
nostri giorni.2 Tale tesi oggetto di discussione oggi da parte di alcuni studiosi
tedeschi ed italiani, i quali sia pure muovendo da premesse storicofilosofiche
diverse convergono nel prospettare il sorgere dellindividualismo
moderno in termini di frattura con il Rinascimento, vedendone il delinearsi
in quel crinale della storia che furono le guerre di religione del tardo
Cinquecento, origine a loro avviso di una crisi etico-filosofica e politica
di importanza decisiva. questa la linea storiografica sviluppata da Roman
1 Questo

saggio rielabora e sintetizza i risultati dei seguenti miei studi: Alle origini del
pensiero politico libertino. Montaigne e Charron, Milano, 1966 [rist. emend. 1979, 1989];
Appunti sulla crisi della morale comunitaria nel Seicento francese, Il Pensiero Politico,
1969, pp. 187-223 [cfr. supra, pp. 155-187]; Direzioni di ricerca per una storia di
Machiavelli in Francia, Atti del Convegno su Il pensiero politico di Machiavelli e la sua
fortuna nel mondo, Firenze, 1972, [cfr. supra, pp. 109-135], pp. 37-66); Morale prive et
utilitarisme politique en France au XVIIe sicle, in Staatsrson. Studien zur Geschichte
eines politischen Begriffs, Berlin, 1975, pp. 223-249 [in versione italiana, supra, pp.
XXX]; Come giudicano la politica libertini e moralisti nella Francia del Seicento, in Il
libertinismo e lEuropa, Milano-Napoli, 1980, pp. 25-80; Psicologia e politica nella cultura
eterodossa francese del Seicento, in Ricerche su letteratura libertina e letteratura
clandestina nel Seicento, Firenze, 1981, pp. 321-351 [cfr. supra, pp. 221-247]. A questi
studi far riferimento nel corso della mia esposizione non gi per il gusto dellautocitazione,
ma per appoggiare il mio discorso ad una documentazione testuale e bibliografica
che mi impossibile fornire in questa sede.
2 Una buona ricostruzione della fortuna della tesi storiografica del Burkhardt in seno alla
cultura contemporanea in W. H. FERGUSON, The Renaissance in Historical Thought,
Cambridge Mass., 1948, trad. ital., Bologna, 1969, pp. 255-335.

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Schnur3 e da Reinhardt Koselleck4 in Germania ed in Italia da Augusto Del


Noce,5 da Giacomo Marramao6 in una versione di taglio filosofico e da chi
scrive in unottica essenzialmente etico-politica.7
Oggi mio intento tentare di fissare i caratteri di tale fenomeno, quali
essi emergono nella loro fase germinale, nel pensiero di Montaigne, il maggiore
interprete certo della trasformazione esistenziale in atto, il quale traduce
perfettamente negli Essais quel rapporto nuovo io-mondo, in cui si esprime
il nascente individualismo. Ma presupposto di tutto questo lo ripeto una
lettura filosofica delle guerre di religione, intendendo cos una analisi che
non si arresti agli aspetti contingenti di questa lunga vicenda di dissoluzione,
agli effetti distruttivi che essa oper nella sfera politica e istituzionale, ma si
proponga anche di capire quale incidenza essa esercit sulle coscienze, nella
sfera delle idee, dei valori, delle certezze di una societ formata su una
tradizione culturale di secoli repentinamente sconvolta dalla evidenza del
caos e della contraddizione. nel corso delle guerre di religione che divenne
chiaro infatti dove risiedesse la vera forza di rottura insita nella Riforma,
troppo spesso ricondotta soltanto al contenuto delle tesi teologiche ed etiche
che essa oppose alla dottrina cattolica, tesi che in gran parte rispondevano
invero ad un universo pre-rinascimentale, ed in senso lato pre-moderno.

Ci induce a non riflettere abbastanza su una diversa causa della


trasformazione profondissima originata dalla frattura protestante: la distruzione
che essa oper di quel monismo etico-religioso su cui per secoli
aveva trovato il suo fondamento il complesso delle sicurezze collettive,
determinando storicamente un conflitto che vide a confronto versioni
diverse e contrapposte del vero, del sacro, del giusto, sia pure
3 R. SCHNUR, Individualismus und Absolutismus, Berlin, 1963, trad. ital., Milano, 1979.
4 R. KOSELLECK, Kritik und Krise. Ein Beitrag zur Pathogenese der brgerlichen Welt,

Freiburg-Mnchen, 1959, trad. ital., Bologna, 1972.


5 A. DEL NOCE, Il problema dellateismo, Bologna, 1964 e Riforma cattolica e filosofia
moderna, I, Cartesio, Bologna, 1965. Il nome di Del Noce implica naturalmente quello di un
altro grandissimo interprete della filosofia seicentesca Henri Gouhier la cui lettura della
novit cartesiana costituisce un presupposto obbligato del mio discorso.
6 G. MARRAMAO , Potere e secolarizzazione. Le categorie del tempo, Roma, 1985; a
Marramao si deve inoltre ledizione italiana di F. B ORKENAU, Der bergang vom feudalen
zum brgerlichen Weltbild. Studien zur Geschichte der Philosophie der Manufakturperiode
(Bologna, 1984), opera che costituisce un punto di riferimento importante per chi intende valutare
i termini del passaggio dalla Weltanschauung rinascimentale a quella moderna in senso
stretto. Lo chiarisce bene D. TARANTO, Legge naturale e senso della storia in Franz
Borkenau, Studi storici, 1985, pp. 937-951.
7 I miei studi incontrano, con un rapporto di stretta sintonia, la tesi interpretativa di N. O.
KEOHANE (Philosophy and the State in France. The Renaissance to the Enlightenment,
Princeton, 1980), e trovano un importante sviluppo, fondato su una ricchissima documentazione,
in D. BOSCO, Morale della politica e individualismo nel Grand Sicle, Milano,
1984 (di Bosco cfr. anche Metamorfosi del libertinage. La ragione esigente e le sue
ragioni, Milano, 1981).

enunciate le une contro le altre con assunti dogmatici. Le guerre di religione


significarono anche e soprattutto questo: la scoperta della pluralit dei valori
detti assoluti, dei princpi fondanti lordine etico e le leggi politiche, fino
ad aprire spazi un tempo impensabili ad una riflessione critica sui fondamenti
fragili di una oggettivit smentita e contraddetta. Ora di questa storia
complessa certo Montaigne il testimone e linterprete massimo, colui che
fornisce la chiave per decifrare quel fenomeno di crise de la conscience
europenne, in cui sembrano venire a saldarsi i processi di dissoluzione di
antichi equilibri socio-politici con oscuri e spesso inconsci esiti relativistici
in seno alla coscienza individuale. 8
Chi voglia comprendere quale sia la lettura di Montaigne di una crisi
di ordine senza precedenti, quali riflessi eserciti sul suo iter di ricerca, non
Anna Maria Battista 251
8 Della

sterminata bibliografia montaignana mi limito qui a citare quegli studi verso i quali
mi sento debitrice. Fondamentale rimane sempre lapporto della grande ricerca filologico-erudita
di P. VILLEY (Les sources et lvolution des Essais de Montaigne, Paris, 1908, e Les
livres dhistoire moderne utiliss par Montaigne, Paris, 1908), ora integrata dallopera di R.
TRINQUET, La jeunesse de Montaigne, Paris, 1972. Sul piano interpretativo la mia lettura
filosofica degli Essais si muove allinterno della prospettiva fissata da L. B RUNSCHVICG
(Descartes et Pascal lecteurs de Montaigne, New York-Paris, 1944), mentre si dissocia da chi
continua a collegare Montaigne alla lezione morale dellUmanesimo. Di qui lo scarso peso
che assume nella mia ricerca la nota opera di H. FRIEDRICH (Montaigne, Bern-Mnchen,
1967), una rigorosa ricostruzione, insensibile tuttavia alla dimensione innovatrice della riflessione
montaignana. Centrali sono qui invece le indagini polarizzate sulla ricerca psicologica
degli Essais, tra le quali spicca opera di altissima raffinatezza interpretativa il Montaigne
di J. STAROBINSKI (Montaigne en mouvement, Paris, 1982, trad. ital., Bologna, 1984); ma cfr.
anche F. RIDER, The Dialectic of Self-hood in Montaigne, Stanford, 1973; R. REGOSIN, The
Matter of my Book. Montaignes Essais as the Book of the self, Berkeley and Los Angeles,
1977; I. J. WINTER, Montaignes self Portrait and its Influence in France (1580-1630),
Lexington (Kentucky), 1976. Cito invece un famoso saggio di M. H ORKHEIMER (Montaigne
und die Funktion der Skepsis, ora in trad. ital. in Teoria critica, Torino, 1974, pp. 196-252)
come polo simmetrico ed opposto alla tesi che qui sviluppo, perch studio costruito sullequazione
scetticismo-conservatorismo, calata allinterno di un quadro ideologico precostituito.
In materia politica, abbastanza recente la scoperta della portata innovatrice del pensiero di

Montaigne, pur attestato su teorie ufficialmente immobiliste. La linea interpretativa


tradizionale (cfr. a titolo emblematico F. S. B ROWN, Religious and Political Conservatism
in the Essais of Montaigne, Genve, 1963) oggi discussa da BATTISTA, Alle origini del pensiero
politico libertino cit. e nei suoi saggi successivi, da E. WOLF, Rechtswirklichkeit und
Justizkritik bei Montaigne, in Festschrift fr V. von Hippel, Tbingen, 1967, pp. 631-663; da
Manfred Klsch, autore della migliore opera monografica sullargomento (Recht und Macht
bei Montaigne. Ein Beitrag zur Erforschung der Grundlagen von Staat und Recht, Berlin,
1974, cfr. in particolare, sui rapporti Montaigne-Hobbes-Pascal, pp. 22 sgg.), da N. O.
KEOHANE, Philosophy and the State cit., pp. 98-116, e da E. CASTRUCCI, autore di una complessa
e intelligente analisi sul Montaigne politico, in Ordine convenzionale e pensiero decisionista.
Saggio sui presupposti intellettuali dello Stato moderno nel Seicento francese,
Milano, 1981, pp. 31-66. Anche sul versante della filosofia del diritto si inizia a percepire
limportanza dellantigiusnaturalismo positivistico di Montaigne. Cfr. G. F ASS, Storia della
filosofia del diritto, Bologna, 1968, II, pp. 35-38; M. VILLEY , La formazione del pensiero
giuridico moderno, trad. ital., Milano, 1986, pp. 413-419; infine sulla nascita in Montaigne di
una nuova science de lhomme, cfr. G. GUSDORF, Introduzione alle scienze umane, trad.
ital., Bologna, 1972, pp. 115 sgg.

252 Nuove riflessioni su Montaigne politico

dovr limitarsi ad allineare i tanti, tantissimi passi in cui egli descrive la


confusione del presente: essi cadono frequenti negli Essais, in particolare
nel libro terzo, e sono stati gi oggetto di studi specifici.9 Laspetto pi
aperto e, direi, pi ovvio della reazione di Montaigne alla guerra civile la
ribellione psicologica di un uomo di pace, costretto a vivere per lunghissimi
anni in una situazione di caos, fonte in lui di paura fisica, di disagio profondo
e della amarezza di vedere crollare davanti ai suoi occhi gli antichi cardini
istituzionali e politici della Monarchia francese.
Ma non direi essere tale faccia della crisi (quella contingente, esterna,
storica) ad agire in modo determinante sulla mente del grande moralista
come stimolo al suo processo di ripensamento critico, ma piuttosto laltra
faccia del caos: la contraddizione che essa aveva portato alla luce sui
princpi-base del vivere civile. Si rifletta sui caratteri peculiari del dibattito
teorico che si svilupp in Francia ed in Inghilterra nel corso di quegli anni:
una sorta di palleggiamento sapientemente mascherato con il crisma della
verit, sicch le dottrine a confronto chiaramente rispondenti agli interessi
delluna o dellaltra parte in conflitto vennero tutte enunciate come
assolute, tutte imposte dogmaticamente alle coscienze, tutte sconfessate e
tradite nel giro di pochi anni. Questo spettacolo incise profondamente non
v dubbio sul percorso intellettuale di Montaigne: di esso registr con
ironia e disincanto i caratteri tipici, il ricorso sistematico al deguisement et
mensonge10 per dar forza alle tesi utili alla propria causa, i motivi intrinsecamente
contraddittori propri della logica del conflitto.11 Considerazioni
storiche, ricordi personali si fondono in una simile analisi, la quale d origine
per ad una riflessione che va ben oltre il processo storico in atto e
finisce per toccare due problemi teoretici dei maggiori, intimamente connessi:
lo smascheramento della matrice strumentale della teoria, e la scoperta
del carattere opinabile, relativo della verit su cui luomo poggia le sue
sicurezze, i suoi rapporti con il mondo. Due passi chiariscono bene il nesso
esistente in Montaigne tra la lezione storica del caos e il processo della sua
peculiare ricerca esistenziale. Il primo riflette bene la reazione di chi trae
materia dal confuso gioco teorico in atto per giungere dritto al problema
9 Cfr. P. SPRIET, Montaigne, Charron

et la crise morale provoque par les guerres de religion,


The French Review, 1965, pp. 587-598; I. CREMONA, La pense politique de
Montaigne et les guerres de religion, Studi francesi, 1979, pp. 432-448. Le riflessioni sul
presente diventano pi frequenti e pi significative nel libro terzo degli Essais, in particolare
nel cap. IX De la vanit , nel cap. X De mesnager sa volont e nel cap. XII De la
phisionomie. Cito dal testo degli Essais edito nella collana della Bibliothque de la Pliade
(Paris, 1950) a cura di Albert Thibaudet.

10 Essais, l. III, cap. IX, ed. cit., p. 1114.


11 Elle vient guerir la sedition et en est pleine;

veut chastier la desobeyssance et en montre


lexemple; et, employe la deffence des loix, faict sa part de rebellion lencontre des
siennes propres (Essais, l. III, cap. XII, ed. cit., p. 1167).

generale: al dubbio sulloggettivit di ogni dottrina di legittimazione del


potere: La superiorit et inferiorit, la maistrise et la subjection sont obliges
une naturelle envie et contestation; il faut quelles sentrepillent perpetuellement
[]. Je feuilletois, il ny a pas un mois, deux livres escossois
se combattans sur ce subject: le populaire rend le Roy de pire condition
quun charretier; le monarchique le loge quelques brasses au dessus de Dieu
en puissance et souverainet.12 Il secondo brano ancora pi pregnante: in
esso il grande tema della relativit dei valori il motivo centrale della riflessione
di Montaigne enunciato con locchio fisso al panorama del presente,
l dove la pluralit dei criteri del giusto e dellingiusto, del lecito e
dellillecito sembra trovare sempre nuove conferme: Et chez nous icy jai
veu telle chose qui nous estoit capitale, devenir legitime; et nous, qui en
tenons dautres, sommes mesmes, selon lincertitude de la fortune guerrire,
destre un jour criminels de laese majest humaine et divine, nostre
justice tombant la merci de linjustice, et en lespace de peu dannes de
possession, prenant une essence contraire.13
In questi due brevi frammenti risiede la chiave interpretativa primaria
della logica propria degli Essais, che a dispetto della forma frammentaria
dellopera risponde invero ad un solo grande problema: riflettere sulle
versioni molteplici dei criteri di verit di cui la storia e lesperienza forniscono
testimonianza e sullottusit degli uomini nel credere invece la propria
verit la sola assoluta ed oggettiva, escludendo quindi ogni forma di
discussione critica. E questa premessa concettuale si traduce in una nuova
chiave di lettura della storia del passato e del presente, che induce
Montaigne a trarre una lezione diversa dalle narrazioni degli antichi, lette
non pi come ammaestramento di vita, ma come testimonianza di contraddizione,
a contemplare il presente con occhi nuovi. Nasce cos la riflessione
innovatrice degli Essais sul problema del Mondo Nuovo, quel problema che
aveva imposto alla cultura occidentale la realt di popoli cos diversi per
usanze, leggi e criteri morali in rapporto agli uomini civili, da far parlare
ai pi della scoperta di una sotto-specie della razza umana. discutendo un
simile schema precostituito della civilt e dei suoi modelli antropologici
che Montaigne oppone la sua lettura dei dati americani e ne trae materia per
spingere oltre la sua meditazione sulla pluralit dei criteri del giusto e del
lecito, per acuire la sua coscienza che andasse ripensato tutto, anche e
soprattutto le sicurezze pi salde delluomo occidentale, quelle calate allinterno
di una storia etico-filosofica da tutti assunta a paradigma assoluto di
Anna Maria Battista 253
12 Essais,
13 Essais,

l. III, cap. VII, ed. cit., p. 1028.


l. II , cap. XII, ed. cit., p. 652. Lo stesso concetto nel l. III, cap. I, p. 896: Les
guerres civiles produisent souvent ces vilains exemples que nous punissons les privez de ce
quils nous ont creu quand nous estions autres; et un mesme magistrat faict porter la peine de
son jugement qui nen peut mais; le maistre foitte son disciple de sa docilit, et le guide son
aveugle. Horrible image de la justice!.

