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L'ATTIVISMO DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA E DI MEDEL

L'Internazionale delle toghe rosse

Sono centinaia di magistrati dichiaratamente di sinistra. Criticano con asprezza


governo e presidente del Consiglio. E attraverso un'associazione che passa per 14
paesi europei formano una potente lobby

di Maurizio Tortorella

24/1/2003

URL: http://archivio.panorama.it/home/articolo/idA020001017256

Prima la Camera dei deputati approva la creazione di una commissione


d'inchiesta su Tangentopoli che dovrebbe allungare lo sguardo anche «sull'uso
politico della magistratura» negli anni di Mani pulite. Ed è come dare fuoco alle
polveri. Poi il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, annuncia che stanno
per partire ispezioni e azioni disciplinari: «Dimostreremo» dice in un confronto
con l'ex magistrato e capogruppo dei Ds alla Camera, Luciano Violante, «che la
commistione politica di molti magistrati è così grave da compromettere i diritti dei
cittadini». E le polveri scoppiano.

È il redde rationem, lo scontro finale tra la politica e la magistratura


politicamente schierata. Oggi il centrosinistra si scaglia contro quello che il verde
Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, definisce
«l'ultimo tentativo di ingabbiare i magistrati», e che Gavino Angius, presidente dei
senatori ds, bolla come «un'azione intimidatoria».
Commistione politica: Castelli, per ora, non fa nomi. Ma è evidente che
l'obiettivo dei suoi strali si allarga potenzialmente a un intero settore della
magistratura organizzata in corrente. E forse alla sua sponda internazionale,
un'associazione sconosciuta ai più, che si chiama Medel. Al centro del mirino,
comunque, è Md, ovvero Emmedi, cioè Magistratura democratica: 700 aderenti su un
totale di 8.959 appartenenti all'ordine giudiziario; 1.800 voti alle ultime elezioni del
Consiglio superiore della magistratura; un ruolo trainante nell'Associazione
nazionale dei magistrati (il sindacato delle toghe), che dallo scorso maggio
è presieduto da un suo esponente di primo piano, il milanese Edmondo Bruti
Liberati.
Possibile che una componente minoritaria sia in grado di condizionare tutta la
giustizia italiana? Possibile: e non solo per i cinque rappresentanti sui 16 «togati»
eletti al Consiglio superiore della magistratura, o per i dieci membri sui 36 del
comitato direttivo dell'Anm.

Élite, per cultura oltre che per poltrone occupate, Md ha sempre fatto gruppo a sé.
«È dal 1964 che lavorano con l'idea di un "uso alternativo" del diritto, da
piegare spesso alle esigenze di parte» spiegava a Panorama Vincenzo
Caianiello, il presidente della Corte costituzionale morto lo scorso maggio. E
Francesco Misiani, ex pm romano di Md, ha raccontato nel libro La toga rossa di
quando, negli anni Settanta, i magistrati della corrente facevano pellegrinaggio in
Cina, dove studiavano i processi sommari della rivoluzione culturale maoista come
«un modello da importare contro la giustizia borghese».
Riunita in congresso a Roma da giovedì 23 gennaio, la corrente sembra aver scelto
nuovi modelli e nuove alleanze politiche: tra gli invitati al dibattito, l'ex segretario
della Cgil Sergio Cofferati, il leader dei movimentisti che in una muscolosa
manifestazione al Palasport di Sesto San Giovanni ha lanciato, con Michele
Santoro e Antonio Di Pietro, l'alleanza anti-Berlusconi.
E sul palco di Sesto, sotto la scritta «Noi tiriamo diritti», c'era anche il segretario
generale di Md, Claudio Castelli, giudice per le indagini preliminari a Milano.

