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Busacca & Associati

Dal al 1985 lavoriamo a fianco dei nostri clienti


per aiutarli a conquistare e difendere una posizio-
ne competitiva superiore.
Il nostro sforzo costante è quello di studiare e met-
tere a disposizione dei nostri clienti opportunità di
business sempre innovative, ma la nostra passio-
Antonino Busacca ne sono i modelli, gli strumenti ed i metodi per la
gestione e valorizzazione della base clienti.

Marketing, Vendite e Customer Care sono le aree


funzionali nelle quali abbiamo le competenze più
originali e la maggior esperienza; CRM, Customer
Profiling, Customer Loyalty, modelli distributivi
e sistemi di caring gli strumenti che conosciamo
meglio. I nostri clienti principali sono aziende pri-
Pietro Cum marie delle Telecomunicazioni, del Credito, della
grande distribuzione e dei trasporti, ma spesso sia-
mo anche al fianco di piccole e medie aziende di-
namiche e desiderose di crescere.

In questo volumetto sono raccolti sei articoli, scritti


da nostri professionisti, dove vengono illustrati al-
trettanti modelli e strumenti che hanno caratteriz-
zato la nostra recente esperienza professionale.

Vincenzo Gallucci Se volete conoscere meglio Busacca & Associati


visitate il nostro sito www.busacca.it o chiamateci
allo 02.43980498.
Cart esio
artesio

Customer satisfaction, bussola per il vantaggio 3


competitivo
Il cliente è la fonte del vantaggio competitivo e la customer satisfaction è la
direzione da seguire per mantenere alta la qualità della relazione azienda-
cliente

Sviluppare la customer satisfaction 11


Misurare e agire: il piano operativo di sviluppo della soddisfazione si basa
sulla messa a punto di strumenti concreti e sul lancio di interventi di breve,
medio e lungo periodo

Il Modello di Orientamento Commerciale 24


Un importante strumento di indirizzo strategico che, classificando i clienti e
prospect in base alle loro potenzialità di sviluppo, supporta azioni mirate su
segmenti specifici e singoli clienti

Agire sui problemi del cliente 38


Capire i problemi che i clienti incontrano nell’utilizzo di un prodotto o di un
servizio consente di lanciare azioni immediatamente efficaci per l’incre-
mento della soddisfazione e della fedeltà

Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per 49


il successo
Per conquistare l’attenzione dei clienti, sempre più impermeabili ai messag-
gi pubblicitari, è fondamentale che le aziende interagiscano con loro, al fine
di renderli ambasciatori spontanei del brand e spingerli ad alimentare
passaparola virali

Concedere ancora credito al cliente? 63


Ridurre efficacemente l’entità dei crediti scaduti e minimizzare i costi di
recupero
Customer satisfaction,
bussola per il vantaggio
competitivo

Il cliente è la fonte del vantaggio competitivo e la customer satisfaction


è la direzione da seguire per mantenere alta la qualità
della relazione azienda-cliente

Busacca & Associati

il cliente che determina il successo o il fallimento di un prodotto, di


E’ un business o di un'impresa. Il valore di quest’ultima è dato dal va-
lore dei suoi clienti, e quello dei clienti è determinato dal credito di
fiducia che l'azienda è stata in grado di creare nella mente e nel cuore di
I
ciascuno di loro. Parlando con molti manager, in azienda, si scopre che
tutto ciò risulta chiaro, che il legame fra soddisfazione dei clienti migliori,
fedeltà, valore e posizione competitiva di successo è oramai un fatto acqui-
sito. Tuttavia, in una sorta di perverso parallelismo, sembra sempre più dif-
ficile, per la maggior parte delle aziende, riuscire a creare una relazione con
i propri clienti che possa essere giudicata realmente soddisfacente. I nostri
familiari, i nostri amici, tutti coloro con cui entriamo in contatto, ci raccon-
tano di frequenti esperienze negative nei confronti della banca, dell'opera-
tore telefonico, dell’assicurazione, solo di rado ci riferiscono della comple-
tezza di un'informazione, dell'assistenza soddisfacente ottenuta in occasio-
ne di un problema complesso, della rapidità di un intervento.

3
CARTESIO

Ci deve essere qualcosa di strutturalmente sbagliato se pressoché tutte le


aziende spendono ingenti somme in progetti di customer care, di CRM o,
semplicemente, di formazione, mentre sono solo poche quelle che possono
vantarsi di offrire ai propri clienti esperienze globalmente positive. Il pro-
blema è uno ed è insito nel codice genetico di gran parte delle aziende.
Effettivamente proprio l'insieme di processi organizzativi, di procedure ope-
rative, di modelli di misurazione e di reporting, di valori espliciti ed impli-
citi, di tutto quanto regola in maniera quasi immutabile la vita e l'operatività
aziendale costituisce un vero e proprio codice genetico che, perfezionatosi
nel corso degli anni, regola in ogni dettaglio l'attività
dell'organismo azienda. Nel passaggio dalla realtà arti-
gianale a quella industriale, il codice genetico della gran
parte delle aziende si è sviluppato nella direzione di una
sempre maggiore efficienza nella transazione, mentre
la relazione, la chiave del cuore e della mente del clien-
te, veniva progressivamente messa da parte fino ad
atrofizzarsi e a diventare una sorta di male necessario.
Se ci pensiamo bene, alla base di ogni attività imprenditoriale esistono
due principali flussi di valore: dall'azienda al cliente, in prodotti e servizi, e
dal cliente all'azienda, in termini prevalentemente monetari, di prezzo. La
loro somma costituisce la transazione. Se questi due flussi sono allineati e
coerenti la somma del valore totale scambiato è positiva, il cliente percepi-
sce di ricevere un valore superiore al prezzo pagato, l'azienda riporta un
profitto e può svilupparsi. L'allineamento fra i due flussi che costituiscono
la transazione è dato dalla qualità della relazione fra azienda e cliente. Nella
realtà artigianale è l'artigiano stesso, concentrando in sé tutte le funzioni
d'impresa, il garante della qualità della relazione e del conseguente allinea-
mento dei flussi di valore. Con il crescere della complessità, la relazione
tende a divenire sempre più flebile e i due flussi di valore divergono. In
molte organizzazioni il risultato è uno solo: una relazione quasi inesistente
e l'efficienza della transazione messa al centro di tutti gli sforzi di migliora-
mento. Allora, entrando in contatto con queste organizzazioni, come clien-
te ma anche come consulente, si ha la sensazione che l'organismo aziendale
sia arrivato a vivere il cliente, l'utente, il paziente, il cittadino, come una
sorta di corpo estraneo, un male imposto dal destino, del quale si potrebbe
senza dubbio fare agevolmente a meno e senza il quale tutto funzionerebbe
meglio.

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Customer satisfaction, bussola per il vantaggio competitivo

La realtà tuttavia è un'altra: il cliente, l'utente, il paziente, il cittadino


costituiscono, se soddisfatti e fedeli, la sola e l'unica vera fonte del valore e
del vantaggio competitivo, e le aziende che riescono a comprenderlo e ad
attrezzarsi di conseguenza ottengono risultati di gran lunga migliori e più
duraturi della media.
Le aziende che riescono a riprogrammare il proprio codice genetico nel-
la direzione della relazione sono quelle che imparano
di nuovo a riconoscere nel cliente, nel suo valore, la
fonte prima del vantaggio competitivo e del proprio
valore per gli azionisti. In realtà la capacità diffusa e
metabolizzata di gestire efficacemente il cliente è oggi
più che mai alla base del vantaggio competitivo, men-
tre la capacità di liberare il valore inespresso racchiuso
nella clientela migliore, attuale e potenziale, comuni-
cando efficacemente ed in maniera concreta tutto ciò
alla comunità finanziaria risulta il fattore primario di crescita del valore
reale per gli azionisti e dei corsi stessi di borsa nel medio-lungo termine.

Strategia e vantaggio competitivo

Il concetto di vantaggio competitivo è strettamente legato alla disponi-


bilità di una qualche capacità o competenza esclusiva che consenta di pri-
meggiare nei confronti della concorrenza. Un tempo esistevano elementi
chiari ed indiscutibili alla base di tale vantaggio; un brevetto, una posizio-
ne geografica, l'accesso a materie prime particolari davano spesso a questo
concetto una materializzazione indiscutibile. Nella prima parte del Nove-
cento le fonti del vantaggio competitivo erano talmente chiare ed evidenti
che nessuno osava metterle in discussione.
Oggi non è più così, globalizzazione degli approvvigionamenti,
globalizzazione della logistica e globalizzazione dell'informazione hanno
messo il cliente al centro del gioco, hanno dato inizio all'era del cliente.

5
CARTESIO

Non vince più, se non per un breve tempo, chi ha la tecnologia migliore,
o la posizione geografica più favorevole, vince chi ad una buona tecnologia
o ad un'efficace posizione associa una brillante capacità di gestire efficace-
mente il cliente, conquistando la quota maggiore della clientela migliore,
ovvero godendo della sua soddifsazione e della sua fedeltà.
Se chiedete ad un gruppo di uomini di azienda di fornirvi la loro visione
del concetto di strategia, con ogni probabilità otterrete risposte direttamen-
te o indirettamente collegabili ai piani, ai programmi, alla pianificazione, al
lungo periodo, al fatto di prendere decisioni coerenti ed orientate al futuro.
Qualcuno vi parlerà della capacità di prevedere ed anticipare gli scenari
che si verificheranno da qui a due o tre anni, e qualcun altro più accorto
probabilmente vi parlerà di focus, di concentrazione su pochi e definiti obiet-
tivi. Ciò che colpisce in queste discussioni è, viceversa, come nessuno o
quasi fra gli intervistati colleghi la parola strategia ai
concetti di competizione, di gara, di guerra. Ancora più
difficile è ottenere risposte collegate al concetto di valo-
re dell'impresa per gli azionisti. In una competizione o in
una guerra vince effettivamente solo chi sa costruirsi e
sa mantenere un vantaggio e, grazie a quest'ultimo, può
incrementare la propria posizione, il proprio valore. E
strategia è tutto ciò che consente di raggiungere e mantenere una posizione
di vantaggio sui concorrenti. Il problema è che molti uomini di azienda si
ostinano ancora a scambiare il mezzo per lo scopo. Essi cioè non si rendono
conto che pianificazione, focus, scenari e decisioni coerenti non rappresen-
tano che altrettanti mezzi e strumenti per individuare, conseguire e mante-
nere un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza, con lo sco-
po ultimo di accrescere il valore del business, dell'azienda o, in generale,
dell'organizzazione in cui operano. In altre parole l'obiettivo della gestione
strategica di un'impresa è sempre l'accrescimento del suo valore e l'essenza
di ogni strategia che possa definirsi tale è la ricerca, il conseguimento ed il
mantenimento di un vantaggio competitivo sostenibile e difendibile. Anco-
ra una volta il corredo genetico aziendale, involutosi attorno alla transazio-
ne, ai suoi processi e alle sue procedure, fa sì che ci si concentri sempre su
attività interne, quali piani, programmi obiettivi, limitando o eliminando
qualunque confronto serio e reale con la concorrenza.

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Customer satisfaction, bussola per il vantaggio competitivo

Il motivo è che questo confronto vede sempre come arbitro il cliente e


che per uscire vincenti dal confronto competitivo sareb-
be necessario disporre di relazioni efficaci con la clien-
tela più che di transazioni efficienti.
Purtroppo l'evoluzione ha relegato i cromosomi della
relazione in una posizione secondaria e subalterna e il
corredo genetico prevalente porta l'azienda istintivamente
a rifiutare il confronto, a rimuovere i concetti stessi di
concorrenza e di vantaggio competitivo che vedono come arbitro il cliente.
Il problema è che i cambiamenti nella forza contrattuale della clientela pro-
vocati dall'era dell'informazione hanno reso vecchio e inadatto il corredo
genetico orientato alla transazione e posto le premesse per una delle più
grandi mutazioni nella storia dell'impresa moderna. Le imprese che hanno
la transazione al centro del loro corredo genetico sono inevitabilmente de-
stinate a soccombere, a favore delle nuove imprese relazionali e di quelle
che hanno saputo riprogrammare verso la relazione, verso il cliente e verso
la competizione il proprio corredo cromosomico.

Il cliente e il vantaggio competitivo

Ogni impresa ha solo due modi per vincere: proporre e vendere prodotti
e servizi sostanzialmente simili a quelli proposti dai concorrenti ad un prezzo
sensibilmente inferiore o, viceversa, proporre e vendere prodotti e servizi
realmente migliori dei propri concorrenti ad un prezzo analogo o di poco
superiore. Queste sono le due condizioni ultime che verificandosi con con-
tinuità nel tempo sono indicative del raggiungimento e della disponibilità
di un reale ed efficace vantaggio competitivo. Nella sua semplicità questa
formulazione è stata, a suo tempo, rivoluzionaria e ha modificato radical-
mente il concetto stesso di strategia spostando l'attenzione dal processo di
pianificazione strategica al concetto di gestione strategica, ovvero di ricer-
ca continua di vantaggi competitivi sostenibili e difendibili. Se osserviamo
con attenzione questa formulazione, ci accorgiamo di come nelle condizio-
ni per il vantaggio competitivo l'arbitro principale sia il cliente.

7
CARTESIO

Il vantaggio competitivo e, di conseguenza, lo sviluppo del valore del-


l'impresa sono strettamente legati a tre concetti: il vendere, ovvero la conti-
nuità dell'acquisto da parte della clientela, i concorrenti, ovvero il raffronto
continuo che la clientela fa fra la proposizione di vendita dei concorrenti e
la nostra, ed il prezzo, ovvero il corrispettivo richiesto a fronte del valore,
tangibile ed intangibile, erogato al cliente. Di questi tre concetti due sono
integralmente riconducibili al cliente, alla qualità della sua esperienza con
l'impresa a confronto con la qualità dell'esperienza con i concorrenti e, in
definitiva, al suo comportamento d'acquisto. Il terzo concetto, il prezzo, è
correlato più propriamente a fattori gestionali e produttivi interni all'impre-
sa. Ne possiamo concludere che la posizione competitiva di un'impresa è
sempre decretata, per una parte preponderante, dal
cliente e dal suo livello di soddisfazione.
Infatti è indiscutibile che quando diciamo prodotti
o servizi simili o realmente migliori ci riferiamo im-
plicitamente al valore del prodotto o del servizio in
questione, avendo ovviamente come termine di pa-
ragone il prezzo. Ma a ben guardare chi stabilisce in
ultima analisi se quello che l'impresa offre è simile,
o realmente migliore di quanto offerto dai concorrenti? Chi decide quale sia
il valore del prodotto o del servizio offerto e se tale valore sia proporziona-
to al prezzo richiesto? Evidentemente ed indiscutibilmente è solo il cliente.
E questa decisione è espressa in maniera inequivocabile mediante l'acqui-
sto. Quindi è corretto affermare che il cliente, tramite la sua soggettiva per-
cezione di valore formatasi progressivamente nei differenti momenti di con-
tatto realizzati nel corso del suo processo di acquisto, di riacquisto o di
abbandono, in una parola nel corso del ciclo di vita della sua relazione,
condiziona la maggior parte del vantaggio competitivo di un'impresa. La
parte rimanente è rappresentata dal prezzo, ovvero dalla capacità dell'azienda
di dominare competitivamente i fattori di costo connessi all'intera catena
del valore.

