Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
FORMA E CONTROLLO:
IL TOPOS CORRIDOIO IN KUBRICK
II.1 LA PROSPETTIVA
II.1.1 Etimologia 52
II.1.2 Cenni storici 56
II.1.3 L’uomo, il mondo 67
II.1.4 Dissimili prospettive 80
II.2 PERSPICERE KUBRICK (da The Killing a
Full Metal Jacket) 85
III. L’UOMO COSTRETTO
III.1 IL CORRIDOIO
III.1.1 Etimologia 106
III.1.2 Currere storico 108
III.1.3 Corridoio, unico movimento 114
III.2 KUBRICK NEL CORRIDOIO (da The Killing a
Full Metal Jacket) 122
CONCLUSIONI 198
BIBLIOGRAFIA 214
I
Con questo lavoro di ricerca ci si propone di mostrare come nella filmografia del regista
americano Stanley Kubrick sia presente uno stretto rapporto tra l’ambito narrativo e
Innanzitutto, nel primo capitolo, si affronterà l’aspetto visivo del cinema, cercando di
provare che la settima arte possiede come proprietà basilare e ineliminabile quella di
essere visibile.
rispetto a quello della realtà, un mondo visivo che deve essere organizzato secondo il
volere del regista. Si cercherà perciò di porre in rilievo come tale organizzazione
passo porremo dei limiti alla nostra ricerca. Infatti non si analizzeranno tutti i film, ma
si escluderanno dal nostro lavoro Fear and Desire (1953), Killer’s Kiss (1955) e
Spartacus (1960), dal momento che Kubrick non li riteneva totalmente suoi1.
1
Comunque le ultime due opere (Killer’s Kiss e Spartacus) verranno trattate in modo limitato e solo per
quanto concerne l’ambito visivo, dato che lo stesso Kubrick ha sostenuto che presentano alcuni, anche se
limitati, aspetti di valore, mentre nei riguardi di Fear and Desire non ha mai fatto alcun apprezzamento
positivo.
II
lato l’illusione da parte dei personaggi di poter guidare il proprio destino e dall’altro
A questo punto si tenterà di mostrare come tale dualità tematica, evidente studiando il
cercherà di mettere in risalto il fatto che due costanti visive del cinema di Stanley
proprio destino (la prospettiva), e della reale condizione in cui lo stesso personaggio si
trova, cioè impotente a decidere della propria vita ed immesso su un tragitto obbligato
(il corridoio).
Per dare sostanza a tali supposizioni, nel secondo capitolo analizzeremo la prospettiva
prospettiva fu ideata. Tornando poi al cinema di Stanley Kubrick, forniremo per ogni
film esaminato un nutrito numero di esempi relativi alla presenza di una strutturazione
quindi la funzione che parrebbe avere e poi, come per il precedente capitolo, studiando
corridoio (suddiviso nella nostra ricerca in corridoio scenico, intendendo con ciò il
questa definizione quel tipo di corridoio creato dal carrello in avanti o all’indietro e
dallo zoom in avanti o all’indietro2) nella produzione di Stanley Kubrick, inteso cioè
diretto fra i due temi narrativi presenti nei film del regista americano ed i due temi visivi
prospettiva centrale, mentre quando si trova in una condizione impostagli, nei confronti
2
A questo proposito ringraziamo il professor Eugeni che ci ha suggerito di considerare l’uso dello zoom
E’ risaputo che i sensi sono cinque: vista, udito, tatto, olfatto e gusto. La prima,
forma e il colore degli oggetti. Il secondo senso rende possibile percepire un suono, un
rumore e simili, per mezzo delle orecchie. Con il terzo, i cui organi, diffusi in tutta la
superficie del corpo, sono specificamente più diffusi nei polpastrelli delle dita,
mediante il quale è possibile percepire gli odori, prodotti dalle emanazioni di particelle
sottili e volatili di alcuni corpi, ha la sua sede nel naso. Il quinto, e ultimo, dal quale si
Questi sensi sono utilizzati nella vita di tutti i giorni, ma quando si assiste ad uno
Per la vista esistono eccezioni minime, legate ad un certo tipo di teatro d’avanguardia,
dove gli spettatori hanno la possibilità di utilizzare gli altri sensi. Per il secondo senso
Infatti durante un film lo spettatore non tocca niente che riguardi la finzione sullo
schermo, non annusa nulla, dato che il film non odora (ha un certo odore la pellicola,
Quindi la vista e l’udito, sia per uno spettacolo cinematografico, sia per uno spettacolo
Infatti parlando di teatro lo scrittore latino Orazio ha scritto: “Segnius inritant animos
L’attenzione del lettore cade sull’importanza data agli oculi che sono definiti fideles
rispetto alle aures, che è caratterizzato dall’avverbio in posizione iniziale, quindi più
forte: segnius.
Segnis vale, come è noto, tardo, lento, pigro, neghittoso; fiacco, debole.2 Perciò in
ambito teatrale il senso dell’udito assume una connotazione inferiore rispetto a quello
della vista, è più debole, più fiacco nel dare emozioni allo spettatore.
Le riflessioni di Orazio sembrano tuttora valide, dato che il teatro dal I secolo a.C. fino
Per quanto riguarda il cinema, potrebbe risultare chiarificatrice una prova pratica.
schermo.
1
Quinto Orazio Flacco, Ars Poetica in Le Lettere, Bur, Milano 1989, p. 266, vv. 180-1
2
Ferruccio Calonghi, Dizionario Latino-Italiano, Rosemberg & Sellier, Torino 19643, p. 2492
3
Infatti il teatro, da quello greco fino a quello contemporaneo, si è sempre fondato sulla presenza di attori
che, in uno spazio separato dal pubblico, recitano un determinato testo. Ad ogni modo per una storia del
teatro si rimanda, ad esempio, a Cesare Molinari, Storia del teatro, Laterza, Bari 1996
3
Quindi sembrerebbe che il cinema, ancor più del teatro, sia legato al senso della vista
Questa più stretta unione tra cinema e vista dipenderebbe dalla sua particolare origine.
Infatti, seguendo ad esempio le indicazioni di Gian Piero Brunetta, le basi del cinema,
tempo e lo spazio, di usare gli occhi come remi per navigare liberamente, alla velocità
linguistica5.
precisamente alla fine del XIX secolo, quando furono presentati i primi spettacoli
4
Questo neologismo, icononauta, è stato inventato da Gian Piero Brunetta che lo ha coniato per un suo
voluminoso e recente studio Il viaggio dell’icononauta dalla camera oscura di Leonardo alla luce dei
Lumière, Marsilio, Venezia 1997, dove ha descritto in maniera ampia e accurata gli antecedenti che
portarono l’uomo prima alla scoperta della fotografia e poi a quella del cinematografo. Su tale tema cfr.
anche Bruno De Marchi, Umbra Dei e palpebra del cinema, luce, Euresis, Milano 1996 e René Prédal,
Histoire du cinéma – Abrégé pédagogique, CinémAction – Corlet, Paris 1994, tr. it. Cinema: cent’anni di
Una notazione interessante potrebbe essere che tali esibizioni erano presentate come
«vedute»7.
Il cinema, dato che in origine era sprovvisto di suono9, rimase perciò solo ed
esclusivamente immagini. Questo accadde fino al 1927 quando, con il film The Jazz
Da quel momento fino ai giorni nostri il cinema è rimasto uguale; e altre innovazioni,
Su questo rapporto tra immagine e suono sono stati molti gli studiosi che hanno
espresso la loro opinione e sempre in un’unica direzione, cioè la supremazia della prima
sul secondo.
7
Jacques Aumont, Le point de vue, in Communications, 1983, n° 38, tr. it. Il punto di vista, in L. Cuccu e
A. Sainati (a cura di), Il discorso del film. Visione, narrazione, enunciazione, Edizioni Scientifiche
svolse in fasi diverse nei diversi Paesi, con una quantità di sistemi e brevetti concorrenti.
11
Per una più approfondita analisi di quali mutamenti stilistici causò tale invenzione si rimanda a D.
Bordwell e K. Thompson, Film History: An Introduction, McGraw-Hill, Inc., 1994, tr. it. Storia del
Ad esempio, il semiologo russo Jurij M. Lotman ha sostenuto che “il cinema è la sintesi
ma ha chiarito che “gli elementi non figurativi del film (la parola, la musica) svolgono
un ruolo subordinato”13.
Psychologie du cinéma ha scritto che “un film, ce sont d’abord des images”14; ed anche
che “un film est fait pour être vu et uniquement pour être vu”15.
Sfogliando poi altri testi di teoria cinematografica - quali sono, per esempio, Film come
12
Jurij M. Lotman, Semiotika kino i problemy kinoestetiki, Vaap, Moskva 1972, tr. it. Introduzione alla
1990, p. 6, dove sostiene che “il cinema si presentava, fin dall’inizio, (…) arte della visione”.
14
Jean Mitry, Esthétique et Psychologie du cinéma, Editions universitaires, Paris 1963, vol. I, p. 53
15
Ivi, vol. I, p. 111
16
Rudolf Arnheim, Film als Kunst, E. Rowohl Verlag, Berlin 1932, tr. it. Film come Arte, Il Saggiatore,
Milano 1963, p. 167, dove afferma che “la letteratura si serve delle parole per descrivere; il cinema delle
immagini”
17
Carlo Ludovico Ragghianti, Cinema Arte Figurativa, Einaudi, Torino 1952. Cfr. Antonio Costa,
Cinema e Pittura, Loescher, Torino 1991, pp. 93-7, dove viene ripercorso il saggio di Ragghianti, il cui
“espressione del momento più avanzato del processo di produzione del visibile”
19
Gilles Deleuze, L’image-temps, Minuit, Paris 1985, tr. it. L’immagine-tempo, Ubulibri, Milano 1997, p.
trova sempre la tesi secondo la quale, al cinema, le immagini sono sempre più
sensi, la vista e l’udito, ma soprattutto nel cinema solo la prima risulta fondamentale;
infatti il cinema è nato e si è sviluppato muto, scoprendo solo dopo trent’anni il sonoro.
7
I.2 L’INQUADRATURA
Il cinema, arte della visione, diventa veramente visibile solo nel momento in cui viene
Innanzitutto ci sono schermi di varie dimensioni: “superfici ridotte, come gli schermi di
molte salette d’essai o culturali, che propongono un’esperienza di fruizione assai simile
a quella domestica della televisione, ma anche superfici assai ampie, che rendono
Tuttavia, per quanto grande sia, uno schermo cinematografico non può contenere lo
spazio, dato che questo è un “luogo infinito e illimitato di cui le cose materiali occupano
Una seconda notificazione, derivante dalla prima, consiste nel fatto che uno schermo
soltanto un “ritaglio delle dimensioni dello schermo”22; quindi uno schermo è finito e
limitante23.
20
Francesco Casetti e Federico di Chio, Analisi del Film, Bompiani, Milano 199810, p. 69
21
Salvatore Battaglia (a cura di), Grande dizionario della lingua italiana, Utet, Torino 1998, vol. XIX, p.
750
22
Jurij M. Lotman, op. cit., p. 42
23
Si ha una conferma di tale conclusione anche sfogliando un dizionario etimologico come il M.
Cortelazzo e P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1997. Infatti lo
schermo è definito una “superficie bianca su cui vengono proiettate le immagini della pellicola
fotografica o cinematografica” (vol. V., p. 1151). La superficie indica un “ente geometrico che delimita
8
Una terza peculiarità risiede nella semplice funzione riflettente dello schermo
come unica funzione quella di riflettere l’immagine ingrandita che vi viene proiettata.
Ne deriva che la finitezza e la funzione limitante non sono caratteristiche proprie dello
alza lo sguardo, si noterà un fascio di luce proveniente dalle nostre spalle che colpisce
lo schermo davanti a noi, dando vita al film che stiamo guardando. Questo fascio
Quindi l’immagine che al cinema vediamo molto grande si riduce, in realtà, alle
18,67 mm26.
un corpo” (vol. V, p. 1297). Infine il verbo delimitare ha il significato di “segnare il limite, il confine”
Roma 1992, p. 70 e Mario Bernardo, Tecnica dell’inquadratura, in F. Borin e R. Ellero (a cura di),
dimensioni di un fotogramma è doverosa una precisazione, dato che le misure appena fornite riguardano
9
Di fatto, quindi, il quadro dello schermo e quello del fotogramma sarebbero omologhi,
consisterebbe nel fatto che “toutes les lignes compositionnelles de l’image se rapportent
référentiel absolu”28.
abbia una funzione di referenziale assoluto, nel senso che durante la creazione del film
Per creazione del film si intende sia il momento letterale (la sceneggiatura) sia il
la cosiddetta full sceen aperture (silent). A questo proposito è utile leggere cosa scrive Mario Bernardo
nel suo manuale, L’immagine…, cit., a p. 71: “Nel formato accademico 35 mm, che in proiezione diviene
1,33:1, il rapporto di 1,375:1 del negativo occupa verticalmente lo spazio tra quattro perforazioni mentre,
tra il centro di un fotogramma e il seguente vi sono 19 mm. Però, non tutto questo spazio è occupato
dall’immagine. Il fotogramma è spostato verso il bordo destro del supporto, per lasciare liberi i 2,13 mm
della colonna sonora ottica. Sopra e sotto l’immagine si trova una striscia di emulsione non esposta, di
spessore variabile a seconda del formato scelto, che si chiama interlinea. Oltre al formato accademico, nel
35 mm sono diffusi l’1,66:1, l’1,75:1 e l’1,85:1, e il negativo Cinemascope con rapporto 1,18:1 sul
negativo, con un’immagine decompressa in proiezione per suono Stereofonic Perspecta Sound di rapporto
2,55:1 (oggi, tuttavia, con in nuovi sistemi stereofonici, il formato Cinemascope è 2,35:1)”
27
Stephen Heath nel suo testo Questions of Cinema, Macmillan Publishers Ltd., London 1981, a p. 35
nota come il “frame describes the material unit of film (the single transparent photograph in a series of
such photographs printed on a lenght of cinematographic film, twenty-four frames a second) and, equally,
Infatti, anche se in maniera diversa, in queste due situazioni si deve o pensare (nel
primo caso) o girare (nel secondo), tenendo sempre conto del limite del quadro
cinematografico.
spazio infinito a sua disposizione, è costretto a scegliere che cosa deve essere ripreso;
cioè che cosa entrerà nel quadro della macchina da presa e che cosa, invece, ne resterà
fuori. Quanto scelto verrà impresso sulla pellicola e, dopo essere stato sviluppato e
dell’immagine (il referente assoluto di Mitry29), con la sua finitezza e la sua funzione
limitante e la scelta compiuta dal regista, di cui si tratterà nel sottoparagrafo I.2.4
Per approfondire la nozione di quadro sembra utile partire dalla definizione che viene
fornita dal dizionario: “un oggetto, pezzo o spazio quadrato; una pittura su tavola o su
tela messa in telaio”30. Se, poi, si legge quanto scritto da Gianfranco Folena su questo
del termine si collocano nello scorcio del Quattrocento e agli inizi del Cinquecento. Il
che mi pare che renda plausibile (…) che questa accezione pittorica del termine sia un
cuadro, col femminile cuadra, è medievale e attestato ai primordi della lingua nel senso
proprio e specifico di ‘pittura, dipinto’. Non è escluso che negli ambienti artistici italiani
29
A questo riguardo è utile un’altra riflessione dello studioso francese: “les choses devenues image – une
image constituée dans un cadre – sont relatives à ce cadre et lui sont liées phénoménalement ” (in op. cit.,
vol. I, p. 170)
30
M. Cortelazzo e P. Zolli, op. cit., vol. IV, p. 1008
11
termine non è riferito alla pittura o indica comunque l’utilizzazione figurativa di una
quadro, fino alla cancellazione del tratto geometrico del significato, l’impatto del
In particolare Aumont l’ha definita “ciò che fa sì che l’immagine non sia né infinita né
indefinita, ciò che circoscrive l’immagine, che la fissa”33, essa “oltre che limite fisico
proporzioni”34.
Insomma il quadro cinematografico, inteso sia come cornice sia come il materiale
inscritto in esso, divide lo spazio della sala cinematografica in due parti: lo spazio che
non vi entra, definito fuori quadro, e quello che viene inquadrato, nel senso che si trova
nel quadro35.
31
Ivi, vol. IV, p. 1088
32
Gianfranco Folena, La scrittura di Tiziano e la terminologia pittorica rinascimentale, in Umanesimo e
Rinascimento a Firenze, all’interno di AA.VV., Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, Leo S.
1988, a p. 47 definisce il quadro in questi termini: “Per quadro possiamo intendere la dimensione
Jean Mitry spiega in maniera molto chiara tutto questo: “En rapportant à ses [du cadre]
côtés les lignes et les volumes des choses représentées on peut composer l’image
exactement comme un peintre compose son tableau; on peut lui donner une structure
expressive en «cadrant» d’une certe manière le fragment de réalité visé car tout ce que
«contenu» est indépendant de quelque cadre que ce soit mais, par le fait qu’il est
l’azione che “ritaglia il reale oggetto della sua ripresa, ma, contemporaneamente, (…) è
discorso”38.
posizionamento e strutturazione di un campo visivo o porzione di spazio profilmico nei limiti e nella
Cinémas de la modernité: films, théories, Klincksieck, Paris 1981, tr. it. Lo spazio del racconto filmico, in
Si è visto che l’inquadratura risulta essere sia la delimitazione di un campo visivo39 sia
accessori40.
Ora che abbiamo affrontato il primo aspetto nel sottoparagrafo precedente occupiamoci
del secondo.
della prospettiva, leggi che provengono direttamente dall’Alberti e dalla pittura del
riproduzione integrale degli effetti del sistema prospettico. E’ così che il cinema
riprende a sua volta i principi della visione monoculare (…) come l’avevano concepita i
39
Jacques Aumont, L’occhio interminabile…, cit., p. 17. A questo riguardo Lotman, in op. cit., p. 43,
afferma che “uno degli elementi fondamentali del concetto di inquadratura è la delimitazione dello spazio
artistico”
40
Gilles Deleuze, L’image-muovement, Minuit, Paris 1983, tr. it. L’immagine-movimento, Ubulibri,
Milano 1997, p. 25
41
Marc Vernet in AA.VV., Attraverso il cinema…, cit., p. 163. Inoltre i termini essenziali della relazione
tra prospettiva rinascimentale e cinepresa sono riassunti in J. Collet, Cinepresa, sempre nella stessa
raccolta di saggi. Anche Antonio Costa in Cinema…, cit., p. 30, sottolinea questo rapporto: “il legame più
radicale che si può stabilire tra il cinema e la pittura consiste nel fissare nella rappresentazione prospettica
un comune denominatore: in tal modo si fa discendere il cinema da quella tecnica (la prospettiva) che
14
Da quel momento in poi, all’interno del quadro si venne a creare un’illusione per
Infatti, per Heath, il cinema sarebbe essenzialmente una “machine for the reproduction
of objects (of solids) in the form of images realized according to the laws of the
rectilinear propagation of light rays, which laws constitute the perspective effect”44.
Citando Bazin è lecito perciò affermare che “si può svuotare l’immagine
Aumont risponde in questi termini: “lo spazio non è un percetto, come lo sono il
costituisce una delle acquisizioni fondamentali della pittura del Rinascimento”. Cfr. anche Casetti – di
un’analisi più dettagliata del che cosa sia e come sia strutturata rimandiamo al secondo capitolo di questo
lavoro.
43
Bruno De Marchi, op. cit., p. 223
44
Stephen Heath, op. cit., p. 28; inoltre per un’approfondita analisi della condizione prospettica
Bordwell, Narration and Space, in Narration in the Fiction Film, University of Wisconsin Press,
superficie piana a due dimensioni, di dare il senso illusorio della profondità, sono:
Per quanto riguarda la prospettiva monoculare, come già accennato poco sopra, si ha un
macchina da presa in un punto qualsiasi per avere una strutturazione prospettica dello
spazio, dato che, come dice Balázs, “le linee dell’immagine segnano lo spazio in
prospettiva”48.
Quindi la profondità di campo è “un dato tecnico dell’immagine che peraltro è possibile
modificare facendo variare la focale dell’obiettivo (la profondità di campo è tanto più
ampia quanto più corta è la focale), o l’apertura del diaframma (la profondità di campo è
46
Jacques Aumont, L’occhio interminabile…, cit., p. 92-3
47
J. Aumont - A. Bergala – M. Marie – M. Vernet, Esthétique du film, Nathan, Paris 1994, tr. it. Estetica
Questa filiazione del cinema dalla fotografia (e non solo), è ormai un assunto acquisito,
perentoria, ma se si prova a sfogliare alcuni dei numerosissimi saggi sulla nascita del
seconda è dovuta allo sviluppo dell’ottica e degli obiettivi. Esiste però una caratteristica
(tra le altre) posseduta dal cinema che lo differenzia in maniera netta dalla fotografia: il
movimento.
Infatti, questo terzo fautore dell’illusione della profondità non deriva dalla fotografia,
dato che questa “malgré la perspective (…) ne se détache point de son support; elle
Il movimento appare quindi come una grande novità del cinema, una novità di così
Se, ad esempio, si prende in considerazione uno dei primi film proiettati con pubblico
pagante, L’arrivé du train à la gare de Ciotat (1895) dei fratelli Lumière, si riscontrano
due elementi di estrema rilevanza: da una parte il movimento, sia della locomotiva che
51
Cfr. G.P. Brunetta, cit., Bruno De Marchi, cit., D. Bordwell e K. Thompson, cit.
52
Jean Mitry, op. cit., vol. I, p. 112
17
delle foglie e del fumo, e dall’altra lo sfruttamento della profondità di campo, dove si
trova “anticipata già quella scala di piani, dal totale al campo medio al primo piano, su
effectivement”54, in tal maniera sussegue che “l’image filmique se donne à mon regard
comme une «image spatiale», semblablement à l’espace réel qui s’étend devant mes
yeux”55.
Logicamente, Mitry non è stato l’unico studioso a proporre una riflessione di questo
produrre un’impressione di volume56 ed anche gli autori francesi del testo Estetica del
film hanno sottolineato che la “riproduzione del movimento (…) aiuta la percezione
della profondità”57.
Inoltre Mario Pezzella, in un’analisi sullo sviluppo dei procedimenti cinematografici tra
gli anni Venti e Trenta, ha scritto che furono la carrellata, i movimenti di macchina, le
cinematografico58.
53
Paola Valentini, Dal cinematografo al cinema: Edison, Porter, Lumière, Méliès, in Paola Valentini,
Alberto Ostini, Lontano da Hollywood? Legere enim et non intellegere neglegere est, Euresis, Milano
1996, p.16
54
Jean Mitry, op. cit., vol. I, p. 112
55
Ibidem
56
Jurij Lotman, op. cit., p. 49
57
J. Aumont – Bergala A - …, op. cit., p. 20. Inoltre cfr. A. Michotte Van Den Berck, Le caractère de
contributi di Hochberg J. e Brooks V., The Perception of Motion Picture, in Carterette – Friedman (eds.),
18
Insomma il movimento, o degli elementi in scena, come ad esempio nel film dei
presa, come il travelling o il dolly, è un mezzo atto a creare l’illusione della profondità
di campo. “In altre parole il cinema riproduce il movimento sia registrando ciò che si
muove dentro il quadro (uomini, animali, oggetti ecc.), sia muovendo l’apparecchio di
registrazione”59.
In conclusione, si può affermare che i fattori dello spazio filmico sono: la prospettiva,
propria della fotografia e, prima ancora, creata in pittura; la profondità di campo, che
presa.
Handbook of Perception, vol. X, 1978, dove si sostiene che è sufficiente il movimento della cinepresa
nello spazio della scena perché i diversi elementi si mettano come in prospettiva e di J.J. Gibson, Motion
Pictures and Visual Awareness, in The Ecological Approach to Visual Perception, Houghton Miffin,
Boston 1979, testo in cui si afferma che i movimenti della cinepresa sono utili strumenti per la percezione
“en tant que représenté les images filmiques se montrent semblables aux images
composition esthétique ou plastique, qui organise cet espace dans les limites du cadre,
Perciò esisterebbero due tipi di «composizione»: da una parte quella relativa alla fabula
cinematografico.
Uno degli studiosi che, come è noto, si è soffermato ad analizzare, in tutte le sue
Come dato di partenza va subito posta un’affermazione fatta dal regista e studioso
francese nel 1955, quando scrisse che “in ogni grande opera cinematografica si scoprirà
60
Jean Mitry, op. cit., vol. I, p. 263
61
Giorgio Cremonini, op. cit., p. 41
62
Mitry, op. cit., vol. I, p. 171
63
Eric Rohmer, L’organisation de l’espace dans le «Faust» de Murnau, Union Général D’Editions, Paris
1977, tr. it. L’organizzazione dello spazio nel «Faust» di Murnau, Marsilio, Venezia 1991. Cfr. anche il
suo studio Le cinéma art de l’espace in La revue du cinéma, n°14, Giugno 1948
20
tre ambiti: c’è uno spazio pittorico, costituito dall’immagine cinematografica che,
rappresentazione più o meno fedele di quella parte del mondo esterno; c’è uno spazio
architettonico, in cui le stesse parti del mondo, naturali o ricostruite, sono dotate di
un’esistenza obiettiva, a prescindere dal tipo di riprese65; ed infine c’è uno spazio
«virtualmente» nella sua mente, sulla base degli elementi frammentari che il film gli
fornisce.66
64
In «Cahiers du Cinéma», n° 51, 1955; ora in Giovanna Grignaffini (a cura di), La pelle e l’anima.
pp.129-32
66
Eric Rohmer, L’organizzazione…, cit., p. 19. Lo spazio pittorico e quello architettonico sono
assimilabili (facendo le dovute differenze) alla messa in scena e alla messa in quadro di cui parlano
Casetti e di Chio, cit., p. 124, dove si sostiene che “se la messa in scena allestisce un mondo (…) [spazio
pittorico e architettonico], la messa in quadro, invece, definisce il tipo di sguardo che su quel mondo si
getta, la maniera in cui esso è colto dalla macchina da presa [spazio pittorico]”. Inoltre lo spazio filmico è
a sua volta assimilabile alla messa in serie (sempre Casetti – di Chio, p. 126): “Se a livello di messa in
scena e di messa in quadro ci si concentra preferenzialmente sulla singola immagine, nei suoi contenuti e
nelle sue modalità, a livello di messa in serie l’analisi deve passare a considerare più immagini”. Per un
A ognuno di questi tre spazi – che ovviamente devono costituirsi in unità tanto più
filmico67.
Per quanto riguarda lo spazio pittorico – fotografico, vorremmo far notare che il regista
deve adoperarsi a scegliere il tipo di ripresa da effettuare. Il che vuol dire: «dove» porre
colorati o solamente di copertura dalla luce, ecc. Inoltre, l’autore deve decidere in che
fatto che esso è legato maggiormente alle forme, nel senso che “un’architettura è un
luoghi dove si svolgerà l’azione; logicamente più un luogo è piccolo più sarà facilmente
modificabile ai fini della ripresa, fermo restando che al giorno d’oggi l’utilizzo del
Infine, per quanto attiene allo spazio filmico, costituito da messa in scena e montaggio,
si potrebbe affermare che esso sia uno spazio virtuale di volta in volta immaginato da
ciascuno spettatore. In questo ambito gli attori, guidati dall’autore, recitano all’interno
67
Antonio Costa, Saper vedere …, cit., p. 231
68
Naturalmente tutte le decisioni che il regista deve prendere sia in questo sia negli altri due ambiti
includono solo gli aspetti visivi di un film, dato che è questo il settore di studio del presente lavoro
69
Eric Rohmer, L’organizzazione…, p. 53
22
solo, ma, scomposto e scomponibile nelle tre nozioni sopra descritte, prende vita e si
fondées sur une science de l’espace, elle – même relative à une science des proportions.
Quindi un regista – o meglio un autore – nel raccontare una storia, organizza, secondo
dell’inquadratura.
70
Jean Mitry, op. cit., vol. I, p. 195
23
I.2.4 Lo stile
limiti del campo visivo sia l’organizzazione dello spazio al suo interno71.
Detto in maniera più elegante, “l’inquadratura è (…) percepire nella mente, attraverso il
mirino o la macchina da presa, quello stato di cose che poi verrà riprodotto nel film. Si
tratta cioè della scelta, per così dire ‘attimale’, della porzione di mondo fenomenico da
Perciò, lo spazio all’interno dell’inquadratura viene scelto dal regista per raccontare o
esprimere qualcosa. E’ attraverso il che cosa viene ripreso e il come viene effettuato
tutto ciò, che l’autore spinge lo spettatore ad osservare lo spazio selezionato in una certa
altro effettua una selezione, una scelta tra le infinite possibilità che gli si offrono.
che appare entro questi limiti è visibile, e l’artista del cinema è quindi costretto –
71
AA.VV., Lectures du film, Albatros, Paris 1974, tr. it. Attraverso il cinema. Semiologia, Lessico,
Lettura del film, Longanesi, Milano 1978, p. 214. Sulla doppia funzione di inquadratura: i margini del
quadro e i modi di ripresa, si rimanda anche a Francesco Casetti e Federico di Chio, op. cit., pp. 76-7
72
Massimo Gemin, Dal quadro all’inquadratura, in F. Borin e R. Ellero (a cura di), op. cit., p. 3
73
Della stessa opinione è, ad esempio, Mitry quando afferma che “dans l’espace réel nous ne pouvons pas
choisir, isoler un fragment quelconque; le champ visuel nous est donné en totalité” (op. cit., vol. I, p. 174)
24
avendone la possibilità – a operare una scelta tra gli infiniti aspetti della realtà. In altre
Mitry ha sottolineato chiaramente il fatto che il cinema non può essere obiettivo: “une
image photographique est la reproduction mécanique d’un réel visé à travers un objectif
donc dire que cette reproduction, en tant que telle, est quasi impersonelle. Mais toute
l’opérateur accomplit un certain choix: il délimite son cadre. Si besoin est, il organise
Dalla riflessione dello studioso francese deriverebbero due conclusioni: la prima è che
la presenza del regista è inequivocabile, cioè è lui e non la macchina da presa che decide
che cosa riprendere, oggetto, essere umano o paesaggio che sia; la seconda è che oltre a
selezionare il che cosa, l’autore deve stabilire il come, cioè la modalità di ripresa.
Se, ad esempio, il «che cosa» è una mela su di un tavolo, il «come» può essere
rappresentato dalla posizione della macchina da presa rispetto ad essa (in basso, in alto,
di lato, in obliquo, ecc.), da quale obiettivo viene utilizzato (focale corta, media, lunga,
ecc.), da che tipo di luce viene illuminata (diretta, riflessa, oppure lasciata in ombra,
ecc.), dal tipo di sviluppo della pellicola (sottoesposta, sovraesposta, esposta in maniera
74
Rudolf Arnheim, op. cit., p. 103
75
Jean Mitry, op. cit., vol. I, p. 107
25
Perciò “lo sguardo del narratore [visivo] (…) è il primo organizzatore delle
Ejchenbaum affermava al riguardo che “nella questione dello stile filmico riveste
ecc.)”77.
Insomma il regista cinematografico, dopo aver stabilito quale storia raccontare, si trova
Su questo aspetto della questione, uno degli studiosi russi che più si è occupato di
questo argomento è stato Sergej M. Ejzenštejn, soprattutto nelle sue Lezioni di regia79
(ma anche nei suoi altri numerosissimi saggi). In esse insegnava ai suoi allievi
dell’Institut Kinematografii quale tipo di inquadratura fosse necessaria per rendere una
determinata situazione, che fosse ricca di azione scenica o ricca soltanto di azione
interiore ai personaggi.
sottogenere a cui appartiene il film80. Se cioè questo rientra nell’area della paura, allora
76
Giorgio Cremonini, Cinema e Racconto: L’Autore, Il Narratore, Lo spettatore, Loescher, Torino 1988,
pp. 9-10
77
Boris M. Ejchenbaum, Problemy kino-stilistiki, in Poetika kino, Moskva 1927, tr. it. I problemi dello
stile cinematografico, in Giorgio Kraiski (a cura di) I formalisti russi nel cinema, Garzanti, Milano 1987,
p.32
78
Logicamente il lavoro sul materiale visivo è strettamente legato alla narrazione
79
Sergej M. Ejzenštejn, Na urokack rezissury S. Ejzenštejna, Iskusstvo, Moskva 1958, tr. it. Lezioni di
per esempio, ai testi di Kaminsky S.M., Generi cinematografici americani, Pratiche, Parma 1977 e Schatz
26
le immagini scelte dal regista saranno di un certo tipo, tali da creare suspense e ansia
Naturalmente esistono film che non sono classificabili come appartenenti ad alcun
genere cinematografico; ma anche loro, nel momento in cui narrano una specifica
Poco prima abbiamo utilizzato un avverbio che denota e connota lo sviluppo di questo
discorso: generalmente. Tuttavia, il fatto che a seconda dei vari generi vengano
utilizzate determinate tipologie di ripresa è vero, ma solo per coloro che vengono
definiti i mestieranti, cioè registi che si adattano al genere da loro narrato senza lasciare
traccia. Non vi è un qualcosa che renda riconoscibili visivamente i loro film. Manca
Coloro che vengono definiti autori riescono invece a trasferire nei loro film certe
sono riconducibili secondo Segre almeno due accezioni: “a. l’assieme dei tratti formali
storiche”81.
T., Hollywood Genres: Formulas, Film-making and the Studio System, Temple University Press,
Philadelphia 1981
81
Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985, p. 307. Cfr. anche
Francesco Casetti e Federico di Chio, op. cit., p. 74, dove vengono trattati i codici stilistici che sono
27
elementi linguistici che l’individuo compie”. Il secondo, proprio della sfera musicale, è
artistico-visivo, è “in pittura, architettura e simili, l’insieme degli elementi e delle forme
definiti come “codici che associano ai tratti che consentono la riconoscibilità degli oggetti riprodotti altri
Giorgio Cremonini in Stanley Kubrick. Shining, Lindau, Torino 1999, pp. 85-6, dove chiosa lo stile di un
autore come “un insieme di procedimenti fedeli a se stessi nell’impostazione generale, ma capaci di
adattarsi con precisione al senso delle singole opere: perché le storie cambiano, ma l’autore è sempre lo
stesso”.
28
I.3.1 La scelta
Ora si tenterà di affrontare il cinema di Stanley Kubrick prima dal punto di vista della
l’organizzazione spaziale presente nei suoi film. L’obiettivo è mostrare come esistano
diversi elementi di contatto tra questi due ambiti della creazione cinematografica del
regista newyorchese.
Innanzitutto una premessa. Per quanto riguarda l’aspetto narrativo della filmografia
kubrickiana, questo lavoro intenderebbe analizzarne solo una parte, effettuando quindi
una scelta, non arbitraria, ma basata su dichiarazioni dello stesso regista e su riflessioni
di studiosi.
Infatti, benché i film di Kubrick siano tredici83, tuttavia solo dieci di questi sono
completamente ascrivibili al regista statunitense, nel senso che sono stati sotto il suo
83
Stanley Kubrick ha girato tredici lungometraggi: Fear and Desire (1953), Killer’s Kiss (1955), The
Killing (1956), Paths of Glory (1957), Spartacus (1960), Lolita (1962), Dr. Strangelove or: How I
Learned to Stop Worrying and Love the Bomb (1964), 2001: A Space Odyssey (1968), A Clockwork
Orange (1971), Barry Lyndon (1975), Shining (1980), Full Metal Jacket (1987), Eyes Wide Shut (1999).
