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Un Workers Act per cambiare

26/05/2015
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Dietro le formule nebulose del Jobs Act del governo si rivela la volont di render
e la prestazione della manodopera pi flessibile sia in entrata che in uscita, cio
meno garantita per i dipendenti sia nellassunzione che nel licenziamento. Ma un a
lternativa possibile. ll testo dell introduzione al Workers Act di Sbilanciamoci
!
Le pagine che seguono spiegano, nella prima parte, il Jobs act del governo di Ma
tteo Renzi e nella seconda presentano unalternativa a esso: non per caso si chiam
ano Workers act perch esprimono il punto di vista dei lavoratori. necessario spiega
rlo perche linsieme di testi presentato dal governo, non per essere discusso ma a
ffidato con una serie di deleghe allesecutivo, va chiarito a coloro che vi sarann
o obbligati senza aver potuto contribuire alla sua elaborazione. Dietro le formu
le nebulose si rivela, non detta, la volont di rendere la prestazione della manod
opera pi flessibile in entrata e in uscita, cio meno garantita per i dipendenti si
a nellassunzione, sia nel licenziamento, che torna a essere possibile a piaciment
o del padronato con un semplice rimborso, abolendo sia nel licenziamento, che to
rna a essere possibile a piacimento del padronato con un semplice rimborso, abol
endo quel che restava dellart. 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970, dopo il
gi grave ridimensionamento operato dalla riforma Fornero del 2012.
Il lavoro diventa soggetto a tutte le versioni e forme diverse di precariato; il
contratto a tempo indeterminato, definito in modo ingannevole a tutele crescenti,
allarga tempi e spazi di precariato a cominciare senza remora alcuna dai primi
tre anni, quando perfino esente da imposizione fiscale per limpresa. La troppo va
sta tipologia dei contratti, con regolamenti relativi, non stata corretta salvo
in parte nel contratto a progetto, dovera diventata scandalosa. In genere la molt
eplicit delle misure recepisce quella che quando lattuale Pd era ancora Pci e il s
indacalismo cattolico aveva i suoi anni di gloria era comunemente definita giungl
a contrattuale. I ripetuti annunci di semplificazione sono brutalmente smentiti d
a una legislazione il cui arruffamento non indice di confusione, quanto moltipli
cazione delle vie offerte al datore di lavoro di trattare i suoi dipendenti con
il metodo usa e getta.
Si tratta di un arretramento poderoso dei lavoratori nei rapporti di forza con i
l capitale, perseguito dal governo nella convinzione almeno presentata come tale
di agevolare limprenditore in un rilancio della crescita delleconomia, come se la
sua attuale fluttuazione dallo zero allo zerovirgola si dovesse alle pretese ec
cessive imposte dai dipendenti, dai lacci e lacciuoli da loro messi allo sviluppo.
Lassenza di qualsiasi piano di reindustrializzazione e di riduzione della disocc
upazione crescente in Italia dimostra la miopia dellattuale esecutivo nelloperare
questa stretta.
Essa non dovuta alla crisi, ma ne profitta per ridurre le tutele dei lavoratori
e limporto dei salari, insomma per allargare i profitti dellimpresa e indurre una
ripresa degli investimenti a spese dei salariati, senza modificare il prodotto o
le tecniche di produzione. una svolta di 180 gradi rispetto alla linea keynesia
na che aveva sorretto la crescita del dopoguerra; una svolta che non solo penali
zza i dipendenti ma non riesce a vivificare il mercato, che gi fa sapere di non c
ontare su pi di un punto di crescita come conseguenza dellapplicazione del Jobs ac
t. Il cardine della politica di austerit si rivela non solo socialmente ingiusto,
ma inefficace, producendo tensioni sociali e soffocamenti; lesempio pi negativo q
uello che Bruxelles insiste ad imporre alla Grecia con filosofia del rimborso to
tale e in tempi stretti del debito, ma una politica che pesa su tutti i paesi de
l sud Europa, mettendone in pericolo lintegrazione. evidente lintenzione di dare a
llEuropa una configurazione squilibrata fra nord e sud, confermando il potere dei
primi, mentre si accantona ogni tentativo di definire condizioni uguali per tut
ti nella fiscalit e nelle strutture produttive.
Il Jobs act ha imposto di forza una diminuzione dei diritti del lavoro che inter
pella il parlamento e i partiti decisivi in esso, in primis il Pd, sulla svolta

