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La tabella seguente mostra la stessa stima delle agenzie per il lavoro relativa al primo trimestre
2014 e la variazione rispetto al picco del 2008 calcolata per i giovani europei (15-24 anni). Il
dato disastroso.
gratuitamente per avere unesperienza di lavoro, pessima abitudine che si sta insinuando nel
mercato del lavoro (cio, il lavoro non retribuito), allora le stime nazionali li comprenderebbero
mentre non lo farebbero le agenzie del lavoro.
3. Lagenzia per il lavoro "esclude le persone sotto i 15 anni dalla definizione di lavoratore",
mentre "le stime governative non escludono lavoratori in base all et".
La mia esperienza mi dice che le stime delle agenzie per il lavoro sono in genere una guida
migliore con minori incertezze.
Come ulteriore supporto alla credibilit dei dati governativi che presentano un quadro
eccessivamente ottimistico, Eurostat ha pubblicato il 16 settembre 2014, anche l'ultimo dato sul
- tasso di posti vacanti nella zona euro stabile al 1,7% - dimostrando che il tasso di posti vacanti
rimasto invariato rispetto alla fine del 2010 e ha solo marginalmente recuperato dal minimo
raggiunto nel 2009.
Ecco il grafico dalla pubblicazione Eurostat.
Con uno sforzo di interpretazione, per, incrociando i dati con un altro grafico abbastanza
terribile.
Allora cosa successo?
Il grafico seguente mostra la reale domanda interna (indicizzato a 100 nel 2000) per le 18
nazioni dell Euro e per i PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).
La domanda interna la somma della spesa per consumi privati e pubblici pi gli investimenti
privati e pubblici (accumulazione di capitale). Quindi misura la spesa totale per l'economia non
comprendendo quella proveniente dalle esportazioni nette (entrate dalle esportazioni meno
spese per le importazioni).
C' stato un crollo continuo dal 2007 e nessun recupero. Per nazioni come il Portogallo, la Grecia
e l'Italia, la domanda interna nel 2013 ancora al di sotto del livello registrato al momento in
cui entrarono nella zona euro e cedettero la propria sovranit monetaria.
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Se consideriamo la zona euro nel suo insieme la tabella seguente mostra la variazione della
domanda reale interna tra il 2008 e il 2013 (in percentuale).
Le variazioni negative della spesa interna in termini reali sono impressionanti. L'Irlanda ha perso
circa il 25.8 per cento, l'Italia 11.6 per cento, 43.4 per cento in Grecia, Spagna 20.1 per cento,
29.1 per cento Cipro, Lettonia 30.4 per cento, Portogallo 16.1 per cento.
Comunque si prendano questi dati rappresentano un enorme fallimento di queste economie e
dato che stiamo parlando di un periodo di 5 anni, i risultati riflettono anche un gigantesco
fallimento politico.
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Il cosiddetto cuneo fiscale sul costo del lavoro spesso tirato in ballo come un vincolo
strutturale per loccupazione nel contesto europeo.
Secondo Eurostat, il cuneo fiscale :
...Definito come l'imposta sul reddito costituito dai salariali lordi del dipendente pi i
contributi sociali versati dal datore di lavoro, ed espresso in percentuale sul costo totale del
lavoro del dipendente. Il costo totale del lavoro definito come la retribuzione lorda pi i
contributi sociali del datore di lavoro, pi le imposte sui salari (quando ci sono).
Il grafico seguente mostra il cuneo fiscale di Eurostat per l'Euro17 e il PIIGS dal 2000 al 2013
dove prevale un andamento piatto con qualche andamento al ribasso.
difficile ritenere una variabile coinvolta in una forte riduzione al ribasso di unaltra grandezza
variabile quando:
a) l'altra serie (variabile) cresciuta rapidamente, mentre la variabile in esame ha mantenuto il
suo valore;
b) la serie coinvolta cambia drasticamente direzione, mentre non si registra alcun cambiamento
significativo nella variabile in esame.
I cambiamenti nella domanda interna reale erano ciclici, non strutturali e restano tali nel
periodo attuale.
Quando ho esaminato i cosiddetti determinanti strutturali del cosiddetto tasso naturale di
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afferma che i massicci aumenti della disoccupazione nella maggior parte delle nazioni europee:
rischiano di lasciare profonde cicatrici nel tessuto sociale in Europa, rendendo pi difficile
raggiungere l'occupazione e gli obiettivi sociali sanciti dai Trattati (l articolo 3 del TUE
impegna l'UE 'a lavorare per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, [...], che mira alla piena
occupazione e al progresso sociale ').
