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Adamantius

Rivista del Gruppo Italiano di Ricerca su


Origene e la tradizione alessandrina
*
Journal of the Italian Research Group on
Origen and the Alexandrian Tradition

19
(2013)

1FS.BSJB*HOB[JB%BOJFMJ

La visione di Isaia nella controversia origenista:


Oote sullIn Habacuc di Gerolamo
di
Sincero Mantelli
A meglio intendere latteggiamento di Gerolamo in quel momento di riaccese passioni nei
confronti della teologia di Origene che si soliti indicare come controversia origenista (di fatto,
solo una delle molte diatribe intorno al suo pensiero), non sembra privo di interesse rivolgere
lattenzione al commento di Gerolamo al profeta Abacuc. Per sua stessa ammissione, Gerolamo si
rifer ampiamente al perduto commentario origeniano sui profeti minori e proprio
nellinterpretazione di Ab 3,2 riprese lesegesi origeniana di uno dei punti pi controversi di quella
avveniristica speculazione teologica linterpretazione trinitaria della visione di Isaia, una lettura
che Giustiniano non esiter a citare come qualificante dellerrore di Origene1.
Vorremmo quindi presentare unanalisi puntuale del passo in questione, grazie anche alla scoperta
di una lezione genuina che permette di gettare nuova luce sullorigine di tale interpretazione
scritturistica e di mostrare come, su questo punto, lesegesi di Gerolamo dipenda da quella del
maestro alessandrino, che si rifatto a sua volta alla tradizione giudaica, attraverso passaggi intuibili
per via naturalmente ipotetica, con tutte le insidie del caso. Daremo conto dellatteggiamento di
Gerolamo nei confronti di questa particolarissima interpretazione scritturistica durante la sua lunga
carriera di commentatore biblico e, in particolare, durante la controversia, che lo vide partigiano di
Epifanio di Salamina, improvvisamente e inaspettatamente nemico giurato del suo venerato
maestro.
1. 6OBMF[JPOFHFOVJOBEFMUFTUPEFMMIn HabacucEJ(FSPMBNP
Nel secondo libro del commento allottavo profeta minore Gerolamo si sofferma come di consueto,
dopo aver spiegato la sua traduzione del testo JVYUB )FCSBFPT, a interpretare, con inclinazione
perlopi allegorica, la traduzione da lui stesso condotta a partire dai Settanta. Venendo allanalisi
della versione greca di Ab 3,2a cos chiosa (il testo che segue tratto dalla nostra edizione in corso di
stampa )2:
Iustinian. &QBE.FOOBN, Mansi, IX, 528; ACO III 210, ll. 7-14.
Secondo i Settanta, invece, il senso molto diverso e dobbiamo dare anche una spiegazione delledizione
vulgata. Signore, ho udito nelle Scritture la tua parola e mentre tu mi davi lorecchio, secondo quello
che dice Isaia: Mi ha dato un orecchio per ascoltare; cos ho udito, come tu vuoi sia ascoltata la tua
parola. E ho contemplato assai attentamente le opere del Signore, perch non mi si dicesse: non guardano le
opere del Signore e non considerano le opere delle sue mani; partendo dalle creature ho conosciuto il
Creatore e a motivo delle singole cose che hai fatto e che ogni giorno fai nel mondo, sono stato totalmente
preso da stupore e, abbandonato il buon senso umano, mi sono volto a una santa follia. Ovvero, scosso per
lammirazione, ti lodo trepidante dicendo: In mezzo a due animali sarai riconosciuto. Molti ritengono
che questo si debba comprendere in riferimento al Figlio e allo Spirito santo, poich il Padre conosciuto
attraverso il Figlio e lo Spirito. Questi stessi animali gli scribi li interpretano come i due Serafini in Isaia e i
due Cherubini nellEsodo, che si guardano lun laltro e in mezzo hanno il propiziatorio, e in Isaia, che,
coprendo il capo e i piedi di Dio, soltanto in questo mondo volano, e gridano luno allaltro il mistero della
Trinit e uno dei Serafini, che significa ardente, inviato e viene sulla terra e purifica le labbra del profeta
e dice: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che ardesse. Avvertiamo che, per
Gerolamo, la 7VMHBUB la versione dei LXX preesaplare, cio non rivista da Origene e da Eusebio di Cesarea
e, di conseguenza, il termine indica anche le 7FUFSFT MBUJOBF, da essa derivate. DallVIII al XIII secolo la
1

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*VYUB-99BVUFNNVMUPBMUFSFTUTFOTVTFUEFCFNVTFUJBNVVMHBUBFFEJUJPOJTFYQMBOBUJPOFNQPOFSFi%PNJOF 
BVEJVJwJOTDSJQUVSJTiTFSNPOFNUVVNwFUUFNJIJEBOUFBVSJDVMBN JVYUBJMMVERVPEMPRVJUVS&TBJBTi"EEJEJU
NJIJ BVSJDVMBN BE BVEJFOEVNw JUB BVEJVJ  VU UV VJT BVEJSJ TFSNPOFN UVVN &U PQFSB UVB EJMJHFOUJVT
DPOUFNQMBUVT OFNJIJEJDFSFUVSPQFSBBVUFNEPNJOJOPOSFTQJDJVOUFUPQFSBNBOVVNFJVTOPODPOTJEFSBOUFY
DSFBUVSJTJOUFMMFYJDSFBUPSFNFUQFSTJOHVMBRVBFGFDJTUJFURVBFDPUJEJFPQFSBSJTJOVOJVFSTPNVOEP UPUVTPCTUVQVJ
FU TFOTVIVNBOJUBUJTBNJTTP JOTBODUBNBNFOUJBNTVNDPOVFSTVT7FMDFSUF BENJSBUJPOFUVSCBUVT JOMBVEFT
UVBTUSFQJEVTFSVNQPEJDFOTi*ONFEJPEVPSVNBOJNBMJVNDPHOPTDFSJTw2VPENVMUJQVUBOUEF'JMJPJOUFMMFHJFU
EF4QJSJUVTBODUP FPRVPE1BUFSQFS'JMJVNJOUFMMFHBUVSFU4QJSJUVN2VBFRVJEFNFUEVP4FSBQIJNJO&TBJBFU
EVP$IFSVCJNTDSJCBFJOUFSQSFUBOUVSJO&YPEP RVBFDPOUSBTFSFTQJDJBOUFUJONFEJPIBCFBOUPSBDVMVN FUJO
&TBJBVFMBOUJBDBQVU FUQFEFTEFJJOQSBFTFOUJUBOUVNTBFDVMPVPMFOU FUBMUFSBEBMUFSVNNZTUFSJVNJODMBNFOU
USJOJUBUJT  FU NJUUBUVS VOVT EF 4FSBQIJN  RVPE JOUFSQSFUBUVS BSEFOT  FU VFOJBU JO UFSSBT FU NVOEFU QSPQIFUBF
MBCJBFUEJDBUi*HOFNVFOJNJUUFSFTVQFSUFSSBNFURVBNVPMPVUBSEFBUw.

Linterpretazione del testo di Abacuc, che secondo i Settanta cos suona: Signore, ho ascoltato la
tua lezione e ho avuto timore; Signore, ho considerato le tue opere e mi sono meravigliato: in
mezzo a due animali sarai riconosciuto, assume nel commento geronimiano un carattere trinitario:
i due animali sarebbero il Figlio e lo Spirito Santo, in quanto solo attraverso di essi si pu arrivare
a una conoscenza del Padre, che non immediatamente attingibile dalluomo. Cos facendo
Gerolamo si ricollega a una precedente interpretazione relativa ai due esseri viventi, riferita
secondo il carattere dossografico tipico dei commentari biblici da commentatori anonimi,
genericamente indicati con il termine NVMUJ. In realt, come vedremo in seguito, questi predecessori
non nominati dal monaco di Betlemme si possono chiaramente identificare in una sola persona,
dalla quale egli aveva attinto quasi letteralmente questa esegesi biblica. E non si limita a riferire,
seppur genericamente, chi fosse la sua fonte, ma riporta la menzione di coloro che avevano
suggerito linterpretazione del passo in questione e che spiegavano in modo identico altri due brani
dal tenore molto simile. Questi esegeti, che potremmo definire fonte della fonte di Gerolamo,
vengono qualificati con il termine TDSJCBF.
Proprio su questa parola occorre a questo punto proporre una breve digressione assai utile alla
spiegazione del testo. Nelledizione del commentario al profeta Abacuc di Gerolamo curata da
M. Adriaen troviamo unespressione diversa da quella che abbiamo citato in apertura, dal senso non
del tutto convincente3:
2VBF RVJEFN FU EVP 4FSBQIJN JO &TBJB  FU EVP $IFSVCJN  TDSJCJ JOUFSQSFUBOUVS JO &YPEP  RVBF DPOUSB TF
SFTQJDJVOU FUJONFEJPIBCFBOUPSBDVMVN.

In vista di una nuova edizione critica dellopera, ora in corso di pubblicazione, abbiamo
collazionato undici codici, tre dei quali, che ci hanno permesso di ricostruire uno dei rami della
tradizione testuale, ci testimoniano una lezione differente: al posto di TDSJCJ abbiamo TDSJCBF.
La lezione TDSJCBF, trdita da A Z T4 (= a), fornisce non solo una frase pi sensata5, ma ci restituisce
la fonte di questa lettura trinitario-subordinazionista della visione di Isaia, cio i cristiani di origine
bibbia di Gerolamo si impone su queste ultime, diventando a sua volta la Vulgata. Cf. E. SUTCLIFFE, 5IF
OBNF7VMHBUF, Bib. 29 (1948) 345-352.
3
4)JFSPOZNJQSFTCZUFSJPQFSB $PNNFOUBSJJJOQSPQIFUBTNJOPSFT QPTU%PNJOJDVN7BMMBSTJUFYUVNFEFOEVN
DVSBVJU M. ADRIAEN, Turnholti 1969 (CChr.SL 76 A), 2, 3, 2, ll. 98-100.
4
Si tratta rispettivamente dei codici: Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, "VH1FSHCCXII (sec. IXin.);
Zrich, Zentralbibliothek, C 41 (278) (sec. IXin.); Troyes, Bibliothque Municipale, 126 (sec. IX-X). Per
una ricostruzione ampia e puntuale della tradizione testuale del commento ad Abacuc rimandiamo
alledizione critica sopra citata.
5
Riguardo alla lezione testimoniata dagli altri manoscritti (Kln, Dombibliothek, 55 [%BSNTU 2050] [sec.
VIII-IXin.]; Laon, Bibliothque municipale, 38 [sec. IX]; Bern, Brgerbibliothek, 102 [sec. IXmed.]; Ivrea,

