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VINCENZO BELLINI1) I
L
 
DOPO
 R
OSSINI
Vincenzo Bellini (Catania, 3 novembre 1801 – Puteaux, presso Parigi, 23 settembre 1835) eGaetano Donizetti, i due maggiori esponenti del teatro musicale post–rossiniano, nasconosolo pochi anni dopo Rossini: rispettivamente nove e cinque. Ci
ò
 nonostante essiappartengono a tutti gli effetti ad un'altra generazione artistica. Rossini era statoprecocissimo, sia nell'affermarsi professionalmente che nell'abbandonare l'attivit
à
 teatrale, equando all'apice della fama lasci
ò
 l'Italia per Parigi (dove non avrebbe composto che trenuove opere), Donizetti era agli esordi e Bellini stava ancora completando i propri studimusicali.Nel precedente modulo ho cercato di tratteggiare i caratteri generali dell'opera italiana tra il1800 e il 1830. Le novit
à
 che emergono dopo quella data (o meglio verso la fine degli anniVenti) saranno analizzate nel modulo successivo, in quanto la figura di Donizetti incarna inmodo pi
ù
 preciso la nuova sensibilit
à
, che muove innanzitutto da un nuovo gusto letterario.Dal punto di vista delle grandi forme infatti il modello rossiniano continua a dettare legge; adessere nuovi sono invece i soggetti e, di conseguenza, la psicologia dei personaggi e il cantochiamato ad esprimerla.La figura di Bellini, sotto questo aspetto, resta un po' defilata.
È
 stato addirittura detto chenon ebbe eredi e, in effetti, se guardiamo al teatro musicale italiano, il suo influsso suicolleghi rimase abbastanza marginale. Nell'Ottocento d'altronde era opinione comune(condivisa anche da Verdi) che l'arte di Bellini fosse un semplice dono della natura, e dunquetanto valeva rinunciare in partenza a seguirne le orme!Le cose ci appaiono sotto una luce diversa se consideriamo la figura di Bellini al di fuori delsuo contesto storico e culturale. Nelle
LETTURE
 che chiudono questo modulo, il suo nome sitrova variamente abbinato a quelli di Chopin, Wagner, Cajkovskij, Stravinskij, fino a quello anoi vicino di Luigi Nono.
È
 difficile stabilire in quale forma e in quale misura, maprobabilmente l'eredit
à
 belliniana (come accadde, in forma diversa, a quella rossiniana,destinata a rivelarsi con un ritardo di almeno un secolo) fu raccolta soprattutto al di fuori delcontesto italiano e operistico, da compositori lontani nello spazio e nel tempo. Anche perquesto, svolto doverosamente il compito di contestualizzare l'attivit
à
 teatrale di Bellini,concentrer
ò
 l'attenzione (qui e, soprattutto, tra una settimana in aula) sulla sua scritturamusicale e, in particolare, melodica.2) L
A
 
CARRIERA
 
ARTISTICA
La formazione musicale di Bellini avviene a Catania e Napoli. Il suo retroterra culturale
è
dunque molto diverso rispetto a quello di compositori del centro–nord quali Rossini,Donizetti o Verdi. Ancora in quegli anni la “scuola napoletana”
è
 fortemente legata allatradizione settecentesca locale, incentrata sul primato del canto. La grammatica musicale,secondo Nicola Zingarelli, insegnante di composizione di Bellini a Napoli, va imparata e
 
nascosta. N
é
 l'armonia n
é
 il contrappunto devono essere troppo complessi, altrimentirischiano di confondere il dettato melodico.Queste caratteristiche ambientali – come vedremo – possono spiegare almeno in parte lo stiledi Bellini. All'inizio degli anni Venti, per altro, la vita musicale napoletana non si esauriscenegli insegnamenti dei professori di conservatorio, ma si manifesta anche nell'attivit
à
 deiteatri lirici e, in particolare, del San Carlo, dove trionfano le opere di Rossini. NonostanteZingarelli facesse di tutto per tenere lontani i suoi allievi da quello che considerava un cattivomaestro, il giovane Bellini conosce dunque molto bene il teatro rossiniano.Tra il 1825 e il 1835 Bellini compone dieci opere, lavorando ad un ritmo che a noi pu
ò
sembrare rapido, ma che per gli standard dell'epoca
è
 decisamente lento. Per Napoli scrivedue opere, oggi quasi dimenticate e destinate entrambe ad essere drasticamente rivedute ecorrette negli anni successivi:
 Adelson e Salvini
 (1825, rappresentata dagli allievi delconservatorio) e
 Bianca e Fernando
 (intitolata in origine
 Bianca e Gernando
, per nonmancare di rispetto al re Ferdinando II di Borbone), rappresentata nel 1826 al teatro SanCarlo.La sua carriera
è
 fulminea: il successo di
 Bianca e Gernando
 
