Sei sulla pagina 1di 7

I destini delletica

di Piergiorgio Donatelli

Pubblichiamo, preceduto da una presentazione dellautore, che ringraziamo, un estratto sulla


filosofia di Hobbes dellultimo libro di Piergiorgio Donatelli (Etica, Einaudi 2015), dedicato al
ripercorrimento e alla discussione delle grandi dottrine etiche classiche.
Il volume illustra i temi e le concezioni delletica attraverso la presentazione dei suoi principali
autori classici, da Platone a Nietzsche, introdotti lungo un percorso cronologico che consente di
registrare le continuit e le trasformazioni delle diverse categorie filosofiche. Lo scopo
principalmente teorico, ma si voluto che gli elementi che interrogano la riflessione contemporanea
emergessero nel contesto delle opere e del quadro complessivo degli autori classici. Il volume si
arresta con lOttocento e con Nietzsche, chiaramente non perch Nietzsche sia la conclusione di
alcuna vicenda, ma perch con il Novecento, e con gli autori di passaggio tra i due secoli, letica
comincia a svilupparsi in una rete di programmi filosofici, e non pi possibile descriverla tramite
il taglio ricostruttivo per classici con lesposizione delle visioni complessive che essi stendono.
Entriamo gradualmente nel terreno della riflessione attuale, dove scomparso questo stile di
pensiero e dove viceversa possiamo beneficiare proprio del confronto con la lunga tradizione
delletica dei classici, nella sua diversit e lontananza dallo stile dominante oggi.
Contro linclinazione delletica contemporanea a semplificare lo schema del suo lavoro, una
tendenza che fa parte della pi complessiva specializzazione dei saperi e del ritagliarsi di microaree
nel mare sterminato della ricerca attuale, salutare tornare ai classici, al loro naturale porsi nella
prospettiva pi ampia, che in generale include tutti gli aspetti della vita ritenuti rilevanti, e che
prende posizione nei confronti della molteplicit dei saperi. In sintesi, i classici ci consegnano
materiali tramite i quali interrogare il pensiero contemporaneo e renderlo ai nostri occhi meno
sottile, meno sicuro della sua elegante neutralit e autonomia, ritrovando connessioni con grandi
momenti della riflessione del passato; inoltre ci insegnano modalit di pensiero che oppongono
resistenza allinclinazione attuale a semplificare e a separare le questioni. Le loro analisi, condotte
con grande acutezza e profondit, sono di dettaglio ma disegnano al contempo scene vaste, in cui
letica risponde ai problemi complessivi della vita umana individuale e associata.
Nellesposizione dei grandi autori, il volume vuole fare emergere differenti dimensioni delletica.
Le possiamo rapidamente riassumere in alcune tipologie: i modelli (letica come sapere pratico, a
sua volta inteso come articolazione o fondazione; come modo di vivere; come critica; come
autocomprensione riflessiva); le teorie (come letica delle virt, la teoria della legge naturale, il
perfezionismo, il razionalismo, il contrattualismo, lutilitarismo, il sentimentalismo); lesame della
natura delletica (il ragionamento pratico; la psicologia morale, in cui spicca il ruolo di sentimenti e
ragione; il luogo o la realt della morale); le nozioni filosofiche centrali (tra cui le virt, i doveri, i
diritti, la coscienza, la libert ecc.); il rapporto con le altre sfere (tra cui si segnalano politica e
religione), i nuclei sostantivi (le tassonomie di virt e doveri; le concezioni del valore; le loro
applicazioni a casi emblematici come, ad esempio, lintegrit fisica, la propriet, la sessualit).

Come si vede, nel presentare questi diversi piani e dimensioni si fa uso di una nozione ampia di
etica che include sfere (e discipline) che noi siamo abituati a separare, come quelle della moralit in
senso stretto, del diritto, della politica, della societ, della religione e dellestetica. Ancora una volta
importante interrogare le scansioni disciplinari attuali con la diversa organizzazione dei saperi nei
classici e verificare anche in questa prospettiva le linee evolutive. A partire da concezioni come
quelle di Platone, Aristotele e Tommaso (con il grande salto che questi introduce), le quali facevano
distinzioni ma erano interessate a tenere unito lintero insieme delle sfere e a inserire letica nella
pi ampia articolazione del mondo, non solo quello delle attivit degli esseri umani ma il mondo
intero, il cosmo. E quindi le concezioni della prima modernit che invece cominciano a fare delle
separazioni; ad esempio sono piuttosto preoccupate a ripensare la religione per ricostruire la fonte
umana non trascendente delle forme di associazione civile, che sono considerate per al contempo
morali e politiche. solo con il Settecento che possiamo verificare una separazione di queste ultime
due sfere.
Lo scopo principale del volume di presentare i materiali delletica filosofica che troviamo nei suoi
autori classici, nella loro diversit ed evoluzione, e con ci mostrare anche le differenti concezioni
di che cosa sia letica, di che cosa essa trovi problematico nella vita umana e nel mondo, prima
ancora di cercare di offrirne unanalisi e una risposta.