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Customer satisfaction, bussola per il vantaggio competitivo

Vantaggio competitivo e soddisfazione dei clienti

Valore e prezzo, così come percepiti dal cliente, sono quindi in definiti-
va i parametri ultimi del vantaggio competitivo e, di conseguenza, dell'in-
cremento di valore dell'impresa. E, non a caso, sono anche i parametri che
regolano i due flussi di valore azienda-cliente e cliente-azienda ed il relati-
vo allineamento. Ma a ben guardare non è tanto la misura in assoluto di
questi due parametri la condizione importante, quanto il loro raffronto, il
prezzo in rapporto al valore percepito e viceversa. E' quindi un rapporto e
non un valore assoluto l'essenza ultima del vantaggio competitivo. Vince
cioè l'impresa in grado di erogare con continuità ai propri clienti rapporti
valore/prezzo superiori a quelli erogati dai concorrenti. Infatti tale rapporto
risulta massimizzato in due modi. Se si abbassa il denominatore, ovvero se
si riesce a vendere qualcosa di simile, di pari valore, rispetto ai propri con-
correnti ad un prezzo sensibilmente inferiore. In alternativa, il rapporto si
massimizza anche incrementando il numeratore, ovvero riuscendo a vende-
re qualcosa di realmente migliore, a più alto valore, rispetto ai propri con-
correnti ad un prezzo analogo o di poco superiore. E' quindi evidente come
il rapporto valore/prezzo risulti di importanza fondamentale nella gestione
strategica del cliente, ovvero la gestione mirata al conseguimento di un van-
taggio competitivo. Nei nostri modelli questo rapporto, che indica anche la
capacità di mantenere allineati i due flussi di valore, assume una denomina-
zione sintetica e suggestiva: soddisfazione. In conclusione il vantaggio
competitivo è decretato dalla capacità di erogare ai propri clienti un rappor-
to valore/prezzo migliore di quello erogato dai concorrenti o, in altre paro-
le, un'impresa dispone di un vantaggio competitivo se è in grado di soddi-
sfare i clienti meglio dei concorrenti.
Questa affermazione sintetizza in maniera efficace le due condizioni vi-
ste prima ed apre la strada ad una visione realmente strategica della gestio-
ne del cliente. È quindi la capacità di creare nel cliente con continuità un'espe-
rienza positiva che origina il vantaggio rispetto ai concorrenti e che crea
valore per gli azionisti.
Il concetto di valore va visto quindi in termini duplici: è valore, per il
cliente, ciò che l'azienda eroga al cliente ma è anche valore, per l'impresa e
per gli azionisti, ciò che il cliente trasferisce all'azienda in termini di prezzo
pagato a fronte del valore ricevuto.
9
CARTESIO

Il vantaggio competitivo si crea quando questo flusso bidirezionale fatto


di valore in entrata e valore in uscita realizza una somma positiva, facendo
sì che ad ogni relazione il cliente sia soddisfatto ed il valore dell'azienda sia
aumentato di una determinata quantità. Perché il valore fluisca liberamente
questi due percorsi devono sempre procedere in parallelo. È quindi la
customer satisfaction la vera bussola per il vantaggio competitivo e la capa-
cità di svilupparla con continuità rappresenta l'obiettivo primario per il ma-
nagement realmente motivato verso la competitività delle propria organiz-
zazione.

10
Sviluppare
la customer satisfaction

Misurare e agire: il piano operativo di sviluppo della soddisfazione si basa


sulla messa a punto di strumenti concreti e sul lancio di interventi
di breve, medio e lungo periodo

Busacca & Associati

ran parte delle aziende italiane è ormai consapevole dell’importan-


G za della customer satisfaction: i clienti soddisfatti sono la fonte pri-
ma del vantaggio competitivo. A fronte di tale consapevolezza, molte
aziende dispongono di sistemi di misurazione della soddisfazione: osserva-
I
tori, ricerche qualitative e quantitative, mystery shopper, e così via. E qui
sorge spesso un primo problema: gli strumenti di misura di per sé non ser-
vono a nulla, se poi non vengono utilizzati per intervenire sulle aree criti-
che e soprattutto per verificare ex post l’efficacia delle azioni.
Sembra scontato, ma poche ricerche di mercato possono essere tanto
autoreferenziali quanto quelle sulla customer satisfaction. Inoltre, la tenta-
zione di individuare un’area critica e lanciare un’azione di miglioramento,
difficilmente permetterà di conseguire risultati tangibili e durevoli. La sod-
disfazione del cliente coinvolge infatti tutta l’azienda, ed è quindi l’intera
organizzazione che deve intervenire in maniera organica, secondo criteri di
azionabilità, di sostenibilità e di incentivazione dei manager e dei dipen-
denti chiamati al presidio del cliente.

11
CARTESIO

Infine, una corretta strategia di sviluppo della soddisfazione deve poter


presidiare sia il breve termine con azioni di risoluzione dei principali pro-
blemi del cliente e di monitoraggio del referral index; sia il medio termine
intervenendo sui singoli item di soddisfazione e quindi sulle percezioni
complessive; sia infine il lungo termine, attraverso un
corretto approccio alla costruzione della reputazione del-
l’azienda. Tutto questo, con una forte attenzione alla co-
municazione interna ed esterna delle azioni intraprese e
dei risultati ottenuti, con un’enfasi particolare su
economics e benefit case.

La soddisfazione dei clienti è legata ai risultati aziendali

Dal 2005 Busacca & Associati rende disponibile l’Osservatorio sulla


Customer Satisfaction nei Servizi - ICSI (Italian Customer Satisfaction
Index), con l’obiettivo di dotare il sistema economico-finanziario italiano
di una metrica sulla soddisfazione della clientela che risponda a criteri
standard e che, quindi, permetta comparazioni ed analisi che supportino
decisioni ed azioni a livello macroeconomico, di settore ed azienda. I risul-
tati permettono una lettura approfondita della capacità delle aziende italia-
ne di porre realmente il cliente al centro delle proprie attività, con diverse
conferme ed alcune sorprese.
Un fenomeno che emerge in tutta la sua evidenza è lo stretto legame che
intercorre tra soddisfazione e risultati aziendali: innanzitutto, le aziende
che presentano valori ICSI più elevati e duraturi nel tempo mostrano anda-
menti di borsa superiori a quelli del mercato. Il valore del titolo, per le
aziende quotate, sembra decisamente in grado di rappresentare la capacità
dell’azienda di creare valore, a partire proprio dai ricavi assicurati da clienti
soddisfatti e fedeli. Le analisi mostrano poi la stretta correlazione che nel
settore del Credito viene misurata tra il Return on Assets (utile netto/totale
attivo) e la crescita nella soddisfazione. Allo stesso modo nel settore della
Telefonia Mobile, possiamo osservare un indice di correlazione superiore a
0,9 tra soddisfazione e tasso composto di crescita dei ricavi. O ancora nella

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Sviluppare la customer satisfaction

Distribuzione dei Carburanti, dove il legame è diretto tra delta soddisfazio-


ne e quota di mercato.
Risultati altrettanto convincenti si ottengono misurando il legame tra il
referral index, cioè l’attitudine dei clienti a consigliare i prodotti dell’azien-
da, e i principali indicatori di performance tipici dei diversi settori.
E d’altronde, è proprio nei settori a maggior tasso di competizione che
emergono le migliori strategie di sviluppo della customer satisfaction: per
fare un esempio il settore del trasporto aereo, dove consapevolezza dei clienti,
reputazione delle compagnie aeree e capacità di risolvere i problemi più
frequenti in fase d’uso riescono a far guadagnare sette punti percentuali ad
uno dei principali carrier. Oppure nel settore delle Assicurazioni, dove si è
registrato nell’ultimo anno il maggior fermento in termini di azioni di svi-
luppo del cliente e di conseguenza le maggiori variazioni dell’ICSI rispetto
ai 12 mesi precedenti. O infine nel settore della Grande Distribuzione Or-
ganizzata, la cui attitudine all’ascolto del cliente e alla realizzazione di effi-
caci piani d’azione tattici ha permesso ai principali player di eccellere nella
classifica della regolarità dell’ICSI negli ultimi tre anni.
L’abilità nella messa a punto degli strumenti di misura della customer
satisfaction, e soprattutto la capacità di pro-
gettare e lanciare efficaci piani di azione sulla
soddisfazione, sono quindi alla base di un’ef-
ficace strategia di creazione di valore e di con-
seguimento di vantaggi competitivi sostenibili
e difendibili nel tempo.

Approcci parziali e non del tutto adatti all’obiettivo

Qualunque intervento di presidio o sviluppo della soddisfazione si basa


sulla messa a punto di adeguate metriche di misura del fenomeno, e sul-
l’applicazione di modelli rigorosi e strumenti operativi che consentano di
comprendere, rappresentare e quindi intervenire sulle percezioni dei clien-
ti e quindi sul reale valore che l’azienda riesce ad erogare ai propri clienti.

13
CARTESIO

Nonostante ciò l’esperienza e l’osservazione dei casi di insuccesso han-


no molto da raccontare. Gli errori in fase di progettazione e realizzazione
degli strumenti di misura sono all’ordine del giorno e i budget spesi inutil-
mente possono amche essere rilevanti. Ma ciò che più lascia traccia profon-
da è legato ai costi associati all’utilizzo di strumenti di misura inadeguati o
parziali.
Vediamo quindi a titolo di esempio alcuni di questi errori, per poi illu-
strare un approccio organico alla misura della soddisfazione che permetta
di fare tesoro degli sbagli degli altri, e di affrontare con metodo ed autore-
volezza un tema così complesso ed importante per qualsiasi azienda di mer-
cato.
Errori nella scelta dello strumento di misura
• Sistemi di ascolto ridondanti e complessi rispetto alla necessità di otte-
nere risultati in breve tempo;
• scarsa focalizzazione sulle reali criticità del cliente;
• sistemi di misura di tipo accademico, che rappresentano con estremo
dettaglio le percezioni dei clienti, ma scarsamente utilizzabili per orien-
tare le attività e i processi ad impatto sul cliente;
• scarsa attenzione all’incentivazione di manager e dipendenti, che non
riescono a fare propri i problemi e le esigenze dei loro clienti.
Errori di realizzazione
• Impianti di ricerca complessi che rendono instabili le misurazioni ed
inaffidabili i risultati;
• questionari lunghi e complessi, che provocano il rifiuto all’intervista e
l’inattendibilità delle risposte;
• costi elevati, che di colpo causano la sospensione delle ricerche
e vanificano gli sforzi fatti fino a quel punto;
• continui cambiamenti nei questionari e nelle tecniche di rilevazione, che
non permettono di costruire uno storico in base al quale monitorare l’ef-
fetto delle azioni intraprese.
Errori di “visione parziale”
• Focalizzazione solo sul breve termine, con la conseguente per-
dita della visione d’insieme;
• approccio puramente tattico, che mira a chiudere le falle e non permette
di affrontare nella sua interezza il “fenomeno soddisfazione”;

14
Sviluppare la customer satisfaction

• scarsa attenzione al vantaggio competitivo, causata dalla mancanza di


confronto coi competitor e alla sostanziale autoreferenzialità degli stru-
menti di misura;
• visione unicamente di lungo termine, che non consente di
ottenere quick-win di miglioramento e alla lunga scoraggia il manage-
ment dell’azienda.
L’elenco non è esaustivo, ma è senz’altro sufficiente per cogliere tutta
l’opportunità di sviluppare un approccio organico quale quello illustrato
nel seguito dell’articolo.

L’approccio Busacca & Associati

E’ possibile gestire un fenomeno solo se lo si misura e se si comprendo-


no appieno le cause che lo determinano . Da qui la necessità di realizzare
sistemi di misura della customer satisfaction realmente in grado di com-
prenderne le cause e di supportare concretamente sia la definizione di chia-
re strategie di intervento, sia di conseguenza il lancio di azioni di migliora-
mento, valutandone poi ex-post efficacia ed efficienza. Solo in questo modo
i risultati conseguiti potranno essere mantenuti nel tempo, creando le basi
per il conseguimento di vantaggi competitivi sostenibili rispetto ai concor-
renti. Tutto questo, assicurando che in azienda le risorse impegnate sui pro-
cessi ad impatto sul cliente siano motivate ed incentivate nel conseguimen-
to di livelli di eccellenza nella soddisfazione dei clienti stessi. In definitiva,
la necessità sempre più stringente è di realizzare strumenti di misura che
garantiscano il raggiungimento dei tre obiettivi di azionabilità, sostenibilità
e incentivazione, che permettano cioè di:
• lanciare progetti efficaci di miglioramento della customer satisfaction
rendendo possibile un efficace monitoraggio dei risultati (azionabilità);
• comunicare efficacemente agli azionisti ed alla comunità finanziaria la
capacità di mantenere i risultati nel tempo (sostenibilità);
• orientare realmente i comportamenti aziendali verso la customer
satisfaction (incentivazione).

15
CARTESIO

A partire da questi obiettivi di fondo, Busacca & Associati ha messo a


punto e sperimentato negli ultimi dieci anni un approccio organico, con
strumenti e metriche complementari rispetto all’orizzonte temporale di ri-
ferimento, al tipo di risultati conseguibili e alla complessità realizzativa. I
modelli di riferimento sono tre, come mostrato nella figura che segue,
sintetizzabili così:
1. Problem Detection. Il modello dell’analisi dei problemi realizza un ap-
proccio tattico al miglioramento della soddisfazione, partendo dal presup-
posto che una forte riduzione dell’insoddisfazione deriva proprio dal risol-
vere i tre o quattro problemi maggiormente avvertiti dal cliente in fase di
acquisto ed utilizzo dei prodotti e servizi dell’azienda. Lo strumento di
rilevazione fornisce una classifica dei principali problemi e permette di
avviare interventi quick-win per un rapido incremento della soddisfazione.
2. Italian Customer Satisfaction Index - ICSI. In questo caso lo strumento
misura un indice sintetico di soddisfazione e un insieme di circa 20 item di
dettaglio che ne approfondiscono le diverse componenti. L’individuazione
degli item critici (elevata importanza e bassa soddisfazione) permette il
lancio di azioni mirate, ma anche la messa a punto di un piano di sviluppo
della soddisfazione di ampio respiro, che comprenda anche azioni strategi-
che di ri-orientamento dei processi aziendali.
3. Referral Index. Questa metrica, di semplice realizzazione, permette di
monitorare con buona frequenza la propensione dei clienti a consigliare
l’azienda ai propri conoscenti ed è un utile strumento da
utilizzare nell’ambito dei sistemi incentivanti di manager
e dipendenti, con lo scopo di orientare l’azienda verso obiet-
tivi di soddisfazione direttamente collegati con la loyalty e
il passaparola dei clienti fedeli.

16
Sviluppare la customer satisfaction

L’approccio proposto e una sintesi dei tre modelli vengono riportati nel-
la figura che segue.

L’approccio Busacca & Associati integra risultati di breve


e azioni strutturali

Problem detection
Individuazione dei problemi più rilevanti
Quick
Quick Win
Win
rilevanti
nella relazione azienda-cliente
azienda-cliente
Focus group
+
Interviste Customer Satisfaction - ICSI Azioni
Azioni crash
crash ee
interventi
interventi strutturali
strutturali
Misurazione della
soddisfazione complessiva e e Competitive
Competitive
sui driver della relazione intelligence
intelligence

Referral Index Monitoraggio


Monitoraggio
dei
dei risultati
risultati
Interviste Monitoraggio della propensione
propensione
a consigliare l’azienda Incentivazione
Incentivazione

Vediamo ora alcune considerazioni che ci permetteranno di approfondi-


re le metriche e i modelli proposti.

Problem detection: rilevare i problemi più sentiti dal cliente

In azienda non si ha sensibilità dei problemi che si impongono ai clienti.


Per poca concretezza, perché i punti di contatto con il cliente sono spesso
deformanti e perché ciò che il cliente dice viene ascoltato dal management
con il filtro delle proprie convinzioni radicate e con la lente dei miti aziendali.
Tuttavia i problemi del cliente sono la fonte prima di spunti per lanciare
azioni crash sulla customer satisfaction. Non solo: esempi concreti e ricer-

17
CARTESIO

che empiriche dimostrano come il grado di soddisfazione della clientela sia


inversamente correlato alla percentuale di problemi rilevati e comunicati.

Andamento dell’indice di soddisfazione della clientela


di Bank of America

Nel mettere a punto un modello di analisi dei problemi, la difficoltà con-


siste di solito nell’identificare quelli realmente rilevanti in un determinato
mercato e per un determinato prodotto. La metodologia di studio del mer-
cato più utilizzata a livello internazionale, con numerose esperienze di suc-
cesso anche in Italia, è quella denominata Problem Detection, creata negli
USA e perfezionata in Svezia. Questo metodo si basa sulla convinzione che
le persone trovino più facile lamentarsi e trovare dei difetti, poiché questo è
insito nella natura umana, mentre non lo è il dare suggerimenti costruttivi.
Identificando dapprima i problemi e facendoli successivamente mettere
in ordine di importanza da un campione significativo della clientela in cia-
scuna fase del processo di acquisto, uso ed abbandono, otterremo una lista
di problemi organizzata per priorità. Risolvendo i primi otterremo notevoli
risultati in termini di customer satisfaction, mentre trascurando gli ultimi
potremo conseguire risparmi rilevanti.

18
Sviluppare la customer satisfaction

Struttura del modello Problem Detection

Il modello Problem Detection rileva i problemi più sentiti dal cliente

Non riesco a capire se ho


perso o ho guadagnato…

Quando serve non trovo


mai un interlocutore… Problemi Chiave
(possibili quick-win)
Non ho mai tempo per
“fare il punto”…

Non Problemi
Mi sembra che il gestore (possibili saving)
non faccia i miei interessi

Il gestore non tiene in


considerazione le mie
scelte

ICSI: misurare le determinanti della soddisfazione

Il principale strumento di rilevazione della soddisfazione della clientela


è un modello che collega la soddisfazione percepita dal cliente con un in-
sieme di componenti elementari (item), ciascuno dei quali rappresenta un
singolo elemento della soddisfazione complessiva. Tale scomposizione è
necessaria perché la soddisfazione è un concetto multidimensionale e com-
plesso, costituito cioè da una serie di fattori distinti tra loro e spesso
sovrapposti.
Gli item sono a loro volta raggruppati in macro-aree di soddisfazione,
relative ad esempio ad offerta, relazione, immagine e qualità tecnica. Il ri-
sultato aggregato è l’indice di customer satisfaction (CSI), che rappresenta
il grado di soddisfazione del cliente medio.