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giudaica6, come Origene stesso, da cui Gerolamo quasi sicuramente trae questa esegesi, aveva
riconosciuto7.
Ritornando allinterpretazione che gli scribi davano dei due animali di Ab 3,2, dobbiamo anzitutto
rilevare che essi legavano a questo passo due brani affini, che avevano lo stesso significato: si tratta
di Is 6,2 ed Es 25,19.Questi testi vengono accostati e interpretati insieme dalla fonte di Gerolamo
seguendo i dettami dellermeneutica alessandrina, che, applicando allintera scrittura il metodo di
chiarire Omero con Omero, poteva permettersi di partire da alcuni elementi comuni, anche
minimi e accessori, per creare legami di significato fra testi tra loro del tutto estranei. Ci che
permette di legare insieme in ununica e identica interpretazione questi tre passaggi biblici il
modo con cui Dio si manifesta, posto al centro e attorniato da due figure che si collocano ai lati.
Esistono, a dire il vero, altri passi scritturistici che, dando una descrizione analoga della teofania
divina a quella offerta da questi brani, potrebbero essere a loro volta accostati a questi tre. Il testo di
Ez 1,5-27 mostra, ad esempio, caratteristiche affini ai brani citati, come pure lapparizione ad
Abramo dei tre uomini alle Querce di Mamre8, ma non sono ricordati nel passo geronimiano a
commento di Ab 3,2. Laccostamento di questi tre testi e non di altri ci mette sulle tracce di una
fonte che li abbia accomunati dandone una lettura comune.
Ritornando ai nostri tre brani, vogliamo sottolineare che ci che li accomuna la disposizione di tre
entit: il primo, diverso dagli altri due, al centro e gli altri due, uguali fra loro, ai lati di quello
centrale. Questa figurazione ternaria con un elemento dominante si prestava molto bene a una
lettura trinitaria, in cui il Padre era rappresentato dallelemento centrale, mentre il Figlio e lo
Spirito Santo, in posizione subordinata, diventavano lelemento di mediazione tra gli uomini e il
mistero ineffabile di Dio9. Nellampia riflessione trinitaria di Origene troviamo per lappunto due
schemi, uno triangolare, di origine giudeocristiana, con lo Spirito Santo e il Figlio appaiati in
Biblioteca Capitolare, 51 [XCVII] [sec. X]; Monte Cassino, Biblioteca della Abbazia, 93 FF [sec. XIex.];
Roma, Biblioteca Vallicelliana, B.2.2 [sec. XIex.]; Citt del Vaticano, Bibliotheca Apostolica Vaticana,
1BMBUMBU 173 [sec. XI]; CAMBRIDGE, Trinity College, B.3.5, [sec. XII]: = b), si possono fare due ipotesi: o
che TDSJCJ sia il nominativo plurale di TDSJCVT o che sia linfinito presente passivo di TDSJCP. Nel secondo caso
la frase, sebbene un po bizzarra, assumerebbe un significato addomesticato alle orecchie del copista, che
avr sicuramente trovato difficolt a concepire una discussione sulla Trinit allinterno del commento
giudaico. La prima ipotesi, pi verisimile, che renderebbe questo errore trascurabile, dovrebbe essere
suffragata dallattestazione di questa parola, ma ci si verifica solo in un papiro greco del VI secolo, che reca
come TVCTDSJQUJP: MFHJTDSJCVT (10YZ 1106, 10 = $IBSUMBU 237).
6
Di questa interpretazione, seguita dalla maggior parte degli studiosi, discuteremo diffusamente in seguito.
7
Ad esempio in Origenes, %F1SJODJQJJT, ed. P. KOETSCHAU, Leipzig 1913 (GCS 5), 1, 3, 4 [= 1SJO].
8
Gen 18,1-2.
9
Questa concezione, che si lega alla cosiddetta cristologia angelica, ha lasciato poche tracce. Sembrano
accenni polemici, che avversano tale cristologia, quelli contenuti nella -FUUFSB BHMJ &CSFJ (1,4ss.) e
nell"QPDBMJTTF (19,10). Le trattazioni pi cospicue si trovano nel 1BTUPSFEJ&SNB (4JN8,3,3: identificazioni
di stampo giudeocristiano del Cristo preesistente con larcangelo Michele) e nell"TDFOTJPOFEJ*TBJB (9,2730), testi della prima met del II secolo, testimoni di una riflessione pi antica. Tale cristologia, gi esaurita
verso la met del II secolo e che sopravviver solo nel titolo di Is 9,5 interpretato, per, al di fuori di questa
lettura, aveva avuto la finalit di preservare lunicit di Dio e di sottolineare al contempo il carattere
sovrumano di Ges. Ad essa si accompagna anche una pneumatologia angelica, attestata in un passo
dell"TDFOTJPOF EJ *TBJB, cronologicamente posteriore, alla cui interpretazione angelica di Cristo abbiamo
sopra accennato: in 11,32 il Diletto e lo Spirito Santo in figura angelica si collocano ai lati di Dio, in
posizione di subordine, evidenziando una presentazione che per comodit definiamo triangolare della
divinit. Cf. M. SIMONETTI in E. PRINZIVALLI M. SIMONETTI, -BUFPMPHJBEFHMJBOUJDIJDSJTUJBOJ TFDPMJ*
7
, Brescia 2012, 35-36, 41. M. SIMONETTI, -BDSJTJBSJBOBOFM*7TFDPMP, Roma 1975, 4, n. 3; 12, n. 33.

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subordine rispetto al Padre, e uno verticale, che egli predilige rispetto al precedente, in cui il Figlio
subordinato al Padre e lo Spirito Santo al Figlio10. Il modello trinitario proposto dai NVMUJ
corrisponde pertanto a quello triangolare di Origene.
Dobbiamo a questo punto indagare due cose: chi sia la fonte di questa lettura riportata da
Gerolamo, cio chi siano questi NVMUJ, se, cio, lattribuzione di questa esegesi a Origene sia
chiaramente dimostrabile, e chi siano gli TDSJCBF che hanno ispirato questi interpreti e hanno dato
dei tre testi in esame una lettura concorde di tipo trinitario.
2. *MDPNNFOUPBE"CBDVDEJ(FSPMBNPFRVFMMPQFSEVUPEJ0SJHFOF
21 jMulti putant de Filio intellegi et de Spiritu sanctox 0SJHFOF GPOUF EFMMB MFUUVSB USJOJUBSJB EFJ
AEVFBOJNBMJSJQPSUBUBEB(FSPMBNP
Da un confronto piuttosto ampio fra l*O)BCBDVD geronimiano e le pagine esegetiche di Origene
abbiamo tratto non solo la fondata impressione di una generale e naturale dipendenza delluno
dallaltro, ma veri e propri saggi in cui si vede una derivazione quasi letterale del discepolo dal
maestro. Tale indagine si fondata su un principio metodologico che cerchiamo di sintetizzare. La
ricerca delle fonti utilizzate da Gerolamo nel commentare i dodici profeti minori poggia sul
postulato, da lui stesso pi volte ammesso, che egli si sia riferito in modo costante e preponderante
a un modello origeniano. Ritenendo che Origene abbia ripetuto in altri luoghi della sua opera le
interpretazioni contenute nei venticinque libri dedicati ai profeti minori e che i suoi ammiratori si
siano serviti di questopera esegetica, possiamo arguire che i passi in cui il commento geronimiano
combacia con pagine esegetiche origeniane o della scuola alessandrina siano riconducibili al perduto
commentario di Origene. Ci risulta molto chiaro anche per linterpretazione dei due animali di
Abacuc11.
Effettivamente lAlessandrino afferma chiaramente nel %FQSJODJQJJT12:
Diceva un dotto Ebreo che i due Serafini che in Isaia son descritti con sei ali che gridano luno allaltro e
dicono: Santo santo santo il Signore Sabaoth (Is 6,3) sono il Figlio unigenito e lo Spirito Santo. Noi poi
crediamo che anche quel passo del cantico di Habacuc in cui detto: In mezzo a due animali ti farai
conoscere vada riferito a Cristo e allo Spirito Santo.

E ancora13:
Un maestro Ebreo insegnava cos: poich nessuno pu scorgere il principio e la fine di tutte le cose se non
il Signore Ges Cristo e lo Spirito Santo, per questo Isaia ha detto nella visione che erano solo due Serafini
SIMONETTI in PRINZIVALLI SIMONETTI, -BUFPMPHJB cit., 111.
Anche Y.-M. DUVAL, +SNF FU MF iTFOT EFT 1SPQIUFTw EF MB ODFTTJU FU EFT EJGGJDVMUT EF MB consequentia.
-FYFNQMFEFMIn Habacuc, in -FTFHFTJEFJ1BESJMBUJOJ%BMMFPSJHJOJB(SFHPSJP.BHOP, XXVIII Incontro di
studiosi dellantichit cristiana. Roma, 6-8 maggio 1999, Roma 2000, II, 431, afferma senza portare
argomenti che Origene sia la fonte dellinterpretazione trinitaria dei Serafini (2VPENVMUJQVUBOU). Cf.
A. FRST, )JFSPOZNVTHFHFO0SJHFOFT%JF7JTJPO+FTBKBTJNFSTUFO0SJHFOJTNVTTUSFJU, REAug 53 (2007) 199233: in questo studio, assai ampio e approfondito, lo spunto che il commento ad Abacuc offre per questa
interpretazione origeniana viene liquidato come un semplice accenno, dal momento che solo grazie al
rinvenimento della lezione genuina TDSJCBF possibile considerare il riferimento di questo commentario
geronimiano come testimonianza esegetica da non trascurare.
12
1SJO I,3,4. Nel testo greco si dice semplicemente che questa interpretazione stata riferita da un ebreo (
). Iustinian. &Q BE .FOOBN, Mansi, IX,528; ACO III,210, ll. 7-14 (traduzione: ORIGENE, *
QSJODJQJ, ed. M. SIMONETTI, Torino 1968, 169).
13
1SJO IV,3,14 (trad. Simonetti).
10
11

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quelli che con due ali coprono il volto di Dio, con due i piedi e con due volano acclamando e dicendo
luno allaltro: Santo santo santo il Signore Sabaoth, tutta la terra piena della tua gloria.

Nel primo testo vengono associati sotto ununica lettura il testo di Isaia e quello di Abacuc; in
entrambi i passi, poi, i Serafini sono interpretati come il Figlio e lo Spirito Santo e tutte e due le
volte si parla di un ebreo come fonte di questa esegesi.
Altrove, sebbene in un luogo di pur controversa tradizione testuale, Origene ritiene che i due
animali di cui parla Abacuc siano in accordo con quanto riferisce Gerolamo i Cherubini e i
Serafini, legando cos insieme i tre testi citati e commentati insieme nel commento ad Abacuc14:
jiI tuoi animali abiteranno in essa. Ristori il misero con la tua dolcezza, etc. (Ps 66 LXX). Animali, cio i
Cherubini e i Serafini, abitano nelleredit di Dio, in riferimento ai quali ritengo che sia stato detto: Tra
due animali sarai riconosciuto (Hab 3,2).

