N 94 Settembre 2015
Le Nostre Sentenze 9
Cassazione 11
Diritto Civile,
Commerciale,
Assicurativo
Le Nostre Sentenze 12
Assicurazioni, Locazioni,
Responsabilit 13
Il Punto su 15
Eventi 17
R. Stampa 18
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del Lavoro), con lobiettivo di collegare le Agenzie del Lavoro e le altre strutture regionali (e delle Province
autonome), con gli istituti previdenziali, gli enti di formazione, le Camere di Commercio, le universit e gli
altri istituti di scuola secondaria superiore, nellintento di valorizzare le sinergie tra soggetti pubblici e
privati, da un lato, e di facilitare e rafforzare le possibilit di incontro tra domanda ed offerta di lavoro,
dallaltro. A tal fine, sono stati previsti un Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in
materia di lavoro, un Sistema Informativo delle politiche del lavoro, il fascicolo Elettronico del
Lavoratore, un Albo nazionale degli Enti accreditati a svolgere attivit di formazione professionale che
comunicheranno tra loro in via telematica. Sar pi semplice anche raggiungere i beneficiari di
prestazioni di sostegno al reddito, che potranno essere chiamati a svolgere attivit di servizio nei
confronti della collettivit nel territorio del Comune di residenza.
Il D.Lgs. n. 149/2015 dedicato alla semplificazione dellattivit ispettiva in materia di lavoro. Viene
istituito lIspettorato nazionale del lavoro, con la principale funzione di coordinare la vigilanza in materia
di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria. Ulteriore obiettivo la semplificazione dei ricorsi
amministrativi e giudiziari.
Il D.Lgs. n. 148/2015, infine, riordina lintera materia dei c.d. ammortizzatori sociali. Tra le molte,
complesse ed articolate disposizioni, meritano un cenno le norme che rendono strutturali alcune
importanti misure di politica sociale tra cui la nuova NASpi (il sussidio di disoccupazione) a 24 mesi e le
misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro. Viene, inoltre, introdotto un unico testo
normativo per cassa integrazione e fondi di solidariet, che va a sostituire tutti gli interventi legislativi degli
ultimi 70 anni. Significative semplificazioni sono state introdotte anche per le procedure di Cassa
Integrazione ordinaria (CIGO) e straordinaria (CIGS).
Limpianto normativo ora completo, ma per vincere la scommessa saranno indispensabili - come
sempre - la collaborazione e limpegno da parte delle Istituzioni e di tutti gli operatori del sistema.
Salvatore Trifir e Barbara Fumai
Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca
DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera,
Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trifir e Giovanna Vaglio Bianco
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costanza di rapporto di lavoro, se a questultimo trova applicazione lart. 18 L. 300/1970 (c.d. tutela
reale);
dal momento della cessazione del rapporto se, diversamente, questultimo soggetto alla la c.d.
tutela obbligatoria, vale a dire quella per cui, in caso di licenziamento illegittimo, al lavoratore spetta
una indennit risarcitoria di carattere economico e non il ripristino del rapporto del lavoro.
in
Quanto alla c.d. stabilit reale, gi a decorrere dalla c.d. Legge Fornero (L. 92/2012) essa ha assunto un
significato parzialmente difforme rispetto al passato.
In precedenza (vale a dire, ante 2012), come noto, lunica sanzione prevista dallart. 18 dello Statuto dei
lavoratori in caso di licenziamento dichiarato illegittimo era la reintegrazione in servizio.
Oggi non cos: la legge prevede che, a fronte di determinate ipotesi di illegittimit, il recesso possa
essere sanzionato solo con una tutela risarcitoria di carattere economico.
, quindi, lecito chiedersi se la sudditanza psicologica ed il timore del recesso, su cui pose laccento
la Corte Costituzionale nel 1966 possano ritenersi insussistenti un rapporto di lavoro tutelato da una
legge che, di fatto, non garantisce sempre, in caso di licenziamento illegittimo, la reintegrazione in
servizio.
Le cose si complicano, anzi si sono gi complicate con lentrata in vigore del D.Lgs n. 23 del 2015: ai
lavoratori assunti a decorrere dal 7 marzo 2015 trova applicazione il c.d. contratto a tutele crescenti.