19
CARTESIO

Ad ogni item viene poi associato un valore di impatto sulle macro-aree


di soddisfazione e quindi sul CSI, così che gli item risultino univocamente
caratterizzati dai valori soddisfazione/impatto. Diventa così immediata
l’individuazione delle aree di intervento e quindi la definizione della strate-
gia di azione più opportuna. Posizionando gli item in matrice vengono così
stabilite azioni concrete:
• di miglioramento sulle aree di debolezza (elevato impatto e bassa soddi-
sfazione);
• di presidio e mantenimento sulle aree di forza;
• di potenziale risparmio di risorse, in questo caso sugli item a basso im-
patto e ad elevata soddisfazione percepita.
L’efficia operativa del modello si basa sulla corrispondenza item-kpi (key
performance index) di processo che consente di definire dei parametri
funzionali con effettivo impatto sulla soddisfazione e, di conseguenza, la
possibilità di pianificare il miglioramento tramite un piano di azioni molto
concreto ed, eventualmente, l’inserimento dei kpi individuati nel sistema
incentivante.

Struttura del modello ICSI

indici per
Il modello ICSI permette la costruzione di indici per l’MBO
l’MBO
Aree Item
Item KPI
KPI Funzioni az.li
Funzioni az.li Indici funzionali
Indici funzionali

Copertura
Copertura Numero dropped
Numero dropped Rete
Rete Rete
Rete
Calls/mese
Calls/mese

Numero reclami/
Numero reclami/
Qualità Qualità audio
Qualità audio mese
mese
Sistemi
Sistemi

Velocità
Velocità Numero reclami/
reclami/ Sistemi Sistemi
conness. ati
conness. ati Numero Sistemi Sistemi
mese
mese

…..
….. …..
….. …..
…..

Relazione

Soddisfazione
Accessibilità. Numero squilli
Numero squilli Cust. care
Cust. care
Accessibilità. alla risposta
alla risposta

Velocità Tempo medio


Tempo medio
Servizio Velocità di risposta
di risposta query
query Sistemi
Sistemi

Chiarezza Tempo medio


Tempo medio Cust.care
care
Chiarezza chiusura ticket
chiusura ticket Cust. care
Cust. care Cust.

Efficacia N. Medio
N. Medio
Efficacia richiamate
richiamate Cust. care
Cust. care

Immagine …..
….. …..
….. …..
…..

20
Sviluppare la customer satisfaction

Referral Index: monitorare la loyalty

Il referral index si basa sulla considerazione che un cliente che consiglia


agli amici un prodotto o un servizio di una determinata azienda mostra di
essere lui stesso soddisfatto e fedele. Si consiglia ciò che si è direttamente
sperimentato e di cui si è soddisfatti: l’indice è dunque una sintesi molto
efficace di un intero insieme di fenomeni, quali la soddisfazione, l’inten-
zione al riacquisto, il coinvolgimento emotivo nei confronti di un prodotto
o servizio. Quest’ultimo punto è particolarmente importante: un cliente
mediamente soddisfatto continua ad acquistare quel prodotto, finché non
trova di meglio, e generalmente non reclama; un cliente molto soddisfatto
invece finisce per essere coinvolto nell’utilizzo del prodotto, e quando arri-
va a parlarne agli amici e a consigliarne l’acquisto, mostra di essere diven-
tato un vero e proprio testimonial dell’azienda. E’ quindi evidente che un
elevato indice di referral rappresenta una situazione estremamente positiva,
ancor più che un elevato livello di soddisfazione overall.

Struttura del Referral Index

Il modello del Referral Index consente di monitorare la loyalty

Propensione a
raccomandare l’azienda e il Soddisfazione Loyalty
prodotto a conoscenti

21
CARTESIO

L’altro vantaggio è che il Referral Index è molto semplice da misurare: i


questionari contengono sostanzialmente una sola domanda, e sono quindi
veloci da realizzare, poco costosi e soprattutto esenti dai problemi di
affidabilità che i lunghi questionari della customer satisfaction possono pre-
sentare, ove non ben progettati. Questa caratteristica permette di monitorare
il referral index con una cadenza relativamente elevata (ogni 6-12 mesi),
che tra l’altro si presta molto bene per la messa a punto di sistemi incenti-
vanti di breve e medio termine. Il rovescio della medaglia è evidentemente
la totale mancanza di elementi idonei a lanciare azioni di miglioramento:
l’indice è uno solo e non viene articolato in item elementari, come accade
invece per il modello ICSI. D’altra parte, proprio per questo le due metriche
sono tra loro complementari e vanno di solito realizzate entrambe.

Metodi di misura complementari ed integrabili tra loro

Riassumiamo qui le più rilevanti caratteristiche delle metriche e dei mo-


delli proposti. L’analisi dei problemi ha generalmente un orizzonte di breve
termine e fornisce elementi concreti e immediatamente sfruttabili per il lan-
cio di interventi quick-win. La customer satisfaction, rilevata sinteticamen-
te con l’ICSI e arricchita dagli item elementari, fornisce un approccio strut-
turato ed organico al manager, che dispone così di elementi per attivare sia
azioni crash sugli item critici, sia azioni strutturali di recupero della soddi-
sfazione overall.Infine, il referral index presenta il pregio della semplicità,
ma anche quello di comprendere in sé in modo sintetico la maggior parte
delle percezioni rilevate in dettaglio dalle altre metriche; tali caratteristiche
non permettono di utilizzare il referral index come strumento analitico per
il lancio di piani di azioni, ma consentono invece di atti-
vare a costi molto contenuti un importante osservatorio
per il monitoraggio del sentiment del mercato nei con-
fronti dell’azienda e per l’incentivazione dei dipendenti.

22
Sviluppare la customer satisfaction

L’approccio Busacca& Associati: principali caratteristiche dei modelli

Modello Cadenza Pros/Cons Origine

• Estrema concretezza • USA/Svezia - PDS


Problem • Azioni immediate • Metodologia utilizzata nel
2- 3 anni marketing per evidenziare
Detection
• Pesantezza del questionario la value proposition

• Standard Internazionale
• USA - ACSI
• Output ottimali per azioni • Europa - EPSI
strutturali
ICSI 2 – 3 anni • Agevole link con l’MBO
• Record ultradecennali su
centinaia di aziende in tutti
i settori
• Pesantezza questionario

• Estrema concretezza
• Una sola domanda
Referral • Monitoraggio per MBO • USA - NPS
6 – 12 mesi • Numerosi casi aziendali
Index
• Assenza di indicazioni per
lanciare azioni

I cinque take-away

Misurare e agire: il piano operativo di sviluppo della customer satisfaction


si basa sulla messa a punto di strumenti concreti e sul lancio di interventi di
breve e medio periodo.
Tre chiari obiettivi: azione, sostenibilità, incentivazione, a loro volta le-
gati alla possibilità di: lanciare progetti efficaci di miglioramento, comuni-
care la capacità di mantenere i risultati nel tempo, orientare realmente i
comportamenti aziendali.
I problemi del cliente innanzitutto: questi costituiscono un formidabile
spunto per il lancio di azioni crash con l’obiettivo di un rapido recupero nel
caso di bassi indici di soddisfazione o di indicatori in calo repentino.
Concretezza e incentivazione: misurando il referral index è possibile ot-
tenere un monitoraggio efficace e poco costoso, specialmente a supporto
dei sistemi incentivanti interni.
Strumenti di misura integrati e complementari, fortemente allineati al-
l’esigenza di presidiare e sviluppare customer satisfaction e reputazione
aziendale sui diversi orizzonti temporali.

23
Il Modello di
Orientamento Commerciale

Un importante strumento di indirizzo strategico che, classificando clienti


e prospect in base alle loro potenzialità di sviluppo, supporta azioni mirate
su segmenti specifici e singoli clienti

Busacca & Associati

L e capacità di classificare la clientela e di orientare conseguentemente le


strategie risultano di particolare valore al crescere della pressione
competitiva e della turbolenza ambientale, quando l'esigenza del presi-
dio dei margini e delle occasioni di reddito impone selezione dei clienti e
differenziazione delle azioni. Il Modello di Orientamento Commerciale trova
numerose applicazioni concrete a supporto delle attività di marketing, vendite e
customer care, con particolare riferimento ai settori del Credito, delle Teleco-
municazioni, delle Utilities, delle Assicurazioni, dell’Editoria, dei Trasporti e dei
servizi in generale.

24
Il Modello di Orientamento Commerciale

Contesti applicativi del modello

In settori in rapido e continuo mutamento - quali Credito e Telecomunicazio-


ni- lo sviluppo tecnologico e le evoluzioni competitive comportano, da un lato,
nuove occasioni di sviluppo e profitto, ma dall'altro introducono nuovi concor-
renti e nuovi modelli competitivi. In tale scenario, la redditività aziendale è forte-
mente minacciata da tre fattori:
1. la riduzione dei prezzi per ipercompetitività sull'offerta di base
2. l'acquisizione di clienti marginali a redditività decrescente
3. la crescita del nomadismo della clientela tra i competitor in gioco
Si pensi, ad esempio, alla rapida diffusione dell'internet banking o all'avvento
di soluzioni Tlc avanzate di internet Mobile.
La risposta fisiologica dell'azienda all'ipercompetizione si sostanzia nell'au-
mento dell'attenzione alla relazione col cliente e dell'enfasi posta sulla customer
loyalty: politiche e strategie aziendali sono sempre più concentrate sulla
fidelizzazione dei migliori clienti favorendo il riacquisto e realizzando così un au-
mento delle capacità di generazione di valore.
Infatti, l'azienda crea vantaggio competitivo quando riesce a mantenere un
equilibrio tra il valore erogato e percepito dal cliente e il prezzo pagato dal clien-
te stesso. Tale equilibrio può essere assicurato nel tempo soltanto da un efficace
sistema di relazione azienda-cliente che sia in grado di assicurare il persistere di
elevati livelli di soddisfazione e loyalty.

Il sistema di relazione azienda-cliente


In tale contesto, il Mo-
AZIENDA dello di Orientamento
Commerciale supporta
la relazione mirata con il
VALORE
PREZZO

cliente nell'ambito di un
RELAZIONE
processo strutturato di
fidelizzazione, pervenen-
do ad azioni mirate e
CLIENTE focalizzate su target de-
finiti.

25
CARTESIO

Il processo di fidelizzazione

CARATTERIZZAZIONE CLASSIFICAZIONE ORIENTAMENTO RELAZIONE

Il Cliente viene Il Cliente viene Si formula una Si realizza un


identificato e classificato per strategia sistema coerente
caratterizzato in valore potenziale relazionale di azioni sui
termini descrittivi, e fidelizzazione differenziata per target definiti
comportamentali target
e predittivi

Modello di
Orientamento Commerciale

Tutto il processo è basato su una profonda conoscenza dei clienti (abitudini


di spesa, preferenze di consumo, processi di acquisto) e del mercato di riferi-
mento (trend di mercato, struttura aziendale, performance, diffusione territoria-
le), ottenuta capitalizzando le informazioni disponibili sia interne (comportamentali
di consumo, dati descrittivi da contratto) sia esterne (socio-demografiche e de-
scrittive del business da ricerche e fonti istituzionali).
I clienti vengono pertanto analizzati - e classificati - sia in base alla redditività
attuale sia alle potenzialità di sviluppo, per definire le priorità di intervento e di
investimento, differenziabili - se necessario - anche per ogni singolo cliente.
Ad esempio, sarà possibile differenziare le strategie commerciali in base alla
redditività attuale e potenziale dei clienti:
• le migliori risorse di vendita saranno dedicate ai clienti ad alta redditività e
fidelizzazione;
• la vendita telefonica sarà utilizzata per campagne rivolte ai clienti a minor
potenziale;
• ai segmenti con alte prospettive di sviluppo si indirizzeranno offerte mirate.

Il risultato sarà l'ottimizzazione dell'efficienza aziendale realizzando in-


crementi di valore con il presidio dei clienti migliori e lo sviluppo mirato delle
potenzialità di mercato.

26
Il Modello di Orientamento Commerciale

Obiettivi del modello

La gestione strategica del cliente è realizzata dal Modello perseguendo i se-


guenti obiettivi concreti:
1. il presidio di margini e redditività dell'intera base clienti
2. la fidelizzazione dei clienti migliori
3. lo sviluppo mirato di clienti ad elevate potenzialità
4. il recupero di clienti ad elevato valore
In particolare, tramite il posizionamento dei clienti nella Matrice di
Orientamento, il Modello consente di definire le priorità d'azione e di associare
a ciascun cliente strategie relazionali mirate.
Il posizionamento in Matrice viene effettuato in base a specifiche valutazioni:
• il potenziale reddituale di ciascun cliente per il settore (o LifeTime Value);
• la penetrazione attuale su tale potenziale (Customer Share o Fidelizzazione).
I Clienti risultano così posizionati nelle seguenti quattro macro-categorie:
• Diamanti: clienti ad elevato valore potenziale altamente fidelizzati;
• Sfide: clienti ad alto potenziale ma poco fidelizzati;
• Ambasciatori: clienti con valore potenziale contenuto ma per i quali l'azien-
da è il fornitore di riferimento;
• Marginali: clienti sui quali l'azienda è scarsamente presente e con limitato
potenziale.

Matrice di orientamento®

Cliente ad alto Cliente che esprime


potenziale con l’azienda il suo
POTENZIALE
+

dove l’azienda Sfide Diamanti elevato potenziale


è poco presente

Marginali Ambasciatori Cliente fidelizzato


-

Cliente con limitata


prospettiva ma con basse
di vendita prospettive
- +
FIDELIZZAZIONE

27
CARTESIO

Sulla base della classificazione operata, il Modello suggerisce differenti stra-


tegie commerciali per ciascuna categoria di clienti:
• Sviluppo o Recupero (Sfide): per i clienti che si segnalano per potenziale
inespresso;
• Partnership (Diamanti): per i clienti che esprimono con l’azienda tutto il
loro elevato potenziale;
• Mantenimento (Ambasciatori): per i clienti fedeli ma a basso potenziale;
• Gestione selettiva (Marginali): per i clienti a limitate potenzialità e limitato
valore attuale.
In tal modo sarà possibile definire azioni concrete di sviluppo e retention
distinte per ambiti di applicazione: dalla generazione di liste per campagne mira-
te, all’assegnazione mirata delle risorse di vendita, alla definizione di profili ver-
ticali d’offerta per segmenti definiti.

La Matrice di Orientamento è utilizzabile a differenti livelli decisionali; infatti,


dal momento che fornisce informazioni puntuali sul singolo cliente, consente di
supportare:
1. strategie commerciali a livello di direzione generale (definizione di offerte
mirate a segmenti di mercato definiti, assegnazione di fasce di clientela a dif-
ferenti canali di vendita, ...)
2. strategie di geomarketing a livello di singola area commerciale (definizione di
obiettivi di incremento vendita, assegnazione di clienti ad area manager, ...)
3. micro-strategie commerciali a livello di singolo portafoglio-clienti (pianifica-
zione delle visite, definizione di singole priorità di visita da parte di ciascun
venditore, ...)
In conclusione la classificazione nella Matrice di Orientamento si segnala
per semplicità concettuale ed efficacia applicativa: risultano chiare, immediata-
mente e a tutti i livelli, le potenzialità applicative e l’im- mediato supporto che lo
strumento può dare alle attività di vendita e relazione.
Dato tale contesto, l’efficacia del Modello di
Orientamento è direttamente proporzionale all’ac-
curatezza della stima del potenziale di sviluppo dei
clienti sia in termini quantitativi (capacità di spesa) che
in termini qualitativi (caratteristiche degli acquisti) in
modo da formulare strategie mirate di marketing, ven-
dite e customer care.