254 Nuove riflessioni su Montaigne politico

superiorit razionale. Ce grand monde egli scrive in un passo ugualmente


fondamentale , que les uns multiplient encore comme especes soubs un
genre, cest le miroer o il nous faut regarder pour nous connoistre de bon
biais. Somme je veux que ce soit le livre de mon escholier. Tant dhumeurs,

de sectes, de jugemens, dopinions, de loix et de coustumes nous apprennent


juger sainement des nostres; et apprennent nostre jugement reconnoistre
son imperfection et sa naturelle foiblesse.14
Ecco quindi delinearsi il secondo passaggio logico della ricerca degli
Essais: quello che dal riscontro della pluralit delle forme del vero porta
Montaigne a meditare sul carattere opinabile, arbitrario delle certezze di cui
ogni uomo impastato fino al punto di vivere serenamente, senza mai avvertire
il turbamento del dubbio, allinterno di un universo mentale chiuso,
immobile, invalicabile. Di ci si tratta: di un confronto tra la relativit dei
convincimenti umani e la forma di verit che essi assumono in ognuno; ma
la scelta geniale di Montaigne di essersi calato allinterno dei meccanismi
mentali da cui scaturisce la sicurezza delloggettivit, quella illusione in cui
egli ravvisa il segno proprio della storia della nostra civilt. Questa complessa
ricerca ruota tutta intorno ad un termine sostanzialmente intraducibile, espressione
di un concetto di difficilissima determinazione: quello di coustume
(mi si consenta di usare lantica grafia), che nellopera di Montaigne diventa
per la prima volta materia di riflessione filosofica e che, dopo Montaigne,
assume una rilevanza eccezionale nel quadro dello sforzo di rinnovamento
teoretico proprio del pensiero francese seicentesco, fino a costituire la premessa
del Discorso sul metodo di Cartesio nella sua famosa asserzione
iniziale: Japprenais ne rien croire trop fermement de ce qui ne mavait t
persuad que par lexemple et la coustume.15 Ma, ripeto, lavvio a tale
vicenda concettuale dato da Montaigne, il quale alla coustume dedica un
capitolo fondamentale degli Essais il cap. XXIII del libro primo16 e non
cessa poi di inseguire le varie facce, le tante forme di espressione nel corso di
tutta la sua ricerca. Perch la coustume un oggetto di analisi ambigua e
sfuggente: a volerne riassumere la complessit in una formula sommaria, essa
14 Essais,

l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 191. Il rapporto tra scoperte geografiche e relativismo
uno dei pochi punti acquisiti dalla critica montaignana. Per le proiezioni in materia
politica e relativa bibliografia, cfr. BATTISTA, Diritto naturale e relativismo, in Alle origini del
pensiero politico libertino cit., pp. 133-169. Sulle fonti geografiche di Montaigne, cfr. D.
THERMES, La biblioteca geografica di Montaigne, ovvero una fonte primaria del suo relativismo
giuridico-politico, Trimestre, 1986, pp. 120-123.
15 R. DESCARTES, Discours de la mthode, I, in OEuvres, Paris, 1958 (Bibliothque de la
Pliade), p. 132; e ancora, pi oltre: De sorte que cest bien plus la coustume et lexemple
qui nous persuadent quaucune connaissance certaine (ivi, II, p. 136). Sulla centralit della
nuova indagine sulla coustume nel Seicento francese cfr. T. G REGORY, Etica e religione
nella cultura libertina, Napoli, 1986, pp. 59 sgg.
16 Essais, l. I, cap. XXIII, De la coustume et de ne changer aisement une loy recee, ed.
cit., pp. 135-153.

quel bagaglio di opinioni, di valutazioni, di certezze infine trasmesse dalla


societ e dalla storia, che luomo assorbe istintivamente fin dal suo primo
apparire alla vita ed inconsciamente fa sue fino a crederle frutto del suo personale
giudizio. Ora proprio il suo carattere di condizionamento occulto a
fare della coustume il problema centrale della ricerca di Montaigne, perch
egli giunto al convincimento che solo a patto di chiarire a se stesso quali
siano i processi oscuri delloppressione da essa esercitata sulla mente possibile
riprendere dalle basi il discorso sulla propria libert di giudizio e, in
senso lato, della libert umana. una correlazione questa che egli esprime in
una sintesi perfetta in un passo che cade nel famoso capitolo De linstitution
des enfans del libro primo: Nostre ame ne branle que credit, lie et contrainte
lappetit des fantasies dautruy, serve et captive soubs lauthorit de
leur leon. On nous a tant assubjectis aux cordes que nous navons plus de
franches allures. Nostre vigueur et libert est esteinte. 17
Ora a voler riordinare i tanti, tantissimi passi che segnano le tappe della

ricerca di Montaigne sullargomento, pu dirsi che egli giunge a decifrare


due processi ugualmente occulti e ugualmente rischiosi di costrizione dellintelletto
umano. Esiste intanto quella forma di coustume che comprende i
codici di morale, di giudizio e di comportamento in cui si traduce una certa
civilt, una certa epoca e i loro valori peculiari, codici ai quali ogni uomo
calato in quella civilt ed in quellepoca istintivamente aderisce, senza mai
supporre di agire cos non gi seguendo una propria libera opzione, ma
soltanto lopinione dominante. Ci avviene lo afferma Montaigne pi volte
perch la coustume la fonte essenziale della nostra struttura mentale e
morale: questa violente et traistresse maistresse descole 18 che dal giorno
della nascita lascia il suo segno a poco a poco sulla natura umana fino a
trasformarne i tratti e a farne un prodotto artificiale, plasmato su codici convenzionali,
in cui non si ravvisa pi la traccia di quella universale legge di
natura tuttora agente presso gli altri esseri del creato.
Evidenti limiti di spazio non mi consentono purtroppo di seguire il percorso
della riflessione di Montaigne sulla frattura in atto tra natura e storia
: esso ci condurrebbe direttamente a Rousseau. Ma il punto di approdo
di tale iter concettuale va attentamente valutato, perch ci riporta al discorso
sul potere occulto della coustume, arricchendolo di un ulteriore tratto
decisivo: a quella forma compiuta di corruzione della mente, che fa s che
gli individui agiscano meccanicamente secondo i codici del proprio paese e
della propria civilt e lo facciano nel convincimento di seguire cos listinto
naturale, di rispondere alle indicazioni della coscienza, di farsi interpreti di
valori assoluti ed universali. questa la mistificazione massima, la massima
Anna Maria Battista 255
17 Essais,

l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 183. Ma cfr. anche Essais, l. II, cap. XII, ed.
cit., p. 604.
18 Essais, l. I, cap. XXIII, ed. cit., p. 135.

256 Nuove riflessioni su Montaigne politico

fonte di sicurezza e di cecit presso gli uomini: di ci Montaigne cos convinto


che, per definirla, rinuncia al suo raffinato stile allusivo e sceglie
invece una forma precisa e rigorosa: Les loix de la conscience, que nous
disons naistre de la nature, naissent de la coustume: chacun ayant en veneration
interne les opinions et moeurs approuves et receus autour de luy, ne
sen peut desprendre sans remors, ny sy appliquer sans applaudissement. 19
Ma la ricerca sui meccanismi passivi, obbligati, della mente umana e sulluniverso
artificiale di valori in cui essa inconsapevolmente si muove non si
arresta qui, ma procede oltre per smascherare laltra faccia della coustume,
quella che sembrerebbe al contrario lunico antidoto contro la passivit
razionale: e cio la lezione di quei maestri di pensiero da cui luomo crede di
acquisire utili strumenti di ragionamento, rimanendo invece imbrigliato in una
logica precostituita, in una diversa forma di schiavit. E qui il discorso di
Montaigne diventa storico; esso si cala criticamente allinterno di quella
grande certezza che fu propria delluomo del Rinascimento di avere recuperato
grazie ai suoi nuovi strumenti di ricerca il momento massimo e compiuto
della razionalit umana, che si identificava allora con due nomi: Platone e
soprattutto Aristotele. Nel Cinquecento infatti lo Stagirita che regna indiscusso
nelle Universit e nelle Accademie e che, grazie alla mediazione tomista,
entra anche nelle scuole teologiche, operando la saldatura tra le due grandi
matrici della cultura occidentale: quella classica e quella cristiana. Non si
medita e non si studia mai abbastanza sugli aspetti molteplici in cui si espresse
la sovranit se cos pu dirsi di Aristotele nel Rinascimento e sui caratteri
peculiari della sua crisi nello scorcio del Cinquecento, crisi che non nasce

affatto dallesaurirsi dellincidenza del suo pensiero, ma allopposto da una


presa di coscienza del primato troppo assoluto, troppo onnicomprensivo che la
sua autorit aveva assunto in ogni campo dello scibile fino a divenire fonte di
oppressione della mente ed ostacolo alla rinascita della ricerca filosofica ed in
senso lato della ricerca scientifica.20 Fu lo ripeto un fenomeno senza
precedenti; uno sforzo difficile di emancipazione spesso parziale, spesso
irrisolto, la cui storia si identifica, in fondo, con la storia della filosofia occidentale.
Ma la sua prima espressione cosciente e consequenziale qui, negli
Essais, in unopera a cui si continua a negare il crisma di testo filosofico in
senso stretto solo perch si incapaci di leggerne la logica sistematica.
19 Essais,

l. I, cap. XXIII, ed. cit., p. 144; e ancora: Nous appellons contre nature ce qui
advient contre la coustume; rien nest que selon elle, quel quil soit (Essais, l. II, cap. XXXI, ed.
cit., p. 799); ma cfr. anche Essais, l. III, cap. X, ed. cit., p. 1132 e l. III, cap. XIII, p. 1213.
20 Manca ancora, mi sembra, una ricerca sistematica sulle diverse facce della crisi dellaristotelismo
tra Cinque e Seicento. Sui problemi tuttora aperti e sulle diverse tesi a confronto,
cfr. T. GREGORY, Aristotelismo e libertinismo, Giornale critico della filosofia italiana, 1982,
pp. 157-167. Naturalmente il fenomeno-crisi va confrontato con gli elementi forniti dallopera
fondamentale di CH. B. SCHMITT, A Critical Survey and Bibliography of Studies on
Renaissance Aristotelianism, Padova, 1971.

Per Montaigne lautorit prestigiosa di Aristotele unaltra delle forme


in cui si esprime la coustume, un altro aspetto di quel processo di condizionamento
degli intelletti in cui egli ravvisa il segno di una cultura passiva
e suddita, proprio nel tempo in cui della cultura si celebrava la rinascita. Si
rifletta su questo passo straordinario in cui tale convincimento trova una
forma perfetta: Vrayement cestoit bien raison que cette bride et contrainte
de la libert de nos jugements, et cette tyrannie de nos creances sestandit
jusques aux escoles et aux arts. Le Dieu de la science scholastique cest
Aristote; cest religion de debatre ses ordonnances, comme de celles de
Lycurgus Sparte. Sa doctrine nous sert de loy magistrale, qui est lavanture
autant fauce quune autre.21 significativo che Montaigne utilizzi il
lessico della cultura politica per descrivere lautorit assoluta di cui godeva
Aristotele allora: egli allude a lui come al monarque de la doctrine moderne
,22 definisce una tyrannie il suo regno incontestato nelle scuole e nei
cenacoli intellettuali, evoca il carisma di mitici legislatori per parlare della
venerazione di cui egli oggetto. E ancora al gergo politico egli ricorre per
tracciare la fisionomia dellintellettuale del tempo, con immagini che evocano
la passivit propria di chi vive in una struttura gerarchica, retta da un solo
patron, dominata dalle sue ordonnances, sottratta per principio alla discussione.
Mais present egli scrive que les hommes vont tous un train,
et que nous recevons les arts par civile authorit et ordonnance, si que les
escholes nont quun patron et pareille institution et discipline circonscrite, on
ne regarde plus ce que les monnoyes poisent et valent, mais chacun son tour
les reoit selon le pris que lapprobation commune et le cours leur donne.23
Luomo del presente non pi in grado di toccare la realt, di interpretarla
nella complessit inattesa delle sue tante espressioni: questa la tesi
di Montaigne; stretto da un lato dal conformismo delle opinioni dominanti,
dalle coustumes di cui la societ e la storia sono depositarie, imbrigliato
dallaltro da una struttura filosofica chiusa, fonte di categorie immobili,
onnicomprensive, vincolanti, egli appare nel quadro tracciato da
Montaigne il simbolo orgoglioso e sciocco di una civilt che ha volutamente
abdicato alla propria autonomia razionale. Tutto ci ispira allo scrittore
francese ironia e disprezzo;24 ma determina soprattutto in lui lesigenza
che diventa obiettivo di vita, di ripensare su basi nuovissime la libert
umana, questa parola antica dalle troppe accezioni che negli Essais usata

per la prima volta credo nellevo moderno per indicare la scelta di chi
coscientemente rifiuti il principio di autorit in campo intellettuale nelle due
Anna Maria Battista 257
21 Essais,
22 Essais,
23 Essais,
24 Essais,

l. II, cap. XII, ed. cit., p. 604.


l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 177.
l. II, cap. XII, ed. cit., p. 629.
l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 178; ma cfr. anche l. II, cap. XVII, ed. cit., pp.

742, 746.

258 Nuove riflessioni su Montaigne politico

forme in cui esso appare esprimersi: nel potere rassicurante ed oppressivo


delle certezze comunemente accolte e nel prestigio assoluto del Maestro. Ho
volutamente usato questo termine in senso lato, perch Maestro per
Montaigne una categoria della mente che non si identifica necessariamente
con Aristotele, ma con qualsivoglia autore, la cui lezione venga assunta
come guida primaria di pensiero, come fonte di indiscussa verit filosofica.
Lo afferma chiaramente, quando chiarisce il suo metodo di ricerca: Quil
luy face tout passer par lestamine et ne loge rien en sa teste par simple
authorit et credit; les principes dAristote ne luy soyent principes, non
plus que ceux des Stoiciens ou Epicuriens. Quon luy propose cette diversit
de jugemens: il choisira sil peut, sinon il demeurera en doubte []. Car sil
embrasse les opinions de Xenophon et de Platon par son propre discours, ce
ne seront plus les leurs, ce seront les siennes. Qui suit un autre ne suit rien.
Il ne trouve rien, voire il ne cherche rien.25 in questa forma che il rigetto
del Maestro lucidamente teorizzato diventa premessa di libert, e cio di
quel tentativo di emancipazione razionale in cui mi appare emergere chiara
la traccia unitaria della ricerca degli Essais.
Ma dire libert nella forma peculiare che assume in Montaigne e che
diventer dominante nel Seicento parlare di un problema dalle molte facce e
di difficile decifrazione. Libert intanto una cosciente rinuncia alla sicurezza;
laccettazione del rischio che deve pagare colui che decide di sottrarsi
allautorit di una tradizione di pensiero consolidata e prestigiosa per iniziare
un percorso di ricerca necessariamente solitario, incerto, dalla meta indistinta.
La coscienza di avanzare nella nebbia, di procedere a tastoni percorre
tutti gli Essais ed sentimento liberatorio, mai disgiunto tuttavia dalla lucida
percezione che lesigenza di ripensare dalla base il bagaglio delle proprie
certezze proietta lintelletto umano in uno spazio vuoto, pericolosamente
aperto al fallimento, allo scacco esistenziale. Tutto ci ispira questo brano
bellissimo, un pezzo di alta letteratura, che cela per una opzione filosofica
precisa: Mes conceptions et mon jugement ne marche qu tastons, chancelant,
bronchant et chopant; et quand je suis all le plus en avant que je puis,
si ne me suis-je aucunement satisfaict: je voy encore du pas au del, mais
dune veu trouble et en nuage, que je ne puis desmeler.26 E qui immediatamente
viene alla memoria una confessione analoga, quella con cui Cartesio
descrive il suo cauto, insicuro procedere in un terreno sconosciuto, da solo,
senza pi una autorit a cui rifarsi, senza un saldo tracciato: Mais comme
un homme qui marche seul et dans les tnbres, je me rsolus daller si
lentement et duser de tant de circonspection en toutes choses, que si je navanois
que fort peu, je me garderois au moins de tomber.27
25 Essais, l. I, cap. XXVI, ed. cit., pp. 183-184 (il corsivo mio).
26 Essais, l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 177.
27 DESCARTES, Discours de la methode, II, ed. cit., p. 136 (il corsivo

mio). Sui raccordi

Ma non a tutti dato di vivere una simile esperienza, di perseguire nella


nebbia, nelle tenebre una scelta ambiziosa e sfuggente di libert, rifiutando

lappoggio di quel bagaglio di verit radicale nella societ e nella storia in


cui la moltitudine degli uomini trova uninsostituibile fonte di equilibrio
morale e sociale.28 questo il convincimento che determina lo sviluppo
bifronte del discorso di Montaigne sulla coustume e che costituisce la
ragione incompresa dellambiguit della filosofia seicentesca: origine di schiavit
della mente, la coustume costituisce tuttavia la trama di sicurezza su cui
poggia lagire degli uomini, sicch il ripensamento critico, il dubbio diventa
una scelta intrinsecamente elitaria, privata, che va celebrata nel foro della
coscienza, e che spetta solo a chi in grado di sopportare il rischio di una
emancipazione razionale dagli esiti spesso distruttivi, spesso irrisolti. Il primo
elemento peculiare di quella versione della libert nascente allinterno della
crisi di fine Cinquecento questo: si tratta di una condizione di lite, la cui
essenza risiede proprio nellimplicare una sorta di contrapposizione necessaria
nei confronti della passivit razionale propria della maggioranza degli uomini.
Ma esiste un elemento ancora che ne fissa meglio forse il carattere: il
fatto cio che la libert finisca per identificarsi, per coloro che cos la interpretano,
con il problema del metodo, con la costruzione di un meccanismo
di ragionamento capace di rompere le maglie di quella gabbia perfetta e
onnicomprensiva imposta dalla coustume alle menti.
Montaigne a differenza dei filosofi che verranno dopo non espose
mai una teoria sistematica sul metodo; ma a lui che aveva indagato per
primo sui processi inconsci e subdoli della coustume, sulla sua sottile
azione mistificante, non sfugg quanto importante fosse applicare una diversa
metodologia nella ricerca ai fini del suo progetto di emancipazione
razionale. Ci non si espresse ovvio in un enunciato di principio, ma
si svilupp attraverso luso di una serie di procedimenti logici, che rispondono
tutti allesigenza o meglio al tentativo di riscoprire la matrice di unautonomia
perduta di pensiero e di giudizio. A costo di sfidare lorrore proprio
di Montaigne per ogni sorta di schematizzazione, ritengo di poterne
riassumere il carattere in tre punti essenziali: a) determinazione di un campo
di ricerca sottratto allo scacco della contraddizione, al gioco delle opinioni
contrapposte, perch materia di cui chi indaga pu dirsi il solo competente e
cio lanalisi del proprio io; b) perseguimento di tale ricerca nella solitude
, e cio in uno sforzo di dissociazione dalla societ e dalle opinioni di
cui essa depositaria; c) uso strumentale a tal fine della cultura in una chiave
anti-filologica e anti-erudita.
Anna Maria Battista 259
Montaigne-Cartesio, oltre allopera classica del Brunschvicg cit., cfr. D EL NOCE, Ancora su
Cartesio, Montaigne e Machiavelli, in Riforma cattolica cit., pp. 573-579 e G. CANZIANI,
Filosofia e scienza nella morale di Descartes, Firenze, 1980, pp. 7-17.
28 questo il ragionamento sviluppato in Essais, l. I, cap. XXIII, ed. cit., pp. 147-148.

