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Oltre Il Dolore
Francesca Randisi
Oltre Il Dolore
OLTRE IL DOLORE
romanzo biografico
scritto da
Francesca Randisi
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Oltre Il Dolore
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Oltre Il Dolore
Lattesa
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Oltre Il Dolore
condizioni di salute.
Sento che dice queste cose anche per rassicurarmi, e non posso
fare a meno di esternare tutto ci che sento, perch io so dal
profondo del mio cuore che il merito tutto di loro, che sono stati
capaci di essere al tempo stesso genitori e dottori per il mio
bambino e dei veri amici per me.
Non ce lavrei fatta ad arrivare al punto in cui siamo senza il
loro calore che ho avvertito sempre e sempre pi forte.
Non so fino a che punto si rendano conto di quanto mi siano stati
di aiuto. Riesco a dire tutto questo con assoluta sincerit guardando
negli occhi il dr. Aiaxit il quale imbarazzato mi interrompe, con un
tono di voce che tradisce l'emozione, anche gli occhi di Tot e Lorj
brillano pi del dovuto. <<Basta adesso signoravada a dormire
Se no... la serata finisce in lacrime...>>. <<Vadovado...>> gli
dico, <<ma.ancora una cosa,sono preoccupata per domani
comunque vada, so che voi farete tutto il possibile per il
bambino.>>
Esco, vado sul balcone del reparto che si affaccia sulla scogliera
a respirare ad occhi chiusi aria fresca, profumata di mare, quando
riapro gli occhi mi ritrovo accanto Lorj e Tot decisi a non
lasciarmi sola.
La serata tranquilla, respiro forte quasi a voler entrare in
sintonia con tale calma e tale bellezza, ma non ci riesco. Il
gradevole rumore del mare, coperto ogni tanto dal fischio delle
sirene di una nave in arrivo o in partenza dal vicino porto, contrasta
la sera, col silenzio di questa ala dell'ospedale.
Chiunque potrebbe intuire il mio stato d'animo, figuriamoci Lorj
che mi sempre stata molto vicina, sa che ho bisogno di
tranquillit, ma comprende anche, che in questo silenzio le mie
paure, le mie preoccupazioni si acuiscono, si dilatano
enormemente, mi abbraccia di slancio sussurrandomi
:<<Francesca, , non so se al tuo posto sarei stata capace di tanto.
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La risoluzione
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Lincubo
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La nascita
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Lincontro
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modo che mi fece piacere conoscere, e che spesso ritrovo nei miei
ricordi pi belli.
La prima sera che la mamma di Giampiero rimase in ospedale mi
chiese di aiutarla, e mi confess le sue paure e il suo smarrimento:
erano le stesse che avevo provato io, e sent per lei una forte
solidariet che non mancai di dimostrarle.
Ci ritrovavamo spesso a parlare di noi, delle nostre famiglie, del
nostro lavoro e di mille altre cose come vecchie amiche; mi accorsi
presto che lei aveva riposto in me la sua fiducia, mi credeva capace
ed io mi sentivo utile e caricata e adesso ero io che incoraggiavo e
questo mi serv a ritrovare il mio equilibrio emotivo e psicologico,
e le sono intimamente grata per quello che inconsapevolmente
riusc a darmi.
Durante la permanenza in ospedale imparai a dare da mangiare a
Stefano tramite il tubicino che aveva collegato allo stomaco , a fare
la medicazione ,ed ero riuscita a fare tante altre cose che credevo
impossibili per me e questo mi dava tanta serenit nel tornare a
casa con il bambino per festeggiare il Natale in famiglia in assoluta
normalit, cosa di cui sentivo estremo bisogno; ma la mia gioia fu
stemperata dalla tristezza di allontanarmi dalla mia nuova amica e
da suo figlio.
Difficile tradurre in parole la felicit che provammo la prima sera
che ci siamo ritrovati a dormire tutti e quattro insieme, e poco
importa se la passammo insonne per sorvegliare Stefano che chiss
per quale strano meccanismo emozionale temevamo di non
ritrovare pi al nostro risveglio.
Le festivit natalizie trascorsero alternando serenit ed ansia per
le sue condizioni di salute che cominciarono a preoccuparmi perch
dimprovviso pi volte al giorno il colore del suo viso diventava
rosso scuro come se avesse dalle gravi difficolt respiratorie ed
andava in apnea.
