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Mitchell B Strategia europea per loccupazione

Strategia europea per loccupazione solo qualche posto di lavoro in pi


di Bill Mitchell

Pubblicato Mercoled 17 settembre 2014 su http://bilbo.economicoutlook.net/blog/

Eurostat il 12 settembre 2014 ha pubblicato l'ultimo rapporto - sulloccupazione con i dati di


luglio 2014 ed ha annunciato che l'occupazione totale nell'area dell'euro aumentata del 0,2 per
cento.
Per chi da sempre studia i dati non ci sono sorprese. Ma per il lettore occasionale potrebbe
essere motivo di confusione. C stato un improvviso cambiamento considerato che la crescita
dell'occupazione nell'ultimo trimestre era saldamente negativa in Europa?
La spiegazione che Eurostat pubblica due diversi indici sulloccupazione. Il primo (quello
pubblicato ora a settembre) derivato dalle stime nazionali, mentre l'altro calcolato dalle
agenzie del lavoro. Quest'ultimo indice infatti non dipinge un quadro molto roseo per nessun
paese. Ma qualunque sia la valutazione di questi dati, la Commissione europea sta ancora
affrontando un disastro e la risposta politica pi recente non far assolutamente nulla per
alleviare il problema. Ma allora perch sorprendersi di questo?
La tabella seguente mette a confronto le stime di crescita occupazionale calcolate dalle agenzie
per il lavoro per i trimestri 1 e 2 (dove disponibile) per i lavoratori di 15-64 anni di et con
le stima governative. Ho aggiunto un'altra colonna alle stime delle agenzie, che mostra la
variazione percentuale di occupazione rispetto all'ultimo picco registrato nel terzo trimestre del
2008.

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La tabella seguente mostra la stessa stima delle agenzie per il lavoro relativa al primo trimestre
2014 e la variazione rispetto al picco del 2008 calcolata per i giovani europei (15-24 anni). Il
dato disastroso.

Ma come si conciliano le due diverse serie di dati sull'occupazione?


Eurostat fornisce unutile pubblicazione Relazione tra i dati sulloccupazione nellanalisi delle
agenzie per il lavoro e lanalisi governativa - che permette di capire le differenze, ma non
risolve le contraddizioni tra i due indici.
In sostanza le differenze sono:
1. le stime nazionali sottolineano il concetto di "occupazione in unit di produzione residenti
indipendentemente dal luogo di residenza del lavoratore", mentre le agenzie per il lavoro
utilizzano un "concetto nazionale di lavoro", che rappresenta i lavoratori residenti.
La differenza tra i due concetti "corrisponde principalmente al numero netto di lavoratori
transfrontalieri". In generale la differenza relativamente piccola.
2. Lagenzia per il lavoro esclude le "persone che vivono in comunit o gruppi (ad es i militari di
leva), gli apprendisti e i tirocinanti non retribuiti e le persone in congedo parentale, mentre le
stime governative le includono. Quindi, se ci fosse una moltitudine di giovani che lavorano
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gratuitamente per avere unesperienza di lavoro, pessima abitudine che si sta insinuando nel
mercato del lavoro (cio, il lavoro non retribuito), allora le stime nazionali li comprenderebbero
mentre non lo farebbero le agenzie del lavoro.
3. Lagenzia per il lavoro "esclude le persone sotto i 15 anni dalla definizione di lavoratore",
mentre "le stime governative non escludono lavoratori in base all et".
La mia esperienza mi dice che le stime delle agenzie per il lavoro sono in genere una guida
migliore con minori incertezze.
Come ulteriore supporto alla credibilit dei dati governativi che presentano un quadro
eccessivamente ottimistico, Eurostat ha pubblicato il 16 settembre 2014, anche l'ultimo dato sul
- tasso di posti vacanti nella zona euro stabile al 1,7% - dimostrando che il tasso di posti vacanti
rimasto invariato rispetto alla fine del 2010 e ha solo marginalmente recuperato dal minimo
raggiunto nel 2009.
Ecco il grafico dalla pubblicazione Eurostat.

Con uno sforzo di interpretazione, per, incrociando i dati con un altro grafico abbastanza
terribile.
Allora cosa successo?
Il grafico seguente mostra la reale domanda interna (indicizzato a 100 nel 2000) per le 18
nazioni dell Euro e per i PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).
La domanda interna la somma della spesa per consumi privati e pubblici pi gli investimenti
privati e pubblici (accumulazione di capitale). Quindi misura la spesa totale per l'economia non
comprendendo quella proveniente dalle esportazioni nette (entrate dalle esportazioni meno
spese per le importazioni).
C' stato un crollo continuo dal 2007 e nessun recupero. Per nazioni come il Portogallo, la Grecia
e l'Italia, la domanda interna nel 2013 ancora al di sotto del livello registrato al momento in
cui entrarono nella zona euro e cedettero la propria sovranit monetaria.