Dal Capitolo sesto

1. Hobbes e la crisi della tradizione etica

La filosofia di Thomas Hobbes (1588-1679) si colloca in unepoca di tumulto delle cose e delle idee
(le discordie religiose, lopposizione tra Corona e parlamento, la guerra civile, il regicidio di Carlo
I, il regime di Oliver Cromwell), e deposita alcuni nuclei fondamentali delletica moderna, oltre a
elaborare un modello preciso che caratterizza limpostazione specifica di questo autore1. La sua
opera va letta alla luce del primo quadro moderno []. Il grande orizzonte classico (pur nelle sue
differenze e, in parte, con le grandi eccezioni dello scetticismo e dellepicureismo), presenta i vari
saperi e letica tra essi come larticolazione riflessiva di un mondo strutturato in vari modi,
innanzitutto dal finalismo, o da Dio, in ogni caso dalla ragione, un mondo in cui le cose si tengono
assieme secondo la grande catena degli esseri. Questo tipo di concezione scompare. Hobbes, dopo
Descartes, vede il mondo dal punto di vista del soggetto individuale e ci muta vertiginosamente il
quadro. Scompare lidea che ci sia un mondo strutturato e quindi che i saperi siano articolazioni del
mondo. Il mondo si ritrae dietro ai sensi, che sono le immagini prodotte dal movimento della
materia sui nostri organi. Ci che conosciamo e ci che troviamo buono e cattivo nelle cose deriva
dalla nostra reazione soggettiva; comprensibile alla luce della natura umana, non il modo
1

Per una presentazione complessiva si v. A. Pacchi, Introduzione a Thomas Hobbes, Laterza, Roma-Bari
1971; Id., Scritti hobbesiani (1978-1990), a cura di A. Lupoli, Franco Angeli, Milano 1998; T. Magri, Saggio
su Thomas Hobbes. Gli elementi della politica, Il Saggiatore, Milano 1989; Id., Il pensiero politico di
Hobbes, Laterza, Roma-Bari 1994.