260 Nuove riflessioni su Montaigne politico

Mi si consenta di soffermarmi brevemente a chiarire meglio questi tre


punti, perch a riflettervi bene essi forniscono una chiave interpretativa
che va oltre Montaigne e porta a chiarire molti aspetti di difficile decifrazione
della filosofia seicentesca.
Dunque la scelta di libert passa attraverso lanalisi dellio: su questo
Montaigne si espresso in termini inequivocabili, tornando pi volte ad affermare
che la decisione di scandagliare i processi della propria psiche nata
allinterno di una logica precisa e cio dalla coscienza che indagare sul proprio
universo interiore larea oscura di cui solo lui, Montaigne, ha la chiave daccesso
significa riprendere a ragionare autonomamente, sottraendosi alla
tutela del luogo comune; non solo, significa, anche, sconfiggere con un simile

obiettivo di ricerca quella tentazione in lui incombente a ripiegare lintelletto in


una sorta di inerzia, nellaccettazione di un dubbio esistenziale senza sbocco.
Questo il ragionamento che Montaigne sviluppa proprio nel testo pi filosofico
degli Essais, nellApologie de Raimond Sebond, troppo spesso indicata
come il manifesto della rinascita dello scetticismo filosofico, mentre si tratta di
discorso in cui la logica pirroniana usata come mero strumento di
demolizione critica, onde fatto sgombro il campo di analisi riprendere
infine a pensare, muovendo dalla materia di cui ogni uomo pu dichiararsi le
plus savant, e persino le Roy nel dominio dellargomento: lindagine della
propria storia psicologica interiore.29 Ma il discorso filosofico come sempre
trascritto negli Essais in una forma letteraria di grande bellezza, s che
una opzione di ricerca, nascente da una istanza razionale post-pirroniana,
diventa come nel passo che segue evocazione di una vicenda esistenziale
affascinante e insicura, tracciata allinterno di un universo dai contorni
sfuggenti, dalle imprevedibili aperture: Cest une espineuse entreprise et plus
quil ne semble, de suyvre une alleure si vagabonde que celle de nostre esprit;
de penetrer les profondeurs opaques de ses replis internes, de choisir et
arrester tant de menus airs de ses agitations. Et est un amusement nouveau et
extraordinaire qui nous retire des occupations communes du monde, ouy, et
des plus recommandes. Il y a plusieurs annes que je nay que moy pour
vise mes penses, que je ne contrerolle et estudie que moy; et si jestudie
autre chose, cest pour soudain le coucher sur moy, ou en moy, pour mieux
dire. Et ne me semble point faillir si, comme il se faict des autres sciences sans
comparaison moins utiles, je fay part de ce que jay apprins en cette-cy; quoy
que je ne me contente guere du progrez que jy ai faict. Il nest description
pareille en difficult la description de soy-mesmes, ny certes en utilit. 30
29 Fornisco

solo i riferimenti essenziali di un tema che torna di continuo dalla prima stesura
degli Essais allultima: Essais , l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 180; l. II, cap. VI, pp. 415-417; l.
II, cap. XII, pp. 606-607; l. II, cap. XVII, p. 743; l. III, cap. II, pp. 899, 900; l. III, cap. III,
p. 915; l. III, cap. IX, pp. 1055-1057.
30 Essais , l. II, cap. VI, ed. cit., p. 415. Questo brano aggiunto al testo nella terza stesura
degli Essais, quasi a suggellare una precisa storia di ricerca.

Ma la scelta di un peculiare campo di ricerca non ancora un metodo;


laver prefigurato cio nellindagine dellio loggetto della propria analisi
non significa affatto per questo essere in grado di sfuggire alla vecchia e
nuova retorica del discorso sulluomo, allasservimento sottile di una configurazione
antropologica tramandata da secoli. Montaigne lo sa benissimo;
sa che soltanto innovando lottica della ricerca e i suoi strumenti di analisi
forse possibile riprendere dalle basi unanalisi antropologica non pi viziata
da immagini artificiose e contraffatte. In un simile quadro problematico si
colloca il grande tema della solitude, vera chiave di volta del riscatto postaristotelico,
perch la solitude, questo termine incompreso, tuttora impastato
da troppe suggestioni romantiche, non esprime affatto, nella sua versione
seicentesca, un vagheggiamento letterario di arcadici silenzi, e neppure,
come troppo spesso si afferma, il momento del ripiegamento solipsistico,
dello scacco; al contrario esso indica una aspirazione ambiziosa, la
pi alta forse per la ragione umana, quella di giungere a realizzare cos in
una scelta di dissociazione una grande avventura della mente perseguita
infine in uno spazio vuoto da suggestioni esterne, tesa alla riscoperta di un
iter razionale deviato o perduto.31
ancora una volta Montaigne ad introdurre per primo la riflessione
sulla solitude nella sua versione nuova di esigenza filosofica, dedicando
ad essa il cap. XXXIX del libro primo degli Essais.32 Esso va letto in stretta

congiunzione con quello che di poco lo precede relativo alla coustume, perch
dalla coscienza di vivere allinterno di un codice di valori artificiali
trasmessi dalla societ e dalla storia che nasce lopzione razionale della solitude
, intesa come unica via percorribile ai fini di uno sforzo di emancipazione
dellintelletto. un iter complesso quello che Montaigne ivi traccia,
cosciente come egli lucidamente che non basta ricorrere allisolamento
esterno, alla scelta del chiostro o del deserto per realizzare la libert della
mente; n basta difendersi dalle immagini del mondo storico, dalle voci che
giungono dalla comunit degli uomini; ma occorre sottrarsi alle voci impalpabili
che agiscono allinterno della propria stessa psiche e che rispondono
allanima popolare, plasmata dai valori consuetudinari, forte in ognuno.33
Essere soli significa cos per Montaigne respingere lappoggio che nasce
persino dalle proprie certezze, quelle assorbite fin dai primi anni in seno alla
famiglia, e poi nei rapporti intellettuali e sociali, quelle che sembrano persino
Anna Maria Battista 261
31 Sul

tema della solitude, come esigenza di riscatto filosofico, nella cultura seicentesca
francese ho scritto in Morale prive et utilitarisme politique cit., e in Come giudicano la
politica libertini e moralisti cit. [cfr. supra, pp.23-24].
32 Montaigne torner a parlare della solitude con gli stessi accenti in Essais l. III, cap. III,
ed. cit., p. 920.
33 Sulla valenza filosofica della nozione di peuple in Montaigne cfr. L. P ALA, Polemiche
anti-popolari nella cultura libertina francese, Trimestre, 1983, pp. 3-39.

262 Nuove riflessioni su Montaigne politico

frutto di istinto naturale e non lo sono: soli nel senso di un tentativo assoluto
di scissione nella sua dimensione pi ampia fisica, intellettuale, morale
onde porsi cos nella condizione giusta per riscoprire una autonomia
razionale perduta e contemplare infine con occhi nuovi la condizione umana.
Tutto ci approda ad una sola frase, brevissima, vero perno del ragionamento
sviluppato in tutto il capitolo: Ce nest pas assez de sestre escart du peuple;
ce nest pas assez de changer de place; il se faut escarter des conditions
populaires qui sont en nous; il se faut sequestrer et ravoir de soy. 34
Se questo passo si legge congiunto con un altro passo ugualmente importante
ed ugualmente breve: Le Maire et Montaigne ont tousjours est deux,
dune separation bien claire,35 si giunge a percepire con chiarezza quali siano
le implicazioni filosofiche e politiche di questo modo nuovo di concepire il
rapporto io-mondo, contemplato ora in termini di contrapposizione netta tra
il momento esterno, convenzionale della vita, e quello della solitudine interiore,
sede del proprio ideale di ricerca e di riscatto intellettuale e morale.
Nasce qui in questo assunto la storia dellintellettuale nuovo seicentesco,
ovvero, per usare una immagine di sicura evidenza, delluomo dissociato
, storia la cui traccia unificante nelle sue pur diverse espressioni da
Cartesio, a Gassendi, a Malebranche, a Pascal risiede appunto nellassumere
la frattura dai valori codificati dalla societ come condizione indispensabile
ai fini di una vera rinascita filosofica. Ma di questo ho gi scritto lungamente,
fissando qui, in questa immagine scissa, lespressione quasi visiva della crisi
delletica comunitaria propria del Rinascimento e del suo perno concettuale
luomo come politikon zoon e non vorrei ripetermi.36 Desidero solo rilevare
che la tendenza a proporre un ideale morale alternativo a quello tutto civile
dominante nel Rinascimento in Montaigne, come in coloro che verranno,
esplicito e cosciente e porta con s la svalutazione di tutti i valori politici del
vivere, dei modelli di unetica intrinsecamente congiunta con lesperienza
sociale delluomo. Lontanissimi appaiono, quasi appartenenti ad unepoca
remota, i discorsi sulla perfezione della vita civile, sulleccellenza della
scienza politica su ogni altra, che ricorrevano nella letteratura umanistica e

rinascimentale, testimonianza del convincimento diffuso allora che la ricchezza


pi completa dellesperienza etica ed intellettuale umana potesse realizzarsi
solo nel momento comunitario, l dove si celebra, in armonico contemperamento,
il rapporto delluomo con luomo, dellio con il mondo.37 Passano
appena pochi anni, in fondo; ed ecco la societ apparire la sede in cui si con34 Essais, l. I, cap. XXXIX, ed. cit., p. 277 (il corsivo mio).
35 Essais, l. III, cap. X, ed. cit., p. 1134.
36 Sugli sviluppi della crisi delletica comunitaria nel Seicento

ho scritto in Appunti sulla


crisi della morale comunitaria cit., in Morale prive et utilitarisme politique cit., e in Come
giudicano la politica libertini e moralisti cit.
37 Il maggior interprete della dimensione politica delluomo del Rinascimento stato certo

creta, prende forza e si trasmette il codice oppressivo che rende cieca la mente
e ottunde la coscienza morale di ognuno. Pochi anni che vedono affermarsi un
nuovo metodo della ricerca che poggia nel suo primo assunto sullesigenza
filosofica della solitude, della dissociazione, quasi a testimoniare che unepoca
felice della storia, forte delle sue conquiste politiche, etiche ed esistenziali,
aveva esaurito la sua portata dinamica e creatrice.
Analoghe riflessioni suggerisce lanalisi del secondo principio
metodologico si parla ovviamente in senso lato applicato da Montaigne
nel suo iter di ricerca, ovvero luso strumentale, anti-filologico che egli fa
della cultura, in opposizione aperta con i criteri di lettura introdotti
dallUmanesimo. Tocchiamo qui un punto delicato, perch gli Essais vengono
generalmente letti come geniale momento conclusivo della tradizione
umanistica erudita, proprio per la ricchezza delle fonti classiche di cui
lopera appare testimonianza. Ma non questo il punto: non in causa cio
la cultura vastissima di Montaigne, di cui, dopo la ricerca del Villey, nulla
ci ignoto; ma piuttosto il modo singolare di cui egli dei testi classici fa
uso, piegandoli alla logica del suo personale discorso, e respingendo per
principio i canoni di una corretta filologia, celebrata conquista del
Rinascimento. Ci deriva direttamente da quella versione peculiare della libert
intesa come rifiuto del Maestro, come emancipazione dal principio
di autorit in campo intellettuale di cui si detto. Ed in effetti in nome
della propria libert razionale che Montaigne respinge non tanto lapporto
del grande magistero classico, ma piuttosto il metodo con cui esso era
divenuto materia di analisi da parte dei filologi dellUmanesimo, concordi
tutti nel fissare a criterio assoluto di scienza lobbligo della ricostruzione
rigorosa, tecnica a livello concettuale e testuale del pensiero dei Maestri
antichi, nonch il dovere di riproporne con fedelt gli assunti. Di tale metodo
egli teme lapplicazione a-critica, che sta facendo nascere un tipo di intellettuale
sempre descritto negli Essais con impietosa ironia forte di una
erudizione che non apre la mente a idee nuove, ma invece la rende succube,
quasi schiacciata da una sovrastante tradizione. Et puis pour qui escrivezvous?
egli si chiede Les savans qui touche la jurisdiction livresque ne
Anna Maria Battista 263
E. GARIN (cfr. La cultura del Rinascimento, Bari, 1964, pp. 87 sgg.; Scienza e vita civile nel
Rinascimento italiano, Bari, 1965, cap. X; Medioevo e Rinascimento, Bari, 1966, pp. 251
sgg.). Ma prima di lui A. RENAUDET aveva analizzato magistralmente laffermarsi di una
antropologia politica in relazione alla fortuna di Aristotele (cfr. Prrforme et humanisme
Paris pendant les premires guerres dItalie, Paris, 1916, pp. 463-523). Svolta da unaltra
prospettiva, di tipo storico-politico, ma ugualmente determinante la ricerca di R. D E MATTEI
(La dignit della vita e della cultura politica, in Il pensiero politico italiano nellet della
Controriforma, Milano-Napoli, 1982, I, pp. 24-52; e La celebrazione della politica, ivi, pp.
53-67). Importanti anche quelle ricerche di storia economica che mettono in luce la mentalit
civile del mercante del Rinascimento (cfr. A. SAPORI, Il mercante italiano del Rinascimento,
in Problemi storici e orientamenti storiografici, Como, 1942, pp. 345-376; L. FEBVRE, Le
marchand du XVIe sicle, in Pour une histoire part entire, Paris, 1962, pp. 428-453.

264 Nuove riflessioni su Montaigne politico

connoissent autre prix que la doctrine et nadvouent autre proceder en noz


esprits que celuy de lerudition et de lart. Si vous avez pris lun des
Scipions pour lautre que vous reste il dire qui vaille? Qui ignore Aristote,
selon eux, signore quand et quand soy-mesme.38 E ancora descrivendo gli
indirizzi pedagogici allora in auge: Elle nous a choisi pour notre apprentissage,
non les livres qui ont les opinions plus saines et plus vrayes, mais
ceux qui parlent le meilleur Grec et Latin, et, parmy ses beaux mots, nous a
fait couler en la fantasie les plus vaines humeurs de lantiquit. 39
Lideale culturale che egli coltiva segue tutte altre strade; ed proprio
nel contrapporsi ai grandi eruditi del tempo e alle loro opere leurs
ouvrages de neant che Montaigne perviene a chiarire a se stesso quale sia
la via giusta onde far s che la cultura diventi infine strumento non gi di
sudditanza, ma invece di liberazione dellintelletto. Ci avviene
Montaigne ne ha fatto esperienza egli stesso se al criterio metodologico
imposto alla cultura umanistica si sostituisce un criterio di approccio ai classici
esattamente antitetico, direi anti-filologico allo stato puro, che alla
fedelt della ricostruzione opponga luso libero e spregiudicato dei testi, letti
come mero stimolo alla riflessione personale, come occasione di esercizio
della mente. Les livres mont servi non tant dinstruction que dexercitation
scriver Montaigne nellultima stesura degli Essais,40 quasi a suggellare
la storia di un confronto con la lezione del passato durato tutta una vita;
ma il suo metodo era gi pronto perfettamente messo a fuoco fin nella
prima fase della sua ricerca, nel cap. XXVI del libro primo, De linstitution
des enfans. qui che egli enuncia il suo concetto di cultura come incontro,
descrivendo la sua ricerca come una riflessione che procede autonomamente,
secondo un tracciato suo proprio, senza rinunciare per a fermarsi
sui grandi testi del passato, specie quando, per avventura, essi affrontano
argomenti analoghi a quelli sui quali egli sta meditando. una convergenza
descritta come momento di stupore, di esaltante vertigine, tanto grande
appare a Montaigne la distanza tra la grandezza dei maestri del passato e la
povert della sua mente. Ma di qui dalla coscienza della disparit di un
simile confronto non pu scaturire ladesione totale, passiva, acritica alla
lezione del classico. Ci significa ignorare Montaigne forse il primo a
dirlo con tanta chiarezza che il moderno intrinsecamente diverso dalluomo
antico e che quindi la dissemblance de lustres non consente lidentica
riproduzione di formule elaborate in epoche prestigiose e lontane, ma esige
che il grande patrimonio della saggezza classica vada letto e ripensato con
occhi nuovi, vada riscritto insomma con risultati meno perfetti forse, ma pi
aderenti alluniverso mentale delluomo contemporaneo. Altrimenti questa
38 Essais, l. II, cap. XVII, ed. cit., p. 742.
39 Ivi, p. 746.
40 Essais, l. III, cap. XII, ed. cit., p. 1165.