In realtà l’ultimo canto totalmente kubrickiano è stato Full Metal Jacket (1987). Infatti Eyes Wide Shut, la
sua ultima e forse fatidica fatica cinematografica, non è stato portato completamente a termine, a causa
dell’improvvisa scomparsa del regista il 7 marzo 1999. Del resto la Warner Bros., benché il missaggio del
film non sia stato ultimato da Kubrick, lo ha fatto ugualmente uscire, negli USA, il 16 Luglio 1999
(decisione fondata soprattutto su motivi finanziari, dato che in quest’opera la casa di produzione
statunitense ha investito circa centocinquanta milioni di dollari). A parte questo non è che in questi anni
29
totale controllo sotto ogni aspetto, dalla scelta del soggetto fino alla scelta
Quindi per opera kubrickiana si intende un film sul quale, sia dal punto di vista
Se si consulta un buon dizionario italiano si trova che il verbo potere indica l’essere in
grado di fare qualcosa84, mentre l’aggettivo assoluto denota la facoltà di essere libero da
restrizioni o limiti85.
dire essere in grado di fare (nella specifica sfera d’azione) qualunque cosa senza alcuna
restrizione.
non ha potuto godere di un potere assoluto solo su tre dei suoi film: Fear and Desire
(1953), Killer’s Kiss (1955) e Spartacus (1960). Nel senso che nella realizzazione dei
primi due non possedeva ancora tali conoscenze tecniche, artistiche e culturali da
permettergli una totale libertà di manovra; per quanto riguarda invece il terzo film, i
limiti non furono dovuti ad una sua ancora acerba maturazione, quanto al volere del
Kubrick fosse rimasto con le mani in mano. Infatti, nel 1989 aveva acquistato i diritti del romanzo di
Süskind Das Parfum. Inoltre aveva lavorato su un progetto inerente la tragedia della seconda guerra
mondiale e dei campi di concentramento, poi accantonato dopo la realizzazione di Schindler’s List di
Steven Spielberg. Infine aveva in progetto la realizzazione di un film di fantascienza intitolato A.I.
84
Palazzi, op. cit., vol. II, p.662
85
Ivi, vol. I, p. 87
30
Riferendosi a Fear and Desire ha affermato che “Pain is a good teacher”86, “it’s not a
film I remember with any pride, except for the fact it was finished”87, “a very inept and
pretentious effort”88. Inoltre quando nel 1991 e poi nel 1994 il film venne presentato di
nuovo al pubblico il regista chiese alla Warner Bros. di realizzare una dichiarazione
nella quale era specificato che “he [Kubrick] considers it [Fear and Desire] nothing
more than a ‘bumbling, amateur film exercise’, written by a failed poet, crewed by a
Per quanto riguarda Killer’s Kiss, è molto illuminante ciò che ha sostenuto in
un’intervista rilasciata a Walter Renaud “It’s better than Fear and Desire, but it’s still a
pretty idiotic film. As far as the directing is concerned, there are a few very good bits,
but it’s an idiotic subject. The actors’ playing is extremely mediocre, and… what can a
movie be worth when the story is idiotic and the actors are bad?”90.
nuce, elementi che si ritroveranno in tutto il cinema di Kubrick. Ma non sono elementi
tali da consentire un’analisi proficua del livello narrativo. Perciò si analizzerà solo
Killer’s Kiss, ma esclusivamente da un punto di vista visivo, dato che, come ha detto
86
Intervista rilasciata a Joanne Stang pubblicata il 12/10/58 sul New York Time Magazine
87
Intervista rilasciata a Joseph Gelmis in The Film Director as Superstar, New York 1970
88
Intervista rilasciata a Robert Brustein in Out of this world, in The New York Review of Books, 6/2/70
89
Thelma Adams, A ‘lost’ Kubrick unspools, in New York Post, 14/1/94. Per dovere di completezza va
comunque segnalato il parere di Paolo Cherchi Usai il quale, in Scacco al generale: analisi di «Fear and
Desire», in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, Marsilio, Venezia 1999, p. 131, sostiene che “Fear
and Desire è, in nuce, l’intera galassia Kubrick, nel momento della propria esplosione”.
90
Intervista rilasciata a Walter Renaud, From Killer’s Kiss to 2001: A Space Odyssey, in Positif n° 100-
101, Dicembre-Gennaio 1969, ora in Michel Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio Mondadori – la
Per quanto poi riguarda Spartacus, il discorso è un po’ particolare, perché, come si sa,
suo solito l’intero apparato del film, ma dovette limitarsi a mettere in scena un soggetto
Infatti lo stesso Kubrick ha affermato: “Then I did Spartacus, which was the only film
that I did not have control over, and which I feel was not enhanced by that fact. It all
really just came down to the fact that there are thousands of decisions that have to be
made, and that if you don’t make them yourself, and if you’re not on the same wave
length as the people who are making them, it becomes a very painful experience, which
it was. Obviously I directed the actors, composed the shots, and cut the film, so that,
essenzialmente “the composition, direction, and cutting rather than story line and
characters”94, dato che secondo lui “the character Spartacus is to me incompatible with
from good bright tough to heroic democratic-general. Such a character shift is unknown
91
Ruggero Eugeni, Invito al cinema di Kubrick, Mursia, Milano 1995, p. 50-1
92
Ivi, p. 51
93
Intervista rilasciata da Stanley Kubrick a Charles Kohler in Eye, August 1968, pp. 84-6, cfr. anche
Walter Renaud, op. cit. p. 51, dove Kubrick dice che “Spartacus is the only film I didn’t have absolute
control over”.
94
Norman Kagan, The Cinema of Stanley Kubrick, New Expanded Edition, Roundhouse, Oxford 1997, p.
71.
95
Ivi, p. 80
32
non quello narrativo. Per questo film, si seguirà la linea di studio proposta da Kagan,
precisando d’altronde che Spartacus è stato considerato in tutto e per tutto un’opera di
Benché esista questa eccezione critica, per il nostro lavoro si preferisce comunque
avvalerci delle dichiarazioni dello stesso regista. Si ritiene che sia sempre meglio
Innanzitutto è riscontrabile una tematica strutturale96, per cui le opere di Kubrick sono,
come ha affermato Giuliani, suddivisibili in due parti distinte, in due metà “de longueur
et de densité le plus souvent inégales, qui semblent se faire face, se regarder peut-etre:
une ascension et une chute - A Clockwork Orange, Barry Lyndon, Lolita d’une certaine
manière -, une répétition générale et un échec - The Killing, Full Metal Jacket -, une
incapacità di guidare la propria vita secondo la propria volontà, dovuta al suo essere in
Queste tre peculiarità appena esposte verranno evidenziate, di volta in volta, in ciascun
The Killing (1956), il film per il quale Kubrick fu considerato il nuovo Orson Welles, e
Johnny Clay, da poco uscito di prigione, organizza una rapina all’ippodromo. Per
realizzare il suo piano costituisce una banda composta da George, Mike, Randy Kennan e
Martin. George e Mike sono entrambi dipendenti dell’ippodromo (il primo come cassiere,
96
Ringrazio il professor Eugeni per questo suggerimento
97
Pierre Giuliani, Stanley Kubrick, Rivages, Paris 1990, p. 11
98
Michel Ciment, Lo spazio e il tempo nell’opera di Kubrick, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Stanley
Kubrick, cit., p. 29
34
Da questo breve sunto del plot, il quale “dà solo un’idea pallida del film”100 dato che,
come per tutte le opere di Kubrick quello che conta è “proprio come vi si racconta il
racconto”101, è già posta in evidenza “l’idea che i soggetti siano mossi da forze
gli eventi sono dietro l’angolo, in questo caso nelle vesti di un cagnolino.
Perciò “in The Killing il destino è da intendersi non soltanto come «destino» sociale, o
psicologico, ma anche, alla lettera, come fatalità, come intervento di forze superiori.
L’irrazionale che insorge contro il progetto di Johnny (…) comprende una serie di
99
Per più ampi riassunti di questo come degli altri film di Kubrick si rimanda a Norman Kagan, op. cit.
100
Enrico Ghezzi, Stanley Kubrick, L’Unità – Il Castoro, Milano 1995, p. 35
101
Ibidem
102
Ruggero Eugeni, op. cit., p. 33
103
R. Lasagna e S. Zumbo, I film di Stanley Kubrick, Falsopiano, Alessandria 1997, p. 80
35
Quindi, per sintetizzare, in questo film sono presenti: la divisione in due parti della
aver ideato un piano perfetto e di poter quindi essere artefice del proprio destino;
l’impossibilità da parte di Johnny di fare qualcosa quando il cagnolino Fifì causa il suo
arresto. A questo riguardo è emblematica la risposta che dà alla sua ragazza che l’ha
Queste tematiche si possono ritrovare, in maniera diversa, anche nel successivo film,
Durante la prima guerra mondiale, il generale Broulard, dello Stato Maggiore francese,
consiglia (dando in realtà un ordine) al generale Mireau di conquistare il “formicaio”, una
postazione tedesca impossibile da attaccare, pronosticandogli una promozione in caso di
successo. Il generale Mireau va quindi dal colonnello Dax, suo sottoposto al comando
delle truppe in trincea, per ordinargli l’attacco. Benché Dax spieghi al generale l’assurdità
di tale impresa, che comporterebbe numerosissime vittime tra le fila francese, Mireau
resta fermo sulle sue posizioni. L’attacco naturalmente non riesce. Durante la battaglia
Mireau ordina addirittura di sparare contro i suoi stessi soldati per costringerli a
conquistare il “formicaio”. A causa del fallimento dell’impresa il generale Mireau chiede
a Broulard la decimazione della sua truppa per viltà, ma alla fine si “accontenta” di soli
tre uomini. La loro difesa viene affidata a Dax che, però, non può far nulla contro un
tribunale militare già deciso a condannare i tre prima del dibattimento. Anche la scoperta
da parte di Dax e da questi riferita a Broulard, dell’ordine di Mireau contro i propri
soldati, non riesce a salvare i tre militari dall’esecuzione. Comunque Broulard, dopo la
morte dei tre, prevede un’inchiesta per Mireau a causa del suo comportamento durante la
battaglia, e offre a Dax il posto rimasto vagante. Il colonnello rifiuta sdegnosamente.
Infine in un’osteria i soldati della truppa prima deridono una ragazza tedesca che canta e
poi, commossi, seguono in coro il suo canto. Tale comportamento spinge Dax a
procrastinare, di qualche minuto, l’annuncio del ritorno in prima linea.
Se tale assunto sembra palese nel personaggio di Dax e dei suoi sottoposti (la disciplina
104
Ivi, p. 81
36
militare impone questo105), lo è, in realtà, anche per il generale Mireau. Infatti Mireau
ritiene di poter pianificare la propria promozione a danno dei soldati ai suoi comandi
di Dax per il suo operato durante la battaglia, risulta evidente che non solo non sarà
promosso (caduta), ma verrà anche sostituito da qualche altro militare. Mireau pensa
perciò di poter guidare il suo destino, ma il suo progetto non si realizza, rivelandosi
Torna quindi opportuna l’osservazione di Kagan: “There are not «paths of glory», all
paths dooms them all, including Mireau himself. Dax, who seems to have walked the
Glory Road, is condemned and hated when he tries to assert the principles he lives
by”106; insomma “Dax can do nothing to help them [the soldiers] or himself, for he is
Di conseguenza ritornano i tre aspetti descritti all’inizio: la divisioni in due parti del
(infatti come ultimo colpo di coda fa giustiziare tre presunti codardi); ed infine la sua
“formicaio”, dato che l’attacco sta fallendo, ordina di sparare sui suoi uomini; inoltre
105
A questo riguardo è interessante notare che Kubrick ha affrontato l’universo militare e la guerra in
diversi film: Fear and Desire, Paths of Glory, Dr. Strangelove e Full Metal Jacket. Questa predilezione
non è certo casuale, dato che, come afferma Eugeni, cit., p. 107, “il fine ultimo dell’esercito (…) è il
controllo più assoluto dell’individuo, la sua meccanizzazione”. Di conseguenza il fatto che un militare,
anche del grado di colonnello come Dax, sia impossibilitato a dirigere il proprio destino, ne sembrerebbe
non sa fare altro che inveire contro Dax, quando gli viene paventato dal generale
Dal mondo militare Kubrick, dopo l’esperienza di Spartacus, giunse a mettere in scena
Anche in questo film, la tematica strutturale e i due temi risaltano riassunti in maniera
molto evidente.
Infatti il film è divisibile in due metà ben distinte: la prima in cui Humbert desidera
Lolita e cerca ogni occasione per starle vicino, illudendosi di poter controllare e guidare
gli eventi a proprio favore. Infatti ne sposa la madre ottenendo così la possibilità di
rivedere e approfittare di Lolita. Tale parte del film, che ha il suo apice nel rapporto
d’amore tra i due nella camera d’albergo, può essere considerata come l’ascesa di cui
parlava Giuliani, nel senso che Humbert dopo varie traversie riesce ad unirsi a Lolita e
ritiene quindi di poter vivere per sempre con la ragazzina che ama. E’ il momento di
La caduta, e quindi la seconda metà del film, comincia a questo punto, quando
Humbert, messosi a vivere con Lolita, diventa paranoico e gelosissimo, non riuscendo
più a gestire e a controllare la ragazzina, fino a quando lei scapperà con Quilty.
Humbert, da una parte, si illude di poter controllare la sua vita e di poter vivere per
sempre con Lolita dopo la morte di Charlotte, ma dall’altra risulta essere solo una
pedina guidata dal caso (Charlotte, infatti, non è uccisa da Humbert, che non ha il
travestimenti, ma è anche spinto a compiere azioni alle quali era contrario, come ad
Comunque anche gli altri due personaggi principali, ossia Lolita e Quilty, che appaiono
in grado di decidere della propria esistenza, non sono invece liberi come sembrano.
Infatti Lolita, che pare dominare Humbert, è a sua volta dominata da Quilty; e lo stesso
Quilty che, in un primo tempo, sembra dirigere tutta la vicenda come un burattinaio
dietro le quinte, alla fine viene ucciso da Humbert, non essendo più in grado di
ingannarlo e controllarlo108.
Il successivo film, girato da Kubrick nel periodo più acuto della guerra fredda (infatti
nel 1961 era stato eretto il muro di Berlino), ripropone ancora una volta le tre tematiche.
Il suo titolo è Dr. Strangelove, or How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb
(1964).
108
A questo riguardo appare valevole di nota quanto afferma Norman Kagan, op. cit., p. 108, secondo il
quale “Humbert’s own emotional obsession is always frustrating and degrading, eventually condemning
him to emptiness and death. The sly, scheming Lolita is emotionally enslaved as well. Finally, all Quilty’s
quick intelligence and game playing skill fails to save him in the end”.
39
l’ordine ai suoi B52 di bombardare l’URSS con armi nucleari. Inoltre mette la base in
stato di allerta, facendo credere ai soldati che sia cominciata la guerra con i Russi. Nel
frattempo nella War Room del Pentagono, il presidente degli Stati Uniti, Muffley, dopo
qualche perplessità, comprende il pericolo che si profila: una guerra atomica con l’URSS.
Volendola impedire, contatta il primo segretario russo, anch’egli non intenzionato a
scatenare una guerra, ma pronto, se attaccato, a colpire il territorio americano. Comunque
il pericolo potrebbe essere evitato se si scoprisse il codice segreto per richiamare i
bombardieri, a conoscenza del solo generale Ripper. Allora il presidente Muffley, da un
lato ordina di attaccare la base di Burpelson per riuscire a scoprire il codice di rientro,
dall’altro decide di far abbattere, in accordo con il governo russo, i bombardieri
americani. Nel frattempo nella base di Burpelson il generale Ripper ha preso in ostaggio
il colonnello inglese Mandrake poiché aveva scoperto come non vi fosse alcuna guerra in
atto con i Russi. Ripper si difende allo stremo contro l’attacco alla base ma, vistosi
sconfitto, decide di suicidarsi. Comunque Mandrake, grazie a degli appunti lasciati dal
generale riesce a capire quale sia il codice e, superata l’ostilità dell’ottuso colonnello
Guano (a capo dei soldati americani che hanno conquistato la base), lo comunica alla War
Room. Tuttavia un B52, quello comandato dal maggiore Kong, è stato danneggiato, ma
non abbattuto dai Russi. Il danno, in particolare, riguarda la strumentazione radio; quindi
il bombardiere è isolato e non può ricevere il codice di rientro. Perciò viene sganciata una
bomba atomica sull’URSS, provocando, da parte sovietica, l’innesco automatico della
Bomba Fine del Mondo che annienterà ogni essere umano sulla terra. A questo punto
nella War Room il Dr. Strangelove, grottesca figura di scienziato di origine tedesca
costretto su una sedia a rotelle, pregustando la sopravvivenza in grotte sotterranee di un
nutrito numero di donne con un ristretto gruppo di uomini (tra cui naturalmente tutti i
generali della War Room), conclude esaltato e “miracolato” il suo discorso. Riesce infatti
ad alzarsi in piedi mentre si vedono numerose esplosioni di bombe atomiche.
Infatti, da una parte si ha il tentativo degli uomini all’interno della War Room (ed anche
di Mandrake) di scongiurare il pericolo nucleare della fine del mondo; dall’altra invece,
il ruolo preponderante lo assume il maggiore Kong che, a causa della mancata ricezione
del nuovo ordine, spinge il destino in una direzione non prevista dagli uomini del
presidente americano e del segretario sovietico. D’altronde anche lo stesso Kong, come
militare, è un soggetto passivo, dato che deve sottostare a degli ordini. Per cui risulta
Infatti tutti gli uomini, sono sottoposti ad una volontà meccanica, quella del computer
109
Giuliani, cit., p. 11
110
Norman Kagan, op. cit. p. 80
40
Il film che comunque più di ogni altro esemplifica questa tematica e quindi, in maniera
lata, la concezione kubrickiana dell’uomo e del suo destino è 2001: A Space Odyssey
(1968).
Nella preistoria umana un gruppo di scimmie vive vicino ad uno stagno d’acqua dove può
dissetarsi. Un giorno questo gruppo viene scacciato da altre scimmie. La mattina dopo il
primo gruppo di scimmie è “visitato” da un monolite nero che emette un suono
ininterrotto. Tale contatto porta il capo della tribù all’invenzione della prima arma, un
osso, col quale guida le scimmie contro il gruppo rivale per la riconquista dello stagno e,
uccidendone il capo, compie il primo delitto della Storia. Nel 2001, con un salto
temporale lunghissimo, si vede il Dr. Floyd che, sulla base spaziale di Clavius, ad un
convegno di scienziati, comunica la notizia della scoperta di un monolite nero su un
cratere lunare. Questa sarebbe la prova dell’esistenza degli extraterrestri. Diciotto mesi
più tardi l’astronave Discovery si sta dirigendo verso Giove dove, probabilmente, si trova
un altro monolite, dato che quello trovato sulla luna emette dei segnali proprio verso
questo pianeta. A bordo della Discovery ci sono Frank Poole, David Bowman, tre membri
dell’equipaggio ibernati e HAL 9000, un computer che gestisce l’intera astronave. Ma
Quando HAL, che non sbaglia mai, commette un errore, Frank e David decidono di
disattivarlo. Tuttavia il computer si accorge delle loro intenzioni e come rappresaglia
uccide Frank e i tre ibernati, prima di essere scollegato da David. Bowman, dopo essere
riuscito a giungere nei pressi di Giove, dove il pianeta, la navicella con lui a bordo e il
monolite si allineano, comincia un viaggio psichedelico che lo porterà in una stanza
settecentesca. Qui passa rapidamente dalla giovinezza alla vecchiaia e, ormai in punto di
morte, indica il monolite apparsogli davanti al letto. Come ultima immagine si vede un
feto luminoso che rinasce dal letto e si dirige verso la Terra.
David e Frank, assieme ad altri astronauti ibernati, si stanno dirigendo verso Giove.
pace, di avanzamento nella conoscenza e di dominio del mondo. (…) [Kubrick] smonta
presenza dialetticamente attiva dei suoi opposti. (…) La storia della civiltà e
41
dell’intelligenza non è autodiretta ma eterodiretta. (…) l’uomo appare così come una
specie di marionetta”111.
Si sono volute mettere in evidenza queste riflessioni dello studioso Eugeni perché siamo
giunti al punto nodale della questione. E’ su questo tema che ruota tutto il cinema di
vero che questo punto è forse quello a cui Kubrick sembra tenere maggiormente
soprattutto alla luce di un esame dei film successivi, nei quali la discussione sul libero
Questa tematica, che risulta la peculiarità fondamentale del cinema di Kubrick, è posta
in evidenza anche nel film che il regista americano realizzò basandosi sull’omonimo
111
Ruggero Eugeni, op. cit., pp. 70-1
112
R. Lasagna e S. Zumbo, op. cit., p. 126
113
Ruggero Eugeni, op. cit., p. 70
42
Questo film è suddivisibile in due parti simmetriche, l’ascesa, in cui Alex, da teppista,
compie le sue “bravate” e la caduta, costituita dall’incontro, dopo la cura Ludovico, con
autodeterminazione dell’uomo nei confronti del proprio scegliere e del proprio agire”115.
Infatti il regista americano ha costruito una “macchina narrativa [che] sembra deridere
Quindi da un lato c’è l’illusione di Alex (nella prima parte) di poter controllare il
Questa riflessione sembra venir meno nel finale dove si profila, inaspettatamente, una
che il protagonista non ha fatto nulla, assolutamente nulla, per orientare il proprio
destino, oltre che, naturalmente tentare il suicidio. Anzi, il suo tentativo di governare la
sua vita, togliendosela, viene impedito dal caso. Infatti Alex non muore dopo essersi
gettato dalla finestra. La conclusione positiva del film è in verità un’illusione, come
La libertà che gli viene riconcessa è appunto qualcosa che “piove dal cielo”.
114
Tra i tanti contributi ci sembra interessante riportare che cosa dice lo stesso Kubrick in Michel Ciment,
Intervista a Stanley Kubrick, L’Express, 17-23 aprile 1972, citato in Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick.
L’Arancia Meccanica, Lindau, Torino 1996, p. 97, “L’intreccio [di A Clockwork Orange] tiene più conto
dei racconti di fate o della mitologia che non della fiction realista. Esso poggia su una serie di coincidenze
inconcepibili in un film realista. In un film realista non si potrebbe avere questa simmetria di situazioni
Il protagonista si salva per il volere del caso, che lo libera anche dalla cura Ludovico, e
per volontà del governo gli viene resa la possibilità di scegliere e di decidere il suo
Va anche sottolineato il fatto che “Alex che gioisce, alla fine del film, fonda la sua
temporanea esaltazione sopra un destino ancora tutto da scrivere e che per adesso
Quindi Alex, che non era libero durante la cura Ludovico, non lo sarà neanche dopo,
perché tale libertà non l’ha ottenuta con le proprie forze, ma gli è stata offerta dal
Governo. In realtà Alex non era stato libero neanche prima della cura, perché
“narrativamente parlando, il giovane Alex non ha scelte. Non è [affatto] padrone del
mondo come sogna di essere, ma [è] un oggetto in mano alla sua logica lucida e
spietata”119.
Durante la metà del settecento, in Irlanda, Redmond Barry perde il padre in un duello.
Qualche anno più tardi anche Barry partecipa ad un duello ma, pur uscendone vincitore,
deve scappare dal paese. Infatti ha ucciso (in realtà solo virtualmente, dato che il duello
era solo una messa in scena per allontanarlo) il capitano Quin, che aveva chiesto la mano
di Nora, il primo grande amore di Barry. Poco dopo essere partito, Barry viene derubato
e, senza soldi, ha come unica soluzione quella di arruolarsi nell’esercito inglese. Partecipa
alla guerra dei Sette Anni (1756-1763), ma dopo la morte del suo amico, il capitano
Grogan, decide di disertare. Fingendosi un ufficiale in possesso di lasciapassare, scappa
dall’esercito inglese ma viene smascherato dal capitano prussiano Potzdorf e costretto ad
arruolarsi nel suo esercito nazionale. Dopo un suo atto di eroismo, Barry è scelto per
spiare il cavaliere di Balibari, un giocatore d’azzardo professionista e baro, ritenuto a
ragione una spia. Tuttavia Barry e Balibari diventano amici e dopo aver beffato i soldati
prussiani, percorrono l’Europa come soci in affari al tavolo da gioco. A Spa Redmond
conosce Lady Lyndon, una nobile sposata con Sir Charles Lyndon. Dopo la morte del
marito di lei, Barry la sposa ma, passato poco tempo, comincia a tradirla con molte
donne. Tale atteggiamento gli procura l’astio del figlioccio, Lord Bullingdon. In ogni
modo questi tradimenti cessano con la nascita di Bryan, il loro primo ed unico figlio.
118
R. Lasagna e S. Zumbo, op. cit., p. 214
119
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. L’Arancia Meccanica, cit., p. 75
120
Enrico Ghezzi, op. cit., p. 96
44
Dopo la morte di Bryan, dovuta ad una caduta da cavallo, Barry cade in uno stato di totale
apatia, dalla quale non si sottrae neanche quando viene sfidato a duello da Lord
Bullingdon, che vuole allontanarlo per sempre dalla madre. Infatti non colpisce
volontariamente il figlioccio e viene ferito ad una gamba che gli viene amputata. L’ultima
immagine mostra Lady Lyndon che firma, malinconica, l’assegno del vitalizio per Barry.
L’avvertenza più utile che va messa in risalto per comprendere questo film mi sembra
quella del semiotico Eugeni, il quale sottolinea come “i personaggi del film sembrino
automi e bambole meccaniche”121. Infatti tutti i personaggi del film, soprattutto nella
meccanizzazione dei movimenti e dei gesti, oltre che dei comportamenti, come fossero
L’unico personaggio che sembra non essere automa è Barry, ma in realtà “non è mai
presentati sempre come qualcosa che gli si para davanti, come una scena teatrale già
Quindi anche il protagonista del film appare come un oggetto di un volere superiore,
con l’illusione, soprattutto nella prima parte, di poter guidare il suo destino. Ma la sua
palesa in maniera evidente nella seconda parte, benché ce ne fossero stati accenni non
troppo nascosti già prima, ad esempio la rapina nel bosco o l’incontro con il compatriota
121
Ruggero Eugeni, op. cit., p. 90
122
Enrico Ghezzi, op. cit., p. 120
123
Ivi, p. 123
124
Ivi, p. 120
45
meccanici che si muovono, lentamente, negli ingranaggi della società del tempo”125.
Il tema costante del controllo si evidenzia quindi anche in Barry Lyndon, in maniera
forse un po’ più nascosta, ma comunque riscontrabile. Dove invece non viene celato
Questo film, come gli altri di Kubrick è scomponibile in due parti: la prima in cui Jack
Inoltre The Shining, “secondo la poetica del regista, mostra ancora una volta, come
l’uomo finisce per essere sconfitto, subire uno scacco storico”126 e, soprattutto in questo
125
Francesca Dosi, La sospensione pittorica del tempo in Barry Lyndon, in Primo Giroldini (a cura di), A
caso, come non possa governare la propria vita. Infatti “Jack parla al figlio di
dell’albergo”127.
Non viene chiarito da chi provengano questi ordini; ma è in questo film che risulta in
maniera più evidente la concezione kubrickiana dell’uomo come essere guidato nel
proprio destino da qualcosa o qualcuno di “altro”, al di fuori del mondo umano (forse
Quindi, da una parte l’illusione di poter gestire la propria vita (ad esempio Jack è
Danny, ma soprattutto il suo amico Tony sono certi che le apparizioni nell’albergo non
possono fare male perché sono solo immagini virtuali); dall’altra, invece, si ha
Infatti risulta chiaro che “i soggetti in campo (Jack, il figlio, la moglie, il negro)
falliscono tutti, non sono assolutamente padroni di se stessi, non possono fare
Inoltre Danny, che alla fine sembra risultare artefice della propria salvezza (ingannando
il padre all’interno del labirinto), in realtà sarà sempre succube dello shining, che gli
farà apparire immagini, passate o future, sulle quali lui non potrà intervenire.
126
Maurizio Del Ministro, «Shining » di Kubrick in Id., Cinema tra Immaginario e Utopia, Dedalo, Bari
Campo di addestramento dei Marines di Parris Island, Virginia. Un gruppo di reclute Nel
campo dei marines di Parris Island un gruppo di reclute viene duramente addestrato sia da
un punto di vista fisico che mentale dal sergente istruttore Hartmann. Nella massa
indistinta dei giovani militari, gli unici personaggi che emergono sono Jocker, un giovane
ironico, e Palla di Lardo, un imbranato preso di mira da Hartmann. A causa del durissimo
addestramento e delle angherie di Hartmann, Palla di Lardo impazzisce e l’ultima notte a
Parris Island, dopo essere diventato marine con tutte le altre reclute, uccide Hartmann e si
uccide. La scena si sposta quindi in Vietnam dove ritroviamo Jocker nelle retrovie,
impiegato come giornalista. Dopo l’offensiva del Tet è spedito assieme a Rafterman in
prima linea per fare dei servizi giornalistici e lì si aggregano alla truppa di Cowboy, un
suo compagno al corso di Parris Island. I soldati, dopo una piccola e breve battaglia
riescono a liberare una città, ma in una nuova missione perdono l’orientamento e cadono
sotto il tiro di un cecchino. Lo stesso Cowboy viene ucciso. Dopo aver capito dove si
trova il tiratore, riescono ad aggirarlo e scoprono che si tratta di una minuta ragazza.
Questa viene colpita da Rafterman e Jocker è spinto dagli altri marines ad ucciderla, dato
che la ragazza è ormai agonizzante. I marines si allontanano nella notte cantando l’inno di
Topolino.
questo sottoparagrafo.
Innanzitutto si ha una netta divisione in due parti del film: la prima costituita
avvisa gli aspiranti marines che da quel momento fino a quando non saranno diventati
marines, non verranno più considerati uomini ma solo “shit”); e la seconda in cui
destino (anche se, per quanto già detto a proposito di Paths of Glory, i militari sono
naturalmente controllati, dato che devono sempre obbedire ad ordini, insomma sono dei
del sergente Hartmann. Lui ritiene infatti di avere un totale controllo sulle reclute e
questo lo dimostra chiaramente nella scena in cui scopre Palla di Lardo, in bagno, con
un mitra.
La sua reazione è quella di aggredirlo, di stabilire il suo potere, al di là del fatto che
prova, osservando il finale della scena appena descritta. Infatti Hartmann non è più in
Perciò i soldati, in quanto sottomessi ad ordini, non possiedono controllo di loro stessi.
Anche coloro che questi ordini li danno, però, vivono nell’illusione del controllo.
risulterebbero evidenziati sia la tematica strutturale, cioè la divisione in due parti, sia i
due temi, illusione del controllo e incapacità obiettiva di attuare tale controllo.
Logicamente se la prima si mostra più legata alla struttura narrativa dei singoli film, è
essenzialmente dai due temi che sembrerebbe apparire in modo palese la convinzione di
Stanley Kubrick, secondo cui “il mondo in cui viviamo è un corpo vivente labirintico,
130
Ruggero Eugeni, op. cit., p. 107
131
Per quanto riguarda Eyes Wide Shut, pur conoscendo la vicenda del romanzo di Schnitzler,
Traumnovelle, da cui Kubrick ha tratto il suo film, non riteniamo proficuo parlarne dato che sembra che il
regista americano l’abbia modificato in molte parti. Del resto l’uscita del film in Italia è avvenuta quando
fronte ad uno specchio che duplica una, due, tre volte, fino all’infinito, l’immagine della
Perciò “l’intera macchina testuale dei film diviene (…) una grande metafora della
controllo del soggetto sul tempo e sullo spazio: il soggetto non riesce più a controllare le
fondamentale la crisi del modello della ragione occidentale, di cui parlava Eugeni138.
132
Franco Prono, Il corpo dell’attore nel labirinto erotizzato, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium –
Questa crisi, come abbiamo tentato di dimostrare nell’analisi a livello narrativo della
l’impossibilità obiettiva di esercitare tale controllo, dovuta al caso, agli eventi, a forze
“superiori”.
L’obiettivo che a questo punto ci poniamo è di trovare un legame stretto tra il livello
narrativo e quello visivo nella filmografia del regista americano. Cercando quindi di
mostrare come le due tematiche sopra esposte siano presenti nelle sue opere
Infatti Eugeni ha affermato che questo tema (la crisi della ragione occidentale, da noi
auditivi”140.
Quindi questo risulta un dato di partenza dal quale non si può prescindere, soprattutto
dato che “Kubrick est un travailleur des formes”141, per cui nel suo cinema la
conflictuels des travellings avant – arrière que l’œil enregistre comme signature
139
Ad esempio Michel Ciment nell’introduzione a Michel Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio
Mondadori – la Biennale di Venezia, Milano 1997, p. VIII, sostiene che “Kubrick, lo si vede, è un adepto
del cinema di idee, distinguendosi in ciò dalla maggioranza dei suoi contemporanei, ma è anche un
cineasta delle immagini. In lui, tuttavia, l’immagine non è, come per tanti altri, un fine in sé e, di fatto,
kubrickienne, les hauts frontons immobiles, butoirs, qui par larges pans dessinent
Le signatures visive di cui parla Giuliani, e che sono rapportabili alle due tematiche
della sua vita, di poterla dirigere dove vuole senza alcun impedimento o costrizione;
142
Ivi, pp. 44-5
143
Per la prospettiva vd. Eugeni, op. cit., pp. 145-54; per il corridoio, Ivi, pp.130-6
144
Questa concezione del corridoio è stata analizzata a fondo dal semiotico Eugeni in op. cit. e da Paolo
Cherchi Usai, Kubrick architetto, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, cit., pp. 269-286
52
II.1 LA PROSPETTIVA
II.1.1 Etimologia
Fino al Quattrocento, il lemma perspectiva (da cui l’italiano prospettiva) indicò “la
scienza ottica che dall’esame dei fenomeni della visione traeva conclusioni geometriche
Il più importante studioso di ottica dell’antichità fu il greco Claudio Tolomeo (100 ca.-
Circa sei – sette secoli dopo, nel mondo arabo, questa tradizione di studi rifiorì2 grazie
all’opera di al-Kindi3 col suo Kitab fi ’l-manazir e al lavoro di al Farabi4 intitolato Ihsa’
trattato Kitab al-manazir, che lo studio sull’ottica raggiunse una delle vette più elevate.
Fu questo il testo che ebbe maggiore diffusione, giungendo fino al mondo occidentale.
Per essere compreso necessitava però di una traduzione in latino, dato che l’arabo non
era, al tempo, una lingua molto conosciuta dagli europei. In particolare il termine arabo
utilizzato per indicare l’ottica era manazir, cioè la visione del mondo. Questo lemma,
1
Battaglia Salvatore (a cura di), op. cit., vol. XIV, p. 710
2
Va ricordato che l’Ottica di Tolomeo è conservata soltanto in una versione araba
3
Nato a Baghdad nell’800 e morto nella stessa città nell’873
4
Morto a Damasco nel 950-1
5
Nato a Basra nel 965 e morto al Cairo nel 1038
53
Alla fine del XII secolo l’Ottica di Tolomeo venne tradotta in latino dall’emiro arabo
Eugenio di Sicilia. Eugenio, che era originariamente di parlata greca, mise in relazione
incipit di questi manoscritti si trovano formule del tipo: optica sive perspectiva e
In altre parole, come ha sostenuto Marisa Dalai, “di fatto per tutta l’Antichità classica e
perspectiva.
6
Cfr. A. Lejeune (edition critique et exégétique par), L’optique de Claude Ptolémée dans la version latine
Prospettiva Pittorica – Un Convegno, Istituto Svizzero di Roma, Roma 1985, pp. 21-2. Inoltre sulla storia
del termine perspettiva nella lingua italiana, è molto utile lo studio di Alessandro Parronchi, La
perspettiva dantesca, in Id., Studi su la dolce Prospettiva, Aldo Martello Editore, Milano 1964, pp. 3-90
8
Marisa Dalai Emiliani, La questione della prospettiva, in Erwin Panofsky, La Prospettiva come «Forma
Specio significa “percepire e guardare”; inoltre, dato che si trova solo presso gli autori
giunge alla constatazione, di maggior interesse per questo studio, secondo cui “specio
simili composti con video. Nella maggior parte dei casi, il preverbio non fa che
Da questo verbo sarebbe derivato il sostantivo perspectiva che solo con il Rinascimento
assunse il significato che gli attribuiamo noi oggi, cioè di “speculazione teorica che ha
spazio e degli oggetti che in esso si trovano, nonché le rispettive posizioni e proporzioni
prospettiva rinascimentale).