Per questi ultimi, fatta salve le ipotesi residuali previste dallart. 2 del decreto legislativo (secondo la
disciplina applicabile indistintamente a tutti i lavoratori, a prescindere dalla stabilit reale e/o obbligatoria
e/o dalla data di assunzione, i licenziamenti discriminatori, nulli ed intimati in forma orale sono sanzionati
con la reintegrazione nel posto di lavoro) ed il licenziamento disciplinare per fatto materiale insussistente,
la c.d. tutela reale di cui allart. 18 Stat. Lav. non trova applicazione.
In caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo o giusta causa, al lavoratore spetta una
indennit risarcitoria di carattere economico.
La giurisprudenza sar, quindi, certamente chiamata ad affrontare il tema di quale regola trovi
applicazione ai lavoratori assunti a decorrere dal 7 marzo 2015.
Applicando i principi elaborati dalla giurisprudenza innanzi richiamata, da un lato si potrebbe concludere
che non essendo pi garantita, in caso di licenziamento illegittimo, la c.d. stabilit reale, il decorso dei
termini della prescrizione dovrebbe decorrere, per tutti i lavoratori assunti a decorrere dal 7 marzo 2015,
a prescindere dal requisito dimensionale dellazienda, a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Non pu peraltro escludersi che la indennit risarcitoria prevista dal c.d. Jobs Act per la maggior parte
dei casi di illegittimit del licenziamento (indennit che comunque, nel suo minimo e nel suo massimo,
superiore a quella prevista in precedenza per i casi di cd. tutela obbligatoria) potrebbe essere
considerata mezzo sufficiente ad assicurare un adeguato strumento di tutela contro il licenziamento
illegittimo e, di conseguenza, sufficiente anche a controbilanciare (annullandolo) il timore di un
recesso ingiustificato.
Con la conseguenza, in questo caso, di dover ritenere che la prescrizione decorra anche in corso di
rapporto. Peraltro, non pu escludersi, per quanto detto innanzi, che lo stesso tema possa porsi anche
per i lavoratori soggetti alla c.d. Legge Fornero.
In tale contesto, forse auspicabile un intervento normativo che chiarisca la sorte della disciplina della
prescrizione dei crediti retributivi, ad esito delle recenti riforme in tema di conseguenze del recesso
datoriale.
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condizione che siano rispettate una serie di garanzie per il trattamento dei dati (informativa ai dipendenti,
rilevazione dei dati ad intervalli stabiliti, con lesclusione di una continuit di tracciamento e senza la
possibilit di archiviare le rilevazioni precedenti allultima). Lutilizzo di tali apparecchi , infatti, necessario
a soddisfare esigenze organizzative e produttive, non riconducibili a finalit di controllo.
7. Quali sono le novit con il Jobs Act?
Il nuovo art. 4 dello Statuto, introdotto dal d.lgs 151/2015, afferma il principio generale di liceit
dellutilizzo di impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilit di controllo a
distanza, per: (i) esigenze organizzative e produttive; (ii) per la sicurezza del lavoro; (iii) per la tutela del
patrimonio aziendale (questultima fattispecie - seppur non prevista espressamente nel vecchio testo
della norma - era stata affermata dalla giurisprudenza consolidata di legittimit e di merito). La vecchia
norma stabiliva, al contrario, il divieto del loro utilizzo per attuare controlli a distanza, salvo i casi e fermi i
limiti imposti per legge. Laffermazione di principio del nuovo art. 4 non modifica in modo sostanziale
quella che era la precedente disciplina dei casi di ammissibilit, ma evidenzia un mutato atteggiamento
del legislatore che, con la precedente versione della norma, esprimeva sfavore verso le apparecchiature
di controllo a distanza.
La
prima grossa dierenza rispetto alla vecchia disciplina la possibile modifica dellinterlocutore
(sindacale o amministrativo) a cui le aziende di grosse dimensioni devono rivolgersi per essere
autorizzate ad installare gli impianti.
Per le aziende di piccole dimensioni, esattamente come prima, linstallazione delle apparecchiature
richiede un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, ovvero lautorizzazione della DTL.
Le aziende di grosse dimensioni, ossia quelle con unit produttive ubicate in diverse province della
stessa regione o in pi regioni, possono stipulare un accordo sindacale con le associazioni sindacali
comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale. Del pari, le aziende con unit produttive
dislocate in ambiti di competenza di pi Direzioni Territoriali del Lavoro (e quindi, sostanzialmente, le
aziende che hanno sedi dislocate in pi province), in assenza di accordo possono ottenere
lautorizzazione dal Ministero del Lavoro.
