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Universit degli Studi di Torino

Dipartimento di Culture, Politica e Societ

Corso di Laurea Triennale in Scienze Internazionali, dello Sviluppo e della


Cooperazione

Tesi di Laurea

Web 2.0: un ponte tra media mainstream e


movimenti di protesta. Il caso della
Rivoluzione Egiziana del 2011

Relatrice

Laureando

Prof.ssa Franca Roncarolo

Marco Carmelo Amato


n matr.746414

Anno Accademico 2013 /2014

INDICE

INTRODUZIONE .........................................................................................................3
CAPITOLO 1 WEB 2.0 E GIORNALISMO INTERNAZIONALE .................................... 6
Politica internazionale e influenza media..................................................................... 6
Web 2.0, velocizzazione dellinformazione e crisi del giornalismo professionale..9
Diplomazia e web 2.0............................................................................... 15
Web 2.0 e movimenti sociali................................................... 18
CAPITOLO 2 IL RUOLO DELLA RETE PER I MOVIMENTI DI PROTESTA:
PESSIMISTI E OTTIMISTI ......................................................... 23
Nuovi modi di fare gruppo ......................................................................................... 23
Tre fasi di sviluppo del gruppo ................................................................................... 24
Dottrina Google e cyber-utopismo....................................................................... 28
Guerra Fredda 2.0........................................................................ 30
Diverse forme di censura del web......................................................................32
CAPITOLO 3 EGITTO 2011: LA RIVOLUZIONE DEI SOCIAL NETWORK............... 37
I canali satellitari arabi ................................................................ 37
La crescita del dissenso in Egitto e il ruolo del web 2.0 ............................................. 42
We are all Khaled Said .............................................................................................. 45
Censura ..................................................................................................................... 50
CONCLUSIONE ...............................................................................................................52

INTRODUZIONE
I social media mi hanno permesso di seguire in presa diretta le azioni di protesta che hanno
riempito le piazze di tutto il mondo. Le immagini che venivano pubblicate sul web dagli
attivisti e dai giornalisti hanno avuto un forte impatto emotivo su di me. Il diffondersi della
crisi economica globale e lesplosione di situazioni gi critiche hanno determinato una ripresa
massiccia dellazione collettiva. La grossa novit stata rappresentata dal grande utilizzo che i
movimenti di protesta hanno fatto dei social network.
Il 2011 stato lanno dei manifestanti. In tutto il mondo le piazze si sono riempite di attivisti
che chiedevano ad alta voce pi diritti e pi democrazia. Il Medioriente stato il grande
protagonista di questa ondata di proteste. La discesa massiccia per le strade da parte dei
cittadini ha portato alla destituzione di regimi pluridecennali come quello di Ben Ali in Tunisia
e Mubarak in Egitto.
Non solo
Medioriente per,
anche
nellOccidente ferito
dalla grave crisi
economica si sono
visti i frutti di un
movimento globale
che, declinato
diversamente a
seconda dei diversi
bisogni e obiettivi,

Figura 1 Uno dei manifesti che chiamavano alla discesa in piazza globale per
il 15 Ottobre 2011
Fonte:https://pensareliberi.files.wordpress.com/2011/10/15ottobreglobal
democracy.jpg?w=540&h=300

rifiutava le
conseguenze della crisi del capitalismo finanziario. Ci sono due importanti esempi. Il primo
sono i manifestanti del Movimiento 15-M o movimento degli indignados che hanno
occupato per giorni le piazze spagnole per chiedere pi partecipazione e pi democrazia. Il
secondo esempio sicuramente quello di Occupy Wall Street che, diffusosi negli Stati Uniti,
aveva come obiettivo la contestazione dei meccanismi finanziari che tengono in piedi il
capitalismo odierno. Sotto gli slogan Were the 99% o United for #GlobalChange gli
indignados di tutta lEuropa e degli Stati Uniti si organizzarono per manifestare
3

contemporaneamente il 15 ottobre 2011.


Uno dei fili conduttori che ha legato tutti questi movimenti stato il grande utilizzo che
hanno fatto dei social media. Parlando delle primavere arabe, i giornalisti entusiasti hanno
spesso descritto le rivolte in atto come le rivoluzioni dei social network. Lobiettivo di questo
lavoro di capire che tipo di contributo i social media hanno dato ai movimenti di protesta, se
sono stati utili per il conseguimento dei loro obiettivi e se hanno avuto ragione i giornalisti a
definire ci che successo in Medioriente come una Twitter Revolution o una Facebook
Revolution o se, invece, hanno peccato dentusiasmo enfatizzando il ruolo dei social network.
Lavvento del web 2.0 e dei social media stato di per s un evento epocale per la
comunicazione, il mondo dellinformazione e della politica estera. Per questo il primo capitolo
di questa tesi appunto dedicata al rapporto tra movimenti, giornalismo internazionale e web
2.0. La portata di questo evento paragonabile a quello che successe nei primi anni 90 con la
nascita dei canali satellitari all news che trasmettono notiziari in diretta 24 ore su 24. In poco
pi di dieci anni il mondo dellinformazione ha subito due grandi stravolgimenti. I ritmi
giornalistici hanno subito unaccelerazione senza pari. Dato il filo rosso che collega il mondo
dellinformazione al mondo della moderna diplomazia e della politica estera, la rivoluzione del
giornalismo ha senza dubbio avuto delle conseguenze anche sugli altri due settori. I canali all
news sono in grado di modificare lagenda di tutto il sistema informativo globale e, di
conseguenza, possono obbligare i politici ad interessarsi e fare dichiarazioni su determinati
argomenti. I social media rappresentano il ponte che pu unire le ragioni di un movimento di
protesta allinteresse del grande pubblico. Attraverso i documenti e le immagini pubblicate in
rete dai militanti e dai citizen journalists possibile attirare lattenzione del giornalismo
mainstream che pu accendere i riflettori sulle manifestazioni e far arrivare quelle immagini
sulle televisioni di tutto il mondo.
Tra giornalisti, studiosi del web e dei movimenti sociali si aperto uninteressante dibattito sul
reale apporto che gli strumenti del web 2.0 hanno avuto per concentrare e organizzare il
dissenso. Nel secondo capitolo della mia tesi ho rappresentato gli ottimisti e i pessimisti
sulluso dei social media riassumendo le tesi di Clay Shirky (ottimista) e Evgeny Morozov
(pessimista). Entrambe le parti impegnate nella discussione dimostrano di avere ottimi
argomenti a sostegno delle proprie tesi. Non si pu sostenere in assoluto che una delle due
voci abbia tutta la ragione dalla sua parte. In diversi casi luso dei social media ha mostrato le
luci e le ombre che pessimisti e ottimisti hanno descritto nelle loro opere.
4

La Rivoluzione egiziana, dallinizio delle proteste alla destituzione di Mubarak, la


protagonista del terzo capitolo di questa tesi. Ho scelto di raccontare le giornate che hanno
infiammato Il Cairo perch penso che in quei giorni si siano manifestate tutte le caratteristiche
e le contraddizioni del rapporto tra i movimenti e i social media. Inoltre, ricordo che io stesso
grazie a Facebook e Twitter potei seguire ci che accadeva in Egitto e le immagini di piazza
Tahrir occupata e degli scontri degli attivisti con le forze speciali ebbero un forte impatto
emotivo su di me. Durante la Rivoluzione egiziana sono emersi tutti i limiti e tutte le virt
delluso dei social network, sia nel ruolo di ponte per arrivare ai media mainstream che nel
ruolo di organizzatore e catalizzatore delle proteste.
Leggere i commenti e le storie che gli attivisti diffondevano attraverso il web ha fatto nascere
in me un forte sentimento di solidariet nei confronti dei manifestanti. Linteresse nei
confronti dei movimenti sociali e lutilizzo dei social media sono i motivi che mi hanno spinto a
scrivere questa tesi.

CAPITOLO 1
Web 2.0 e giornalismo internazionale
Lavvento dei canali satellitari all news e, in seguito, quello dei social media hanno
profondamente cambiato il modo di fare informazione da parte dei media mainstream. Grazie
ai nuovi strumenti sociali, figli del web 2.0, sempre pi spesso gli spettatori non sono
semplicemente attori passivi ma concorrono con i giornalisti professionisti alla redazione di
una news. Negli ultimi anni i social media hanno rappresentato uno strumento molto
importante per poter seguire le proteste che hanno infiammato le piazze di tutto il mondo. Le
immagini riprese con i cellulari e condivise sul web dai manifestanti hanno attirato le
attenzioni delle grandi testate giornalistiche che le hanno riproposte al grande pubblico. In
questo modo, lincontro tra i due pi grandi strumenti di comunicazione di massa odierni (la
televisione e il web) ha permesso la diffusione delle istanze sollevate dagli attivisti di tutto il
mondo.

Politica internazionale e influenza dei media


Web 2.0 e televisioni satellitari all news occupano oggi un ruolo fondamentale nella
rappresentazione della realt internazionale. Questi due strumenti di comunicazione hanno
rappresentato le due pi grandi rivoluzioni comunicative degli ultimi ventanni. Lenorme
livello di diffusione che le grandi testate giornalistiche mondiali hanno fa capire quanto possa
essere importante per un movimento sociale raggiungere linteresse di quelle testate ed
arrivare al grande pubblico. Lo strumento che oggi pu fare da ponte tra questi due soggetti
il web 2.0. Portare la propria narrazione del conflitto allinterno dei media mainstream pu
significare la crescita del consenso attorno alle manifestazioni di protesta e quindi una
maggior potenza durto da poter opporre alla propria controparte.
I canali dinformazione 24 ore su 24, a partire dagli anni Novanta, hanno influenzato lintera
raffigurazione della scena mondiale da parte del settore giornalistico. Infatti, gli stessi
giornalisti sono spettatori abituali delle maggiori trasmissioni all news come CNN, BBC, Fox,
Sky, Al Jazeera e Al Arabiya. E soprattutto nel sistema statunitense e in quello arabo che i
canali all news rivestono un ruolo importante nel soddisfare la domanda di informazione degli
spettatori. Le linee editoriali di questi canali sono in grado di influenzare le scelte di tutti gli
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altri news media, come spiegano bene le parole di un giornalista egiziano citato da Augusto
Valeriani nel suo libro: <<Se notizia per Al Jazeera, notizia anche per me!>> (Valeriani 2011
pag. 19).
Questo fenomeno, la capacit delle grandi testate giornalistiche all news di influenzare prima
lintero sistema informativo e di conseguenza i comportamenti degli stati in materia di politica
internazionale ha preso il nome di <<CNN effect>>1. La crescente importanza che lindustria
dellinformazione ha acquisito ha portato capi di Stato e ministri a prendere seriamente in
considerazione le proprie performance televisive e a seguire come le loro azioni venissero
rappresentate sullo schermo. In particolare, pi che una vera capacit di influenzare il processo
decisionale, le dirette dei canali all news hanno determinato unestrema velocizzazione dei
ritmi dellinformazione e della politica. Gli attori della politica estera devono essere sempre
pronti a rispondere agli impulsi di un mondo che cambia velocemente e che viene narrato
ancora pi rapidamente. Il giornalista americano Timothy McNulty in un suo scritto dedicato
al ruolo della televisione nellinfluenzare la diplomazia e le scelte di politica estera porta
questo esempio: nel 1961 il Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy aspett 8 giorni prima
di fare una dichiarazione in merito alla costruzione del muro di Berlino. Nel 1989, quando il
muro cadde, il Presidente Bush fu costretto a fare una dichiarazione su ci che stava
avvenendo nel giro di poche ore. Il tempo trascorso fu giudicato comunque troppo lungo e
questo fu interpretato dallopinione pubblica come sintomo di freddezza rispetto allevento. Il
CNN effect colpisce, dunque, i ritmi della politica internazionale pi di quanto definisca una
vera e propria influenza sulle decisioni da parte dei governi. Questo vero soprattutto quando
i governi sono in grado di portare avanti una politica internazionale solida, coerente e con
obiettivi di volta in volta sempre chiari rispetto agli eventi mondiali. In questo caso pi facile
che si presenti il fenomeno inverso, cio che siano i politici ad influenzare e a dettare le agende
degli organi di informazione. C una relazione inversa tra la chiarezza politica e il potere
dinfluenzare da parte dei media. Il post Guerra Fredda ha sottolineato una sempre maggior
incapacit, da parte degli stati, di mantenere una politica estera chiara e coerente nei
confronti degli eventi che si moltiplicavano in tutto il mondo. Questa perdita di chiarezza ha
aperto una nuova finestra ai media e alla loro capacit di influire sulle strategie di politica
internazionale. Quando le scelte dei governi sono poco chiare e mal definite, i media possono

La definizione e la spiegazione del fenomeno arriva dal libro: Robinson P. (2002), The CNN effect. The
myth of news, foreign politicy and intervention, Routledge, Londra
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davvero avere la capacit di influenzare la politica. Al contrario, linfluenza diminuisce


allaumentare della chiarezza delle strategie da intraprendere.
Anche il modo in cui gli eventi vengono narrati concorre alla capacit di suggestione da parte
dei media. Il modo in cui viene gestito il flusso di immagini pu rendere un evento pi o meno
importante e pu pi o meno influenzare il pubblico e le decisioni dei policy makers. Un certo
tipo di copertura, che mostra immagini caratterizzate dal forte impatto emotivo e dalla
capacit di far immedesimare il pubblico con il dolore altrui chiaramente esorta a fare
qualcosa per risolvere la situazione e spinge i governi verso lintervento. Limportanza delle
immagini viene raccontata da Michael Bohn, ex ufficiale dellintelligence di marina e direttore
della sala operativa della Casa Bianca durante gli ultimi anni del mandato Reagan, riferendosi
al disastro di Chernobyl dice: <<Non importa quante descrizioni si hanno sul buco nero che ha
preso il posto di Chernobyl. Finch non vedi limmagine di questa massa fumante e
puzzolente, non ti colpisce lenormit di tutto questo. Le immagini sono importanti>>
(McNulty 1993 vol. 17 pag. 72). Alla fine degli anni 80 i media statunitensi trasmettevano in
televisioni le cruenti immagini del massacro dei curdi in Iraq. Il pubblico americano si trov
davanti le immagini dei cadaveri di molte donne e bambini e della fuga della popolazione
superstite. Lindignazione generale che le immagini causarono nel pubblico si trasform in
pressione nei confronti del governo americano che infine dovette intervenire nonostante, la
settimana prima, il Presidente Bush dichiarava che le truppe statunitensi non avrebbero, in
nessun caso, preso parte al conflitto. Questi esempi dimostrano quanto possa essere influente
la potenza mediatica di certe immagini. Non un caso che ad essere diffuse dai giornalisti
sono spesso le immagini pi violente, che, quindi, hanno un maggior impatto emotivo sul
pubblico, degli scontri che avvengono nelle piazze in rivolta. Spesso le foto o i video dei feriti e
delle vittime della repressione statuale vengono innalzati a simboli della protesta.
Il ruolo fondamentale che le televisioni hanno acquisito emerge chiaramente grazie al
confronto che si pu fare tra le frasi di Robert McNamara e Dick Cheney, entrambi ministri
della Difesa statunitensi ma in periodi diversi. Il primo fu ministro durante la presidenza
Kennedy e in piena crisi dei missili di Cuba, dichiar: <<Non credo di aver mai guardato la
televisione nelle due settimane della crisi dei missili>>. Il secondo fu impegnato nel 1991,
durante la guerra del Golfo, allo stesso proposito disse: <<Era impensabile non guardare la
CNN>> (Ammon 2001, cit. contenuta in Valeriani 2011 pag. 14).

I media dimostrano di avere un grande potere nel modificare le percezioni del pubblico
rispetto a determinati eventi. Dimostrano anche di poter mettere in difficolt la macchina
della politica estera. Per questo interessante spiegare il ruolo fondamentale
dellinformazione e come questa stia cambiando per capire quanto sia importante per i
movimenti riuscire ad entrare dentro i racconti dei media mainstream.

