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saggio rielabora e sintetizza i risultati dei seguenti miei studi: Alle origini del
pensiero politico libertino. Montaigne e Charron, Milano, 1966 [rist. emend. 1979, 1989];
Appunti sulla crisi della morale comunitaria nel Seicento francese, Il Pensiero Politico,
1969, pp. 187-223 [cfr. supra, pp. 155-187]; Direzioni di ricerca per una storia di
Machiavelli in Francia, Atti del Convegno su Il pensiero politico di Machiavelli e la sua
fortuna nel mondo, Firenze, 1972, [cfr. supra, pp. 109-135], pp. 37-66); Morale prive et
utilitarisme politique en France au XVIIe sicle, in Staatsrson. Studien zur Geschichte
eines politischen Begriffs, Berlin, 1975, pp. 223-249 [in versione italiana, supra, pp.
XXX]; Come giudicano la politica libertini e moralisti nella Francia del Seicento, in Il
libertinismo e lEuropa, Milano-Napoli, 1980, pp. 25-80; Psicologia e politica nella cultura
eterodossa francese del Seicento, in Ricerche su letteratura libertina e letteratura
clandestina nel Seicento, Firenze, 1981, pp. 321-351 [cfr. supra, pp. 221-247]. A questi
studi far riferimento nel corso della mia esposizione non gi per il gusto dellautocitazione,
ma per appoggiare il mio discorso ad una documentazione testuale e bibliografica
che mi impossibile fornire in questa sede.
2 Una buona ricostruzione della fortuna della tesi storiografica del Burkhardt in seno alla
cultura contemporanea in W. H. FERGUSON, The Renaissance in Historical Thought,
Cambridge Mass., 1948, trad. ital., Bologna, 1969, pp. 255-335.
sterminata bibliografia montaignana mi limito qui a citare quegli studi verso i quali
mi sento debitrice. Fondamentale rimane sempre lapporto della grande ricerca filologico-erudita
di P. VILLEY (Les sources et lvolution des Essais de Montaigne, Paris, 1908, e Les
livres dhistoire moderne utiliss par Montaigne, Paris, 1908), ora integrata dallopera di R.
TRINQUET, La jeunesse de Montaigne, Paris, 1972. Sul piano interpretativo la mia lettura
filosofica degli Essais si muove allinterno della prospettiva fissata da L. B RUNSCHVICG
(Descartes et Pascal lecteurs de Montaigne, New York-Paris, 1944), mentre si dissocia da chi
continua a collegare Montaigne alla lezione morale dellUmanesimo. Di qui lo scarso peso
che assume nella mia ricerca la nota opera di H. FRIEDRICH (Montaigne, Bern-Mnchen,
1967), una rigorosa ricostruzione, insensibile tuttavia alla dimensione innovatrice della riflessione
montaignana. Centrali sono qui invece le indagini polarizzate sulla ricerca psicologica
degli Essais, tra le quali spicca opera di altissima raffinatezza interpretativa il Montaigne
di J. STAROBINSKI (Montaigne en mouvement, Paris, 1982, trad. ital., Bologna, 1984); ma cfr.
anche F. RIDER, The Dialectic of Self-hood in Montaigne, Stanford, 1973; R. REGOSIN, The
Matter of my Book. Montaignes Essais as the Book of the self, Berkeley and Los Angeles,
1977; I. J. WINTER, Montaignes self Portrait and its Influence in France (1580-1630),
Lexington (Kentucky), 1976. Cito invece un famoso saggio di M. H ORKHEIMER (Montaigne
und die Funktion der Skepsis, ora in trad. ital. in Teoria critica, Torino, 1974, pp. 196-252)
come polo simmetrico ed opposto alla tesi che qui sviluppo, perch studio costruito sullequazione
scetticismo-conservatorismo, calata allinterno di un quadro ideologico precostituito.
In materia politica, abbastanza recente la scoperta della portata innovatrice del pensiero di
l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 191. Il rapporto tra scoperte geografiche e relativismo
uno dei pochi punti acquisiti dalla critica montaignana. Per le proiezioni in materia
politica e relativa bibliografia, cfr. BATTISTA, Diritto naturale e relativismo, in Alle origini del
pensiero politico libertino cit., pp. 133-169. Sulle fonti geografiche di Montaigne, cfr. D.
THERMES, La biblioteca geografica di Montaigne, ovvero una fonte primaria del suo relativismo
giuridico-politico, Trimestre, 1986, pp. 120-123.
15 R. DESCARTES, Discours de la mthode, I, in OEuvres, Paris, 1958 (Bibliothque de la
Pliade), p. 132; e ancora, pi oltre: De sorte que cest bien plus la coustume et lexemple
qui nous persuadent quaucune connaissance certaine (ivi, II, p. 136). Sulla centralit della
nuova indagine sulla coustume nel Seicento francese cfr. T. G REGORY, Etica e religione
nella cultura libertina, Napoli, 1986, pp. 59 sgg.
