FOSSOLI
Poligono di tiro di Cibeno
(CARPI)
- pag 53 e segg.
Questa pagina e stata estratta da ANED (Associazione nazionale ex
deportati politici nei campi nazisti) . Il testo estratto dal libro "Antonio
Manzi, Partigiano ....... inserito nel complesso degli avvenimenti del
1944 e di tutti gli internamenti, sia italiani che tedeschi. Testi, immagini,
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(CARPI - MODENA)
FARLA FRANCA
... Lingegner Carlo Bianchi inform i familiari con tre lettere scritte su un foglio di quaderno: le informazioni erano velate,
non esplicite: divennero chiare solo pi tardi, a strage compiuta. Uno degli inclusi nella lista dei 71, sul finire della notte, ebbe
lordine di non partire: non si sa bene a chi dovette la sua grazia. Cos i condannati di Fossoli furono 70, fra cui anche quel
Giovanni Bertoni che, per uno strano caso del destino, assurse a notoriet, anche se non a gloria, pi dei valorosi che caddero
con lui nella atroce fossa. Quando il buio della notte cal sul campo, il silenzio agghiacci nellangoscia lanimo di tutti, tutti
tesi ad interpretare anche il pi piccolo rumore che si producesse fuori dalle baracche. La sorveglianza era pi che mai attenta;
i fari delle torrette di guardia sciabolavano frene-ticamente i loro fasci luminosi sul campo e addosso alle vicine case coloniche.
Allalba del 12 luglio, il silenzio fu fragorosamente rotto dal motore di un camion entrato nel viale di accesso dalla porta della
via Remesina. Una ventina di internati vennero fatti uscire dalla baracca n. 17 e fatti salire sul cassone scoperto
dellautomezzo, seduti sul fondo a gambe divaricate, con la schiena delluno contro quella dellaltro. Il camion ripart. Sullora
della partenza non vi uniformit nel ricordo di chi fu testimone oculare: qualcuno dice le quattro, qualcuno addirittura le
cinque e mezzo, ma questa pare unora tarda, poich a met luglio la luce doveva gi essere troppo chiara per la nefanda
operazione che stava per essere condotta dai tedeschi. Anche il numero del gruppo dei partenti non coincide in tutte le
testimonianze: potevano essere 20/25. Il camion part lasciando a terra i bagagli. Ritorn vuoto verso le cinque e ripart con un
secondo gruppo di 25, fra i quali appunto Antonio, sempre sorvegliato da quattro tedeschi col mitra spianato ai quattro angoli
del cassone. Questa volta il numero ricordato con precisione da Eugenio Jemina, uno dei due condannati che facevano parte
del secondo convoglio, e che riuscirono a scampare alla morte con la fuga. Dopo mezzora lo stesso autocarro fu di ritorno,
caric lultimo gruppo, questa volta ammanettato, e ripart; furono caricati anche tutti i bagagli, ma su un altro automezzo. Il
percorso era sempre quello, lo stesso fatto la mattina precedente dal gruppo di ebrei. La meta non era la stazione di Carpi
come falsamente annunciato dai tedeschi.
Percorsa la strada Remesina, che costeggiava il campo, lautomezzo si dirigeva a Fossoli, oltrepassava il paese e deviava verso
la frazione di Cibeno (entrambe frazioni di Carpi), dove era ubicato il poligono di tiro militare. Questa era la meta. E a questo
punto nessuno dei prigionieri aveva pi alcun dubbio sul vero scopo del breve viaggio. Il gruppo degli ebrei giunto la mattina
precedente era stato chiuso in un edificio del poligono di tiro, dopo aver obbedito, in preda allorrore, allordine di scavare una
fossa allestremit del campo, la quale aveva chiaramente la funzione di ricevere i cadaveri dei giustiziati e che allatto della
misurazione risult profonda settanta centimetri, lunga una decina di metri e larga cinque. Della loro esecuzione non si
conoscono molti particolari; dalla deposizione dellinterprete meranese Karl Gutweniger, rilasciata dinanzi alla Corte dAssise
straordinaria di Bolzano il 3 agosto 1945, si desume che prima dellesecuzione il Gutweniger diede lettura dellordine di
fucilazione come rappresaglia per lattentato partigiano che a Genova aveva provocato la morte di alcuni (forse sei o forse solo
tre) marinai tedeschi e il ferimento di altri. I condannati furono condotti sul margine della lunga fossa e finiti con colpi esplosi
alle loro spalle.