Anche nel commento alla lettera ai Romani il maestro alessandrino presenta lesplicito rimando,
ripreso da Gerolamo, fra il testo di Abacuc e il passo dellEsodo, in cui si parla dei Cherubini e dei
Serafini, interpretandoli come il Figlio e lo Spirito Santo (cf. Es 25,18 e 37,6)15.
Nelle 0NFMJF TV *TBJB Origene riprende per due volte linterpretazione trinitaria dei Serafini e la
giustifica16. Nellomelia quarta offre una lettura dei Serafini identica a quella contenuta nel
commento ad Abacuc, dove dice che uno dei due Cristo venuto sulla terra per portarvi il fuoco
(Lc 12,49)17.
Nel $POUSB$FMTVN Origene contrappone alla II lettera di Platone, che Celso citava come abbozzo
di una sorta di dottrina trinitaria18, i testi dei profeti, che a suo avviso avrebbero, a questo soggetto,
qualcosa in pi da dire rispetto alle dottrine filosofiche, nel caso specifico proprio i passi sui
Serafini, cos chiamati dagli ebrei, che si leggono in Isaia: i Serafini che velano il volto ed i
piedi di Dio; ed i passi su quelli chiamati Cherubini, che si trovano in Ezechiele [...]19. Ci
significa che per Origene la dottrina trinitaria gi abbozzata e prefigurata nel Vecchio Testamento
e pertanto non impossibile che un ebreo o dotti ebrei abbiano formulato uninterpretazione
scritturistica riguardante in qualche modo le tre persone divine.
Da questa sintetica carrellata appare evidente come linterpretazione dei Serafini / Cherubini / Animali
quali prolessi della Trinit provenga a Gerolamo da Origene, che laveva ribadita in numerosi punti della
sua vasta opera. Il testo del commento ad Abacuc di Gerolamo, poi, mostra chiaramente se si vuole
escludere il brano citato sopra dai 'SBNNFOUJ TVJ 4BMNJ che per Origene i tre testi potevano essere
'S1T 67, 11, PG 12, 1508 (trad. nostra).
$3N III,7-11, PG 14, 949A-D (SC 539, III, 5, 10, 136-137): 1PTUIBFDi&UJOOPUFTDBNUJCJwJORVJUiJOEFFU
MPRVBS BE UF EFTVQFS QSPQJUJBUPSJVNw /PO TPMVN .PZTJ TFE FU VOJDVJRVF TBODUPSVN RVJ GBNVMVT %FJ FTU OPO
BMJVOEF JOOPUFTDJU %FVT OFD BMJVOEF DPHOPTDJUVS OJTJ EF QSPQJUJBUPSJP JTUP RVP TVQSB FYQPTVJNVT FU EF NFEJP
DIFSVCJO )PD FOJN FU "NCBDVN QSPGFUB TJHOJGJDBU VCJ EJDJU i*O NFEJP EVPSVN BOJNBMJVN DPHOPTDFSJT  EVN
BQQSPQJORVBOU BOOJ BHOPTDFSJT FU DVN BGGVFSJU UFNQVT PTUFOEFSJT /FNP FOJN TDJU QBUSFN OJTJ GJMJVT FU DVJ
VPMVFSJU GJMJVT SFVFMBSF 4FE FU 1BVMVT EJDJU RVJB JOOPUFTDBN UJCJ JOEF FU MPRVBS UJCJ EFTVQFS QSPQJUJBUPSJP JOUFS
EVPDIFSVCJORVBFTVOUTVQSBBSDBNUFTUBNFOUJw.
16
)*TI,2.3.4 (edd. A. FRST - CH. HENGSTERMANN, Berlin 2009, I, 2.3.4, 198ss.).
17
)*T IV, 1.4, 228ss.
18
Attorno al re del tutto stanno tutte le cose, ed in grazia di lui sono tutte, ed lui la causa di tutte le cose
belle, le cose seconde stanno intorno al secondo; le terze intorno al terzo. Or dunque lanima umana aspira
a conoscere come esse sono, e guarda alle cose che le sono affini, ma di queste nessuna bastevole. Per
quanto riguarda il re e le cose di cui ho detto, nulla vi di simile. Plato, &Q 2, 312E-313A, citato in $$
VI,18 (SC 147); traduzione: ORIGENE, $POUSP$FMTP, ed. A. COLONNA, Torino 1971.
19
$$ VI,18 (trad. COLONNA).
14

15

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commentati allo stesso modo e illuminarsi a vicenda, secondo il criterio ermeneutico alessandrino sopra
ricordato, e che tale esegesi aveva una comune fonte giudaica.
2.2.-BGPOUFEJ0SJHFOFHJVEFJPHJVEFPDSJTUJBOJ 
Acclarata la dipendenza di Gerolamo da Origene, rimane il problema che pi interessa e che
cercheremo di chiarire offrendo una soluzione meramente ipotetica, vista la mancanza di prove
sicure.
Questa interpretazione scritturistica, che il maestro alessandrino riferisce a un ebreo, un dotto o un
maestro secondo la traduzione di Rufino e che Gerolamo afferma, verosimilmente riportando le
parole della sua stessa fonte, trattarsi di una speculazione degli scribi, cio dei maestri giudei,
proviene effettivamente dal mondo giudaico in senso stretto oppure, trattandosi di
uninterpretazione trinitaria, quindi specificamente cristiana, stata elaborata da un ambiente che
siamo soliti chiamare giudeocristiano?
Pur tenendo presente che Origene si volse anche a tradizioni ermeneutiche sorte fuori della chiesa,
quella ebraica, sia rabbinica che filoniana20, e quella gnostica, Jean Danilou ritiene che
linterpretazione della visione di Isaia, da Origene riferita a un ebreo, provenga in realt da un
ambiente giudeocristiano21. Ci nonostante prende in considerazione il fatto che non sia del tutto
peregrino ipotizzare che la lettura riportata da Origene arrivi direttamente da un giudeo e che sia
stata riplasmata in senso chiaramente cristiano da lui o da un suo predecessore, e a favore di questa
ipotesi propone il confronto con Filone, il quale nel %F%FP, dopo aver citato *TBJB6, continua
dicendo che il nome dei Serafini conviene direttamente alle potenze ()22. Orbene, il
contesto mostra che queste potenze sono la potenza creatrice a cui si attribuisce a buon diritto
lappellativo di Dio, e laltra legemonica o la reale quella del Signore23. Sebbene lipotesi che fa
di Filone la fonte origeniana sia suggestiva24, vi sono forti dubbi circa questa identificazione.
Anzitutto Origene non designa mai lesegeta alessandrino, che utilizza sovente, con il termine
ebreo; inoltre, a ben vedere, linterpretazione filoniana e quella origeniana differiscono
radicalmente, perch in Filone le due potenze, rappresentate in Isaia dai Serafini, circondano il
Logos Monogeno, mentre in Origene sono il Logos e lo Spirito Santo a identificarsi con le due
creature angeliche e a porsi ai lati di Dio Padre. Per questo Danilou ritiene che la fonte sia un
giudeocristiano, che ha utilizzato le speculazioni giudaiche note anche a Filone, ma
indipendentemente da lui.

20
Riguardo allesegesi rabbinica, sappiamo che essa era presente nellambiente alessandrino e in questo contesto
si situa anche lopera di Filone, che tanta influenza ebbe su Origene, e proprio per merito della testimonianza
origeniana ci restano molti testi poi confluiti nella .JTIOB. Anche riguardo allambito specifico che stiamo
indagando ci sono indizi che mostrano come langelologia rabbinica abbia avuto grande influenza sulla teologia
di Origene. Cf.J. DANILOU, 0SJHFOF*MHFOJPEFMDSJTUJBOFTJNP, Roma 1991, 213ss.
21
Allinterno di un ampio capitolo dedicato al tema Trinit e angelologia, J. DANILOU, 5FPMPHJB EFM
HJVEFPDSJTUJBOFTJNP, Bologna 1998, 236-244, si sofferma ad analizzare un carattere della teologia arcaica, cio
luso di categorie angelologiche per designare il Verbo e lo Spirito Santo, sottolineando il fatto che il nome
di angelo designa Cristo fino al IV secolo, quando viene abbandonato per lassonanza ariana che presenta,
anche se fin dal II secolo il suo uso era stato limitato essendo la marca della cristologia giudeocristiana. In
tale contesto Danilou sviluppa la sua teoria delle fonti riguardo allinterpretazione trinitaria dei Cherubini
e dei Serafini, di cui diamo conto di seguito.
22
Philo, %F%FP 9, ed. AUCHER, VII, 413, citato in DANILOU, 5FPMPHJB, cit., 238.
23
Philo, %F%FP 9, ed. AUCHER, VI, 412, citato JCJE
24
Cf. J. BARBEL, $ISJTUPT"OHFMPT, Bonn 1941, 273.

190

SINCERO MANTELLI /PUFTVMM In HabacucEJ(FSPMBNP


Un altro testo in cui Danilou pone lo stesso problema quello relativo ai due Cherubini del
tabernacolo nel libro dellEsodo25. Origene, nel commento alla lettera ai Romani26, assimila i due
Cherubini al Figlio e allo Spirito Santo, dal momento che nellanima di Ges, rappresentata dal
propiziatorio, abitano il Verbo e lo Spirito Santo, come pienezza della scienza divina: questa esegesi
ha, secondo Danilou, la sua fonte in Filone, il quale ha ampiamente commentato il tabernacolo e i
Cherubini mentre sembra che non si sia dedicato ai Serafini e in diverse opere li interpreta
come la potenza creatrice e quella regale27. Dal momento che nellinterpretazione dei Cherubini
numerosi sono i punti di contatto fra Origene e Filone, Danilou non esita ad affermare28:
Perci Origene qui dipende sicuramente da Filone, ma in Filone le potenze non sono il Logos e lo
Spirito. Siamo dunque in presenza della trasposizione di una allegoria filoniana in una prospettiva
trinitaria: il caso perci diverso dal precedente. In questultimo Origene si riferiva ad un ebreo che
interpretava in modo trinitario i due Serafini; qui Origene non indica alcuna fonte di questo genere. Il
fatto che, in realt, egli utilizza lallegoria di Filone, come spesso gli accade di fare, ma la trasposizione
trinitaria sua. E vi stato senza dubbio condotto dal precedente giudeo-cristiano del simbolismo
trinitario dei due Serafini.