Si tratta di una differenza notevole perch, mentre una volta laccordo sindacale o lautorizzazione della
DTL dovevano per forza essere ottenuti singolarmente per ciascuno stabilimento, adesso le aziende di
grosse dimensioni hanno la possibilit di stipulare un unico accordo sindacale a livello nazionale,
ovvero di ottenere una autorizzazione del Ministero del Lavoro valida per tutte le proprie unit
produttive coinvolte.
La
seconda novit riguarda gli strumenti che vengono assegnati ai lavoratori ed utilizzati da questi
per rendere la prestazione lavorativa (ad es. tablet, smartphones, badge, navigatore satellitare).
Secondo la vecchia disciplina, cos come interpretata estensivamente dalla giurisprudenza, anche tali
strumenti erano considerati come apparecchi attraverso i quali possibile effettuare un controllo a
distanza. Di conseguenza, la giurisprudenza tendeva a ritenere non utilizzabili a fini disciplinari le
informazioni acquisite attraverso i dati ricavati dai suddetti strumenti. E ci sebbene, nella prassi
applicativa, i sindacati non abbiamo mai sollevato contestazioni circa il fatto che tali apparecchi
venissero consegnati ai dipendenti pur in assenza di preventivi accordi o autorizzazioni amministrative.
Secondo la nuova disciplina, lassegnazione e lutilizzo di strumenti di lavoro non pu pi - per
definizione - essere considerata un controllo a distanza, il che esclude la necessit del rispetto dei limiti
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(finalit) e delle procedure (accordo sindacale o autorizzazione amministrativa) previste per gli impianti
audiovisivi.
Inoltre, la norma prevede che le informazioni raccolte dal datore di lavoro attraverso legittimi impianti
audiovisivi (per cui permane la necessit di un accordo sindacale o una autorizzazione), nonch
dagli strumenti di lavoro (per cui non pi previsto alcuna limitazione) possono essere utilizzati a fini
disciplinari, purch sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalit duso degli strumenti
e di eettuazione dei controlli, e fermo rispetto della normativa in materia di privacy.
Questultima senzaltro la novit pi eclatante. Infatti, una volta fornite tali informative ai propri
dipendenti in merito alle discipline e regole aziendali inerenti lutilizzo delle e-mail, dei telefoni cellulari, dei
pc, degli smartphone ecc., gli elementi raccolti tramite tali apparecchiature potranno essere utilizzati
anche in merito alla verifica della diligenza del dipendente nelladempimento dei propri obblighi,
superando la questione inerente i limiti di liceit dellutilizzo degli stessi, quali prove anche a sostegno di
procedimenti disciplinari.
In questo modo, il legislatore ha superato londivaga giurisprudenza che si era formata in materia,
collocandosi piuttosto sulla scia delle recenti pronunce del 2014 del Garante della Privacy.
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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE
NON BASTA LA DEQUALIFICAZIONE A DIMOSTRARE LA NATURA RITORSIVA DEL
LICENZIAMENTO INTIMATO AL DIRIGENTE
(Tribunale di Milano, ordinanza 11 giugno 2015)
Un dirigente ha impugnato il licenziamento per giusta causa comminatogli dallazienda per motivi
disciplinari, sostenendo la natura ritorsiva del provvedimento in quanto giunto allesito di un periodo di
dequalificazione professionale determinato dallasserito ingiustificato accanimento del proprio superiore
gerarchico. Allesito del giudizio sommario, svoltosi secondo il rito previsto dalla Legge Fornero, il
Tribunale di Milano ha rigettato la domanda di reintegrazione ex art. 18 Legge n. 30071970 avanzata dal
dirigente, ritenendo che non fosse stato dimostrato il motivo illecito invocato dal ricorrente e dichiarando
linammissibilit delle ulteriori domande risarcitorie proposte dal dirigente (che devono essere trattate in
separato giudizio secondo il rito ordinario).
Nel motivare la decisione, il Giudice ha rilevato come lAzienda avesse dimostrato, attraverso la
produzione di documenti non contestati, di avere posto in essere unarticolata riorganizzazione aziendale
che aveva interessato anche la societ controllante, ritenendo che fosse inverosimile che una
significativa riorganizzazione fosse stata posta in essere al solo fine di danneggiare il ricorrente.