altissima lezione finisce per diventare come avvenuto in epoca umanistica


e rinascimentale materia accademica, fredda, inutile. Di questo complesso
discorso mi limito a trascrivere il passo pi emblematico: Aussi que
jay cela, quun chacun na pas, de connoistre lextreme difference dentre
eux et moy. Et laisse ce neant-moins courir mes inventions ainsi foibles et
basses, comme je les ay produites, sans en replastrer et recoudre les defauts
que cette comparaison my a descouvert []. Les escrivains indiscrets de
nostre sicle, qui parmy leurs ouvrages de neant, vont semant des lieux
entiers des anciens autheurs pour se faire honneur, font le contraire. Car

cette infinie dissemblance de lustres rend un visage si pasle, si terni, et si


laid ce qui est leur, quils y perdent beaucoup plus quils ny gaignent. 41
Cos, grazie a questo nuovo approccio, la tradizione classica veniva
calata allinterno di un processo di pensiero tutto moderno, usata come mero
strumento di una esigenza personale di ricerca, recepita parzialmente o
parzialmente respinta a seconda dello sviluppo del ragionamento, riproposta
in una versione diversa, magari congiungendo il tema proprio di una scuola
filosofica del passato con un altro di diversa scuola. Un grande e deliberato
pastiche insomma, da cui ha origine la fisionomia peculiare della cultura
filosofica di primo Seicento, in cui il sincretismo diventa elemento caratterizzante,
quasi scelta obbligata. noto che si assistette allora alla rinascita delle
tesi della scuola alessandrina quasi a segnare la fase del dopo-Aristotele; ma
tale nuova fortuna degli argomenti dello stoicismo, dellepicureismo, o dello
scetticismo si delinea anchessa secondo quella logica anti-filologica di cui si
detto, esprimendo la stessa tendenza a farsi interprete non gi di una dottrina
filosofica specifica lo ha scritto benissimo Gregory42 ma piuttosto di una
propria libera rielaborazione di concezioni diverse, saldate tra loro, direi
mescolate, ai fini dello sviluppo del proprio discorso. Per questo ha veramente
assai poco senso continuare a discutere confrontandosi con la tesi
altrui se questo o quellautore di primo Seicento sia uno scettico, un epicureo,
ovvero uno stoico penso, ad esempio, al dibattito ancora aperto su
Charron e su La Mothe Le Vayer perch tutto questo c certamente nei
testi in esame; c Epicuro, spesso insieme a Sesto Empirico e a Seneca in
una sorta di singolare commistione; ma c anche dellaltro, magari proprio il
contestato Aristotele, il quale presente anchesso in questo quadro composito,
ma non gi nella sua versione sistematica, ma nel concetto singolo, nel
frammento, s da divenire irriconoscibile, da fornire anzi la tessera ad un
ragionamento tutto svolto in una chiara direzione antiaristotelica.
Anna Maria Battista 265
41 Essais, l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 178 (il corsivo mio).
42 Sul sincretismo filosofico della cultura eterodossa francese

di primo Seicento cfr. T.


GREGORY, Etica e religione nella cultura libertina cit., pp. 11 sgg., e, in chiave pi sintetica,
Il libertinismo nella prima met del Seicento: stato attuale degli studi e prospettive di ricerca,
in Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento cit., pp. 3-47.

266 Nuove riflessioni su Montaigne politico

Vediamo Montaigne, ad esempio, che ancora una volta anticipa e


chiarisce un fenomeno dai lunghi sviluppi; luso che egli fa della cultura
risponde apertamente allobiettivo primo della sua ricerca: riscoprire la
fisionomia dellio contraffatta da una storia culturale sbagliata; ebbene a
questo fine utile certamente la lezione di Pirrone, larma critica del metodo
comparativo capace di sgombrare il campo dalla retorica del luogo
comune, di demolire le pi solide coustumes culturali ed etiche; ma utile
anche la lezione degli stoici, tutta costruita allinterno di un problema vitale
per Montaigne: la contrapposizione tra natura e storia, tra uomo naturale
e uomo consuetudinario, tra unetica originaria, rispondente alla
legge unica del cosmo, e quella convenzionale propria delle singole civilt
storiche. Ci non significa affatto che il grande moralista rifiuti per
scrupolo filologico altri apporti culturali, tutti liberamente rivissuti ai fini
del suo discorso: alcuni motivi platonici cari ad un suo grande autore, a
Plutarco, frammenti singoli tratti dallEtica Nicomachea,43 e soprattutto i
temi delletica epicurea, la cui proposta esistenziale, fondata sulla dissociazione,
sul distacco elitario da un mondo dissennato e infelice, veniva perfettamente
a coincidere con la sua scelta di vita.44 Momenti di incontro

quindi che, come Montaigne scrive al termine della vita, hanno valore solo
come strumenti di riflessione in vista di un obiettivo che rimane sempre
identico e a cui egli tutto riconduce, ogni lettura, ogni pensiero: la
decifrazione del suo mondo interiore. Il y a plusieurs annes que je nay
que moy pour vise mes penses, que je ne contrerolle et estudie que
moy; et si jestudie autre chose, cest pour soudain le coucher sur moy, ou
en moy, pour mieux dire.45
Ma valutiamo ora infine quale sia il risultato di una ricerca enunciata
quasi come una sfida contro il conformismo mentale imperante, quale sia
cio limmagine che di se stesso e delluomo (anche se tale accezione generica
egli non avrebbe amato) Montaigne ha portato alla luce, scavando il suo
iter nella solitude, in uno spazio sottratto alle grandi voci del passato, alla
forza evocativa di immagini consolidate.
Il personaggio che emerge dallo scandaglio introspettivo montaignano
sembra quasi lironica e al tempo stesso impietosa smentita di quella concezione
grandiosa dellumano in cui si espresse lanima stessa del
Rinascimento, quella utopia antropologica, che fin dal Quattrocento, dal di43 Montaigne

conosceva benissimo Aristotele, di cui cita sovente, e con esattezza, lEtica


Nicomachea; pi rari sono i riferimenti alla Politica, ma tutti rispondenti anche questi chiaramente
ad una lettura diretta del testo. Egli doveva aver letto anche la Retorica, curiosamente
utilizzata per un dato storico: cfr. Reth., III, XII, e Essais, l. II, cap. XXX, ed. cit., p. 798.
44 Che egli applichi una forma di sincretismo tra letica stoica e quella epicurea Montaigne
lo ha ammesso apertamente in due occasioni: cfr. Essais, l. II, cap. X, ed. cit., pp. 454-455 e
l. II, cap. XI, pp. 464-465.
45 Essais, l. II, cap. VI, ed. cit., p. 415.

scorso di Manetti prima e poi da quello celeberrimo di Pico, si impose allora,


celebrante luomo nella sua dignitas, nella centralit del suo ruolo di
agente libero in seno alle altre componenti del creato.46 A questa immagine
veniva ora a contrapporsi nelle pagine degli Essais un essere debole e
misero, sommamente ridicolo, proprio perch appagato grazie ad una illusoria
ricostruzione di se stesso nel culto della propria grandezza. Certo era
luomo del Rinascimento che Montaigne aveva di fronte, quando scriveva
nellApologie de Raimond Sebond dellassurda certezza umana imperante di
vedersi centro delluniverso: Est-il possible de rien imaginer si ridicule que
cette miserable et chetive creature, qui nest pas seulement maistresse de
soy, expose aux offences de toutes choses, se die maistresse et emperiere
de lunivers, duquel il nest pas en sa puissance de cognoistre la moindre
partie, tant sen faut de la commander? 47 Certo era ai tanti trattati rinascimentali,
ispirati al tema di Pico della dignitas hominis, che egli opponeva
le sue scelte di lettura forse i testi della prima Patristica, certamente
Agostino in cui la sua indagine solitaria sulla misre de lhomme, sulla
irresoluzione, sulla debolezza, sulla ignoranza umana traeva alimento e conferma.
Jay en general cecy egli afferma que de toutes les opinions que
lanciennet a eus de lhomme en gros, celles que jembrasse plus volontiers
et ausquelles je mattache le plus ce sont celles qui nous mesprisent,
avilissent et aneantissent le plus. La philosophie ne me semble jamais avoir
si beau jeu que quand elle combat nostre presomption et vanit, quand elle
reconnoit de bonne foy son irresolution, sa foiblesse et son ignorance. Il me
semble que la mere nourrisse des plus fauces opinions et publiques et particulieres,
cest la trop bonne opinion que lhomme a de soy. 48
Ma le reminiscenze libresche sono come sempre in Montaigne nullaltro
che momenti di incontro rivissuti da una coscienza tutta moderna,
sicch il suo scandaglio delle illusioni coltivate dalluomo di essere grande
diventa discorso psicologico nuovissimo: un raffinato smascheramento del

gioco con cui la vanit umana e limmaginazione costruiscono il loro appagante


modello antropologico; un discorso questo che arriver diretto a
Anna Maria Battista 267
46 Sulla

dignit delluomo come motivo-base dellantropologia del Rinascimento G ARIN ha


scritto pagine decisive, alle quali nulla va aggiunto (cfr. La cultura del Rinascimento cit., pp. 134
sgg.; Lumanesimo italiano cit., tutto il cap. Il platonismo e la dignit delluomo, pp. 94-132).
47 Essais, l. II, cap. XII, ed. cit., p. 495.
48 Essais, l. II, cap. XVIII, ed. cit., pp. 715-716. Questo discorso confermato da un altro
passo ugualmente importante: Le moyen que je prens pour rabatre cette frenaisie et qui me
semble le plus propre, cest de froisser et fouler aux pieds lorgueil et lhumaine fiert, leur
faire sentir linanit, la vanit et deneantise de lhomme, leur arracher des points les chetives
armes de leur raison; leur faire baisser la teste et mordre la terre soubs lauthorit et reverence
de la majest divine (Essais, l. II, cap. XII, ed. cit., p. 493). Una maggiore attenzione
andrebbe data inoltre alle Sentences dipinte sulle pareti della biblioteca di Montaigne, tutte di
matrice patristico-agostiniana (Sentences peintes dans la Librairie de Montaigne, in
MONTAIGNE, OEuvres compltes, Paris, 1962, Bibliothque de la Pliade, pp. 1419-1427).

268 Nuove riflessioni su Montaigne politico

Hobbes e poi a Pascal. Scomponiamolo quindi nei suoi elementi essenziali.


Appare indiscutibile che per Montaigne la struttura fondante il meccanismo
psicologico individuale sia la vanit o presomption: i due termini sono
usati sempre come sinonimi e stanno ad indicare lattitudine dello spirito
umano a contemplarsi come superiore sia in relazione agli altri esseri del
cosmo, sia agli uomini di altre razze e culture, sia ai propri stessi simili.
Tutto il ragionamento dellApologie de Raimond Sebond poggia su questa
diagnosi, in primo luogo sulla immensa vanit su cui poggia lantropocentrismo:
quel singolare processo di costruzione della mente che ha fatto s
che luomo proprio lessere pi debole e meschino del creato sia giunto
ad attribuire a se stesso la dignit altissima di epicentro dellordine cosmico,
di dominatore nel quadro del grande disegno fissato dalla Natura. Di questo
discorso cito un solo passo, il pi significativo: La presomption est nostre
maladie naturelle et originelle. La plus calamiteuse et plus fraile de toutes
les creatures cest lhomme, et quant et quant la plus orgueilleuse. Esse se
sent et se void loge icy, parmy la bourbe et le fient du monde, attache et
cloue la pire, plus morte et croupie partie de lunivers, au dernier estage
du logis et le plus esloign de la voute celeste, avec les animaux de pire
condition des trois; et se va plantant par imagination au dessus du cercle de
la lune et ramenant le ciel soubs ses pieds. Cest par la vanit de cette
mesme imagination quil segale Dieu, quil sattribue les conditions
divines, quil se trie soy mesme et separe de la presse des autres
creatures.49 Ecco delinearsi in questo passo laltro elemento fondante la
psicologia montaignana: il dono proprio delluomo di far uso dellimagination
, della capacit di sovrapporre immagini illusorie allo scacco razionale,
alla miseria esistenziale di cui ogni vicenda umana testimonia il segno.
Senza limmaginazione, la vanit umana rimarrebbe sempre inappagata,
anzi costituirebbe fonte di dolorose lacerazioni, mentre cos grazie allapporto
di questa straordinaria facolt inventiva la grandezza e la superiorit
delluomo, la sua dignit diventano realt immaginarie, ma vincenti tuttavia
sulla realt vera, sottratta ormai da questo gioco di finzioni di sogni dir
Montaigne alla vista degli uomini. La modernit della ricerca introspettiva
montaignana, il segno del suo totale distacco dalla vecchia apologetica pessimistica
cristiana, risiede qui: nello sforzo di inseguire nei processi della
psiche umana questa grande mistificazione consolatoria nascente dalla forza
congiunta in ognuno della vanit e dellimmaginazione. Di tale percorso di
analisi fissiamo qui solo il momento dellapprodo teorico espresso in un
49 Essais

, l. II, cap. XII, ed. cit., pp. 497-498. Bellissimo un altro passo identico nel concetto:

Qui luy a persuad que ce branle admirable de la voute celeste, la lumiere eternelle de
ces flambeaux roulans si fierement sur sa teste, les mouvemens espouvantables de cette mer
infinie, soyent establis et se continuent tant de sicles pour sa commodit et pour son usage?
(Essais, l. II, cap. XII, ed. cit., pp. 494-495).

passo decisivo: Il semble, la verit, que nature, pour la consolation de


nostre estat miserable et chetif, ne nous ait donn en partage que la presomption.
Cest ce que dit Epictete: que lhomme na rien proprement sien
que lusage de ses opinions. Nous navons que du vent et de la fume en
partage. Les dieux ont la sant en essence, dict la philosophie, et la maladie
en intelligence; lhomme, au rebours, possede ses biens par fantasie, les
maux en essence. Nous avons eu raison de faire valoir les forces de nostre
imagination, car tous nos biens ne sont quen songe.50 Grande la portata
teoretica di questo brano: emergono qui chiarissimi gli elementi della contrapposizione
che divide Montaigne dalla antropologia aristotelico-tomista,
tutta poggiante sulla razionalit assunta a criterio distintivo delluomo in rapporto
agli altri esseri del creato. Lo studio introspettivo della natura umana
rende invece Montaigne convinto che se un elemento ne caratterizza lessenza,
questo non certo la forza della ragione, tanto chiara gli appare della
ragione lintrinseca debolezza, gli esiti incerti e contraddittori, ma invece la
fantasia, limmaginazione, il dono di costruire sotto la spinta della propria
ambizione di grandezza immagini fatte di vento e di fumo, capaci tuttavia
di sottrarre agli occhi di ognuno la consapevolezza della propria misre
. questa una diagnosi che apre prospettive inattese, sia pure tracciate
con la rapidit di uno schizzo, quando essa viene usata da Montaigne per
studiare i meccanismi psicologici delluomo nella vita associata, le spinte
che agiscono nel momento sociale del vivere. Ebbene, egli individua anche
qui nelluomo politico affermarsi primario lo stesso sentimento che ha
visto agire dominante nella sfera intellettuale e morale privata, la stessa tendenza
a privilegiare contro ogni logica il fumo, lappagamento di una
vanit senza requie, lansia di trovare una conferma nellopinione altrui alla
configurazione illusoria ed appagante di se stessi. Cos egli scrive: Qui que
ce soit, ou art ou nature, qui nous imprime cette condition de vivre par relation
autruy, nous faict beaucoup plus de mal que de bien. Nous nous
defraudons de nos propres utilitz pour former les apparences lopinion
commune []. Les biens mesmes de lesprit et de la sagesse nous semblent
sans fruict, si elle nest jouie que de nous, si elle ne se produict la veu et
approbation estrangere.51 Ho sottolineato un passaggio di questo brano perch
ivi risiede, a mio avviso, lelemento pi peculiare della ricerca psicologica
montaignana: la scoperta che la vanit ha, nella logica dei rapporti
sociali, una incidenza assai maggiore della spinta utilitaristica, tanto nelluomo
forte lesigenza di contemplarsi grande, s da spingerlo a sacrificare
a tale immagine tutto persino il proprio utile onde ottenere dagli altri,
Anna Maria Battista 269
50 Essais,

l. II, cap. XII, ed. cit., p. 541. Su questo aspetto della riflessione di Montaigne
sul suo scavo dei processi dellimmaginario Starobinski ha scritto pagine di altissima qualit
(op. cit., pp. 128-141).
51 Essais, l. III, cap. IX, ed. cit., p. 1069 (il corsivo mio).