10
Ernout A. et Meillet A., Dictionnaire Étymologique de la langue latine. Histoire des mots, Klincksieck,
Una prova concernente il suo doppio significato la si ritrova nel bisogno sentito da
Leonardo da Vinci di porre una distinzione aggettivale tra l’ottica, chiamata perspectiva
Brunelleschi che constatò che “le immagini, tramite gli occhi, sono proiettate nella
mente di chi guarda, come se la mente fosse un piano disteso, e sono proiettate in fondo
verso quel punto (detto punto di fuga) si sarebbe ottenuta una “piramide visiva”, di cui
quel piano ideale (corrispondente all’immagine che si forma sulla retina o sulla scena da
Firenze.
Dato che l’artefice della straordinaria cupola di S. Maria del Fiore a Firenze non scrisse
alcun testo per codificare le regole seguite nell’esecuzione delle tavolette, le uniche
Filippo Brunelleschi e da Giorgio Vasari, che attinse da questa per scrivere Le vite de’
Il testo del Manetti sembra essere molto più di valore rispetto a quello del Vasari,
14
Bruno De Marchi, op. cit., p. 224
15
Ibidem
57
Nella prima tavoletta, la figura del Battistero era stata realizzata su un supporto
era una veduta del Battistero ottagonale come l’aveva osservata Brunelleschi stando
“qualche braccia tre” (1 braccio = 58 cm) all’interno della porta principale del Duomo.
Dopo aver dipinto il nitido disegno degli intarsi marmorei del Battistero in modo “che
non è miniatore che l’avessi fatta meglio” Brunelleschi costruì una specie di visore per
corrispondente a quello in cui il suo raggio visivo incontrava il Battistero lungo un asse
attraverso questo buco uno specchio tenuto in posizione tale da riflettere la superficie
dipinta. Per aumentare l’effetto di tale apparizione magica della realtà egli mise
dell’argento brunito in luogo del cielo così che il vero cielo e le nubi vi si specchiassero,
Manetti osserva giustamente che la tavoletta era troppo grande e pesante – ma ritagliò la
parte che rappresentava il cielo al di sopra degli edifici. Oltre ad esaltare l’illusione,
16
Kemp Martin, The Science of Art. Optical Themes in Western Art from Brunelleschi to Seurat, Yale
University Press, New Haven and London 1990, tr. it. La Scienza dell’Arte. Prospettiva e percezione
questa tecnica avrebbe anche permesso di confrontare il profilo superiore degli edifici
Va in ogni caso chiarito che Brunelleschi non scoprì la prospettiva “legittima”19 dal
Quattrocento.
Infatti l’antichità aveva utilizzato un’organizzazione dello spazio “a spina di pesce”, con
le linee ortogonali convergenti verso più punti disposti lungo una linea retta verticale.
Nel Medioevo, invece, fu molto diffusa la prospettiva “cavaliera”, che si basava sulla
convergenza delle ortogonali in obliquo e con la stessa angolazione verso i punti di una
linea questa volta orizzontale, cioè la linea di orizzonte. Inoltre sono da annotare le
prospettive laterale e bifocale, che erano basate sulla convergenza delle linee verso uno
all’immagine”21.
Ad ogni modo dopo la realizzazione delle due tavolette (databili, come si è visto,
all’inizio del XV secolo) ci vollero alcuni anni perché le norme della realizzazione
18
Ivi, p. 21-2
19
La prospettiva legittima era basata su strumenti geometrico-misurativi, e si differenziava dalla
prospettiva abbreviata, sviluppata da Leonardo da Vinci, che si fondava invece su strumenti osservativo-
ricalcativi
20
Ruggero Eugeni, L’analisi semiotica dell’immagine, I.S.U. – Università Cattolica, Milano 1995, p. 260
21
Ivi, p. 262
22
Martin Kemp, op. cit., p. 23
59
Infatti le prime opere, totalmente eseguite secondo i principi della prospettiva, sono
opera di quattro artisti-teorici: Leon Battista Alberti, Lorenzo Ghiberti, Piero della
L’Alberti, nel 1435, scrisse un trattato in latino, intitolato De Pictura, di cui nel 1436
redasse la versione in volgare in tre libri con il titolo Della Pittura, con dedica a
Brunelleschi.
Benché la prospettiva fosse solo argomento del primo dei tre libri, in realtà risultò
modo corretto25, per cui la “pictura non altro [era] che intersegazione26 della pirramide
visiva secondo data distantia, posto il centro e costituiti i lumi in una certa superficie
23
Il bassorilievo bronzeo Il Banchetto di Erode, del fonte battesimale nel battistero di Siena, 1423-27, ad
opera di Donatello e l’affresco La Trinità, in Santa Maria Novella a Firenze, 1426 ca., di Masaccio.
24
Si deve premettere che questi quattro autori verranno trattati solo in maniera schematica, dato che
l’analisi delle loro opere non è il fine di questo saggio. Si rimanda in particolare a AA.VV., Enciclopedia
Universale dell’Arte, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1981, Leon Battista Alberti, vol. I, pp. 191-
218, Lorenzo Ghiberti, vol. VI, pp. 16-24, Piero della Francesca, vol. X, pp. 589-602, Leonardo da
prospettiva. Spigolature e Appunti, Università degli studi di Trieste, Istituto di Storia dell’Arte Antica e
Moderna, n° 7, Trieste 1957, p. 85, “tagliare perpendicolarmente all’asse, mediante il piano del quadro, la
rette che partono da tutti i punti della superficie frontale dell’oggetto e si incontrano
perpendicolare alla linea della vista, l’immagine sul vetro sarebbe risultata una
terreno dell’ottica, della visibilità comune, per rivolgere tutta l’attenzione alla
realizzazione pittorica”30.
grande contributo alla conoscenza delle più avanzate teorie ottiche che furono alla base
Infatti la terza e ultima parte dei suoi Commentari, cominciati nel 1447 ed interrotti al
terzo libro per la morte dell’autore, consistevano in un’antologia di brani tradotti dalle
opere dei maggiori autori allora disponibili per lo studio dell’ottica31, cioè il filosofo
28
Bruno De Marchi, op. cit., p. 225
29
Arnheim Rudolf, Art and Visual Perception: a Psychology of the creative Eye, Regents of the
University of California, Berkeley – Los Angeles 1954, 1974, tr. it. Arte e Percezione Visiva. Nuova
arabo Alhazen, attivo tra il X e l’XI secolo, i francescani inglesi del XIII secolo,
albertiano”33, al contrario Piero della Francesca fu “colui che di quel trattato elaborò le
Infatti nel suo saggio, il De Prospectiva Pingendi, databile intorno al 1474, egli si
piramide visiva, di cui dava per scontata l’effettiva esistenza, compiendo una ricerca
sulla natura delle relazioni proporzionali, problema lasciato insoluto dalla geometria
euclidea35.
Il suo testo era un vero e proprio manuale di insegnamento, “un trattato scritto da pittore
pei pittori, che proponeva una serie di teoremi prospettici con crescenti difficoltà in
modo da rendere il lettore capace di risolvere dopo questi qualunque altro problema”36.
che solo con un preciso bagaglio di conoscenze potevano capirlo fino in fondo.
Al contrario il trattato di Alberti, dato che era scritto da un letterato e non da un pittore
come Piero, risultava di più facile lettura, soprattutto perché il suo fine era quello di
32
Per una specifica analisi di questi autori si rimanda a Giusta Nicco Fasola, Lo svolgimento…, cit.
33
Martin Kemp, op. cit., p. 37
34
Ibidem. Cfr. Giusta Nicco Fasola, Lo svolgimento…, cit., p. 59 dove afferma che “Euclide, portando sul
vedere comune la riflessione matematica, ne ricavò delle leggi e pose alcuni principi che rimangono
tuttora fondamentali”.
35
Martin Kemp, op. cit., pp. 37-8
36
Giusta Nicco Fasola, Lo svolgimento…, cit., p. 71
62
Leonardo da Vinci, il quale non scrisse alcun trattato sistematico sulla pittura e sulla
verso la fine del XV secolo e disposti in una struttura lineare da Francesco Melzi, suo
allievo.
Nei suoi scritti, Leonardo manifestò un indirizzo di pensiero diverso da quello di Piero.
l’esperienza come prima condizione della regola, riuscì invece a sviluppare una
necessità di una ‘prospettiva aerea’, che tenesse conto degli effetti atmosferici, delle
37
A questo riguardo è molto interessante quello che afferma Giusta Nicco Fasola nell’Introduzione a
Piero della Francesca, De Prospectiva Pingendi, Sansoni, Firenze 1942, p. 34 “La composizione di un
quadro è per lui [Piero] composizione prospettica; lo sconfinamento dell’Alberti dalla composizione dei
piani all’invenzione retorica, che lascia perplesso il lettore del Della Pittura fin dove per bocca
dell’Alberti parla il letterato e fin dove il pittore, non si lascia qui nemmeno supporre. Di modo che
proprio il De Prospectiva pingendi che pone come base la necessità e quasi la identificazione della
prospettiva con la pittura ci può essere testimonio della metafisica geometrica del Quattrocento, per cui
del secondo40.
Per cui con Leonardo da Vinci si segnava la fine della prospettiva astratta del
In definitiva, attraverso Leonardo, si attuò “il passaggio da una concezione dello spazio
chiuso, (la prospettiva astratta), cioè basata sulla costruzione di uno spazio misurabile43,
regolato da precise leggi geometriche e astratto dalla vita reale; ad una visione
40
Ruggero Eugeni, Analisi…, cit., p. 263-4
41
Di questo concetto e quindi del significato della prospettiva nella filosofia quattrocentesca si tratterà nel
sottoparagrafo successivo
42
Giusta Nicco Fasola, La nuova spazialità, in AA.VV., Leonardo. Saggi e Ricerche, Istituto Poligrafico
studies in the psychology of pictorial representation, Phaidon Press Limited, Oxford 1982, tr. it.
L’Immagine e l’Occhio. Altri studi sulla psicologia della rappresentazione pittorica, Einaudi, Torino
1985, p. 246 (scatola d’osservazione), e Pierre Francastel, in Peinture et Société. Naissance et destruction
d’un espace plastique de la Renaissance au Cubisme, Audin Editeur, Lyon 1951, tr. it. Lo spazio
figurativo dal Rinascimento al Cubismo, Einaudi, Torino 1978, pp. 58-9 (spazio cubico)
44
Giusta Nicco Fasola, La nuova spazialità…, cit., p. 298. Per questo punto vd. il sottoparagrafo II.1.4,
nell’ultima metà del secolo XIX: la conoscenza o meno della prospettica lineare da
Tale dibattito45 ha diviso gli studiosi di prospettiva in due linee di pensiero: da un lato
Erwin Panofsky, seguito da A.M.G. Little, Miriam Schild Bunim, Pierre Francastel e
John White46, fautori della non conoscenza e della differenza fra visione reale e visione
Secondo Gioseffi, che aveva preso le mosse da un saggio del Beyen del 193948, la
prospettiva lineare sarebbe stata conosciuta già al tempo dei greci e degli antichi
romani49. Tale tesi era basata su due passi contenuti nel De architectura del famoso
45
Per un approfondimento maggiore si rimanda a Marisa Dalai Emiliani, La questione…, cit.
46
Erwin Panofsky, Die Perspektive als «Simbolische Form», B.G. Teubner, Leipzig – Berlin 1927, tr. it.
La Prospettiva come «Forma Simbolica» e altri scritti, Feltrinelli, Milano 1984; A.M.G. Little,
Perspective and Scene Painting, in The Art Bulletin, XIX, 1937, pp. 486-95; Miriam Schild Bunim, Space
in Mediaeval Painting and the Forerunners of Perspective, Columbia University, New York 1940 (Tesi
di Laurea); Pierre Francastel, op. cit.; John White, The Birth and Rebirth of Pictorial Space, London
1957, tr, it. Nascita e rinascita dello spazio pittorico, Il Saggiatore, Milano 1971
47
Una linea intermedia tra queste due “fazioni” è rappresentata da Ernst H. Gombrich con il suo principio
del testimone oculare che espone nel testo L’immagine e l’occhio…, cit. pp. 302-7, secondo il quale “ogni
e più esatta definizione della prospettiva centrale che mai fosse stata data51.
Inoltre Gioseffi, attraverso un’analisi storica della costruzione prospettica dai greci fino
ai cubisti, ritenne di aver dimostrato come “la visione delle immagini prospettiche fosse
Non è obiettivo di questa ricerca evidenziare errori o ipotesi valide, data la mancanza di
Dalai che conclude il suo saggio sulla storia degli studiosi della prospettiva del XIX e
XX secolo: “Ma utile ci sembra citarne [riguardo al testo di Gioseffi] (…) l’assioma
luogo ad una medesima immagine retinica – purché, s’intende, in entrambi i casi vi sia
Il senso di tutte le indagini e le ricerche sin qui ricordate, il senso soprattutto della
sottile analisi condotta dal Panofsky sulla specificità dello spazio prospettico e sul
Vitruvio, più brevemente «scenografia». Cfr. Decio Gioseffi, Continuità della Prospettiva da Democrito
linearum responsus”. VII, praef. 11: “Namque primum Agatharcus Athenis Aeschylo docente
eadem re scripserunt, quemadmodum oporteat ad aciem oculorum radiorumque extentionem certo loco
centro constituto lineas ratione naturali respondere, uti de incerta re certae imagines aedificiorum in
scenarum picturis redderent speciem, et quae in directis planisque frontibus sint figurata, alia
purché”54.
54
Marisa Dalai Emiliani, La questione…, cit., pp. 132-3. Inoltre sul rapporto tra visione monoculare e
visione binoculare si rimanda a Gregory Richard L., Eye and Brain. The Psychology of Seeing, Fourth
Edition, Weidenfeld and Nicolson, London 1990, tr. it. Occhio e Cervello. La Psicologia del Vedere,
Raffaello Cortina, Milano 1991, pp. 187-208; ed anche a Merleau-Ponty M., Phénoménologie de la
regolato secondo linee convergenti verso il punto di fuga. In tal modo ogni elemento
In questo testo il filosofo modenese, ideando il discorso tra Dio ed Adamo, scrisse: “Tu
[uomo], non costretto (…) da nessun limite, te lo porrai secondo la libera volontà che io
ti conferisco. Ti posi al centro del mondo, perché tu potessi, da qui, più facilmente
osservare intorno a te tutto ciò che vi è in esso. Non ti creammo né celeste né terrestre,
55
Giusta Nicco Fasola, La nuova…, cit., p. 294. Inoltre è interessante riportare quanto afferma Giorgio
Bucciarelli in Rappresentazione e misura dello spazio nel metodo della prospettiva, in Clemens Krause (a
cura di), op. cit., p. 80, secondo il quale “l’uso dello strumento prospettico come modello simbolico di
rappresentazione della realtà e come verifica indispensabile dell’unificazione dello spazio, caratterizza
Teubner, Leipzig 1927, tr. it. Individuo e Cosmo nella filosofia del Rinascimento, La Nuova Italia,
Dal discorso di Pico, risulterebbe che “l’uomo, (…) unico fra le creature, è stato posto
al confine di due mondi [bestiale e divino57] e con una natura non predeterminata, ma
costituita in modo tale che fosse lui stesso a plasmarsi e scolpirsi secondo la forma
prescelta. E così, l’uomo può elevarsi alla vita della pura intelligenza ed essere come gli
angeli, e addirittura può salire ancora più in alto. La grandezza e il miracolo dell’uomo
57
Ibidem
58
Giovanni Reale e Dario Antiseri, Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia
1987, p. 56
59
Che cosa sia lo spazio omogeneo viene chiarito da Erwin Panofsky, op. cit. p. 40, dove afferma che
“l’omogeneità dello spazio geometrico si fonda (…) sul fatto che tutti i suoi elementi, i ‘punti’ che si
raccolgono in esso, non sono altro che contrassegni di posizione i quali tuttavia, al di fuori di questa
relazione, della ‘posizione’ in cui si trovano gli uni rispetto agli altri, non possiedono un contenuto
autonomo. Il loro essere si risolve nel loro rapporto reciproco: è un essere puramente funzionale e non
sostanziale”. Inoltre è utile riportare una riflessione di Chastel, cit., in Marisa Dalai Emiliani (a cura di),
op. cit., p. 55, dove viene affermato che “la notion de l’espace continu, homogène et isotrope, défini
négativement par rapport à l’étendue concrète, est indispensable pour élaborer la vue dite perspective”.
Per maggiore completezza cfr. anche Giusta Nicco Fasola, Lo svolgimento..., cit., pp. 60-2
60
Giusta Nicco Fasola, La nuova…, cit., p. 294
69
Il pensiero di Pico della Mirandola non era comunque isolato ma si inseriva al termine e
secolo61.
Questa riflessione ebbe come primo grande artefice Niccolò Cusano che, attraverso il
permise di arrivare proprio allo spazio omogeneo, condizione della prospettiva lineare.62
Infatti Cusano rappresentò lo spartiacque tra la filosofia medievale, che fondava la sua
speculazione su una netta divisione tra mondo divino e mondo terrestre, e la filosofia
rinascimentale, che non fece più sua questa separazione, ma riteneva anzi che “ciascun
Tale conquista della filosofia rinascimentale portò Cusano alla formulazione della
concezione dell’uomo come microcosmo, cioè “l’uomo considerato nella sua essenza,
include in sé la totalità delle cose. In lui in quanto microcosmo, concorrono tutte le fila
tutte le cose, allora la sua redenzione, il suo elevarsi alla divinità include l’elevarsi di
tutte le cose”65.
61
Dato che non è obiettivo di questo lavoro l’affrontare in maniera esaustiva la filosofia rinascimentale,
ma soltanto trovare dei nessi tra questa e la prospettiva, per un’analisi più approfondita di questo periodo
si rimanda ai testi di Cassirer, cit., e a Eugenio Garin, Medioevo e Rinascimento, Laterza, Bari 1954 che
qui verranno utilizzati, ed inoltre a K. Burdach, Reformation, Renaissance, Humanismus, tr. it. Riforma,
Palermo 1977
62
Giusta Nicco Fasola, Introduzione…, p. 30
63
G. Reale e D. Antiseri, op. cit., p. 44
64
E. Cassirer, op. cit., p. 68
65
Ivi, p. 69
70
l’abissale distanza che separava l’uomo medievale da Dio, fosse stata finalmente
colmata, dato che “fra il principio creatore e il creato, fra Dio e la creatura sta lo spirito
Di conseguenza “c’è un passaggio dalla visione dell’essere conchiuso nella sua realtà
all’uomo poeta, che vuol dire creatore. All’uomo che non ha da contemplare un ordine
dato, da attuare un’essenza eterna, ma che ha dinanzi infinite possibilità; che è infinite
guise sempre nuove, e non c’è necessità che non s’incrini [come nell’epoca medievale],
non forma che non si trasformi; e libertà d’uomo indica un essere il cui volto non è mai
definito”67.
Appurato che una grande scoperta del pensiero rinascimentale sia stata la libertà
sviluppo non avvenne in alternativa o addirittura contro Dio, tutt’altro. Infatti solo
“mediante la libertà (…) l’uomo può assimilarsi a Dio, può diventare il ricettacolo di
Dio”69, per cui “Dio è l’artefice che conia le monete, ma lo spirito umano ne determina
il valore”70.
portarono alla scomparsa della sfiducia nel mondo. Anzi, lo spirito umano, solo quando
66
Ibidem
67
Eugenio Garin, La crisi del pensiero medievale, in Id., Medioevo e Rinascimento, cit., p. 38
68
A questo riguardo è molto significativa un’affermazione di Garin in Interpretazioni del Rinascimento,
in Id., cit., p. 93, dove definisce la metafisica dell’uomo creatore come la parola più profonda di tutto il
Rinascimento
69
E. Cassirer, op. cit., p. 74
70
Ivi, p. 75
71
proprie forze. Quindi la natura sensibile e la conoscenza sensibile non sono più qualcosa
Questo è, grosso modo, il grande insegnamento di Niccolò Cusano che rappresentò per
l’epoca e per la filosofia italiana un risultato non fissato e stabile, ma ispirò nuove
Verso questa nuova direzione di pensiero si diresse Marsilio Ficino, il quale mostrò
Infatti, se per Cusano la redenzione degli uomini non aveva solo il significato di una
liberazione dell’uomo dal mondo, ma si estendeva invece a tutte le cose (in quanto
spirituale del mondo, come il terzo «regno» tra il mondo intelligibile e quello del
l’inferiore, così da essere rivolta a tutte quanti le parti che compongono il macrocosmo,
“non viene né prostrata nel sensibile, per opera di un fato che la sopraffaccia, di una
pura violenza della natura; né viene elevata al soprasensibile per opera della grazia
Anche su questo punto Ficino era molto vicino a Cusano che riteneva che “nella libertà
dell’uomo è posta la scelta di volere o non volere essere se stesso; e solo quando egli si
decida autonomamente nel primo caso, Dio gli si concede. La scelta, l’ultima istanza è
posta nell’uomo”74.
71
Ibidem
72
E. Cassirer, op. cit. p. 107
73
Ivi, p. 108
74
Ibidem
72
diffidenza verso la propria natura; così facendo scompare anche la diffidenza verso il
del mondo. Qui interviene l’artista. Il mondo sensibile non è più da disprezzare, ma
viene accolto per la sua bellezza che non nasce dal mondo sensibile stesso, ma è fondata
sul fatto che il mondo diventa sia il medio sul quale si esercita la libera forza creativa
Quindi, rispetto all’uomo medievale “puro contemplante, che deve estenuare la sua
carne e la sua passione, e farsi cieco ad ogni seduzione di vita, (…) si leva l’esaltazione
dell’ideale ermetico ove la volontà, l’opera, l’atto, produce e dissolve le forme, crea e si
Perciò l’uomo possiede una totale libertà, ma la fortuna, il destino che influenza hanno?
L’uomo riesce a guidare anche loro, procedendo sulla strada da lui stesso segnata,
attraverso “la fortezza, [cioè] la forza della virilità in genere, la forza della volontà
la Fortuna, che in epoca medievale era rappresentata come una ruota che ora innalza
l’uomo e ora lo sprofonda nell’abisso, assume invece l’immagine di una vela, dove è
75
Ivi, pp. 109-10
76
E. Garin, Magia e Astrologia nel Rinascimento, in Id., op. cit., p. 168
77
E. Cassirer, op. cit., p. 122
78
Ivi, p. 125
73
Ad esempio Machiavelli nella sua opera Il Principe, afferma come “la fortuna sia
arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l’altra metà, o
presso, a noi”79. Tuttavia l’uomo può dirigere a suo favore anche la metà del destino che
non ha nelle proprie mani, dato che “la fortuna è donna, ed è necessario, volendola
Ed anche per Leon Battista Alberti “il torrente della Fortuna non trascina colui che,
affidandosi alle proprie forze, si apre in questo, come abile nuotatore, la sua via”81.
In particolare le forze di cui parla Alberti si riferiscono alla greca areté, ossia
Se poi si torna a leggere Pico della Mirandola, si trova l’esaltazione delle capacità
dell’uomo contro ogni tipo di destino; infatti afferma che “i miracoli dello spirito sono
più grandi del cielo [il destino]… Sulla terra non vi è nulla di grande tranne l’uomo, e
Quindi anche da questi riscontri letterari, oltre che dalle precedenti riflessioni
79
Niccolò Machiavelli, Il Principe, Feltrinelli, Milano 1989, p. 130
80
Ivi, p. 133
81
E. Cassirer, op. cit., p. 125
82
G. Reale e D. Antiseri, op. cit., p. 33
83
Ibidem
84
Pico della Mirandola, In astrologiam, Lib. III, cap. 27, in E. Cassirer, op. cit., p. 126
74
dispone, cioè il suo “essere una possibilità, un’apertura attraverso la quale si celebra
essere avvolto nelle spire del destino. Infine la creatività, il poter modificare la forma
del mondo sensibile, per cui “il fuoco della vita spirituale viene posto, in certo qual
modo, là dove «l’idea» si incorpora, là dove la forma non sensibile, che è presente alla
ma “fintanto che, per opera della matematica e del nuovo strumento che questa forniva
all’empirismo della rinascenza ogni misura oggettiva di valore e ogni principio di scelta
fenomeni ad una misura determinata e ad una regola fissa, e questo grazie al continuo
matematico,89 risultò permessa dalla prospettiva che “è una di quelle forme simboliche
85
E. Garin, Magia…, in Id., op. cit., p. 157
86
E. Cassirer, op. cit., p. 111
87
Ivi, p. 239
88
Ivi, p. 245
89
Hauser Arnold, Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C.H. Beck, München 1955, tr. it. Storia
[di cui parla Ernst Cassirer] attraverso le quali «un particolare contenuto spirituale viene
Che la prospettiva fosse non un elemento relativo al solo campo dell’arte, ma anche alla
Giusta Nicco Fasola quando afferma che “la codificazione geometrica della visione vuol
soggettivo, anzi non tanto una presa di possesso del mondo esterno, quanto una
estensione in esso dell’efficacia umana, una determinazione individuale nei rapporti tra
mondo e coscienza. (…) Diremo col Panofsky che nel Rinascimento lo spazio psico-
Nel Quattrocento essa [la prospettiva] è indissolubile, non dalla pratica o dalla scienza,
necessità, volti a ricostruire nel sistema del quadro la divina perfezione del cosmo.”91
senso della realtà distanziante e obiettivante, oppure come un trionfo della volontà di
potenza dell’uomo che tende ad annullare ogni distanza; sia come un consolidamento e
una sistematizzazione del mondo esterno, sia come un ampliamento della sfera
dell’io”92.
90
E. Panofsky, op. cit., p. 50
91
G. Nicco Fasola, Introduzione…, cit., pp. 29-30
92
E. Panofsky, op. cit., p. 72
76
assunse la magia. Questa venne ad assumere una posizione centrale tra le attività umane
“in quanto proprio in essa si esprime in modo quasi esemplare quella divina potenza
dell’uomo (…). L’uomo centro del cosmo è appunto l’uomo che, afferrato il ritmo
segreto delle cose, si fa sublime poeta, ma, come un Dio, non si limita a scrivere parole
d’inchiostro su carte caduche, bensì inscrivere cose reali nel grande e vivente libro
dell’universo”94.
In sostanza l’uomo, attraverso l’opera magica, diveniva “signore non solo della propria
forma, ma (…) di tutto il mondo delle forme, che [poteva] combinare, trasformare,
rinnovare”95.
Francesco Bacone96, uno dei traghettatori del pensiero cinque – seicentesco dalla magia
magia che, secondo il filosofo inglese, aveva in comune con la scienza solo il tentativo
ma della quale andava rifiutato l’ideale umano legato a questo tentativo, cioè ogni
93
Ruggero Eugeni, L’analisi…, cit., p. 269
94
E. Garin, Magia…, cit., in Id., op. cit., p. 151
95
E. Garin, Interpretazioni…, cit., in Id., op. cit., p. 100
96
Cfr. Francesco Bacone, Scritti filosofici, trad. it. a cura di P. Rossi, UTET, Torino 1975
77
In breve la scienza per Bacone “non era una serie di pensieri annotati, ma pensiero
metodico e sistematico; (…) non era semplice appello all’esperienza, non era solo
rigetto delle autorità, non era solo osservazione anche se dettagliata; (…) non era
scientifico non era opera di illuminati o di eccezionali sapienti, ma era prodotto e opera
genere umano”98.
Si è voluto mettere in evidenza il rapporto tra magia e scienza moderna per far meglio
cogliere la differenza che esiste fra l’uomo rinascimentale, che si riteneva padrone del
mondo anche con l’ausilio della magia, e l’uomo illuministico che si considerava
Nella lingua italiana il termine magia indica “l’arte o la scienza occulta che suppone di
trarre dalle forze naturali effetti straordinari mediante tecniche misteriose e segrete, atte
rappresenta il complesso delle norme da seguire nel praticare un’arte, un mestiere, una
97
Rossi Paolo, Francesco Bacone. Dalla magia alla scienza, Laterza, Bari 1957, p. 104
98
Ivi, p. 112-3
99
Salvatore Battaglia (a cura di), op. cit., vol. IX, p. 442
100
A causa della non ancora avvenuta uscita del volume del Battaglia relativo alla lettera T, siamo
scienza; in particolare viene descritta come l’applicazione nel dominio pratico della
sarebbero molto più illuministici che rinascimentali, ritengono cioè di poter governare il
Infatti, analizzando i film del regista americano da un punto di vista narrativo si avrebbe
conferma che nessun personaggio fa ricorso alla magia o a mezzi soprannaturali per
Lo stesso Jack, in The Shining (il film più “magico” di Kubrick), viene sì spinto da
lasciato alle sue capacità individuali: deve infatti scegliere lui la tecnica da seguire.
Inoltre Danny, all’interno del labirinto, riesce a sfuggire a Jack, non attraverso l’aiuto di
incantesimi (la magia), dato che lo shining che possiede non gli fornisce tali poteri, ma
Se però si analizza l’impianto visivo del suo cinema si potrebbero notare delle
Questo dipenderebbe da uno stilema visivo peculiare nel suo cinema: la prospettiva.102
101
Fernando Palazzi, op. cit., vol. II, p. 922
102
A riprova di tale affermazione, nel paragrafo II.2 verranno forniti numerosi esempi
103
A questo riguardo è utile fare riferimento ad una riflessione di Sandro Bernardi, op. cit., p. 35, dove
sostiene, riferendosi in particolar modo al film Barry Lyndon (1975), che la costruzione di uno spazio
statico, prospettico, “corrisponde in un certo senso alla visione extratemporale rinascimentale. Quello
della pittura italiana, secondo Simmel [Il volto e il ritratto, saggi sull’arte, Bologna 1975, p. 142], era
79
Si cercherà quindi di evidenziare cosa differenzia queste due costruzioni, per poi
matematico del principio del Quattrocento v’era un inconsapevole conflitto tra l’idea
dello spazio chiuso, cubico, e quella dello spazio aperto che comprende egualmente gli
oggetti prossimi e distanti ed esclude ogni riproduzione identica per riduzione di scala o
eliminazione del piano retrostante. Non è vero che nella pittura del quattrocento le due
Quindi lo spazio del rinascimento appare situabile in una struttura chiusa, cubica,
dell’ordine [rinascimentale]”105.
dell’ambiente fisico, utilizzando i trattati di ottica della seconda metà del Trecento ma
sulla prospettiva utilizzata all’epoca, sapendo che ormai il metodo scientifico, e l’uomo
104
Pierre Francastel, Lo spazio figurativo…, cit., p. 59. Cfr. anche Giusta Nicco Fasola, La nuova
Solo più tardi la pittura tentò di trasmettere l’esperienza di uno spazio senza limite108 e
precisamente quando “dalla fine del secolo XVI alla fine del XVII cambiò l’idea del
mondo, e cambiò senso la parola «infinito»: da limite del mondo, metafisico o religioso,
divenne una parte del mondo, esplorabile dalla ricerca scientifica e virtualmente
praticabile”109.
dell’architettura, per cui “fra la metà del secolo XVII e la metà del XVIII [si palesò] il
coi mezzi visivi tradizionali, nel campo ancora inesplorato della grande dimensione e di
Un piccolo passo indietro è utile per meglio comprendere questo tipo di evoluzione.
La concezione dello spazio111, dal Rinascimento in poi, perse via via le sue
caratteristiche di corporeità, di legame con la realtà fisica, fino a giungere, alla fine del
107
Rudolf Arnheim, Visual Thinking, Regents of the University of California, Berkeley – Los Angeles
suoi limiti si rimanda a Alexandre Koyré, From the closed world to the infinite universe, John Hopkins
University Press, Baltimore 1957, tr. fr. Du monde clos à l’univers infini, Presses Universitaires de
finale del pensiero venne sancito da Cartesio, nei Principia Philosophiae del 1644, con
la famosa definizione del mondo come res extensa, contrapposto alla mente umana
rapporto diverso con Dio, non mediato attraverso il mondo fisico, (…) la quale partiva
Questa trasformazione provocò un’ampia modifica nella cultura visiva, soprattutto per
quanto riguardava la prospettiva. Infatti questa “restò la forma mentale connaturata agli
controllo] delle figure visibili nel sistema gerarchico tradizionale, e divenne una
accessibile in linea di principio, che poteva essere avvicinato ed esplorato coi mezzi
irraggiungibile, ma l’esplorazione razionale del mondo aveva trovato una nuova sede
nella ricerca scientifica, e l’esperienza artistica (…) coltivava insieme a molte altre
112
R. Benevolo, op. cit., p. 25
113
Ivi, pp. 27-8
114
Ivi, p. 28
115
Ibidem
83
Questa nuova sfida fu rappresentata nel mondo europeo, nei secoli XVII e XVIII, dalla
correva dietro al dibattito in corso restando nel suo campo: lasciava cadere le limitazioni
suoi limiti costituzionali, dilatando gli allestimenti fisici fin dove lo permettevano le
Questa immensa sfida umana si interruppe intorno alla metà del XVIII secolo, quando
“la corsa verso la grande dimensione proseguì, ma perse il contatto con la percezione
visiva su cui si fondava la cultura prospettica, e si svolse nel mondo astratto della
rappresentazione mentale”119.
rinascimentale.
Nel Rinascimento il punto di fuga della prospettiva era un elemento che serviva alla
costruzione geometrica di uno spazio chiuso, cubico, entro il quale creare e controllare
Nel Settecento, invece, il punto di fuga veniva ormai considerato come l’infinito da
116
Ivi, p. 4. Questi giardini sono, ad esempio, quelli di Versailles, Chantilly, Badminton, Nymphenburg,
dell’uomo di controllare lo spazio, ma d’altra parte era anche evidente la sua inevitabile
fronte.
Preme sottolineare come nel cinema di Kubrick, gli spazi che vengono mostrati non
siano mai talmente vasti da non poter essere controllati, o quanto meno gestiti
In realtà nella filmografia kubrickiana sono presenti anche alcune scene riprese in
120
A questo riguardo sembra di particolare rilievo quanto sostenuto relativamente al film A Clockwork
Orange da Ruggero Eugeni in Invito…, cit., p. 118, “Prima dell’arrivo dei giovani teppisti i due ambienti
[la casa dello scrittore Alexander e la clinica dimagrante della signora Weathers] vengono rappresentati
mediante inquadrature statiche, centrate, simmetriche, cioè secondo i principi della prospettiva centrale
cinquecentesca; gli spazi delle due case sono raffigurati come vere e proprie scatole prospettiche
rinascimentali”. Si rimanda anche alla nota a piè di pagina n° 103 di questo capitolo dove è riportata la
riflessione dello studioso Sandro Bernardi. Cfr. inoltre in questa ricerca il sottoparagrafo concernente i
Con la finalità di provare come il regista americano abbia creato nella sua filmografia
Sottolineando come proprio il gran numero di esempi faccia pensare non ad una
che l’analisi delle principali scene elencate di seguito verrà effettuata nel quarto capitolo
Benché, a detta dello stesso regista, il primo “vero” film kubrickiano risulti essere The
Killing, tuttavia già nel “pretty idiotic” Killer’s Kiss è possibile ritrovare “a few very
- Davy Gordon, nel suo appartamento, si sta asciugando le mani e attraverso la finestra posta a
- Davy Gordon scende nella stazione della metropolitana e la strada di superficie si estende in
121
A questo riguardo è interessante che nel testo di Roberto Lasagna e Saverio Zumbo, op. cit., p. 117, si
sottolinei la presenza nei film di Kubrick della “pretesa [dell’uomo] di essere la regione centrale
dell’universo”
122
Sia per questo film, come per gli altri di Stanley Kubrick, le indicazioni generali su dove possa essere
ritrovata una costruzione prospettica, sono proposte secondo lo sviluppo narrativo delle singole opere
cinematografiche.
