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JURA

V. Velluzzi

uesta breve raccolta di saggi si ispira a un proposito metodologico preciso: fare filosofia del
diritto attraverso il diritto. Ci vuol dire impegnarsi in due direzioni tra loro complementari.
La prima direzione riguarda loggetto dellanalisi. Esso
costituito dai discorsi realizzati con e sul diritto positivo
dalla dottrina e dai giudici, e siffatto studio compiuto
al fine precipuo di svelare i presupposti da cui muovono
e gli obiettivi che perseguono i giudici e i giuristi. La
seconda direzione riguarda il modo col quale loggetto
indagato: gli istituti di diritto positivo vengono studiati in
ragione degli spunti di interesse teorico che forniscono,
allinterno di un quadro filosofico di riferimento e con
gli strumenti propri del metodo idoneo a tratteggiarlo.

Vito Velluzzi
STUDI

Tra teoria e dogmatica


Sei studi intorno allinterpretazione

Tra teoria e dogmatica


Sei studi intorno allinterpretazione

Vito Velluzzi professore associato confermato di Filosofia del diritto nellUniversit di


Milano, dove insegna Teoria e tecnica dellinterpretazione giuridica. Tra i suoi lavori recenti si ricordano: Commento agli artt. 12, 13 e 14
delle Disposizioni preliminari al Codice civile
(per il Commentario del Codice civile diretto da
E. Gabrielli) Utet, 2012; Lanalogia e il diritto.
Antologia breve (assieme a L. Pelliccioli) ETS,
2011; Le clausole generali. Semantica e politica del diritto, Giuffr, 2010.

Temi e problemi
del diritto

TESTI
CLASSICI

JURA
Temi e problemi
del diritto
collana diretta da

Marcello Clarich
Aurelio Gentili
Fausto Giunta
Mario Jori
Michele Taruffo

STUDI

filosofia del diritto

ISBN 978-884673450-1

xx,00

9 788846 734501

ETS

filosofia del diritto


discipline penalistiche - Criminalia
discipline civilistiche
discipline pubblicistiche

Edizioni ETS

Temi e problemi
del diritto
studi
discipline civilistiche
discipline penalistiche - Criminalia
discipline pubblicistiche
filosofia del diritto
testi
classici

Comitato scientifico
Marcello Clarich, Aurelio Gentili,
Fausto Giunta, Mario Jori, Michele Taruffo

Vito Velluzzi
Tra teoria e dogmatica.
Sei studi intorno allinterpretazione

www.edizioniets.com

Questo volume stato pubblicato con il contributo


dellUniversit degli Studi di Milano,
Dipartimento di Scienze Giuridiche Cesare Beccaria

Copyright 2012
EDIZIONI ETS

Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa


info@edizioniets.com
www.edizioniets.com
Distribuzione
PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]
ISBN 978-884673450-1

Al ricordo dei miei amati genitori Vincenzina e Antonio

assurdo attenersi a ununica, rigida regola


su ci che andrebbe letto e ci che andrebbe scartato,
poich oltre la met della cultura moderna
dipende proprio dagli scarti
(Oscar Wilde, Aforismi, a cura di A. R. Falzon,
Milano, Mondadori, 1998, pp. 36-37)

indice

Indicazione delle fonti

10

Ringraziamenti 11
Presentazione 13
Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

19

Sui rapporti tra linterpretazione sistematica della legge


e degli atti giuridici

33

Osservazioni sullanalogia giuridica

65

Analogia giuridica e razionalit dellordinamento.


Note a margine

85

Labuso del diritto in poche parole

97

Tutele proporzionate, prognosi del comportamento del coniuge


(o ex coniuge) obbligato e interpretazione giudiziale

105

Indicazione delle fonti

I. Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta (in Cassazione


penale, 7-8, 2004, pp. 2588-2598, qui si riproducono le pagine da
2588 a 2596).
II. Sui rapporti tra linterpretazione sistematica della legge e degli atti
giuridici (in Studi Senesi, 3, 2001, pp. 545-585, si aggiunta una postilla).
III. Osservazioni sullanalogia giuridica (saggio inedito, ma in larga parte tributario, seppur con modifiche, dei paragrafi da 19 a 23 del
Commento agli artt. 12, 13 e 14 delle Disposizioni sulla legge in generale, in Commentario del Codice civile, Diretto da E. Gabrielli,
Delle persone, vol. 1, Disposizioni sulla legge in generale e art. 1-10
c.c., a cura di A. Barba e S. Pagliantini, Utet, 2012).
IV. Analogia giuridica e razionalit dellordinamento. Note a margine (in
Ragion pratica, 27, 2006, pp. 377-386).
V. Labuso del diritto in poche parole (riprende e sviluppa lintroduzione a Labuso del diritto. Teoria, storia e ambiti disciplinari, Ets,
2012, pp. 11-17).
VI. Tutele proporzionate, comportamento del coniuge (o ex coniuge)
obbligato e interpretazione giudiziale (in Nuova giurisprudenza civile
commentata, 12, 2011, pp. 599-609).

Ringraziamenti
Sono in debito soprattutto con il Prof. Mario Jori che ha assecondato e sollecitato il mio proposito di raccogliere questi studi. Per i suggerimenti forniti ringrazio i colleghi (e amici) Francesco Albertini, Damiano Canale, Enrico
Diciotti, Aurelio Gentili, Anna Pintore, Francesca Poggi, Maddalena Rabitti,
Mario Ricciardi e Giovanni Tuzet.

Presentazione

Il libro raccoglie sei scritti, quattro realizzati e pubblicati nellarco di


un decennio (2001-2011), pi due parzialmente inediti. In questa presentazione vengono spiegate le ragioni per le quali sono state messe assieme le pagine del libro e per le quali vengono proposte al lettore come
un percorso articolato, non privo di qualche divagazione, ma unitario
nelle ambizioni, con delle puntuali coordinate metodologiche e un costante e riconoscibile retroterra teorico. Per compiere questo tentativo
di chiarificazione occorrono sia una premessa riguardante il titolo della
raccolta, sia brevi precisazioni su ogni singolo lavoro.
La scelta del titolo (e del sottotitolo) Tra teoria e dogmatica. Sei studi
intorno allinterpretazione, ha ragioni di metodo e di contenuto.
Per quanto riguarda il metodo gli scritti del libro sono di ispirazione
analitica e apparentati con le ricerche di metagiurisprudenza costruttiva1. Tuttavia, la scelta del metodo non indifferente riguardo alloggetto. Loggetto dellanalisi costituito, infatti, dai discorsi realizzati e dai
concetti impiegati dalla dottrina e dai giudici, e siffatto studio compiuto al fine precipuo di svelare i presupposti da cui muovono e gli obiettivi che perseguono i giudici e i giuristi. V, inoltre, limportante finalit
di proporre ridefinizioni chiarificatrici dei concetti esaminati2.
1
R. Guastini, Lezioni di teoria analitica del diritto, Torino, Giappichelli, 1985, p. 12
ss. Seguire la via della metagiurisprudenza costruttiva significa elaborare ridefinizioni (dette
pure definizioni esplicative) e sostenere che proporre ridefinizioni sia, o possa essere, filosoficamente proficuo, che modificare e innovare in parte il significato di un vocabolo riducendone
vaghezza e/o ambiguit a partire dai suoi usi linguistici, sia di per s un fine meritevole sul
piano filosofico. Scrive sempre Guastini: Lo stile costruttivo: lapproccio di quanti non si
limitano ad un lavoro puramente descrittivo, dal punto di vista esterno, ma invece intervengono direttamente nelle controversie tra giuristi: proponendo ad esempio delle ri-definizioni
dei concetti contestati; ri-definizioni destinate, fatalmente, ad incidere sullinterpretazione dei
documenti normativi. Questo tipo di teoria del diritto non puramente descrittiva, ma anzi
propositiva e stipulativa si risolve, tendenzialmente, nella dogmatica stessa: , se si vuole, la
alta dogmatica di cui parla Scarpelli, R. Guastini, Teoria del diritto. Approccio metodologico, Modena, Mucchi Editore, 2012, pp. 43-44.
2
Esempi brillanti di impiego del metodo descritto sono i lavori di G. Pino, Il diritto
allidentit personale. Interpretazione costituzionale e creativit giurisprudenziale, Bologna, Il
Mulino, 2003; M. Atienza-J. R. M anero, Illeciti atipici. Labuso del diritto, la frode alla legge, lo
sviamento del potere (2000), trad. it. Bologna, Il Mulino, 2004, nel quale i due filosofi del diritto

14

Tra teoria e dogmatica

Procedere con questo metodo e sulloggetto indicato comporta sovente una mescolanza di ruoli tra il teorico del diritto e il giurista in
senso stretto3, cos da aver indotto lintroduzione nella filosofia del diritto contemporanea del sintagma alta dogmatica per designare tali
ricerche. Per il vero non tutti concorderebbero con lopinione che le
ricerche di metagiurisprudenza costruttiva siano, o debbano essere, necessariamente di alta dogmatica e nemmeno con la tesi che tutte le ricerche di alta dogmatica siano, o debbano essere, di carattere metagiurisprudenziale nel senso indicato. Ci dipende soprattutto dalla vaghezza
(e probabilmente pure dallambiguit) della nozione di alta dogmatica.
Non il caso di inoltrarsi in complesse discettazioni sul metodo giuridico e sullo statuto della teoria e della filosofia del diritto, opportuno
per chiarire quali ricerche vengono proposte e perch per esse calzante, seppur in grado differente, il sintagma alta dogmatica. Cos
facendo risulter chiaro cosa si intende per alta dogmatica e per quale
ragione gli scritti di questo libro siano ad essa riconducibili e si collochino, appunto, tra teoria del diritto e dogmatica giuridica.
I contenuti del libro vertono sia sugli strumenti di lavoro tipici dei
giuristi e dei giudici (linterpretazione e lintegrazione del diritto in particolare), misurandoli col metro del confronto con le riflessioni della
dottrina e con i provvedimenti giudiziali, sia sugli oggetti di indagine
propri dei giuristi, ma esaminati con piena consapevolezza del metodo e delle questioni teoriche ad essi legate4. Metodo e contenuto sono,
spagnoli affrontano, come mostra il sottotitolo, il tema dellabuso del diritto, della frode alla
legge e dello sviamento di potere. Proprio sullabuso del diritto verte il penultimo scritto di
questo libro.
3
Il riferimento fatto alla categoria dei giuristi in senso stretto un po infelice, ma
segno della difficolt di distinguere nettamente il giurista dal teorico del diritto, non solo nella
direzione della necessit per il teorico del diritto di essere anche un giurista, ma pure (se non
addirittura soprattutto) nel senso che il giurista debba avere una solida formazione teorica.
In tale direzione si muovono le considerazioni di L. Gianformaggio, Il filosofo del diritto e
il diritto positivo, in Ead., Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, a cura di E. DiciottiV. Velluzzi, Torino, Giappichelli, 2008, pp. 25-40. Dora in poi in questa presentazione, per
semplice comodit, si parler di dottrina o di giuristi tout court da un lato, di teorici del diritto
dallaltro; mentre con la parola giurisprudenza ci si riferir ai giudici tranne nel caso in cui
essa compaia nel composto metagiurisprudenza.
4
Per un accostamento alla nozione di alta dogmatica, v. M. Jori, Empirismo e dogmatica giuridica, in Id., Saggi di metagiurisprudenza, Milano, Giuffr, 1985, pp. 78-81; e si rammenti
quanto affermato a suo tempo da A. Ross, Diritto e giustizia (1958), trad. it. Torino, Einaudi,
1965, pp. 26-27: Il confine tra lo studio del diritto e la jurisprudence non rigido. Lanalisi
logica si applica largamente anche nellinterno dello studio tradizionale del diritto. Non esiste
alcun criterio interno per determinare l dove lo studio del diritto finisce e dove comincia
quello della jurisprudence, e jurisprudence, noto, significa, con una minima approssimazione, teoria del diritto. Sulloggetto e sul metodo della dogmatica giuridica v. G. Lariguet,

Presentazione

15

dunque, intimamente connessi. Vale la pena ripeterlo: loggetto dei vari


scritti costituito da temi tipici della teoria del diritto (le teorie dellinterpretazione giuridica, linterpretazione sistematica, lanalogia giuridica
etc.) e istituti di diritto positivo (la separazione personale dei coniugi,
la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il contratto, lipoteca
etc.) tra loro sovente intrecciati. Laddove ci si cimenta con questioni
pi strettamente teorico-giuridiche non mancano esemplificazioni tratte
dalla giurisprudenza e dalla dottrina, a mo di banco di prova delle tesi
elaborate5. Di converso quando ci si occupa di istituti di diritto positivo,
lo si fa in ragione di spunti di interesse teorico ed anche le proposte interpretative avanzate vogliono essere coerenti con un quadro filosofico
di riferimento e con gli strumenti propri del metodo idoneo a tratteggiarlo6.
Una notazione formale per i saggi gi editi e qui riproposti: i criteri
Dogmtica jurdica y aplicacin de normas, Crdoba, Alverani, 2006, pp. 98-118; G. B. R atti,
Sistema giuridico e sistemazione del diritto, Torino, Giappichelli, 2008, cap. VIII e letteratura
ivi citata.
5
Lesigenza per il filosofo del diritto analitico di mettere alla prova i propri strumenti di
lavoro studiando le cose stata pi volte rimarcata da Giovanni Tarello, come sottolineano
R. Guastini-G. R ebuffa, Introduzione, in G. Tarello, Cultura giuridica e politica del diritto,
a cura di R. Guastini e G. Rebuffa, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 9.
6
A parere di chi scrive il sintagma alta dogmatica pu designare (almeno) le ricerche
appena menzionate nel testo, ed a riprova di ci si leggano le parole di M. Jori, Empirismo e
dogmatica giuridica, cit., pp. 79-80: Parlare di dogmatica giuridica infatti fa anche pensare
alle concezioni del diritto, implicite e esplicite, che operano una qualche distinzione tra due
tipi di descrizione giuridica, tra descrizione del diritto alta e bassa. La distinzione pu
basarsi su elementi soggettivi, a seconda che siano i pratici o gli scienziati del diritto a farla;
ovvero pu basarsi su una distinzione metodologica, per cui la dogmatica sarebbe la fase meramente descrittiva [] la scienza giuridica produrrebbe concetti ordinatori [] ovvero [su]
una interpretazione semiotica, distinguendo tra descrizione che si serve solo di definizioni
lessicali, e descrizione che si serve anche di descrizioni esplicative e convenzionali prodotte
dal teorico [] A questi problemi non semplici di distinzione metodologica, si aggiungono
essenziali distinzioni metametodologiche, che riguardano cio il tipo di analisi metodologica
e il suo fondamento: cos si pu analizzare il discorso (descrittivo) dei giuristi come e come
questi lo vedono; o anche come i giuristi non lo vedono, ma come i filosofi vedono che in realt
; ovvero il discorso (descrittivo) dei giuristi come i teorici-filosofi dicono che dovrebbe essere.
La pi significativa di queste distinzioni , secondo me, quella tra metodologia descrittiva e
metodologia prescrittiva: tra la descrizione del metodo reale dei giuristi e la prescrizione di un
metodo ideale di conoscenza giuridica. Una sicura fonte di ispirazione metodologica degli
scritti che si propongono in questo libro il filosofo del diritto Giacomo Gavazzi, vista la sua
costante preoccupazione per una teoria generale del diritto attenta al lavoro dei giuristi, alle
loro esigenze di operatori che interpretano e applicano il diritto non meno che al loro ruolo
nella continua (ri)definizione degli istituti e delle stesse categorie concettuali con le quali render conto della sua struttura e delle sue funzioni, cos T. M azzarese, Giacomo Gavazzi e la
teoria generale del diritto. La provocazione della sobriet stilistica e metodologica, in Ead. (a cura
di), Teoria del diritto e filosofia analitica. Studi in ricordo di Giacomo Gavazzi, Torino, Giappichelli, 2012, p. 9.

16

Tra teoria e dogmatica

di citazione sono quelli della prima pubblicazione, ma da saggio a saggio


non divergono di molto e le poche differenze non dovrebbero disturbare troppo il lettore o indurlo a formulare un giudizio di sciatteria, almeno questa la speranza dellautore.
opportuno, ora, discorrere rapidamente dei singoli contributi.
Lo scritto di apertura riguarda le teorie dellinterpretazione giuridica. Pi precisamente esso verte sui vari modi in cui possibile trattare
della nozione di interpretazione giuridica corretta, o predicare la correttezza dellinterpretazione giuridica, in ragione dellimpostazione filosofica in tema di interpretazione delle formulazioni normative allinterno
della quale ci si colloca. Ci porta con s lopportunit di una tassonomia delle teorie dellinterpretazione e impone di capire, alla luce del
carattere proprio di ciascuna teoria, quali e quanti siano i criteri della
correttezza dellinterpretazione, o, in termini pi radicali, se sia sensato
parlare di interpretazione giuridica corretta. La conclusione dellarticolo prospetta una chiara preferenza per una teoria moderatamente scettica dellinterpretazione giuridica e tale predilezione viene argomentata
ponendo in rilievo i tratti specifici dello scetticismo moderato prescelto,
nonch la capacit di tale teoria di distinguere tra interpretazione e integrazione giuridica.
Il secondo scritto riguarda linterpretazione sistematica e ha una
duplice finalit: proporre una adeguata ridefinizione della nozione per
quanto riguarda linterpretazione della legge; confrontare lesito raggiunto con linterpretazione sistematica di taluni atti giuridici non legislativi.
Il terzo saggio si pone in linea di continuit con i primi due ed
dedicato allanalogia giuridica. E infatti il passo dalle teorie dellinterpretazione giuridica, allo scetticismo interpretativo moderato, sino ad
approdare allanalogia giuridica davvero breve. Allo stesso modo
perpetuata labitudine di legare, in qualche guisa, lanalogia allinterpretazione sistematica. Nelle pagine in questione si pongono in rilievo
alcuni, ma non tutti, i profili problematici dellanalogia giuridica e si
prospettano soluzioni (provvisorie) per taluni di essi. In questo scritto
auspico che il lettore colga, nello svolgimento del cammino attraverso il
libro, lomogeneit del metodo e dei presupposti filosofico-giuridici che
animano tutto il volumetto. Misurarsi con lanalogia giuridica significa,
infatti, scendere sul terreno di questioni quali, per esempio, la distinzione tra ragionamento analogico e interpretazione estensiva, tra lanalogia
legis e iuris, e per tentare di dirimerle indispensabile aver compiuto
scelte intorno allinterpretazione giuridica nel suo complesso, al compi-

Presentazione

17

to assolto, al suo interno, dagli argomenti interpretativi, ai modi di costruire norme cosiddette inespresse nellordinamento e altro ancora.
Lanalogia giuridica oggetto anche del quarto saggio. Per il vero in
esso si affronta un aspetto specifico del ragionamento analogico nel diritto che arricchisce e completa il quadro tracciato nel saggio immediatamente precedente. Laspetto trattato la nozione di ratio legis, il suo
ruolo nellanalogia giuridica, e pi in particolare se ed in quali termini
attraverso la ratio si possano costruire analogie in grado di inserirsi armoniosamente nel sistema giuridico, garantendone (o senza romperne)
la razionalit7.
Il quinto articolo verte sullabuso del diritto. Labuso del diritto, infatti, oggetto di attenzione consolidata e ricorrente da parte della dottrina, della giurisprudenza e della teoria del diritto.
Dei due volti dellalta dogmatica menzionati allinizio di questa nota
introduttiva, ossia per un verso ragionare, in virt di ci che giuristi e
giudici dicono e fanno, intorno ad alcuni strumenti di lavoro tipici della
dottrina e della giurisprudenza, e per laltro verso affrontare le medesime questioni trattate dalla dottrina e dalla giurisprudenza applicando il
metodo ed i contenuti di un determinato approccio teorico, sino ad ora
si mostrato in prevalenza il primo. Il compito di svelare per intero il
secondo volto affidato allultimo saggio. Il lavoro ha lo scopo di proporre una soluzione interpretativa appropriata a talune questioni dibattute nellordinamento italiano riguardanti gli ambiti della separazione
personale tra coniugi, della cessazione degli effetti civili del matrimonio
e dei diritti reali di garanzia.
Tuttavia, opportuno sottolinearlo, inoltrarsi in profondit nel territorio della dottrina e della giurisprudenza non significa abdicare il ruolo
di teorico del diritto, non vuol dire, cio, costruire la tesi proposta in
maniera non sufficientemente argomentata, o sviluppare ragionamenti
contraddittori, non vuol dire, insomma, lavorare in maniera metodologicamente destrutturata8. Non significa neppure ricusare luso dellap Sui rapporti tra ratio legis e coerenza v. le pagine, sempre attuali, di G. Lazzaro, Storia
e teoria della costruzione giuridica, Torino, Giappichelli, 1965, pp. 257-268.
8
Queste cautele dovrebbero essere proprie di ciascun giurista, ecco perch il giurista
non pu non essere anche teorico del diritto. Tuttavia, bene ribadirlo, anche il teorico del
diritto non pu non essere giurista, non pu teorizzare intorno ad un oggetto che ignora o
conosce superficialmente. Preciso che in queste pagine introduttive le nozioni di filosofia del
diritto e di teoria del diritto sono state usate in maniera equivalente, senza con ci voler
sostenere che la filosofia del diritto debba esaurirsi nella teoria del diritto. Sui vari modi di
intendere la filosofia del diritto e la teoria del diritto, nonch le loro relazioni e differenze reciproche v. R. Guastini, Introduzione alla teoria del diritto, in Id., Dalle fonti alle norme, Torino,
7

18

Tra teoria e dogmatica

parato di concetti tipico del filosofo del diritto per commentare sia la
dottrina, sia la giurisprudenza. Al contrario proprio mettendo in luce
luso disinvolto, apodittico o inappropriato di tali concetti (per gli scritti
in oggetto, solo per citarne alcuni: lacuna del diritto, principio del diritto, interpretazione sistematica, analogia, ratio legis) che si pu criticare
efficacemente la giurisprudenza e la dottrina, indicando, per esempio,
una incongruenza tra il fine dichiarato e il mezzo usato per perseguirlo o
che la conclusione raggiunta non lunica compatibile con le premesse
poste, come magari asserito, e nemmeno quella pi coerente con esse,
oppure facendo emergere i presupposti etico-politici (volontariamente o
involontariamente) non dichiarati delle scelte interpretative compiute da
giuristi e giudici.
Ecco perch gli scritti qui proposti hanno una salda giustificazione
teorico-giuridica e si legano senza fratture e disarmonie, pur se alcuni
di essi sono nati al di fuori di uno stretto contesto di teoria del diritto.
Detto in altri termini: pure dallesame dei discorsi della dottrina e della giurisprudenza, praticando il gioco della critica giurisprudenziale e
del confronto dottrinale, possibile affrontare le questioni fondamentali
e centrali della filosofia del diritto, senza sfuggire ad esse. Ci che rileva
farlo omettendo di trascurare il diritto positivo e i discorsi di chi con
esso e su di esso lavora9.

Giappichelli, 1992, pp. 281-293; pi di recente V. Villa, Il positivismo giuridico: metodi, teorie e
giudizi di valore. Lezioni di filosofia del diritto, Torino, Giappichelli, 2004, pp. 33-43; P. Chiassoni, Lutopia della ragione analitica. Origini, oggetti e metodi della filosofia del diritto positivo,
Torino, Giappichelli, 2005, specie pp. 82-104.
9
Per la distinzione tra problemi fondamentali e centrali della filosofia del diritto v. M.
Jori-A. Pintore, Manuale di teoria generale del diritto, Torino. Giappichelli, 1995, p. 119: Possiamo, in altre parole, chiamare problemi centrali di una disciplina [] quelli che incontriamo ineluttabilmente nellaffrontare qualunque altro problema, senza che essi siano peraltro
il punto di partenza e il fondamento filosofico delle domande e delle risposte: questi punti di
partenza sono invece le soluzioni dei problemi fondamentali. Questa distinzione non riguarda
solo i problemi di conoscenza e descrizione (epistemologici), ma anche quelli di valore, cio
etico-politici.

Sulla nozione di
interpretazione giuridica corretta

Sommario: 1. Linterpretazione giuridica corretta: avvertenze preliminari. 2.


Interpretazione giuridica corretta e teorie dellinterpretazione. 3. Interpretazione
giuridica corretta e argomenti interpretativi. 4. Interpretazione giuridica corretta e
gerarchie normative.

1. Linterpretazione giuridica corretta: avvertenze preliminari


Sfogliando le riviste ed i repertori di giurisprudenza1 piuttosto agevole rintracciare espressioni del tipo secondo una corretta interpretazione, in base allinterpretazione corretta2, oppure nella giurisprudenza
costituzionale lespressione la corretta interpretazione delle disposizioni censurate alla luce della Costituzione3. Non vi sono, quindi, grosse
difficolt ad accreditare limportanza della questione della correttezza
dellinterpretazione giuridica per giudici e giuristi. Altrettanto si pu dire
per gli scritti di teoria del diritto nei quali il tema della correttezza dellinterpretazione giuridica o meglio dellinterpretazione giuridica corretta
si presenta, infatti, complesso e controverso: un tema complesso perch
lo si pu esaminare da pi di una prospettiva e anche da diverse impostazioni filosofiche4; controverso perch, qualsiasi prospettiva si scelga,
le soluzioni in campo sono molteplici. La questione pu essere riassunta
in due interrogativi: esiste uninterpretazione giuridica corretta? E quali
sono i criteri della correttezza? Tuttavia, indipendentemente dalla prospettiva adottata, per poter almeno abbozzare una risposta agli interrogativi appena posti, necessario chiarire, preliminarmente, le nozioni di
interpretazione giuridica e di correttezza rilevanti per il prosieguo.
Entrambe le nozioni appena menzionate sono assunte in questo breve
Si impone subito una precisazione: le considerazioni avranno ad oggetto linterpretazione di quel particolare atto giuridico denominato legge e non anche linterpretazione degli
altri atti giuridici.
2
Cass. civ., 25 gennaio 2002, n. 15105, in Nuova giur. civ. comm., I, 2003, p. 66; Cass.
pen., 24 ottobre 2001, n. 3383, in Cass. pen., 2003, p. 957.
3
V. per tutte C. cost., 7 maggio 2002, n. 170, in Giur. cost., 2002, p. 1400.
4
Cfr. da ultimo D. Canale, Forme del limite nellinterpretazione giudiziale, Padova,
Cedam, 2003, passim, e spec. pp. 132-148.
1

20

Tra teoria e dogmatica

saggio in un significato sufficientemente ampio, in maniera tale da consentire di non restringere eccessivamente lo spettro dellindagine.
La nozione di interpretazione giuridica assunta come punto di partenza la seguente: linterpretazione giuridica consiste nella determinazione di significato delle formulazioni normative. Linterprete formula,
a conclusione del procedimento interpretativo, uno o pi enunciati interpretativi del tipo la formulazione normativa S significa F5. Per quel
che riguarda la nozione di correttezza (dellinterpretazione), v da dire
che nella letteratura giusfilosofica, e di teoria dellinterpretazione in specie, essa si presenta con molteplici significati e si sovrappone, a seconda
dei casi, alle nozioni di unica interpretazione, interpretazione giusta,
interpretazione preferibile alle altre, interpretazione accettabile o ammissibile. necessario tener conto di questi molteplici usi, poich la
sovrapposizione (parziale o totale) tra interpretazione giuridica corretta ed una o pi delle locuzioni prima richiamate, dipende dalla teoria
dellinterpretazione giuridica che si assume, e quindi, dipende, in gran
parte, da cosa si intende per determinazione del significato delle formulazioni normative. A parte la rilevanza che linterpretazione giuridica
corretta assume per le teorie dellinterpretazione, arduo individuare
tutti gli altri ambiti dindagine rilevanti.
Ve ne sono di certo due dei quali ci si deve occupare. Bisogna considerare, infatti, che il significato delle formulazioni normative determinato
sulla base di (o meglio: giustificato per mezzo di) argomenti interpretativi, per cui anche lesame del ruolo da essi svolto nellinterpretazione giuridica si rivela importante per affrontare il tema oggetto di questo breve
saggio. per mezzo degli argomenti interpretativi, infatti, che si giustificano gli enunciati interpretativi, si spiega, cio, per quali ragioni la formulazione normativa S significa F6. Bisogna considerare, inoltre, lincidenza
che le gerarchie normative hanno o possono avere sulla configurazione
5
Sulla nozione di enunciato interpretativo, inteso come enunciato riguardante il significato di enunciati normativi, cfr. R. Guastini, Enunciati interpretativi, in Ars Interpretandi.
Annuario di ermeneutica giuridica, 1, 1997, pp. 35-52. Come il lettore avr notato, nel testo si usa
il sintagma formulazione normativa e non enunciato normativo; la scelta dovuta al fatto
che loggetto dellinterpretazione giuridica pu essere costituito da uno oppure da pi enunciati normativi: la nozione di formulazione normativa in grado di ricomprendere entrambe le
ipotesi.
6
Scrive Riccardo Guastini, in Id., Il diritto come linguaggio. Lezioni, Torino, Giappichelli, 2001, p. 131: Un discorso interpretativo [] si pu ritenere che normalmente []
includa [] una conclusione interpretativa, cio un enunciato secondo il quale un certo testo
giuridico (una formulazione normativa) deve essere inteso in un dato senso; nonch [] un
insieme di argomenti interpretativi, cio di argomenti che si adducono a sostegno di quella
conclusione interpretativa.

Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

21

dellinterpretazione giuridica corretta, ci in ragione dellattenzione prestata a questo profilo sia dai teorici del diritto, sia dalla giurisprudenza.
Quanto si detto sin qui ci indica il percorso da seguire: mettere in
relazione il tema che ci occupa con le teorie dellinterpretazione, con gli
argomenti interpretativi e con le gerarchie normative, ponendo in rilievo
soprattutto, ma non solo, le molteplici accezioni assunte dalla nozione
interpretazione giuridica corretta.

2. Interpretazione giuridica corretta e teorie dellinterpretazione


ben noto, che il dibattito intorno allinterpretazione giuridica vede,
ancora oggi, impegnate molteplici teorie (o meglio gruppi di teorie)7.
Nella recente letteratura si soliti distinguere tre teorie dellinterpretazione giuridica: formalista, scettica, mista o intermedia; questa tripartizione
per, problematica, specie per le finalit perseguite con questo scritto.
La costruzione del terzo polo della teorie miste o intermedie, polo nellalveo del quale si riconducono tutte le teorie non radicalmente formaliste o
scettiche, oppure tutte le teorie non solo formaliste o non solo scettiche,
non consente unadeguata trattazione del problema dellinterpretazione
giuridica corretta, e per tale ragione non opportuno seguirla8. Invece
Si veda, nella letteratura di lingua italiana, le sintesi del dibattito fornite da P. ChiasLinterpretazione della legge: normativismo semiotico, scetticismo, giochi interpretativi, in
Studi in memoria di Giovanni Tarello, II, Saggi teorico-giuridici, Milano, Giuffr, 1990, pp.
121-161; C. Luzzati, Teoria e metateoria dellinterpretazione giuridica, in Sociologia del diritto, I,
1993, pp. 7-50; P. Comanducci, Linterpretazione delle norme giuridiche. La problematica attuale, in M. Bessone (a cura di), Interpretazione e diritto giudiziale, I, Torino, Giappichelli, 1999,
pp. 1-20; con particolare, ma non esclusivo riguardo alla filosofia ermeneutica F. Viola-G.
Zaccaria, Le ragioni del diritto, Bologna, Il Mulino, 2003, specie pp. 211 ss.
8
La tripartizione riportata nel testo ha avuto notevole diffusione specie a partire da
H. L. A. H art, The Concept of Law, Oxford, Oxford University Press, 1961, trad. it. Il concetto
di diritto, Torino, Einaudi, 1965, cap. VII. Nella letteratura italiana vedi per tutti, R. Guastini,
Le fonti del diritto e linterpretazione, Milano, Giuffr, 1993, cap. XXIV e Id., Dalle fonti alle
norme, Torino, Giappichelli, 1992, pp. 108-112. Nel testo si preferito parlare di gruppi di teorie e non semplicemente di teorie dellinterpretazione, poich si tratta di molteplici teorie raggruppabili sulla base di un dato omogeneo. A tal proposito, infatti, non manca chi preferisce
sostituire alla tripartizione una quadripartizione, che risulta in effetti euristicamente efficace,
perlomeno con riguardo al tema che ci occupa, distinguendo tra cognitivismo, cognitivismo
moderato, scetticismo e scetticismo moderato, il riferimento a E. Diciotti, Verit e certezza
nellinterpretazione della legge, Torino, Giappichelli, 1999, specie pp. 78-88, e 70-77 per ci che
concerne la correttezza dei giudizi interpretativi, cio dei giudizi espressi per il tramite degli
enunciati interpretativi. Le considerazioni compiute nel testo si ispirano alla quadripartizione
citata, anche se con alcune variazioni concettuali e lessicali di non poco conto, quale quella
relativa allopportunit di non usare la parola cognitivismo, ma di continuare a seguire il pi
consolidato uso del termine formalismo.
7

soni,

22

Tra teoria e dogmatica

di individuare due poli estremi, quello formalista e quello scettico, per


poi ricondurre (in maniera un po troppo indistinta) nel calderone delle
teorie miste o intermedie tutto il resto, per i nostri scopi preferibile
procedere in maniera diversa, articolando il discorso su due poli, quello
formalista e quello scettico, evidenziandone per pi versioni, tra loro
omogenee per alcuni versi, ma differenti per altri versi. Questo modo di
procedere, ci permette di cogliere con maggior puntualit il rapporto che
ciascuna teoria intrattiene con il problema dellinterpretazione giuridica
corretta, mettendo bene in luce se ci sia ed eventualmente quale sia il
criterio di correttezza adottato da ogni versione9.
Della tesi formalista in campo interpretativo si danno almeno due
versioni, a seconda che si ponga laccento sul profilo semantico o sullesito del procedimento interpretativo. Approfondiamo questa distinzione. Secondo una prima ricostruzione la tesi formalista si risolve in
una precisa teoria semiotica, per la quale le parole hanno un significato
univoco e di conseguenza determinare il significato delle formulazioni
normative vuol dire individuare il solo significato che la formulazione esprime. Seguendo questa impostazione v, quindi, uninterpretazione corretta, ed quella che coincide con il significato univoco,
proprio, letterale, della formulazione normativa10. Un interprete
formalista tratteggiato in siffatta maniera esprimerebbe enunciati interpretativi del tipo la formulazione F significa S e solo S, sostenendo che
ci avviene in ragione del significato univoco, proprio, letterale delle
parole. Ne consegue, che qualsiasi significato attribuito alla formulazione normativa F che non sia S determina uninterpretazione non corretta, o, per meglio dire, non uninterpretazione di quella formulazione
normativa (nellesempio F).
In ambito teorico giuridico si parla di formalismo, a volte etichettato
come moderato, o neoformalismo interpretativo anche per indicare
9
Il che non significa che la tripartizione sia poco efficace sul piano ricostruttivo in
senso assoluto, ma si ritiene lo sia in ragione delle specifiche finalit di questo scritto, tanto
che anche chi scrive ha la tripartizione, cfr. V. Velluzzi, Interpretazione sistematica e prassi
giurisprudenziale, Torino, Giappichelli, 2002, pp. 44-58.
10
Scrive in proposito M. Jori, Formalismo giuridico, in Dig. disc. priv., VIII, Torino, Utet,
1992, p. 430: Il nocciolo di queste concezioni [] comunque lassunto che sia possibile
giungere a soluzioni definitive ed esatte nellinterpretazione del diritto [] tradotto nei termini appropriati di una teoria semiotica, questo assunto non pu che corrispondere alla tesi,
semioticamente stravagante, che ogni enunciato giuridico possiede, da solo o in congiunzione
con altri, un unico significato proprio ovvero corretto. Le nozioni di significato univoco,
proprio, letterale sono tutte controverse e non perfettamente sovrapponibili, ma qui posso
solo fare questo cenno, rinviando in proposito ai saggi contenuti in V. Velluzzi (a cura di),
Significato letterale e interpretazione del diritto, Torino, Giappichelli, 2000.

Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

23

quella teoria che, da un lato ammette lindeterminatezza del linguaggio


(cio la vaghezza dei significati e lambiguit degli enunciati), e dallaltro sostiene che c una sola interpretazione corretta (vale a dire un
risultato interpretativo, tra quelli determinabili, da preferire agli altri).
Seguendo questa impostazione, quindi, linterpretazione corretta non
legata allidea che vi sia un solo, univoco significato sul piano semantico, ma, al contrario, si ammette limprecisione o la pluralit dei significati, pur ritenendo che ve ne sia uno giusto, preferibile, migliore
degli altri11. Un formalista o neoformalista di tal fatta esprimerebbe,
dunque, enunciati interpretativi del tipo la formulazione normativa F
pu significare S, R, M, ma S il solo significato; S si pone come il
significato corretto della formulazione F in ragione di uno o pi criteri, criterio/i caratterizzato/i in maniera diversa dai vari autori12. R e M
sono significati attribuibili alla formulazione normativa F, ma si tratta
di significati non corretti.
Volendo riassumere quanto detto, si pu individuare nella tesi formalista un nucleo comune alle due impostazioni esaminate: per ogni formulazione normativa v un solo significato corretto determinabile; solo che
in un caso il significato corretto poich lunico veicolato dalle parole;
nel secondo caso lunico significato corretto in virt di uno o pi criteri,
pur essendo determinabili altri significati per quella formulazione normativa13. Cos ricostruito, il nucleo concettuale del formalismo interpretativo risiede nellindividuazione di una sola interpretazione corretta, ma
ben chiaro, che allinterno dellimpostazione delineata si hanno teorie
differenti in ragione del diverso criterio di determinazione della correttezza adottato.
Anche dello scetticismo interpretativo si possono individuare almeno
due versioni, solitamente denominate scetticismo interpretativo estremo
Ammette, cio, che per ogni formulazione normativa vi possano essere pi risultati
interpretativi, ma sostiene pure che tra questi uno solo il significato corretto (o giusto, unico,
preferibile etc.).
12
Lallusione , ad esempio, alla nota posizione di Ronald Dworkin, espressa e articolata
dallautore a pi riprese, per il quale lunica soluzione interpretativa corretta individuabile grazie ai principi, ad onta della presenza di problemi di indeterminatezza del linguaggio.
Si veda in particolare R. Dworkin, Laws Empire, Cambridge Mass., Harvard University Press,
1986, trad. it. Limpero del diritto, Milano, Il Saggiatore, 1989. Sul pensiero di Dworkin e sulle sue evoluzioni si rinvia ad A. Schiavello, Il diritto come integrit. Incubo o nobile sogno?,
Torino, Giappichelli, 1998.
13
bene ribadire ulteriormente questo punto. Per la prima versione del formalismo
esposta, per F si d solo il significato S, qualsiasi non S non un significato ascrivibile ad F.
Per la seconda tesi formalista, invece, per F si danno pi significati ascrivibili (tra cui S), ma S
lunico significato corretto.
11

24

Tra teoria e dogmatica

(o radicale o scetticismo tout court) e scetticismo interpretativo moderato14.


Un primo modo di caratterizzare la tesi scettica nel campo dellinterpretazione giuridica strettamente correlato allo scetticismo in campo
semiotico15. Lo scettico (estremista o radicale) sul piano interpretativo
sostiene, infatti, che linterprete pu attribuire ad una formulazione normativa qualunque significato. Detto in altri termini, gli enunciati (e le
parole che li compongono) avrebbero il significato attribuito loro da chi li
esprime. Qualsiasi significato pu essere il significato di una formulazione
normativa, per cui alla formulazione normativa F possono essere attribuiti indifferentemente i significati S, M, R, Z, . n. Da questa prospettiva
la questione della correttezza dellinterpretazione perde ogni interesse,
poich o tutte le interpretazioni sono corrette, o forse non ha addirittura
senso porsi la questione della correttezza dellinterpretazione giuridica16.
Un secondo modo di caratterizzare la tesi scettica sostiene che il linguaggio giuridico ha dei difetti che connotano in senso discrezionale linterpretazione giuridica. Chiariamo meglio questo punto. Lo scetticismo
moderato ritiene che il linguaggio sia affetto da problemi di indeterminatezza, ritiene cio che gli enunciati siano ambigui e che i significati siano
vaghi. Lindeterminatezza del linguaggio fa s che lattivit dellinterprete
sia discrezionale ma non arbitraria, ritiene che allinterprete si presenti sempre una possibilit di scelta tra molteplici soluzioni interpretative
possibili, dato che chiamato a risolvere lambiguit e/o a ridurre la vaghezza e tutti gli esiti interpretativi sarebbero tra loro equivalenti. Sottesa
a tali considerazioni v dunque lidea che il linguaggio, per quanto difettoso, sia in una certa misura strumento efficace di comunicazione, oppure
che vi siano dei criteri (non necessariamente regole linguistiche) in grado
di delimitare le interpretazioni possibili di una formulazione normativa.
Insomma, lo scetticismo moderato fornisce unimmagine decisamente
discrezionale dellinterpretazione giuridica, ma ne esclude larbitrariet.
Assumendo questa prospettiva, quindi, per la formulazione normativa
F vi sono pi soluzioni interpretative, ed ognuna una interpretazione corretta, ma lambito delle interpretazioni possibili delimitato.
Ne consegue che non v alcun criterio idoneo rendere una delle inter14
Nel lessico di alcuni autori la parola scetticismo sostituita con la parola realismo
(cfr. infra nota 18), cos come il termine formalismo talvolta sostituito dal termine cognitivismo (cfr. retro nota 8).
15
Per il vero, anche dello scetticismo semiotico esistono pi versioni, per una sintesi si
veda U. Scarpelli-C. Luzzati, Compendio di filosofia del diritto, Torino, Giappichelli, 2000,
pp. 79-82.
16
Cfr. R. Guastini, Il diritto come linguaggio. Lezioni, cit., pp. 131-132.

Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

25

pretazioni possibili pi corretta delle altre: le varie interpretazioni corrette sono equivalenti17.
Il dato comune delle due varianti dello scetticismo interpretativo esaminate consiste nellescludere che per una formulazione normativa vi sia
una sola interpretazione corretta, ma si hanno, invece, pi soluzioni interpretative. Nel caso dello scetticismo estremo, per, tutto ci che decide
linterprete in ordine al significato di una formulazione normativa comunque corretto, mentre in base alla seconda impostazione (scetticismo
moderato) lambito delle interpretazioni possibili delimitato, e soltanto
gli esiti interpretativi compresi in questo ambito sono corretti18.
Riguardo ai rapporti tra interpretazione giuridica corretta e teorie
dellinterpretazione resta da fare unultima osservazione riguardante i
gravi difetti, da pi parti segnalati, in cui incorrono il formalismo e lo
scetticismo nelle loro versioni pi radicali. Il primo (formalismo) trascura, tra gli altri, i problemi degli enunciati e del loro significato, ad esempio
lambiguit e la vaghezza, la cui rilevanza pacifica da tempo negli ambiti
della semiotica e della filosofia del linguaggio. Il secondo (scetticismo)
finisce col negare la possibilit di qualsiasi comprensione per mezzo del
linguaggio, il che poco plausibile e produrrebbe un esito paradossale, nel senso che lo scettico dovrebbe giungere, per ragioni di coerenza,
a negare la stessa possibilit che si comprenda la sua posizione scettica.
A dire il vero, per, si pu dubitare del fatto che formalismo e scetticismo nella versione estrema siano stati effettivamente sostenuti.
Per quanto le semplificazioni storiografiche siano rischiose, si pu asserire che la gran parte degli esponenti della Scuola dellEsegesi, indicati
come paradigma del formalismo, sostenessero, ad esempio, la necessit
dellinterpretazione letterale in quanto fedele espressione dellintenzio A tal proposito dobbligo menzionare H. Kelsen, Reine Rechtslehre, Wien, Franz
Deuticke Verlag, 1934, trad it. Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, Einaudi, 1952,
pp. 120-121: Se per interpretazione si intende la constatazione del senso della norma []
allora il senso di questo atto pu essere soltanto la constatazione dello schema che rappresenta
la norma da interpretare, e, con ci, il riconoscimento delle varie possibilit che sono date
entro questo schema. In conseguenza linterpretazione della legge non deve condurre necessariamente a ununica decisione come la sola esatta, bens, possibilmente, a varie decisioni che
hanno tutte il medesimo valore in quanto corrispondono alla norma da applicarsi. Questa
posizione stata ribadita da Kelsen nelledizione del 1960, ove si trova esplicitata la nota distinzione tra interpretazione autentica e scientifica.
18
evidente che la versione moderata dello scetticismo suscettibile di assumere molteplici varianti, vale a dire tante varianti quanti sono i criteri di delimitazione delle interpretazioni possibili adottati, si veda per una esemplificazione M. Barberis, Filosofia del diritto.
Unintroduzione teorica, Torino, Giappichelli, 2003, p. 219. Sullo scetticismo interpretativo,
denominato per realismo, si veda di recente R. Guastini, Realismo e antirealismo nellinterpretazione, in Ragion pratica, 17, pp. 43-52.
17

26

Tra teoria e dogmatica

ne del legislatore, ma questa ben altra cosa dallassecondare la prima


versione del formalismo sopra riportata19. Allo stesso modo, gli esponenti del realismo americano, accreditati come gli scettici per antonomasia,
hanno affermato soprattutto la centralit dellinterpretazione giudiziale
per comprendere cosa il diritto (o cosa diritto), ma dubito che sia
ascrivibile loro la prima forma di scetticismo menzionata20. Non stupisce
allora, che il dibattito odierno in tema di interpretazione giuridica sia interno alle versioni moderate del formalismo e dello scetticismo, versioni
suscettibili di molteplici articolazioni e varianti ed proprio su questo
terreno che la questione della correttezza dellinterpretazione giuridica
acquista un particolare interesse.

3. Interpretazione giuridica corretta e argomenti interpretativi


Gli argomenti interpretativi sono dei procedimenti discorsivi per
mezzo dei quali si giustifica una determinata interpretazione, si spiegano
le ragioni per le quali si attribuito un certo significato ad una formulazione normativa, si spiega, cio, perch alla formulazione normativa F
si attribuito il significato S. Quali e quanti siano gli argomenti dellinterpretazione questione difficile da stabilirsi, nel senso che in ogni ordinamento giuridico sovente si strutturano delle convenzioni in ordine al
come giustificare le interpretazioni, e gli argomenti sono, quindi, schemi argomentativi basati su convenzioni. Ne consegue che lammissibilit
di un certo argomento interpretativo in una data comunit giuridica e la
sua forza retorica rispetto agli altri argomenti, possono variare dal punto
di vista diacronico per lo stesso sistema e dal punto di vista sincronico da
sistema a sistema. Vi possono essere, cio, regole che stabiliscono se un
determinato schema argomentativo sia un argomento dellinterpretazione spendibile e regole relative alla gerarchia tra gli argomenti ammessi21.
Sul punto, in maniera per parzialmente difforme, cfr. G. Tarello, La scuola dellEsegesi e la sua diffusione in Italia, in Id., Cultura giuridica e politica del diritto, a cura di R. Guastini
e G. Rebuffa, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 78-79.
20
Una recente raccolta antologica di saggi di alcuni esponenti del realismo americano
quella curata da S. Castignone, C. Faralli, M. R ipoli, Il diritto come profezia: il realismo
americano, Torino, Giappichelli, 2002.
21
Bisogna tener conto delleventuale presenza di norme scritte disciplinanti linterpretazione (per il nostro ordinamento lart. 12, comma 1, delle Preleggi), anche se la presenza di
tali norme non conduce ipso facto ad asserire lesclusiva rilevanza dei criteri interpretativi in
essa dettati, in quanto: le stesse norme sono sottoposte ad interpretazione (con gli stessi criteri
in essa indicati?) ed i criteri possono risultare incerti e/o le soluzioni interpretative in ordine
ad essi molteplici; una possibile interpretazione pu essere anche quella di ritenere che la pre19

Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

27

Alcuni teorici del diritto hanno compiuto un tentativo di ricognizione ed


hanno variamente classificato gli argomenti interpretativi22. Per lo scopo
di questo saggio tali questioni possono essere lasciate sullo sfondo, ci
che rileva sono i due seguenti profili: a) di regola i giuristi ed i giudici
giustificano la determinazione di significato delle formulazioni giuridiche
per mezzo di argomenti interpretativi, cio di procedimenti discorsivi il
cui uso radicato nella comunit giuridica alla quale giuristi e giudici appartengono; b) cos configurati gli argomenti interpretativi, risulta chiaro
che possono esservi molteplici rapporti tra argomenti interpretativi e interpretazione giuridica corretta.
Ora si tratta di approfondire il punto b), punto, per il vero, complesso, nel senso che a seconda del ruolo assegnato agli argomenti interpretativi si pu ricostruire un diverso rapporto tra questi e la questione
dellinterpretazione giuridica corretta. Per un verso si pu affermare, ad
esempio, che i significati ascrivibili ad una formulazione normativa siano
tutti quelli giustificabili per mezzo degli argomenti interpretativi ammessi
in una data comunit giuridica, significati che sarebbero quindi tutti corretti. Per laltro verso si pu sostenere, invertendo lordine di rilevanza
appena espresso, che gli argomenti interpretativi ammessi sono solo quelli che consentono di giustificare un determinato risultato interpretativo,
ad esempio quello conforme allintenzione del legislatore, che sarebbe
quindi lunico corretto. Le soluzioni prospettabili sono molteplici, ben
pi ampie di quelle ora segnalate.
Ci che preme esporre, seppur in poche battute, non lintero quadro delle soluzioni prospettabili, bens una ben determinata proposta sul
ruolo svolto dagli argomenti interpretativi nellinterpretazione giuridica,
in modo tale da indicare una accezione di interpretazione giuridica corsenza di norme di tal fatta non escluda loperativit di altre fonti degli argomenti interpretativi,
ma sia concorrente con essa.
22
Riguardo alla nozione ed al censimento degli argomenti si veda per tutti P. Chiassoni,
La giurisprudenza civile. Metodi dinterpretazione e tecniche argomentative, Giuffr, Milano,
1999, pp. 475 ss., ove si trova scritto che lanalisi argomentativa comprende un catalogo di
schemi argomentativi, o argomenti-tipo [] Il catalogo di argomenti-tipo serve a identificare
gli argomenti effettivamente utilizzati [] lutilit euristica del catalogo dipende, di conseguenza, dalla sua ampiezza, articolazione, e adeguatezza allesperienza giuridica sulla quale
si indaga o nella quale si opera. Alcuni degli argomenti tipizzati pi di frequente nelle opere
sullinterpretazione giuridica sono quelli: letterale, a contrario, a fortiori, dellintenzione del
legislatore, della coerenza del dettato legislativo, della conformit ai principi del diritto, della
costanza del significato, della sedes materiae. La classificazione degli argomenti interpretativi
pi articolata ancora quella di G. Tarello, Linterpretazione della legge, Milano, Giuffr,
1980, pp. 341 ss.; meno articolata, ma di notevole interesse la classificazione proposta di recente da E. Diciotti, Interpretazione della legge e discorso razionale, Torino, Giappichelli, 1999,
pp. 323-330.

28

Tra teoria e dogmatica

retta da preferire alle altre. Si tratta di una riflessione ancora allo stato
embrionale, bisognosa di approfondimenti e modifiche, ma che si innesta
nel contesto dellanalisi dei rapporti tra interpretazione giuridica corretta
e argomenti interpretativi e per questa ragione viene proposta al lettore.
Il quadro allinterno del quale ci si colloca quello dello scetticismo
moderato, si prendono le mosse, cio, dal convincimento che linterprete si trovi di fronte a pi soluzioni interpretative, ma lambito di queste
ultime sia delimitato23. Ma in qual senso pu dirsi delimitato lambito
delle soluzioni interpretative per una determinata formulazione normativa? Per rispondere allinterrogativo opportuno introdurre alcune
distinzioni. Muovendo dallassunto, problematico ma diffusamente condiviso, che per interpretare necessario conoscere la lingua nella quale
espressa la formulazione normativa. Conoscere la lingua significa, di
conseguenza, conoscerne le regole di funzionamento, ed allora si pu affermare che il primo ambito a venire in questione lambito dei significati
possibili. Questo ambito (sincronicamente determinato e diacronicamente mutevole) dato dai significati determinabili in base alle regole della
lingua. Al primo ambito appena indicato se ne affianca un altro che pu
caratterizzarsi come un sotto-ambito o pu sovrapporsi perfettamente
al precedente: lambito dei significati giuridicamente ammissibili, ed
anchesso sincronicamente determinato e diacronicamente mutevole.
Si tratta dellinsieme dei significati giustificabili per mezzo di uno o pi
argomenti dellinterpretazione ammessi nella comunit giuridica. Ne segue, per usare una terminologia in voga tra i teorici del diritto, che tutti
i casi sono per qualche verso difficili, poich comportano una scelta discrezionale dellinterprete, ma al contempo, tutti i casi sono per qualche
verso facili, poich si tratta pur sempre di una scelta compiuta tra pi
soluzioni delimitate24.
Seguendo questa terminologia qualsiasi significato giuridicamente
ammissibile anche corretto, nel senso che non pu essere considerato come un significato non ascrivibile ad una determinata formulazione normativa. Pu esservi, vero, uninterpretazione che , in maniera
contingente per uno o pi interpreti, pi corretta delle altre, cio pi
convincente, preferibile etc., ma siffatta interpretazione non esclude
23
Con lespressione pi soluzioni interpretative non ci si riferisce al solo fenomeno
dellambiguit, che solo eventuale e si ha quando un enunciato in grado di esprimere pi
significati, ma anche, se non soprattutto, alla vaghezza, fenomeno inevitabile che riguarda la
precisione dei significati. Linterprete, infatti, opera discrezionalmente non solo quando scioglie lambiguit, ma specie quando riduce la vaghezza.
24
La terminologia casi facili e casi difficili risale ad Hart ed entrata copiosamente
in uso nella letteratura giusteorica contemporanea, si veda retro nota 8.

Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

29

la correttezza delle altre, non , cio, lunica interpretazione giuridicamente fondata, soltanto la migliore del lotto delle interpretazione
corrette in quel dato momento per quellinterprete, ma, per cos dire,
non una volta per tutte25. Questultimo profilo della gerarchia tra gli
argomenti interpretativi particolarmente delicato e sarebbe meritevole
di approfondimento. In ogni caso ci che importa sottolineare qui la
preferenza per una nozione di interpretazione giuridica corretta correlata allambito dei significati giuridicamente ammissibili, cio dei significati giustificabili in base ad uno o pi argomenti dellinterpretazione.
Anzi, in tal modo la correttezza e lammissibilit giuridica dellinterpretazione finiscono col coincidere. Si tratta, probabilmente, di una nozione
debole o minima di interpretazione giuridica corretta, poich il ruolo
della correttezza non consiste nellaccreditare un significato come preferibile (in termini assoluti) agli altri, bens nel tracciare il novero dei
significati che linterprete non pu non considerare giuridicamente ammissibili. Uno dei punti critici della nozione di interpretazione giuridica
corretta delineata risiede nel far dipendere la correttezza dal livello di
cogenza delle convenzioni su cui si fondano gli argomenti interpretativi:
pi questultimo si abbassa, pi la correttezza diviene impalpabile ed
evanescente, pi si innalza e pi sostanziosa diviene la nozione di interpretazione giuridica corretta.

Pu accadere che la forza retorica di una data interpretazione sostenuta con uno o
pi argomenti dellinterpretazione sia pi elevata della forza retorica di altre interpretazioni
giuridicamente ammissibili in ragione di una convergente opinione della gran parte degli interpreti, oppure che una data interpretazione sia semplicemente la preferita di quellinterprete
senza che questultimo si uniformi alla tendenza prevalente in quel momento. Detto altrimenti:
possibile che si instauri una gerarchia convenzionale tra gli argomenti, ma non detto che
linterprete la segua in ogni occasione. Per quello che riguarda la giurisprudenza, v da dire
che a volte i giudici si riferiscono allinterpretazione corretta associandovi luso di pi argomenti interpretativi, si veda ad esempio Cass. pen., Sez. Unite, 31. 5. 1993, n. 13, in Rivista
penale, 2000, p. 785: Daltra parte, per una corretta interpretazione della norma, il canone
semantico deve essere integrato con gli altri criteri ermeneutici; altre volte, invece, ritengono
corretta linterpretazione conforme (o pi conforme) a Costituzione, denominata interpretazione adeguatrice, si veda tra le tante Cass. pen., 21. 1. 2000, n. 4957, in Rivista trimestrale di
diritto penale delleconomia, 2000, p. 793; oppure ritengono corretta linterpretazione letterale
(si veda Cass. pen., 15. 10. 1996, n. 5293, in Cassazione Penale, 1997, p. 1058). Non mancano poi
sentenze dal tenore piuttosto criptico, ove si parla di interpretazione corretta e sistematica
senza che si comprenda se sia il ricorso al criterio sistematico a determinare la correttezza
dellinterpretazione, oppure se linterpretazione corretta si raggiunga grazie ad altri criteri
interpretativi e poi possa (debba?) essere corroborata anche dal criterio sistematico (si veda Tar
Umbria, 4. 6. 1998, n. 639, in Rassegna giuridica umbra, 1999, 630).
25

30

Tra teoria e dogmatica

4. Interpretazione giuridica corretta e gerarchie normative


Rimane da affrontare, come preannunciato allinizio del saggio, il rapporto tra interpretazione giuridica corretta e gerarchie normative.
Teorici del diritto e costituzionalisti hanno individuato molteplici
tipi di gerarchie normative, ma non tutti i tipi di rapporto gerarchico
individuati nelle varie ricostruzioni sono rilevanti per linterpretazione
giuridica26.
Procediamo con ordine.
Si possono distinguere quattro gerarchie normative: a) strutturali;
b) di validit c) metalinguistiche; d) assiologiche27. Le prime (strutturali)
intercorrono tra le norme sulla produzione giuridica e le norme la cui
produzione da quelle regolata. Cos se una norma x regola la produzione della norma y, si pu dire che x gerarchicamente sovraordinata ad y in
senso strutturale. Le seconde (gerarchie di validit) intercorrono tra due
norme, supponiamo le norme x e y, allorch previsto che la norma x sia
invalida se in conflitto con la norma y, come accade nei sistemi giuridici a
costituzione rigida per le norme di rango legislativo, le quali sono invalide
se in contrasto con la costituzione. Le gerarchie metalinguistiche si hanno
quando una norma x verte su unaltra norma y in quanto la menziona,
come accade, ad esempio, per le norme che dispongono labrogazione
rispetto alle norme abrogate. Si ha gerarchia assiologica tra due norme
allorch linterprete attribuisce ad una di esse particolare valore, superiore al valore dellaltra pur trovandosi sul medesimo piano gerarchico
(di validit). La peculiarit delle gerarchie assiologiche sta nellessere istituite dallinterprete, come accade, per fare un esempio, ogni volta che una
norma contenuta in un codice (penale, civile, etc.), viene ritenuta fondamentale, basilare, per un certo ambito disciplinare, e cos facendo vie26
Giovanni Tarello, ad esempio, individua tre tipi di gerarchie normative: tra fonti, strutturali e di competenza (cfr. G. Tarello, Linterpretazione della legge, cit., cap. VII).
Si ha gerarchia tra fonti quando la fonte inferiore invalida se in conflitto con la fonte superiore; la gerarchia strutturale riguarda norme dello stesso livello allorch linterprete attribuisce
a talune norme la funzione di reggere lattribuzione di significato ad altre norme, oppure il
legislatore a dettare norme che vertono su altre norme; si ha gerarchia di competenza quando
un organo pu produrre norme disciplinanti una determinata materia secondo una competenza attribuitagli.
27
Si segue limpostazione delineata da R. Guastini, Gerarchie normative, in Materiali
per una storia della cultura giuridica, 1997, pp. 463-486, modificando in parte la terminologia su
indicazione di Mario Jori. Nel saggio di Guastini, infatti, al fianco delle gerarchie strutturali e
assiologiche si trovano quelle materiali e logiche che in queste pagine si preferito denominare
di validit e metalinguistiche. Riguardo a queste ultime v da dire che lo stesso Guastini
le ha di recente denominate logiche o linguistiche, cfr. R. Guastini, Il diritto come linguaggio,
cit., p. 92.

Sulla nozione di interpretazione giuridica corretta

31

ne sovraordinata assiologicamente rispetto alle norme dello stesso codice


relative al medesimo ambito disciplinare (per esemplificare: non esiste
alcuna gerarchia di validit tra la norma di cui allart. 1175 del Codice
civile e le altre norme in tema di obbligazioni, eppure quella norma viene
ritenuta caratterizzante lintero ambito disciplinare delle obbligazioni).
Solitamente queste norme assurgono al rango di principio, in una delle
molteplici accezioni che la parola pu assumere. V da dire, inoltre, che
di regola, ma non sempre come si appena segnalato, le gerarchie assiologiche riflettono gerarchie di validit (alle norme costituzionali, specie in
regime di costituzione rigida, si attribuisce anche un particolare valore28).
Orbene, un modo diffuso, specie nel lessico della giurisprudenza29,
di trattare dellinterpretazione corretta, strettamente connesso alle gerarchie di validit ed a quelle assiologiche. Si sostiene, infatti, che nellinterpretare si debba evitare la formazione di antinomie, ne deriva che ove
si stia interpretando una formulazione normativa bisogna assegnare ad
essa un significato, tra quelli determinabili, non contrastante con una
norma di rango gerarchico superiore30. Va chiarito per che la nozione di significato non contrastante con la norma di rango superiore,
che si tratti di una gerarchia di validit o di una gerarchia assiologica o
che si presentino entrambe congiuntamente, pu essere intesa, e sovente
viene intesa, in due modi31. Da un lato si ritiene che il significato non
contrastante sia quello che non produce, anzi evita, unantinomia, come
si appena detto. Linterpretazione corretta sarebbe, quindi, quella determinazione di significato di una formulazione normativa che evita il
formarsi di unantinomia32. In una seconda accezione il significato non
contrastante non sarebbe semplicemente quello non antinomico, bens
il significato che consente la migliore attuazione o valorizzazione
28
V da dire che di solito, ma non sempre, le gerarchie strutturali e quelle di validit
vanno in coppia, come per il caso delle norme costituzionali che regolano il procedimento di
formazione delle leggi.
29
Il riferimento a molte delle sentenze interpretative di rigetto della Corte Costituzionale.
30
chiaro che ci presuppone che si sia gi interpretata la formulazione normativa di
rango superiore, e che si sia assunto il significato attribuitole come parametro di valutazione
dellinterpretazione della formulazione normativa di rango inferiore. Per questo si parlato
direttamente di norma e non di formulazione normativa di rango gerarchico superiore.
31
Ne segue che si hanno anche due accezioni di interpretazione adeguatrice, si veda
retro, nota 25.
32
Sulle antinomie o incompatibilit tra norme sufficiente richiamare A. Ross, On Law
and Justice, London, Stevens & Sons, 1958, trad. it Diritto e giustizia, Torino, Einaudi, 1965,
p. 122: Esiste una incompatibilit tra due norme quando effetti giuridici incompatibili sono
riferiti alla stessa fattispecie.

32

Tra teoria e dogmatica

della norma di rango gerarchico superiore. Cos ragionando linterpretazione corretta della formulazione normativa di rango gerarchico inferiore sarebbe quella che, per cos dire, ottimizza i contenuti della norma di
rango gerarchico superiore33.

33
Per approfondimenti ed esemplificazioni su questo punto e con particolare riguardo
allinterpretazione sistematica mi sia consentito rinviare a V. Velluzzi, Interpretazione sistematica e prassi giurisprudenziale, cit., pp. 149-154.

SUI RAPPORTI TRA LINTERPRETAZIONE SISTEMATICA


DELLA LEGGE E DEGLI ATTI GIURIDICI

Sommario: 1. Premessa. 2. Note sullinterpretazione sistematica della legge.


3. Lermeneutica contrattuale e lart. 1363 c.c.: il contratto come testo-sistema. 4.
Segue Il sistema del documento testamentario e la sua interpretazione. 5. Latto
amministrativo, il procedimento e linterpretazione. 6. Il sistema del provvedimento giurisdizionale.

1. Premessa
I contributi di teoria del diritto recenti e pi risalenti in tema di interpretazione giuridica sono, come noto, moltissimi. Il tentativo di compiere una rassegna della sola letteratura italiana, pur limitando lindagine al secolo scorso, rischierebbe con buona probabilit di risultare parziale, in ragione della vastit del panorama letterario in materia e dellinteresse manifestato in proposito dai giuristi esperti di singole discipline,
oltrech dai filosofi del diritto1.
Ci nonostante, solo in rare occasioni ci si imbatte in opere che trattino congiuntamente dellinterpretazione della legge e di altri documenti
di rilevanza giuridica, quali il contratto, latto amministrativo ed altri ancora2. V infatti, da parte di giuristi e teorici del diritto, la tendenza per
un verso a ritenere che ove si parli di interpretazione giuridica sia la legge loggetto principale, se non proprio esclusivo, dellindagine; per altro
Per un censimento della letteratura italiana del novecento sullinterpretazione giuridica di indirizzo analitico ed ermeneutico si veda V. Frosini, La lettera e lo spirito della legge,
Milano, 1998, pp. 169-185. Una aggiornata bibliografia anche di contributi stranieri si trova nei
volumi di E. Diciotti, Interpretazione della legge e discorso razionale, Torino, 1999, e C. Luzzati, Linterprete e il legislatore. Saggio sulla certezza del diritto, Milano, 1999, nonch nei saggi di
vari autori contenuti in V. Velluzzi (a cura di), Significato letterale e interpretazione del diritto,
Torino, 2000.
2
Fanno eccezione E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949,
rist. 1971; di recente tra i testi di teoria del diritto F. Viola-G. Zaccaria, Diritto e interpretazione. Lineamenti di una teoria ermeneutica del diritto, Roma Bari, 1999, specie pp. 294-320;
limitatamente allatto amministrativo M.S. Giannini, Linterpretazione dellatto amministrativo
e la teoria generale dellinterpretazione, Milano, 1939; con riferimento al contratto e dedicandovi un solo capitolo C. Grassetti, Linterpretazione del negozio giuridico con particolare riguardo
ai contratti, Padova, 1938, rist. con appendice 1983, pp. 61-91.
1

34

Tra teoria e dogmatica

verso a ritenere che nello studio dellinterpretazione di altri documenti


giuridici (nel lessico dei giuristi denominati atti giuridici) non sia utile, opportuno o pi semplicemente che non sia importante luso delle
tecniche e degli strumenti elaborati per linterpretazione della legge.
Pur senza avere la pretesa di proporre una teoria generale dellinterpretazione valida sia per le formulazioni legislative sia per altri oggetti
dellattivit interpretativa3, e senza voler discutere a fondo i problemi
tecnici relativi a questi ultimi per affrontare i quali servono competenze
specifiche4, con queste pagine si intende contrastare la tendenza posta
in rilievo.
Pi in particolare, valorizzando lindicazione di un autorevole filosofo del diritto5, si ritiene che sia possibile fare teoria dellinterpretazione per gruppi di oggetti dellinterpretazione; cos procedendo i singoli
oggetti dellinterpretazione giuridica (per ci che ci riguarda la legge
ed alcuni atti giuridici), possono essere raggruppati a partire dalla considerazione di un elemento comune, di un dato rilevante che autorizzi
la trattazione congiunta dellinterpretazione (nel nostro caso di quella
sistematica) dei singoli oggetti.
Per ci che concerne le pagine che seguono lelemento comune assunto come rilevante al fine di giustificare la trattazione del profilo ermeneutico sistematico della legge, del contratto, del testamento, dellatto amministrativo e della sentenza costituito dal fatto che tutti questi
sono documenti normativi, testi scritti dotati di rilevanza giuridica6 (
3

Percorso seguito da E. Betti, Teoria generale dellinterpretazione, vol. I e II, Milano,

1955.
4
Non v da parte di chi scrive lintento di invadere sfere di competenza altrui, ma
bene ricordare che il filosofo del diritto non altro dal giurista, ma un giurista tra i giuristi,
per cui la trattazione, se pur elementare, di temi tipici del diritto civile o amministrativo non
deve stupire. Sul ruolo del filosofo del diritto cfr. L. Gianformaggio, Il filosofo del diritto e
il diritto positivo, in G. Zaccaria (a cura di), Diritto positivo e positivit del diritto, Torino,
1991, p. 7: un filosofo del diritto che non studi il diritto non un mero filosofo del diritto:
semplicemente non un filosofo del diritto. La filosofia dentro e non accanto al conoscere ed
alloperare del giurista.
5
Il riferimento a G. Tarello, Linterpretazione della legge, in Trattato dir. Civ. e comm.
Cicu e Messineo, Milano, 1980, p. 19.
6
bene sottolineare che la dicotomia tra interpretazione della legge e di altri documenti di rilevanza normativa, comunemente denominati nel lessico dei giuristi atti giuridici,
dovuta anche alladozione di una particolare teoria della norma giuridica (ed in alcuni casi
dellordinamento giuridico). Se si ritiene infatti che le norme giuridiche abbiano, o debbano
avere, i requisiti della generalit (disciplina di una classe di fattispecie) ed astrattezza (possibilit di osservanza o esecuzione ripetuta), ovvio che, di regola, contengono norme giuridiche
le sole leggi e non anche i contratti, i provvedimenti amministrativi o le sentenze dei giudici:
Da ci deriverebbe la necessit di differenziare linterpretazione della legge. Ma siffatta impostazione non lunica possibile. Nella letteratura teorico generale v chi si autorevolmente

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

35

ovvio che il criterio di collegamento indicato vale solo per i contratti redatti per iscritto).
La breve trattazione che segue relativa, come anticipato poco sopra, alla sola interpretazione sistematica, vale a dire agli argomenti
dellinterpretazione ad essa ricollegabili.
Il saggio ha la seguente struttura: nel primo paragrafo verr chiarita
la nozione di interpretazione sistematica della legge e sar proposta una
classificazione degli argomenti dellinterpretazione ad essa riconducibili,
raggruppati per tipi omogenei; nei paragrafi successivi la classificazione
elaborata verr messa alla prova avendo riguardo allinterpretazione
sistematica del contratto, del testamento, dellatto amministrativo e della
sentenza.
Lobiettivo, modesto, che si vuole conseguire porre in rilievo, per
sommi capi, in che modo dottrina e giurisprudenza trattino dellinterpretazione sistematica e degli atti giuridici in questione e se vi sia connessione, somiglianza tra le posizioni ricostruite ed uno o pi tipi elaborati in ordine alle formulazioni legislative.

2. Note sullinterpretazione sistematica della legge


banale ricordare con quanta vivacit sia dibattuto il tema dellinterpretazione giuridica: non essendo questa la sede per soffermarvisi
compiutamente 7, opportuno solo fornire una definizione di interpreespresso a favore di un concetto di norma giuridica molto ampio, in modo da farvi rientrare
anche precetti di rilevanza giuridica singolari e concreti (cfr. H. Kelsen, Teoria generale del
diritto e dello stato, trad. it. Milano, 1952, pp. 125 ss.). Da questa prospettiva legge e contratto,
ad esempio, appartengono al medesimo genere: la norma giuridica (sul concetto di norma
giuridica, sulle relazioni con le diverse concezioni delle fonti del diritto e per gli opportuni
richiami bibliografici cfr. R. Guastini, Teoria e dogmatica delle fonti, in Trattato dir. civ. e comm.
Cicu e Messineo, Milano, 1998, pp. 15-78). noto, tra laltro, che non sempre le leggi, intese in
senso formale quali atti adottati da certi organi secondo determinate procedure, presentano
i caratteri della generalit e della astrattezza ( il fenomeno delle leggi provvedimento su cui
C. Mortati, Le leggi provvedimento, Milano, 1968). Ma v di pi. Pu accadere che i contratti,
ad esempio, presentino, almeno, il carattere della astrattezza: il caso del contratto normativo,
categoria nella quale rientrano, per alcuni, i contratti collettivi di lavoro, con il quale le parti
determinano il contenuto di eventuali contratti che potranno concludere in futuro tra loro.
Sullinterpretazione dei contratti normativi si veda il contributo di A. Gentili, Sullinterpretazione dei contratti normativi, in Contratto e impresa, n. 3, 1999, pp. 1162-1193.
7
Si possono riscontrare diversi concetti, varie teorie (formalista, realista, intermedia),
molteplici approcci (analitico, ermeneutico). Su tutti questi profili, inevitabilmente intrecciati
tra loro, si cimentata una sconfinata letteratura, si rinvia per una sintesi del dibattito contemporaneo ed ulteriori indicazioni a H.L.A. H art, Il concetto di diritto, trad. it. Torino, 1965, cap.
VII; A. M armor (eds), Law and Interpretation. Essay in Legal Philosophie, Oxford, 1995, passim;

36

Tra teoria e dogmatica

tazione giuridica, il pi possibile ampia e condivisa a prescindere dalla


variet degli approcci e delle teorie, per concentrare poi lattenzione sugli argomenti dellinterpretazione e su quelli sistematici in particolare.
Infatti, ci che interessa per il nostro discorso sono i canoni, o tecniche,
o argomenti sistematici dellinterpretazione.
Linterpretazione giuridica consiste nella determinazione del significato di formulazioni ed enunciati normativi compiuta da un soggettointerprete. La stessa interpretazione si compie tramite luso di canoni o
tecniche o argomenti8, i quali costituiscono il mezzo di determinazione del significato delle formulazioni normative, o meglio di collegamento tra attivit interpretativa e giustificazione del risultato cui si giunge9.
I canoni interpretativi servono ad esplicitare discorsivamente le ragioni
per le quali per una o pi formulazioni normative si determinato un
certo significato. Gli argomenti dellinterpretazione consistono dunque
in discorsi con i quali vengono addotte ragioni a sostegno di un determinato prodotto interpretativo10.
Su quali e quanti siano i canoni dellinterpretazione giuridica non v
concordia11, in quanto si basano su regole convenzionali per laccertaP. Comanducci, Linterpretazione delle norme giuridiche. La problematica attuale, in M. Bessone
(a cura di), Interpretazione e diritto giudiziale, vol. I, Torino, 1999, pp. 1-20; E. Diciotti, Verit e
certezza nellinterpretazione della legge, Torino, 1999, pp. 1-88; P. Chiassoni, La giurisprudenza
civile. Metodi di interpretazione e tecniche argomentative, Milano, 1999, pp. 475-648; R: Guastini, Dalle fonti alle norme, Torino, 1992, pp. 101-126; F. Viola-G. Zaccaria, Diritto e interpretazione, cit., passim; R. A lexy, voce Interpretazione giuridica, in Enc. Scienze sociali, Roma, 1996,
pp. 64 ss; U. Scarpelli, Linterpretazione. Premesse alla teoria dellinterpretazione giuridica, in
U. Scarpelli-V. Tomeo, Societ norme e valori. Studi in onore di Renato Treves, Milano, 1984,
pp. 141-165.
8
Nel testo si usano indifferentemente i termini canoni, argomenti, tecniche dellinterpretazione intendendoli come sinonimi.
9
bene precisare che le ragioni per le quali si ottiene un determinato prodotto interpretativo possono non essere esplicitate; oppure se argomentate non coincidono necessariamente con il processo intellettuale seguito dallinterprete nel compimento dellattivit;
sul punto da ultimo E. Diciotti, Verit e certezza nellinterpretazione della legge, cit., p. 62
Cos come il risultato interpretativo pu essere o non essere esplicitato discorsivamente, anche lattivit interpretativa pu trovare o non trovare una testimonianza nel discorso. Se trova
una testimonianza di questo genere, la trova in una argomentazione interpretativa.
10
I canoni interpretativi consentono cos di controllare il risultato interpretativo attraverso lanalisi dei ragionamenti che sostengono la proposta di una certa determinazione
di significato, si vedano in proposito G. Tarello, Linterpretazione della legge, cit., p. 67 e
G. Gavazzi, Elementi di teoria del diritto, Torino, 1984, p. 77.
11
Lo segnala di recente R. A lexy, Teoria dellargomentazione giuridica, trad. it. Milano,
1998, p. 185: I canoni dellinterpretazione sono stati oggetto di discussione sin dai tempi di
Savigny. Tuttora non v accordo in ordine al loro numero, al loro contenuto, ordine gerarchico e valore, si vedano anche pp. 193-196 per i richiami della letteratura tedesca in materia.
Da notare che lo studio delle tecniche interpretative stato prerogativa prevalente, se non

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

37

mento delle quali si pongono gli stessi delicati problemi relativi allaccertamento di qualsiasi altra consuetudine e convenzione12. Classificarli
e censirli dunque difficile13, ma tra i molti censimenti proposti ricorrono con costanza, assieme al sempre presente criterio letterale, canoni
definiti sistematici, in quanto rivolti alla realizzazione, banale sottolinearlo, dellinterpretazione sistematica14, intesa come determinazione
di significato nella quale si deve tener presente la relazione tra la formulazione normativa e un qualche sistema.
necessario soffermarci su questultima nozione, molto usata ma
vaga e ambigua15, e sui canoni interpretativi ad essa ricondotti. Si noproprio esclusiva, degli studiosi di impostazione analitica, ma non degli autori di ispirazione
ermeneutica (nel senso di traduzione filosofica ermeneutica. Nel corso della trattazione si user
il termine ermeneutica/o nel meno impegnativo e generico significato di interpretazione).
12
ovvio che ove siano presenti norme che regolano linterpretazione alcuni argomenti
trovano fondamento in norme espresse e statuite. Nel nostro ordinamento giuridico hanno
avuto esplicito riconoscimento nellart. 12, comma primo, delle disposizioni preliminari al
Codice civile, largomento del significato proprio delle parole e largomento dellintenzione del
legislatore. Senza indugiare su questo tema, lanalisi del quale ci condurrebbe troppo lontano,
sufficiente sottolineare che la presenza di norme regolanti linterpretazione non necessariamente riduce la discrezionalit o agevola il lavoro dellinterprete, non fosse altro perch esse
stesse debbono essere interpretate. In proposito si rinvia per i pi ampi ragguagli a G. Gorla,
I precedenti storici dellart. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile del 1942 (un problema
di diritto costituzionale?), in Foro it., V, 1969, cc. 112-132; R. Guastini, Le fonti del diritto e linterpretazione, in Tratt. Dir. Priv. Iudica e Zatti, Milano, 1993, pp. 396-397; interessanti spunti
critici in L. Mossini, Il significato proprio delle parole e lintenzione del legislatore, in Riv. dir.
civ., 1972, II, pp. 330-358.
13
Si vedano i censimenti compiuti da C. Perelman, Logica giuridica, nuova retorica, trad.
it. Milano, 1979, pp. 96-106, ove si riprende la classificazione elaborata a pi riprese da Tarello
e riproposta dallo stesso nella voce Argomenti interpretativi, in Dig. disc. priv., Sez. civ., vol. I,
Torino, 1987, pp. 419-422; unaltra lista degli argomenti si trova in R. Guastini, Distinguendo.
Studi di teoria e metateoria del diritto, Torino 1996, pp. 172-193; tra le opere pi risalenti R. Sacco, Il concetto di interpretazione del diritto, Torino, 1947, p. 70, il quale fornisce un inventario
sui generis, non ripreso da autori successivi, indicando: canoni basati sulla conoscenza della
lingua; della storia; del diritto comparato; del diritto naturale; del dato sociologico; dello scopo
della norma e del sentimento delluguaglianza giuridica.
14
Linterpretazione sistematica era gi presente nella nota quadripartizione dei canoni
interpretativi proposta da F.C. von Savigny, Sistema del diritto romano attuale, trad. it. Torino,
1886, pp. 215 ss.
15
Daltronde la nozione non mai stata particolarmente approfondita. Si vedr tra
poco che vi sono spesso accenni brillanti, ma frammentari; gi negli anni sessanta, nellunica
monografia tuttora esistente sul tema, Giorgio Lazzaro scriveva che Pu stupire il fatto
che invero poca attenzione prestino alla cosiddetta interpretazione sistematica le numerose
monografie, di autori italiani e stranieri, dedicate allinterpretazione in genere o al metodo
della scienza giuridica (cos G. Lazzaro, Linterpretazione sistematica della legge, Torino, 1965,
p. 1). Si detto che quello di Lazzaro costituisce, almeno in Italia, il solo contributo monografico
in argomento. Invero di recente sono stati pubblicati due lavori di V. Italia, Linterpretazione
sistematica delle norme e dei valori, Milano, 1993, cui ha fatto seguito Linterpretazione
sistematica delle regole giuridiche, Milano, 1997, in buona parte riassuntivo del precedente,

38

Tra teoria e dogmatica

ter infatti che sotto letichetta dinterpretazione sistematica vengono


ricondotti molteplici argomenti interpretativi e le ricostruzioni presenti
nella letteratura sono le pi varie16. Al fine di elaborare una ricostruzione soddisfacente dei canoni sistematici indispensabile in via preliminare procedere ad una breve, e necessariamente incompleta, rassegna delle
posizioni presenti in teoria del diritto.
Giorgio Lazzaro17 sostiene che il sintagma interpretazione sistematica designa due procedimenti interpretativi. In primo luogo il procedimento interpretativo nel quale una norma viene interpretata tenendo in
considerazione il contenuto di altre norme. In secondo luogo il procedimento interpretativo nel quale una norma viene interpretata alla luce
della posizione che occupa nellinsieme degli enunciati normativi allinterno del quale collocata. Il primo procedimento si rif, secondo Lazzaro, allidea che il diritto, il sistema giuridico, sia coerente18; il secondo
allidea che il legislatore disponga gli enunciati normativi secondo un
certo ordine.
In un testo belga sullinterpretazione19 opera di Franois Ost e Michel Van de Kerchove si trova una classificazione delle direttive, cos
come si esprimono gli autori, sistematiche dellinterpretazione, le quali
vengono distinte in intrinseche ed estrinseche. Mentre lunica direttiva
sistematica estrinseca la sedes materiae (rilevanza della collocazione
dellenunciato normativo), sono direttive sistematiche intrinseche la coerenza (o sistematicit formale), la congruenza (o sistematicit funzionale) e la costanza terminologica. Le direttive intrinseche hanno a fondamento lidea che il legislatore sia un soggetto razionale e che esprima
la sua razionalit nel non emanare norma logicamente contraddittorie,
nel proseguire scopi omogenei, nellutilizzare parole con significato costante. La sedes materiae, unica direttiva estrinseca, avrebbe invece altro
fondamento, ma gli autori in questione non si preoccupano di indicare
quale sia.
dedicati al tema che ci occupa. In realt lautore si limita a trattare dei condizionamenti
interpretativi derivanti dai rapporti gerarchici tra norme nellordinamento italiano.
16
Tutte le ricostruzioni hanno in comune, lo si gi accennato, solo il riferimento ad una
generica nozione di sistema, inteso come insieme di elementi connessi in maniera rilevante
tra loro. Altre e pi strette relazioni non dato riscontrare. Sulle varie accezioni che il termine
sistema ha assunto nel pensiero giuridico moderno e contemporaneo cfr. M. Barberis, Levoluzione nel diritto, Torino, 1998, pp. 143 ss., e letteratura ivi citata.
17
G. Lazzaro, Linterpretazione sistematica della legge, cit., passim.
18
Va sottolineato che lautore usa il termine coerenza in due diversi significati: assenza
di contraddizioni logiche da un lato; congruenza teleologica dallaltro.
19
F. Ost-M. van de Kerchove, Entre la lettre et lesprit, Bruxelles, 1989, pp. 56-63.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