270 Nuove riflessioni su Montaigne politico

dal loro omaggio, alimento alla propria presunzione. Si legga per cogliere
le pieghe sottili di tale riflessione il cap. XLI del libro primo De ne communiquer
sa gloire il cui passo iniziale pu dirsi chiarimento e sintesi di
un percorso che ha inseguito le varie facce della vanit umana, giungendo
ora a percepirne un ulteriore tratto agente nei rapporti sociali: la preminenza

che in essi assumono i beni immaginari la considerazione altrui, lapprovazione,


la gloria sui beni concreti: lutile, la salute, la stessa vita. De
toutes les resveries du monde Montaigne scrive la plus receu et la plus
universelle est le soing de la reputation et de la gloire, que nous espousons
jusques quitter les richesses, le repos, la vie et la sant, qui sont biens
effectuels et substantiaux, pour suyvre cette vaine image et cette simple voix
qui na ny corps ny prise.52 Ecco i rapporti tra gli uomini apparire a
Montaigne un gioco di immagini fittizie che si incontrano e si sovrappongono
a vicenda, celando ad ognuno i problemi reali del vivere secondo quella
logica profonda di cui egli ha imparato a leggere ovunque i tratti: lambizione
dominante in ognuno di vedersi superiore e di ottenere dallomaggio
dellaltro conferma a tale illusione necessaria, anzi a tale esigenza
esistenziale, su cui poggia lappagamento umano.
Manca, mi sembra, ancora una percezione chiara di quello che signific
allora nella fase di declino del Rinascimento la nuovissima proposta
di lettura della psicologia umana tracciata dagli Essais. Certo a voler
solo fissare un aspetto di questa svolta concettuale essa ag sotterraneamente
sugli sviluppi della ricerca politica, che nel Seicento vide affermarsi
quel metodo nuovo di costruzione teorica poggiante sullintimo nesso tra la
definizione dello Stato e la science de lhomme, studiata con gli stessi
strumenti introspettivi usati da Montaigne, con la stessa attenzione ai meccanismi
emotivi e passionali delluomo privato, a-storico.
Di ci ho scritto e scriver pi oltre,53 non qui, dove, parlando degli
Essais, non ho inteso studiare unopera famosa e la sua fortuna, ma invece
fissare grazie alla straordinaria testimonianza di Montaigne i caratteri di
un fenomeno culturale ed esistenziale di grande portata, connesso a vicende
di trasformazioni culturali e storiche che si proiettano assai oltre Montaigne,
lungo tutto il Seicento. Ci che emerso da tale analisi non certo una
filosofia e neppure una Weltanschauung dai lineamenti compiuti, ma piuttosto
una nuova struttura mentale, quella delluomo dissociato, i cui tratti
peculiari tornano analoghi nei personaggi pi noti della cultura seicentesca,
pur nella diversit delle singole opzioni filosofiche. Ripercorriamone breve52 Essais, l. III, cap. XLI, ed. cit., pp. 292-293.
53 Cfr. A. M. BATTISTA, Psicologia e politica nella

cultura eterodossa francese del Seicento


cit. [cfr. supra, pp. 221-247]. Ma, prima di me, M. RAYMOND, Du jansnisme la morale de
lintert, Mercure de France, 1957, pp. 238-255 (saggio gentilmente segnalatomi da
Domenico Taranto), ed ora con ampia documentazione N. O. K EOHANE, Self-Love from
Sebond to Snault, in op. cit., pp. 189-212.

mente i caratteri distintivi: la denuncia dellazione condizionante esercitata


dalla tradizione e dai valori trasmessi dalla societ e dalla storia; il rigetto
del principio di autorit in campo intellettuale; la versione nuova con cui la
libert viene concepita come vocazione a riscoprire la propria autonomia di
giudizio; lesigenza teoretica della solitude; il rifiuto di concepire se stesso
come essere intrinsecamente politico, e di identificare la pienezza della propria
esperienza etica con il suo momento sociale; ed infine la valorizzazione
dellio nella sua dimensione privata, interiore, grazie ad uno scavo nuovissimo
dei processi psicologici individuali condotto in una dimensione
estranea alle nozioni di colpa e di peccato. Tutto ci evoca un termine troppo
abusato, terribilmente ambiguo sul piano filosofico per i tanti significati
da esso assunti nel corso della storia, ed eppure il solo capace di fornire una
immagine precisa di questo nuovo rapporto io-mondo di cui stiamo fissando
i tratti. Parlo dellindividualismo, il grande tema del Burckhardt, che
viene qui riproposto in una versione antitetica a quella propria del grande

storico tedesco, calato in un quadro post-rinascimentale ed anti-aristotelico,


sinonimo di una concezione scissa del vivere.
***
Ma dire individualismo in questa versione che significa dire sul piano
politico? Questo linterrogativo primario allinterno del quale si articola
una ricerca che fin dai miei primi saggi si proposta di capire se tale
ambiziosa scelta di ripensamento delle pi salde certezze della tradizione
occidentale si traduca anche in una concezione politica ugualmente innovatrice.
Che ci avvenga indiscusso mi sembra oggi di poterlo affermare
ma attraverso un processo tormentato, i cui passaggi sono ancora piuttosto
oscuri, segnati da una interna difficolt teoretica a trasferire una grande
istanza di emancipazione razionale in un modello politico forte della stessa
valenza liberatoria.
Di qui limportanza di Montaigne politico non tanto e non solo per la
portata dissolutrice delle sue tesi anti-aristoteliche ed anti-tomiste, come
sostenni un tempo, ma anche e soprattutto perch espressione di uno scacco
teoretico, che ci immette allinterno del passaggio pi difficile e complesso
forse delliter della filosofia politica occidentale. negli Essais che emergono
chiare alla luce infatti le motivazioni filosofiche che ostacolano, in
questa prima fase, la traduzione della prospettiva individualista in una coerente
teoria politica; qui che si delineano i termini dei molti problemi
irrisolti di uno sforzo di emancipazione razionale senza precedenti, sforzo
vincente nella sfera privata, ma incapace ancora di costruirsi come proposta
di liberazione politica. N ci risponde a fattori casuali, ma discende piuttosto
da una necessaria esigenza logica: evidente infatti che, per chi vive
unesperienza di ripensamento critico radicale dei princpi-base della propria
Anna Maria Battista 271
272 Nuove riflessioni su Montaigne politico

tradizione di pensiero, la politica costituisca un problema massimo e necessariamente


irrisolto, perch una simile prospettiva demolitrice che investe
proprio il complesso dei convincimenti collettivi le coustumes intellettuali,
morali, politiche di un popolo non si concilia affatto con lesigenza
prima della vita politica: far s che esista una sostanziale unit nei princpi in
seno al corpo sociale a fondamento dellobbedienza. qui in questo dilemma
vissuto con drammatica intensit che risiede il rapporto complesso e
sofferto di Montaigne nei confronti della politica, laspetto certo meno compreso
del suo pensiero, che riflette non gi come normalmente si dice una
mera vocazione conservatrice, ma invece la scelta bloccata di chi conosce la
portata dissolutoria del dubbio, e si arresta l dove tale arma temibile e liberatoria
finirebbe per incidere sulla tessitura dei rapporti collettivi.
Nel prendere nuovamente in esame tale aggrovigliata materia, fissiamo
a mo di premessa un elemento storico-psicologico indiscutibile: che
comune fu a coloro i quali nel tardo Cinquecento vissero lesperienza del
caos nel corso della guerra civile, la tendenza a riportare la politica ai suoi
termini originari, direi, primordiali: come teoria dellobbedienza al potere
costituito. Era questa la reazione obbligata di una generazione che aveva
riscoperto per esperienza diretta, vivendo una realt invivibile di dissoluzione
statuale, la logica semplice e brutale di un discorso politico che
poneva in testa ad ogni altra dissertazione il problema delle forze dellautorit
sovrana, contemplata allora come sola garante dellordinato e pacifico
svolgimento della vita di ognuno. Ma tale principio semplicissimo incontrava
una difficolt di enorme portata: quella dellesigenza di rifondare lautorit

sovrana non soltanto sul piano istituzionale, ma anche su quello teorico,


riproponendo i termini di una legittimit contrastata e contraddetta; e
stabilendo cos nuovamente il dovere vincolante dellobbedienza. I due termini
dellequazione erano ovviamente congiunti, perch solo a patto di
vedere di nuovo affermarsi su basi salde la legittimazione del potere sovrano
quel principio sconfitto e umiliato dal contrasto delle tesi contrapposte
era possibile giungere ad una rifondazione dellobbedienza nel suo carattere
di elemento connettivo della comunit tutta. Ma allinterno di un simile
quadro unitario di problemi, diverse furono le strategie teoriche e le
soluzioni pratiche applicate allora: ben nota la scelta dei grandi interpreti
del nascente assolutismo di ridar vita al carisma del potere, riproponendo gli
elementi di quelluniverso fantastico in cui si incarnava agli occhi del popolo
la regalit, la sua inviolabile dignit sacrale. Vennero recuperate a tal fine
immagini e valori evocanti una superiorit arcana, antiche legittimazioni
sacrali del potere, antichissime formule di investitura del Monarca di
Francia, mistiche cerimonie nate nel lontanissimo Medio Evo, come quella
dedicata al Re Taumaturgo, configurazioni e miti che nel corso del Seicento
tornarono ad alimentare in seno alla societ lidea di una autorit sovrana
per volont di Dio, depositaria di un potere inviolabile, titolare di immensi
doveri ed insieme di immensi diritti: primo tra tutti il diritto di ottenere dai
sudditi la pi assoluta obbedienza.54
Ebbene, chi contempli la posizione politica di Montaigne nel quadro dei
problemi nuovi di quellepoca travagliata, portato a riflettere sulla singolarit
di un processo di pensiero che partecipa di tutte le esperienze e le paure dei
contemporanei, che riflette la stessa assoluta esigenza dordine e al tempo stesso
se ne dissocia, demolendo con la logica del suo implacabile ragionamento
critico i fondamenti teorici che dellordine costituito erano il necessario fondamento.
Non si tratta di un puzzle senza senso, ma invece dei risultati di un
processo logico di cui mi provo a fissare il meccanismo interno come premessa
alla ricostruzione del mio nuovo Montaigne politico. a) Anche in
Montaigne prevale la tendenza ad identificare la politica con la definizione di
un principio dordine saldo e del suo logico presupposto: la rifondazione dellobbedienza.
Questo ai suoi occhi il prius da cui deve muovere ogni discorso
sulla convivenza umana e del massimo bene di cui essa garante: il godimento
di una vita pacifica e sicura, della pacifica fruizione dei propri averi al
riparo dalla sopraffazione e della violenza.55 b) Ma questa istanza tante volte
riaffermata, che diventa invito ad accettare senza contrasti lordine costituito,
entra in conflitto in lui con un problema teorico dei pi complessi: con la
coscienza che a lui non era dato a meno di non entrare in contraddizione con
se stesso di riproporre lautorit come valore assoluto ed oggettivo nella
sua matrice metafisica, come altri facevano, ora che avvertiva franare sempre
pi in lui la sicurezza che tale valore esistesse, cos chiaramente smentito
dalla confusione dei princpi, dalluso dellarbitrio legale manifesto ai suoi
occhi. Quella stessa logica critica che lo aveva immesso nel rischioso ed
affascinante percorso del dubbio, consentendogli di percepire infine la fragilissima
vanit delle certezze umane, agisce fatalmente anche l dove sono in
causa i princpi fondanti lordine politico, ponendolo di fronte a verit impensate,
al carattere arbitrario e strumentale delle antiche e nuove legittimazioni
del potere politico, delle teorie pi prestigiose, dei miti consacrati da antiche
tradizioni. c) Di qui nasce la consapevolezza propria di Montaigne di trovarsi
egli di fronte al problema massimo allora quello del fondamento dellobbedienza
in una situazione di cosciente impotenza, come chi non possiede

Anna Maria Battista 273


54 Questa

esigenza di ricostruire limmagine sacrale della regalit ha costituito oggetto di


numerose indagini, le une di carattere storico, le altre pi sensibili agli aspetti socio-psicologici
del problema. Ancora importanti due opere classiche: M. B LOCH, Les Rois Thaumaturges,
nouv. dit., Paris, 1961; M. DELOCHE, Autour de la plume du Cardinal Richelieu, Paris, 1920;
ma la documentazione pi ampia sullo sforzo di una pubblicistica mirante a ridar vita al carisma
sovrano in R. VON ALBERTINI, Das politische Denken in Frankreich zur Zeit Richelieus, Zrich,
1951 e in E. THUAU, Raison dEtat et pense politique lpoque de Richelieu, Paris, 1966.
55 Questo laspetto pi noto ed enfatizzato dalla letteratura critica su Montaigne politico,
sicch mi limito a rimandare per la relativa documentazione allopera che pi analiticamente
ne ha scritto e con notevole rigore: BROWN, Religious and Political Conservatism cit. in
particolare cap. III, Conservatism in Public Life, pp. 48-64.

274 Nuove riflessioni su Montaigne politico

alcuno strumento per risolverlo, ma anzi usa unarma la riflessione critica


rischiosissima ai fini della connessione sociale, fonte di autonomia di giudizio,
di discussione sul dettato dellimposizione politica. E allora, chiuso in unimpasse,
di chi ha misurato lucidamente tutta la portata, egli opta per il silenzio,
ne fa anzi la sola scelta eticamente valida in campo politico, insieme allaccettazione
a-critica del potere costituito.
Eppure di tutta questa trama complessa di problemi, in cui sembrano
esplodere tutte le difficolt, le contraddizioni irrisolte dellindividualismo al
suo sorgere, nulla si detto, o forse nulla si capito. Montaigne politico
stato facilmente liquidato come un grande conservatore, come il passivo
epigono delle ragioni dellautorit legale, senza pensare che ci troviamo qui
in presenza della prima riflessione dellevo moderno sul difficile nesso tra la
libert razionale e la libert politica, cui Kant dar due secoli dopo la sua
espressione teoretica in Che cosa lilluminismo.
Iniziamo dunque proprio da qui: dal momento distruttivo del pensiero del
Montaigne sul valore delle tante teorie sul potere e sul suo fondamento nate
allinterno della cultura occidentale. critica che si esprime con una radicalit
senza precedenti. Mai in opere del passato, e mai neppure, direi, in opere di
epoca successiva (con la sola eccezione forse di Pascal, le cui tesi per da
Montaigne direttamente discendono) vi era chi aveva osato fare una cos lucida
dimostrazione del carattere opinabile, strumentale della teoria politica, ed
esprimere un pi assoluto scetticismo sul valore dei risultati da essa realizzati
sia nella sua versione etico-religiosa tradizionale, sia in quella laica, scientifica
, nata di recente. Quella stessa lezione del caos che agisce sulla riflessione
di Montaigne, scoprendo a lui la pluralit delle forme del vero, agisce, come
fonte di dubbio, quando in causa la materia delicata della politica; anzi proprio
nel campo politico, l dove i princpi pi santi vennero tutti affermati, traditi
e contraddetti, che la confusione del presente incide con pi diretta efficacia
su quel processo di revisione di certezze in cui la ricerca montaignana si
esprime: lo convalida e, in qualche modo, lo sanziona. ci che egli stesso
confessa in un passo fondamentale che introduce il discorso scettico
dellApologie de Raimond Sebond: Voyez lhorrible impudence dequoy nous
pelotons les raisons divines et combien irreligieusement nous les avons et rejettes
et reprinses selon que la fortune nous a chang de place en ces orages
publiques. Cette proposition si solenne: Sil est permis au subject de se rebeller
et armer contre son prince pour la defence de la religion, souvienne-vous en
quelles bouches cette anne passe laffirmative dicelle estoit larc-boutant
dun parti, la negative de quel autre parti cestoit larc-boutant; et oyez present
de quel quartier vient la voix et instruction de lune et de lautre, et si les
armes bruyent moins pour cette cause que pour cette l.56 Il passo , ripeto,
fondamentale, perch pu dirsi la prima esplicita denuncia del tradimento di
56 Essais,

l. II, cap. XII, ed. cit., p. 487.

cui i princpi religiosi, in cui Montaigne credeva, sono oggetto, quando essi
vengono a saldarsi alla politica, o meglio quando alla politica vengono asserviti:
assunti a fondamento di teorie che del nome di Dio si valgono per inseguire
obiettivi contingenti, per dar forza allumana volont di dominio.
Difficile immaginare una concezione politica pi laica di quella di
Montaigne, se cos pu dirsi il pensiero di chi esclude ogni interna correlazione
tra religione e politica; pi laica certo di quella machiavelliana, ferma
al concetto proprio di un certo Rinascimento (quello aristotelico-padovano) sullutile
funzione strumentale delle credenze religiose presso il popolo, da cui ha
poi origine il tema della religio instrumentum regni caratteristico dellala italianizzante
del libertinismo francese.57 Strana posizione invece quella che stiamo
analizzando; dopo che per secoli e secoli si era continuato ad affermare
come una giaculatoria che ogni forma di potere politico discende da Dio o
che tale almeno deve apparire al popolo, ecco giungere Montaigne con tre,
quattro frasi smozzicate ed ironiche, a denunciare tutto questo come una sorta
di grande mistificazione. A ci lo conduce intanto unesigenza logica del suo
discorso filosofico: per lui che vive una scelta assoluta di dissociazione nella
solitude la sede di valori ignorati e sconfitti dal mondo storico ogni
equivoca commistione tra il momento delloggettivit (quello interiore) ed il
momento esterno, contingente, politico della vita lo indigna sul piano teoretico,
prima ancora che su quello morale. Ma insieme al rifiuto teoretico agisce in
Montaigne la sua lucida capacit di analisi della crisi in atto; ora che non esiste
pi unit di fede e di dottrina, ora che tante e contraddittorie appaiono le direttive
divine in materia politica, valersi ancora del nome di Dio per sanzionare il
potere e piegare cos gli animi allobbedienza gli appare un tragico errore, il
segno di una sostanziale incomprensione della essenza propria della trasformazione
dei tempi. Lo dimostra lo spettacolo a cui Montaigne assiste, commentandolo
con triste ironia: il ricorso alloggettivit religiosa di cui ancora ci
si vale per imporre il proprio credo politico appare ormai artificio disvelato
nella sua matrice utilitaria, strumentale al gioco delle parti in conflitto, ognuna
forte di una propria assoluta verit, di una propria teologia politica, sia che si
proclami il carisma inviolabile del monarca, sia che a questo si opponga il
diritto originario del popolo al comando. La superiorit et inferiorit scrive
Anna Maria Battista 275
57 A differenza

di chi tende a proporre una lettura sostanzialmente unitaria del libertinismo,


io sono dellavviso che in questo fenomeno dai contorni estremamente complessi agiscano
almeno due linee culturali distinte: esiste quella che grazie alla mediazione di Cardano e poi
di Vanini presenta una stretta continuit con laristotelismo padovano (cfr., come espressione
compiuta e conclusiva di questo filone filosofico, il Theophrastus Redivivus, ora nella perfetta
ricostruzione testuale, a cura di Guido Canziani e Gianni Paganini, Firenze, 1982, su cui T.
GREGORY, Theophrastus Redivivus. Erudizione e ateismo nel Seicento, Napoli, 1979). Diversa
nelle matrici culturali e negli sviluppi , a mio avviso, unaltra faccia del pensiero eterodosso
seicentesco, nascente allinterno di un universo filosofico post-rinascimentale, e formata sia
pure secondo la logica del sincretismo sui concetti delle scuole post-aristoteliche. questa
ritengo la linea culturale che giunge diretta a Bayle e si proietta nellIlluminismo.

