I BAMBINI
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Poi cominciai anche a ridere, prima nel sonno, quindi nella veglia. Cos almeno
mi fu riferito sul mio conto, e vi ho creduto, perch vediamo gli altri bambini
comportarsi cos; infatti non ricordo nulla di questi tempi miei. Ed ecco che a poco
a poco incominciai ad avere anche coscienza del luogo ove mi trovavo; volevo
manifestare i miei desideri alle persone che erano in grado di soddisfarli, senza
esito alcuno, poich i primi stavano nel mio interno, le seconde allesterno e con
nessuno dei loro sensi potevano penetrare nel mio animo. Perci mi dibattevo e
strillavo, esprimendo cos per analogia i miei desideri, quanto poco potevo, e come
potevo, in maniera, difatti, irriconoscibile. Eppure, se non ero accontentato, o per
non essermi fatto intendere, o per il danno che ne avrei avuto, mi stizzivo e mi
vendicavo strillando contro persone maggiori di me che non si piegavano alla mia
volont, e persone libere che non mi si facevano schiave. Tali la natura dei
bambini. La scoprii pi tardi, conoscendoli. E che tale fosse anche la mia, me lo
insegnarono meglio essi inconsapevolmente, che i miei educatori consapevoli
(Confessioni, I-8)
Per quanto Sant'Agostino non possa ripetere se non quello che ha udito dagli altri,
egli sa di aver avuto tanti vizi fin dalla prima infanzia, vizi del resto comuni a tutti i
bambini. Se non veniva accontentato, si stizziva e piangeva, perch voleva
assoggettati a lui i grandi; bramava con troppa avidit il latte della nutrice, piangeva
se gli si negava quel che avrebbe potuto nuocergli, e cos via. Ricorda anche d'aver
visto un lattante geloso del suo fratello di latte.
Sant'Agostino si vergogna perfino di parlarne: Per oscurit e oblio non da meno
di quella che vissi nel grembo di mia madre; ma se fui concepito nelliniquit, e mia
madre mi nutr nel suo grembo fra i peccati, dove mai, di grazia, Dio mio, dove,
Signore, io, servo tuo, dove o quando fui innocente? Ma ecco, tralascio quel tempo.
Che ho da spartire oggi con lui, se nessuna traccia ne ritrovo? (Conf. II, 7 (12)).
Pare che egli consideri gi colpe questi difetti e dichiara che, se essi non possono
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LA MENZOGNA
Non scorgevo la voragine dignominia in cui mi ero proiettato lontano dai tuoi
occhi. Al loro sguardo nulla ormai doveva essere pi deforme di me, se giunsi a
dispiacere persino a quella gente con le innumerevoli menzogne usate per
ingannare il pedagogo e i maestri e i genitori, tanto era grande il mio amore per il
gioco, la mia passione per gli spettacoli frivoli e la smania dimitare gli attori.
Commisi persino qualche furto dalla dispensa e dalla tavola dei miei genitori, ora
spinto dalla gola, ora per procurarmi qualcosa da distribuire agli altri fanciulli,
che vendevano i loro giochi, sebbene vi trovassero un diletto pari al mio. Nel gioco
stesso, dominato dal vano desiderio, di eccellere, spesso carpivo arbitrariamente la
vittoria con la frode. Eppure nulla ero cos restio a sopportare, e nulla redarguivo
cos aspramente negli altri, se li sorprendevo, come ci che facevo loro; mentre, se
ero io ad essere sorpreso e redarguito, preferivo infierire, piuttosto di cedere. E
questa sarebbe linnocenza dei fanciulli? (Conf. I, 19 (30) ).
Ingannava con bugie il pedagogo, i maestri, i genitori. Perch li ingannava? Per
amore del gioco e degli spettacoli cattivi. Leducazione fondamentale per vincere
questo vizio nel bambino togliendone le cause.