Che un'affermazione vera, se mai ve ne fosse una.
Notate l'obiettivo della piena occupazione, significa che devono produrre tanti posti di lavoro
quanti sono quelli desiderati dalla forza lavoro disponibile.
Ci sono circa 25 milioni di disoccupati nell'Unione europea. Se escludiamo la disoccupazione
detta frizionale (circa il 2 per cento), servirebbero almeno 21 milioni di posti di lavoro (circa)
per raggiungere lobiettivo di piena occupazione.
Ma allora che cosa stanno facendo al riguardo?
Il Volume 8 dice che la CE sostiene la creazione di posti di lavoro da generare attraverso "Le
riforme della tassazione sul lavoro". Come? Con "Una riduzione del cuneo fiscale".
A quanto pare l'obiettivo realizzarlo senza compromettere il bilancio. Ad esempio, la
tassazione pu essere spostata in modo neutrale per il bilancio verso imposte sullambientale,
sulle propriet o sui consumi-. Che sono meno dannose per la crescita dell'occupazione".
Questo il solito incomprensibile mainstream. Notate che non propongono alcun aumento netto
della spesa pubblica (cambiamenti neutri per il bilancio) cos da non prevedere alcuno stimolo
dell'occupazione nel settore pubblico.
Inoltre, le imposte sui consumi minano la spesa (vedi laumento delliva in giappone)
E inoltre non c' nulla che suggerisca che il taglio del costo del lavoro aumenti l'occupazione. Le
imprese non impiegano manodopera perch a buon mercato ma solo se c' domanda per i loro
prodotti.
Il pacchetto Commissione Europea sulloccupazione comporta anche il pagamento di integrazioni
salariali. Queste potrebbero spostare l'occupazione tra diversi tipologie di lavoratori, ma non
aumentare il tasso di occupazione, perch non aumentano la spesa totale nell'economia.
Propongono aumenti salariali come "benefits lavorativi per aumentare la retribuzione tra
lavoratori poco qualificati". Si tratta essenzialmente di un sussidio salariale che viene pagato
dallo Stato, piuttosto che dal datore di lavoro. Tuttavia, levidenza che non siano realmente
efficaci nellaumentare l'occupazione.
Piuttosto si sono notati effetti perversi in cui i lavoratori hanno drasticamente ridotto le ore di
lavoro al fine di essere riconosciuti come beneficiari di questi sussidi.
Resta il fatto che le imprese non impiegano i lavoratori se non c' una prospettiva di un aumento
delle vendite dei loro prodotti. La concessione di benefits per il lavoro non un mezzo per
aumentare la domanda soprattutto quando sono fatti in un ambiente fiscalmente neutrale.
La Commissione Europea sostiene anche che vogliono "modernizzare il sistema di
determinazione dei salari ... al fine di garantire che i salari reali riflettano gli andamenti della
produttivit e sostengano la domanda aggregata". Aspetteremo e vedremo cosa succede. Certo,
la tendenza quella di ampliare il divario tra la crescita reale dei salari (che piatta se non
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negativo) e la crescita della produttivit e fanno affidamento sulla crescita del credito per
sostenere la crescita dei consumi.
Un cocktail letale, ma coerente con le strutture politiche neo-liberali.
Tutte le proposte per risolvere la disoccupazione di massa con la creazione di posti di lavoro
riusciranno a produrre pochissimi posti di lavoro netti e un aumento insignificante di ore di
lavoro.
Sono state provate pi e pi volte e in generale sono sempre fallite.
Queste politiche fallimentari sono tutte ispirate al sempre acclamato proclama da libro di
testo neo-classico per cui la disoccupazione causata da eccessivi salari reali piuttosto che
dalla mancanza di spesa.
Riguardiamo il crollo della domanda interna (spesa) del grafico sopra.
Conclusione
Il documento della Commissione Europea molto lucido e probabilmente costato un botto di
soldi per la pubblicazione e stampa. Ma non ispira alcuna speranza.
Speriamo che il nuovo Commissario entrante veda le cose un po' diversamente e si renda conto
che deve chiedere che ai governi europei sia permesso di aumentare sostanzialmente i loro
deficit di bilancio e di impegnarsi nella creazione diretta di posti di lavoro nel settore pubblico.
da European
Employment
Strategy
barely
a
new
job
in
sight
30 dicembre 2013, blog di Bill Mitchell
[traduzione a cura di Stefano Sanna]
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