28
Il Modello di Orientamento Commerciale

Esempio di matrice di orientamento di un venditore affari Tlc

75
Media: 31%

55
POTENZIALE

35
Media: 18 linee

15

10% 30% 50% 70% 90%


PENETRAZIONE

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati primario Operatore Tel efonico

Metodologia di stima dei potenziali

La stima del potenziale di sviluppo ha come obiettivo la definizione del volu-


me complessivo e del mix di acquisti di un certo bene o servizio che ciascun
cliente potrebbe effettuare.
Il Modello di Orientamento Commerciale stima le potenzialità di sviluppo
del mercato basandosi sull’ipotesi che sia possibile allineare al comportamento
d’acquisto dei migliori clienti tutti i clienti con simili caratteristiche.
Innanzitutto è necessario individuare un insieme di segmenti sufficientemente
differenziati tra loro e simili al loro interno, tali che i comportamenti di acquisto in
ciascuno di essi siano quantitativamente e qualitativamente omogenei. La costru-
zione dei segmenti di riferimento viene effettuata selezionando il sottoinsieme di
variabili di input maggiormente correlate alla variabile target e, quindi, effettiva-
mente discriminanti dei comportamenti d’acquisto (ad esempio: micro-settore,
fatturato aziendale, area geografica per la clientela affari; professione, età, zona
di residenza, per la clientela privata).
Successivamente, all’interno di ciascun segmento sarà possibile, conoscendo
nel dettaglio il comportamento dei migliori clienti (detti benchmark) stimare con

29
CARTESIO

sufficiente precisione il comportamento di tutti gli altri. La numerosità dei clienti


benchmark in ciascun segmento è definita in base a obiettivi, caratteristiche e
costi del Modello.
La scelta dei benchmark in ciascun segmento è il punto centrale del Model-
lo in quanto su tali clienti viene effettuato il calcolo dei coefficienti che fornisco-
no il potenziale di sviluppo, così come sintetizzato dal grafico seguente

Stima dei consumi potenziali mediante clienti benchmark


Fatturato

CLIENTI
BENCHMARK

Stima delle linee potenziali


Area geografica

ALTRI
CLIENTI

Microsettore

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati

La bontà dell’output del Modello non può prescindere da un approfondito


studio del mercato di riferimento per coglierne peculiarità, trend, propensioni e
caratteristiche di fondo. Infatti, la definizione statistica del potenziale di mercato
deve essere preceduta da un’attenta analisi dello scenario e dell’ambito competitivo
di riferimento.
L’accurata analisi dello scenario di riferimento contribuirà alla precisione del-
le stime oltre che al corretto inserimento del Modello nei processi decisionali
delle linee aziendali utilizzatrici finali.
In sintesi, la metodologia di stima dei potenziali si articola nei seguenti passi
principali:
1. Analisi dello scenario di riferimento
2. Individuazione di un numero ridotto di variabili descrittive sufficientemente
correlate alla variabile target

30
Il Modello di Orientamento Commerciale

3. Costruzione di segmenti di aziende, sufficientemente disomogenei tra loro e


omogenei al loro interno
4. Selezione, in ciascun segmento, dei clienti benchmark
5. Allineamento delle aziende di ciascun segmento ai comportamenti dei clienti
benchmark

Principali impieghi del modello

Il Modello di Orientamento Commerciale trova applicazioni in numerosi


settori e in particolare in quelli del Credito, delle Telecomunicazioni, delle Utilities,
delle Assicurazioni, dell’Editoria e dei Tasporti. In tali settori il Modello è stato
applicato con sucesso a supporto della gestione strategica del cliente. Nel detta-
glio le applicazioni che hanno dato prova di maggiore efficacia si focalizzano nei
seguenti ambiti aziendali:
1. Vendite: definizione priorità di contatto ed allocazione risorse di vendita
2. Marketing: supporto alla definizione di offerte mirate
3. Retention: campagne di contatto e promozioni ad hoc su segmenti definiti
4. Customer Care: differenziazione del livello di servizio
Ovviamente, a seconda dell’area di utilizzo del Modello - e dell’Industry d’im-
piego - si perverrà ad una declinazione degli obiettivi di fondo di conoscenza ed
orientamento in funzione del livello di dettaglio necessario.
1. Le Vendite (diretta ed indiretta) utilizzano il Modello sia a supporto dell’at-
tività di fidelizzazione dei clienti a maggiore valore attuale e potenziale, sia
nella definizione delle priorità di prospecting (fasce di po-
tenziale per industry ed area geografica).
Il Modello di Orientamento supporta la pianificazione degli
incentivi alla forza vendita, definendo gli obiettivi di aumen-
to della penetrazione o contenimento delle cessazioni. Inol-
tre è più agevole ripianificare efficacemente il mix di canale
in funzione dei potenziali stimati. Il grafico seguente sintetiz-
za le strategie per una banca multicanale.

31
CARTESIO

Strategie di vendita di una banca multicanale


SEGMENTAZIONE CLIENTI STRATEGIE DI CANALE

23 % 11 % LISTE SELEZIONATE PER


Patrimonio stimato

A   PROMOTORI FINANZIARI

55 % 11 % LISTE SELEZIONATE PER


  CAMPAGNE BANCA TELEFONICA
B

B A
Fidelizzazione (AUM)

 Alta priorità di azione  Bassa priorità di azione

Fonte: Elaborazione Busacca & Associa ti su dati Banca Multicanale

2. Le attività di Retention e Customer Care utilizzano il Modello per diffe-


renziare le modalità di presidio della clientela: il presidio diretto è affidato ai
venditori migliori (spesso associato a incentivi mirati) e si concentra sui clienti
ad elevato potenziale, mentre il presidio telefonico, affidato al Customer Care,
è rivolto a liste di clienti a minori potenzialità. Il grafico seguente sintetizza le
strategie di presidio per un operatore di Tlc.

Strategie di vendita di un operatore Tlc

MATRICE DI ORIENTAMENTO STRATEGIE DI CANALE

Sfide Diamanti PRESIDIO DEDICATO AI


A

VENDITORI E INCENTIVI MIRATI


Potenziale

20% 30%

Marginali Ambasciatori CAMPAGNE AD HOC DI


25% 25% RETENTION E TELEFONICHE
B

DEL CUSTOMER CARE E


B A INCENTIVI MIRATI
Penetrazione

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati Operatore TLC

32
Il Modello di Orientamento Commerciale

3. Infine il Modello è utilizzato efficacemente dal Marketing a supporto della


definizione di offerte mirate su segmenti specifici. Si pensi al lancio di nuovi
profili verticali d’offerta, così come il test dei concept di prodotto. L’attività
infatti potrà limitarsi ai segmenti e/o alle aree geografiche a maggiore poten-
ziale, contenendo significativamente il rischio di marketing. Tale utilizzo è par-
ticolarmente marcato nei settori dove sono presenti servizi ad elevato conte-
nuto di valore, dove la sperimentazione di nuove tecnologie e nuovi servizi è
agevolata dalla focalizzazione sui segmenti di mercato ad elevato potenziale.

Performance rilevate nel settore delle Tlc

L’utilizzo del Modello di Orientamento Commerciale nel settore delle Te-


lecomunicazioni è abbastanza consolidato. In tale area il Modello consente di
registrare performance particolarmente significative, tanto per quanto riguarda
la bontà delle stime di potenziale quanto per ciò che concerne l’efficacia del
supporto alle attività di vendita e retention. Inoltre va sottolineato che le Tlc si
mostrano particolarmente attive nell’utilizzo del Modello, segnalandosi il suo
impiego anche a supporto della definizione di offerte verticali per segmenti spe-
cifici di mercato.
Dopo circa un anno di utilizzo a regime del Modello presso un primario
operatore telefonico ne sono state analizzate le performance. L’analisi condotta
sulla forza vendita che utilizza regolarmente il supporto del Modello di Orienta-
mento ha fornito le evidenze che seguono:
1. il 90% dei venditori dichiara di utilizzare positivamente il Modello a supporto
dell’attività operativa di vendita

33
CARTESIO

Utilizzatori e motivi di utilizzo del modello

“UTILIZZA IL MODELLO?” PRINCIPALI MOTIVI DI UTILIZZO DEL


MODELLO

Altro
Sì, abbastanza
Per assegnare 9%
17% Per assegnare
obiettivi
Sì, priorità agli
Molto agenti
No 16%
72% 11% 45%
Per avere una
lista ordinata
30%

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su intervi ste dirett e

2. rispetto ai non utilizzatori, i venditori che utilizzano regolarmente il Modello


per definire le proprie priorità evidenziano performance superiori e aderenti
alle indicazioni del Modello stesso.
Analizzando gli ampliamenti di linee per cliente nel periodo di riferimento gli
utilizzatori evidenziano in media performance superiori del 70% rispetto ai non
utilizzatori. Inoltre le performance degli utilizzatori risultano in linea con le indica-
zioni di potenziale fornite dal modello, ossia decrescenti in funzione del poten-
ziale del cliente; mentre quelle dei non utilizzatori evidenziano andamenti pura-
mente casuali. Ciò dimostra un concreto supporto del Modello all’efficienza di
vendita, con risultati evidenti e misurabili.

Ampliamenti di linee a cliente realizzati nel periodo di riferimento


Utilizzatori NON Utilizzatori

Potenziale Alto Medio Alto Medio Basso Basso Alto Medio Alto Medio Basso Basso

Media ampliamenti: +70% Cessazioni clienti: - 50% Cessazioni linee: - 30%

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati operatore

34
Il Modello di Orientamento Commerciale

Performance rilevate nel settore del credito

L’utilizzo del Modello di Orientamento Commerciale nel settore bancario


è diffuso sia nell’ambito retail sia in quello corporate potendosi avvalere di una
disponibilità di dati descrittivi del cliente oggettivamente elevata. In tale contesto
il Modello ha trovato impieghi particolarmente diffusi sia a supporto dei canali di
gestione e sviluppo (promotori, gestori, filiali, web, banca telefonica) sia nella
definizione dei livelli di servizio dei Contact Center.
Come per le Telecomunicazioni, anche nel settore bancario gli impieghi del
Modello di Orientamento fanno registrare performance positive con chiari ef-
fetti sull’efficienza di vendita e post-vendita. In particolare, all’analisi delle per-
formance rilevate si segnalano le seguenti evidenze:
1. Nel caso di una banca retail la conoscenza del potenziale ha permesso di
ottenere un delta ricavi più che doppio consentendo la focalizzazione degli
incrementi degli asset gestiti sui clienti a maggiori potenzialità.

Incremento degli asset su clienti retail

NON Conoscendo il Potenziale Conoscendo il Potenziale

Sfide Marginali Sfide Marginali

Ricavi incrementali: + 213%

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati banca retail

2. In una banca corporate la clientela ad alto potenziale è stata sviluppata


selettivamente con recuperi di efficienza in termini di incremento di valore del
cliente e riduzione del tasso di abbandono.

35
CARTESIO

Risultato del piano di sviluppo su clienti corporate

+ 15%

Clienti al mese 0 Clienti al mese 12

 Valore medio del cliente: + 31%

 Tasso medio di abbandono: - 22%

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati banca corporate

3. Infine, la differenziazione del livello di servizio del post-vendita ha comporta-


to, per una realtà multicanale, impatti significativi sulla soddisfazione dei mi-
gliori clienti.

Differenziazione livelli di servizio di un contact center banca retail

Attesa in coda Chiamate abbandonate


- tempo medio in secondi -- - % su totale chiamate - -
53%
53 9%

- 83% - 78%

9%
9 2%

Altri clienti Diamanti Altri clienti Diamanti

Circa ilCirca
75% dei Diamanti si dichiara molto soddisfatto del servizio
il 75% dei Diamanti si ritiene soddisfatto del servizio

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati banca multicanale

36
Il Modello di Orientamento Commerciale

Conclusioni

Con particolare riferimento ai settori del Credito e delle Telecomunicazioni,


al crescere della competizione e della turbolenza ambientale si è assistito negli
ultimi anni ad una crescente attenzione degli operatori per l’erosione dei margini,
quest’ultima derivata principalmente da:
1. crescente disponibilità di informazione
2. crescente differenziazione dell’offerta di base
3. sfide da nuovi servizi e/o nuove tecnologie
4. offerta disponibile su canali alternativi
5. guerra dei prezzi stimolata dai nuovi entranti
La risposta vincente in entrambe i settori è stata quella di adottare un proces-
so strutturato di relazione e fidelizzazione della clientela volto a:
1. razionalizzare lo sforzo commerciale in base a chiare priorità di visita
2. focalizzare le azioni di marketing sui segmenti ad alto potenziale
3. differenziare i livelli di servizio del post-vendita
In tale contesto l’obiettivo di sviluppo della redditività è stato perseguito con
successo facendo leva sul Modello di Orientamento Commerciale che ha
reso disponibile in azienda una conoscenza approfondita, mirata e quantitativa
delle esigenze del cliente stesso e dei comportamenti di acquisto, attuali e po-
tenziali.
L’ampio spettro di impieghi del Modello, sia tattici sia strategici, dalla gene-
razione di liste per campagne sino alla definizione del target per nuovi profili di
servizio, ne fa uno strumento prezioso e, soprattutto, collaudato per instaurare
selettivamente una proficua e duratura relazione con il cliente finale. Realizzando
così concretamente l’obiettivo finale della strategia di loyalty: acquisire e tene-
re legati i migliori clienti meglio dei concorrenti.

37
Agire
sui problemi del cliente

Capire i problemi che i clienti incontrano nell’utilizzo di un prodotto


o di un servizio consente di lanciare azioni immediatamente efficaci
per l’incremento della soddisfazione e della fedeltà

Busacca & Associati

n azienda non si ha sensibilità sui problemi che vengono imposti ai


I clienti. Per poca concretezza, perché i punti di contatto con il cliente
sono spesso deformanti, perché ciò che il cliente dice viene ascolta-
to dal management con il filtro delle proprie convinzioni radicate e dei miti
aziendali. Tuttavia i problemi del cliente sono la fonte prima di spunti per
lanciare azioni crash sulla customer satisfaction.
Cercando di migliorare rapidamente customer satisfaction e loyalty, le
aziende commettono spesso alcuni errori. Se disporre di un sistema affida-
bile e standardizzato per la misurazione della customer satisfaction è la
premessa essenziale per influenzare con i sistemi incentivanti i comporta-
menti aziendali, identificare i tre-quattro problemi che il cliente avverte e
agire con decisione rappresenta il modo migliore e più sicuro per avere
risultati nel breve periodo. La prima parte di questo articolo illustra le diffi-
coltà che le aziende incontrano nel comprendere i problemi più pressanti
dei propri clienti, la seconda parte descrive in dettaglio un approccio che
permette di identificare con estrema precisione i problemi dei clienti nel-

38
Agire sui problemi del cliente

l’uso di un prodotto o di un servizio consentendo di lanciare azioni crash di


incremento della soddisfazione.
Tale approccio rappresenta la chiave che molti manager oggi cercano: il
punto di inizio del processo di cambiamento e di riprogrammazione del
codice genetico aziendale verso la relazione con il cliente, ovvero ciò che
tutti dentro e fuori dall’azienda attendono e chiedono.

Metriche strutturate o azioni sui problemi?

Ogni azienda dovrebbe disporre di un processo di monitoraggio della


customer satisfaction che risponda ai requisiti di Azionabilità, Sostenibilità
e Incentivazione. Ovvero:
a) che permetta di lanciare piani azione per lo sviluppo della customer
satisfaction;
b) che consenta di comunicare alla comunità finanziaria la sostenibilità nel
tempo dei risultati aziendali;
c) che permetta di orientare verso la customer satisfaction i comportamenti
aziendali tramite un’incentivazione mirata.
Un Sistema di Ascolto basato sul modello ICSI1 soddisfa queste caratte-
ristiche. Il punto è che il Sistema di Ascolto, paragonabile ad una sorta di
piano dei conti della soddisfazione, come un buon sistema contabile forni-
sce le coordinate di navigazione sul lungo raggio ma di-
venta difficile da utilizzare se si rendono necessarie azioni
forti in grado di raddrizzare rapidamente una situazione di
relazione con la clientela gravemente compromessa o in
fase di calo verticale. In altre parole se il Sistema di Ascol-
to risulta efficace nel governare la customer satisfaction di
un’azienda già orientata verso questo obiettivo, potrebbe
da solo rivelarsi eccessivamente complesso e articolato se
l’obiettivo è quello di mettere in movimento un’azienda

1
ICSI- Italian Customer Satisfaction Index

39
CARTESIO

incagliata in termini di customer satisfaction. In questo caso un approccio


quale quello qui proposto mostra di essere più facilmente percorribile e
maggiormente efficace nel breve termine e rappresenta un ottimo punto di
avvio per poi passare alla realizzazione di un Sistema di Ascolto aziendale.
Un programma che agisca direttamente sui problemi merita quindi at-
tenzione poiché, come abbiamo visto, sono proprio i problemi, più ancora
dei benefici, il terreno dove viene vinta o persa la sfida della customer
satisfaction. L’analisi dei problemi del cliente è quindi un’attività che ogni
azienda che voglia fare della customer satsfaction la propria strategia do-
vrebbe effettuare con una certa cadenza. Ripetiamo, l’analisi dei problemi
non è un processo che debba funzionare a regime come il Sistema di Ascol-
to integrandosi nella struttura organizzativa aziendale a tutti gli effetti. Nel
caso dell’analisi dei problemi si tratta di una ricerca sul cliente, non una
come tante, ma condotta con un fine ed un metodo ben precisi. Tuttavia
come tale deve essere realizzata con una periodicità da misurarsi in termini
di anni. Infatti a valle di questa ricerca vanno identificati progetti di azione
che dovranno successivamente essere realizzati e di cui il Sistema di Ascol-
to ed un sistema di Customer Profiling potranno monitorare avanzamento
ed effetti. E’ importante ancora una volta, quindi, non confondere l’analisi
dei problemi con il Sistema di Ascolto. La prima indaga un aspetto chiave
ma limitato del mercato di riferimento ed andrebbe svolta con frequenza
non superiore ai due-quattro anni, il secondo ha come obiettivo una descri-
zione dinamica del mercato di riferimento nel suo insieme e deve prevedere
una cadenza trimestrale o semestrale.