86
- Gloria Price, vista da Davy Gordon, dopo l’incontro di boxe, attraverso le due finestre dei due
appartamenti;
- Albert, il manager di Davy, che, in palestra, risponde al telefono e dietro di lui, in profondità, ci
dell’appartamento di Gloria;
- Davy, dopo essere stato catturato dagli uomini di Vincent Rapallo mentre cercava di liberare
- Gloria che scende le scale della stazione per andare ad abbracciare Davy.
The Killing:
- Mike O’Reilly e Martin Unger al bancone del bar, con il piano del bancone che si spinge in
- Johnny Clay parla con la sua ragazza che si sta allacciando la cintura;
- Martin entra nell’appartamento di Johnny, mentre lui e la sua ragazza si stanno baciando.
- George Peatty e Sherry nel loro appartamento. Lei va verso una luce da comodino mentre lui si
sposta di fianco a lei. Punto di fuga rappresentato dalla finestra con tende, sullo sfondo;
- Sherry con Val, il suo amante. La finestra con tende sullo sfondo in punto di fuga;
- Johnny seduto ad un tavolo con gli altri della banda per organizzare il colpo. Lui a destra e
- George, picchiato da Mike, Kennan e Johnny, ripreso attraverso la ringhiera del letto;
- Johnny, dopo che George è stato portato via dalla stanza, si trova in prospettiva centrale con la
- L’automobile con sopra Mike, Kennan e George che parte sulla strada;
- George parla con Sherry, nel loro appartamento, con finestra con tende in punto di fuga;
- Sherry si arrabbia con George e va verso il letto. Ripresa della stanza con la televisione sul
punto di fuga;
- Nel club scacchistico, Maurice Oboukhoff, criticando un giocatore che ha sbagliato una mossa,
- Johnny scende dalla sua macchina e chiede ad un gestore di un motel delle informazioni. In
- Lungo bancone all’aeroporto, con a sinistra gli inservienti e a destra Johnny che compra un
biglietto aereo;
- Nello spogliatoio per i dipendenti dell’ippodromo, Mike a sinistra, un suo collega a destra e
- Martin ubriaco al bancone del bar e due ragazze sul punto di fuga;
- Mike a destra e Maurice a sinistra, il bancone del bar al centro che si spinge in profondità e un
- Nel salone dove si trovano sia gli sportelli per le giocate, sia il bancone del bar, sono ripresi a
destra Maurice, a sinistra Kennan e Johnny in punto di fuga davanti ad una porta;
- Nikki, il killer, in attesa dell’arrivo dei cavalli, con davanti a sé l’ippodromo (questa
inquadratura è ripetuta identica con l’aggiunta del guardiano del parcheggio, a destra della
macchina);
- Un poliziotto riceve notizia della rissa al bar. In prospettiva centrale con un altro poliziotto;
- Durante la rapina effettuata da Johnny: i quattro addetti agli incassi, uscendo dalla stanza si
trovano, a sinistra, sul punto di fuga, Johnny su un lato e il sacco pieno di soldi al centro;
- Dopo che nell’appartamento sono entrati Val ed un suo complice, Mike, Martin e Kennan con le
- Johnny, ripreso di spalle, in automobile con i soldi della rapina, con un'altra automobile
- In prospettiva centrale gli inservienti dell’aeroporto a sinistra, al centro il bancone che si spinge
- Johnny e la sua ragazza, fuori dell’aeroporto, dopo aver superato la porta a vetri.
Paths of Glory:
- Sulla scritta in sovrimpressione 1917, ripresa in prospettiva centrale di una truppa che sta
- Nel castello. Broulard e Mireau al tavolino e poi in piedi con punto di fuga rappresentato prima
dal finestrone sul fondo e poi, quando i due si muovono, dal quadro posto sopra il camino;
- Rifugio in trincea del colonnello Dax, con lui che si sta lavando;
- Esterno nella trincea. Dax in punto di fuga tra il generale ed il suo aiutante;
- Il caporale Paris, il soldato Lejeune e il tenente Roget, i tre che dovranno andare in
perlustrazione, nel rifugio in trincea di Roget, con le spalle di quest’ultimo sul punto di fuga;
- Caporale Paris nel rifugio di Roget con quest’ultimo. Paris a destra, Roget a sinistra e luce (poi
- Generale Mireau, che guarda col binocolo il campo di battaglia, al centro e i suoi due aiutanti ai
lati;
- Il capitano al telefono di campo, mentre trasmette all’artiglieria le coordinate per colpire gli
stessi soldati francesi che non escono dalle trincee durante l’attacco, con la porta sul fondo, in
punto di fuga;
- Nel castello. Dax con Broulard e Mireau con in punto di fuga o finestre o quadri sul fondo.
- I tre si alzano. Dax al centro con il camino dietro di lui in punto di fuga e i due generali ai lati;
- Dax fuori della prigione dove si trovano i tre “codardi”. Lui al centro con sidecar sulla destra in
punto di fuga;
- In cella. Dax a sinistra, caporale Paris a destra e finestra al centro, in punto di fuga. Quindi si
sposta nella cella, con gli altri due carcerati, Arnaud e Ferol: altra finestra sul fondo in punto di
fuga;
- Processo123. Gli imputati si siedono. Prospettiva centrale con finestra sul fondo;
- Mezzo busto di Ferol e sul fondo tre strutture ad arco. Ad ogni arco corrisponde un imputato a
sedere (questa struttura simmetrica si ripete anche per la deposizione di Arnaud e Paris);
- Dax, nella sua stanza, mentre parla con il tenente Roget è sul letto e si toglie gli stivali:
- Quando Broulard riceve una notizia da parte di un soldato, si trova sul punto di fuga della
123
Cfr. Ruggero Eugeni, Invito…, cit., pp. 48-9
90
- I due si dirigono verso la porta per uscire e questa si trova in punto di fuga sul fondo;
- Entrata nella cella, in prospettiva centrale, di alcuni soldati per portare davanti al plotone
- Il caporale Paris parla con il comandante del plotone d’esecuzione: finestra al centro in punto di
fuga;
- Nel castello. Dialogo Mireau e Broulard con due finestre sul fondo.
- Dax, fuori della taverna, riceve notizia di dover tornare al fronte con i suoi soldati.
Spartacus124:
- Sentinella romana a sinistra e poi staccionata, mentre in punto di fuga si vedono le montagne;
124
Per quanto riguardava la fabula del film, Stanley Kubrick fu costretto da Kirk Douglas (l’ideatore e il
produttore) e da Dalton Trumbo (lo sceneggiatore) ad essere un semplice esecutore delle loro decisioni,
senza possibilità di modificare alcunché. Un esempio di tale impossibilità di intervenire sulla storia lo
testimoniò Alexander Singer, amico di Kubrick che, durante le riprese del film, venne a sapere dallo
stesso regista che “each morning he [Kubrick] was barely aware of what he was to shoot that day. Dalton
Trumbo was furiously rewriting the script, and Kubrick did not have the total command his psyche
required” [da Vincent LoBrutto, Stanley Kubrick. A Biography, Faber and Faber Limited, London 1998
(Ed or.: Donald I. Fine, New York 1997), p. 182]. Al contrario Kubrick ebbe maggiore libertà, anche se
non totale, nella costruzione dell’impianto visivo, come quando, ad esempio, poté tranquillamente
91
- Mezzo busto di Spartaco e in punto di fuga Lentulo Batiato che tiene il discorso ai nuovi
arrivati;
- Quando Marcello dà a Spartaco una spada per combattere, il primo si trova a sinistra, il secondo
a destra, entrambi sono di profilo, con alcuni allievi gladiatori posti in diagonale e altri sulla
- Spartaco nella sua cella dopo che Marcello ha allontanato Lavinia che stava per entrarvi;
- Una schiava mentre riempie di cibo le scodelle tenute in mano da Lavinia e in punto di fuga si
- Quasi al centro dell’immagine Crasso, di profilo, più a sinistra Lentulo Batiato, mentre a destra
- Ripresa dall’alto con la cancellata di ferro e dietro a questa i quattro gladiatori scelti per il
combattimento;
- Crasso che scopre da un velo la statua di Gracco e in punto di fuga una porta;
- Costruzione di legno in cui aspettano i gladiatori prima di entrare nell’arena e, quando si apre la
- Draba appeso a testa in giù, in alto a destra, quando gli schiavi tornano nell’androne delle celle;
- Ripresa, attraverso un rettangolo della rete di ferro, di una guardia romana che scappa per
- All’interno del senato romano. Cesare e Gracco di spalle con la scalinata in punto di fuga;
rifiutare di girare in studio la scena in cui veniva mostrato l’esito dello scontro tra romani e schiavi,
semplicemente perché non gli piaceva: “I don’t like it, I want to do it outside.” [idem, p. 180]
92
- Crasso che, nella sua villa, tra diversi schiavi sceglie Antonino;
- Villa di Crasso. Questi a destra, Glabro a sinistra e colonna bianca ed arancione in punto di
fuga;
- Quando Spartaco torna nella sua cella della scuola per gladiatori dopo la rivolta;
- Lentulo Batiato che mangia, a sinistra, Gracco a destra e in punto di fuga una colonna;
- Ripresa di Roma attraverso due colonne della villa di Crasso, ed in punto di fuga le montagne;
- Spartaco con Antonino a sinistra, che gli legge notizie riguardanti il Metaponto, prima che arrivi
il pirata cilicio;
- A Metaponto, Spartaco a tavola, al centro, che versa da bere agli altri commensali posti ai lati
- Crasso che, nelle terme, parla con Cesare, ed in punto di fuga un arco della costruzione;
- Nelle terme. Crasso a sinistra e Cesare e Gracco a destra, sul punto di fuga altri uomini delle
terme;
- Abitazione di Gracco. Cesare a destra, Gracco a sinistra e in punto di fuga una guardia davanti
alla porta;
- Gracco che, in casa sua, si dirige dietro una tenda per uccidersi;
- Lentulo Batiato a destra dell’immagine, mentre Lavinia, in secondo piano, sempre a destra,
saluta Spartaco crocifisso ed in punto di fuga la fila di croci con gli schiavi;
- Fila di croci ai lati e il carretto, con sopra Lentulo Batiato, Lavinia e figlio, che procede verso il
punto di fuga.
Lolita:
- Casa di Quilty. Questo a destra, su una poltrona, sotto un lenzuolo, Humbert a sinistra e in punto
- Charlotte e Humbert giocano a scacchi. Lolita dà loro la buonanotte. Una porta sul fondo in
punto di fuga;
- Sala da ballo. Humbert mentre beve un cocktail parla con Jean Farlow e sul punto di fuga lo
- Sala da ballo. Humbert su una balconata, attorniato dai coniugi Farlow e da Charlotte e in punto
- Casa Charlotte. Lei accenna delle mosse di danza e Humbert in piedi, la finestra aperta sul
fondo in punto di fuga (stessa inquadratura quando lui mangia delle noccioline dopo l’arrivo di
Lolita);
- Lolita mangia un panino in primo piano, su un secondo livello spaziale Charlotte e Humbert
- Humbert con porta dietro le spalle sul punto di fuga, dopo che Lolita l’ha salutato dovendo
- In prospettiva centrale sia Charlotte fuori dal bagno sia Humbert nel bagno che sta scrivendo;
- Pistola in primo piano, Humbert in secondo e Charlotte in terzo, Finestra in fondo sul punto di
fuga;
- Humbert che, in casa, corre verso la porta d’uscita, con la scala alla sua sinistra (dopo che al
- Humbert, ripreso di lato nella vasca da bagno, a destra, i coniugi Farlow, in secondo piano, a
sinistra, il padre del ragazzo che ha investito Charlotte, a destra, sullo stesso piano dei coniugi e
- Quilty parla con il portiere dell’albergo ed in punto di fuga si vedono i vari clienti;
- Quilty sulla destra e Humbert con Lolita sulla linea del punto di fuga;
94
- Quilty, a sinistra e in primo piano che legge i fumetti, mentre al centro e sulla linea del punto di
- Corridoio dell’albergo fuori della stanza di Humbert, con sulla sinistra il cameriere che ha
portato il letto;
- Dopo che Lolita ha chiesto ad Humbert di poter partecipare alla recita della scuola, si vedono i
- Ripresa di Quilty (travestito da psicologo della scuola) sulla sinistra e Humbert a destra con sul
- Dopo la recita scolastica, dietro le quinte, Humbert a destra che parla con l’insegnate di
pianoforte di Lolita, e a sinistra, che si spinge in profondità, la fila degli attori che ricevono gli
applausi;
- In automobile. Con Humbert a destra al volante e Lolita a sinistra sul sedile posteriore, ripresa,
attraverso il finestrino posteriore della macchina, di un’altra macchina sulla linea del punto di
fuga;
- Lolita a sinistra, Humbert sul letto e, oltre la finestra sul punto di fuga, il marito di Lolita con un
- Il marito di Lolita davanti al frigo, Humbert a destra ed in fondo, sulla linea del punto di fuga,
- Humbert che scappa dalla casa di Lolita, con la file delle case sulla sinistra.
Dr. Strangelove:
- Ripresa del generale Ripper con in bocca un sigaro e sul fondo una finestra;
- Bombardiere. Primo piano del maggiore T.J. “King” Kong con la carlinga che si spinge in
- Segretaria del generale Turgidson che risponde al telefono in una stanza, ricca di specchi, che
- Varie scene della base dello Strategic Air Command, in rapido montaggio, quando il generale
Ripper arringa i suoi soldati per infondere loro coraggio riguardo all’imminente guerra;
- Ripresa del capitano Mandrake che porta la radiolina che trasmette musica rock per la base in
- Ripresa del presidente Muffley, con uomini attorno, quando gli viene riferito del lancio delle
bombe atomiche;
- Stessa situazione. Ripresa del generale Turgidson con alcuni uomini alle sue spalle;
- Entrata dell’ambasciatore sovietico nella War Room, con schermo sul fondo in punto di fuga;
- Ripresa delle scene di battaglia in semi-soggettiva dal punto di vista di una mitragliatrice;
- Generale Turgidson, al centro, con ai lati due uomini di cui si vedono solo le spalle, mentre
- War Room. Prospettiva centrale con ambasciatore russo sulla sinistra, il presidente Muffley a
- Dottor Stranamore, sulla carrozzina, al centro e due uomini, in piedi, ai suoi lati;
- Presidente sulla sinistra, ambasciatore sulla destra e di spalle, e dottor Stranamore ( di spalle e
- Ripresa di Ripper e Mandrake di lato, durante la battaglia, con finestra in punto di fuga;
- Entrata del colonnello Guano nell’ufficio del generale Ripper, dopo che questo si è suicidato;
- Primo piano del fucile, tenuto in mano dal colonnello Guano e Mandrake, davanti, con le mani
alzate;
96
- War Room. Al buio, ripresa del presidente Muffley di schiena e cartina luminosa del mondo
davanti a sé;
- Interno bombardiere, dove si trovano le bombe. Il maggiore T.J. “King” Kong vi entra con una
- Ripresa del generale Turgidson e del presidente Muffley che ascoltano il discorso del dottor
Stranamore;
- Ambasciatore russo che, mentre si allontana dalla War Room, si mette in ginocchio e scatta
- Ripresa da lontano delle scimmie che stanno bevendo attorno allo stagno;
- Arrivo delle scimmie “rivali” con le scimmie del primo gruppo sul punto di fuga;
- Idem. Floyd parla agli altri scienziati e si trova sulla linea del punto di fuga;
- Atterraggio dell’astronave, ripreso attraverso un finestrone posto all’interno della base spaziale;
- Prima della foto ricordo, prospettiva centrale davanti al monolite con luci artificiali in punto di
fuga;
- «Occhio» di Hal, prima al centro fra quattro schermi, poi, da solo, in primo piano;
- Frank che ascolta gli auguri di compleanno da parte dei suoi genitori;
- Ripresa in grandangolo, in soggettiva dall’occhio di Hal, dei due astronauti che controllano una
- I due dentro una capsula, uno di fronte all’altro, con «occhio» di Hal in punto di fuga;
- Ripresa, attraverso il vetro di una capsula, di Frank, che vaga morto nello spazio, trovandosi sul
punto di fuga;
- La capsula, di spalle, da cui si sta per espellere David per rientrare nell’astronave attraverso un
condotto;
- David che, nella stanza settecentesca, vede sé stesso di spalle che sta mangiando ad un tavolino
bianco;
- Il monolite in prospettiva centrale davanti al letto con sopra David, ripreso da dietro l’uomo,
A Clockwork Orange:
- I quattro drughi quando arrivano nei pressi del vecchio ubriacone che si trova a terra a sinistra;
- Il palcoscenico del teatro dove i drughi si picchiano con una banda rivale;
- La casa dello scrittore Alexander. Moglie sulla poltrona a destra e una porta aperta sul punto di
fuga;
- Alexander di lato, con macchina da scrivere davanti a sé ed in punto di fuga un muro bianco;
- Alex che balla, tirando calci allo scrittore a terra a destra, e luci sul fondo;
- Ripresa di lato della madre che bussa alla porta della camera di Alex;
- Camera di Alex con lui a letto sulla destra e, sul punto di fuga, un’immagine di Beethoven;
- Negozio di dischi. Ripresa di Alex con le due ragazze a sinistra, lui a destra e, sul punto di fuga,
- Ripresa dei tre drughi che attendono Alex nell’androne di casa sua;
- Atrio della porta d’ingresso dove la signora chiede chi abbia suonato;
- Ripresa dal punto di vista di Alex, con pene che si muove alla sua destra, la signora Weathers in
- Carcere. Alex che, ripreso di spalle arriva davanti alla scrivania dove dovrà consegnare i suoi
oggetti personali;
- Alex ripreso al centro in secondo piano, ed in primo, di schiena, due poliziotti posti ai due lati
dell’immagine;
99
- Prete del carcere che tiene una predica, con sul punto di fuga una vetrata e Alex posto in su
- Biblioteca. Alex, di lato, mentre legge la Bibbia e sul punto di fuga il prete che cammina in
direzione di questo;
- Quando Alex e il prete parlano della cura Ludovico tra due ali di libri;
- Stanza di Alex visitata dal ministro con poliziotti, fuori di essa, in punto di fuga;
- Carcerati, posti in diagonale, osservati dal ministro che dal punto di fuga sale verso Alex;
- Ufficio del direttore con questi e Alex di lato alla scrivania e finestra con tendine sul punto di
fuga;
- Cinema in cui Alex vede i film di violenza con, sulla linea del punto di fuga, i dottori;
- Ripresa di lato del pubblico a destra e della pedana a sinistra, con sul punto di fuga la porta da
- Ministro che parla al pubblico con, in secondo piano e a sinistra Alex, ed in punto di fuga la sua
ombra;
- Stanza con padre a sinistra, madre e Joe a destra, e a destra Alex. In punto di fuga il forno;
- Stanza da bagno. Alex nella vasca con, sulla linea del punto di fuga, l’immagine del lavandino
- Alex che mangia sul tavolo di vetro con porta aperta sul punto di fuga;
- Alexander che versa del vino ad Alex, ripreso di lato, e, nell’angolo a destra dell’immagine, il
braccio di Julian;
- Ripresa delle cinque persone al tavolino (Alex, Julian, Alexander e due amici di quest’ultimo;
- Alex che, ascoltando la musica di Beethoven, non sopporta più il disgusto e si dirige verso la
- Ospedale. Alex sulla sinistra, a letto e quasi completamente ingessato, e sulla linea del punto di
- Alex a letto, i genitori alla sua destra e sul fondo delle finestre;
- Al centro Ministro che imbocca Alex, questi a sedere sul letto e, sul fondo, finestra con tende;
- Alex, tra due file di spettatori, che fa l’amore con una ragazza che sta sopra di lui.
Barry Lyndon:
- Barry, di lato, mentre guarda la cugina Nora ballare con il capitano Quin, con dei danzatori sul
punto di fuga;
- La tavolata con lo zio di Barry che tiene un discorso per le nozze di Nora con Quin;
- Nel bosco quando viene derubato. Barry di schiena, il capitano Freny al centro e il secondo
bandito a destra;
- Barry, al centro, che ascolta il reclutatore, con questi a destra, e sul fondo, alle sue spalle un
- A sinistra passaggio di una truppa di soldati inglesi verso il punto di fuga e a destra, Barry,
- Quando il capitano Grogan viene ferito e Barry lo soccorre i soldati inglesi che li superano per
- Ripresa della tavola con Barry al centro, con candele davanti a lui e Lischen a destra;
- Barry parla con il capitano Potzdorf e dietro di loro il sentiero in punto di fuga;
- Dopo l’esplosione, Barry a terra sulla destra e le fiamme sul punto di fuga;
- Quando riceve la medaglia al valore Barry a destra, a sinistra i tre militari che gli conferiscono il
- Barry mentre ascolta le indicazioni di Potzdorf e del ministro su come comportarsi con Balibari;
101
- Sulla carrozza che viaggia. Potzdorf a sinistra, Barry a destra e al centro un vetro che apre la
contabile;
- Uscita dalla stanza del nobile con il contabile con Barry sul punto di fuga;
- Al tavolo da gioco. Lampadario al centro. Alcuni giocatori a sinistra e a destra Barry e Balibari;
- Giardino. Balibari a sinistra e Barry a destra, seduti ad un tavolino, con una statua di marmo sul
punto di fuga;
- In carrozza in viaggio. Bullingdon a sinistra, cappellano Runt a destra e vetro al centro che apre
- Quando Barry ha intenzione di diventare pari d’Inghilterra. Mentre giocano a carte lui a destra e
- Quando il re parla con i nobili inglesi posti in diagonale e il re avanza dal punto di fuga verso
Barry;
- Sala dei conti. Lady Lyndon a sinistra, il contabile Graham a destra e due finestre sul fondo;
- Gustavo Adolfo al tavolo del ristorante, Barry ad un altro tavolo a sinistra e una porta sul punto
di fuga;
- Dopo che Barry ha acquistato il cavallo per Bryan, ripresa della sala da pranzo con una porta sul
punto di fuga;
- Sala dei conti. Madre di Barry di spalle e al centro, e il cappellano Runt a destra;
- Cascina in cui vengono preparate le pistole per il duello e sul fondo si notano quattro fessure di
- Quando l’arbitro del duello indica a Barry il punto in cui dovrà stare e sul fondo si notano
cinque fessure, due verticali, due a croce e una quinta sopra le altre;
- Ripresa dalle spalle di Bullingdon di spalle, con arbitri e padrini a sinistra e Barry in fondo,
- Stanza di una taverna. Ripresa di lato di Barry, a destra, sdraiato sul letto, a sinistra il dottore,
sul fondo due personaggi e dietro di loro una finestra che apre lo sguardo sul punto di fuga
- Ripresa della sala dei conti dove Lady Lyndon che firma assegni.
The Shining:
- Ufficio di Ullman, con questi sulla linea del punto di fuga, Jack a destra e Bill a sinistra;
- Salone dell’albergo. Bill in secondo piano, Ullman a sinistra e Jack a destra, quando i primi due
- Ripresa della dispensa quando Halloran illustra a Wendy quali viveri vi siano contenuti;
- Salone con al centro la scrivania e la macchina da scrivere, sul fondo la scalinata e in fondo a
- Salone. Jack di spalle, seduto alla scrivania, e Wendy che va via, verso la scalinata sul fondo,
- Ufficio di Ullman dove si trova la radiotrasmittente e Wendy si mette in contatto con la locale
guardia forestale;
- Corridoio, visto in soggettiva da Danny, dove appaiono le figlie di Grady, prima vive, poi
morte;
- Appartamento dei Torrance. Jack, seduto su un lato del letto visto in soggettiva da Danny con la
- Idem, ma immagine più vicina con Danny seduto sulle gambe di Jack;
- Jack, a sinistra, seduto al bancone del bar, con questo che si spinge verso il punto di fuga;
103
- Camera 237. Stanza da bagno con sul fondo una vasca da bagno, con una tenda tirata a metà, da
- Fuori della camera 237. Jack, che dopo aver chiuso la porta della camera, scappa lungo il
corridoio;
- Halloran che prova a telefonare all’Overlook Hotel, con la lampada del comodino nel punto di
fuga;
- Nel Salone. Jack sulla sinistra, barman a destra e al centro il bancone del bar che si spinge verso
il punto di fuga;
- Quando Wendy, con la mazza da baseball, si dirige verso la scrivania di Jack e si ha la scalinata
sul fondo;
- Jack vicino alla scrivania, con sullo sfondo la finestra resa luminosa dalla luce del giorno, dopo
- Ripresa della camerata quando Jocker dice la battuta su John Wayne e tutte le altre reclute
davanti ai letti;
- Palla di Lardo, che viene “rimproverato” da Hartmann, ha dietro di sé, in punto di fuga, una
finestra;
- Discorso da parte di Hartmann, fatto all’interno della camerata, sull’importanza del fucile per un
marine;
- Prospettiva centrale del piano sottostante (poi soprastante) dei letti a castello, dove si trovano
sdraiate le reclute;
- Jocker insegna a Palla di Lardo a montare il fucile con in punto di fuga dei soldati che si
addestrano;
- Palla di Lardo mangia il suo dolce, mentre le altre reclute fanno flessioni;
- Le reclute che fanno esercizi con il fucile e Hartmann che cammina dando loro ordini;
- Hartmann che parla alle reclute che sono sedute su una tribuna;
- Hartmann che dice ai soldati in camerata che finalmente sono diventati marines;
- Palla di Lardo nel bagno, si alza dal water e fa gli esercizi con il fucile;
- Hartmann esce dalla sua camera e si dirige nei bagni con la camerata che si spinge in
profondità;
- Vietnam. Jocker sdraiato sul letto, a sinistra, la camerata che si spinge in profondità al centro e
- Opposta inquadratura con un altro giornalista militare sdraiato sul letto e luci in alto a sinistra;
- Ripresa di lato di Jocker che, all’interno di un rifugio e con una mitragliatrice, spara ai vietcong
- Tenente Lockart al centro, Jocker e Rafterman a sinistra, quando loro due vengono spediti in
prima linea;
- A sinistra, verso la macchina da presa, camminano i marines, al centro scorre un piccolo fiume,
- Jocker a sinistra, il colonnello a destra e dietro di loro, spingendosi in profondità, la fossa con i
- Jocker, dopo aver ritrovato Cowboy, parla con Animal Mother e Rafterman è sul punto di fuga;
- Prostituta a sinistra, soldati a sedere a destra e la strada che si spinge in profondità sul lato
- Crazy Earl viene colpito dal cecchino e mentre un soldato gli pratica la respirazione bocca a
bocca, si vede Jocker dietro di loro, al centro e in punto di fuga una casa in fiamme;
- Vari momenti in cui i soldati avanzano verso l’edificio dove si trova il cecchino;
- Cowboy, ferito, viene aiutato da alcuni marines e in punto di fuga si vede una ciminiera che
fuma;
- Prospettiva centrale con Jocker, a destra, che canta con gli altri marines posti in diagonale sulla
costruzione prospettica messo in scena da Stanley Kubrick nella sua filmografia sia
III.1 IL CORRIDOIO
III.1.1 Etimologia
Il lemma corridoio viene definito dal Battaglia come “ambiente stretto e di forma
allungata, destinato a dare accesso a una semplice o doppia fila di locali (…), o a servire
la seconda è costituita dalla sua funzione di disimpegno, cioè di passaggio tra diversi
locali.
verbo passare che vuol dire “percorrere il tratto o lo spazio che separa due luoghi,
Quindi il corridoio indicherebbe uno spazio che serve per andare da un luogo ad un
E’ d’altronde curioso notare che nella lingua inglese, (quindi non neo-latina come
l’italiano) il sostantivo italiano corridoio è tradotto con il termine passage3. Anche nella
1
Salvatore Battaglia (a cura di), op. cit., vol. III, p. 829. Inoltre il corridoio è assimilato, per estensione, a
“un passaggio, via o sentiero che si inoltra a modo di galleria” ed anche al “cunicolo di una trincea”.
2
M. Cortelazzo e P. Zolli, op. cit., vol. IV p. 887
3
Giuseppe Ragazzini, Dizionario inglese-italiano / italiano-inglese, Zanichelli, Bologna 1967, p. 1119
107
stessa situazione. Infatti la voce corridoio è tradotta con der Gang4, termine che
Infatti la voce corridoio deriva da correre6, che vuol dire andare con gran velocità.
Tale significato deriva direttamente dal verbo latino currere che significa, appunto,
courir7. Inoltre questa idea di movimento si può ritrovare anche nella lingua greca
antica, dove il termine corridoio era indicato con la parola drómos, cioè il luogo dove si
corre8.
luogo dove si corre, questo non implicherà forse l’idea del movimento?
Perciò sembrerebbe che il corridoio sia uno spazio in cui ci si muove per andare nella
interno.
4
Emilio Bidoli e Guido Cosciani, Dizionario Italiano-Tedesco/Tedesco Italiano, G. B. Paravia & C.,
per altri ambienti vicini, è stato utilizzato in maniera sistematica solo dall’Ottocento e
soprattutto tombale, la cui funzione era quella di passaggio dal mondo esterno a quello
dei defunti.
Si sa infatti che in Egitto, durante il Medio Regno (2000 a.C.), per preservare
l’inviolabilità della tomba si fece ricorso a tombe a corridoio, cioè tipi di tomba «ad
abitazione» ove il defunto era sepolto con tutte le sue suppellettili, in una vera e propria
camera mortuaria10.
9
AA.VV., Enciclopedia dell’Architettura, Garzanti, Milano 1996, p. 222. Per quanto riguarda i prodromi
del corridoio sembra interessante riportare quanto sostiene Paolo Cherchi Usai in Kubrick architetto, cit.,
p. 280, “Nell’architettura ionica i colonnati interni e gli ambulacri occupavano a volte oltre un terzo
dell’intera superficie del tempio; antecedenti del corridoio, sconosciuto in quanto organismo legato alle
planimetrie delle abitazioni civili tardo-secentesche, si trovano anche nello schema basilicale
protocristiano, caratterizzato da un ampio spazio percorribile solo nel senso frontale rispetto al luogo del
London 1966, tr. it. Dizionario di Architettura, Einaudi, Torino 1997, p. 658
11
Ivi, p. 656; ed anche AA.VV., Enciclopedia dell’Architettura, cit., pp. 879-80
109
In Italia, presso la civiltà etrusca, ci si servì del corridoio (drómos) all’interno di tombe
a camera, poste in grotte o scavate nella roccia, spesso consistenti di varie camere
Inoltre sempre in Italia, durante l’impero romano, tra il II e il IV secolo d.C., si fece
ricorso ai corridoi nella costruzione delle catacombe, che erano veri e propri cimiteri
sotterranei13.
Infatti nel periodo Heian (794-1185), nelle residenze della nobiltà (shinden-zukuri)
erano presenti corridoi (watadono) che conducevano dal corpo principale (shinden) a
distributiva basata sulla successione degli ambienti senza elementi di disimpegno. Tale
struttura prevedeva porte di comunicazione tra le stanze, poste tutte sul medesimo
asse17.
12
Pevsner, Fleming, Hugh, Dizionario…, cit., p. 658
13
Ivi, pp. 127-8; ed anche AA.VV., Enciclopedia dell’Architettura, cit., p. 163. Inoltre Lionella De Santis
L’enfilade era uno schema tipico dei palazzi seicenteschi e settecenteschi, la cui palese
inglesi dell’inizio del XVI secolo: la Hardwick Hall, nel Derbyshire, progettata tra gli
principe di Wale19.
Tale assenza di corridoi è riscontrabile anche dalla planimetria del castello di Versailles,
18
Pevsner,…, op. cit., p. 609
19
Carlo De Montemayor, Grandi dimore inglesi e famosi giardini dall’epoca dello stile Tudor (XVI sec.)
all’epoca del Neoclassicismo (XVIII sec.), Allinea, Firenze 1995, pp. 23-30. Inoltre AA.VV.,
La struttura spaziale del corridoio, a differenza della costruzione prospettica, non è stata
Parigi capitale del XIX secolo. I “Passages” di Parigi20, lavoro incompiuto e non
D’altronde tale saggio, tra i tanti argomenti trattati, non si occupa propriamente del
corridoio, ma dei passages parigini che, comunque, sono riconducibili alla struttura
Difatti i passages vengono definiti “corridoi ricoperti di vetro e dalle pareti intarsiate di
marmo, che attraversano interi caseggiati, i cui proprietari si sono uniti per queste
speculazioni. Sui due lati di questi corridoi, che ricevono luce dall’alto, si succedono i
più eleganti negozi, sicché un passaggio del genere è una città, anzi un mondo in
miniatura”21.
Si tratta quindi di veri e propri corridoi in cui la gente passeggiava e faceva acquisti.
deriva dal verbo deambulare che, come si sa, vuol dire passeggiare23.
20
Benjamin Walter, Das Passagen – werk, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1955 tr. it. Parigi,
della concezione del corridoio come luogo di passaggio, che non ha un compito
specifico, ma che assume una funzione solo nel momento in cui viene percorso.
Infatti, per fare qualche esempio casalingo, la cucina è il luogo dove viene preparato il
tutti gli altri luoghi di una casa, che, come visto, hanno una determinata funzione, il
corridoio non possiede invece alcuno scopo specifico, se non quello di essere
In sostanza “il corridoio è uno degli elementi architettonici più superflui sul piano della
che Benveniste attribuiva alla lingua, quella cioè di essere resa funzionante solo
24
Sulla funzione e il valore simbolico assunto dai vari ambienti casalinghi, si rimanda a AA.VV.,
questo riguardo parrebbero utili alcune riflessioni di Richard Sennett, The Conscience of the Eye. The
Design and Social Life of Cities, Alfred A. Knopf, New York 1990 tr. it. La coscienza dell’occhio.
Progetto e vita sociale nelle città, Feltrinelli, Milano 1992, secondo il quale (p. 39) “L’interno domestico
che divenne caratteristico della New York industriale, il cosiddetto railroad apartment o appartamento a
vagone ferroviario tipico dei grandi condomini, illustra bene questa logica di divisione. Le stanze sono
disposte una dopo l’altra, con le porte che danno tutte su un lungo corridoio. Ogni stanza è chiaramente
destinata a un’attività specifica: il soggiorno, seguito dalla sala da pranzo, seguita da una o più camere
da letto, e in fondo la cucina”. Inoltre in un altro punto del suo saggio (p. 212) Sennett sostiene che “negli
spazi lineari la forma è determinata dalla funzione”. Il corridoio, spazio lineare, parrebbe propriamente
determinato dalla funzione di passaggio. Su questo punto cfr. anche il sottoparagrafo III.1.1
116
attraverso il suo utilizzo26. Ma contrariamente alla lingua che, quando viene adoperata,
offre infinite possibilità di impiego (le letterature mondiali ne sono una valida
testimonianza), nel momento in cui ci si serve del corridoio questo fornisce un’unica
Comunque, questa differenza tra lingua non utilizzata (corridoio non percorso da
alla distinzione fra espace e lieu proposta da de Certeau, secondo il quale “l’espace
serait au lieu ce que devient le mot quand il est parlé, c’est-à-dire quand il est saisi dans
comme l’acte d’un présent (ou d’un temps), et modifié par les transformations dues à
d’un propre. En somme, l’espace est un lieu pratiqué. Ainsi la rue géometriquement
définie par un urbanisme est transformée en espace par des marcheurs. De même, la
lecture est l'espace produit par la pratique du lieu que constitue un système de signes –
un écrit”27.
dalla mobilità29.