Dal giugno 2001, del resto, come e forse più di ogni vero, altro partito politico della
sinistra, Md è passata all'attacco frontale del governo di centrodestra e delle leggi
approvate in Parlamento. I suoi proclami, le manifestazioni, le proteste sono stati
eclatanti e senza quartiere. «Abbiamo attraversato un anno in cui è stata negata la
possibilità di esercitare serenamente la giurisdizione ed è stata messa in dubbio
l'esistenza di una magistratura indipendente e autonoma» si legge nel sito internet di
Md. Dove si parla con toni quasi apocalittici di «processi ostacolati», di «attacchi al
diritto», di «derive plebiscitarie», di «regressione del sistema», di «controriforme», e
si propugna «l'interpretazione giuridica democratica» delle norme, il «sentirsi dalla
parte dei soggetti sottoprotetti e il sentirsi “da questa parte”» contro ogni «posizione
conservatrice».
Si esprimono anche chiusure ideologiche e anatemi dal vago, antico sapore leninista
nei confronti delle correnti più moderate: «Magistratura indipendente (che ha deciso
di non aderire allo sciopero antiberlusconiano del 20 giugno 2002, ndr) ha scelto di
cedere alle sirene governative, rompendo l'unità», ma è stata ovviamente punita con
«l'isolamento».
Per converso, si plaude al fatto che anche nell'avvocatura siano sorte, quasi
per gemmazione, correntine in sintonia con Md: «Sono nate nuove e
positive esperienze, come il Coordinamento dei giuristi democratici (...) e il
Genoa legal forum». Non basta. Come in un vero partito, si parla di
proselitismo, di propaganda, dei mezzi per far prevalere la propria parte.

Insomma, Md fa inequivocabilmente politica. E a ogni passo critica il governo.


Castelli, il segretario di Md, scrive sul suo sito internet che le riforme berlusconiane
hanno due soli obiettivi: «Il recupero di un modello di giudice ottocentesco e privo di
poteri, e l'arretramento della tutela dei soggetti deboli». Quando la legge Cirami sul
legittimo sospetto viene varata, il segretario di Md annota: «Indignazione e
amarezza. La legge da oggi è più diseguale per tutti».
Insomma, un intervento pesante, che si riverbera direttamente sui processi
in corso. Forse è per cercare di moderare la sensazione di un tentativo di
condizionamento che Castelli, intervistato mercoledì 22 gennaio dalla
Repubblica, fa marcia indietro. Alla vigilia del congresso di Md, il segretario
promette: «I processi in corso sono fuori dal congresso e non ne discuteremo
minimamente. Ci mancherebbe altro».
Ma nella sua stessa relazione introduttiva all'assise di Md, il segretario attacca la
legge Cirami sul legittimo sospetto, che è alla base dell'imminente giudizio in
Cassazione sulla rimessione dei processi di «Toghe sporche» da Milano a Brescia.

DA MAGISTRATURA DEMOCRATICA...
...ALLA GALASSIAEUROPEA DI MEDEL

Md, Magistratura democratica, è una corrente di giudici di sinistra, fondata


nel 1964.
A Md aderiscono oltre 700 magistrati sui 9 mila appartenenti all'ordinamento
giudiziario italiano.
Alle ultime elezioni per i 16 membri togati del Consiglio superiore della magistratura,
avvenute nel giugno 2002, Md si è presentata con altre due correnti di sinistra.
I suoi 5 eletti (Giuseppe Salmè, Giovannni Salvi, Maria Giuliana Civinini, Luigi Marini
e Francesco Menditto) sono stati fra i più votati.
Md è riunita a congresso da giovedì 23 gennaio. Tra gli invitati al dibattito, l'ex
segretario della Cgil Sergio Cofferati.

Medel, ovvero Magistrats européens pour la democratie et les libertés, è


stata fondata nel giugno 1985 a Strasburgo.
Riunisce 17 correnti e associazioni di magistrati in Europa, tutte di sinistra. Per
l'Italia, aderisce a Medel Magistratura democratica.
Presidente di Medel è l'italiano Ignazio Juan Patrone, membro di Magistratura
democratica e magistrato presso la Corte costituzionale.
Anche Edmondo Bruti Liberati, procuratore aggiunto di Milano e attuale presidente
dell'Associazione nazionale magistrati, è stato presidente di Medel.