39

Giovanni Tarello20 riconduce allinterpretazione sistematica i canoni


della costanza terminologica (impiego di un termine ad opera del legislatore sempre col medesimo significato), topografico o della sedes materiae (rilevanza della collocazione dellenunciato nel discorso legislativo),
dogmatico (uso dei concetti dogmatici nellinterpretazione) e tratta in
maniera autonoma il canone della coerenza (che consiste nellevitare la
formazione di antinomie, di contraddizioni logiche tra norme).
La rilevanza nellinterpretazione dei concetti elaborati dalla dottrina
(detti appunto concetti o costruzioni della dogmatica giuridica21) posta in rilievo anche da altri autori. Secondo Aulis Aarnio22, infatti, sono
sistematici gli argomenti delle costruzioni dogmatiche e della coerenza
(intesa come assenza di contraddizioni logiche tra norme). Alexander
Peczenik23 ritiene sistematici, oltre allargomento delluso delle costruzioni concettuali operate dalla dogmatica giuridica, i canoni delluso di
una norma per interpretarne unaltra e del riferimento al sistema della
legge nella quale inserito lenunciato da interpretare24.
Luigi Lombardi Vallauri25, nel suo Corso di filosofia del diritto ritiene
che linterpretazione sia sistematica se interpreta quella norma estendendosi alla considerazione congiunta di altre norme; chiaro, prosegue lautore, che si pu estendere in varia misura ed per attirare
lattenzione su questa possibilit di scelta [] del punto dove fermarsi,
che ho suddiviso [] linterpretazione sistematica in parziale e totale.
Linterpretazione dunque parziale se si prendono in considerazione
solo alcune norme; totale se si interpreta tenendo conto, per cos dire,
dellintero o di gran parte dellordinamento giuridico.
Robert Alexy26, prendendo le mosse da una nozione molto ampia di
interpretazione, in grado di comprendere le tipiche operazioni di integrazione del diritto, tratta dellinterpretazione sistematica nei seguenti
termini. Gli argomenti sistematici sono tutti rivolti ad assicurare la coerenza (nelle molte accezioni del termine) del sistema giuridico e possono
G. Tarello, Linterpretazione della legge, cit., pp. 375-378.
Sulle costruzioni della dogmatica cfr. G. Lazzaro, Storia e teoria della costruzione
giuridica, Torino, 1965.
22
A. A arnio, The Rational as Reasonable, Dordrecht, 1987, pp. 126-128.
23
A. Peczenik, On Law and Reason, Dordrecht, 1989, p. 384.
24
Da notare, per questo autore, luso di formule piuttosto generiche.
25
L. Lombardi Vallauri, Corso di filosofia del diritto, Padova, 1981, p. 64. Nella stessa pagina linterpretazione sistematica viene contrapposta a quella settoriale che consiste
nellinterpretare la norma con se stessa.
26
Il riferimento ad R. A lexy, voce Interpretazione giuridica, cit., p. 68. Nella nota opera
Teoria dellargomentazione giuridica, cit., p. 190, lautore aveva individuato come sistematici i
soli canoni della sedes materiae e della coerenza in senso stretto.
20
21

40

Tra teoria e dogmatica

essere suddivisi in otto sottogruppi. Il primo sottogruppo comprende


gli argomenti che assicurano la coerenza in senso stretto: essi mirano a
far s che le norme siano interpretate in modo tale da evitare la formazione di antinomie. Il secondo sottogruppo costituito dagli argomenti
contestuali, relativi alla collocazione della norma ed alle sue relazioni
con altre norme. Il terzo sottogruppo riguarda luso dei concetti dogmatici a fini interpretativi. Al quarto sottogruppo sono riconducibili gli
argomenti relativi ai principi di diritto. Il quinto sottogruppo formato da canoni (integrativi) che consentono il completamento del sistema
giuridico (il principale lanalogia). Sesto, settimo e ottavo sottogruppo
comprendono argomenti che non fanno riferimento a norme, ma ad altri elementi rilevanti. Si tratta in particolare di canoni riferibili alla rilevanza dei precedenti giudiziali, del momento storico in cui si interpreta
al fine di garantire la coerenza della dimensione temporale (sono parole,
per il vero un pocriptiche, usate dallo stesso Alexy), di altre esperienze
giuridiche (argomenti comparativi).
Le ricostruzioni delle tecniche sistematiche dellinterpretazione riportate peccano per o per eccesso o per difetto. Tutte infatti, tranne
quella di Alexy, tendono ad escludere dal novero degli argomenti sistematici alcuni canoni interpretativi, in quanto tenendo conto soltanto di
alcuni dei possibili significati del termine sistema, riducendone eccessivamente la rilevanza nel processo interpretativo, pervengono al risultato di trascurare canoni che hanno a che fare con una qualche nozione di
sistema tenuta presente dallinterprete e quindi rilevante nel compimento della sua attivit, oppure non specificano in maniera chiara i caratteri
peculiari delle diverse tecniche. Queste ricostruzioni si rivelano per un
verso parziali, per altro verso generiche.
Alexy, invece, non distinguendo tra interpretazione e integrazio27
ne , dilata eccessivamente il campo degli argomenti sistematici, includendovi sia canoni interpretativi, sia canoni integrativi, molto eterogenei tra loro.
bene allora prendere le mosse da una ricostruzione priva dei difetti
accennati che consenta, tra laltro, di chiarire meglio alcuni concetti sin
qui menzionati, ma non adeguatamente trattati.
Per quanto il confine tra interpretazione e integrazione risulti in alcuni casi incerto e
di difficile individuazione, bene tenere le due operazioni distinte: interpretare vuol dire
determinare il significato di un testo normativo; integrare vuol dire fare qualche cosa di pi
e di diverso dalla determinazione di significato di un testo, ad esempio colmare le lacune e
risolvere le antinomie: si tratta di operazioni che presuppongono linterpretazione. Sul punto
da ultimo E. Diciotti, Interpretazione della legge e discorso razionale, cit., pp. 451 ss.
27

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

41

Per quanto a mia conoscenza il censimento pi accurato e articolato quello compiuto da Riccardo Guastini28: prendiamolo a base della
trattazione. Guastini distingue i seguenti argomenti sistematici.
Argomento del combinato disposto, in base al quale una formulazione normativa interpretata in combinazione, in connessione con
altre. Invero, lo si vedr poco oltre sotto letichetta del combinato disposto si celano molteplici operazioni interpretative sistematiche e non,
al punto da far seriamente dubitare che la formula indichi uno specifico
canone dellinterpretazione.
Argomento della costanza terminologica, secondo il quale il legislatore impiega un termine o un sintagma sempre come il medesimo significato. In base a questo canone si ritiene che nellambito di uno o pi
testi normativi o dellinsieme dei testi normativi dellordinamento un
termine abbia un significato costante, in quanto il legislatore opera come soggetto razionale sul piano linguistico29.
Argomento della incostanza terminologica, secondo il quale il significato di un termine o di un sintagma varia al variare del contesto in cui
inserito30.
Argomento delle costruzioni dogmatiche, in base al quale il significato dellenunciato viene determinato a partire da un concetto elaborato
dalla dogmatica31.
Argomento della coerenza, in base al quale si interpreta evitando la
formazione delle antinomie. Questo canone interpretativo assume come
rilevante la caratteristica della coerenza del sistema giuridico, dellassenza di contraddizioni logiche al suo interno.
Argomento della sedes materiae, o topografico, o della rilevanza della
collocazione dellenunciato normativo, in ragione del quale nellinterpretazione rileva la posizione della formulazione normativa in relazione
allambito testuale in cui collocata32.
R. Guastini, Le fonti del diritto e linterpretazione, cit., pp. 388- 392.
Un esempio ricorrente dato dal termine possesso definito allart. 1140 c.c. Si usa
largomento della costanza terminologica se si sostiene che possesso debba essere inteso
nello stesso modo sia in ambito civile, sia in ambito penale.
30
Per cui la nozione di possesso rilevante in ambito penale diversa da quella definita
nel codice civile.
31
Si tratta in sostanza di adottare soluzioni interpretative che dipendono da precostituite costruzioni concettuali, calate dallinterprete sui testi normativi. Un esempio, noto
e problematico, di costruzione della dogmatica giuridica quello di negozio giuridico.
Altro esempio di origine prevalentemente giurisprudenziale dato dalla cosiddetta presupposizione del contratto.
32
Luso di tale argomento conduce ad attribuire rilevanza, ad esempio, alla sezione,
al capo, al titolo in cui lenunciato interpretando collocato.
28
29

42

Tra teoria e dogmatica

Al censimento operato da Guastini necessario aggiungere due argomenti ulteriori: della congruenza e del riferimento o della peculiarit
della materia regolata.
In base al primo nel compimento dellattivit interpretativa si assume
come rilevante che il sistema giuridico tende a conseguire uno o pi scopi tra loro armonici.
Il secondo dipende dallidea che nellinterpretazione si tenga conto
della peculiarit della materia regolata.
Questi due ultimi argomenti sono entrambi legati alluso dei principi del diritto nellinterpretazione, ma sono connessi a due diversi modi
di intendere i principi. Con il primo canone si considerano i cosiddetti
principi generali, caratterizzanti lintero o gran parte dellordinamento,
con il secondo ci si riferisce ai principi che caratterizzano soltanto un
particolare ambito disciplinare o una certa materia33.
Compiuta una ricognizione, seppur sommaria, della letteratura in tema di canoni sistematici dellinterpretazione e fornita una ricostruzione
degli argomenti interpretativi che possono ritenersi sistematici, necessario fare alcune considerazioni chiarificatrici, per poi procedere alla
classificazione degli argomenti sistematici per tipi omogenei e cercare di
valutarne lutilit per linterpretazione di alcuni atti giuridici.
Nelle varie ricostruzioni proposte, inclusa la mia, i sistemi ai quali
sono riferibili i vari canoni interpretativi sono molti, ed ognuno presenta caratteri peculiari. Se si rimane ancorati alla sola nozione pi
frequentemente assunta di sistema, inteso come insieme di elementi
connessi tra loro in materia rilevante34, non si riesce a dar conto delle
caratteristiche proprie dei molteplici argomenti sistematici dellinter Accosta espressamente linterpretazione sistematica ai principi del diritto P. PerlinIl diritto civile nella legalit costituzionale, Napoli, 1991, p. 201 ss. Ma com noto la
nozione di principi del diritto sia vaga, sia ambigua. Gi alcuni anni or sono era stato autorevolmente notato che I principi generali non costituiscono una categoria semplice ed unitaria,
anzi con questa espressione si intendono spesso cose molto diverse (N. Bobbio, voce Principi
generali del diritto, in Nov. Dig. It., vol. XIII, Torino, 1966, p. 893). Qui interessa sottolineare
che nella prassi e nelle opere di giuristi e teorici del diritto alla locuzione principi del diritto
si associano norme dalle diverse caratteristiche. In particolare si definiscono principi sia le
norme di particolare rilevanza per lintero ordinamento (in ragione ad esempio della loro collazione gerarchica nel sistema delle fonti), sia le norme caratterizzanti un settore disciplinare
o una materia (in ragione del valore, del peso assiologico ad esse attribuito). La letteratura
sul tema amplissima si rinvia per i necessari approfondimenti e richiami a R. Guastini, Dalle
fonti alle norme, cit., pp. 112-121; M. Atienza-J. Ruiz M anero, Tre approcci ai principi del diritto, in Analisi e diritto 1993, Torino 1994, p. 9 ss.; M. Jori, I principi nel diritto italiano, in Soc.
del dir., n. 2, 1983, pp. 7 ss.; L. Prieto Sancis, Sobre principios y normas, Madrid, 1992, specie
cap. II; A. Garcia Figueroa, Principios y positivismo juridico, Madrid 1998, passim.
34
Cfr. retro nota 16.
33

gieri,

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

43

pretazione. di tutta evidenza, per esempio, che diversi sono i sistemi


assunti come rilevanti dallinterprete nelluso degli argomenti della coerenza e della costanza terminologica. Si rende allora opportuno (ri)classificare i canoni sistematici per tipi omogenei, in modo tale da porre
in rilievo i caratteri comuni degli argomenti appartenenti al medesimo
tipo e le differenze rilevanti tra i vari tipi. Questa operazione consente
di individuare diverse interpretazioni sistematiche e il tratto caratteristico di ognuna di esse.
Si possono distinguere: a) interpretazione sistematico-teologica;
b) interpretazione sistematico-testuale; c) interpretazione logico-sistematica; d) interpretazione sistematico-dogmatica. Considerazione a parte
merita il combinato disposto: nozione ambigua che sfugge ad una puntuale classificazione35 e non indica alcun specifico canone interpretativo.
a) Il primo tipo (sistematico-teleologico) comprende gli argomenti della congruenza, del riferimento al settore disciplinare o alla materia
regolata, dellincostanza terminologica36. Lelemento che apparenta tutti i canoni menzionati risiede nel loro legame con il profilo teleologico,
con le finalit, gli scopi, la ratio (o la rationes) delle norme giuridiche.
Utilizzando una di queste tecniche dellinterpretazione si determina il
significato delle formulazioni normative tenendo conto di un sistema
costituito dalla ratio o dalle rationes di un gruppo di norme relative ad
un ambito disciplinare, ad una materia, o allordinamento giuridico nel
suo complesso. Il sistema di riferimento pu essere quindi pi o meno
ampio, ma individuato dallinterprete avendo comunque riguardo al
profilo teleologico37.
Si possono individuare non meno di tre accezioni di combinato disposto . In una prima accezione per combinato disposto si intende, in maniera alquanto generica, linterpretazione effettuata combinando tra loro pi enunciati normativi, o pi parti del medesimo enunciato.
Cos inteso, il combinato disposto non indica alcun particolare canone interpretativo. In una
seconda accezione si fa riferimento al combinato disposto per indicare che il processo interpretativo condizionato dalla presenza di gerarchie normative, per cui lesito dellinterpretazione
il frutto della combinazione degli enunciati normativi sovraordinato e sotto ordinato. In una
terza accezione la formula del combinato disposto evoca il problema delle presupposizioni linguistiche, vale a dire del rinvio, esplicito o implicito, che un enunciato normativo pu operare
ad altra formulazione normativa.
36
Lincostanza terminologica non , come potrebbe apparire ad una prima analisi, canone simmetrico allargomento della costanza terminologica. Questultimo, lo si vedr tra poco,
ha natura testuale. Lincostanza terminologica invece caratterizzata dalla presenza di considerazioni di natura teleologica. Se si sostiene che un termine assume significato peculiare e
diverso da quello ad esso attribuito in altro ambito, in ragione del contesto, si operano congetture in ordine alle esigenze, alle finalit che il contesto medesimo porta con s, esigenze e
finalit che giustificano la diversa attribuzione di significato.
37
Un insieme di norme si dice congruente se, oltre ad essere privo di contraddizioni
35

44

Tra teoria e dogmatica

b) Il secondo tipo (sistematico-testuale) comprende gli argomenti della costanza terminologica e della sedes materiae (o rilevanza della
collocazione della formulazione normativa). Il sistema di riferimento
, in questo caso, il testo normativo, o meglio il documento normativo
inteso come testo, ovvero come sequenza di enunciati che stanno in
relazione necessaria tra loro in modo da risultare coesi e coerenti sul
piano linguistico38. Il significato di ogni enunciato dipende dagli, ed
allo stesso tempo condiziona gli, altri enunciati che lo precedono e lo
seguono. Linsieme di enunciati componenti un testo costituisce quindi
un discorso unitario39.
c) Il terzo tipo (sistematico-logico) comprende il solo argomento
della coerenza. Questo canone interpretativo ha a fondamento lidea
che il sistema giuridico debba essere privo di antinomie, di contraddizioni logiche tra norme e che queste ultime debbano essere prevenute per mezzo dellinterpretazione40. Insomma, il sistema giuridico caratterizzato come necessariamente coerente il sistema di riferimento
dellinterprete.
d) Il quarto tipo (sistematico-dogmatico) comprende largomento
logiche, armonico, fa senso nel suo insieme; sulla congruenza giuridica, cfr. N. M acCormick, La congruenza nella giustificazione giuridica, in P. Comanducci-R. Guastini, Lanalisi del
ragionamento giuridico, vol. I, Torino, 1987, pp. 243-255, pi di recente K. K ress, Coherence,
in D. Patterson (eds), A Companion to Philisophy of Law and Legal Theory, London, 1996,
pp. 533-552. Per la commissione tra interpretazione sistematica e teleologica, ricorrente nella
letteratura, si veda per tutti K. Engisch, Introduzione al pensiero giuridico, trad. it. Milano,
1970, pp. 120-121.
38
Su questi caratteri del testo cfr. M. L. A ltieri Biagi, Linguistica essenziale, Milano
1995, pp. 285-294, specie p. 285 ove si trova scritto che ci che caratterizza una grammatica
del testo la possibilit di rendere conto di fenomeni che vanno al di l della misura sintattica
della frase. Sono queste relazioni interfrasali che consentono [] di distinguere un testo da
una qualsiasi giustapposizione di frasi.
39
Scrive in proposito U. Volli, Manuale di semiotica, Roma-Bari, 2000, pp. 72-74:
I segni sono sempre in relazione con altri segni, non esistono mai da soli [] necessario
dunque [] un oggetto di analisi pi realistico [] Questa nozione allargata delloggetto della
semiotica il testo, che si pu considerare come loggetto concreto di una comunicazione []
sufficientemente coerente ed autonomo per poter essere considerato come unitario. E anche
C. Segre, Testo, in Dizionario di linguistica, diretto da G. L. Beccarla, Torino, 1996, pp. 721722: Su questa premessa si pu avviare uno studio sulle connessioni del discorso al di sopra
e al di l della frase [] Si tratta insomma di enucleare i legami contenutistici e formali che
rendono compatta una successione di frasi indipendenti solo (e non sempre) dal punto di vista
sintattico. Intense perci le ricerche di coerenza dei testi. infatti evidente che in una successione unitaria di frasi esistono legami che scavalcano i limiti delle frasi stesse; che una singola
frase spesso priva di significato se non viene messa in rapporto con quelle attigue.
40
Sulle antinomie sono ancora attuali le pagine di A. Ross, Diritto e giustizia, trad. it.
Torino, 1965, pp. 122-125, ove la ben nota tripartizione delle antinomie: totale-totale, totaleparziale, parziale-parziale.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

45

delle costruzioni dogmatiche. In questo caso il sistema cui si riferisce


linterprete dato dalla costruzione giuridica da lui stesso operata o mutuata da altri autori.
Ognuno dei tipi di interpretazione posti in rilievo comprende canoni
sistematici, i quali per hanno alle spalle diversi sistemi di riferimento,
presentano somiglianze e differenze sono tutti sistematici, ma rispondono a criteri diversi di sistematicit (teleologica, testuale, etc.).
Premesse queste note sullinterpretazione sistematica della legge
giunto il momento di mettere alla prova la classificazione proposta.

3. Lermeneutica contrattuale e lart. 1363 c.c.: il contratto come


testo-sistema
La letteratura in tema di interpretazione del contratto vastissima:
sarebbe arduo, se non addirittura impossibile, renderne conto compiutamente in poche pagine41. opportuno solo introdurre il tema in ragione delle finalit del lavoro.
Linterpretazione del contratto consiste nella determinazione del significato giuridicamente rilevante del complesso di enunciati in cui si
articola il contenuto contrattuale42, ed disciplinata dal Codice civile
agli articoli da 1362 a 1371. Proprio il primo comma dellart. 1362 c.c.,
il quale dispone che nellinterpretazione del contratto si deve indagare
quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso
letterale delle parole, viene indicato come lenunciato normativo basilare in tema di interpretazione del contratto.
41
Si vedano almeno C. Grassetti, Linterpretazione del negozio giuridico con particolare
riguardo ai contratti, cit., per ci che concerne il codice del 1865; per il codice vigente E. Betti,
Interpretazione della legge e degli atti giuridici, cit, cap. XVII; G. Cian, Forma solenne ed interpretazione del negozio, Padova, 1969; V. R izzo, Interpretazione dei contratti e relativit delle sue
regole, Napoli, 1985; L. Bigliazzi Geri, Linterpretazione del contratto, in Codice civile commentario diretto da P. Schlesinger, artt. 1362-1371, Milano, 1991; C. Scognamiglio, Interpretazione
del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992; per una originale analisi dellermeneutica
contrattuale alla luce di alcune categorie proprie della linguistica si veda N. Irti, Testo e contesto, Padova, 1996; un panorama complessivo della dottrina italiana tracciato nel volume
curato sempre da N. Irti, Linterpretazione del contratto nella dottrina italiana, Padova, 2000;
per una ampia rassegna di giurisprudenza si veda G. A lpa, G. Fonsi, G. R esta, Linterpretazione del contratto. Orientamenti e tecniche della giurisprudenza, Milano, 2001.
42
Cfr. di recente A. Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2000, p. 138:
Il discorso sullinterpretazione del contratto strettamente collegato con quello sul contenuto perch, se il contenuto costituito dal complesso di regole che le parti dettano per dare
assetto ai propri interessi, lo strumento per individuare tali regole la comprensione del senso
dellaccordo.

46

Tra teoria e dogmatica

Chiaramente, come per ogni altra formulazione normativa, e al pari


quindi della disciplina legale dellinterpretazione delle formulazioni legislative, si pone il problema di dover determinare il significato delle stesse formulazioni normative sullinterpretazione del contratto. E infatti si
discusso a lungo se la comune intenzione delle parti da ricercare con
loperazione ermeneutica debba essere intesa in concreto, quale volont
reale delle parti, oppure in senso oggettivo, avendo riguardo alla dichiarazione contrattuale (per ci che ci riguarda a ci che stato espresso
nel testo, nel documento)43. Questultima impostazione sembra prevalere in dottrina, ed in effetti da preferire, per almeno una ragione fondamentale: unindagine sulla volont concreta delle parti, sganciata dai
possibili significati che le parole utilizzate nel testo contrattuale possono
assumere, destinata con molta probabilit al fallimento, in quanto
difficile se non impossibile risalire a ci che due soggetti hanno voluto
indipendentemente da ci che hanno espresso, dichiarato, e non si vede quali strumenti sarebbero decisivi a tal fine senza ricondurre gli esiti
dellindagine ai possibili significati che il testo pu esprimere. Loperazione ermeneutica dunque rivolta a determinare la comune intenzione
delle parti espressa nella dichiarazione contrattuale.
Oltre al primo comma dellart. 1362, il Codice civile dedica allinterpretazione altre formulazioni normative: il secondo comma dellart.
1362 (relativo alla rilevanza del comportamento complessivo delle parti), e gli artt. da 1363 a 137144. Gli articoli in questione sono stati variamente classificati, nel senso che stata individuata per un verso una
43
Come si gi detto lindagine limitata ai contratti redatti per iscritto, restano esclusi
i contratti che si traducono in dichiarazioni orali. La polemica appena segnalata nel testo
stata frutto della ben conosciuta contrapposizione tra due diverse teorie del negozio giuridico,
categoria della quale il contratto ha costituito il caso paradigmatico: le teorie della volont e
della dichiarazione (per una sintesi si veda C. M. Bianca, Diritto civile, vol. III, Il contratto, Milano, 2000, pp. 16-39). Da notare, inoltre, che cos come per la disciplina legale dellinterpretazione della legge anche per il contratto si posto il problema della natura derogabile o meno
delle norme che ne regolano linterpretazione, problema ormai risolto per ci che concerne il
contratto, sembra, a vantaggio della tesi della natura vincolante (in questo senso gi G. Oppo,
Profili dellinterpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943, p. 162).
44
Lart. 1362, comma secondo dispone che Per determinare la comune intenzione delle
parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione
del contratto; dellart. 1363, relativo alla interpretazione complessiva delle clausole, si dir
tra poco: lart. 1364 riguarda le espressioni generali, lart. 1365 le indicazioni esemplificative,
lart. 1366 riguarda il ruolo della buona fede (oggettiva), lart. 1367 espressione del principio
di conservazione, lart. 1368 riferito alle pratiche generali interpretative, lenunciato di cui
allart. 1369 riguarda le espressioni con pi sensi; lart. 1370 stabilisce la regola dellinterpretazione contro lautore della clausola, ed infine lart. 1371 stabilisce le cosiddette regole finali o
di chiusura dellinterpretazione del contratto.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

47

caratteristica comune tra vari articoli al fine di raggrupparli in maniera


omogenea, e per altro verso una gerarchia tra i diversi gruppi delineati45.
Cos si ritiene che gli articoli 1362, comma secondo, e da 1363 a
1365 siano rivolti allindividuazione della comune intenzione delle parti
e che gli articoli da 1367 a 1371 siano invece sussidiari, entrino in gioco
solo qualora, una volta utilizzati i criteri ermeneutici degli articoli precedenti, rimanga ancora dubbio e incerto il significato delle dichiarazioni
contrattuali46. Va segnalato, in proposito, senza avanzare la pretesa di
affrontare largomento, che stato, ed a tuttoggi, particolarmente vivace il dibattito intorno al ruolo svolto dallart. 1366 riguardante linterpretazione secondo buona fede del contratto. Ci indicativo anche del
fatto che la presenza di enunciati normativi regolanti linterpretazione
pu spesso accrescere dubbi ed incertezze, piuttosto che ridurli. Si ritenuto infatti, da parte di alcuni, che la regola espressa dallenunciato
normativo in oggetto fosse da annoverare tra i criteri di individuazione della comune intenzione (fosse come si suol dire, criterio di interpretazione soggettiva); per altri, invece, linterpretazione secondo buona
fede sarebbe da affiancare ai criteri di natura oggettiva, rilevanti e utili
qualora permangano dubbi sulla comune intenzione. Non mancano poi
i sostenitori di una terza posizione per i quali lart. 1366 c.c. sarebbe
una norma ponte, criterio di collegamento tra i due gruppi di norme
e quindi di particolare importanza per il processo ermeneutico, permeando questultimo nella sua interezza, e dovrebbe essere utilizzato
45
Una diversa impostazione dei rapporti tra le norme sullinterpretazione del contratto
si trova in V. R izzo, Interpretazione dei contratti e relativit delle sue regole, cit., passim.
46
Invero, non mancano in giurisprudenza decisioni che indicano il criterio letterale
quale metodo sufficiente al compimento delloperazione ermeneutica, nel senso di ritenere
superflua lindagine sulla comune intenzione delle parti, qualora la lettera del contratto sia
chiara. Una attenta analisi della giurisprudenza rivela, per, che questultima non ha, il pi
delle volte, lintento di escludere la necessit di ricercare la comune intenzione, ma sostiene la
perfetta corrispondenza tra significato letterale ed intenzione comune; vale a dire: ogni ulteriore indagine superflua se gi attraverso linterpretazione letterale risulta il significato secondo
lintenzione. Tra le molte sentenze Cass. Civ., 20 gennaio 1984, n. 511, in Mass. giust. civ.,
1984, p. 171; pi di recente Cass. Civ., 11 agosto 1999, n. 8590, in Mass. giust. civ, 1999 p. 1800:
In tema di interpretazione del contratto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti,
il primo e principale strumento ermeneutico costituito dalla considerazione della connessione logica delle parole e delle espressioni impiegate dagli stessi per rendere manifesto il loro
intento, di modo che, quando il significato di esse sia chiaro e non equivoco, nonch rivelatore
della volont comune, la suddetta ricerca pu ritenersi correttamente ed utilmente conclusa.
Ma vi sono pure sentenze nelle quali si subordinano la ricerca della comune intenzione e luso
dei criteri a ci deputati, allinterpretazione letterale, cos ad esempio Corte App. Cagliari, 13
gennaio 1995, in Riv. giur. Sarda, I, 1996, p. 1: La ricerca della volont comune dei contraenti
e linterpretazione sistematica della clausola di stile acquistano rilievo interpretativo solo se
adoperati in funzione integrativa rispetto al principale canone dellinterpretazione letterale.

48

Tra teoria e dogmatica

congiuntamente ai criteri soggettivi ed eventualmente a quelli oggettivi,


temperandone gli esiti in ragione delloperare della buona fede47.
Per trattare dellinterpretazione sistematica del contratto opportuno tornare brevemente sul primo comma dellart. 1362, per poi concentrare lattenzione su quanto disposto dallart. 1363 del Codice civile.
stato notato che nel primo degli enunciati normativi vengono indicati
due doveri: il dovere negativo di non limitarsi al senso letterale delle
parole, e il dovere positivo di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti [] il dovere di non limitarsi al senso letterale
implica che le parole siamo dotate di una pluralit di sensi, luno dei
quali assuma il carattere di senso letterale. La norma presuppone la
polisemia; e che nella cerchia dei significati ricevuti dalla parola, uno di
essi abbia [] il valore di significato letterale o primario. La polisemia nel sistema linguistico: i singoli testi di parole esigono laccertamento di un significato48. Per cui lindagine sulla comune intenzione
svolge il compito di selezionare, tra i vari possibili significati del testo,
il significato ad essa corrispondente.
Lindagine sulla comune intenzione deve essere compiuta secondo
quanto disposto dallart. 1363 c.c. avendo riguardo al complesso dellatto, in quanto Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dellatto. Nella letteratura civilistica e in giurisprudenza si ritiene,
comunemente, che questo enunciato normativo esprima la necessit di
compiere linterpretazione sistematica del contratto49. Ma sistematica in
che senso? Esaminiamo brevemente il contenuto dellenunciato normativo, per rispondere poi allinterrogativo appena posto.
Innanzi tutto si pone il problema di individuare il significato del ter47
Su questo dibattito in sintesi V. R izzo, Linterpretazione del contratto, in P. Perlingieri
(a cura di), Commentario al Codice civile, Napoli, 1991, sub art. 1366. Sostiene la tesi intermedia
A. Trabucchi, Istituzioni idi diritto civile, Padova, 1989, p. 673.
48
La lunga citazione tratta da N. Irti, Principi e problemi di interpretazione contrattuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., n. 4, 1999, pp. 1139-1171, in particolare p. 1145.
49
Ad esempio C. M. Bianca, Il contratto, cit., pp. 431-432; V. Roppo, Il contratto, in Tratt.
Dir. Priv. Iudica e Zatti, Milano 2001, p. 475; F. Carresi, Il contratto, in Trattato di diritto civile e
commerciale a cura di Cicu e Messineo, vol. XXI, t. II, Milano, 1987, pp. 526 ss.; per la manualistica F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli 2000, p. 1051; in giurisprudenza Cass. Civ.,
7 dicembre 1970, n. 2589, in Giur. It., I,1973, pp. 1507 ss., con nota di G. A lpa, ove si discorre
di clausole complessivamente intese in via sistematica, cui si aggiunga Trib. Roma, 20 aprile
1998, in Banca, borsa e titoli di credito, II, 1999, pp. 265 ss, ove in motivazione si trova scritto
che lart. 1363 c.c. impone [] di interpretare le clausole del contratto in via sistematica le
une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna di esse il senso che risulta dal complesso
dellatto.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

49

mine clausola: infatti a seconda di ci che si intende per clausola


varia lambito di testo contrattuale rilevante per compiere linterpretazione cosiddetta complessiva e/o sistematica. In proposito possibile riscontrare una variet di opinioni sia in dottrina, sia in giurisprudenza50.
Per il raggiungimento degli scopi esposti allinizio sufficiente rilevare
quanto segue.
Il contenuto del contratto dato dal significato dellinsieme di enunciati dettati dalle parti: insieme che, unitariamente considerato, costituisce appunto il testo contrattuale. Un enunciato unespressione in
lingua di forma compiuta, individuabile secondo le regole semantiche e
sintattiche della lingua in cui formulato. Detto ci, tornando alla chiarificazione della nozione di clausola, bene menzionare una prima tesi
rivolta ad intendere per clausola un precetto negoziale autonomo, vale a dire una parte del testo contrattuale composta da uno o pi enunciati con la quale i soggetti dispongono e non semplicemente discorrono dei propri interessi. Clausola diviene cos sinonimo di regola
contrattuale51. A questa impostazione se ne contrappone unaltra che va
in direzione opposta, distinguendo tra clausola e regola, precetto contrattuale. In questa prospettiva, clausola sinonimo di enunciato, e
la clausola costituita da ogni frammento del testo autonomamente individuabile sulla base delle regole semantiche e sintattiche della lingua.
Ne deriva che una clausola pu esprimere una o pi regole e una regola pu risultare dalla considerazione di pi clausole52.
Le due nozioni di clausola menzionate non si escludono necessariamente a vicenda: pu rilevare o luna o laltra a seconda del contesto in
cui ci si trova ad operare53. In materia di interpretazione del contratto si
ritiene pi utile far riferimento alla seconda accezione di clausola, facendo leva, principalmente, su due argomenti.
Innanzi tutto viene rilevato che proprio per mezzo dellattivit ermeneutica che si pu accertare se una determinata proposizione con Per una panoramica delle varie definizioni di clausola si veda da ultimo G. SicchieStudi preliminari sulla clausola del contratto, in Contratto e impresa, n. 3, 1999, pp. 11941268.
51
usata di frequente in proposito, in dottrina ed in giurisprudenza, la locuzione clausola-precetto, cfr. M. Fragali, Clausole, frammenti di clausole, rapporti tra clausole e negozio,
in Giust. civ., I, 1959, pp. 315 ss.
52
A. Cataudella, I contratti, cit. p. 110. Appropriata appare la terminologia usata da
M. Tamponi, Contributo allesegesi dellart. 1419 c.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978,
pp. 143 ss, il quale distingue tra clausola-precetto (la prima nozione individuata) e clausolaproposizione (la seconda nozione menzionata nel testo).
53
In questi termini si era espresso gi C. Grassetti, voce Clausola del negozio giuridico,
in Enc. Dir., vol. VII, Milano, 1964, p. 184.
50

ro,

50

Tra teoria e dogmatica

tenuta in un contratto abbia o meno natura dispositiva54, cio se con


essa le parti dispongano dei propri interessi. Se cos stanno le cose, ecco
il secondo argomento direttamente connesso al primo, linterpretazione
ex art. 1363 c.c. dovrebbe rivolgersi ad ogni enunciato del contratto,
inclusi, per esempio, quelli che ripetono quanto stabilito in norme di
diritto dispositivo derogabili dalle parti, se non altro perch anchessi
indicano una scelta operata dai soggetti che lo hanno posto in essere:
ne consegue che ogni frammento, porzione del testo pu risultare utile
a ricostruire il significato dellatto. Per clausole del contratto ex art.
1363 c.c. devono allora intendersi tutte le singole proposizioni in cui si
articola il contratto.
Riguardo al contenuto dellart. 1363 c.c. si pone anche un altro problema interpretativo. Lenunciato normativo in questione si esprime letteralmente nel senso dellinterpretazione delle clausole luna per mezzo
delle altre, ma gi si visto che proprio per mezzo delloperazione ermeneutica possibile individuare il significato dei diversi frammenti del testo contrattuale, per cui, se letteralmente inteso, lart. 1363 c.c. finirebbe
con linstaurare un circolo vizioso e risulterebbe nella sostanza inapplicabile55. Il problema stato superato scindendo il significato complessivo delle clausole, da quello letterale, prima facie attribuibile alle singole
clausole. In realt, se vero che il senso complessivo dellatto non pu
che risolversi nel significato delle clausole che lo compongono, si pu
per porre in rilievo che linterprete pu, dopo una prima (letterale o
prima facie) determinazione di significato delle singole clausole, compiere una nuova interpretazione delle stesse nella prospettiva del senso
unitario delloperazione [] perch il senso attribuito alla singola clausola destinato a specificarsi in relazione allintento delle parti, cos come emergente da una considerazione unitaria delloperazione stessa56.
Insomma, il significato della clausola oltre ad essere individuato sulla
base delle sole regole che presiedono alla semantica e alla sintassi della
54
C. Scognamiglio, Linterpretazione, in I contratti in generale, Trattato dei contratti diretto da P. Rescigno, a cura di E. Gabrielli, vol. II, Torino 1999, pp. 913-1015, il brano citato
a p. 950.
55
la acuta notazione di N. Irti, La sintassi delle clausole (note intorno allart. 1363 c.c.),
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1989, pp. 421-427, specie p. 422 ove si trova scritto: Interpretazione complessiva quella, che si serve del complesso delle clausole, non gi la interpretazione del
complesso delle clausole, come unit dotata di senso. Esemplifica lautore: come possibile
stabilire il senso della clausola A per mezzo delle clausole B, C, D, se il senso di queste ultime
accertabile solo per mezzo della stessa clausola A? Pare per che linterrogativo si possa sciogliere a favore dellapplicabilit dellart. 1363 c.c., sulla base di quanto appena detto nel testo.
56
C. Scognamiglio, Linterpretazione, cit., p. 954.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

51

lingua in cui formulata, pu (anzi deve) essere nuovamente determinato considerando la clausola in relazione agli altri enunciati del testo di
cui essa stessa fa parte57.
Si pu, giunti a questo punto, ribadire linterrogativo posto in relazione allinterpretazione sistematica del contratto: in che senso sistematica? Orbene sembra di poter dire che si tratta di interpretazione
sistematico-testuale58. La considerazione del complesso delle clausole, delle varie porzioni del contratto s funzionale alla individuazione
della comune intenzione delle parti, ma avendo riguardo al documento contrattuale inteso come testo, si potrebbe dire come co-testo.
La ricerca della comune intenzione attraverso linterpretazione sistematica comporta la necessit di passare da un significato provvisorio, prima
facie (o letterale), ad un significato co-testuale, determinato in ragione
del contesto linguistico nella sua totalit59.
Per cui la considerazione del documento contrattuale come un cotesto, porta con s lidea che le parti abbiano dato vita ad un discorso
unitario, dotato di coesione e coerenza, ove il significato di ogni enunciato influenzato, ed a sua volta influenza, quello degli altri enunciati
che lo precedono e lo seguono. Ne consegue che le clausole, cio le varie componenti del discorso posto in essere, sono tra loro connesse in
maniera necessaria e rilevante60. Ecco allora che potr rilevare nellambi57
Condivisibile Cass. Civ., 3 febbraio 1971, n. 248, in Giust. civ., I, 1971, pp. 724 ss., per
la quale Linterpretazione di una clausola contrattuale non pu essere condotta in abstracto,
ossia in base al significato lessicale di una soltanto delle espressioni adoperate, prescindendo
dal contesto unitario della clausola e delle altre clausole del negozio; particolarmente significativa Cass, civ., 11 giugno 1999, n. 5747, in Giur. It., I, 2000, p. 705: Nellinterpretazione del
contratto il giudice non pu arrestare la propria indagine al testo letterale della clausola, anche
quando tale interpretazione possa essere compiuta senza incertezze sulla base del senso letterale delle parole, deve necessariamente riferirsi allintero testo della dichiarazione negoziale
coordinando e riconducendo ad unit le varie espressioni che in esso figurano.
58
Non a caso Carresi (F. Carresi, Il contratto, cit. pp. 523 ss), tratta del genere interpretazione testuale, riconducendovi lart. 1363, il quale allinterno del genere individuato
rappresenta la specie dellinterpretazione sistematica.
59
Per la nozione di co-testo quale contesto linguistico e verbale si veda Y. Bar-H illel,
La struttura logica del linguaggio, trad. it. Milano, 1973, pp. 455-477; alla rilevanza del contesto situazionale, cio dellintero contesto comunicativo e non solo di quello verbale, sarebbe
invece ispirato lart. 1362, secondo comma, il quale si riferisce al comportamento complessivo
delle parti. Riguardo alla applicazione delle categorie tipiche della linguistica allermeneutica
contrattuale, notevoli spunti si trovano in A. Belvedere, Testo e discorso nel diritto privato,
in Ars interpretandi 1997, pp. 137-156, specie pp. 149-151, e nel gi menzionato libro di N. Irti,
Testo e contesto, cit., passim.
60
In questa direzione ben possibile considerare come testo non il singolo contratto, bens linsieme di documenti posti in essere dalle parti in virt di un nesso funzionale o
genetico (collegamento negoziale). Si avr cos una sorta di macrotesto, di insieme di testi

52

Tra teoria e dogmatica

to delloperazione ermeneutica ogni componente del testo contrattuale


quali, per esempio, la posizione della clausola nellambito del contratto,
la ripetizione dello stesso termine in diversi punti, il richiamo tra diversi
periodi del discorso contrattuale.