26
E. Benveniste, Problèmes de linguistique générale, vol. II, Gallimard, Paris 1971, tr. it. Problemi di
linguistica generale, vol. II, Il Saggiatore, Milano 1985, p. 97. Facendo un parallelo si potrebbe quindi
Perciò il corridoio non utilizzato potrebbe essere considerato luogo, mentre quando
studioso francese, Marc Augé. Innanzitutto ha precisato come il termine «spazio» sia in
sé più astratto di quello di «luogo». Infatti, mentre la voce luogo definisce con
estensione, a una distanza fra due cose o due punti (si lascia uno “spazio” di due metri
fra ogni palo di un recinto) o a una grandezza temporale (“nello spazio di una
settimana”)30. Dato che, come aveva scritto de Certeau, il luogo è stabilità, mentre lo
luogo, ma la pratica dei luoghi, cioè il viaggio. Di tali luoghi, però, il viaggiatore ha
sempre delle visioni parziali, sommate alla rinfusa nella sua memoria. Perciò “lo spazio
Il termine nonluogo indica “due realtà complementari ma distinte: quegli spazi costituiti
in rapporto a certi fini (trasporto, transito, commercio, tempo libero) e il rapporto che gli
che, come si è visto, assume una funzione precisa solo nel momento in cui viene
nonluogo di transito.
30
Ivi, p. 77
31
Ivi, p. 78. Inoltre de Certeau, op. cit., p. 171
32
Augé, op. cit., pp. 80-81
33
Ivi, p. 87
118
Questa sua peculiarità sembrerebbe portare alla riflessione che il corridoio, non solo
Quindi la strada percorsa all’interno di un corridoio, data anche la sua forma lunga e
Si potrebbe perciò dire del corridoio quello che Zanini ha scritto a proposito del recinto,
cioè che “funziona proprio perché sottrae spazio al movimento, lo organizza in maniera
rigida, lo incanala lungo direzioni determinate a priori” 34. Quindi la struttura spaziale
del corridoio incanalerebbe le persone che si muovono al suo interno verso una
direzione obbligata.
Ma questa funzione sembrerebbe molto simile a quella del labirinto, che è definito da
Borges come “un edificio costruito per confondere gli uomini; la [cui] architettura, ricca
Inoltre il labirinto sia “che sia un unico e tortuoso corridoio da seguire fino al suo
movimento”36.
34
Piero Zanini, Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali. Bruno Mondadori, Milano 1998,
p. 77
35
J. L. Borges, L’immortale, in L’Aleph, Feltrinelli, Milano 1993, p. 13
36
P. Zanini, op. cit., p. 124
119
corridoio37.
Lönnrat che esiste un labirinto che è una linea unica, retta, incessante38.
Inoltre, la peculiarità del labirinto risulta essere il movimento che, come si è visto in
come una specie di labirinto che costringe chi si muove al suo interno a dirigersi in un
movimento di chi lo attraversa, mentre come sorta di labirinto, connotato dalla forma
37
A questo riguardo è utile la definizione che Salvatore Battaglia (a cura di), op. cit., vol. VIII, p. 657,
offre del termine labirinto: “leggendario edificio costruito su una pianta così complessa e intricata che chi
vi entrava non riusciva ad orientarsi e a trovare la via d’uscita. Per estensione: dedalo di strade e di
sentieri; luogo, edificio o complesso di edifici in cui è difficile orientarsi, districarsi, trovare una via
d’uscita”. Cfr. anche F. Palazzi, op. cit., vol. I, p. 468, dove il lemma labirinto viene spiegato in questi
termini: “edificio con un complesso di stanze e corridoi così intricati, che chi v’entra non trova modo
d’uscirne”. Il rapporto corridoio – labirinto verrà ampliato nel quarto capitolo di questa ricerca.
38
Jorge Luis Borges, La morte e la bussola, in Finzioni, Einaudi, Torino 1982, p. 131
120
121
122
Jacket)
Nel primo capitolo di questo lavoro si è cercato di dimostrare che, a livello narrativo, le
Anche a livello visivo, tale dualità sembrerebbe ripetersi: infatti la presenza della
Come nel secondo capitolo abbiamo cercato di evidenziare la presenza “non casuale”
della costruzione prospettica nelle opere di Kubrick, si cercherà ora di mostrare che la
figura architettonica del corridoio, scomponibile in due aspetti: scenico (il corridoio
39
R. Eugeni, Invito…, cit., p. 131, dove, come esempi di corridoi, vengono ricordati “l’astronave
Discovery di 2001: A Space Odyssey, strutturata come un lungo corridoio (…), la fuga di stanze in Barry
Lyndon, l’area in cui corrono i cavalli di The Killing, quelli della casa di Lolita, ecc.”. Inoltre anche Paolo
Cherchi Usai, Kubrick architetto…, cit., p. 279, ha sostenuto che nella filmografia di Kubrick una
“costante, quasi ossessiva presenza architettonica è il corridoio: onnipresente nel suo cinema, da Paths of
Glory al film in cui il concetto di casa, materialmente assente, è sostituito dalla gigantesca mole
dell’astronave di 2001: A Space Odyssey. Tutte le strutture materiali dell’avventura umana nella luce sono
ridotte all’essenziale, un corridoio”. Inoltre cfr. Sergio Toffetti, op. cit., p. 57, dove lo studioso ha
elencato alcuni corridoi kubrickiani “Il boxeur Davy si lancia nel dormiveglia in una corsa sfrenata lungo
123
personaggi che si muovono al suo interno. Per quanto concerne il corridoio fotografico,
In questa analisi sulla presenza, scenica o fotografica, del corridoio nel cinema di
Kubrick, risulta utile porre in rilievo anche tre scene tratte da Killer’s Kiss. In
definita da Eugeni un’anticipatrice dei vari corridoi dei film di Kubrick, che ricorda
esplicitamente quello di David Bowman nella parte finale di 2001: A Space Odyssey42.
- Incubo di Davy. Ripresa in carrello in avanti, in soggettiva, di strade urbane deserte (scena
le strade di New York (Killer’s Kiss)¸ il colonnello Dax avanza attraverso il budello dei trinceramenti, il
suo corpo (e la cinepresa insieme a lui), si fa largo a fatica (…) dentro uno spazio così aderente (Paths of
Glory); David Bowman precipita in un corridoio di luce oltre l’infinito verso la morte – rinascita (2001);
il tragitto di Alex e i suoi drughi verso la casa degli Alexander a bordo della supermacchina Durango 95,
viene filmato ricorrendo ad un’impressionante composizione «a corridoio», con spettrali alberi bianchi
kubrickiane.
The Killing44:
- Mike in casa con la moglie ammalata. Dopo averle asciugato la fronte si dirige verso la finestra.
Carrello a seguire;
- George torna a casa apre la porta d’ingresso e percorre un breve corridoio. Azione ripresa in
carrello a precedere;
- Johnny parla con Nikki e carrello all’indietro superando, da sopra, le sagome – bersaglio;
- Ragazzo che porta l’acqua percorrendo il corridoio fuori delle stalle dei cavalli. Carrello a
precedere;
- Johnny, dopo aver comprato i biglietti aerei, si allontana in un corridoio creato a destra dal muro
- Martin e Johnny si salutano, a casa del primo, per l’ultima volta. Carrello verso Martin;
- Johnny si dirige verso il suo appartamento nel motel, per prendere il fucile. Carrello a
precedere;
43
Definita da Sergio Toffetti, op. cit., p. 14, “il primo corridoio attraverso cui si snoda l’itinerario filmico
di Kubrick”. Anche Ghezzi, op. cit., p. 30, afferma che “la scala d’ingresso alla sala da gioco [è] ripresa
ritrovata una costruzione riconducibile al corridoio, sono proposte secondo lo sviluppo narrativo delle
- Johnny entra nella stazione degli autobus per mettere il fucile in una cassetta di sicurezza.
Carrello a precedere;
- Mike entra nella stazione degli autobus per prendere il fucile. Stesso carrello a precedere della
scena precedente;
- Breve corridoio fuori dello spogliatoio dell’ippodromo, percorso da Mike, con il fucile in una
- Corridoio percorso da George che va a prendere qualcosa da bere dopo aver affermato che
- Nastro su cui viene trasportata la valigia, nell’aeroporto, dopo che è stato impedito a Johnny di
Paths of Glory:
- Carrello a precedere l’avanzare del generale Mireau e del suo aiutante nella trincea, quando il
- Carrello a seguire i due dopo che il generale ha colpito un soldato in preda a shock da
esplosione;
- Carrello a precedere, all’interno della trincea, il percorso compiuto dal caporale Paris e dal
- Breve carrello a precedere i due quando entrano nel rifugio, in trincea, del tenente;
- Dax, prima della battaglia, passa in trincea a vedere i suoi uomini. Carrello in avanti, in
- Breve carrello a precedere di Dax, dopo che è uscito dalla stanza dove ha parlato con Mireau e
- Uscita dalla stessa stanza dei due generali ripresi in carrello a precedere;
- Ripresa di Mireau, con un corridoio in punto di fuga, che sale lo scalone e con Dax fermo su un
gradino di questo;
- Sidecar con sopra Dax che esce da un palazzo e passa attraverso due file di soldati (scena che si
- Il capitano del plotone d’esecuzione cammina davanti a questo ripreso in carrello a seguire e a
precedere;
- I tre condannati camminano tra due ali di soldati nel dirigersi verso l’esecuzione. Carrello a
- Dax si allontana dalla taverna, dove la ragazza tedesca sta cantando, ripreso in carrello a
precedere.
Spartacus45:
- Carrello a precedere, poi carrello in avanti in soggettiva, quando Lentulo Batiato arriva per
- Carrello all’indietro dal luogo dove passano le schiave a Spartaco (questo movimento passa
- Carrello di avvicinamento sul volto di Lavinia, dopo che Spartaco ha dovuto combattere con
Draba;
- Carrello di avvicinamento su uno schiavo nella sua cella dopo che Draba, morto, è stato appeso
a testa in giù;
- Ripresa in carrello a precedere di Spartaco che prende la sua scodella di cibo e vede che Lavinia
- Ripresa in carrello a precedere delle guardie romane che corrono sul luogo della rivolta;
45
Cfr. nota su questo film, contenuta nel precedente capitolo
127
- Ripresa in carrello a precedere di Cesare e Gracco dopo che quest’ultimo ha acquistato una
- Ripresa in carrello a precedere di Crasso che si dirige sul balcone della sua villa per far vedere
Roma ad Antonino;
- Villa Crasso. Ripresa in carrello a precedere di Crasso e di Glabro, dopo che quest’ultimo ha
- Crasso che, dopo la battaglia vinta, si allontana tra due file degli schiavi che si erano ribellati;
- Carrello a precedere Crasso e Cesare a cavallo, dopo che Spartaco e Antonino hanno dovuto
- Carrello a seguire il carretto con sopra Lentulo Batiato, Lavinia e suo figlio, con questa che si
Lolita:
- Carrello a seguire, della macchina di Humbert che procede su una strada, in mezzo alla nebbia;
- Ripresa dall’alto dello scalone con Humbert, ai suoi piedi, che carica la pistola e poi sale;
- Dopo che Quilty si è nascosto dietro al quadro, carrello di avvicinamento sui colpi di pistola
sparati da Humbert;
- Macchina con sopra Humbert (quando sta andando a vedere la casa di Charlotte), che percorre
- Zoom indietro dal primo piano di Humbert che guarda Lolita, quando Charlotte lo fotografa;
- Zoom indietro da Lolita che balla alla festa fino a Humbert che la sta guardando;
- Strada che scorre (in carrello a precedere) dietro alla macchina dove si trovano Humbert e
- Carrello di avvicinamento al volto di Humbert, mentre sente Lolita piangere dopo che le ha
- Carrello a precedere il movimento di Lolita che dal suo letto passa su quello di Humbert;
- Carrello a seguire la macchina, con sopra Humbert e Lolita, che procede lungo la strada;
- Carrello a seguire da Lolita che dice l’ultima battuta nella recita scolastica a Humbert che sta
- Ripresa, sia in carrello a precedere che a seguire (anche al suo interno con la strada che scorre
- Corridoio dell’ospedale, quando Humbert, venuto a sapere che Lolita è già stata dimessa nel
Dr. Strangelove:
- Zoom indietro dal piccolo dizionario di termini russi, tenuto in mano da un membro
- Ripresa in carrello a precedere dell’ambasciatore russo che descrive la bomba fine del mondo;
- Ripresa in carrello in avanti, in soggettiva, del bombardiere che è stato colpito (stessa immagine
- Corridoio, fuori dell’ufficio di Ripper in cui Guano porta Mandrake. Da qui carrello a precedere
- Ripresa in semi-soggettiva, dal punto di vista dei due piloti (di spalle), dell’avanzata del
- Carrello a seguire la caduta di T.J. “King” Kong a cavallo della bomba atomica.
129
- Zoom indietro dal buio dell’universo all’interno della stazione orbitante di Clavius dove sta
orbitante;
- Sulla piccola navetta spaziale che trasporta Floyd da Clavius al luogo dove si trova il monolite,
carrello a precedere un astronauta che porta a Floyd e ad un altro astronauta una cassetta con
- Carrello a precedere David dopo che questo ha finito un disegno e si sta dirigendo davanti
- Breve zoom indietro da Frank e David che fanno vari controlli alle apparecchiature elettroniche;
- Carrello a seguire David che, con la tenuta da astronauta, dopo aver attraversato un breve
- Carrello in avanti, in soggettiva, che riprende il viaggio di David nel corridoio luminoso.
A Clockwork Orange:
- Carrello indietro dagli occhi di Alex a un piano totale del Korova Milk Bar;
- Zoom indietro dal vecchio ubriacone che sta cantando sotto il ponte;
- Zoom indietro dal vaso dipinto sul frontone del palcoscenico del teatro al piano totale del teatro
- Drughi in automobile. Ripresa della strada che scorre veloce dietro di loro e carrello in avanti,
- Corridoio di specchi davanti alla porta d’ingresso dove la moglie si reca dopo che i drughi
- Dopo lo stupro, entrata dei drughi nel Korova ripresa in carrello a precedere;
- Carrello a seguire e poi a precedere il movimento di Alex che, appena alzato, cammina nel
- Carrello a precedere il movimento di Alex nel lungo corridoio del negozio di dischi;
- Zoom indietro dalla bottiglia di latte con cui i drughi stanno per colpire Alex che ha appena
- Zoom indietro dal volto di Alex che, nel suo sogno biblico, sta mangiando dell’uva;
- Biblioteca. Carrello a precedere la camminata di Alex e del cappellano del carcere fra due ali di
- Corridoio bianco del carcere in cui il ministro avanza verso la cella di Alex;
- Carrello a seguire Alex che, scortato da due poliziotti, lascia il carcere e si dirige verso
- Corridoio bianco attraverso cui passa la dottoressa per andare nella camera di Alex;
- Alex sul ponte dopo che è stato cacciato di casa. Zoom verso il suo volto e zoom verso l’acqua
del fiume;
- Ripresa in carrello all’indietro di Alex che viene portato sotto il ponte dal vagabondo picchiato
- Carrello a seguire Alex che, costretto da due ex drughi, viene trascinato verso una fontana
- Corridoio ricoperto di specchi nell’atrio della casa dello scrittore Alexander, quando Julian
soccorre Alex;
- Zoom indietro dal volto di Alex che, soffrendo e urlando, è costretto dallo scrittore Alexander ad
- Zoom indietro dal volto soddisfatto per la vendetta dello scrittore Alexander ad un piano totale
che mostra il suddetto al centro, con sulla destra un uomo che tira una palla sul biliardo e sul
- Zoom sul volto di Alex poco prima che si butti dalla finestra;
- Zoom indietro dal volto di Alex e del ministro dopo lo scandalo della “cura inumana”;
- Ripresa in carrello a precedere un’infermiera che, tra i corridoi dell’ospedale, si dirige verso il
- Ripresa, in soggettiva da Alex, dell’arrivo del ministro dal punto di fuga verso di lui.
Barry Lyndon:
- Zoom indietro da una piccola statua ad un piano totale dove Nora e Barry stanno giocando a
carte;
- Zoom indietro da una truppa dell’esercito inglese che marcia ad un piano totale dove Barry, al
- Zoom indietro dalle pistole che vengono caricate per il duello tra Barry e il capitano Quin;
- Carrello a precedere e carrello in avanti, in semi-soggettiva, di Barry che, nel bosco, avanza
- Zoom indietro dal cartello della locanda “Health to the Bartley now” al reclutatore dell’esercito
- Zoom indietro dall’esercito inglese che marcia, dopo che Barry ha vinto, a pugni, un suo
commilitone;
- Carrello di avvicinamento a Barry, di lato davanti al fuoco, dopo che il capitano Grogan è
morto in battaglia;
132
- Zoom in avanti, in semi-soggettiva, da Barry con due secchi in mano a due soldati inglesi in
- Zoom di avvicinamento sul volto di Barry dopo aver visto i due militari;
- Zoom indietro da Barry, a cavallo su un sentiero, che sta per incontrare Lischen;
- Una locanda. Carrello indietro da Barry seduto ad un tavolino, al centro, con una candela
- Carrello in avanti, in semi-soggettiva, di un soldato che attraverso una finestra, spara contro i
nemici;
- Ripresa in carrello a precedere il movimento di Potzdorf all’interno della palazzina dove Barry
sta sparando;
- Carrello a seguire Barry che porta il capitano ferito fuori della palazzina;
- Zoom verso Barry che bacia una donna ed è visto da Lady Lyndon, Bullingdon e il cappellano
Runt;
- Zoom indietro da Lady Lyndon, seduta su di una barca in mezzo ad un fiume, al campo
- Zoom indietro da Gustavo Adolfo che sta raccontando una simpatica storia, a sinistra, Lady
- Ripresa in carrello a precedere di Bullingdon e Bryan che entrano, tra due file di ascoltatori,
Bullingdon;
- Zoom indietro da Bryan che sta imparando dal padre ad usare il fioretto;
- Zoom indietro dai fogli dei conti che la madre di Barry sta controllando assieme al contabile
Graham;
- Zoom indietro dalla madre di Barry nella stanza della locanda con il figlio a destra, sdraiato sul
- Zoom sul foglio per la rendita di Barry e, quindi, sulla firma apposta da Lady Lyndon.
The Shining:
- Movimento della macchina da presa in carrello in avanti, in soggettiva (ma non corrisponde a
- Albergo. Carrello a seguire Jack che entra nell’ufficio di Ullman per il colloquio di lavoro;
- Abitazione dei Torrance. Carrello in avanti, attraverso un piccolo corridoio, verso Danny che si
trova in bagno;
- Idem. Zoom sul volto di Danny che si sta riflettendo nello specchio del bagno;
- Ripresa in carrello all’indietro di Ullman che mostra a Wendy e a Jack il loro appartamento
nell’albergo;
- Carrello a precedere il movimento di Halloran che si sta dirigendo con Wendy e Danny verso la
cella frigorifero;
134
- Interno cella frigorifero. Carrello in avanti su Halloran che enumera a Wendy tutti i tipi di carne
- Dispensa. Zoom sul volto di Danny. Zoom sul volto di Halloran mentre sta mostrando a Wendy
- Carrello a precedere Ullman che illustra a Jack e a Wendy le varie parti dell’albergo;
- Appartamento Torrance. Zoom indietro dal volto di Jack che sta dormendo sul letto;
- Idem. Zoom sul volto di Jack che sta mangiando la colazione portatagli da Wendy;
- Zoom sul modello (realtà?) del labirinto con due figure che si muovono al suo centro;
- Danny ripreso in carrello a precedere che, sul triciclo, si dirige verso la camera 237;
- Carrello in avanti verso il volto di Jack che sta scrivendo nel salone;
- Carrello a seguire movimento di Wendy che si dirige verso l’ufficio di Ullman, dove si trova la
radiotrasmittente;
- Ripresa di Danny che, sul triciclo, mentre sta percorrendo i corridoi dell’albergo, ha
- Zoom indietro da Danny che gioca, a terra, con delle macchinine. Quindi si alza e, in carrello in
- Carrello a seguire Wendy che corre verso il salone dove Jack sta gridando;
- Ripresa in carrello a seguire Danny che, con un dito in bocca, arriva nel salone dove Jack sta
- Carrello a precedere Jack che, alla ricerca di liquori, si dirige verso il salone da ballo;
- Carrello a precedere Wendy che, con una mazza da baseball, si dirige nel salone da ballo dove
si trova Jack;
- Zoom indietro dalle immagini trasmesse in televisione ad Halloran sdraiato sul letto;
- Zoom sul suo volto quando “vede”, attraverso lo shining, Jack che entra nella camera 237;
135
- Carrello a precedere Jack che, dopo aver litigato con Wendy, si dirige verso il salone da ballo;
- Carrello a precedere il movimento all’indietro di Wendy che con una mazza da baseball prima
- Carrello a precedere il movimento di Danny che scappa da Jack e si nasconde nelle cucine;
- Halloran, ripreso in carrello a seguire, avanza alcuni passi e poi viene ucciso da Jack;
- Interno del labirinto. In carrello a precedere e a seguire, ripresa di Danny che scappa e di Jack
che lo insegue;
- Wendy che si muove nei corridoi dell’albergo, in carrello a seguire, e ha delle apparizioni di
alcuni fantasmi;
- Carrello in avanti su una foto di una festa avvenuta nell’Overlook Hotel nel 1921, dove appare
- Carrello a precedere il sergente Hartmann che dà il “benvenuto” alle reclute, nel piano-
sequenza iniziale;
- Breve corridoio percorso da Hartmann dopo aver spento la luce della camerata;
- Carrello a precedere dei soldati e di Hartmann che, in camerata, marciano tenendosi gli
attributi;
136
- Carrello a precedere e a seguire di Palla di Lardo che, punito da Hartmann, viene fatto correre
- Zoom indietro dai bersagli del poligono di tiro ad Hartmann che spiega alle reclute che cosa sia
un marine;
- Corsa, per i viali della caserma, dei soldati che cantano “Crepi Ho Chi Minh, Viva il corpo dei
- Carrello in avanti verso Hartmann che, tra due file di reclute in piedi sulle loro cassette di effetti
- Idem. Carrello a precedere e a seguire Hartmann dopo che ha scoperto il dolce di Palla di
Lardo;
- Zoom sul volto “folle” di Palla di Lardo dopo che è stato punito dai compagni;
- Zoom su Palla di Lardo, a sedere su una tribuna, con lo sguardo “folle”, mentre Hartmann parla
di Lee Oswald;
- Carrello a seguire e a precedere il movimento di Hartmann, all’interno della camerata, tra le due
file di soldati;
- Carrello a precedere la corsa dei soldati per il viale dopo che palla di Lardo si è dimostrato un
ottimo tiratore;
- Zoom indietro dal volto di Jocker a una semi-soggettiva dei morti sud vietnamiti nella fossa;
- Carrello in avanti, attraverso un cerchio, verso Cowboy con Jocker e Rafterman che stanno
avvicinandosi;
- Carrello a seguire, in macchina da presa a mano, dei soldati che si avvicinano alla città, dopo
- Zoom dalla semi-soggettiva del cecchino ad un altro marine che sta aiutando il nero;
137
- Carrello a seguire i marines che si muovono verso i due Marines colpiti per “stanare” il
cecchino;
centrale è significativo che essa sia stata scoperta in un momento e in un luogo solo di
furono e sono tuttora scoperti indipendentemente in tutto il mondo ai livelli iniziali della
così complicata della forma normale delle cose che dovette apparire come risultato
Paradossalmente, la prospettiva centrale è allo stesso tempo anche il modo di gran lunga
più realistico di rendere lo spazio ottico, e si penserebbe quindi che non fosse una
1
Ci rifacciamo alla definizione «forma simbolica» coniata da Ernst Cassirer per indicare una forma
attraverso la quale “un particolare contenuto spirituale viene connesso a un concreto segno sensibile e
intimamente identificato con questo” (citazione contenuta in Erwin Panofsky, La Prospettiva…, cit., p.
50).
2
Cfr. il sottoparagrafo II.1.2 della presente ricerca
139
immagini fedeli su una superficie trasparente, sarebbe certo stata accessibile a qualsiasi
civiltà di livello discretamente avanzato: se ciò nonostante non ne resta altro indizio se
non, poniamo, il ricalco del profilo di teste umane nei dipinti degli aborigeni australiani
e di altri artisti arcaici, la ragione è certo che non vi fu l’esigenza di tale precisione
meccanica”4. In sostanza “la prospettiva centrale si generò come un aspetto della più
vasta ricerca di una descrizione oggettivamente corretta della natura fisica: ricerca che
nacque durante il Rinascimento dal rinnovato interesse per le meraviglie del mondo
sensoriale e che si realizzò sia nei grandi viaggi di esplorazione come nello sviluppo
uno strumento che permettesse di ottenere una costruzione oggettivamente corretta della
assunto è stato fornito dallo studioso d’arte John Ruskin, il quale nell’Ottocento, nel suo
3
Rudolf Arnheim, Art and Visual Perception: a Psychology of the Creative Eye, Regents of the
University of California, Berkeley – Los Angeles 1954, 1974, tr. it. Arte e Percezione Visiva. Nuova
disegno fatto con prospettiva centrale, così come gli occidentali consideravano piatti i
loro disegni7.
oggetti che in realtà sono solamente bidimensionali, sarebbe stata creata, ma soprattutto
un certo preciso modo di vedere, fondato sul mondo in cui vivono8. Infatti il mondo
sono quasi sempre rettangolari, e molti oggetti, come ad esempio le scatole, hanno degli
angoli retti. Ne risulta che l’ambiente è ricco di elementi prospettici che danno il senso
se le persone che vivono in paesi dove la civiltà e le tradizioni sono diverse dalle nostre,
e dove quindi l’ambiente fornisce elementi diversi ai processi della visione, siano
soggette alle stesse illusioni ottiche che noi consideriamo legate alle caratteristiche
7
Citazione tratta da John Ruskin, Modern Painters, vol. I, parte II, sez. I, cap. II, che è contenuta in Ernst
H. Gombrich, Art and Illusion. A Study in the Psychology of Pictorial Representation, The Trustees of the
National Gallery of Art, Washington D.C. 1959, tr. it. Arte e Illusione. Studio sulla psicologia della
Nicolson, London 1990, tr. it. Occhio e Cervello. La psicologia del vedere, Raffaello Cortina, Milano
1991, p. 183
9
Ibidem
10
Ivi, p. 183-4
141
degli zulu11, il cui mondo è descrivibile come una “civiltà circolare”, dal momento che
le capanne e le porte sono rotonde ed inoltre i loro campi sono arati con solchi curvilinei
Jan Deregowski13 ha scoperto che gli zulù percepiscono poco, o addirittura per nulla, la
soggetti occidentali. Inoltre sono state eseguite ricerche anche su popolazioni che
vivono nelle foreste e che non hanno esperienza della distanza, perché la ricca
condotti fuori dall’ambiente abituale questi individui vedono gli oggetti lontani come se
fossero di piccole dimensioni e non si rendono conto che invece sono solo distanti14.
11
Gli zulu in AA.VV., Grande Dizionario Enciclopedico, Utet, Torino 1973, vol. XIX, p. 864, vengono
definiti “una popolazione appartenente alla famiglia linguistica bantu, stanziata prevalentemente nello
Zululand, territorio autonomo della provincia del Natal. Gli zulu derivano dalla fusione di varie tribù
originarie degli altopiani dell’Africa equatoriale orientale, scese verso Sud nei secoli XVII e XVIII e
riunite in un solo organismo per opera del capo Shaka nel primo periodo del secolo XIX. Gli zulu, che
sono divisi in clan, vivono in gruppi di capanne disposte in circolo (Kraal), che formano la residenza di
una famiglia patriarcale”. Cfr. anche AA.VV., Enciclopedia Universale dell’Arte, cit., vol. II, pp. 302-46
Art, Duckworth, 1974, pp. 74-93. L’assenza di illusioni visive nei popoli primitivi è trattata anche in
M.H. Segall, T.D. Campbell, M.J. Herskovitz, The Influence of Culture on Visual Perception, Bobbs
Merrill, New York 1966. Come ulteriore esempio della mancanza innata nell’uomo della visione
prospettica si rimanda anche ad Anselm Von Feuerbach, Kaspar Hauser, Beispiel eines Verbrechens am
Seelenleben des Menschen, Suhrkamp Verlag, Frankfurt Am Main 1989 tr. it. Kaspar Hauser. Un delitto
provata, nelle illusioni prospettiche, la presenza di fattori culturali relativi agli indizi di
uomo vissuto al di fuori della civiltà occidentale l’intelligenza delle proporzioni e delle
15
Ibidem
143
IV.2.1 Movimento
Si è visto nel terzo capitolo di questa ricerca che la struttura spaziale del corridoio
Tale movimento parrebbe essere inerente anche ai numerosi corridoi kubrickiani, siano
Infatti, con il termine corridoio abbiamo abbinato due aspetti: il corridoio scenico,
comprendendo con questa definizione quel tipo di corridoio creato dal carrello in avanti
evidenziare come primaria peculiarità quella del movimento. Infatti per quanto riguarda
al suo interno16. Per quanto concerne invece il corridoio fotografico questo verrebbe
Esiste anche il caso, abbastanza frequente a dir la verità, in cui al corridoio scenico si
assocerebbe quello fotografico. Infatti “la marca espressiva tipica di Kubrick (…) sono i
Killer’s Kiss (la sequenza dell’incubo di Davy Gordon: un carrello su strade urbane
deserte che anticipa il viaggio psichedelico finale di David Bowman in 2001: A Space
16
Ad esempio, in A Clockwork Orange, il corridoio del carcere che viene attraversato dal ministro
17
A questo riguardo basti pensare ai carrelli in The Shining e agli zoom in Barry Lyndon
144
dell’ispezione delle trincee in Paths of Glory, al già citato corridoio spaziale in 2001, ai
Orange18, al vagare di Danny nei corridoi dell’albergo deserto e nel labirinto di piante
frequente (la marca espressiva tipica) di movimenti della macchina da presa in carrello
Per i corridoi scenici sembrerebbe valevole di nota la riflessione di Sandro Bernardi, per
il quale in tutti i film del regista americano la “scenografia [si caratterizza] come
destino, dove tutti i percorsi sono predeterminati”21. Perciò il corridoio scenico (cioè
inerente alla scenografia) parrebbe corrispondere anche alla definizione datane dallo
studioso Paolo Cherchi Usai, secondo il quale “il corridoio guida il movimento
dell’uomo”22.
18
In realtà, osservando il film, ci si accorge che il tragitto che il ministro compie attraverso il corridoio
Glory
21
Sandro Bernardi, op. cit., p. 165. Della stessa idea è Charles Tesson che nell’articolo, Seul contre lui, in
AA.VV., Kubrick, l’homme du contrôle absolu, in Cahiers du Cinema, Avril 1999, n° 534, p. 23, sostiene
analizza la figura del corridoio in The Shining per poi ampliare tale discorso a tutto il cinema kubrickiano.
145
all’indietro, cioè il nostro corridoio fotografico, va sottolineato come esso sembri creare
In altri termini attraverso il movimento dei “travellings avant [et] arrière (…) qui tracent
inghiottitoio, di realtà che risucchia materialmente i protagonisti senza mai dar loro la
paraocchi, una vera e propria forzatura dello sguardo, dal momento che lo spettatore sa
che non ci saranno stacchi né spostamenti laterali e che l’inquadratura (che può
sempre e soltanto frontale. Quindi non potremo [noi spettatori ma anche il personaggio
23
R. Eugeni, Invito…, cit., p. 134
24
Giuliani, op. cit., p. 88
25
Gian Piero Brunetta, Stanley Kubrick: Odissea…, cit., p. 21
26
Christian Metz, L’énonciation impersonnelle, ou le site du film, Klincksieck, Paris 1991, tr. it.
L’enunciazione impersonale o il luogo del film, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1995, p. 148. In
particolare Metz si rifà a Marc Vernet, Figures de l’Absence, Éditions de l’Étoile, Paris 1988, pp. 42 sgg.
146
In conclusione, per tornare al cinema di Kubrick, sia il corridoio scenico che quello
eventi”28.
Nella nostra analisi del corridoio fotografico restano infine da chiarire gli zoom in
avanti o all’indietro.
Innanzitutto va precisato che gli zoom sono propriamente dei carrelli ottici29, si ha cioè
In secondo luogo andrebbe posta una differenza tra i carrelli (normali o ottici che siano)
27
A questo riguardo pare interessante riportare una riflessione di Gian Piero Brunetta, Stanley Kubrick:
Odissea…, cit., p. 21, secondo il quale “ossessione claustrofobica e ricerca del punto di fuga sono i
tra zoom e carrello, è interessante notare ad esempio come anche Sandro Bernardi, op. cit., p. 199, si
confonda definendo “l’inquadratura finale [di Shining] (…) uno zoom lentissimo verso una fotografia”,
quando in realtà si tratta di “un carrello in avanti” (Eugeni, Invito…, p. 97). Inoltre, a riprova di ciò, lo
stesso John Alcott, direttore della fotografia del film, ha dichiarato che “l’obiettivo da 18mm è stato
spesso usato in Shining. [In questo film] abbiamo utilizzato tutta la gamma degli obiettivi Zeiss, dal 18
mm all’85mm. Invece non abbiamo mai usato lo zoom” (Michel Ciment, Kubrick, Calmann-Lévy, Paris
ambiente.
Eugeni, secondo il quale “l’elemento espressivo interessante (…) è dato dall’uso che
Kubrick fa dei campi lunghi e lunghissimi, che isolano i soggetti in uno spazio ampio e
Spartacus, Danny e la madre Wendy visti dall’alto all’interno del labirinto di Shining, i
soldati nel campo di addestramento in Full Metal Jacket. Si tratta quasi di uno sguardo
da entomologo alle prese con insetti o elementi monomolecolari, osservati con distacco,
dall’alto o al microscopio. Oppure dello sguardo del giocatore di scacchi sui suoi pezzi:
all’indietro, che parte da un primo piano del personaggio per poi isolarlo lentamente
dall’occhio di Alex fino a un piano totale del Korova Milk Bar. Si osservi la differenza
rispetto al carrello all’indietro (…) a proposito dello spazio risucchiante: in quel caso il
alla sua immobilità. Ugualmente esemplari i numerosi carrelli all’indietro ottici (…) in
Barry Lyndon”35.
32
Gian Piero Brunetta, Stanley Kubrick: Odissea…, cit., p. 21
33
Eugeni, Invito…, cit., p. 136
34
Secondo Sandro Bernardi, op. cit., p. 38, “Lo zoom oppure il carrello all’indietro (…) è la costante
Da questa lunga riflessione sembrerebbe derivare che attraverso questo tipo particolare
abbiamo mostrato in precedenza come anche ogni tipo di carrello o zoom sembrerebbe
senso di meccanica ineluttabilità dello svolgersi degli eventi”36, di cui parla Eugeni, in
cui i personaggi non hanno “la sensazione di prevedere quale possa essere il punto di
Quindi il corridoio fotografico sia del primo tipo, che trasforma i personaggi in pedine
di una scacchiera38 che li contiene, sia del secondo, che crea uno spazio in cui gli eventi
sembrano già scritti per i personaggi e che li rende ugualmente pedine, risulterebbe
da Ruggero Eugeni, secondo il quale “i personaggi [di Kubrick] (…) hanno l’illusione
di dominare visivamente42 una porzione conchiusa di realtà, [ma] non si rendono conto
che essi stessi sono mossi, che la loro stessa realtà è, come in un gioco sinistro di scatole
36
Ivi, p. 47
37
Gian Piero Brunetta, Stanley Kubrick: Odissea…, cit., p. 21
38
Per questa definizione si rimanda anche al sottoparagrafo successivo
39
Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto…, cit., p. 276
40
Sergio Toffetti, op. cit., p. 57
41
Sandro Bernardi, op. cit., p. 165
42
Cfr. R. Eugeni, Invito…, cit., p. 121, dove appunto afferma che “la prospettiva esprimerebbe proprio
agitarsi, all’interno di schemi e situazioni già definite, già disegnate. Tutti i personaggi
Per questa ragione “il mondo [kubrickiano] appare così un teatro di ombre, il frutto di
43
R. Eugeni, Invito…, cit., p. 99. A questo riguardo è interessante la definizione che Kent Jones,
nell’articolo Un conteur métaphysique, in AA.VV., Kubrick, l’homme du contrôle absolu, cit., p. 26, dà
dei film di Kubrick, considerandoli “des planètes enchâssées dans des globes de cristal et exposées à la
contemplation d’une entité céleste qui les étudie avec un terrifiant détachement”.