16 Essais, l. I, cap. XXIII, De la coustume et de ne changer aisement une loy recee, ed.
cit., pp. 135-153.
l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 183. Ma cfr. anche Essais, l. II, cap. XII, ed.
cit., p. 604.
18 Essais, l. I, cap. XXIII, ed. cit., p. 135.
l. I, cap. XXIII, ed. cit., p. 144; e ancora: Nous appellons contre nature ce qui
advient contre la coustume; rien nest que selon elle, quel quil soit (Essais, l. II, cap. XXXI, ed.
cit., p. 799); ma cfr. anche Essais, l. III, cap. X, ed. cit., p. 1132 e l. III, cap. XIII, p. 1213.
20 Manca ancora, mi sembra, una ricerca sistematica sulle diverse facce della crisi dellaristotelismo
tra Cinque e Seicento. Sui problemi tuttora aperti e sulle diverse tesi a confronto,
cfr. T. GREGORY, Aristotelismo e libertinismo, Giornale critico della filosofia italiana, 1982,
pp. 157-167. Naturalmente il fenomeno-crisi va confrontato con gli elementi forniti dallopera
fondamentale di CH. B. SCHMITT, A Critical Survey and Bibliography of Studies on
Renaissance Aristotelianism, Padova, 1971.
per la prima volta credo nellevo moderno per indicare la scelta di chi
coscientemente rifiuti il principio di autorit in campo intellettuale nelle due
Anna Maria Battista 257
21 Essais,
22 Essais,
23 Essais,
24 Essais,
742, 746.
solo i riferimenti essenziali di un tema che torna di continuo dalla prima stesura
degli Essais allultima: Essais , l. I, cap. XXVI, ed. cit., p. 180; l. II, cap. VI, pp. 415-417; l.
II, cap. XII, pp. 606-607; l. II, cap. XVII, p. 743; l. III, cap. II, pp. 899, 900; l. III, cap. III,
p. 915; l. III, cap. IX, pp. 1055-1057.
30 Essais , l. II, cap. VI, ed. cit., p. 415. Questo brano aggiunto al testo nella terza stesura
degli Essais, quasi a suggellare una precisa storia di ricerca.
congiunzione con quello che di poco lo precede relativo alla coustume, perch
dalla coscienza di vivere allinterno di un codice di valori artificiali
trasmessi dalla societ e dalla storia che nasce lopzione razionale della solitude
, intesa come unica via percorribile ai fini di uno sforzo di emancipazione
dellintelletto. un iter complesso quello che Montaigne ivi traccia,
cosciente come egli lucidamente che non basta ricorrere allisolamento
esterno, alla scelta del chiostro o del deserto per realizzare la libert della
mente; n basta difendersi dalle immagini del mondo storico, dalle voci che
giungono dalla comunit degli uomini; ma occorre sottrarsi alle voci impalpabili
che agiscono allinterno della propria stessa psiche e che rispondono
allanima popolare, plasmata dai valori consuetudinari, forte in ognuno.33
Essere soli significa cos per Montaigne respingere lappoggio che nasce
persino dalle proprie certezze, quelle assorbite fin dai primi anni in seno alla
famiglia, e poi nei rapporti intellettuali e sociali, quelle che sembrano persino
Anna Maria Battista 261
31 Sul
tema della solitude, come esigenza di riscatto filosofico, nella cultura seicentesca
francese ho scritto in Morale prive et utilitarisme politique cit., e in Come giudicano la
politica libertini e moralisti cit. [cfr. supra, pp.23-24].
32 Montaigne torner a parlare della solitude con gli stessi accenti in Essais l. III, cap. III,
ed. cit., p. 920.
33 Sulla valenza filosofica della nozione di peuple in Montaigne cfr. L. P ALA, Polemiche
anti-popolari nella cultura libertina francese, Trimestre, 1983, pp. 3-39.
frutto di istinto naturale e non lo sono: soli nel senso di un tentativo assoluto
di scissione nella sua dimensione pi ampia fisica, intellettuale, morale
onde porsi cos nella condizione giusta per riscoprire una autonomia
razionale perduta e contemplare infine con occhi nuovi la condizione umana.
Tutto ci approda ad una sola frase, brevissima, vero perno del ragionamento
sviluppato in tutto il capitolo: Ce nest pas assez de sestre escart du peuple;
ce nest pas assez de changer de place; il se faut escarter des conditions
populaires qui sont en nous; il se faut sequestrer et ravoir de soy. 34
Se questo passo si legge congiunto con un altro passo ugualmente importante
ed ugualmente breve: Le Maire et Montaigne ont tousjours est deux,
dune separation bien claire,35 si giunge a percepire con chiarezza quali siano
le implicazioni filosofiche e politiche di questo modo nuovo di concepire il
rapporto io-mondo, contemplato ora in termini di contrapposizione netta tra
il momento esterno, convenzionale della vita, e quello della solitudine interiore,
sede del proprio ideale di ricerca e di riscatto intellettuale e morale.