Conoscere ciò che i clienti subiscono

In Italia solo un’azienda su tre ha un’idea, almeno approssimativa, di


quanto renda ciascun cliente, del suo grado di fedeltà o dello share of wallet
raggiunto. Una su due dispone di una strumentazione per la misurazione
periodica della customer satisfaction ma solo una su dieci è in grado di
fornire una valutazione statisticamente attendibile dei cinque più importan-
ti fattori che influenzano la soddisfazione della propria clientela e del grado

40
Agire sui problemi del cliente

di soddisfazione conseguito in ciascun fattore2 . Ma se andiamo più sul con-


creto le cose si complicano ulteriormente. Invitati ad elencare i dieci pro-
blemi maggiormente sentiti dai propri clienti, nella maggior parte dei casi i
manager non sono in grado di dare risposte corrette. Nessuno, preso singo-
larmente, è capace di elencare più di tre dei dieci problemi realmente gravi
per il cliente. Ma come può accadere che manager affermati e riconosciuti
da tutti come validi ed efficienti si rivelino così poco capaci di conoscere i
propri clienti e i loro problemi nell’acquistare ed utilizzare i prodotti forni-
ti? Proviamo a vederne le cause.
Una prima motivazione è puramente tecnica. I manager sono abituati a
discutere utilizzando termini astratti, considerando il cliente una sorta di
entità virtuale, che prende esistenza soltanto al momento dell’atto di acqui-
sto, non esistendo prima e cessando di esistere subito dopo. Ne deriva un
atteggiamento distaccato, astratto nei confronti dei problemi, questi vice-
versa molto concreti, che il cliente deve affrontare. Inoltre la grande fami-
liarità che i manager hanno con i prodotti che realizzano e vendono li rende
assolutamente inadatti a valutare l’impatto di problemi spesso banali che
rendono difficile la vita del cliente e ne fanno crollare i livelli di soddisfa-
zione.
Una seconda motivazione è attribuibile proprio ai numerosi punti di con-
tatto con la clientela di cui ogni azienda dispone che, a prima vista, sembra-
no un valido canale per ottenere segnali ed infor-
mazioni, ma che spesso si traducono in fonti di er-
rori. Il momento di contatto istituzionale maggior-
mente rilevante è il customer care. Tale servizio
rappresenta uno dei più efficaci strumenti a sup-
porto di ogni strategia di loyalty, tuttavia è impor-
tante non lasciarsi trarre in inganno dalle statisti-
che relative alle motivazioni di reclamo. Il segmento
costituito da coloro che presentano spontaneamen-
te reclami è infatti costituito in gran parte da due sottogruppi: gli utilizzatori
infrequenti ed i reclamatori abituali. I primi hanno verso il prodotto o il
servizio aspettative molto lontane dalla realtà, mentre i secondi tendono a
protestare comunque e dovunque. L’acquirente abituale raramente protesta
e se si rivolge al customer care non è per lamentarsi ma perché ha un pro-

2
Elaborazioni Busacca & Associati su dati Osservatorio ICSI.

41
CARTESIO

blema reale che non è riuscito a risolvere da solo. Altre occasioni di contat-
to hanno luogo quando componenti dell’alta direzione incontrano formal-
mente o informalmente clienti. Notiamo tuttavia che se l’amministratore
delegato incontra un cliente è probabile che quest’ultimo sia molto soddi-
sfatto o molto insoddisfatto. Infatti solo i commenti di queste due categorie
riescono a risalire la catena gerarchica fino al top management. Il cliente
medio rimane anonimo, le sue opinioni sconosciute. Lo stesso vale per i
giudizi, le opinioni ed i commenti riportati al top management da amici,
parenti o colleghi. Considerazioni che iniziano con frasi del tipo quando
mio figlio ricarica la sua carta prepagata... oppure io stesso quando vado
in banca... non possono essere considerate significative. Intanto, molto più
spesso di quanto non si creda, le aziende utilizzano tali informazioni per
modificare, anche radicalmente, le loro strategie di marketing.
Anche la comunicazione fra acquirente e fornitore spesso è fuorviante.
Un servizio scadente, ad esempio, provoca inevitabilmente una sola reazio-
ne: proteste circa il prezzo. Se un cliente afferma: Il prezzo è eccessivo
raramente è l’importo in sé che viene contestato. In realtà ciò che egli vuole
esprimere implicitamente è che la somma algebrica dei benefici e dei pro-
blemi (ovvero il valore) che ritiene di ottenere dal prodotto o dal servizio
non giustifica il prezzo richiesto. Nella pratica, quanto maggiori sono i pro-
blemi che il cliente si trova a dover affrontare, tanto maggiori sono le pro-
babilità che lo stesso inizi a discutere il prezzo e ad avviare un processo di
abbandono.

Ascoltare i clienti senza pregiudizi

Il capo di ogni azienda dovrebbe periodicamente uscire ed incontrare i


propri clienti, non solo alcuni ben selezionati ma, girando sistematicamen-
te, visitare quelli soddisfatti, gli insoddisfatti, gli indifferenti. Non tutti i
clienti, ma un certo numero che, però, ne rappresenti un po’ tutte le opinio-
ni. La discussione, durante questi incontri, dovrebbe seguire delle linee guida
prefissate.
Dovrebbe coprire un certo numero di argomenti, utilizzare alcune parole

42
Agire sui problemi del cliente

Dovrebbe coprire un certo numero di argomenti, utilizzare alcune parole


chiave ed alcune domande di approfondimento, in modo da esser certi di
aver coperto tutti gli aspetti del prodotto o del servizio. Il pericolo di una
conversazione a ruota libera è quello di avvitarsi su qualche dettaglio o di
orientare l’incontro su di uno o due argomenti sui quali si
è più a proprio agio. Cosa ne pensa dell’ampiezza della
nostra gamma di prodotti? chiede il direttore
marketing, ben sapendo che questo è il maggior pun-
to di forza dell’azienda. Una conversazione che si
avvia su queste basi probabilmente migliorerà
l’autostima del manager, ma aggiungerà ben poco
alla sua comprensione dei problemi del cliente. Molti
manager non si sentono a proprio agio in presenza di clienti. Essi avvertono
di essere più sicuri nei propri uffici, circondati da collaboratori fedeli. Visi-
tare i clienti li porta su un terreno sconosciuto e pertanto insicuro.
Un’altra fonte di convinzioni errate sul cliente è costituita dai miti che in
azienda vengono a consolidarsi in merito al comportamento, alle esigenze e
ai problemi della clientela. Più o meno tutti i manager, ad esempio, sono
convinti che i propri clienti si irritino sempre nel telefonare in azienda. Ciò
deriva, con ogni probabilità, dall’immagine negativa che la stampa dà dei
call center e dalle esperienze negative che vengono loro riportate. Si con-
vincono quindi che il call center sia una sorta di male necessario o di pro-
blema insolubile. In realtà i clienti sono molto più tolleranti e sono disposti
ad essere pazienti a patto però che il tempo di attesa sia certo e il problema
venga risolto. Nella maggior parte dei casi infatti il cliente che chiama in
azienda è ben disposto: ha un problema e parte dal presupposto di trovare
qualcuno in grado di aiutarlo. Un altro mito è costituito dalla convinzione
che le telefonate commerciali siano sempre e comunque percepite come
un’intrusione. Ciò è talvolta vero, soprattutto per prodotti o servizi scarsa-
mente coinvolgenti, mentre è spesso il contrario nel caso degli acquisti ad
alta criticità e ad alto coinvolgimento. Il problema è che di solito lo staff di
vendita è scarsamente addestrato e motivato a gestire una relazione
consultiva, come gli acquisti ad elevata criticità richiedono.
In alcune aziende poi prevale la convinzione che i propri prodotti siano
inferiori a quelli della concorrenza. E questa sindrome è spesso presente in
aziende di successo, ben conosciute e con posizioni di leadership nel pro-
prio settore.

43
CARTESIO

Al contrario il personale delle organizzazioni di dimensioni minori è


spesso fortemente motivato sulla superiorità dei propri prodotti. Ne conse-
gue che molte grandi aziende finiscono per allungare inutilmente i progetti
di qualità totale, focalizzandosi su dettagli marginali, minando alla base la
motivazione della forza vendita.
Un’altra conseguenza della scarsa visibilità del management sui proble-
mi dei clienti è costituita dall’abbondanza di messaggi
pubblicitari generici e privi di un obiettivo preciso. Si
tende cioè ad aggregare talmente tante argomentazioni
di vendita in un’unica proposizione che l’acquirente fi-
nisce per non ascoltarne nessuna. La teoria del marketing
e la stessa esperienza concordano nel dire che la gente
può ricordare al massimo tre concetti in un unico mes-
saggio promozionale. Capita infatti frequentemente di
osservare quanto le persone associno la propria banca, la propria assicura-
zione o la propria carta di credito con messaggi pubblicitari sbagliati. In
molti settori assistiamo al crescere dell’irritazione della clientela verso le
comunicazioni vaghe o inconsistenti. Le belle immagini e gli slogan fatti di
giochi di parole ormai finiscono solo per dare fastidio ai clienti. In realtà il
cliente è sempre di più alla ricerca di messaggi concreti e di informazioni
utili in grado di risolvere i suoi problemi.

Un metodo efficace per studiare i problemi

Il direttore generale di un’azienda alimentare con seri problemi di


redditività aveva bandito la parola problema dal vocabolario interno, nes-
suno era autorizzato ad utilizzarla , in nessun contesto. Tutti i manager ri-
tengono di avere troppi problemi. Bene, sbagliano. Evitare i problemi è un
errore, poiché sono proprio i problemi la scorciatoia per la customer
satisfaction. Saper sviluppare una effettiva capacità di problem solving in
favore del cliente è in definitiva l’essenza stessa del marketing e la princi-
pale scorciatoia per la customer satisfaction. I clienti vogliono senza dub-
bio conoscere i benefici di un prodotto, ma soprattutto vogliono sapere quali
problemi quel prodotto risolverà.

44
Agire sui problemi del cliente

Se esaminate una campagna pubblicitaria di successo, con ogni probabi-


lità sarete subito in grado di dire quali problemi quel prodotto è in grado di
risolvere.
La difficoltà consiste nell’identificare i problemi realmente rilevanti in
un determinato mercato e per un determinato prodotto. Le pagine che se-
guono descrivono una metodologia di studio del mercato denominata
Problem Detection, creata negli USA e perfezionata in Svezia. Questo me-
todo procede all’analisi del comportamento del cliente in modo sostanzial-
mente opposto a quanto la maggioranza delle aziende fa per sviluppare le
proprie azioni sul mercato. Gli studi tradizionali si basano infatti sulla con-
vinzione che chiedendo ai clienti, direttamente o indirettamente, quali sia-
no le loro esigenze essi forniscano informazioni nuove e comunque utili a
tracciare una strategia di marketing innovativa. In realtà i clienti molto rara-
mente fanno ciò, poiché quasi mai possiedono il dono della creatività, e
raramente possono o vogliono dare informazioni credibili utili allo svilup-
po dei propri fornitori. La problem detection viceversa si basa sulla convin-
zione che le persone trovino più facile lamentarsi e trovare dei difetti, poi-
ché questo è connaturato nella natura umana, mentre non lo è il dare sugge-
rimenti costruttivi.
Identificando dapprima i problemi e facendoli successivamente mettere
in ordine di importanza da un campione significativo della nostra clientela
in ciascuna fase del processo di acquisto, uso ed abbandono, otterremo una
lista di problemi organizzata per priorità. Risolvendo i primi otterremo no-
tevoli risultati in termini di customer satisfaction, mentre trascurando gli
ultimi potremo conseguire risparmi rilevanti. La Problem Detection forni-
sce una lista di azioni chiara e semplice ed articolata in funzione di due
criteri:
• i differenti segmenti del mercato;
• la fase del processo di acquisto, uso o abbandono in cui il cliente si trova.
Uno studio basato su questo metodo si articola in tre fasi:
• definizione del business e analisi qualitativa;
• analisi quantitativa dei problemi;
• definizione dei progetti di azione.
Il lavoro inizia con una fase preparatoria durante la quale vengono con-
dotte alcune interviste pilota ad altrettanti clienti. Le interviste consistono
in un dialogo aperto e destrutturato, finalizzato ad acquisire la loro visione

45
CARTESIO

su come si svolge il processo di acquisto-uso-abbandono, ovvero il ciclo di


momenti che inizia dal primo contatto con il cliente, prosegue con la conse-
gna del prodotto o l’erogazione del servizio e si conclude con il riacquisto
o, in caso negativo, con la scelta di un nuovo fornitore. Queste interviste
pilota hanno come risultato una definizione delle aree di problematicità
identificabili nelle diverse fasi del processo per il determinato prodotto o
servizio allo studio.
Descrivendo le aree di problematicità sulla base di ciò
che dicono i clienti in questa fase otterremo elementi che
si trovano all’interno o anche all’esterno del servizio o
del prodotto vero e proprio dell’azienda. In questa ma-
niera ci assicuriamo che sia il cliente e non l’azienda a
definire il quadro di riferimento entro cui verrà svolto lo
studio.
Successivamente le aree di problematicità individuate in precedenza ven-
gono utilizzate come guida per condurre 20-25 interviste approfondite ad
altrettanti clienti posizionati nelle differenti fasi del processo di acquisto,
uso ed abbandono. In altre parole è necessario intervistare clienti che:
• hanno deciso di acquistare il prodotto;
• hanno acquistato di recente il prodotto e lo iniziano ad utilizzare;
• utilizzano il prodotto da tempo ed hanno avuto modo di avvalersi del
servizio post-vendita;
• sono in fase di riacquisto e stanno valutando se passare ad un
altro fornitore;
• hanno deciso di cambiare fornitore e, se necessario, hanno chiuso
la relazione con l’azienda;
• hanno deciso di riacquistare.
Le interviste vengono condotte da intervistatori abituati ad avere come
obiettivo l’individuazione e la formulazione dettagliata dei problemi. Con-
durre queste interviste non è né facile né semplice, per portare a termine
correttamente questa fase. Ad una base di competenze di psicologia appli-
cata, bisogna associare una profonda conoscenza del settore industriale, delle
dinamiche competitive e della realtà aziendale. E’ necessario coprire tutti
gli aspetti della catena del valore discutendo inizialmente in generale, ma
approfondendo rapidamente le questioni che appaiono maggiormente inte-
ressanti. Di regola questa fase viene condotta da due o tre intervistatori

46
Agire sui problemi del cliente

contemporaneamente. Infatti l’esperienza indica che due persone che inter-


vistano 15 clienti ciascuno individuano oltre il 50% di problemi in più di
una sola che ne intervisti 30.
Terminata la fase qualitativa del lavoro si ottiene una lista composta da
circa 200 problemi. Nel corso di una riunione con lo staff interno di proget-
to questa lista viene discussa ed affinata. L’obiettivo è quello di giungere ad
una lista di 120-150 problemi da inserire in un questionario. Il questionario
è composto da una sezione con la lista dei problemi, da valutare in termini
di importanza e frequenza, ed una sezione che consente di inquadrare chi
risponde in termini di segmentazione ed in termini di posizionamento nel
processo di acquisto-uso-abbandono. Prima di procedere alla stesura defi-
nitiva il questionario viene provato su di un gruppo di clienti e sul persona-
le interno. Con il questionario corretto e messo a punto, viene avviato un
ciclo di interviste ad un campione rappresentativo del mercato di riferimen-
to dell’azienda. Per mercato di riferimento intendiamo l’insieme dei clienti
potenziali, dei clienti attuali, dei clienti persi di recente.
Una volta ultimate le interviste si provvede a calcolare il punteggio ri-
portato da ciascun problema combinando l’importanza relativa e la relativa
frequenza. Più elevato è il valore, maggiori sono le opportunità per l’azien-
da. Tutti i valori vengono mediati e posti in sequenza, globalmente e per
sottogruppi ed infine posizionati all’interno del processo di acquisto-uso-
abbandono in ordine di priorità decrescente, mettendo al primo posto quel-
lo maggiormente rilevante ed all’ultimo posto quello meno importante. Suc-
cessivamente mediante l’utilizzazione di un algoritmo analogo a quello uti-
lizzato nel modello ICSI vengono identificati i gruppi di problemi e ne ven-
gono evidenziati i legami sottostanti. Di solito i risultati portano ad indicare
quattro o cinque aree di problematicità.
A questo punto disponiamo della lista dei dieci problemi top per tutta la
clientela e di quelli relativi ai diversi segmenti nei quali abbiamo suddiviso
il mercato. Definire e lanciare un piano di emergenza per lo sviluppo della
customer satisfacion è ora estremamente agevole e, soprattutto, credibile.
Volendo si può anche fare di più: lavorando per identificare le cause alla
base di ciascuna area di problematicità è possibile anche identificare un
certo numero di progetti di medio-termine per rimuovere le cause che de-
terminano i problemi. E’ importante infatti non confondere i problemi con
i sintomi o con le cause ed agire consapevolmente.