è
 tale da guadagnargli unascrittura alla Scala di Milano, dove nel 1827 va in scena
 Il pirata
, cui segue nel 1828
 Lastraniera
. Entrambe le opere ottengono un enorme successo e sono sentite come lavorifortemente innovativi. Ci
ò
 che in particolare colpisce gli spettatori dell'epoca, abituati alteatro rossiniano,
è
 la vocalit
à
 particolarmente espressiva e vicina alla parola, di cui sipercepice pi
ù
 l'aspetto drammatico che quello lirico. Dalle colonne dei giornali si discutemolto riguardo alla nuova importanza che Bellini assegna al recitativo e allo stile di cantodeclamato.
 La straniera
 in particolare innesta una lunga polemica su quale debba essere ilcorretto rapporto tra parola e musica. Cito due stralci di articoli apparsi all'inizio del 1829 suiquotidiani milanesi:
Il signor Bellini cerca novit
à
, ed in ci
ò
 merita lode. Egli ha preso un metodo, che non ben sappiamo se debbadirsi declamazione cantata, o canto declamato. Lo scopo di questo metodo sembra essere di riunire la forza delladeclamazione alla gentilezza del canto, il suo pericolo potrebbe essere quello di confondere declamazione ecanto, e produrre monotonia, lentezza, spezzature e titubanza nella cantilena, e mancanza di motivi che allettino,e rimangano nell'orecchio.Due sono le opinioni esagerate sui drammi in musica. Da taluni l'opera non riguardasi che come una specie diconcerto
Costum
é 
 in cui si presta l'attenzione ai pezzi pi
ù
 distinti per belle melodie, mentre che si prendonosorbetti e si fanno quattro chiacchiere nei momenti di riposo, cio
è
 nel tempo in cui si cantano i pezzi menograditi […] Altri non si curano tanto della melodia, basta loro che l'autore esprima servilmente i sentimenti delpoeta […] Ci sembra che come in molte altre cose la verit
à
 si trovi nel giusto mezzo. […] il poeta e ilcompositore marciano
 pari passo
. L'obbligo del primo si
è
 di tenere in un poema ben condotto delle situazioniesprimibili coi tuoni, il dovere del secondo diventa quello di dare alla sua musica una tinta confacenteall'insieme del dramma e di esprimere puramente le situazioni invece di prenderne dei versi per pretesto di unaqualsiasi cantilena che lusinghi il timpano […]. Adottando questo sistema quel che si vuole chiamarespiritosamente
declamazione cantata
 o
canto declamato
 e che chiamiamo
musica drammatica
 non sarebbe
 
nient'altro che l'espressione vera dei versi e delle situazioni date dal poeta […] ci sia lecito di giudicare l'operadi Bellini come scritta nel senso da noi indicato
Questa polemica va intesa entro il suo contesto storico e solo a questo scopo l'ho riportata.Leggere realmente il teatro belliniano alla luce di queste problematiche, come vedremo,
è
sostanzialmente fuorviante, bench
é
 questa sia stata la chiave di lettura dominante, almeno pertutto l'Ottocento. Che Bellini tenesse molto alla qualit
à
 poetica, oltre che drammatica, deisuoi libretti
è
 documentato dai carteggi, ma questo interesse non implica affatto che egliintendesse l'opera come fusione di parola e musica (vedi
LETTURA
 11). Non bisognadimenticare inoltre che l'implicita pietra di paragone, nelle recensioni e nei discorsi deicontemporanei,
è
 l'opera rossiniana, la quale presenta uno programmatico scollamento tramusica e dramma.Dopo
 La straniera
 Bellini compone
 Zaira
 per il teatro Regio di Parma (1829). I gusti diversidel pubblico parmense, pi
ù
 legato all'opera rossiniana, lo spingono ad aggiustare il tiro,rinunciando agli aspetti pi
ù
 innovativi e riaccostandosi in parte al modello di Rossini. Ilrisultato
è
 il primo insuccesso della sua carriera: Ricordi stampa due soli Numeri e Bellinidecide di riutilizzare una parte consistente della musica nell'opera seguente,
 I Capuleti e i Montecchi
 (tratta molto liberamente da Shakespeare); tanto pi
ù
 che il contratto stipulato conLa Fenice di Venezia lo costringe a presentare la partitura in poco pi
ù
 di un mese. L'opera haun discreto successo, ma il compositore, costretto a lavorare a ritmi per lui intollerabili, siammala.
 I Capuleti e i Montecchi
 (1830) e l'opera seguente,
 La sonnambula
 (1831), segnano unasvolta in senso elegiaco nel teatro di Bellini, cui si abbina un recupero del canto melismatico(vedi la sezione del modulo dedicata alla melodia). Nasce cos
 ì
 un secondo luogo comunesulla sua musica, molto lontano da quello affermatosi all'epoca del
Pirata
 e della
Straniera
,ma destinato a generare altrettanti equivoci:
è
 l'immagine del compositore puramente lirico etenero, ingenuo fino al candore, di cui parla Cajkovskij nella
LETTURA
 3.Con
 La sonnambula
 Bellini torna a Milano (Teatro Carcano), dove alla fine dello stesso annova in scena
 Norma
 (Teatro alla Scala), accolta inizialmente da un insuccesso, ma destinata adiventare la sua opera pi
ù
 famosa. Nell'ambientazione antico romana e nell'evidente parenteladel soggetto con quello di
 Medea
,
 Norma
 richiama il modello ieratico e lento del teatroneoclassico. Bellini rinuncia a molti degli ingredienti pi
ù
 piccanti del melodrammatradizionale, compreso il Finale concertato “centrale” (posto cio
è
 alla fine del primo atto,ossia a met
à
 dell'opera), che egli sostituisce con un terzetto nel tentativo di ottenere lamassima concentrazione drammatica. La stessa orchestrazione
è
 singolarmente monocroma emancano i tradizionali contrasti ritmici.Segue, per La Fenice di Venezia,
 Beatrice di Tenda
: un'opera che stenter
à
 sempre ad imporsie che risente di una genesi travagliata e di un soggetto troppo lontano dalla sensibilit
à
 diBellini. La quantit
à
 delle trovate, nella struttura dei numeri come nel taglio degli episodilirici, non riesce a nascondere la mancanza di un'idea coerente. Non
è
 un caso se proprio per

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