Web 2.0, velocizzazione dellinformazione e crisi del giornalismo professionale


Sono le breaking news, notizie che arrivano inaspettate nelle redazioni, lanciate dai canali all
news, a definire le ricostruzioni degli eventi internazionali. Questo ha determinato un
processo di velocizzazione dei media e la capacit dei canali informativi di dettare i nuovi ritmi
dellinformazione. Labilit di questi canali di lavorare nellimmediatezza e di fornire un
continuo aggiornamento su quel che succede determina la credibilit del sistema all news.
Dettare i nuovi ritmi giornalistici, lavorare costantemente in diretta, determina anche un
minore approfondimento della notizia su cui si sta lavorando. Questo dovuto dal fatto che, a
causa della crisi, i giornali non possono pi permettersi di finanziare decine di uffici di
corrispondenza sparsi per il mondo. In questo modo i giornalisti vengono mandati nel luogo
dove accadono gli eventi, senza che questi abbiano potuto svolgere quel lavoro di inchiesta e
approfondimento che possibile fare grazie ad uno studio di corrispondenza. Infatti, spesso ci
che si vede in televisione un giornalista che schematicamente descrive levento che si sta
svolgendo e, col passare del tempo, presenta una serie di aggiornamenti. Questo approccio non
comprende il lavoro di rielaborazione e approfondimento da parte del giornalista. In questo
caso anche lo stesso inviato diventa spettatore, proprio come il pubblico a casa, di ci che sta
avvenendo in tempo reale. Questi cambiamenti impongono delle modifiche anche a livello
logistico. Infatti, le grandi testate giornalistiche spostano i propri mezzi nelle aree che si
prospettano essere le pi interessanti da coprire mediaticamente. In questo modo, qualsiasi
cosa dovesse succedere i canali sono sempre pronti per far partire una diretta dal luogo dove si
stanno svolgendo i fatti.
Oggi il flusso di informazioni ha subito unulteriore velocizzazione, a causa del web 2.0. Grazie
agli strumenti dati da Internet (social media e blog), il pubblico pu imbattersi in notizie che
reputa interessanti, commentarle o condividerle e renderle cos di dominio pubblico prima
ancora che sia un giornalista a imbattersi nelle stesse. Tutto questo ha determinato un grande
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cambiamento nel mondo delle notizie. Mentre prima il monopolio dellinformazione


apparteneva ai giornalisti professionisti adesso, potenzialmente, tutti possono essere in grado
di confezionare una notizia che di interesse generale. La partecipazione attiva di quello che
prima era solamente pubblico ma che ora diviene anche generatore di news, prende il nome di
citizen journalism o giornalismo partecipativo. Pi precisamente, secondo la definizione
data da Jay Rosen, professore della New York University: <<Quando la gente, prima definita
pubblico, usa gli strumenti propri della stampa per informarsi uno con laltro. Questo citizen
journalism>>2. Le persone si ritrovano cos a non ricoprire pi soltanto un ruolo passivo di
osservatore della realt internazionale attraverso la mediazione giornalistica, ma possono
ricoprire un ruolo attivo nella costruzione delle news. Uno dei primi importanti esperimenti di
citizen journalism stato OhmyNews3. Meno della met dei pezzi venivano scritti da
giornalisti professionisti, il resto veniva scritto da collaboratori e soprattutto dai cittadini. Nel
2004 ha aperto OhmnyNews Internationale (OMNI) cio la versione in inglese della testata
coreana, qui la quasi totalit degli articoli veniva realizzata da giornalisti non professionisti. Ad
oggi OMNI diventato uno spazio dedicato alla discussione sulle criticit legate al giornalismo
partecipativo. In questi anni un sito che si dimostrato capace di raccogliere gli scritti prodotti
dai cittadini di tutto il mondo, e che si dimostrato particolarmente utile durante le proteste
della Primavera Araba, Global Voices on Line4. Nel loro manifesto vengono riassunti i
cambiamenti che il giornalismo sta affrontando: <<Grazie alle nuove tecnologie, la parola non
pu essere tenuta sotto controllo da chi possiede mezzi editoriali e accesso ai canali di
distribuzione, n dai governi che vorrebbero comprimere il pensiero e la comunicazione. Oggi
chiunque pu controllare la forza del giornalismo. Tutti possono raccontare le proprie storie al
mondo>>5. Global Voices si occupa di fare da ponte tra giornalismo partecipativo e
giornalismo professionista. I blogger che fanno parte della rete dellorganizzazione si
occupano di scovare le informazioni pi importanti che vengono prodotte allinterno dei
circuiti del web 2.0, in questo modo possono dare visibilit alle notizie e renderle accessibili a
giornalisti e lettori. Unaltra attivit importante dellorganizzazione quella di osservatorio
2

http://archive.pressthink.org/2008/07/14/a_most_useful_d.html
La testata stata creata nel 2000 in Corea e ha suscitato grande interesse a livello internazionale.
Infatti OhmyNews stata una delle prime testate che ha utilizzato il contributo dei propri lettori. Il
fondatore Oh Yeon Ho dichiarava: <<Ogni cittadino un reporter>>.
4
Il sito viene fondato nel 2004 da Ethan Zuckerman e Rebecca MacKinnon. Nel 2008 diventato un
ente non-profit.
5
http://it.globalvoicesonline.org/manifesto/
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3

rispetto alla repressione dei blogger di tutto il mondo. Lattivit, per, non si ferma
esclusivamente allosservare ma si occupa di dotare gli stessi blogger di strumenti contro la
censura, ne un esempio la guida al blogging anonimo di Global Voice on Line. Questo
sistema, per come concepito, ha allargato a dismisura il numero delle fonti. Questo ha fatto
emergere le complicazioni di questo modo di fare giornalismo. Infatti, la ricezione di centinaia
di articoli, da ogni parte del mondo, comporta unenorme mole di lavoro per quel che riguarda
lediting e la verifica sulla credibilit dei fatti e pu mettere in seria difficolt le testate
giornalistiche che decidono di lavorare in questo modo.
Internet e il web 2.0 sono la causa della pi recente rivoluzione dellinformazione. Gli
strumenti che il web mette a disposizione di tutti sono in grado di mettere in comunicazione e
far instaurare un dialogo tra giornalisti professionisti e comuni cittadini. Ancor pi che i
computer stato importante lavvento degli smartphones. I telefono cellulari, costantemente
collegati ad Internet, possono essere utilizzati per realizzare materiale multimediale riguardo,
per esempio, a quello che pu accadere in una piazza durante una manifestazione di protesta.
Questo materiale pu diventare importante per i media mainstream che condividendolo
possono renderlo disponibile al grande pubblico. Questo avviene specialmente in contesti in
cui vige una forte censura dellinformazione interna che rende difficile per i reporter lavorare e
documentare le manifestazioni. In questo caso le immagini pubblicate sul web possono
diventare le sole immagini disponibile per raccontare cosa succede.
Cittadini ed attivisti possono denunciare determinati comportamenti, percepiti come
scorretti, di autorit o multinazionali. Attraverso la condivisione di centinaia o migliaia di
persone si pu venire a creare unintera comunit informata senza la mediazione giornalistica.
Questo pu influenzare un po i comportamenti del soggetto denunciato. Ma solo un
giornalista professionista che pu organizzare unintervista che raggiunga il grande pubblico e
chiedere conto del comportamento ritenuto scorretto. E quindi vero che, ancora oggi, sono i
giornalisti professionisti a definire quelli che sono gli eventi importanti da seguire. Una notizia
condivisa nel mondo dei social network si trasforma in notizia di dominio pubblico grazie
allinteressamento delle grandi testate giornalistiche.
Per lavorare agli eventi di politica internazionale i giornalisti devono, sempre di pi, fare
affidamento alla comunit del web 2.0 e in qualche modo farne parte. I grossi cambiamenti
che il mondo dellinformazione sta affrontando sono ben rappresentati nel racconto di Ayman
Mohyeldin, corrispondente dal Cairo di Al Jazeera English: << Ero ancora nel mio ufficio nel
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centro della citt quando, attraverso i miei contatti Twitter e Facebook, ho avuto la notizia che
molte persone avevano preso dassalto il quartier generale della Sicurezza Nazionale a Nasr
City. On line cerano gi le prime cronache, le prime immagini e i primi video, e io ero ancora a
circa unora di auto da quella storia. Mi venuto naturale chiedermi: ha senso che ci vada
anche io? E quel dubbio mi ha costretto a pensare attentamente quale potesse essere il
contributo peculiare di un giornalista professionista a quella narrazione, che gi stava
prendendo forma anche senza di me>>. Ayman Mohyeldin spiega poi lapproccio con cui ha
effettivamente coperto quella storia: <<Ho pensato che il mio lavoro era comunque
importante, ed era quello di dare contesto alle informazioni, spiegare al pubblico globale di Al
Jazeera English perch la rabbia della gente si andasse a sfogare proprio contro quelledificio,
che ruolo avesse la Sicurezza nazionale nel regime Mubarak>> (Valeriani 2011 pag. 22 e 58).
Il mondo del giornalismo internazionale risulta quindi profondamente cambiato rispetto a
dieci o ventanni fa. La crisi del settore viaggia parallelamente con la crisi economica globale. I
giornali hanno dovuto applicare importanti tagli finanziari e diminuire i costi di gestione.
Questo ha significato il taglio di decine di uffici di corrispondenza in tutto il mondo. A questo si
somma la progressiva perdita dinteresse generale verso gli esteri a favore di un maggior
interessamento verso la cronaca locale e in generale per le realt vicine al pubblico. Questo
processo ha le proprie radici nella fine della Guerra Fredda. La contrapposizione tra i due
blocchi si giocava in ogni angolo del pianeta, con la caduta del muro di Berlino venuto meno
anche linteresse del pubblico verso gli eventi internazionali. Queste sono le cause principali
che hanno portato le grandi testate giornalistiche ad un progressivo abbandono della
copertura internazionale. Decine di uffici di corrispondenza sono stati chiusi, dai giornali
americani, in tutto il mondo. Pochi inviati sono distribuiti in alcune regioni che si prevedono
essere le pi calde e le pi interessanti da un punto di vista giornalistico. Questa crisi ha
portato ad una contaminazione sempre pi importante tra giornalismo professionale, citizen
journalism e web 2.0. Utilizzare la rete per superare la crisi economica e sistemica del
giornalismo richiede un ripensamento della professione. Social media e web 2.0
rappresentano i nuovi strumenti per raccontare la realt internazionale e prendono il posto
degli uffici di corrispondenza che vengono gradualmente chiusi. Si viene a creare una
comunit informativa in cui il rapporto tra giornalista e pubblico sempre pi stretto e in cui lo
stesso pubblico concorre alla redazione delle notizie. I giornalisti usano sempre pi
frequentemente lo strumento blog e grazie a questo possono condividere racconti e contenuti
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che non hanno potuto trovare spazio nelle edizioni cartacee o online del giornale. In questo
modo il pubblico pu commentare e dibattere dellargomento anche con il giornalista stesso.
Per seguire i grandi eventi diverse testate giornalistiche si sono fornite di live blogs, cio blog
costantemente aggiornati. Con luso di questo strumento diventa chiara ci che in precedenza
si definiva contaminazione tra giornalismo professionale, citizen journalism e web 2.0.
Infatti, in questi live blogs, non trovano spazio solamente i racconti ed i commenti dei
giornalisti professionisti, ma vengono aggiornati anche con i tweets degli attivisti, gli
aggiornamenti video, audio o testuali realizzati dai citizen journalists e link che riportano
materiali contenuti sui siti di testate giornalistiche concorrenti.
Il web 2.0 ha allargato profondamente la possibilit di reperire fonti, nasce quindi il problema
della credibilit. E per questo che il giornalista deve fare parte attivamente della comunit
informativa che si viene a creare attorno al suo lavoro. Solo in questo modo, conoscendo e
comunicando con le proprie fonti, pu verificarne la credibilit. Anche perch, sui social
network, tutti possono far finta di essere qualcun altro e nascondere la propria identit, cos si
pu correre il rischio di scambiare una battuta e uno scherzo per la dichiarazione ufficiale di
qualche autorit. Molti giornalisti hanno aperto i propri account Twitter nei giorni in cui si
accesero le proteste nella penisola araba. Nonostante questo, da molti stato fatto un utilizzo
parziale della piattaforma. Molti giornalisti si sono limitati a seguire e a condividere il materiale
realizzato dalle personalit che pi erano diventate influenti sui social media, facendo cos un
utilizzo passivo di Twitter. Utilizzati in questa maniera, i social media non possono essere
efficaci nel sostituire gli uffici di corrispondenza nella copertura degli eventi internazionali. I
giornalisti che iniziano a seguire un evento attraverso i social network e, quindi, iniziano a
visionare e condividere parte del materiale che si raccoglie intorno a determinati hashtags, non
sono diversi dagli inviati che vengono improvvisamente mandati nei luoghi in cui sta scoppiando
un conflitto. E lo stesso tipo di approccio, parziale, che non permette di conoscere a fondo la
realt di cui si parla e le regole della comunit in cui si entra e non consente il lavoro di
rielaborazione e approfondimento tipico della mediazione giornalistica. Per permettere questo,
il giornalista deve entrare a far parte attivamente della comunit dei social media, interagire
con i suoi aderenti e non essere solo uno sfruttatore di ci che viene prodotto allinterno di
questa. Octavia Nasr, giornalista che da anni si occupa della regione mediorientale, viene
indicata da Augusto Valeriani come un buon esempio di buon utilizzo dei social media. Con il
suo account Twitter, la giornalista pubblica commenti sulla politica internazionale ma anche
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episodi di vita quotidiana e dialoga con i suoi followers. Instaurando un rapporto cos forte con
il suo pubblico, Octavia Nasr viene vista come la giornalista a cui rivolgersi nel momento in cui
si a conoscenza di un evento degno di arrivare alla ribalta del grande pubblico.
I giornalisti non utilizzano gli strumenti dati dal web 2.0 unicamente per venire a conoscenza di
informazioni nuove e per la realizzazione delle notizie. Sempre di pi, le grandi testate
giornalistiche utilizzano i social network per dialogare con il proprio pubblico, per chiedere
valutazioni sul lavoro giornalistico intrapreso, ricevere critiche e consigli e per domandare
direttamente agli spettatori, o ai lettori, su quale argomento loro preferiscano che i giornalisti
si concentrino. A volte interi programmi e lavori di reporting vengono basati sulle richieste e sui
consigli che vengono recapitati dal pubblico attraverso i social network. In questo modo, una
volta di pi, la comunit diventa parte attiva del sistema informativo odierno.
Il post voto iraniano del 2009 stato un evento emblematico e simbolico della commistione
tra giornalismo professionale e social media. E in questo caso che i giornalisti internazionali
hanno scoperto limportanza dei contenuti condivisi sui social network dagli attivisti. In questo
frangente il regime di Ahmadinejad censur e limit fortemente il lavoro dellinformazione,
per questo la stampa internazionale ha dovuto attingere a Facebook e, in particolar modo, a
Twitter per continuare la narrazione di ci che stava accadendo nel paese. La protesta ha
preso il nome di Green Revolution ma stata soprannominata da molti anche come Twitter
Revolution, proprio per sottolineare limportanza che i social network hanno avuto nel
raccontare ci che capitava in Iran. Il 16 Giugno 2009 venne vietato ai giornalisti stranieri di
scendere in strada per impedire che potessero far circolare le notizie sulle proteste e sulla
repressione in atto nel paese. Da questo momento il racconto di quello che avvenne nelle
piazze pass principalmente dalle mani e dai cellulari degli attivisti del movimento anti
regime. Nonostante durante i giorni caldi delle manifestazioni i maggiori social media
risultassero inaccessibili (Twitter, Facebook e Youtube), molti iraniani scavalcarono i blocchi e
poterono continuare a condividere materiale multimediale direttamente dalle piazze,
materiale multimediale che stato ampiamente utilizzato e condiviso dai media mainstream
di tutto il mondo. Una delle immagini simbolo delle proteste del 2009 quella dellassassinio
di una giovane manifestante, Neda Agha Soltan, da parte delle forze di sicurezza iraniane. Le
migliaia di condivisioni che il video delluccisione ha ricevuto sui social network sono state il
ponte che ha portato questa notizia nei programmi dei media mainstream e al grande
pubblico. Questo ha fatto in modo che si venisse a creare una rete transnazionale che
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solidarizzasse con i manifestanti iraniani e che li aiutasse a far circolare le notizie che venivano
prodotte sul campo. In questo caso i social network hanno aiutato i media e i cittadini di tutto
il mondo ad avere un racconto non parziale e non censurato di quello che avveniva durante le
proteste. Limportante ruolo ricoperto, in questo frangente, dai social media ulteriormente
sottolineato da un episodio occorso durante le proteste. Il post voto iraniano, oltre ad aver
rappresentato un passaggio importante per il mondo dellinformazione, anche stato un
evento globale di grande importanza politica. Per questo Jared Cohen, che nel 2009 lavorava
per il Dipartimento di Stato statunitense, durante le giornate di protesta in Iran, telefon a
Jack Dorsey, inventore di Twitter, per chiedergli di sospendere i lavori di manutenzione gi
programmati per il sito di microblogging, in quanto questi avrebbero reso il social network
inaccessibile. Questo evidenzia come ci che avveniva nel mondo del web 2.0 fosse
estremamente importante per la diplomazia americana. In quella comunit che si era venuta a
creare attorno ad hashtags come #Iranelection, il governo americano vedeva un possibile
alleato con il quale dialogare e con il quale perseguire gli obiettivi posti sulla crisi iraniana.