Nasce qui in questo assunto la storia dellintellettuale nuovo seicentesco,
ovvero, per usare una immagine di sicura evidenza, delluomo dissociato
, storia la cui traccia unificante nelle sue pur diverse espressioni da
Cartesio, a Gassendi, a Malebranche, a Pascal risiede appunto nellassumere
la frattura dai valori codificati dalla societ come condizione indispensabile
ai fini di una vera rinascita filosofica. Ma di questo ho gi scritto lungamente,
fissando qui, in questa immagine scissa, lespressione quasi visiva della crisi
delletica comunitaria propria del Rinascimento e del suo perno concettuale
luomo come politikon zoon e non vorrei ripetermi.36 Desidero solo rilevare
che la tendenza a proporre un ideale morale alternativo a quello tutto civile
dominante nel Rinascimento in Montaigne, come in coloro che verranno,
esplicito e cosciente e porta con s la svalutazione di tutti i valori politici del
vivere, dei modelli di unetica intrinsecamente congiunta con lesperienza
sociale delluomo. Lontanissimi appaiono, quasi appartenenti ad unepoca
remota, i discorsi sulla perfezione della vita civile, sulleccellenza della
scienza politica su ogni altra, che ricorrevano nella letteratura umanistica e
creta, prende forza e si trasmette il codice oppressivo che rende cieca la mente
e ottunde la coscienza morale di ognuno. Pochi anni che vedono affermarsi un
nuovo metodo della ricerca che poggia nel suo primo assunto sullesigenza
filosofica della solitude, della dissociazione, quasi a testimoniare che unepoca
felice della storia, forte delle sue conquiste politiche, etiche ed esistenziali,
aveva esaurito la sua portata dinamica e creatrice.
Analoghe riflessioni suggerisce lanalisi del secondo principio
metodologico si parla ovviamente in senso lato applicato da Montaigne
nel suo iter di ricerca, ovvero luso strumentale, anti-filologico che egli fa
della cultura, in opposizione aperta con i criteri di lettura introdotti
dallUmanesimo. Tocchiamo qui un punto delicato, perch gli Essais vengono
generalmente letti come geniale momento conclusivo della tradizione
umanistica erudita, proprio per la ricchezza delle fonti classiche di cui
lopera appare testimonianza. Ma non questo il punto: non in causa cio
la cultura vastissima di Montaigne, di cui, dopo la ricerca del Villey, nulla
ci ignoto; ma piuttosto il modo singolare di cui egli dei testi classici fa
uso, piegandoli alla logica del suo personale discorso, e respingendo per
principio i canoni di una corretta filologia, celebrata conquista del
Rinascimento. Ci deriva direttamente da quella versione peculiare della libert
intesa come rifiuto del Maestro, come emancipazione dal principio
di autorit in campo intellettuale di cui si detto. Ed in effetti in nome
della propria libert razionale che Montaigne respinge non tanto lapporto
del grande magistero classico, ma piuttosto il metodo con cui esso era
divenuto materia di analisi da parte dei filologi dellUmanesimo, concordi
tutti nel fissare a criterio assoluto di scienza lobbligo della ricostruzione
rigorosa, tecnica a livello concettuale e testuale del pensiero dei Maestri
antichi, nonch il dovere di riproporne con fedelt gli assunti. Di tale metodo
egli teme lapplicazione a-critica, che sta facendo nascere un tipo di intellettuale
sempre descritto negli Essais con impietosa ironia forte di una
erudizione che non apre la mente a idee nuove, ma invece la rende succube,
quasi schiacciata da una sovrastante tradizione. Et puis pour qui escrivezvous?
egli si chiede Les savans qui touche la jurisdiction livresque ne
Anna Maria Battista 263
E. GARIN (cfr. La cultura del Rinascimento, Bari, 1964, pp. 87 sgg.; Scienza e vita civile nel
Rinascimento italiano, Bari, 1965, cap. X; Medioevo e Rinascimento, Bari, 1966, pp. 251
sgg.). Ma prima di lui A. RENAUDET aveva analizzato magistralmente laffermarsi di una
antropologia politica in relazione alla fortuna di Aristotele (cfr. Prrforme et humanisme
Paris pendant les premires guerres dItalie, Paris, 1916, pp. 463-523). Svolta da unaltra
prospettiva, di tipo storico-politico, ma ugualmente determinante la ricerca di R. D E MATTEI
(La dignit della vita e della cultura politica, in Il pensiero politico italiano nellet della
Controriforma, Milano-Napoli, 1982, I, pp. 24-52; e La celebrazione della politica, ivi, pp.