culturale avvenuta in questi anni; lidea che un paese si fa del rapporto di lavor
o infatti fondamentale per la qualit della democrazia e della socialit che si pers
egue. Lidea del lavoro ha conosciuto una crescita difficoltosa ma costante dalla
seconda guerra mondiale e dalla sconfitta del fascismo fino agli anni novanta de
l secolo scorso, e uninvoluzione decisiva nella legificazione dellattuale governo;
significativo che essa avvenga sotto legida di un premier espresso dal pi grande
partito di sinistra, fino a venti anni fa simbolo del movimento operaio. Non sia
mo una eccezione, sono chiamati governi di sinistra o di coalizione con la sinis
tra quelli che trascinano lEuropa sulla via dellausterit, con la restrizione dei di
ritti sociali, del welfare e della spesa pubblica.
Questa svolta culturale ha radici lontane. C da riflettere sul fatto che il movime
nto sociale pi partecipato e liberatorio, quello del 1968, che esplode alla fine
di un decennio di lotte, apre in Italia la strada a due nuove e decisive forme d
el politico: il movimento delle donne (femminista) e quello ecologico, fra loro
disuniti, ma prorompenti su strati e soggetti sociali nuovi rispetto al moviment
o operaio, e spinti pi che a integrarlo a metterlo sotto accusa per la balbuzie c
on i quali i suoi esponenti politici e sindacali, piuttosto che sposarne gli int
enti, vi restano in concreto estranei. Femministe e verdi accusano la gi eccessiv
amente conclamata fabbrica di sordit sulla questione delle donne (sordit dovuta al m
aschilismo dominante sia a destra che a sinistra) e, peggio, di aver appoggiato
o addirittura spinto a uno sviluppismo industriale sconsiderato, cieco ai limiti
del pianeta e quindi opposto alla sostenibilit della produzione e dei territori.
Sta di fatto che questi grandi filoni di critica del presente investono masse cr
escenti ma divise e incapaci di parlarsi, ciascuna in contrapposizione alle altr
e e aspirante allegemonia. La cosiddetta crisi della politica stata una porta spa
lancata al liberismo che pareva espulso dallorizzonte e vi trionfalmente rientrat
o, e con tanto pi impatto in quanto che essa si verifica contemporaneamente al pr
ecipitare delle societ dette comuniste. LUnione sovietica, la Repubblica popolare
cinese e Cuba, rivoluzioni nate in condizioni storiche diverse ma che hanno avut
o in comune lobiettivo della liberazione del lavoro dal capitale sono tutte e tre
passate dopo il 1989 a forme esplicite di capitalismo di stato, aperto allinizia
tiva privata.
stato il caso pi evidente di eterogenesi dei fini di un movimento internazionale
giovanile che, mirando a un approfondimento inedito del pensiero politico modern
o e delle sue principali istituzioni attraverso uno scavo delle radici dellautori
tarismo ai fini di una pi compiuta liberazione della persona, perde di vista la m
ondializzazione del capitale, e ritenendo impossibile metterla in causa , ha fin
ito con loffuscare dalle coscienze limportanza del rapporto di lavoro, un tempo co
nsiderato centrale.
Certo non da solo; le modifiche dellorganizzazione proprietaria e della produzion
e, il venir meno della grande fabbrica, gi contenitore della parte essenziale del
la forza lavoro e quindi luogo deputato delle sue elaborazioni politiche e sinda
cali, ha favorito la presa profonda nella societ di alcune realt e di alcune favol
e: la fine della figura operaia, proprio mentre essa assumeva proporzioni inedit
e sul globo, la fine di una identificabile propriet del mezzo di produzione, il m
oltiplicarsi delle esternalizzazioni e delle tipologie contrattuali, il dilagare
del prodotto immateriale rispetto alla fisicit del prodotto industriale, limmater
ialit delle tecniche del processo produttivo, la crescita, rispetto alle capacit e
lementari del lavoro parcellizzato, del ricorso a un intelletto generale che impli
cava facolt e molteplici saperi della vita urbana. Tutto questo ha prodotto e acc
ompagnato la frammentazione della coscienza dei lavoratori e il minore impatto d
elle loro organizzazioni tradizionali. Sta di fatto che dagli anni ottanta in po
i laderenza di una coscienza operaia alle trasformazioni proprietarie e del process
o produttivo andata sfocandosi e indebolendosi, mentre nel formarsi in misura cr
escente di movimenti puntuali ma separati, appare perduta uninterpretazione comun
e dellavversario capitalistico e del che fare degli sfruttati. I gruppi di ricerca
infittiscono ma non comunicano, neanche nelle forme razionali: c la separatezza de
i sindacati anche in Europa, il frantumarsi di unopinione politica comune, fatta
eccezione per Syriza in Grecia e Podemos in Spagna.
Neanche quando il governo lancia unoperazione capitalistica su grande scala, come

il Jobs act, essa produce una scossa immediata di percezione da parte del blocc
o popolare, probabilmente perch di blocco non si pu pi, o non ancora, parlare e qui s
i viene alla proposta di coalizione sociale di Maurizio Landini. In Italia occor
re molto tempo perch si realizzi una manifestazione nazionale di protesta, mentre
linfiacchirsi dei meccanismi maggioranza/opposizione in democrazia induce reazio
ni scomposte del governo.
Non va dimenticato infatti che il frutto pi velenoso della crisi della politica, vi
sibile specialmente negli eventi elettorali, limpoverimento della rappresentanza
e delle sue regole primarie che d luogo al confuso emergere di un partito della na
zione immaginato da Renzi, in cerca di uninvestitura popolare, che rinnovi i fasti
del 40% ottenuto alle elezioni europee, sul quale si basa lautorit di cui fa sfog
gio per indebolire il patto costituzionale. La ricezione inizialmente senza into
ppi tranne quelli venuti dalla Cgil o, come questo lavoro, da Sbilanciamoci!, ne
l silenzio del Partito democratico significativa di unennesima caduta culturale e
morale del paese. Di qui limportanza negativa del Jobs act e di questo tentativo
di opporgli una critica e unalternativa, offerte come materiale di lavoro alla c
lasse operaia e ai suoi gruppi di studio, cui spetta discuterle ed eventualmente
modificarle.

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