276 Nuove riflessioni su Montaigne politico

Montaigne la maistrise et la subjection son obliges une perpetuelle envie


et contestation: il faut quelles sentrepillent perpetuellement. Je ne crois ny
lune ny lautre des droicts de sa compagnie: laissons en dire la raison, qui
est inflexible et impassible, quand nous en pourrons finer. Je feuilletois, il ny
a pas un mois, deux livres escossois se combattans sur ce suject: le populaire
rend le Roy de pire condition quun charretier, le monarchique le loge
quelques brasses au dessus de Dieu en puissance et souverainet.58
Cos nello stesso momento in cui appariva ai pi necessario di ricostruire

il prestigio e la forza del potere sovrano, ricorrendo ad antichissime legittimazioni


sacrali, ad immagini evocanti il segno di una arcana designazione
divina, nasceva in sordina il discorso frammentario ed inascoltato di
Montaigne che scaturiva da una lettura dei problemi politici del presente esattamente
antitetica. un discorso che esprime infatti la consapevolezza che il
piedistallo di antichi carismi si era definitivamente incrinato, corroso dallevidenza
della pluralit delle tesi in conflitto, dalla contraddizione, e che quindi la
politica andava pensata e risolta su basi nuove, meglio rispondenti alla trasformazione
profonda avvenuta nella societ e soprattutto nelle coscienze. Di
questa nuova lettura della storia in atto e dei suoi nuovi problemi di cui
interprete massimo sar poi Hobbes certo Montaigne esprime il momento
della mera negazione; dallo spettacolo del confuso gioco strumentale dei
princpi egli trae solo materia per un discorso di rifiuto che investe la teoria
politica in ogni sua forma ed in ogni sua espressione: mero artificio della
mente ai suoi occhi, usata per legittimare con il crisma di una eticit ed una
razionalit ipotetica una evidenza semplice e brutale, limpossibilit per
luomo di sopravvivere senza forme pur semplici ed essenziali di convivenza
e di coazione organizzata. Su ci egli si espresso in termini inequivocabili:
La necessit compose les hommes et les assemble. Cette cousture fortuite se
forme apres en loix []. Et certes toutes ces descriptions de police feintes par
art, se trouvent ridicules et ineptes mettre en practique. Ces longues altercations
de la meilleure forme de societ et des reigles plus commodes nous
attacher sont altercations propres seulement lexercice de nostre esprit. 59
Ho appena detto che il discorso demolitore di Montaigne investe la teoria
politica in s, quale che sia la forma in cui essa si espressa e si esprime; ma a
voler fare dei distinguo, lopposizione massima riguarda la dottrina tomista,
n, a ben riflettere, potrebbe essere diversamente. Questo grande moralista
58 Essais,
59 Essais,

l. III, cap. VII, ed. cit., p. 1028.


l. III, cap. IX, ed. cit., p. 1070. Il carattere meramente strumentale della teoria
politica, una scienza senza alcun solido costrutto, utile solo a impressionare il volgo, un
tema classico di Montaigne, di cui mi limito a citare un momento peculiare: la lettura del
Platone politico in questa chiave, nel rifiuto di accordare alle sue costruzioni una valenza teoretica
o etica. Platon egli scrive traicte ce mystere dun jeu assez descouvert. Car, o il
escrit selon soy, il ne prescrit rien certes. Quand il faict le legislateur, il emprunte un style
regentant et asseverant, et si y mesle hardiment les plus fantastiques de ses inventions, autant

dichiaratamente anti-aristotelico trova in Tommaso, ancor pi che in


Aristotele, in effetti, il suo avversario, l dove sono in causa i princpi primi
dellumana convivenza, perch nella Summa che lindirizzo politico razionalista
dello Stagirita perviene ad un compiuto sviluppo, nel disegno ivi tracciato
di un ordine razionale unificante le diverse forme del creato, ordine che comprende
anche le societ politiche, i loro ordinamenti, ispirati tutti ai princpi di
un codice il diritto naturale che discende anchesso da questa grande legge
di armonia universale. Ora tale concezione costituisce non v dubbio la
perfetta antitesi del pensiero di Montaigne; per costui, dominato dalla scoperta
della pluralit dei criteri umani di certezza, indagatore di quei processi della
mente capaci di dar veste di legalit, di diritto alle ambizioni, alle follie, ai
voleri arbitrari degli uomini, vedere teorizzata lesistenza di una sostanziale
unit razionale ed etica nel campo normativo storico appare una testimonianza
ancora dellintrinseca fallacia dellintelletto umano, del suo scacco.
Tale discorso svolto nellApologie de Raimond Sebond fa proprio il
metodo argomentativo dello scetticismo classico, muovendo dalla constatazione
che se esistesse davvero un raccordo tra la sfera dei valori oggettivi
e le formule della giustizia storica, non potrebbe non emergere chiara una
omogeneit sostanziale nei criteri fondanti i singoli ordinamenti positivi; ora

proprio in questo campo rivela Montaigne che si riscontrano le contraddizioni


massime, solo che si mettano a confronto non soltanto le norme di
paesi diversi, ma persino le leggi di uno stesso paese, ispirate spesso lo si
riscontrato in Francia di recente a codici diversissimi di legalit: La droiture
et la justice, si lhomme en connoissoit qui eust corps et veritable essence,
il ne latacheroit pas la condition des coustumes de cette contre ou de cellel;
ce ne seroit pas de la fantasie des Perses ou des Indes que la vertu prendroit
sa forme []. Et chez nous icy jai veu telle chose qui nous estoit capitale,
devenir legitime; et nous, qui en tenons dautres, sommes mesmes,
selon lincertitude de la fortune guerrire, destre un jour criminels de laese
majest humaine et divine, nostre justice tombant la merci de linjustice, et,
en lespace de peu dannes de possession, prenant une essence contraire. 60
Ci prova quanto fantastica e inconsistente sia lipotesi di un diritto naturale
oggettivo, fonte degli apparati normativi storici; Montaigne lo afferma
con un tono inconsueto, ironico e sprezzante come uno scoppio di risa: Mais
ils sont plaisans, quand, pour donner quelque certitude aux loix, ils disent
quil y en a aucunes fermes, perpetuelles et immuables, quils nomment
naturelles, qui sont la condition de leur propre essence []. Or ils sont si
defortunez [], ils sont, dis-je, si miserables que de ces trois ou quatre loix
Anna Maria Battista 277
utiles persuader la commune que ridicules persuader soy mesme, sachant combien
nous sommes propres recevoir toutes impressions, et, sur toutes, les plus farouches et
enormes (Essais , l. II, cap. XII, ed. cit., p. 570. Il corsivo mio).
60 Essais, l. II, cap. XII, ed. cit., p. 652.

278 Nuove riflessioni su Montaigne politico

choisies, il nen y a une seule qui ne soit contredite et desadvoe non par une
nation, mais par plusieurs.61 In questa rapida liquidazione del diritto naturale
, in quel tema evocante laspirazione ricorrente del pensiero umano a
dare una qualche certitude alle leggi positive, una legittimazione sul piano
razionale ed etico, c ancora il segno chiaro dellapproccio tutto laico di
Montaigne alla politica e ai suoi problemi, tradotto nella frattura cos nettamente
definita tra la sfera delloggettivit calata ormai nellinteriorit della
coscienza e la sfera del mondo storico, dellesperienza politica in senso lato.
Ora una simile lettura del Montaigne politico, tutta svolta in una chiave
anti-metafisica, conduce diritto ad un interrogativo che poi il presupposto di
questa ricerca: quale sia la posizione del moralista francese nei confronti della
scienza politica per antonomasia, costruita anchessa secondo una logica tutta
umana, a-trascendente del vivere civile: quella machiavelliana.62 questo un
quesito che esige due livelli di risposte: il primo poggia su un facile riscontro
testuale, il riferimento diretto che Montaigne dedica a Machiavelli, chiedendosi
se almeno lui il discusso politico italiano famoso per la positivit dei
suoi argomenti sia giunto a sviluppare un discorso politico solido, diverso
da quelli, opinabili e vani, di una trattatistica di cui ha gi rilevato linconsistenza.
Ma neppure Machiavelli esce indenne da una critica condotta secondo
la logica del vecchio scetticismo, neppure la celebrata concretezza delle sue
analisi, fragili anchesse agli occhi di Montaigne, come ogni altro discorso in
materia politica. Ecco il testo: Notamment aux affaires politiques il y a un
beau champ overt au bransle et la contestation []. Les discours de
Machiavel, pour exemple, estoient assez solides pour le subject, si y a-il eu
grand aisance les combattre; et ceux qui lont faict, nont pas laiss moins
de facilit combattre les leurs. Il sy trouveroit tousjours un tel argument
dequoy fournir responses, dupliques, repliques, tripliques et quadrupliques, et
cette infinie contexture de debats que nostre chicane a along tant quelle a

peu en faveur des procez, les raisons ny ayant guere autre fondement que
lexperience et la diversit des evenements humains nous presentant infinis
exemples toute sorte de forme.63
Il primo rilievo che suggerisce tale brano investe la materia del contendere,
che non affatto letica, non affatto cio la sede privilegiata della
grande offensiva polemica contro il Machiavelli in corso nel Cinquecento. Per
un Montaigne ancora e sempre consequenziale con la sua scelta di scissione
61 Ivi,

p. 653. Ho analizzato la critica del diritto naturale in Montaigne, con relativa bibliografia,
e le sue proiezioni nel Seicento fino a Pascal in Diritto naturale e relativismo, in Alle origini del
pensiero politico libertino cit., pp. 133-169; e Come giudicano la politica libertini e moralisti cit.
62 Per una analisi complessiva del problema e relativa bibliografia, cfr. B ATTISTA, Sul
machiavellismo di Montaigne, in Alle origini del pensiero politico libertino cit., pp. 1-50 e
Direzioni di ricerca per una storia di Machiavelli in Francia cit. [cfr. supra, pp. XXX].
63 Essais, l. II, cap. XVII, ed. cit., p. 740. Montaigne doveva aver letto assai attentamente i
Discorsi, perch egli ne utilizza le testimonianze storiche senza citare la fonte, a proposito del

non certo letica a fornire il metro di valore di una trattazione politica, di un


discorso necessariamente connesso al momento esterno, storico, contingente
dellesistere, ma piuttosto quello scientifico della saldezza degli argomenti
sviluppati, della loro solidit cio ad un vaglio condotto secondo le regole del
metodo critico, quel micidiale uso della contraddizione, che anche qui perviene
ai consueti risultati demolitori. Ha facile gioco infatti Montaigne nel dimostrare
che il discorso politico machiavelliano opinabile come ogni altro, che esso
stato contestato e contraddetto con argomenti ugualmente plausibili ed ugualmente
opinabili, perch ripropongo e sottolineo questo passo esso poggia
sullesperienza e lesperienza, proprio per la variet delle sue manifestazioni,
tale da fornire argomenti a qualsivoglia dimostrazione. Limportanza propria,
a mio avviso, di questultimo concetto nasce dal fatto che esso mette lucidamente
alla luce la fragilit del metodo storico-empirico, la sua impotenza nei
confronti delle armi critiche usate dallo scetticismo, essendo la storia fonte di
infinite e contraddittorie testimonianze, s da consentire di dimostrare tutto, ma
anche per chi sappia confrontare criticamente i dati di provare la relativit
di qualsiasi argomento. Questa la premessa del Discorso sul metodo di
Cartesio, questo il problema che Hobbes porr a fondamento della sua
costruzione politica: far suo un nuovo metodo argomentativo quello logicomatematico
onde elaborare una teoria inattaccabile alla critica pirroniana.64
Ma che un simile problema esistesse, Montaigne appare averne gi piena
consapevolezza in questo discorso, che nega essere la scienza politica machiavelliana
fondata sulle forme mutevoli dellesperienza una strada di ricerca
utilmente percorribile, tale da fornire qualche certezza infine nel confuso,
interminabile, contraddittorio dibattito sulle condizioni dellumana convivenza.
Ma come ho detto esiste un secondo aspetto critico, o meglio antinomico
del pensiero di Montaigne nei confronti di quello machiavelliano, che
investe non tanto la politica e i suoi problemi, ma esprime piuttosto una sorta
di incomunicabilit tra le concezioni del vivere dei due autori. Eccomi di
nuovo alle prese con un tema delicatissimo quello del dialogo impossibile
tra la concezione di Machiavelli e quello dellindividualismo nascente che
inseguo da anni, dal lontano 1969 65 e che da allora suscita reazioni a volte
diffidenti, a volte scettiche, quasi si vedesse il segno di una trama avversa ad
Anna Maria Battista 279
diverso successo ottenuto dalla strategia di guerra di Annibale e di Agatocle. Cfr. N.
MACHIAVELLI , Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, l. II, XII, Milano, 1960, pp. 307308 e MONTAIGNE, Essais, l. I, cap. XLVII, ed. cit., p. 323.
64 La presenza del pirronismo come fattore determinante sulla riflessione di Hobbes e sulla
determinazione del suo nuovo metodo analizzata assai bene da M. F EDELI DE CECCO,
Ragione e ordine. La funzione politica della ragione nel pensiero di Hobbes, Bologna, 1985,

in particolare pp. 11-27.


65 Proposi questa tesi nel corso del Congresso per il V centenario della nascita di
Machiavelli (Firenze, 28-29 settembre 1969) poi sviluppata in Direzioni di ricerca per una
storia di Machiavelli in Francia cit. [cfr. supra, pp. 109-135].

280 Nuove riflessioni su Montaigne politico

uno dei maggiori protagonisti della nostra storia culturale. Credo su questo
punto invece di poter rimanere ferma alla mia vecchia tesi: che laffermarsi
della cultura della dissociazione segna una forma peculiare di crisi del pensiero
di Machiavelli, crisi che non nasce neppure da un reale dissenso, ma
piuttosto dal venir meno in seno a tale cultura di ogni forma di sostanziale
rispondenza ai problemi propri di Machiavelli, s da giungere allimpossibilit
di un vero confronto. Troppa la distanza che separa lantropologia dellautore
fiorentino, le sue passioni, la materia della sua ricerca, espressioni
tutte di una Weltanschauung intrinsecamente politica, di una concezione unitaria
dellesperienza umana, dalluniverso mentale del nuovo intellettuale
nascente dalla crisi di fine secolo, volutamente scisso dalla societ e dai suoi
valori, ambizioso soltanto di pervenire al suo ideale di emancipazione interiore
al riparo dalla follia degli uomini. Ed in effetti, se si percorre la letteratura
eterodossa francese di primo Seicento, si constata che il solo tema machiavelliano
oggetto di reale interesse quello come ho gi detto della religio
instrumentum regni, che risponde perfettamente alla prevalente esigenza di
ordine esterno, alla comune aspirazione di vederlo comunque, a qualsiasi
prezzo, garantito, in cui si esprime la dimensione tutta privata del vivere propria
delluomo dissociato. Il resto o meglio il prius della grande riflessione
politica machiavelliana viene a cadere, non suscita alcun riscontro di rilievo,
alcuna vitale reazione, neppure di ostilit, di polemico dissenso.
Per tornare a Montaigne, alla nostra guida di lettura di un fenomeno dai
pi complessi sviluppi, certo la lontananza che esiste tra la sua vicenda etica,
filosofica, esistenziale e quella di Machiavelli abissale. Tutte le facce di un
iter venuto fin qui alla luce lo provano: la centralit che assume negli Essais la
riflessione sulla coustume, sulluniverso di valori artificiali trasmesso dalla
societ e dalla storia, la versione intellettualistica della libert propria del
moralista francese come emancipazione della mente, la matrice teoretica della
sua esigenza di solitude, la ricerca psicologica usata come scoperta delluomo
privato, interiore, lo scetticismo radicale sui risultati ottenuti da chi la
politica ha assunto a teoria, a scienza, e, aggiungo ora, limmagine che
della politica egli oppone negli Essais come mero camuffamento, commedia,
abile uso della suggestione, del mito per mascherare vicende spesso banali,
spesso meschine, sempre connesse ad interessi utilitari e contingenti.
questo, a mio avviso, il momento pi geniale della riflessione politica di
Montaigne: profondamente scettico lo si visto sul peso che ha la dottrina
ai fini della costruzione del crisma della sovranit, egli analizza attentamente
invece a tal fine il ruolo delle immagini, dei miti, di quegli stimoli allimmaginario
collettivo che gli appaiono costituire, assai pi del verbo opinabile della
teoria, la matrice reale del consenso, dellobbedienza. una riflessione la sua
stranamente bifronte: perch essa muove da uno studio scientifico dei fattori
grazie ai quali limmagine saggiamente costruita viene a sovrapporsi alla realt
prosaica e brutale del potere sovrano, mascherandola ed agendo invece sullin
conscio collettivo, onde suscitare riverenza e rispetto. Ma proprio tale analisi
tutta poggiante sullesigenza del mito ai fini dellordine politico finisce per
disvelare della finzione tutti gli interni ingranaggi, ne mette a nudo gli artifici,
fino a porre sotto gli occhi di tutti la faccia occulta di una grande mistificazione.