Anche la proposta di modifica contrattuale, che lazienda aveva avanzato al ricorrente nei mesi
antecedenti al licenziamento, stata ritenuta irrilevante dal Tribunale, in considerazione del fatto che la
nuova politica retributiva prospettata dallazienda aveva avuto carattere generalizzato ed era stata riferita
a tutto il management aziendale.
Con riferimento alle contestazioni disciplinari poste a base del licenziamento per giusta causa impugnato
dal dirigente, infine, il Tribunale ha escluso che il provvedimento potesse avere un fondamento
pretestuoso in quanto risultava fondato su circostanze oggettive, seppure diversamente interpretate
dalle parti, che non avrebbero in ogni caso potuto fondare la natura ritorsiva del licenziamento invocata
dal dirigente, ma, semmai, lillegittimit del recesso, con le conseguenti tutele contrattuali.
Causa seguita da Angelo Di Gioia
ALTRE SENTENZE
PROVA SPECIFICA PER LINDENNIT DA RISCHIO RADIOLOGICO
(Corte dAppello di Milano, 3 settembre 2015, n. 705)
Occorre una prova specifica e rigorosa per vedersi riconosciuto il diritto allindennit da rischio
radiologico. quanto affermato dalla Corte dAppello di Milano in una recente decisione, pronunciata in
un giudizio promosso da alcuni lavoratori, che assumevano di avere diritto a tale indennit, perch, nello
svolgimento della loro attivit, sarebbero stati esposti a radiazioni ionizzanti.
Il diritto allindennit da rischio radiologico per legge (L. 27 ottobre 1988, n. 460, art 1, comma 2)
riconosciuto al personale di radiologia professionalmente esposto (medici e tecnici), per il quale opera
una presunzione assoluta circa lesposizione al rischio per il solo fatto della qualifica rivestita.
I ricorrenti avevano sostenuto di trovarsi in situazione analoga a detto personale, in quanto, in qualit di
infermieri e operatori tecnici sanitari, lavoravano presso sale operatorie e reparti della loro Azienda
ospedaliera ove erano installati amplificatori di brillanza e altre apparecchiature a raggi x; inoltre, i
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dipendenti pretendevano lindennit perch era stata loro gi corrisposta in periodi precedenti.
LAzienda convenuta aveva contestato la domanda e, in principalit, aveva osservato che i lavoratori non
avevano indicato con quali modalit e frequenza sarebbero stati esposti alle radiazioni, soggiungendo,
altres, che la circostanza che in passato - ma in differenti contesti - tale indennit era stata loro
riconosciuta non era un valido argomento su cui fondare le attuali pretese. Il Tribunale, accogliendo le
eccezioni dellAzienda, aveva respinto il ricorso per carenza di prova, osservando che le circostanze
indicate a supporto della domanda erano inidonee a dimostrare che ogni singolo ricorrente fosse stato
esposto a radiazioni ionizzanti per i periodi lavorativi per cui lindennit era stata rivendicata.
La Corte dAppello, richiamata la giurisprudenza della Corte Costituzionale (Corte Cost. 20 luglio 1992,
n. 343) e della Corte di Cassazione (Cass. 24 febbraio 2011, n. 4525. Conf. Cons. Stato, 17 ottobre
2014, n. 5155), ha confermato la sentenza di primo grado, sulla base delle seguenti argomentazioni: i) la
mancata contestazione da parte dellAzienda di aver corrisposto lindennit da rischio radiologico in
favore dei propri dipendenti in periodi precedenti non costituisce ammissione, da parte della stessa
Azienda, dellesistenza dei presupposti del diritto allindennit per i diversi periodi per i quali il giudizio era
stato promosso; ii) lindennit da rischio radiologico presuppone leffettiva esposizione alle radiazioni
nellesercizio non occasionale n temporaneo di determinate mansioni e pu essere riconosciuto,
indipendentemente dalla qualifica rivestita, a quei lavoratori che siano esposti - per intensit e continuit
- ad un rischio equiparabile a quello normalmente sostenuto dal personale di radiologia; iii) occorre,
quindi, la prova che le situazioni lavorative concrete del personale diverso da quello adibito alla radiologia
comportino unesposizione a siffatto rischio in misura continuativa e permanente, considerati le modalit,
i tempi e lintensit dellesposizione, non essendo sufficiente sostenere genericamente - come avevano
fatto gli interessati - di prestare attivit presso le sale operatorie di varie specialit o reparti, diversi da
quelli di radiologia, nei quali venivano utilizzati strumentazioni emananti radiazioni.