adeguato di rispondere alla forma del mondo. Senza il soggetto il mondo non ha una forma propria,
n conoscitiva n morale.
Vediamo rapidamente il quadro conoscitivo per esaminare poi la scena morale, e prendiamo in
considerazione gli Elementi di legge naturale e politica (terminato nel 1640 e pubblicato nel 1650:
di cui si v. i capp. 1-6) e il Leviatano (1651, di cui si v. i capp. 1-5). Una prima fonte di conoscenza
lesperienza che costituita dalla memoria di varie immagini e dellordine in cui si sono
presentate: da essa non possiamo derivare conclusioni universali ma congetture. Cos congetturiamo
che il sole sorge il mattino, ma non possiamo affermare che ci accadr n domani n in futuro.
Come scrive nel Leviatano, il futuro una pura finzione della mente che attribuisce alle azioni
presenti la successione delle azioni passate (I, 3, p. 23), che una tesi che rompe in modo radicale
con lidea finalistica secondo la quale il futuro inscritto nellessenza delle cose. Ma in Hobbes il
futuro, delle cose e delle azioni umane, non esiste proprio perch non inscritto da nessuna parte se
non nellaspettativa individuale. Che le cose seguano un certo ordine, una certa tendenza, che
lespressione usata da Hobbes, dipende dalle nostre aspettative: non c nessun ordine l fuori. Non
solo non c un ordine inscritto nella natura delle cose, ma le immagini in cui accumuliamo
esperienza possono essere false, come succede con le illusioni ottiche e con i sogni, i quali sorgono
dal movimento interno degli organi e non dal movimento esterno della materia, o con le visioni da
cui derivano le credenze in fate, spettri e streghe. Il correttivo in questo caso possono essere solo i
sensi stessi: linganno dei sensi corretto dai sensi (I, 2, Elementi, p. 19).
Cos lordine dei pensieri, che Hobbes chiama discorso, pu essere prodotto dal ripetersi nella
mente dellordine con cui vi si sono depositate le immagini, o da ci che la mente ha ricomposto a
partire dallordine originario, oppure pu essere guidato dallindividuo stesso avendo di mira uno
scopo, un disegno. La conoscenza e la deliberazione pratica hanno origine da questultimo tipo di
discorso, mentre i primi due sono tipici delle persone che mancano di preoccupazioni e di
compagnia e che vivono nellozio. Hobbes inscrive perci la conoscenza nelle preoccupazioni
pratiche, che egli distingue nellinteresse a escogitare le cause che producono leffetto desiderato e
nellinteresse (tipico della ricerca e della sagacia) a scoprire gli effetti di una qualunque cosa,
immaginando di possederla e di utilizzarla per degli scopi. Come si vede, la concezione hobbesiana
della conoscenza rovescia il quadro classico: essa non si deve elevare a cogliere un ordine superiore
in cui sono inseriti gli esseri umani ma invece il risultato dellinteresse pratico degli individui. Il
collegamento con le arti cruciale nella cultura greca ma in quel caso si trattava di immaginare
lordine del mondo sul modello della produzione tecnica, non di ridurre la conoscenza a ci che
serve alle tecniche. Il mondo di Hobbes un mondo di persone occupate, attese alle preoccupazioni
e ai bisogni della vita. Come scrive nel De homine (1658): Le occupazioni sono una buona cosa:
costituiscono infatti il movimento della vita (XI, 11, p. 123).
Un passo successivo nella conoscenza si ottiene con il linguaggio. Il linguaggio ci consente di
registrare i nostri pensieri e la loro connessione, di fare calcoli e di parlare di verit e falsit e da
esso ha origine la scienza, che Hobbes distingue in due tipi, a posteriori e a priori. La prima risale
dagli effetti alle cause, e non propriamente scienza ma cognizione: il suo sapere solo probabile
(Tractatus opticus, p. 147) e concerne la natura fisica. La seconda discende dalle cause agli effetti,
ed invece in nostro pieno possesso perch riguarda ci che abbiamo costruito noi stessi. Hobbes
colloca come modello di questo secondo tipo di conoscenza, che la scienza in senso proprio, la
geometria, in cui siamo noi a tracciare le figure e a conoscerne le propriet, perci qui la

conoscenza pienamente dimostrabile (De homine, X, 5, pp. 113-114)2. Il linguaggio allorigine


anche della possibilit della convivenza civile, oltre che della scienza, e pi in generale delle arti,
dellindustriosit, del divertimento, della letteratura, nonch della possibilit stessa di trasmettere
tutto ci tramite linsegnamento. Tuttavia il linguaggio soggetto anche agli abusi che hanno
origine nellincostanza del significato delle parole, nelle metafore e in tutti quegli usi in cui il
linguaggio impiegato per ingannare e danneggiarsi reciprocamente (Leviatano, I, 4, pp. 26-27).
Anche qui troviamo un rovesciamento del quadro tradizionale. Hobbes acquisisce dalla scienza
moderna limportanza delle definizioni precise e del metodo con cui operiamo sulle parole e sui
segni e usa le possibilit che si aprono alla scienza per mostrare la natura ambivalente del
linguaggio. Proprio nel confronto con la scienza e con il suo metodo possiamo comprendere come il
linguaggio naturale degli esseri umani possa portarli a conoscere le cose e alla convivenza civile
nello stato, ma sia anche allorigine dellinganno e della mistificazione. Perci, rispetto alla mera
fiducia nei libri, alle invenzioni prive di senso degli scolastici (contro i quali Hobbes torna molte
volte in modo sarcastico), agli inganni del linguaggio, sono preferibili lesperienza e la prudenza
naturale, quelle che troviamo nel modo in cui conduciamo le nostre vite e i nostri affari privati. I
motivi che ci mettono in guardia per non essere raggirati, le occupazioni della vita ordinaria, la vita
comune, costituiscono una dimensione che valorizzata rispetto alle sofisticherie che ci appaiono
sapienti e alte e che invece non contengono nulla. Vi qui una fiducia nel linguaggio a patto che sia
controllato a priori, con definizioni precise, mentre il suo uso naturale destinato a essere oggetto
di abusi a meno che non sia controllato dallinteresse immediato, guidato dalle occupazioni legate
alla vita. Si comprende bene, quindi, come il modello della scienza moderna aiuti Hobbes a
screditare il linguaggio ordinario staccato dagli usi plasmati dalle occupazioni e dagli interessi
pratici. Il linguaggio stesso perde perci la caratteristica di articolare il mondo: esso uno
strumento tanto migliore quanto pi controllato dagli interessi umani e dal metodo3.