Il giovanetto di Tagaste non mentiva soltanto per amore del giuoco, ma anche per
poter assistere agli spettacoli. Sant'Agostino coglie l'occasione del rilievo per
chiedersi come mai l'uomo, che per istinto fugge il dolore, a teatro desidera invece
soffrire con la fantasia, senza per riuscire a trovarne una spiegazione plausibile. Il
problema dello spettacolo conserva oggi lo stesso pericolo che aveva ieri, nei
riguardi dell'educazione. Il fanciullo, infatti, inesperto com' della vita, di fronte alla
rappresentazione di scene e di fatti diseducativi, portato a ricalcare nel suo spirito i
sentimenti e gli atteggiamenti del teatro; egli finisce col persuadersi che l'esempio
pu essere imitato, magari impunemente, e in ogni caso avviene nel suo spirito una
modificazione, in questo caso negativa, i cui effetti si manifesteranno con l'andar
degli anni, in occasione di particolari situazioni, quand'egli agir nella societ.
Quanti fatti dolorosi, quanti delitti non si spiegano se non negli effetti di questi
esempi.
La vera educazione non consiste soltanto nell'offrire all'alunno saggi consigli, ma
anche nell'allontanare da lui quegli esempi deleteri che la societ sempre pronta a
mostrare.
IL FURTO
Nelle vicinanze della nostra vigna sorgeva una pianta di pere carica di frutti
d'aspetto e sapore per nulla allettanti. In piena notte, dopo aver protratto i nostri
giochi sulle piazze, come usavamo fare pestiferamente, ce ne andammo, giovinetti
depravatissimi quali eravamo, a scuotere la pianta, di cui poi asportammo i frutti.
Venimmo via con un carico ingente e non gi per mangiarne noi stessi, ma per
gettarli addirittura ai porci. Se alcuno ne gustammo, fu soltanto per il gusto
dell'ingiusto. (Conf. II, 4, 9).
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Agostino si chiede: una colpa il furto? Senz'altro! gli risponde la voce della
coscienza. E la stessa risposta gli d la legge di Dio. Due voci, due leggi, quella data
da Mos sul Monte Sinai e quella scolpita nel cuore dell'uomo che si identificano
perch entrambe scritte da Dio.
Anche chi ruba riconosce che male rubare: il furto, violando la giustizia, non
tollerato neppure dalle bande degli stessi ladri, che possono vivere e operare proprio
perch e fino al momento in cui un minimo di giustizia regola i loro nefasti
rapporti. Agostino, dopo questa premessa, indaga con una fine analisi introspettiva, i
perversi moti dell'animo suo nel giorno in cui rub quelle pere.
Aveva detto poco prima: sempre la stessa cosa, che dai pedagoghi e dai maestri,
dalle noci e dalle pallottoline e dai passeri si trasferisce ai governatori e ai re,
all'oro, ai poderi, agli schiavi, assolutamente la stessa cosa, pur nel succedersi di
et pi gravi, come succedono alle verghe pi gravi supplizi. Perci tu, re nostro,
nella statura dei fanciulli hai approvato soltanto il simbolo dell'umilt quando hai
detto: "Di chi assomiglia a costoro il regno dei cieli. (Confess. I, 19 (30))
Il furto sempre colpa anche se all'inizio si limita a recar poco danno materiale,
perch ci che oggi preoccupa l'educatore, preoccuper domani, inevitabilmente, la
societ. I piccoli difetti non corretti nell'et infantile crescono col crescere degli anni
e inducono a sicura perdizione. Agostino dichiara d'aver voluto commettere il furto
non per bisogno, ma per il gusto di contravvenire alla legge divina. Il male si pu
commettere, e lo si commette generalmente, per una errata valutazione dei beni
terreni che vengono desiderati e perseguiti come fine, anzich essere usati come
mezzo di conquista del fine superiore per il quale siamo stati creati.