Sembra quindi che si debba separare il caso dei Serafini da quello dei Cherubini nella loro esegesi
trinitaria: i Serafini intesi come il Figlio e lo Spirito Santo secondo una lettura giudeocristiana celata
sotto lattribuzione a un maestro ebreo; i Cherubini, invece, effettivamente interpretati in senso
trinitario cristiano partendo da una allegoria ternaria che arriverebbe direttamente da Filone e
sarebbe stata poi ridisegnata in senso trinitario direttamente da Origene, forse suggestionato dalla
trasposizione precedente: prova ne sarebbe che in questo caso il maestro alessandrino non
attribuisce questa lettura a nessun ebreo. Danilou, poi, suffraga ulteriormente la sua idea che
cio questi testi non vadano considerati insieme quanto a origine mediante altri passi, in cui
Origene vede in schemi ternari non la riproposizione del tema filoniano menzionato sopra, bens,
riprendendo Giustino, il Verbo circondato da due angeli, come nellesegesi dei tre personaggi che
visitano Abramo29. Danilou propone infine, alla luce delle considerazioni che andato
sviluppando, di interpretare in modo corretto un testo di Ireneo, tratto dalla %JNPTUSB[JPOF EFMMB
1SFEJDB[JPOF"QPTUPMJDB, che, seguendo la traduzione di Smith, suonerebbe cos30:
Questo Dio glorificato dal suo Verbo, che il suo eterno Figlio, e dallo Spirito Santo, che la Sapienza
e il Padre di tutti. E le loro potenze [lett.: la loro potenza], quella del Verbo e della Sapienza, che sono
chiamate Cherubini e Serafini, con voce incessante glorificano Dio.

E. Lanne commenta cos questa traduzione, che preferisce a quella di Barthoulot: Occorre
intendere necessariamente che il Verbo e la Sapienza, che sono le potenze del Padre, chiamate pure
Cherubim e Serafim, rendono gloria a Dio con voce incessante31. Vedendo i Cherubini e i Serafini
associati nella medesima interpretazione trinitaria, Danilou conclude che, anche in considerazione
degli sviluppi successivi della mistica giudaica, Filone e Ireneo potrebbero aver avuto delle fonti
comuni, come si era detto per i Serafini di Origene, e si rende ben conto che lo schema di Filone e
quello di Ireneo differiscono in quanto nel primo il Logos sovrasta Serafini e Cherubini, nel
Es 25,18.
Or. $3N III,8 (PG 14, 948A-B).
27
Philo, 2&Y II,62.68; %F$IFSVCJN 27-30; %F%FP, 4-9, citato in DANILOU, 5FPMPHJB, cit., 240.
28
DANILOU, 5FPMPHJB, cit., 241.
29
Gen 18,1-2.
30
10, edd. J. BARTHOULOT J. TIXERONT, PO 12,761, citato in DANILOU, 5FPMPHJB, cit., 241. La lezione
(potenza), per (potenze), deriva da banale scambio itacistico ei/i.
31
Tutta largomentazione sul testo di Ireneo ripresa da DANILOU, 5FPMPHJB, cit., 241-242.
25

26

191

ADAMANTIUS 19 (2013)
secondo Logos e Spirito Santo si identificano con essi. Finalmente lanalisi condotta da Danilou
porta a ritenere che lesegesi dei Cherubini, a differenza di quella sui Serafini, venga direttamente da
Filone.
Partendo da questa ricostruzione della vicenda, ci sembra che quanto abbiamo messo in luce a
proposito del passo origeniano del commento ad Abacuc di Gerolamo consenta di rivedere la
questione precisando alcuni aspetti, anzitutto che i tre testi associati insieme nel passo geronimiano
sui due animali di Abacuc devono essere considerati nella loro esegesi trinitaria come debitori di
una fonte comune. Si tratta, infatti, di una lettura che associa inscindibilmente i tre passi, cos come
Gerolamo ce la riporta: Questi stessi animali gli scribi li interpretano come i due Serafini in Isaia e
i due Cherubini nellEsodo. Ancora una volta: Abacuc, Isaia ed Esodo presentano una stessa
immagine ternaria che deve essere interpretata allo stesso modo e che ha alla base una fonte
comune: non possiamo pertanto essere pienamente daccordo con quanto affermato da Danilou,
che distingue quanto a origine la lettura del passo di Isaia rispetto a quello dellEsodo. Questo, a
ben vedere, confermato anche dal brano di Ireneo, che abbiamo considerato sopra, in cui si dice
che Cherubini e Serafini devono essere identificati allo stesso modo con il Figlio e lo Spirito Santo.
Questa considerazione ci costringe a riprendere gli studi che si sono soffermati ad analizzare il
rapporto intrattenuto da Origene con il mondo giudaico, che non fu segnato solo dallo scontro ma
anche da uninterazione positiva assai profonda32. Sappiamo che egli ebbe rapporti gi ad
Alessandria con i giudei, che risiedevano l da secoli e avevano dato forma a una cultura
giudeoellenistica, non solo con singole persone, ma forse anche con la sinagoga. Sebbene le fonti
non ci dicano molto sui giudei della capitale dellEgitto nel III secolo, a tal punto che qualche
studioso avanza forti dubbi sulla consistenza del giudaismo alessandrino allepoca di Origene, siamo
confortati dalla sua testimonianza che essi vivevano e operavano nella sua citt e sui contatti
intrattenuti con loro. Anche Cesarea di Palestina, dove si trasferir Origene, rappresenta uno dei
centri giudaici pi importanti nel III e IV secolo: proprio per questo motivo gli studiosi si sono
concentrati su questa citt e hanno cercato di indagare lesegesi rabbinica per ritrovare tradizioni
giudaiche giunte a noi tramite il maestro alessandrino33.
Origene si rivolse ai giudei, sicuramente a persone singole ma verisimilmente anche a gruppi,
forse alla sinagoga, a giudei convertiti ma anche a personaggi ancora legati alla loro fede, dai
quali cercava lumi non solo per questioni linguistiche o erudite concernenti il testo sacro, ma
anche riguardo a passaggi esegetici, dal momento che riteneva gli appartenenti al popolo che
aveva composto la scrittura veterotestamentaria depositari di notizie utili alla comprensione del
contesto e, conseguentemente, del senso di alcuni testi.
Per quanto concerne lebreo citato da Origene in riferimento allinterpretazione dei Serafini, la
maggioranza degli studiosi ritiene, a motivo del tipo di esegesi addotta, che si tratti di un
giudeocristiano, anche se non manca chi ipotizza (de Lange) potersi trattare di un autentico

32
Per la ricostruzione del rapporto di Origene con i giudei, che trattiamo in seguito, siamo principalmente
debitori delle ottime sintesi di G. SGHERRI, $IJFTBFTJOBHPHBOFMMFPQFSFEJ0SJHFOF, Milano 1982, 42-47, e di
G. BARDY, -FT USBEJUJPOT KVJWFT EBOT MPFVWSF E0SJHOF, RBI 34 (1925) 217-252, il quale riporta un elenco
completo dei passi in cui il maestro alessandrino afferma di essersi riferito ai giudei per interpretare il testo
sacro.
33
Cf. G. STEMBERGER, &CSBJTNP B $FTBSFB .BSJUJNB 1FSTPOBMJU SBCCJOJDIF F UFNJ FTFHFUJDJ BM UFNQP EJ
0SJHFOF FE &VTFCJP, 95-104 e G. DORIVAL R. NAIWELD, -FT JOUFSMPDVUFVST ICSFVY FU +VJGT Eh0SJHOF 
"MFYBOESJF FU  $TBSF, 121-138, in O. ANDREI (ed.), $BFTBSFB .BSJUJNB F MB TDVPMB PSJHFOJBOB
.VMUJDVMUVSBMJU GPSNFEJDPNQFUJ[JPOFDVMUVSBMFFJEFOUJUDSJTUJBOB, Brescia 2013.

192

SINCERO MANTELLI /PUFTVMM In HabacucEJ(FSPMBNP


giudeo34.
A fronte di tutte queste argomentazioni, che l)FCSBFVTNBHJTUFS sia un convertito rimane unipotesi
che non trova conferme n nellopera di Origene che peraltro in altri luoghi ha parlato
esplicitamente di giudei convertiti35 n da testimonianze esterne. Anzi, tutte le volte che secondo
Bardy troviamo citato questo dottore ebreo, che Origene interrogava con interesse, siamo in
presenza di spiegazioni del testo sacro che non sembrano avere nulla di specificamente cristiano36.
Unindicazione pi promettente e che si accompagna bene con largomentazione che svilupperemo
sotto riguarda la menzione di un giudeo di cui Origene ricorda anche il nome37:
,
...

Origene, reso inquieto a motivo di alcuni oracoli divini, si rivolge a Iullo, cui attribuito il titolo di
patriarca, e a un altro anonimo, considerato tra i pi saggi dei giudei: senza affrettare alcuna
conclusione, possiamo notare che questa notizia ci fa scoprire quanto ampia fosse la frequentazione
giudaica del maestro alessandrino, il quale si spingeva a interrogare autorit del mondo della
sinagoga il titolo di patriarca attribuito a Iullo lo rivela38 , e ci informa del fatto che interrogava i
maestri giudei potendo valutare il valore di ciascuno, essendo introdotto, direttamente o
indirettamente non sappiamo, presso i sapienti della sinagoga. Gerolamo ci conferma la
frequentazione di Iullo, che anchegli chiama patriarca e che dice contemporaneo dellAlessandrino,
proprio in relazione al commento a Isaia, nella stesura del quale Origene avrebbe approfittato della
sapienza di questo illustre giudeo durante il suo soggiorno a Cesarea39. Due elementi, questi, da
tenere ben presenti in relazione a quanto andremo a dire: Origene frequent in Palestina un gruppo
chiaramente giudaico, costituito da dotti legati alla sinagoga, e li interrog proprio a proposito del
profeta Isaia.
34
Non privo di interesse, anche se non pienamente convincente, quanto riferito da Junod, il quale riporta
la tesi di P. Nautin una tesi da lui espressa solo oralmente durante un corso secondo cui lebreo, che
Origene cita soprattutto nelle opere del periodo alessandrino, essendo definito IFCSBPT, non sarebbe
necessariamente JPVEBPT, termini che non sarebbero sinonimi dal momento che giudeo potrebbe anche
designare un uomo originario della Palestina, senza per questo essere un praticante della religione del
popolo eletto. Lebreo sarebbe allora un giudeo convertito che avrebbe introdotto Origene a unesegesi
giudeocristiana spiritualista. Cf. . JUNOD, 0SJHOF1IJMPDBMJF2127TVSMFMJCSFBSCJUSF(SC 226bis), Paris
1976, 292 n. 2.
35
Cf. BARDY, -FTUSBEJUJPOTKVJWFT,cit., 221 n. 4 e 222 n. 1.
36
*CJE, 222-223. Ci sembrerebbe logico, inoltre, che Origene, sentendo di dire qualcosa di contrario al
senso comune, si premurasse di avvertire che il giudeo che parlava della Trinit era un convertito. Ci pare,
invece, che egli, avvertendo come cosa naturale che nellAntico Testamento siano contenute delle
prefigurazioni della Trinit, non badi a questa stranezza, che port il copista ad addomesticare il testo e gli
studiosi contemporanei a propendere per una soluzione pacifica, che vedesse nel giudeo un ebreo
convertito. Esistono tre percezioni differenti del fenomeno che si intersecano e possono condurre a degli
equivoci: quella origeniana, che considera naturale la presenza di elementi trinitari nellAntico Testamento
e di conseguenza nel commento giudaico alla Scrittura che sia veritiero; quella del mondo cristiano in un
regime di netta separazione con i giudei, per cui le questioni trinitarie riguardano esclusivamente la
riflessione dei seguaci di Ges; infine quella degli studiosi contemporanei, che si dividono in due categorie,
quelli che ritengono possibile la presenza di dottrine precristiane nel giudaismo prerabbinico e quelli che
vedono nel cosiddetto giudeocristianesimo una fase di transizione con una sua identit e creativit.
37
Origenes, 4FMFDUBJO1TBMNPT, PG 12,1056B, citato in BARDY, -FTUSBEJUJPOTKVJWFT,cit., 223.
38
Sono stati fatti dei tentativi di identificazione di questo personaggio, ma si tratta di ipotesi non
conclusive. Cf. BARDY, -FTUSBEJUJPOTKVJWFT,cit., 223-224.
39
HIER. "EW3VG 1,13, PL 23,408, citato in BARDY, -FTUSBEJUJPOTKVJWFT,cit., 223.