Causa seguita da Stefano Beretta e Marina Olgiati
IL GIORNALISTA CHE RIVENDICA LA SUBORDINAZIONE DEVE PROVARE SPECIFICAMENTE LA
SOTTOPOSIZIONE AL POTERE DIRETTIVO
(Corte dAppello di Milano, 19 agosto 2015)
In ipotesi di domanda di riqualificazione del rapporto, lonere di provare la subordinazione incombe sul
lavoratore che deve dimostrare di essere stato assoggettato al potere direttivo, disciplinare e di controllo
del datore di lavoro. A nulla rileva, in mancanza di tale prova, la presenza dei c.d. indici sussidiari della
subordinazione, quali linserimento continuativo nellorganizzazione aziendale, il vincolo di orario, la forma
della retribuzione, lassenza di rischio.
Con riferimento al rapporto di lavoro giornalistico, la Corte dAppello di Milano ha escluso la
subordinazione poich il collaboratore - limitandosi a rivendicare lo svolgimento dellattivit di
corrispondente - non ha dedotto elementi fattuali specifici, idonei a dimostrare leffettiva messa a
disposizione delle energie lavorative, la sussistenza di un obbligo in tal senso e lesistenza di vincoli
concreti nelle gestione dei tempi di lavoro.
In particolare, la Corte ha ritenuto coerenti con la forma del contratto di co.co.co., e quindi irrilevanti ai
fini della prova della subordinazione: a) il fatto che il collaboratore operava in una determinata zona,
ricevendo indicazioni dal caporedattore; b) linvio quotidiano alla redazione di una mail con le notizie di
maggior interesse; c) la redazione di articoli sugli argomenti scelti dalla redazione, secondo il taglio e la
lunghezza da questa indicati.
Causa seguita da Angelo Di Gioia
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Con sentenza n. 17117 del 24 agosto 2015 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il
licenziamento di una dipendente che, durante lorario di lavoro, svolgeva attivit promozionale e
vendeva ai colleghi prodotti dimagranti; nel caso di specie, peraltro, risultato che la dipendente
aveva continuato ad occuparsi di tale attivit nonostante due precedenti lettere di contestazione
disciplinare.
Con sentenza n. 17435 del 2 settembre 2015 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il
licenziamento di un dipendente che aveva creato tensioni in azienda con comportamenti
minacciosi; nel caso di specie, il lavoratore non aveva contestato lesistenza di tali
comportamenti, ma aveva dedotto che gli stessi erano stati posti in essere come reazione ad un
atteggiamento datoriale persecutorio, che, al contrario, non stato provato. Nel caso di specie,
inoltre, il CCNL prevedeva espressamente il comportamento ingiurioso o minaccioso durante il
servizio come ipotesi di licenziamento per giusta causa.
Con sentenza n. 17366 del 15 settembre 2015 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il
licenziamento di un direttore di banca, che aveva autorizzato la concessione di anticipi sulla base
di semplici fotocopie di fatture ed aveva deliberato mutui per importi superiori a quelli consentiti,
permettendo inoltre a terzi di accedere alla postazione del terminale con sessione aperta per
limmissione di dati riferibili a mutui fondiari.
RISARCIMENTO DEL DANNO DA SUPERLAVORO
Con sentenza n. 17438 del 2 settembre 2015 la Corte di Cassazione ha ritenuto che il
dipendente stakanovista non ha diritto al risarcimento del danno da superlavoro in mancanza
della prova che sia stata lazienda ad imporgli dei carichi di lavoro eccessivi. Nel caso di specie,
infatti, emerso che il datore di lavoro non aveva mai preteso lavoro straordinario oltre i limiti di
legge, n il raggiungimento di risultati oltre le normali possibilit umane. Inoltre, il lavoratore non
aveva dimostrato lesistenza di diffide in base alle quali sarebbe stato ritenuto personalmente
responsabile in caso di disfunzioni dellufficio, ma risultato, invece, che egli - per far funzionare
meglio lufficio - si era addossato alcuni oneri che spettavano ad altri dipendenti.