44
Primo Giroldini, L’occhio e il cervello. Il cerchio e il labirinto, in Primo Giroldini (a cura di), A
I
Nel loro angolo grave, i giocatori
governano i lenti pezzi. La scacchiera
li trattiene fino all’alba nel suo severo
ambito in cui si odiano due colori.
II
Tenue re, sghembo alfiere, accanita
regina, torre diritta e pedone scaltro
sopra il nero e il bianco del sentiero
cercano e combattono il loro scontro armato.
46
Jorge Luis Borges, Obra poética, Emecé Editores, Buenos Aires 1977, tr. it. Poesie (1923-1976), Bur,
Il poeta argentino, sotto la velata metafora della scacchiera, parrebbe sostenere che
“l’uomo è pedina di un gioco le cui regole e le cui mosse non dipendono da lui: in
Senza voler approfondire il pensiero di Borges, dato che non è questo l’obiettivo della
nostra ricerca, ci sembra comunque interessante notare come gli stessi concetti da noi
espressi nelle pagine precedenti sul valore dei personaggi kubrickiani trovino il loro
corrispettivo poetico nel significato assunto dagli scacchi borghesiani: né gli uni né gli
altri hanno alcuna libertà di scelta ed inoltre sono ignari della loro condizione.
Infatti, come si è cercato di evidenziare nel sottoparagrafo IV.2.1, l’immagine dei pezzi
presente nell’opera di Stanley Kubrick attraverso l’impiego visivo del corridoio (sia
scenico che fotografico). In tal modo, infatti, si manifesterebbe la creazione da parte del
regista newyorchese di uno spazio che “è una scacchiera entro cui far muovere (…) i
liberamente sul proprio destino, che si è vista essere la caratteristica dei personaggi
kubrickiani a livello narrativo49, troverebbe la sua conferma anche a livello visivo dove
47
Roberto Paoli, commento in nota alla poesia in Ivi, p. 101. Va in ogni caso rilevato che ci si serve di
questa poesia solo per dare sostegno alla tematica della mancanza del libero arbitrio e, di conseguenza,
non si ha interesse ad approfondire l’idea borghesiana di un Dio che muove l’uomo, ma al tempo stesso è
Giorgio Cremonini, in Stanley Kubrick. Shining, cit., p. 57, dove sostiene che “il cagnolino all’aeroporto
di The Killing e il cavallo imbizzarrito di Barry Lyndon sono gli esempi più trasparenti di questa
attivazione casuale di un destino pre-scritto, di quella logica dell’ineluttabilità che è stata propria del noir
negli anni ’40 e ’50 e che Kubrick continua a fare sua: non finge nemmeno per un momento che i suoi
152
“sia che si tratti delle trincee di Paths of Glory, sia che si tratti del viaggio di Alex dal
bar Korova alla casa in cui vive o alla casa di campagna [A Clockwork Orange], sia che
succedono uno dopo l’altro aumentando il senso dell’attesa e dell’incubo, lo spazio non
interdividuali paritetici e normalizzati. I personaggi sono imprigionati nei loro spazi, nei
loro ruoli; lo spazio è anche, prevedibilmente una scacchiera nella quale le regole del
scadenza”50.
grande di loro, posti all’interno di uno spazio concepito dal regista americano come un
personaggi vivano di una loro libertà di scelta, ma li costringe all’interno di una gabbia che non lascia
scampo”
50
Gian Piero Brunetta, Stanley Kubrick: Odissea nel cinema, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley
Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, cit., p. 10, affermi che “labirinto e scacchiera (…) sono forme per
eccellenza del cinema di Kubrick”. Inoltre cfr., nello stesso volume, Michel Ciment, Lo spazio e il
scacchiera53, dalle riflessioni di Gian Piero Brunetta (lo spazio come una scacchiera, ma
anche come labirinto) si desume che sembrerebbe sussistere anche un legame tra il
corridoio e il labirinto54, dato che, secondo Eugeni, “il corridoio privo di decorazioni
individuanti, uniforme, diviene (…) una parte di labirinto: anzi è esso stesso
labirinto”55.
Kubrick, quindi, attraverso la figura stessa del corridoio, darebbe forma e sostanza
all’utopia dello scrittore argentino Jorge Luis Borges di “un labirinto (…) che è una
linea unica retta, incessante”56. Infatti “il corridoio guida il movimento dell’uomo, ma
non stabilisce una relazione univoca con lo spazio che assume perciò forme
incontrollabili, dalle quali sono assenti i punti di riferimento necessari all’individuo per
orientarsi”57.
corridoio kubrickiano uniforme, labirintico58, dal momento che “il labirinto è la forma
53
Lo si è visto nel precedente sottoparagrafo dove si è cercato di evidenziare come la presenza del
corridoio, scenico o fotografico, sembri implicare per i personaggi la condizione di pezzi di una
vaste des fictions kubrickiennes, (…) elle domine l’œvre entière”. Inoltre si ricorda come emblematico il
titolo del seminario tenuto a Milano presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore il 18 novembre 1997 e
coordinato dal professor Ruggero Eugeni, A gaze on the maze. Le forme del visibile nel cinema di Stanley
Kubrick.
55
Eugeni, Invito…, cit., p. 131
56
Ibidem. La citazione è tratta da Jorge Luis Borges, La morte e la bussola, in Finzioni, Einaudi, Torino
1982, p. 131
57
Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto…, cit., p. 276
58
Eugeni, Invito…, p. 131. E’ da evidenziare a questo riguardo una riflessione di Primo Giroldini,
L’occhio e…, cit., p. 37, dove afferma che “nel cinema di Kubrick il labirinto è una costante, dapprima in
154
sensibile che esprime la perdita di controllo59 del soggetto sul tempo e sullo spazio: il
Inoltre un aspetto dei “labirinti spaziali e temporali in cui i personaggi di Kubrick sono
presi [è che] da essi non si può uscire. (…) Il tratto saliente del labirinto è (…) la
impossibilitati a uscire dal labirinto in orizzontale, muovendosi per così dire in avanti,
forme accennate: i lunghi corridoi delle trincee in Paths of Glory, il tunnel di luce in 2001, la sala della
guerra in Dr. Strangelove (…). Poi in forme più definite: il dedalo delle camerate di Parris Island in Full
Metal Jacket o il dedalo della città distrutta dalla guerra nello stesso film. (…). L’Hotel [di Shining] è un
labirinto, saloni uguali l’uno all’altro, lunghi corridoi con una moquette che riporta disegni geometrici che
rimandano ai percorsi (ancora) di un labirinto”. Anche Pierre Giuliani, op. cit., pp. 42-3, rileva tale
rapporto: “Le labyrinthe trace son chemin entre le cercle et la droite, le contour «objectif» du monde et la
claustrophobie, dans les tranchées (Paths of Glory), les souterrains où Molly Malone et un clochard
d’Irlande, quelque peu céleste donc, se font à moitié lyncher (A Clockwork Orange). Le labyrinthe est
tunnel, associé aux formes les plus douloureuses et les plus angoissantes de l’enfermement (Shining). Il
est errance sans rime ni raisons (Barry Lyndon). Le film lui-même est tunnel de lumière (2001)”
59
Interessante notare che proprio Eugeni, in Invito…, cit., p. 120, afferma come l’aspetto centrale della
ragione occidentale messo in crisi nel cinema di Kubrick, sia proprio il principio di controllo.
60
Eugeni, Invito…, cit., p. 130
61
Ivi, p. 135. Inoltre sulla tematica del labirinto cfr. Thierry Cazals, L’homme labyrinte, in Cahiers du
Tali proprietà parrebbero quindi inerenti anche al corridoio kubrickiano che, come
sostiene Eugeni, “è esso stesso labirinto”62, ed è perciò uno spazio che i personaggi non
possono controllare, ma nel quale sono invece costretti secondo direttrici obbligate.
senso che “in ogni corridoio (e nel labirinto, un corridoio che non porta a nulla se non
corre (…) in un corridoio per tenersi in forma fisica, corre in linea retta e il corridoio
non finisce, benché sia dentro lo spazio limitato dell’astronave, sta percorrendo un
62
Ivi, p. 131. In un certo qual modo si potrebbe forse accostare il labirinto kubrickiano al labirinto
«unicursale» di cui parla Umberto Eco, Introduzione a Paolo Santarcangeli, Il libro dei labirinti. Storia di
un mito e di un simbolo, Frassinelli, Milano 1984, p. IX, “A vederlo dall’alto sembra un intrico
indescrivibile e a percorrerlo si è presi dall’angoscia di non poterne mai più uscire, ma in effetti il suo
percorso è generabile con un algoritmo molto semplice, perché esso altro non è che un gomitolo a due
capi, e chi vi entra da una parte non potrà che uscire dall’altra. Questo è il labirinto classico che non
avrebbe bisogno di filo d’Arianna perché è esso stesso il filo d’Arianna di se stesso. (…) Il problema
posto da questo labirinto non è «da quale parte uscirò?» bensì «uscirò», ovvero «uscirò vivo?». Questo
labirinto è immagine di un cosmo difficile da vivere, ma tutto sommato ordinato (c’è una mente [gli
sostenuto da Sergio Toffetti, op. cit., p. 59, per il quale “la corsa di Frank Pool nei corridoi del Discovery
156
Nel primo capitolo abbiamo notato come, a livello narrativo, il cinema di Kubrick
parrebbe proporre due tematiche fondamentali: da una parte l’illusione dei personaggi di
poter controllare il proprio destino, e dall’altra l’incapacità ad attuare tale controllo dal
momento che gli eventi seguono un altro percorso rispetto a quello stabilito dai
personaggi stessi.
Per quanto riguarda il livello visivo, i film di Kubrick, come si è cercato di mostrare nel
secondo e nel terzo capitolo, sembrerebbero presentare una “costruzione razionale dello
L’uso della prospettiva, come si è tentato di provare nel secondo capitolo, sembrerebbe
implicare un’idea di libertà, di capacità di controllo sullo spazio, sul mondo e, in ultimo,
anche sul destino67. Inoltre, nel paragrafo IV.1, si è cercato di mostrare come la
occidentale ha inteso instaurare un controllo sul mondo, [nel senso che] il modello
può essere presa ad esempio definitivo della struttura circolare di questo itinerario (personaggio –
Michel Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio Mondadori – la Biennale di Venezia, Milano 1997,
p. VIII, sostiene che “il frequente ricorso alla carrellata all’indietro o, al contrario, al piano fisso e alla
spaziale della prospettiva esprime proprio una volontà e una fiducia di dominio, di
centralizzazione e di geometrizzazione”68.
comporterebbe una costrizione, nel senso che chi si trova al suo interno sarebbe
costretto, per uscirne, a percorrere un’unica strada. Infatti, come ha affermato Sergio
Toffetti, “nel cinema di Kubrick (…) il viaggio assume spesso la connotazione speciale
corridoio indica assai spesso (…) il percorso obbligato da attraversare per uscire da una
situazione di crisi ma, come negli incubi, anche nei casi in cui questo percorso appare
resta prigioniero nella trincea così come lo è delle decisioni dell’alto comando,
Mandrake [Dr. Strangelove] non sbuca da nessuna parte proprio perché l’assurda
strategia del terrore è un vicolo senza uscita, Davy [Killer’s Kiss] non si libera del
Tornando alla tematica del pensiero occidentale, affrontato poco sopra, Eugeni sostiene
che la filmografia del regista americano esprimerebbe la metafora visiva della crisi
68
Ruggero Eugeni, Invito…, pp. 120-1
69
Sergio Toffetti, op. cit., pp. 57-8
70
Cfr. Eugeni, Invito…, p. 118. Su questo punto si rimanda anche a Sandro Bernardi, op. cit., p. 36, dove
lui afferma che nella filmografia kubrickiana esistono due tipi di rappresentazione dello spazio, quella
statica e quella in movimento: “mentre la rappresentazione del primo tipo, quella prospettica, genera uno
spazio, la rappresentazione del secondo tipo, quella mobile, distrugge lo spazio che la prima aveva
prodotto”. Inoltre anche Michel Ciment, Kubrick, Calmann-Lévy, Paris 1980, tr. it. Kubrick, Milano
Libri, Milano 1981, p. 113, ritiene che “ciò che domina visivamente i film di Kubrick è (…) la rottura di
158
spazio della rappresentazione, o meglio, “la crisi del controllo razionale esercitato dal
soggetto”73.
norme della prospettiva rinascimentale darebbe forma visiva alla volontà e alla fiducia
da parte dei personaggi kubrickiani di poter controllare gli eventi della propria storia74.
Quindi “l’aspetto centrale [della ragione occidentale] messo in crisi [nel cinema di
un ordine con la violenza (…). Inquadrature armoniose, simmetriche, definite con rigore, vengono
improvvisamente sconvolte, squilibrate dai movimenti della macchina da presa tenuta in mano”. Infine è
da segnalare anche quanto sostenuto da Giorgio Cremonini in Stanley Kubrick. L’arancia meccanica, cit.,
p. 59, secondo il quale (relativamente al film A Clockwork Orange, ma riflessione ampliabile, come si è
visto poco sopra, a tutto il cinema di Stanley Kubrick) è netta “la rottura della geometria e simmetria delle
inquadrature (del loro frontale e statico ordine plastico), attuata dall’intrusione improvvisa del movimento
frontale, prospettica, teatrale (…) rivela il potere, proprio della macchina cinematografica, di costruire
Seguendo questa linea di analisi, il nostro lavoro si pone come obiettivo di mostrare
(analizzando nel prossimo sottoparagrafo alcune scene delle opere del regista
crisi del principio di controllo, verrebbe evidenziata da Kubrick oltre che con l’impiego
fotografici. Nel senso che, come si è cercato di chiarire nei due sottoparagrafi
77
Eugeni in Ivi, p. 121 la definisce come un “modello di controllo”. Anche Richard Sennett, op. cit., p.
171, sostiene che, nel Quattrocento, la prospettiva era concepita come “una forma di dominio possessivo”
sullo spazio. In sostanza, p. 172, era presente l’idea che “l’oggetto fosse posseduto attraverso la
prospettiva”.
78
A questo riguardo, ad esempio, Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto, cit., p. 276, sostiene che nel
cinema di Kubrick “il corridoio guida il movimento” e Paolo Lughi, Stanley Kubrick: il prossimamente
come profezia, in Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley Kubrick, cit., p. 263, afferma che “il corridoio
(…) rappresenta da sempre nel cinema di Kubrick il simbolo di un tragitto obbligato verso un futuro
indefinito”.
79
Eugeni, Invito…, cit., p. 24. A questo riguardo cfr. anche R. Lasagna e S. Zumbo, op. cit., p. 184, dove
(analizzando Barry Lyndon) si sostiene che “le ricorrenti prospettive simmetriche (…) sono il correlativo
visivo della rigorizzazione delle pulsioni”. Sul lemma correlato oggettivo o correlativo oggettivo, pare
interessante la spiegazione che viene fornita in AA.VV., Dizionario Enciclopedico Universale, Sansoni e
Corriere della Sera, Milano 1995, vol. I, p. 420, dove il termine correlato viene definito come il participio
passato (e aggettivo) del verbo correlare che significa mettere in correlazione. D’altronde l’aggettivo
correlativo definisce qualcosa “che ha corrispondenza reciproca” ed inoltre “si dice di parole (…) che
160
Giunti a questo punto della nostra ricerca parrebbe essenziale affrontare direttamente la
filmografia kubrickiana, tentando cioè, per ogni opera del regista americano, di capire in
che momento del plot Kubrick faccia ricorso ad una strutturazione dello spazio “il cui
primo riferimento è la rigida griglia della prospettiva centrale”80 e dove, invece, crei uno
In poche parole, attraverso alcuni esempi, ci si pone come obiettivo quello di mostrare
conoscono le intenzioni87.
Del resto “tutto il cinema di Kubrick può essere riletto attraverso una serie di esempi in
servono a indicare una correlazione tra due membri di una frase”. Infine il lemma correlazione è spiegato
caso particolare di corridoio e sempre riconducibile all’immagine dei pezzi di una scacchiera
84
Paolo Lughi, Stanley Kubrick: il prossimamente…, cit., p. 263
85
Sandro Bernardi, op. cit., p. 165
86
Eugeni, Invito…, cit., p. 136
87
Ivi, p. 126. A questo proposito sempre Eugeni, Ivi, p. 123, afferma che “per quanto concerne l’agire
cognitivo emerge dai film di Kubrick l’incapacità di comprendere esattamente quanto sta accadendo: i
quella tensione verso la super-potenza in cui spesso l’Uomo stesso è sorpreso a credere
incarnare una perfezione assoluta”88. Infatti “è costante, nel regista americano, la ricerca
ostinata della contraddizione, dello scontro, del confronto tra due termini opposti, uno
dei quali è l’essere umano, e l’altro è tutto ciò che lo ostacola, lo condiziona, lo
avvilisce”89.
Per i motivi esposti nel primo capitolo di questo saggio90, il film Killer’s Kiss (1955)
non solo personaggi reali nel mondo finzionale che il film costruisce, ma anche,
inconsapevole”93. Quindi, alla pari degli altri personaggi kubrickiani parrebbero “ridotti
Inoltre, la sequenza che meriterebbe più attenzione sembrerebbe quella in cui il boxeur
Davy, dopo aver perso l’incontro di pugilato, ha un incubo in cui “si lancia (…) in una
corsa sfrenata lungo le strade di New York”95. Infatti si tratta di una scena “che anticipa
88
Mosca Umberto, Finché c’è corpo c’è speranza, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium – Settore
cit., p. 57
90
Cfr. il sottoparagrafo I.3.1 di questa ricerca
91
Eugeni, Invito…, cit., p. 28
92
Ivi, p. 29
93
Ibidem
94
Ivi, p. 121
95
Sergio Toffetti, op. cit., p. 57
162
i vari «corridoi» dei film di Kubrick e che ricorda esplicitamente quello di David
Bowman (…) nella parte finale di 2001: A Space Odyssey”96 ed è considerata da Ghezzi
uno dei primi segni “della futura tendenza all’effetto tunnel”97. In poche parole si tratta
sviluppato in negativo. Risulta interessante notare che l’idea del corridoio come
Davy, nel momento in cui si sveglia dall’incubo, sente le grida di Gloria che,
nell’abitazione della ragazza e da quel momento in poi i loro destini saranno uniti.
Infine, l’ultima considerazione concerne il possibile parallelo visivo che si crea tra le
strade attraversate da Davy durante l’incubo e le “immagini molto simili [che] sono
viste dal personaggio nella seconda parte del film, quando percorre le strade di Rapallo
vu”100.
In questo film “le inquadrature (…) scorporano il rigore simmetrico dei movimenti di
96
Eugeni, Invito…, cit., p. 27. Della stessa opinione, tra gli altri, Kagan, op. cit., p. 165; Lasagna e
Zumbo, op. cit., p. 121; Guido Fink, Senso antiorario, ovvero le due immortalità di Lolita, in Brunetta
nota “la preponderanza di inquadrature fisse, teatrali, arginate da solide pareti che
circoscrivono spazi in cui tutto è dato immediatamente”102, ma allo stesso tempo “tutto
rientra nel gioco che contiene tutte le passioni ma si manifesta nella obbligata rigidità
delle traiettorie103. E ogni gioco ha le sue traiettorie, diverse ma obbligate, (…) ha i suoi
sequenza in cui tutti gli uomini della banda si ritrovano attorno ad un tavolo per chiarire
nei minimi dettagli i vari aspetti della rapina; oppure quella in cui Johnny, l’ideatore
dell’intero piano, si trova nella camera del motel per nascondervi il fucile che servirà
durante il colpo; od anche la scena dove Johnny, all’aeroporto, sta acquistando i biglietti
d’aereo per garantirsi la fuga subito dopo il furto. Inoltre lo spazio prospettico è
presente quando Sherry (la moglie di George) e Val, il suo amante, si mettono
d’accordo per impadronirsi del bottino dopo la rapina. Questi due personaggi sono al di
102
Alessandro Pirolini, Il senso dello stile, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium – Settore università
Paravia, cit., p. 24
103
A questo proposito Lughi, Il prossimamente…, cit., p. 262, ha affermato che in The Killing “si può
notare come (…) i materiali di Kubrick si facciano strada in maniera autonoma, ad esempio con le
immagini di corse e fughe angoscianti verso una meta obbligata ma non voluta, che ritroveremo
successivamente in Kubrick”
104
Ghezzi, op. cit., p. 41. Ampliando poi il suo discorso all’intera filmografia kubrickiana Ghezzi sostiene
inoltre che “potrà essere difficile trovare il nascosto itinerario complessivo dell’opera kubrickiana, ma il
movimento interno dei singoli film è sempre rintracciabile e definito, come l’esattezza dei suoi movimenti
fuori della banda, ma come gli altri soggetti del film “si illudono di padroneggiare lo
organizzati”105. Si tratta, però, solo di un’illusione dato che “il regista è affascinato dal
Tale rovina prende corpo narrativo nella seconda parte del film, dove si nota una
l’appartamento del motel per recuperare il fucile e poi entra nella stazione degli autobus
Anche Mike, il barista con la moglie malata, è ripreso in carrello a precedere quando va
a prendere il fucile nella stazione degli autobus, ed attraversa inoltre un breve corridoio
Inoltre, dopo il buon esito del colpo (che, come si è detto, è ripreso essenzialmente
centrale), si può osservare la sequenza in cui in cui Mike, George, Martin e Randy
pretendendo i soldi della rapina. In quel momento George torna e, scoprendo che sua
moglie Sherry lo ha tradito con Val, scatena una carneficina. Di conseguenza la gelosia
105
Eugeni, Invito…, cit., p. 33
106
Ibidem. Sempre Eugeni, Ibidem, ha affermato che “in lui [Kubrick] c’è solo distacco, e i suoi
malviventi non giungono a essere né eroi né dannati di una moderna epica urbana. Ritroviamo dunque a
questo proposito un’idea già emersa nei film precedenti [Fear and Desire e Killer’s Kiss, da noi non
analizzati] riguardante la condizione umana in generale: l’idea che i soggetti siano mossi da forze
(…) guidano gli accadimenti e danno forma alle esistenze dei personaggi cui pare
preclusa ogni possibilità di autodeterminazione. Nessuno, alla fine, avrà realizzato ciò
che perseguiva, e tutti finiranno male. A ciò rimanda pure il senso di chiusura e di
nell’avampiano”108.
all’aeroporto, dopo che a Johnny è stato impedito di portare con sé la valigia piena di
soldi, questa viene posta su un nastro trasportatore per essere poi caricata sull’aereo. In
questo caso il nastro trasportatore è ripreso come se fosse un corridoio scenico percorso
il carrello dei bagagli, che si sta dirigendo verso l’aeroplano, viene fatto sbandare da
“Fifì, il cagnolino che è mosso da una forza incomprensibile e fugge dalle braccia della
Quindi, “i particolari che mettono in crisi quei meccanismi”111 perfetti con i quali, come
si è visto prima, i personaggi si illudono di padroneggiare gli eventi, non sono “dovuti a
errori dei personaggi, ma a puri capricci del destino”112. Destino che “è da intendersi
107
A questo riguardo si ricorda ad esempio che il personaggio di Mike ha notevoli problemi economici a
causa della malattia della moglie. E’ degno di nota il fatto che, all’inizio del plot, il suo movimento verso
la finestra dopo che ha accudito la moglie malata sia ripreso da un carrello a seguire (quindi un corridoio
fotografico).
108
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 79
109
Nel prosieguo di questa ricerca, si vedrà come tale peculiarità sia quasi una costante kubrickiana.
110
Eugeni, Invito…, cit., p. 33
111
Ibidem
112
Ibidem
166
non soltanto come «destino» sociale, o psicologico, ma anche, alla lettera, come fatalità,
A questo punto Johnny, rendendosi conto che contro tali forze non può nulla, risponde
alla sua ragazza che lo incita a scappare con una battuta fondamentale: “A che vale
ormai”114.
analizzati115.
113
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 81
114
Relativamente a questa affermazione ed al significato di percorso obbligato assunto dal corridoio
kubrickiano, parrebbe ricco di suggestioni un parallelo tra quanto affermato da Johnny e la conclusione
del racconto di Friedrich Dürrenmatt, Der Tunnel, Diogenes Verlag AG, Zürich 1985, tr. it. Friedrich
Dürrenmatt, Il Tunnel, in Racconti, Feltrinelli 1997, pp. 90-98. In questo racconto si narra di uno studente
che viaggia con il solito treno verso Zurigo, per andare all’università. Poco dopo la partenza si accorge
che il treno è entrato in una galleria senza uscita. Il giovane, dovendo respingere come non plausibili tutte
le sue considerazioni e i tentativi di spiegazione degli altri viaggiatori e del personale ferroviario, accetta,
senza panico ma anche senza rassegnazione, che il treno stia viaggiando in una voragine senza fondo. Il
finale è, a questo riguardo, emblematico “Cosa possiamo fare?, gridò il capotreno ancora una volta, e il
ventiquattrenne, senza distogliere lo sguardo dallo spettacolo, e mentre a causa della tremenda corrente
d’aria volavano nell’imbuto [cfr. l’inghiottitoio e lo spazio risucchiante di cui parlano Eugeni e Brunetta a
proposito del corridoio kubrickiano] su di lui i batuffoli d’ovatta, rispose con una spettrale serenità:
Paths of Glory, anche se sopravvive questo modo di guardare [la visione frontale], si afferma, in maniera
decisa, una visione in profondità, costruita secondo un procedimento di avanzamento o arretramento della
macchina da presa. In ogni caso tutte le regole prospettiche sono rispettate e le linee partono e
convergono in un punto”
167
generale Broulard nel castello settecentesco, e precisamente: nella prima scena del film,
Formicaio; quando Broulard e Mireau, in presenza del colonnello Dax, si accordano sul
numero dei condannati da giustiziare per codardia; ed infine nel momento in cui
Si nota inoltre una visione prospettica anche quando il generale Mireau osserva col
binocolo la battaglia per la conquista del Formicaio e ordina di sparare sui propri
soldati117.
116
Tali riflessioni troverebbero conferma nello studio di Eugeni, Invito…, cit., pp. 48-9, dove il semiotico
ha affermato che “la costruzione spaziale accompagna e appoggia (…) alcuni assunti tematici e
drammatici della vicenda. C’è però anche un altro modo in base al quale la scrittura kubrickiana
accompagna gli assunti tematici del film. Occorre, infatti, sottolineare la ricerca quasi ossessiva nel film
inquadratura: i colloqui tra Dax, Mireau e Broulard si concludono con Dax al centro e i due al fianco. (…)
Infine, simmetrie e regolarità sono presenti anche tra sequenze differenti e, per così dire «a distanza» nel
corpo del film. Per esempio i due colloqui tra Dax, Mireau e Broulard (quello in cui Dax cerca di
dissuadere Mireau dalla fucilazione, che si conclude con una sconfitta del colonnello, e quello in cui
Broulard informa Mireau della futura inchiesta su di lui, che sembra implicare una vittoria di Dax)
vengono ripresi con le stesse inquadrature (Mireau da solo, Dax e Broulard assieme) ma modificando
specularmente le posizioni dei generali e dunque l’angolazione delle inquadrature. Simmetrie, regolarità,
ripetizioni. La scrittura di Kubrick mette in luce il potere del cinema di regolarizzare lo spazio di
rinchiuderlo in una struttura forte e definita. (…) Una struttura dello sguardo capace di inquadrare e dar
forma ai dati percettivi a partire da un pattern rigidamente prefissato. E’ una struttura regolare e
simmetrica, il cui primo riferimento è la rigida griglia della prospettiva centrale postrinascimentale”.
117
Ghezzi, op. cit., p. 54, afferma che “questa guerra «separata» [civili e militari], diventa così immagine
perversa, affascinante e odiosa, della vita, di una vita certo separata e in cui i margini di gioco sono
168
Comunque se la prospettiva appare inerente agli ufficiali, il «corridoio», sia scenico che
fotografico, sembra riferirsi ai soldati che combattono in trincea. Infatti “les rapports de
domination, les rapports de classe sont montrés dans des réseaux de surfaces, de plans,
frontière. Juxtapositions que Kubrick rend d’autant plus sensibles que l’opposition
In sostanza, come afferma Maurizio Schiaretti, sono palesi “le distanze tra coloro che la
guerra la fabbricano, vale a dire gli ufficiali, e quelli che invece la devono fare, cioè
subire, vale a dire la truppa: in Paths of Glory questo è chiarissimo: i primi vivono nel
Le trincee120, “ces couloirs de mort [qui] joignent l’image (…) de «l’effet-tunnel»” 121,
vengono, ad esempio, attraversate dal soldato Lejeune e dal capitano Paris quando si
dirigono dal tenente Roget. Pare interessante notare che Lejeune morirà durante la
perlustrazione notturna nella terra di nessuno tra le trincee francesi e quelle tedesche e
Paris sarà uno dei tre soldati che verranno giustiziati alla fine del film.
inferiori a quelli sperati, in cui alcuni guardano altri uomini nel freddo spettacolo del binocolo (Mireau
p. 34
120
Andrea Martini, Logica e sacrificio, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, cit., pp. 153-4 “I
carrelli, figura privilegiata di gran parte del film – quelli delle trincee largamente notati, che evidenziano
il percorso labirintico (…) – iscrivono nello spazio e diffondono in tutta la sua complessità l’apparato
militare”
121
Giuliani, op. cit., p. 33
169
Oltre a loro due anche il colonnello Dax passa attraverso questi corridoi scenici (le
inquadrature è piuttosto lunga, quasi dei piani sequenza; la luce è cinerea, spesso
(nell’incedere di Dax) 123 fumo e nebbia impediscono una visuale completa. Ne deriva
meccanica ineluttabilità dello svolgersi degli eventi”124. A questo punto non parrebbe
superflua la notazione che Dax non riuscirà a salvare dalla fucilazione i tre condannati.
Comunque i corridoi (le trincee) vengono percorsi non solo dai soldati e da Dax ma
all’avanzare del generale “mentre passa in rassegna i soldati fermandosi di tanto in tanto
122
Paolo Lughi, Il prossimamente…, cit., p. 262, “il colonnello Dax (…) ispeziona le truppe avanzando in
trincea e infatti (…) il tema figurativo del corridoio si ripeterà ossessivamente nel cinema di Kubrick”.
123
Sergio Toffetti, op. cit., p. 57, “Il colonnello Dax avanza attraverso il budello dei trinceramenti, il suo
corpo (e la cinepresa insieme a lui), si fa largo a fatica (…) dentro uno spazio così aderente”.
124
Eugeni, Invito…, cit., p. 47
125
Su questo punto sempre Eugeni, Ibidem, ha affermato, studiando lo spazio delle trincee che “esse sono
riprese con carrelli all’indietro o in avanti, ad altezza d’uomo, che seguono gli spostamenti forzatamente
lineari dei soggetti (Mireau e Dax) o indicano in soggettiva il procedere di Dax (nella sottosequenza che
orbita] è quello seguito dal lungo e ininterrotto carrello indietro che segue la visita di Mireau alla trincea.
(…) Con evidenza fisica quasi esagerata, il movimento integra la trincea in un’unica prospettiva, in una
situazione quasi simbolica di monotonia cunicolare da talpe; ponendo inoltre il generale come centro
costante dell’inquadratura, mentre i soldati gli «scorrono» ai lati. Puntuale, nella seconda parte del film lo
stesso movimento indietro viene ripetuto sul vialone davanti al Commando. La situazione è esattamente
ribaltata, la m.d.p. segue ora (anticipandoli nel percorso) i tre condannati che si avvicinano al luogo
dell’esecuzione”.
170
con qualcuno fino a trovarne uno sconvolto per l’esplosione di una granata contro cui
un’inchiesta.
Oltre ai «corridoi» creati dallo spazio delle trincee, se ne possono rilevare altri, tra i
quali sembrerebbe avere un certo rilievo quello creato dal “carrello finale nel piazzale
della fucilazione (…) dove la m.d.p. passa tra le file di soldati schierati, che con la loro
coreografia monotona, solenne maestosa”128. Si tratta della sequenza in cui “in uno
sequenza la macchina mostra, mediante una serie di campi (i condannati già legati ai
pali del patibolo) e controcampi (i soldati pronti a sparare, dall’alto e sullo sfondo del
Per quanto poi riguarda il finale del film si può notare che, come quello di The Killing,
allontana dalla taverna dove i soldati ai suoi ordini stanno cantando assieme alla ragazza
fronte assieme alla sua truppa e che, essendo un militare, non può far altro che obbedire,
dal momento che la “riduzione che l’istituzione militare opera sul sodato, [è quella] di
127
Alessandro Pirolini, Il senso dello stile, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium – Settore università
Paravia, cit., p. 27
128
Sandro Bernardi, op. cit., p. 100
129
Eugeni, Invito…, cit., p. 47
171
Spartacus (1960)
Per quanto riguarda Spartacus, come si è già chiarito nel primo e nel secondo capitolo
di questo lavoro, “Kubrick non poté controllare come suo solito l’intero apparato del
lavorazione, la critica americana è solita non considerare neppure il film tra quelli di
Kubrick, questa tendenza viene peraltro incoraggiata dallo stesso regista che in alcuni
interventi ha rigettato una piena paternità dell’opera. A tale opinione si oppone la critica
collegano Spartacus al resto della produzione kubrickiana. A nostro avviso la verità sta
nel mezzo: non si può dire che il film sia a tutti gli effetti un film di Kubrick, ma
neppure che esso sia del tutto estraneo alla sua opera”132. Dello stesso avviso del
semiotico Eugeni, siamo dell’idea che Kubrick, pur non dichiarandosi “responsabile del
130
Alessandro Pirolini, Il senso dello stile, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium – Settore università
Paravia, cit., p. 27
131
A proposito di questo argomento pare utile leggere quanto afferma Kubrick: “Kirk Douglas was the
producer; he and Dalton Trumbo, and his production manager Eddy Lewis, who was working for Kirk,
did whatever they wanted with the screenplay and the choise of actors. I think there are good things in
Spartacus, but the subject was crazy. (…) Dalton Trumbo wrote the screenplay and Kirk Douglas said yes
quest’ultimo133.
A questo riguardo pare di un certo rilievo osservare che, per quanto riguarda la parte
Questo stilema visivo si rivela anche durante lo scontro finale tra i romani e gli schiavi
guidati da Spartaco134. In tale sequenza, le cui “prime 55 inquadrature sono tutti piani
ferma, sospesa sul suo oggetto”135, è possibile constatare che l’esercito romano, quando
teatrale e prospettica, che si afferma con insistenza e ricorre per ben undici volte nel
che ha avuto luogo la rivolta nella scuola di gladiatori. Da quel momento in poi,
Spartaco non attraversa più alcun «corridoio». A questo riguardo va rilevato che i
scuola per gladiatori. Ad esempio, dopo la scena in cui Spartaco non ha accettato di
gladiatori. A questo punto si osserva un carrello all’indietro dal luogo dove stanno
133
Jean Loup Bourget, La storia come repertorio di immagini: iconografia e iconologia di Kubrick, in
Gian Piero Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, cit., pp. 60-1
134
La sequenza della battaglia è stata accuratamente studiata da Sandro Bernardi, op. cit., pp. 179-183
135
Bernardi, op. cit., p. 180
136
Ivi, p. 181
173
Anche pochi attimi prima che scoppi la rivolta è presente un «corridoio». Si osserva
infatti una carrellata a precedere il movimento di Spartaco che prende la sua scodella di
cibo ed in quel momento vede Lavinia che, acquistata da Crasso, viene portata via dalla
Infatti l’ultima sequenza, in cui si narra la morte sulla croce di Spartaco e la fuga di
carretto guidato da Lentulo Batiato, sul quale la donna, con in braccio il figlio, si sta
allontanando da Roma.