Esaminiamo ora la deliberazione pratica (Elementi, cap. 7; Leviatano, cap. 6). In modo analogo ai
sensi su cui basiamo la conoscenza del mondo, il movimento della materia arrivando ai sensi, dove
percepito come odore, colore ecc., procede fino al cuore e incontra il movimento vitale che pu
assecondare o contrastare. Il piacere la sensazione di qualcosa che favorisce il moto vitale interno
e il dolore qualcosa che vi si oppone. Il moto vitale risponde a questa sollecitazione cercando ci
che lo asseconda e respingendo ci che lo contrasta, desiderando il piacere e avversando il dolore.
Tali movimenti, che Hobbes colloca sotto il concetto di conato, sono lappetito o desiderio e
lavversione. Il bene e il male sono interamente ricondotti a questi moti naturali di desiderio e di
avversione, in accordo con la ripresa dei temi epicurei nella cultura europea dellepoca da parte di
2

La concezione hobbesiana della scienza complessa e muta nelle diverse opere. tra laltro il frutto della
sua rielaborazioni dei risultati delle scienze dellepoca, tra cui le teorie di Galileo, e dellopera di Francis
Bacon ma anche di Descartes. Si v. T. Sorell, Hobbes, Routledge, London 1986; Hobbess Scheme of the
Sciences, in Id. (a cura di), The Cambridge Companion to Hobbes, Cambridge University Press, Cambridge
1996, pp. 45-61.
3
In questa luce, sebbene vi sia unimportante valorizzazione dal basso della vita comune, su cui torneremo,
il modello scientifico-filosofico quello del controllo dallalto. Si v. A.G. Gargani, Hobbes e la scienza,
Einaudi, Torino 1971. Sullo stesso tema, si v. Q. Skinner, Reason and Rhetoric in the Philosophy of Hobbes,
Cambridge University Press, Cambridge 1996, dove la tesi argomentata relativamente al rapporto di
Hobbes con la tradizione umanistica, di cui si segue levoluzione nellarco dei sui scritti. Il lavoro di Skinner
anche utile per spiegare il cambio radicale di stile da un autore come Grozio a Hobbes.

Gassendi. Cos Hobbes sostiene: Qualunque sia loggetto dellappetito o del desiderio di una
persona, per sua parte lo chiama buono e chiama cattivo loggetto del suo odio e della sua
avversione (Leviatano, I, 6, p. 43). Il bene e il male in questo quadro indicano movimenti degli
organi vitali e non hanno nessuna capacit di articolare un mondo comune. Il bene [] si dice
relativamente alla persona, al luogo, al tempo (De homine, XI, 4, p. 119). Il bene si differenzia
inoltre rispetto alla distanza temporale in relazione al desiderio: se considerato e contemplato alla
luce della sua desiderabilit chiamato bello; se goduto gradevole o piacevole; se mezzo per
ottenere qualcosaltro utile. Le passioni sono specificazioni del desiderio e dellavversione in
relazione alle varie circostanze.
La deliberazione consiste nellalternanza di appetiti e avversioni, e delle varie passioni in cui
prendono forma (speranza, paura, benevolenza, gloria ecc.), in relazione alle conseguenze che
immaginiamo derivino dallazione sotto esame. Lintera somma dei desideri, delle avversioni,
delle speranze e dei timori, protratti fino al momento in cui lazione venga compiuta, o ritenuta
impossibile, ci che chiamiamo deliberazione (Leviatano, I, 6, p. 48). La volont lultimo
appetito o avversione che precede immediatamente lazione o la sua omissione e mette fine alla
libert che avevamo di fare o di non fare (I, 6, p. 49). Anche qui rimarchevole la distanza rispetto
al quadro tradizionale. Come abbiamo visto, la deliberazione considerata come una catena di
ragioni in relazione allagire, nei modi diversi in cui ci spiegato da Platone, Aristotele e
Tommaso. La deliberazione indica ci che abbiamo ragione di scegliere, plasmata dal fine proprio
degli esseri umani nelle circostanze in oggetto: mentre qui si tratta di un processo contingente di
passioni. Hobbes assegna uno spazio alla ragione, che pu intervenire in questo processo mettendo
in luce la catena di conseguenze e coadiuvando lappetito e lavversione con lindicazione dei loro
diversi effetti. La ragione si affaccia qui (in modo del tutto inedito se confrontata con la tradizione)
come una risorsa esterna al meccanismo appetitivo che in quanto tale passionale e autonomo.