Diplomazia e web 2.0


<<Si aperta una nuova epoca per la diplomazia, lera della Telediplomacy, un nuovo tipo di
diplomazia dominato dai media, e che si differenzia per limpatto e limmediatezza della realtime television>> (Bordelot 2009).
Come il giornalismo, anche il mondo della diplomazia ha dovuto affrontare le sfide che
provenivano dalla velocizzazione imposta prima dai canali all news e poi dai social media. I
cambiamenti che il sistema informativo ha subito hanno enfatizzato la dimensione pubblica
della politica internazionale. Quando un evento diventa noto, i media iniziano ad esercitare il
proprio pressing. Per questo gli attori internazionali devono continuamente interagire con i
giornalisti e fornire loro delle news. Nel momento in cui le autorit interrompono il flusso di
informazioni lasciano aperti degli spazi che i giornalisti possono riempire con notizie e
interpretazioni proprie che possono anche discostarsi dalle posizioni ufficiali. Essendo
aumentata la complessit del sistema informativo si fa molta pi fatica a gestire i media,
soprattutto durante una crisi che richiede un numero elevato di dichiarazioni in una situazione
di pressione. Per questo alcuni organi governativi hanno organizzato delle unit, che possono
essere interne o delegate allesterno, che si occupano esclusivamente della gestione dei
15

media. Per esempio, nel 2005, gli Stati Uniti hanno costituito un organo chiamato Rapid
Response Unit (RRU) perch si occupasse di individuare, quotidianamente, quali fossero le
criticit riscontrate dai media internazionali nelle politiche estere americane. Come risposta
lunit si occupa di realizzare delle note che hanno il compito di dettare la linea ai funzionari
statunitensi di tutto il mondo. Nonostante la necessit di adeguarsi a queste nuove spinte, ci
sono alcune caratteristiche sistemiche della diplomazia internazionale che oppongono
resistenza alla velocizzazione del processo decisionale. Il sistema della diplomazia mondiale
caratterizzato da unorganizzazione fortemente gerarchica che si muove con estrema
lentezza. Inoltre il mestiere stesso di diplomatico impone una certa prudenza nel rilasciare
dichiarazioni pubbliche. Nonostante linfluenza dellodierno sistema giornalistico e dei suoi
ritmi, il mondo delle negoziazioni internazionali riesce, ancora oggi, a mantenere, anche se in
misura minore, una propria autonomia, una dimensione segreta e ritmi svincolati da quelli
dellindustria dei media. Il diplomatico si trova spesso nella posizione di intermediario tra i
policy makers e i giornalisti. <<Le nuove tecnologie di comunicazione e lecosistema
dellinformazione guidato dalle televisioni satellitari all news hanno portato allesasperazione
il conflitto tra la cultura giornalistica del tutto e subito e quella del diplomatico poco e con
cautela>> (Valeriani 2011 pag. 61).
Se, da una parte, il web 2.0 ha intaccato quegli spazi di autonomia che la sfera della
diplomazia internazionale custodiva, lo stesso ha offerto nuovi canali di comunicazione che
diplomatici e organi istituzionali possono utilizzare per pubblicare le proprie posizioni e azioni.
Si ha quindi un tentativo di saltare la mediazione giornalistica per comunicare direttamente
con il pubblico. Diversi organi istituzionali hanno cominciato ad utilizzare lo strumento blog o
la creazione di canali ufficiali su Youtube e profili sui social network per raccontare la politica
estera. Attraverso i mezzi che il web 2.0 mette a disposizione, vengono pubblicati immagini e
commenti degli stessi attori della politica internazionale, in questo caso vengono abbandonati
i toni formali tipici della dialettica ufficiale mentre si preferiscono i toni tipici dellambiente 2.0:
informalit e rapidit di aggiornamento.
Nonostante la segretezza sia una delle peculiarit dellattivit diplomatica, la velocizzazione e
la moltiplicazione dei flussi comunicativi hanno allargato in maniera esponenziale il teatro
pubblico della diplomazia internazionale. Questo spazio pubblico stato ulteriormente, e in
maniera improvvisa, allargato dalla diffusione di migliaia di documenti top secret della
politica estera statunitense. I documenti sono stati sottratti da una fonte interna e diffusi nel
16

2010 dallorganizzazione Wikileaks6. Sono diverse le testate giornalistiche7 che hanno


usufruito e hanno diffuso le informazioni provenienti da Wikileaks. Gli accordi presi con le
testate e la condivisione che i giornali fanno dei file segreti sono molto importanti per
Wikileaks. Un lavoro giornalistico professionale in grado di portare le informazioni segrete al
grande pubblico, aumentando leffetto che queste possono avere a livello internazionale. A
questo va sommata la collaborazione tra lorganizzazione e gli utenti dei social media che
contribuiscono, con le loro condivisioni, alla diffusione dei file segreti e degli appelli di
solidariet nei confronti di Wikileaks e del suo inventore Julian Assange. Nel 2010
lorganizzazione rimase vittima dei suoi stessi metodi. Una fonte interna fece circolare dei file
segreti contenenti relazioni diplomatiche degli USA riguardo alla Tunisia. A ricevere questi file
fu la piattaforma nawaat.org che un blog gestito collettivamente da mediattivisti tunisini. Le
informazioni riguardanti la Tunisia furono condivise dai gestori del blog attraverso il sito
Tunileaks e si diffusero ugualmente sui social media grazie allhashtag #Tunileaks. Anche i
tentativi del governo di bloccare il sito non funzionarono, i documenti gi circolavano in rete e
la censura non ebbe nessun effetto in questo caso. Le note diplomatiche statunitensi
criticavano fortemente laumento di corruzione che il regime di Ben Ali dimostrava. Tutto ci
che i tunisini immaginavano sul proprio governo diventava effettivamente realt negli scritti
diplomatici del governo USA. Leffetto destabilizzante che Wikileaks ha avuto sottolineato
da un articolo del 2011 comparso nella versione online del Foreign Policy a firma Elizabeth
Dickinson che si chiede se quella tunisina non sia la prima rivoluzione di Wikileaks. Definirla
in questo modo esagera la portata che la diffusione dei file segreti ha avuto. La Tunisia soffriva
di problemi strutturali, corruzione e repressione da parte del regime di Ben Ali e i tunisini
erano gi consapevoli di tutto ci. Nonostante questo importante notare limportanza che la
diffusione di questi documenti ha avuto nellinfluenzare lopinione pubblica, nellampliare la
consapevolezza dei tunisini dei problemi del loro paese e nellaumentare la volont di
cambiamento.
6

E un prodotto del web 2.0 ed diventato uno strumento per i giornalisti di tutto il mondo. Wikileaks
si occupa di pubblicare e diffondere materiale che stato realizzato da qualcun altro, sono pochi gli
articoli originali dellorganizzazione, garantendo lanonimato. Si trova in mezzo e svolge il ruolo di
mediatore tra chi direttamente coinvolto nelle questioni di cui condivide le informazioni e i giornalisti
che ne usufruiscono.
7
Con alcune di queste lorganizzazione di Julian Assange ha istituito delle collaborazioni: lEspresso,
The Guardian, Le Monde, Der Spiegel, El Pas, The New York Times. In base a questo accordo
le testate avrebbero ricevuto le informazioni segrete prima delluscita ufficiale, in cambio Julian
Assange pretendeva di imporre la data e lora di pubblicazione da parte dei giornali.
17

Web 2.0 e movimenti sociali


Come stato gi detto, i social network svolgono, sempre di pi, il ruolo di ponte tra le notizie
che vengono scovate e documentate dai cittadini e i media mainstream. Questo stato
sfruttato dai movimenti di protesta che negli ultimi anni si sono diffusi in tutto il mondo. I
social media hanno giocato un ruolo importante per la diffusione delle proteste, soprattutto
nei paesi in cui la censura pi forte e le notizie sui cittadini scesi in piazza a manifestare fanno
fatica a circolare. Mediattivisti e citizen journalists hanno avuto una funzione rilevante per la
diffusione delle motivazioni delle manifestazioni che si sono svolte in tutto il mondo e per la
longevit dei movimenti stessi che, oltretutto, grazie alla condivisione sui social media, hanno
potuto spesso contare sulla solidariet della comunit transnazionale. Per esempio, nel 2009,
ad un mese circa dallinizio delle proteste post voto in Iran, si svolsero manifestazioni contro la
violazione dei diritti umani nel paese in pi di 195 citt di tutto il mondo. Questo dimostra
quanto sia importante per un movimento che si scavalchi la censura e che le immagini di
protesta si diffondano sui media mainstream in modo da poter creare una comunit
internazionale solidale con le ragioni dei manifestanti. Oltre che a livello comunicativo, il web
2.0 stato importante anche a livello logistico per i movimenti. Infatti, in alcuni paesi, i social
network sono stati utilizzati per coordinare le manifestazioni. I giornalisti hanno provato ad
attaccare, ai movimenti di protesta che si sono sviluppati in tutto il mondo a partire dalla fine
degli anni 2000, letichetta di social network revolutions, esagerando cos la reale portata che i
social media hanno avuto durante queste proteste. Si possono fare diversi esempi di
movimenti che hanno fatto un uso massiccio degli strumenti del web 2.0, a partire dalle
manifestazioni post voto iraniano del 2009 per poi passare al 2011, la Primavera Araba, ma
non solo, anche il movimento degli Indignados in Spagna e gli Occupy Wall Street negli Stati
Uniti, fino ad arrivare ad eventi pi recenti come il movimento Gezi Park e le proteste anti
governative in Turchia. Luso dei social network non stato fondamentale per questi
movimenti. Le ragioni delle proteste sono di tipo strutturale, regimi autoritari, corruzione e
povert diffusa sono degli esempi. La gente, molto probabilmente, sarebbe scesa in piazza
comunque contro i regimi, ma lutilizzo dei social media ha permesso che le immagini di quelle
piazze arrivassero ai media mainstream e quindi al grande pubblico di tutto il mondo. Questo
ha determinato la formazione di una comunit informativa globale che, con uno sforzo
18

minimo di condivisione dei contenuti multimediali prodotti nelle piazze, d sostegno ai


movimenti sociali. Nei conflitti tra governi e gruppi antagonisti entrano in gioco nuovi tipi di
attori definiti sostenitori a sforzo minimo, possono essere attivisti per i diritti umani o
militanti impegnati in altre lotte in giro per il mondo che si impegnano nella condivisione delle
istanze dei movimenti e ne permettono la visibilit.
Nonostante i sostenitori dello strumento web 2.0 sottolineino limportanza che i social media
hanno avuto nelloffrire uno spazio organizzativo e informativo a basso costo per i movimenti,
gli scettici mostrano laltro lato della medaglia, cio la facilit che i regimi hanno avuto nel
portare avanti la repressione, grazie alle tracce che venivano lasciate sui social media dagli
attivisti. Per esempio, in Turchia nel 2013, durante le manifestazioni di protesta, la polizia del
paese arrest prima 34 persone a Smirne per dei Tweet sgraditi al governo e poi altri 4 attivisti
ad Adana colpevoli, secondo le autorit, di aver organizzato le proteste attraverso Twitter e
Facebook. In quelloccasione il premier turco Recep Tayyip Erdogan arriv a definire i social
network <<una cancrena>>8.
Secondo alcuni studiosi le innovazioni tecnologiche avrebbero anche modificato la struttura
stessa dei movimenti antagonisti. Mentre prima le organizzazioni, soprattutto legate al
movimento operaio e ai partiti socialisti, che scendevano nelle piazze erano viste come dei
blocchi monolitici con una chiara direzione politica e con militanti che seguono le direttive dei
leader del movimento, adesso luso della tecnologia ha permesso lo sviluppo di movimenti
caratterizzati dallorizzontalit, dalla mancanza di veri e propri leader e dallo spontaneismo. E
venuto a mancare il coordinamento centrale e quel senso di unit che contraddistingue, per
esempio, i partiti socialisti. Al suo posto, si sono sviluppate relazioni molto pi flessibili tra gli
attivisti. Al posto del blocco monolitico di cui si parlava in precedenza, i movimenti odierni
possono essere simbolicamente rappresentati come un insieme di reti che grazie ai social
network posso rimanere unite e comunicare tra loro. Nonostante questo, esaltare la
caratteristica dellorizzontalismo pu oscurare il fatto che, anche allinterno degli odierni
movimenti di protesta esiste unorganizzazione gerarchica. Infatti, lo stesso processo di
mobilitazione ad essere caratterizzato da relazioni asimmetriche tra chi guida il processo di
mobilitazione e gli attivisti che vengono mobilitati.

Dati e citazione contenuti in: http://www.corriere.it/esteri/13_giugno_08/turchia-arrestitwitter_6ad993dc-d037-11e2-9950-94356dc22e3e.shtml


19

Gli accademici israeliani Gadi Wolfsfeld, Elad Segev and Tamir Sheafer analizzando luso dei
social media nella Primavera Araba sottolineano come non si possa considerare il web
acriticamente come un generatore automatico di democrazia. Se questo fosse vero sarebbe
scontato il fatto che nei paesi dove internet pi accessibile e meno sottoposto a censura ci
sarebbe un maggior sviluppo dei movimenti di protesta rispetto ai regimi non democratici. Il
punto degli studiosi israeliani che la causa principale dello scoppio delle proteste e della
nascita dei movimenti lambiente politico in cui questi si sviluppano. I cittadini di un paese
che soffre di problemi strutturali e in cui non vige la libert di espressione sono pi interessati
ad attivarsi per un radicale cambiamento delle proprie istituzioni e a cercare dei mezzi di
comunicazione alternativi a quelli ufficiali. Il web 2.0 se accessibile e se utilizzato con diversi
accorgimenti pu essere lo strumento adatto allo scopo. Invece, chi vive in uno Stato che
presenta un ambiente politico meno ostile pi propenso ad utilizzare internet per scopi
dintrattenimento e meno interessato ad attivarsi nella vita politica del paese. Spesso gli stati
che soffrono di una scarsa accessibilit alla rete sono i paesi dove le proteste sono pi
numerose e accese. I social media non sono quindi la causa dello scoppio della rabbia
popolare, piuttosto possono essere lo strumento utile alla diffusione di quella rabbia.
La pratica, da parte dei movimenti, di utilizzare il web per poter comunicare le proprie istanze
nasce gi negli anni 90 con lEsercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) che viene
quindi considerato dagli studiosi dei movimenti antagonisti come il primo movimento di
information guerrilla, e poi con Indymedia, precursore del mediattivismo, nato nel 1999 come
supporto al movimento No Global che in quei giorni era protagonista delle proteste a Seattle,
e primo caso di citizen journalism.
LEZLN impegnato in una lotta contro il governo messicano e a favore dei diritti della
popolazione indigena. Nasce come un movimento che pratica la lotta armata ma le armi
vengono presto abbandonate per far spazio ad una campagna di informazione mondiale che
risultata molto efficace almeno fino al 2001. La strategia comunicativa dellEZLN si basata
sulla figura carismatica del Subcomandante Marcos, la cui immagine e le parole hanno fatto il
giro del mondo, e sulla produzione di un gran numero di documenti di natura informativa che
sono potuti arrivare al grande pubblico grazie ad internet. La grande prolificit, dal punto di
vista informativo, ha interessato i media di tutto il mondo che rimasero impressionati

20

dallimmaginario che lEsercito Zapatista di Liberazione Nazionale seppe creare9. Questo ha


rappresentato quindi il primo esperimento, da parte di un movimento sociale, di utilizzo di
internet, e in un primo momento dei fax, come ponte per bucare i circuiti dei media mainstream e
far arrivare la propria
lotta al pubblico di tutto
il mondo.
Le proteste di Seattle
del 1999 che il
movimento No Global
organizz contro la
conferenza del World
Trade Organization
mostrarono la nascita
del mediattivismo e
della collaborazione tra i
movimenti e il web, che

Figura 2.1 Lo slogan di Indymedia: <<Non odiare i media, diventa i


media>>.
Fonte: http://www.lavoroculturale.org/wpcontent/uploads/2014/12/indymedia-1024x690.jpg

per la prima volta


mostr la sua importanza nellorganizzazione e nella diffusione dei movimenti sociali. Nel suo
libro <<Omaggio a Indymedia>> Tom Liacas racconta la genesi del sito del movimento No
Global. La battaglia di Seattle viene ricordata principalmente per luso brutale della forza da
parte delle forze dellordine statunitensi colte di sorpresa dai numeri della mobilitazione e
dalla preparazione tattica dei manifestanti agevolata proprio dai nuovi strumenti web. Mentre
nelle strade imperversavano gli scontri, in un ufficio del centro di Seattle si trovava il quartier
generale di Indymedia, Indipendent Media Center. Qui un gruppo di attivisti si occupava di
caricare in rete, su un sito disponibile a tutti, notizie, video e foto realizzate nelle piazze.
<<Nonostante il caos degli scontri, innumerevoli innovazioni digitali venivano condivise e

sperimentate sul campo. La stessa rete hub di Indymedia rappresentava uno dei primi grandi
portali di contenuti pubblicati dagli utenti, basato sul principio dellopen publishing. Questo
significa che qualsiasi attivista con sufficiente esperienze era in grado di inviare informazioni al

Molti giornali, in tutto il mondo, iniziarono a dare spazio alle storie che arrivavano dal Chiapas, sia
giornali di natura progressista, come Il Manifesto in Italia e Libration in Francia, sia testate meno
schierate come il New York Times
21

sito rendendo possibile, in questo modo, il primo caso di citizen journalism, una prassi cui
fanno ormai abitualmente ricorso i siti di informazione mainstream>> (Liacas 2014). Inoltre,
grazie al contributo dei primi citizen journalists il movimento No Global riusc a ribaltare la
narrazione dei media mainstream che, influenzata dai racconti delle forze dellordine,
dipingeva i manifestanti come vandali e violenti. La grande mole di materiale raccolto nelle
strade e pubblicato in rete e accessibile ai giornalisti di tutto il mondo permise di far emergere
le violenze della polizia e costrinse alle dimissioni il capo della polizia di Seattle, Norman
Stamper. Indymedia divenne un attore importante nelle grandi mobilitazioni di massa dei
primi anni del 2000.