4. Segue Il sistema del documento testamentario e la sua interpretazione


Merita almeno alcuni cenni linterpretazione sistematica del testamento. Infatti il problema dellinterpretazione del cosiddetto negozio di
ultima volont ha impegnato a lungo e continua a dividere la dottrina61.
Vedremo tra poco, per, che lelevato numero delle posizioni espresse
e i contrasti caratterizzanti le riflessioni sullermeneutica testamentaria,
non creano grossi problemi ai nostri scopi: individuare in quale senso si
possa parlare di interpretazione sistematica del testamento. Ci mi esime dal dover trattare in maniera approfondita il tema e dal dover prendere posizione su molte delicate questioni, e consente invece di fare solo
le considerazioni necessarie per il lavoro che si sta compiendo. Dottrina
e giurisprudenza sono pressoch concordi nel sostenere che linterpretazione del testamento caratterizzata, diversamente dal contratto, da una
ricerca pi intensa della effettiva o concreta volont del testatore62.
Ma radicalmente diversi sono i modi di intendere lintensit della ricostituenti un unico discorso, e luso dellart. 1363 c.c. risulta possibile. Per lapplicazione
dellart. 1363 al collegamento negoziale cfr. L. Bigliazzi Geri, Linterpretazione del contratto,
cit., pp. 103-104. Sulla nozione di macrotesto cfr. M. Corti, Principi di comunicazione letteraria,
Milano, 1976, passim.
61
Una rassegna recente si trova in R. Carleo, Linterpretazione del testamento, in N. Irti
(a cura di), Linterpretazione del contratto nella dottrina italiana, cit., pp. 539 ss., sul tema cfr. almeno P. R escigno, Linterpretazione del testamento, Napoli 1952; M. A llara, Principi di diritto
testamentario, Torino, 1957, pp. 173 ss.; E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici,
cit., pp. 425 ss.; F. Ziccardi, Le norme interpretative speciali, Milano, 1972; L. Bigliazzi Geri,
Il testamento, in Tratt. Dir. Priv., diretto da P. Rescigno, vol. VI, t. 2, Torino, 1985, pp. 91 ss.;
C. M. Bianca, Diritto civile, vol. II, la famiglia e le successioni, Milano, 2001, pp. 655-657;
G. Baralis, Linterpretazione del testamento, in P. R escigno (a cura di), Successioni e donazioni,
t. 1, Padova 1994, pp. 927 ss.; A. Palazzo, Le successioni, in Tratt. Dir. Priv. Iudica e Zatti, t. 2,
Milano, 2000, pp. 634 ss.
62
Cfr. tra le tante Trib. Bologna, 12 giugno 1991, in Riv. notar., 1993, p. 1308: Linterpretazione del testamento caratterizzata, rispetto a quella del contratto, da una pi intensa
ricerca della volont concreta del testatore. In dottrina R. Carleo, Linterpretazione del testamento, cit., p. 543: Lattivit dellinterprete per quanto riguarda linterpretazione del testamento, sia che si ritenga diretta dalle norme sullinterpretazione del contratto, sia che si ritenga
diretta da norme rinvenibili nella disciplina testamentaria, appare comunque tesa (e sul punto
si registra una conformit di vedute) a ricercare la mens testantis.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

53

cerca e leffettivit o la concretezza della volont manifestata (formule alquanto vaghe).


Riguardo al primo profilo si pongono due problemi:
a) in assenza di un corpo di disposizioni normative appositamente
dedicato allinterpretazione del documento testamentario63, da stabilire il ruolo svolto da alcune disposizioni normative dettate in materia testamentaria e riguardanti linterpretazione (per esempio lart. 625 c.c.);
b) e in stretta connessione con quanto appena detto ci si chiede
se e quali delle norme sullinterpretazione del contratto siano applicabili64 al testamento. Nellambito delle varie opinioni in campo si possono rintracciare, oltre alle posizioni estreme di chi sostiene lapplicabilit
al testamento delle sole norme interpretative per esso (implicitamente)
dettate65 e rintracciabili nella disciplina testamentaria66, ed allopposto
di chi ritiene applicabili senza esclusione di sorta tutte le norme sullinterpretazione soggettiva del contratto e perlomeno alcune sullinterpretazione oggettiva67, una molteplicit di soluzioni intermedie difficilmente riconducibili ad unit. Si va, per compiere una sommaria rassegna, da
chi ritiene applicabili alcune norme sullinterpretazione soggettiva del
contratto, ma non quelle sullinterpretazione oggettiva, a chi sostiene
che un giudizio di compatibilit con latto testamentario vada sempre
compiuto e le norme sullinterpretazione del contratto debbano essere
singolarmente considerate68, senza distinzioni tra norme di interpretazione soggettiva ed oggettiva, a chi intravede la possibilit di ricorrere
63
Cfr. E. Betti, Linterpretazione della legge e degli atti giuridici, cit., p. 425: alla sovrabbondanza di norme interpretative in tema di contratti, fa riscontro nella legge una completa
assenza di norme esplicite di tal e natura in tema di testamenti.
64
Gi P. R escigno, Linterpretazione del testamento, cit., p. 1, segnalava che la ricerca
proposta di solito ridotta a questi termini: quali delle norme sullinterpretazione dei contratti, grazie al rinvio, ammesso dallart. 1324 (entro il limite di compatibilit) per gli atti tra vivi
aventi contenuto patrimoniale, siano applicabili al testamento.
65
Cfr. G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2000, pp.
192-194, il quale argomenta lesclusione dellapplicabilit delle norme sullinterpretazione del
contratto a partire dallart. 1324 c.c., ove lapplicabilit delle norme dettate per i contratti
limitata agli atti unilaterali tra vivi.
66
Su quali siano queste disposizioni, art. 625, comma primo a parte, non v unit di
vedute.
67
Per questa impostazione L. Bigliazzi Geri, U. Breccia, F. D. Busnelli, U. Natoli,
Diritto civile, vol. IV, t. 2, Le successioni a causa di morte, Torino, 1996, pp. 130-139, ove anche
la tesi, negletta in dottrina e giurisprudenza, dellapplicabilit al testamento dellart. 1366 c.c.
(interpretazione secondo buona fede). In giurisprudenza per lapplicazione degli artt. 1363,
1367 e 1369 c.c. al testamento cfr. Trib. Nuoro, 21 marzo 1996, n. 150, in Riv. giur. Sarda, I,
1997, pp. 407 ss., con nota di C. Cicero.
68
Si veda G. Criscuoli, voce Testamento, in Enc. Giur. Treccani, vol. XXXI, Roma, 1994,
pp. 30-32.

54

Tra teoria e dogmatica

per lindividuazione della volont del testatore ad elementi extratestuali


anche allo scopo di correggere il significato letterale e co-testuale della
scheda69.
Sullo sfondo v giungiamo al secondo profilo indicato in precedenza il peso da attribuire al cosiddetto formalismo testamentario, vale a dire se linterprete debba comunque rimanere ancorato, nellindividuazione della mens testantis, al documento70 (e prevalga quindi uninterpretazione testuale), oppure se questo principio sia superabile.
Orbene, le scarne considerazioni appena fatte consentono comunque di giungere ad un risultato utile ai nostri scopi: individuare in quale
senso sia corretto parlare di interpretazione sistematica del testamento.
Come per il contratto si tratta di interpretazione sistematico-testuale e
ci a prescindere dalla soluzione che si preferisce adottare riguardo alle
regole da seguire nel processo interpretativo del testamento. fuor di
dubbio che a qualsiasi titolo lo si ritenga applicabile (in via analogica o
altro) larticolo 1363 c.c. e la regola in esso contenuta si pongono come
strumenti necessari dellinterprete. Resta solo aperto il problema se linterpretazione testuale sia sufficiente o meno. Insomma un significato cotestuale deve essere individuato e bisogna interpretare le varia proposizioni testamentarie in connessione tra loro, salvo ritenere tale passo non
esaustivo. Ci trova conferma anche nel disposto letterale del gi menzionato articolo 625 c.c., comma primo, il quale fa riferimento innanzi
tutto al contesto del testamento, che appunto il contesto verbale del
69
Su questultimo principio ermeneutico denominato in dottrina di ultraletteralit
cfr. da ultimo S. Pagliantini, Listituzione di enti estinti, ovvero dei problemi di un problema
(spunti in tema di volont testamentaria, interpretazione di buona fede e funzione sociale del diritto ereditario), Siena, 2000, pp. 32 ss. Lapplicazione del principio di ultraletteralit determina
quindi che la considerazione di elementi esterni alla scheda non serve solo a sciogliere leventuale dubbio lasciato aperto dalla vaghezza e/o ambiguit dei termini impiegati dal testatore,
ma ad individuare anche oltre, o forse si potrebbe dire contro, la scheda, la volont effettiva
del testatore. A sostegno si indica la disposizione dellart. 625 c.c., il quale al primo comma
recita: Se la persona dellerede o del legatario stata erroneamente indicata, la disposizione
ha effetto, quando dal contesto del testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco quale
persona il testatore voleva nominare.
70
Cfr. di recente Cass. civ., 15 giugno 1999, n. 5918, in Foro it., I, 2000, cc. 3294: Lintenzione del de cuius di costituire un legato in sostituzione, ovvero in conto, di legittima deve
emergere in maniera inequivoca sia da una espressa proposizione sia dal complesso delle proposizioni nelle quali si articola la scheda testamentaria. Non mancano decisioni tese ad escludere anche uninterpretazione testuale a vantaggio di una interpretazione meramente letterale,
ove questultima permetta lindividuazione della mens testantis, si veda Trib. Siena, 19 ottobre
1992, in Giur. It, 1, t.2, 1994, p. 1088: quando dalla dizione letterale del testamento risulti in
modo certo ed immediato la volont del de cuius, deve ritenersi non solo superfluo, ma affatto
precluso il ricorso alle norme di ermeneutica elaborate in tema di negozio giuridico e di testamento in particolare.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

55

documento testamentario (co-testo), rinviando il successivo altrimenti


agli elementi estranei al testo. Se cos non fosse, la presenza dellavverbio altrimenti risulterebbe di difficile comprensione.

5. Latto amministrativo, il procedimento e linterpretazione


A differenza di ci che accaduto per il contratto e per il testamento, pochi e frammentari sono i contributi dottrinali in materia di interpretazione dellatto amministrativo71. Procediamo con ordine nella
trattazione del tema, a partire da una breve caratterizzazione dellatto
e del provvedimento amministrativo, circoscritta agli scopi del presente
lavoro. Anche di recente stata rilevata, stante lassenza di una definizione legislativa, la difficolt di individuare i caratteri propri e costanti
dellatto amministrativo (ed in particolare di una specie del genere atto
particolarmente rilevante: il provvedimento amministrativo). In dottrina
si possono rintracciare molte definizioni e quindi teorie dellatto e del
provvedimento: soffermiamoci sul punto.
In un classico contributo dovuto ad uno dei maestri della materia si
trova scritto che costituisce atto amministrativo qualunque dichiarazione di volont, di desiderio, di conoscenza, di giudizio, compiuta da
un soggetto dellAmministrazione pubblica nellesercizio di una potest
amministrativa72. Alla definizione appena esposta se ne sono affiancate altre nel corso degli anni rivolte soprattutto a porne in rilievo alcuni
difetti 73. stata ritenuta infatti sia generica, in ragione dellaccostamen71
Una ricognizione, che potrebbe risultare incompleta della letteratura rivela che lunico
contributo monografico ancora quello di M.S. Giannini, Linterpretazione dellatto amministrativo e la teoria generale dellinterpretazione, cit., passim; a livello manualistico (oltre al manuale
dello stesso Giannini, ove sono riprodotte in sintesi le considerazioni contenute nellopera monografica), poche pagine dedicate al tema si trovano in G. Landi-M. Potenza, Manuale di diritto
amministrativo, Milano, 1998, pp. 242-243; R. Galli, Corso di diritto amministrativo, Padova,
1996, pp. 504-506; L. Mazzarolli, G. Pericu, F. A. Roversi Monago, F. G. Scoca (a cura di),
Diritto Amministrativo, vol. 2, Bologna, 1998, pp. 1551- 1553; V. Cerulli Irelli, Corso di diritto
amministrativo, Torino, 1997, pp. 509-511; A. M Sandulli, Manuale di diritto amministrativo,
Napoli, 1989, pp. 684-686; E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2000, pp., 470471; tra le voci enciclopediche R. Laschena, Interpretazione dellatto amministrativo, in Enc. giur.
Treccani, vol. XVII, Roma, 1989; un accenno anche in B. G. Mattarella, Il provvedimento, in
S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, t. 1, Milano, 2000, pp. 789-791; tra i testi
di teoria del diritto F. Viola-G. Zaccaria, Diritto ed interpretazione, cit., pp. 294-300.
72
G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Vol. I, Milano, 1936, p. 243.
73
Le vicende relative allelaborazione dei concetti di atto e provvedimento amministrativo sono complesse e non possono essere esaminate compiutamente in questa sede.
opportuno per trattarne brevemente al fine di valutare lincidenza della teoria dellatto e
del provvedimento sul modo di concepire linterpretazione degli stessi.

56

Tra teoria e dogmatica

to di dichiarazioni tra loro eterogenee: di volont, di desiderio, di conoscenza etc., sia in qualche misura fuorviante, in virt del mancato
collegamento tra atto e procedimento, nonch del riferimento alla categoria delle dichiarazioni di volont, con il conseguente accostamento
di certi atti amministrativi al negozio giuridico74. La strada della ricerca
di una definizione soddisfacente di atto amministrativo dunque ardua,
a tuttoggi percorsa dalla dottrina ripetutamente75, ma con fatica e con
esiti ancora non del tutto appaganti.
Conviene non insistere in questa direzione e prestare attenzione a due
tendenze ormai diffuse nel diritto amministrativo recente volte a porre in
rilievo: a) la rilevanza del provvedimento amministrativo in quanto atto
che incide sulle situazioni giuridiche soggettive del privato; b) il rapporto
esistente tra provvedimento e procedimento amministrativo.
Particolare importanza ha assunto nelle elaborazioni della dottrina e
della giurisprudenza la nozione di provvedimento amministrativo, quale specie del genere atto. Si visto, tra laltro, che i problemi definitori
hanno riguardato in origine la categoria atto amministrativo, ma investono nel dibattito attuale soprattutto il provvedimento. Recente dottrina sostiene infatti la necessit di concentrare lattenzione sul provvedimento, in quanto costituisce espressione tipica della funzione amministrativa. Il provvedimento , in questa ottica, latto con cui lautorit
amministrativa dispone in ordine allinteresse pubblico di cui titolare
(in virt di una specifica attribuzione), esercitando la propria potest e
incidendo quindi sulle situazioni soggettive del privato76.
Questultimo percorso di analisi rivolto a privilegiare il provvedimento ed a delinearne alcune caratteristiche costanti in connessione con
lesercizio della funzione amministrativa, senza perci volerne dare una
definizione puntuale ed esaustiva, pu rivelarsi proficuo per compiere
considerazioni sullinterpretazione sistematica dellatto amministrativo.
Le osservazioni che seguono vertono soprattutto, anche se non esclusivamente, sui provvedimenti; prima di compierle per necessario evidenziare alcuni tratti essenziali del provvedimento, sulla scia dellimpostazione da ultimo menzionata, avendo riguardo in particolare alla cosiddetta tipicit.
74
Per levoluzione delle nozioni di atto e provvedimento cfr. F. G. Scoca, La teoria del
provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. Amm., 1995, pp. 32 ss.;
G. Corso, Lattivit amministrativa, Torino, 1999, pp. 116 ss. e 131 ss.
75
Si veda la messe di definizioni riportata con efficace sintesi da B. G. M attarella,
Il provvedimento, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, cit., pp. 706 ss.
76
Cfr. R. Villata, in L. M azzarolli ed altri, Diritto amministrativo, vol. II, cit.,
pp. 1408- 1409.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

57

Si sostiene che il provvedimento amministrativo tipico in quanto la


tipicit sarebbe corollario o espressione del principio di legalit: lordinamento non pu infatti tollerare che il tipo di effetto prodotto dal
provvedimento amministrativo, subito dal privato [] sia rimesso alla
volont dellamministrazione stessa77. Per cui lamministrazione opera
per mezzo di provvedimenti che hanno certe caratteristiche (ma per ci
che ci interessa sono soprattutto tipici), esercitando poteri e potest attribuiti dalla legge.
Porre brevemente in rilievo alcuni caratteri dellatto e del provvedimento amministrativo , lo si gi detto, rilevante, perch consente di
sottolineare non solo la scarsit, ma anche linsufficienza dei contributi
apparsi in tema di interpretazione dellatto e del provvedimento amministrativo.
Lassenza di una disciplina legislativa ad hoc ha indotto infatti dottrina e giurisprudenza ad utilizzare, in maniera spesso acritica, le norme dettate in materia di interpretazione del contratto, compiendo solo
qualche minimo adattamento dovuto alla natura dellatto (ecco allora
che il primo comma dellart. 1362 c.c. utilizzabile, ma si deve ricercare
lintenzione dellautorit che ha emanato latto, e non quella delle parti;
oppure la rilevanza del comportamento dellamministrazione subordinata allinterpretazione testuale)78. Ma se tale assimilazione era plausibile in epoca pi risalente, quando latto amministrativo era se non proprio assimilato, comunque modellato sul concetto di negozio giuridico,
77
E. Casetta, Provvedimento e atto amministrativo, in Dig. Disc. Pubbl., vol. XII, Torino,
1992, pp. 243-257, citazione tratta da p. 251 e ancora R. Villata, in L. M azzarolli ed altri,
Diritto amministrativo, vol. II, cit., p. 1413: Il fondamento della tipicit pu essere ravvisato
negli stessi principi costituzionali concernenti lo svolgimento dellattivit amministrativa, essa
poi comporta che le varie categorie di provvedimenti sono identificate dalle norme disciplinatrici dei relativi poteri e non rimesse allautonomia creatrice dellautorit amministrativa.
78
In giurisprudenza ad esempio Cass. Civ., 12 novembre 1998, n. 11409, in Mass. giust.
civ., 1998, p. 2335: Linterpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 ss., c.c. per linterpretazione dei contratti tra le quali ha carattere preminente, quella collegata allelemento letterale in quanto compatibili con il provvedimento
amministrativo dovendo il giudice anche ricostruire lintento dellAmministrazione ed il
potere che ha inteso in concreto esercitare, tenendo altres conto del complesso dellatto e del
comportamento dellautorit amministrativa, oltre che di quanto pu razionalmente intendere,
secondo buona fede, il destinatario. Nello stesso senso Corte dei Conti, 8 ottobre 1996, n. 133,
in Cons. Stato, II, 1997, p. 57. Invero la giurisprudenza sembra spesso far riferimento alle norme
sullinterpretazione del contratto in maniera puramente formale, fondandosi linterpretazione
dellatto su altri criteri, si veda ad es. Cons. Stato, 20 maggio 1997 n. 625. in Foro amm., 1997,
p. 1660, ove presente un richiamo allart. 1366 c.c., ma invero che linterpretazione dellatto
debba essere compiuta avendo riguardo alla condizione del destinatario dello stesso dovuto
alloperare del principio costituzionale del buon andamento della p.a. e non della buona fede
oggettiva.

58

Tra teoria e dogmatica

e inteso quindi come manifestazione di volont dellamministrazione,


una volta abbandonata la teoria negoziale e legato latto allesercizio del
potere, viene meno anche la possibilit di utilizzare senza le dovute cautele le norme sullinterpretazione del contratto79.
Nellinterpretazione dellatto amministrativo si deve allora tener conto dei tratti peculiari dello stesso con particolare riguardo alle norme
attributive del potere di cui latto o provvedimento espressione, determinandone cos il significato.
Ma nellinterpretazione dellatto amministrativo necessario prestare
attenzione anche a un altro, non trascurabile fattore. Nel diritto amministrativo contemporaneo la teoria dellatto e/o del provvedimento ha
perso la sua centralit a vantaggio della teoria del procedimento amministrativo. Lattenzione si spostata dallatto allattivit ed alla funzione
amministrativa e lattivit procedimento, vale a dire una sequenza di
atti posti in essere in vista delladozione di un provvedimento finale80.
Daltronde si gi visto come alcune recenti teorie dellatto e del provvedimento ne modellino i caratteri in ragione del loro far parte, o essere
espressione dellattivit procedimentale della pubblica amministrazione.
La centralit conquistata dal procedimento rispetto al provvedimento
che ne costituisce il risultato dovuta anche alla presenza della legge n.
241 del 1990, che ha dettato la disciplina del procedimento amministrativo, stabilendo le modalit di attivazione, di partecipazione del privato,
il responsabile del procedimento, lobbligo di motivare gli atti e altro.
Orbene, in ragione delle considerazioni svolte, riteniamo si possa
parlare di interpretazione sistematica dellatto amministrativo, cio di
determinazione del suo significato in via sistematica, nel seguente senso.
V una interpretazione sistematico-testuale, in senso co-testuale, per
la quale necessario prendere in considerazione nel processo ermeneutico tutte le parti dellatto, che costituiscono quindi il contesto linguistico81. In questa direzione felice laccostamento tra atto amministrativo
79
Cfr. R. Laschena, voce Interpretazione dellatto amministrativo, cit., p. 2: il vero
che linterpretazione dellatto amministrativo si differenzia dallinterpretazione del negozio
privato [] soprattutto in considerazione dei caratteri e del regime della volont espressa nel
primo che sempre finalizzata al perseguimento di uno specifico e tipico interesse pubblico.
80
Per tutti M. S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, p. 100: quindi possibile constatare che lattivit amministrativa delle amministrazioni contemporanee si
svolge mediante procedimenti amministrativi: ci costituisce un principio del diritto amministrativo contemporaneo.
81
Trib. Amm. Calabria, sez. Reggio Calabria, 14 novembre 1998, n. 1480, in Trib. amm.
reg., I, 1999, p. 355: Latto amministrativo va interpretato nel complesso delle sue disposizioni,
quindi tenendo conto delle premesse, della motivazione e del dispositivo.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

59

e contratto, ritenendo applicabile lart. 1363 c.c., pur non essendo corretto parlare, per gli atti e i provvedimento di clausole, ma di elementi
o parti. Spesso si pu parlare per anche di interpretazione sistematico
testuale, in senso macrotestuale, avendo riguardo alla natura procedimentale dellattivit amministrativa. Qualora vi sia un procedimento, il
significato dellatto non pu non essere determinato senza considerare
la sequenza di atti in cui si inserisce, la sua posizione allinterno del procedimento (e ci vale sia per i meri atti, quelli strumentali allemanazione del provvedimento finale, sia per questultimo in quanto incidente
sulle situazioni soggettive del privato). Per cui il procedimento pu essere considerato una sorta di macrotesto, cio un insieme di testi tra loro
coordinati e coerenti, in ragione di un discorso unitario82.
V poi un altro modo nel quale si pu intendere linterpretazione
sistematica del provvedimento, vale a dire in senso logico-sistematico al
fine di evitare, se possibile, lillegittimit dello stesso. Soprattutto in giurisprudenza infatti ricorrente laffermazione che tra i possibili significati determinabili di un provvedimento, linterprete tenuto a scegliere
quello conforme alle norme attributive del potere del quale il provvedimento espressione83.

82
Sembra evocare limmagine del procedimento come macrotesto R. Galli, Corso
di diritto amministrativo, cit., p. 505: Alla luce della legge 241 del 1990, che ha sancito la
procedimentalizzazione dellatto amministrativo, si deve ritenere che linterpretazione extratestuale non sia pi consentita, perch solo attraverso la sequenza procedimentale possibile
ricostruire la volont amministrativa. V da dire che lart. 11, legge 241 del 1990, prevede la
possibilit di porre in essere accordi tra p.a. e soggetti privati interessati al fine di determinare
il contenuto discrezionale o di sostituire il provvedimento finale; la stessa formulazione normativa dispone che a detti accordi si applicano, ove non diversamente previsto dalla legge, i
principi del codice civile in materia di obbligazioni e di contratti in quanto compatibili. Orbene proprio la previsione del criterio della compatibilit esclude che agli accordi in questione
si possano sic et simpliciter applicare le norme sullinterpretazione del contratto. Daltronde
anche chi si esprime a favore dellapplicabilit delle norme sullinterpretazione del contratto
ai suddetti accordi, si fa carico di precisare che un giudizio di compatibilit tra modello negoziale ed esercizio del potere amministrativo deve essere comunque compiuto (cfr. A. Federico,
Autonomia negoziale e discrezionalit amministrativa, Napoli, 1999, pp. 21 ss. e pp. 250-254).
83
Ad esempio Cons. Stato, 4 novembre 1997, n. 1231, in Foro amm., II, 1997, p. 3020: In
presenza di oggettive incertezze in ordine al contenuto di un provvedimento amministrativo,
quando questultimo si presta ad una duplice possibile interpretazione luna conforme, laltra
difforme dal dettato normativo deve essere prescelta quella conforme alla legge. Si tratta di
interpretazione adeguatrice (in uno dei possibili sensi di questa espressione) dellatto amministrativo. Nello stesso senso Cons. Stato, 10 marzo 1997, n. 229, in Cons. Stato, I, 1997, p. 362:
Tra le possibili interpretazioni di un atto amministrativo deve darsi prevalenza a quella alla
cui stregua latto stesso si appalesa conforme a principi di diritto ed alle fonti normative.

60

Tra teoria e dogmatica

6. Il sistema del provvedimento giurisdizionale


A conclusione dellindagine opportuno soffermarsi brevemente
sullinterpretazione della sentenza84 . Per interpretazione della sentenza
si intende, al pari di ci che emerso per la legge e gli altri atti giuridici
sino ad ora considerati, la determinazione del contenuto del provvedimento giurisdizionale85. Le brevi considerazioni che seguono sono rivolte ad individuare in che senso sia possibile parlare di interpretazione
sistematica della sentenza, cio che cosa significa determinare in via sistematica il contenuto della stessa.
necessario subito porre in rilievo che anche per linterpretazione della sentenza si spesso compiuto un accostamento con i criteri
ermeneutici indicati per il contratto. Cos loperazione ermeneutica
rivolta, seppur in letteratura lopinione che segue sia espressa con variet di accenti, allaccertamento della corrispondenza della forma alla
volont86. Allaccertamento della mens iudicis, della volont espressa
nel provvedimento, in assonanza con lart. 1362, comma primo c.c.
Invero, anche i richiami effettuati dalla dottrina e da certa giurisprudenza alle norme sullinterpretazione del contratto al fine di determinare il significato della sentenza, non sono mai stati del tutto acritici,
non hanno cio mai perso di vista la peculiarit del provvedimento giurisdizionale rispetto al contratto87. Si sostenuto, per esempio, che linterpretazione della sentenza non pu mai fare appello a criteri extratestuali, in quanto lordinamento vieta di usare elementi estrinseci in mo84
Le nozioni di sentenza e provvedimento giurisdizionale saranno usate come sinonime.
La sinonimia invero solo parziale, essendo provvedimenti giurisdizionali anche i decreti e le
ordinanze.
85
Non si considera quindi la sentenza intesa come precedente. Per la distinzione tra
la sentenza come documento e come precedente e le conseguenti differenze sul piano interpretativo cfr. L. Bigliazzi Geri, Linterpretazione del contratto, cit., p. 75 ss., nonch il corposo
contributo di M. Taruffo, La motivazione della sentenza civile, Padova, 1975, ove la distinzione
tra sentenza come segno e come regola.
86
F. Carnelutti, Lezioni di diritto processuale civile, vol. III, Padova, 1931, p. 298; per
una rassegna della dottrina in materia cfr. F. Santangeli, Linterpretazione della sentenza civile,
Milano, 1996, pp. 1-118. Daltronde il richiamo alle norme sullinterpretazione del contratto,
per ci che concerne latto amministrativo e la sentenza dovuto anche al fatto che si tratta di
atti singolari, concreti, di norme individuali per dirla con le parole di Kelsen (cfr. retro nota
6). Da segnalare lassenza di contributi per ci che concerne linterpretazione delle sentenze
penali: ne consegue che le brevi considerazioni compiute in queste pagine, riguardano giurisprudenza e letteratura attinenti alla sentenza civile.
87
Tratto peculiare di tutte le opere che pur si muovono nelottica di assimilare il provvedimento giudiziale ad altri atti giuridici, al contratto in specie, si veda ad esempio C. Grassetti, Linterpretazione del negozio giuridico con particolare riguardo ai contratti, cit., pp. 87 ss.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

61

do tale da modificare il senso testuale del dispositivo88 e quindi sarebbe


esclusa lapplicabilit delle norme sullinterpretazione del contratto che
a tali criteri si riferiscono. Oppure si ritenuto che lapplicabilit alla
sentenza degli artt. 1363, 1367 c.c. derivi non da unanalogia improponibile tra sentenza e contratto, ma dal fatto che esse contengono criteri
generali dellinterpretazione89.
Daltronde gi alcuni anni addietro non mancato chi ha sostenuto
apertamente lautonomia dellinterpretazione della sentenza, rivendicandone le peculiarit funzionali e strutturali rispetto agli altri atti, e sembra essere questa la tendenza della recente giurisprudenza90. Vediamo
in breve quali sono i criteri consolidati in giurisprudenza dellinterpretazione della sentenza, per poi valutare in che senso si possa parlare di
interpretazione sistematica della stessa.
Come stato sottolineato in un recente studio91, sono quattro i criteri di interpretazione della sentenza (civile), ormai consolidati in giurisprudenza, ma non estranei alla dottrina: a) criterio letterale e sintattico;
b) criterio sistematico detto anche della necessaria correlazione tra dispositivo e motivazione; c) criterio funzionale; d) criterio di conservazione.
In base al primo criterio necessario interpretare la sentenza avendo riguardo al suo tenore letterale, ma il significato delle singole parole o espressioni deve essere determinato non isolatamente, ma avendo
riguardo alla loro connessione sintattica. Il criterio sistematico detto anche della totalit, impone di tener conto del dispositivo e della
motivazione della sentenza, non separando luno dallaltra, ma considerandoli un complesso organico92. In base al terzo criterio (funzionale)
M.S. Giannini, Linterpretazione dellatto amministrativo, cit., p. 190, il quale scrive
che linterpretazione rigidamente testuale, per cui si applicano alla sentenza le norme
degli artt. 1363, 1367, 1369 c.c. [] in quanto contengono principi logici di corretta interpretazione.
89
Si vedano in proposito le sentenze riportate da P. Chiassoni, La giurisprudenza civile.
Metodi di interpretazione e tecniche argomentative, cit., pp. 117 ss., tra le quali spicca Trib.
Bologna, 12 marzo 1955: per i giudici emiliani, infatti, da escludere il ricorso alle norme
sullermeneutica contrattuale per linterpretazione della sentenza.
90
Per la dottrina si veda V. Denti, Linterpretazione della sentenza civile, Pavia, 1946,
passim, ed in specie, p. 27, ove scritto che nellinterpretare s necessario ricostruire la mens
iudicis, ma attraverso gli elementi costitutivi della sentenza, secondo la funzione e la strutture
che a ciascuno di questi elementi attribuita dalliter fissato dalle norme processuali. Per cui
secondo questo autore non ha molto senso interrogarsi in maniera aprioristica se nellinterpretazione debba prevalere la ricerca della volont o lanalisi della dichiarazione, in quanto si
tratta di problema da risolvere alla luce di quanto stabilito dallordinamento.
91
Il riferimento a P. Chiassoni, La giurisprudenza civile, metodi di interpretazione e
tecniche argomentative, cit. pp. 138 ss.
92
Cos ad esempio Cass. Civ., 24 novembre 1986, n. 6901, in Mass. giust. civ., 1986, fasc.
88

62

Tra teoria e dogmatica

indispensabile intendere la sentenza in maniera adeguata rispetto alla


domanda ed alle eccezioni di parte. Il criterio di conservazione consiste
nel determinare il significato della sentenza preferendo tra i possibili significati quello che consente allatto di produrre effetti.
I criteri appena menzionati sono poi tra loro coordinati nel seguente
modo. Il criterio letterale deve essere associato a quello sistematico, il
senso delle parole come risulta ad una prima lettura deve essere rivisto
alla luce del complesso dellatto, della correlazione necessaria che intercorre tra dispositivo e motivazione. Qualora si verifichi un contrasto
tra dispositivo e motivazione, la prevalenza va assegnata al dispositivo,
in quanto questultimo contiene la sintesi della volont giudiziale93,
del contenuto precettivo della sentenza,
Orbene, appare abbastanza evidente che dottrina e giurisprudenza
fanno riferimento allinterpretazione sistematica della sentenza in senso
sistematico testuale. Il canone cosiddetto della totalit fa infatti appello
alla totalit del testo, alle varie parti di cui si compone il provvedimento,
imponendo allinterprete, ad esempio, di non considerare il solo dispositivo, oppure di tralasciare parti della motivazione, o di altri dati rilevanti94.
Da ci deriva che anche nellinterpretazione sistematica della sentenza il sistema di riferimento dato dal testo del provvedimento giurisdizionale.
Vale per la sentenza ci che vale per il contratto, il testamento e latto amministrativo (seppur per questultimo vi siano da considerare i
profili ulteriori che sono stati posti in rilievo).
Avendo riguardo ai tipi di interpretazione sistematica della legge
11; Cons. Stato, 6 ottobre 1990, n. 712, in Foro amm., I, 1990, p. 676: Linterpretazione della
sentenza non va limitata al solo dispositivo dovendo estendersi anche al contenuto della sua
motivazione. Per lapplicazione del criterio sistematico o della totalit alle sentenze della Corte costituzionale cfr. Trib. di Bari, 1 marzo 1990, in Informazione e previdenza, 1990, p. 800:
Motivazione e dispositivo costituiscono elementi di uno stesso atto, unitariamente inteso []
da ci consegue che per linterpretazione della sentenza della Corte Costituzionale si deve
utilizzare non soltanto il dispositivo ma anche la motivazione. La terminologia invalsa in
dottrina e giurisprudenza di canone della totalit per indicare la necessaria considerazione
nel processo ermeneutico del dispositivo e della motivazione, richiama, invero in maniera un
po generica, il ben noto linguaggio di Betti.
93
In dottrina si esprime per la prevalenza del dispositivo sulla motivazione in caso di
contrasto A. Nasi, voce Interpretazione della sentenza, in Enc. Dir., vol. XXII, Milano, 1972,
pp. 293 ss.; in giurisprudenza Cass. Civ. sez. lav., 10 novembre 1998, n. 11336, in Mass. giust.
civ., 1998, p. 2317.
94
Per esempio V. Denti, Linterpretazione della sentenza civile, cit., p. 33, ritiene materiale utile allinterpretazione della sentenza anche la domanda giudiziale, in analogia con il
criterio funzionale invalso in giurisprudenza.

Sui rapporti tra lapplicazione della legge e degli atti giuridici

63

proposti (sistematico-testuale, logico-sistematico, sistematico-teologico


e sistematico-dogmatico), ed ai caratteri peculiari degli stessi posti in rilievo, si pu asserire che linterpretazione sistematico-testuale di certo
quella pi utile allo studio dellermeneutica degli atti giuridici presi in
considerazione.
Si visto infatti che dal dato positivo, dalla prassi applicativa e da
alcune riflessioni dottrinarie, emerge con ricorrenza e vigore la rilevanza del testo come sistema di riferimento prevalente, anche se non
esclusivo, dellinterprete. Solo per latto e per il provvedimento amministrativo si affianca allinterpretazione sistematico-testuale (co e
macro testuale), in posizione non subordinata, linterpretazione logico-sistematica.
Postilla del 2012
Questo saggio risale al 2001 ed il pi vecchio della raccolta. Al momento della sua pubblicazione anticipava una parte dei contenuti del
libro Interpretazione sistematica e prassi giurisprudenziale, pubblicato
nel 2002 presso leditore Giappichelli. Tuttavia il saggio conserva gran
parte della sua attualit, sia per quanto concerne linterpretazione della legge, sia per ci che riguarda gli atti giuridici indagati. vero che
di letteratura sullinterpretazione della legge, sullermeneutica contrattuale e testamentaria ne stata prodotta molta nellultimo decennio, ma
pur vero che riguardo allinterpretazione sistematica, ai suoi tipi, le
riflessioni sopravvenute non hanno scardinato, a parer mio, le conclusioni raggiunte in questo scritto (e nel libro che ne seguito). Solo per
largomento dellincostanza terminologica (si veda la nota 36) ho mutato idea, ritenendo che esso possa essere ricondotto alla sedes materiae e
non abbia autonomia. Sul versante della regolamentazione dellatto amministrativo vi sono stati molteplici interventi normativi e continue pronunce della giurisprudenza, ma anche in questo caso mi sento di poter
confermare limpianto concettuale di fondo proposto in queste pagine
per linterpretazione dellatto amministrativo: o limpianto concettuale
era valido allora e lo pure adesso, oppure non lo era allora e non lo
nemmeno oggid. Non ho registrato, infine, significative novit per linterpretazione della sentenza.

Osservazioni sullanalogia giuridica

Sommario: 1. Lacune del diritto, integrazione giuridica e analogia. 2. Definizione ed elementi dellanalogia giuridica. 3. Analogia, legalit penale e interpretazione
estensiva. 4. Giudizio di costituzionalit, ragionevolezza e analogia. 5. Lanalogia iuris.

1. Lacune del diritto, integrazione giuridica e analogia


Lintento precipuo di questo saggio consiste nellaffrontare alcune questioni riguardanti lanalogia giuridica. Per raggiungere lo scopo bisogna
riprendere talune considerazioni sviluppate nel primo scritto di questa raccolta riguardo alle teorie dellinterpretazione giuridica, al fine di indicare
con chiarezza i presupposti per il ricorso allanalogia giuridica.
Scegliendo di collocarsi allinterno della teoria dellinterpretazione giuridica moderatamente scettica possibile distinguere, infatti, tra attivit
strettamente interpretative (sempre discrezionali, ma non arbitrarie) che
conducono alla determinazione, attribuzione di un significato ad una disposizione normativa, e attivit integrative, ossia che conducono alla attribuzione di una conseguenza giuridica ad una fattispecie passando per la,
ma non limitandosi alla, determinazione, attribuzione di significato ad una
disposizione normativa1. Lintegrazione pu avvenire per mezzo di svariati
strumenti, uno dei quali, il pi conosciuto e di regola positivamente previsto nei sistemi giuridici, , appunto, lanalogia2. Confinando il discorso a
questo strumento di integrazione va notato che solitamente si richiede per
farvi ricorso la constatazione di una lacuna3.
Questo aspetto sar considerato di nuovo e approfondito trattando della distinzione
tra analogia e interpretazione estensiva.
2
In astratto, ovvero indipendentemente da quanto stabilito da un singolo ordinamento
giuridico, si pu avere, quindi, sia unintegrazione analogica, sia unintegrazione non analogica. Lanalogia viene considerata un mezzo di auto-integrazione dellordinamento giuridico,
ossia un mezzo che consente allordinamento giuridico di svilupparsi attraverso le proprie
norme. Proprio per questa ragione uno degli strumenti pi radicati di integrazione ed stato
previsto dallart. 12, 2 comma, delle Disposizioni sulla legge in generale (dette Preleggi), che
cos dispone: Se una controversia non pu essere decisa con una precisa disposizione, si ha
riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora
dubbio, si decide secondo i princpi generali dellordinamento giuridico dello Stato
3
Punto condiviso da giuristi, giudici e teorici del diritto seppur muovendo da nozioni
1

66

Tra teoria e dogmatica

La questione delle lacune del diritto , come noto, tra le pi complesse e


annose della teoria del diritto contemporanea (e non solo), qui ci si limita a
fornire una nozione generale di lacuna, una classificazione elementare delle
lacune e a connettere i principali tipi di lacuna individuati con lanalogia
giuridica4.
Per lacuna si intende la situazione in cui a una fattispecie (astratta, vale
a dire una classe di casi a cui riconducibile il caso sottoposto a giudizio)
non possibile riconnettere, in via interpretativa, una conseguenza giuridica5. Se ci che manca una regolazione tout court, si ha una lacuna normativa in senso stretto o proprio. Se invece manca una norma la cui esistenza
sia condizione necessaria per lefficacia di unaltra norma, si ha una lacuna
tecnica o teleologica6. Ove invece la mancanza consista nellassenza non
di una qualsivoglia regolazione, bens di una disciplina reputata giusta o
adeguata, si ha una lacuna assiologica7.
di analogia e di lacuna differenti, v. Caiani, Analogia (teoria generale), in Enc. dir., II, Milano,
1958, p. 349: Perch si abbia ricorso allanalogia necessario quindi: 1) che manchi una norma giuridica positiva e vigente atta a qualificare direttamente un caso su cui il giudice sia chiamato decidere, nonch il sofisticato apparato concettuale proposto da Carcaterra, Analogia
(teoria generale), in Enc. giur. it., II, Roma, 1988, pp. 8-9, il quale per fissare le condizioni del
ricorso allanalogia distingue tra: caso incluso, caso escluso, caso omesso e caso dubbio; si aggiunga Belvedere, I poteri semiotici del legislatore (Alice e lart. 12 Preleggi), in Gianformaggio,
Jori (a cura di), Scritti per Uberto Scarpelli, Milano, 1997, p. 95, nota 47: Lipotesi tradizionale
del legislatore che plus (minus) dixit quam voluit pu riguardare solo un momento logicamente
successivo a quello regolato dal 1 comma dellart. 12 della interpretazione in senso stretto,
in cui la attivit ermeneutica trova nel testo legislativo il proprio oggetto (ed il proprio limite)
e mira ad accertare quid (voluit et) dixit il legislatore (che cosa ci ha voluto dire ed ha effettivamente detto). Solo in un successivo momento che trova un parziale riscontro nel 2 comma
dellart. 12 (relativo allanalogia) ci si pu porre il problema di una applicazione della legge
che valorizzandone la ratio prescinda dai limiti di compatibilit testuale.
4
Per due diversi approcci alle lacune e per gli appropriati rimandi bibliografici alla copiosa e continua produzione (italiana e straniera) sul tema v. Chiassoni, Tecnica dellinterpretazione giuridica, Bologna, 2007, p. 169 ss.; Fittipaldi, Scienza del diritto e razionalismo critico.
Il programma epistemologico di Hans Albert per la scienza e la sociologia del diritto, Milano,
2003, pp. 429-437 e 488-493.
5
Si gi detto che il lessico e sovente i concetti mutano da autore ad autore, tuttavia,
nonostante il lavoro non si sottragga a personalizzazioni lessicali, si veda per una rappresentazione ancora attuale e pregevole sulle lacune Conte, Saggio sulla completezza degli ordinamenti
normativi, Torino, 1962, passim.
6
Cottone, Le sentenze additive della Corte costituzionale: una proposta di analisi, in
Analisi e diritto 2011, p. 82 in nota, annovera tra le lacune tecniche o teleologiche anche quelle
che derivano dalla mancanza di una norma legislativa che dia attuazione ad una norma costituzionale programmatica.
7
In proposito Guastini, Defettibilit, lacune assiologiche, interpretazione, in Id., Nuovi
studi sullinterpretazione, Roma, 2008, p. 98, scrive: una lacuna assiologica [] non consiste
[] nella mancanza di una norma senza ulteriori specificazioni. Ci che manca non una
norma che disciplini la fattispecie [] giacch tale fattispecie in realt disciplinata. Ci che
manca un norma soddisfacente o giusta e, pi precisamente, una norma differenziatrice,

Osservazioni sullanalogia giuridica

67

Orbene, lanalogia come mezzo di integrazione in grado di interferire


con tutti e tre i tipi di lacuna. Non difficile comprendere il ruolo che
lanalogia pu svolgere nel caso delle lacune normative in senso stretto o
proprio, ma, per quanto pi raro nella prassi, non v ostacolo concettuale
alcuno nel consentire luso dellanalogia per colmare lacune tecniche: in assenza della norma che dovrebbe esserci astrattamente concepibile che si
cerchi una soluzione giuridica per mezzo di unaltra norma che regola casi
simili a quella mancante, oppure che si ricorra ai princpi generali dellordinamento giuridico dello Stato. Il ragionamento analogico pu avere un
peso rilevante anche in tema di lacune assiologiche, almeno per quelle lacune assiologiche che nellordinamento italiano sono riconducibili al giudizio
di legittimit costituzionale delle leggi ex art. 3, 1 comma, Cost.8.