Il primo versante di tale discorso poggia sullinterrogativo che apre il


cap. XLII De linequalit qui est entre nous sulla natura dei meccanismi
psicologici dai quali nasce istintivo nelluomo il sentimento della sudditanza e
dellossequio. Ma il problema a monte questa la premessa del ragionamento
-: capire quale sia il metro di giudizio pi comunemente usato per valutare
il proprio simile, per dargli un prezzo. peculiare rileva Montaigne
che solo alluomo e non gi allanimale, ad esempio, viene applicato un criterio
di valore che, ben lungi dal tenere in conto le doti effettive di cui egli in
possesso (quelle di ingegno, di moralit, di carattere), si lascia invece
abbagliare da bardature esterne: un grand train, un beau palais, tant de
credit, tant de rente, da tutto ci che autour de luy, non en luy.66 quindi
la ricchezza, il ruolo sociale, la potenza ostentata a fondare, a dire di
Montaigne, il sentimento della considerazione, o meglio, a costruire quellimmagine
che si impone allopinione altrui e che finisce per configurarsi come
una superiorit reale, fonte di immediata, istintiva riverenza. Veniva cos
riproposto un vecchio tema dello stoicismo genialmente rinverdito, perch
nulla ha in comune lanalisi montaignana con lantica deprecazione della
stoltezza umana ad inchinarsi di fronte agli attributi del rango pi che di fronte
alle qualit reali; qui in causa un processo psicologico che perviene ad
attribuire qualit immaginarie a coloro che di ricchezza e potere sono rivestiti,
fino a vederli quasi come plasmati di una materia diversa, intrinsecamente
superiori ai comuni mortali anche e soprattutto sul piano intellettuale e morale.
evidente che era nella sede politica che tale analisi assumeva il massimo
rilievo; era l infatti che quel meccanismo psicologico descritto da
Montaigne capace di sublimare il potente, costruendo di lui una immagine
grandiosa e immaginaria, finiva per diventare un formidabile principio dordine;
faceva s che lobbedienza non fosse pi un atto prestato per necessit
alla forza, ma un omaggio reso a chi appariva intrinsecamente al di sopra dei
comuni mortali, diverso da costoro nellintima sua natura. Di ci Montaigne
scrive mirabilmente nel cap. VIII del libro terzo De lart de conferer una
lunga riflessione sulla matrice psicologica del prestigio in seno allopinione
comune. Sua prima regola cos detto riuscire a trasmettere al pubblico
una idea artificiosamente costruita di superiorit: ci vale per lintellettuale
(comme en la conference, la gravit, la robbe et la fortune de celuy qui parle
donne souvent credit des propos vains et ineptes67), come ovviamente vale
per il politico. Alla costruzione dellimmagine giusta di costui gioca certo
Anna Maria Battista 281
66 Essais,
67 Essais,

l. I, cap. XLII, ed. cit., p. 296.


l. III, cap. VIII, ed. cit., p. 1042.

282 Nuove riflessioni su Montaigne politico

determinante la suggestione nascente dal potere di cui il politico gode: nous


jugeons de luy non selon sa valeur, mais la mode des getons, selon la prerogative
de son rang;68 ma non basta, occorre anche ammantarsi del travestimento
adeguato, quasi diaframma tra la configurazione che di lui domina
presso i sudditi e la realt del suo essere. Eccoci giunti al momento pi alto
forse di questo tragitto allinterno della psicologia collettiva, tutto tradotto in
questa frase brevissima: Voyre et le masque des grandeurs, quon represente
aus comedies, nous touche aucunement et nous pipe,69 espressione di un
solo concetto: lassimilazione delle regole della politica alle regole del teatro.
Questo grande tema montaignano poggia essenzialmente su una metafora: la
maschera, quella faccia artificiale grazie alla quale lattore nasconde i suoi
veri tratti e si trasforma sulla scena nel personaggio immaginario amato dal
pubblico, suscitatore di pathos, di consenso, di inconscia suggestione. Tutto

il mistero della politica, del suo successo poggia qui per Montaigne, sulluso
sapiente della maschera, che come avviene per gli attori consente al
potente, allo stesso Sovrano di sottrarre agli occhi del pubblico la sua vera
fisionomia, la meschinit dei suoi tratti intellettuali e morali e di apparire sullalto
palcoscenico, ove la potenza ha sede, come sublimato in un essere
intrinsecamente grande, diverso dai comuni mortali. Fino alla fine, fin nelle
ultime postille al suo discorso, Montaigne si soffermer ad analizzare questo
grande gioco di mascheramento, fonte ai suoi occhi del misterioso carisma
della regalit. Cest tant estre Roy egli scrive quil nest que par l. Cette
lueur estrangere qui lenvironne, le cache et nous le desrobe, nostre vee sy
rompt et sy dissipe, estant remplie et arreste par cette forte lumiere. 70
Ecco lalone e la maschera divenire sinonimi, esprimere quella stessa esigenza
di frattura tra la realt e limmagine di cui egli analizza il segno ovunque il
potere abbia sede; 71 una frattura che poi una difesa, come lo , ad esempio,
luso accorto del silenzio per un Sovrano, ancora una maschera utile a
nascondere la debolezza di un intelletto in nulla dissimile da quello di ogni
miserrimo uomo.72
Ma la logica bifronte che caratterizza tale analisi, lambiguit di un discorso
che propone la maschera a difesa del potere e al tempo stesso ne
68 Ivi, p. 1047.
69 Ibidem.
70 Essais, l. III, cap. VII, ed. cit., p. 1030.
71 Pour conserver lauthorit du Conseil des Roys,

il nest pas besoing que les personnes


profanes y participent et y voyent plus avant que de la premire barriere. Il se doibt reverer
credit et en bloc qui en veut nourrir la reputation (Essais, l. III, cap. VIII, ed. cit., p. 1045).
72 A ceux paraillement qui nous regissent et commandent, qui tiennent le monde en leur
main, ce nest pas assez davoir un intendement commun, de pouvoir ce que nous pouvons; ils
sont bien loing au dessoubs de nous sils ne sont bien loing au dessus. Comme ils promettent
plus, ils doivent aussi plus; et pourtant leur est le silence non seulement contenance de respect
et de gravit, mais encore de profict et de mesnage (Essais , l. III, cap. VIII, ed. cit., p. 1044).

scompone gli interni meccanismi non poteva non giungere al suo esito distruttivo.
Proprio lautore che pi attentamente di ogni altro ha indagato il processo
psicologico grazie al quale il mito del Monarca simpone sulla societ e ne
diventa il necessario elemento unificante, colui che tale mito smaschera con
penna impietosa, mettendo alla luce la matrice assurda di tale grande illusione
collettiva. un passo, quello che qui trascrivo, che non ha precedenti nella
letteratura occidentale; esso sviluppa ancora la metafora del teatro, della
maschera, ma questa volta con segno rovesciato, come simbolo di una mistificazione
che si manifesta, analoga, sulle tavole del palcoscenico come nei
luoghi arcani del Potere. Sul palcoscenico come sul trono agiscono infatti personaggi
la cui identit finisce per saldarsi agli occhi del pubblico con gli eroi
che essi rappresentano, con i loro prestigiosi travestimenti; ma si tratta soltanto
di una finzione Montaigne sembra volerlo dire ad alta voce il Re come
il commediante, se alcuno riuscisse a vederlo nudo nei costumi di scena,
soltanto un povero uomo, uguale nelle passioni e nelle debolezze, allultimo
dei suoi sudditi. Ecco il testo: Car comme les joueurs de comedie vous les
voyez sur leschaffaut faire une mine de Duc et dEmpereur, mais tantost
aprs, les voyl devenuz valets et crocheteurs miserables, qui est leur nayfve
et originelle condition: aussi lEmpereur, du quel la pompe vous esblouit en
public, voyez-le derriere le rideau; ce nest rien quun homme commun, et,
ladventure, plus vil que le moindre de ses subjects [] la coardise, lirresolution,
lambition, le despit et lenvie lagitent comme un autre, et le soing et
la crainte le tiennente la gorge au milieu de ses armes.73 Senza precedenti
questo passo per non poche ragioni; espressione intanto di un singolare

atto di audacia nel suo enunciare un paragone tra limmagine di un Monarca,


sempre celebrato dalla tradizione come imago Dei, ed un povero commediante;
anzi nel vederli profondamente simili nella finzione che ambedue Re
e commediante recitano e nella miseria della loro vera natura disvelata al
termine della recita. Non si trattava soltanto di un pezzo di bella letteratura; da
questo parallelo impensabile scaturiva una realt ugualmente impensabile dagli
evidenti risvolti politici: che il Sovrano, contemplato ormai senza maschera,
era un homme commun, mosso dalle stesse meschine passioni proprie delluomo
comune, e non gi da quei sentimenti smisurati grandi nelle virt
come nella colpa che sembrano dover corrispondere alla diversit della
sua natura. Perch in una societ segnata ancora da stratificazioni immobili,
da rapporti di lontananza invariati nei secoli, era proprio questa lidea pi difficile
a formarsi nella mente del suddito: che il sovrano avesse una natura
identica alla sua; ogni sua azione, ogni suo tratto, contemplati da una distanza
immensa, psicologica prima ancora che politica, suggerivano limmagine di
sentimenti, ambizioni, moventi di natura tutta diversa da quelli vissuti dalla
maggioranza degli uomini. Certo questo universo mentale era stato intaccato
Anna Maria Battista 283
73 Essais,

l. I, cap. XLII, ed. cit., p. 298.

284 Nuove riflessioni su Montaigne politico

da vicende recenti, quando, nel corso delle guerre civili, i pamphlets delle due
parti avverse erano giunti a coinvolgere, con la violenza delle loro denunce e
delle loro accuse, la persona stessa del Monarca, aggredita, insultata, derisa al
cospetto di tutta la popolazione. Ed ecco giungere Montaigne, che di quel
trauma collettivo lo si detto certo il pi straordinario interprete, con
questo suo ritratto della regalit, che non concede al Monarca neppure pi la
dignit di suscitare parole di avversione, di odio, evocato, come qui appare,
con la sua povera faccia, segnata anchessa, come ogni altra, da rovelli oscuri:
la vigliaccheria, la vilt, linvidia, la paura. Non erano soltanto i miti della
tradizione il Re-guerriero esaltato dai cantori, il Re pastore dei popoli per
volont divina ad uscire sconfitti da questo discorso; era anche il principe
machiavelliano, la cui immagine evocava ancora il misterioso segno della
diversit, nella sua torva, tragica grandezza.
Non si pensi che questa delicatissima materia sia un tema occasionale in
Montaigne; la distruzione del carisma della regalit, di ogni sua legittimazione,
torna ad imporsi, esplicita, in un brano che pu dirsi la sintesi di
tutto un percorso tracciato allinterno delle illusioni della psicologia collettiva
e del loro dissolversi, quando si giunga a contemplare il Monarca, le sue
azioni con occhi nuovi, senza alcun filtro che ne trasfiguri lorigine e gli obiettivi.
Les ames des Empereurs et des savatiers egli scrive - son jettes
mesme moule. Considerant limportance des actions des princes et leur pois,
nous nous persuadons quelles soyent produites par quelques causes aussi
poisantes et importantes; nous nous trompons: ils sont menez et ramenez en
leurs mouvemens par les mesmes ressors que nous sommes aux nostres. La
mesme raison qui nous fait tanser avec un voisin, dresse entre les Princes
une guerre; la mesme raison qui nous faict foter un lacquais tombant en un
Roy luy fait ruiner une province. Ils veulent aussi legierement que nous,
mais ils peuvent plus. Pareils appetits agitent un ciron et un elephant. 74
Qui giunti, lazione distruttiva sviluppata negli Essais appare chiara
ormai nelle sue diverse facce, s da rendere esplicito quel nodo problematico
posto a premessa di questa rilettura del Montaigne politico: che proprio
laudacia di un pensiero ispirato alla logica di un ripensamento critico globale
a costituire la causa del suo scacco in materia politica, della incapacit

a risolvere il problema massimo allora: la rifondazione teorica del potere


sovrano. questa unimpasse i cui termini appaiono ora con lucida evidenza:
proprio il Montaigne conservatore per principio, proprio lui saldo
nella sua difesa dellautorit costituita, apparso spinto dalla logica stessa
della sua riflessione critica a dimostrare linconsistenza di tutti i puntelli su
cui per secoli lobbedienza aveva trovato fondamento, finendo cos per fare
74 Essais,

l. II, cap. XII, ed. cit., p. 526. Lo stesso concetto, sul peso misconosciuto delle
passioni private e meschine dei potenti sulle decisioni pubbliche, in Essais, l. III, cap. X,
ed. cit., p. 1142.

tabula rasa senza avere gli strumenti per riprendere un discorso costruttivo.
Conosciamo ormai le tappe di questo percorso critico ed i suoi bersagli: le
antiche legittimazioni del potere politico su basi etico-religiose, le teorie
giuridico-teologiche sul principio oggettivo della norma, i risultati della
nuova scienza politica di fondazione empirica, ed infine la forza di suggestione
del mito, disvelato anchesso nella sua fragilissima trama.
E allora linterrogativo che ci si pone lo stesso che Montaigne si pose:
quale strada si apriva a lui ormai per risolvere il problema che anchegli
vedeva primo su ogni altro: quello di legittimare lobbedienza a garanzia di
una pacifica umana consociazione. Va detto che la sua risposta testimonianza
di coerenza massima e al tempo stesso di massima impotenza; essa si traduce
in due opzioni che riflettono con rara consequenzialit i princpi
primi di una grande ricerca esistenziale insieme ai due suoi aspetti irrisolti: la
scelta personale del silenzio, ovvero la cosciente abdicazione ad enunciare
qualsivoglia teoria in materia politica, e la decisione a favore di una obbedienza
necessariamente passiva, a-critica nei confronti del potere vigente.
Valutiamo dunque il significato di una opzione di silenzio; in effetti, la
riflessione degli Essais rinuncia sistematicamente ad affrontare la materia
politica su un piano costruttivo, a proporre la propria soluzione ai problemi
di una societ sconvolta, a prospettare soluzioni istituzionali nuove per una
storia nuova, profondamente segnata da un processo di trasformazione. Su
tutto questo Montaigne tace; ed un simile atto di astensione ha dato origine a
quella configurazione di lui imposta da Horkheimer in un saggio famoso 75
quale personaggio chiuso in un freddo distacco aristocratico dalle vicende
degli uomini, insensibile ad ogni sorta di passione civile, capace soltanto di
dirsi fautore di un ordine esterno, garante per lui e per i suoi simili di una
pacifica vita civile. questa limmagine che ritengo oggi di dover mettere
in discussione, sostenendo invece che il silenzio di Montaigne in materia
politica una opzione deliberata, nascente da una esigenza logica sul piano
filosofico e al tempo stesso da una reale tensione morale.
La chiave per tornare a riflettere su questo problema ce la fornisce un
importante discorso svolto nel cap. XXIII del libro primo degli Essais: una
dura polemica contro il riformatore politico assunto a modello paradigmatico.
Di lui Montaigne rifiuta la struttura mentale, quella matrice psicologica da cui
Anna Maria Battista 285
75 Il

nucleo essenziale della personalit di Montaigne fissato da H ORKHEIMER (in


Montaigne cit.) nei caratteri peculiari di unetica in cui vengono a tradursi le trasformazioni
sociali in atto: etica egoistica, utilitaria, chiusa nel comodo rifugio del proprio privato. Cito
a titolo indicativo: La reazione di Montaigne a quelle condizioni terribili consiste nel rinunciare
ad ogni sorta di incondizionatezza a favore di un moderato interesse egoistico (p. 200);
Nella pratica lo scetticismo significa comprensione per tutto ci che dato dalla tradizione e
diffidenza per ogni utopia. Se non esiste la verit, sciocco impegnarsi per essa (p. 202);
Lastensione del giudizio qui diventa ripiegamento nellinteriorit privata, nella quale, liberati
dalla costrizione degli impegni professionali, si possono adeguatamente recuperare le forze.
Nella vita individuale linteriorit svolge il medesimo ruolo che nella vita sociale svolgono le