22

CAPITOLO 2
Il ruolo della rete per i movimenti di protesta: pessimisti e ottimisti
In questi anni si sviluppato un intenso dibattito sul ruolo che internet e i nuovi strumenti nati
sul web hanno avuto nello sviluppo della societ, dei gruppi di protesta e del processo di
democratizzazione in diversi paesi. In particolare, il dibattito si raccolto intorno al lavoro di
due studiosi della rete: il saggio di Clay Shirky, Uno per uno, tutti per tutti. Il potere di
organizzare senza organizzazione e il saggio di Evgeny Morozov, Lingenuit della rete. Il
lato oscuro di internet. Mentre il primo adotta un approccio decisamente ottimistico nei
confronti delle nuove possibilit concesse dal web, il secondo smorza gli entusiasmi rispetto al
ruolo della rete nelle proteste antigovernative e sottolinea come il web possa essere
ugualmente utilizzato dai governi per reprimere e censurare.

Nuovi modi di fare gruppo


La tesi principale del saggio di Clay Shirky quella che, grazie al web 2.0, siamo sempre pi
strettamente collegati. Grazie a questi strumenti, la velocit di mobilitazione di un gruppo che
nasce e comunica sul web fortemente aumentata. Al contrario, i costi di mobilitazione sono
enormemente diminuiti, dove per costi non si intende solamente il prezzo in denaro ma anche
il tempo impiegato.
<<Luomo un animale sociale. Non occasionalmente n per caso. Lo sempre>> (Shirky
2009 pag. 13). Luomo , da sempre, spinto ad unirsi in gruppo. Privilegiamo lagire collettivo
quando questo facilita lo svolgimento di compiti complessi che risulterebbero proibitivi
allindividuo singolo. Inoltre tendiamo ad unirci in gruppo con chi ha interessi o obiettivi in
comune con noi. Quindi, il web non ha fatto nascere la necessit di creare nuovi gruppi ma ne
ha, grazie ai suoi strumenti, semplicemente cambiato le modalit di formazione rendendo il
tutto pi veloce e meno costoso. E molto importante laspetto economico, grazie agli
strumenti nati su internet il costo di creazione di un nuovo gruppo sociale sono precipitati e, in
economia, quando il prezzo di un bene crolla contemporaneamente aumentano i suoi
consumatori. Nuove comunit nascono quotidianamente sul web, spesso queste si raccolgono
attorno ad interessi e hobby comuni come lo sport, la musica, il cinema. Altre volte queste
comunit condividono saperi, informazioni e lobiettivo comune di rovesciare il governo del
23

proprio paese. Viviamo in unepoca in cui, grazie ai social media, possibile condividere
notizie, collaborare e far partire unazione collettiva al difuori del contesto istituzionale e delle
organizzazioni formali, ed possibile fare tutto questo con un dispendio minimo di energie,
tempo e denaro. Sono cos cadute le barriere che per molto tempo hanno limitato lazione di
gruppo. Le nuove tecnologie hanno fornito degli strumenti comunicativi malleabili che, quindi,
i gruppi possono utilizzare e adattare a proprio piacimento per conseguire i propri obiettivi.
Prima di questa rivoluzione informativa, lalternativa allazione istituzionale si limitava
sostanzialmente allinazione. Uno dei limiti allazione collettiva che stata superato grazie alle
nuove tecnologie quello del coordinamento. Quando un gruppo diventa sempre pi
numeroso, contemporaneamente cresce il livello di complessit dei lavori di coordinamento
dello stesso gruppo. La risposta al problema delle grandi organizzazioni sempre stata quella
di adottare una struttura di tipo gerarchico. La nascita dei nuovi strumenti sociali ha invece
visto la crescita di organizzazioni orizzontali, scarsamente strutturate e senza leader o
manager a guidarle. Ne sono un esempio i movimenti di protesta che a partire dal 2009 si sono
resi protagonisti in diversi paesi in tutto il mondo e che hanno fatto ampio uso degli strumenti
del web 2.0. Proprio per le modalit di mobilitazione e azione questi sono stati definiti come
movimenti orizzontali. Nonostante questo i critici valutano errata questa definizione in quanto
lo stesso processo di mobilitazione avrebbe insito in s stesso un processo gerarchico.

Tre fasi di sviluppo del gruppo


Shirky considera le nuove modalit di formazione dei gruppi, dovute alle nuove tecnologie e al
conseguente abbattimento dei costi, come una vera e propria rivoluzione e una sfida allo
status quo. Le nuove modalit di comunicazione permettono a milioni di persone di restare in
contatto e di condividere un grande numero di informazioni e tutto questo possibile farlo ad
altissima velocit e con un costo pressoch nullo. Per questo la nascita e il progressivo
assorbimento da parte della societ dei nuovi strumenti sociali rappresenta una svolta epocale
paragonabile allavvento della stampa a caratteri mobili. Una rivoluzione della comunicazione
e degli strumenti comunicativi implica che da quel momento in poi si possano compiere azioni
che prima non erano possibili e, quindi, nello stesso momento si ha un grande cambiamento
della societ. Lautore distingue tre diverse fasi dello sviluppo di un gruppo (condivisione,
collaborazione, azione collettiva, elencate in ordine crescente di difficolt) che sono state rese
possibili o pi semplici dagli strumenti del web.
24

Il web 2.0 permette agli utenti di poter condividere i propri contenuti (user generated content)
e di renderli pubblici a chiunque o a determinati gruppi. Negli ultimi anni sono nate molte
piattaforme che permettono la diffusione di ogni tipo di materiale multimediale amatoriale. I
computer e internet hanno sconvolto il concetto originale di audience. Sul web tutto molto
pi fluido, un utente pu vestire i panni di spettatore e seguire le notizie diffuse su un sito dai
media mainstream e poco dopo pu diventare, lui stesso, generatore di news e contenuti che
saranno ripresi dalle fonti dinformazione per il grande pubblico. In particolare, i social network
sono un importante veicolo di diffusione dei contenuti generati dagli utenti. Contenuti che,
grazie alla condivisione massiccia, possono diventare virali e scavalcare le barriere della rete
per arrivare al pubblico di massa delle televisioni e dei media mainstream. Ne sono un
esempio i video a forte impatto emotivo che girati nelle diverse piazze, durante le giornate di
protesta, hanno raggiunto un numero impressionante di condivisioni e grazie a queste hanno
oltrepassato i limiti nazionali e fatto conoscere le manifestazioni in tutto il mondo. La fase
della condivisione definita come la pi semplice perch non ha un grande impatto nella vita
di gruppo, un utente pu autonomamente decidere di condividere dei contenuti, pu renderli
disponibili o meno, ma questo non implica un vero e proprio lavoro di gruppo.
La fase successiva quella della collaborazione. Questa determina un passo in avanti rispetto
alla condivisione in quanto presuppone che lindividuo cambi il proprio comportamento e lo
uniformi a quello di altri individui che a loro volta stanno cambiando. Mentre nella fase di
condivisione il gruppo formato da una serie di utenti, con la collaborazione si viene a creare
lidentit del gruppo. Requisito fondamentale per la collaborazione allinterno di un insieme di
utenti la conversazione, questa stata resa sempre pi semplice e immediata grazie alle
nuove tecnologie che si sono sviluppate: dalle email, alle chat fino ai pi moderni software di
instant messaging. La forma pi complessa di collaborazione la produzione collaborativa. A
differenza del lavoro di condivisione, quando il gruppo si mette a lavorare ad un progetto
alcune delle decisioni che vengono prese collettivamente diventano vincolanti per gli individui.
La continua negoziazione che caratterizza la produzione collaborativa determina anche che ci
sia un maggior prezzo, in termini di tempo ed energie, rispetto alla semplice condivisione. Uno
degli esempi pi noto in rete di produzione collaborativa Wikipedia. La nascita o la revisione
di una voce sullenciclopedia online presuppone un grande lavoro di collaborazione e di
negoziazione da parte della comunit di utenti, un continuo processo in divenire. Il lavoro
della comunit permette che errori, censure e vandalismo siano risolti dalla comunit stessa,
25

evitando un lavoro di filtro preventivo rispetto alla pubblicazione o revisione delle voci
dellenciclopedia. Visto che Wikipedia non ha il problema di produrre profitto e nessun
collaboratore viene pagato, allinterno della comunit possono convivere tranquillamente
utenti pigri e altri invece particolarmente attivi.
La fase pi complicata del lavoro di un gruppo lazione collettiva. Questa prevede che le
scelte collettive siano sempre vincolanti nei confronti dellindividuo e che queste siano mirate
al raggiungimento di un obiettivo comune. Con lazione collettiva non si condivide soltanto la
realizzazione di un progetto come nella produzione collaborativa ma si condividono allo stesso
modo le responsabilit, in questo modo si crea un maggior legame dellindividuo al gruppo.
Quindi la stretta connessione tra i membri del gruppo e unidea condivisa che li unisca sono
caratteristiche fondamentali per la riuscita dellazione collettiva. Nonostante le nuove
tecnologie abbiano fornito un numero sempre maggiore di strumenti utili alla
sperimentazione di sempre nuove forme di aggregazione, il passaggio allazione risulta
comunque essere un passaggio delicato nello sviluppo di un gruppo. Le mobilitazioni di piazza
nate sul web sono un esempio di questa difficolt. Per esempio, in Egitto i primi presidi e flash
mob lanciati attraverso le pagine su Facebook ricevevano un numero di adesioni decisamente
superiore rispetto a chi poi effettivamente scendeva in strada. Ci sono utenti che sono ben
disponibili a lavorare, sulla rete, al perseguimento di un obiettivo ma, per molti motivi, non
fanno il passo tra azione virtuale e quella reale. Unaltra barriera che ha spesso limitato
lazione collettiva quella della prossimit geografica. Si presuppone che gli individui di un
gruppo per organizzarsi e lavorare insieme debbano trovarsi vicini. Le nuove tecnologie
accorciano le distanze e permettono anche a chi si trova lontano di partecipare alla
discussione collettiva con estrema celerit. Un ulteriore importante cambiamento dovuto al
web 2.0 lestrema velocit con cui i gruppi nascono. La condivisione di informazioni e notizie
diventata pressoch immediata e a costo zero grazie a strumenti come social network e
blog. Mentre in precedenza cera la necessit di ritagliare un giornale o faxare
uninformazione, adesso si pu formare in poco tempo una comunit informata, rispetto ad un
certo tema, con degli obiettivi comuni e pronta allazione. La forma di azione collettiva
definita come flash mob uno dei prodotti dovuti alle nuove tecnologie. Infatti, solo con la
velocit di coordinamento data da questi strumenti possibile organizzare unazione di
questo genere. I flash mob sono nati come manifestazioni goliardiche senza nessuno sfondo

26

politico10, in seguito sono stati utilizzati come manifestazioni di protesta. Questo avvenne
soprattutto in Bielorussia11 dove i flash mob, organizzati su internet, nonostante il carattere
pacifico vennero duramente repressi dalla polizia bielorussa. Le immagini, che fecero il giro
dei media internazionali e mostrarono il livello di repressione politica nel paese, mostravano le
forze dellordine arrestare cittadini che si erano organizzati e coordinati per mangiare tutti
insieme un gelato in piazza. Oltretutto i flash mob erano spesso
accompagnati da
attivisti che con
macchine
fotografiche e
videocamere
filmavano ci che
avveniva in piazza. In
questo modo gli
attivisti speravano in
un approccio pi
morbido della polizia
di un paese che non
poteva permettersi di

Figura 2.3 Un'immagine delle proteste antigovernative del 2010 in


Bielorussia
Fonte: http://www.ilpost.it/2010/12/19/proteste-minsk-elezionibielorussia/tens-of-thousands-of-opponents-of-belaru/

fare la figura di un
regime repressivo di fronte ai proprio partner occidentali. Secondo Shirky, in questa fase la
vera sfida allautorit sta nel fatto che lorganizzazione delle proteste si svolge in modo
invisibile e con risultati immediatamente visibili, questo tipo di proteste non ha bisogno di un
grosso lavoro di pianificazione e i governi non possono sapere preventivamente chi
parteciper. Gli strumenti sociali non creano lazione collettiva, semplicemente ne rimuovono
gli ostacoli. Questi ultimi sono stati per cos significativi e invasivi che, nel momento in cui
vengono rimossi, il mondo comincia a diventare un posto diverso. Ecco perch i cambiamenti

10

Il primo flash mob a sfondo politico si svolto negli Stati Uniti e rientrava nella campagna elettorale
per le presidenziali di Howard Dean. Lanno successivo, in Russia, lo strumento flash mob venne
utilizzato, per la prima volta, come forma di protesta politica nei confronti del primo ministro Vladimir
Putin.
11
Nel 2006, iniziarono a crescere dei movimenti antigovernativi che denunciavano brogli elettorali e che
chiedevano una maggiore democratizzazione del paese. Questo movimento riemp le piazze bielorusse
soprattutto tra la fine del 2010 e linizio del 2011
27

pi significativi non sono basati sulle tecnologie scintillanti e complesse ma piuttosto su


strumenti semplici e facili da usare, come le-mail, i celluari e i siti web, perch questi
strumenti sono quelli a cui la maggior parte delle persone pu accedere,e, ancora pi
importante, sono facili da usare nella vita di tutti i giorni. Le rivoluzioni non avvengono quando
le persone abbracciano nuove tecnologie, ma quando adottano nuovi comportamenti>>.
(Shirky 2009 pag. 119)