Della fucilazione del secondo gruppo, del quale faceva parte Antonio, si conoscono i particolari, grazie alle testimonianze dei
due sopravvissuti, Mario Fasoli ed Eugenio Jemina, i quali diedero vita alla ribellione, che coinvolse tutti i compagni, ma che
consent solo ai primi due di raggiungere la salvezza. Il secondo gruppo di 25, pertanto, fu fatto uscire dalla baracca n. 17,
messo in fila e sorvegliato da due poliziotti italiani. Al sopraggiungere del camion di ritorno da Cibeno, dopo unattesa di circa
mezzora nel piazzale davanti alluscita sulla strada Remesina, fu dato lordine di lasciare a terra i bagagli, di salire sul camion
nella stessa posizione che era stata imposta al primo gruppo. Sul viottolo del poligono di tiro il camion procedette a fari spenti;
il buio era assoluto, rotto solo di quando in quando dai fasci luminosi delle torce elettriche dei militari. I prigionieri furono
fatti avanzare fino ad una montagnola che sorreggeva una staccionata e che delimitava il termine del campo utile per le
esercitazioni di tiro a segno.
Mentre al di l nel buio pi profondo, la raccapricciante fossa aveva gi accolto le prime vittime, furono fatti sedere a terra,
ancora con le gambe divaricate, e qui dovettero ascol-tare la lettura della sentenza fatta dallinterprete Gutweniger, alla
presenza del comandante Titho, del suo autista Koenig, di un maggiore, del tenente Mller che era giunto da Verona insieme a
molte SS della Gestapo per eseguire la rappresaglia. Questa volta i prigionieri avevano intuito la sorte che li aspettava: si
ribellarono gridando il loro rifiuto dellassurda sentenza e si avventarono contro i loro aguzzini, cercando di disarmarli. Il
primo a dare il segnale della rivolta fu Mario Fasoli; gli altri, dopo qualche momento di disorientamento, lo seguirono.
Eugenio Jemina si avvent contro il comandante Titho, gli sferr un pugno al viso e lo fece cadere a terra.
Qualcuno si avvinghi al collo dellinterprete cercando di disarmarlo. Ma dopo il primo smarrimento i tedeschi, sostenuti
anche da militari russi, si riebbero e cominciarono la carneficina. I mitra spararono a lungo, fino a quando torn il silenzio; nel
buio, i militari si diedero a trascinare i poveri corpi per gettarli crudelmente, scompostamente nella fossa. Ma solo due, Fasoli e
Jemina, riuscirono a trovare scampo tra gli olmi della campagna; dopo molto vagare furono soccorsi dai contadini ed affidati
ai partigiani della zona. Fasoli, ferito, fu curato dal medico di Carpi. La macabra operazione programmata dai tedeschi fu
portata a termine con lo sterminio dellultimo gruppo di 25 e con la solita procedura. I prigionieri, per, questa volta furono
fatti partire ammanettati dal Campo. Il racconto dei due sopravvissuti fece s che la notizia dello sterminio si propagasse e
giungesse lontano; essa pervenne al comando generale del Corpo Volontari della Libert, che la trasmise via radio ai centri di
ascolto del Sud e degli Alleati. Nel luglio, due fogli antifascisti di Milano, lUnit e lAvanti, divulgarono il fatto, anche se in
modo ovviamente impreciso e privo dei particolari che si riseppero solo qualche mese pi tardi.