Lolita (1962)
Infatti “la struttura regolare e simmetrica, il cui primo riferimento è la rigida griglia
nella sequenza in cui gli sorge l’idea di uccidere Charlotte con la pistola del defunto
marito di lei (la pistola in primo piano, Humbert in secondo e Charlotte in terzo, con la
finestra in fondo, sul punto di fuga). Anche l’esilarante scena in cui Humbert è nella
trovano in secondo piano, a sinistra, mentre a destra, sullo stesso piano dei coniugi, il
137
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 79
138
Eugeni, Invito…, cit., p. 49
174
padre del ragazzo che ha ucciso Charlotte e sul punto di fuga la porta aperta del bagno.
Comunque va rilevato che “circuito da se stesso e da quel suo alter ego che è Quilty
(Peter Sellers), Humbert Humbert (James Mason) si trova ad essere spettatore molto più
che attore nella storia della sua vita”139. Ed infatti Quilty, burattinaio della marionetta
Humbert, viene soprattutto ripreso in prospettiva centrale. Per fare alcuni esempi basta
primo quando Humbert e Lolita si trovano sul punto di fuga dell’inquadratura e Quilty è
sulla destra; il secondo in cui si vede Quilty sulla sinistra in primo piano, mentre legge i
fumetti, e Humbert al centro e sulla linea del punto di fuga; infine il terzo ambientato
sulla veranda dell’albergo. Lì si notano Quilty sulla sinistra in primo piano e Humbert a
Per quanto poi riguarda, invece, l’altro aspetto visivo che stiamo studiando,
sembrerebbe evidente che sia Humbert che Lolita, in coppia o singolarmente, si trovano
di frequente dentro uno spazio riconducibile al modello del corridoio. Questo è evidente
Charlotte.
Per quanto riguarda in particolare Humbert si ricordano ad esempio l’inizio della fabula
(e non l’intreccio, come si chiarirà tra poche righe), che consiste in una ripresa in
carrello a seguire la sua automobile che sta percorrendo un viale alberato. Tale sequenza
si situa, narrativamente, nel momento in cui Humbert, appena arrivato in città, sta
cercando un appartamento dove abitare. Oppure dopo poco che si è stabilito in casa di
Charlotte, è riscontrabile una ripresa in zoom all’indietro dal primo piano di Humbert
139
Sandro Bernardi, Il piccolo teatro di Kubrick, ovvero messe in scena nella messa in scena, in AA.VV.,
che, in giardino, sta guardando Lolita; od anche durante la festa scolastica, dove si nota
uno zoom all’indietro da Lolita, che sta ballando con un amico, fino ad Humbert che la
Nei riguardi di Lolita, si riscontra un corridoio nel momento in cui la ragazza è venuta a
sapere che sua madre è morta e al mondo non ha più nessuno, se non il suo patrigno –
precedere il movimento di Lolita che dal suo letto si sposta verso quello di Humbert.
Resta da esaminare il finale che, secondo l’intreccio, è posto all’inizio del film, ma che
ha sostenuto Guido Fink, “l’inizio di Lolita (…) corrisponde al finale della vicenda141
(…); dopo i titoli di testa (…) lo schermo ci mostra un carrello avanti in soggettiva,
percepisce come una vertiginosa fuga all’indietro, com’era già accaduto per il sogno in
negativo di Davy in Killer’s Kiss (1955), e come accadrà per lo sprofondare di David
140
Riguardo a questo nodo narrativo, non pare inutile riportare il dialogo originale, citato in Norman
Kagan, op. cit., p. 93, “Promise me something”, she [Lolita] asks Humbert desperately, still weeping.
“Promise you’ll never leave me… I don’t want to be in one of those horrible places for juvenile
delinquents… I’d rather be with you… You’re a lot better than one of those places”.
141
Guido Fink, Senso antiorario, ovvero le due immortalità di Lolita, in Brunetta Gian Piero (a cura di),
Stanley Kubrick, cit., p. 158, sostiene infatti che “Kubrick (…) non riesce a cominciare il racconto se non
rinviandoci continuamente all’indietro, a qualcosa che è successo prima, e che condiziona l’azione
presente, quella che vediamo, fino al punto di bloccare ogni sviluppo futuro”
142
In sostanza, come afferma Sandro Bernardi, Kubrick e…, cit., p. 154, “L’incipit è segnato da una
spinta potente della macchina da presa, un forte carrello avanti, veloce, nella nebbia”
176
Bowman «verso Giove e oltre l’infinito» in 2001: A Space Odyssey (1968)”143. Questo
Humbert ha scoperto che Lolita, al tempo della loro relazione, l’ha tradito ripetute volte
manovrato a suo piacere. A questo punto “a Humbert non resta che (…) recarsi nella
avvicinamento verso il quadro dietro il quale l’uomo è stato colpito. Questo è l’unico
corridoio peculiare per Quilty e corrisponde al momento in cui “all Quilty’s quick
intelligence and game playing skill fails to save him in the end”145.
Dr. Strangelove, or How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb (1964)
Va precisato innanzitutto che questo è un film sui militari, i quali, come si è visto a
proposito di Paths of Glory, hanno come unica scelta quella di obbedire a degli ordini.
Va aggiunto inoltre che “la messa in scena di questa commedia è divisa in tre luoghi
principali che si alternano lungo tutto il film”146: la War Room, la base di Burpelson e il
bombardiere B52.
cui gli ordini vengono dati. Infatti nella base strategica si trova il generale Ripper che ha
143
Guido Fink, op. cit. , p. 157
144
Eugeni, Invito…, cit., p. 55
145
Norman Kagan, op. cit., p. 108
146
Bernardi, Kubrick e…, cit., p. 186
177
dell’URSS, mentre nella War Room il presidente Muffley con uno stuolo di generali al
Al contrario è proprio sul B52, il luogo dove si obbedisce alle direttive dei superiori,
che si nota una presenza evidente di «corridoi». In particolare “ancora prima del titolo
c’è una ripresa aerea che traccia un lunghissimo carrello in avanti sopra un mare di
nuvole lattiginose (…). Il folle volo si rivelerà il tema visivo di tutto il film147, la corsa
allucinata del bombardiere B52, con il suo capitano vestito da cow-boy e con la sua
bomba, che scandisce tutta la narrazione a intervalli regolari, dall’inizio alla fine”148.
Ne deriva che “dall’aereo che passa sopra il mondo intero senza vederlo, senza poterlo
vedere, travolto in una corsa distruttrice149, appaiono paesaggi primitivi e selvaggi che
anticipano il finale di 2001: A Space Odyssey: colline, pianure, vallate, fiordi, laghi,
montagne coperte di neve, promontori sul mare, navi, isole, fiumi, boschi, tundre,
paludi, costruzioni umane non identificabili, (…) fino alla visione finale, l’unica
147
Anche Eugeni, Invito…, cit., p. 69, sostiene che “il film è punteggiato da inaspettate e sorprendenti
riprese di paesaggi dall’alto a volo d’uccello, e da quote sempre più basse, da attribuire al procedere del
B52. Si tratta di «corridoi visivi» simili ai travelling e ai carrelli in avanti già rinvenuti nei film
precedenti”.
148
Bernardi, Kubrick e…, cit., pp. 185-6
149
Su questo punto Ghezzi, op. cit., p. 71, afferma che la cavalcata del B52 è “inquadrata spesso in modo
velocissimo lungo la Terra, schiacciato su di essa dalla m.d.p., destinato dalla mancanza di carburante a
incontrarsi meccanicamente con essa) e da provocare il coinvolgimento più fisico che emotivo dato dalla
rapida penetrazione dello spazio dello schermo (operata qui non dalla m.d.p. come in Paths of Glory, ma
dallo stesso oggetto ripreso come una diligenza che solca la prateria western)”.
178
corsa in macchina di Alex e dei suoi drughi: il paesaggio si risolve anche qui in una
non parlare della volata finale di 2001: A Space Odyssey, un percorso che non ha nulla
Quindi in questo film si assiste ad una “perdita di controllo. Per un verso (come era già
accaduto per il piano di The Killing) la macchina cibernetica rivela, dietro la sua
l’uso improprio di uno dei suoi meccanismi più macroscopici per innescare un
rompere alcune sinapsi nervose, per far collassare l’intero sistema, o meglio per farne
logicamente, la Bomba Fine del Mondo che, una volta attivata non può essere più
fermata. Come dice Enrico Ghezzi, “in Dr. Strangelove sono molti gli individui che
perseguono uno scopo: da chi vuole interrompere l’attacco, a chi vuole sfruttarlo, ma
chi vince è solo la bomba fine del mondo, la pura negazione distruttiva”152.
Eugeni in due momenti. Il primo è quando il diplomatico russo, all’interno della War
Room, spiega che non appena il suo territorio verrà colpito, un computer, sul quale non
si può intervenire, farà scoppiare la Bomba Fine del Mondo. Ebbene, l’unico corridoio
150
Bernardi, Kubrick e…, cit., pp. 186-8
151
Eugeni, Invito…, cit., pp. 65-6
152
Ghezzi, op. cit., p. 99
179
Il secondo si presenta nel finale del film, quando T.J. “King” Kong riesce a sganciare la
In sostanza “persino in Dr. Strangelove non ci sono vie di fuga, ogni scelta è chiusa
nella mossa che dà origine alla storia – e Kubrick sembra quasi divertirsi a osservare i
confusi batter d’ali di uomini stupidi alle prese con le mostruose creature che essi stessi
spiriti eternamente fuori campo, come avviene in termini espliciti in 2001: A Space
Odyssey”155.
Questo film, come si è cercato di chiarire nel primo capitolo, parrebbe assumere i
la convinzione del regista americano che “la storia della civiltà e dell’intelligenza non è
autodiretta ma eterodiretta. (…) l’uomo appare così come una specie di marionetta”156.
153
Ghezzi, op. cit., p. 71
154
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. Shining, cit., p. 57
155
Eugeni, Invito…, cit. p. 126
156
Ivi, pp. 70-1
157
Calabrese Omar, I «mondi possibili» in Kubrick. Ovvero: la poetica delle porte, in Brunetta Gian Piero
centro”158. Come ad esempio quando Floyd parla con gli scienziati russi, oppure quando
monolite, di origine non umana, all’interno di un cratere lunare. Inoltre sulla Discovery
“HAL stesso più volte prende il posto dell’uomo al centro dell’immagine – fotogramma.
ambito di rivoluzione copernicana kantiana occupa il centro con ugual diritto del corpo
in cui “la m.d.p. inquadra prima l’occhio rosso del computer, poi le labbra umane che si
fronteggiandosi (uno sulla destra l’altro sulla sinistra della composizione), al centro il
A questo riguardo preme sottolineare come la seconda parte del film, in cui la
Discovery si dirige verso Giove, seguendo il percorso indicato dal monolite posto sul
158
Ghezzi, op. cit., p. 84
159
Ivi, p. 85
160
Ivi, p. 86. Sul personaggio di HAL Norman Kagan, op. cit., p. 165, ha affermato che “in terms of
Kubrick’s previous work, A Space Odyssey occasionally seems a «cannibalization» of earlier images and
ideas. HAL, for example, has the dedication to duty of a General Ripper, the glib ability to rationalize of a
Claire Quilty, the fierce pride and arrogance of a General Mireau”. A questo riguardo parrebbe
interessante notare che questi quattro personaggi sono essenzialmente ripresi in prospettiva centrale.
181
precedere il movimento di David dopo che questi ha fatto i ritratti degli astronauti
ibernati, od infine il piccolo tunnel bianco che viene attraversato da David e Frank dopo
D’altronde il corridoio per antonomasia di tutto il cinema di Kubrick resta quello finale,
in cui “il corpo di Bowman è non libero, soggetto ad «altro», che decide il suo
formano in modo improvviso. (…) la fuga in avanti nel tunnel di sensazioni visivo –
Perciò in questo viaggio oltre l’infinito, in questo corridoio definito da Paolo Lughi
indefinito”165.
161
Eugeni, Invito…, cit., p. 131. Anche Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto…, cit., p. 279, afferma che
la Discovery è essa stessa “un gigantesco, multiforme corridoio”. Inoltre lo studioso, Ibidem, sostiene che
“tutte le strutture materiali dell’avventura umana nella luce sono ridotte all’essenziale, un corridoio”
162
Cfr. Ghezzi, op. cit., p. 84
163
Ghezzi, op. cit., p. 89. Su tale sequenza Norman Kagan, op. cit., p. 165, si esprime in questi termini
“The final plunge through the star gate to the green and white room includes the rushing walls of the
nightmare in Killer’s Kiss, the hurtling at tree-top height over blazing wild terrain of the final moments of
Dr. Strangelove”. Dello stesso avviso sono Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 121, i quali sostengono che “il
viaggio oltre l’infinito è in realtà una corsa cosmica attraverso la soggettiva di Bowman delegata allo
spettatore il quale ha così modo di essere coinvolto e risucchiato nel più celebre tra i corridoi visivi che
Kubrick lascia esplodere a sorpresa sullo schermo sin da Killer’s Kiss”. Inoltre Sergio Toffetti, op. cit., p.
57, afferma che “David Bowman precipita in un corridoio di luce oltre l’infinito”.
164
Paolo Lughi, Il prossimamente…, cit., p. 263
182
Questo è un film in cui, come si è visto nel primo capitolo, nulla “sembra sostenere
l’idea che la persona possa raggiungere l’uso del libero arbitrio, come auspica il
propria libertà. Al fondo delle tematiche del film riaffiora quindi il pessimismo di
in primo luogo, deridere la pretesa del libero arbitrio”167, i due stilemi visivi (prospettiva
della casa degli Alexander, prima della violenza portata dai Drughi. E’ un’immagine
termini, prima dell’arrivo dei teppisti la casa dello scrittore Alexander viene
165
Ibidem
166
Eugeni, Invito…, cit., p. 84
167
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 212
168
Si mutua questo termine dal lemma francese “signature” utilizzato da Pierre Giuliani, op. cit., p. 45,
principi della prospettiva centrale cinquecentesca; gli spazi delle due case sono
Inoltre si ricorda anche la sequenza in cui Alex, dopo essere riuscito a farsi scegliere dal
ministro come cavia per la cura Ludovico firma i documenti per poter lasciare il carcere
protagonista non conosce ancora gli effetti della cura che si tradurrà “in una repressione
comportamenti e le reazioni”170.
scatole di cui sopra) quando, dopo la cura, Alex torna per caso nella casa di Alexander.
sicuro perché si rende conto di non essere stato riconosciuto dallo scrittore come
l’autore delle violenze perpetrate anni prima. Prova di questa sicurezza è il fatto che
al corridoio, scenico o fotografico che sia, questa si ritrova, ad esempio, nell’incipit del
film, quando “la macchina da presa inizia una lunga carrellata indietro, scoprendo prima
il gruppo dei Droogs, tutti vestiti di bianco e con bombetta blu, seduti contro uno sfondo
nero, poi, ai lati, due bianche sculture-manichini raffiguranti donne nude e adibite a
tavolini. Via via che la carrellata indietro prosegue, scopriamo che quei tavolini
compongono una doppia serie, perfettamente allineata, al centro della quale, sul fondo,
rimane il gruppo dei Droogs”171. “la carrellata indietro e l’azzeramento dei personaggi a
169
Eugeni, Invito…, cit., p. 118
170
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 213
171
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. L’arancia meccanica, cit., p. 34
184
del palcoscenico, dove si sta consumando la prima recita-rituale di violenza, quella della
Non sembrerebbe privo di utilità ricordare quanto ha sostenuto Eugeni nei riguardi di
del carrello all’indietro, che parte da un primo piano del personaggio per poi isolarlo
Orange”173.
La sequenza della lotta nel teatro fra la banda di Alex e quella di Billy Boy, è seguita
dalla corsa pazza di Alex e dei suoi drughi verso la casa degli Alexander a bordo della
172
Ivi, p. 48. Anche Sandro Bernardi, Kubrick e…, cit., pp. 83-4 “La macchina indietreggia con uno zoom
lento e senza fine, scoprendo intorno a lui gli altri compagni, i drughi debosciati sulla panca nera del
Korova Milk Bar, immersi nei loro sogni paurosi, e indietreggia ancora fino a scoprire tutto lo spazio del
locale, che è (…) un grande parallelepipedo nero, inquadrato in prospettiva frontale. Sui lati alcuni gruppi
oziosi, abbandonati su altre panche, sorseggiano il latte drogato distribuito a gettoni dalle ragazze nude
172
statuette pop, che si stendono anch’esse parallele lungo i lati” .
173
Eugeni, Invito…, cit., p. 136
174
S. Toffetti, op. cit., p. 57
185
Un’altra annotazione riguardo agli Alexander non sembra, a questo punto, priva di
interesse. Infatti, se prima abbiamo messo in rilievo come lo scrittore e sua moglie
stessero trascorrendo una tranquilla serata all’interno di uno spazio prospettico, non
appena Alex e i suoi Drughi suonano alla porta dell’abitazione “la donna [Mrs.
Alexander] sale quattro gradini che portano a un corridoio [scenico] e si allontana verso
bianchi e neri”175.
Inoltre, nel film, sono presenti altri «corridoi», ad esempio quando il ministro, in visita
al carcere dove si trova Alex, attraversa un corridoio bianco e “casualmente”, tra tutte le
celle, entra in quella del protagonista. Oppure si ricorda anche il corridoio fotografico
che viene creato dalla ripresa in carrello a seguire il movimento dei due ex drughi,
ormai divenuti poliziotti, che costringono con la forza Alex a percorrere un sentiero in
mezzo ad un bosco per poterlo picchiare in tranquillità, senza che nessuno li disturbi.
Alex si trova in ospedale, totalmente ingessato a seguito del tentato suicidio. Poco dopo
il suo risveglio dal coma, viene sottoposto ad un esame psichiatrico che paleserà il
ritorno del ragazzo alla condizione precedente la cura. E’ interessante a questo punto
leggere che cosa dice lo studioso Brunetta: “Di fatto la realtà rappresentata è tale per cui
l’individuo non ha più alcuna possibilità di scelta: è condizionato a tutti i livelli della
sua esistenza, e il desiderio di diventare buono di Alex non significa libera possibilità di
tutti, di assumere il ruolo di vittima. Alex sceglie nel film da che parte stare, ma in
all’interno di un piano preciso. Così le risposte che Alex dà ai tests psicologici che la
175
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. L’arancia meccanica, cit., p. 36
186
Quindi, mancanza di libertà anche dopo la guarigione dalla cura (i tests, come si è visto,
chiariscono tale condizione), perché Alex appare solo come uno “strumento” di
psichiatra porta i tests ad Alex, attraverso una ripresa in carrello a precedere, lungo i
corridoi dell’ospedale.
In definitiva “si tratta di una realtà che sfugge al controllo del soggetto (…) e finisce per
essere incomprensibile nei suoi sviluppi e nelle sue diramazioni, malgrado la pretesa
un’iconografia costante, ed anche questo film non esce dai canoni tracciati.
Infatti, si può ad esempio osservare che quando “Barry giunge nella capitale prussiana,
Potsdam, basta a Kubrick una sola inquadratura per mostrarci la città. E’ una veduta
prospettica centrale, a campo totale con un grande viale in fuga fino all’orizzonte, lungo
concetto, l’idea della città, come nei disegni di un Serlio, o nelle tavole prospettiche di
176
G.P. Brunetta, L’arancia meccanica o la perdita dell’utopia, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley
pregnante della perdita di controllo dell’individuo, si confronti con Ruggero Eugeni, Invito al cinema di
E’ da rilevare che a questo punto del plot Barry, sotto le mentite spoglie di ambasciatore
Lo stesso stilema visivo si ritrova anche quando “in una stanza del più rarefatto
inquadrata secondo una prospettiva frontale fissa, un nobiluomo appare seduto di spalle,
parallelepipedo di colore grigio – azzurro, con una luce che si diffrange dalle grandi
finestre a sinistra, il silenzio scandisce e stacca i piccoli suoni delle posate d’argento, e
il gentiluomo immobile, che ha una parrucca bianca, ci è già stato presentato come lo
Chevalier de Balibari, o Chevalier borgne, così chiamato, nel romanzo, per la benda che
porta sull’occhio e che gli conferisce una visione prospettica centrale, monoculare”179.
sequenze e costituisce una sorta di cifra stilistica del film”180. In altri termini “la formula
dello zoom indietro, scoperta in A Clockwork Orange, diventa la chiave di volta dello
stile in Barry Lyndon”181. Infatti “dominano per buona parte del film le scene di esterno
179
Ivi, pp. 32-3
180
Eugeni, Invito…, p. 136. Inoltre si fa presente che lo stesso professor Eugeni, via e-mail, ha suggerito
che “forse non sarebbe male un riferimento all’uso dello zoom in Barry Lyndon come costruzione di un
ampliamento del quadro fino a raggiungere il totale del paesaggio in un lungo piano
Comunque per trattarlo in maniera più particolareggiata è bene richiamare alla memoria
alcune sequenze. Ad esempio quella in cui “Nora, la cugina di Barry, e il capitano Quin
sono nel parco in amorosa conversazione: partendo da un particolare delle loro mani la
macchina regredisce fino a un totale e scopre lentamente una meravigliosa vallata, con
tanto di fiume e bosco”183. Oppure quella in cui Barry, poco dopo l’inizio del film,
osserva la parata dei soldati inglesi che “sebbene si muovano, non si avvicinano affatto,
fino a scoprire (…) alcune persone che stanno guardando la parata. Fra queste figure
di Barry185.
disertare, rubando cavallo e divisa a un ufficiale”186. A questo punto “la m.d.p. compie
uno dei movimenti più forti e più arditi di tutto il film. Egli è in alto sulla proda del
fiume, nascosto dietro un grosso albero. La macchina passa accanto a lui veloce, lo
lascia fuori campo, con uno zoom a volo radente scende, cade quasi sull’acqua (…) per
182
Eugeni, Invito…, cit., p. 91
183
Bernardi, Kubrick e…, cit., pp. 45-6
184
Ivi, p. 48
185
Per fare un breve sunto basta dire che: si arruola nell’esercito inglese, diserta, viene scoperto e
costretto ad arruolarsi nell’esercito prussiano, salva il capitano Potzdorf, viene premiato e gli viene
mostrare due omosessuali che fanno il bagno, in una luce verdastra”187. Quindi appare
evidente, secondo Ghezzi, che Barry “non è mai l’inventore o lo scopritore della
qualcosa che gli si para davanti, come una scena teatrale già pronta per il suo ingresso o
per le sue determinate battute. Non c’è foga o incertezza, il suo movimento tipico è il
caracollare lento verso gli appuntamenti già predisposti (da un secolo), come la rapina
nel bosco annunciata nella scena precedente con gli «attori» che lo aspettano quasi
annoiati fuori dall’osteria vedendolo arrivare”188. Riguardo alla sequenza della rapina si
ricorda che l’avvicinarsi di Barry ai due banditi nel bosco, viene ripreso in carrello a
Comunque da queste riflessioni parrebbe palesarsi anche per Barry, come per gli altri
Infine ci sono ancora tre sequenze che paiono di un certo rilievo. La prima è quella che
precede il duello tra Barry e Lord Bullingdon e come dice Sandro Bernardi, “siamo alla
fine del film. Bullingdon, il legittimo erede, ormai cresciuto, si reca al club dei libertini
per sfidare Barry a duello e vendicare così le frustate ricevute nell’infanzia. Qui c’è un
lungo carrello indietro che lo guarda nel suo percorso. Una camminata serpentina, nella
luce verdastra e livida delle sale dedicate al vizio; il personaggio rimane sempre di
fronte alla macchina da presa, è il corridoio che sembra scorrere, scivolare lentamente
alle sue spalle, nel passato. Come è stato già osservato, questo carrello indietro riprende
187
Ibidem
188
Enrico Ghezzi, op. cit., p. 120
189
Ivi, p. 123
190
figure di Kubrick sono insistenti e ricorrenti, talché studiare un suo film equivale a
buio”191.
“terribile corridoio (the gantlope, immagine truculenta di tutti i «vicoli ciechi» del
cinema di Kubrick), nel quale il colpevole è costretto a passare attraverso due file di
fustigatori, mentre una lama di baionetta puntata sotto il collo gli impedisce la fuga in
avanti”192.
La terza e ultima sequenza concerne propriamente l’immagine finale del film che è
costituita da uno zoom sul foglio per la rendita di Barry e, poi, sulla firma apposta da
Lady Lyndon. Tale ripresa sembrerebbe suggellare la tematica kubrickiana di “un altro
Secondo Ruggero Eugeni “il mondo [kubrickiano] appare (…) un teatro di ombre, il
190
Su questo punto, cfr. Eugeni, Invito…, cit., p. 134; Brunetta, Stanley Kubrick: Odissea…, cit., p. 21;
simili: “in questa punizione il colpevole, come vediamo nel film, deve passare attraverso due file di
fustigatori, e camminare con una punta di baionetta puntata addosso, per evitare che possa abbreviare la
pena correndo”. Inoltre per quanto riguarda le informazioni relative al “corridoio” punitivo utilizzato
nell’esercito inglese nel XVIII secolo si rimanda a Sir John Fortescue, A History of the British Army, 13
2001 erano gli extraterrestri a guidare Bowman attraverso il corridoio “galattico” fino
Aggiunge Eugeni che “in particolare questo film presenta la possibilità di focalizzare
con chiarezza la perdita di controllo sul tempo e lo spazio propria dei personaggi
kubrickiani”196.
A questo riguardo occorre allora evidenziare come The Shining sia il film kubrickiano
Anche in questo film è presente una “costruzione razionale dello spazio”198. Infatti,
Giorgio Cremonini osserva che “la m.d.p. è al centro dei corridoi in cui si muove o del
labirinto oppure inquadra frontalmente, dal fondo, l’ampio salone in cui Jack lavora; è
al centro del bagno in cui Delbert Grady ripulisce Jack; e via dicendo. (…) A questa
immagini in continuo movimento della steadicam. (…). Tuttavia la fluidità dei suoi
movimenti non rompe mai la simmetria e la staticità delle immagini; al contrario anche
la steadicam, pur imprimendo alla scena una dinamica quasi ossessiva, continua a
194
Eugeni, Invito…, cit. p. 126
195
Del Ministro, op. cit., p. 107
196
Eugeni, Invito…, cit., p. 129
197
Ivi, p. 98, “i corridoi labirintici dell’hotel”. Michel Ciment nell’introduzione a Michel Ciment (a cura
di), Stanley Kubrick, Giorgio Mondadori – la Biennale di Venezia, Milano 1997, p. VIII, “Corridoi senza
fine di Shining”. Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 144, “i corridoi inesorabili del giardino-labirinto innevato”
198
Eugeni, Invito…, cit., p. 149
199
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. Shining, cit., pp. 91-2
192
Per quanto riguarda lo stilema visivo della prospettiva centrale, ci sembra che rivesta un
labirinto200. Gli studiosi Roberto Lasagna e Saverio Zumbo, riguardo a questa scena,
hanno sostenuto che “è l’apparente dominio umano sulla realtà che si dimostra soltanto
dominare nella soggettiva dall’alto il modello di labirinto che si rivela poi il vero
labirinto”201, pretesa di dominio che sarebbe resa visivamente dalla prospettiva centrale.
Pare interessante notare che l’inizio del film presenta invece una ricca serie di
fiume, sembra come spostarsi verso di noi, galleggiare sulla superficie (…). E’ un
effetto ottico: infatti il lago è così immobile che il movimento della m.d.p. verso l’isola
200
Sul labirinto di siepi è interessante leggere quanto afferma Paolo Santarcangeli, op. cit., p. 199, sui
labirinti – giardino, secondo il quale “si presentano con tre forme principali: disegno tracciato a fior di
terra, con aiuole, fiori ed erbe; tracciato di poca altezza, costituito da cespugli bassi; percorso costruito
con veri e propri muri vegetali, con corridoi di alberi d’alto fusto, superanti la statura di un uomo che si
aggira tra i viali”. Il labirinto in The Shining parrebbe chiaramente appartenere all’ultima categoria.
201
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 199
202
Va sottolineato che la seconda parte del film, dopo che i fantasmi dell’albergo sono apparsi a Jack per
indurlo a compiere il duplice omicidio (di Danny e Wendy), evidenzia un numero di «corridoi» superiore
alla prima
193
che corre lungo una strada sinuosa tra i boschi. 3. L’automobile seguita dalla carrellata
aerea in avanti; sul fondo una grande montagna innevata. 4. La carrellata aerea in
Si notano altri «corridoi» nel prosieguo del film, e precisamente quando Jack telefona a
mentre la madre sta parlando al telefono, la macchina da presa si avvicina a Danny, che
si trova in bagno, prima in carrello in avanti e poi con uno zoom. A questo punto Danny
ha una “visione” su quello che succederà nell’albergo e, come annota Lughi, “sono le
immagini del futuro atroce già previsto dal bambino, un futuro ancora una volta
ineludibile verso il quale il bambino stesso sembra dirigersi pedalando nel lungo
corridoio dell’hotel (…). Un altro corridoio dunque che torna nel cinema (…) di
percorso obbligato”205.
quelli percorsi dal protagonista Jack che “è in realtà la prima preda del labirinto206, una
203
Paul Mayersberg, L’Overlook Hotel, in Sight and Sound, vol. 50, n° 1, Inverno 1980-81, ora in Michel
Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio Mondadori – la Biennale di Venezia, cit., p. 283
204
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. Shining, cit., pp. 39-40
205
Paolo Lughi, Il prossimamente…, cit., p. 265
206
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. Shining, cit., p. 50, ha sostenuto a questo riguardo che lo stesso
film “è un viaggio nella psiche e il labirinto è il suo centro. Tutto sembra uguale, geometrico e ordinato,
ma in realtà non si sa mai bene dove ci si trova e che cosa e quando succede. Al tempo stesso è il luogo di
un viaggio in cui nulla cambia”. Inoltre Gian Piero Brunetta in En attendant Kubrick, in G.P. Brunetta (a
cura di), Stanley Kubrick, cit., p. 10, definisce come labirintico “lo spazio (…) dei corridoi dell’Overlook
Hotel di Shining”.
194
totalmente assoggettato ad una forza che lo fa muovere per i corridoi”207. In tal senso
fotografico. Infatti “al primo piano di Jack incrostato di ghiaccio segue una carrellata in
avanti all’interno dell’albergo fino a inquadrare una parete cui sono appese alcune
fotografie: in una di queste (una festa del 4 luglio 1921) riconosciamo, al centro di un
gruppo, il viso di Jack Torrance”209. Come sostiene Cremonini, “tutto è scritto, dunque,
e nessuno può sottrarsi al proprio destino. Riaffiora qui tutta la cultura noir del primo
stesso come born loser, della tappa di un disegno temporale immodificabile e perverso,
guidato dallo stesso Overlook Hotel o da chi per esso. Non facciamo che vivere la
stessa vita e subire la stessa condanna, cristallizzati in un blocco di ghiaccio che ogni
207
Enrico Ghezzi, op. cit., p. 140
208
Eugeni, Invito…, cit., p. 121
209
Cremonini, Stanley Kubrick. Shining…, cit., p. 37
210
Ivi, p. 83. Un’altra riflessione degna di nota, sempre di Cremonini, Ivi, p. 50
195
Full Metal Jacket, come Paths of Glory e Dr. Strangelove, è un film sul mondo dei
militari, il cui ultimo fine, lo si ricorda ancora una volta, “non è tanto la distruzione,
In un certo senso il mondo militare assume le fattezze di “un cervello che si arroga la
capacità di plasmare ogni azione ad una logica distruttrice, non influenzabile da istinti e
Quindi se in The Shining Jack obbediva agli ordini superiori dei fantasmi, in Full Metal
Jacket i soldati sono costretti ad obbedire alle direttive dei loro superiori.
Inoltre, come in tutti i film di Kubrick, anche quest’opera presenta una strutturazione
parte del film, sigillata nel campo di Parris Island, ha una struttura chiusa e ordinata,
con una netta predominanza di riprese simmetriche e frontali, di primi piani statici e
Per quanto poi riguarda le sequenze in cui visivamente è riscontrabile una costruzione a
notte a Parris Island, quando esplode la pazzia di Palla di Lardo, il quale prima uccide il
questo spazio, Hartmann non mostri alcun segno di paura di fronte al mitra, caricato con
211
Eugeni, Invito…, cit., p. 107
212
Marangi Michele, Full Metal Jacket, l’opera al nero, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium –
proiettili full metal jacket, che Palla di Lardo gli sta puntando contro. Continua anzi ad
kubrickiana per eccellenza come quella della carrellata all’indietro associata alla
dell’inquadratura: Kubrick utilizza tale espediente per (…) il sergente Hartmann, che
ispettore che cammina in posizione frontale) per esprimere un [chiaro] concetto (quello
della riduzione che l’istituzione militare opera sul soldato, annullandone il significato
Appare degno di nota anche il fatto che questo annullamento del soldato, “questo
precedere il movimento delle reclute quando queste corrono lungo i viali della caserma,
anche “gli zoom218 che isolano i primissimi piani di Palla di Lardo quando inizia a non
214
Eugeni, op. cit., p. 91
215
Alessandro Pirolini, Il senso dello stile, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium – Settore università
ripetere le frasi che tutti urlano”219. Questi corridoi fotografici farebbero perciò
presupporre che il personaggio di Palla di Lardo sia “in un certo senso predestinato a
seconda parte del film, che si svolge in Vietnam. In particolare si evidenzia il carrello a
seguire l’avvicinamento dei marines verso la città, dopo che il tenente Touchdown è
stato ucciso. Narrativamente parlando tale movimento di macchina si situa come resa
Nella parte finale del film, quando i marines vengono sorpresi da un cecchino
vietnamita, sono palesi i corridoi fotografici, creati dagli zoom in semi-soggettiva dal
cecchino verso quei singoli marines che verranno colpiti. Tali carrelli ottici, che
Shining, che “tutto è scritto (…) e nessuno può sottrarsi al proprio destino”221.
219
Marangi Michele, Full Metal Jacket, l’opera al nero, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium –
Il cinema come arte della visione. Questo è stato il primo aspetto che abbiamo cercato
Riscontrata tale proprietà abbiamo notato che il cinema non può riprendere l’intero
spazio visivo della realtà, ma deve operare una scelta selettiva dovuta alle dimensioni
del quadro di ripresa, quadro di ripresa che, secondo Jean Mitry, rappresenta il referente
Nel corso della nostra dissertazione si è inoltre tentato di mostrare come lo spazio
della terza dimensione grazie a tre fattori: la prospettiva (di derivazione rinascimentale),
cinema).
fronte un mondo a tre dimensioni, un mondo altro da quello della realtà. Questo mondo
Rohmer2, secondo tre ambiti: pittorico, architettonico e filmico. Il primo concerne il tipo
scenografiche in cui si svolge l’azione; ed il terzo è costituito sia dalla recitazione degli
attori all’interno dello spazio architettonico, sia dal montaggio, dove le singole riprese
1
Jean Mitry, op. cit., vol. I, p. 172
2
Eric Rohmer, L’organizzazione dello spazio…, cit., p. 19
199
Più avanti si è cercato di evidenziare come sia caratteristica di ogni autentico “autore”
cinematografico lasciare nei suoi film una propria impronta, ben riconoscibile. Infatti
egli organizza lo spazio cinematografico, cioè l’aspetto visivo del film, secondo il suo
volere e, di conseguenza, marca ogni sua opera secondo un proprio stile personale che è,
Seguendo tale linea d’analisi ci siamo quindi occupati del cinema di Kubrick: prima da
un punto di vista narrativo e poi, nei successivi tre capitoli, soffermando la nostra
mostrare come nella filmografia del regista americano vi fosse un rapporto molto stretto
Inoltre, dal momento che su tre film (Fear and Desire [1953], Killer’s Kiss [1955] e
dall’analisi narrativa e di toccare brevemente gli ultimi due solo in merito a quella
visiva.