MANCATA PROMOZIONE DELLA LAVORATRICE ASSENTE PER MATERNIT
Con sentenza n. 17832 del 9 settembre 2015 la Suprema Corte ha confermato la sentenza di
merito che aveva respinto la domanda di una lavoratrice, la quale aveva dedotto che la mancata
promozione ad un livello superiore, concessa ai colleghi di sesso maschile, era conseguenza di
una discriminazione di genere collegata alla sua assenza per maternit. A tal riguardo, la
Suprema Corte ha ribadito il suo costante orientamento, secondo cui la discriminazione non pu
essere solo lamentata o invocata, in quanto occorre una rigorosa dimostrazione. In particolare, la
Corte di Cassazione ha rilevato che lassenza per maternit non pu dar luogo a progressioni di
carriera tout court, salvo il caso, non dedotto nella fattispecie esaminata, in cui la progressione di
carriera sia collegata esclusivamente alla mera anzianit, e non anche alla maggiore
professionalit acquisita nel corso del rapporto di lavoro.
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Civile, Commerciale,
Assicurativo
La quietanza sottoscritta solo dallagente non prova il pagamento del premio assicurativo
(Tribunale di Lecco, 4 giugno 2015)
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ASSICURAZIONI, LOCAZIONI,
RESPONSABILIT
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
LOCAZIONE
SANITARIA
CONCORRENZA
ASSICURAZIONE
TRA LE NOSTRE
SENTENZE:
RESPONSABILIT EX
ART.
2049 C.C.
Con ricorso per decreto ingiuntivo, Alfa chiedeva lemissione, nei confronti
della Compagnia Omega, di un decreto ingiuntivo per limporto di euro X,
assumendo di aver stipulato, tramite un agente della stessa, una polizza
vita, versando il relativo premio mediante il riscatto di altra polizza emessa
dalla medesima Compagnia.
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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera
LABUSO DELLO STATO DI DIPENDENZA ECONOMICA DA PARTE DI IMPRESE
PRODUTTRICI - DISTRIBUTRICI VERSO IMPRESE CLIENTI
Nelle moderne economie - ove si registra una concentrazione delle attivit produttive in capo ad imprese
spesso di dimensioni multinazionali e, per contro, la volont di modificare rapidamente reti di vendita
stravolgendo sistemi distributivi consolidati - non infrequente il tentativo di bruciare le tappe
attraverso condotte complesse, finalizzate a disarticolare con effetto immediato i canali esistenti.
questo il caso di cui ci si occupa, in cui sono coinvolti molteplici soggetti protagonisti dellattivit
produttiva e commerciale con, ovviamente, gradi diversi di importanza economica e, quindi, di
condizionamento anche verso aziende con cui non si hanno formali relazioni contrattuali.
Si tratta, nello specifico, di una causa decisa dalla Suprema Corte con sentenza 23 luglio 2014 n. 16787
e che ha come protagonisti: (i) da un lato una nota fabbrica straniera di vetture (che identificheremo
come Societ K) ed una societ di importazione e distribuzione dei modelli prodotti dalla prima (che
identificheremo come Societ Y), tra le quali intercorreva un contratto di importazione e distribuzione in
Italia di vetture; (ii) dallaltro una serie di imprese interessate alla vendita, sul territorio italiano, degli
autoveicoli prodotti dalla Societ K e che, a tale scopo, avevano concluso altrettanti contratti di
concessione di vendita con la Societ Y di distribuzione e importazione.
Ad un certo punto il fabbricante decide di cambiare totalmente il sistema commerciale, costituendo una
propria azienda di distribuzione sul territorio. Quindi, la Societ K scioglie il contratto di importazione e
distribuzione di autoveicoli con la Societ Y, la quale aderisce a tale scioglimento ricevendo, peraltro, un
rilevante indennizzo in denaro.
Perfezionata tale operazione, lAzienda importatrice interrompe tutti i contratti in essere con le
concessionarie presenti nel territorio nazionale, senza riconoscere alle medesime il preavviso di 24 mesi
pure previsto. Al riguardo, la stessa motivava tale recesso con effetto immediato sulla base di una
clausola contrattuale che disponeva la non applicabilit del preavviso, qualora il recesso fosse stato
giustificato dallavvenuta risoluzione del rapporto tra il fabbricante e limportatore.
Contestualmente, la nuova Societ di distribuzione, creata proprio dalla produttrice K, sottoponeva ai
concessionari (che avevano subito il recesso) la possibilit di stipulare nuovi contratti di concessione, ma
a condizioni molto pi onerose di quelle in vigore in precedenza con il vecchio importatore Y.
Tale complesso di condotte ha indotto le aziende che avevano subito tali iniziative ad agire
giudizialmente, per far accertare la illegittimit delle condotte del produttore e dellimportatore.