47
CARTESIO

Agire solo tatticamente consente di ottenere risultati immediati ma pas-


seggeri e, frequentemente, a costi elevati. Agire solo sulle cause, ovvero
strategicamente, porta a risultati solidi nel tempo ma il percorso è lento,
difficile e richiede convergenza di opinioni. Una efficace strategia sulla
customer satisfaction deve sempre essere un mix di azioni tattiche e di pro-
getti strategici.

48
Marketing non convenzionale,
modelli e strumenti
per il successo

Per conquistare l’attenzione dei clienti, sempre più impermeabili


ai messaggi pubblicitari, è fondamentale che le aziende interagiscano
con loro, al fine di renderli ambasciatori spontanei del brand
e spingerli ad alimentare passaparola virali

Busacca & Associati

e in passato il cliente era un soggetto passivo, destinatario di messaggi da


S parte dell’azienda oggi desidera essere attivo e partecipe, e cerca nel
brand e nel prodotto/servizio non solo la soddisfazione di un bisogno,
ma un’esperienza con cui esprimere la propria personalità e, se possibile, diver-
tirsi.
Il marketing ha risposto a tale necessità di intrattenimento, coinvolgimento
e informazione affiancando sempre di più all’approccio tradizionale fina-
lizzato a convincere i clienti, un approccio non convenzionale basato sul
loro ruolo attivo di ambasciatori spontanei di un brand o di un prodotto
presso la propria rete sociale e quindi presso altri clienti o potenziali clienti.
Questo nuovo approccio si basa su modelli e strumenti che consentano al-
l’azienda di sfruttare il potenziale relazionale e la rete sociale dei propri
clienti al fine di innescare e alimentare passaparola positivi sui propri pro-
dotti/servizi.

49
CARTESIO

Come è cambiato il modo di acquistare

Tre macro-trend hanno portato ad una profonda evoluzione del processo di


acquisto: lo sviluppo e la diffusione dei mezzi di comunicazione e di informazione,
il graduale passaggio dal possesso all’uso e la crescita di importanza del servizio
nel mix di offerta di qualunque prodotto.
Prima di ogni cosa è cambiato il modo in cui i clienti si informano sui prodotti/
servizi e valutano tali informazioni ai fini dell’acquisto. La crescita dell’informa-
zione dovuta alla diffusione di Internet, il proliferare di messaggi pubblicitari1 e la
confusione che ne deriva, fanno sì che il cliente non cerchi più l’informazione in
sé, ma chi di questa si fa garante in modo imparziale. I clienti considerano sem-
pre meno credibile un messaggio che proviene da una fonte “tradizionale”, come
l’azienda, o da un mezzo classico, come la pubblicità in televisione o sulla carta
stampata. Per il consumatore il messaggio è più credibile
se arriva spontaneamente da una fonte simile e vicina,
ossia amici, colleghi o altri clienti: chi deve acquistare un
cellulare non si affida alla pubblicità vista in TV o ai con-
sigli del venditore, piuttosto tiene conto delle raccoman-
dazioni di amici e conoscenti o delle opinioni scambiate
via web da clienti che hanno già acquistato e utilizzato
quel particolare modello. Si è evoluto inoltre il ruolo che
oggi i clienti ricoprono nel processo di comunicazione:
questi non si accontentano di ricevere un messaggio pub-
blicitario in maniera passiva, vogliono interagire.
In precedenza una campagna di comunicazione, per portare al successo un
brand o un prodotto doveva innanzitutto essere innovativa e diffusa tramite mass
media, la TV prima su tutti. Era quindi fondamentale che la pubblicità di un pro-
dotto o servizio rispondesse a due precisi requisiti:
• avere un gingle che si ricordi facilmente o un claim particolarmente
originale: ricordiamo l’indimenticabile “Una telefona allunga la vita”
di Telecom Italia, claim finalizzato a ridurre il senso di colpa legato

1
In base a una ricerca realizzata di recente in USA, i clienti sono raggiunti da una media di 3.000
messaggi pubblicitari al giorno e il 65% delle persone si ritiene “bombardato” costantemente dalla
pubblicità.

50
Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per il successo

all’uso quotidiano del telefono in un periodo in cui si telefonava ancora


in maniera sporadica e parsimoniosa
• essere divulgata tramite mezzi di comunicazione di massa capaci
di assicurare un ampio reach (numero di clienti o potenziali clienti rag-
giunto) e un’alta frequenza (numero di volte in cui un cliente viene rag-
giunto da uno stesso messaggio).
Tuttavia negli ultimi anni i mass media tradizionali hanno visto ridursi notevol-
mente la loro capacità di coinvolgere i consuma-
tori e influenzarli. Oggi, affinché una campagna
di comunicazione sia efficace deve essere in gra-
do di coinvolgere, stupire e divertire i clienti in
modo tale da spingerli a parlare di un brand o di
un prodotto, innescando in maniera spontanea
un passaparola virale.
Il passaparola esiste da sempre, ma solo di recente è diventato in grado di
influenzare sostanzialmente il successo di un prodotto. Tutto ciò grazie a due
fenomeni:
• l’eco data da Internet alla voce di ogni singolo cliente. I clienti hanno a
disposizione strumenti di massa di pubblicazione (Facebook, MySpace,
YouTube) o di valutazione dei brand e dei prodotti/servizi (Yahoo
Answers, Ciao, blog e forum in genere). Una valutazione negativa
o positiva diffusa tramite Internet può influenzare positivamente la dif-
fusione di nuovi prodotti o servizi oppure determinarne il fallimento.
• la crescita di importanza dei servizi rispetto ai prodotti. Un prodotto,
per esempio un’autovettura o una poltrona, può essere valutato
abbastanza facilmente sia in termini di estetica sia in termini di qualità e
funzionalità. Un servizio viceversa può essere valutato solo dopo l’uso e
quindi dopo il suo acquisto. Di conseguenza, l’opinione espressa da un
cliente relativamente a un albergo, una compagnia aerea o
sull’investimento in fondi o su un mutuo conta di più dell’informazione
aziendale, spesso valutata come una pubblicità poco atten-
dibile e chiaramente di parte.

51
CARTESIO

Come si è evoluto il marketing

Secondo una ricerca condotta di recente negli Stati Uniti, solo il 14% dei
consumatori si fida della pubblicità, il 54% evita di acquistare prodotti dei
quali viene fatta un’eccessiva promozione e il 69% è interessato a prodotti/
servizi che aiutino a bloccare la pubblicità. Questi numeri evidenziano la
graduale perdita di efficacia del marketing tradizionale, che fa sì che solo il
18% delle campagne pubblicitarie tradizionali mostri un ROI positivo a
fronte degli investimenti necessari2.
Il marketing convenzionale, in un rapporto unidirezionale azienda-cliente,
punta a persuadere i consumatori distraendoli dai momenti di intrattenimento
o informazione da essi cercati e voluti (si pensi all’interruzione pubblicita-
ria durante un film o, nel caso delle riviste, alla difficoltà che spesso si
incontra nel trovare gli articoli tra una pubblicità e un’altra). Di contro cre-
sce di efficacia un marketing non convenzionale il quale, sfruttando le nuo-
ve tecnologie (Internet in primo luogo ma anche il cellulare), punta a coin-
volgere i clienti e in particolar modo quelli ad alto potenziale relazionale,
con lo scopo di farli sentire in qualche modo protagonisti, stimolare la loro
conversazione e innescare i meccanismi di diffusione virale cliente-cliente
e cliente-prospect.
Marketing tradizionale versus marketing non convenzionale

MARKETING TRADIZIONALE MARKETING NON


CONVENZIONALE

• Comunicazione di massa che punta a raggiungere • Attività promozionali che usano il passaparola online
direttamente il più alto numero di clienti e offline tra le persone come media
• Rapporto unidirezionale azienda-cliente • Coinvolgimento dei clienti ad alto potenziale
• Approccio di promozione e di vendita che tende a relazionale
"distrarre" il cliente per catturare la sua attenzione • Forte spinta al passaparola grazie a fattori quali
intrattenimento/ironia/competizione/solidarietà.

2
Elaborazioni Busacca & Associati su dati Connected Marketing di J. Kirby e P. Marsden, Forrester
Research e siti Internet, dati riferiti al mercato USA.

52
Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per il successo

Le azioni di marketing non convenzionale consentono di ottenere, a costi


sensibilmente ridotti rispetto alle azioni di marketing tradizionale, importanti risul-
tati come l’incremento della brand awareness, il successo di azioni promozionali,
l’acquisizione di dati anagrafici e comportamentali dei clienti o il coinvolgimento
diretto del cliente nella pianificazione e nel lancio di nuovi prodotti o di campagne
promozionali.
In relazione agli obiettivi da raggiungere e al tipo di prodotto/servizio da
promuovere possono essere adottati strumenti differenti di marketing non
convenzionale.
• Viral Marketing. Si tratta di azioni di promozione di un marchio, un
prodotto o un servizio attraverso un messaggio che si diffonde in manie-
ra rapida ed esponenziale tra i consumatori sfruttando le potenzialità di
Internet (email, video, giochi online, blog, minisiti interattivi, quiz
promotion). Esempio significativo è il video viral con cui Coca Cola e
Mentos hanno sfruttato a loro favore un possibile passaparola derivante
dalla scoperta della reazione chimica tra la Coca Cola e le caramelle
Mentos: il video in questione è stato visto cinque milioni di volte, ha
registrato oltre 800 emuli facendo registrare un’esposizione mediatica
del brand Mentos quantificata in circa 10 milioni di dollari3 .
• WoM (word of mouth marketing). Si tratta di campagne costruite per
spingere i clienti a diventare ambasciatori di un prodotto/servizio presso
i componenti del loro network sociale (seeding trial, member-get-
member, friends & family, product recommendations, peer-to-peer
marketing). A tal proposito un esempio importante è la creazione da par-
te di P&G di Tremor, una community di adolescenti che in cambio di
campioni gratuiti e sconti svolge un ruolo attivo nello sviluppo di
prodotti, idee e campagne di comunicazione, esprimendo opinioni e for-
nendo suggerimenti. In questo modo, dando voce in capitolo agli adole-
scenti “opinion leader”, Tremor crea un senso di appartenenza e parteci-
pazione che trasforma gli aderenti alla community in veri e propri “early
adopters” e “vocal word of mouth advocates”: negli USA si è registrato
in poco tempo un incremento medio del 10-30% delle vendite dei pro-
dotti discussi nella community4 .
3
Fonte: mymarketing.it.
4
In Italia una community simile, anche se multibrand, è zzub.it i cui componenti, in base ai loro
interessi e hobby, testano prodotti e servizi in anteprima, esprimendo la propria opinione agli altri
componenti della community e direttamente ai brand.

53
CARTESIO

• Buzz Marketing. Consiste in iniziative particolarmente originali e estra-


nee alle normali caratteristiche, in genere circoscritte a una città e a
particolari luoghi frequentati dalla clientela target, che fanno sì che le
persone parlino dell’iniziativa e quindi del brand e del prodotto e che i
media trattino spontaneamente l’evento (public relation, guerrilla
marketing). Esempio interessante è l’evento guerrilla organizzato
da Kenwood a Milano, Roma e Palermo in cui, in luoghi di grande
affluenza, è stata collocata un’auto bruciata ma con l’autoradio
Kenwood perfettamente funzionante e alcune ragazze, abbigliate e truc-
cate come se avessero appena avuto un incidente, distribuivano del ma-
teriale informativo. L’iniziativa ha generato grande interesse,
testimoniato sia dalla diffusione in rete di filmati amatoriali che ripren-
devano l’evento sia dalla eco ottenuta sui media locali e nazionali.
Se usati in maniera adeguata e rispondente alle esigenze e alle aspettati-
ve del target di riferimento, gli strumenti del marketing non convenzionale
risultano due volte più efficaci rispetto a una campagna pubblicitaria tradi-
zionale e possono costare fino a sette volte meno. Da un’indagine condotta
lo scorso anno in Gran Bretagna in cui si chiedeva ai clienti quanto si fidas-
sero dei diversi mezzi di comunicazione, è emerso che:
• circa il 90% dei clienti si fida ciecamente del passaparola;
• solo il 45% si fida dei messaggi pubblicitari trasmessi in TV.

Livello di fiducia nei diversi mezzi di comunicazione

100%

75%

50%

25%

0%
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to

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Si

Fonte: elaborazioni Busacca & Associati su dati Forrester Research.

54 .
Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per il successo

Gli strumenti del marketing non convenzionale risultano, inoltre, più efficienti
delle forme di comunicazione classica. Il media utilizzato è il passaparola, che va
a sostituire i costosi mezzi di comunicazione di massa: se il costo medio di una
campagna pubblicitaria realizzata per un mese tramite affissioni si aggira attorno
ai 450 mila euro, il lancio di video viral richiede un investimento medio pari a 40
mila euro.

Costo netto delle campagne di marketing


valori in migliaia di euro

2.500
2.100
2.000

1.500 1.300

1.000
450
500 350
250
79 50 40 25 20 5
0
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Te
Te

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Fonte: elaborazioni Busacca & Associati su fonti diverse.

Modelli e strumenti per ottenere risultati di successo

Il viral marketing è come Hollywood: tutti gli attori vogliono andarci e sfon-
dare, ma solo pochi ci riescono. Tutte le aziende moderne e orientate al succes-
so vorrebbero avere una diffusione globale, ed essere sulla bocca di tutti i
clienti, ma solo poche ci riescono davvero.
Il successo di una campagna non convenzionale non risiede solo nella
sua originalità ed ironia. Risiede nella pianificazione accurata delle azioni:

55
CARTESIO

le aziende hanno bisogno di strumenti efficaci che le supportino a strutturare al


meglio e ad ottimizzare le azioni di marketing e comunicazione. Al contrario del
marketing tradizionale, un’operazione di viral marketing si caratterizza per due
elementi:
• coinvolge individui ad alto potenziale relazionale, ossia connessi ad un
ampio numero di persone, grazie a legami sociali diversi che vanno dalla
conoscenza casuale ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari;
• veicola il messaggio in modo che le persone siano incoraggiate a
condividerlo con gli altri, spingendo su fattori quali l’intrattenimento,
l’ironia, la competizione, una ricompensa o concetti di solidarietà.
Il marketing non convenzionale si basa su un concetto fondamentale: il
cliente appartiene ad un network sociale sostanzialmente allineato per va-
lori e comportamenti e di conseguenza anche per scelte di acquisto. Sulla
base di tale presupposto l’azienda, a partire dalla rete sociale dei propri
clienti, può raggiungere i prospect e ampliare la propria base di interlocutori.
Va da sé, dunque, che l’obiettivo deve essere quello di individuare nella
propria customer base i clienti che abbiano un potenziale relazionale più
sviluppato di altri, ossia che possiedano un’ampia area di legami forti (pa-
renti, amici), ma soprattutto una fitta rete di legami deboli (colleghi, cono-
scenti, componenti di una community, di un’associazione,…).