193

ADAMANTIUS 19 (2013)
Veniamo, dunque, a riconsiderare lorigine di questa lettura trinitaria. Se prima conoscevamo solo
lidentificazione della fonte di Origene con lebreo/dotto ebreo, ora abbiamo a disposizione anche il
termine scribi, parola tecnica che indica gli interpreti della scrittura nel mondo giudaico40. A ben
vedere, nessuno dei due termini ci suggerisce che si tratti di giudeocristiani, ma semplicemente di
giudei versati nel commento scritturistico veterotestamentario41.
Nel commento al Vangelo di Matteo Origene, concludendo la sua esegesi sulle parabole del Regno,
si sofferma a spiegare chi sia lo scriba divenuto discepolo del regno di Dio e ci offre indicazioni
preziose su che cosa intenda con il termine : si tratta anzitutto di chi istruito
nellinsegnamento letterale della legge42, in contrapposizione con chi si eleva al senso spirituale
della scrittura, per cui uno scriba diventa discepolo del regno dei cieli nel senso pi semplice
quando dal giudaismo passa a ricevere linsegnamento ecclesiale di Ges Cristo, mentre, nel senso
pi profondo, lo diventa quando, dopo aver appreso le nozioni introduttive mediante la lettura
delle scritture, ascende a quelle realt spirituali che si chiamano regno dei cieli43. Si capisce con
chiarezza che il termine TDSJCB nel vocabolario di Origene riferito ai maestri giudei versati nel
commento veterotestamentario e che gi lespressione evangelica sfrutta questo significato per
affermare che lo scriba diventa discepolo del regno di Dio quando da un commento solo letterale si
volge, attraverso la rivelazione neotestamentaria, a una comprensione spirituale di tutta quanta la
pagina biblica. Da questa spiegazione dobbiamo ritenere che il maestro alessandrino non attribuisse
abitualmente alla parola scriba un significato di interprete giudeocristiano, ma semplicemente di
dottore ebreo come dice laltro termine attestato a proposito del passo biblico che stiamo
analizzando versato nel commento della legge44. In altri luoghi dellopera origeniana abbiamo
riscontrato che il termine scriba / scribi si riferisce ai personaggi, di appartenenza
inequivocabilmente giudaica, che Ges incontra nei Vangeli.

Forcellini conferma il significato tecnico di questa parola: 4DSJCB  BQVE VFUFSFT )FCSBFPT 
FSBU MFHJT .PTBJDBF FU 4DSJQUVSBF TBDSBF QFSJUVT  JOUFSQSFT  SFMJHJPOJT EPDUPS  FU  VOJVFSTJN  VJS TBQJFOUJB
QSBFEJUVT.
41
Non ignoriamo che Gerolamo, se generalmente usa il termine TDSJCB per riferirsi a persone appartenti al
mondo giudaico, non manca tuttavia di riferirlo talora anche ai cristiani, come ad esempio nella prefazione
alla traduzione del %F4QJSJUV4BODUP di Didimo di Alessandria, in cui, ricordando i problemi avuti a Roma
alla morte di papa Damaso, paragona l'animosit dei suoi avversari a quella che scribi e farisei indirizzarono
all'insegnamento di Cristo: Allora tutto il senato dei farisei elev alte grida. E nessuno, scriba o ritenuto
tale, ma tutta la fazione dell'ignoranza, riunitasi quasi per una guerra di dottrina, ord una congiura contro
di me. PL 23,103A (traduzione: Didimo il Cieco, -P4QJSJUP4BOUP, ed. C. NOCE, Roma 1998, 55).
42
$.U10, 14,197 (SC 162), (traduzione: Origene, $PNNFOUPBM7BOHFMPEJ.BUUFP1, 10, 14, 194-203 [trad.
R. SCOGNAMIGLIO, Roma 1998, 117]).
43
$.U 10,14,198 (trad. SCOGNAMIGLIO, 118).
44
Sempre nel commentario al primo Vangelo troviamo un passaggio interessante in cui si usa il termine
scribi in senso traslato. Commentando il passo evangelico in cui si dice che i sommi sacerdoti e gli scribi
cercavano di farlo perire, Origene afferma: Ma anche gli scribi di ogni genere, versati in qualunque
scienza, e per questo chiamati scribi () in senso figurato, vorrebbero sopprimere Ges tra gli
uomini, ma a questo scopo non trovano niente per realizzare la loro intenzione. Ed anche tutti gli anziani, i
letterati greci e barbari, estranei allinsegnamento di Ges, vorrebbero farlo perire, ma non ci riescono,
perch sopraffati da tutto il popolo che pende dal Maestro nellascoltarlo e nellavere comune comprensione
del suo insegnamento ($.U 17,14; trad. M.I. DANIELI). 0SJHFOFT.BUUIVTFSLMSVOH, ed. E. KLOSTERMANN
(GCS 40), Leipzig-Berlin 1935, 627-628 (traduzione: Origene, $PNNFOUPBM7BOHFMPEJ.BUUFP3, 17,14, trad.
R. SCOGNAMIGLIO, Roma 2001, 180-181). Appare evidente anche da questo testo che il significato proprio
del termine scribi quello che si trova nei Vangeli, cio esperti della Legge e della sua interpretazione.
40

194

SINCERO MANTELLI /PUFTVMM In HabacucEJ(FSPMBNP


Se ipotizziamo che la fonte indicata da Origene sia effettivamente giudaica, non possiamo esimerci
dalla domanda relativa al contesto ebraico da cui questa lettura, che sembrerebbe minare il
QSJODJQJVNGJSNJTTJNVN del monoteismo di Israele, possa essere sorta. Ora, uninteressante critica al
concetto riduttivo di giudeocristianesimo come eccezione rispetto a due gruppi religiosi ben definiti
e distinti fin dallinizio45 si deve, fra gli altri, al rabbino americano D. Boyarin, alla luce di una
visione del mondo giudaico precedente a Ges di Nazaret come realt segnata invece da una sorta
di pluralismo religioso e teologico interno, tramontata progressivamente al costituirsi del giudaismo
rabbinico, che avrebbe abbandonato e considerato eretiche alcune concezioni teologiche facilmente
assimilabili a quelle cristiane allorch il cristianesimo veniva assumendo una precisa identit proprio
a partire dalla riflessione trinitaria46. Analizzando soprattutto la visione del Figlio delluomo nel
libro di Daniele, Boyarin suggerisce che labbozzo di una visione binitaria, comunque non solitaria
di Dio, era gi acclimatata nel mondo giudaico e veniva custodita da alcuni e stigmatizzata da altri
allinterno del variegato mondo ebraico contemporaneo47.
Per cogliere la plausibilit di una lettura trinitaria di Dio allinterno del mondo giudaico dobbiamo
pensare, dunque, a un ebraismo fatto di tanti rivoli in cui anche il cristianesimo poteva inserirsi non
come un fulmine a ciel sereno, ma come una realt preparata e pienamente inserita in questo
contesto. Tale riflessione non viene assolutamente ad annullare la novit apportata dalla persona di
Ges di Nazaret, ma vuole appoggiarsi sullebraicit del cristianesimo, per mostrare gli elementi di
continuit rispetto al suo 4JU[ JN -FCFO. In altre parole dobbiamo ritenere che una visione
trinitaria di Dio, gi presente nel mondo giudaico, abbia fatto da punto di appoggio per lo
M. Pesce, offrendo uno TUBUVTRVBFTUJPOJT degli studi sul giudeocristianesimo, che ebbero grande impulso
per merito di Danilou e che hanno messo in luce la radice giudaica del cristianesimo e dato importanza a
testi e gruppi perlopi non presi in considerazione dagli scritti neotestamentari, afferma che tali ricerche
sono state ampiamente ignorate anche nel recente passato. Considerando, poi, queste fonti allinterno del
complessivo ripensamento delle origini cristiane, occorrerebbe dare una definizione pi chiara del concetto
di giudeocristianesimo e precisare con cura il fenomeno e il gruppo religioso che si intende studiare. Il
concetto di giudeocristianesimo, come del resto tutti i concetti storiografici, pu assumere diversi connotati
a seconda di come si delimiti lidea di giudaico: basta un generico riferimento culturale oppure servono
precise caratteristiche religiose o etniche per definire un testo di matrice giudaica? Dati questi presupposti,
occorre rilevare che il concetto di giudeocristianesimo si basa su un equivoco di fondo: considerare che fin
dallinizio con Ges il cristianesimo sia non-giudaico e che i gruppi giudei (connotati dallosservanza della
Legge) siano da ritenere marginali. La realt del tutto diversa: agli inizi i giudei sono dominanti e i nongiudei del tutto marginali. Luso che in genere si fa del concetto di giudeocristianesimo serve a isolare quei
testi del primo secolo, che alla luce della teologia successiva sono da considerare non pienamente
riconducibili al cristianesimo. Cf. M. PESCE, %B(FTBMDSJTUJBOFTJNP, Brescia 2011, 189-197.
46
D. BOYARIN, *M7BOHFMPFCSBJDP, Roma 2012, 54 e 60-61, non prende in considerazione il nostro testo, ma
si concentra principalmente sulla visione di Daniele, in cui nota che lautore di questopera apocalittica
volle sopprimere lantica testimonianza di un Dio pi-che-singolare, e lo fece tramite lallegoria. In tal
senso, la controversia che crediamo separi ebrei e cristiani era gi una controversia tra ebrei molto prima
della venuta di Ges. In questo senso Daniele sarebbe la profezia di quanto trover compimento nei
Vangeli a proposito dellesistenza di un Dio anziano e di uno giovane, una sorta di anticipazione di una
concezione binitaria di Dio.
47
Colpisce a questo proposito che Agostino (%F5SJOJUBUF, 2, 18, 33), volendo mostrare ai giudei che anche
nellAntico Testamento erano presenti teofanie in cui il Padre si mostrava corporalmente, interpreti la
visione di Dn 7,9-10 dove si parla dellAntico dei giorni come manifestazione divina, in cui il Padre
consegna il regno al Figlio, impersonato questultimo dal Figlio delluomo. Il vescovo di Ippona fa notare
una prefigurazione della teologia trinitaria insita nelle Scritture ebraiche, che probabilmente lo stesso autore
del libro profetico aveva voluto suggerire, ma con implicazioni ben diverse rispetto a quelle proposte
dallautore del %F5SJOJUBUF.
45