Cominciai a tempestare di telefonate i medici che lo avevano in
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Il primo allungamento
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Ultima chance
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erano stati sottoposti aveva fatto soffrire tutti, ed Enzo, che era il
pi debole perch piccolo aveva naturalmente pagato lo scotto
maggiore, mi accorsi, col passar degli anni, che il mio
atteggiamento nei suoi confronti cambi drasticamente perch, mi
resi conto che inconsciamente volevo farmi perdonare per quella
mia, anche se non voluta, assenza.
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che mi faceva bene parlare con lei che era una persona simpatica e
che su di me aveva un effetto positivo.
Avrebbe voluto averci a cena, ed insieme al suo ragazzo
Gianfranco, ci aveva pi volte invitato, ma non eravamo mai
nellanimo giusto cos fin che non accettammo mai, ma Claudia e
Gianfranco erano persone molto sensibili e capivano ogni volta il
perch del nostro rifiuto.
E passato pi di un mese da quando Stefano stato operato, e
finalmente si cominciano a notare
dei segni evidenti di
miglioramento: dallanalisi dellemogas si vede che lossigenazione
del sangue visibilmente aumentata, ed il respiratore automatico fu
messo al minimo, il ritmo cardiaco si era stabilizzato e Il dr. Sciarra
e gli infermieri ogni volta che notavano un miglioramento, con
gioia me lo comunicavano, facendomi leggere i risultati delle
analisi.
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Il miracolo
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La ricaduta
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Quando il professore usc dalla sala operatoria, con gli occhi bassi
e laria triste, disse solamente: <<Signora, non riesco a capire..,
non passato io sto impazzendo.. non riesco a trovare il
buco. non c passaggio, mi dispiace.ma non so pi cosa
dirle.>>
Giuseppe per la prima volta diede sfogo a tutta la sua rabbia,
prendendo a calci e pugni il muro davanti a lui; non provai
nemmeno a calmarlo.
Tutti sapevamo perfettamente, anche se nessuno dei medici osava
dircelo apertamente, che se non si risolve il problema bisogna
ricorrere ad un altro intervento chirurgico, si sarebbe dovuto
asportare la parte di esofago ormai rovinata dallinfezione, dove si
era formata la stenosi cicatriziale serrata, dopo tutto quello che
aveva subito per allungare lesofago, adesso bisognava accorciarlo.
Rimanemmo tutta lestate chiusi in ospedale, anche perch io
avevo rifiutato di rientrare a casa, semplicemente per paura, anche
se il professore mi dava la possibilit di portarmi laspiratore
elettrico, che lui aveva comprato per me, e che io ormai sapevo
usare benissimo.
Ad agosto il reparto era vuoto, ceravamo io, Stefano due
infermieri per turno, il medico di guardia ed un neonato piccino che
era stato abbandonato dai genitori, si chiamava Antonino.
Stefano nonostante i problemi che aveva era felice e sereno, gli
infermieri erano tutti per lui, i medici che lo coccolavano chi gli
portava regali, chi lo faceva giocare e lui era sempre allegro.
Una sera, era il due settembre, cera di turno il dr Wolf, un nuovo
medico che era arrivato in reparto da circa un mese, Francesca e
Giuseppe S., stavo dando la pastina a Stefano per gastro ed
eravamo quasi alla fine del pasto quando allimprovviso Stefano
cominci a vomitare dalla bocca la pastina che aveva preso per
gastro.
Il dr. Wolf, che aveva assistito a questo evento, era rimasto
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incredulo dicendo: <<Se non lavessi visto con i miei occhi non ci
avrei mai creduto, abbiamo tentato diverse volte e non cera alcun
passaggio, era tutto chiuso, lo dimostra il fatto stesso che non riesce
a passare la saliva. Adesso lui che fa? vomita! Vorrei sapere una
cosa>> chiese scherzosamente a Stefano, <<ma da dove ti passato
sto vomito, me lo dici eh Stefano!>>
Il dr. Wolf raccont telefonicamente laccaduto, al professore
che ebbe una reazione isterica: <<E assurdo! Se non impazzisco
questanno con questo bambino non impazzisco pi!, Sto bambino
un rebus, un mistero. Eri presente pure tu durante lendoscopia
continuava a dire il professore al dottor Wolf hai visto che non
cera nessun passaggio, non cera nemmeno il buco per fare passare
il filo del dilatatore, com che lui adesso vomita? Per farmi
impazzire?>>
Il dr. Wolf raccont il dialogo avuto con il professore a
Francesca, Giuseppe e me, e fu impossibile trattenerci dal ridere.