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Se consideriamo la zona euro nel suo insieme la tabella seguente mostra la variazione della
domanda reale interna tra il 2008 e il 2013 (in percentuale).
Le variazioni negative della spesa interna in termini reali sono impressionanti. L'Irlanda ha perso
circa il 25.8 per cento, l'Italia 11.6 per cento, 43.4 per cento in Grecia, Spagna 20.1 per cento,
29.1 per cento Cipro, Lettonia 30.4 per cento, Portogallo 16.1 per cento.
Comunque si prendano questi dati rappresentano un enorme fallimento di queste economie e
dato che stiamo parlando di un periodo di 5 anni, i risultati riflettono anche un gigantesco
fallimento politico.

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Il cosiddetto cuneo fiscale sul costo del lavoro spesso tirato in ballo come un vincolo
strutturale per loccupazione nel contesto europeo.
Secondo Eurostat, il cuneo fiscale :
...Definito come l'imposta sul reddito costituito dai salariali lordi del dipendente pi i
contributi sociali versati dal datore di lavoro, ed espresso in percentuale sul costo totale del
lavoro del dipendente. Il costo totale del lavoro definito come la retribuzione lorda pi i
contributi sociali del datore di lavoro, pi le imposte sui salari (quando ci sono).
Il grafico seguente mostra il cuneo fiscale di Eurostat per l'Euro17 e il PIIGS dal 2000 al 2013
dove prevale un andamento piatto con qualche andamento al ribasso.
difficile ritenere una variabile coinvolta in una forte riduzione al ribasso di unaltra grandezza
variabile quando:
a) l'altra serie (variabile) cresciuta rapidamente, mentre la variabile in esame ha mantenuto il
suo valore;
b) la serie coinvolta cambia drasticamente direzione, mentre non si registra alcun cambiamento
significativo nella variabile in esame.
I cambiamenti nella domanda interna reale erano ciclici, non strutturali e restano tali nel
periodo attuale.
Quando ho esaminato i cosiddetti determinanti strutturali del cosiddetto tasso naturale di
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disoccupazione (NAIRU) elencati da economisti mainstream quali lindennit di disoccupazione, i


tassi di sostituzione (sussidi), cunei fiscali (costo, ecc) ho trovato che:
a) sono altamente ciclici;
b) quando si elimina la componente ciclica non si trova alcuna relazione con la variazione delle
stime del NAIRU. Le prove a supporto della relazione tra crescita delloccupazione e cuneo
fiscale sono decisamente dubbie.
Inoltre, nel grafico sottostante, l'Irlanda si distingue con un basso cuneo fiscale ma il crollo reale
della sua domanda interna stato pi che consistente.

Allora, perch sto scrivendo questo?