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ADAMANTIUS 19 (2013)
sviluppo cristiano di tale visione trinitaria, che sappiamo aver avuto una lunga gestazione nel
versante terminologico e speculativo, e che fu tralasciata nello sviluppo dottrinale giudaico dopo la
fine del tempio.
Queste primitive riflessioni cristiane risultanti dalla rielaborazione di dottrine giudaiche sarebbero
state a loro volta superate e dimenticate anche dai cristiani, perch inadeguate a reggere la
riflessione sulla sostanza divina innescata durante la crisi ariana.
Anche lipotesi che fa di Filone la fonte di Origene, sebbene sia da escludere per i motivi gi esposti,
ci conferma nel fatto che allinterno del mondo giudaico fossero presenti concezioni di monoteismo
non cos rigide e univoche come quelle impostesi in modo progressivo a partire dal I secolo d.C.
allinterno dellambiente giudaico, ma che era accettabile una visione del Dio unico insieme a
potenze che ne esprimevano la presenza e la vicinanza nella creazione.
Accanto e a sostegno delle argomentazione che abbiamo portato a quella che come abbiamo pi
volte sottolineato solamente una ricostruzione ipotetica dellorigine dellesegesi dei due animali
di Abacuc nel commentario geronimiano, vogliamo porre una notizia riportata da Didimo di
Alessandria nel suo commento al profeta Zaccaria. Al momento di spiegare Zc 14,5, in cui il profeta
paragona la fuga del popolo a quella che coinvolse la citt in occasione del terremoto avvenuto al
tempo del re Ozia, Didimo richiama alla memoria uninterpretazione scritturistica che identifica il
momento in cui il Signore apparve al profeta Isaia, avvenuto precisamente al tempo del re Ozia,
con il terremoto di cui parla Zaccaria48. Tale interpretazione che sovrappone i due avvenimenti
sarebbe giunta a Didimo proprio da una tradizione giudaica ancora in circolazione (
)49: non si tratta solamente di una notizia di carattere storico,
una memoria del popolo di Israele, ma di una vera e propria tradizione esegetica, che vuole
dimostrare la causalit divina alla base del movimento tellurico narrato da Zaccaria servendosi del
passo del profeta Isaia, in cui loperato divino evidente, legame reso possibile dalla plausibile
contemporaneit dei due eventi avvenuti al tempo di Ozia. Didimo ci dice con certezza che vi era
una lettura della visione di Isaia, che risaliva alla tradizione interpretativa trasmessa dagli ebrei e che
era ancora in circolazione al tempo in cui scriveva il suo commento a Zaccaria. Questa
interpretazione di stampo rabbinico potrebbe essere giunta a Didimo direttamente dai giudei
oppure essere stata mediata da Origene. Se questa notizia di Didimo non ci dice nulla in merito
allinterpretazione trinitaria dei Serafini, ci informa tuttavia della conoscenza in ambito cristiano di
un commento tipicamente ebraico alla visione di Isaia, probabilmente mediato da Origene. Questo
particolare non doveva passare inosservato nemmeno a Gerolamo, il quale utilizzer il commentario
didimiano omettendo questa informazione50, che allepoca in cui commenter Zaccaria sarebbe
risultata assai fuori luogo a motivo della trascorsa controversia origenista. Abbiamo, infatti, una
datazione abbastanza sicura del commento di Didimo, che fu composto probabilmente nel 387, dal
momento che quando Gerolamo pass ad Alessandria e commission questo testo era il 386 e nel
393 lo stesso monaco di Betlemme lo menziona, gi concluso, nel capitolo 109 del %F VJSJT
Didyme lAveugle, 4VS;BDIBSJF, ed. L. DOUTRELEAU (SC 83), t. 3, Paris 1962, V, 60-66, 1002-1007. Si
tratta di un passaggio, che per la sua lunghezza non citiamo, in cui vengono riportati in modo ampio i dati
che Gerolamo compendier nel suo commentario.
49
*CJE, V, 64, 1004.
50
4)JFSPOZNJQSFTCZUFSJPQFSB,DJU,*O;BDIBSJBN, 3,15,5, 881: 5FSSBFNPUVTBVUFNJOEJFCVT0TJBFSFHJT*VEB 
JMMJVT UFNQPSJT USBEJUVS  RVBOEP 0TJBT  RVJ "[BSJBT BMUFSP OPNJOF EJDJUVS  JMMJDJUVN TJCJ TBDFSEPUJVN VJOEJDBSF
DPOBUVT MFQSBQFSDVTTVTJOGSPOUFFTUEFRVPUFSSBFNPUVFUJO"NPTQSJODJQJPMFHJNVTi7FSCB"NPTRVJGVJUJO
QBTUPSBMJCVTEF5IFDVF RVBFVJEJUTVQFS*TSBFMJOEJFCVT0TJBFSFHJT*VEB FUJOEJFCVT*FSPCPBNGJMJJ*PBTSFHJT
*TSBFM BOUFEVPTBOOPTUFSSBFNPUVT. %FOJRVFQPTURVBNIJDNPSUVVTFTUSFYTDFMFTUVT BEDVJVTJNQJFUBUFNPNOJT
UFSSBDPNNPUBFTU VJEJU&TBJBTVJTJPOFNNBHOBN RVBNTVPVPMVNJOFJOUFYVJU.
48

196

SINCERO MANTELLI /PUFTVMM In HabacucEJ(FSPMBNP


JMMVTUSJCVT. Sappiamo che Gerolamo utilizz molto da vicino questopera di Didimo per comporre il
suo commentario a Zaccaria nellautunno del 406 e, dunque, se trascur di riferire lorigine
giudaica di questa lettura, diversamente da quanto era avvenuto per linterpretazione dei due
animali di Abacuc, non doveva aver agito senza una precisa intenzione51.
Il termine TDSJCBF, in conclusione, e linterpretazione del profeta Isaia che avrebbe portato Origene a
leggere in senso trinitario i due animali di Abacuc, ci riconducono a un pensiero condiviso nel
mondo giudaico, che arriva allAlessandrino tramite un giudeo o un giudeocristiano a questo
punto poco importa e che lo mette in contatto con una riflessione giudaica precristiana,
sopravvissuta in rivoli eretici di un giudaismo divenuto pi compatto52 e di cui finora conosciamo
poco o nulla, reinterpretata, infine, da lui o da qualcuno prima di lui in senso cristiano.
3. $POUSP0SJHFOFJMQSPHSFTTJWPEJTTFOTPSJTQFUUPBVOBMFUUVSBUSJOJUBSJBTVCPSEJOB[JPOJTUB
Prima di giungere ad analizzare la posizione generale di Gerolamo nei confronti dellesegesi
origeniana dei Serafini/Cherubini/Animali in senso trinitario, ci sembra utile mettere in luce le fasi
di progressivo distacco e, infine, di rifiuto di tale interpretazione, resa sostanzialmente inaccettabile
per il suo carattere subordinazionista in aperto conflitto con la posizione nicena che si andava via
via affermando nel corso del IV secolo.
Gi Panfilo, nell"QPMPHJB per Origene, si era sentito in dovere di riportare e spiegare
linterpretazione di Isaia data dall)FCSBFVTEPDUPS, segno evidente che questa dottrina di Origene
era gi parsa problematica nellambiente palestinese53.
Eusebio di Cesarea54, riferendosi ad Ab 3,2, legge fra due vite e non fra due animali ritiene
questa lettura erronea, perch il termine in questione il perispomeno [PO (da [P) e non il
parossitono [PO (da [PO) e interpreta le due vite come la duplice esistenza di Cristo in quanto
uomo e Dio. Eusebio, dunque, si discosta dallesegesi di Origene, evitando la lettura trinitaria
offerta da questultimo. Proseguendo nel testo, infatti, Eusebio fa una notazione che verisimilmente
vuole giustificare il suo dissenso rispetto a Origene, precisando che si tratta solo di una discrepanza
puntuale55:
Per la qual cosa, lespressione dei Settanta: Si manifest tra due vite, noi non labbiamo accettata
secondo linterpretazione di coloro che ci hanno preceduto, ma sosteniamo che il termine indica le due
vite, quella divina e quella umana, di colui al quale si riferisce la profezia.

L. DOUTRELEAU, *OUSPEVDUJPO, in %JEZNFM"WFVHMF, cit., 23-25.


Anche L. Perrone nellIBOEPVU offerto al convegno su -FPNFMJFJOFEJUFEJ0SJHFOFTVJ4BMNJEFM Codex
Monacensis Graecus 314, tenutosi a Bologna il 15 febbraio 2013, analizzando le fonti di Origene ipotizza che
un passo sia stato suggerito al maestro alessandrino, fra gli altri, anche dai maestri ebrei residenti a Cesarea:
egli sembrerebbe dipendere dal maestro giudeocristiano, pi volte menzionato da Origene nei suoi scritti
col nome dell Ebreo, oppure da persone dello stesso ambiente ebraico-cristiano (o forse anche del
contesto rabbinico di Cesarea). L. PERRONE, i-BNJBHMPSJBMBNJBMJOHVBwQFSVOSJUSBUUPEFMMBVUPSFEFMMF
PNFMJFTVJTBMNJOFMDPEJDFNPOBDFOTFHSFDP314, 7 (in corso di stampa).
53
Pamphil. "QPMPH0SJHFOJT, PG 17, 570-572. Cf. P. NAUTIN, 0SJHOF4BWJFFUTPOPFVWSF, Paris 1977, 132-133.
54
Eusebius Caesariensis, %FNPOTUSBUJPFVBOHFMJDB(GCS 23), ed. I.A. HEIKEL, Leipzig 1913 [= Eus. %&],6, 15.
55
Eus. %& 6, 15, 6 (traduzione Eusebio di Cesarea, %JNPTUSB[JPOF FWBOHFMJDB2, ed. F. MIGLIORE, Roma
2008, 173-174). Gregorio di Nissa ()PN *97 JO $BOU 12, 6, 351, 5-8) ritiene che il versetto in questione
abbia s valenza cristologica, ma si riferisca alla condizione in cui il Signore si venne a trovare con
lincarnazione, cio in mezzo alla vita incorruttibile di Dio e a quella, corrotta dal peccato, tipica del genere
umano.
51

52

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ADAMANTIUS 19 (2013)
Eusebio ci fa intuire in questo passaggio lesistenza di letture di questo testo scritturistico a lui
precedenti, che non gli sembrava bene accogliere: con molto pudore e riverenza sembra inaugurare
il distacco progressivo che si aprir successivamente rispetto alla lettura origeniana.
Andando oltre, non sembra privo di interesse volgere lo sguardo alla letteratura in lingua siriaca, in
particolare a un passo in cui Efrem Siro interpreta la visione di Isaia. Sappiamo bene, infatti, che
solo nella met del secolo IV, proprio con Efrem, la chiesa di Siria appare aggiornata in materia di
riflessione trinitaria e cristologica, mentre prima di lui, nella Siria compresa nellimpero persiano,
Afraate appare ancora attardato in una cristologia arcaica dai tratti evidentemente giudaizzanti56.
Efrem, poi, appare particolarmente significativo, perch si presenta aggiornato dottrinalmente in
posizione avversa agli ariani, per pi aspetti tributario della teologia basiliana57.
Alla luce di queste considerazioni prende rilievo la seguente esegesi poetica dei Serafini di Isaia, in
cui si contrappone la teologia apofatica degli esseri celesti alla speculazione, con riferimento
antiariano, degli scribi58:
Beato colui che apprese, mio Signore, / che il Serafino proclama Santo [Is 6,2-3] e ammutolisce; // gli
scribi, invece, indagarono per indagare. / Lascia [larte] degli scribi e scegli [quella] dei Serafini!.