2. Definizione ed elementi dellanalogia giuridica


Il 2 comma dellart. 12 delle Preleggi9 presuppone, quindi, lindividuazione di una lacuna (lassenza di una precisa disposizione nelle parole usate
dal legislatore) e indica in sequenza gli strumenti utili a colmarla: il ricorso a casi simili o materie analoghe e ai princpi generali dellordinamento
giuridico dello Stato; rimanda, quindi, allanalogia giuridica nelle sue due
varianti legis e iuris10.
ossia una norma che disciplini diversamente una fattispecie che allinterprete appare diversa,
cio appunto meritevole di una disciplina distinta.
8
Il punto sar segnalato, pi che affrontato, infra 4, opportuno puntualizzare subito,
per, che le lacune assiologiche riguardano lassenza di una norma differenziatrice e lassenza
di una norma eguagliatrice; tuttavia, per alcuni ove si lamenti lassenza di una norma eguagliatrice la lacuna sarebbe normativa in senso proprio e non assiologica (v. quanto riferito ancora
da Guastini, Defettibilit, lacune assiologiche, interpretazione, cit., p. 106, nota 14).
9
La disposizione stata riprodotta retro, nota 2.
10
Sul ragionamento analogico nel diritto si veda Gianformaggio, Lanalogia giuridica
(1987), in Ead., Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, a cura di Diciotti e Velluzzi, Torino, 2008, pp. 131-147 (alle cui tesi si attinge ampiamente con talune precisazioni e differenze);
e per lo studio dei profili inferenziali dellanalogia giuridica Tuzet, Lanalogia giuridica come
inferenza complessa, in Id., Dover decidere. Diritto, incertezza e ragionamento, Roma, 2010, pp.
91-105. Questo e i prossimi paragrafi seguono quanto si avuto modo di esporre ripetutamente
in molteplici scritti, si rammentano i pi recenti, ovvero Velluzzi, La distinzione tra analogia
giuridica ed interpretazione estensiva, in Manzin, Sommaggio (a cura di), Interpretazione giuridica e retorica forense, Milano, 2006, 133-148; Analogia, uguaglianza e giurisprudenza della Corte
europea di Giustizia, in AAVV., Diritto comunitario e sistemi nazionali: pluralit delle fonti e
unitariet degli ordinamenti, Napoli, 2010, pp. 219-229; Argomenti interpretativi, in Pino, Schiavello, Villa (a cura di), Filosofia del diritto. Introduzione critica al pensiero giuridico e al diritto
positivo, in corso di pubblicazione per leditore Giappichelli. A questi lavori e a quello di Tuzet
menzionato sopra si rinvia per ulteriori riferimenti alla letteratura italiana e straniera, copiosa
e costantemente in crescita, sullanalogia giuridica. Per ragguagli storici v. i recenti e ottimi

68

Tra teoria e dogmatica

In ambito giuridico si ragiona per analogia al fine di stabilire se due


classi di casi meritino o meno il medesimo trattamento attraverso una comparazione delle somiglianze e delle differenze tra le classi di casi in questione: la rilevanza delle somiglianze determina lequiparazione del trattamento giuridico, mentre la rilevanza delle differenze determina la negazione
dellequiparazione del trattamento giuridico11. Per mezzo dellanalogia,
quindi, a una fattispecie giuridica non regolata (nel senso precisato) viene
attribuita la medesima conseguenza giuridica prevista da una norma che
regola una fattispecie simile in maniera rilevante (e quindi dissimile in maniera irrilevante) a quella non regolata12.
Si rendono necessarie tre puntualizzazioni.
Ecco la prima. Assumiamo quale situazione paradigmatica quella del
giudice (a esclusione di quello penale) chiamato a decidere un caso a lui
sottoposto. Laddove il giudice constati una lacuna, vuol dire che rispetto al
caso specifico egli si trova nella impossibilit di ricondurre il caso di specie
saggi raccolti da Storti (a cura di), Il ragionamento analogico nel diritto. Profili storico-giuridici,
Napoli, 2010, passim.
11
Per lambito penale importanti considerazioni si trovano in Donini, Disposizione e
norma nellermeneutica penale, in Biscotti, Borsellino, Pocar, Pulitan (a cura di), La fabbrica
delle interpretazioni, Milano, 2012, pp. 73-121, e nel saggio contenuto nello stesso volume di
Pulitan, Nella fabbrica delle interpretazioni penalistiche, pp. 181-207.
12
Che con lanalogia si estenda la stessa conseguenza giuridica a casi diversi, ma simili
un dato acquisito v. Bobbio, Analogia (1957), in Id., Contributi ad un dizionario giuridico, Torino, 1994, p. 1: Sintende per analogia giuridica, o, con altre espressioni, ragionamento per
analogia, procedimento per analogia, estensione analogica, interpretazione analogica,
quelloperazione, compiuta dagli interpreti del diritto (giuristi e giudici in specie), mediante
la quale si attribuisce ad un caso o ad una materia, che non trovano una regolamentazione
espressa nellordinamento giuridico, la stessa disciplina prevista dal legislatore per un caso o
per una materia simili; si tratta di un dato acquisito che va per arricchito con le precisazioni
riferite nel testo. Che linterprete non possa ricercare liberamente la conseguenza giuridica
da estendere altrettanto pacifico, per la giurisprudenza Cass., 16.12.1982, n. 6935, in Giur.
it., 2, 1984, p. 366: Il principio dellannullabilit parziale del negozio, pur desumibile in via
analogica dallart. 1419 c.c., va inteso nel senso della semplice amputazione di una parte del
negozio stesso; non pu invece portare ad adeguamenti o rettifiche che hanno essenza di modificazione del contenuto della restante parte del contratto. Si ricordi, inoltre, che lart. 12,
2 comma, distingue i casi simili dalle materie analoghe, ovvero tra norme che regolano una
fattispecie simile a quella non regolata nellambito della stessa materia e norme che regolano
una fattispecie di una materia analoga: in entrambi i casi indispensabile un giudizio di rilevanza delle somiglianze e di irrilevanza delle differenze. Ritiene che i casi simili richiamino
linterpretazione estensiva e le materie analoghe lanalogia giuridica (legis), Cass., 24.7.1990, in
Il fallimento, 1991, p. 341, la cui motivazione costituisce il paradigma di come non andrebbero
scritte le sentenze, indipendentemente dal condividerne le conclusioni. Una considerazione
estemporanea: il giudizio di rilevanza delle somiglianze e di irrilevanza delle differenze alla
base anche della traduzione in termini operativi della (ricorrente) formula si applicano in
quanto compatibili riferita a gruppi di disposizioni di una certa materia con riguardo ad altre
fattispecie.

Osservazioni sullanalogia giuridica

69

stesso nellambito di una classe (fattispecie astratta) del sistema giuridico.


Tuttavia, nel tentativo di procedere per analogia, il giudice effettuer la
comparazione tra classi omogenee per grado di generalit, e non tra una
fattispecie concreta e una astratta13.
La seconda puntualizzazione. La definizione di analogia che si fornita lega il ragionamento giuridico alleguaglianza. Che vi sia una relazione
tra analogia giuridica ed eguaglianza intuitivo. Superando le intuizioni si
scopre che la relazione ricostruita con intensit varia e terminologia diversificata14. Leguaglianza consiste nelleguale trattamento di situazioni eguali
e nel diverso trattamento di situazioni che eguali non sono15, e allora in che
senso esprimersi in termini di eguaglianza, di similitudine o di analogia
vuol dire usare termini (almeno in parte) col medesimo significato?
Quale sia il rapporto fra i termini analogo, simile ed eguale pu essere
spiegato attraverso un felice esempio formulato da Letizia Gianformaggio16. lAutrice ha asserito che se si afferma a e b sono eguali lo si fa al
fine di mettere in luce ci che a e b hanno in comune; se si afferma che a e
b sono diversi si sottolinea ci che non hanno in comune. E cosa accade se
si sostiene che a e b sono simili o analoghi? Letizia Gianformaggio ha sostenuto che la particolarit dellenunciato a e b sono simili o analoghi, sta
nel fatto che la somiglianza (lanalogia) rivolge lattenzione non soltanto su
ci che accomuna a e b ma pure sulle reciproche differenze. unespressione che posta in relazione con le altre due porterebbe a riformulare queste
ultime nel seguente modo: a e b sono eguali si converte in a e b non
sono proprio eguali ma comunque simili; il secondo enunciato a e b sono
diversi si converte nellenunciato a e b pur essendo diversi ci nonostante
sono simili. Simile e analogo richiamano, quindi, un giudizio comples13
Come si avuto modo di scrivere, forse con un eccesso di semplificazione, in Analogia,
uguaglianza e giurisprudenza della Corte europea di Giustizia, cit., p. 221: Ove si sia chiamati a
decidere se la conseguenza giuridica statuita per le lavatrici debba valere anche per la lavastoviglie del signor Paolo, si far una comparazione tra i caratteri delle lavatrici e delle lavastoviglie;
la sorte della lavastoviglie del signor Paolo dipende dallappartenere alla classe lavastoviglie.
14
Affermano, con differenti accenti, il nesso tra eguaglianza e analogia Gianformaggio,
Lanalogia giuridica, cit., p. 140 ss.; Carcaterra, Analogia I) Teoria generale, cit.; per un caso
giurisprudenziale accattivante dove emerge la connessione tra analogia ed eguaglianza Cass.,
25.3.1999, n. 2819, per la quale non v ragione per non applicare la disposizione del Codice
civile dettata per la ricognizione di debito al caso inverso della dichiarazione di inesistenza del
credito, in relazione al principio delluguale situazione tra le parti del rapporto obbligatorio.
15
Si sa che la nozione di eguaglianza sia vaga, sia ambigua, una sintetica ma densa
raccolta antologica in proposito quella di Ferragamo (a cura di), Le formule delluguaglianza:
da Kelsen a Nagel, Torino, 2004; per lambito giuridico Sorrentino, Eguaglianza, Torino, 2011,
passim.
16
Gianformaggio, Ragionamento giuridico e somiglianza (1998), in Ead., Filosofia del
diritto e ragionamento giuridico, cit., pp. 207-209.

70

Tra teoria e dogmatica

so, vale a dire la necessit di tener conto, in una specifica argomentazione


analogica, sia degli elementi di somiglianza sia di quelli di differenza fra le
entit che vengono comparate17.
Limitando il discorso allambito giuridico si pu notare che lesempio
costituisce uno strumento utile per valutare le condizioni argomentative
minime di una buona analogia giuridica. Ossia: in ambito giuridico un ragionamento analogico adeguatamente sviluppato, almeno nei tratti essenziali, soltanto se si argomenta sia intorno alle somiglianze, sia intorno
alle differenze tra le classi di casi raffrontate. Si tratta di una condizione
necessaria di elaborazione di un ragionamento analogico giuridico18.
Un giudizio di rilevanza delle somiglianze concluder per lirrilevanza delle differenze e quindi per lattribuzione del medesimo trattamento
giuridico alle classi di casi coinvolte; oppure si potr avere un giudizio di
rilevanza delle differenze e quindi una conclusione che nega il medesimo
trattamento giuridico alle classi di casi coinvolte. Ne consegue, ed anche
questa una tesi di Letizia Gianformaggio, che largomento a simili (analogico) e largomento a contrario sono entrambi argomenti che si fondano
sulleguaglianza come nucleo razionale; soltanto che largomento a simili
correlato allaccertamento della rilevanza delle somiglianze che consegue
allirrilevanza delle differenze, mentre largomento a contrario correlato al
giudizio di rilevanza delle differenze che rende irrilevanti le somiglianze19.
Argomentando in questi termini lanalogia giuridica un ragionamento
comparativo legato alleguaglianza20.
La terza puntualizzazione: per stabilire quando si di fronte a somiglianze rilevanti e quindi a differenze irrilevanti o quando si di fronte a
differenze rilevanti e quindi a somiglianze irrilevanti, v bisogno di un criterio21. Giuristi e giudici sostengono, noto, che il criterio sia la ratio legis.
Ibidem; si parlato nel testo di giudizio complesso, mentre Letizia Gianformaggio
tratta di doppio criterio di rilevanza.
18
Per condizioni argomentative minime di una buona analogia giuridica si intendono,
quindi, quei passaggi argomentativi che non possono mancare in un ragionamento analogico
giuridico, pena la sua incompletezza.
19
Cfr. ancora Gianformaggio, Lanalogia giuridica, cit., pp. 140-142. Per un approccio
originale allargomento a simili che asseconda linferenzialismo semantico v. Canale, Tuzet,
The A Simili Argument: An Inferentialist Setting, in Ratio Juris, 4, 2009, pp. 499-509.
20
Alleguaglianza intesa come produzione di norme ragionevoli, v. Tarello, Linterpretazione della legge, cit., pp. 350: In questa esplicazione, largomento a simili si presenta come
una regola sulla produzione giuridica e precisamente come una regola che impone la produzione di norme che abbiano leffetto di ottenere per il secondo termine dellanalogia la disciplina
che una norma preesistente impone al primo termine dellanalogia.
21
Sottolinea opportunamente Gianformaggio, Leguaglianza di fronte alla legge: principio logico, morale o giuridico?, in Ead., Eguaglianza, donne e diritto, a cura di Facchi, Faralli,
Pitch, Bologna, 2005, p. 65: a dividerci dunque non sono i significati che attribuiamo al termi17

Osservazioni sullanalogia giuridica

71

Cos si interpreta in chiave teleologica la disposizione normativa che regola


una classe di casi individuandone, quindi, la ratio, e se alla medesima ratio
riconducibile la classe di casi non regolata vuol dire che le due classi meritano lo stesso trattamento giuridico, quello stabilito dalla norma (frutto di
interpretazione teleologica della disposizione normativa)22.
per mezzo della ratio legis che si valuta la rilevanza delle somiglianze e lirrilevanza delle differenze. Il richiamo alla ratio legis quale perno
dellanalogia giuridica porta con s tutta la problematicit della nozione
messa ampiamente in luce da molti autori23. Qui preme sottolineare che il
riferimento alla ratio pone in rilievo un aspetto fondamentale dellanalogia
giuridica, ossia che lanalogia giuridica ha natura valutativa e di conseguenza la correttezza dei ragionamenti analogici non pu prescindere da come
si individua e si usa lelemento valutativo24. Ci comporta che le controversie relative ai ragionamenti analogici compiuti in ambito giuridico ruotano
principalmente intorno a due aspetti: a) lindividuazione della ratio; b) la
sua coerente applicazione.

3. Analogia, legalit penale e interpretazione estensiva


risaputo che lart. 14 delle Preleggi pone per le norme penali incriminatrici il divieto di applicare le stesse norme oltre i casi e i tempi da esse
considerati. Questa formula interpretata in maniera unanime come divieto di applicazione analogica delle norme penali incriminatrici. Allo stesso
modo la dottrina e la giurisprudenza non dubitano della possibilit di poter
ne eguaglianza; sono piuttosto i criteri che impieghiamo per formulare i giudizi di eguaglianza: sono dunque, in definitiva, i nostro scopi (corsivi dellautrice).
22
Scriveva gi nella prima met del 900 Bobbio, Lanalogia nella logica del diritto (1938),
Milano, 2006, p. 134 : I giuristi infatti, postisi alla ricerca del fondamento della analogia, son
venuti fissando la loro esperienza al riguardo in quella notissima e apparente banale massima,
che [] suona costantemente cos: ubi eadem ratio, ibi eadem juris dispositio.
23
Cfr. infra il saggio che segue in questa raccolta.
24
Cfr. A lexy, Teoria dellargomentazione giuridica (1978), Milano, 1998, p. 221: Si possono senzaltro analizzare le strutture logiche delle relazioni di somiglianza; tuttavia laccertamento di una somiglianza giuridicamente rilevante non pu essere ottenuta a partire da tale
analisi. Numerosi autori hanno perci notato che alla base dellanalogia vi una valutazione.
Va precisato che essendo leguaglianza il nucleo razionale dellidea della giustizia distributiva, non mi pare di poter ravvisare una gran differenza tra questa concezione del fondamento
dellanalogia giuridica, e quella secondo cui fondamento ne leadem ratio, Gianformaggio,
Lanalogia giuridica, cit., p. 141; si veda pure Carcaterra, Analogia I) Teoria generale, cit., pp.
13-14, il quale dopo aver sostenuto che eguaglianza e identitas rationis presentano strutture
differenti, conclude che esse hanno un essenziale aspetto logico in comune e si pu ritenere
che nellargumentum a simili il concetto di somiglianza possa specificarsi non solo mediante il
criterio dellidentitas rationis ma altres mediante quello delleguaglianza giuridica.

72

Tra teoria e dogmatica

interpretare estensivamente le disposizioni normative penali25. Ritengono,


quindi, che linterpretazione estensiva delle norme penali incriminatrici sia
consentita.
Tuttavia, lammissibilit dellinterpretazione estensiva ha senso se si ritiene possibile differenziarla dallanalogia e se analogia e interpretazione
estensiva si possano distinguere discusso e controverso da tempo immemorabile26. La ragione emerge con evidenza se si considerano le nozioni di
Tra le tante decisioni v. Cass. pen., 8.1.1980, Riva, in Giust. pen., II, 1980, p. 490:
Linterpretazione estensiva non incontra limitazioni nellart. 14 delle disposizioni sulla legge
in generale perch non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie
ad essa soggette si sottraggano alla sua disciplina per un ingiustificato rispetto di manchevoli
espressioni letterali. infatti dovere dellinterprete applicare la norma pi ampiamente di
quanto la dizione letterale comporterebbe, in modo da far coincidere esattamente la portata
della norma stessa con il pensiero e la volont del legislatore; Cass. pen., 2.4.1986, Taddeo, in
Cass. pen., 1987, p. 1116: Linterpretazione estensiva, che non va confusa con lapplicazione
analogica in via di principio vietata, si ha quando lambito di applicazione di una norma penale viene esteso ad un caso che, pur non essendo espressamente ivi previsto, si deve ritenere
compreso nella norma stessa risalendo alla intenzione del legislatore, cui si riferisce lart. 12
delle disposizioni sulla legge in generale. Di guisa che la massima ubi lex voluit dixit, ubi non
dixit noluit vale per escludere linterpretazione analogica e non gi quella estensiva che avviene per necessit logica e non per similitudine di rapporti. Ma guardando alla formulazione
dellart. 14, che vieta di andare oltre i casi e i tempi considerati dalle norme incriminatrici,
non una mera discettazione teorica o una illusoria proposta de iure condendo di matrice
neo-illuministica interrogarsi sullapplicazione del divieto anche allinterpretazione estensiva,
almeno per alcuni casi, pur se la prassi penale e la dottrina procedono nellaltra direzione; e
si badi bene: si dovrebbe considerare il punto non in ragione dellimpossibilit di distinguere
lanalogia dallinterpretazione estensiva, bens in ragione del fatto che pur potendo distinguere
anche linterpretazione estensiva violerebbe (talvolta) lart. 14 delle Preleggi; su questo aspetto
v. Fiandaca, Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna-Roma, 2009, pp. 125-126, e da ultimo, sia sul piano teorico giuridico, sia con riferimento al noto caso di Radio vaticana e del getto
pericoloso di cose ex art. 674 c.p., Tuzet, La storia infinita. Ancora su analogia e interpretazione
estensiva, in Criminalia 2011. Annuario di scienze penalistiche, Pisa, 2012, pp. 507-519. Per le
norme eccezionali la giurisprudenza invece oscillante, ritenendo talvolta che lart. 14 delle
Preleggi vieti anche linterpretazione estensiva e non solo lanalogia, cfr. Pelliccioli, Velluzzi
(a cura di), Lanalogia e il diritto. Antologia breve, Pisa, 2011, pp. 189-198.
26
Un quadro dello stato dellarte (non pi aggiornatissimo ma pur sempre utile) offerto
da Fracanzani, Analogia e interpretazione estensiva nellordinamento giuridico, Milano, 2003. Sul
piano del diritto positivo il campo penale quello maggiormente interessato, ma non il solo interessato stante la presenza di norme eccezionali in molteplici, se non in tutti, gli ambiti disciplinari
e pensando che in ogni caso residua lopportunit di individuare il ragionamento compiuto e gli
strumenti usati dallinterprete. Notevoli spunti si possono trarre dai lavori di Romano Tassone,
Sul problema dellanalogia nel diritto amministrativo, in Dir. amm., 2012, 1, p. 1 ss.; Alpa, Il ricorso
allanalogia nella giurisprudenza. Esempi, tecniche, stili, in Nuova giur. civ. comm., 1998, II, specie
p. 50 ss.; Belvedere, Interpretazione estensiva e analogia: alcune considerazioni, in Dir. priv., 20012002, Cedam, 2003, pp. 557-577; la letteratura penalistica su questo tema amplissima, soprattutto
se si pensa che in essa va inclusa la manualistica ove sovente, seppur con periodare stringato, si
rinvengono intuizioni illuminanti e riflessioni profonde; per una rassegna della dottrina e della giurisprudenza v. Cupelli, sub art. 1, in Lattanzi, Lupo (a cura di), Codice penale. Rassegna
di giurisprudenza e di dottrina, I, artt. 1-38, La legge penale e le pene, Milano, 2010, pp. 1-133.
25

Osservazioni sullanalogia giuridica

73

analogia giuridica (presentata nelle pagine precedenti) e di interpretazione


estensiva (comunemente intesa).
Per mezzo dellanalogia viene attribuita a una fattispecie (astratta)
non regolata la medesima conseguenza giuridica prevista da una norma
che regola una fattispecie simile in maniera rilevante (e quindi dissimile in
maniera irrilevante) a quella non regolata. Con linterpretazione estensiva
si determina un esito interpretativo diverso e pi ampio rispetto ad una
interpretazione precedente dello stesso enunciato normativo. Per un verso
la distinzione appare chiara: lanalogia presuppone una lacuna e la colma
estendendo una conseguenza giuridica ad una fattispecie non prevista sulla
base di una somiglianza rilevante con la fattispecie regolata da una norma;
linterpretazione estensiva invece operazione di natura strettamente interpretativa, nel senso che il significato dellenunciato normativo (la norma) viene ampliato sino a ricomprendervi una fattispecie esclusa da una
interpretazione precedente. Il principale aspetto critico dato dal fatto che
entrambi i procedimenti comportano unestensione e non agevole sapere
sino a quale punto lestensione operata resti interpretativa e quando invece
divenga analogica (vale a dire integrativa).
Ai fini di questo scritto opportuno fornire una (parziale) rassegna dei
termini del dibattito che ha coinvolto autorevoli studiosi e poi affrontare la
questione dalla prospettiva del diritto penale, la pi rilevante per gli artt.
12 e 14 delle Preleggi, legando quanto si dir alle considerazioni compiute
con riguardo alle concezioni dellinterpretazione giuridica e alla possibilit
e opportunit di distinguere linterpretazione (anche estensiva) dallintegrazione analogica27.
Norberto Bobbio si cimentato pi volte con largomento; ha sostenuto dapprima che interpretazione estensiva e analogia sono pressoch equivalenti sul piano del ragionamento28, per poi aderire alla posizione di Massimo Severo Giannini29 e sostenere successivamente che linterpretazione
estensiva non esiste come tertium genus tra interpretazione dichiarativa
diffusa e conosciuta lidea che qualsiasi ragionamento abbia natura necessariamente
analogica. Tuttavia, anche se cos fosse, gli stessi assertori di tale posizione, almeno i pi avveduti, riconoscono che le questioni giuridiche legate allanalogia, come ad esempio il divieto
di analogia per talune norme e ambiti e la distinzione tra analogia giuridica e interpretazione estensiva, hanno senso se collocati nella dimensione dellanalogia e si pu tracciare un
confine in qualche misura plausibile per mezzo di criteri adeguati, K aufmann, Lanalogia.
Un problema insoluto della scienza del diritto, in Id., Analogia e natura della cosa (1965), Napoli, 2003, p. 16 (corsivi dellautore). Cos ragionando permane linteresse per loggetto di indagine: quale sia il rapporto tra analogia giuridica e interpretazione estensiva, seppur allinterno
di una dimensione necessariamente analogica del ragionare.
28
Bobbio, Lanalogia nella logica del diritto, cit., p. 63.
29
Bobbio, Analogia, cit., p. 10.
27

74

Tra teoria e dogmatica

(comprendente anche linterpretatio lata) e procedimento per analogia30.


Massimo Severo Giannini, dal canto suo, ha sostenuto in un approfondito
studio sullanalogia che linterpretazione estensiva non comporta, diversamente dallanalogia, il coinvolgimento di altre norme del sistema giuridico:
nel caso dellinterpretazione estensiva si estende il significato della norma,
nel caso dellanalogia si risale ad una norma superiore che comprende sia
il caso regolato, sia quello simile in maniera rilevante da regolare31. Per Letizia Gianformaggio linterpretazione estensiva altro non che unanalogia
facile, conforme al senso comune dei giuristi che non necessita di giustificazione32. Gaetano Carcaterra sostiene che sia nellinterpretazione estensiva,
sia nellanalogia entra in gioco la ratio legis: nella prima (interpretazione
estensiva) essa serve a decidere i casi dubbi, nei quali non si in grado
di stabilire univocamente se la norma attribuisca o no, neghi o no, a B la
disciplina D; nella seconda (analogia) la ratio serve a decidere casi omessi,
ovvero casi in cui la norma [] non attribuisce ma neppure nega a B la
disciplina D33. E sempre con riferimento al ruolo della ratio legis Andrea
Bobbio, Ancora intorno alla distinzione tra interpretazione estensiva e analogia, in Giur.
it., I, 1968, p. 698.
31
Giannini, Lanalogia giuridica, in Jus, IV, 1941 e I, 1942, ora in Id., Scritti, vol. II, Milano, 2002, pp. 187-255, il saggio particolarmente utile, oltre che per la profondit delle
argomentazioni in esso contenute, per la messe di riferimenti a saggi e manuali degli inizi del
900. Va detto che il modo di costruire (e ricostruire) il ragionamento analogico nel diritto
adottato da Giannini trova tuttora significativi riscontri in giurisprudenza, v. Cass., 3.9.2007,
n. 18522, in Giust. civ., 2008, I, 1, p. 132, per la quale al terzo datore di pegno, che abbia soddisfatto il creditore, deve riconoscersi lazione di regresso contro il fideiussore, in applicazione
analogica di quanto disposto, in favore del terzo datore dipoteca, dallart. 2871, 2 co., c.c.
in ragione del fatto che le due fattispecie sono accomunate dalla garanzia prestata al debitore
da un terzo non debitore e rispondono, quindi, al medesimo principio; ancor pi evidente
risuona leco di Giannini in Cass., 24.4.2004, n. 9982, in motivazione, ove si sostiene che
non risultano precedenti di questa Corte, mentre autorevole dottrina da tempo ritiene che
nellaccollo cumulativo che [] richiede ladesione del creditore, deve ricevere applicazione
analogica la regola stabilita per delegazione dallart. 1268, 2 co., c.c., che degrada lobbligazione del delegante ad obbligazione sussidiaria, di tal che il creditore ha lonere di chiedere preventivamente, ladempimento allaccollante. La dottrina ha argomentato in questo senso dalla
compatibilit di sussidiariet e solidariet; dalla unit del fenomeno dellassunzione del debito
altrui; dalla disciplina di alcune ipotesi tipiche di accollo cumulativo; sul piano sistematico ha
osservato che nellaccollo cumulativo il peso definitivo del debito destinato a gravare interamente sullaccollante, sicch lo schema appropriato quello dellobbligazione solidale passiva
ad interesse unisoggettivo, la cui modalit tipica la sussidiariet. Il collegio recepisce lindicato orientamento dottrinale e d quindi soluzione affermativa alla questione negativamente
risolta dal Tribunale, considerando che, come osservato dalla dottrina pi recente, se aderisce
allaccollo, accerta implicitamente il nuovo debitore nel ruolo di obbligato principale, con la
conseguenza che lapplicazione della regola della degradazione dellobbligazione dellaccollato
ad obbligazione sussidiaria pienamente giustificata.
32
Gianformaggio, Lanalogia giuridica, cit., p. 150. La differenza quindi di mero grado.
33
Carcaterra, Analogia (teoria generale), cit., p. 8 e 16.
30

Osservazioni sullanalogia giuridica

75

Belvedere ritiene che linterpretazione estensiva si possa distinguere dallanalogia per il diverso uso della ratio stessa: per la prima escluso il ricorso
allargomento a simili34.
Guardando a questa incompleta carrellata di opinioni si pu osservare
che: laddove due procedimenti siano assimilabili non significa necessariamente che conducano al medesimo risultato, dipende dal punto in cui il
comune modo di procedere si arresta nellun caso, ma non nellaltro. Tutte
le opinioni riportate lasciano, inoltre, aperto un interrogativo: qual il criterio che consente di capire che un caso dubbio o omesso, oppure che
linterpretazione realizzata risponde al senso comune dei giuristi, o che si
tratta di una estensione di significato pur sempre rapportabile alla formulazione normativa?
Si pu fornire un tentativo di risposta ripercorrendo i passaggi cardine
dello scetticismo interpretativo moderato fatto assurgere a teoria privilegiata dellinterpretazione giuridica e attraversando, senza pretesa di esaustivit, il campo del diritto penale con riguardo al principio di legalit che
lo caratterizza.
Si rammenter che lo scetticismo moderato sostiene che per ogni enunciato normativo vi sono pi interpretazioni possibili e lambito delle soluzioni interpretative delimitato35. Lattivit interpretativa , dunque, discrezionale, si sostanzia in una scelta, ma il prodotto dellinterpretazione
di un certo enunciato normativo tale solo se determinato allinterno di
un lotto di significati delimitati. Ovviamente vi sono differenze non trascurabili tra i sostenitori dello scetticismo moderato in ragione del criterio
che si ritiene idoneo a delimitare lambito delle soluzioni interpretative per
un dato enunciato normativo. importante anche segnalare la possibilit di distinguere tra interpretazioni possibili e interpretazioni ammissibili:
possono esservi, infatti, risultati interpretativi possibili sul piano linguistico, ma inammissibili sul piano giuridico, ossia non giustificabili per mezzo
di uno o pi argomenti interpretativi ammessi nella comunit giuridica di
riferimento. Non tutti gli esiti interpretativi riconducibili al significato di
un enunciato normativo sono per ci solo accettabili sul piano della loro
plausibilit giuridica.
Seguendo lo scetticismo moderato possibile distinguere estensioni
interpretative ed estensioni integrative, estensioni, queste ultime, che non
costituiscono un esito interpretativo che possa essere considerato un significato di un determinato enunciato normativo. Ladozione dello scetticismo
34
Belvedere, Interpretazione estensiva e analogia: alcune considerazioni, cit., specialmente pp. 568-572.
35
Cfr. retro il primo saggio riproposto in questa raccolta, specie il 2.

76

Tra teoria e dogmatica

moderato consente, dunque, di distinguere attivit e risultati interpretativi


da attivit ed esiti che interpretativi non sono, tra interpretazioni estensive
e analogie.
Tuttavia, un certo significato pu essere considerato un significato di
quel particolare enunciato normativo in virt del criterio usato per delimitare lambito dei possibili significati dellenunciato normativo stesso.
Sintetizzando di nuovo le posizioni in campo se ne possono delineare due
principali: la prima individua lambito dei possibili significati per mezzo
delle regole semantiche e sintattiche della lingua in cui formulato lenunciato normativo; la seconda fissa i paletti degli esiti interpretativi facendo
ricorso alle tesi dogmatiche e ai giudizi di valore formulati o sottintesi da
chi interpreta.
Bisogna inoltre ricordare che non problematica soltanto la questione
della scelta del criterio necessario a tracciare la cornice, ma altrettanto
rilevante la questione dellapplicazione del criterio. Se si scegliesse un criterio che non fosse mai, o quasi, in grado di assolvere il proprio compito,
proseguire nel propugnarlo sarebbe infruttuoso. Tuttavia ragionevole sostenere che le regole riguardanti la semantica e la sintassi della lingua, per
quanto talvolta di disagevole accertamento, mutevoli e in taluni casi di incerta applicazione, garantiscono una comunicazione efficace e consentono
di individuare sovente situazioni riconducibili nellambito di significato di
un enunciato e (soprattutto) situazioni che non sono riconducibili nellalveo di significato di un enunciato.
Orbene, a questo punto si tratta di mettere assieme lo scetticismo moderato prescelto e le tematiche della legalit penale. Se si intende la legalit
penale in senso stretto, la norma di chiusura del (sotto)sistema penale per
cui (si perdoni la semplificazione) tutto ci che non penalmente rilevante consentito andrebbe integrata cos: in caso di dubbio se un comportamento sia riconducibile ai significati possibili, bisogna preferire un esito
interpretativo favorevole allirrilevanza penale del comportamento36. La
legalit penale cos configurata funge da criterio meta-interpretativo per
risolvere le questioni interpretative dubbie, ovvero le questioni sul se un
certo esito sia interpretativo o non lo sia. Anche da non esperti del diritto
penale si coglie facilmente che ladozione della prospettiva della legalit
penale in senso stretto in armonia con il dato normativo vigente (in par36
Scrive Caiani, Analogia (teoria generale), cit., p. 369: esiste un valore o una esigenza
generica, da cui dipende la posizione del divieto, che valido per entrambe le categorie di norme: quelle penali e quelle eccezionali [] Il divieto di analogia, in altri termini, non che un
particolare mezzo per mantenere per quanto possibile la portata di tali norme nei limiti della
loro sfera diretta e immediata di applicazione.

Osservazioni sullanalogia giuridica

77

ticolare con gli artt. 1 e 199 c.p., 25, 2 comma, Cost., e con lart. 14 delle
Preleggi).
Il diritto penale pu considerarsi unimpresa pienamente sensata solamente se lo si concepisce come destinato a farsi comprendere dai soggetti
dei quali vuole scoraggiare i comportamenti. Si sa bene che questo non
lunico scopo del diritto penale, ma si sa pure che uno dei suoi scopi
irrinunciabili. In ambito penale, dunque, il dato testuale, nella sua articolazione semantica e sintattica, costituisce lo spazio di manovra allinterno del
quale gli aspetti tecnici del diritto penale svolgono il loro ruolo. In campo
penale, dunque, il dato testuale inteso nella sua massima estensione semantica (e sintattica) non lunico rilevante per linterpretazione, ma non mai
irrilevante, costituisce il campo allinterno del quale linterprete tenuto a
muoversi.
Per queste ragioni lo scetticismo interpretativo moderato preferito in
questo commento si rivela il pi adeguato. Le conseguenze di quanto si
detto sono principalmente quattro: 1) lo scetticismo interpretativo moderato nella sua versione che individua lo strumento idoneo a delimitare le
interpretazioni possibili nelle regole semantiche e sintattiche della lingua,
ben si presta a soddisfare le esigenze comunicative del diritto penale; 2)
se si adotta la concezione della legalit penale in senso stretto dinnanzi
a difficolt o dubbi nellapplicazione del criterio si dovr concludere per
la non tipicit del fatto; 3) considerazioni di tipo dogmatico, sistematico,
teleologico (chiamati poco addietro aspetti tecnici del diritto penale) servono ad accreditare o a screditare esiti interpretativi che non oltrepassano
la cornice: assolvono il loro compito soltanto se accreditano o screditano
interpretazioni possibili giudicandole o meno giuridicamente ammissibili; 4) la nozione di interpretazione finisce col designare in via alternativa:
interpretazioni che restano allinterno di quelle possibili e giuridicamente
ammissibili, cio sostenute da adeguate ragioni giuridiche; interpretazioni
possibili ma giuridicamente non ammissibili, cio non sostenute da adeguate ragioni giuridiche.
Mentre estensioni che oltrepassano i possibili significati non sono interpretative, ma integrative37.
La giurisprudenza pullula di casistica significativa, v. per esempio Cass. pen.,
18.4.2012, n. 15048, in Guida dir., 24, 2012, p. 94: Linterpretazione estensiva della norma penale, lungi dallessere vietata, invece lecita e, anzi, doverosa, quando sia dato stabilire - attraverso un corretto uso della logica e della tecnica giuridica - che il precetto legislativo abbia un
contenuto pi ampio di quello che appare dalle espressioni letterali adottate dal legislatore,
nella specie la Corte ha ritenuto ravvisabile la violazione dellart. 483 c. p. nel comportamento
dellimputato accusato di aver falsamente attestato, nella domanda di arruolamento nellesercito italiano, di avere conseguito il diploma di scuola media secondaria con una votazione
37

78

Tra teoria e dogmatica

4. Giudizio di costituzionalit, ragionevolezza e analogia


Si detto che lanalogia giuridica pu servire a colmare le lacune assiologiche, ossia lacune nelle quali per una fattispecie v la presenza di
una disciplina inadeguata e lassenza di una disciplina adeguata. Bisogna
argomentare a sostegno di questa affermazione.
Il parametro di valutazione della inadeguatezza della regolamentazione
esistente pu essere sia esterno, sia interno al sistema giuridico. Nel secondo caso il giudizio di inadeguatezza consiste nellaccertamento di un contrasto tra due norme del sistema giuridico38. Orbene, seguendo questa impostazione chiaro che in un sistema a Costituzione rigida come il nostro
ove predisposto un controllo accentrato di legittimit costituzionale delle
leggi, viene constatata una lacuna assiologica ogni volta che si solleva una
questione di costituzionalit della legge. Lanalogia entra in campo quando
il parametro di legittimit costituzionale costituito dallart. 3, 1 comma,
Cost., riguardante luguaglianza e dal criterio di ragionevolezza che ne
stato derivato. Si ritiene infatti che il giudizio sulleguale trattamento dei
casi eguali e sul differente trattamento dei casi diversi non debba limitarsi
alle sole situazioni espressamente contemplate dallart. 3, 1 comma, Cost.
E nonostante sia ben noto che il sindacato costituzionale di ragionevolezza ha assunto molteplici volti, non v dubbio che sia sorto inizialmente
nellambito del giudizio di eguaglianza e solo pi tardi abbia acquisito una
propria fisionomia specifica, forse si potrebbe sottolineare, molte altre fisionomie, non sempre cos specifiche39.
di buono superiore a quella realmente ottenuta; ci in quanto la disposizione normativa di
riferimento, di cui allart. 46, lett. m), d.p.r. 28.12.2000, n. 445, sulla cui base il dichiarante era
tenuto a dichiarare il vero per il conseguimento di specifici effetti giuridici, pur ricollegando
espressamente lobbligo allautocertificazione del titolo di studio e degli esami sostenuti;
per una penetrante discussione di alcuni casi problematici v. Palazzo, Testo, contesto e sistema
nellinterpretazione penalistica, in Dolcini-Paliero (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, Milano, 2006, pp. 515-538, e Giunta (a cura di), Tra analogia giuridica e interpretazione
estensiva. Opinioni a confronto, in Criminalia 2010. Annuario di scienze penalistiche, Pisa, 2011,
pp. 347-382, con contributi di Carcaterra, Mazzacuva, Di Giovine, Velluzzi.
38
E infatti Chiassoni, Tecnica dellinterpretazione giuridica, cit., pp. 169 ss., riconduce le
lacune assiologiche di questo tipo nellambito delle antinomie.
39
La citazione tratta da Boncinelli, I valori costituzionali tra testo e contesto. Regole e
forme di razionalit nel giudizio costituzionale, Torino, 2007, p. 96. Sul sindacato costituzionale
di ragionevolezza delle leggi e sulle sue molte varianti si rinvia (oltre che a Boncinelli, I valori
costituzionali tra testo e contesto, cit., cap. IV) ai contributi di Scaccia, Gli strumenti della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, Torino, 2000, il quale individua tre gruppi di strumenti, ossia di razionalit sistematica, di efficienza strumentale, di giustizia-equit, e Morrone,
Il custode della ragionevolezza, Milano, 2001; interessante in proposito C. Cost., 27.10.2006,
n. 343, in Giur. cost., 5, 2006, pp. 3418 ss., con nota di Ruotolo, Per una gerarchia degli argo-

Osservazioni sullanalogia giuridica

79

Una volta legata lanalogia alluguaglianza e luguaglianza alla ragionevolezza, o perlomeno ad uno dei modi di essere della ragionevolezza, risulta agevole comprendere il nesso tra ragionamento analogico, giudizio di
legittimit costituzionale delle leggi basato sullart. 3, 1 comma: ogni volta
che si giudica della violazione delleguaglianza si ragiona per analogia, valutando rilevanza delle somiglianze e irrilevanza delle differenze, riscontrando, eventualmente, indebite assimilazioni o differenziazioni di disciplina40.
Ci non vuol dire che ogni volta che si richiama la ragionevolezza si ragiona
per analogia, stante il ricco strumentario riconducibile nellambito operativo del sindacato costituzionale di ragionevolezza delle leggi41.