Si è comunque notato come nei restanti film siano sempre presenti una tematica
strutturale, cioè la divisione in due parti ben distinte (une ascension et une chute / une
proprio destino e dall’altro la sua incapacità di guidare la propria vita secondo la propria
volontà, dovuta al suo essere in balìa degli eventi, del caso, di un volere superiore.
In The Killing (1956), si è rilevato come Johnny (ed assieme a lui i suoi complici)
3
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. Shining, Lindau, Torino 1999, pp. 85-6
4
Pierre Giuliani, Stanley Kubrick, Rivages, Paris 1990, p. 11
200
In Paths of Glory (1957) si è visto come i due personaggi che risultano antagonisti nella
i propri uomini, non solo non otterrà l’avanzamento di grado, ma sarà anche sottoposto
“destinato alla sola obbedienza”6 deve esclusivamente eseguire degli ordini. Tale
condizione si palesa nel momento in cui crede di poter salvare i tre condannati alla
Anche in Lolita (1962), Humbert si illude di poter vivere per sempre con la ragazzina,
per la quale prova una perversa attrazione, ma la sua si rivelerà una mera illusione, visto
che lei scapperà con Quilty. Si è inoltre visto come anche i personaggi di Lolita e Quilty
in realtà non siano liberi di decidere della propria vita. Infatti, la ragazzina è dominata
condizionare gli altri, nel momento in cui sarà in gioco la sua vita, non sarà più in grado
5
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. Shining, cit., p. 57, a questo proposito ha sostenuto che “il
cagnolino all’aeroporto di The Killing ed il cavallo imbizzarrito di Barry Lyndon sono gli esempi più
trasparenti di questa attivazione casuale di un destino pre-scritto, di quella logica dell’ineluttabilità che è
stata propria del noir negli anni 40’ e 50’ e che Kubrick continua a fare sua”.
6
Alessandro Pirolini, Il senso dello stile, in AA.VV., Stanley Kubrick, Scriptorium – Settore università
Paravia, cit., p. 27
7
A questo riguardo appare valevole di nota quanto afferma Norman Kagan, op. cit., p. 108, secondo il
quale “Humbert’s own emotional obsession is always frustrating and degrading, eventually condemning
201
In Dr. Strangelove, or How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb (1964), gli
uomini della War Room sono convinti di riuscire, prima o poi, a scongiurare il pericolo
nucleare della fine del mondo Questo non sarà possibile, si sa, perché un guasto a
maggiore Kong. Lo stesso Kong, soggetto passivo in quanto militare, quando sgancia la
bomba nucleare obbedisce all’ordine di cui, per un caso fortuito, non ha ricevuto la
revoca.
In 2001: A Space Odyssey (1968) gli esseri umani (in particolare gli scienziati)
rivelerà un’illusione, visto che saranno gli extraterrestri a guidare David verso un punto
In A Clockwork Orange (1971) Alex, il protagonista, sembrerebbe poter fare quello che
vuole sia della sua vita che di quella degli altri, grazie alla sua prepotenza e alla sua
violenza. In realtà, risulterà non essere per nulla padrone del proprio destino e alla fine
non riuscirà neanche a suicidarsi salvandosi per miracolo. Per cui la sua vita futura sarà
incanalata su un percorso deciso dagli uomini del governo. “Di fatto”, come ha
sostenuto Gian Piero Brunetta, “la realtà rappresentata è tale per cui l’individuo non ha
Si è visto come anche Barry Lyndon (1975) riproponga in maniera evidente i due temi
narrativi ricorrenti nel cinema di Kubrick. Infatti Barry, convinto di poter dirigere la
him to emptiness and death. The sly, scheming Lolita is emotionally enslaved as well. Finally, all Quilty’s
quick intelligence and game playing skill fails to save him in the end”.
8
Eugeni, Invito…, cit., p. 66
9
G.P. Brunetta, L’arancia meccanica o…, cit., p. 201
202
propria vita, riesce a sposare la nobile Lady Lyndon. Tuttavia il caso10, la fatalità ed
anche la sua incapacità11 lo porteranno però a perdere tutto quello che era riuscito ad
ottenere.
quanto crede all’inizio del plot, sia in realtà impossibilitato ad agire liberamente; infatti
Infine per quanto riguarda Full Metal Jacket (1987), in cui si racconta come vengano
eventi della propria esistenza e di quella altrui14, perda in realtà tale potere e venga
Quindi, dopo aver fatto questa brevissima passeggiata nella narrativa kubrickiana e
dopo aver cercato di evidenziare che i personaggi delle sue opere “nel momento in cui si
illudono di controllare la rete di cause e conseguenze collegate alle proprie azioni non si
che a soggetti agenti”16, ci siamo posti l’obiettivo di mostrare come tali temi narrativi
paiano trovare un puntuale e preciso riscontro visivo nella filmografia del regista
10
Come episodio si ricorda, ad esempio, la morte del figlio Bryan, causata da un cavallo imbizzarrito, a
fotografico (creato fotograficamente dallo zoom avanti o indietro e dal movimento della
fino al Quattrocento indicava la scienza della visione (l’ottica medievale) mutando poi
prospettiva rinascimentale).
In seguito, il nostro interesse si è volto verso il lato storico della prospettiva. In tale
ambito si è messa in evidenza l’importanza di cinque artisti che posero le basi teoriche e
Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Lorenzo Ghiberti, Piero della Francesca e Leonardo
da Vinci.
Si è quindi fatto un breve accenno alla dibattuta questione sulla conoscenza o meno
della prospettiva lineare da parte degli antichi greci e latini e, di conseguenza, se Filippo
o, invece, abbia soltanto ridato luce a conoscenze già acquisite fin dall’antichità.
intesa come il “trionfo dell’uomo che si costruisce il proprio mondo, con la sua mente
pensiero di alcuni tra i più autorevoli filosofi rinascimentali, Pico della Mirandola,
17
Giusta Nicco Fasola, La nuova…, cit., p. 294
204
Questi studi ci hanno portato ad affermare, come sostenuto da Ernst Cassirer18, che la
concezione dell’uomo nel Rinascimento era fondata su tre capisaldi. Il primo è la libertà
assoluta di cui dispone, cioè il suo “essere una possibilità, un’apertura attraverso la
di dirigere la propria vita senza essere avvolto nelle spire del destino. Il terzo, infine, è
la creatività, il poter modificare la forma del mondo sensibile, per cui “il fuoco della
vita spirituale viene posto, in certo qual modo, là dove «l’idea» si incorpora, là dove la
forma non sensibile, che è presente alla mente dell’artista, irrompe nel mondo visibile e
si realizza in esso”20.
decidere liberamente del proprio destino, parrebbe evidenziare legami con la prospettiva
mediante artifici grafici22, “esprime proprio una volontà e una fiducia di dominio, di
centralizzazione e di geometrizzazione”23.
A questo punto della nostra ricerca ci siamo permessi una breve divagazione,
mondo anche con l’ausilio della magia, e l’uomo illuministico che si considerava in
per mostrare come, narrativamente, il cinema di Kubrick metta in scena personaggi che
paiono accostabili più alla concezione illuministica dell’uomo che non a quella
18
E. Cassirer, op. cit., p. 111
19
E. Garin, Magia…, cit., p. 157
20
E. Cassirer, op. cit., p. 111
21
E. Panofsky, op. cit., p. 72
22
Ruggero Eugeni, L’analisi…, cit., p. 269
23
Ruggero Eugeni, Invito…, cit., p.121
205
rinascimentale. Infatti il loro tentativo di guidare il proprio destino non si fonda tanto
sulla magia quanto sulla tecnica24. A titolo di esempio si ricorda che in The Shining, il
lasciato alle sue capacità individuali: deve infatti scegliere lui la tecnica da seguire.
Inoltre Danny, all’interno del labirinto, riesce a sfuggire a Jack, non attraverso l’aiuto di
incantesimi (la magia), dato che lo shining che possiede non gli fornisce tali poteri, ma
Atteso che questo sia vero a livello narrativo, si è cercato di mostrare come invece, a
più ad un modello rinascimentale che non illuministico. Con parole povere, nella
A riprova di quanto affermato è stato fornito, per ogni film studiato, un adeguato
24
Tale precisazione ci è stata suggerita dal professor Eugeni
25
A questo riguardo sembra di particolare rilievo quanto sostenuto relativamente al film A Clockwork
Orange da Ruggero Eugeni in Invito…, cit., p. 118, “Prima dell’arrivo dei giovani teppisti i due ambienti
[la casa dello scrittore Alexander e la clinica dimagrante della signora Weathers] vengono rappresentati
mediante inquadrature statiche, centrate, simmetriche, cioè secondo i principi della prospettiva centrale
cinquecentesca; gli spazi delle due case sono raffigurati come vere e proprie scatole prospettiche
rinascimentali”.
26
R. Benevolo, op. cit., p. 116
206
Nel terzo capitolo della nostra ricerca ci siamo soffermati ad analizzare l’altro stilema
ricavato che il lemma corridoio implica un’idea di movimento, di passaggio, per andare
da un punto ad un altro.
come nell’antico Egitto, in Grecia, in Italia sotto gli Etruschi e sotto la dominazione
parrebbe presente solo a partire dall’Ottocento27. Prima dell’Ottocento era invece molto
in voga lo schema ad enfilade, cioè una struttura distributiva degli ambienti basata sulla
Dopo questo excursus storico, il nostro interesse si è rivolto all’utilizzo del corridoio e,
quindi, alla sua funzione. A questo riguardo si è notato come l’unico uso del corridoio
sembrerebbe quello di essere attraversato, dal momento che “è uno degli elementi
architettonici più superflui sul piano della funzione (non vi si abita, non vi si svolge
alcuna attività)”28.
Il corridoio verrebbe quindi reso attivo solo attraverso il suo utilizzo. Perciò, seguendo
27
AA.VV., Enciclopedia dell’Architettura, cit., p. 222
28
Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, cit., p. 280. A
questo riguardo parrebbero utili alcune riflessioni di Richard Sennett, La coscienza dell’occhio..., cit., p.
39, secondo il quale “l’interno domestico che divenne caratteristico della New York industriale, il
cosiddetto railroad apartment o appartamento a vagone ferroviario tipico dei grandi condomini, illustra
bene questa logica di divisione. Le stanze sono disposte una dopo l’altra, con le porte che danno tutte su
un lungo corridoio. Ogni stanza è chiaramente destinata a un’attività specifica: il soggiorno, seguito
dalla sala da pranzo, seguita da una o più camere da letto, e in fondo la cucina”.
207
questi luoghi causata dalla mobilità29, abbiamo avanzato l’ipotesi che il corridoio non
utilizzato potrebbe essere considerato luogo, mentre nel momento in cui viene percorso
diverrebbe spazio.
Abbiamo visto come la differenza sottolineata da de Certeau tra luogo come stabilità e
spazio come mobilità sia stata sviluppata da Marc Augé, secondo il quale praticare lo
non sarebbe più la pratica di un singolo luogo, ma la pratica dei luoghi. Perciò “lo
che etimologicamente possiede la matrice del movimento e che, come si è visto, assume
una funzione precisa solo nel momento in cui viene attraversato, cioè percorso “da
Dopo aver fatto questa prima riflessione, la nostra attenzione si é spostata sulla forma
del corridoio (lunga e stretta) che guida chi lo attraverso in un’unica direzione
obbligata, dal momento che al suo interno non si ha la possibilità di muoversi dove si
vuole. Inoltre, dal momento che questa funzione di incanalamento potrebbe essere
assimilata a quella propria del labirinto31, che è un edificio ricco di simmetrie costruito
per confondere gli uomini e che si manifesta solo nel movimento, abbiamo congetturato
che la struttura spaziale del corridoio potrebbe essere considerata una specie di labirinto
che costringe chi si muove al suo interno a dirigersi in un unico verso obbligato32.
29
Michel de Certeau, op. cit., p. 173
30
Augé, op. cit., pp. 80-81
31
P. Zanini, op. cit., p. 124
32
Cfr. Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto…, cit., p. 276, dove lo studioso ha affermato che “il
Nel quarto capitolo abbiamo innanzitutto tentato di verificare che la prospettiva sarebbe
che esistono popolazioni di altre parti del mondo, come ad esempio gli zulù, che non
definizione quel tipo di «corridoio» creato dal carrello in avanti o all’indietro e dallo
Abbiamo notato che tale stilema visivo parrebbe creare uno spazio “costretto,
svolgersi degli eventi”33, in cui i personaggi non sembrerebbero liberi ma, appunto,
costretti a muoversi in una direzione obbligata, divenendo così dei “pezzi costretti a
Infatti Kubrick, attraverso l’impiego visivo del corridoio, sembrerebbe creare uno
spazio che “è una scacchiera entro cui far muovere (…) i suoi personaggi-pedine
secondo direttrici obbligate”35. Inoltre si è evidenziato il fatto che questo spazio, oltre
33
Eugeni, Invito…, cit., p. 47
34
Ivi, p. 136
35
Gian Piero Brunetta, En attendant Kubrick, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick, cit., p. 11
209
Jorge Luis Borges di “un labirinto (…) che è una linea unica retta, incessante”36.
A questo punto, abbiamo fatto riferimento a quanto appuntato nei capitoli precedenti
presenti a livello narrativo nel cinema di Kubrick e ai due stilemi visivi (prospettiva
centrale e corridoi scenici o fotografici) che parrebbero dar forma ad una “costruzione
Seguendo quindi le indicazioni del semiotico Eugeni, secondo cui il cinema di Kubrick
abbiamo notato che, nei film del regista americano, tale crisi sarebbe riscontrabile non
opporrebbe uno spazio policentrico, creato dalla macchina da presa a mano39. Abbiamo
allora avanzato l’ipotesi di ricerca che, secondo noi, la crisi della ragione occidentale
Questo perché la prospettiva, frutto, come abbiamo visto all’inizio del quarto capitolo,
Kubrick, uno strumento attraverso il quale “la ragione occidentale ha inteso instaurare
un controllo sul mondo, [nel senso che] il modello spaziale della prospettiva
36
Eugeni, Invito…, cit., p. 131. La citazione è tratta da Jorge Luis Borges, La morte e la bussola, in
Michel Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio Mondadori – la Biennale di Venezia, Milano 1997,
p. VIII, sostiene che “il frequente ricorso alla carrellata all’indietro o, al contrario, al piano fisso e alla
geometrizzazione”40.
Al contrario, la struttura del corridoio comporterebbe una costrizione, nel senso che chi
si trova al suo interno sarebbe costretto, per uscirne, a percorrere un’unica strada.
Infatti, come ha affermato Sergio Toffetti, “nel cinema di Kubrick (…) il viaggio
costrizione. (…) [Nel suo cinema] il corridoio indica assai spesso (…) il percorso
obbligato da attraversare”41.
abbiamo ritrovato nelle opere analizzate un parallelo tra la struttura narrativa e quella
personaggio si illude di poter decidere della propria vita, mentre, nel momento stesso in
trovarsi invece su un percorso obbligato dal quale non può uscire, si può chiaramente
Vengono a proposito alcuni modelli. Ad esempio The Killing (1956), dove la visione
soprattutto nella seconda parte del film, quando prende corpo narrativo la rovina dei
protagonisti.
di Quilty, che nel plot assume le fattezze di burattinaio sia nei confronti di Humbert che
40
Ivi, p.121
41
Sergio Toffetti, op. cit., pp. 57-8
211
Humbert42, si può osservare l’unico corridoio peculiare per Quilty, e cioè un carrello di
Riguardo a Dr. Strangelove (1964) si ricorda esemplarmente che la War Room, luogo in
cui vengono dati gli ordini per scongiurare il pericolo atomico, è ripresa essenzialmente
carrello a precedere l’ambasciatore russo nel momento in cui il diplomatico spiega che,
non appena il suo territorio verrà colpito, un computer, sul quale non si può intervenire,
esempio, all’interno della casa degli Alexander prima della violenza portata dai Drughi.
In tale ambiente si notano lo scrittore e sua moglie che stanno trascorrendo una
tranquilla serata, ma non appena Alex e i suoi Drughi suonano alla porta dell’abitazione
“la donna [Mrs. Alexander] sale quattro gradini che portano a un corridoio [scenico] e si
allontana verso il fondo, mentre il campanello continua a suonare. (…) Un corridoio con
The Shining (1980) evidenzia lo stilema visivo della prospettiva quando, ad esempio,
la moglie Wendy stanno giocando nel “vero” labirinto. Tale scena darebbe forma, come
dimostra soltanto una pretesa ”44. Al contrario, l’altro stilema, il corridoio, sarebbe
visibile quando Jack telefona a Wendy dall’albergo, per comunicarle che ha accettato il
42
Su questo particolare punto cfr. Norman Kagan, op. cit., p. 108
43
Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick. L’arancia meccanica, cit., p. 36
44
Lasagna e Zumbo, op. cit., p. 199
212
presa si avvicina a Danny, che si trova in bagno, prima in carrello in avanti e poi con
uno zoom. A questo punto Danny ha una “visione” su quello che succederà nell’albergo
e “sono le immagini del futuro atroce già previsto dal bambino, un futuro ancora una
volta ineludibile verso il quale il bambino stesso sembra dirigersi pedalando nel lungo
corridoio dell’hotel (…). Un altro corridoio dunque che torna nel cinema (…) di
percorso obbligato”45.
(come durante la conferenza che Lloyd tiene agli altri scienziati), mentre nel momento
futuro indefinito”46.
Parrebbe quindi essere stata accreditata l’ipotesi di ricerca secondo la quale nella
45
Paolo Lughi, Il prossimamente…, cit., p. 265
46
Ibidem
47
Ruggero Eugeni, Invito…, p. 121
48
Paolo Cherchi Usai, Kubrick architetto…, cit., p. 276
49
Si è già visto nel sottoparagrafo IV.2.1 come lo zoom all’indietro da un personaggio immobile sia un
caso particolare di corridoio e sempre riconducibile all’immagine dei pezzi di una scacchiera
50
Paolo Lughi, Stanley Kubrick: il prossimamente…, cit., p. 263
51
Sergio Toffetti, op. cit., p. 58
213
fossero dei pezzi di una scacchiera costretti a mosse determinate52 da un Autore di cui
In questa ricerca non è stato affrontato l’ultimo lavoro di Stanley Kubrick, Eyes Wide
Shut, film non ancora presente nelle sale cinematografiche italiane. Un’analisi
futuro studio.
52
Eugeni, Invito…, cit., p. 136
53
Ivi, p. 126. A questo proposito sempre Eugeni, Ivi, p. 123, afferma che “per quanto concerne l’agire
cognitivo emerge dai film di Kubrick l’incapacità di comprendere esattamente quanto sta accadendo: i
LETTERATURA PRIMARIA
- AA.VV., Past Imperfect. History According to the Movies, Hanry Holt, New York 1995
- Agel Jerome (a cura di), The Making of Kubrick’s 2001, Signet Classics, New American
- Bernardi Sandro, Il piccolo teatro di Kubrick, ovvero messe in scena nella messa in
- Bernardi Sandro, Kubrick e il cinema come arte del visibile, Pratiche, Parma 1991
Kubrick, in Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley Kubrick, Marsilio, Venezia 1999,
pp. 59-64
- Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley Kubrick, Marsilio, Venezia 1999 (Edizione
ampliata di Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley Kubrick: tempo, spazio, storia e
- Brunetta Gian Piero, En attendant Kubrick, in Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley
Piero (a cura di), Stanley Kubrick, Marsilio, Venezia 1999, pp. 191-204
- Brunetta Gian Piero, Stanley Kubrick: Odissea nel cinema, in G.P. Brunetta (a cura di),
Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley Kubrick, Marsilio, Venezia 1999, pp. 33-44
- Cherchi Usai Paolo, Kubrick architetto, in G.P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick,
- Cherchi Usai Paolo, Scacco al generale: analisi di «Fear and Desire», in G.P. Brunetta
- Ciment Michel, Kubrick, Calmann-Lévy, Paris 1980, tr. it. Kubrick, Milano Libri,
Milano 1981
- Ciment Michel, Lo spazio e il tempo nell’opera di Kubrick, in G.P. Brunetta (a cura di),
Boston 1980
- De Bernardis Flavio, Le forme informi della frontiera. La fine dello sguardo nel cinema
- De Vries Daniel, The Films of Stanley Kubrick, Eerdmans, Grand Rapids – Michigan
1973
216
- Dosi Francesca, La sospensione pittorica del tempo in Barry Lyndon, in Primo Giroldini
(a cura di), A proposito di Stanley. Il cinema di Kubrick, Effetto Notte Media, Parma
- Dumont Jean Paul e Monod Jean, Le Foetus Astral. Essay d’analise structurale d’un
- Falsetto Mario, Stanley Kubrick: A Narrative and Stylistic Analysis, Praeger, Westport –
Connecticut 1994
- Fink Guido, Senso antiorario, ovvero le due immortalità di Lolita, in Brunetta Gian
Piero (a cura di), Stanley Kubrick, Marsilio, Venezia 1999, pp. 157-169
- Geduld Carolyn, Film Guide to “2001: A Space Odyssey”, Indiana University Press,
Bloomington 1973
- Gelmis Joseph, The Film Director as Superstar, Doubleday, Garden City – New York
1970
- Giroldini Primo (a cura di), A proposito di Stanley. Il cinema di Kubrick, Effetto Notte
- Giuliani Pierre, Stanley Kubrick, Rivages, Paris 1990, tr. it. Stanley Kubrick, Le Mani,
- Kagan Norman, The Cinema of Stanley Kubrick. New Expanded Edition, Roundhouse,
- Kolker Robert Philip, A Cinema of Loneliness, Oxford University Press, Oxford 1980,
pp. 69-138
- La Polla Franco, The house that Jack built, ovvero quel che succede nel centro del
mondo. Spazio e Tempo in «Shining», in Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley
1997
- LoBrutto Vincent, Stanley Kubrick. A Biography, Faber and Faber Limited, London
1998 (Ed or.: Donald I. Fine, New York 1997), tr. it. Stanley Kubrick. L’uomo dietro la
- Lughi Paolo, Stanley Kubrick: il prossimamente come profezia, in Brunetta Gian Piero
- Marangi Michele, Full Metal Jacket, l’opera al nero, in AA.VV., Stanley Kubrick,
- Martini Andrea, Logica e sacrificio, in Brunetta Gian Piero (a cura di), Stanley Kubrick,
- Monaco James, The Films of Stanley Kubrick, The New School Departement of Film,
- Mosca Umberto, Finché c’è corpo c’è speranza, in AA.VV., Stanley Kubrick,
- Nelson Thomas Allen, Kubrick, Inside a Film Artist’s Maze, Indiana University Press,
Bloomington 1982
218
- Phillips Gene D., Stanley Kubrick: A film Odyssey, Popular Library, New York 1975
- Pilard Philippe, Barry Lyndon. Étude critique, Nathan Coll. Synopsis, Paris 1990
- Prono Franco, Il corpo dell’attore nel labirinto erotizzato, in AA.VV., Stanley Kubrick,
- Schiaretti Maurizio, Stanley va alla guerra, in Primo Giroldini (a cura di), A proposito
di Stanley. Il cinema di Kubrick, Effetto Notte Media, Parma 1998, pp. 33-4
- Sogni Laura D. e Brivio Lara (a cura di), Stanley Kubrick, Dino Audino, Roma 1999
- Taylor John Russell, Directors and Directions, Eyre Methuen Ltd., London 1975, pp.
100-135
- Walker Alexander, Stanley Kubrick Directs, Abacus, London 1973 (Ed. or.: Harcourt
- AA.VV., Indagine su Stanley Kubrick, in diario della settimana, 27/8-2/9 1997, Anno II
n° 33
1999, n° 534
- AA.VV., Stanley Kubrick’s Eyes: Wide Open, Wide Shut, in ciemme – Ricerca e
- Appel Alfred jr., The eyehold and knowledge voyeuristic games in film and literature, in
- Brustein Robert, Out of this world, in The New York Review of Books, 6/2/70
- Charles Tesson, Seul contre lui, in AA.VV., Kubrick, l’homme du contrôle absolu, in
- De Santi Pier Marco, La cultura planetaria degli apolidi: Kubrick, in Art e Dossier,
- Deer Harriet e Irving, Kubrick and the structures of popular culture, in Journal of
1965, n° 6
- Feldmann Hans, Kubrick and his discontents, in Film Quarterly, Autunno 1976
- Mayersberg Paul, L’Overlook Hotel, in Sight and Sound, vol. 50, n° 1, Inverno 1980-81,
ora in Michel Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio Mondadori – la Biennale di
- Noble Peter, Killers, kisses and Lolita, in Films and Filming, Dicembre 1960
- Renaud Walter, From Killer’s Kiss to 2001: A Space Odyssey, in Positif n° 100-101,
Dicembre-Gennaio 1969, ora in Michel Ciment (a cura di), Stanley Kubrick, Giorgio
- Saada Nicolas e Jones Kent, Eyes Wide Shut de Stanley Kubrick, in Cahiers du Cinema,
- Spinrad Norman, Stanley Kubrick in the 21st Century, in Cinema, U.S.A., Dicembre
1966
- Stewart Garret, Close encounters of the 4th kind, in Sight and Sound, Estate 1978
- AA.VV., Lectures du Film, Albatros, Paris 1974, tr. it. Attraverso il cinema.
- Arnheim Rudolf, Film als Kunst, E. Rowohl Verlag, Berlin 1932, tr. it. Film come Arte,
- Aumont Jacques e Leutrat J.L.(a cura di), Théorie du film, Albatros, Paris 1980
- Aumont Jacques, Bergala Alain, Marie Michel, Vernet Marc, Esthétique du film,
Nathan, Paris 1994, tr. it. Estetica del film, Lindau, Torino 1995
- Aumont Jacques, L’œil interminable. Cinéma et peinture, Librairie Séguier, Paris 1989,
- Balázs Béla, Der Film. Werden und Wesen einer neuen Kunst, Globus Verlag, Wien
1952, tr. it. Il Film. Evoluzione ed essenza di un’arte nuova, Einaudi, Torino 1997
- Bazin André, Qu’est ce que le cinéma? I-II-III-IV, Éditions du Cerf, Paris 1958, 1959,
1961, 1962, tr. it. parziale Che cos’è il Cinema, Garzanti, Milano 1994
Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1955, tr. it. L’opera d’arte nell’epoca della sua
riproducibilità tecnica. Arte e società di massa. Nuova edizione, Einaudi, Torino 1992
- Bettetini Gianfranco, Produzione del senso e messa in scena, Bompiani, Milano 1975
Inc., 1994, tr. it. Storia del cinema e dei film, 2 voll., Il Castoro, Milano 1997-8
- Bordwell David, Narration and Space, in Narration in the Fiction Film, University of
- Borin Fabrizio Ellero Roberto (a cura di), La Regia, Circuitocinema – Quaderno n° 58,
Venezia 1997
222
- Brunetta Gian Piero (a cura di), Storia del cinema mondiale. I. L’Europa. Miti, luoghi,
- Brunetta Gian Piero, Il viaggio dell’icononauta dalla camera oscura di Leonardo alla
- Casetti Francesco e di Chio Federico, Analisi del film, Bompiani, Milano 199810
- Casetti Francesco, Dentro lo sguardo. Il film e il suo spettatore, Bompiani, Milano 1986
(1971), n° 231 (1971), n° 233 (1971), n° 234-5 (1971-2), n° 241 (1972), tr. it. Tecnica e
- De Marchi Bruno, Umbra Dei e palpebra del cinema, luce, Euresis, Milano 1996
- Deleuze Gilles, L’image-temps, Minuit, Paris 1985, tr. it. L’immagine-tempo, Ubulibri,
Milano 1997
- Ejzenštejn Sergej M., Film form, Harcourt Brace Jovanovich, Inc., New York 1949, tr.
- Ejzenštejn Sergej M., Izbrannye proizvedenija v šesti tomach, Iskusstvo, Moskva 1963-
70, tr. it. Teoria generale del montaggio, Marsilio, Venezia 1985
- Ejzenštejn Sergej M., Na urokack rezissury S. Ejzenštejna, Iskusstvo, Moskva 1958, tr.
- Grignaffini Giovanna (a cura di), La pelle e L’anima. Intorno alla Nouvelle Vague, La
- J.J. Gibson, The Ecological Approach to Visual Perception, Houghton Miffin, Boston
1979, tr. it. Un approccio ecologico alla percezione visiva, Il Mulino, Bologna 1999
- Kraiski Giorgio (a cura di), I formalisti russi nel cinema, Garzanti, Milano 1987
- La Polla Franco, Sogno e Realtà Americana nel cinema di Hollywood, Laterza, Bari
1987
- Lotman Jurij M., Semiotika kino i problemy kinoestetiki, Vaap, Moskva 1972, tr. it.
- Martini Emanuela, Storia del cinema inglese 1930-1990, Marsilio, Venezia 1991
1991, tr. it. L’enunciazione impersonale o il luogo del film, Edizioni scientifiche
1963, 1965
- Padovani F., Cinema. Alla ricerca degli antenati, Pilotto, Feltre 1995
D’Éditions, Paris 1977, tr. it. L’organizzazione dello spazio nel ‘Faust’ di Murnau,
- Valentini Paola, Ostini Alberto, Lontano da Hollywood? Legere enim et non intellegere
- Housen J., Espace plastique et espace filmique, in Revue belge du cinéma, 1983, n° 5
Septembre-Octobre 1947, n° 2
(numero special),
- AA.VV., Leonardo. Saggi e ricerche, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1954
- Arnheim Rudolf, Art and Visual Perception: a Psychology of the Creative Eye, Regents
of the University of California, Berkeley – Los Angeles 1954, 1974, tr. it. Arte e
Los Angeles 1969, tr. it. Il Pensiero Visivo, Einaudi, Torino 1974
- Augé Marc, Non-Lieux, Seuil, Paris 1992, tr. it. Nonluoghi, Elèuthera, Milano 1993
- Benjamin Walter, Das Passagen – werk, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1955 tr.
it. Parigi, capitale del XIX secolo. I «passages» di Parigi, Einaudi, Torino 1986
- Borges Jorge Luis, Ficciones, Sur, Buenos Aires 1944, tr. it. Finzioni, Einaudi, Torino
1982
- Borges Jorge Luis, Obra poética, Emecé Editores, Buenos Aires 1977, tr. it. Poesie
- Burckhardt J., Die Kultur der Renaissance in Italien, 1860, tr. it. La civiltà del
- Cassirer Ernst, Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance, G.B.
Teubner, Leipzig 1927, tr. it. Individuo e Cosmo nella Filosofia del Rinascimento, La
- Dalai Emiliani Marisa, Figure rinascimentali dei poliedri platonici. Qualche problema
Prospettiva come «Forma Simbolica» e altri scritti, Feltrinelli, Milano 1984, pp. 118-41
- Damish Hubert, L’Origine de la perspective, Flammarion, Paris 1987, tr. it. L’origine
- De Montemayor Carlo, Grandi dimore inglesi e famosi giardini dall’epoca dello stile
Tudor (XVI sec.) all’epoca del Neoclassicismo (XVIII sec.), Allinea, Firenze 1995
- Dürrenmatt Friedrich, Der tunnel, Diogenes Verlag AG, Zürich 1985, tr. it. Il Tunnel,
Milano 1995
Company, Cambridge, Massachusetts 1948, tr. it. Il Rinascimento nella critica storica,
la Renaissance au Cubisme, Audin Editeur, Lyon 1951, tr. it. Lo spazio figurativo dal
- Garin Eugenio (a cura di), L’uomo del Rinascimento, Laterza, Bari 1989
Appunti, Università degli studi di Trieste, Istituto di Storia dell’Arte Antica e Moderna,
n° 7, Trieste 1957
- Gombrich Ernst H., Art and Illusion. A Study in the Psychology of Pictorial
Representation, The Trustees of the National Gallery of Art, Washington D.C. 1959, tr.
it. Arte e Illusione. Studio sulla psicologia della rappresentazione pittorica, Einaudi,
Torino 1972
- Gombrich Ernst H., Hochberg Julian, Black Max, Art, Perception and Reality, the Johns
Hopkins University Press, 1972, tr. it. Arte, Percezione Realtà, Einaudi, Torino 1992
- Gombrich Ernst H., Meditations on a Hobby Horse and other Essays on the Theory of
Art, Phaidon Press Ltd, London 1963, tr. it. A cavallo di un manico di scopa. Saggi di
- Gombrich Ernst H., The Image and the Eye. Further Studies in the Psychology of
Pictorial Representation, Phaidon Press Limited, Oxford 1982, tr. it. L’Immagine e
l’Occhio. Altri studi sulla psicologia della rappresentazione pittorica, Einaudi, Torino
1985
- Gregory Richard L., Eye and Brain. The Psychology of Seeing, Fourth Edition,
Weidenfeld and Nicolson, London 1990, tr. it. Occhio e Cervello. La Psicologia del
- Hauser Arnold, Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C.H. Beck, München 1955,
- Hochberg Julian E., Perception, Prentice-Hall, Inc., Englewood Cliffs, N.J. 1964, tr. it.
- Kemp Martin, The Science of Art. Optical Themes in Western Art from Brunelleschi to
Seurat, Yale University Press, New Haven and London 1990, tr. it. La Scienza
1994
- Koyré Alexandre, From the Closed World to the Infinite Universe, John Hopkins
University Press, Baltimore 1957, tr. fr. Du monde clos à l’univers infini, Presses
- Kubovy Michael, The Psychology of the Perspective and Renaissance Art, University
Press, Cambridge 1986, tr. it. La freccia nell’occhio. Psicologia della prospettiva e arte
- Panofsky Erwin, Die Perspektive als «Simbolische Form», B.G. Teubner, Leipzig –
Berlin 1927, tr. it. La Prospettiva come «Forma Simbolica» e altri scritti, Feltrinelli,
Milano 1984
- Panofsky Erwin, Meaning in the Visual Arts; Papers in and on Art History, tr. it. Il
- Panofsky Erwin, Studies in Iconology, Oxford University Press, New York 1939, tr. it.
1964
Books Ltd, London 1966, tr. it. Dizionario di Architettura, Einaudi, Torino 1997
- Sennett Richard, The Conscience of the Eye. The Design and Social Life of Cities,
Alfred A. Knopf, New York 1990, tr. it. La coscienza dell’occhio. Progetto e vita
- White John, The Birth and Rebirth of Pictorial Space, London 1957, tr, it. Nascita e
London 1962, tr. it. Principi Architettonici nell’Età dell’Umanesimo, Einaudi, Torino
1996
- Zanini Piero, Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali. Bruno Mondadori,
Milano 1998
- Nicco Fasola Giusta, Svolgimento del pensiero prospettico nei trattati da Euclide a
LETTERATURA SECONDARIA
Milano 1995
- Battaglia Salvatore (a cura di), Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, Torino
1967-1998
- Bianchi E., Bianchi R., Lelli O., Dizionario illustrato della lingua latina, Le Monnier,
Firenze 1987
- E. Benveniste, Problèmes de linguistique générale, vol. II, Gallimard, Paris 1971, tr. it.
onore di Vittore Branca, Leo S. Olschki, Firenze 1983, vol. III, tomo II, pp. 821-43
231
- La Vergata Antonello e Pagnini Alessandro (a cura di), Storia della Filosofia. Storia
della Scienza. Saggi in onore di Paolo Rossi, La Nuova Italia, Scandicci – Firenze 1995
1994
- Mumford Lewis, The City in History, Harcourt, Brace and World, New York 1961, tr.
1967
- Rossi Paolo, Francesco Bacone. Dalla magia alla scienza, Laterza, Bari 1957
Milano 1984
- Uspenskij Boris A., Per l’analisi semiotica delle antiche icone russe in Jirij M. Lotman