Anche in un inno sulla nativit troviamo la contrapposizione dellatteggiamento degli scribi a


quello dei Serafini di Isaia nei confronti del Figlio, sebbene questa non collimi sicuramente con
quella trinitaria di Origene, in cui al centro c il Padre, mentre in questo testo la considerazione
chiaramente cristologica, riferita alla nativit come compimento della visione del profeta Isaia59:
Colui che ha servito in piedi i servi / sar adorato seduto in [trono]. // A colui che gli scribi deridevano / i
Serafini gridavano santo davanti a lui.

Senza dubbio, nel contesto degli inni sulla fede, che approfondiscono il carattere apofatico della
teologia di Efrem, gli scribi devono essere identificati con gli avversari ariani, di cui nella sua opera
condanna leccesso di razionalismo60. Degno di nota , pertanto, il fatto che Efrem accosti gli scribi
al testo della visione di Isaia e identifichi il pensiero giudaico con quello degli ariani. Forse questo
accostamento gli veniva dalla reminiscenza di una cristologia angelica di derivazione giudaica
ancora strisciante nel suo ambiente di lingua aramaica: tale visione trinitaria era diventata del tutto
inaccettabile alla luce della controversia ariana e pertanto andava chiaramente esclusa dallorizzonte
teologico a lui contemporaneo.
Anche Teofilo di Alessandria avrebbe confutato questa interpretazione nel 5SBDUBUVT DPOUSB
0SJHFOFNEFVJTJPOF*TBJBF, scritto attorno al 400 e in seguito tradotto da Gerolamo61.
Passando, poi, con un salto oltre Gerolamo62, vediamo la posizione netta del vescovo Cirillo di
Alessandria63, che nel suo commento ad Abacuc, diversamente dal monaco di Betlemme che, in
SIMONETTI inPRINZIVALLI SIMONETTI, -BUFPMPHJB, cit., 172.
*CJE, 173.
58
*OOJTVMMB'FEF, 3, 11, citato inE. VERGANI, *TBJB6OFMMBMFUUFSBUVSBTJSJBDB6OQSJNPPSJFOUBNFOUPTV&GSFN
FBMUSJUFTUJEFM*7TFDPMP, Annali di scienze religiose 4 (1999) 297.
59
Efrem il Siro, *OOJTVMMB/BUJWJUFTVMM&QJGBOJB, ed. I. DE FRANCESCO, Milano 2003, XXI, 15, 351.
60
VERGANI, *TBJB6, cit, 297, n. 56.
61
Lattribuzione di Amelli, che ascriveva a Gerolamo questo scritto, erronea; infatti il monaco di
Betlemme ne solo il traduttore. Cf.L. CHAVOUTIER, 2VFSFMMFPSJHOJTUFFUDPOUSPWFSTFTUSJOJUBJSFT, VigChr
14 (1960) 9-14. Cf. anche A. FRST, +FSPNF ,FFQJOH 4JMFOU 0SJHFO BOE IJT &YFHFTJT PG *TBJBI, in +FSPNF PG
4USJEPO)JT-JGF 8SJUJOHTBOE-FHBDZ, edd. A. CAIN J. LSSL, Aldershot 2009, 149-152.
62
Per le considerazioni generali circa il rapporto fra Cirillo e Gerolamo ci si pu riferire a F.M. ABEL,
1BSBMMMJTNF FYHUJRVF FOUSF TBJOU +SNF FU TBJOU $ZSJMMF E"MFYBOESJF, VivPen (1941) 94-119; 212-230;
56
57

198

SINCERO MANTELLI /PUFTVMM In HabacucEJ(FSPMBNP


conformit con le regole dossografiche del commentario, si astiene dal dare un giudizio
apertamente negativo, condanna con forza linterpretazione di alcuni (), in realt di Origene,
secondo cui i due animali sono il Figlio e lo Spirito Santo attraverso i quali si conosce il Padre.
Questa lettura ritenuta scorretta dal vescovo di Alessandria proprio perch il Figlio e lo Spirito
sono vite e non viventi (animali) come aveva detto Eusebio e perch le tre persone sono
consustanziali e coeterne, cosa che viene messa in ombra dalla disposizione subordinante data dalla
lettura trinitaria origeniana.
4. (FSPMBNPEJGSPOUFBMMJOUFSQSFUB[JPOFUSJOJUBSJBEFMMBWJTJPOFEJ*TBJB
Prima di entrare nella valutazione della posizione di Gerolamo riguardo allinterpretazione origeniana
della visione di Isaia, cerchiamo di collocare con precisione la composizione del commento ad Abacuc.
Per quanto concerne la cronologia64 di questo commentario uninformazione fondamentale ci viene
dal %FVJSJTJMMVTUSJCVT65:
Composi inoltre due libri di Spiegazioni su Michea, uno su Naum, due su Abacuc, uno su Sofonia, uno su
Aggeo, e molte altre opere sugli scritti dei profeti che ho per le mani e non sono state ancora terminate.

Questa notizia, che risale probabilmente alla primavera del 393, sicuramente a quellanno66, ci offre la
conferma che i commentari citati fossero in quella data gi pubblicati. Ulteriore appoggio a questo
dato ci viene dalla prefazione al commento a Giona, composto nel 396, cio tre anni dopo i primi
cinque commentari, come dice lo stesso Gerolamo67:
Sono passati circa tre anni da quando ho commentato cinque profeti Michea, Naum, Abacuc, Sofonia,
Aggeo e, occupato da un altro lavoro, non ho potuto portare a compimento quello intrapreso.

Convinto, come tutta la tradizione ebraica e cristiana dei primi secoli, del carattere unitario dei profeti
minori, percepiva i primi cinque commenti, composti entro il 393, come parte di un PQVTJNQFSGFDUVN.

A. KERRIGAN, 4U $ZSJM PG "MFYBOESJB JOUFSQSFUFS PG UIF 0ME 5FTUBNFOU, Roma 1952, 435ss.; M. SIMONETTI,
/PUF TVM DPNNFOUP EJ $JSJMMP E"MFTTBOESJB BJ 1SPGFUJ .JOPSJ, VetChr 14 (1977) 301-330. Circa il rapporto
intercorso fra Gerolamo e Cirillo dAlessandria, sappiamo anzitutto che lo zio di questultimo, Teofilo,
aveva trovato nel primo il traduttore dei suoi scritti contro lorigenismo. , quindi, verisimile pensare che
copie dellopera del solitario di Betlemme fossero giunte ad Alessandria. Cirillo pertanto, che secondo la
congettura di Tillemont poteva conoscere il latino, avrebbe avuto a disposizione queste opere quando nel
412 divenne patriarca.
63
$ZSJMMJBSDIJFQJTDPQJ"MFYBOESJOJJO9**QSPQIFUBT, II, ed. P.E. PUSEY, Oxonii 1868, Bruxelles 1965, 120-122
(PG 71, 897-900).
64
Rimane fondamentale per la ricostruzione della scansione temporale dellintero DPSQVT geronimiano e
particolarmente del commento ai profeti minori il contributo di P. NAUTIN, UVEFT EF DISPOPMPHJF
IJSPOZNJFOOF 393397
, REAug 18 (1972) 209-218; 19 (1973) 69-96, 213-239; 20 (1974) 251-284, 269-273.
65
Hier. VJSJMM 135, 6.
66
A. CERESA-GASTALDO, *OUSPEV[JPOF, in(MJVPNJOJJMMVTUSJ %FVJSJTJMMVTUSJCVT ed. A. CERESA-GASTALDO
(Biblioteca Patristica 12), Firenze 1988, 20.
67
Hier. JO *PO, QSPM, ll. 1-4. Occorre, a questo punto, correggere un errore veicolato dalla Patrologia del
Migne, che ha condotto molti a ingannarsi sullordine con cui Gerolamo ha commentato i primi cinque
profeti minori: la recente edizione del %FVJSJTdi Ceresa-Gastaldo ci restituisce un ordine identico a quello
del commento a Giona, che lo stesso del canone ebraico (Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo). Cf.
DUVAL, +SNF,cit., 415-438, 15.