Dottrina Google e cyber-utopismo


Nel suo libro, Evgeny Morozov si dimostrato fortemente critico nei confronti delle tesi di
Clay Shirky. Secondo il giornalista bielorusso non si pu pensare al web come un diffusore
automatico di libert e democrazia. Mentre le operazioni militari di esportazione della
democrazia hanno mostrato tutti i loro limiti, adesso le potenze occidentali contano sul web
per la diffusione dei valori di libert. Il concetto sarebbe quello che una volta eliminate la
barriere comunicative automaticamente sarebbe arrivata la totale emancipazione dai regimi
autoritari. In questo modo i governi occidentali mostrano la propria volont di percepire i
nuovi strumenti sociali come mezzi di liberazione e non di oppressione e censura. Invece, le
rivoluzioni che hanno scosso differenti regioni del mondo, negli ultimi anni, sarebbero
avvenute con o senza il sostegno di internet. Anzi, gli strumenti sociali avrebbero favorito il
lavoro di investigazione da parte delle polizie dei regimi. Morozov definisce gli ottimisti delle
possibilit liberatorie del web e coloro che non ne riconoscono gli aspetti negativi come cyberutopisti.
Allindomani dello scoppio delle proteste del dopo voto in Iran nel 2009 gli Stati Uniti avevano
visto aprirsi uno spiraglio dal quale entrare per condizionare la vita politica di quel paese con
cui i rapporti diplomatici non erano di certo buoni. Come gi stato detto, gli Stati Uniti per
assolvere questo compito cercarono di sfruttare Twitter. In quei giorni diversi giornalisti
statunitensi ed esperti di new media esaltarono il ruolo che il social network stava giocando in
quel momento. Tra gli altri, Morozov cita proprio le parole di Shirky: << Ecco la prima, grande
rivoluzione che sia stata catapultata su un palcoscenico globale e trasformata dai social
media>> (Morozov 2011 pag. 4). Addirittura, lentusiasmo degli addetti ai lavori allarg
lorizzonte spostando le proprie analisi dal contesto locale a quello globale. Infatti, secondo
loro le proteste iraniane erano il segnale che i regimi autoritari avevano le ore contate e i social
media avrebbero abbattuto ogni barriera alla diffusione della democrazia. Le proteste iraniane
28

hanno senza dubbio segnato una svolta nel rapporto tra rete e movimenti sociali. Per dare la
misura delleuforia che si scaten attorno a quei fatti si possono citare due episodi in
particolare: la campagna pubblica per candidare Twitter al premio Nobel per la pace e la
proclamazione, durante i Webby Awards12, delle proteste iraniane come uno dei dieci
momenti pi importanti del decennio per internet. Secondo Morozov, la grande mole di
materiale multimediale prodotto nelle piazze e messo a disposizione degli utenti del web ha s
contribuito alla creazione di un sentimento di solidariet transnazionale ma, allo stesso
momento, ha gonfiato oltremodo le aspettative sulle vittorie che realmente quel movimento
avrebbe potuto ottenere. Morozov definisce la cieca fiducia nelle nuove tecnologie come
mezzi di liberazione << dottrina Google>> (Morozov 2011). I fatti iraniani hanno contribuito a
riportare in auge la dottrina Google. In questo contesto i cyber-utopisti scoprirono ed
esaltarono la potenza liberatrice che i social network rappresentavano in quel momento
convinti che la gente, se armata delle giuste tecnologie, sarebbe stata in grado abbattere ogni
regime autoritario. Una delle principali criticit della fede cieca nella rete quella di
sottovalutare il fatto che non tutti i regimi autoritari sono uguali, cos come non lo sono tutti i
movimenti sociali. Non si pu, a priori, definire il web uno strumento di liberazione se non si ha
idea di come lutilizzo di questo sar effettivamente declinato alle varie realt e di quali
contromisure i governi si doteranno. Morozov molto critico con la scelta
dellamministrazione statunitense di aprire una finestra di dialogo con i dirigenti di Twitter per
fare in modo che non fosse interrotto il flusso di informazioni provenienti dallIran. Il governo
di Teheran ha approfittato di questa mossa per denunciare il web come uno strumento di
attacco alla propria sovranit da parte dellOccidente. Di conseguenza, il regime di
Ahmadinejad innalz il livello di censura sulla rete13. Il regime di Teheran inizi a denunciare i
manifestanti come gli attori di un complotto filo occidentale che mirava a destabilizzare il
paese. Per fare questo non disdegn lutilizzo degli stessi strumenti sociali, utilizzati dai
manifestanti, per fare contro propaganda e denunciare la cospirazione filo statunitense.

12

Equivalente degli Oscar per internet.


Venne allestito un team di 12 persone, grandi conoscitori della rete, che inizi un lavoro di
riconoscimento atto a dare un volto a chi sul web fomentava le proteste, per dare inizio ad una serie di
arresti di attivisti. Inoltre, gli iraniani che dallestero supportavano le proteste furono contattati
attraverso i social network e vennero intimati di smetterla se non avessero voluto ripercussioni contro
le proprie famiglie.
29
13

Paradossalmente, limportanza che, in questo contesto, il governo degli Stati uniti diede a
internet e ai social network aument la censura e il livello di repressione del web in Iran e in
altri paesi guidati da regimi autoritari che vedevano la rete come lo strumento degli USA per
intromettersi negli affari di politica interna. Mentre in un primo momento gli Stati Uniti si
limitavano a godere dei vantaggi economici derivanti dalle aziende della Silicon Valley
(Facebook, Twitter, Google, ecc), quando, come nel caso iraniano, iniziarono a cogliere
anche i frutti politici, questo venne visto da molti paesi come un tentativo di ingerenza alla
quale molti di questi risposero con una forte limitazione agli accessi al web e ai programmi
sviluppati negli USA. Dallessere una possibile risorsa economica, la rete divenne la finestra
grazie alla quale gli Stati Uniti potevano spiare e condizionare le politiche interne dei paesi non
allineati. Nella speranza di poter esaltare le nuove tecnologie i giornalisti hanno
assolutamente sopravvalutato leffetto che i social network hanno avuto durante le proteste
iraniane e non hanno minimamente preso in considerazione gli aspetti che si sono rivelati
essere negativi dellutilizzo di questi strumenti sociali.

Guerra Fredda 2.0


Questa fiducia incondizionata nella tecnologia pone le proprie basi nel 1989 e nella caduta del
muro di Berlino. Mentre in quel caso i manifestanti erano dotati di fotocopiatrici per stampare
volantini, fax e radio, nel 2009 i manifestanti fanno girare le proprie rivendicazioni attraverso
gli smartphones: << Allo stato attuale la dottrina Google deve meno allavvento di Twitter e
dei social network che allinebriante senso di superiorit provato da molti occidentali nel 1989,
quando dalla sera alla mattina crollato il sistema sovietico. Molti pensavano che la storia
fosse finita e che la democrazia non avesse alternative. Si riteneva che la tecnologia, con la sua
abilit unica nellalimentare lo zelo consumistico (anchesso visto come una minaccia per
qualsiasi regime autoritario) e nel risvegliare e mobilitare le masse contro i loro dominatori,
sarebbe stata la liberazione definitiva>> (Morozov 2011 pag. 8). Lanalogia tra il presente e il
1989 viene ripreso anche in un discorso di Hillary Clinton14 che paragona i libelli che i ribelli
stampavano e diffondevano in funzione anti sovietica ai post multimediali dei moderni
attivisti. Come quei libelli furono importanti per labbattimento del muro di Berlino, la rete e i
social media hanno il compito di abbattere i muri virtuali e diffondere una libera informazione
14

Discorso sulla libert di internet tenuto al Newseum il 21 gennaio 2010. (Discorso contenuto in
Morozov 2011)
30

globale. Gli sforzi statunitensi nellesaltare le virt liberatrici degli strumenti sociali forniti dalla
rete assomiglia molto ad una moderna riproposizione della Guerra Fredda. In un momento in
cui gli Stati Uniti hanno perso una grossa fetta di credibilit a causa delle recenti disastrose
campagne militari, i politici statunitensi hanno trovato nella rete, anzich nelle bombe e
nelloccupazione militare, lo strumento per potere diffondere democrazia, ma soprattutto la
propria egemonia culturale ed economica. Non un caso che uno dei primi atti pubblici di
George W. Bush, una volta lasciata la Casa Bianca, fu quello di promuovere un convegno sulla
libert di internet a cui presero parte politici neoconservatori, alcuni blogger provenienti da
paesi non alleati con gli USA, grandi esperti della rete e veterani e conoscitori delle dinamiche
della Guerra Fredda. Questi ultimi, in particolare, riproponevano una visione manichea
dividendo il fronte dei paesi buoni da quelli che vanno democratizzati. Lopera di
democratizzazione non deve pi agire esclusivamente grazie alla forza armata ma sfruttando,
come teste di ponte, i dissidenti del web di quei paesi. A differenza dei cyber-utopisti, i
neoconservatori sono consapevoli del fatto che anche la rete un campo di battaglia in
quanto pu essere utilizzato dagli attivisti quanto lo pu essere dai governi autoritari che si
possono servire degli stessi strumenti utilizzati per aprire varchi di libert proprio per
richiuderli e punire chi ci ha provato. Proprio per questo le parole di Hillary Clinton che
paragona i libelli fotocopiati ai post sui social network sono concettualmente sbagliate. Il
grosso errore consiste nel paragonare due strumenti come una fotocopiatrice e il web. Mentre
la prima svolge il semplice compito di copiare e rendere quindi pi agevole la diffusione di
alcuni documenti, la rete molto pi complessa. Internet pu essere usato per diffondere
materiale antigovernativo ma allo stesso tempo il governo pu scendere sullo stesso campo di
battaglia e combattere i dissidenti con la censura o promuovendo nuove forme di propaganda
e distrazione. Paragonare i blog e post dei moderni dissidenti alle fotocopiatrici e ai libelli
distribuiti durante la Guerra Fredda contribuisce a costruire quel mito della rete liberatrice che
Morozov non condivide. Inoltre questo paragone figlio di una lettura oltremodo esaltante
della Guerra Fredda, nella realt il discorso storico sul non conflitto tra Unione Sovietica e Stati
Uniti ricco di incongruenze e polemiche. Questo rende la Guerra Fredda un inutilizzabile
termine di paragone.

31

Diverse forme di censura del web


La Russia uno dei
paesi con i quali gli
Stati Uniti
intraprendono
rapporti non del
tutto amichevoli.

Figura 4.2 Russia.Ru un esperimento di internet television portato avanti


dal Cremlino. Grazie a questo portale il governo russo offre agli internauti
del paese una grande quantit di intrattenimento, anche quando si parla
di politica lo si fa in maniera frivola. Grazie a questo il cremlino in grado
di orientare gli interessi degli utenti del web russi.

Anche in questo caso


i problemi di democratizzazione e di libert dellex paese sovietico rappresentano un grosso
problema per un paese come gli Stati Uniti che, allinterno della visione manichea in cui si
soliti dividere Occidente e Oriente, rappresenta il campione assoluto di democrazia. Scesa sul
campo di battaglia virtuale, la Russia ha per utilizzato una tattica diversa da quella di altri
paesi (Cina e Iran, per esempio) che hanno optato per una severa censura del web. La strategia
russa conta sul fatto che i giovani russi collegati ad internet parlino il meno possibile di
politica, in questo caso non ci sarebbe bisogno di alcun tipo di censura. La maggior parte del
traffico virtuale in Russia viene speso in intrattenimento e social media. Il governo si fa forte
promotore di questa tendenza andando, egli stesso, ad investire sullintrattenimento online.
Mentre le autorit hanno sempre avuto il totale controllo dei messaggi che passavano dalla
televisione, nel momento in cui la rete ha sostituito i programmi tv il governo dovuto
intervenire per contrastare un mezzo che godeva della quasi totale anarchia. La capacit di
offrire un intrattenimento online di grande qualit ha permesso di allontanare gli utenti del
web russi dai temi di maggior criticit per le autorit del paese. Se internet ha potuto mettere
le basi dellallargamento alla partecipazione politica creando una nuova generazione di
dissidenti virtuali impegnati a diffondere i valori e gli stili di vita delle democrazie occidentali,
allo stesso modo si creato un luogo dove possibile annullare il discorso politico e stordire
gli utenti con una serie illimitata di nuovi intrattenimenti. Una moderna rivisitazione del detto
romano: panem et circenses.

32

Anche quando sul web nascono delle fonti di critica ai regimi autoritari, queste possono non
tramutarsi automaticamente ad elementi di pericolo per la stabilit del governo ma, al
contrario, possono rafforzarlo. Un blogger che critica, per esempio, la corruzione del proprio
paese pu, invece di essere censurato, essere innalzato a simbolo del governo della lotta
contro la corruzione. Molti degli utenti di spicco del web sono persone che hanno studiato,
sono colte e spesso specializzate in determinati settori. Non sarebbe lungimirante da parte di
un governo non sfruttare queste personalit, invece di reprimerle e censurarle. Oltretutto, la
promozione di questi personaggi pu essere utile, dal punto di vista strategico, in politica
estera in quanto allontanerebbe le accuse di censura. Proprio per questo alcuni stati autoritari
si sono mossi per istituzionalizzare i blog. Questo rappresenta quindi il secondo fronte di
resistenza allingerenza occidentale. Mentre da una parte si cerca di annullare il dibattito
politico e si ampliano le distrazioni per i cittadini, dallaltra parte, quando il dibattito politico
gi emerso e non pu pi
essere sotterrato si cerca di
istituzionalizzarlo. In
questo modo i governi
dimostrano di considerare i
blogger come dei soldati
che combattono in un
campo di battaglia virtuale
in cui a scontrarsi sono i
valori delle democrazie
occidentali contro quelli
degli stati autoritari.
Sarebbe sbagliato
pensare che tutti i

Figura 2.3 Questa vignetta sintetizza la censura che il motore di ricerca Google
ha dovuto subire da parte del governo cinese.
Fonte: http://frontierenews.it/wp-content/uploads/2011/07/Censura-Cina.gif

blogger di uno Stato autoritario, anche quelli critici col suddetto Stato, rappresentino delle
minacce alla legittimit politica delle autorit. I governi autoritari per continuare ad essere tali
devono avere la capacit costante di rinnovarsi e adeguarsi ai moderni cambiamenti. Il
proliferare di internet e dei suoi strumenti ha creato la necessit nelle autorit di interagire con
quello spazio per poter conservare il proprio dominio.

33

Le forme di censura attuate sul web da stati come la Cina sono molto pi ragionate di un
semplice blackout della rete. In un momento storico in cui si vede lo sviluppo del capitalismo
finanziario che muove i suoi fili essenzialmente per via telematica, uno Stato non pu
permettersi di vietare laccesso in rete perch da questo ne deriverebbe una definitiva uscita
dal panorama economico globale. Per questo i metodi di censura sono molto capillari e
ruotano attorno al blocco di siti e documenti che riportano alcune parole chiavi scomode per il
regime. Tra le mosse pi importanti del governo cinese in termini di censura in rete bisogna
certamente citare le pressioni che questo fece affinch Google chiudesse nel paese asiatico15.
Quando i dirigenti del colosso della rete decisero di abbandonare la Cina questo fu salutato
come un importante gesto politico simbolico di denuncia delle violazioni dei diritti umani
allinterno del paese. E molto pi plausibile che il gesto sia di natura economica visto che negli
anni precedenti, quando Google funzionava senza problemi in Cina, nessun dirigente si
speso per la lotta dei diritti umani nel paese asiatico.
Nel suo testo, Morozov arriva ad ipotizzare una << personalizzazione della censura>>.
(Morozov 2011, pag. 92). Considerato il fatto che gli accessi ad internet sono costantemente
monitorati, sar possibile laccesso a un certo tipo di siti e documenti, per esempio che trattino
il tema dei diritti civili, solo agli utenti che si sono dimostrati poco attenti allargomento. Un
utente che risulta essere vicino agli ambienti virtuali in cui si discute di libert e democrazia
sar maggiormente controllato e gli potr essere precluso laccesso ad un certo tipo di
contenuti del web. In realt, questo gi avviene a livello commerciale. Infatti le pubblicit che
compaiono sul nostro computer sono mirate e adattate in base ai nostri dati di navigazione.
Ci sono svariate modalit di censura. Molti paesi hanno deciso di appaltare la censura ad
aziende esterne. I governi fanno monitorare i siti che appartengono a determinate aziende e
questi si occupano di cancellare contenuti e commenti sgraditi al governo che, dalla sua parte,
si limita solamente ad indicare alcune direttive e parole chiave. In questo modo sono le stesse
aziende a pagare i costi della censura, sia in termini economici che in termini di immagine. Per
questo sono spesso le aziende locali a operare in questo modo visto che le grandi
multinazionali difficilmente possono permettersi di portare, a livello internazionale,
limmagine di unazienda che spalleggia la censura dei paesi autoritari. Il problema che molto