35 Giovanelli Emanuele
36 Guarenti Davide
A Milano, al principio dellautunno, si sparse la voce dellimmane tragedia che si era abbattuta sulle vittime, molte delle quali
erano milanesi ed erano arrivate a Fossoli transitando da S.Vittore. Si conosceva il numero dei condannati: settanta, si sapeva
4 Baletti Emilio
5 Balzarini Bruno
6 Barbera Giovanni
7 Bellino Vincenzo
8 Bertaccini Edo
9 Bertoni Giovanni
10 Biagini Primo
11 Bianchi Carlo
12 Bona Marcello
13 Brenna Ferdinando
14 Broglio Luigi Alberto
15 Caglio Francesco
16 Ten. Carioni Emanuele
17 Carlini Davide
18 Cavallari Brenno
19 Celada Ernesto
20 Ciceri Lino
21 Cocquio Alfonso Marco
22 Colombo Antonio
23 Colombo Bruno
24 Culin Roberto
25 Dal Pozzo Manfredo
26 Dall'Asta Ettore
27 De Grandi Carlo
28 Di Pietro Armando
29 Dolla Enzo
30 Col. Ferrighi Luigi
31 Frigerio Luigi
32 Fugazza A. Fortunato
33 Gambacorti Passerini A.
34 Ghelfi Walter
37 Ingeme Antonio
38 Cap. Kulczycki Sas Jerzj*
39 Lacerra Felice
40 Lari Pietro
41 Levrino Michele
42 Liberti Bruno
43 Luraghi Luigi
44 Mancini Renato
45 Manzi Antonio
46 Colonnello. Marini Gino
47 Marsilio Nilo
48 Martinelli Arturo
49 Mazzoli Armando
50 Messa Ernesto
51 Minonzio Franco
52 Molari Rino
53 Montini Gino
54 Mormino Pietro
55 Palmero Giuseppe
56 Col. Panceri Ubaldo
57 Pasut Arturo
58 Pompilio Cesare
59 Pozzoli Mario
60 Prina Carlo
61 Renacci Ettore
62 Gen. Robolotti Giuseppe
63 Tassinari Corrado
64 Col.Tirale Napoleone
65 Trebs Milan/o
66 Vercesi Galileo
67 Vercesi Luigi
della suddivisione in tre gruppi e che quasi certamente uno solo era il superstite, poich faceva parte di quel gruppo che aveva
tentato la ribellione. Si sapeva che Antonio Manzi faceva parte del secondo gruppo, che aveva cercato tanto eroicamente
quanto inutilmente di resistere; si diceva anche che egli fosse stato messo in condizioni di inferiorit a causa della rottura degli
occhiali durante la colluttazione coi tedeschi. Si parlava di una lunga fossa che i tedeschi avevano disumanamente obbligato gli
stessi condannati a scavare prima del supplizio. Si diceva che fra i martiri vi fossero parecchi ufficiali superiori, fra i quali
anche il generale Della Rovere dellesercito italiano che nessuno sapeva chi fosse. Solo dopo la fine della guerra si poterono
sceverare i particolari veri da quelli nati come leggenda in un momento tanto straordinario. I compagni delle vittime, rimasti
nel Campo, intuirono la verit di primo mattino, al ritorno dei tedeschi e degli ebrei. Alcuni tedeschi mostravano le ferite e le
lesioni procurate loro dalla colluttazione; altri ostentavano cinicamente il frutto della loro macabra rapina: anelli, orologi,
indumenti depredati ai poveri morti. A fine luglio il Campo fu sgomberato dai tedeschi, i quali trasferirono i prigionieri nei
campi di sterminio dellAustria, della Germania e della Polonia. Il silenzio cadde sul martirio dei Settanta di Fossoli. Le
famiglie dei 67 realmente fucilati si macerarono nella disperazione, resa ancora pi cupa dallassenza di una qualsiasi
testimonianza che squarciasse il buio degli ultimi istanti di vita dei loro cari. Solo nove mesi pi tardi, a liberazione avvenuta,
si venne a conoscenza dellesatto luogo del supplizio e si pot pensare alla riesumazione dei poveri resti. Le operazioni di
riconoscimento vennero attuate il 17 e 18 maggio 1945. I parenti, dopo un viaggio reso faticoso e lungo dalle difficili
condizioni del territorio, devastato dalla guerra, poterono raggiungere il poligono di tiro a Cibeno. Dellubicazione della fossa
era a conoscenza soltanto il vescovo di Carpi, Monsignor Dalla Zuanna: i tedeschi avevano provveduto ad occultarla facendo
arare e seminare tutto il terreno circostante. Nessun segno di piet religiosa contraddistingueva la grande tomba. Anche il
padre di Antonio, il rag. Enrico Manzi, fu presente alla desolante e difficile operazione. Le salme erano state private di ogni