Giuseppe, da gran simpaticone quale era cominci a montare su
questa storia, una delle sue solite battute: <<Ecco il mistero
secondo Stefano Scorsi E nato, andava in apnea ed era un
mistero, ha fatto il primo allungamento sec kimura, e tutti i
medici compreso il professore credevano che non fosse riuscito a
farcela, ed invece ha superato questa fase ed stato un mistero.
Quando fece lintervento di anastomosi, tutti davano per scontato,
compreso io, che non sarebbe sopravvisuto, invece, il bambino
lha superato ed stato un mistero, il professore non trova il
buco, e il bambino se lo creato da solo vomitando, altro
mistero.>>
Giuseppe riusciva sempre a trovare i risvolti comici anche nelle
situazioni tragiche, riuscendo a farci sorridere, anche quando
nessuno di noi ne aveva voglia.
Tra risate, angosce, preoccupazioni e piccoli eventi positivi siamo
arrivati al quindici settembre.
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A casa
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Stefano al sicuro.
La mattina seguente a Stefano fu fatta un'altra dilatazione.
Era il 26 Settembre, il bambino era stato programmato per ultimo,
era entrato in sala operatoria alle ore 12:00, alle 13:30 esce il
professore dalla sala operatoria, con lespressione felice,
dicendomi: <<laria di casa al bambino ha fatto bene.>> Erano
riusciti a dilatarlo, sorridendo and via, per noi fu la fine di un
incubo.
Le dilatazioni continuarono per altre due settimane, permettendo
cos di riprendere ad alimentarsi per via orale senza difficolt.
Le dilatazioni furono programmate inizialmente ogni quindici
giorni, poi una volta al mese, e siccome tutto procedeva bene, nel
senso che ormai Stefano non
soffocava pi, e riusciva a mangiare i cibi liquidi e semiliquidi,
fummo dimessi.
Dopo solo tre mesi di apparente tranquillit Stefano ha
cominciato ad avere dei problemi di deglutizione, mangiava e
rigurgitava, e tutto faceva pensare ad unaltra probabile stenosi.
Per cui il professore, prima di fare una dilatazione ha ritenuto
opportuno eseguire un transito esofageo in scopia, una
radiografia dellesofago mentre il bambino beveva un liquido, e fu
evidenziato un diverticolo; una parte dellesofago in
corrispondenza della stenosi si era eccessivamente dilatato,
formando una sacca.
Questa sacca, si riempiva quando il bambino mangiava ,
provocandogli un senso di soffocamento, e nello stesso tempo
ostruiva il passaggio del rimanente cibo nellesofago.
Stefano, che fino a quel momento non aveva mostrato alcuna
reticenza nel mangiare, adesso si rifiutava di farlo, perch tutte le
difficolt da lui subite ed affrontate lo avevano in qualche modo
traumatizzato, per cui concordando il da farsi coi medici
decidemmo di non forzarlo per evitare ulteriori problemi
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L'imprevisto
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evitare cos di
stimolare il reflusso: ma fall anche questo espediente, e la
situazione non cambi nemmeno quando ritornammo ad
alimentarlo per gastrostomia.
Il mio intuito mi avvisava che un nuovo intervento era in arrivo, e
quando il professore chiamava me e Giuseppe insieme solitamente
era per darci brutte notizie.
Durante una esofagoscopia, si era evidenziata un grave forma
di reflusso che era la causa dei gravi segni di irritazioni
allesofago, quindi diventava necessaria fare una plastica antireflusso e necessariamente chiudere la gastrostomia.
Dopo tante peripezie, nulla ci sorprendeva pi, ormai si parlava di
interventi come se fossero delle dilatazioni.
L11 Aprile del 96 si fece lintervento dellIsolamento
Gastrostomia / Mobilitazione Esofago / Plastica Pilastri
Diaframmatici / Fundo Plicatio Secondo Nissen.