15

La decisione di Google arriv in seguito alle censure del governo cinese e dopo aver subito una serie
di attacchi informatici, portati da hacker anonimi che non hanno rivendicato lazione, alla propria
propriet intellettuale.
34

spesso gli utenti preferiscono proprio i servizi locali, che pi si adattano alle loro esigenze, ai
servizi offerti dalle aziende internazionali, questo nonostante la censura. Un altro
stratagemma che i governi usano per limitare la libert del web conta sulla partecipazione
attiva dei propri cittadini. Infatti, alcuni paesi come la Thailandia o lArabia Saudita hanno
creato delle community che danno lopportunit agli utenti di denunciare siti e contenuti
ritenuti inaccettabili. In Cina questo sistema conta di un compenso monetario a chi scova dei
siti sfuggiti alla censura.
I nuovi mezzi grazie ai quali i governi autoritari limitano la libert di internet ha messo bene in
chiaro che i governi occidentali, se interessati alla promozione della democrazia in questi
paesi, non possono limitarsi a ragionare con gli schemi obsoleti della Guerra Fredda. I vecchi
schemi portano una rappresentazione di una macchina della censura costosa e appannaggio
delle autorit. In un sistema in cui, invece, la censura viene decentralizzata, diventa anche
difficile poter accusare un governo di cancellare determinati contenuti se poi concretamente il
lavoro sporco viene svolto da alcune aziende locali o da hacker anonimi, in questo modo molti
governi possono facilmente smarcarsi dallaccusa di censura.
In particolare luso dei social network per lattivit politica pu rappresentare unarma a
doppio taglio. Se, da una parte, siti come Facebook o Twitter aumentano le possibilit di
organizzarsi e coordinarsi da parte dei gruppi, e permettono di fare tutto questo con una spesa
minima in termini di soldi e tempo, dallaltra parte rappresentano uno strumento in pi nelle
mani della repressione. Infatti, molto facile monitorare i profili web dei dissidenti politici e di
chi li segue e interagisce con loro, in questo modo possibile ricostruire una buona parte della
rete che organizza le proteste. Per molto tempo luguaglianza che si fa tra paesi autoritari e
arretratezza culturale, e quindi tecnologica e informatica, ha permesso il diffondersi dellidea
che lo spazio dei social network fosse liberamente utilizzabile dalle opposizioni in quanto le
autorit non disponevano dei mezzi necessari per contrastarli. Il caso dellIran, dove diversi
simpatizzanti delle proteste furono identificati grazie al monitoraggio dei social network,
dimostra come tutto ci falso e leccessivo entusiasmo nel potere delle nuove tecnologie pu
portare a sottovalutare i mezzi repressivi dei governi. La soluzione pi logica a questo sarebbe
lutilizzo di profili anonimi. Sui social network chiunque pu fingere di essere qualcun altro. Il
problema che la strategia dellanonimato depotenzia il processo di mobilitazione. Infatti,
una delle caratteristiche principali perch un movimento possa spostarsi dal virtuale al reale
delle piazze che si crei un rapporto di reciproca fiducia tra gli utenti. Naturalmente non
35

sapere con chi si discute non permette la creazione del rapporto di fiducia, anche perch
dietro ogni profilo potrebbe nascondersi la polizia o qualche attivista filo governativo.
Non va sottovalutato il fatto che, anche se si riuscissero a creare delle zone del web
completamente liberate dal controllo dei governi e in cui fosse possibile il libero scambio di
opinioni e documenti, la rete funziona grazie a dei supporti fisici. Computer, cellulari e altri tipi
di supporti possono essere semplicemente messi sotto controllo dalle polizie segrete e
politiche di ogni paese. Per questo il processo di democratizzazione non pu essere calato
dallalto della rete web ma deve essere sostenuto concretamente nelle strade e nelle piazze. Il
web pu essere un mezzo utile alle manifestazioni di protesta e al processo di liberazione di un
popolo da un regime oppressivo ma non ne pu essere il fine.

36

CAPITOLO 3
Egitto 2011: La Rivoluzione dei Social Network
La Rivoluzione che nel 2011 ha portato alla destituzione del presidente egiziano Mubarak ha
mostrato limportanza e i limiti dei media mainstream e dei social media nel ruolo di appoggio
alle proteste. Le manifestazioni partite il 25 gennaio 2011 hanno trovato ampio spazio sulle
televisioni satellitari arabe e lampio utilizzo, da parte dei manifestanti, dei social network ha
dato un grosso contributo al coordinamento e allorganizzazione delle proteste, questo
nonostante la censura imposta dal regime.

I canali satellitari arabi.


Il 2011 lanno delle rivolte che hanno sconvolto il
Medioriente. Il TIME, settimanale dinformazione
statunitense, dedica la copertina di Persona dellanno
201116 alla figura del manifestante, The Protester,
riferendosi ai giovani ribelli protagonisti della Primavera
Araba.
Una delle caratteristiche delle rivolte arabe che pi ha colpito
e di cui gli esperti di movimenti sociali pi hanno discusso
stata la velocit con cui le proteste sono dilagate
dallepicentro nordafricano a tutta la regione mediorientale.
Un ruolo importante, nella diffusione delle manifestazioni, lo
hanno giocato i media. Le immagini e le rivendicazioni delle

Figura 3.5. La copertina


"Person of the year 2011" del
TIME.
Fonte:http://img.timeinc.net/
time/magazine/archive/cover
s/2011/1101111226_400.jpg

proteste nordafricane hanno trovato spazio nelle televisioni


satellitari arabe, Al Jazeera e Al Arabiya su tutte, e nei moderni mezzi di comunicazione
informatici, i social network. E innegabile il ruolo fondamentale che, soprattutto, Al Jazeera
ha avuto nella costruzione della mitologia della Rivoluzione, prima in Tunisia e poi negli altri
paesi della regione, e nel mantenere un costante flusso di informazioni che viaggiasse dal
Medioriente al resto del mondo. La divulgazione delle immagini delle piazze tunisine ed

16

Copertina del TIME di Dicembre 2011


37

egiziane ha permesso il crearsi di un effetto domino che prima ha colpito molti paesi della
regione araba e, in seguito, si esteso in altre aree del mondo. I canali satellitari arabi, grazie
al tratto comune della lingua, hanno permesso il diffondersi di un sentimento diffuso in molti
strati della societ araba. Anche paesi caratterizzati da un regime stabile, come lOman, sono
stati attraversati dallondata di proteste che si diffusa in Medioriente e che si diversamente
declinata a seconda delle specifiche situazioni statuali.
<< E per indubbio che Al Jazeera stata capace di unire, di avere nellunire, sul piano
simbolico ed emotivo, le proteste che in queste settimane stanno infiammando il mondo
arabo, rafforzando nei giovani (e non solo) arabi la percezione di unidentit comune, fatta di
simboli e di un linguaggio condivisi a cui ricorrere nellaffrontare i medesimi problemi un
presente fatto di oppressione verso una meta comune la lotta per la libert>> (Colleoni
2011 pag. 202). Le immagini diffuse in diretta tv, dalle emittenti arabe, hanno funzionato da
innesco di situazioni gi esplosive. Lesempio dei giovani tunisini ed egiziani ha raggiunto le
televisioni e i cellulari di molti coetanei arabi, accendendo cos la miccia delle proteste in tutta
la regione.
La nascita di Al Jazeera17 ebbe da subito un effetto spiazzante per il pubblico e per i governi
dellarea. Si candid da subito ad essere un forum per la libert despressione ospitando
approfondimenti, notiziari e dibattiti politici in diretta. Lavvento di Al Jazeera apr la strada
alla nascita di molti altri canali satellitari della regione, un esempio Al Arabiya18. Tra questi
due importanti canali satellitari si venne a creare una concorrenza che permise lampliamento
dellofferta televisiva generale aumentando gli spazi di dibattito politico e di libert di
espressione. La diffusione di questi canali satellitari ha permesso ai cittadini arabi di ascoltare
opinioni diverse rispetto alle notizie fatte circolare dalle tv di Stato, spesso soggette a censura
o alla forte influenza dei governi. Questo ha favorito il crearsi di un sentimento critico diffuso e
che non fosse appiattito sulle posizioni dei regimi.
In un articolo comparso sulla rivista Limes, Mirko Colleoni descrive come Al Jazeera si sia
sempre mostrata piuttosto critica nei confronti del governo di Mubarak e come lemittente
abbia creato uno stretto legame con i manifestanti anti regime. Spesso, negli studi del canale

17

Nato nel 1996, stato il primo canale arabo dedicato alla diffusione delle notizie 24 ore su 24. Al
Jazeera nasce su idea dellEmiro del Qatar Hamad bin Khalifa al-Thani e per volont di questo di
ampliare linfluenza qatarina sulla regione.
18
Al Arabiya nasce nel 2003. E unemittente televisiva degli Emirati Arabi Uniti e anchessa dedicata
alla diffusione di notizie 24 ore su 24.
38

satellitare, sono stati invitati esponenti di movimenti e partiti antagonisti al governo egiziano.
Inoltre, grazie alla presenza negli studi di attivisti per i diritti civili stato possibile affrontare,
svariate volte, criticit interne allEgitto come le persecuzioni delle minoranze, in particolar
modo dei Cristiani Copti. Le discussioni sul non rispetto dei diritti umani in Egitto hanno
concorso a gettare discredito sul regime di Mubarak e hanno favorito la promozione della
democrazia nel paese. Per esempio, Al Jazeera diede ampio spazio alla storia di Khaled Said. Il
giovane film e caric su Internet un video che mostrava la polizia egiziana dividersi quanto
era stato sequestrato durante una retata antidroga. Per questo fu prelevato e massacrato di
botte da alcuni agenti di polizia. Il canale satellitare qatarino document le proteste che si
scatenarono ad Alessandria ed attacc la polizia catalogando lepisodio come lennesimo
sopruso da parte delle forze dellordine che trovano legittimazione nella legislazione
demergenza19. Inoltre lemittente ribalt la narrazione ufficiale del regime. Mentre i
comunicati del ministero dellInterno e del medico legale trovavano nella droga la causa della
morte, il canale mostrava le foto del volto tumefatto del ragazzo. Gli attacchi di Al Jazeera al
regime di Mubarak non si limitarono alla politica interna ma toccarono anche affari di politica
estera. Soprattutto, ad essere biasimato fu latteggiamento critico del governo de Il Cairo
rispetto alla situazione palestinese e i rapporti diplomatici ed economici con Israele. In
particolare, durante la Seconda Intifada del 2000 lemittente satellitare mostr le immagini dei
manifestanti palestinesi bruciare delle bandiere egiziane mentre, fino ad allora, il governo di
Mubarak veniva presentato come difensore delle istanze palestinesi. Da questo momento Al
Jazeera divenne il capro espiatorio della situazione esplosiva nel paese e fu diverse volte
attaccato dalla stampa locale egiziana.
Lo scontro tra lemittente satellitare e il governo di Mubarak si fortemente riacceso nel
gennaio 2011, cio con lo scatenarsi della rivolta nelle strade delle citt egiziane. Al Jazeera ha
dato una copertura integrale degli eventi mandando in onda, 24 ore su 24, dirette dallEgitto.
La scelta editoriale dellemittente qatarina, durante i giorni della rivolta, dimostra, una volta di
pi, lavversione verso il regime di Mubarak. Il palinsesto venne quasi completamente
occupato dalla diretta degli eventi in corso, il poco spazio lasciato libero venne riempito con
documentari che trattavano temi molto critici, per il governo egiziano, come la pratica delle
torture effettuate dalla polizia e la censura dellinformazione. Bisogna sottolineare come

19

In vigore dal 1958, permette lincarcerazione e la tortura di chiunque sia anche solamente sospettato
di cospirare contro lo Stato
39

questi documenti vennero mandati in onda in un momento in cui Al Jazeera registrava


impressionanti picchi di ascolto, questo determin un ulteriore colpo alla legittimit del
governo di Mubarak. Oltretutto, il canale ha mostrato di saper interagire con gli strumenti del
web 2.0, in questo modo ha messo a disposizione del grande pubblico racconti e contenuti
multimediali che erano stati realizzati direttamente nelle piazze. Allo stesso modo, a sua volta,
Al Jazeera ha utilizzato i social media per condividere le proprie notizie e tenere informate le
giovani generazioni egiziane impegnate a cambiare il paese. Nella notte del 27 gennaio 2011 il
governo egiziano impose il blocco di Internet nel paese20. Nonostante, tra i militanti,
circolassero mail su come scavalcare il blocco ed, effettivamente, alcuni ci riuscirono, la
circolazione delle notizie sul web venne fortemente limitata. In questo frangente le televisioni
arabe all news come Al Jazeera e Al Arabiya assunsero ancora pi importanza in quanto
rappresentavano la sola fonte informativa alternativa alla televisione di Stato egiziana. Anche
se, Al Arabiya durante le giornate di protesta si distinta per le sue posizioni conservative e
controrivoluzionarie. A proposito delle posizioni di questa emittente, Amira Salah-Ahmed,
giornalista egiziana, racconta: << I telegiornali di Al Jazeera e Al Arabiya fornivano dei
resoconti assolutamente diversi, luna indipendente, laltra unemittente filo governativa. Ho
chiamato personalmente entrambe per raccontare cosa stava succedendo, sentendomi poi
una scema per aver chiamato la seconda>> (AA. VV. 2011 pag. 103). Compreso limportante
ruolo che le televisioni stavano giocando nello scontro tra manifestanti e autorit, il 28
Gennaio, data in cui la repressione poliziesca si fece ancora pi violenta nei confronti dei
manifestanti, il governo decise di oscurare Al Jazeera. Fu lunica emittente a subire una misura
repressiva di questo genere. Immediatamente dopo questattacco, i tecnici del canale si
misero a lavoro per cambiare frequenze e bucare il satellite egiziano. Un altra contromisura fu
quella di stringere accordi con diversi canali arabi che si impegnarono a ritrasmettere i
programmi di Al Jazeera sul satellite egiziano. La vendetta del regime di Mubarak non si limit
alloscuramento televisivo, durante gli scontri che scoppiarono a Il Cairo, le forze di polizia
attuarono una vera e propria caccia alluomo nei confronti dei giornalisti stranieri, in
particolare nei confronti dei giornalisti di Al Jazeera. Alcune testimonianze ci descrivono il
clima di caccia alle streghe che si respirava per le vie de Il Cairo, Sarah El Sirgany, giornalista di

20

Solamente un provider minore di nome Nour rimase attivo fino al 1 Febbraio. Era il provider utilizzato
dalle banche e dal mercato azionario. Grazie a questo alcune fonti di informazione, come Daily News
Egypt, riuscirono a condividere allesterno notizie sulla situazione nel paese.
40

Daily News Egypt racconta: << Mercoled (3 febbraio n.d.r.) i giornalisti stranieri sono diventati
un bersaglio. () Chiunque avesse una macchina fotografica era diventato un bersaglio. () Il
giorno successivo i bersagli non erano pi semplicemente le persone con una macchina
fotografica, ma chiunque sembrasse anche lontanamente uno straniero. La tv di Stato e delle
telefonate mandate in onda da tv satellitare private hanno incolpato gli stranieri per aver
fomentato i manifestanti di Tahrir, mettendoli contro il loro stesso paese>> (AA. VV. 2011 pag.
149). Anche questa volta, le misure repressive pi forti colpirono Al Jazeera che oltre a subire
larresto di alcuni dei suoi giornalisti, fu lunica emittente costretta a chiudere gli uffici presenti
in Egitto.
E chiaro che tra la televisione del
Qatar e i manifestanti egiziani si
venne a creare un forte
legame. Ci testimoniato, per
esempio, dalla scelta delle
immagini delle piazze
contrapposte alle forze di polizia e
dalluso di musiche con forte
valenza simbolica, che richiamano
al risorgimento dellEgitto e alla
resistenza alloppressione,
utilizzate, in quei giorni, negli spot
che venivano mandati in onda dal
canale. Questi spot che

Figura 3.6 Questo cartello dimostra il legame formatosi tra


manifestanti e Al Jazeera. Fotografo: Dylan
Martinez/Reuters.
Fonte: http://static.guim.co.uk/sysimages/Guardian/About/General/2011/10/7/13180059568
48/Al-Jazeera-007.jpg

solitamente hanno esclusivamente valenza pubblicitaria, in questo caso hanno una precisa
connotazione politica ed emotiva. Il messaggio dellemittente quello che le sue telecamere
non abbandonano la piazza, documentano la repressione e le violenze di polizia e celebrano la
rivoluzione che vince. Dalla loro parte, i manifestanti installarono, in una piazza Tahrir
occupata, dei maxischermi che vennero sintonizzati proprio su Al Jazeera.
Lemittente qatarina non la causa scatenante delle rivolte ma ha giocato un ruolo
fondamentale per la diffusione e la longevit dei movimenti. Vedere in televisione i giovani
tunisini scendere in piazza e cambiare le sorti del proprio destino ha scatenato un effetto
domino che per primi ha colpito lEgitto e ha dato il via alla cacciata di Mubarak.
41

La crescita del dissenso in Egitto e il ruolo del web 2.0


Gli studiosi dei movimenti sociali che hanno analizzato la Primavera egiziana come Paolo
Gerbaudo e chi lha vissuta in prima persona come Hossam el-Hamalawy, blogger e attivista
politico egiziano, concordano nel ritenere la Rivoluzione egiziana, scoppiata il 25 gennaio
2011, come il frutto di un lungo processo, durato almeno 10 anni, che ha visto concretizzarsi
lerosione della legittimit politica di Hosni Mubarak. Il regime egiziano, nonostante la natura
autoritaria e repressiva, ha sempre mantenuto una facciata liberale permettendo lesistenza di
diversi partiti di opposizione21. Questo nonostante le elezioni venissero sempre vinte, grazie ai
brogli, dal partito di Mubarak. Veniva permessa anche lesistenza di alcuni giornali di
opposizione come: Masry Al-Youm e el-Shorouq nonostante questi fossero spesso oggetto di
denunce legali e intimidazioni. Quello che le forze repressive del regime hanno sempre
combattuto la dimostrazione di piazza che avrebbe potuto creare dei legami, pericolosi per il
regime, tra attivisti dellopposizione e le classi subalterne. Non quindi un caso che, durante il
governo Mubarak, sia stata fortemente limitata la libert dassemblea e che sia stata
mantenuta la legislazione demergenza, sospesa solo in rarissimi casi. Nelle strade le critiche al
governo venivano solo sussurrate per paura della polizia segreta, mukhabarat, impegnata a
scovare i nemici del regime. Rapimenti, torture, violenze e uccisioni arbitrarie erano pratiche
comuni nella tattica repressiva del governo egiziano.
Il 2000 segna un anno importante nel processo di erosione della legittimit politica del
governo di Mubarak. Con linizio della Seconda Intifada in Palestina, migliaia di egiziani
cominciano a scendere nelle piazze per manifestare la propria solidariet con i palestinesi. Le
manifestazioni cominciarono a delineare dei caratteri di protesta anti governativa, nonostante
quello del Presidente Mubarak fosse ancora un argomento tab, e bench fossero pacifiche
furono ugualmente disperse dalla polizia. Era dal 1977, anno della rivolta del pane, che delle
manifestazioni di tale portata non scuotevano le piazze egiziane. E nel 2002, ancora ad
iniziative a sostegno del popolo palestinese, che si iniziano a sentire i primi slogan contro
Mubarak, pi precisamente i manifestanti paragonavano il presidente egiziano a quello
israeliano, Ariel Sharon, denunciando i rapporti di amicizia tra Egitto e Israele. I contrasti tra la
piazza e il governo diventarono sempre pi aspri. Nel 2003, subito dopo linizio della guerra in
Iraq, violenti scontri si accesero tra polizia e dimostranti per le strade de Il Cairo. I manifestanti
21

Alcuni esempi sono: il liberale el-Wafd, il socialdemocratico Tagamma e il nasseriano el-Karama.