oggetto personale di qualche valore. Nelle tasche della giacca di Antonio fu rinvenuta, e dal padre inconfutabilmente
riconosciuta, larmonica a bocca che gli era stata tanto cara e che lo aveva forse in qualche modo confortato anche nei giorni
di detenzione a Fossoli. La pubblicazione ufficiale del Comune di Carpi smentisce che i fucilati del 12 luglio 1944 siano 67,
bens 66+1 !!!!. Luno Bertoni (pi famoso per il titolo di "Generale della Rovere"(che volle darsi), per il quale lo stesso
Ministero della Difesa ricevette richieste di cancellazione: *l'asterisco indica invece il capitano Cap. Kulczycki Sas Jerzj, italiano, che
secondo molti era il vero "Generale" infiltrato al Nord, ma che non compare che nel 1959 negli scritti del giornalista Giuseppe
F. Mayda http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/kulczychy.htm
Le indagini sulla strage di Fossoli furono avviate in un primo tempo, ma presto si arenarono, cos come tutte le altre
riguardanti le stragi e i crimini di guerra. Lopportunit politica prevalse sul dovere di fare giustizia in memoria dei poveri
morti e dello strazio delle loro famiglie. Anche i responsabili riconosciuti della strage (Wolff, Harster, Kranebitter, Gutweniger,
Titho, Haage ma questi ultimi furono anche assolti), quantunque arrestati e incriminati, riuscirono ben presto a sfuggire alle
maglie dei processi e a continuare indisturbati la loro vita fino alla fine naturale dei loro giorni. Il ricordo dei Martiri di
Fossoli, tuttavia, non si estinse, specialmente nel territorio emiliano e lombardo, dove la loro memoria perpetuata dal nome
di alcune vie. A Sesto San Giovanni una via intitolata ai Martiri di Fossoli. A Bergamo una via ricorda il sacrificio di
Antonio Manzi, cos come un bivacco alpino dellalta Val Masino, a m. 2550, lungo un itinerario di escursioni alpine. A
Milano, sotto la Loggia Mercanti, sono affisse due lapidi di bronzo coi nomi dei caduti per la libert: fra essi quello di
Antonio. Nel 1965, a ventanni dal sacrificio, le due citt di Milano e Bergamo onorarono Antonio Manzi, conferendo alla sua
memoria due medaglie doro. A Milano la cerimonia di commemorazione avvenne il 12 luglio 1965 alla Piccola Scala, in via
Filodrammatici; alla presenza del senatore Gianfranco Maris, il sindaco Bucalossi consegn la medaglia alla famiglia. Quella di
Bergamo, ora in possesso della nipote e figlioccia Elena Antonia Magnini, reca sul recto: Bergamo ai caduti per la libert, e
nel verso: XX Anniversario della Resistenza 1945-1965. L11 marzo 2003 il Presidente della Repubblica C. A. Ciampi rende
omaggio ai martiri visitando il campo di Fossoli. Gli fanno da guida il sen. Gianfranco Maris, presidente dellAss. Naz. ex
Deportati e Amos Luzzatto, presidente delle Comunit Ebraiche Italiane. La famiglia di origine di Antonio Manzi si dissolta
ormai da circa un decennio. Ne tengono ora viva la memoria, insieme con il cognato Bruno Magnini, i nipoti che sono figli e
figlie delle sorelle Angela e Rachele. Col loro ricordo i parenti superstiti intendono anche trasferire alle nuove generazioni
limpegno di perpetuare i principi spirituali e morali che portarono Antonio Manzi e i suoi compagni sulla ardua gloriosa via
del sacri-ficio, in nome di una Patria libera e giusta. Noi vecchi ci troviamo oggi a vivere in un mondo che forse avevamo
sperato migliore. Vorremmo poterci svincolare dal dubbio che opprimeva lanimo della Mamma di Antonio, quando, allatto
dellultimo saluto, disse: Purch non sia caduto invano. Jole Marmiroli
Comandante del Lager di Fossoli poi di Bolzano era lSS - Untersturmfhrer Karl Titho (Sottotenente), coadiuvato da Hans Haage
(maresciallo). Poco prima della liberazione tutta la documentazione relativa al campo, compresi gli elenchi degli internati, venne distrutta.