2. Fondare la morale

Abbiamo offerto una considerazione di insieme del quadro filosofico hobbesiano: con Hobbes
scompare lidea che la scienza e letica offrano articolazioni del mondo. Entra invece in scena
lindividuo soggettivo che si fa immagini e previsioni circa il mondo e le proprie azioni, che sono
tanto pi precise quanto pi riguardano oggetti creati da lui stesso, come la geometria, a cui Hobbes
accosta non a caso la politica e cio lintero regno della convivenza civile. Ma in Hobbes si sente
per intero il peso della scomparsa del quadro tradizionale. Lindividuo che prende la scena sembra
infatti un soggetto diviso: in grado di spingersi fino al linguaggio e ai saperi astratti che offrono
verit universali (teoremi), ma questa anche la strada che lo porta alle confusioni e agli inganni
della scolastica, agli abusi di preti e predicatori che scambiano i loro sogni per visioni, al potere
delleloquenza che d nomi diversi alle cose a seconda della propria approvazione: si danno nomi
diversi ad una sola e medesima cosa per la differenza delle passioni individuali, in quanto chi
approva unopinione privata la chiama opinione, ma chi la disapprova, la chiama eresia (I, 11, p.
82) una tesi che, se da una parte torna alle critiche dei classici contro luso irresponsabile della
retorica, dallaltra formula un attacco agli usi emotivi del linguaggio (alle definizioni emotive, nel
lessico novecentesco di Charles Stevenson). Inoltre, la deliberazione pratica, svuotata di una logica

propria, messa al servizio di qualsiasi appetito e in quanto tale non in grado di proporsi un bene
comune, cosicch la particolare natura passionale che Hobbes attribuisce allindividuo umano lo
rende inadatto alla vita sociale e lo spinge invece allo stato di paura e aggressivit e in fine alla
guerra di tutti contro tutti, come vedremo. Rispetto a questi esiti, Hobbes mette in luce al contrario i
meriti delle piccole qualit umane, quelle che sono pi in continuit con gli animali, come la
prudenza naturale, la ragione che chiamata in causa negli affari e nelle occupazioni personali,
lesperienza e non la scienza.
Il ritrarsi del mondo ordinato e strutturato da fini, gerarchie e virt, e lemergere di un soggetto che
fa da s con poche risorse lasciano quindi sulla scena un individuo che ha bisogno di costruire il
proprio mondo sociale e culturale. Lesperienza e la prudenza naturale non bastano a farlo fiorire
nelle arti e nella vita sociale ed equivalgono a una rinuncia alle ambizioni della scienza e della vita
sociale su larga scala come quella degli stati. Daltro canto, la scienza e letica non sono sfere che
gli appartengono naturalmente cos come appartengono allessere umano descritto dalla tradizione
filosofica precedente. Hobbes vede perci la filosofia come unimpresa di fondazione della scienza
e delletica. Attenendoci al campo delletica, si tratta di fondare letica su basi diverse, che sono
quelle che caratterizzano la natura umana. Come egli scrive alla fine del Leviatano in un passo che
potremo comprendere a pieno solo pi avanti:
fondo il diritto civile dei sovrani, e al tempo stesso il dovere e la libert dei sudditi, sulle
inclinazioni naturali dellumanit, che sono note, e sugli articoli della legge di natura, di cui
nessun uomo, che pretenda di avere la sola ragione bastante al governo della propria famiglia,
dovrebbe essere ignorante (Concl., p. 576).

Quindi la dimensione politica, che come vedremo coincide con la sfera etica, fondata sulle
inclinazioni umane e sulluso della ragione. Lidea della fondazione una novit importante e
caratterizza in modi diversi le differenti impostazioni etiche moderne. Platone, Aristotele, gli stoici
e Tommaso non fondavano letica su qualcosaltro: per essi letica articolava un mondo. Gli esseri
umani esaminati nella giusta luce (alla luce delle idee, delle loro essenze, dei fini loro propri)
rivelano lo spazio delletica4. Con Hobbes, invece, ci che gli esseri umani sono appare come un
materiale da impiegare per fondare qualcosa di diverso, per fondare uno spazio di vita e di ragioni
che non inscritto dentro ci che gli esseri umani sono, uno spazio artificiale5.
Il modo in cui Hobbes svolge il progetto di fondazione della vita civile (morale e politica) il
seguente. Egli parte descrivendo quello che chiama lo stato di natura, la condizione che caratterizza
gli esseri umani privi del linguaggio e delle regole che consentono di parlare di giustizia, obbligo e
4