286 Nuove riflessioni su Montaigne politico

la volont riformatrice sempre e dovunque, a suo dire, sembra avere origine:


ovvero una base di infinita, rischiosa presunzione, la pretesa di possedere una
propria indiscutibile verit politica e di avere il diritto di imporla. Torna qui
quel tema che abbiamo visto dominare la ricerca introspettiva montaignana: la
forza della vanit su ogni altro meccanismo psicologico, lambizione di affermare
limmagine della propria superiorit sugli altri, di vedere cos nascere
lammirazione per una propria illusoria grandezza. Ma qui lottica diversa:
quel sentimento di cui Montaigne ha indagato sovente le assurde illusioni con
distaccata, divertita ironia suscita in lui, ora che della presunzione umana
analizza le proiezioni politiche, uno scatto di dura condanna. Perch qui la
tendenza umana ad imporre le costruzioni opinabili della propria mente non si
esaurisce nella sfera del proprio universo privato, nel fluttuante ed inoffensivo
mondo delle proprie opinioni, ma diventa invece pericolosamente teoria,
capace di incidere sui destini collettivi, di distruggere, di trasformare, di innovare
in seno ai delicatissimi equilibri dei rapporti tra gli uomini. Si me sembleil, le dire franchement egli scrive quil y a grand amour de soy et
presomption destimer ses opinions jusques-l que, pour les establir, il faille
renverser une paix publique et introduire tant de maux inevitables et une si
orrible corruption de meurs que les guerres civiles apportent et les mutations
destat en chose de tel pois; et les introduire en son pays propre. Est ce pas
mal mesnag davancer tante de vices certains et cognus pour combattre des
erreurs contestes et debatables? Est-il quelque pire espece de vices que ceux
qui choquent la propre conscience et naturelle cognoissance?.76 Gi si delinea
la concezione peculiare propria di Montaigne di una moralit civile, che
in primo luogo uso responsabile dei propri pensieri, dei propri discorsi, quando
essi toccano la materia politica, coscienza che l in quella sede alluomo
non dato di lasciare correre libera e ambiziosa la mente, perch il fallimento,
lo sbaglio l pu tradursi in un dramma collettivo. Ecco divenire chiara
infine limportanza di quella confessione che cade poco dopo: un brano che
Montaigne aggiunse allultima versione degli Essais, quella edita nel 1595,
quasi a suggello di una riflessione sui doveri nuovi dellintellettuale verso la
collettivit, ora che gli appigli saldi delle certezze politiche di un tempo sembravano
divenuti tutti opinabili e vani. un testo sovente ignorato, eppure di
eccezionale rilevanza: Cette si vulgaire consideration ma fermi en mon
siege, et tenu ma jeunesse mesme plus temeraire en bride: de ne charger mes
espaules dun si lourd faix que de me rendre respondant dune science de telle
importance et oser en cette cy ce quen sain jugement je ne pourroy oser en la
chiese, i musei, i luoghi di divertimento e in genere il tempo libero (p. 204). Considero
questo testo un esempio forse insuperato di banalizzazione in formule semplicistiche di
unopera di pensiero, tanto pi grave perch qui in causa una delle maggiori fonti di riflessione
della coscienza occidentale.
76 Essais, l. I, cap. XXIII, ed. cit., pp. 149-50. Lo stesso discorso nel l. II, cap. XVII, De
la praesumption, ed. cit., pp. 739-741.

plus facile de celles ausquelles on mavoit instruit et ausquelles la temerit de


juger est de nulle prejudice: me semblant tres-inique de vouloir sousmettre les
constitutions et observances publiques, et immobiles linstabilit dune
prive fantasie (la raison prive na quune jurisdiction prive) .77 Ci che
impone allattenzione questo brano il fatto che qui dalla critica del riformatore
di colui che si arroga il diritto di turbare la societ, forte soltanto delle
sue opinabili dottrine Montaigne passa al nodo teoretico della questione: al
problematico rapporto esistente tra la libert razionale di ricerca e lo studio
della politica, la sua teorizzazione; un rapporto che , in realt, ai suoi occhi

una antinomia. Qui lui stesso in causa, con la sua scelta ambiziosa di ripensare
criticamente il mondo, di sottrarsi al dominio della coustume, al prestigio
del Maestro, ma anche con la sua lucidissima coscienza che tale sforzo di
emancipazione razionale pu diventare strumento rischioso, se applicato alle
grandi certezze collettive su cui poggia lordine costituito. un problema
nuovo questo, connesso a quella esigenza nuova di ricerca che egli persegue,
la temerit de juger, questa immagine inconsueta in chi amava presentarsi in
una veste banale, blanda, dimessa, dimostra come Montaigne misurasse
invece a pieno lardire della sua opzione filosofica, la forza della sua
negazione, lincertezza dei suoi esiti, i suoi rischi. su questo ultimo punto
sul prezzo di una simile opzione che il discorso del grande moralista diventa
complesso e articolato, perch il rischio del dubbio una di quelle scelte che
alluomo dato di vivere esclusivamente da solo, dove in gioco soltanto la
sua storia etica ed intellettuale, la sua sfera privata di convincimento.
Montaigne lo afferma con una radicalit senza appello la raison prive na
quune jurisdiction prive quasi a definire una partita che quale che sia il
suo prezzo deve risolversi tutta nel chiuso ambito della propria coscienza.
Ma forse lecito egli portato a chiedersi riconoscere al pensiero umano
lo stesso diritto, l dove entra in causa la materia politica, consentirgli la stessa
facolt temeraria, l dove il pensiero in grado di incidere sulle sorti collettive?
La risposta di Montaigne a questo interrogativo il dovere etico del
silenzio, che poi abdicazione allaspirazione ambiziosa di ogni uomo di
penna di fornire la propria ricetta ai problemi della vita associata.
Viene cos alla luce un nodo teorico del massimo interesse: che la pi
compiuta esigenza antidogmatica finisce necessariamente per congiungersi
con la pi compiuta forma di passivit razionale nella sfera del politico.
questo un nesso logico di cui Montaigne ci fornisce la chiave, quando ci
spiega che perseguire in questo campo delicatissimo la stessa logica di ricerca
che lo appaga nel suo universo privato quel procedere a tastoni,
nella nebbia, senza pi punti di riferimento gli apparso fin dagli anni
della giovinezza una scelta irresponsabile. Significa elevare il risultato incerto
e opinabile delle proprie fantasies prives a metro di giudizio dei
Anna Maria Battista 287
77 Essais,

l. I, cap. XXIII, ed. cit., p. 151 (il corsivo mio).

288 Nuove riflessioni su Montaigne politico

princpi fondanti lordine civile, introdurre elementi di contraddizione, di


dubbio, di rifiuto allinterno del tessuto della comunit politica. Chiuso
nellimpasse in cui lha posto luso di una ragione critica capace di distruggere
tutte le antiche legittimazioni del potere, ma incapace di dare al potere
un diverso fondamento, Montaigne, con la sua scelta morale del silenzio,
dimostra di seguire una logica bloccata ed impotente, la stessa che lo condurr
ad enunciare un solo imperativo saldo in materia politica: il dovere
proprio di ogni membro della collettivit di prestare una obbedienza a-critica
e a-valutativa allordine costituito. Qui la passivit intellettiva imposta
dalla ragione critica tocca il suo punto massimo; eppure proprio in tale
versione montaignana dellobbligazione civile pare un paradosso che si
esprime il solo momento costruttivo del pensiero politico del moralista
francese, quello che pone le basi concettuali per una teoria dellobbedienza
tutta nuova, rispondente ai caratteri peculiari dei tempi che si aprivano.
Vero che la formulazione con cui lobbedienza viene elevata ad
obbligo inappellabile sembra una delle pi semplici, un dettato assoluto ed
elementare: Cest la regle des regles et generale loy des loix que chacun
observe celles du lieu o il est;78 ma si tratta di una semplicit teorica del

tutto apparente, che pu dirsi lapprodo di un processo logico dei pi complessi


di cui si seguito fin qui la traccia. Essa nasce intanto da una serie di
esclusioni necessarie: a Montaigne evidentemente precluso il ricorso alle
antiche legittimazioni etico-sacrali dellobbedienza, cadute tutte lo si
visto al vaglio della sua analisi critica; ma gli anche precluso un argomentare
che definisca lobbligazione politica su basi razionali. questo un
elemento-chiave della novit teorica introdotta qui dal moralista francese,
perch la ragione, cos come la concepisce egli ormai, strumento di libert
individuale di ricerca dagli esiti fatalmente incerti ed insicuri, non pu
venire applicata, a suo dire, alle norme su cui poggia lordine civile, l dove
dobbligo invece veder realizzata una sostanziale unit del corpo sociale
nel comune rispetto di tali regole. Lobeyssance nest pure, ny tranquille
en celuy qui raisonne et qui plaide79 egli afferma con unaltra frase ugualmente
incisiva, che fa dellabdicazione alla ragione lelemento primo della
versione sua propria dellobbedienza civile. Ragionare sulle leggi dello Stato
altamente rischioso ai suoi occhi; significa sottoporle ad un criterio di
giudizio rispondente ormai alla pluralit confusa delle opinioni singole di cui
Montaigne attento indagatore, s da aprire spazi un tempo impensati al dissenso;
tanto pi rischioso va aggiunto perch il grande apparato normativo
dello Stato se valutato su di un piano razionale dimostra facilmente
la fragilit dei suoi presunti fondamenti razionali, rivelandosi invece per
78 Essais,
79 Essais,

l. I, cap. XXIII, ed. cit., p. 148.


l. II, cap. XVII, ed. cit., p. 741.

quello che realmente: una congerie confusa e contraddittoria di disposizioni,


nate dalla casualit, dalla storia del potere e delle sue ambizioni e
poi elevate a simbolo di legittimit compiuta. Bella la metafora letteraria
con cui Montaigne esprime questo concetto: Les loix prennent leur authorit
de la possession et de lusage; il est dangereux de les ramener leur
naissance; elles grossissent et sennoblissent en roulant comme nos rivieres
[]. Voyez les anciennes considerations qui ont donn le premier branle
ce fameux torrent plein de dignit, dhorreur et de reverence: vous les trouverez
si legeres et si delicates que ces gens icy qui poisent tout et le ramenent
la raison, et qui ne reoivent rien par authorit et credit, il nest pas
merveille sils ont leurs jugements souvent tres esloignez des jugemens
publiques.80 Chiara la prospettiva bifronte di questo passo: qui la grande
finzione della legittimazione razionale ed etica della norma apertamente
smascherata secondo la stessa logica che aveva indotto Montaigne a rifiutare
radicalmente la nozione tomista di diritto naturale ma al tempo stesso
viene evidenziato il rischio che nasce in questo campo dalla posizione del
nuovo intellettuale critico dallo stesso Montaigne quindi descritto come
colui che non accetta nulla par authorit et credit e che portato ad
applicare i suoi strumenti razionali al vaglio delle norme dello Stato.
Limpasse teorica in cui si muove il pensiero di Montaigne, quando
in causa la materia pubblica, assume ora contorni precisi, come il suo esito
necessario: una ridefinizione dellobbedienza come atto vincolato, la cui
motivazione non pu e non deve scaturire da un giudizio di valore sul dettato
delle norme statuali n sul piano razionale, n aggiungo e sottolineo
sul piano etico. questo il punto culminante e conclusivo della mia rilettura
del Montaigne politico; essa poggia su un brano del cap. XIII del libro
terzo, che traduce in straordinaria sintesi tutti gli elementi innovatori di un
pensiero bloccato fin qui emersi, ed il possibile suo aprirsi ad uno sviluppo
costruttivo: Or les loix se maintiennent en credit non par ce quelles sont
justes, mais afferma Montaigne - par ce quelles sont loix. Cest le fondement

mystique de leur authorit; elles nen ont poinct dautre. Qui bien leur
sert. Elles sont souvent faictes par des sots, plus souvent par des gens qui,
en haine dequalit, ont faute dequit, mais tousjours par des hommes,
autheurs vains et irresolus. Il nest rien si lourdement et largement fautier
que les loix, ny si ordinairement. Quiconque leur obeyt parce quelles sont
justes, ne leur obeyt pas justement par o il doibt.81 A commento di questo
passo torno a proporre quellaffermazione da cui mossa la mia analisi
attuale: che la prospettiva politica di Montaigne va calata allinterno di uneAnna Maria Battista 289
80 Essais,

l. II, cap. XII, ed. cit., p. 657 (il corsivo mio). Ma cfr. lo stesso concetto: Comme
nous appellons justice le pastissage des premieres loix qui nous tombent en main et leur dispensation
et pratique, souvent tres inepte et tres inique (Essais, l. II, cap. XXXVII, ed. cit., p. 857).
81 Essais, l. III, cap. XIII, ed. cit., pp. 1203-1204 (il corsivo mio).

290 Nuove riflessioni su Montaigne politico

poca storica sconvolta e confusa e del suo massimo problema, quello di


rifondare lobbedienza civile, ripensato per dal moralista francese alla luce
di categorie mentali esattamente antitetiche a quelle dominanti. Ci nasce
ormai ci chiaro da una diversa lettura del processo storico in atto: a differenza
di chi contemplava la vicenda di dissoluzione vissuta dalla Francia
per decenni come un fenomeno gravissimo, certo, ma di natura contingente,
tale da non intaccare le matrici profonde della societ francese, Montaigne
vi vede i segni di una trasformazione radicale, la cui portata non era tale da
esaurirsi soltanto nella sfera dei rapporti socio-politici, ma stava investendo
anche quella dei convincimento collettivi, intaccando lantico universo delle
certezze etiche della comunit tutta. Questa lorigine della diversit
sostanziale del discorso di Montaigne sui problemi nascenti dalla crisi di
obbedienza in atto e sulla sua possibile soluzione. Allopposto dellindirizzo
che diventer vincente nel Seicento, ispirato alla volont politica di rifondare
il carisma sovrano e lautorit della legge sui valori etico-sacrali della
tradizione, egli rifiuta di tornare a proporre legittimazioni fondate su antiche
sicurezze ormai dissolte, a collegare lobbedienza a princpi travolti dal caos
delle tesi in contrasto, dalla contraddizione. Come non esiste pi unit di
fede questa la sua diagnosi cos non esiste pi concordanza sui fondamenti
religiosi del potere, nonch sul contenuto del giusto, sicch continuare
a fondare il dovere dellobbedienza la base di ogni umana consociazione
ricorrendo ad argomenti di tal fatta gli appare uno sbaglio gravissimo:
significa fornire strumenti teorici alla ribellione, consentire cio ad
ognuno di proclamare lecita la propria scelta di rifiuto delle leggi vigenti,
negando ad esse, sulla base del proprio personale criterio di valore, quel
fondamento etico erroneamente posto a loro legittimazione. Meglio
dichiarare piuttosto che questo tipo di legittimazione non esiste, che lordinamento
legislativo dello Stato trova in se stesso nel connotato suo formale
di espressione positiva della volont sovrana la fonte della sua
autorit, onde cos privare il dissenso di ogni sua possibile motivazione.
Primo tra i moderni ad enunciare la formula del positivismo giuridico,
Montaigne convinto che questa sia la sola strada percorribile allinterno di
un universo morale ormai frantumato per far s che lunit dei consensi si
realizzi nella societ in una sfera sottratta per principio ad ogni sorta di valutazione
razionale o etica del comando statale. Questo il significato delle
parole conclusive del discorso montaignano, quella frasetta modesta, brevissima,
da tutti me per prima disattesa, che invece segna un momento
concettuale di vera rottura. Chiunque obbedisce alle leggi perch sono
giuste, non obbedisce loro in modo giusto, come va fatto afferma

Montaigne, ed tesi la sua lucidissima e triste, che nega il crisma della


moralit a quellatto di sottomissione che nasca da una valutazione etica
della norma civile, che accetti il comando in ossequio ad un superiore principio
di giustizia. Altro deve essere agli occhi di Montaigne latteggia
mento giusto del cittadino di fronte alle ingiunzioni del potere, allapparato
legislativo dello Stato: quel complesso di norme spesso incoerenti e confuse,
certo prive di ogni legittimazione morale, che vanno per obbedite
proprio perch materia estranea ad un giudizio di valore con un atto di
abdicazione passiva, a-critica.
Dottrina triste, lo ripeto; essa segna il punto massimo, mai superato,
della frattura tra la sfera delloggettivit razionale ed etica e la sfera della
legislazione positiva, portando cos agli esiti pi radicali quel rapporto di
alterit nei confronti del giusnaturalismo tomista, in cui ravviso il segno
caratterizzante della filosofia politica montaignana. Unopposizione che traduce
la logica di due universi mentali a confronto: interprete di una realt
storica dalla matrice ancora universalista, di un mondo etico rispondente a
canoni e a valori sostanzialmente unitari, Tommaso aveva trascritto tutto
questo nella sua concezione grandiosa che saldava la vicenda dei popoli, i
loro ordinamenti con i princpi di un superiore disegno, con un codice di
razionalit e di moralit ovunque operante. Conosciamo il diverso scenario
che si apre invece allanalisi di Montaigne, e la sua diagnosi sui caratteri
peculiari della crisi in atto, sicch chiara appare infine la logica di una
opzione teorica che rifiuta il nesso intrinseco fissato da Tommaso tra giustizia
legge e obbedienza e scinde invece nettamente i termini di tale
equazione.82 Bisogna obbedire alla legge non gi perch essa giusta, ma
soltanto perch legge: questa formula di Montaigne giunge diretta a
Hobbes, il quale legge con gli stessi occhi la storia dei tempi, i caratteri propri
di una societ ormai divisa nei princpi e nei valori e partecipa quindi
dello stesso problema politico del moralista francese: sottrarre lobbedienza
al vaglio del giudizio personale dei singoli, alla pluralit dei criteri ormai
esistenti sul giusto e sullingiusto. Solo che egli, a differenza di
Montaigne, pienamente consapevole che un nesso tra razionalit e potere,
tra etica e diritto andava ricostruito, sia pure su basi tutte nuove, meglio
rispondenti alla trasformazione in atto nella societ e nel mondo morale.
Cos invertendo i termini dellequazione tomista, egli sosterr che non la
giustizia oggettiva a costituire il fondamento della legge civile, ma, allopposto,
che proprio la legge come espressione della volont sovrana a
fondare il valore del giusto allinterno dello stato e a garantire cos la
ragione e la morale dellatto di sottomissione.
Anna Maria Battista 291
82 Sulla

crisi del tomismo allinizio del Seicento, cfr. le pagine illuminanti di D EL NOCE,
Riforma cattolica e filosofia moderna cit., pp. 491 sgg.

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