53-67). Importanti anche quelle ricerche di storia economica che mettono in luce la mentalit
civile del mercante del Rinascimento (cfr. A. SAPORI, Il mercante italiano del Rinascimento,
in Problemi storici e orientamenti storiografici, Como, 1942, pp. 345-376; L. FEBVRE, Le
marchand du XVIe sicle, in Pour une histoire part entire, Paris, 1962, pp. 428-453.
quindi che, come Montaigne scrive al termine della vita, hanno valore solo
come strumenti di riflessione in vista di un obiettivo che rimane sempre
identico e a cui egli tutto riconduce, ogni lettura, ogni pensiero: la
decifrazione del suo mondo interiore. Il y a plusieurs annes que je nay
que moy pour vise mes penses, que je ne contrerolle et estudie que
moy; et si jestudie autre chose, cest pour soudain le coucher sur moy, ou
en moy, pour mieux dire.45
Ma valutiamo ora infine quale sia il risultato di una ricerca enunciata
quasi come una sfida contro il conformismo mentale imperante, quale sia
cio limmagine che di se stesso e delluomo (anche se tale accezione generica
egli non avrebbe amato) Montaigne ha portato alla luce, scavando il suo
iter nella solitude, in uno spazio sottratto alle grandi voci del passato, alla
forza evocativa di immagini consolidate.
Il personaggio che emerge dallo scandaglio introspettivo montaignano
sembra quasi lironica e al tempo stesso impietosa smentita di quella concezione
grandiosa dellumano in cui si espresse lanima stessa del
Rinascimento, quella utopia antropologica, che fin dal Quattrocento, dal di43 Montaigne
, l. II, cap. XII, ed. cit., pp. 497-498. Bellissimo un altro passo identico nel concetto:
Qui luy a persuad que ce branle admirable de la voute celeste, la lumiere eternelle de
ces flambeaux roulans si fierement sur sa teste, les mouvemens espouvantables de cette mer
infinie, soyent establis et se continuent tant de sicles pour sa commodit et pour son usage?
(Essais, l. II, cap. XII, ed. cit., pp. 494-495).
l. II, cap. XII, ed. cit., p. 541. Su questo aspetto della riflessione di Montaigne
sul suo scavo dei processi dellimmaginario Starobinski ha scritto pagine di altissima qualit
(op. cit., pp. 128-141).
51 Essais, l. III, cap. IX, ed. cit., p. 1069 (il corsivo mio).
dal loro omaggio, alimento alla propria presunzione. Si legga per cogliere
le pieghe sottili di tale riflessione il cap. XLI del libro primo De ne communiquer
sa gloire il cui passo iniziale pu dirsi chiarimento e sintesi di
un percorso che ha inseguito le varie facce della vanit umana, giungendo
ora a percepirne un ulteriore tratto agente nei rapporti sociali: la preminenza
cui i princpi religiosi, in cui Montaigne credeva, sono oggetto, quando essi
vengono a saldarsi alla politica, o meglio quando alla politica vengono asserviti:
assunti a fondamento di teorie che del nome di Dio si valgono per inseguire
obiettivi contingenti, per dar forza allumana volont di dominio.
Difficile immaginare una concezione politica pi laica di quella di
Montaigne, se cos pu dirsi il pensiero di chi esclude ogni interna correlazione
tra religione e politica; pi laica certo di quella machiavelliana, ferma
al concetto proprio di un certo Rinascimento (quello aristotelico-padovano) sullutile
funzione strumentale delle credenze religiose presso il popolo, da cui ha
poi origine il tema della religio instrumentum regni caratteristico dellala italianizzante
del libertinismo francese.57 Strana posizione invece quella che stiamo
analizzando; dopo che per secoli e secoli si era continuato ad affermare
come una giaculatoria che ogni forma di potere politico discende da Dio o
che tale almeno deve apparire al popolo, ecco giungere Montaigne con tre,
quattro frasi smozzicate ed ironiche, a denunciare tutto questo come una sorta
di grande mistificazione. A ci lo conduce intanto unesigenza logica del suo
discorso filosofico: per lui che vive una scelta assoluta di dissociazione nella
solitude la sede di valori ignorati e sconfitti dal mondo storico ogni
equivoca commistione tra il momento delloggettivit (quello interiore) ed il
momento esterno, contingente, politico della vita lo indigna sul piano teoretico,
prima ancora che su quello morale. Ma insieme al rifiuto teoretico agisce in
Montaigne la sua lucida capacit di analisi della crisi in atto; ora che non esiste
pi unit di fede e di dottrina, ora che tante e contraddittorie appaiono le direttive
divine in materia politica, valersi ancora del nome di Dio per sanzionare il
potere e piegare cos gli animi allobbedienza gli appare un tragico errore, il
segno di una sostanziale incomprensione della essenza propria della trasformazione
dei tempi. Lo dimostra lo spettacolo a cui Montaigne assiste, commentandolo
con triste ironia: il ricorso alloggettivit religiosa di cui ancora ci
si vale per imporre il proprio credo politico appare ormai artificio disvelato
nella sua matrice utilitaria, strumentale al gioco delle parti in conflitto, ognuna
forte di una propria assoluta verit, di una propria teologia politica, sia che si
proclami il carisma inviolabile del monarca, sia che a questo si opponga il
diritto originario del popolo al comando. La superiorit et inferiorit scrive
Anna Maria Battista 275
57 A differenza
choisies, il nen y a une seule qui ne soit contredite et desadvoe non par une
nation, mais par plusieurs.61 In questa rapida liquidazione del diritto naturale
, in quel tema evocante laspirazione ricorrente del pensiero umano a
dare una qualche certitude alle leggi positive, una legittimazione sul piano
razionale ed etico, c ancora il segno chiaro dellapproccio tutto laico di
Montaigne alla politica e ai suoi problemi, tradotto nella frattura cos nettamente
definita tra la sfera delloggettivit calata ormai nellinteriorit della
coscienza e la sfera del mondo storico, dellesperienza politica in senso lato.