5. Lanalogia iuris
Sin qui il discorso condotto ha riguardato lanalogia legis, che nellordinamento giuridico italiano si considera regolata dalla prima parte del 2
comma dellart. 12 delle Preleggi; lo stesso comma si chiude rinviando linterprete ai princpi generali dellordinamento giuridico dello Stato, alla
cosiddetta analogia iuris. I princpi generali dellordinamento giuridico dello Stato si inseriscono nel pi vasto ambito dei prncipi del diritto, ovvero
uno dei luoghi classici e sempre attuali della discussione giuridica. Il tema
merita parchi ma necessari cenni42.
menti dellinterpretazione, in cui la ragionevolezza serve a contestare lassenza di una ratio
plausibile della legge oggetto di giudizio. Sul ruolo che la nozione di ragionevolezza ha assunto
anche in ambiti giuridici differenti dal giudizio di legittimit costituzionale delle leggi v. Zorzetto, La ragionevolezza dei privati. Saggio di metagiurisprudenza esplicativa, Milano, 2008;
sulluguaglianza e sulla ragionevolezza nellUnione europea v. Barberis, Europa del diritto,
Bologna, 2009, pp. 198-202.
40
Proprio per questa ragione Letizia Gianformaggio (Lanalogia giuridica, cit.) considerava la giurisprudenza costituzionale sullart. 3, 1 comma, Cost., il terreno pi fertile
e proficuo per lo studio del ragionamento analogico nel diritto. Si potrebbe aggiungere la
giurisprudenza della Corte europea di Giustizia, visto che la penuria di decisioni nelle quali
c un richiamo espresso allanalogia non deve far pensare che il concetto di analogia non sia
abbondantemente utilizzato dalla Corte. Si pu affermare, anzi, che il concetto di analogia
massicciamente presente nella giurisprudenza della Corte, per quanto la parola analogia o
formule ad essa semanticamente equivalenti, non siano impiegate. Il ragionamento analogico trova ingresso attraverso le nozioni di non discriminazione ( il dato pi macroscopico),
di non commensurabilit delle fattispecie e di obiettiva e giustificata diversit di trattamento, cfr. Velluzzi, Analogia, uguaglianza e giurisprudenza della Corte europea di Giustizia, cit.
41
Va da s che una cosa registrare ladozione nella prassi giurisprudenziale di differenti significati di ragionevolezza e di differenti strumenti di controllo della legittimit delle
leggi correlati a ciascun significato; mentre ben altra cosa ritenere questa prassi corretta o
scorretta, fondata o non fondata sul diritto positivo vigente.
42
Si riprendono le considerazioni formulate in Velluzzi, Le clausole generali. Semantica

80

Tra teoria e dogmatica

I princpi del diritto possono essere classificati da svariati punti di vista,


per esempio in relazione alla loro genesi, al rapporto che intercorre tra
loro e le gerarchie normative, alla funzione che assolvono, a una propriet
strutturale o semantica43.
Avendo riguardo al profilo genetico dei princpi, si soliti distinguere
tra princpi espressi e inespressi, a seconda che si individui un principio in
un qualche enunciato normativo esplicitamente formulato, oppure che il
principio non coincida con un enunciato normativo espressamente formulato, bens sia ricavato, secondo svariate tecniche e modalit, da una o pi
formulazioni normative44.
Per ci che concerne il rapporto tra princpi e gerarchie normative si
attribuisce di solito il rango di principio a enunciati normativi che hanno
una elevata collocazione nel sistema delle fonti di un certo ordinamento
giuridico (per esempio le norme costituzionali in un sistema a Costituzione
rigida qual il nostro), oppure alle quali si attribuisce, indipendentemente
o con lausilio della gerarchia appena trattata, una particolare importanza e
rilevanza nellordinamento giuridico nel suo complesso o in una parte pi
o meno estesa di esso (si parla al riguardo di gerarchie assiologiche).
Per quanto concerne le funzioni che i princpi del diritto possono assolvere se ne richiamano usualmente tre. I princpi possono rilevare, cio,
nella produzione, nellinterpretazione o nellintegrazione del diritto. Pi in
particolare talune norme sono princpi in quanto regolano a vario titolo la
produzione di altre norme, stabilendo, per esempio, chi ha la competenza
e/o le modalit della produzione normativa. I princpi rilevano nellintere politica del diritto, Milano, 2010, cap II, 4, dove si prova a delineare il rapporto tra princpi
del diritto e clausole generali.
43
I criteri per poter classificare i princpi non si esauriscono in quelli proposti, ma qui
interessa fornire una carrellata dei pi ricorrenti.
44
Scrive Guastini, La sintassi del diritto, Torino, 2011, 80-81: Principi inespressi sono
quelli privi di disposizione, ossia non esplicitamente formulati in alcuna disposizione normativa, ma elaborati o costruiti dagli interpreti [] I principi inespressi, tuttavia, sono frutto
non propriamente di interpretazione (in senso stretto, cio ascrizione di senso a specifici testi
normativi), ma di costruzione giuridica, ossia di integrazione del diritto ad opera degli interpreti. Essi sono desunti dagli operatori giuridici: ora da singole regole, ora da insiemi pi o
meno vasti di regole, talvolta dallordinamento giuridico nel suo complesso. In argomento si
vedano inoltre R atti, Sistema giuridico e sistemazione del diritto, Torino, 2008, cap. XI, ove si
censiscono parecchi dei ragionamenti con cui i giudici e i giuristi individuano i princpi inespressi; Tuzet, Labduzione dei principi, in Ragion pratica, 33, 2009, pp. 517-539; che i princpi
inespressi si abducano sostenuto pure da Carcaterra, Presupposti e strumenti della scienza
giuridica, Torino 2011, pp. 193-195 e dello stesso autore Indizi di norme, in Soc. dir., 3, 2002,
pp. 123-139, per il quale le disposizioni normative in cui si manifesta il principio costituiscono
segni, indizi della presenza del principio nellordinamento, segni e indizi che possono trovare
conferma e uscire rafforzati se sussistono una serie di condizioni, quali per esempio il numero
di segni, di indizi e la probabilit a priori dellesistenza del principio nellordinamento.

Osservazioni sullanalogia giuridica

81

pretazione laddove a enunciati normativi di rango inferiore nella gerarchia


delle fonti rispetto al principio non possa essere attribuito un significato
in contrasto col principio stesso (se n trattato in pi occasioni). I princpi rilevano, verrebbe da dire: ovviamente, nellintegrazione del diritto, in
quanto possono essere utilizzati per colmare le lacune45.
Con riferimento a una peculiare propriet strutturale o semantica, riguardante, cio, il modo in cui i princpi sono formulati, il lessico di giuristi
e teorici del diritto prodigo di indicazioni: i princpi sono, infatti, a fattispecie aperta, oppure altamente vaghi, o caratterizzati da un elevato grado
di generalit. I princpi hanno una fattispecie aperta in quanto sono norme
defettibili che non enumerano in maniera esaustiva le eccezioni in presenza delle quali la conseguenza giuridica non si produce46. Per altri i princpi
hanno il carattere della vaghezza molto accentuato. Certa letteratura associa ai princpi il tratto della generalit, attribuisce ai princpi un grado di
generalit pi elevato rispetto a quello posseduto dalle altre norme che non
sono princpi. Ma ben noto che la generalit, intesa come il riferimento
a classi di soggetti, oggetti o situazioni, una propriet graduabile e che si
hanno, quindi, norme pi generali rispetto ad alcune norme ma meno generali rispetto ad altre, ragion per cui in virt del carattere della generalit
una norma pu essere o pu non essere un principio a seconda del contesto
normativo considerato47.
Bisogna aggiungere, inoltre, che le caratteristiche menzionate vengono
considerate talvolta esclusive e talaltra cumulative. V chi pensa che una
caratteristica tra quelle menzionate valga a connotare un principio del diritto, per esempio: i princpi hanno la fattispecie aperta, senza che importi
quale rango occupino nella gerarchia delle fonti etc. Per altri, invece, i princpi possono condividere pi caratteri tra quelli menzionati, e infatti alcuni
il caso dellart. 12, 2 comma, delle Preleggi, prima e seconda parte, v. Cass., Sez.
un., 17.5.1989, n. 2336, per la quale alla seconda parte della disposizione normativa lecito
ricorrere in mancanza, nel nostro ordinamento, di un qualsiasi altro principio che possa colmare la lacuna. Va rammentato che riguardo alle modalit di applicazione opinione diffusa
che i princpi, a differenza delle norme che non sono princpi, si applicano secondo la tecnica
del bilanciamento, per tutti v. M aniaci, Razionalit ed equilibrio riflessivo nellargomentazione
giudiziale, Torino, 2008, dove il lettore potr trovare lesame della gran parte dei nodi nevralgici del dibattito contemporaneo sul ragionamento giuridico.
46
Guastini, Il diritto come linguaggio. Lezioni, Torino, 2001, 32; sulla defettibilit delle
norme giuridiche in generale e su quella dei princpi del diritto in particolare v. R atti, Norme,
principi e logica, Roma, 2009, pp. 141 ss., e 249 ss.
47
Alcuni autori ritengono che i princpi posseggano, pi che una elevata generalit, la
caratteristica della genericit e le formule generiche sono poco informative, non distinguono,
fanno di ogni erba un fascio, come suole dirsi (cos Luzzati, Prncipi e princpi. La genericit
nel diritto, Torino, 2011, p. 17); sulla genericit come uno dei tratti distintivi dei princpi del
diritto v. Pintore, Norme e principi. Una critica a Dworkin, Milano, 1982, p. 23.
45

82

Tra teoria e dogmatica

di essi attengono allaspetto genetico, altri a quello strutturale, altri ancora


a quello funzionale.
Rivolgendo lattenzione al 2 comma dellart. 12 delle Preleggi e facendo
tesoro di quanto appena riferito, si possono compiere le seguenti notazioni.
I princpi ai quali larticolo si riferisce sono quelli inespressi, se cos non
fosse e si trattasse di princpi espressi, questi potrebbero essere applicati
direttamente, come qualsiasi altra norma, per decidere il caso oggetto di
giudizio48. I princpi sono generali, ossia ricavati non da una, due disposizioni, bens da una molteplicit di disposizioni che presentano elementi in
comune e in grado di regolare, una volta che ve n stata lesplicitazione,
una classe molto ampia di casi. Questo punto particolarmente delicato,
poich in giurisprudenza non mancano decisioni in cui il ricorso ai princpi
generali argomentato, almeno cos sembra, a partire da una sola disposizione normativa49.
Inoltre si pi volte detto che la generalit questione di grado, ragion
per cui v la necessit di stabilire quale sia il grado di generalit che il
principio deve soddisfare per poter essere considerato un principio generale dellordinamento giuridico dello Stato. Non va sottaciuto che ai sensi dellart. 12, 2 comma, delle Preleggi i princpi oltre a essere generali,
devono appartenere allordinamento giuridico dello Stato. Qui si pone il
problema di valutare se lattuale quadro delle fonti del sistema giuridico
italiano permetta di considerare dello Stato anche princpi che provengono da fonti non statali, ma che allinterno dellordinamento giuridico
hanno efficacia e assumono un rango di rilievo50. V chi opta per una in Fatto salvo il problema dellapplicazione diretta della Costituzione (dei principi costituzionali), in uno dei modi di intendere lapplicazione diretta, v. Guastini, La sintassi del diritto, cit., pp. 206-209, specie p. 208, dove si distinguono cinque situazioni in cui si pu parlare di
applicazione diretta della Costituzione, ovvero: a) il caso in cui il giudice di sua iniziativa solleva una questione di legittimit costituzionale; b) il caso in cui il giudice chiamato a valutare la
non manifesta infondatezza di una questione di legittimit costituzionale sollevata con istanza
di parte; c) il caso in cui il giudice afferma lillegittimit costituzionale di un regolamento; d)
il caso in cui il giudice svolge uninterpretazione adeguatrice; e) il caso, il pi pregante, in cui
usano una norma costituzionale per decidere la controversia (anche nelle relazioni tra privati).
49
Cfr. Cass., 11.11.1986, n. 6584, la quale cassa con rinvio esprimendo il seguente principio di diritto il giudice chiamato a decidere una controversia relativa ad un rapporto giuridico anomalo, che non trovi disciplina nellordinamento, deve fare ricorso ai principi generali
dellordinamento stesso, a norma dellart. 12 delle Preleggi. Fra questi principi generali nel
campo dei rapporti patrimoniali vi quello che si racchiude nella espressione rebus sic stantibus, cui si ispira lart. 1467 c.c., in forza del quale un rapporto giuridico patrimoniale, ove non
altrimenti disciplinato, non pu essere mantenuto in vita quando siano venute meno, in misura
notevole, le condizioni di equilibrio sulle quali esso sorto, viene da chiedersi: se lart. 1467
c.c. lunico segno, indizio dellesistenza del principio, il principio esiste davvero?
50
Per talune delle fonti del diritto dellUnione europea la questione del significato delle
parole dello Stato pu essere giocata sul tavolo del rapporto tra ordinamento statale ed eu48

Osservazioni sullanalogia giuridica

83

terpretazione conforme dellart. 12, 2 comma, adeguandone il significato,


appunto, allattuale e mobile sistema delle fonti51.
Si deve ulteriormente riflettere sul fatto che i princpi richiamati sono
inespressi e che nel lessico dei giuristi e dei giudici essi vengono identificati
con lanalogia iuris.
Il ricorso ai princpi generali dellordinamento giuridico dello Stato
quale ultima istanza per assegnare una disciplina al caso oggetto di giudizio denominato, appunto, analogia iuris, ossia ragionamento analogico
sviluppato a partire da un principio generale. Per il vero pi corretto
dire che lanalogia iuris perviene alla formulazione di un principio generale
piuttosto che partire da esso. Infatti, il tratto caratteristico del ragionamento analogico in questione risiede nel prendere avvio non da un singola disposizione normativa (com per lanalogia legis), bens da pi disposizioni
normative e nel giungere allindividuazione della ratio, del principio comune alle varie disposizioni normative. Il principio individuato verr utilizzato
per colmare la lacuna. Tra i due ragionamenti analogici legis e iuris esiste
una differenza di grado. La base normativa di individuazione del principio
, si potrebbe dire: deve essere, vista la formulazione dellart. 12, 2 comma, delle Preleggi, nel caso dellanalogia iuris pi ampia.
Che la differenza sia soltanto di grado opinione diffusa in letteratura,
e lopinione maggioritaria pu essere riferita con il chiaro periodare di Riccardo Guastini: anche lapplicazione di una qualsivoglia norma suppone
la ricerca di un principio: precisamente di quel principio che costituisce la
ragione, il fine, il motivo (la ratio, come suol dirsi) della norma in questione.
Pertanto si pu dire che, quando il diritto presenta una lacuna, linterprete
obbligato [] a colmarla facendo ricorso: o ad un principio particolare
che stia a fondamento di una norma specifica (cosiddetta ratio legis) o, in
mancanza, ad un principio generale, che stia a fondamento di un intero
complesso di norme. Nellun caso [] la lacuna colmata mediante analogia legis; nellaltro, essa colmata mediante analogia juris52.
ropeo, e pu trovare differenti soluzioni a seconda del modo in cui il rapporto costruito.
51
O almeno al modo in cui alcuni lo configurano; in proposito v. Franzoni, Linterpretazione adeguatrice al diritto comunitario, in AA.VV., Diritto comunitario e sistemi nazionali:
pluralit delle fonti e unitariet degli ordinamenti, cit., pp. 133 ss., specie p. 140 per lart. 12,
2 comma, delle Preleggi. Si rammenti che per parte della dottrina questa lettura comunque inadeguata, visto che uninterpretazione corretta dellarticolo in commento richiede di far
capo allinterpretazione adeguatrice della legge come primo e principale criterio interpretativo. Va detto, inoltre, che per talune fonti il rango da attribuire ad esse oggetto di ricostruzioni
diversificate e di polemiche accese, su entrambe le questioni appena trattate v. Ciervo, Saggio
sullinterpretazione adeguatrice, Roma, 2012, passim.
52
Guastini, Interpretare e argomentare, Milano, 2011, p. 192, nota 46. Si pu dire, quindi, che anche lanalogia legis giunge alla formulazione di un principio, ma si tratta di un prin-

84

Tra teoria e dogmatica

Per quanto sia abitudine inveterata degli studiosi e della prassi identificare i princpi generali dellordinamento giuridico dello Stato con lanalogia iuris, va segnalato che i ragionamenti ricondotti nellambito di questa
nozione hanno sovente un legame tenue, o addirittura nessun legame, con
lanalogia. Si tratta, infatti, di ragionamenti nei quali manca un giudizio
di rilevanza delle somiglianze e di irrilevanza delle differenze, oppure tale
giudizio viene presupposto, assunto ma non argomentato dallinterprete53.

cipio specifico, particolare, sotteso ad una sola disposizione o a poche disposizioni (per questo
aspetto determinante il grado di generalit fissato per giudicare generale un principio) e in
grado di colmare la lacuna. Per Chiassoni, Tecnica dellinterpretazione giuridica, cit., p. 241 Il
procedimento di ricorso ai princpi generali pu essere inteso come articolato, parimenti e in
modo schematico, in due fasi logicamente distinte. Nella prima fase, dinterpretazione testuale
del discorso delle fonti, linterprete perviene alle [] seguenti conclusioni: i) nessuna disposizione, nel suo significato giuridicamente corretto, riconnette ad una fattispecie astratta (F)
una conseguenza normativa (G), ovvero la conseguenza opposta (non G); ii) non appartiene
al discorso delle fonti alcuna disposizione che, nel suo significato giuridicamente corretto,
riconnetta la conseguenza G a una fattispecie prima facie simile a F, nellmbito della stessa
materia; iii) non appartiene al discorso delle fonti alcuna disposizione che, nel suo significato
giuridicamente corretto, regoli una fattispecie appartenente a una materia analoga a quella
cui appartiene la fattispecie F, imputandole la conseguenza G (o non G). Nella seconda fase,
dedicata allintegrazione della disciplina giuridica, linterprete argomenta la ragionevolezza, o
plausibilit, dellapplicazione di una norma implicita N, che riconnette a F la conseguenza G (o
non G), poich N pu essere ricavata da uno o pi princpi di diritto [] mediante opportune
operazioni di concretizzazione degli stessi: ad esempio, sulla base di considerazioni strumentali (o mezzo-a-fine) o di congruenza assiologica (corsivi dellautore).
53
Si veda Pattaro, Opinio iuris. Il diritto unopinione: chi ne ha i mezzi ce la impone.
Lezioni di filosofia del diritto, Torino, 2011, pp. 203-210, il quale opportunamente sottolinea e
mostra che la nozione di analogia iuris non di rado usata da giuristi e giudici in un significato
improprio che non ha nulla a che spartire col ragionamento analogico, nel senso che il principio generale individuato e applicato prescindendo da qualsiasi considerazione della rilevanza
delle somiglianze (e della irrilevanza delle differenze) tra le fattispecie.

Analogia giuridica e razionalit


dellordinamento. Note a margine

Sommario: 1. Premessa 2. Lanalogia giuridica come argomento a proportione. 3. Il criterio della proporzione, la ratio legis e il sistema razionale del diritto.
4. Le molte razionalit possibili dellordinamento giuridico.

1. Premessa
In questo scritto intendo compiere alcune riflessioni su unaffermazione di Letizia Gianformaggio in tema di analogia giuridica1. Nello
scritto Lanalogia giuridica pubblicato nel 1986 allinterno del volume
Studi sulla giustificazione giuridica2, al fine di spiegare per quale ragione
lanalogia in campo giuridico non possa essere considerata un procedimento logico formalmente valido, Letizia Gianformaggio cos motiva la
sua opinione:
Lanalogia [] va considerata un procedimento logico formalmente valido? Evidentemente no, dal momento che i valori espressi
nei rapporti da eguagliare sono valori qualitativi e non quantitativi,
e quindi sono sempre suscettibili di interpretazioni diverse, e di discussione. Ma questo non significa che tali valori possano venir fissati ad libitum dallinterprete. Significa soltanto che il sistema razionale del diritto [] non un dato, ma il prodotto, perennemente in
fieri, della collaborazione tra legislatori, giuristi, giudici [] Oppu1
Quelli sullanalogia e sul ragionamento giuridico sono i primi scritti di Letizia Gianformaggio con i quali mi sono confrontato in passato, da studente: per questa ragione mi cimento, oggi, con uno di essi. Di certo le pagine che seguono non rendono adeguatamente
conto della ricchezza, complessit e originalit del pensiero dellautrice; auspico soltanto che
possano contribuire a tenere viva lattenzione sulla sua produzione scientifica pi strettamente
teorico-giuridica. Mi preme rammentare che con Letizia Gianformaggio mi sono laureato e
formato negli anni senesi, stata lei il primo positivo, responsabile e decisivo esempio di attaccamento alla ricerca e alla didattica. Le sono profondamente grato per aver creduto nelle mie
capacit, per avermi fatto crescere sotto molteplici aspetti, ma soprattutto per essere stata unamica presente e preziosa in uno dei momenti pi delicati e difficili da me sino ad ora vissuti.
2
L. Gianformaggio, Lanalogia giuridica, in Ead., Studi sulla giustificazione giuridica,
Torino, Giappichelli, 1986, pp. 133-154. Lo stesso scritto stato pubblicato un anno pi tardi
come voce enciclopedica, si veda L. Gianformaggio, Analogia, in Digesto, IV ed., Torino, Utet,
1987, vol. I, ad vocem. Le citazioni contenute in questo articolo si riferiscono alla pubblicazione
del 1986.

86

Tra teoria e dogmatica

re, se non lo (o se si ritiene che non lo sia e/o che non debba esserlo: n un dato, n un prodotto), vuol dire che mancano i presupposti
per strutturare una forma di ragionamento che possa sensatamente
esser chiamato per analogia3.

Cosa si intende per sistema razionale del diritto? La questione epocale, ben noto che v poca chiarezza sia per ci che concerne la stessa
razionalit dellordinamento giuridico, sia con riguardo a quali siano le
condizioni della sua realizzazione4. Questi due ultimi temi possono essere affrontati da varie prospettive, ma nelle prossime pagine intendo
trattarne dallangolo visuale specifico (e modesto) dellanalogia giuridica ed in particolare in stretta aderenza con la questione del controllo
della scelta del valore qualitativo (nel lessico di Letizia Gianformaggio)
realizzata dallinterprete, scelta indispensabile per compiere un ragionamento analogico in ambito giuridico5. Bisogna, cio, chiedersi: in base
a quali criteri la scelta compiuta dallinterprete pu essere considerata
o non considerata ad libitum? E pur ammettendo che la scelta non sia
arbitraria, la non arbitrariet gi di per s garanzia di razionalit? E se
s di quale tipo di razionalit si tratta? Per abbozzare una risposta (o un
tentativo di risposta) a tali interrogativi necessario riassumere brevemente i punti salienti del pensiero di Letizia Gianformaggio sullanalogia giuridica.

2. Lanalogia giuridica come argomento a proportione


Nelle dense pagine dedicate allanalogia giuridica si trovano svariati
spunti di originalit e interesse, cos come argomenti nuovi a sostegno
3
L. Gianformaggio, Lanalogia giuridica, cit., pp. 147-148. Questa tesi di evoca chiaramente il pensiero di N. M acCormick, Ragionamento giuridico e teoria del diritto (1978), Torino,
Giappichelli, 2001, p. 143: Il punto, piuttosto, quello di dimostrare che la decisione richiesta
del tutto coerente con il corpo delle regole giuridiche vigenti, e rappresenta unestrapolazione razionale da esse, nel senso che gli obiettivi politici e gli scopi diretti che si ritiene che simili
regole perseguano, sarebbero pro tanto messi in discussione e soggetti ad eccezioni irrazionali
se il caso in questione non venisse deciso per analogia in base alle stesse regole.
4
Uso come sinonimi i sintagmi sistema giuridico e ordinamento giuridico, lo stesso vale
per le espressioni razionalit dellordinamento giuridico e sistema razionale del diritto.
5
Che lanalogia giuridica contempli un elemento valutativo un dato condiviso dalla
gran parte della letteratura, cfr. ad esempio, R. A lexy, Teoria dellargomentazione giuridica
(1978), Milano, Giuffr, 1998, p. 221: Si possono senzaltro analizzare le strutture logiche
delle relazioni di somiglianza; tuttavia laccertamento di una somiglianza giuridicamente rilevante non pu essere ottenuta a partire da tale analisi. Numerosi autori hanno perci notato
che alla base dellanalogia vi una valutazione.

Analogia giuridica e razionalit dellordinamento

87

di tesi risalenti. Il cuore della tesi appunto antico, ma secondo Letizia


Gianformaggio tuttora il pi appropriato:
Ebbene, lanalogia in diritto non il paradigma, e non fonda
una probabilit. Analogia proporzionalit [] Quale che sia il merito (= il criterio), si potr sempre trovare una giustizia secondo il
merito6.

In presenza di una fattispecie regolata ed unaltra non regolata, al fine di stabilire perch esse meritino la medesima disciplina
Se rispondessimo solo: perch i due casi sono simili, eluderemmo il problema di fondo. Non si produce nessuna analogia partendo da una sola norma. Ma un sistema razionale, cio coerente e
consistente, di valutazioni facile trovare per ciascun caso la sua
esatta collocazione o, almeno, questo il presupposto dellanalogia : basta conoscere la regola di distribuzione delle parti []
Questa ricostruzione dellanalogia la pi vecchia e tradizionale: il
fondamento dellanalogia nel diritto il nucleo razionale dellidea
della giustizia distributiva, cio leguaglianza [] eguaglianza di
rapporti, cio proporzionalit7.

E quindi dato un sistema di norme la conseguenza giuridica da imputare ad una fattispecie non regolata espressamente si determiner
procedendo in tal modo: dapprima si individueranno le differenze rilevanti tra le fattispecie regolate prese in considerazione, indagando poi
se tra le fattispecie regolate ve ne sia una che non presenta le differenze
rilevanti individuate
Se una tale fattispecie si trover si proceder a simili, se non si
trova si proceder a contrario, se se ne trova una nei cui confronti
F4 presenta delle differenze che sono s rilevanti per la conseguenza
giuridica di quella fattispecie, ma nel senso opposto al precedente
di far considerare F4 ancor pi meritevole di quella conseguenza
giuridica, alla luce del sistema normativo in oggetto, allora si proceder a fortiori8.

L. Gianformaggio, Lanalogia giuridica, cit., pp. 144-145.


Ivi, pp. 145-146, v da notare linsistenza sulla razionalit del sistema giuridico come
presupposto necessario dellanalogia nel diritto.
8
Ivi, p. 147, dove F4 la fattispecie non regolata. Il ragionamento analogico cos inteso
, dunque, alla base di tre modi di argomentare: a simili, a contrario, a fortiori.
6

88

Tra teoria e dogmatica

3. Il criterio della proporzione, la ratio legis e il sistema razionale


del diritto
Lanalogia giuridica quindi un argomento a proportione. I giuristi
e i giudici sono soliti rintracciare il criterio della proporzione nella ratio
di una o pi norme, lindividuazione della quale consente di stabilire la
rilevanza della somiglianza, ed anche di operare lestensione della conseguenza giuridica da essa/e prevista alla fattispecie non regolata9. La ratio
rappresenta lelemento valutativo del ragionamento analogico. Per poter fare analogia giuridica bisogna, quindi, interpretare teleologicamente
una o pi norme. Sullinterpretazione teleologica vale la pena spendere
alcune considerazioni, poich lanalogia ha un senso o si pone in armonia col sistema razionale del diritto, lo si visto, solo se la ratio non
determinabile, per cos dire, a piacimento dallinterprete.
In termini molto generici pu dirsi teleologica qualsiasi interpretazione di una o pi norme per la quale il significato della norma stessa
determinato avendo riguardo al fine (o ai fini) da essa perseguiti.
Se si guarda alluso della nozione di ratio legis fatto dai giudici e giuristi non si pu fare a meno di riscontrarne la elevata vaghezza e lambiguit10.
Innanzi tutto dubbio se lo scopo o gli scopi perseguiti da una o pi
norme debbano essere considerati soggettivi o oggettivi11. La ratio, infatti, pu essere intesa in senso soggettivo, facendo riferimento allintenzione del legislatore, oppure in senso oggettivo, considerando la legge
Questo vale per svariati modi di concepire il fondamento dellanalogia giuridica, incluso quello proposto da Letizia Gianformaggio: cfr., Lanalogia giuridica, cit., p. 146, nota
31: Voglio sottolineare che, essendo luguaglianza il nucleo razionale dellidea della giustizia
distributiva, non mi pare di poter ravvisare una gran differenza tra questa concezione del fondamento dellanalogia giuridica, e quella secondo cui fondamento ne leadem ratio [] solo
che a parer mio, la ratio di una norma ce la pu fornire solo la considerazione del sistema delle
norme cui essa appartiene. Sul rapporto tra ratio legis, uguaglianza e analogia, nonch su altri
aspetti salienti dellanalogia giuridica v. A. Cerri, Lanalogia nel sistema del diritto positivo, in
S. Cassese, G. Carcaterra, M. DAlberti, A. Bixio (a cura di), Lunit del diritto. Massimo Severo
Giannini e la teoria giuridica, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 273-314.
10
bene segnalare che la ratio di una norma, intesa come ragione giustificatrice della
medesima, pu non coinvolgere gli scopi perseguiti, vale a dire che pu non essere teleologica.
Ma nel testo ci si uniforma alluso diffuso nel lessico dei giuristi e giudici di identificare la ratio
legis con gli scopi e le finalit perseguite dalla legge, salvo poi trovarsi in disaccordo su che cosa
siano gli scopi e le finalit e su quale sia il criterio preferibile per individuarli. Riprendo qui, in
sintesi e con qualche variazione, le considerazioni compiute nel mio Interpretazione sistematica
e prassi giurisprudenziale, Torino, Giappichelli, 2002, pp. 122-128
11
Le locuzioni interpretazione teleologico soggettiva e interpretazione teleologico
oggettiva sono state impiegate in particolare da autori di area germanica, v. per tutti K. Engisch, Introduzione al pensiero giuridico (1968), Milano, Giuffr, 1970, pp. 133-155.
9

Analogia giuridica e razionalit dellordinamento

89

come provvista di proprie finalit, senza aver riguardo ai soggetti che


lhanno prodotta12.
Il secondo problema, connesso al precedente, costituito dalla possibilit di individuare lintenzione del legislatore o gli scopi oggettivi
delle norme: si tratta cio di valutare se ci sia realmente possibile e con
quali strumenti.
La tesi per la quale nellinterpretazione rilevante lintenzione del
legislatore stata sostenuta, seppur con diversa intensit, da varie scuole
di pensiero, ed ha trovato, ben noto, conferma nelle Disposizioni preliminari al Codice civile italiano del 1942, allarticolo 12, 1 comma13.
Ma si sa pure che le leggi, e pi in generale i documenti normativi prodotti da organi collegiali, sono frutto non di una volont unilaterale, ma
di un incontro di volont diverse e il loro contenuto risulta essere di frequente frutto di compromesso, senza che sia possibile individuare uno
o pi scopi omogenei perseguibili. Insomma attraverso questo criterio
sembrerebbe davvero difficile, se non impossibile, individuare un univoco scopo o fine perseguito dalla norma in virt di quanto voluto da
chi quella norma ha prodotto14. Invero, alcuni dei sostenitori di tale tesi
non contestano la fondatezza di tali critiche, ma spostano il piano del
dibattito, caratterizzando in termini diversi lintenzione del legislatore.
Essi sostengono che non necessario individuare uneffettiva ed univoca volont o intenzione del legislatore, ma che si pu, con maggiore facilit, individuare unintenzione facente capo ad una pluralit di soggetti
in base ad indici presuntivi, con riferimento ad una intenzione che pu
curioso, tra laltro, constatare che, con variet di accenti, la medesima posizione
(oggettiva o soggettiva) stata assunta da correnti e scuole di pensiero eterogenee, lo rileva con
riferimento alla Scuola dellEsegesi ed alla giurisprudenza dei concetti, G. Zaccaria, Larte
dellinterpretazione, Padova, Cedam, 1990, p. 47: due tendenze dottrinarie come LEcole de
lxegse e la Begriffjurisprudenz, pur cos diverse nei presupposti scientifici e culturali, concepiscono lattivit dei giuristi interpreti come essenzialmente [] conoscitiva di un oggetto
gi determinato, vale a dire la volont del legislatore.
13
Lart. 12, comma 1, dispone: Nellapplicare la legge non si pu ad essa attribuire altro
senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di
esse, e dalla intenzione del legislatore, su alcuni problemi posti da questa disposizione v. A.
Belvedere, Analisi dei testi legislativi e art. 12 delle Preleggi, in A. Palazzo (a cura di), Linterpretazione della legge alle soglie del XXI secolo, Napoli, Esi, 2001, pp. 149 ss.
14
Si tratta di unosservazione diffusissima in letteratura cfr. almeno R. Guastini, Le
fonti del diritto e linterpretazione, Milano, Giuffr, 1993, pp. 394-395: dubbio che ad un
organo collegiale si possano riconoscere una volont o una intenzione nello stesso senso in cui
si parla di volont o intenzione in relazione ai singoli individui [] Inoltre ogni documento
normativo nasce dalla collaborazione di diversi soggetti [] Infine, accade normalmente che
un documento normativo [] sia frutto di attivit negoziale; una sintesi del dibattito sul
punto si trova nel contributo di E. Diciotti, Verit e certezza nellinterpretazione della legge,
Torino, Giappichelli, 1999, pp. 127-157.
12

90

Tra teoria e dogmatica

essere ragionevolmente attribuita ad un insieme di individui, oppure ad


una volont presunta o cosiddetta standard15.
Pertanto, la questione riguarda cos lefficacia degli strumenti utilizzati per ricostruire lintenzione del legislatore. Da parte di alcuni, allora,
si ritiene che lintenzione del legislatore sia costituita dallo scopo o dagli scopi condivisi da chi ha approvato il documento normativo, o dalla
maggioranza di essi. Il criterio utilizzato quello della coincidenza tra
intenzione del legislatore e scopi condivisi dalla maggioranza16. Questo
criterio fa capo alluso dei lavori preparatori al fine di individuare la volont della maggioranza, ma il ricorso ai lavori preparatori non pu essere ritenuto infallibile e quindi risolutore. Questi ultimi, e con essi
gli altri atti nei quali contenuto il resoconto dellattivit che conduce
allemanazione del documento normativo, sono anchessi enunciati in
lingua, il pi delle volte quindi vaghi e/o ambigui, interpretabili in vari
modi (e ci si pu domandare: secondo quale criterio?); tra laltro non
v nessun indice giuridico esplicito della rilevanza dei lavori preparatori
stessi17.
Altri preferiscono ricorrere ad un modello di legislatore ideale, legando gli scopi perseguiti ai caratteri ad esso attribuiti, ci si raffigura,
cio, limmagine di un buon legislatore18, coerente e ragionevole, il
15
Per una specifica costruzione teorica riferibile al generico orientamento descritto cfr.
J. R az, Intention in Interpretation, in R. P. George (ed.), The Autonomy of Law, Oxford, Clarendon Press, 1996, pp. 249-286.
16
E. Driedger, The Construction of Statutes, London, Butterwhorts, 1976, p. 82: The
intention of Parliament is, in a sense, a fiction. It is not an intention formulated by the mind
of Parliament, for Parliament as so mind; and it is not the collective intention of the members
of Parliament for no such collective intention exists. The only real intention is the intention of
the sponsors and the draftsman of the bill that gave rise to the Act; but that is not the intention
of Parliament. The intention of Parliament can only be an agreement by the majority that the
words in the bill express what is to be known as the intention of Parliament.
17
Daltronde non mancano casi di determinazione dellintenzione del legislatore in
aperto contrasto con i lavori preparatori. Ripropongo un esempio emblematico. Lart. 1174
del Codice civile stabilisce che la prestazione che forma oggetto dellobbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica; discusso se questo requisito, denominato della
patrimonialit della prestazione, debba intendersi in senso oggettivo o soggettivo. Orbene,
di recente stato scritto che la patrimonialit della prestazione andrebbe [] valutata in
termini rigorosamente oggettivi [] poich [] il legislatore, in contrasto con quanto affermato nella Relazione al Re, ha accolto un concetto prettamente oggettivo di patrimonialit,
concetto che non pu non prevalere sulle contrastanti intenzioni espresse nella Relazione al
Re (F. A ngeloni, La patrimonialit della prestazione, in Contratto e impresa, 1, 2001, pp. 893911, a p. 895).
18
Ad esempio B. Windscheid, Diritto delle pandette, vol. I, (1862), Torino, Utet, 1925,
pp. 66-69, scriveva: pu ammettersi che il legislatore abbia voluto dire piuttosto che qualche
cosa di sensato e congruo che di vuoto e sconveniente [] pu avvenire, e si verifica spesso,
che il legislatore stesso non abbia avuto una percezione chiara del concetto [] e si sia arresta-

Analogia giuridica e razionalit dellordinamento

91

quale in base a tali caratteri non pu che perseguire alcune finalit piuttosto di altre.
Anche la tesi per la quale la ratio legis consiste nelle finalit oggettive
della legge, in essa immanenti, fortemente problematica. Guardando
alla letteratura in materia si nota che i sostenitori della interpretazione
teleologico-oggettiva si sono preoccupati principalmente di criticare con
dovizia di argomenti la tesi soggettiva soprattutto al fine di escludere la
rilevanza dei lavori preparatori, ma ben poco hanno detto per indicare
quali siano i criteri adeguati ad individuare la finalit oggettiva della legge. Da parte di alcuni si detto, lo si ripete, che lo scopo perseguito
immanente al testo, oppure che i valori tutelati sono da porre in connessione con la volont dellordinamento giuridico19.
Cosa dire, dunque dellindividuazione della ratio legis? La tesi intenzionalista nella sua versione estrema e la tesi oggettiva, nei termini
generici in cui solitamente formulata, paiono entrambe rivolte ad accreditare operazioni interpretative altamente discrezionali20. Per la prima non v la possibilit di individuare una effettiva ed univoca volont
del legislatore, e per la seconda serve a ben poco dire che un testo di
legge portatore di proprie finalit senza indicare in ragione di quali
criteri sia possibile individuarle. La versione moderata della tesi intenzionalista, ricorrendo ad una volont standard, presunta, del legislatore, determina una idealizzazione dellintenzione stessa, la quale viene
determinata sulla base di qualit attribuite convenzionalmente ad un legislatore modello, perdendo cos il legame con i soggetti che hanno
prodotto il testo di legge21. Anche luso del criterio della maggioranza
to ad una forma di manifestazione dello stesso che non risponde completamente alla sua vera
portata.
19
Si veda ad esempio E. Betti, Linterpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano,
Giuffr, 1971, p. 111: lelemento [] valutativo e assiologico immanente alla norma stessa
da interpretare.
20
La questione della rilevanza dellintenzione del legislatore pu essere posta anche
nel senso che irrilevante il fatto che non si possa individuare leffettiva intenzione del legislatore affinch lintenzione stessa assuma importanza nellinterpretazione, specie se tale
importanza imposta da una norma (nel nostro ordinamento il gi citato art. 12, comma 1,
delle Preleggi). La presenza di questa norma imporrebbe, quindi, di congetturare plausibilmente intorno allintenzione del legislatore e di farne uso nellinterpretazione. Oltretutto se si
ammette lesistenza di casi (per quanto rari) nei quali lintenzione del legislatore chiara, allora contestabile la tesi per la quale dallimpossibilit di individuare sempre lintenzione del
legislatore, essa non vada individuata mai: cfr. E. Fittipaldi, Scienza del diritto e razionalismo
critico, Milano, Giuffr, 2003, p. 350, nota 112; cui si aggiunga, seppur da diversa impostazione
filosofica, A. M armor, Interpretation and Legal Theory, Revised second edition, Oxford, Hart
Publishing, 2005, cap. VIII.
21
E infatti sia nella letteratura italiana, sia in quella anglosassone, la nozione di inten-

92

Tra teoria e dogmatica

non efficace: non si pu, infatti, dare per scontato che vi sia una volont della maggioranza, o che tutti i soggetti che hanno approvato un certo documento avessero lintenzione di perseguire gli stessi scopi, e che
questa intenzione risulti in maniera inequivocabile dai lavori preparatori. Per quanto riguarda limpostazione teleologico-oggettiva essa appare
un coacervo di formule semanticamente vuote, capaci di essere riempite in piena libert dallinterprete22.
Il discorso appena condotto induce a ritenere gli strumenti usati dai
giuristi e dai giudici per attribuire uno scopo ad una norma frutto di
una scelta discrezionale, scelta ammantata di una vana pretesa di oggettivit, oppure di una altrettanto discutibile sovrapposizione tra proprie
intenzioni, intenzioni di un legislatore ideale e intenzioni del legislatore,
per cos dire, reale. Ammesso che linterprete formuli congetture intorno alla ratio (soggettiva od oggettiva che sia) di una norma, si possono configurare due situazioni: a) linterprete compie una individuazione
dello scopo accettabile, cio definibile come esito di un procedimento
interpretativo; b) linterprete attribuisce uno scopo che non lesito di
un procedimento interpretativo. Per essere pi chiari. Se lindividuazione della ratio rivolta alla determinazione del significato della norma,
per mezzo della ratio non si potr attribuire qualsiasi significato alla
norma, ma solo alcune attribuzioni potranno dirsi frutto di interpretazione e non di qualche altra attivit23.
Uno scopo potr dirsi plausibilmente lo scopo o uno degli scopi di
una data norma se: compatibile con la formulazione letterale della norzione del legislatore assume vari significati incluso quello di ratio oggettiva, cfr. V. Villa, Lintenzione del legislatore nellart. 12 delle disposizioni preliminari, in F. Viola, V. Villa, M. Urso,
Interpretazione e applicazione del diritto tra scienza e politica, Palermo, Cleup, 1974, pp. 125138; P. Chiassoni, La giurisprudenza civile. Metodi dinterpretazione e tecniche argomentative,
Milano, Giuffr, pp. 503-504; R. Guastini, Linterpretazione dei documenti normativi, Giuffr,
Milano, 2004, pp. 150 ss.; G.C. M acCallum jr., Legislative Intent and Other Essays on Law,
Politics and Morality, Madison, University of Wisconsin Press, 1993, pp. 3-35.
22
Profilo opportunamente sottolineato da R. Sacco, Linterpretazione, in G. Alpa.
R. Guarneri, P. G. Monateri, G. Pascuzzi, R. Sacco, Le fonti non scritte e linterpretazione,
Torino, Utet, 1999, pp. 252-253: la scelta filtrata attraverso la considerazione della ratio, non
il riconoscimento di un dato oggettivo. una scelta. Meno che mai la ratio della norma pi
univoca del significato linguistico del testo. Le rationes possibili sono molte.
23
Queste ultime affermazioni sottintendono unesplicita preferenza per una teoria
dellinterpretazione giuridica non radicalmente scettica, ovvero una teoria che concepisce linterpretazione giuridica in estrema sintesi nei seguenti termini: si prendono le mosse, cio,
dal convincimento che linterprete si trovi di fronte a pi soluzioni interpretative, ma lambito
di queste ultime sia delimitato, il brano tratto dal mio Sulla nozione di interpretazione
giuridica corretta (e sui suoi rapporti con linterpretazione estensiva), in Cass. pen., 7/8, 2004,
p. 2594 (ora parzialmente riprodotto in questo volume). Nel saggio ho usato il termine norma
in maniera promiscua, riferendola sia alla formulazione normativa, sia al suo significato.