42

in quelloccasione riuscirono ad occupare piazza Tahrir, qui si pales lo scollamento che stava
avvenendo tra le piazze egiziane e il presidente, infatti, durante loccupazione della piazza,
venne dato alle fiamme un cartellone con limmagine di Mubarak. In pochi anni si pass dal
sussurrare il nome del presidente e le critiche al suo governo al compiere pubblicamente atti di
disprezzo verso le autorit e al superare la paura delle ritorsioni e della repressione. Unaltra
tappa importante nel processo di crescita del dissenso in Egitto stata la creazione del
movimento politico Kefaya22. Questa piattaforma politica aveva dei connotati chiaramente
anti regime. La sua attivit si concretizzava nella denuncia della corruzione, della scarsa
democratizzazione delle istituzione e degli stretti rapporti economici e diplomatici con Israele
e Stati Uniti. Il ruolo fondamentale giocato da questo movimento politico stato quello di
smuovere ulteriormente le coscienze degli egiziani, sempre pi sfiduciati dal governo e dai
partiti tradizionali. E stata importante la capacit di Kefaya di utilizzare i mezzi di
comunicazione per diffondere le proprie idee. In particolare, a questo scopo, stato fatto un
abbondante utilizzo di internet e dei social network. Grazie al sapiente utilizzo dei mezzi di
comunicazione stato possibile diffondere, nelle case degli egiziani, i video degli attivisti del
movimento che portavano striscioni e cantavano cori ricchi di slogan antigovernativi che solo
qualche anno prima era impensabile poter sentire pubblicamente. Il 2006 segna, in Egitto, il
risveglio delle classi subalterne del paese e rappresenta una tappa fondamentale del processo
che porta alla rivoluzione partita nel gennaio 2011. La repressione del regime e le misure
economiche di stampo neoliberista volute dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca
Mondiale avevano completamente anestetizzato le lotte dei lavoratori. La ripresa delle lotte
avvenne con lo sciopero di Mahalla, citt in cui posizionato il pi grande polo industriale
tessile del Medio Oriente. Le istanze e le azioni dei lavoratori di Mahalla ebbero unimportante
copertura da parte dei mezzi di comunicazione. In tutto il paese gli altri lavoratori potevano
vedere come quei lavoratori del tessile stessero portando avanti la propria lotta. Quando lo
scioper risult efficace e vincente si scaten un effetto domino allinterno del paese. Infatti,
anche altri operai, di altre industrie, prendendo esempio da ci che avevano potuto vedere in
tv, iniziarono a protestare per chiedere gli stessi diritti che gli operai di Mahalla erano riusciti a
conquistare. La vittoria dello sciopero e le immagini trasmette in tv e su internet innescarono
un processo che scosse profondamente le fondamenta del paese. I lavoratori ricominciarono

22

Il movimento nasce nel 2004 grazie alla spinta di attivisti propalestinesi ed esponenti della societ
civile.
43

ad utilizzare lo strumento sciopero e altre forme di lotta per rivendicare i proprio diritti, senza
la paura delle ripercussioni e della repressione del regime. La citt di Mahalla stato uno degli
epicentri del dissenso in Egitto. Qui, nel 2008, scoppiata una rivolta popolare contro
laumento del prezzo del pane. Le manifestazioni di quei giorni ebbero un grosso sostegno
anche dal web. Giovani della classe media cairota e alessandrina, molti disillusi fuoriusciti dal
movimento Kifaya, guidati da un ingegnere civile, di nome Ahmed Maher, diedero vita al
movimento 6 Aprile, che la data dellindizione dello sciopero generale a Mahalla,
sperimentando il ruolo dei social network nellorganizzazione di una manifestazione. Il
movimento rilanci, dalla sua pagina Facebook, un flashmob a Il Cairo in sostegno allo
sciopero dei lavoratori del tessile. La partecipazione non fu particolarmente numerosa, ma le
forze di polizia approfittarono delloccasione per arrestare Israa Abdel Fattah, ladmin della
pagina Facebook del movimento 6 Aprile. Se, prima, il movimento Kifaya aveva rotto il tab
del dissenso pubblico mostrando che si pu scendere nelle strade e urlare che il popolo
egiziano ne ha abbastanza del Presidente Mubarak, in quel momento, il movimento 6 Aprile
ha dimostrato come il web 2.0 sia uno spazio importante per lorganizzazione di quel dissenso
pubblico. Le manifestazioni, a Mahalla, furono duramente represse dalle forze di polizia e,
durante gli scontri con i manifestanti, si registrano anche alcune vittime. La gente scesa in
piazza durante questa cosiddetta intifada di Mahalla contestava apertamente il regime
distruggendo i simboli del Partito nazionale democratico e le immagini del Presidente
Mubarak. Quanto avvenuto pu essere considerato come una prova generale delle proteste
di massa che hanno invaso il paese nel 2011. Le elezioni per il rinnovo del Parlamento, nel
2010, hanno visto la vittoria del partito di Mubarak. La vittoria fu duramente contestata, anche
in questo caso i cittadini egiziani scesero in piazza e non era difficile, nella capitale, trovarsi di
fronte, quasi tutti i giorni, a scioperi, picchetti, sit-in e dimostrazioni di rabbia verso il regime.
Nonostante lattenzione della polizia segreta nello scovare i nemici del regime e nel mettere a
tacere il dissenso, la rabbia verso il governo aumentava e questo lo si percepiva nella vita di
strada delle citt egiziane dove sempre pi spesso, nelle conversazioni in privato, si potevano
sentire le critiche a Mubarak. Il dissenso pubblico rimaneva nelle mani di militanti politici,
attivisti di Organizzazioni Non Governative e mediattivisti che utilizzavano blog e social media
per diffondere le proprie critiche. Le manifestazioni, a parte alcune eccezioni, erano per la
maggior parte poco partecipate e si limitavano ad azioni simboliche che spesso terminavano
con il circondamento degli attivisti da parte della polizia. Per molto tempo il timore della
44

repressione ha bloccato lesplosione della rabbia popolare. Se si tiene presente questa scarsa
disponibilit al dibattito critico della piazza pubblica egiziana, allora si pu capire come
Internet e, soprattutto, Facebook siano diventati degli strumenti tanto importanti ed utilizzati
dai giovani egiziani. Infatti, la piattaforma permette di poter creare uno pseudonimo per poter
svicolare dalle attenzioni delle autorit e dei censori e, allo stesso tempo, poter avanzare ogni
tipo di critica nei confronti del regime. Dal 2005 al 2010, in Egitto, il tasso di penetrazione della
rete internet nel paese cresciuto dal 9% al 24%23, questi sono dati non particolarmente alti se
confrontati con i paesi occidentali, ma mostrano la grande crescita dimportanza che il web ha
avuto in questi anni. Internet non fu posto a censura dal regime che si era impegnato, con i
propri alleati occidentali, a promuovere una serie di politiche sulle libert individuali e
collettive. Questa situazione cre terreno fertile per gli oppositori del regime che iniziarono a
creare blog dove postavano le proprie critiche a Mubarak. Le contromisure del governo si
mossero su due piani: da una parte i blogger nemici del regime venivano spesso accusati dalla
polizia e arrestati, dallaltra parte il Partito Nazionalista Democratico organizz al proprio
interno un comitato che si occupasse di monitorare la rete e il governo sponsorizz alcuni
blogger e utenti di Facebook perch condividessero dei post a favore del regime.
Il processo di erosione dellautorit di Mubarak e del suo partito durato circa dieci anni. I
problemi strutturali dellEgitto (la scarsa democratizzazione, limmobilismo politico, lalto
tasso di corruzione, la disoccupazione giovanile, laumento dei prezzi di prima necessit),la
violenta repressione del dissenso da parte delle forze di polizia e il ruolo di Al Jazeera e dei
social media nel mostrare le immagini delle rivolte tunisine che sono state da esempio per
lEgitto hanno portato gli egiziani a scavalcare ogni timore fino allo scoppio della rivoluzione, il
25 gennaio 2011, che ha portato alla destituzione di Mubarak.

We are all Khaled Said


Il 6 6iugno del 2010, Khaled Said, un giovane blogger alessandrino di 28 anni, fu trascinato
fuori da un internet caff da due agenti della polizia segreta e picchiato a morte per strada da
questi per aver pubblicato su internet un video in cui si vedono le immagini di alcuni poliziotti
implicati in un affare di droga. Le immagini del volto del giovane, sfigurato dal pestaggio,

23

Dati contentuti in Gerbaudo 2012


45

fecero il giro del web dando lennesima prova del regime repressivo e del clima di terrore
instaurato dalla polizia di Mubarak. Londa emozionale colp la rete, molti blogger
cominciarono a scrivere degli
articoli che denunciavano
laccaduto, mentre su Facebook
nascevano pagine di solidariet, tra
queste cera: We are all Khaled
Said24 che divenne subito un punto
di ritrovo virtuale importante per i
giovani egiziani anti regime ed ebbe
un ruolo importante nello sviluppo
della coscienza politica di molti. Gi
dal primo giorno online la pagina
registr trentaseimila likes, questo
la fece diventare lo spazio di
riferimento per gli attivisti anti
regime che si raccoglievano sul

Figura 7.3 Questa vignetta di Carlos Latuff mostra Khaled


Said, che indossa una felpa con lhashtag della rivoluzione
#JAN25, mentre tiene nella propria mano il Presidente
Hosni Mubarak.
Fonte:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f
/f8/Khaled_Mohamed_Saeed_holding_up_a_tiny,_flailing
,_stone-faced_Hosni_Mubarak.png

web. Mustafa Shamaa, giovane


studente universitario de Il Cairo racconta come il suo interesse politico sia nato dopo essersi
unito alla pagina Facebook: << Era lestate del 2010 e non ero particolarmente interessato alla
politica. Stavo leggendo le notizie e capitava che scrivessi qualcosa su Facebook. Ma tutto qui.
Non mi interessavo molto di politica. Poi stata pubblicata la pagina su Khaled Said e si
diffusa molto velocemente. Un mio amico mi mand linvito cos ho iniziato a leggere le
notizie e interessarmi a quello che stava avvenendo nel mio paese>> (Gerbaudo 2012 pag. 54).
Cos come per Mustafa Shamaa, anche per molti altri giovani egiziani le pagine Facebook che
si crearono dopo lepisodio di Khaled Said contribuirono ad avvicinare molti giovani alla vita
politica del paese.

24

Le versioni ufficiali indicano Wael Ghonim, dirigente di Google e attivista, come il creatore e
amministratore della pagina Facebook. Questo nonostante egli stesso neghi. Infatti, ufficialmente la
pagina amministrata dallo pseudonimo elshaheed (il martire), e la stessa pagina, ad oggi, scrive di
non rappresentare la famiglia di Khaled Said e di non essere amministrata dal dirigente di Google,
residente a Dubai.
46

Gran parte del merito per il successo che la pagina ha avuto va dato alle conoscenze e agli
studi di Wael Ghonim che da esperto del web ha saputo sponsorizzare la propria pagina e
usarla come strumento per le mobilitazioni di strada. Una caratteristica fondamentale stata
quella di un linguaggio semplice e di un utilizzo massiccio di materiale multimediale per poter
cos attirare anche quella fetta di popolazione non politicizzata e di bassa alfabetizzazione. Un
altro punto importante stato lutilizzo, nello scrivere i post su Facebook, della prima persona,
come se fosse lo stesso Khaled Said, dalla tomba, a scrivere i propri pensieri. Questo ha
contribuito a creare limmaginario dellesempio, del martire e delleroe. In particolare, questo
processo entrato in atto per la giovane classe media egiziana che poteva totalmente
riconoscersi nella vittima ed esclamare: potevo essere io. La comunit creatasi attorno a
questa pagina ha mostrato come il regime di Mubarak non fosse cos forte come lo si credeva
e ha segnato un importante passo verso la liberazione dalla paura della repressione delle forze
di polizia. We are all Khaled Said divenne il punto di incontro dove si poteva dire tutto ci che
non andava del governo di Mubarak. In un primo momento il nemico comune venne
individuato nella polizia che rappresentava tutto ci che di male cera nel regime. Si unirono gli
ultras che criticavano le forze dellordine per i frequenti scontri fuori dagli stadi, i giovani che
puntualmente ricevevano soprusi ed erano testimoni di abusi di potere, gli autisti di microbus
che erano spesso soggetti a multe che andavano ad aumentare i salari dei poliziotti. Inoltre
cominciarono ad essere pubblicati sulla pagina diversi video delle torture compiute dalle forze
dellordine. Non un caso che la rivoluzione scoppi proprio il 25 gennaio, questa era infatti la
giornata preposta alle celebrazioni delle forze di polizia, in questo giorno convogliarono in
piazza tutte quelle persone che sia a bassa voce nei bar delle citt o allinterno della comunit
del web si erano dimostrate stufe degli abusi della polizia di Mubarak.
In un primo momento, attraverso la pagina, gli organizzatori rilanciarono alcuni flashmob nelle
citt egiziane. Queste manifestazioni simboliche e pacifiche mostrarono la partecipazione di
poche centinaia di persone rispetto ai numeri ben maggiori di aderenti allevento ufficiale su
Facebook. Questo dimostra come non sia automatico, per i movimenti che utilizzano i social
network per diffondere le proprie idee e le proprie iniziative, il passaggio da adesione virtuale
a reale. Nonostante questo, fu una prima prova di come sia possibile far scendere in piazza
delle persone partendo da una mobilitazione virtuale. La decisione di organizzare una
manifestazione di piazza proprio il 25 gennaio fu presa autonomamente da Wael Ghonim.
Quando questi propose lidea alla comunit della pagina Facebook, questa rispose
47

positivamente ma non era particolarmente entusiasta. La situazione cambi decisamente