Ora una simile lettura del Montaigne politico, tutta svolta in una chiave
anti-metafisica, conduce diritto ad un interrogativo che poi il presupposto di
questa ricerca: quale sia la posizione del moralista francese nei confronti della
scienza politica per antonomasia, costruita anchessa secondo una logica tutta
umana, a-trascendente del vivere civile: quella machiavelliana.62 questo un
quesito che esige due livelli di risposte: il primo poggia su un facile riscontro
testuale, il riferimento diretto che Montaigne dedica a Machiavelli, chiedendosi
se almeno lui il discusso politico italiano famoso per la positivit dei
suoi argomenti sia giunto a sviluppare un discorso politico solido, diverso
da quelli, opinabili e vani, di una trattatistica di cui ha gi rilevato linconsistenza.
Ma neppure Machiavelli esce indenne da una critica condotta secondo
la logica del vecchio scetticismo, neppure la celebrata concretezza delle sue
analisi, fragili anchesse agli occhi di Montaigne, come ogni altro discorso in
materia politica. Ecco il testo: Notamment aux affaires politiques il y a un
beau champ overt au bransle et la contestation []. Les discours de
Machiavel, pour exemple, estoient assez solides pour le subject, si y a-il eu
grand aisance les combattre; et ceux qui lont faict, nont pas laiss moins
de facilit combattre les leurs. Il sy trouveroit tousjours un tel argument
dequoy fournir responses, dupliques, repliques, tripliques et quadrupliques, et
cette infinie contexture de debats que nostre chicane a along tant quelle a
peu en faveur des procez, les raisons ny ayant guere autre fondement que
lexperience et la diversit des evenements humains nous presentant infinis
exemples toute sorte de forme.63
Il primo rilievo che suggerisce tale brano investe la materia del contendere,
che non affatto letica, non affatto cio la sede privilegiata della
grande offensiva polemica contro il Machiavelli in corso nel Cinquecento. Per
un Montaigne ancora e sempre consequenziale con la sua scelta di scissione
61 Ivi,
p. 653. Ho analizzato la critica del diritto naturale in Montaigne, con relativa bibliografia,
e le sue proiezioni nel Seicento fino a Pascal in Diritto naturale e relativismo, in Alle origini del
pensiero politico libertino cit., pp. 133-169; e Come giudicano la politica libertini e moralisti cit.
62 Per una analisi complessiva del problema e relativa bibliografia, cfr. B ATTISTA, Sul
machiavellismo di Montaigne, in Alle origini del pensiero politico libertino cit., pp. 1-50 e
Direzioni di ricerca per una storia di Machiavelli in Francia cit. [cfr. supra, pp. XXX].
63 Essais, l. II, cap. XVII, ed. cit., p. 740. Montaigne doveva aver letto assai attentamente i
Discorsi, perch egli ne utilizza le testimonianze storiche senza citare la fonte, a proposito del
uno dei maggiori protagonisti della nostra storia culturale. Credo su questo
punto invece di poter rimanere ferma alla mia vecchia tesi: che laffermarsi
della cultura della dissociazione segna una forma peculiare di crisi del pensiero
di Machiavelli, crisi che non nasce neppure da un reale dissenso, ma
piuttosto dal venir meno in seno a tale cultura di ogni forma di sostanziale
rispondenza ai problemi propri di Machiavelli, s da giungere allimpossibilit
di un vero confronto. Troppa la distanza che separa lantropologia dellautore
fiorentino, le sue passioni, la materia della sua ricerca, espressioni
tutte di una Weltanschauung intrinsecamente politica, di una concezione unitaria
dellesperienza umana, dalluniverso mentale del nuovo intellettuale
nascente dalla crisi di fine secolo, volutamente scisso dalla societ e dai suoi
valori, ambizioso soltanto di pervenire al suo ideale di emancipazione interiore
al riparo dalla follia degli uomini. Ed in effetti, se si percorre la letteratura
eterodossa francese di primo Seicento, si constata che il solo tema machiavelliano
oggetto di reale interesse quello come ho gi detto della religio
instrumentum regni, che risponde perfettamente alla prevalente esigenza di
ordine esterno, alla comune aspirazione di vederlo comunque, a qualsiasi
prezzo, garantito, in cui si esprime la dimensione tutta privata del vivere propria
delluomo dissociato. Il resto o meglio il prius della grande riflessione
politica machiavelliana viene a cadere, non suscita alcun riscontro di rilievo,
alcuna vitale reazione, neppure di ostilit, di polemico dissenso.