Ci eravamo talmente abituati a vedere entrare Stefano in sala
operatoria che, almeno io, non riuscivo pi a piangere, e questa
cosa mi faceva davvero paura, anche perch mi ero accorta di aver
assunto un atteggiamento professionale, tanto da essere diventata
fredda e distaccata nei confronti della malattia di Stefano.
Questo mio atteggiamento cominciava seriamente
a
preoccuparmi; forse per il troppo tempo trascorso in ospedale,
oppure per i troppi dispiaceri avuti nel giro di poco tempo, cap
che questa probabilmente era diventata una forma di autodifesa
contro le avversit, comunque sia, temevo una completa
assuefazione che come conseguenza mi poteva portare ad accettare
passivamente il tutto, ed invece io non volevo perdere la grinta, la
forza, e la speranza che, fino ad ora mi avevano sorretta.
Lunico pensiero che mi sfior quella mattina fu: ma che cos
diventato il mio bambino?.
Dopo lintervento solita trafila, alcuni giorni di terapia intensiva e
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Il nuovo arrivato
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andata via troppo in fretta e alla sua mamma che non aveva avuto
il tempo di scoprirsi migliore di quello che credeva di essere.
Mentre parlavo, cercavo di comprendere il perch di questa
domanda, non capivo come mai, con tutta lesperienza che si
ritrova, gli riusciva difficile capire certi stati danimo, e per un
attimo fui cattiva nei suoi confronti, pensai che forse
nellascoltarmi poteva godere del pi bieco e cinico
compiacimento; mi pentii quasi subito di questo pensiero.
Sono trascorsi dieci giorni da quando ho pensato che il calvario di
Stefano fosse terminato, purtroppo non stato cos perch da alcuni
giorni Stefano manifesta problemi di deglutizione.
E il 26 aprile, Stefano non riesce a mangiare niente, ha lesofago
completamente occluso; non passa lacqua e tanto meno la saliva
che non riuscendola a deglutire gli si accumula con il rischio di
soffocare.
La disperazione si trasforma in pena cocente tutte le volte che
Stefano corre piangendo dietro le infermiere che distribuiscono il
mangiare, piange e le implora perch ha fame, ha sete e ci sentiamo
tutti messi a dura prova.
La diagnosi sempre la stessa: possibilit di stenosi, o scarsa
tonicit dellesofago.
Comincia a nascere dentro di me una grande angoscia, poich
incomincio a mettere a fuoco quello che avevo cercato di ignorare,
volevo illudermi che le nostre sofferenze fossero finalmente
terminate; e adesso invece cosa salta fuori? Che lesofago non ha
una peristalsi attiva! Ancora una volta sento echeggiare dietro di
me una risata cattiva ma in cuor mio sento che neanche questa volta
lavr vinta, e cerco di raccogliere tutte le mie forze per poter
continuare a guardare avanti.
<<Perch il destino cos malvagio e crudele?
Perch la vita fa questi scherzi?>>
Tanti perch mi assalivano la mente ma mai sono riuscita a
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Lincoerenza
Per tutto il giorno pensai e ripensai a quella discussione, per nulla
al mondo avrei voluto litigare con il professore o avrei messo in
discussione il suo operato, ma non potevo nemmeno accettare
passivamente un suo inutile rimprovero, ero molto risentita nei
confronti del dr. Elmador che ritenevo il responsabile di tale
situazione.
Avvertivo un fastidioso senso di imbarazzo nei confronti di tutti i
medici, perch mai mi sarei permessa in altre occasioni di alzare la
voce, e di scontrarmi con loro. Lindomani mattina incontrai nel
corridoio il dr. Elmador e con il suo solito sorrisetto mi chiese se
ero ancora arrabbiata con lui.
<<Sono indignata e delusa!>> risposi seccamente.
<<Vede, Francesca>>, disse con un tono come se parlasse ad una
bambina, che mi fece irritare ancora di pi <<ci sono delle
situazioni in cui una persona non pu sostenere le proprie teorie,
anche se le ritiene valide, come per esempio ieri, io non ho potuto
contrastare il professore durante la visita.>>
<<Non ha voluto >> replicai duramente. Perch se si convinti,
che quello che si fa veramente valido, non ci sono professori
che tengano; ho visto, in passato, dei medici contrastarlo anche
pubblicamente per sostenere le proprie convinzioni che ritenevano
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valide.