La Corte dAppello di Torino accoglieva le domande di tali soggetti, dichiarando la nullit della clausola
del contratto di concessione (stipulato tra limportatore e le concessionarie) che legittimava la cessazione
del rapporto con effetto immediato e senza obbligo di preavviso, in quanto in contrasto con larticolo 5.2
del Reg. CEE 1475/95. Detta norma attribuiva alloperatore del settore automobilistico il potere di
sottrarre i loro accordi di distribuzione ai divieti stabiliti dallallora art. 85 trattato CEE, a condizione che
tali accordi fossero conformi alle norme dettate dal Regolamento.
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Fra tali norme rientra la disposizione secondo la quale il recesso da intese stipulate a tempo
indeterminato pu avvenire solo con la concessione di un termine di preavviso di almeno due anni.
E ancora, il comportamento del produttore dei veicoli stato ritenuto integrante lillecito di abuso di
dipendenza economica in danno delle concessionarie (in concorso con quello dellimportatore) ai sensi
dellart. 9 Legge 18 giugno 1998 n. 192. Pi precisamente, lillecito stato determinato dalla condotta
attraverso la quale si sono offerte alle concessionarie condizioni fortemente peggiorative rispetto a quelle
in essere con limportatore Y (esempio: target di vendita pi elevati, obbligo di ampliamento degli spazi
dedicati alla vendita, rilascio di gravosa fidejussione bancaria, ecc.), approfittando delle difficolt in cui
queste aziende si erano venute a trovare verso la clientela a seguito della sospensione, senza preavviso,
delle forniture di automobili. Infine, sempre secondo la Corte dAppello, il produttore, in concorso con
limportatore, ha violato anche i doveri di buona fede nei rapporti commerciali ai sensi degli articoli 1337
e 2043 c.c..
La Corte di Cassazione, nel giudizio di impugnativa, ha confermato la valutazione di illegittimit dei
comportamenti del fabbricante e dellimportatore, ma con una parziale modificazione delle motivazioni.
Pi precisamente, i Giudici di legittimit hanno convenuto che linterruzione improvvisa del rapporto
contrattuale di concessione, deciso dallimportatore; cos come le pi onerose proposte economiche
formulate dal produttore agli stessi concessionari, dovevano qualificarsi come abuso di dipendenza
economica ai sensi del gi citato articolo 9 Legge 192/98. A ci si aggiunge la circostanza che
lesercizio del recesso senza preavviso (anche se previsto contrattualmente nel solo caso in cui detto
recesso fosse conseguenza della cessazione del rapporto di importazione), nella fattispecie era il
risultato di una condotta combinata e concertata contraria a buona fede. Limportatore, infatti, non aveva
subito detta situazione ma aveva concordato la medesima a fronte del pagamento di un indennizzo e
senza alcun beneficio per i concessionari. Tutto ci, come detto, aveva consentito allo stesso produttore
(attraverso la Societ costituita direttamente per la distribuzione delle vetture) di porre in essere un
tentativo di ottenere rilevanti vantaggi economici, sottoponendo ai concessionari (quale condizione per
proseguire lattivit consolidata) nuove condizioni contrattuali ben pi onerose di quelle precedenti.
Da ultimo, si precisato che i contratti di concessione di vendita possono includersi nellambito dei
rapporti di sub fornitura, di cui alla Legge n. 192/1998; considerato che il concessionario si impegna a
fornire alla Casa Madre servizi di distribuzione destinati ad essere .. utilizzati nellambito
dellattivit economica del committente .... In relazione a detti contratti, la normativa prevede la nullit
dei patti mediante i quali sia concesso ad una delle parti la facolt di recesso senza preavviso; pertanto,
anche sotto questo profilo, la clausola del contratto invocata dallimportatore per sciogliere i rapporti con
i concessionari non poteva operare legittimamente.
La pronuncia della Suprema Corte ha posto, quindi, taluni paletti in relazione alleventuale
pianificazione di operazioni (anche articolate) tese a forzare le norme sulla concorrenza e lesive anche
di Aziende terze, con le quali il soggetto protagonista (ed in posizione dominante) non ha, formalmente,
relazioni contrattuali.
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Eventi
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AVVOCATO
DELLANNO
CONTENZIOSO: Giacinto Favalli
Motivazione della Giuria
STUDIO
DELLANNO TOP
MANAGEMENT: Trifir &
Partners Avvocati
Motivazione della Giuria
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