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La RSU-FIOM-FERARI ritiene che nel XVI congresso della Cgil, la discussione di due
documenti contrapposti, assume un valore importante, in quanto viene formalizzata
la completezza del dibattito congressuale nel più grande sindacato italiano,
attraverso una formula inedita ed innovativa, in discontinuità con il passato.
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un sindacato prevedibile, addomesticato, addormentato nelle decisioni degli
apparati dirigenti.
L’autocritica insita nel documento “La Cgil che vogliamo” non è fine a se stessa, ma
rappresenta un metodo che, attraverso l’analisi delle scelte e delle posizioni sindacali
della Cgil negli ultimi anni, propone alcuni punti programmatici agli iscritti per una
Cgil diversa a più forte dal basso.
Come lavoratori e delegati della Fiom in Ferrari siamo convinti che tutte
le misure di tutela del posto di lavoro debbano essere attuate. In questa fase di
emergenza nessuna proposta dei lavoratori deve essere accantonata perché si
rischierebbe la degenerazione completa della collettività e quindi della nostra
organizzazione.
Le rappresentazioni disperate di questi mesi nel nostro paese, e non solo, che
vedono protagonisti impiegati e operai devono lanciare l’allarme alla Cgil sulla
percorribilità di forme di rivendicazione e di lotta collettive, territoriali e aziendali
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che da un lato debbano neutralizzare gesti isolati e disperati e dall’altro però,
debbano incidere nelle rivendicazioni.
Riteniamo come delegati della Fiom che governare la crisi richieda rivendicazione
dell’estensione degli ammortizzatori sociali, mettere in condizione di usufruirne
anche a quelle categorie che non godono di questa tutela, attivare in tutto il Paese
degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori precari, senza però dimenticare
che, se nessuna proposta si deve scartare, compresa quella della nazionalizzazione
delle aziende in fallimento o di siti industriali particolari, primi tra tutti Termini
Imerese e Pomigliano, non è sufficiente lottare solo per migliorare le condizioni dei
lavoratori in una fase di crisi proponendo salvagenti legati alla singola vertenza
sindacale o alle convinzioni ideologiche, ma ogni azione che si mette in campo deve
rappresentare un abbozzo non definitivo di idea di Paese in prospettiva. Un Paese
che si attiva, con fondamenta differenti per cultura e visione politica da quella
attuale.
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Il primo sforzo della confederazione della Cgil deve, a nostro avviso, tendere in
questa visione di garanzia dell’occupazione stabile, la tutela delle leggi che
garantiscono la maternità, la promozione di nuove tutele che mettano sullo stesso
piano uomini e donne, abolendo ogni forma di precariato e discriminazione di
genere.
Una visione che dica, ai lavoratori, che per la Cgil assume assoluta importanza
discutere, proporre piattaforme, rivendicare il diritto al salario libero da indicatori
che hanno spostato ricchezza dal lavoro dipendente verso i manager, il diritto al
pagamento di un giusto affitto e compatibile col proprio reddito, il diritto ad una
scuola pubblica di qualità, ad una sanità pubblica di qualità, alla rivendicazione
dell’acqua pubblica, al ruolo centrale che deve assumere in un paese demolito
dalle speculazione di un gruppetto di furbetti, il ruolo del Pubblico nell’industria e
nella produzione di energia, di tecnologia, prime tra tutte quelle della
comunicazione.
Un ulteriore sforzo che siamo convinti che debba fare la confederazione, e qui si
rende chiaro uno dei motivi di critica alla situazione attuale delle categorie in Cgil, è
la necessita di dare ai lavoratori un orientamento stabile e credibile sulla riforma
della Contrattazione siglata da Cisl e Uil assieme a Confindustria e al governo, e che
ha escluso dal tavolo il sindacato più rappresentativo a livello nazionale. Uno sforzo
di visione di contrattazione omogenea per le categorie della Cgil che ha come
obiettivo la rivendicazione di società diversa.
Siamo convinti che l’accordo firmato da Cisl e Uil non sia emandabile ma
vada rigettato perché irrispettoso di una visione di sindacato che voglia
coinvolgere democraticamente innanzi tutto i lavoratori.
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Siamo convinti, pertanto, che Cgil significhi oggi prendere un orientamento coerente
sulla decisione di non firmare il modello contrattuale del 22 Gennaio che, rispettoso
della cultura e delle particolari condizioni delle categorie nella Cgil, renda ai
lavoratori e alla società italiana una visione armonica di posizione sindacale e
prospettiva per il futuro della contrattazione e dei lavoratori interessati ad essa. In
altri modi, la Cgil rischia una frantumazione di idee e prospettive che non potranno
reggere e che soprattutto non avranno nulla da dire e proporre.
Sulla gestazione tormentata che ha condotto ad un accordo separato, una critica che
muoviamo in questo congresso alla Cgil è senz’altro il metodo con cui la
confederazione ha condotto la trattativa con Cisl e Uil sulla stesura del modello
contrattuale. Un modello che aveva un vizio di fondo, un vizio che ha bisogno di
un’ alternativa programmatica: non era stata discussa dai lavoratori, dalla società,
dagli interessati a quelle norme. Un fatto a giudizio della RSU-FIOM-FERRARI
ingiustificabile poiché, in questo modo, si sacrificano le idee e la democrazia
sull’altare dell’ unita Sindacale a tutti i costi.
Come delegati della RSU-FIOM-FERRARI siamo convinti che la Cgil abbia bisogno di
regole condivise da tutte le categorie, regole che ci rendano trasparenti e coerenti
davanti ai lavoratori e alla società, regole di autonomia dalla politica che nella breve
e affannata stagione del governo Prodi ha visto la Cgil estremamente coinvolta e
troppo accondiscendente al “Governo amico”.
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strumentalizzazione effettuata sulla possibilità di discutere in modo diverso le linee
guida del’organizzazione stessa.
Non è il documento o i contenuti del documento “La Cgil che vogliamo” che
necessitano di un approfondimento, ma ciò che ha portato agli occhi di tutti in
confederazione quest’operazione inedia:
C’è un grande lavoro da fare in tutti i posti di lavoro e nella percezione che oggi
soprattutto i giovani hanno del futuro.
Un lavoro che richiede una visone globale delle forze sindacali a livello internazionale
e del ritardo che i sindacati hanno accumulato nei confronti della globalizzazione dei
mercati finanziari e della produzione.
Per giocare questa partita è necessario proporre un modello di sviluppo che sia
alternativo e che sia leggibile nella sua alternativa a livello sociale.
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