Per tornare a Montaigne, alla nostra guida di lettura di un fenomeno dai
pi complessi sviluppi, certo la lontananza che esiste tra la sua vicenda etica,
filosofica, esistenziale e quella di Machiavelli abissale. Tutte le facce di un
iter venuto fin qui alla luce lo provano: la centralit che assume negli Essais la
riflessione sulla coustume, sulluniverso di valori artificiali trasmesso dalla
societ e dalla storia, la versione intellettualistica della libert propria del
moralista francese come emancipazione della mente, la matrice teoretica della
sua esigenza di solitude, la ricerca psicologica usata come scoperta delluomo
privato, interiore, lo scetticismo radicale sui risultati ottenuti da chi la
politica ha assunto a teoria, a scienza, e, aggiungo ora, limmagine che
della politica egli oppone negli Essais come mero camuffamento, commedia,
abile uso della suggestione, del mito per mascherare vicende spesso banali,
spesso meschine, sempre connesse ad interessi utilitari e contingenti.
questo, a mio avviso, il momento pi geniale della riflessione politica di
Montaigne: profondamente scettico lo si visto sul peso che ha la dottrina
ai fini della costruzione del crisma della sovranit, egli analizza attentamente
invece a tal fine il ruolo delle immagini, dei miti, di quegli stimoli allimmaginario
collettivo che gli appaiono costituire, assai pi del verbo opinabile della
teoria, la matrice reale del consenso, dellobbedienza. una riflessione la sua
stranamente bifronte: perch essa muove da uno studio scientifico dei fattori
grazie ai quali limmagine saggiamente costruita viene a sovrapporsi alla realt
prosaica e brutale del potere sovrano, mascherandola ed agendo invece sullin
conscio collettivo, onde suscitare riverenza e rispetto. Ma proprio tale analisi
tutta poggiante sullesigenza del mito ai fini dellordine politico finisce per
disvelare della finzione tutti gli interni ingranaggi, ne mette a nudo gli artifici,
fino a porre sotto gli occhi di tutti la faccia occulta di una grande mistificazione.
il mistero della politica, del suo successo poggia qui per Montaigne, sulluso
sapiente della maschera, che come avviene per gli attori consente al
potente, allo stesso Sovrano di sottrarre agli occhi del pubblico la sua vera
fisionomia, la meschinit dei suoi tratti intellettuali e morali e di apparire sullalto
palcoscenico, ove la potenza ha sede, come sublimato in un essere
intrinsecamente grande, diverso dai comuni mortali. Fino alla fine, fin nelle
ultime postille al suo discorso, Montaigne si soffermer ad analizzare questo
grande gioco di mascheramento, fonte ai suoi occhi del misterioso carisma
della regalit. Cest tant estre Roy egli scrive quil nest que par l. Cette
lueur estrangere qui lenvironne, le cache et nous le desrobe, nostre vee sy
rompt et sy dissipe, estant remplie et arreste par cette forte lumiere. 70
Ecco lalone e la maschera divenire sinonimi, esprimere quella stessa esigenza
di frattura tra la realt e limmagine di cui egli analizza il segno ovunque il
potere abbia sede; 71 una frattura che poi una difesa, come lo , ad esempio,
luso accorto del silenzio per un Sovrano, ancora una maschera utile a
nascondere la debolezza di un intelletto in nulla dissimile da quello di ogni
miserrimo uomo.72
Ma la logica bifronte che caratterizza tale analisi, lambiguit di un discorso
che propone la maschera a difesa del potere e al tempo stesso ne
68 Ivi, p. 1047.
69 Ibidem.
70 Essais, l. III, cap. VII, ed. cit., p. 1030.
71 Pour conserver lauthorit du Conseil des Roys,
scompone gli interni meccanismi non poteva non giungere al suo esito distruttivo.
