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http://www.carmillaonline.com/2015/07/25/podemos-il-capitalismo-e-la-fine-del-mondo/
deve essere temuto maggiormente non la repressione per mano dellordine stabilito. Esso linteriorizzazione
del nichilismo e la crudelt illimitata che pu venire con la
sua vuotezza (Alain Badiou, Lhypothse communiste,
Lignes, 2009).
Esistono molteplici e illustri esempi nella storia del
movimento operaio di volontaria condivisione della
sconfitta: da Marx che, dopo aver frenato, appoggia
pubblicamente la Comune di Parigi nonostante la
consapevolezza della sua ineluttabile disfatta, al ben pi
tragico destino di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che
Pablo Iglesias, leader di Podemos
decidono di condividere la sorte segnata della rivolta
spartachista.
Il punto che si pu decidere di condividere la sconfitta, anche fino alle pi estreme conseguenze, qualora ci si
senta parte di un corpo collettivo, di una comunit di destino, accettandone tutte le implicazioni. Il sentimento
dellappartenenza di classe pu essere definito proprio in questi termini, anche se sarebbe inutile nascondersi
che questo sentire negli ultimi trentanni si ridotto ai minimi termini nel mondo occidentale. Ma non perch siano
venute meno le limitazioni che derivano dallappartenere alle classi. Tuttaltro: la mobilit sociale in questi anni
diminuita fortemente. Quella che venuta meno la fiducia nella possibilit di modificare collettivamente il
proprio destino. Tale speranza non pu prescindere dalla capacit di metabolizzare collettivamente le sconfitte e
di viverle come fallimenti momentanei, parziali, che possono dare il la a nuove battaglie per conseguire in
prospettiva la vittoria. La sconfitta pu essere infatti un momento rivelatore: al di l degli errori soggettivi, essa,
come ci ricorda Slavoj iek, ci mette di fronte al sistema come totalit e ai limiti concreti che esso ci impone, agli
oggettivi rapporti di forza.
La convinzione che le classi non esistano pi ci separa dunque dal senso di condivisione di un destino. Ci pu
condurre allassolutizzazione della logica meramente politica e al mero elogio del successo. Non a caso Iglesias
non fa mistero di ispirarsi a un pensatore come Ernesto Laclau, per il quale la razionalit politica sembra agire in
una sorta di caos primordiale in quanto presuppone un sociale antagonistico caratterizzato da uninsopprimibile
eterogeneit. In qualche modo per Laclau vale quanto sosteneva Margaret Thatcher: la societ non esiste.
Soltanto che mentre per la Lady di ferro esistevano solo gli individui e le famiglie, Laclau concepisce una
molteplicit di gruppi che si costituiscono, si alleano e si contrappongono secondo logiche meramente politiche.
Presupposta una pluralit di gruppi sociali con richieste tra di loro in conflitto, la costituzione di un popolo, latto
politico in senso proprio secondo Laclau, avviene attraverso la costruzione di una catena di equivalenze tra le
diverse domande insoddisfatte che, di fronte a un potere istituzionale ostile, costituisce una frontiera
antagonistica dicotomica. Lelemento decisivo per lunificazione delle domande comunque lemergenza di un
significante vuoto, termine lacaniano con cui Laclau intende una domanda particolare che in maniera contingente
assume il valore delluniversalit: possiamo parlare di unidea forza sufficientemente ambigua da poter essere
interpretata in modo compatibile con le differenti domande, ma capace di suscitare un investimento affettivo
sufficientemente forte da supportare unarticolazione egemonica. La politica di classe di ascendenza marxiana
altro non sarebbe quindi che una delle possibili costellazioni egemoniche affermatesi nellottocento e nel
novecento. Di conseguenza non in alcun modo necessario cercare di riprodurla o attualizzarla alle presenti
condizioni storiche.
In sostanza per Laclau la societ non pu essere oggetto di totalizzazione (in questo senso anche per lui la
societ non esiste). Potremo dire anche che non possibile rappresentare la societ nel suo complesso come un
sistema organico con le sue leggi di sviluppo, tali da definire a priori, per quanto astrattamente, interessi comuni
di classe e potenziali alleanze. Laclau infatti sostiene che, in senso proprio, non si pu parlare di capitalismo
quale realt oggettiva: di fatto il capitalismo una costruzione del movimento anticapitalistico (Ernesto Laclau,
La ragione populistica, Laterza, p. 226).
Ha un che di paradossale affidarsi a un pensiero che nega loggettivit del capitalismo quando questa simpone
trionfalmente, con poche eccezioni, come minimo da trentanni; quando decenni di vittoriosa lotta di classe
dallalto della borghesia hanno peggiorato nettamente le condizioni di vita delle classi lavoratrici senza riuscire
ancora a soddisfare la necessit di sfruttamento del lavoro da parte del capitale perch questa
oggettivamente senza fine. Lo scoppio di una crisi capitalistica devastante nonostante il trionfo della borghesia ci
ricorda ancora una volta che il sistema si scontra con le sue contraddizioni oggettive o, per dirla con Marx, che il
sinergia tra forze politiche, sindacali e movimenti sociali si trovino nellAmerica Latina degli ultimi ventanni. Sar
forse un caso che proprio l si cominciato parlare di Socialismo del XXI secolo iniziando a prefigurare, pur tra
mille incertezze e difficolt, la fine del capitalismo, piuttosto che la fine del mondo?