Struttura di un network sociale

5 2

1 3

Area dei legami forti

3 4 Potenziale
relazionale 1
legami deboli

56
Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per il successo

Il Social CRM è lo strumento che, partendo da questo assunto, fornisce una


serie di leve finalizzate a valorizzare i network sociali dei clienti e la loro propen-
sione a condividere opinioni ed esperienze con amici e conoscenti. Il modello si
basa sulla costruzione di tre set di indici:
• Dati e indici descrittivi. Comprendono sia i dati che fanno riferimento a
caratteristiche oggettive e proprie di ciascun cliente (dati socio-
demografici) sia gli indici comportamentali che descrivono i comporta-
menti di acquisto e uso dei prodotti/servizi in questione (indici di fre-
quenza d’uso, spesa media, ecc…).
• Indici predittivi. Si tratta di indici che forniscono indicazioni sui
possibili comportamenti futuri dei singoli clienti, tipicamente in termini
di fedeltà e valore per l’azienda (propensione all’acquisto, rischio di ab-
bandono, Life Time Value, ecc…).
• Indici di potenziale relazionale. Sono indici che riassumono la capacità
relazionale dei propri clienti, consentendo di individuare i potenziali
iniziatori e sostenitori di passaparola quali i clienti attivi in associazio-
ni, circoli, club o partiti.
Quest’ultimo insieme di informazioni è sicuramente quello critico per il suc-
cesso delle strategie di marketing virale: è fondamentale riu-
scire a individuare i clienti con la più alta capacità relazionale,
quei soggetti cioè immersi in una rete di relazioni fitta e di-
versificata, da utilizzare come chiave di accesso ai potenziali
prospect e come veicoli dell’informazione di prodotto. Essi
sono i divulgatori, gli ambasciatori consapevoli delle qualità
dell’offerta. Se questi clienti ne rimangono soddisfatti, sa-
ranno i primi a diffondere tali impressioni all’interno della
propria rete di contatti.
Il Social CRM si basa sull’ipotesi che i clienti attuali rap-
presentino i migliori benchmark di segmentazione per individuare prospect e per
realizzare azioni di sviluppo; esistono infatti due dinamiche:
• da una parte i clienti esistenti hanno nel proprio network persone che
tendono ai medesimi comportamenti;
• dall’altra i prospect si rivolgono agli elementi della propria rete sociale
che presumibilmente hanno avuto la stessa esperienza in fase di valuta-
zione e acquisto di un prodotto/servizio.

57
CARTESIO

Partendo da tale presupposto il Social CRM si muove seguendo tre step


successivi:
1. rileva e ricostruisce progressivamente il social network dei clienti;
2. stima e attribuisce metriche di social networking ai singoli clienti (poten-
ziale relazionale e potenziale commerciale);
3. utilizza questi indici per dare priorità nelle azioni di marketing.
Inoltre un’azione di marketing non convenzionale di successo non può
prescindere da sei passi fondamentali:
Definire con chiarezza l’obiettivo della campagna. Occorre focalizzare
da subito la principale esigenza che l’azienda intende soddisfare, che può
consistere nella necessità di raccogliere dati e feedback da parte di clienti e
prospect, nell’esigenza diretta di incrementare le vendite con una promo-
zione, nella necessità di far conoscere un concept o un marchio o nel bisogno di
incrementare la fedeltà o la fidelizzazione dei clienti.
Definire le metriche di misurazione dei valori target. In base all’obiettivo
della campagna, è fondamentale definire quali metriche misurare, approntare
adeguati strumenti di misura e stimare i risultati a cui puntare. In questo modo è
possibile monitorare in maniera continua le performance della campagna e, se
necessario, ricorrere a correttivi e contromisure.
Scegliere con attenzione gli strumenti e i canali da utilizzare. In relazione
al tipo di prodotto o servizio, agli obiettivi da raggiungere e alla clientela target,
occorre utilizzare la tecnica potenzialmente più efficace e il canale più utilizzato
dai clienti. Se il target è rappresentato dalle casalinghe e il
prodotto da promuovere è un prodotto private label di
una catena di supermercati, molto probabilmente si opterà
per azioni di guerrilla marketing all’interno dei principali punti
vendita piuttosto che per azioni viral via web.

58
Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per il successo

Tecniche di marketing non convenzionale per obiettivo e canale

GUERRILLA MARKETING
OFFLINE

PUBLIC RELATIONS
FRIENDS & FAMILY
PERFORMER-TO-PEER MKTG
MEMBER-GET-
MEMBER SEEDING TRIAL

QUIZ PROMOTION
COMMUNITY MARKETING
ONLINE

MINISITI INTERATTIVI

PRODUCT BRAND BLOGGING


GIOCHI
RECOMMENDATIONS
VIDEO
EMAIL

AWARENESS ACQUISIZIONE FIDELIZZAZIONE

VIRAL MARKETING WOM MARKETING BUZZ MARKETING

Coinvolgere i clienti a più elevato potenziale. Favorire l’adesione all’ini-


ziativa dei clienti a più elevato potenziale, ripetendo le attività di sensibilizzazione
più volte nell’arco della campagna e tramite differenti canali. Nel caso si voglia,
ad esempio, lanciare un video e coinvolgere i clienti target attraverso una promo-
zione su siti web e blog, tale promozione dovrà essere graduale e rinnovata nel
tempo:
• si inizierà contattando il core target e gli opinion leader per i quali il
contenuto ha un alto potenziale di rilevanza, al fine di offrire loro l’ante-
prima e l’esclusività
• poi si amplierà la promozione ai siti più generalisti e di intrattenimento
fino ad arrivare al seeding in siti commerciali di file sharing per
massimizzare la diffusione del video ed estenderne la copertura, il buzz
e la visibilità globale.
Focalizzarsi su comportamenti, desideri e passioni comuni. È importan-
te dare ai clienti una forte motivazione affinché parlino del brand, del pro-
dotto o servizio con amici e conoscenti e ciò è possibile solo puntando su
specifici aspetti che accomunano i componenti di un network sociale e che
consentano di incitare, direttamente o indirettamente, la condivisione e la
conversazione riguardo a un brand o a un prodotto.

59
CARTESIO

Pianificare una campagna scalabile. Se si offre un determinato prodotto/


servizio occorre riuscire a far fronte ad un potenziale aumento esponenziale delle
richieste. In caso contrario l’esperienza negativa dei clienti vanificherebbe ogni
effetto virale potenzialmente positivo sul brand o prodotto/servizio.

Conclusioni

Oggi un marketing di successo è fortemente influenzato dalla comunicazione


verbale e non verbale fra componenti dello stesso network sociale e si basa
esplicitamente o, più spesso, implicitamente, sul network sociale dei propri clienti.
Partendo da questo presupposto è fondamentale per le aziende:
• incentivare direttamente o più spesso indirettamente l’attività
di passaparola;
• far leva sui cosiddetti user generated content, ovvero contenuti generati
dal cliente sotto forma di recensioni, esperienze, opinioni, o semplice-
mente ironia, quali strumenti per fidelizzare i clienti, stabilire con loro
una relazione e integrare i suggerimenti ricevuti nel processo di defini-
zione di nuovi prodotti e servizi.
Lanciare campagne di marketing non convenzionale richiede alle aziende uno
sforzo in più in quanto comporta un approccio totalmente diverso a questo nuo-
vo tipo di cliente. Tuttavia le trasformazioni radicali in atto nella società, nei me-
dia e nei mercati stanno rendendo tale approccio sempre più importante per
fidelizzare i clienti e per attrarre nuovi prospect. Alle aziende non resta che strut-
turarsi per affrontare al meglio questa nuova sfida e sfruttare le leve offerte dal-
l’innovazione tecnologica e dal mutamento dei comportamenti sociali.

60
Marketing non convenzionale, modelli e strumenti per il successo

DUE ESEMPI DI CAMPAGNE DI VIRAL MARKETING:


SPORTING PORTUGAL E SHELL ITALIA

Lo Sporting Portugal, avendo registrato un calo nella vendita di abbonamenti, aveva


l’esigenza di richiamare i tifosi allo stadio. Per promuovere la campagna abbonamenti del
2007 ha quindi lanciato un video che i tifosi potevano inoltrare agli amici personalizzandolo
con il nome e il numero di telefono dei destinatari: chi riceveva il video e lo visualizzava,
riceveva una chiamata dal coach che lo invitava “personalmente” a supportare lo Sporting
andando allo stadio.
Obiettivi:
• Promuovere la campagna abbonamenti 2007;
• incrementare le vendite.
Risultati:
• 200.000 telefonate del coach in due giorni;
• 610.000 visite al minisito in due settimane;
• 1.500 nuovi abbonamenti;
• buzz e visibilità su media locali e nazionali.

La campagna viral Sporting Portugal

61
CARTESIO

Shell aveva l’esigenza di supportare la promozione della campagna Shell-Ducati con


una comunicazione efficace e a basso costo che innescasse il passaparola tra clienti e
prospect. Ha quindi lanciato un minisito non brandizzato che ospita un video viral ironico
e personalizzabile (con due nomi), che i clienti possono inoltrare agli amici per prenderli
simpaticamente in giro. Il video enfatizza gli elementi chiave della promozione Shell-
Ducati:
• il cappellino e la t-shirt Shell-Ducati che i clienti possono acquistare nei punti vendita
Shell dopo un rifornimento di carburante;
• la moto Ducati personalizzata V-Power, che i clienti Shell possono vincere partecipan-
do ad un concorso a estrazione.
Alla fine del video il cliente viene poi indirizzato su fermatiallashell.it, un minisito
brandizzato Shell V-Power che spiega in dettaglio la meccanica della promozione e con-
sente ai clienti Shell l’iscrizione all’estrazione della moto Ducati.
Obiettivi:
• Incrementare l’awareness della campagna Shell – Ducati;
• confermare la leadership di Shell nell’innovazione;
• testare una practice da replicare in futuro in Italia e negli altri mercati;
• raccogliere un ampio patrimonio di informazioni su clienti e prospect.
Primi risultati:
• 30.000 visualizzazioni del video viral nella prima settimana.

La campagna viral salta in moto di Shell Italia

62
Concedere ancora
credito al cliente?

Ridurre efficacemente l’entità dei crediti scaduti


e minimizzare i costi di recupero

Busacca & Associati

biettivo principale dell’azienda è quello di incrementare il valore dei clienti


O contenendo i costi, incrementando i ricavi e controllando l’impatto di even-
tuali azioni di ottimizzazione del processo di relazione sulla soddisfazione
dei clienti. In tale contesto si inserisce anche la corretta gestione del credito, che
mira da una parte a comprendere in anticipo il comportamento del cliente per
agire perentoriamente con azioni di recupero, dall’altra a rispettare il tempo del
cliente che potrebbe protrarre i suoi pagamenti per differenti motivi.
Se da un lato, quindi, le strutture amministrative di controllo e gestione risulta-
no sempre più intransigenti, dall’altro le strutture commerciali dell’azienda ten-
dono a concedere maggiore credito ai clienti per soddisfarli nel migliore dei modi.
In sintesi, non è sempre facile trovare un accordo su come distinguere i clienti
“buoni pagatori” - quelli puntuali o che pagano in ritardo per distrazioni, ma che
comunque prima o poi pagheranno - da quelli “cattivi pagatori”. Su questi ultimi
occorre agire tempestivamente per evitare che consumino ulteriormente o che uti-
lizzino servizi che non pagheranno mai, provocando perdite non recuperabili nean-
che con azioni legali.

63
CARTESIO

Le modalità di ottimizzazione del recupero crediti hanno l’obiettivo di ridurre


sia i costi delle azioni, sia i costi connessi ai crediti non recuperati ma anche di
incrementare i ricavi legati ai depositi cauzionali e agli interessi di mora. Per pro-
cedere a tale ottimizzazione è possibile adottare un modello, da condividere con
le strutture commerciali e amministrative, che consenta sia la riduzione dei crediti
residui, sia il contenimento delle perdite da registrare nel bilancio negli anni. Il
modello prevede i seguenti passi strutturati:
1. Analisi del processo di relazione
2. Costruzione dell’indicatore di rischio
3. Segmentazione in base al valore e al rischio
4. Definizione di azioni differenziate
Questo approccio consente di attivare azioni di gestione
del credito anche durante la fase attiva del cliente, di affinare
l’indicatore di credit scoring per qualificare meglio i clienti e
di realizzare una segmentazione che sia in grado di indivi-
duare proattivamente e con largo anticipo il 20% dei clienti morosi responsabili
del 75% dei crediti in sofferenza. Il tutto rispettando i vincoli di soddisfazione
imposti dal processo di relazione col cliente.

Analisi del processo di relazione

Un’analisi approfondita del processo di relazione dell’azienda col cliente con-


sente di individuare i principali momenti di contatto nei quali reperire e rilasciare
alle strutture di front-end le informazioni necessarie per orientare al meglio le
strategie di recupero crediti. In corrispondenza di ogni fase del processo di rela-
zione - acquisto, uso e abbandono - è possibile associare una fase speculare di
gestione del credito:
• la gestione ordinaria del credito, relativa alla corretta selezione e acquisizio-
ne dei clienti;
• la gestione dei clienti morosi, legata alle modalità di erogazione del servi-
zio, di fatturazione e di raccolta dei crediti;
• la gestione dei clienti cessati per morosità, connessa alla cessazione del
servizio o del contratto e all’eventuale attivazione delle procedure legali.
64
Concedere ancora credito al cliente?

PROCESSO DI RELAZIONE COL CLIENTE

ACQUISTO USO ABBANDONO

• Erogazione del servizio • Cessazione contratti


• Selezione clienti
• Fatturazione • Recupero crediti da clienti
• Acquisizione del cliente
• Raccolta crediti morosi

GESTIONE ORDINARIA GESTIONE DEI CLIENTI GESTIONE DEI CLIENTI CESSATI


DEL CREDITO MOROSI PER MOROSITÀ

PROCESSO DI GESTIONE DEL CREDITO

Considerare il processo di relazione con il cliente legato a quello della gestio-


ne del credito risulta fondamentale. Molte aziende, infatti, non agendo
proattivamente sulle prime due fasi, concentrano i propri sforzi solo nella fase di
gestione dei clienti cessati per morosità, quando ormai il processo risulta molto
complesso e poco efficace. Tale modalità porta a sostenere elevati costi di
recupero e limitati ritorni per crediti che verranno molto probabilmente portati a
perdita. In tutte le fasi vanno quindi recuperati i dati da utilizzare per la costruzio-
ne o l’affinamento dell’indicatore di credit scoring e per stabilire su quali clienti si
debba intervenire con tempestività già in fase di acquisizione o di rinnovo dei
contratti.
Nella prima fase di acquisizione del cliente, la corretta selezione di coloro
che possano soddisfare i requisiti di solvibilità nel tempo può rappresentare un
discriminante significativo nella loro successiva gestione e nella creazione di va-
lore legata ai profitti che possono generare. In questo processo può risultare
utile, ad esempio, l’utilizzo di liste fornite da società esterne (come Cerved o
Lince) che diano un’indicazione di massima del grado di affidabilità del cliente
già in fase di pianificazione delle campagne. Dato il costo non contenuto di que-
ste liste, tale approccio potrebbe essere utilizzato per target il cui valore ne giu-
stifichi la spesa sostenuta.
Nella prima fase, inoltre, se le informazioni in possesso dell’azienda e la legi-
slatura legata al particolare settore lo consentono, viene solitamente richiesto un

65
CARTESIO

deposito cauzionale, differenziato in base alla stima della solvibilità del cliente e
all’eventuale valore programmato del servizio sottoscritto.
Nella seconda fase di relazione, in cui avviene l’effettiva erogazione del ser-
vizio, compito dell’azienda è quello di incrementare le occasioni di contatto (senza
risultare invasiva) in modo da raccogliere il maggior numero di informazioni per
la corretta qualificazione del livello di rischio. In tal modo, se da un lato l’azienda
è impegnata nel miglioramento del servizio e della soddisfazione (ricordando, ad
esempio, di pagare le fatture in scadenza tramite i numerosi strumenti disponibili,
tra cui chiamate inbound e outbound, sms e mail), dall’altro ha l’opportunità di
registrare i differenti comportamenti della clientela a fronte di più solleciti. Un
ulteriore strumento di affinamento per la qualifica del rischio può derivare dalla
raccolta e dalla conoscenza dei dati anagrafici (come residenza, professione e
titolo di studio).
Nel corso del processo di relazione e di gestione del cliente, il rischio di
insolvenza e i costi legati al recupero dei crediti crescono esponenzialmente con
il passare del tempo. Occorre quindi valutare un indicatore di rischio che possa
prevedere con adeguata accuratezza il comportamento futuro dei clienti; a tal
fine è necessario monitorare i seguenti aspetti:
1. I comportamenti precedenti all’inizio della relazione con l’azienda
2. Le modalità di pagamento in seguito alla ricezione di fatture e solleciti
3. I canali di pagamento più utilizzati o scelti già in fase di acquisizione

Probabilità di recuperare credito nel tempo

90% 85% Le probabilità di recuperare


i crediti si riducono
72% sensibilmente dopo soli 90
giorni
56%
43% Probabilità
recupero
28% crediti
20%
13%
O

30

60

90

18

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Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati

66
Concedere ancora credito al cliente?

La probabilità di recuperare i crediti scende generalmente sotto il 50% dopo


poco più di tre mesi dalla scadenza delle fatture. Gli sforzi maggiori di recupero
dovrebbero quindi essere concentrati nei primi tempi in cui il cliente mostra se-
gnali di inadempienza, utilizzando solleciti di varia natura (come raccomandate o
sms). I costi di questi strumenti, che possono essere addebitati al cliente presen-
tandoli come aspetti ulteriori del servizio, sono infatti sicuramente inferiori a quelli
che verrebbero sostenuti in seguito alla cessazione del servizio, del contratto o
nell’effettuazione di azioni legali.
Nella terza fase di gestione dell’abbandono, l’obiettivo dell’azienda non è
più quello della retention: occorre dunque intervenire in maniera perentoria, sem-
pre considerando gli elevati oneri relativi alle azioni legali. Infatti, solo una corret-
ta stima del trade-off tra costi delle singole azioni legali (come ad esempio la
lettera da parte di un avvocato esterno o l’ingiunzione di pagamento) e dei ritorni
(percentuale di crediti residui recuperati) consente di identificare delle soglie di
credito minime sotto le quali i crediti non recuperati vengono portati a perdita
senza procedere legalmente.
Inoltre, se si considera l’intero processo di gestione del credito, si osserva
come nelle prime fasi di relazione con il cliente si riesca a recuperare una quantità
di crediti molto elevata a fronte di costi più contenuti. Investire nelle prime fasi
del processo garantisce in genere una maggior efficacia dell’azienda
nell’ottimizzazione dell’intero processo di gestione del credito. Tale approccio
consente, infatti, una riduzione del livello di crediti in sofferenza da recuperare
dai clienti cessati per morosità e una conseguente riduzione dei costi da sostene-
re nelle fasi seguenti, che per loro natura sono poco efficaci ed efficienti.