Lo stesso avviene sulle riviste di Emmedi. È quasi un piano di battaglia quello che si
legge su Questione giustizia, il bimestrale di corrente, nel numero di giugno 2002.
Luigi Marini, addetto al massimario della Cassazione e fino a pochi anni fa pm a
Torino, dove ha indagato anche su Publitalia, ha una tesi: Silvio Berlusconi e il
governo di centrodestra legiferano esclusivamente a vantaggio di «una vasta platea
che su questa maggioranza ha investito, che si identifica nei suoi interessi e nei suoi
valori, che a essa chiede tutela anche (ma non solo) nei confronti del processo e nei
confronti dei magistrati».
Questa cupa galassia conservatrice, che sembrerebbe porsi al confine tra il reato di
voto di scambio e quello di associazione per delinquere, secondo Marini si sarebbe
sostituita a «quei settori che avevano prosperato nella corruttela e nei compromessi
degli ultimi lustri, e temevano le conseguenze economiche dell'ascesa al potere della
sinistra».

La conclusione? Poiché «il disegno egemonico di una parte dell'attuale maggioranza


appare in tutta la sua portata», occorre «giungere finalmente a una sentenza» nei
processi milanesi a carico di Berlusconi.
È stata proprio questa congerie di comportamenti «politici», e di parte, a spingere
Cesare Previti, altro imputato politico nei processi di «Toghe sporche», a cercare di
ottenere la lista dei magistrati aderenti a Md: «I loro giudizi, di stampo colpevolista e
diffamatorio» ha spiegato «essendo riportati sull'organo ufficiale di Md, potrebbero
essere indice di una sorta di communis opinio formatasi all'interno della corrente». E
quindi rivelarsi una prova per la legittima suspicione.

Certo è che la «communis opinio» ha una sponda internazionale. Si chiama Medel,


Magistrats européens pour la democratie et les libertés. L'organizzazione, nata nel
1985 a Strasburgo, riunisce 17 associazioni di magistrati in Europa. Tutte di sinistra,
come Jueces para la democracia e l'Union progresista de fiscales in Spagna,
l'Associazione greca per la democrazia e le libertà e Md in Italia.
Medel è una potente lobby politica: come definire, altrimenti, un'organizzazione
ideologizzata e articolata, il cui scopo primario, nello statuto, è «la difesa
dell'indipendenza nei confronti di ogni potere», e la «democratizzazione della
magistratura»?
Anche Medel rifiuta, come Md, il principio di gerarchia in magistratura,
propugna la totale libertà di espressione dei giudici, il loro diritto
all'associazionismo, «e di azione collettiva». Tra gli obiettivi ha la «difesa dei
diritti delle minoranze, con particolare riguardo a quelli degli immigrati e dei poveri»,
e la «promozione della cultura giuridica democratica».
L'influenza italiana dentro Medel è forte. L'Internazionale giudiziaria ha
avuto un presidente italiano, il sostituto procuratore generale di Milano
Edmondo Bruti Liberati, e ha tuttora un presidente italiano, Ignazio Juan
Patrone, magistrato aggregato presso la Corte costituzionale. Patrone nel maggio
2002 ha criticato pubblicamente situazioni che sarebbero d'ostacolo per la
democrazia: «Esistono indagati che, come membri del governo, utilizzano il loro
potere per attaccare i pm».

Nel 1996, l'appello di Ginevra, scritto e sottoscritto dai magistrati di Medel,


tra i quali i milanesi Gherardo Colombo e Bruti Liberati, ma anche gli
spagnoli Baltasar Garzón e Carlos Jimenez Villarejo (detto «Villarejo el
rojo» per la sua militanza nel Partito comunista catalano), che da tempo indagano
su Berlusconi, attaccava «certe personalità e certi partiti politici che hanno
approfittato dei circuiti finanziari occulti delle organizzazioni criminali».
E pretendeva una serie di drastiche semplificazioni nella pratica europea delle
rogatorie internazionali e nella collaborazione tra pubblici ministeri.
Nell'ottobre 2001, quando invece è più alta la polemica sulla nuova legge che in
Italia introduce maggiori garanzie formali sulla veridicità dei documenti trasmessi
internazionalmente da pm a pm, Medel va all'attacco frontale: «La legge Berlusconi
impedisce l'uso delle prove raccolte in altri paesi. I processi a suo carico sarebbero
automaticamente bloccati e sarebbe impossibile perseguire gli interessi della mafia».
Il gioco di sponda è efficace.