Nel caso particolare del furto di pere, il giovanetto Agostino pass anche i limiti
segnati da questo fraintendere il fine coi mezzi. Egli infatti non ha desiderato quelle
pere pi di quel che non desiderasse e amasse il suo Dio, perch non ne aveva
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motivo: non erano attraenti, n per bellezza, n per il sapore; s'aggiunga che egli, di
pere, ne possedeva in maggior copia e certamente di migliori. La sua colpa fu
dunque pi grave, perch lo mosse un sentimento perverso di ribellione a Dio e alla
sua legge, perch volle peccare per peccare, per il gusto di mancare a un preciso
comando della coscienza.
Nessuna attenuante, quindi, al suo errore, il quale pi grave di tanti altri, quali i
desideri umani, la soddisfazione dei sensi, l'ira, l'ambizione, l'orgoglio, atti tutti di
debolezza o di vilt, ma non di ribellione a Dio.
Ma forse, oltre alla sua tendenza a veder colpe gravi nei suoi trascorsi giovanili, da
notare anche che egli cerca di leggere a fondo nella natura umana: in questo sforzo
d'analisi, il furto come puro furto gli appare pi incomprensibile di qualsiasi grave
delitto compiuto per uno scopo di acquisto o di difesa o di vendetta.
Se Agostino e i suoi compagni fossero stati liberi di mangiare quelle pere, non
avrebbero sentito l'insano desiderio di rubarle. ben vero che non sarebbe saggio
quell'educatore il quale, per il fine buono d'impedire il male, lasciasse libero freno
alla volont del discepolo, ma fra i due estremi di una libert incondizionata e della
privazione della libert, sta di mezzo quella libert vigile e ben ordinata che porta
all'autogoverno, che fa capire al fanciullo una cosa molto importante: la sua legge
lui stesso.
Abituare il giovane a sentire le sue responsabilit, ecco l'educazione vera che toglie,
col vizio,(furto, orgoglio, menzogna, disubbidienza, ecc.) quelli collaterali connessi
o conseguenti (gusto di "farla" ai superiori, sotterfugi, espedienti vari, ecc.) alla
colpa. C', infine, un altro aspetto, non meno importante, nel furto descritto: comp
quell'atto, sotto l'influsso dei cattivi compagni. Invece io quell'atto da solo non
l'avrei compiuto, non l'avrei assolutamente compiuto da solo. Ecco dunque davanti
a te, Dio mio, il ricordo vivente della mia anima. Da solo non avrei compiuto quel
furto in cui non gi la refurtiva ma il compiere un furto mi attraeva; compierlo da
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solo non mi attraeva davvero e non l'avrei compiuto. (Confess., L. II, cap. 9, 17).
Torna qui limportanza della necessit di sorvegliare il fanciullo e, ancor pi, quella
di abituarlo a fargli considerare la sua legge se stesso. Si tratta poi d'abituarlo a
fargli considerare il male sempre tale anche se gli uomini se ne gloriano, quasi che
la colpa potesse ascriversi a merito.
SantAgostino ritiene che si va a fare il male per la vergogna di non mostrarsi
impudenti. Ecco l'educazione deleteria della societ.
Anzich gloriarsi del bene, ci si gloria del male. E l'uomo si sente inferiore se
meno cattivo dei suoi simili. L'aberrazione umana che traspare dall'analisi
introspettiva del giovinetto di Tagaste, doveva deciderlo un giorno a rivoluzionare il
modo di concepire la vita. E lo far infatti risolvendo nell'amore di Dio e del
prossimo, tutti i problemi della sua vita.
Il fanciullo, che nasce malato della colpa d'Adamo, che inizia la sua vita in una
societ dove il male predomina, se non trova nell'amorevole e insieme severa
assistenza della famiglia l'indirizzo buono e un esempio che tale indirizzo renda
efficace, finir col correre la china della rovina morale. Ecco perch Sant'Agostino,
con la delicatezza, critica la cattiva educazione ricevuta dal padre, ed ha severe
parole per la scuola e per la societ d'allora.
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