Per la separazione netta tra i moderni e la tradizione antico-medioevale in questi termini si v. A. MacIntyre,
Dopo la virt cit. Non invece di pertinenza di questo volume la tesi sostantiva dellautore che considera
fallimentari i progetti fondativi moderni. Si v. anche N. Malcolm, Hobbes and Spinoza, in J.H. Burns e M.
Goldie (a cura di), The Cambridge History of Political Thought 1450-1700, Cambridge University Press,
Cambridge 1991, pp. 530-557.
5
Questo carattere artificialista stato interpretato come una forma di costruttivismo razionalista, che si
propone di edificare ex novo la societ, da F.A. von Hayek, Legge, legislazione e libert. Critica
delleconomia pianificata (1973-1979), Il Saggiatore, Milano 2010 (ad es. pp. 16-17). Enfatizza laspetto di
meccanizzazione positivista dello stato C. Schmitt, Scritti su Thomas Hobbes, a cura di C. Galli, Giuffr,
Milano 1986. In questa linea anche J. Habermas, Prassi politica e teoria critica della societ (1963), Il
Mulino, Bologna 1973. In questo capitolo mostreremo al contrario gli elementi naturalistici, che convivono
tuttavia con lesigenza di costruzione e di controllo artificiale.

virt, priva di una vita etica e politica piena. Sono gli esseri umani coevi a Hobbes, appartenenti a
societ selvagge come gli indigeni dellAmerica, o nel passato le popolazioni germaniche prima
della conquista romana, o ancora le societ che hanno perso la coesione sociale, societ in guerra
civile (come quella inglese nel Seicento). Ma anche lo stato in cui si trovano tra di loro le nazioni
indipendenti, ed la stessa condizione umana nelle nazioni civili, dove lo strato antropologico
originario fa sentire la sua voce quando sbarriamo le porte di casa la notte, chiudiamo a chiave i
forzieri o intraprendiamo un viaggio ben accompagnati, vale a dire quando diffidiamo degli altri nel
contesto di una societ civile (Leviatano, I, 13, pp. 102-103; Elementi, XIV, 12, pp. 113-114, De
cive [1642], I, 2 nota, pp. 80-81). Hobbes descrive perci una condizione umana che pu essere
ritrovata in queste diverse situazioni, che sono certamente umane ma che sono prive della vita etica
e politica, e si impegna a fondare e quindi a giustificare una societ civile, dove abbiano un posto i
concetti di giustizia, di virt e di obbligo. Il meccanismo di fondazione quello del contratto:
unimmagine fondativa che ha avuto molta fortuna nella tradizione etico-politica successiva fino ai
nostri giorni6. Come si vede, si tratta di un progetto del tutto nuovo se confrontato con la tradizione
etica fino a Tommaso, anche se si inscrive nella tradizione filosofica moderna aperta da Grozio.
Nella tradizione classica la descrizione degli esseri umani illustrava al contempo le virt e la vita
etica. Con Hobbes invece limpresa filosofica si divide in due parti. La descrizione di ci che gli
esseri umani sono consegna una base antropologica che richiede una costruzione della vita etica e
politica che si situa su di un altro piano.

Piergiorgio Donatelli ordinario di Filosofia morale presso la Facolt di Lettere e filosofia della
Sapienza Universit di Roma. Dirige la rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica / Philosophy
and Public Discussion (Il Mulino). Tra le sue pubblicazioni: Etica analitica. Analisi, teorie,
applicazioni (con E. Lecaldano, LED, 1996); Wittgenstein e letica (Laterza, 1998); La filosofia
morale (Laterza, 2001, II ed. 2012); Introduzione a Mill (Laterza, 2007); La vita umana in prima
persona (Laterza, 2012); Manieres dtre humain. Une autre philosophie morale (Vrin, 2015);

anche una nozione che va distinta dagli usi precedenti nella cultura giuridica medioevale. Si v. G. Duso
(a cura di), Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, Franco Angeli, Milano 1993; Id. (a cura di),
Contratto sociale, Laterza, Roma-Bari 2005, con il saggio introduttivo Le dottrine del contratto sociale e la
nascita dei concetti politici moderni, pp. VII-XXXVII.

Potrebbero piacerti anche