Non si hanno quindi notizie certe sul numero dei convogli partiti dal capoluogo altoatesino alla volta dei campi di Mauthausen, Flossenbrg,
Auschwitz, Ravensbrck, Dachau. Lultimo convoglio lasci Bolzano alla volta di Dachau (ancora e ultimo attivo) il 22/3/1945. A partire dal 29
aprile e fino al 3 maggio gli internati vennero rilasciati, pare a seguito di trattative fra la CRI, esponenti partigiani di Bolzano ed il comando
del Lager; tutti i prigionieri ancora presenti, il cui totale ammontava a circa 3.500 persone, ricevettero un Entlassungsschein firmato dal
Lagerkommandant Titho e vennero condotti a scaglioni fuori dalla citt. Nel novembre 2000 un ex SS del campo - Michael Seifert, oggi
residente in Canada, stato condannato all'ergastolo in contumacia dal Tribunale militare di Verona per gli orrendi delitti compiuti a
Bolzano.
(dalla VOCE di Carpi del 29 luglio 2004 commento al libro di Paolo Paoletti "La strage di Fossoli: 12 luglio 1944 )- Il suo lavoro ha
dunque solide basi documentarie. Ed proprio per questo che risaltano ancora di pi i bersagli polemici che Paoletti elenca all'inizio e alla
fine del volume: la pubblicistica sul cosiddetto "armadio della vergogna" e la stessa istituzione della Commissione parlamentare
sull'insabbiamento dei fascicoli sulle stragi nazifasciste, che avrebbero distolto l'attenzione dagli errori delle Procure militari che per
sessant'anni hanno cercato le persone sbagliate e "sono andate dietro all'opinione pubblica o ai venti politici"; la Procura, in particolare, di
Bologna che fra il 1946 e il 1948 aveva come unici ricercati Titho e i suoi sottufficiali e quella della Spezia che nel 1999 archivi quelle accuse,
senza ammettere che "fin dagli inizi si era sbagliato strada"; (sbagli per) tutti coloro che, da Demos Malavasi (sindaco della citt) a
Gianfranco Maris, dell'Aned, al senatore Luciano Guerzoni, alla giornalista Carmen Lasorella (in un servizio del Tg1 da Berlino) si sono
ostinati nelle accuse a Titho, anche dopo il suo proscioglimento. La polemica di Paoletti coinvolge anche il Comune di Carpi preoccupato pi
di esecrare politicamente il fatto che di trovare la verita:"... quelle centinaia di milioni spesi negli anni '80 per i 35 progetti per Fossoli" che se
fossero invece stati indirizzati a ricerche archivistiche avrebbero permesso di "... scoprire la verit sulla strage con un largo anticipo".
Insomma, ne ha per tutti lo studioso che non ha mai nascosto di non aver ricevuto da Carpi gli appoggi e l'accoglienza che forse si aspettava.
La strage fu ordinata dal comando delle SS di Verona e in particolare da Wilhelm Harster, Fritz Kranebitter, Karl Mller, Fritz Ehrke. Secondo
Paoletti, la strage di Fossoli anche l'esempio pi eclatante del mancato coordinamento tra polizia investigativa inglese e italiana negli anni
1945-48. Basti pensare che Ehrke venne rilasciato a Roma nel 1947, dopo aver sottoscritto una dichiarazione in cui ammetteva di avere
partecipato al massacro del Cibeno e indicava i responsabili. Mller invece conserv (in tasca) fino al 1946 l'ordine di esecuzione ricevuto da
Kranebitter.
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