Proprio lautore che pi attentamente di ogni altro ha indagato il processo
psicologico grazie al quale il mito del Monarca simpone sulla societ e ne
diventa il necessario elemento unificante, colui che tale mito smaschera con
penna impietosa, mettendo alla luce la matrice assurda di tale grande illusione
collettiva. un passo, quello che qui trascrivo, che non ha precedenti nella
letteratura occidentale; esso sviluppa ancora la metafora del teatro, della
maschera, ma questa volta con segno rovesciato, come simbolo di una mistificazione
che si manifesta, analoga, sulle tavole del palcoscenico come nei
luoghi arcani del Potere. Sul palcoscenico come sul trono agiscono infatti personaggi
la cui identit finisce per saldarsi agli occhi del pubblico con gli eroi
che essi rappresentano, con i loro prestigiosi travestimenti; ma si tratta soltanto
di una finzione Montaigne sembra volerlo dire ad alta voce il Re come
il commediante, se alcuno riuscisse a vederlo nudo nei costumi di scena,
soltanto un povero uomo, uguale nelle passioni e nelle debolezze, allultimo
dei suoi sudditi. Ecco il testo: Car comme les joueurs de comedie vous les
voyez sur leschaffaut faire une mine de Duc et dEmpereur, mais tantost
aprs, les voyl devenuz valets et crocheteurs miserables, qui est leur nayfve
et originelle condition: aussi lEmpereur, du quel la pompe vous esblouit en
public, voyez-le derriere le rideau; ce nest rien quun homme commun, et,
ladventure, plus vil que le moindre de ses subjects [] la coardise, lirresolution,
lambition, le despit et lenvie lagitent comme un autre, et le soing et
la crainte le tiennente la gorge au milieu de ses armes.73 Senza precedenti
questo passo per non poche ragioni; espressione intanto di un singolare
da vicende recenti, quando, nel corso delle guerre civili, i pamphlets delle due
parti avverse erano giunti a coinvolgere, con la violenza delle loro denunce e
delle loro accuse, la persona stessa del Monarca, aggredita, insultata, derisa al
cospetto di tutta la popolazione. Ed ecco giungere Montaigne, che di quel
trauma collettivo lo si detto certo il pi straordinario interprete, con
questo suo ritratto della regalit, che non concede al Monarca neppure pi la
dignit di suscitare parole di avversione, di odio, evocato, come qui appare,
con la sua povera faccia, segnata anchessa, come ogni altra, da rovelli oscuri:
la vigliaccheria, la vilt, linvidia, la paura. Non erano soltanto i miti della
tradizione il Re-guerriero esaltato dai cantori, il Re pastore dei popoli per
volont divina ad uscire sconfitti da questo discorso; era anche il principe
machiavelliano, la cui immagine evocava ancora il misterioso segno della
diversit, nella sua torva, tragica grandezza.
Non si pensi che questa delicatissima materia sia un tema occasionale in
Montaigne; la distruzione del carisma della regalit, di ogni sua legittimazione,
torna ad imporsi, esplicita, in un brano che pu dirsi la sintesi di
tutto un percorso tracciato allinterno delle illusioni della psicologia collettiva
e del loro dissolversi, quando si giunga a contemplare il Monarca, le sue
azioni con occhi nuovi, senza alcun filtro che ne trasfiguri lorigine e gli obiettivi.
Les ames des Empereurs et des savatiers egli scrive - son jettes
mesme moule. Considerant limportance des actions des princes et leur pois,
nous nous persuadons quelles soyent produites par quelques causes aussi
poisantes et importantes; nous nous trompons: ils sont menez et ramenez en
leurs mouvemens par les mesmes ressors que nous sommes aux nostres. La
mesme raison qui nous fait tanser avec un voisin, dresse entre les Princes
une guerre; la mesme raison qui nous faict foter un lacquais tombant en un
Roy luy fait ruiner une province. Ils veulent aussi legierement que nous,
mais ils peuvent plus. Pareils appetits agitent un ciron et un elephant. 74
Qui giunti, lazione distruttiva sviluppata negli Essais appare chiara
ormai nelle sue diverse facce, s da rendere esplicito quel nodo problematico
posto a premessa di questa rilettura del Montaigne politico: che proprio
laudacia di un pensiero ispirato alla logica di un ripensamento critico globale
a costituire la causa del suo scacco in materia politica, della incapacit
l. II, cap. XII, ed. cit., p. 526. Lo stesso concetto, sul peso misconosciuto delle
passioni private e meschine dei potenti sulle decisioni pubbliche, in Essais, l. III, cap. X,
ed. cit., p. 1142.
tabula rasa senza avere gli strumenti per riprendere un discorso costruttivo.
Conosciamo ormai le tappe di questo percorso critico ed i suoi bersagli: le
antiche legittimazioni del potere politico su basi etico-religiose, le teorie
giuridico-teologiche sul principio oggettivo della norma, i risultati della
nuova scienza politica di fondazione empirica, ed infine la forza di suggestione
del mito, disvelato anchesso nella sua fragilissima trama.
E allora linterrogativo che ci si pone lo stesso che Montaigne si pose:
quale strada si apriva a lui ormai per risolvere il problema che anchegli
vedeva primo su ogni altro: quello di legittimare lobbedienza a garanzia di
una pacifica umana consociazione. Va detto che la sua risposta testimonianza
di coerenza massima e al tempo stesso di massima impotenza; essa si traduce
in due opzioni che riflettono con rara consequenzialit i princpi
primi di una grande ricerca esistenziale insieme ai due suoi aspetti irrisolti: la
scelta personale del silenzio, ovvero la cosciente abdicazione ad enunciare
qualsivoglia teoria in materia politica, e la decisione a favore di una obbedienza
necessariamente passiva, a-critica nei confronti del potere vigente.