Analogia giuridica e razionalit dellordinamento

93

ma; se non incompatibile con finalit di altre norme, specie se regolanti la medesima materia o appartenenti allo stesso ambito disciplinare;
se non uno scopo assurdo24. Allinterno della compatibilit tra finalit attribuita e criteri di accettabilit della stessa qualsiasi attribuzione
di ratio da ritenersi corretta. Ne consegue che i criteri di valutazione
della bont dellattribuzione della ratio ad una norma, permettono pi
che altro di escludere alcuni significati dal novero di quelli attribuibili alla norma stessa, piuttosto che individuare un solo significato come
quello compatibile con, o diretto a realizzare la ratio. Pi che uneffettiva e cristallina intenzione del legislatore cui fare capo, si avr, di solito,
lindividuazione di unintenzione del legislatore che non appaia inaccettabile, corroborata dalla formulazione del testo e da altri elementi giuridicamente rilevanti accolti da giudici e giuristi. Pi che una lampante e
immanente finalit della legge, avremo uno scopo attribuito dallinterprete che non stride con la formulazione della norma stessa, plausibile e
non assurdo o contraddittorio con altre norme e per questo in grado di
essere accolto come scopo di quella norma25.
Riassumendo. Lanalogia giuridica un argomento a proportione; il
criterio della proporzione ha natura valutativa ed costituito dalla ratio
di una o pi norme; la determinazione della ratio operazione discrezionale, la quale lascia aperta la porta a molteplici soluzioni; per cui anche se linterprete non pu determinare qualsiasi ratio, pu comunque
individuarne, sovente, molteplici, tutte accettabili, plausibili sul piano
giuridico. Vediamo se quanto si detto ha qualche riflesso sullanalogia
giudica e sul profilo specifico segnalato in apertura dellarticolo.

24
Seguo con qualche variazione lessicale limpostazione di E. Diciotti, Interpretazione
della legge e discorso razionale, Torino, Giappichelli, 1999, pp. 414 ss., ma chiaro che altri
criteri di accettabilit possono essere individuati e che il numero e il contenuto dei criteri
dipende direttamente dalla teoria dellinterpretazione che si adotta. Detto in sintesi: a seconda
della teoria dellinterpretazione adottata vi saranno o potranno esservi diverse condizioni di
accettabilit dellattribuzione della ratio.
25
Ad esempio: chi potrebbe ragionevolmente sostenere che lo scopo dellart. 575 del
Codice penale italiano che punisce chiunque cagiona la morte di un uomo ha lo scopo di incentivare o comunque consentire liberamente luccisione delle donne? Che uomo voglia dire
essere umano e non persona di sesso maschile pacifico: lattribuzione dello scopo di cui
si detto sopra sarebbe compatibile con la lettera (la parola uomo portatrice di entrambi i
significati di cui sopra) ma palesemente assurda, oltre che ripugnante, per le pi svariate ragioni giuridiche (la pi semplice: il contrasto con altre norme dellordinamento, molte delle quali
di rango costituzionale). Lo spunto per formulare questo esempio lho tratto da E. Fittipaldi,
Scienza del diritto e razionalismo critico, cit., pp. 349 ss.

94

Tra teoria e dogmatica

4. Le molte razionalit possibili dellordinamento giuridico


Poniamo, dunque, in connessione quanto detto sin qui con quanto
sostenuto da Letizia Gianformaggio e con gli interrogativi che ne sono
seguiti.
Sulla scorta dellimpostazione qui proposta da ritenersi corretta laffermazione che lelemento valutativo del ragionamento analogico
non possa essere fissato arbitrariamente; ad ogni modo i vincoli che si
incontrano nella determinazione di tale elemento consentono comunque
di poter scegliere tra pi soluzioni, di individuare pi valori, ossia pi
criteri della proporzione giuridicamente plausibili. Se il ragionamento
analogico pu dirsi sensato in quanto si inserisce nel sistema razionale
del diritto, in quanto ne rispetta, cio, la coerenza e la consistenza, si
potranno sviluppare per la medesima fattispecie non regolata svariati ragionamenti analogici razionali, cio non antinomici col sistema di riferimento e con esso armonizzabili. Ci in virt del fatto che se il criterio
della proporzione la ratio di una o pi norme (delle norme che si prendono in considerazione per compiere uno specifico ragionamento) e la
sua determinazione non univoca, si hanno tante razionalit possibili
del ragionamento analogico compiuto e del sistema giuridico nel quale
essa si inserisce, quante sono le opzioni interpretative accettabili relative
alla individuazione della ratio, ovvero al poter riconoscere quella ratio
come la eadem ratio della fattispecie regolata e di quella non regolata.
Per spiegare e chiarire meglio la modesta conclusione appena formulata, si pu riprendere la metafora dworkiniana della chain novel 26.
Gli interpreti, i giudici in particolare, al pari di un gruppo di scrittori
impegnati nella realizzazione a pi mani dello stesso romanzo, nel porre
in essere un ragionamento analogico sono chiamati a costruire il sistema
razionale del diritto, inserendo nel sistema stesso lanalogia compiuta in
maniera compatibile e, per cos dire, armoniosa.
Tuttavia, nel nostro caso, lo scrittore che si accinge a redigere il capitolo di sua competenza, non si trova costretto a seguire una sola direzione di sviluppo della narrazione, bens, pur proseguendo nella scrittura
del medesimo romanzo di chi ha realizzato i capitoli precedenti e senza
iniziare un romanzo diverso, ha la possibilit di scegliere tra pi alternative narrative, tutte compatibili con la parte di romanzo gi scritta.
Semmai ci di cui si potr discutere sono le qualit letterarie dello scrittore di turno, se abbia proseguito lopera pi o meno brillantemente.
Ormai notissima, v. R. Dworkin, Diritto come letteratura (1983), in Id., Questioni di
principio, Milano, Il Saggiatore, 1990, pp. 147 ss.
26

Analogia giuridica e razionalit dellordinamento

95

Ma un conto dire che lo scrittore ha scritto un altro romanzo, altra cosa sostenere che quel capitolo poteva essere pi accattivante. Allo stesso modo linterprete compie unanalogia sensata, che contribuisce alla
costruzione della razionalit dellordinamento giuridico, ogniqualvolta
individui lelemento valutativo del ragionamento analogico rispettando
dei criteri di accettabilit giuridica, criteri che consentono per ladozione di pi soluzioni e quindi la realizzazione di pi sistemi razionali del
diritto. Cos come uno scrittore pu essere pi o meno bravo, allo stesso modo linterprete potr sviluppare un ragionamento analogico pi o
meno convincente, ma si tratter pur sempre di un ragionamento che
ha senso denominare per analogia, sempre che la fissazione del valore
qualitativo avvenga entro i limiti di cui si trattato. V una evidente
differenza tra ci che non analogia e ci che pu essere indicato come
unanalogia migliore di altre. Interrogarsi su come scegliere la migliore
tra le opzioni possibili unaltra storia, che coinvolge comunque valutazioni e preferenze dellinterprete.

Labuso del diritto in poche parole

Abuso: uso eccessivo, indebito o arbitrario


(G. Devoto-G.C. Oli, Dizionario della lingua italiana)

Iniziamo con un po di giurisprudenza tributaria europea e nazionale


utile a individuare taluni nodi cruciali in tema di abuso del diritto.
Uno dei contratti sui quali si focalizza spesso lattenzione del fisco
il sale and lease back: In tema di accertamento delle imposte sui redditi,
lappartenenza di due societ al medesimo gruppo dimprese, pur non
escludendo sul piano civilistico la liceit di un contratto di sale and lease
back posto in essere tra le stesse, ed avente ad oggetto beni strumentali gi ammortizzati dalla societ venditrice, consente di ravvisare in tale
operazione un comportamento elusivo, configurabile come abuso del diritto, potendosi escludere, proprio in virt della rilevanza unitaria conferita dal legislatore al gruppo dimprese, che tale contratto realizzi leffetto
economico proprio della locazione finanziaria, consistente nellassicurare al locatore una maggiore disponibilit di denaro, e dovendo pertanto
concludersi che esso volto esclusivamente a realizzare un vantaggio fiscale, costituito per la societ utilizzatrice dalla possibilit di portare in
detrazione i canoni di locazione, e per la societ locatrice di effettuare
nuovamente lammortamento dei medesimi beni1. Quanto si appena
riferito varrebbe in termini generali, poich In materia tributaria integra gli estremi del comportamento abusivo quelloperazione economica,
che tenuto conto sia della volont delle parti implicate che del contesto
fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante ed assorbente
della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza
che il divieto di comportamenti abusivi non vale pi ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi
di imposta2. Per i tributi armonizzati lindicazione arriva dalla Corte europea di giustizia: La nozione di abuso del diritto nellambito dellordinamento comunitario deve ricondursi allinammisibilit per gli operatori
1
Cass. civ., sez. tributaria, 8 aprile 2009, n. 8481, in Rep. Foro it., Tributi in genere
[6840], n. 174, corsivi aggiunti.
2
Cass. civ., sez. tributaria, 22 settembre 2010, n. 20030, in fisconline.

98

Tra teoria e dogmatica

di avvalersi fraudolentemente delle disposizioni del diritto comunitario.


Il contegno o comportamento abusivo deve risultare da un insieme di elementi di natura obiettiva comprovanti lesclusivit dello scopo perseguito
dalle operazioni economiche, volte essenzialmente allottenimento di un
vantaggio fiscale3.
Ecco, quindi, che di abuso del diritto i giudici nazionale ed europeo
trattano reiteratamente, per quanto, a onor del vero, labuso del diritto
abbia avuto fortune alterne. Esso stato, ed ancora, al centro della
ribalta giurisprudenziale, dottrinale e filosofico giuridica, tuttavia per
lunghi periodi stato accantonato o relegato ai margini della discussione. Tornare, anzi continuare a riflettere sullabuso del diritto sensato
per molteplici ragioni. Innanzi tutto dal punto di vista dellattualit giurisprudenziale e dottrinale il tema dellabuso del diritto vive un momento
di elevata rilevanza per il sistema giuridico italiano (e per il diritto dellunione europea), specie per gli ambiti disciplinari del diritto civile dei contratti e del diritto tributario4. In secondo luogo dal punto di vista della
Corte giust. Ue, 21 febbraio 2008, causa C-425/06, in fisconline. La sentenza capostipite la Halifax del 21 febbraio 2006, C-255/02.
4
Lo si appena visto. Per il diritto civile dei contratti la sentenza che ha riacceso, se
non addirittura infiammato, il dibattito la ormai notissima Cass. civ., 18 settembre 2009, n.
20106, pubblicata in varie sedi editoriali tra cui Resp. civ. e prev., 2, 2010, p. 345 ss., con il commento di A. Gentili, Abuso del diritto e argomentazione giuridica, una delle massime tratte la
seguente: abusivo lesercizio ad libitum, e cio senza proporzionalit dei mezzi usati rispetto
agli interessi contrapposti, che si esprima nella procedimentalizzazione attraverso trattative o
riconoscimento di indennit al concessionario, del diritto di recesso ad nutum dal contratto
di concessione di vendita; per ulteriori riferimenti e approfondimenti v. gli scritti di Paolo
Comanducci, Giovanni Cazzetta, Mauro Orlandi e Aurelio Gentili contenuti in V. Velluzzi
(a cura di), Labuso del diritto. Teoria, storia, ambiti disciplinari, Ets, Pisa, 2012. Va ricordato che
labuso del diritto ha trovato il suo primo ancoraggio in ambito proprietario nellart. 833 c.c.
sul divieto di atti emulativi, almeno cos pensano taluni studiosi e certa giurisprudenza; per
un interessante caso in materia condominiale v. Cass. civ., 27 giugno 2005, n. 13732, reperibile
sulla banca dati De jure.
Per il diritto tributario bisogna dire che la produzione giurisprudenziale continua e non
priva di oscillazioni (v. L. D. Corrado, Elusione tributaria vs lecito risparmio dimposta: un
revirement della Corte di Cassazione?, in Diritto e giustizia, 2011, p. 35 ss., nella manualistica
G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Parte generale, Padova, Cedam, 2010, pp. 213-217)
si segnalano, in aggiunta alle sentenze gi menzionate, Cass. civ., sez. tributaria, 21 aprile
2008, n. 10257, in Riv. dir. trib., 2008, 7-8, II, p. 448: Non hanno efficacia nei confronti
dellamministrazione finanziaria quegli atti posti in essere dal contribuente che costituiscono
abuso del diritto, cio che si traducano in operazioni compiute essenzialmente per il
conseguimento di un vantaggio fiscale. Tale inefficacia non opera laddove il contribuente
fornisca la prova dellesistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non
meramente marginale o teorico e Cass. civ., sez. tributaria, 26 ottobre 2011, n. 22508, in www.
ilsole24ore.com/norme, che segue il medesimo orientamento; pi prudente, invece, Cass. civ.,
sez. tributaria, 21 gennaio 2011, n. 1372, in Diritto e giustizia, 2011, p. 35. Il dibattito sullabuso
del diritto in campo tributario vivace e tra le proposte in campo v pure quella di introdurre
3

Labuso del diritto in poche parole

99

filosofia giuridica labuso del diritto ha ricevuto in anni recenti rinnovata


attenzione nelle aree di lingua italiana e castigliana, attenzione sfociata
nella produzione di svariati saggi che hanno prospettato nuove chiavi di
lettura del tema, con particolare riguardo alla teoria del diritto soggettivo,
della norma giuridica e del ragionamento giuridico5.
Daltronde labuso del diritto costituisce un tipico esempio di argomento appartenente allalta dogmatica6, e per questo un terreno sul
quale giuristi positivi e filosofi del diritto sono chiamati a rispondere,
per soddisfare le rispettive esigenze, ai medesimi interrogativi, quali ad
esempio: si pu abusare di un diritto soggettivo? Qualora si ritenga di
s, a quali condizioni? Le condizioni variano a seconda dellambito disciplinare? Qual il rapporto tra interpretazione giuridica e abuso del
diritto? Un confronto tra i giuristi positivi e i filosofi del diritto , dunque, inevitabile se si vogliono fornire risposte plausibili agli interrogativi
appena sollevati7. Ecco la ragione precipua per cui labuso del diritto
stato discusso da filosofi del diritto, studiosi di diritto civile, tributario e
processuale8.
una specifica disciplina legislativa sostitutiva o aggiuntiva rispetto allart. 37 bis del DPR 600
del 1973 (disposizioni antielusive); sui vari progetti di legge v. S. Fossati, Una legge per labuso
del diritto, in Il Sole 24 Ore del 27 ottobre 2011, sullopportunit di un intervento normativo ad
hoc E. De Mita, Abuso del diritto, la Cassazione delinea la legge, in Il Sole 24 Ore del 30 ottobre
2011; ulteriori informazioni si trovano in Le guide de Il Sole 24 Ore, n. 11, 9 marzo del 2012.
Per la vicenda dellabuso del diritto nel diritto dellUnione europea v. L. Cruciani, Clausole
generali e principi elastici in Europa: il caso della buona fede e dellabuso del diritto, in Riv. crit.
dir. priv, 3/2011, p. 473 ss.
Non bisogna trascurare la rilevanza che labuso del diritto pu assumere nellambito della
contrattazione collettiva o aziendale in termini di abuso di negoziazione, v. Trib. Torino, sez.
lavoro, 14 settembre 2011, n. 4020, in Argomenti di diritto del lavoro, 1, 2012, con nota di
V. De Stefano.
5
Si veda lottimo G. Pino, Labuso del diritto tra teoria e dogmatica (precauzioni per
luso), in G. Maniaci (a cura di), Eguaglianza, ragionevolezza e logica giuridica, Milano, Giuffr,
2006, pp. 115-175 e letteratura ivi citata.
6
Ossia un terreno in cui il confine tra lo studio del diritto e la teoria del diritto non
ben definito, per dirla con le note parole di A. Ross, Diritto e giustizia (1958), trad. it. Torino,
Einaudi, 1965, pp. 26-27.
7
Le questioni poste riguardano pure la giurisprudenza, per cui le risposte agli interrogativi sollevati si rivolgono alla teoria, alla dogmatica e ai giudici.
8
Allabuso del diritto con riguardo al processo, civile in particolare, dedicato il saggio
di M. Taruffo, Labuso del processo, in V. Velluzzi (a cura di), Labuso del diritto. Teoria, storia,
ambiti disciplinari, cit., pp. 139-148. Senza trascurare limportanza della prospettiva storica:
infatti i concetti giuridici hanno unorigine e uno sviluppo, le questioni dibattute in un dato
periodo storico sono il risultato di azioni, omissioni, riflessioni avvenute in precedenza e solo
avendone contezza possibile comprendere a fondo le tesi avanzate nel dibattito del presente.
Per una storia dellabuso del diritto in connessione con la responsabilit civile v. G. Cazzetta,
Responsabilit civile e abuso del diritto tra otto e novecento, in V. Velluzzi (a cura di), Labuso
del diritto. Teoria, storia, ambiti disciplinari, cit., pp. 51-104.

100

Tra teoria e dogmatica

Nel prosieguo non intendo fornire una sintesi delle risposte date dalla
letteratura giuridica (teorica e dogmatica) alle domande, bens mi propongo di esporre, in maniera succinta, da dove le domande provengono,
quali sono le discussioni giurisprudenziali, dottrinali, filosofico giuridiche che le hanno ispirate facendone il punto di riferimento principale,
per quanto non esaustivo, del discorso recente (ma pure di quello risalente) sullabuso del diritto. Vorrei spiegare, cio, labuso del diritto in poche ma significative parole, lasciando trarre le implicazioni del discorso
al lettore.
Si pu abusare di un diritto soggettivo? Questa la domanda per
antonomasia, visto che il nodo cruciale consiste nello stabilire se sia sensato porsela e ove si ritenga di no lindagine dovrebbe arrestarsi. I critici
dellabuso del diritto, infatti, reputano linterrogativo privo di pregio e
labuso del diritto non configurabile sul piano concettuale: lesercizio di
un diritto soggettivo o lecito, oppure se si risolve in un cattivo esercizio
cade nella sfera dellillecito. La rilevanza giuridica del comportamento si
esaurisce nella coppia liceit/illiceit, non v spazio alcuno per un tertium genus, una figura ibrida, per cos dire del formalmente lecito ma
sostanzialmente non consentito o di ci che corretto prima facie ma
scorretto, abusivo appunto, a un pi attento esame. Seguendo questa
impostazione labuso del diritto soggettivo non sarebbe uno strumento
grazie al quale il diritto oggettivo riscatta la propria miseria, per usare la
celebre prosa di Pietro Rescigno, bens un mezzo per veicolare instabilit
nelle relazioni giuridiche, per rendere incerto quel che certo in base
a quanto stabilito dalle norme dellordinamento, per rendere illecito, in
maniera surrettizia e ideologica, ci che lecito per il diritto oggettivo9.
Ci varrebbe anche in presenza di norme che fanno espresso divieto di
abusare del diritto soggettivo, le quali sarebbero, stante la non configurabilit concettuale dellabuso del diritto, inutili, o peggio ancora veicoli
delle preferenze individuali dellinterprete.
Coloro che sostengono le ragioni dellabuso del diritto soggettivo,
Le formule adottate nel testo vogliono evidenziare la difficolt (presente sia in dottrina, sia in giurisprudenza) di collocare sic et simpliciter labuso del diritto nellarea dellillecito, non a caso Manuel Atienza e Juan Ruiz Manero hanno intitolato il loro libro sullabuso
del diritto, la frode alla legge e lo sviamento di potere Illeciti atipici, trad it. Bologna, 2004.
La difficolt di cui si appena riferito ben rappresentata anche dalla questione di quali siano
le conseguenze pi appropriate per latto abusivo: inefficacia, risarcimento o entrambi.
Il riferimento a Pietro Rescigno riguarda il saggio Labuso del diritto, in Riv. dir. civ., I,
1965, p. 205 ss. Preciso inoltre che nellambito di questa introduzione il sintagma norma
giuridica viene usato talvolta per indicare lenunciato del discorso delle fonti, talaltra per
indicare il contenuto di significato dellenunciato normativo.
9

Labuso del diritto in poche parole

101

ovvero della possibilit di configurarlo sul piano concettuale, muovono


da un presupposto comune e una sua sommaria ricognizione conduce il
discorso verso il coinvolgimento di tutti gli altri interrogativi in sospeso,
ossia delle condizioni in presenza delle quali labuso sia configurabile,
dellincidenza dellambito disciplinare e del rapporto tra abuso del diritto e interpretazione giuridica. Vale la pena, quindi, trattare le differenti
questioni non singolarmente ma assieme, visto il reciproco intreccio che
le caratterizza.
Il presupposto evocato per ammettere labuso del diritto soggettivo
una caratteristica degli stessi diritti soggettivi. Per essere pi chiari:
si afferma che il diritto soggettivo attribuito da norme giuridiche per
uno o pi scopi determinati, ossia per soddisfare uno o pi interessi o per
garantire una certa sfera dautonomia alla persona10. Ne segue che se il
diritto soggettivo non viene esercitato per conseguire lo scopo o gli scopi
dellattribuzione, bens scopi diversi o ulteriori, lesercizio del diritto soggettivo va censurato11.
Siffatto approccio richiama una visione, per cos dire, strumentale
del diritto soggettivo per la quale le ragioni dellattribuzione del diritto
costituiscono sempre il metro di valutazione dellesercizio del diritto medesimo. Ci stabilito non v alcuna difficolt nel ritenere che una modalit di esecuzione del diritto soggettivo conforme a quanto disposto dalla
norma intesa in conformit alla sua formulazione linguistica, possa essere
considerata difforme dal diritto oggettivo in quanto non riconducibile
alle ragioni dellattribuzione del diritto soggettivo12.
piuttosto evidente che la visione strumentale del diritto soggettivo
reagisce sullinterpretazione delle norme giuridiche imponendo allinterprete di colmare lo scarto tra lettera e scopo della norma a favore di
Sul diritto soggettivo per tutti G. Pino, Diritti e interpretazione. Il ragionamento giuridico nello Stato Costituzionale, Bologna, 2010, pp. 77-96 e bibliografia ivi citata. Nel testo non
si presa posizione tra interest theory e choice theory quali diverse giustificazioni del diritto
soggettivo, anche se il modo in cui i fautori del divieto dellabuso del diritto abitualmente
argomentano sembra presupporre la teoria dellinteresse a fondamento del diritto soggettivo.
11
Gi trattare di finalit diverse o di finalit ulteriori non secondario o superfluo e
varia non poco le condizioni di accertamento dellabuso.
12
Si tratta dellennesima riproposizione del dualismo tra lettera e spirito della norma
giuridica. Il metro per stabilire la prevalenza dello spirito sulla lettera attraverso laffermazione
del divieto di abuso del diritto soggettivo pu essere costituito dai principi del diritto, ovvero
dalla configurazione del divieto di abuso del diritto come principio del diritto (espresso o
inespresso) o dalla sua riconducibilit ad uno o pi principi del diritto (espressi o inespressi)
dellordinamento giuridico. Questa linea danalisi presuppone la distinzione tra regole e principi e implica che ci che lecito a livello delle regole pu non esserlo a livello dei principi.
Sul punto si vedano i saggi di Paolo Comanducci, di Manuel Atienza e Juan Ruiz Manero, in
V. Velluzzi (a cura di), Labuso del diritto. Teoria, storia, ambiti disciplinari, cit.
10

102

Tra teoria e dogmatica

questultimo. Labuso del diritto, quindi, entra in gioco ogni volta che la
lettera della norma considerata pi ampia, sovradeterminata rispetto
allo scopo, ossia alla formulazione linguistica della norma sono riconducibili modalit di esercizio del diritto soggettivo in grado di frustrare la
finalit dellattribuzione del diritto soggettivo medesimo13.
Se gli oppositori dellabuso del diritto nutrono sovente una fiducia
esagerata nellinterpretazione letterale, ovvero ritengono che la formulazione della norma sia in grado di indicare con chiarezza le azioni e le
omissioni che costituiscono esercizio del diritto soggettivo (area del lecito) distinguendole da quelle che non costituiscono esercizio di quel diritto soggettivo (area dellillecito), v da dire, per contro, che la strada
della ricerca dello scopo della norma (delle ragioni dellattribuzione del
diritto soggettivo) propugnata dai fautori dellabuso del diritto (rectius:
del divieto di abusare del diritto) lastricata di insidie, ma soprattutto
intrisa di discrezionalit interpretativa14. Labuso del diritto comporta,
infatti, una riduzione teleologica della norma attributiva del diritto: classi
di casi regolate sulla base della sua formulazione vengono ad essa sottratti
in ragione della presenza o dellassenza di uno o pi elementi, presenza
o assenza che determina uno scostamento non sopportabile tra ragioni
dellattribuzione del diritto e risultato ottenuto con il suo concreto esercizio15. Il rischio che la dilatazione dellarea di applicazione del divieto
di abuso del diritto possa portare a riduzioni teleologiche talmente ampie
da svuotare del tutto o in gran parte le facolt e i poteri costitutivi di
un particolare diritto soggettivo, impedendone lesercizio in situazioni la
cui riconduzione alla norma attributiva del diritto appare chiara o poco
difficoltosa16.
Mi pare che da queste poche considerazioni emerga con chiarezza lo
stretto legame tra abuso del diritto e interpretazione delle disposizioni
normative, soprattutto tra abuso e discrezionalit interpretativa.
Riassumendo quanto si scritto sino a ora: lesercizio del diritto
Riprendo il lessico di F. Schauer, Le regole del gioco, trad. it. Bologna, 2000, passim.
V. retro il saggio Analogia giuridica e razionalit dellordinamento. Note a margine.
15
Bisogna tenere presente, inoltre, che non si pu pacificamente discorrere di illecito
solo perch una azione (o perch no, pure una omissione) apparentemente rientrante tra
quelle di esercizio di un diritto soggettivo, ma si colloca fuori dal suo scopo: in questo caso si
potrebbe ragionevolmente parlare non di illecito, bens di non esercizio del diritto soggettivo.
Vale a dire che pu non esservi sovrapposizione necessaria e completa tra area del non esercizio del diritto e area dellillecito.
16
Afferma correttamente P. Comanducci, Abuso del diritto e interpretazione giuridica, in
V. Velluzzi (a cura di), Labuso del diritto. Teoria, storia, ambiti disciplinari, cit., p. 29, che seguendo quanto sostenuto da Cass. civ., 18 settembre 2009, n. 20106, risulter sempre possibile
svuotare di contenuto precettivo qualunque clausola contrattuale.
13
14

Labuso del diritto in poche parole

103

abusivo se non rispetta le condizioni che soddisfano le ragioni dellattribuzione del diritto soggettivo stesso. Orbene, un aspetto importante
da rammentare il seguente: si pu controvertere pure su quali siano
queste condizioni in grado di soddisfare le ragioni dellattribuzione.
Un esempio nostrano costituito dai gi menzionati casi dellabuso del
diritto in campo tributario e degli atti emulativi ex art. 833 del Codice civile. Non chiaro, infatti, se il contribuente faccia un uso improprio, abusivo appunto, della norma che gli attribuisce un beneficio fiscale ove agisca al solo fine di ottenere il beneficio e non anche per realizzare lo scopo
principale della norma in questione, oppure se basti la compresenza del
fine, per cos dire egoistico, o in terza istanza se una valutazione in termini
psicologico-soggettivi sia inutile e si debba riscontare, invece, se ci che
il contribuente ha realizzato sia di per s in grado di frustrare la finalit
principale della norma. Allo stesso modo dottrina e giurisprudenza sono
divise in due schieramenti opposti, quello dei soggettivisti e quello degli
oggettivisti, con riguardo agli elementi costitutivi degli atti emulativi17.
Insomma, pur se si ritiene configurabile sul piano concettuale la figura
dellabuso del diritto e si considera sensato, di conseguenza, sanzionare
lesercizio abusivo del diritto soggettivo, bisogna tener conto di molteplici fattori di diritto positivo. Mi spiego. Labuso del diritto si inserisce in
ordinamenti e ambiti disciplinari specifici e ci ha, o pu avere, svariati
riflessi sul modus operandi del divieto di abusare del diritto soggettivo.
Quanto ho detto sin qui ha gi fatto emergere, infatti, che:
a) talvolta labuso del diritto pu essere ricondotto a norme espresse
17
controverso se gli atti emulativi richiedano per essere vietati lo scopo di nuocere al
vicino, in senso affermativo si esprime Cass. civ., 9 ottobre 1998, n. 9998, in Giust. Civ. Mass.,
1998, p. 2046: Per aversi atto emulativo vietato dallart. 833 c.c. occorre il concorso di due
elementi: a) che latto di esercizio del diritto non arrechi utilit al proprietario; b) che tale atto
abbia il solo scopo di nuocere o arrecare molestia ad altri, nella direzione opposta va, invece,
Trib. Salerno, 9 luglio 2002, in Arch. civ., 2002, p. 1075: Per aversi atto emulativo vietato ai
sensi dellart. 833 c.c. necessaria la sussistenza di uno specifico divieto sanzionatorio ovvero
un comportamento idoneo esclusivamente a danneggiare il vicino. Si rammenti che in campo
tributario sono abusive le operazioni eseguite al solo scopo di procurarsi un vantaggio fiscale, Cass. civ., sez. tributaria, 5 maggio 2006, n. 10353, in Obbligazioni e contratti, 8-9, 2006,
p. 761, ma nella gi menzionata Cass. civ., sez. tributaria, 21 gennaio 2011, n. 1372, in Diritto e
giustizia, 2011, p. 35, la suprema Corte sostiene che Lapplicazione del principio di abuso del
diritto deve essere guidata da una particolare cautela, essendo necessario trovare una giusta
linea di confine tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e libert di scelta delle
forme giuridiche, soprattutto quando si tratta di attivit dimpresa, nel caso di specie la Cassazione ha ritenuto che lamministrazione finanziaria non poteva spingersi sino a imporre una
misura di ristrutturazione societaria diversa da quella adottata e giuridicamente possibile solo
perch la misura indicata dallamministrazione avrebbe comportato un maggior carico fiscale.
Ci anche se la scelta della societ sia stata adottata al solo fine di ottenere un risparmio fiscale.

104

Tra teoria e dogmatica

dellordinamento giuridico e il suo contenuto dipende dal modo in


cui la norma stessa viene interpretata;
b) linterpretazione della norma che espressamente contempla labuso
del diritto (che sia qualificata o che non sia qualificata come un principio) condiziona linterpretazione della norma attributiva del diritto
soggettivo, orientandola verso il soddisfacimento delle ragioni dellattribuzione del diritto soggettivo;
c) sia la norma che regola labuso, sia le norme che conferiscono diritti,
si collegano con altre norme di uno o pi ambiti disciplinari e con
eventuali norme di chiusura degli ambiti disciplinari stessi. Ci pu
comportare un diverso atteggiarsi dellabuso del diritto (ossia possono variare le condizioni di accertamento dellabuso del diritto);
d) in assenza di una norma che regoli espressamente labuso del diritto soggettivo si pone il problema di trovare allo stesso abuso un ancoraggio normativo nellordinamento: tutto ci determina articolate argomentazioni e
giustificazioni sovente connesse con lelaborazione di norme inespresse
qualificate come principi o con la riconduzione del divieto di abuso del
diritto a norme espresse (anchesse qualificate come principi). Le vicende del sistema giuridico italiano testimoniano la presenza di entrambe le
tendenze appena menzionate. Per un verso lart. 833 c.c. stato ritenuto lindice, il punto di emersione del divieto di abuso del diritto, e cio
lelemento o uno degli elementi in grado di costituire la base normativa
dalla quale trarre il principio di divieto dellabuso del diritto soggettivo.
Per laltro verso in certe decisioni e contributi della dottrina il divieto
di abuso del diritto stato ritenuto una specificazione del principio di
buona fede oggettiva (artt. 1337, 1366, 1375 c.c.) oppure dei principi di
capacit contributiva e di progressivit dellimposizione (art. 53 Cost.)
per quanto concerne lambito tributario. Cos ragionando labuso del
diritto non un principio da ricavare e formulare, bens espressione
dei contenuti di un principio gi formulato nellordinamento giuridico.
Questo breve scritto ha preso le mosse dallaffermazione che per studiare adeguatamente il tema dellabuso del diritto il confronto tra filosofi
del diritto e giuristi positivi sia ineludibile. Non so se le rapide osservazioni compiute abbiano portato acqua al mulino di tale tesi, mettendo adeguatamente in risalto lintreccio tra questioni teoriche e dogmatiche.
certo, per, che chi continuer a voler comprendere a fondo e commentare a ragion veduta la giurisprudenza sullabuso del diritto non potr farlo
senza dotarsi di una solida formazione teorica e il teorico che vorr dire
qualcosa di sensato sullabuso del diritto difficilmente potr prescindere
dagli spunti che la giurisprudenza offre.

Tutele proporzionate, prognosi


del comportamento del coniuge (o ex coniuge)
obbligato e interpretazione giudiziale

Sommario: 1. Una decisione senza precedenti. 2. La garanzia ipotecaria, la


natura del credito e linterpretazione della legge. 3. Interpretazione letterale, sistematica e funzionale in che senso? 4. Ancora un interrogativo: una questione di
legittimit costituzionale per irragionevole differenziazione?

1. Una decisione senza precedenti


Giovanni Tarello esortava i filosofi del diritto analitici a mettere alla
prova i propri strumenti di lavoro, ad applicare un metodo piuttosto che
discuterlo1. Giacomo Gavazzi riteneva che la teoria del diritto potesse essere praticata anche, forse soprattutto, dal basso, ossia a partire da problemi posti dalla dottrina e dalla giurisprudenza2. Letizia Gianformaggio
sosteneva che un filosofo del diritto, per definirsi tale, deve essere anche
giurista3. Le pagine che seguono costituiscono un tentativo di soddisfare i
propositi metodologici appena ricordati attraverso lanalisi di tre sentenze,
una di legittimit e due di merito riguardanti la garanzia ipotecaria del credito del coniuge separato o dellex coniuge divorziato4. Lesposizione della
vicenda mostrer, si spera, le potenzialit delle questioni emergenti per lapplicazione di taluni strumenti di lavoro tipici del filosofo del diritto analitico
(o analista che dir si voglia), del loro conseguente interesse per la tecnica
e la teoria dellinterpretazione giuridica, della necessit di conoscere taluni
ambiti del diritto civile per cogliere nella loro interezza i nodi teorici intrecciati con le questioni pi squisitamente di diritto positivo.
I fatti controversi alla base delle tre sentenze sono sempre i medesimi:
Nellopuscolo illustrativo della neonata rivista Materiali per una storia della cultura
giuridica pubblicato da il Mulino, Bologna, 1975, Tarello raccomandava lo studio di cose
piuttosto che lo studio di come bisognerebbe studiarle.
2
G. Gavazzi, Lonere. Tra la libert e lobbligo, Torino, Giappichelli, 1969, p. 9, nella
quale lonere viene indicato come ideale punto dincontro dei due modi di fare teoria del diritto, dallalto e dal basso.
3
L. Gianformaggio, Il filosofo del diritto e il diritto positivo, in Ead., Filosofia del diritto e
ragionamento giuridico, a cura di E. Diciotti e V. Velluzzi, Torino, Giappichelli, 2008, pp. 25-40.
4
Per un primo accostamento v. F. Finocchiaro, Del Matrimonio, t. 2, Commentario
Scialoja e Branca, Bologna-Roma, Zanichelli-Il foro italiano, 1993, p. 439 ss.
1

106

Tra teoria e dogmatica

un coniuge o ex coniuge obbligato da una sentenza di separazione o di


divorzio o da un verbale di separazione consensuale omologata per decreto a versare una somma periodica allaltro coniuge o allex coniuge a titolo
di mantenimento o di solidariet post-coniugale. Facendo valere la sentenza o il decreto il coniuge o ex coniuge creditore iscrive ipoteca su un bene immobile dellobbligato, basando listituzione della garanzia reale sulla
disposizione del comma 5 dellart 156 c.c.: La sentenza costituisce titolo
per liscrizione dellipoteca giudiziale, o in caso di divorzio sullart. 8, comma 2 della legge 898 del 1970: la sentenza di divorzio costituisce titolo per
liscrizione dellipoteca giudiziale ai sensi dellarticolo 28185. Lobbligato
per chiede che lipoteca venga cancellata, in quanto non v stato, e/o non
v ragione di ipotizzare che vi sar da parte sua, inadempimento dellobbligo che su di lui grava.
La sentenza della Corte di cassazione dalla quale prendere avvio risale al
luglio del 20046. In quella occasione la Corte stabil che In tema di garanzie per il pagamento dellassegno di separazione e di divorzio, la valutazione
del coniuge, in favore del quale la sentenza di separazione riconosca lassegno di mantenimento, circa la sussistenza, ai fini delliscrizione ipotecaria ai
sensi dellart. 2818 c.c., del pericolo di inadempimento del coniuge obbligato, resta sindacabile nel merito, onde la mancanza originaria o sopravvenuta di tale pericolo determina, venendo meno lo scopo per cui la legge
consente il vincolo, lestensione della garanzia ipotecaria e di conseguenza,
il sorgere del diritto dellobbligato ad ottenere dal giudice, dietro laccertamento delle condizioni anzidette, lemanazione del corrispondente ordine
di cancellazione ai sensi dellart. 2884 c.c..
Per prima cosa bene rammentare le molte formulazioni normative
coinvolte7. Il quadro di riferimento il seguente: lart. 156 del Codice civile dispone al comma 4 che Il giudice che pronunzia la separazione pu
imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il
pericolo che egli possa sottrarsi alladempimento degli obblighi previsti dai
precedenti commi e dallart. 155; il medesimo articolo stabilisce al comma
Decreto di omologazione della separazione consensuale e sentenza costituiscono entrambi titoli idonei a iscrivere ipoteca giudiziale a seguito della dichiarazione di illegittimit
costituzionale dellart 158 c.c. pronunciata da Corte cost., 18 febbraio 1988, n. 186, in Giustizia
civile, I, 1988, 879: non la sola sentenza che pronunzia la separazione giudiziale ex art. 156,
comma 5, ma anche il decreto di omologazione della separazione consensuale, ex art. 158, deve
essere considerato titolo per liscrizione di ipoteca giudiziale ai sensi dellart. 2818 c.c..
6
Cass. civ., sez. I, 6 luglio 2004, n. 12309, reperibile sulla banca dati De Jure.
7
Una puntualizzazione terminologica: nellambito di questo scritto si intende per disposizione normativa, formulazione normativa, enunciato normativo, un enunciato del discorso delle fonti del diritto.
5

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

107

5 che la sentenza costituisce titolo per liscrizione dellipoteca giudiziale ai


sensi dellarticolo 2818 e al comma 6, primo inciso, dispone che In caso
di inadempienza, su richiesta dellavente diritto, il giudice pu disporre il
sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato; lart. 8, comma 2 della
legge 898 del 1970 statuisce: la sentenza di divorzio costituisce titolo per
liscrizione dellipoteca giudiziale ai sensi dellarticolo 28188; lart. 2818
c.c. regola i provvedimenti da cui deriva lipoteca giudiziale disponendo che
Ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o alladempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore9;
lart 2852 c.c. riguarda il grado dellipoteca: Lipoteca prende grado dal
momento della sua iscrizione, anche se iscritta per un credito condizionale. La stessa norma si applica per i crediti che possano eventualmente nascere in dipendenza di un rapporto gi esistente; lart. 2884 c.c. dispone che
la cancellazione dellipoteca possa essere eseguita se ordinata per sentenza.
Il lettore noter piuttosto agevolmente che dalla lettura prima facie degli
enunciati normativi del comma 5 dellart. 156 c.c. e dellart. 8, comma 2
della legge 898 del 1970, non risulta il requisito del pericolo dellinadempimento del coniuge obbligato per iscrivere e soprattutto per far permanere la
garanzia ipotecaria del credito dellaltro coniuge10. La decisione dei giudici
di legittimit era priva di precedenti in termini, com abitudine dire, e resta
ad oggi carente di riscontri successivi al medesimo grado di giudizio, ma ha
avuto proseliti e raccolto critiche tra i giudici di merito11.
8
bene rammentare che il medesimo articolo prevede al comma 1, al pari dellart. 156,
comma 4 c.c., che Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio pu imporre allobbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se
esiste il pericolo che egli possa sottrarsi alladempimento degli obblighi di mantenimento, e al
comma 7 stabilisce che Per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine alladempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, su richiesta dellavente
diritto il giudice pu disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare
lassegno.
9
Larticolo si compone anche del secondo comma, in base al quale Lo stesso ha luogo
per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto.
10
Si vedr tra poco che nella ricostruzione degli argomenti usati dal Tribunale di Milano e forse pure da quelli proposti dalla Cassazione, iscrizione e permanenza della garanzia
ipotecaria vanno tenute concettualmente distinte (v. infra nota 16). Si noti, per inciso, ma la
notazione non banale, che il requisito di cui si appena detto nel testo estraneo pure alla
formulazione dellart. 2818 c.c.
11
Almeno quanto risulta sino al momento in cui questo scritto stato dato alle stampe.
Per il vero una sentenza del 1991 (Cass. civ., 20 novembre 1991, n. 12428, in Giustizia civile,
I, 1992, p. 681) occupandosi della questione con riferimento ad una ipoteca giudiziale iscritta
a seguito di divorzio e riprendendo giurisprudenza risalente agli anni Settanta, ha s indicato
nel pericolo di inadempimento un requisito per liscrizione dellipoteca, ma rimettendo la
valutazione del pericolo medesimo al creditore e rendendola insindacabile in futuro da parte

108

Tra teoria e dogmatica

Infatti, nel marzo del 2007, il Tribunale di Roma si posto in rotta di


collisione con la sentenza di cui sopra affermando che Il verbale di separazione consensuale costituisce titolo per liscrizione dellipoteca giudiziale
e lipoteca una facolt del creditore prevista dallordinamento, facolt che
prescinde dallinadempimento del debitore o dalla sussistenza di periculum
in mora. La circostanza che il comma 6 dellart. 156 c.c. preveda la possibilit di ottenere un sequestro in caso di inadempimento e che il comma 4
preveda che, in caso di pericolo di sottrazione alladempimento, si possa ottenere una garanzia reale o personale rende palese che liscrizione ipotecaria
di specie non possa ritenersi attuabile solo nella ricorrenza di presupposti di
pericolo di sottrazione della garanzia delladempimento, ma ne prescinda,
prevedendo che, ove vi sia titolarit di un credito accertato giudizialmente,
il creditore abbia la facolt di esercitare un diritto di garanzia previsto dalla
legge12. Nel discostarsi dal precedente di legittimit il giudice del tribunale
romano si premura di replicare ad uno dei punti rilevanti dellargomentazione adottata dalla Suprema corte, vale a dire la necessit di istituire, per
via di interpretazione, una proporzione tra la tutela accordata dallart 156 ai
commi 4 e 6 e quanto previsto dal medesimo articolo al comma 513.
La tesi della Corte di cassazione invece ripresa e fatta propria dal Tribunale di Milano in una sentenza del giugno 2009, nella quale si ribadisce
che consentita liscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del coniuge gravato da mensilit di assegno di mantenimento o divorzile non ancora scadute in caso di pericolo di un inadempimento futuro, in pi si aggiunge che
qualora lex coniuge goda ancora di un cospicuo patrimonio immobiliare,
non sussiste alcuna ragione per il mantenimento delle suddette ipoteche14.
Orbene, quale sia il punto controverso a livello giudiziale presto detto: lavvenuto inadempimento o il pericolo che questo si realizzi in futuro
un requisito necessario per liscrizione e per il permanere della garanzia
ipotecaria del credito al mantenimento o dellassegno di solidariet postdel giudice, al quale veniva sottratta ogni facolt di valutare, su richiesta dellobbligato, la
legittimit della permanenza della garanzia. Lelemento significativo di novit introdotto con
la sentenza del 2004 risiede nel fatto che il pericolo di inadempimento futuro non solo pu, ma
deve essere valutato dal giudice.
12
Trib. Roma, 21 marzo 2007, n. 5758, stralci della sentenza si possono leggere ne
Il civilista, 5/2008, pp. 68-77, con commento di M. A. Vecchi.
13
Il medesimo problema si pone per i commi 1, 2, 3 e 7 dellart. 8 legge 898 del 1970.
Nel resto della nota di far riferimento allart. 156 c.c., anche in ragione del fatto che le sentenze, pur quando riguardano casi di divorzio, argomentano prevalentemente riferendosi a
quellarticolo, per poi sostenere che altrettanto vale per lo scioglimento e la cessazione degli
effetti civili del matrimonio.
14
Trib. Milano, 18 giugno 2009, n. 7941, inedita, la massima reperibile nella banca dati
De Jure.