Md chiede a Medel di pronunciarsi su vari temi, dalla scorta


improvvidamente sottratta al pm milanese Ilda Boccassini fino ai fatti
genovesi del G8. E subito ecco piovere i comunicati, dove l'Internazionale delle
toghe esprime «preoccupazione per Boccassini, impegnata in inchieste sulla
corruzione», e critica «la polizia che, applicando norme di legge fasciste, è stata
protagonista di violenze inaudite contro i manifestanti», mentre il governo Berlusconi
«ha esercitato una forte pressione per impedire l'apertura di un'inchiesta, ma i
magistrati di Genova hanno resistito, portando avanti la loro azione».
La descrizione (che incidentalmente echeggia il «Resistere, resistere, resistere»
di Francesco Saverio Borrelli) propone all'attenzione dell'opinione pubblica
europea la caricatura di un Paese al confine tra Sud America e repubblica delle
banane.

Perfino personale dell'Onu viene reclutato. Dato Param Cumaraswamy, ispettore


malese delle Nazioni Unite, è l'uomo che alla fine del 2001 viene invitato da
Medel e da Md per verificare lo stato della giustizia in Italia.
E presenta la sua relazione come un verdetto timbrato Onu. Le conclusioni arrivano a
più riprese, fino alla fine del 2002, e sono a tratti drammatiche: il conflitto tra toghe
e governo potrebbe addirittura «compromettere l'indipendenza della magistratura».
Il malese critica duramente gli abusi della politica e «l'intollerabile legge» che
avrebbe permesso al premier di non rispondere alle domande dei pubblici ministeri di
Palermo e Milano: in realtà, come è consentito a qualunque cittadino, Berlusconi si è
avvalso della facoltà di non rispondere perché indagato in un processo connesso.
Alto è comunque il discredito internazionale che cade sull'Italia, secondo i giornali.
Poi il ministro Castelli scopre che l'ispezione è stata sollecitata da Medel. E Niccolò
Ghedini, parlamentare e avvocato di Berlusconi, sostiene addirittura che
Cumaraswamy non ha mai avuto alcuna investitura ufficiale dall'Onu.
Insomma, l'ispettore in realtà è solo un libero consulente, che ha condotto
un'indagine privata, senza alcun reale valore. Ma che è divenuta un atto politico di
primo piano, proprio grazie all'Internazionale in toga. E la sua lotta, ovviamente,
continua.

RESISTENZA A TUTTI I COSTI

Nei documenti ufficiali pubblicati sul sito internet di Magistratura democratica si


attacca la legge Cirami: la legge sarebbe «priva del requisito di generalità e
astrattezza», quindi una non-legge. E si dice che in Parlamento la maggioranza
avrebbe profferito accuse «false e calunniose» nei confronti del tribunale di Milano.
Una specie di invito a rigettare le richieste di rimessione degli imputati politici di
«Toghe sporche», sulle quali la Corte di cassazione dovrà decidere il 27 e 28
gennaio.

In un altro testo, pubblicato su internet, quasi fosse un vero partito politico


d'opposizione, Md invita
gli aderenti a resistere contro il «disegno restauratore» del governo. E
vengono aspramente criticate le leggi promulgate dal Parlamento: rogatorie, reati
societari, sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura. Si scrive che
«il principio di eguaglianza di tutti i cittadini è stato vulnerato».
Si critica addirittura «l'epurazione del ministero della Giustizia».

In un terzo documento sul Web, Md sostiene l'incostituzionalità della legge


sul legittimo sospetto.In realtà, proprio la Corte costituzionale, e da molti anni, ha
confermato che la clausola del legittimo sospetto garantisce un principio
fondamentale dell'imparzialità del giudice. Da questi tre scritti, gli imputati che
hanno chiesto il trasferimento dei processi milanesi di «Toghe sporche» potrebbero
adombrarel'ipotesi di un condizionamento dei giudici della Cassazione (quelli
aderenti a Md) che stanno per decidere.

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