Valutiamo dunque il significato di una opzione di silenzio; in effetti, la
riflessione degli Essais rinuncia sistematicamente ad affrontare la materia
politica su un piano costruttivo, a proporre la propria soluzione ai problemi
di una societ sconvolta, a prospettare soluzioni istituzionali nuove per una
storia nuova, profondamente segnata da un processo di trasformazione. Su
tutto questo Montaigne tace; ed un simile atto di astensione ha dato origine a
quella configurazione di lui imposta da Horkheimer in un saggio famoso 75
quale personaggio chiuso in un freddo distacco aristocratico dalle vicende
degli uomini, insensibile ad ogni sorta di passione civile, capace soltanto di
dirsi fautore di un ordine esterno, garante per lui e per i suoi simili di una
pacifica vita civile. questa limmagine che ritengo oggi di dover mettere
in discussione, sostenendo invece che il silenzio di Montaigne in materia
politica una opzione deliberata, nascente da una esigenza logica sul piano
filosofico e al tempo stesso da una reale tensione morale.
La chiave per tornare a riflettere su questo problema ce la fornisce un
importante discorso svolto nel cap. XXIII del libro primo degli Essais: una
dura polemica contro il riformatore politico assunto a modello paradigmatico.
Di lui Montaigne rifiuta la struttura mentale, quella matrice psicologica da cui
Anna Maria Battista 285
75 Il
una antinomia. Qui lui stesso in causa, con la sua scelta ambiziosa di ripensare
criticamente il mondo, di sottrarsi al dominio della coustume, al prestigio
del Maestro, ma anche con la sua lucidissima coscienza che tale sforzo di
emancipazione razionale pu diventare strumento rischioso, se applicato alle
grandi certezze collettive su cui poggia lordine costituito. un problema
nuovo questo, connesso a quella esigenza nuova di ricerca che egli persegue,
la temerit de juger, questa immagine inconsueta in chi amava presentarsi in
una veste banale, blanda, dimessa, dimostra come Montaigne misurasse
invece a pieno lardire della sua opzione filosofica, la forza della sua
negazione, lincertezza dei suoi esiti, i suoi rischi. su questo ultimo punto
sul prezzo di una simile opzione che il discorso del grande moralista diventa
complesso e articolato, perch il rischio del dubbio una di quelle scelte che
alluomo dato di vivere esclusivamente da solo, dove in gioco soltanto la
sua storia etica ed intellettuale, la sua sfera privata di convincimento.
Montaigne lo afferma con una radicalit senza appello la raison prive na
quune jurisdiction prive quasi a definire una partita che quale che sia il
suo prezzo deve risolversi tutta nel chiuso ambito della propria coscienza.
Ma forse lecito egli portato a chiedersi riconoscere al pensiero umano
lo stesso diritto, l dove entra in causa la materia politica, consentirgli la stessa
facolt temeraria, l dove il pensiero in grado di incidere sulle sorti collettive?
La risposta di Montaigne a questo interrogativo il dovere etico del
silenzio, che poi abdicazione allaspirazione ambiziosa di ogni uomo di
penna di fornire la propria ricetta ai problemi della vita associata.
Viene cos alla luce un nodo teorico del massimo interesse: che la pi
compiuta esigenza antidogmatica finisce necessariamente per congiungersi
con la pi compiuta forma di passivit razionale nella sfera del politico.
questo un nesso logico di cui Montaigne ci fornisce la chiave, quando ci
spiega che perseguire in questo campo delicatissimo la stessa logica di ricerca
che lo appaga nel suo universo privato quel procedere a tastoni,
nella nebbia, senza pi punti di riferimento gli apparso fin dagli anni
della giovinezza una scelta irresponsabile. Significa elevare il risultato incerto
e opinabile delle proprie fantasies prives a metro di giudizio dei
Anna Maria Battista 287
77 Essais,
mystique de leur authorit; elles nen ont poinct dautre. Qui bien leur
sert. Elles sont souvent faictes par des sots, plus souvent par des gens qui,
en haine dequalit, ont faute dequit, mais tousjours par des hommes,
autheurs vains et irresolus. Il nest rien si lourdement et largement fautier
que les loix, ny si ordinairement. Quiconque leur obeyt parce quelles sont
justes, ne leur obeyt pas justement par o il doibt.81 A commento di questo
passo torno a proporre quellaffermazione da cui mossa la mia analisi
attuale: che la prospettiva politica di Montaigne va calata allinterno di uneAnna Maria Battista 289
80 Essais,
l. II, cap. XII, ed. cit., p. 657 (il corsivo mio). Ma cfr. lo stesso concetto: Comme
nous appellons justice le pastissage des premieres loix qui nous tombent en main et leur dispensation
et pratique, souvent tres inepte et tres inique (Essais, l. II, cap. XXXVII, ed. cit., p. 857).
81 Essais, l. III, cap. XIII, ed. cit., pp. 1203-1204 (il corsivo mio).
crisi del tomismo allinizio del Seicento, cfr. le pagine illuminanti di D EL NOCE,
Riforma cattolica e filosofia moderna cit., pp. 491 sgg.