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

109

coniugale? La risposta positiva o negativa allinterrogativo passa dallinterpretazione delle disposizioni normative sopra ricordate ed proprio da un
esame pi approfondito degli argomenti usati nelle sentenze che si potranno sviluppare molteplici considerazioni di teoria e di tecnica dellinterpretazione giuridica.

2. La garanzia ipotecaria, la natura del credito e linterpretazione


della legge
Vediamo pi in dettaglio quali sono le argomentazioni proposte dalla
giurisprudenza richiamata nel primo paragrafo.
Da un lato si trova laffermazione del Tribunale di Roma, secondo la
quale le disposizioni normative di cui agli articoli 156, comma 5 c.c., e 8,
comma 2 legge 898/1970 sono chiare e non affette da equivocit o ambiguit di sorta: sulla base della sentenza (o del verbale di separazione) il creditore ha titolo valido per iscrivere ipoteca, nonch per farla permanere nel
tempo. Nessun altro requisito richiesto, che piaccia o che non piaccia.
Dallaltro lato vi sono la Cassazione del 2004 e il Tribunale di Milano
per i quali tale lettura del quadro normativo semplicistica e inaccettabile:
vediamone le ragioni.
I giudici di legittimit argomentano ispirandosi al sistema normativo,
subordinando liscrizione dellipoteca giudiziale ad un requisito, quello
del pericolo, non letteralmente previsto dalle norme interpretate. Il quadro
normativo, appunto, presuppone, per loperare delle varie forme di garanzia delladempimento dellassegno di mantenimento e divorzile, che vi sia
quantomeno un fondato timore per le mensilit future. Anzitutto, il primo
comma del citato art. 8 ed il quarto comma del parimenti citato art. 156,
con disposizioni tra loro affini, prevedono che il giudice che pronuncia lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero la
separazione, pu imporre allobbligato di prestare idonea garanzia reale o
personale solo se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi alladempimento
nella corresponsione di quanto dovuto allaltra parte. Giusto il penultimo
comma dellart. 156 c.c., e le analoghe disposizioni dei commi dal terzo al
settimo dellart. 8 legge n. 898/1970, inoltre, anche le misure del sequestro
di parte dei beni del coniuge obbligato e dellordine ai terzi di versamento
diretto agli aventi diritto sono subordinate al caso di inadempienza dellobbligato dunque ad un inadempimento gi verificatosi15.
Queste le parole della Cassazione che secondo il Tribunale di Mila15

I corsivi sono aggiunti.

110

Tra teoria e dogmatica

no ha ritenuto di interpretare in chiave sistematica il combinato disposto


dellart. 156 comma 5 c.c. (o art. 8, comma 3 legge 898/1970) e dellart.
2818 c.c. [] Bench la soluzione interpretativa offerta richiedesse forse una pi approfondita motivazione, soprattutto con riferimento alla non
ben chiarita correlazione tra pericolo di inadempimento ed inadempimento
gi verificatosi, non si ritengono condivisibili le critiche mosse alla sentenza
[] sotto il profilo dellinterpretazione letterale, ossia nel senso che il testo
delle norme non autorizzasse [] una soluzione come quella che la Cassazione ha adottato. Prosegue il togato ambrosiano In effetti, mancando
nellart. 2818 c.c. ogni riferimento di tipo applicativo al particolare caso di
condanna al pagamento dei crediti futuri, una interpretazione letterale nel
senso di una interpretazione chiaramente desumibile e dunque pedissequamente aderente alla lettera della norma [] neppure pare configurabile
[] Daltra parte, ove si aderisse allinterpretazione sostenuta dalla convenuta nel senso di permettere sempre e comunque al coniuge o ex coniuge
di iscrivere ipoteca sui beni immobili dellobbligato a prescindere da ogni
inadempimento o pericolo di inadempimento [] si perverrebbe a risultati
inaccettabili che provano a contrario la bont della tesi cui qui si accede.
Cos opinando, si sottometterebbe infatti lobbligato allesercizio non solo
potestativo, ma anche con effetti permanenti nel tempo [] di una facolt
di iscrizione di ipoteca da parte dellaltro coniuge o ex coniuge [] oltre
agli effetti negativi sul patrimonio in termini di possibilit di vendere limmobile [] ai notori effetti negativi in caso di richieste di accesso al credito
bancario o finanziario16.
I corsivi sono aggiunti. Chiosa il Tribunale di Milano che linterpretazione sistematica
adottata porta a concludere che: consentita liscrizione di ipoteca al coniuge (o ex coniuge)
beneficiario anche in relazione alle mensilit dellassegno di mantenimento o divorzile non
ancora scadute, ma a condizione che vi sia il pericolo che lobbligato possa sottrarsi alladempimento delle sue obbligazioni; in un primo momento si lascia al solo beneficiario la valutazione
della sussistenza del pericolo; tale valutazione, tuttavia, sindacabile nel merito dal giudice,
per cui ove lobbligato chieda al giudice stesso di disporre la cancellazione dellipoteca ai
sensi dellart 2884 c.c., il giudice pu e deve verificare leffettiva sussistenza del requisito del
pericolo di inadempimento; la mancanza, originaria o sopravvenuta, del requisito del pericolo
di inadempimento, determina linsussistenza dello scopo per cui la legge consente il vincolo e
fa sorgere, di conseguenza, il diritto dellobbligato ad ottenere lordine di cancellazione.
Il giudice ambrosiano rimprovera alla Cassazione di non aver tenute distinte in maniera
espressa, ma soltanto implicita, le fattispecie di titolo alliscrizione e titolo alla permanenza
della garanzia. Nella ricostruzione sistematica riportata poco sopra, infatti, il Tribunale di
Milano a trarre tutte le conseguenze dellimpostazione configurata dai giudici di legittimit,
conseguenze rimaste nellombra nella pur lunga motivazione della sentenza del 2004.
Per approfondire ulteriormente: il giudice interviene sempre ex post, cio dopo che liscrizione ipotecaria avvenuta, ma al giudice stesso possono essere chieste due cose differenti:
a) riscontrare che non vi era una valida ragione per operare liscrizione, visto che in quel momento non sussisteva alcun inadempimento o pericolo di adempimento dellobbligo e la situa16

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

111

Tutto ci si legherebbe alla natura del credito, ossia al carattere futuro


del credito vantato dal coniuge o ex coniuge beneficiario17. Sostiene, infatti,
il giudice lombardo che: a) la funzione dellipoteca rivolta a tutelare crediti, cio posizioni giuridiche di diritto relativo in atto; b) la corresponsione
periodica di un assegno determina il sorgere di un credito del beneficiario
nei confronti dellobbligato, credito che al momento della sentenza e prima della scadenza di ciascun termine periodico di pagamento, non attuale e nemmeno esigibile; c) manca una norma generale in tema di garanzia
ipotecaria per crediti non ancora sorti; d) la formulazione dellart. 2852 c.c.
pare sottintendere, quale principio generale, che lipoteca pu essere concessa anche per crediti futuri, ma col limite che i crediti futuri da garantire
non dipendano da rapporti non ancora insorti18.
Ecco, quindi, che nellargomentazione dei vari giudici sono emerse linterpretazione letterale con i suoi esiti palesi (ma per taluni inaccettabili)
e con quelli oscuri, una chiave sistematica di lettura alternativa a quella letterale, il ruolo rilevante della funzione e della natura degli istituti coinvolti.
A fronte di questo quadro giunto il momento di mettere un po di ordine
lessicale e concettuale al suo interno, di fare una minima opera di terapia
linguistica e attraverso questa svelare alcune debolezze argomentative di
tutte o soltanto di alcune delle decisioni sin qui riassunte.

3. Interpretazione letterale, sistematica e funzionale in che senso?


Riassumendo. Il Tribunale di Roma caldeggia linterpretazione letterale dellart. 156, comma 5 (e dellomologa disposizione normativa in tema
di divorzio), mentre la Cassazione e il Tribunale di Milano si oppongono a
questa impostazione e ostracizzano linterpretazione letterale dellart. 2818
c.c., a cui lart. 156, comma quinto rinvia19.
zione, al tempo della domanda, non mutata; b) verificare che pur essendo giustificata liscrizione non giustificato il protrarsi della garanzia ipotecaria, poich non sussiste pi il pericolo
di inadempimento futuro. Questultimo chiarimento per dellautore di questo scritto, mentre non appare formulato con nitore nel periodare della Suprema corte e nemmeno nelle parole
del giudice lombardo. Che il giudice possa intervenire solo dopo liscrizione dellipoteca, su
impulso del debitore, confermato dalla giurisprudenza per la quale la domanda del coniuge
(o ex coniuge) creditore rivolta a ottenere lautorizzazione alliscrizione di ipoteca inammissibile per difetto di interesse, in quanto lo stesso coniuge (o ex coniuge) creditore pu procedere direttamente alliscrizione (in questi termini Cass. civ., 20 novembre 1991, n. 12428, cit.).
17
Anche su questo punto si dovr tornare.
18
I corsivi sono aggiunti.
19
Il significato letterale il risultato dellinterpretazione compiuta per mezzo dellargomento letterale, ma visto che usare largomento letterale vuol dire far capo al significato letterale, i due sintagmi significato letterale e interpretazione letterale possono considerarsi

112

Tra teoria e dogmatica

Ma la nozione di interpretazione letterale utilizzata nei discorsi dei giudici la stessa? Sembrerebbe di no. Il Tribunale di Roma sostiene che la
massima estensione semantica della disposizione normativa di cui allart.
156, comma 5 c.c. non contempla il requisito del pericolo dellinadempimento: linterpretazione letterale equivale qui allinsieme dei significati attribuibili alla disposizione normativa. Lo stesso giudice, infatti, scrive che
introdurre il requisito del pericolo dellinadempimento significherebbe limitare una facolt del coniuge creditore prevista dalla legge. Di tenore assai diverso , invece, laffermazione del Tribunale di Milano che rivolge in
via principale lattenzione allart. 2818 c.c., disposizione normativa della
quale una interpretazione letterale non pare configurabile, poich manca
un significato chiaramente desumibile dalla formulazione della disposizione
normativa oggetto di interpretazione. Il significato letterale parrebbe essere
qui non uno qualsiasi dei significati attribuibili alla disposizione normativa,
bens il significato chiaro (palese?) e se la chiarezza non v, allora non v
neppure il significato letterale. La Cassazione, invece, non sembra negare
lesistenza di un significato letterale dellart. 156, comma 5, ma ritiene che
esso vada corretto e superato alla luce dellinterpretazione sistematica.
Soffermiamoci sugli argomenti spesi dalla Suprema Corte e dal Tribunale di Milano.
Iniziamo dal secondo. Per prima cosa vale la pena notare che il giudice lombardo sposta lattenzione dalla formulazione dellart. 156, comma 5
c.c., alla formulazione dellart. 2818 c.c.; sarebbe questultima disposizione
normativa a non avere un chiaro significato e quindi non sottoponibile a interpretazione letterale. Tuttavia la domanda da porsi : che cosa c di tanto
oscuro nella disposizione normativa che dispone Ogni sentenza che porta
condanna al pagamento di una somma o alladempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente titolo
per iscrivere ipoteca sui beni del debitore? Ovviamente si pu discutere su
quali provvedimenti siano sentenze di condanna al pagamento di una somma o alladempimento di altra obbligazione20, ma non v dubbio che lo sia
sinonimi. Sul tema sono tuttora importanti i saggi di Chiassoni, Luzzati, Mazzarese, Pastore e
Villa contenuti in V. Velluzzi (a cura di), Significato letterale e interpretazione del diritto, Torino, Giappichelli, 2000, passim. Per riferimenti bibliografici pi recenti v. F. Poggi, Significato
letterale: una nozione problematica, in P. Comanducci-R. Guastini (a cura di), Analisi e diritto
2006. Ricerche di giurisprudenza analitica, Torino, Giappichelli, 2007, 196 ss., e P. Chiassoni,
Tecnica dellinterpretazione giuridica, Bologna, il Mulino, 2007, p. 60 nota 14. Una curiosit:
i giudici di merito e di legittimit non menzionano lart. 12 comma 1 delle preleggi e i criteri
interpretativi in esso contenuti.
20
Una sintetica, ma ben curata, rassegna della dottrina e della giurisprudenza si trova
nel Commentario al codice civile a cura di P. Cendon, Milano, Giuffr, 2008, pp. 747-760.

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

113

la sentenza di cui allart. 156, comma 5 c.c., tanto vero che i commentatori
hanno ritenuto questa disposizione normativa ridondante, pleonastica, superflua, iterativa dei contenuti dellart. 281821. Insomma, vista la formulazione dellart. 2818 c.c., non v dubbio che essa abbia quale suo possibile
significato, ossia a essa attribuibile applicando le regole semantiche e sintattiche della lingua italiana, quello che consente liscrizione e la sua permanenza sulla base della sentenza o del decreto di omologazione. Largomento per il quale la lettera oscura, troppo oscura per poter essere seguita,
non persuade. A fare chiarezza dovrebbe soccorrere il sistema. Ma a questo punto evidente che lappello allinterpretazione sistematica non trova
fondamento nellassenza di chiarezza della formulazione normativa dellart.
2818 c.c., bens nella sua inadeguatezza. E infatti il Tribunale di Milano,
dopo aver ritenuto che linterpretazione letterale non configurabile, afferma, contraddicendosi, che se si seguisse la stessa interpretazione letterale
(dunque configurabile) si giungerebbe a risultati inaccettabili: si sottometterebbe infatti lobbligato allesercizio non solo potestativo, ma anche con
effetti permanenti nel tempo [] di una facolt di iscrizione di ipoteca da
parte dellaltro coniuge o ex coniuge [] oltre agli effetti negativi sul patrimonio in termini di possibilit di vendere limmobile [] ai notori effetti
negativi in caso di richieste di accesso al credito bancario o finanziario.
Non v da scandalizzarsi se questioni semanticamente chiare sono ritenute giuridicamente opache, o trasformate in situazioni giuridicamente
opache, ma importante vagliare in base a quali argomenti lopacit sostenuta o costruita22. Nel caso del giudice meneghino mi pare che egli abbia
individuato una lacuna assiologica, ovvero non una mancanza di disciplina,
bens la presenza di una disciplina inidonea alla luce di supposte considerazioni sistematiche23. Il significato chiaro per il giudice lequivalente del
significato adeguato e da preferire, per cui il significato letterale non essendo chiaro inadeguato e va scartato, mentre il significato frutto per lui di
argomentazioni sistematiche chiaro, adeguato e quindi da adottare.
Vale la pena, allora, spendere qualche parola sullinterpretazione siste Si tengano presenti le parole di G. Gorla, P. Zanelli, Del pegno e delle ipoteche, Commentario Scialoja e Branca, Bologna-Roma, Zanichelli-Il foro italiano, 1992, p. 289: Quanto
allipotesi del comma 2 (ora art. 156 5 comma) si osservato che detta espressa previsione
rimasta, nonostante lunanime riconoscimento della sua superfluit perch ogni condanna a
prestazioni alimentari sempre stata considerata titolo idoneo alliscrizione di ipoteca giudiziale, a sottolineare limportanza della tutela del coniuge [] economicamente pi debole.
22
Cfr. M. Barberis, Filosofia del diritto. Unintroduzione teorica, Torino, Giappichelli,
2003, p. 227.
23
Sulle lacune assiologiche v. per tutti R. Guastini, Defettibilit, lacune assiologiche, interpretazione, in Id., Nuovi studi sullinterpretazione, Roma, Aracne, 2008, pp. 97-118.
21

114

Tra teoria e dogmatica

matica per comprendere in qual guisa il giudice milanese ne abbia fatto


uso. Se si guarda al modo in cui giudici, giuristi e teorici del diritto trattano
dellinterpretazione sistematica, si nota che la nozione polisensa, ovvero
ad essa sono ricondotte svariate tecniche interpretative. Non solo. Molteplici sono pure le nozioni di sistema che le tecniche interpretative presuppongono24. Un modo affatto generico di intendere linterpretazione sistematica
quello per il quale si interpreta sistematicamente se si combinano tra loro
pi disposizioni normative o parti di esse (cosiddetto combinato disposto).
Ma v da dubitare seriamente che il ricorso al combinato disposto sia
costruttivo25. Vediamo il perch. Si possono individuare almeno tre accezioni di combinato disposto. In una prima accezione per combinato disposto
si intende ci di cui si appena parlato: linterpretazione effettuata combinando tra loro pi enunciati normativi, o pi parti di diversi enunciati
normativi o dello stesso enunciato. Cos inteso, il combinato disposto non
indica uno specifico argomento interpretativo, diviene sinonimo di attivit
interpretativa, in quanto, tranne che in rare occasioni, loperazione interpretativa comporta il coinvolgimento di una serie di enunciati normativi e non
solo di un singolo enunciato delle fonti. In una seconda accezione combinato disposto equivale a interpretazione adeguatrice. Si fa riferimento al combinato disposto per indicare che il processo interpretativo condizionato
dalla rilevanza di gerarchie normative, per cui lesito dellinterpretazione
il frutto della combinazione degli enunciati normativi sovraordinato e gerarchicamente inferiore, o per essere pi precisi, del condizionamento che
il contenuto di significato della fonte di rango gerarchico superiore opera
sulla determinazione di significato dellenunciato di rango inferiore. In una
terza accezione la formula del combinato disposto evoca il rinvio ad altre
disposizioni normative, vale a dire del rinvio che un enunciato normativo
pu operare ad altro enunciato normativo. In questo caso linterprete lavora
tenendo conto dellenunciato in cui v il rinvio, e non pu per evitare di
operare la determinazione del significato dellenunciato oggetto del rinvio.
Sul tema rinvio al mio Interpretazione sistematica e prassi giurisprudenziale, Torino,
Giappichelli, 2002, passim, dove gli argomenti sistematici vengono raggruppati in quattro
distinti tipi di interpretazione: sistematico-dogmatica; sistematico-testuale; sistematico-teleologica; logico-sistematica (v. retro il secondo saggio di questa raccolta). Sullinterpretazione
sistematica si veda anche lottima trattazione di G. B. R atti, Sistema giuridico e sistemazione
del diritto, Torino, Giappichelli, 2008, specie cap. X e XI e da ultimo R. Guastini, Interpretare
e argomentare, in Trattato Cicu e Messineo, Milano, Giuffr, 2011, parte terza, cap. IV, 8, 9, 10.
25
Riprendo in breve quanto gi scritto a suo tempo in Interpretazione sistematica e prassi
giurisprudenziale, cit., pp. 161-163. Nel testo si usano le espressioni argomento interpretativo
e tecnica interpretativa come fungibili, vengono entrambe assunte nel significato di discorsi
rivolti ad accreditare, sostenere un risultato interpretativo, ossia la determinazione del significato di una o pi disposizioni normative.
24

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

115

In sintesi, il combinato disposto una formula che individua un oggetto


dellinterpretazione, ma non individua uno specifico argomento interpretativo. Dietro il sintagma si cela una serie di operazioni interpretative che possono essere compiute con uno o vari argomenti interpretativi, sistematici e
non.
Nella pingue motivazione della sentenza del Tribunale di Milano v
senza dubbio lo sforzo di leggere in maniera congiunta le formulazioni normative coinvolte dalla fattispecie (156, comma 5, 2818, 2852 c.c.), anche in
ragione dellespresso rinvio allart. 2818 compiuto dallart. 156, comma 5,
ma nulla pi di questo. La chiave di lettura sistematica evocata, per riprodurre il lessico giudiziale, presuntivamente risolutrice, destinata a far luce
sulla vicenda, se intesa come sopra evidenziato, ovvero riferita al combinato
disposto nella prima e nella terza delle accezioni segnalate, si rivela una luce
fioca, poco adatta ad illuminare il cammino. Ci che conta, infatti, ben
altro. Senza mezze misure bisogna rilevare che dietro il combinato disposto
v, nel nostro caso, il soggettivo sentimento di giustizia del giudicante: il
sistema di riferimento del giudice il suo personale senso di giustizia e sulla
base di questo viene vagliata la normativa che c, giungendo alla conclusione che se fosse interpretata in una certa maniera (la si pu chiamare letterale o in altro modo, poco importa), condurrebbe a esiti inaccettabili.
Per dirla con altre parole. Pi che costruire uninterpretazione sistematica alternativa il giudice supera la formulazione normativa, va oltre i suoi
possibili significati linguistici colmando la lacuna assiologica per mezzo
dellaggiunta di un requisito, lavvenuto inadempimento o il pericolo attuale o futuro di inadempimento, conforme al suo senso di giustizia, ma non
riconducibile al significato delle formulazioni normative esaminate, nemmeno guardando alla loro massima estensione semantica, pur ottenuta combinandole assieme26. Viene introdotta una eccezione implicita allart. 156,
comma 5 c.c., una condizione di applicazione non riconducibile alla sua
formulazione (comunque interpretata), rendendola, cos, defettibile27.
Linterpretazione giuridica intesa nellarco del saggio non in senso generico, ossia
come unattivit giuridica compiuta per individuare una norma generale che offra una soluzione ad un caso, bens intesa in senso specifico, ossia come determinazione del significato degli
enunciati normativi (v. G. M aniaci, Razionalit ed equilibrio riflessivo nellargomentazione giudiziale, Torino, Giappichelli, 2009, pp. 250-251).
27
Sui vari significati di defettibilit nel diritto v. P. Chiassoni, La defettibilit nel diritto,
in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2, 2008, pp. 471-506. Chiassoni individua
undici contesti duso dellaggettivo defettibile e del sostantivo defettibilit e nellesaminarli ripercorre gran parte della vasta letteratura in lingua italiana, castigliana e inglese. Ovviamente
loperato del Tribunale di Milano risulta pi o meno problematico a seconda della teoria del
diritto che si assume: un accanito giusrealista, per esempio, si limiter a registrare laccaduto
e a farne tesoro per il futuro; mentre un giuspositivista, per quanto non ingenuo e dotato di
26

116

Tra teoria e dogmatica

Si potrebbe obiettare che per dipanare la matassa a favore della soluzione adottata dal Tribunale di Milano decisivo largomento della natura del
credito vantato dal coniuge (o ex coniuge) creditore e della ragione della
tutela a esso accordata attraverso lipoteca giudiziale, una sorta di interpretazione funzionale dellipoteca giudiziale associata al carattere futuro del
credito garantito28. Tuttavia questo argomento per un verso incoerente e
per laltro verso suicida, nel senso che accredita la tesi opposta a quella caldeggiata.
Scendiamo nei dettagli.
Per prima si segnala lincoerenza. Pur tenendo ferma la natura futura
del credito vantato dal coniuge o dallex coniuge e pur accettando la tesi
che la funzione dellipoteca sia quella di garantire posizioni giuridiche di
diritto relativo in atto (sono le parole della motivazione della sentenza milanese), non si vede come si possa affermare che non v una norma in tema
di garanzia ipotecaria per crediti non ancora sorti e subito dopo indicare
nellart. 2852 c.c. un principio generale. Il contenuto di questo principio sarebbe appunto quello di consentire liscrizione ipotecaria per i crediti futuri, per quanto col limite della loro dipendenza da rapporti giuridici gi sorti.
Quindi non solo non v carenza di regolamentazione della materia, ma la
disciplina fa capo addirittura a una norma che assurge al rango di principio
generale.
Per seconda si indica la parte suicida del ragionamento. Per quanto la
nozione di rapporto giuridico sia concettualmente controversa, al punto da
aver impegnato e interessato anche i filosofi del diritto, sarebbe davvero ardito e molto complicato sostenere che il credito del coniuge o dellex coniuge non si fonda su un rapporto gi in essere29. Basta rammentare, infatti,
che si verte in materia di ipoteca giudiziale e il beneficiario procede alliscrizione dopo aver ottenuto un titolo valido per legge, ovvero una sentenza o
un atteggiamento critico, ossia colui che cerca di determinare cosa dicono le fonti del diritto
e qualora il risultato gli sembri ancora incompleto e contraddittorio [] cerca di distinguere
quanto ricavabile con i mezzi interpretativi concessi dalle fonti stesse e quanto in tale operazione deriva invece dai suoi valori, dalle sue opinioni e dai suoi interessi (cos M. Jori, Del
diritto inesistente. Saggio di metagiurisprudenza descrittiva, Pisa, Ets, 2010, p. 120), troverebbe
largomentazione carente proprio riguardo alla distinzione raccomandata.
28
Sulla funzione dellistituto ipotecario e dei vari tipi di ipoteca v. A. Chianale, Lipoteca, in Trattato di Diritto civile a cura di Sacco, Torino, Utet, 2005, passim; sulla natura del
credito del coniuge separato e sulle garanzie predisposte dallart. 156 c.c., v. E. Zanetti Vitali,
La separazione personale dei coniugi, in Commentario a cura di Schlesinger e Busnelli, Milano,
Giuffr, 2006, sub art. 156.
29
Non a caso il giudice non lo dice apertamente ma vagamente allusivo. Il filosofo del
diritto a cui ci si riferisce L. Bagolini, Note intorno al rapporto giuridico, in Archivio giuridico,
II, 1944, pp. 193-208.

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

117

un decreto di omologa della separazione, provvedimenti che di certo istituiscono un rapporto giuridico tra debitore e creditore, rapporto sul quale si
basa lobbligo dello stesso debitore di adempiere con regolare periodicit
le prestazioni future. Orbene: il credito (futuro) del coniuge (o ex coniuge)
trova saldo ancoraggio in un rapporto esistente; che lipoteca possa garantire crediti futuri fondati su rapporti esistenti un principio generale sancito dallart. 2852 c.c.; ergo la permanenza della garanzia pare attuazione del
principio e non in contrasto con esso. In tal guisa la natura futura del credito e la funzione dellipoteca non forniscono alcun sostegno allintroduzione dellavvenuto inadempimento o del pericolo dellinadempimento futuro
quale requisito per la sopravvivenza della garanzia ipotecaria30.
Ora la Cassazione. A dire il vero largomento principale addotto dai giudici di legittimit pi lineare e meno fumoso di quelli sostenuti dal giudice
di merito meneghino. Lattenzione tutta rivolta allart 156 c.c. (e alla corrispondente normativa in materia di divorzio) e linterpretazione sistematica
evocata si gioca internamente alle tutele apprestate dalle disposizioni normative sulla separazione personale tra coniugi (e sul divorzio). Questo argomento stato speso pure dal Tribunale di Milano, ma come un argomento
tra i molti e senza attribuirgli un peso determinante, mentre nella motivazione della sentenza della Suprema corte acquista valore decisivo. Anzi per
il giudice di merito linterpretazione sistematica coinvolgeva primariamente
le disposizioni normative in materia di ipoteca e secondariamente le disposizioni riguardanti la separazione personale e il divorzio.
Per la Suprema corte vale lopposto. Pi in particolare, opportuno sottolinearlo, il collegio ha scritto che non , tuttavia, da trascurare, il fatto
che il primo comma del citato art. 8 ed il quarto comma del parimenti citato art. 156, con disposizioni tra loro affini, prevedono che il giudice che
pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio,
ovvero la separazione, pu imporre allobbligato di prestare idonea garanzia
reale o personale solo se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi alladempimento nella corresponsione di quanto dovuto allaltra parte [dunque] pare
inevitabile dover concludere sulla base di una lettura in chiave sistematica [] la quale tenga altres conto, da un lato, pur sempre dellautonomia,
rispetto allart. 2818 c.c., delle previsioni di cui allart. 8, comma secondo,
legge 898/1970 e di cui allart. 156, quinto comma c.c., nonch, dallaltro
lato, del fatto che anche le misure del sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e dellordine ai terzi di versamento diretto agli aventi di Si parla solo della sopravvivenza della garanzia ipotecaria e non anche della condizione per la sua istituzione in virt di quanto detto retro nota 16.
30

118

Tra teoria e dogmatica

ritto sono subordinate a norma del penultimo dellart. 156 c.c., come pure
ai sensi delle disposizioni affini dellart. 8 della citata legge, commi dal terzo al settimo [] al caso di inadempienza dellobbligato [] la relativa
mancanza, originaria o sopravvenuta, determina, venendo appunto meno lo
scopo per cui la legge consente il vincolo, lestinzione della garanzia ipotecaria gi prestata31. Sostenendo lautonomia delle disposizioni normative
dellart. 156 c.c., comma quinto e dellart. 8, comma secondo, della legge
898/1970 rispetto allart. 2818 c.c., la Suprema corte sembra voler dire che
se si leggessero questo disposizioni normative in maniera subalterna allart.
2818 c.c., la tesi maggioritaria (ripresa dal Tribunale di Roma) sarebbe ineccepibile, solo guardando al sistema delle tutele apprestate dallart. 156 c.c.
e dallart. 8 legge 898/1970 e al loro scopo che possibile, anzi necessario,
attribuire al debitore diligente, non inadempiente e dalla prognosi di adempimento favorevole, il diritto alla cancellazione dellipoteca.
Insomma, anche la Cassazione rende defettibile il comma 5 dellart. 156
c.c., tuttavia non usa linterpretazione sistematica e funzionale in modo
contradditorio, confuso e generico a mo di cortina fumogena per occultare ragioni equitative calibrate su un proprio metro di giustizia. I giudici di
legittimit richiamano, invece, la necessit di una proporzione delle tutele
apprestate per garantire il credito del coniuge o ex coniuge. Se garanzie personali, altre garanzie reali (rispetto allipoteca), versamenti diretti da parte
del datore di lavoro del debitore, possono essere disposti, a seconda dei casi, soltanto se ricorre inadempimento o il pericolo del medesimo, irragionevole, ingiustificato, sproporzionato, permettere che la garanzia ipotecaria
gravi su uno o pi beni del debitore in assenza di una di queste condizioni.
Si evidenzia una lacuna assiologica, ovvero la presenza di una disciplina inadeguata, in quanto la garanzia ipotecaria trattata, senza ragione, in maniera diversa dalle altre garanzie reali, personali e dalle ulteriori forme di tutela
previste del credito del coniuge e dellex coniuge.

4. Ancora un interrogativo: una questione di legittimit costituzionale per irragionevole differenziazione?


Largomentazione della Cassazione quindi meno articolata, ma indubbiamente pi lineare, dei ragionamenti sviluppati dal Tribunale di Milano,
per quanto i giudici di legittimit e di merito giungano alla stessa conclusione.
V, per, un punto importante da valutare sulla base dellassetto costituzionale dei poteri proprio dellordinamento giuridico italiano, ovvero se
I corsivi sono aggiunti.

31

Tutele proporzionate e interpretazione giudiziale

119

lintroduzione del requisito dellinadempimento o del pericolo dellinadempimento, estraneo alla formulazione e alle possibili interpretazioni del comma 5 dellart. 156, spettasse alla Cassazione oppure no. Ovviamente questo
punto rileva sempre che si vogliano prendere le norme giuridiche, costituzionali e non, sul serio.
Si visto che largomento sistematico e teleologico usato dalla Cassazione solleva una questione di proporzione delle tutele che si traduce in un
problema di ingiustificata differenziazione del trattamento di situazioni
riconducibili alla medesima ratio. Si tratta pertanto di un tipico problema
rilevante ex art. 3, comma 1, Costituzione32. Per risolvere il problema la
Cassazione non procede a una determinazione di significato dellart. 156,
comma 5, conforme a Costituzione, non aveva spazi semantici per farlo, ma
colma la lacuna assiologica innestando il requisito previsto in altri commi
del medesimo articolo nel comma 5.
il modo corretto di procedere o si sarebbe dovuta sollevare questione di legittimit costituzionale ex art. 3, comma 1, della Costituzione per
irragionevolezza della disciplina disposta dallart. 156, comma 5? Se si dismettono gli abiti del teorico del diritto e si indossano quelli del dogmatico
a questo interrogativo si deve rispondere: necessario sollevare la questione di legittimit costituzionale33. La Cassazione non pu seguire scorciatoie
decisionali sostituendosi al giudice delle leggi, pu solamente agevolargli il
lavoro adottando interpretazioni costituzionalmente orientate, ma ove ci
non sia possibile ai giudici costituzionali che bisogna rivolgersi. In ambito
giuridico non conta soltanto il risultato, ma anche il modo attraverso il quale il risultato conseguito e il rispetto delle competenze istituzionali essenziale per ritenere una decisione adottata secondo diritto34.

Sui legami tra art. 3, comma 1 della Costituzione, ragionevolezza e analogia giuridica si rinvia alle pagine di V. Boncinelli, I valori costituzionali tra testo e contesto, Torino,
Giappichelli, 2007, cap. IV e alla bibliografia ivi citata, nonch al 4 del saggio Osservazioni
sullanalogia giuridica, in questo libro.
33
Cos come di accoglimento avrebbe dovuto essere leventuale pronuncia della Corte
costituzionale sul quesito di legittimit. Se la questione di legittimit costituzionale fosse stata
sollevata avrebbe comportato da parte del collegio costituzionale una sentenza di incostituzionalit dellart. 156, comma 5 per la parte in cui non prevede etc.
34
Per dirla con le autorevoli parole di M. Gallo, Moralit, Napoli, Esi, 2011, p. 170,
bisogna fare sempre attenzione alle soluzioni che possono trasformare un ordinamento in
qualcosa che assomiglia ad una veste di Arlecchino, fatta di pezze scelte di volta in volta dal
gusto di chi deve fornire di abito un ignudo.
32

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JURA
Temi e problemi
del diritto

STUDI
discipline civilistiche
discipline penalistiche - Criminalia
discipline pubblicistiche
filosofia del diritto

discipline civilistiche
Stefano Pagliantini, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti,
2009
Fulvio Cortese, Filippo Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, 2011

discipline penalistiche - Criminalia


Comitatoscientifico:Stefano Canestrari, Giovanni Canzio, Adolfo Ceretti,
Cristina de Maglie, Luciano Eusebi, Fausto Giunta, Renzo Orlandi,
Michele Papa, Ettore Randazzo, Francesca Ruggieri

Costanza Bernasconi, Il reato ambientale. Tipicit, offensivit, antigiuridicit, colpevolezza, 2008


Stefano Canestrari, Fausto Giunta, Roberto Guerrini, Tullio Padovani,
Medicina e diritto penale, 2009
Caterina Paonessa, Gli obblighi di tutela penale. La discrezionalit legislativa nella cornice dei vincoli costituzionali e comunitari, 2009
Gabrio Forti, Maurizio Catino, Francesco DAlessandro, Claudia Mazzucato, Gianluca Varraso (a cura di), Il problema della medicina difensiva.
Una proposta di riforma in materia di responsabilit penale nellambito dellattivit sanitaria e gestione del contenzioso legato al rischio clinico, 2010

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Cristina de Maglie, I reati culturalmente motivati. Ideologie e modelli penali, 2010


Giulio Paoli, Fare lavvocato (con larringa nel processo Majorana e scritti
vari) a cura di Mario Pisani, 2011

discipline pubblicistiche
Giuliano Fonderico, Autonomie locali e iniziativa economica privata.
Studio sui monopoli e le privative comunali, 2008
Luigi Benvenuti, Marcello Clarich (a cura di), Il diritto amministrativo
alle soglie del nuovo secolo. Lopera scientifica di Fabio Merusi, 2010
Emiliano Frediani, La produzione normativa nella sovranit orizzontale, 2010
Francesco Monceri, Servizi pubblici e istanze sociali nella costituzione
economica europea, 2011
Fabio Giglioni, Governare per differenza. Metodi europei di coordinamento, 2012

filosofia del diritto


Mario Ricciardi, Diritto e natura. H.L.A. Hart e la filosofia di Oxford,
2008
Silvia Zorzetto (a cura di), La consuetudine giuridica. Teoria, storia, ambiti
disciplinari, 2008
Gianmarco Gometz, Le regole tecniche. Una guida refutabile, 2008
Anna Pintore, Democrazia e diritti. Sette studi analitici, 2010
Aldo Schiavello, Perch obbedire al diritto? La risposta convenzionalista
ed i suoi limiti, 2010
Mario Jori, Del diritto inesistente. Saggio di metagiurisprudenza descrittiva, 2010
Silvia Zorzetto, La norma speciale. Una nozione ingannevole, 2010
Francesco Ferraro, Il giudice utilitarista. Flessibilit e tutela delle aspettative nel pensiero giuridico di Jeremy Bentham, 2011

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Vito Velluzzi (a cura di), Labuso del diritto. Teoria, storia e ambiti disciplinari, 2012
Vito Velluzzi, Tra teoria e dogmatica. Sei studi intorno allinterperetazione,
2012

TESTI
Luca Pelliccioli, Vito Velluzzi (a cura di), Lanalogia e il diritto. Antologia breve, 2011

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