quando la stessa proposta venne rilanciata allindomani della fuga del dittatore tunisino Ben
Ali e venne accolta con particolare entusiasmo dalla comunit web. Quando, su Facebook, fu
creato levento ufficiale della manifestazione del 25 gennaio (contro torture, povert,
corruzione e disoccupazione), la pagina raggiunse, quattro giorni prima delle proteste, i
centomila partecipanti, e molti altri si sarebbero aggiunti in seguito. Molti, per, annunciarono
sul web la propria partecipazione ma solamente in maniera simbolica, come gesto di
solidariet verso i manifestanti. Il timore della repressione e la sfiducia reciproca tra utenti dei
social network costituiva un grosso ostacolo alla riuscita della manifestazione. Conscio di un
rischio flop, Wael Ghonim, attraverso la pagina We are all Khaled Said, pubblic diversi appelli
provocando e giocando sullorgoglio degli egiziani e della cosiddetta generazione Facebook,
capace solamente di commentare e mettere mi piace ai post ma non abbastanza coraggiosa
da scendere in piazza. Poche ore prima della manifestazione sulla pagina comparse un post
che sapeva di sfida generazionale: << Oggi proveremo che noi non siamo i ragazzi di
commenta e metti mi piace come dicono. Noi siamo realt sulla terra, stiamo chiedendo i
nostri diritti e parteciperemo tutti>> (Gerbaudo 2012 pag. 63).
Lorganizzazione della manifestazione del 25 Gennaio e, in seguito, dei successivi 18 giorni di
rivoluzione, non si svolta solamente su Facebook. Fu necessario un lavoro parallelo nelle
strade per pubblicizzare il corteo. Nonostante lindice di penetrazione di internet non tenga
conto del grande utilizzo che in Egitto si fa degli internet caff, sono ancora molte le persone
che non si connettono in rete e che, quindi, dovevano essere informate a voce. Inoltre, molto
importante fu il lavoro svolto nelle strade dai militanti politici per cercare di unire i diversi
gruppi dellopposizione. In questo frangente la funzione della pagina di Wael Ghonim divenne
quella di megafono. Attraverso Facebook venivano comunicate le decisioni prese dalle
assemblee e dagli attivisti nelle strade. Se i social network sono stati determinanti per
lorganizzazione e la comunicazione alla vigilia del 25 gennaio, quando definitivamente
scattato il meccanismo della rivoluzione, il ruolo fondamentale stato giocato dalla
comunicazione faccia a faccia. Se i giovani digitalizzati della classe media egiziana sono stati la
scintilla di questa rivoluzione, i giovani delle classi subalterne ne sono stati la benzina. Questi
potevano essere raggiunti esclusivamente attraverso la propaganda in strada, tenendo
considerato che i tre quarti della popolazione egiziana non ha un accesso ad internet. Coloro
che erano stati mobilitati attraverso i social network ebbero la capacit di coinvolgere la loro
48

rete di conoscenze. Inoltre, quando le proteste partirono, fu importante la penetrazione nei


quartieri popolari e luso di un linguaggio semplice, agibile anche ai meno alfabetizzati ma che,
comunque, sentivano loppressione del regime. Se nei primi giorni nella composizione sociale
dei cortei spiccava maggiormente la presenza della classe media egiziana, dal 28 gennaio in
poi si pu dire che tutto lEgitto, anche le classi sociali meno abbienti, sia sceso in piazza per
protestare contro il tiranno Hosni Mubarak. Inoltre, il 28 Gennaio, Wael Ghonim fu arrestato
dalle forze di polizia egiziane25. Il movimento anti Mubarak, pur essendo bene organizzato, era
diviso in diverse anime che non riconoscevano ununica figura di spicco. Larresto trasform
Ghonim nel leader e nellemblema dietro il quale si pot riunire tutto il malcontento e la rabbia
che gli strati popolari stavano portando in piazza.
Se vero che la rabbia popolare in Egitto sarebbe esplosa anche senza Facebook, bench
questo abbia avuto un ruolo sicuramente importante, lo stesso si pu dire, a maggior ragione,
dellaltro social network che viene sempre citato quando si parla delle rivoluzioni del 2011:
Twitter. Il numero di iscritti, in Egitto, su Twitter molto inferiore rispetto a quelli di
Facebook. Luso di questo social network strettamente legato al fatto di possedere uno
smartphone. I cellulari di ultima generazione sono una merce fuori dalla portata della maggior
parte della popolazione egiziana. Inoltre, luso di Twitter presuppone un alto livello di
scolarizzazione in quanto pressoch necessario un buon livello di conoscenza della lingua
inglese per comunicare con la comunit virtuale. Infatti, durante i 18 giorni della rivoluzione, i
tweet che contenevano notizie e materiale multimediale dalle piazze, che si raccoglievano
attorno agli hashtag #Jan25, #Egypt, #Tahrir, erano per la maggior parte scritti in inglese.
Solo dopo la caduta di Mubarak e lincremento di popolarit avuto da Twitter, gli attivisti
cominciarono a scrivere dei tweet anche in arabo. Il ruolo principale giocato da questo social,
durante le proteste, stato quello di collegamento con lesterno. Durante le giornate della
rivoluzione alcuni account hanno raggiunto una certa popolarit, tanto da diventare dei punti
di riferimento, con i loro racconti e le loro notizie, per gli attivisti in giro per il mondo solidali
con la causa egiziana e per i giornalisti che, a causa della censura, non potevano ricevere
notizie di prima mano da altre fonti. Oltre a questo il social network ha coperto un ruolo
importante dal punto di vista tattico. Twitter stato usato durante gli scontri con la polizia per

25

Con landare avanti delle proteste il dirigente di Google decise di tornare in Egitto da Dubai; la
repressione non si lasci sfuggire loccasione di arrestare chi, materialmente, era tra i maggiori
fomentatori e organizzatori delle manifestazioni antigovernative in corso nel paese.
49

segnalare agli attivisti quali strade e quali piazze potessero essere percorse e quali, invece,
erano gi occupate dalle forze dellordine. Oltre a questo, poteva essere utilizzato per
segnalare di cosa la gente in piazza avesse bisogno, durante gli scontri di Mohammed
Mahmoud street (in questoccasione 70 persone persero la vita) gli attivisti sul campo
lanciarono lhashtag #TahrirNeeds per segnalare di quale materiale e di quali medicine ci fosse
bisogno in quel momento.

Censura
<< Il 28 gennaio stato il primo giorno in cui noi egiziani abbiamo dovuto affrontare per la
prima volta il totale blackout delle comunicazioni. Laccesso alla messaggistica e a internet era
stato ridotto fin dalla notte precedente. Dalle 6 del mattino, sono stati sospesi tutti i servizi di
telecomunicazione, lasciandoci completamente al buio>> Tarek Shalaby, blogger egiziano
(AA. VV. 2011 pag. 56).
Nella nottata del 27 gennaio il governo di Mubarak prese una decisione senza precedenti nel
tentativo di creare un argine alla ribellione che si stava diffondendo in tutto lEgitto, decise di
staccare la rete internet e
quella telefonica in tutto
il paese. Il 28 gennaio
mattino nessuno dei
maggiori provider
funzionava e anche le
maggiori reti telefoniche
risultavano inutilizzabili.
Liberandosi dalle colpe, il
governo accus

Figura 3.4 La tabella sul traffico internet egiziano mostra il blackout


voluto dal governo.
Fonte:http://www.google.com/transparencyreport/traffic/explorer/
?r=EG&l=EVERYTHING&csd=1294957800000&ced=1297377000000

ufficialmente una serie di problemi infrastrutturali come la causa del quasi totale blackout che
il paese stava vivendo. Soltanto un piccolo provider, Noor Data Networks, utilizzato
prevalentemente dalle banche e da altri attori finanziari, rimase attivo. Questo permise ad
alcuni giornali di poter comunque collegarsi e aggiornare il resto del mondo su ci che
avveniva in Egitto. Il governo, in questo modo, sperava di poter fermare le manifestazioni
intaccando il meccanismo di organizzazione di queste e aumentando il tiro della repressione.
Nonostante un primo momento di disorientamento vissuto dal movimento rispetto allazione
50

del regime, era la prima volta che questo spegneva internet nel paese, si era ormai innescato
un meccanismo per cui la gente continuava a scendere in strada e a raggiungere piazza Tahrir.
Addirittura, dopo la mossa del governo, ancora pi gente decise di rispondere scendendo in
strada a manifestare. Il centro organizzativo delle proteste si spost dal non luogo virtuale dei
social network a piazza Tahrir che venne occupata dai manifestanti e dove venne allestito un
sit in permanente. Uno dei fattori che aument la presenza in piazza in queste giornate fu la
presa di coscienza delle falsit che il governo diffondeva attraverso i media di Stato. Infatti, la
versione del regime negava le proteste di massa nel paese, ma se questo fosse stato vero non
ci sarebbe stato nemmeno bisogno di bloccare la linea internet. Questo atteggiamento di
negazione delle mobilitazione fece arrabbiare molti egiziani che, ancora di pi, decisero di
prendere parte alle manifestazioni. Inoltre, per molti, non poteva resistere una rivoluzione che
venisse organizzata prevalentemente attraverso i social network, il blocco della rete ha, in
qualche modo, reso le proteste reali e non solo virtuali. In definitiva, la scelta di chiudere
internet ha permesso una maggiore importanza dei rapporti faccia a faccia e il rafforzamento
del movimento rivoluzionario. Il blocco della rete deciso dal regime si totalmente ritorto
contro a questo e ha aumentato di molto i numeri dei cortei e dei presidi. Questa scelta ha
impedito a molti egiziani di rimanere, semplicemente, dei sostenitori virtuali della rivoluzione
e li ha obbligati a prendere fisicamente parte. Molti, durante quelle giornate, raggiunsero
piazza Tahrir per poter comunicare con i propri parenti e conoscenti e per vedere come
stavano questi, in questo modo la presenza in piazza si fece sempre pi massiccia. A proposito
di questo meccanismo, sempre il giovane studente Mustafa Shamaa racconta: << Alcuni dei
miei amici si unirono alle proteste perch i telefoni erano fuori uso e non potevano mettersi in
contatto con i propri fratelli e sorelle. Cos vennero alle manifestazioni per cercarli e fecero
salire i numeri. Conosco molte persone che hanno fatto cos mio cugino per esempio venne
alle proteste per cercare me. Questo ha effettivamente fatto la differenza>> (Gerbaudo 2011
pag. 69). Il blocco di internet ha spostato il dibattito dalla rete, luogo frequentato per la
maggior parte dalla classe media egiziana, alle strade dove anche i giovani delle classi
subalterne hanno potuto effettivamente giocare un ruolo fondamentale nella rivoluzione.

51

CONCLUSIONE
I giornalisti che nel 2011 descrivevano con entusiasmo le piazze del mondo piene di attivisti
hanno contribuito a fare di quei movimenti dei veri e propri simboli dellazione collettiva anti
governativa. Limpatto di quelle proteste in Europa e negli Stati Uniti stato pressoch nullo.
E fallita la speranza di creare un movimento transnazionale, allargato e partecipato da diversi
strati della societ, che andasse a contestare i soggetti indicati come causa della crisi
economica. Gli unici effetti visibili oggi in Europa sono dovuti allistituzionalizzazione di una
parte di quei movimenti. Il primo partito greco e il partito che oggi viene indicato come
favorito in Spagna, Syriza e Podemos, sono figli delle proteste anti austerity scoppiate nel
2011.
Con ancora pi entusiasmo venivano viste e raccontate le rivolte della Primavera Araba. Il
rovesciamento di regimi autoritari pluridecennali veniva letto come il primo passo del
processo di democratizzazione della penisola araba. La verit che, ad oggi, quella zona
tuttaltro che pacificata o stabilizzata. Nel grande calderone delle primavere arabe sono state
paragonate situazioni che in realt si sono dimostrate molto differenti tra loro. Non possibile
paragonare le esperienze egiziane o tunisine con quelle libiche o siriane. Inoltre la gi precaria
situazione della regione viene oggi ulteriormente scossa dalle mire espansionistiche del nuovo
soggetto politico dellarea e cio lISIS. Proprio il Califfato di al-Baghdadi nato e ha mosso i
suoi primi passi allinterno di alcuni movimenti armati anti governativi che hanno combattuto
in Siria o in Libia.
Linstabilit caratterizza anche la situazione egiziana post Mubarak. Il colpo di stato militare
guidato da al-Sisi dimostra come sia stata la controrivoluzione ad uscire vittoriosa dal contesto
egiziano. Nonostante questo, la situazione tuttaltro che pacificata. Molti dei militanti che
hanno lottato e che si sono formati politicamente allinterno delle giornate di rivolta del 2011
continuano a far sentire la propria voce nelle strade e sui social network (nellhashtag
#anticoup si raccolgono le immagini e i racconti di chi protesta contro il colpo di stato e contro
il governo di al-Sisi). Le odierne manifestazioni sono di tuttaltra intensit rispetto a quelle del
2011 ma non sono scomparse. Sono invece scomparse dalle narrazioni dei media mainstream.
Il governo di al-Sisi ha conquistato la legittimit politica internazionale e viene visto come uno
degli ultimi argini allavanzata dellISIS. Fare dellEgitto un alleato delloccidente potrebbe
essere il motivo per cui i media internazionali evitano di rilanciare gli episodi di repressione e
violenza da parte della polizia egiziana. C solo un episodio recente che ha mostrato quel
52

meccanismo ponte di cui parlo in questa tesi. Lepisodio quello delluccisione, da parte delle
forze dellordine, di Shaimaa El-Sabbagh militante socialista. I video e le immagini riprese dai
cellulari e postate sui social network ebbero un forte impatto emotivo capace di penetrare i
media mainstream internazionali che da tempo avevano messo da parte la situazione
egiziana.
Due studiose inglesi, Anne Alexander e Miriyam Aouragh, hanno analizzato in che modo i 18
giorni della rivoluzione che ha destituito Mubarak hanno influito sul modo di comunicare dei
movimenti socialisti egiziani. Secondo le due studiose lesperienza rivoluzionaria avrebbe
determinato nuove esigenze a livello comunicativo. Per questo i movimenti hanno tentato,
sempre di pi, di distaccarsi dai vecchi mezzi di comunicazione per avvicinarsi maggiormente
ai social media e autogestirsi la divulgazione delle proprie notizie. Questo stato possibile
anche grazie alla crescita esponenziale, partita dopo le rivolte del 2011, delluso dei social
network. Dopo il 2011, la regione Araba la regione che maggiormente ha contribuito alla
crescita di utenti dei social media. Dopo la cacciata di Mubarak lambiente virtuale ha
cominciato a rispecchiare le divisioni interne al movimento. Mentre prima il web era
esclusivamente uno strumento del fronte anti regime, in seguito diventato anche strumento
controrivoluzionario. Infatti, chi ha preso il potere dopo Mubarak (Morsi prima e in seguito alSisi) aveva vissuto la Rivoluzione e conosceva le potenzialit dei social che cos sono diventati
terreno di scontro tra le diverse anime del movimento.
La caduta del regime ha concesso un maggior spazio dazione alle organizzazioni dei
lavoratori. A questo va sommato il fatto che i 18 giorni della prima fase della Rivoluzione
hanno avvicinato molte persone allazione politica e sindacale. In questo contesto va letta la
grande crescita, in termini di numeri, che i movimenti organizzati dei lavoratori hanno avuto.
Questo ha fatto nascere la necessit di sperimentare nuove forme di comunicazione per
portare avanti la propaganda. Lesperienza fatta con i social network durante la Rivoluzione
risultata positiva, questo ha permesso di distaccarsi dai media tradizionali per ricorrere invece
a mezzi comunicativi autoprodotti e autogestiti. Lambiente politico e quello virtuale si sono
influenzati a vicenda nel corso degli anni, questo ha determinato dei grandi cambiamenti nelle
strutture politiche che oggi reputano tradite le speranze di piazza Tahrir e che lavorano per un
Egitto realmente libero e democratico. Le organizzazioni dei lavoratori, dopo lesperienza del
2011, hanno capito quanto pu essere importante dotarsi di videocamere e smartphone per
poter filmare le proprie azioni e per poter fare del web un campo di battaglia dove sfidare il
53

regime militare di al-Sisi e il quasi totale silenzio dellinformazione internazionale. La sfiducia


nei confronti dei media tradizionali e la necessit di sostituirsi a questi ha trasformato la
pratica del giornalismo in una pratica rivoluzionaria.
Le nuove tecnologie e il web 2.0 hanno cambiato e stanno cambiando il mondo della
comunicazione. I movimenti sociali hanno sfruttato questa situazione per aprirsi una finestra e
poter entrare nei notiziari di tutto il mondo. Oltre a questo hanno fatto dei social media un
terreno di scontro in cui sfidare la forza statuale. Il 2011 ha rappresentato la grande ripresa
dellazione collettiva, agevolata anche dai nuovi strumenti sociali. Mentre la grande crisi
economica apre di continuo nuovi spazi di conflittualit, vedremo se i social media torneranno
a ricoprire un ruolo importante allinterno di mobilitazione di massa o se i movimenti
abbandoneranno questo mezzo di comunicazione perch troppo vulnerabile alla censura e alla
repressione.

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BIBLIOGRAFIA
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