Ieri (16 settembre 2014), la divisione Occupazione, Affari Sociali e Inclusione della Commissione
Europea, ha pubblicato il sua ultimo grande lavoro - Politica dell'occupazione oltre la crisi
(Employment policy beyond the crisis)- Guida Europa sociale - Volume 8.
La Guida Europa sociale una pubblicazione biennale volta a fornire ad un pubblico
interessato, ma non necessariamente specializzato una panoramica concisa sui settori specifici
della politica dell'Unione europea nel campo dell'occupazione, degli affari sociali e
dell'inclusione ... il Volume 8 guarda le politica occupazionale dell'UE, sostenuta dalla strategia
europea per l'occupazione. Mette in evidenza le principali iniziative per contrastare gli effetti
dirompenti della crisi economica, in particolare la strategia Europa 2020 e del semestre
europeo. "
Il Volume 8 delinea la politica occupazionale che la commissione europea (CE) ha messo in atto.
Il capitolo su "Combattere la disoccupazione in una grave recessione" (a partire da pagina 19)
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afferma che i massicci aumenti della disoccupazione nella maggior parte delle nazioni europee:
rischiano di lasciare profonde cicatrici nel tessuto sociale in Europa, rendendo pi difficile
raggiungere l'occupazione e gli obiettivi sociali sanciti dai Trattati (l articolo 3 del TUE
impegna l'UE 'a lavorare per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, [...], che mira alla piena
occupazione e al progresso sociale ').
Che un'affermazione vera, se mai ve ne fosse una.
Notate l'obiettivo della piena occupazione, significa che devono produrre tanti posti di lavoro
quanti sono quelli desiderati dalla forza lavoro disponibile.
Ci sono circa 25 milioni di disoccupati nell'Unione europea. Se escludiamo la disoccupazione
detta frizionale (circa il 2 per cento), servirebbero almeno 21 milioni di posti di lavoro (circa)
per raggiungere lobiettivo di piena occupazione.
Ma allora che cosa stanno facendo al riguardo?
Il Volume 8 dice che la CE sostiene la creazione di posti di lavoro da generare attraverso "Le
riforme della tassazione sul lavoro". Come? Con "Una riduzione del cuneo fiscale".
A quanto pare l'obiettivo realizzarlo senza compromettere il bilancio. Ad esempio, la
tassazione pu essere spostata in modo neutrale per il bilancio verso imposte sullambientale,
sulle propriet o sui consumi-. Che sono meno dannose per la crescita dell'occupazione".
Questo il solito incomprensibile mainstream. Notate che non propongono alcun aumento netto
della spesa pubblica (cambiamenti neutri per il bilancio) cos da non prevedere alcuno stimolo
dell'occupazione nel settore pubblico.
Inoltre, le imposte sui consumi minano la spesa (vedi laumento delliva in giappone)
E inoltre non c' nulla che suggerisca che il taglio del costo del lavoro aumenti l'occupazione. Le
imprese non impiegano manodopera perch a buon mercato ma solo se c' domanda per i loro
prodotti.
Il pacchetto Commissione Europea sulloccupazione comporta anche il pagamento di integrazioni
salariali. Queste potrebbero spostare l'occupazione tra diversi tipologie di lavoratori, ma non
aumentare il tasso di occupazione, perch non aumentano la spesa totale nell'economia.
Propongono aumenti salariali come "benefits lavorativi per aumentare la retribuzione tra
lavoratori poco qualificati". Si tratta essenzialmente di un sussidio salariale che viene pagato
dallo Stato, piuttosto che dal datore di lavoro. Tuttavia, levidenza che non siano realmente
efficaci nellaumentare l'occupazione.
Piuttosto si sono notati effetti perversi in cui i lavoratori hanno drasticamente ridotto le ore di
lavoro al fine di essere riconosciuti come beneficiari di questi sussidi.
Resta il fatto che le imprese non impiegano i lavoratori se non c' una prospettiva di un aumento
delle vendite dei loro prodotti. La concessione di benefits per il lavoro non un mezzo per
aumentare la domanda soprattutto quando sono fatti in un ambiente fiscalmente neutrale.
La Commissione Europea sostiene anche che vogliono "modernizzare il sistema di
determinazione dei salari ... al fine di garantire che i salari reali riflettano gli andamenti della
produttivit e sostengano la domanda aggregata". Aspetteremo e vedremo cosa succede. Certo,
la tendenza quella di ampliare il divario tra la crescita reale dei salari (che piatta se non
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negativo) e la crescita della produttivit e fanno affidamento sulla crescita del credito per
sostenere la crescita dei consumi.
Un cocktail letale, ma coerente con le strutture politiche neo-liberali.
Tutte le proposte per risolvere la disoccupazione di massa con la creazione di posti di lavoro
riusciranno a produrre pochissimi posti di lavoro netti e un aumento insignificante di ore di
lavoro.
Sono state provate pi e pi volte e in generale sono sempre fallite.
Queste politiche fallimentari sono tutte ispirate al sempre acclamato proclama da libro di
testo neo-classico per cui la disoccupazione causata da eccessivi salari reali piuttosto che
dalla mancanza di spesa.
Riguardiamo il crollo della domanda interna (spesa) del grafico sopra.
Conclusione
Il documento della Commissione Europea molto lucido e probabilmente costato un botto di
soldi per la pubblicazione e stampa. Ma non ispira alcuna speranza.
Speriamo che il nuovo Commissario entrante veda le cose un po' diversamente e si renda conto
che deve chiedere che ai governi europei sia permesso di aumentare sostanzialmente i loro
deficit di bilancio e di impegnarsi nella creazione diretta di posti di lavoro nel settore pubblico.
da European Employment Strategy barely a new job in sight
30 dicembre 2013, blog di Bill Mitchell
[traduzione a cura di Stefano Sanna]

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