Siamo parlando di vite umane, dr. Elmador! Non di giochi di
potere e di ambizioni, per cui non mi racconti le favolette, perch
sono cresciuta ormai.>>
Lo salutai freddamente e mi allontanai
ripensando alla
sensazione negativa che provai la prima volta che mi fu presentato,
e poi non mi piacque per nulla il tono confidenziale col quale mi
parl; dopo anni di conoscenza e di confidenza nessun medico si
era mai permesso di rivolgersi a me chiamandomi solo per nome.
Intanto Stefano non riusciva a mangiare niente, n il semolino, e
nemmeno la pastina; ingoiava due al massimo tre cucchiaini
dopodich li rigurgitava.
In quei giorni circolava in reparto una tendenziosa calunnia nei
miei confronti, e cio che io non ero pi in grado di gestire Stefano.
compresi subito la fonte, e non mi curai pi di tanto perch ero
consapevole che tutti conoscendomi bene mi stimavano, tanto da
aver sempre apprezzato ed elogiato il modo in cui accudivo il
bambino; Il nuovo arrivato stava creandosi un alibi, spostando il
problema su di me, ma io ero sicura di sapergli tenere testa, perch
orgogliosa di aver fatto crescere il mio bambino bene e di avergli
trasmesso tutto lamore e la serenit di cui aveva bisogno.
Ritornammo a casa, ma solo per pochi giorni, perch i problemi
erano tali che quando chiamai lospedale il dr. Ingros mi consigli
di rientrare in ospedale, nel frattempo lo dovetti alimentare per
gavage, cio tramite il sondino naso gastrico che avevo imparato ad
inserire.
In quei giorni trascorsi a casa oltre ai problemi di Stefano non
sono mancati certo i problemi creati dalla situazione finanziaria con
mio zio, problemi burocratici e tutto laccavallarsi di situazioni.
Telefono a mio marito che si trovava a Rivera, per informarlo del
problema di Stefano e di tutto ci che mi aveva riferito la d.ssa.
Giuseppe era andato via dallospedale la sera prima, era stato
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Francesca Randisi
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chiamato da mio padre perch erano sorti dei problemi con mio zio
circa la societ che avevano in comune.
Quando mio marito venne a vivere a Rivera, inizi a lavorare
come autista nella ditta di mio padre, che da circa un anno era in
societ con mio zio, il fratello di mia madre. Accett a malincuore
questo lavoro poich non era ci che lui aspirava, aveva lasciato in
Inghilterra il posto di coordinatore che si era guadagnato con i suoi
sacrifici, mentre qua non si sentiva affatto gratificato. Ma
nonostante ci si inser bene nel lavoro e guadagnava abbastanza
bene, leggevo delle insoddisfazione solo sul lato morale.
Purtroppo Rivera nonostante fosse una cittadina prospera, non
offriva altre alternative come lavoro al di fuori dellagricoltura e
delledilizia.
Grazie allincremento dellagricoltura del nostro paese, miglior
il tenore di vita della popolazione, e ledilizia si ulteriormente
sviluppata. Inoltre con la nascita di nuovi quartieri, il paese ha
ampliato la sua estensione ed il lavoro si triplicato. Anche la
nostra ditta ha avuto una forte ascesa economica, abbiamo infatti
costruito un villaggio residenziale a Lidogrande una borgata estiva
a 7 km dal paese, ed un altro villaggio in fase di costruzione nei
pressi di Pianagrande pure questo in un luogo balneare.
In seguito nel giro di un decennio, la crisi economica si abbatt
sul nostro paese, colpendo lagricoltura e di conseguenza ledilizia
e lartigianato, fino a provocare un decremento che costrinse molte
persone ad emigrare.
Purtroppo anche la nostra societ risent molto di questa crisi,
poich avevano affrontato tanto capitale nella costruzione del
residence di Pianagrande molti villini rimasero invenduti e di
conseguenza si trovarono in un grave disagio economico.
A causa di questo disagio e di altri motivi personali, a mio zio
venne a mancare il suo solito modo di fare e strafare come era
abituato prima con i soldi, senza che nessuno lo controllasse e se ne
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