199

ADAMANTIUS 19 (2013)
Acclarato, dunque, che la lettura origeniana dei Serafini / Cherubini / Animali stata riferita da
Gerolamo nel commento ad Abacuc poco prima dello scoppio della RVFSFMMF origenista, iniziata
proprio nello stesso 39368, veniamo a valutare la sua posizione nel tempo.
Sebbene Gerolamo rifiuti generalmente la lettura origeniana come concessione al
subordinazionismo69, non possiamo tuttavia non notare con sorpresa che nel nostro commentario tale
interpretazione non solo non sia stata scartata, ma venga riferita per prima. Sono poi riportate altre tre
interpretazioni: la prima, ritenuta semplice e popolare, vede nei due animali i ladroni crocifissi a destra
e a sinistra del Salvatore; la seconda li ritiene i due popoli, cio gli ebrei e i gentili, che hanno creduto
nel Signore Ges; la terza vi vede i due Testamenti, vecchio e nuovo, attraverso i quali si pu
riconoscere il Signore. Duval70, interrogandosi sullorigine di questultima esegesi, afferma: Enfin,
quelquun, qui pourrait bien tre Victorin de Poetovio, reconnat en ces deux tres anims ou
animants, les deux Testaments, qui donnent vraiment la vie, sont vivifiants, insufflent la vie, et au
milieu desquels le Seigneur est connu. Gerolamo non aggiunge altro, non fa menzione della lettura di
Tertulliano71, che vedeva nei due animali Mos ed Elia, n accenna alle due bestie della mangiatoia,
sebbene si trovi a Betlemme.
Gerolamo aveva gi rifiutato anni prima, precisamente nel 380, linterpretazione di Origene
nellepistola 18A, 472 indirizzata a Damaso, in cui diceva di non approvare la lettura della visione di
Isaia secondo alcuni suoi predecessori sia greci che latini73, che, sebbene eruditissimi, riferivano
unesegesi inaccettabile e in contrasto con il Vangelo di Giovanni74, che indicava in colui che siede sul
trono circondato dai Serafini non il Padre, bens il Cristo.
Nel 396, per, solo tre anni dopo la composizione del commento ad Abacuc, Gerolamo prende una
posizione netta contro Origene e afferma che il suo pi grave errore si trova nellinterpretazione
trinitaria della visione di Isaia75:
Only in 396, it appears, did Jerome begin to comprehend that he must take a public stand on Origens
teaching. In late 395 or early 396, writing to Vigilantius, Jerome posits that four errors mar the works of
Origen: his teachings on the resurrection body, on the condition of souls, on the repentance of the devil, and
on the identification of the seraphim of Isaiah 6:2 with the Son and the Holy Spirit. It is astonishing that
Jerome here deems the error regarding the Seraphim the most significant of the four.
Nel 393 Epifanio inizi a cercare in Palestina aderenti alla sua campagna contro Origene. M. SIMONETTI,
-BDPOUSPWFSTJBPSJHFOJBOBDBSBUUFSJFTJHOJGJDBUJ, Aug. 26 (1986) 15.
69
Penna (A. PENNA, 4 (FSPMBNP, Torino 1949), riferendosi alla pi antica opera esegetica di Gerolamo in
nostro possesso, cio il commento alla visione di Isaia, ritiene che il rifiuto dellinterpretazione origeniana dei
due Serafini, in quanto di sapore subordinazionista, evidenzi che la generale dipendenza dello Stridonense dal
maestro alessandrino non assoluta. Dello stesso parere anche Hartmann (L.N. HARTMANN, 4U+FSPNFBTBO
&YFHFUF, in " .POVNFOU UP 4BJOU +FSPNF &TTBZT PO 4PNF "TQFDUT PG )JT -JGF  8PSLT BOE *OGMVFODF, by
F.X. MURPHY, New York 1952), che nota limportanza di questa presa di posizione giovanile nei confronti
dellAlessandrino, quando, alcuni anni pi tardi, verr accusato di esserne un cieco discepolo.
70
DUVAL, +SNF,cit., 431.
71
Tert. "EW.BSD 4, 22, 12.
72
Questo testo deve essere datato al 380. Cf. P. NAUTIN, -Fj%F4FSBQIJNxEF+SNFFUTPOBQQFOEJDFj"E
%BNBTVNx, in 3PNB SFOBTDFOT #FJUSHF [VS 4QUBOUJLF VOE 3F[FQUJPOTHFTDIJDIUF *MPOB 0QFMU WPO JISFO
'SFVOEFOVOE4DIMFSO[VN971988JO7FSFISVOHHFXJENFU, ed. M. WISSEMANN, Frankfurt 1988, 277. Cf.
anche A. FRST, +FSPNF,FFQJOH4JMFOU, 141-152.
73
Secondo Nautin, lautore latino a cui pensa Gerolamo Vittorino di Petovio, che egli riteneva sotto molti
aspetti discepolo di Origene. Cf. NAUTIN,-Fj%F4FSBQIJNxEF+SNF,cit., 270-271.
74
Gv 12,39-41.
75
E.A. CLARK, 5IF0SJHFOJTU$POUSPWFSTZ5IF$VMUVSBM$POTUSVDUJPOPGBO&BSMZ$ISJTUJBO%FCBUF, Princeton
1992, 127.
68

200

SINCERO MANTELLI /PUFTVMM In HabacucEJ(FSPMBNP


Gerolamo, dunque, che aveva gi accennato al suo disaccordo con linterpretazione dei Serafini di
Origene76, arriva ad affermare senza mezzi termini, scrivendo a Vigilanzio, che questo lerrore pi
grande a motivo del quale si pu ascrivere il maestro alessandrino fra gli eretici77.
Anche la menzione della sua traduzione delle omelie di Origene, condotta nel 380-381, diventa per lui
problematica e la passa sotto silenzio proprio per evitare di essere tacciato di eresia78.
Nella lettera 8479, del 399, dice di aver dichiarato la sua estraneit alle dottrine origeniane tempo
addietro, rigettando la lettura trinitaria dei due Serafini, sostituendovi linterpretazione dei due
testamenti80: il fatto che sia costretto a ribadire con forza quanto aveva gi detto significa che il suo
allontanamento dal maestro alessandrino non era sembrato cos evidente allora e doveva essere
affermato con grande determinazione e trasparenza nel momento in cui la sua stretta frequentazione
di Origene era divenuta assai ambigua. Sappiamo, tuttavia, che, anche dopo la controversia,
Gerolamo continuer a riferirsi a Origene per puntuali interpretazioni dellAntico Testamento,
mentre combatter con forza ogni eresia che derivi dallorigenismo.
Infine, nel commento a Isaia del 408-409 prende con tono indignato le distanze dalla lettura
origeniana dei Serafini come Figlio e Spirito santo81: Qualcuno interpreta in modo iniquo i due
Serafini mediante il Figlio e lo Spirito Santo82.
$PODMVTJPOF
Queste note non lasciano dubbi sul fatto che Gerolamo, conoscendo bene il pericolo insito in questa
lettura della visione di Isaia, accetti di correre il rischio di inserirla in un suo commentario poco prima
del sorgere della controversia origenista. Lattenuante del carattere dossografico dei commentari non
mette Gerolamo del tutto al riparo dal sospetto: sebbene egli avesse condannato altrove la lettura
origeniana dei Serafini, da un cos duro avversario di Origene come ci apparir durante la
controversia ci si aspetterebbe almeno una presa di distanza pi decisa rispetto a una dottrina cos
manifestamente pericolosa del maestro alessandrino. Questa considerazione ci porta a rafforzarci nella

Nella lettera 55,3 (5) Gerolamo aveva gi trattato il tema del subordinazionismo: &QJTUVMBF, ed. I. HILBERG
(CSEL 54), Vindobonae 1910, 488-489. Nelledizione Saint Jrme, -FUUSFT, III, ed. J. LABOURT, Paris 1953,
41 n. 1, si sostiene che la datazione incerta, ma compresa fra il 393 e il 397, quindi proprio a ridosso
dellinizio o durante la fase acuta della controversia origenista.
77
0SJHFOFTIFSFUJDVT RVJEBENFRVJJMMVNJOQMFSJTRVFIFSFUJDVNOPOOFHP FSSBVJUEFSFTVSSFDUJPOFDPSQPSJT
FSSBVJU EF BOJNBSVN TUBUV  EF EJBCPMJ QBFOJUFOUJB FU o RVPE IJT NBJVT FTU o 'JMJVN FU 4QJSJUVN TBODUVN
TFSBQIJOFTTFUFTUBUVT. &Q61,2 (CSEL 54, 577). Cf. FRST, +FSPNF,FFQJOH4JMFOU, cit., 151.
78
FRST, +FSPNF,FFQJOH4JMFOU, cit., 141-152, ricostruisce lintera vicenda mostrando in modo convincente
che considering this theological context, I propose that Jerome suppressed his translation of Origens
homilies on Isaiah in order to evade allegations against himself of unorthodoxy (151).
79
*O MFDUJPOF *TBJBF  JO RVB EVP 4FSBQIJN DMBNBOUJB EFTDSJCVOUVS  JMMP JOUFSQSFUBOUF 'JMJVN FU 4QJSJUVN
4BODUVN  OPOOF FHP EFUFTUBOEBN FYQPTJUJPOFN JO EVP UFTUBNFOUB NVUBVJ  )BCFUVS MJCFS JO NBOJCVT  BOUF
VJHJOUJBOOPTFEJUVT. &Q 84,3 (CSEL 55, 122-125). CLARK, 5IF0SJHFOJTU$POUSPWFSTZ, cit., 138, n. 415.
80
A riprova di questo sta anche laccusa di Rufino rivolta a Gerolamo di aver modificato linterpretazione
della visione di Isaia nella sua traduzione della prima omelia di Origene su Isaia con laggiunta di una frase,
che doveva rendere lesegesi di questo passaggio accettabile per la teologia post-nicena. Cf. Ruf. "QPM D
)JFS 2,31 (CCSL 20, 106-107), citato in FRST, +FSPNF,FFQJOH4JMFOU, 148-149.
81
CLARK, 5IF0SJHFOJTU$POUSPWFSTZ, cit., 147, nn. 498-499.
82
$PNNJO*TIII, 6, 2; PL 24, 94.
76

201

ADAMANTIUS 19 (2013)
considerazione espressa da Simonetti, secondo cui le cause delladesione entusiastica di Gerolamo al
partito di Epifanio di Salamina siano di natura non teologica, bens squisitamente politica83.
Anche il copista, che, non capendo pi il dibattito sotteso alla strana attribuzione di una dottrina
trinitaria al mondo giudaico, aveva alterato il testo geronimiano con un cambiamento solo
apparentemente di scarso valore, aveva reso lesegesi dellAlessandrino riportata da Gerolamo alle
soglie della controversia origenista meno problematica di quanto non si sia rivelata allo studio della
tradizione manoscritta.
Sincero Mantelli
Facolt Teologica dellEmilia-Romagna
via Cardinal Ferrari 1
I-43121 Parma
<donsinceromantelli@gmail.com>
"CTUSBDU
The study of the manuscript tradition of Jeromes commentary on the prophet Habakkuk reveals a genuine
variant reading concerning the exegesis of Hab 3:2. While commenting on this passage which says that the Lord
will be recognized between two animals, Jerome reports the interpretation given by some scribes (TDSJCBF,
according to the MFDUJP found). These allegedly explained that the two animals are the Son and the Holy Spirit,
exactly like the Seraphim of Isaiahs vision and the Cherubim placed upon the Ark of the Alliance. Only through
them can the Father be known. This interpretation comes to Jerome directly from Origen, who, by his own
admission, received it in turn from a Jewish teacher. It is a matter of dispute whether this Jew or these TDSJCBF are
to be considered Jewish Christians. In all likelihood a Jewish origin of this ternary vision of God can be
sustained, which was later reinterpreted with a Christian meaning. Such a hypothesis can be corroborated by
taking into consideration Jeromes position concerning this interpretation as expressed in one of his commentaries
prior to the Origenist controversy. Afterwards, this kind of Biblical exegesis became unacceptable under the
influence of the Arian controversy and led to the sharpest criticism of Origens ideas. Once again it is apparent
that Jerome joined the party against Origen for political reasons and not out of doctrinal convictions.

Cf. SIMONETTI, -B DPOUSPWFSTJB PSJHFOJBOB, cit., 16: Ma quando veniamo a precisare il senso di tali
accuse, avvertiamo come, dalla paranoia di Epifanio agli isterismi di Gerolamo e ai furori, sapientemente
orchestrati, di Teofilo, molto, per non dire tutto, suoni falso in questo episodio della controversia
origeniana, nel senso che il GVSPS antiorigeniano dei vari protagonisti vi ha tutta laria di essere stato solo un
falso scopo o comunque di affondare le radici in tuttaltro che in un apprezzamento anche solo un poco
equilibrato e sereno degli errori di Origene.
83

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