67
CARTESIO

Processo di gestione del credito

GESTIONE ORDINARIA GESTIONE DEI GESTIONE DEI CLIENTI


DEL CREDITO CLIENTI MOROSI CESSATI PER MOROSITÀ

Scaduto Solleciti Sospensione servizio Perdite

Crediti recuperati Crediti recuperati Crediti recuperati

Costi Costi Costi

1% 2% 20%
Rapporto medio tra costi sostenuti e crediti recuperati

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati di una primaria azienda italiana

Costruzione dell’indice di rischio

Nell’ottimizzazione della gestione del credito risulta fondamentale disporre di


un indicatore in grado di prevedere con affidabilità e tempestività il comporta-
mento del cliente nell’effettuare i pagamenti. Infatti, quanto maggiore è il tempo
di individuazione del cliente “cattivo pagatore”, tanto maggiori risultano i costi
associati ad azioni di recupero, l’ulteriore spesa effettuata prima dell’interruzione
della fornitura (fatturato legato a ulteriori forniture) e le probabilità di portare a
perdita le spese fatturate e non pagate dal cliente. Inoltre, gli interessi di mora
applicati non consentono in genere di coprire il rischio e di compensare il debito
del singolo cliente “cattivo pagatore”.
La raccolta di informazioni lungo tutto il ciclo di relazione col cliente ha quindi
come scopo quello di realizzare un indicatore di rischio capace di valutare cor-
rettamente le caratteristiche di ogni cliente:

68
Concedere ancora credito al cliente?

• il cliente smemorato, che si dimentica con frequenza più o meno elevata di


pagare e che, se opportunamente sollecitato, tende a saldare i propri debiti;
• il cliente in momentanea difficoltà, solitamente buon pagatore, ma che per
un determinato periodo di tempo non riesce a far fronte alle spese;
• il cliente povero, che non dispone di liquidità sufficiente per pagare, in genere
per problemi economici strutturali;
• il cliente furbo, che non vuole pagare anche se in grado di farlo.
Possiamo affermare che, in genere, i primi due tipi di cliente vengono classifi-
cati come “buoni pagatori”, mentre i rimanenti come “cattivi pagatori”. La situa-
zione ottimale è quella di classificare come “buoni pagatori” clienti che nel 95%
dei casi si rivelino come tali nel tempo, e viceversa come “cattivi pagatori” clienti
che nel 95% dei casi si rivelino insolventi.
Tuttavia, alcune volte vengono implementati indicatori fin troppo sofisticati,
difficilmente aggiornabili o con scarsa capacità predittiva, per cui il loro utilizzo è
spesso meno efficace rispetto all’applicazione di azioni indifferenziate. I princi-
pali motivi di inadeguatezza degli indicatori di rischio sono generalmente tre:
• alcune classi di clienti non vengono considerate: alcuni indicatori non
prevedono il riconoscimento di tutte le classi di clienti (ad esempio quelli
nuovi) e non permettono quindi l’applicazione corretta delle azioni differen-
ziate per tempo;
• assenza di collaudo e test sul campo: in seguito allo studio e alla progetta-
zione dell’indicatore non si approfondisce la sua effettiva affidabilità sul cam-
po;
• limitata frequenza di aggiornamento: un’eccessiva articolazione dell’indi-
catore o utilizzo di fonti non frequentemente aggiornate.
L’effetto di una limitata accuratezza nella realizzazione di un indicatore di ri-
schio è che la capacità previsionale si possa ridurre dall’ottimale 95% di cui si
parlava a circa il 70%.

69
CARTESIO

Capacità previsionale di un indicatore di rischio

Buon pagatore Cattivo pagatore

20%

40%
60% 65% 65%
70%

80%

60%
40%
35% 35% 30%

Scadenza Fino a 30 Fino a 70 Fino a 140 Fino a 200 Oltre 200


fattura gg gg gg gg gg

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati su dati di una primaria azienda italiana

Perché un indicatore possa essere considerato affidabile occorre tenere in


considerazione alcuni elementi chiave nella sua definizione e realizzazione:
• la storicità: disporre dello storico di almeno tre anni della propria base clien-
ti consente un elevato grado di accuratezza nei risultati;
• l’anzianità di relazione: un cliente la cui relazione dura da più di due anni
risulta mediamente più affidabile, per cui l’integrazione di tale aspetto miglio-
ra la capacità previsionale dell’indicatore di rischio;
• la gestione dei nuovi clienti: esistono indicatori che non riescono a consi-
derare correttamente l’inserimento di nuovi clienti. In tal caso occorre ideare
un algoritmo alternativo capace di gestire tali clienti nei primi tempi, fino al
raggiungimento di un numero sufficiente di dati per l’applicazione del normale
indicatore (i tempi possono variare da 6 mesi per settori con contatti più
frequenti come le telecomunicazioni a 1 anno per settori come le utilities);
• l’aggiornabilità: l’indicatore deve poter essere aggiornato rapidamente e in
automatico per disporre di un monitoraggio costante, se possibile giornalie-
ro, e per consentire azioni rapide e pianificazioni adeguate di interventi cor-
rettivi;
• l’accuratezza: si può ottenere sia attraverso un monitoraggio continuo, sia
attraverso test frequenti su uno storico aggiornato;

70
Concedere ancora credito al cliente?

• l’integrazione di diverse basi dati: qualsiasi informazione relativa all’invio


delle fatture, dei solleciti e dei promemoria deve essere registrata per l’ela-
borazione e l’aggiornamento dell’algoritmo di calcolo. Un sistema di CRM e
di fatturazione integrato favorisce la lettura, l’analisi e l’utilizzo delle informa-
zioni per la realizzazione e la gestione di un indicatore di rischio. D’altra par-
te, con tali modalità, sia le funzioni commerciali sia quelle amministrative,
spesso in contrasto nell’elaborazione e nell’interpretazione dei dati, possono
allinearsi a logiche condivise di gestione del credito.
Oltre a tener conto delle linee guida presentate, è necessario capire quali
siano le variabili più correlate con la probabilità che il singolo cliente risulti
insolvente. La principale sembra riguardare il numero di solleciti effettuati con-
frontato col numero totale di fatture emesse e ricevute dal cliente. Ogni azienda
dovrà poi ottimizzare tale indicatore basandosi sul tipo di solleciti effettuati, sul-
l’arco temporale considerato per il calcolo dell’indicatore, sui valori soglia da
adottare e su eventuali ulteriori caratteristiche che consentano di affinare la capa-
cità previsionale.

Segmentazione in base al valore e al rischio

La disponibilità di un indicatore robusto consente di effettuare una


segmentazione della base clienti per ottimizzare la gestione del recupero crediti,
differenziando le azioni per clienti con caratteristiche omogenee in termini di va-
lore e rischio. Infatti, le variabili di maggior interesse ai fini della segmentazione
sono l’indicatore di rischio e il valore del cliente. Il primo permette di approssi-
mare la probabilità che un determinato cliente non paghi quanto dovuto, mentre
il secondo determina l’entità del rischio per l’azienda correlato al singolo cliente.
Infatti, a parità di indicatore di rischio, un cliente con consumi molto ridotti, che
paga in ritardo o non paga, risulta, nel suo complesso, meno rischioso di chi
effettua acquisti elevati. Il valore, al di là della specifica stima del margine, può
essere in prima battuta calcolato attraverso lo storico degli acquisti o delle fattu-
re, se presente, oppure mediante una proiezione delle fatture disponibili nell’in-
tervallo di tempo al quale si è interessati.

71
CARTESIO

Esempio di possibile segmentazione

BUONI PESSIMI
VALORE DEL CLIENTE

MARGINALI
CATTIVI

INDICATORE DI RISCHIO

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati

Definite le variabili che determinano gli assi della matrice, occorre stabilire i
valori che discriminano i differenti segmenti in base al livello di rischio che si
ritiene accettabile e alla capacità di intervento su ogni segmento individuato. Il
corretto dimensionamento dei segmenti va in ogni caso effettuato in modo da
controllare il più possibile i clienti a maggior valore e rischio, poiché le azioni
principali e più dispendiose verranno indirizzate proprio verso questo target di
clienti. In tal caso, anche nella gestione del credito viene in aiuto la legge di
Pareto. Infatti, disponendo i clienti che superano un determinato livello di rischio
in ordine decrescente di morosità, ci si rende conto facilmente di come il primo
20% dei clienti morosi e a elevato rischio determini in genere circa il 75% delle
morosità da gestire.
La segmentazione dà luogo di fatto a quattro principali segmenti:
• pessimi: elevato valore e rischio; sono i clienti su cui agire con priorità, poi-
ché un ritardo nell’applicazione di azioni correttive comporterebbe elevati
rischi di perdite (20% dei clienti e 75% delle morosità);
• buoni: valore elevato e basso rischio; sono i clienti migliori, che però devono
essere monitorati costantemente per intervenire in tempi ristretti in caso do-
vesse peggiorare la loro capacità di solvibilità;
• cattivi: basso valore e rischio elevato; sono clienti poco affidabili, ma sui
quali si può intervenire con procedure standard, poiché in questi casi le per-
dite causate da mancati pagamenti sono solitamente limitate;
72
Concedere ancora credito al cliente?

• marginali: basso valore e rischio; clienti mediamente puntuali nel pagamento


delle fatture, su cui vanno applicate solo azioni lievi e poco costose.
Riuscire a identificare e delimitare correttamente il segmento dei clienti Pessi-
mi offre la possibilità di limitare sensibilmente la loro spesa e l’accumulo pro-
gressivo di elevate fatture non pagate, tramite interventi tempestivi e ripetuti di
sospensione delle forniture, o per mezzo di operatori dedicati e incentivati ade-
guatamente.

Definizione di azioni differenziate

La segmentazione di tutta la base clienti in quattro gruppi consente di orienta-


re le azioni di ottimizzazione della gestione del credito in maniera più efficace. Le
prime azioni da individuare e lanciare sono quelle trasversali a tutti i segmenti e in
genere emergono in seguito alla prima fase di analisi del processo (come nel caso
di solleciti bonari fatti in outbound o in inbound). Non tutte le aziende dispongo-
no di un sistema in grado di effettuare promemoria sistematici a basso costo che
hanno il duplice scopo di effettuare caring - ricordando ai clienti eventuali dimen-
ticanze - e di affinare l’indicatore di rischio in seguito alla disponibilità di ulteriori
dati comportamentali del cliente.

Matrice per la gestione del rischio di credito

BUONI PESSIMI

Controlli Interventi rapidi:


elevato
VALORE DEL CLIENTE

approfonditi sulla risoluzione contratto


solvibilità

MARGINALI CATTIVI

Sviluppo
Offerta di
relazione,
limitato

pagamenti
ampliamento
dilazionati
offerta

limitato elevato

INDICATORE DI RISCHIO

73
CARTESIO

Una volta individuate le linee guida per ogni segmento, il passo successivo è
quello di definire un set di azioni differenziate per ognuno dei segmenti. Gli sforzi
maggiori vanno rivolti soprattutto verso clienti con elevato rischio e valore. Pos-
sibili azioni da adottare sono le seguenti:
• task force: interventi mirati alla rapida risoluzione del contratto per i clienti a
elevato rischio e valore;
• integrazione della valutazione del rischio di credito: oltre all’indicatore di
rischio vengono utilizzate fonti esterne (come le visure camerali) sui clienti a
elevato valore e bassa morosità, per anticipare possibili problemi di solvibilità
e per poter agire con tempestività;
• offerta di rateizzazioni: per i clienti con valore limitato e rischio non ecces-
sivo, ma con interessi di mora opportunamente studiati;
• esternalizzazione del rischio di perdita: i crediti dei clienti a rischio elevato
possono essere ceduti a società esterne specializzate;
• modifica del deposito o della fideiussione richiesta: se l’indice di rischio
peggiora nel tempo è possibile richiedere al cliente una garanzia aggiuntiva,
per coprirsi da eventuali insolvenze future;
• sviluppo del prepagato: per i clienti a rischio elevato e basso valore.

Momenti fondamentali nella gestione e recupero del credito

GESTIONE ORDINARIA GESTIONE DEI CLIENTI GESTIONE DEI CLIENTI


DEL CREDITO MOROSI CESSATI PER MOROSITÀ
STRUMENTI

MONITORAGGIO UTILIZZO E MONITORAGGIO DEI PAGAMENTI E


ANALISI CLIENTI
CONFRONTO CON DEPOSITI RECUPERO CREDITI IN SOFFERENZA

SEGMENTAZIONE

• Differenziazione delle procedure di


• Disattivazione remota
fatturazione
AZIONI EFFICACI

• Differenziazione dei • Task force di disattivazione


• Aggiustamento dei depositi/
depositi/fideiussioni • Vendita dei crediti a società
PRINCIPALI

fideiussioni
• Utilizzo di liste esterne per la specializzate
• Analisi della solvibilità dei clienti
selezione dei clienti • Differente gestione legale in base
• Concessione di rateizzazioni
al valore del cliente
• Notifica telefonica/SMS

AZIONI PROATTIVE AZIONI REATTIVE

74
Concedere ancora credito al cliente?

Le azioni possono essere definite non solo in funzione del settore, del seg-
mento, ma anche in base alla fase del processo di gestione del credito in cui il
cliente si trova. Vengono definite proattive le azioni effettuate per clienti ancora
attivi, reattive quelle necessarie al recupero crediti una volta cessato il contratto.

Conclusioni

Per utilities di dimensione medio-grandi (con fatturato compreso tra 500 e


1.500 milioni di euro) l’applicazione dell’approccio suggerito permette di conse-
guire benefici per valori compresi tra 4 e 13 milioni di euro all’anno, nel caso in
cui si siano rilevate basi di morosità tra i 40 e i 60 milioni di euro. Tali benefici
riguardano principalmente la riduzione dei costi di recupero e dell’entità dei cre-
diti altrimenti non recuperati e delle conseguenti perdite.

Stima dei benefici ottenibili in seguito all’ottimizzazione


del processo di gestione del credito

24
MAX
22
20
BENEFICI CONSEGUIBILI (Mln €/anno)

18
16
14 13 Mln €/anno
MIN
12
10
8 Mln € /anno
8
6 7 Mln € /anno

4
2 4 Mln €/anno
0
0,0 20,0 40,0 60,0 80,0

CREDITO RESIDUO MEDIO (Mln di €)

Fonte: Elaborazioni Busacca & Associati


Stima su aziende con fatturato da 500 a 1.500 milioni di euro

75
Contatti

Per ulteriori informazioni potete chiamarci al numero 02.43980498 oppure


inviare un e-mail a katia.lodetti@busacca.it

Potete inoltre visitare il nostro sito internet: www.busacca.it

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